sr27570 Alessandrini sent - corteconti.it · Sent.107/2014 1 R E P U B B L I C A I T A L I A N A I...
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Sent.107/2014
1
R E P U B B L I C A I T A L I A N A
I N N O M E D E L P O P O L O I T A L I A N O
L A C O R T E D E I C O N T I
SEZ IONE G IUR ISD IZIONAL E REG IONALE PER L A LOMBARD IA
composta dai magistrati:
Claudio GALTIERI Presidente
Eugenio MUSUMECI Giudice relatore
Giuseppina VECCIA Giudice
ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
nel giudizio iscritto al n° 27570 del registro di segreteria, proposto
dalla Procura regionale presso questa Sezione giurisdizionale
C O N T R O
ALESSANDRINI Adriano, nato a Milano il 2 dicembre 1965 e residente
a Segrate (MI) in via Fratelli Cervi residenza Mestieri, codice fiscale
LSSDRN65T02F205Q;
COARI Giuseppe Nicola, nato a Milano il 1° maggio 1960 e residente
a Pioltello (MI) in via Georges Bizet n° 7/A, codice fiscale
CROGPP60E01F205A;
CRISCUOLO Pasquale, nato a Crotone il 2 novembre 1967 e
domiciliato a Cremona in corso Giuseppe Garibaldi n° 139, codice
fiscale CRSPQL67S02D122L;
MICHELI Piero, nato a Varenna (LC) il 14 giugno 1950 e residente a
Segrate in via Rodolfo Morandi n° 1, codice fiscale
MCHPRI50H14L680N;
Giudizio 27570
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ROMANELLI Marco Franco, nato a Milano il 29 dicembre 1960 e
residente a Segrate (MI) in via del Tulipano n° 2, codice fiscale
RMNMCF60T29F205H;
CANDITO Saverio, nato a Reggio Calabria il 28 novembre 1939 e
residente a Segrate (MI) in via Fratelli Cervi residenza Seminario,
codice fiscale CNDSVR39S28H224M;
ZARDUS Claudio Mario Francesco, nato a Melzo (MI) l’8 settembre
1939 e residente a Segrate (MI) in via Basilicata n° 3, codice
fiscale ZRDCDM39P08F119D;
MAGGI Michelangelo, nato a Milano il 25 aprile 1974 e residente a
Vignate (MI) in via dei Chiusi n° 17, codice fiscale
MGGMHL74D25F205P;
CASELLA Francesco, nato a Sant’Angelo di Brolo (ME) il 24 agosto
1951 e residente a Segrate (MI) in via Primo Maggio n° 2, codice
fiscale CSLFNC51M24I283V;
COLLE Lorenzo, nato a Bruxelles (Belgio) il 26 marzo 1970 e
residente a Segrate (MI) in via Monzese n° 51, codice fiscale
CLLLNZ70C26Z103R;
POTO Gerardo Gianluca, nato a Milano il 19 giugno 1972 e residente
a Segrate (MI) in via Giovanni Caboto n° 4, codice fiscale
PTOGRD72H19F205B;
CHINDEMI Gaetano, nato a Val Masino (SO) il 2 agosto 1937 e
residente a Segrate (MI) in via Emilia n° 14/A, codice fiscale
CHNGTN37M02L638U;
RICCARDI SIRTORI Giovanni Vincenzo, nato a Segrate (Mi) il 1° marzo
Giudizio 27570
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1950 ed ivi residente in via Borioli n° 12, codice fiscale
RCCGNN50C01I577N;
TRAVAGLIA Laura, nata a Venezia il 20 luglio 1949 e residente a
Segrate (MI) frazione San Felice strada 1 n° 10, codice fiscale
TRVLRA49L60L736F;
BOTTARI Domenico, nato a San Roberto (RC) il 16 febbraio 1946 e
residente a Segrate (MI) in via Cesare Battisti n° 26, codice fiscale
BTTDNC46B16I139R;
FERRARI Gian Pietro Maria, nato a Milano il 23 novembre 1953 ed ivi
residente in via Francesco Burlamacchi n° 16, codice fiscale
FRRGPT53S23F205W;
RONCHI Maria Assunta, nata a Bozzolo (MN) il 3 agosto 1951 e
residente a Pioltello (MI) in strada Malaspina n° 7, codice fiscale
RNCMSS51M43B110K;
REBELLATO Martino Giuseppe, nato a Milano il 13 febbraio 1953 ed
ivi residente in via Martin Lutero n° 7, codice fiscale
RBLMTN53B13F205V;
MOSCHEO Miriam, nata a Cernusco sul Naviglio (MI) il 30 settembre
1976 e residente a Segrate (MI) in via Commenda n° 1/B, codice
fiscale MSCMRM76P70C523B;
NICHETTI Carluccio Mario, nato a Limbiate (Mi) l’8 dicembre 1954 e
residente a Segrate (MI) in via Trieste n° 7/4, codice fiscale
NCHCLC54T08E591T;
ANTONA Angelo, nato a Licata (AG) il 22 gennaio 1948 e residente a
Segrate (MI) in via Arno n° 18, codice fiscale NTNNGL48A22E573Y;
Giudizio 27570
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CRISTOFORI Fernando, nato a Milano il 19 marzo 1937 e residente a
Segrate (MI) in via Achille Grandi n° 62, codice fiscale
CRSFNN37C19F205G;
MAERNA Novo Umberto, nato a Milano il 6 settembre 1956 e
residente a Magenta (MI) in via Milano n° 9, codice fiscale
MRNNMB56P06F205R;
ORRICO Ferdinando Salvatore, nato a Tripoli (Libia) il 18 maggio
1941 e residente a Segrate (MI) in via Primo Maggio n° 8, codice
fiscale RRCFDN41E18Z326N;
CARRARO Giuseppe, nato a Laino Bruzio (CS) il 26 maggio 1943 e
residente a Peschiera Borromeo (MI) in via Caduti di Nassiriya
n° 6/A, codice fiscale CRRGPP43E26E417T;
RUIU Benito Alberto, nato a Vercelli l’8 aprile 1929 e residente a
Carate Brianza (MB) in via coniugi Crivelli n° 3, codice fiscale
RUIBTL29D08L750R;
PEDRONI Guido, nato a Milano l’8 maggio 1950 e residente a Segrate
(MI) in via Fratelli Cervi residenza Cantone, codice fiscale
PDRGDU50E08F205H;
tutti costoro rappresentati e difesi dall’avv. Luca Arigò e
dall’avv. Francesco Mancini (ambedue del foro di Milano) ed
elettivamente domiciliati presso il loro studio legale a Cassano
d’Adda (MI) in via Leonardo da Vinci n° 19;
INVERSINI Maria Luisa nata a Gavirate (VA) il 2 ottobre 1959 e
residente a Laveno Mombello (VA) in via Reno n° 53, codice fiscale
NVRMLS59R42D946J, rappresentata e difesa dall’avv. Maria
Giudizio 27570
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Alessandra Bazzani e dall’avv. Guido Bardelli (ambedue del foro di
Milano) ed elettivamente domiciliata presso il loro studio legale a
Milano in via Uberto Visconti di Modrone n° 12;
FLORIO Mauro, nato a Toritto (BA) il 10 novembre 1960 e residente
a Segrate (MI) frazione Novegro in via Dante Alighieri n° 5, codice
fiscale FLRMRA60S10L220W, non costituito in giudizio;
SALVA’ Riccardo, nato a Milano il 3 dicembre 1969 e residente a
Segrate (MI) in via Alcide Cristei n° 55/A, codice fiscale
SLVRCR69T03F205K, non costituito in giudizio;
MOLINO Alessandra Rosa, nata a Milano il 25 febbraio 1975 e
residente a Segrate (MI) in via San Rocco n° 5, codice fiscale
MLNLSN75B65F205T, non costituito in giudizio;
DEL GIUDICE Giuseppe, nato a Taranto il 31 ottobre 1950 e
residente a Segrate (MI) in via Toscana n° 3, codice fiscale
DLGGPP50R31L049O, non costituito in giudizio;
ZINNI Flavio Mario, nato a Milano il 31 luglio 1970 e residente a
Ravenna frazione Marina Romea in viale dei Gelsi n° 146, codice
fiscale ZNNFVM70L31F205A, non costituito in giudizio;
§ § §
F A T T O E D I R I T T O
1. Con atto di citazione depositato il 2 novembre 2012 la
Procura regionale ha convenuto in giudizio il sindaco di Segrate
(MI), vari assessori, un dirigente, il segretario generale, una
ventina di consiglieri comunali e, infine, un funzionario della
prefettura di Milano: tutti costoro in relazione ad una complessa ed
Giudizio 27570
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assai articolata vicenda, vertente sull’affidamento della gestione
della piscina comunale di Segrate e dipanatasi essenzialmente fra il
2006 e il 2009 attraverso una serie di provvedimenti dell’ente
locale e di pronunce del giudice amministrativo (principalmente del
TAR milanese). In particolare quest’ultimo non soltanto aveva
annullato vari provvedimenti comunali concernenti l’affidamento
della gestione della suddetta piscina; ma, vista l’inottemperanza
dell’ente locale nel bandire una gara pubblica per aggiudicare quel
servizio (che il comune reputava, invece, potesse costituire oggetto
di un affidamento c.d. in house providing), aveva finito con il
nominare un commissario ad acta e poi con il sostituirlo per aver
omesso di espletare l’incarico conferitogli.
