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Sent.107/2014 1 R EPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA C ORTE DEI CONTI S EZIONE GIURISDIZIONALE REGIONALE PER LA L OMBARDIA composta dai magistrati: Claudio GALTIERI Presidente Eugenio MUSUMECI Giudice relatore Giuseppina VECCIA Giudice ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio iscritto al n° 27570 del registro di segreteria, proposto dalla Procura regionale presso questa Sezione giurisdizionale CONTRO ALESSANDRINI Adriano, nato a Milano il 2 dicembre 1965 e residente a Segrate (MI) in via Fratelli Cervi residenza Mestieri, codice fiscale LSSDRN65T02F205Q; COARI Giuseppe Nicola, nato a Milano il 1° maggio 1960 e residente a Pioltello (MI) in via Georges Bizet n° 7/A, codice fiscale CROGPP60E01F205A; CRISCUOLO Pasquale, nato a Crotone il 2 novembre 1967 e domiciliato a Cremona in corso Giuseppe Garibaldi n° 139, codice fiscale CRSPQL67S02D122L; MICHELI Piero, nato a Varenna (LC) il 14 giugno 1950 e residente a Segrate in via Rodolfo Morandi 1, codice fiscale MCHPRI50H14L680N;

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Sent.107/2014

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R E P U B B L I C A I T A L I A N A

I N N O M E D E L P O P O L O I T A L I A N O

L A C O R T E D E I C O N T I

SEZ IONE G IUR ISD IZIONAL E REG IONALE PER L A LOMBARD IA

composta dai magistrati:

Claudio GALTIERI Presidente

Eugenio MUSUMECI Giudice relatore

Giuseppina VECCIA Giudice

ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A

nel giudizio iscritto al n° 27570 del registro di segreteria, proposto

dalla Procura regionale presso questa Sezione giurisdizionale

C O N T R O

ALESSANDRINI Adriano, nato a Milano il 2 dicembre 1965 e residente

a Segrate (MI) in via Fratelli Cervi residenza Mestieri, codice fiscale

LSSDRN65T02F205Q;

COARI Giuseppe Nicola, nato a Milano il 1° maggio 1960 e residente

a Pioltello (MI) in via Georges Bizet n° 7/A, codice fiscale

CROGPP60E01F205A;

CRISCUOLO Pasquale, nato a Crotone il 2 novembre 1967 e

domiciliato a Cremona in corso Giuseppe Garibaldi n° 139, codice

fiscale CRSPQL67S02D122L;

MICHELI Piero, nato a Varenna (LC) il 14 giugno 1950 e residente a

Segrate in via Rodolfo Morandi n° 1, codice fiscale

MCHPRI50H14L680N;

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Giudizio 27570

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ROMANELLI Marco Franco, nato a Milano il 29 dicembre 1960 e

residente a Segrate (MI) in via del Tulipano n° 2, codice fiscale

RMNMCF60T29F205H;

CANDITO Saverio, nato a Reggio Calabria il 28 novembre 1939 e

residente a Segrate (MI) in via Fratelli Cervi residenza Seminario,

codice fiscale CNDSVR39S28H224M;

ZARDUS Claudio Mario Francesco, nato a Melzo (MI) l’8 settembre

1939 e residente a Segrate (MI) in via Basilicata n° 3, codice

fiscale ZRDCDM39P08F119D;

MAGGI Michelangelo, nato a Milano il 25 aprile 1974 e residente a

Vignate (MI) in via dei Chiusi n° 17, codice fiscale

MGGMHL74D25F205P;

CASELLA Francesco, nato a Sant’Angelo di Brolo (ME) il 24 agosto

1951 e residente a Segrate (MI) in via Primo Maggio n° 2, codice

fiscale CSLFNC51M24I283V;

COLLE Lorenzo, nato a Bruxelles (Belgio) il 26 marzo 1970 e

residente a Segrate (MI) in via Monzese n° 51, codice fiscale

CLLLNZ70C26Z103R;

POTO Gerardo Gianluca, nato a Milano il 19 giugno 1972 e residente

a Segrate (MI) in via Giovanni Caboto n° 4, codice fiscale

PTOGRD72H19F205B;

CHINDEMI Gaetano, nato a Val Masino (SO) il 2 agosto 1937 e

residente a Segrate (MI) in via Emilia n° 14/A, codice fiscale

CHNGTN37M02L638U;

RICCARDI SIRTORI Giovanni Vincenzo, nato a Segrate (Mi) il 1° marzo

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1950 ed ivi residente in via Borioli n° 12, codice fiscale

RCCGNN50C01I577N;

TRAVAGLIA Laura, nata a Venezia il 20 luglio 1949 e residente a

Segrate (MI) frazione San Felice strada 1 n° 10, codice fiscale

TRVLRA49L60L736F;

BOTTARI Domenico, nato a San Roberto (RC) il 16 febbraio 1946 e

residente a Segrate (MI) in via Cesare Battisti n° 26, codice fiscale

BTTDNC46B16I139R;