Il danno ascritto dalla Procura regionale ai convenuti
consiste nel risarcimento danni e nelle spese di lite via via pagati
dal comune di Segrate, in forza delle varie pronunce giudiziali a lui
sfavorevoli, alla GIS s.r.l. (ossia alla società autrice dei vari ricorsi
al TAR alla quale era affidata, prima dell’odierna vicenda, la
gestione della piscina comunale); nonché nel compenso liquidato
dal giudice amministrativo al commissario ad acta e ad un
professionista da questi incaricato per l’espletamento della gara
d’appalto.
Quasi tutti i convenuti in giudizio si sono costituiti tramite
gli avvocati Arigò e Mancini, sollevando alcune eccezioni
pregiudiziali e contestando sotto molteplici profili la fondatezza
della complessiva domanda attorea. Sono rimasti contumaci
Giudizio 27570
7
esclusivamente i consiglieri comunali Florio, Molino e Salvà, nonché
gli assessori comunali Del Giudice e Zinni; mentre si è costituito
separatamente il commissario ad acta Maria Luisa Inversini, la
quale si è parimenti opposta ai capi di domanda specificamente
concernenti il proprio operato.
All’udienza del 23 ottobre 2013, previa discussione tra le
parti (rappresentate la Procura regionale dal S.P.G. Barbara Pezzilli
e i convenuti dagli avvocati Arigò, Mancini e Bazzani), la causa è
stata trattenuta in decisione.
2. Innanzitutto già dalla prospettazione difensiva risulta
palese l’infondatezza dell’eccezione di tardività nell’emissione
dell’atto di citazione.
Infatti, ove si consideri che l’invito a dedurre è stato
notificato tra il 16 e il 17 maggio 2012 (come riconosciuto dagli
esponenti comunali convenuti, a pag. 10 della loro memoria
difensiva) e che il termine ivi assegnato era quello minimo di trenta
giorni, l’ulteriore termine di centoventi giorni per “… emette[re]
l’atto di citazione …” (ex art. 5 comma 1 terzo periodo del D.L.
n° 453/1993) veniva quindi a scadere fra il 13 e il 14 ottobre 2012;
e, addizionandovi i 46 giorni scaturenti dalla sospensione feriale dei
termini (della quale i convenuti stessi confermano l’applicabilità, del
resto incontroversa in giurisprudenza), si giunge ad un termine
finale tra il 28 e il 29 novembre di quello stesso. Data
anteriormente alla quale sono ancora i convenuti a riconoscere che
era stata notificata loro la citazione introduttiva.
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Quindi non occorre neppure scomodare la consolidata
giurisprudenza (ex multis: sez. 2ª Appello n° 688/2011), secondo
cui, in realtà, il predetto termine decadenziale di 120 giorni viene
impedito già dal deposito della citazione presso la Sezione adita;
mentre la successiva data di notificazione di quell’atto rileva
soltanto ai fini del rispetto del termine a comparire ex art. 163 bis
c.p.c..
3. In via pregiudiziale gli esponenti comunali convenuti
eccepiscono altresì la prescrizione del credito risarcitorio, sia pur in
relazione ai più risalenti capitoli di danno (ossia a quelli che,
nell’esposizione attorea, concernono le vicende incluse in quelli che
verranno denominati come segmenti A e B), invocando a loro
favore l’orientamento giurisprudenziale secondo cui il termine di
prescrizione del diritto al risarcimento del danno erariale
decorrerebbe dalla data della condotta causativa del danno stesso.
Orientamento che, però, risulta ormai superato da quello che radica
il pregiudizio erariale nella data del successivo esborso (Sezioni
Riunite sentenza n° 14/2011/Q.M.).
4. La complessiva vicenda è stata suddivisa dalla Procura
regionale in sei segmenti (denominati con le lettere A, B, C, D1, D2
ed E), identificando per ciascuno di essi i provvedimenti
amministrativi e giudiziali rilevanti ed ascrivendo all’uno o all’altro
convenuto le correlative responsabilità.
Tuttavia non pochi passaggi dell’assai articolata vicenda,
pur venendo menzionati nella citazione introduttiva e pur essendo
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versato in atti il relativo provvedimento (amministrativo o
giudiziale), non vengono specificamente inquadrati dalla parte
attrice in uno di quei sei segmenti. Questo collegio ha peraltro
colmato tale lacuna non soltanto per una completezza sistematica,
ma innanzitutto per l’importanza che anche quei passaggi rivestono
rispetto all’odierna sentenza.
Va inoltre osservato come, sul piano generale, non
risultano quasi mai evidenziati gli specifici criteri in virtù dei quali la
Procura regionale abbia ascritto all’uno o all’altro convenuto la
responsabilità per il danno concernente un determinato segmento.
5. Appaiono poi opportune, prima di vagliare il merito
della complessa vicenda oggetto del contendere, alcune premesse
sostanziali e metodologiche:
ove non diversamente indicato, tutti gli allegati che verranno
richiamati nella presente sentenza si intendono depositati
dalla Procura regionale;
due di quegli allegati, ossia il n° 2 e il n° 3, contengono a loro
volta una congerie di sottoallegati, per distinguere i quali si
farà riferimento alla numerazione intrinseca di quegli allegati
indicandola quale subalterno;
il riferimento al servizio pubblico andrà inteso a quello di
gestione della piscina comunale;
ove ci si limiti a menzionare genericamente il giudice o il
tribunale o un provvedimento giudiziale, il riferimento dovrà
intendersi specificamente alla sezione di Milano del tribunale
Giudizio 27570
10
amministrativo regionale;
tutte le pronunce di detto giudice sono state emesse su
impulso, talora sotto forma di ricorso per motivi aggiunti, da
parte della GIS s.r.l., la società sportiva che alcuni anni prima
aveva gestito il servizio de quo e che aveva impugnato i
provvedimenti adottati dal comune di Segrate.
6. Il segmento A prende le mosse dalla delibera
consiliare n° 17 del 20 aprile 2006 (all. 4) mediante cui la gestione
della piscina comunale era stata affidata per un quinquennio alla
Farmacia di Segrate s.p.a. (partecipata al 100% da quel comune)
ai sensi dell’art. 113 comma 5 lettera c D.Lgs. n° 267/2000. Norma
questa che, introdotta dall’art. 14 della legge n° 269/2003 (e che
poi sarebbe stata abrogata dal D.P.R. n° 168/2010), sanciva che
“l'erogazione del servizio [pubblico locale di rilevanza economica]
avviene secondo le discipline di settore e nel rispetto della
normativa dell'Unione europea, con conferimento della titolarità del
servizio: … c) a società a capitale interamente pubblico a
condizione che l’ente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale
esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui
propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della
propria attività con l'ente o gli enti pubblici che la controllano”.
Sulla proposta di tale delibera risulta aver relazionato al
consiglio comunale l’assessore Giuseppe Nicola Coari; mentre il
dirigente comunale Piero Micheli, avente competenza sui servizi
civici, culturali e ricreativi, aveva emesso il previo parere di
Giudizio 27570
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regolarità tecnica.
L’esecutività di tale delibera veniva però sospesa dal
Tribunale, con ordinanza n° 1546/2006 emessa il 20 luglio di
quell’anno (all. 3 sub 1), avendo ravvisato quel giudice il
“… necessario fumus boni iuris in relazione alla violazione delle
regole dell’evidenza pubblica, atteso che non sembrano sussistere
… i presupposti per l’affidamento della gestione dei servizi in house
providing”.