FERRARI Gian Pietro Maria, nato a Milano il 23 novembre 1953 ed ivi

residente in via Francesco Burlamacchi n° 16, codice fiscale

FRRGPT53S23F205W;

RONCHI Maria Assunta, nata a Bozzolo (MN) il 3 agosto 1951 e

residente a Pioltello (MI) in strada Malaspina n° 7, codice fiscale

RNCMSS51M43B110K;

REBELLATO Martino Giuseppe, nato a Milano il 13 febbraio 1953 ed

ivi residente in via Martin Lutero n° 7, codice fiscale

RBLMTN53B13F205V;

MOSCHEO Miriam, nata a Cernusco sul Naviglio (MI) il 30 settembre

1976 e residente a Segrate (MI) in via Commenda n° 1/B, codice

fiscale MSCMRM76P70C523B;

NICHETTI Carluccio Mario, nato a Limbiate (Mi) l’8 dicembre 1954 e

residente a Segrate (MI) in via Trieste n° 7/4, codice fiscale

NCHCLC54T08E591T;

ANTONA Angelo, nato a Licata (AG) il 22 gennaio 1948 e residente a

Segrate (MI) in via Arno n° 18, codice fiscale NTNNGL48A22E573Y;

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CRISTOFORI Fernando, nato a Milano il 19 marzo 1937 e residente a

Segrate (MI) in via Achille Grandi n° 62, codice fiscale

CRSFNN37C19F205G;

MAERNA Novo Umberto, nato a Milano il 6 settembre 1956 e

residente a Magenta (MI) in via Milano n° 9, codice fiscale

MRNNMB56P06F205R;

ORRICO Ferdinando Salvatore, nato a Tripoli (Libia) il 18 maggio

1941 e residente a Segrate (MI) in via Primo Maggio n° 8, codice

fiscale RRCFDN41E18Z326N;

CARRARO Giuseppe, nato a Laino Bruzio (CS) il 26 maggio 1943 e

residente a Peschiera Borromeo (MI) in via Caduti di Nassiriya

n° 6/A, codice fiscale CRRGPP43E26E417T;

RUIU Benito Alberto, nato a Vercelli l’8 aprile 1929 e residente a

Carate Brianza (MB) in via coniugi Crivelli n° 3, codice fiscale

RUIBTL29D08L750R;

PEDRONI Guido, nato a Milano l’8 maggio 1950 e residente a Segrate

(MI) in via Fratelli Cervi residenza Cantone, codice fiscale

PDRGDU50E08F205H;

tutti costoro rappresentati e difesi dall’avv. Luca Arigò e

dall’avv. Francesco Mancini (ambedue del foro di Milano) ed

elettivamente domiciliati presso il loro studio legale a Cassano

d’Adda (MI) in via Leonardo da Vinci n° 19;

INVERSINI Maria Luisa nata a Gavirate (VA) il 2 ottobre 1959 e

residente a Laveno Mombello (VA) in via Reno n° 53, codice fiscale

NVRMLS59R42D946J, rappresentata e difesa dall’avv. Maria

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Alessandra Bazzani e dall’avv. Guido Bardelli (ambedue del foro di

Milano) ed elettivamente domiciliata presso il loro studio legale a

Milano in via Uberto Visconti di Modrone n° 12;

FLORIO Mauro, nato a Toritto (BA) il 10 novembre 1960 e residente

a Segrate (MI) frazione Novegro in via Dante Alighieri n° 5, codice

fiscale FLRMRA60S10L220W, non costituito in giudizio;

SALVA’ Riccardo, nato a Milano il 3 dicembre 1969 e residente a

Segrate (MI) in via Alcide Cristei n° 55/A, codice fiscale

SLVRCR69T03F205K, non costituito in giudizio;

MOLINO Alessandra Rosa, nata a Milano il 25 febbraio 1975 e

residente a Segrate (MI) in via San Rocco n° 5, codice fiscale

MLNLSN75B65F205T, non costituito in giudizio;

DEL GIUDICE Giuseppe, nato a Taranto il 31 ottobre 1950 e

residente a Segrate (MI) in via Toscana n° 3, codice fiscale

DLGGPP50R31L049O, non costituito in giudizio;

ZINNI Flavio Mario, nato a Milano il 31 luglio 1970 e residente a

Ravenna frazione Marina Romea in viale dei Gelsi n° 146, codice

fiscale ZNNFVM70L31F205A, non costituito in giudizio;

§ § §

F A T T O E D I R I T T O

1. Con atto di citazione depositato il 2 novembre 2012 la

Procura regionale ha convenuto in giudizio il sindaco di Segrate

(MI), vari assessori, un dirigente, il segretario generale, una

ventina di consiglieri comunali e, infine, un funzionario della

prefettura di Milano: tutti costoro in relazione ad una complessa ed

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assai articolata vicenda, vertente sull’affidamento della gestione

della piscina comunale di Segrate e dipanatasi essenzialmente fra il

2006 e il 2009 attraverso una serie di provvedimenti dell’ente

locale e di pronunce del giudice amministrativo (principalmente del

TAR milanese). In particolare quest’ultimo non soltanto aveva

annullato vari provvedimenti comunali concernenti l’affidamento

della gestione della suddetta piscina; ma, vista l’inottemperanza

dell’ente locale nel bandire una gara pubblica per aggiudicare quel

servizio (che il comune reputava, invece, potesse costituire oggetto

di un affidamento c.d. in house providing), aveva finito con il

nominare un commissario ad acta e poi con il sostituirlo per aver

omesso di espletare l’incarico conferitogli.

Il danno ascritto dalla Procura regionale ai convenuti

consiste nel risarcimento danni e nelle spese di lite via via pagati

dal comune di Segrate, in forza delle varie pronunce giudiziali a lui

sfavorevoli, alla GIS s.r.l. (ossia alla società autrice dei vari ricorsi

al TAR alla quale era affidata, prima dell’odierna vicenda, la

gestione della piscina comunale); nonché nel compenso liquidato

dal giudice amministrativo al commissario ad acta e ad un

professionista da questi incaricato per l’espletamento della gara

d’appalto.

Quasi tutti i convenuti in giudizio si sono costituiti tramite

gli avvocati Arigò e Mancini, sollevando alcune eccezioni

pregiudiziali e contestando sotto molteplici profili la fondatezza

della complessiva domanda attorea. Sono rimasti contumaci

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esclusivamente i consiglieri comunali Florio, Molino e Salvà, nonché

gli assessori comunali Del Giudice e Zinni; mentre si è costituito

separatamente il commissario ad acta Maria Luisa Inversini, la

quale si è parimenti opposta ai capi di domanda specificamente

concernenti il proprio operato.

All’udienza del 23 ottobre 2013, previa discussione tra le

parti (rappresentate la Procura regionale dal S.P.G. Barbara Pezzilli

e i convenuti dagli avvocati Arigò, Mancini e Bazzani), la causa è

stata trattenuta in decisione.

2. Innanzitutto già dalla prospettazione difensiva risulta

palese l’infondatezza dell’eccezione di tardività nell’emissione

dell’atto di citazione.

Infatti, ove si consideri che l’invito a dedurre è stato

notificato tra il 16 e il 17 maggio 2012 (come riconosciuto dagli

esponenti comunali convenuti, a pag. 10 della loro memoria

difensiva) e che il termine ivi assegnato era quello minimo di trenta

giorni, l’ulteriore termine di centoventi giorni per “… emette[re]

l’atto di citazione …” (ex art. 5 comma 1 terzo periodo del D.L.

n° 453/1993) veniva quindi a scadere fra il 13 e il 14 ottobre 2012;

e, addizionandovi i 46 giorni scaturenti dalla sospensione feriale dei

termini (della quale i convenuti stessi confermano l’applicabilità, del

resto incontroversa in giurisprudenza), si giunge ad un termine

finale tra il 28 e il 29 novembre di quello stesso. Data

anteriormente alla quale sono ancora i convenuti a riconoscere che

era stata notificata loro la citazione introduttiva.

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Quindi non occorre neppure scomodare la consolidata

giurisprudenza (ex multis: sez. 2ª Appello n° 688/2011), secondo

cui, in realtà, il predetto termine decadenziale di 120 giorni viene

impedito già dal deposito della citazione presso la Sezione adita;

mentre la successiva data di notificazione di quell’atto rileva

soltanto ai fini del rispetto del termine a comparire ex art. 163 bis

c.p.c..

3. In via pregiudiziale gli esponenti comunali convenuti

eccepiscono altresì la prescrizione del credito risarcitorio, sia pur in

relazione ai più risalenti capitoli di danno (ossia a quelli che,

nell’esposizione attorea, concernono le vicende incluse in quelli che

verranno denominati come segmenti A e B), invocando a loro

favore l’orientamento giurisprudenziale secondo cui il termine di

prescrizione del diritto al risarcimento del danno erariale

decorrerebbe dalla data della condotta causativa del danno stesso.

Orientamento che, però, risulta ormai superato da quello che radica

il pregiudizio erariale nella data del successivo esborso (Sezioni

Riunite sentenza n° 14/2011/Q.M.).

4. La complessiva vicenda è stata suddivisa dalla Procura

regionale in sei segmenti (denominati con le lettere A, B, C, D1, D2

ed E), identificando per ciascuno di essi i provvedimenti

amministrativi e giudiziali rilevanti ed ascrivendo all’uno o all’altro

convenuto le correlative responsabilità.

Tuttavia non pochi passaggi dell’assai articolata vicenda,

pur venendo menzionati nella citazione introduttiva e pur essendo

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versato in atti il relativo provvedimento (amministrativo o

giudiziale), non vengono specificamente inquadrati dalla parte

attrice in uno di quei sei segmenti. Questo collegio ha peraltro

colmato tale lacuna non soltanto per una completezza sistematica,

ma innanzitutto per l’importanza che anche quei passaggi rivestono

rispetto all’odierna sentenza.

Va inoltre osservato come, sul piano generale, non

risultano quasi mai evidenziati gli specifici criteri in virtù dei quali la

Procura regionale abbia ascritto all’uno o all’altro convenuto la

responsabilità per il danno concernente un determinato segmento.