Siffatta pronuncia cautelare induceva il comune, ancora
nella persona del dirigente Micheli, ad affidare in via urgente con
determina n° 133 dell’11 agosto 2006 (all. 2 sub 6) il servizio de
quo alla società sportiva Acquamarina Segrate s.r.l. (d’ora innanzi,
per brevità, soltanto: Acquamarina): la quale era stata costituita il
15 giugno di quello stesso anno ed era interamente partecipata
dalla Farmacia di Segrate. Nella motivazione di tale determina
veniva affermato che “… la gestione dell’impianto natatorio è un
servizio pubblico di rilevante interesse avente come destinataria la
generalità della popolazione …”, nonché veniva sottolineata
“… l’urgenza di attivare il servizio … anche per prevenire gli
inevitabili rischi di danni all’impianto in questione, che potrebbero
derivare dalla mancata utilizzazione e manutenzione dello
stesso …”.
Peraltro, con ordinanza n° 4510/2006 depositata il 30
agosto di quell’anno (all. 3 sub 3), il Consiglio di Stato annullava
l’ordinanza n° 1546/2006 del TAR, reputando che “… l’interesse
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12
pubblico alla gestione attuale dell’impianto risulta prevalente
rispetto alle aspettative economiche della società appellata”.
Indi, con delibera del consiglio di amministrazione della
Farmacia di Segrate del 16 ottobre 2006 (all. 2 sub 16), veniva
modificato lo statuto di quella società, tra l’altro nel senso di
mutarne la denominazione in Segrate Servizi s.p.a..
Il segmento A si concludeva con la sentenza
n° 2920/2006, depositata il 12 dicembre 2006 (all. 3 sub 2), con la
quale il TAR annullava sia la delibera consiliare n° 17/2006 sia la
determina dirigenziale n° 133/2006; ed il comune veniva altresì
condannato a pagare alla GIS spese di lite pari a 9.000 euro (che
sarebbero poi lievitate a 9.340, con le maggiorazioni di legge).
7. Nella pronuncia testé richiamata il Tribunale, dopo
aver premesso che “… l’affidamento in house è fattispecie residua
ed eccezionale rispetto all’ipotesi normale rappresentata
dall’affidamento della concessione di pubblico servizio mediante
procedura ad evidenza pubblica …” (pag. 11 della sentenza
n° 2920/2006), ha osservato che:
“… la società [Farmacia di Segrate] non può considerarsi a
capitale interamente pubblico … quando è statutariamente
prevista una possibile partecipazione di privati al capitale
medesimo” (pag. 12);
inoltre “… il controllo analogo sull’ente societario non si può
ritenere sussistente ove lo statuto conferisca al consiglio di
amministrazione poteri teoricamente illimitati, senza che
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l’ente affidante possa influirvi” (ibidem);
infine “… è legittimo l’affidamento di un servizio in house
providing purché il soggetto gestore svolga la parte essenziale
della propria attività insieme con l’ente e gli enti territoriali
che lo controllano” (pag. 13).
Concretamente il giudice ha reputato che originariamente
la Farmacia di Segrate s.p.a. non vantasse nessuno dei tre requisiti
dettati dalla lettera c del comma 5 dell’art. 113 del D.Lgs.
n° 267/2000 per un affidamento in house (pagg. 14 – 15),
esprimendo inoltre l’avviso che con la modifica statutaria
intervenuta in corso di causa fossero stati sanati esclusivamente il
primo ed il terzo di quei requisiti (ossia la partecipazione pubblica
totalitaria ed il realizzare con l’ente pubblico controllante la parte
più importante della propria attività d’impresa), ma non il secondo
(concernente il c.d. controllo analogo).
Quanto poi all’affidamento d’urgenza in favore di
Acquamarina, il tribunale ne ha reputato insussistenti i presupposti,
“… trattandosi di concessione di pubblico servizio, sottratta,
secondo le espresse previsioni dell’art. 30 del D.Lgs. n° 163/2006,
all’applicazione delle disposizioni del medesimo codice [degli appalti
pubblici] e soggetta al rispetto dei principi desumibili dal Trattato
[dell’Unione Europea] e dei principi generali relativi ai contratti
pubblici …” (pag. 16); ed ha infine escluso tout court l’esistenza del
requisito del controllo analogo nel caso di partecipazione societaria
indiretta, qual era appunto quella che all’epoca il comune vantava
Giudizio 27570
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nella Acquamarina.
La sentenza n° 2920/2006 si concludeva con la
constatazione secondo cui “… effettivamente, sono incerte le
modalità di futura gestione del servizio in questione che il comune
di Segrate si determinerà ad adottare …” (pag. 17), nonché con il
reputare “… auspicabile …” la “… ipotesi di affidamento della
concessione del pubblico servizio [in argomento] mediante gara
pubblica” (ibidem).
8. Il danno riferito al segmento A è pari alle già
menzionate spese di lite liquidate nella sentenza n° 2920/2006.
Esso viene ascritto dalla Procura regionale per metà ai componenti
del consiglio comunale che avevano espresso voto favorevole alla
delibera n° 17/2006 e, per l’altra metà, ripartita in quote uguali fra
l’assessore Coari e il dirigente Micheli.
9. Passando a vagliare la responsabilità insita nelle
condotte ricadenti in tale segmento, va innanzitutto osservato
come rientri nella discrezionalità politica di un ente locale la
preferenza per l’affidamento in house di un servizio come quello
per cui è lite: preferenza che incontroversamente il comune di
Segrate nutriva nel caso di specie.
Tuttavia la Procura regionale non opina alcunché a
quest’ultimo proposito: il che implica che l’asserita gravità della
colpa ascrivibile agli esponenti comunali discenderebbe dalla
circostanza che l’ente locale non abbia originariamente rispettato
nessuno dei tre i requisiti previsti per la legittimità dell’affidamento
Giudizio 27570
15
in house. Tuttavia, proprio alla luce delle motivazioni addotte a
quel proposito dal giudice amministrativo (quali riportate al
precedente paragrafo 7), ex ante non sembra affatto che fosse
palese l’assenza di quei tre requisiti, atteso che essa scaturiva da
circostanze potenziali (ingresso di privati nel capitale sociale,
disinteresse del consiglio di amministrazione rispetto ad eventuali
direttive dell’ente pubblico, esercizio di attività imprenditoriali assai
diverse dalla gestione del servizio natatorio) e non già
concretamente realizzatesi. Inoltre contribuisce a scriminare
ulteriormente quella colpa le modifiche che in corso d’opera l’ente
locale aveva apportato alla situazione societaria della Farmacia di
Segrate: tali da rispettare, ad avviso del Tribunale stesso, due di
quei tre requisiti.
10. Quanto poi alla determina n° 133/2006 sarebbe già
sufficiente osservare che non vi sarebbe stata alcuna necessità di
un affidamento d’urgenza se la sospensione dell’esecutività della
delibera consiliare n° 17/2006, poi denegata dal Consiglio di Stato,
fosse stata disattesa già dal TAR.
Ad abundantiam depongono nel senso della non gravità
della colpa astrattamente imputabile all’autore della determina
n° 133/2006 sia la limitata durata dell’affidamento urgente, sia i
presupposti sostanziali che il Consiglio di Stato avrebbe poi posto a
fondamento della propria decisione cautelare: ossia il vaglio
comparativo tra il periculum insito nell’affidamento urgente stesso
e quello che sarebbe scaturito da un blocco del servizio in
Giudizio 27570
16
questione (seppur finalizzato, in quest’ultimo caso, all’espletamento
di una gara pubblica).
11. Il segmento B inizia praticamente all’indomani della
sentenza n° 2920/2006. Infatti con delibera n° 288 del 15
dicembre 2006 (non versata in atti e della quale vengono soltanto
menzionati gli estremi, a pag. 7 della citazione attorea) la giunta
comunale autorizzava il sindaco Alessandrini a proporre appello
avverso quella medesima sentenza. Per mera completezza
narrativa può qui rilevarsi che tale gravame sarebbe stato
dichiarato perento dal Consiglio di Stato, con decreto n° 2751/2012
(depositato irritualmente dalla Procura regionale, ossia due giorni
prima dell’udienza di discussione del presente giudizio).
Inoltre il dirigente Micheli, con determina n° 211 del 20
dicembre 2006 (all. 5), affidava in via urgente il servizio alla
Acquamarina, partecipata totalitariamente dalla Segrate Servizi,
sino al 30 settembre 2007, onde garantire alla cittadinanza la
continuità del servizio stesso ed evitare danni strutturali che (in
caso di chiusura della piscina) sarebbero potuti occorrere a
quest’ultima soprattutto nel periodo invernale.
Tuttavia, con sentenza n° 1580/2008 depositata il 13
maggio (all. 3 sub 16), il tribunale annullava quel nuovo
affidamento alla Acquamarina, nonché condannava il comune al
risarcimento del danno, liquidato nella misura di € 5.000, oltre alle
spese di lite liquidate in € 7.500 (e ad ulteriori € 2.000, secondo la
Procura). Nella motivazione di tale pronuncia veniva peraltro
Giudizio 27570
17
osservato che in favore della Acquamarina il comune aveva operato
un “… affidamento per presunti motivi di urgenza dalla stessa
creati, senza esperire alcuna procedura ad evidenza pubblica,
nonostante la sentenza n° 2920/06, esecutiva e non sospesa dal
giudice d’appello, avesse giudicato illegittimo tale affidamento
diretto sia nei confronti di Acquamarina che di Segrate Servizi”
(pag. 8). E veniva altresì espresso l’avviso che fosse “… certamente
sufficiente il lungo tempo trascorso dall’emanazione degli originari
provvedimenti illegittimi, risalenti all’aprile 2006, per espletare una
procedura ad evidenza pubblica” (pagg. 8 – 9), censurandosi
inoltre la scelta del comune di “… affidare il servizio in via diretta
omettendo di pubblicizzare in alcun modo le proprie determinazioni
ed astenendosi dall’effettuazione di qualunque forma di preliminare
confronto tra gli operatori del settore …” (pag. 9).
Il danno riferito al segmento B, pari al risarcimento danni
ed alle spese di lite liquidate nella sentenza n° 1580/2008
(complessivamente € 14.671,72), viene ascritto dalla Procura
regionale per il 75% ai componenti della giunta comunale che
hanno espresso voto favorevole alla delibera n° 288/2006; e per il
residuo 25% al Micheli, quale autore della successiva determina
dirigenziale n° 211/2006.
12. Invero, relativamente a tale segmento, la Procura
non chiarisce affatto per qual motivo integrerebbe gli estremi di
una colpa, oltretutto grave, l’adozione di una delibera avente ad
oggetto la proposizione dell’appello avverso una sentenza. Peraltro
Giudizio 27570
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la circostanza che la delibera n° 288/2006 e la determina
n° 211/2006 vengano accomunate sembra sottendere l’assunto
dell’ufficio inquirente secondo cui sussisterebbe una sorta di vincolo
di continuazione tra quei due provvedimenti amministrativi: nel
senso che il primo abbia costituito un mero artificio mediante cui
sarebbe stato perseguito un fine asseritamente illegittimo (il nuovo
affidamento del servizio senza procedere ad una gara pubblica).
Però, anche a voler ammettere (in pura ipotesi) l’illegittimità di
quel fine, di per sé il mezzo non appare censurabile in via derivata;
e neppure lo diverrebbe qualora quella delibera fosse stata adottata
esclusivamente al fine, in sé legittimo, di giustificare la determina
dirigenziale n° 211 emessa pochi giorni dopo.
Una volta dunque che quei due provvedimenti vengano
valutati distintamente, concettualmente la responsabilità
dell’adozione della determina n° 211/2006 incombe esclusivamente
sul dirigente Micheli. Tuttavia a sua discolpa va innanzitutto
evidenziato che l’adozione di quel provvedimento si era rivelata
necessaria dopo una sentenza (la n° 2920/2006) che poteva
reputarsi parzialmente inattesa: sia perché la riforma dell’iniziale
provvedimento cautelare del TAR stesso lasciava aperto il dubbio
sull’originaria fondatezza del ricorso della GIS, sia perché
anteriormente a quella pronuncia giudiziale il comune si era
adoperato per porre in essere tutti i requisiti per l’affidamento in
house (peraltro riuscendovi – ad avviso del giudice stesso - in due
casi su tre). E va inoltre considerato che a favore di un
Giudizio 27570
19
provvedimento amministrativo a carattere transitorio, qual era in
buona misura anche la determina n° 211/2006, militavano quelle
medesime ragioni di interesse pubblico che erano state reputate
prevalenti dal Consiglio di Stato nell’ordinanza n° 4510/2006 (della
quale si è disquisito nell’ambito del segmento A).
13. Concettualmente il segmento C prende le mosse
dalla scadenza dell’affidamento urgente alla Acquamarina, fissato al
30 settembre 2007 con la poc’anzi richiamata determina
dirigenziale n° 211/2006. Peraltro quattro giorni prima di tale
scadenza il Tribunale pronuncia la propria ordinanza n° 211/2007
(all. 2 sub 11), sulla quale si tornerà a disquisire a proposito del
segmento D1: con la quale prescrive al comune di dare esecuzione
entro trenta giorni alla sentenza n° 2920/2006 ed inibisce ulteriori
affidamenti alla Acquamarina stessa.
La sostanziale concomitanza temporale tra la scadenza
del suddetto affidamento urgente e quella pronuncia interinale del
TAR induce il Micheli, già autore della determina n° 211/2006, a
concedersi un leggero ampliamento dello spatium deliberandi,
prorogando quindi con la determina n° 172 del 1° ottobre 2007
(all. 2 sub 15) quell’affidamento fino al 20 di quello stesso mese al
dichiarato “… fine di non interrompere il pubblico servizio e
contemporaneamente [di] assumere ogni decisione conseguente a
quanto disposto dal TAR”.
All’esito di quella proroga il Micheli stesso decide di
affidare il servizio alla Segrate Servizi, giusta determina
Giudizio 27570
20
dirigenziale n° 181 del 17 ottobre 2007 (all. 2 sub 1), dal 21
ottobre 2007 al 30 settembre 2016. La novità di quest’ultimo
provvedimento consiste non soltanto nel profilo soggettivo, ma
anche nel ricondurre il servizio fra quelli non aventi rilevanza
economica, ai sensi della legge regionale n° 27/2006 (la quale al
comma 2 dell’art. 5 consente agli enti locali di “… procedere
all’affidamento diretto dell’incarico di gestione di impianti sportivi
senza rilevanza economica …” a “… società a capitale interamente
pubblico, da loro costituite”, mentre la lettera a del comma 2
dell’art. 1 di quella medesima legge qualifica come “impianti senza
rilevanza economica quelli che per caratteristiche, dimensioni e
ubicazione sono improduttivi di utili o produttivi di introiti esigui,
insufficienti a coprire i costi di gestione”); e quindi nel legittimare,
ad avviso di quel dirigente comunale, l’affidamento di quel servizio
senza previa gara pubblica.
Alcuni mesi dopo il consiglio comunale adotta la delibera
n° 5 del 10 gennaio 2008 (all. 6), in forza della quale il comune
stesso acquisisce il 100% del capitale sociale della Acquamarina. A
tale delibera fa seguito una nuova determina del Micheli, la n° 49
del 29 febbraio 2008 (all. 7), con la quale egli torna ad affidare il
servizio alla Acquamarina, sempre fino al 30 settembre 2016 e
sempre qualificandolo come servizio privo di rilevanza economica
ex lege regionale n° 27/2006.
Anche il segmento C si chiude con una sentenza del TAR:
la n° 2069/2008, depositata il 28 maggio (all. 1), nella quale il
Giudizio 27570
21
servizio oggetto della poc’anzi descritta determina dirigenziale
n° 181/2007 veniva giuridicamente equiparato ad una concessione
e non già ad un appalto di servizi, sul presupposto che non era
“… previsto alcun corrispettivo a carico del comune in favore
dell’affidataria …” (pag. 13); e veniva altresì reputata palese la
rilevanza economica dell’attività oggetto della concessione stessa,
conseguentemente reputandosi inapplicabile la legge regionale
n° 27/2006. Materialmente il TAR ha quindi annullato quella
determina dirigenziale, perché non preceduta da alcuna delibera
consiliare (indispensabile invece, ad avviso di quel giudice, per la
concessione di un pubblico servizio ex art. 42 del D.Lgs.
n° 267/2000), ed ha altresì condannato il Comune a risarcire alla
GIS danni per € 5.000 ed a rimborsarle le spese di lite per € 9.000.