5. Appaiono poi opportune, prima di vagliare il merito

della complessa vicenda oggetto del contendere, alcune premesse

sostanziali e metodologiche:

ove non diversamente indicato, tutti gli allegati che verranno

richiamati nella presente sentenza si intendono depositati

dalla Procura regionale;

due di quegli allegati, ossia il n° 2 e il n° 3, contengono a loro

volta una congerie di sottoallegati, per distinguere i quali si

farà riferimento alla numerazione intrinseca di quegli allegati

indicandola quale subalterno;

il riferimento al servizio pubblico andrà inteso a quello di

gestione della piscina comunale;

ove ci si limiti a menzionare genericamente il giudice o il

tribunale o un provvedimento giudiziale, il riferimento dovrà

intendersi specificamente alla sezione di Milano del tribunale

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amministrativo regionale;

tutte le pronunce di detto giudice sono state emesse su

impulso, talora sotto forma di ricorso per motivi aggiunti, da

parte della GIS s.r.l., la società sportiva che alcuni anni prima

aveva gestito il servizio de quo e che aveva impugnato i

provvedimenti adottati dal comune di Segrate.

6. Il segmento A prende le mosse dalla delibera

consiliare n° 17 del 20 aprile 2006 (all. 4) mediante cui la gestione

della piscina comunale era stata affidata per un quinquennio alla

Farmacia di Segrate s.p.a. (partecipata al 100% da quel comune)

ai sensi dell’art. 113 comma 5 lettera c D.Lgs. n° 267/2000. Norma

questa che, introdotta dall’art. 14 della legge n° 269/2003 (e che

poi sarebbe stata abrogata dal D.P.R. n° 168/2010), sanciva che

“l'erogazione del servizio [pubblico locale di rilevanza economica]

avviene secondo le discipline di settore e nel rispetto della

normativa dell'Unione europea, con conferimento della titolarità del

servizio: … c) a società a capitale interamente pubblico a

condizione che l’ente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale

esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui

propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della

propria attività con l'ente o gli enti pubblici che la controllano”.

Sulla proposta di tale delibera risulta aver relazionato al

consiglio comunale l’assessore Giuseppe Nicola Coari; mentre il

dirigente comunale Piero Micheli, avente competenza sui servizi

civici, culturali e ricreativi, aveva emesso il previo parere di

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regolarità tecnica.

L’esecutività di tale delibera veniva però sospesa dal

Tribunale, con ordinanza n° 1546/2006 emessa il 20 luglio di

quell’anno (all. 3 sub 1), avendo ravvisato quel giudice il

“… necessario fumus boni iuris in relazione alla violazione delle

regole dell’evidenza pubblica, atteso che non sembrano sussistere

… i presupposti per l’affidamento della gestione dei servizi in house

providing”.

Siffatta pronuncia cautelare induceva il comune, ancora

nella persona del dirigente Micheli, ad affidare in via urgente con

determina n° 133 dell’11 agosto 2006 (all. 2 sub 6) il servizio de

quo alla società sportiva Acquamarina Segrate s.r.l. (d’ora innanzi,

per brevità, soltanto: Acquamarina): la quale era stata costituita il

15 giugno di quello stesso anno ed era interamente partecipata

dalla Farmacia di Segrate. Nella motivazione di tale determina

veniva affermato che “… la gestione dell’impianto natatorio è un

servizio pubblico di rilevante interesse avente come destinataria la

generalità della popolazione …”, nonché veniva sottolineata

“… l’urgenza di attivare il servizio … anche per prevenire gli

inevitabili rischi di danni all’impianto in questione, che potrebbero

derivare dalla mancata utilizzazione e manutenzione dello

stesso …”.

Peraltro, con ordinanza n° 4510/2006 depositata il 30

agosto di quell’anno (all. 3 sub 3), il Consiglio di Stato annullava

l’ordinanza n° 1546/2006 del TAR, reputando che “… l’interesse

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pubblico alla gestione attuale dell’impianto risulta prevalente

rispetto alle aspettative economiche della società appellata”.

Indi, con delibera del consiglio di amministrazione della

Farmacia di Segrate del 16 ottobre 2006 (all. 2 sub 16), veniva

modificato lo statuto di quella società, tra l’altro nel senso di

mutarne la denominazione in Segrate Servizi s.p.a..

Il segmento A si concludeva con la sentenza

n° 2920/2006, depositata il 12 dicembre 2006 (all. 3 sub 2), con la

quale il TAR annullava sia la delibera consiliare n° 17/2006 sia la

determina dirigenziale n° 133/2006; ed il comune veniva altresì

condannato a pagare alla GIS spese di lite pari a 9.000 euro (che

sarebbero poi lievitate a 9.340, con le maggiorazioni di legge).