14. In particolare con quest’ultima pronuncia il giudice,
dopo aver dichiarato l’incompetenza del Micheli a provvedere alla
concessione del servizio in argomento, ha reputato “… palese la
rilevanza economica dell’impianto …”, quale “… si desume … proprio
dalle succitate caratteristiche intrinseche e dalle dimensioni
dell’impianto medesimo …”, senza che rilevino “… le tariffe
agevolate per alcune categorie di utenti dell’impianto, … rispetto
[invece] all’espressa dizione normativa, che si riferisce alle
dimensioni e alle caratteristiche, dunque alla vocazione oggettiva
dell’impianto, che, nella specie, non può che essere di rilievo
economico” (pag. 14). Il TAR ha perciò affermato il principio
secondo cui “… l’affidamento della concessione di [pubblici] servizi
Giudizio 27570
22
è sempre subordinato all’osservanza dei principi di pubblicità,
trasparenza e non discriminazione, che nella fattispecie in
questione non sono stati rispettati dall’amministrazione intimata,
che ha inteso affidare il servizio in via diretta omettendo di
pubblicizzare in alcun modo le proprie determinazioni ed
astenendosi dall’effettuazione di qualunque forma di preliminare
confronto fra gli operatori del settore, necessario soprattutto
nell’interesse dell’amministrazione medesima” (pag. 16). Ed ha poi
ricordato come “… la sentenza n° 2920/06, esecutiva e non
sospesa dal giudice di appello, avesse giudicato illegittimo tale
affidamento diretto sia nei confronti di Acquamarina che di Segrate
Servizi” (pag. 17). Infine ha considerato che “… i numerosi
provvedimenti illegittimi adottati dall’amministrazione nonostante i
contrari orientamenti della giurisprudenza e soprattutto la
riconduzione dell’affidamento diretto della concessione del servizio
ogni volta a diversi istituti giuridici al mero scopo di contrastare le
precedenti illegittimità ripetutamente acclarate, denotano un
comportamento certamente colposo in capo all’amministrazione
comunale, che in ogni modo si è opposta alla necessità di indizione
di una procedura ad evidenza pubblica nonostante le numerose
determinazioni in tal senso sia di questo giudice che del Consiglio di
Stato” (pag. 18).
A quest’ultimo proposito va precisato che la sentenza n°
2069/2008 sarebbe stata confermata oltre un anno più tardi dal
Consiglio di Stato, con la sentenza n° 5097/2009 (all. 3 sub 15),
Giudizio 27570
23
con compensazione delle spese di lite inter partes.
15. Il danno erariale riferito al segmento C, pari al
risarcimento danni ed alle spese di lite liquidate dal TAR nella
sentenza n° 2069/2008 (complessivamente € 16.000), viene
ascritto dalla Procura regionale per metà ai componenti del
consiglio comunale che avevano espresso voto favorevole alla
delibera n° 5/2008; e per la metà, in quote diseguali tra loro, al
sindaco Alessandrini, all’assessore Coari, al direttore affari generali
Criscuolo e al dirigente Micheli.
16. Nella valutazione dell’elemento soggettivo insito nel
segmento C, come in quello D1 (le cui vicende verranno descritte in
appresso), rileva la circostanza che nella sentenza n° 2920/2006 il
giudice aveva verificato se sussistessero tutti e tre i requisiti dettati
dal comma 5 dell’art. 113 del D.Lgs. n° 267/2000 per la legittimità
di un affidamento c.d. in house, peraltro motivatamente
concludendo nel senso che nella fattispecie alla data di quella
pronuncia giudiziale mancasse uno soltanto di quei requisiti (quello
del c.d. controllo analogo). Ovviamente siffatto iter logico
presupponeva che concettualmente fosse ammissibile affidare ad
una società in house un servizio come quello di specie; e finiva,
quindi, con il focalizzare il problema sul concreto rispetto di quei
medesimi requisiti. Invero proprio questa finalità sembra aver
perseguito (o, quanto meno, tentato di perseguire) il comune e,
per esso, i suoi esponenti odierni convenuti: dapprima modificando
lo statuto sociale della Farmacia di Segrate, originaria affidataria
Giudizio 27570
24
del servizio, riuscendo così a realizzare due di quei tre requisiti; e,
poi, orientandosi analogamente anche per l’Acquamarina.
Rileva dunque questa Sezione che soltanto con le tre
sentenze emesse nel maggio 2008 (nn° 1580, 1587 e 2069, della
seconda delle quali si disquisirà a proposito del segmento D1) il
TAR ha affermato con piena chiarezza la necessità di espletare una
gara pubblica per l’affidamento del servizio in questione. Inoltre,
nella complessiva fattispecie, quelle sentenze sono state le prime
pronunce giudiziali successive alla n° 2920/2006, sulle motivazioni
della quale s’è disquisito in precedenza.
Né può ritenersi che l’opinione del Tribunale fosse
divenuta realmente più nitida grazie alla sua ordinanza
n° 121/2007, con la quale era stato inibito al comune “… di
effettuare ulteriore affidamento diretto del servizio …”
all’Acquamarina. Perché, anche a voler trascurare la sostanziale
assenza di motivazione di quell’ordinanza (neppure desumibile per
relationem dalla sentenza n° 2920/2006), quest’ultima pronuncia
era suscettibile di venir letta rebus sic stantibus, tanto più con
riguardo all’epoca in cui essa era stata emessa: laddove è indubbio
che, proprio alla luce delle motivazioni di quella sentenza, non
irragionevolmente il comune aveva continuato a ricercare (anche
applicando la già richiamata legge regionale n° 27/2006, in ciò
confortata anche da un parere della Regione stessa: all. 3 alla
memoria Alessandrini) la soluzione di un affidamento asseritamente
in house o comunque riconducibile a tale figura giuridica.
Giudizio 27570
25
Né, infine, a diverse conclusioni può pervenirsi alla luce
dell’ordinanza n° 1380/2007 del Consiglio di Stato (all. 3 sub 4),
sulla quale pure si tornerà a proposito del segmento D1 e della
quale peraltro la Procura regionale si limita a richiamare il
dispositivo (di rigetto dell’istanza di sospensione dell’esecutività
della sentenza n° 2920/2006). Infatti, quantunque in quella
pronuncia cautelare il giudice amministrativo d’appello avesse
espresso il duplice avviso secondo cui “… la sentenza [appellata
aveva] fa[tto] corretta applicazione dei principi in tema di
affidamento in house e [andava altresì] ravvisata la necessità che il
servizio venga affidato conformemente alle regole dell’evidenza
pubblica”, nel contrasto (o, comunque, nella tutt’altro che piena
consonanza) fra un giudice di prime cure che si limitava ad
auspicare l’espletamento di una gara pubblica ed un giudice
d’appello che quest’ultima reputava invece necessaria (peraltro
esprimendosi in via cautelare) era comprensibile che il comune si
orientasse verso l’opzione a lui più gradita. Mentre la circostanza
che il Consiglio di Stato avesse incidentalmente condiviso le
motivazioni della sentenza n° 2920/2006 non impediva affatto al
comune stesso di ricercare ulteriormente la percorribilità di un
corretto affidamento in house del servizio de quo.
17. Ad abundantiam, con specifico riferimento alla
delibera consiliare n° 5/2008 (della cui proposta fu relatore
l’assessore Coari, mentre il Criscuolo aveva espresso il previo
parere di regolarità tecnica) ed alla correlativa determina
Giudizio 27570
26
dirigenziale n° 49/2008, è appena il caso di rilevare che la Procura
regionale non si sofferma minimamente a riflettere sulla specifica
rilevanza causale di quei due. E che finanche il giudice, nella
sentenza n° 2069/2008, non opera alcuna distinzione fra la Segrate
Servizi e la Acquamarina: potendo così desumersi una conferma
indiretta che, in sé, la predetta delibera consiliare era legittima e
che specificamente da essa non era derivato alcun pregiudizio alle
ragioni della GIS.
18. Il segmento D1 prende le mosse dall’ordinanza
n° 1380/2007 del Consiglio di Stato (all. 3 sub 4), con la quale
viene rigettata l’istanza del comune di ottenere la sospensione
dell’esecutività della sentenza n° 2920/2006. Invero tale pronuncia
cautelare, pur richiamata dalla Procura regionale alle pagg. 12 e 13
della citazione e però non inclusa in alcun segmento, ad avviso di
questa Sezione appare inquadrabile nel segmento D1, costituendo
un prodromo della nomina del commissario ad acta (atteso che con
tale ordinanza era stata confermata l’esecutività della sentenza n°
2920/2006, la cui concreta esecuzione avrebbe poi formato oggetto
dell’incarico commissariale).
Il rigetto della predetta inibitoria induce la GIS,
evidentemente anche alla luce della posizione sostanziale che l’ente
locale continuava ad assumere nella presente vicenda (quale si era
sostanziata, da ultimo, con la determina dirigenziale n° 211/2006),
a diffidare il comune stesso a dare esecuzione alla suddetta
sentenza; e, di fronte all’inerzia dell’ente locale, ad intraprendere
Giudizio 27570
27
un giudizio di ottemperanza dinanzi al TAR. Il quale, con ordinanza
n° 121/2007 depositata il 26 settembre di quell’anno (all. 2 sub
11), ordinava al comune di “… ottemperare alle statuizioni della
sentenza TAR n° 2920/2006 … entro trenta giorni …”, “… pena la
nomina di un commissario ad acta …”; e contestualmente gli inibiva
“… di effettuare ulteriore affidamento diretto del servizio in
questione …” all’Acquamarina.
A questo punto si collocano le vicende sostanziali
poc’anzi descritte al paragrafo 16 concernenti il segmento C: le
quali resero inevitabile una pronuncia nel “merito” di quel giudizio
di ottemperanza: pronuncia concretizzatasi nella sentenza n°
1587/2008, depositata il 13 maggio di quell’anno (all. 3 sub 5), con
la quale venne nominato un commissario ad acta (nella persona del
prefetto di Milano, con facoltà di delega ad un “… qualificato
funzionario …” di quell’ufficio territoriale) per dare esecuzione alla
sentenza n° 2920/2006 e venne altresì condannato il comune a
pagare alla GIS spese di lite per € 8.250.
Siffatta pronuncia era motivata dal “… persistente
inadempimento dell’Amministrazione, che ha continuato a disporre
l’affidamento del servizio in via diretta nei confronti di una società
dallo stesso totalmente posseduta, … senza effettuare alcuna forma
di confronto preliminare fra gli operatori del settore ed in assenza
dei presupposti necessari” (pag. 4). Osservava altresì il TAR che
“… le presunte ragioni di urgenza sulle quali il comune avrebbe
fondato l’affidamento diretto sono state in concreto … causate …
Giudizio 27570
28
dal mancato espletamento di una qualsiasi forma preliminare di
selezione fra gli operatori del settore per la quale sarebbe stato
certamente sufficiente il lungo tempo trascorso dall’emanazione
degli originari provvedimenti illegittimi, risalenti all’aprile 2006”
(pagg. 4 – 5). E concludeva affermando che “… la concessione di
servizi deve essere sempre affidata nel rispetto dei principi di
pubblicità, trasparenza e non discriminazione, principi non rispettati
nella fattispecie … dall’Amministrazione intimata …” (pag. 5).
19. Nel segmento D2, che temporalmente si interseca
con quello D1, verrà specificamente esaminata la fase di tale
procedura commissariale che ebbe inizio allorquando il prefetto di
Milano demandò l’incarico commissariale stesso ad una funzionaria
di quell’ufficio (Maria Luisa Inversini); e che si concluse con la
revoca di quella designazione e con la conseguente sostituzione del
commissario ad acta.
Nell’ambito del segmento D1 rientra, invece, la fase della
procedura commissariale susseguente alla nomina di Ezio Maria
Barbieri, ex magistrato amministrativo, in sostituzione del prefetto
di Milano e della Inversini. Orbene il nuovo commissario ad acta ha
indetto la gara pubblica, avvalendosi anche dell’assistenza
dell’avv. Luigi Maria Angeletti (che poi sarebbe stato remunerato, a
spese del comune, con un compenso di € 4.250 incluso dalla
Procura regionale tra le componenti di danno riferite a tale
segmento); e, quindi, ha aggiudicato quella gara all’Acquamarina,
con determina dirigenziale n° 664 del 28 luglio 2009 (peraltro
Giudizio 27570
29
mancante in atti ed i cui estremi possono soltanto desumersi, a
pag. 18 della citazione). Infine, con sentenza n° 6177/2009 (all. 3
sub 7), il TAR ha constatato il corretto espletamento del mandato
commissariale conferito con la sentenza n° 5676/2008 ed ha così
dichiarato concluso il giudizio di ottemperanza, liquidando pertanto
al Barbieri un compenso di € 12.000 ed alla GIS spese di lite pari
ad € 5.250.
Il danno riferito al segmento D1 equivale appunto al
compenso del commissario ad acta Barbieri ed alle spese di lite
liquidate dal TAR nelle sentenze n° 1587/2008 e n° 6177/2009,
nonché al compenso per l’avv. Angeletti. Esso viene ascritto dalla
Procura attrice per metà ai consiglieri comunali che avevano
espresso voto favorevole alla delibera n° 49/2008; e per l’altra
metà, con quote via via descrescenti, al sindaco Alessandrini, al
direttore degli affari generali Criscuolo e al dirigente Micheli.
20. Ad abundantiam, rispetto a quanto già osservato
riguardo all’elemento soggettivo ascrivibile agli odierni convenuti
relativamente al segmento C, può rilevarsi che la spesa in favore
dell’avv. Angeletti sarebbe stata comunque sostenuta dal comune,
sia nel caso in cui questi avesse spontaneamente espletato la gara
pubblica per aggiudicare il servizio, sia qualora tale gara l’avesse
indetta il precedente commissario ad acta Inversini: ragion per cui
va escluso che essa costituisca danno.
Né, ancora, si comprende quale sia il nesso eziologico fra
le spese di lite liquidate con la sentenza n° 1587/2008 e quella che
Giudizio 27570
30
ne viene indicata quale causa eziologica, ossia la delibera consiliare
n° 49/2008, la quale sul piano temporale è posteriore a quel
dictum giudiziale.
21. I segmenti che nella citazione vengono denominati
quali D2 ed E includono le vicende successive alla sentenza
n° 1587/2008, con la quale (come già ricordato) era stato
nominato un commissario ad acta, nella persona del prefetto di
Milano o di “… un qualificato funzionario dallo stesso delegato …”, al
fine di “… dare corretta esecuzione alla sentenza … n° 2920/2006
entro 90 giorni dalla comunicazione della presente decisione …”.
Con decreto del 4 giugno 2008 (all. 8) il prefetto di
Milano designava in sua vece Maria Luisa Inversini, funzionaria
della locale prefettura, quale commissario ad acta. E poiché in quel
medesimo decreto veniva precisato che la sentenza n° 1587/2008
era pervenuta presso la prefettura stessa il 30 maggio, da
quest’ultima data doveva reputarsi che decorresse il termine di
novanta giorni entro cui, secondo quanto prescritto dal TAR stesso,
a quest’ultimo il commissario ad acta avrebbe dovuto dar notizia
della “… corretta esecuzione …” della predetta sentenza
n° 2920/2006.
Con nota del 20 giugno 2008 (all. 9) la Inversini
informava il comune della propria designazione, ricapitolando assai
sinteticamente la pregressa vicenda e riservandosi, “… in assenza
di un provvedimento di ottemperanza alla sentenza n° 2960 da
parte di codesta Amministrazione, … di prendere contatti con i
Giudizio 27570
31
competenti uffici per dare l’avvio alle procedure formali di
affidamento del servizio” oggetto del contenzioso amministrativo.
L’ente locale raccoglieva quell’implicito invito ad
ottemperare, senza dissimulare affatto il proprio intento; ma anzi
informando la Inversini con nota prot. 34894 dell’11 luglio 2008
(all. 3 alla memoria della Inversini) a firma del direttore generale
Laura Aldini (non convenuta nel presente giudizio), che due giorni
prima erano state introdotte nello statuto sociale della
Acquamarina “… quelle modifiche utili e necessarie al fine di
conformarsi ai requisiti individuati dallo stesso TAR, con la suddetta
sentenza [n° 1587/2008], idonei a formalizzare un provvedimento
legittimo di affidamento in house di un servizio pubblico locale”, e
che pertanto nell’ordine del giorno della seduta consiliare convocata
per il 17 di quello stesso mese era stato inserito un punto
concernente l’affidamento ad Acquamarina del servizio di gestione
della piscina comunale.
Inoltre sembra desumersi che sulla legittimità di quella
delibera vi fosse stata previamente una “… richiesta avanzata per le
vie brevi dal segretario comunale …” Criscuolo: prova ne è che il
commissario ad acta, nel replicare (con nota del 15 luglio 2008,
costituente l’all. 4 alla memoria della Inversini stessa, nota dalla
quale è tratto già l’inciso testé riportato) alla predetta
comunicazione del direttore generale, si è vista costretta a
ricordare che “… la valutazione della legittimità degli atti spetta in
via esclusiva al TAR e [che] non rientra nel mandato dello scrivente
Giudizio 27570
32
esprimere pareri in via preventiva” (ibidem).