7. Nella pronuncia testé richiamata il Tribunale, dopo

aver premesso che “… l’affidamento in house è fattispecie residua

ed eccezionale rispetto all’ipotesi normale rappresentata

dall’affidamento della concessione di pubblico servizio mediante

procedura ad evidenza pubblica …” (pag. 11 della sentenza

n° 2920/2006), ha osservato che:

“… la società [Farmacia di Segrate] non può considerarsi a

capitale interamente pubblico … quando è statutariamente

prevista una possibile partecipazione di privati al capitale

medesimo” (pag. 12);

inoltre “… il controllo analogo sull’ente societario non si può

ritenere sussistente ove lo statuto conferisca al consiglio di

amministrazione poteri teoricamente illimitati, senza che

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l’ente affidante possa influirvi” (ibidem);

infine “… è legittimo l’affidamento di un servizio in house

providing purché il soggetto gestore svolga la parte essenziale

della propria attività insieme con l’ente e gli enti territoriali

che lo controllano” (pag. 13).

Concretamente il giudice ha reputato che originariamente

la Farmacia di Segrate s.p.a. non vantasse nessuno dei tre requisiti

dettati dalla lettera c del comma 5 dell’art. 113 del D.Lgs.

n° 267/2000 per un affidamento in house (pagg. 14 – 15),

esprimendo inoltre l’avviso che con la modifica statutaria

intervenuta in corso di causa fossero stati sanati esclusivamente il

primo ed il terzo di quei requisiti (ossia la partecipazione pubblica

totalitaria ed il realizzare con l’ente pubblico controllante la parte

più importante della propria attività d’impresa), ma non il secondo

(concernente il c.d. controllo analogo).

Quanto poi all’affidamento d’urgenza in favore di

Acquamarina, il tribunale ne ha reputato insussistenti i presupposti,

“… trattandosi di concessione di pubblico servizio, sottratta,

secondo le espresse previsioni dell’art. 30 del D.Lgs. n° 163/2006,

all’applicazione delle disposizioni del medesimo codice [degli appalti

pubblici] e soggetta al rispetto dei principi desumibili dal Trattato

[dell’Unione Europea] e dei principi generali relativi ai contratti

pubblici …” (pag. 16); ed ha infine escluso tout court l’esistenza del

requisito del controllo analogo nel caso di partecipazione societaria

indiretta, qual era appunto quella che all’epoca il comune vantava

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nella Acquamarina.

La sentenza n° 2920/2006 si concludeva con la

constatazione secondo cui “… effettivamente, sono incerte le

modalità di futura gestione del servizio in questione che il comune

di Segrate si determinerà ad adottare …” (pag. 17), nonché con il

reputare “… auspicabile …” la “… ipotesi di affidamento della

concessione del pubblico servizio [in argomento] mediante gara

pubblica” (ibidem).

8. Il danno riferito al segmento A è pari alle già

menzionate spese di lite liquidate nella sentenza n° 2920/2006.

Esso viene ascritto dalla Procura regionale per metà ai componenti

del consiglio comunale che avevano espresso voto favorevole alla

delibera n° 17/2006 e, per l’altra metà, ripartita in quote uguali fra

l’assessore Coari e il dirigente Micheli.

9. Passando a vagliare la responsabilità insita nelle

condotte ricadenti in tale segmento, va innanzitutto osservato

come rientri nella discrezionalità politica di un ente locale la

preferenza per l’affidamento in house di un servizio come quello

per cui è lite: preferenza che incontroversamente il comune di

Segrate nutriva nel caso di specie.

Tuttavia la Procura regionale non opina alcunché a

quest’ultimo proposito: il che implica che l’asserita gravità della

colpa ascrivibile agli esponenti comunali discenderebbe dalla

circostanza che l’ente locale non abbia originariamente rispettato

nessuno dei tre i requisiti previsti per la legittimità dell’affidamento

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in house. Tuttavia, proprio alla luce delle motivazioni addotte a

quel proposito dal giudice amministrativo (quali riportate al

precedente paragrafo 7), ex ante non sembra affatto che fosse

palese l’assenza di quei tre requisiti, atteso che essa scaturiva da

circostanze potenziali (ingresso di privati nel capitale sociale,

disinteresse del consiglio di amministrazione rispetto ad eventuali

direttive dell’ente pubblico, esercizio di attività imprenditoriali assai

diverse dalla gestione del servizio natatorio) e non già

concretamente realizzatesi. Inoltre contribuisce a scriminare

ulteriormente quella colpa le modifiche che in corso d’opera l’ente

locale aveva apportato alla situazione societaria della Farmacia di

Segrate: tali da rispettare, ad avviso del Tribunale stesso, due di

quei tre requisiti.

10. Quanto poi alla determina n° 133/2006 sarebbe già

sufficiente osservare che non vi sarebbe stata alcuna necessità di

un affidamento d’urgenza se la sospensione dell’esecutività della

delibera consiliare n° 17/2006, poi denegata dal Consiglio di Stato,

fosse stata disattesa già dal TAR.

Ad abundantiam depongono nel senso della non gravità

della colpa astrattamente imputabile all’autore della determina

n° 133/2006 sia la limitata durata dell’affidamento urgente, sia i

presupposti sostanziali che il Consiglio di Stato avrebbe poi posto a

fondamento della propria decisione cautelare: ossia il vaglio

comparativo tra il periculum insito nell’affidamento urgente stesso

e quello che sarebbe scaturito da un blocco del servizio in

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questione (seppur finalizzato, in quest’ultimo caso, all’espletamento

di una gara pubblica).

11. Il segmento B inizia praticamente all’indomani della

sentenza n° 2920/2006. Infatti con delibera n° 288 del 15

dicembre 2006 (non versata in atti e della quale vengono soltanto

menzionati gli estremi, a pag. 7 della citazione attorea) la giunta

comunale autorizzava il sindaco Alessandrini a proporre appello

avverso quella medesima sentenza. Per mera completezza

narrativa può qui rilevarsi che tale gravame sarebbe stato

dichiarato perento dal Consiglio di Stato, con decreto n° 2751/2012

(depositato irritualmente dalla Procura regionale, ossia due giorni

prima dell’udienza di discussione del presente giudizio).

Inoltre il dirigente Micheli, con determina n° 211 del 20

dicembre 2006 (all. 5), affidava in via urgente il servizio alla

Acquamarina, partecipata totalitariamente dalla Segrate Servizi,

sino al 30 settembre 2007, onde garantire alla cittadinanza la

continuità del servizio stesso ed evitare danni strutturali che (in

caso di chiusura della piscina) sarebbero potuti occorrere a

quest’ultima soprattutto nel periodo invernale.

Tuttavia, con sentenza n° 1580/2008 depositata il 13

maggio (all. 3 sub 16), il tribunale annullava quel nuovo

affidamento alla Acquamarina, nonché condannava il comune al

risarcimento del danno, liquidato nella misura di € 5.000, oltre alle

spese di lite liquidate in € 7.500 (e ad ulteriori € 2.000, secondo la

Procura). Nella motivazione di tale pronuncia veniva peraltro

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osservato che in favore della Acquamarina il comune aveva operato

un “… affidamento per presunti motivi di urgenza dalla stessa

creati, senza esperire alcuna procedura ad evidenza pubblica,

nonostante la sentenza n° 2920/06, esecutiva e non sospesa dal

giudice d’appello, avesse giudicato illegittimo tale affidamento

diretto sia nei confronti di Acquamarina che di Segrate Servizi”

(pag. 8). E veniva altresì espresso l’avviso che fosse “… certamente

sufficiente il lungo tempo trascorso dall’emanazione degli originari

provvedimenti illegittimi, risalenti all’aprile 2006, per espletare una

procedura ad evidenza pubblica” (pagg. 8 – 9), censurandosi

inoltre la scelta del comune di “… affidare il servizio in via diretta

omettendo di pubblicizzare in alcun modo le proprie determinazioni

ed astenendosi dall’effettuazione di qualunque forma di preliminare

confronto tra gli operatori del settore …” (pag. 9).

Il danno riferito al segmento B, pari al risarcimento danni

ed alle spese di lite liquidate nella sentenza n° 1580/2008

(complessivamente € 14.671,72), viene ascritto dalla Procura

regionale per il 75% ai componenti della giunta comunale che

hanno espresso voto favorevole alla delibera n° 288/2006; e per il

residuo 25% al Micheli, quale autore della successiva determina

dirigenziale n° 211/2006.

12. Invero, relativamente a tale segmento, la Procura

non chiarisce affatto per qual motivo integrerebbe gli estremi di

una colpa, oltretutto grave, l’adozione di una delibera avente ad

oggetto la proposizione dell’appello avverso una sentenza. Peraltro

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la circostanza che la delibera n° 288/2006 e la determina

n° 211/2006 vengano accomunate sembra sottendere l’assunto

dell’ufficio inquirente secondo cui sussisterebbe una sorta di vincolo

di continuazione tra quei due provvedimenti amministrativi: nel

senso che il primo abbia costituito un mero artificio mediante cui

sarebbe stato perseguito un fine asseritamente illegittimo (il nuovo

affidamento del servizio senza procedere ad una gara pubblica).

Però, anche a voler ammettere (in pura ipotesi) l’illegittimità di

quel fine, di per sé il mezzo non appare censurabile in via derivata;

e neppure lo diverrebbe qualora quella delibera fosse stata adottata

esclusivamente al fine, in sé legittimo, di giustificare la determina

dirigenziale n° 211 emessa pochi giorni dopo.

Una volta dunque che quei due provvedimenti vengano

valutati distintamente, concettualmente la responsabilità

dell’adozione della determina n° 211/2006 incombe esclusivamente

sul dirigente Micheli. Tuttavia a sua discolpa va innanzitutto

evidenziato che l’adozione di quel provvedimento si era rivelata

necessaria dopo una sentenza (la n° 2920/2006) che poteva

reputarsi parzialmente inattesa: sia perché la riforma dell’iniziale

provvedimento cautelare del TAR stesso lasciava aperto il dubbio

sull’originaria fondatezza del ricorso della GIS, sia perché

anteriormente a quella pronuncia giudiziale il comune si era

adoperato per porre in essere tutti i requisiti per l’affidamento in

house (peraltro riuscendovi – ad avviso del giudice stesso - in due

casi su tre). E va inoltre considerato che a favore di un

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provvedimento amministrativo a carattere transitorio, qual era in

buona misura anche la determina n° 211/2006, militavano quelle

medesime ragioni di interesse pubblico che erano state reputate

prevalenti dal Consiglio di Stato nell’ordinanza n° 4510/2006 (della

quale si è disquisito nell’ambito del segmento A).