Nondimeno il 17 luglio 2008 il consiglio comunale
adottava la delibera n° 49 (all. 10), con la quale la gestione della
piscina comunale veniva affidata (asseritamente) in house alla
Acquamarina per altri sette anni. E quella delibera, sulla quale si
tornerà a disquisire ampiamente in relazione all’elemento
soggettivo ascrivibile agli esponenti comunali che concorsero ad
adottarla, veniva trasmessa al TAR con nota del 6 agosto 2008
(all. 11) dalla Inversini stessa: la quale dichiarava altresì di
“… resta[re] in attesa di eventuali istruzioni da parte di codesto
collegio in merito al successivo espletamento del mandato”
commissariale.
Dal canto suo il tribunale, adìto per l’ennesima volta dalla
GIS la quale impugnava anche la delibera consiliare n° 49/2008:
il 19 novembre di quell’anno sospendeva l’esecutività di quella
delibera, con ordinanza n° 1701/2008 (all. 3 sub 9), che poi
sarebbe stata confermata dal Consiglio di Stato con ordinanza
n° 403/2009 (all. 3 sub 11);
con sentenza n° 5676/2008 (all. 3 sub 6), depositata il 3
dicembre di quell’anno, revocava dall’incarico commissariale la
Inversini e la sostituiva con Ezio Maria Barbieri, condannando
inoltre il comune a pagare alla GIS spese di lite per 4.000
euro;
infine con sentenza n° 1740/2009, depositata il 3 marzo di
tale anno (all. 3 sub 10), annullava la delibera impugnata,
Giudizio 27570
33
condannando nuovamente l’ente locale a pagare alla GIS
spese di lite per 7.000 euro ed un risarcimento danni pari a
2.000 euro.
22. Nella suddetta sentenza n° 5676/2008 il tribunale
dichiara “… non … immune da rilievi il fatto che il commissario [ad
acta] abbia … ritenuto possibile, se non anche opportuno, anziché
sostituirsi al comune di Segrate, rimettere invece in termini
l’Amministrazione consentendole di deliberare l’ennesimo
affidamento diretto al di fuori, ancora una volta, di qualunque
selezione pubblica tra una pluralità di operatori in concorrenza
reciproca” (pag. 6); reputa che “… il commissario ha frainteso il suo
incarico … nel ‘metodo’, poiché, anziché dare diretta e immediata
esecuzione al giudicato (o, in via meramente subordinata, fornire
prescrizioni puntuali e circostanziate), ha lasciato che tale compito
fosse assolto dall’Amministrazione comunale con assoluta libertà di
manovra e secondo i suoi originali [rectius: originari] intendimenti”
(pagg. 6 – 7); e infine esprime l’avviso che ha anche travisato il
mandato commissariale “nel ‘merito’, perché l’incarico aveva ad
oggetto, come è sin troppo ovvio, l’esecuzione della sentenza
secondo le indicazioni provenienti dalla stessa …” (pag. 7).
Tali considerazioni inducono il TAR a reputare opportuno
sostituire la Inversini nell’incarico commissariale, nonché a
soggiungere che “… nell’esecuzione dell’incarico il [nuovo]
commissario dovrà provvedere ad indire una gara pubblica per
l’affidamento del servizio …” (pag. 7).
Giudizio 27570
34
23. I danni concernenti il segmento D2, pari ad € 4.896
(essendo ascesa a tale importo, una volta addizionata di contributi
previdenziali ed IVA, la condanna di cui alla sentenza
n° 5676/2008), ed il segmento E (€ 9.000), vengono ascritti dalla
Procura regionale per metà ai diciotto esponenti comunali che
hanno concorso all’adozione della delibera n° 49/2008 e per
un’altra metà alla Inversini.
24. Ritiene innanzitutto questa Sezione che, tra le
condotte ricadenti nei segmenti D2 ed E, occorra distinguere
nettamente quelle che si configurerebbero quale inesatto
adempimento dell’incarico conferito alla Inversini e quelle che,
invece, costituirebbero un’elusione (illegittima, ad avviso del TAR)
di quella nomina commissariale. Talché soltanto agli esponenti
comunali va ascritta la responsabilità asseritamente scaturente
dall’adozione della delibera n° 49/2008, la quale forma oggetto del
segmento E; mentre esclusivamente alla Inversini risultano
riconducibili tutte le sue azioni ed omissioni successive alla
designazione quale commissario ad acta: tra le quali, per come
articolate nel segmento D2, evidentemente non rientra l’adozione
della testé richiamata delibera consiliare.
Posto questo discrimine concettuale tra le condotte
contemplate nell’uno e nell’altro di quei due segmenti, non è
decisivo domandarsi se, una volta disposta la nomina
commissariale, giuridicamente il comune di Segrate vantasse
ancora una potestas decidendi sulla vicenda oggetto del
Giudizio 27570
35
contenzioso amministrativo. Perché quel che decisivamente rileva è
la circostanza che la delibera consiliare ha comunque avuto una
sua effettività concreta: tanto da costringere la GIS ad
un’ennesima iniziativa giudiziaria e da indurre il tribunale dapprima
a sospendere l’esecutività che quella delibera, appunto, aveva e poi
ad annullarla.
25. Occorre invece vagliare se la Inversini potesse (o,
addirittura, dovesse) impedire che il comune adottasse quella
delibera.
Al riguardo va innanzitutto evidenziato che sul piano
fattuale la posizione del commissario ad acta non era affatto
identica a quella dell’ente locale. Infatti gli esponenti comunali (o,
comunque, non pochi tra loro) conoscevano perfettamente la
vicenda, quale dipanatasi da oltre due anni prima: talché da parte
del comune risultava concettualmente agevole provvedere
nuovamente sull’affidamento della gestione della piscina comunale;
e non stupisce che in tal senso l’ente locale si sia risolto, con la
delibera consiliare n° 49/2008, a distanza di neppure un mese e
mezzo dalla nomina della Inversini.
Ovviamente costei era, invece, totalmente all’oscuro dei
numerosissimi ed intricati passaggi di quella vicenda: tanto ciò è
vero che il giudice stesso aveva reputato congruo un termine di
novanta giorni entro il quale lei dovesse adempiere compiutamente
all’incarico commissariale conferitole. E’ quindi evidente come non
possa reputarsi gravemente colpevole la circostanza che quella
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convenuta non sia riuscita ad esercitare compiutamente il proprio
mandato prima che, a distanza di 43 giorni dalla sua nomina (ossia
nemmeno a metà dell’arco temporale concessole dal TAR), il
consiglio comunale adottasse la predetta delibera n° 49/2008.
26. Un residuo dubbio potrebbe suscitarlo la circostanza
che la Inversini, mediante le già ricordate note del 20 giugno e del
15 luglio 2008, possa aver stimolato il comune a provvedere
nuovamente sulla vicenda (prima che fosse lei stessa ad esercitare
concretamente i poteri commissariali conferitile dal giudice); o,
comunque, che lei non abbia manifestato all’ente locale una ferma
contrarietà all’operato del comune che addirittura le veniva
prospettato.
Su tale questione di principio la convenuta ha però
dimostrato che, già da tempi non sospetti, il proprio convincimento
era nel senso che la potestas decidendi della P.A. commissariata
non dovesse reputarsi caducata per effetto della nomina
commissariale stessa. Ma, soprattutto, appare assorbente la
considerazione che il commissario ad acta non poteva
materialmente impedire al comune di adottare una delibera
consiliare come quella in argomento.
Al più, infatti, lei avrebbe potuto considerare quella
delibera tamquam non esset e proseguire tranquillamente
nell’incarico conferitole, per concluderlo nei tempi assegnatile con
un proprio provvedimento. Tuttavia la nota con la quale la
Inversini, il 6 agosto 2008 (ossia quando ancora mancava un mese
Giudizio 27570
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allo spirare dei novanta giorni previsti dal tribunale per
l’espletamento del mandato commissariale), inviò al tribunale
stesso la delibera consiliare n° 49/2008 non escludeva affatto
quell’eventualità: nel senso che astrattamente il giudice avrebbe
potuto restituire tempestivamente quella delibera, censurando
l’illegittimità di quest’ultima ed invitando quindi il commissario ad
acta a procedere ulteriormente nel mandato commissariale. Talché
la circostanza che il tribunale abbia invece reputato di sostituire
tout court la Inversini non dimostra affatto la colpevolezza di
quest’ultima: ossia il suo intento di astenersi dall’espletare
l’incarico conferitole.
Né, ovviamente, è minimamente prospettabile un
processo a quelle che fossero le intenzioni della convenuta nel caso
di specie: intenzioni che, obiettivamente, non possono in alcun
modo desumersi dal tenore di alcuno degli atti interlocutori emessi
dalla Inversini. Ed anche a voler ipotizzare che lei potesse preferire
che fosse il comune a provvedere su quell’annosa questione, va da
sé che tale suo animus non è minimamente dimostrabile e
comunque non potrebbe dirsi gravemente colpevole.