13. Concettualmente il segmento C prende le mosse

dalla scadenza dell’affidamento urgente alla Acquamarina, fissato al

30 settembre 2007 con la poc’anzi richiamata determina

dirigenziale n° 211/2006. Peraltro quattro giorni prima di tale

scadenza il Tribunale pronuncia la propria ordinanza n° 211/2007

(all. 2 sub 11), sulla quale si tornerà a disquisire a proposito del

segmento D1: con la quale prescrive al comune di dare esecuzione

entro trenta giorni alla sentenza n° 2920/2006 ed inibisce ulteriori

affidamenti alla Acquamarina stessa.

La sostanziale concomitanza temporale tra la scadenza

del suddetto affidamento urgente e quella pronuncia interinale del

TAR induce il Micheli, già autore della determina n° 211/2006, a

concedersi un leggero ampliamento dello spatium deliberandi,

prorogando quindi con la determina n° 172 del 1° ottobre 2007

(all. 2 sub 15) quell’affidamento fino al 20 di quello stesso mese al

dichiarato “… fine di non interrompere il pubblico servizio e

contemporaneamente [di] assumere ogni decisione conseguente a

quanto disposto dal TAR”.

All’esito di quella proroga il Micheli stesso decide di

affidare il servizio alla Segrate Servizi, giusta determina

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dirigenziale n° 181 del 17 ottobre 2007 (all. 2 sub 1), dal 21

ottobre 2007 al 30 settembre 2016. La novità di quest’ultimo

provvedimento consiste non soltanto nel profilo soggettivo, ma

anche nel ricondurre il servizio fra quelli non aventi rilevanza

economica, ai sensi della legge regionale n° 27/2006 (la quale al

comma 2 dell’art. 5 consente agli enti locali di “… procedere

all’affidamento diretto dell’incarico di gestione di impianti sportivi

senza rilevanza economica …” a “… società a capitale interamente

pubblico, da loro costituite”, mentre la lettera a del comma 2

dell’art. 1 di quella medesima legge qualifica come “impianti senza

rilevanza economica quelli che per caratteristiche, dimensioni e

ubicazione sono improduttivi di utili o produttivi di introiti esigui,

insufficienti a coprire i costi di gestione”); e quindi nel legittimare,

ad avviso di quel dirigente comunale, l’affidamento di quel servizio

senza previa gara pubblica.

Alcuni mesi dopo il consiglio comunale adotta la delibera

n° 5 del 10 gennaio 2008 (all. 6), in forza della quale il comune

stesso acquisisce il 100% del capitale sociale della Acquamarina. A

tale delibera fa seguito una nuova determina del Micheli, la n° 49

del 29 febbraio 2008 (all. 7), con la quale egli torna ad affidare il

servizio alla Acquamarina, sempre fino al 30 settembre 2016 e

sempre qualificandolo come servizio privo di rilevanza economica

ex lege regionale n° 27/2006.

Anche il segmento C si chiude con una sentenza del TAR:

la n° 2069/2008, depositata il 28 maggio (all. 1), nella quale il

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servizio oggetto della poc’anzi descritta determina dirigenziale

n° 181/2007 veniva giuridicamente equiparato ad una concessione

e non già ad un appalto di servizi, sul presupposto che non era

“… previsto alcun corrispettivo a carico del comune in favore

dell’affidataria …” (pag. 13); e veniva altresì reputata palese la

rilevanza economica dell’attività oggetto della concessione stessa,

conseguentemente reputandosi inapplicabile la legge regionale

n° 27/2006. Materialmente il TAR ha quindi annullato quella

determina dirigenziale, perché non preceduta da alcuna delibera

consiliare (indispensabile invece, ad avviso di quel giudice, per la

concessione di un pubblico servizio ex art. 42 del D.Lgs.

n° 267/2000), ed ha altresì condannato il Comune a risarcire alla

GIS danni per € 5.000 ed a rimborsarle le spese di lite per € 9.000.