Conclusivamente va quindi rigettata la domanda
proposta dalla Procura regionale nei confronti della Inversini.
27. Assai diverso è il ragionamento da svolgere, in
relazione al segmento E, nei confronti degli esponenti comunali
odierni convenuti. La cui colpa grave emerge limpidamente dal
dibattito consiliare prodromico all’adozione di quella delibera
Giudizio 27570
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(dibattito la cui trascrizione, alla quale sono riferiti i numeri di
pagina di seguito richiamati, può leggersi in allegato alla delibera
stessa), risultandone che:
era stato il segretario generale Criscuolo a riferire
all’assemblea in merito alla proposta della delibera in
questione (pag. 8);
evidentemente, però, l’argomento risultava ampiamente noto
a “… molti consiglieri … perché è[ra] stato ampiamente
sviscerato nel corso di due sedute della commissione Bilancio
…” del comune stesso;
con una lettera dell’11 luglio 2008 (già richiamata al paragrafo
21) il direttore generale Aldini aveva informato il commissario
ad acta riguardo alle modifiche apportate pochi giorni prima
alla statuto della Acquamarina e le aveva altresì
preannunciato il conseguente intento del comune di affidare
nuovamente in house a quella società, con delibera da
adottarsi nella seduta consiliare convocata per il 17 di quello
stesso mese, il servizio in questione;
con lettera del 15 luglio 2008, anch’essa già richiamata al
precedente paragrafo 21, la Inversini aveva preso atto di
quell’intento del comune ed aveva peraltro declinato di
esprimere alcun previo parere al riguardo;
nondimeno quella sua affermazione di restare “… in attesa di
copia della [preannunciata] deliberazione consiliare …” era
stata interpretata dal Criscuolo, il quale in tal senso aveva poi
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relazionato al consiglio comunale, nel senso che “… il
commissario ad acta sta legittimando … il consiglio comunale
a provvedere in merito” (pag. 13);
nella propria relazione il Criscuolo non aveva minimamente
richiamato l’ordinanza n° 121/2007 e inoltre, pur citando
inevitabilmente la sentenza n° 1587/2008, non si era
minimamente soffermato sulle motivazioni di quest’ultima
(dalle quali invece, come s’è già evidenziato, era palesemente
evincibile l’ineludibilità di una gara pubblica);
il consigliere Latino aveva però espresso l’avviso secondo cui il
consiglio comunale si stesse accingendo “… ad approvare una
delibera che dovrebbe esserci sottoposta … o fatta dal
commissario ad acta” e proprio l’incomprensibilità della
posizione di quest’ultimo induceva quindi quel consigliere a
non votare la delibera stessa (pag. 17);
il consigliere Michelli aveva dato ampia lettura di alcuni
passaggi della sentenza TAR n° 1587/2008, di seguito a
quanto egli stesso aveva fatto “… già in commissione Bilancio
…”, sottolineando lungamente (a pag. 20, tanto da indurre il
presidente del consiglio comunale a richiamarlo al rispetto
della tempistica per il suo intervento) come il giudice avesse lì
“… solleva[to] il problema non tanto del famoso controllo
analogo …, ma proprio della mancanza di rispetto dei principi
generali di pubblicità …” e come, quindi, con la delibera in
questione “… si va a rimediare [ad] uno dei problemi, ma non
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si rimedia il problema di fondo”, perché “… quello che manca
ancora è il confronto con gli altri operatori del settore”,
“… problema [che] non è stato risolto” (ibidem);
seppur in maniera più sfumata, anche il consigliere Rebellato
aveva paventato i rischi di carattere giuridico insiti
nell’adozione di quella che sarebbe poi divenuta la delibera
n° 49/2008, la non chiarezza della posizione del commissario
ad acta e comunque l’eventualità di una perpetuazione del
contenzioso giudiziale (pag. 24);
infine il consigliere Lenisa aveva sottolineato come la
circostanza che la proposta di delibera fosse esclusivamente di
matrice comunale e non provenisse invece dal commissario ad
acta “… niente ci garantisce sostanzialmente di non avere
commesso ancora qualche errore …” (pag. 25);
il segretario comunale non aveva minimamente replicato sulle
perplessità concernenti i profili squisitamente giuridici della
vicenda (pagg. 25 – 26);
nelle dichiarazioni di voto il consigliere Michelli aveva motivato
il proprio voto contrario “… perché ritengo che [questa
delibera] non sia comunque legittima, cioè a questo punto il
TAR ha nominato il commissario ad acta e deve essere il
commissario a fare i famosi acta” (pag. 26);
il consigliere Rosa, nell’aderire all’opinione del Michelli, aveva
altresì ricordato che “… eravamo rimasti d’accordo in
commissione Bilancio che avremmo ritirato la [proposta di]
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delibera se non avessimo avuto una risposta puntuale e
precisa da parte del commissario ad acta” ed aveva
lucidamente sottolineato che a suo avviso “… la risposta che è
stata data [dalla Inversini] non risolve la problematica che
abbiamo sollevato, anzi il fatto che si dichiara in pratica di fare
il passacarte fra noi e il TAR mi pare che sia veramente una
cosa svilente per lei ma anche che non dia garanzie a noi su
quello che volevamo” (pagg. 26 – 27);
quasi tutti i consiglieri che erano intervenuti nel dibattito, pur
essendosi dichiarati nel merito favorevoli alla gestione
pubblica dell’impianto natatorio, si erano poi astenuti dal
votare la delibera o addirittura avevano espresso voto
contrario ad essa.
28. Peraltro il ruolo che ciascun esponente comunale ha
avuto rispetto all’adozione della delibera consiliare n° 49/2008 ed
al capitolo di danno di cui al segmento E (€ 9.000) va valutato
anche alla luce di tutta quanta la pregressa vicenda. Talché di quel
danno appare giustificato addossare pro capite una quota
maggioritaria all’Alessandrini, al Coari, al Criscuolo e al Micheli,
quota che si reputa equo stimare nella misura dell’11% ciascuno,
ossia in € 990. Mentre ai quattordici consiglieri comunali che
espressero voto favorevole (Romanelli, Zardus, Maggi, Casella,
Salvà, Poto, Bottari, Ferrari, Moscheo, Nichetti, Antona, Cristofori,
Candito e Chindemi) va ragionevolmente ascritto il 4% ciascuno,
ossia € 360.
Giudizio 27570
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Infine, poiché i convenuti Candito e Chindemi risultano
deceduti anteriormente alla presente sentenza, nei loro confronti
non è luogo a provvedere.
29. Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono
liquidate come in dispositivo.
P . Q . M .
la Corte dei conti, Sezione giurisdizionale regionale per la
Lombardia, definitivamente pronunciando in relazione al giudizio n°
27570:
1) condanna i seguenti convenuti a risarcire il danno patrimoniale
cagionato al comune di Segrate nelle rispettive misure di:
Adriano Alessandrini, Giuseppe Nicola Coari, Pasquale
Criscuolo e Piero Micheli: € 990 (novecentonovanta)
ciascuno;
Marco Franco Romanelli, Claudio Mario Francesco Zardus,
Michelangelo Maggi, Francesco Casella, Riccardo Salvà,
Gerardo Gianluca Poto, Domenico Bottari, Gian Pietro
Maria Ferrari, Miriam Moscheo, Carluccio Mario Nichetti,
Angelo Antona e Fernando Cristofori: € 360
(trecentosessanta) ciascuno;
2) pone a carico dei suddetti convenuti, in proporzione della
misura della rispettiva condanna, le spese di giustizia,
liquidate nella misura di € 16.119,40
(sedicimilacentodiciannove/40)
Giudizio 27570
43
3) rigetta la domanda nei confronti di tutti gli altri convenuti;
4) liquida in € 1.000 (mille) comprensive di spese generali, oltre
CNA ed IVA, le spese per la difesa della convenuta Inversini
nel presente giudizio;
5) liquida in € 400 (quattrocento) comprensive di spese generali,
oltre CNA ed IVA, le spese per la difesa di ciascuno dei
convenuti Colle, Riccardi Sirtori, Travaglia, Ronchi e Rebellato
nel presente giudizio.
Così deciso a Milano nelle camere di consiglio del 23 ottobre 2013 e
dell’8 gennaio 2014.
I L G I U D I C E R E L A T O R E
( E ug en i o M us u me c i )
I L P R E S I D E N T E
( C l a u d i o Ga l t i e r i )
Depositata in segreteria il
27/05/2014