14. In particolare con quest’ultima pronuncia il giudice,

dopo aver dichiarato l’incompetenza del Micheli a provvedere alla

concessione del servizio in argomento, ha reputato “… palese la

rilevanza economica dell’impianto …”, quale “… si desume … proprio

dalle succitate caratteristiche intrinseche e dalle dimensioni

dell’impianto medesimo …”, senza che rilevino “… le tariffe

agevolate per alcune categorie di utenti dell’impianto, … rispetto

[invece] all’espressa dizione normativa, che si riferisce alle

dimensioni e alle caratteristiche, dunque alla vocazione oggettiva

dell’impianto, che, nella specie, non può che essere di rilievo

economico” (pag. 14). Il TAR ha perciò affermato il principio

secondo cui “… l’affidamento della concessione di [pubblici] servizi

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è sempre subordinato all’osservanza dei principi di pubblicità,

trasparenza e non discriminazione, che nella fattispecie in

questione non sono stati rispettati dall’amministrazione intimata,

che ha inteso affidare il servizio in via diretta omettendo di

pubblicizzare in alcun modo le proprie determinazioni ed

astenendosi dall’effettuazione di qualunque forma di preliminare

confronto fra gli operatori del settore, necessario soprattutto

nell’interesse dell’amministrazione medesima” (pag. 16). Ed ha poi

ricordato come “… la sentenza n° 2920/06, esecutiva e non

sospesa dal giudice di appello, avesse giudicato illegittimo tale

affidamento diretto sia nei confronti di Acquamarina che di Segrate

Servizi” (pag. 17). Infine ha considerato che “… i numerosi

provvedimenti illegittimi adottati dall’amministrazione nonostante i

contrari orientamenti della giurisprudenza e soprattutto la

riconduzione dell’affidamento diretto della concessione del servizio

ogni volta a diversi istituti giuridici al mero scopo di contrastare le

precedenti illegittimità ripetutamente acclarate, denotano un

comportamento certamente colposo in capo all’amministrazione

comunale, che in ogni modo si è opposta alla necessità di indizione

di una procedura ad evidenza pubblica nonostante le numerose

determinazioni in tal senso sia di questo giudice che del Consiglio di

Stato” (pag. 18).

A quest’ultimo proposito va precisato che la sentenza n°

2069/2008 sarebbe stata confermata oltre un anno più tardi dal

Consiglio di Stato, con la sentenza n° 5097/2009 (all. 3 sub 15),

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con compensazione delle spese di lite inter partes.

15. Il danno erariale riferito al segmento C, pari al

risarcimento danni ed alle spese di lite liquidate dal TAR nella

sentenza n° 2069/2008 (complessivamente € 16.000), viene

ascritto dalla Procura regionale per metà ai componenti del

consiglio comunale che avevano espresso voto favorevole alla

delibera n° 5/2008; e per la metà, in quote diseguali tra loro, al

sindaco Alessandrini, all’assessore Coari, al direttore affari generali

Criscuolo e al dirigente Micheli.

16. Nella valutazione dell’elemento soggettivo insito nel

segmento C, come in quello D1 (le cui vicende verranno descritte in

appresso), rileva la circostanza che nella sentenza n° 2920/2006 il

giudice aveva verificato se sussistessero tutti e tre i requisiti dettati

dal comma 5 dell’art. 113 del D.Lgs. n° 267/2000 per la legittimità

di un affidamento c.d. in house, peraltro motivatamente

concludendo nel senso che nella fattispecie alla data di quella

pronuncia giudiziale mancasse uno soltanto di quei requisiti (quello

del c.d. controllo analogo). Ovviamente siffatto iter logico

presupponeva che concettualmente fosse ammissibile affidare ad

una società in house un servizio come quello di specie; e finiva,

quindi, con il focalizzare il problema sul concreto rispetto di quei

medesimi requisiti. Invero proprio questa finalità sembra aver

perseguito (o, quanto meno, tentato di perseguire) il comune e,

per esso, i suoi esponenti odierni convenuti: dapprima modificando

lo statuto sociale della Farmacia di Segrate, originaria affidataria

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del servizio, riuscendo così a realizzare due di quei tre requisiti; e,

poi, orientandosi analogamente anche per l’Acquamarina.

Rileva dunque questa Sezione che soltanto con le tre

sentenze emesse nel maggio 2008 (nn° 1580, 1587 e 2069, della

seconda delle quali si disquisirà a proposito del segmento D1) il

TAR ha affermato con piena chiarezza la necessità di espletare una

gara pubblica per l’affidamento del servizio in questione. Inoltre,

nella complessiva fattispecie, quelle sentenze sono state le prime

pronunce giudiziali successive alla n° 2920/2006, sulle motivazioni

della quale s’è disquisito in precedenza.

Né può ritenersi che l’opinione del Tribunale fosse

divenuta realmente più nitida grazie alla sua ordinanza

n° 121/2007, con la quale era stato inibito al comune “… di

effettuare ulteriore affidamento diretto del servizio …”

all’Acquamarina. Perché, anche a voler trascurare la sostanziale

assenza di motivazione di quell’ordinanza (neppure desumibile per

relationem dalla sentenza n° 2920/2006), quest’ultima pronuncia

era suscettibile di venir letta rebus sic stantibus, tanto più con

riguardo all’epoca in cui essa era stata emessa: laddove è indubbio

che, proprio alla luce delle motivazioni di quella sentenza, non

irragionevolmente il comune aveva continuato a ricercare (anche

applicando la già richiamata legge regionale n° 27/2006, in ciò

confortata anche da un parere della Regione stessa: all. 3 alla

memoria Alessandrini) la soluzione di un affidamento asseritamente

in house o comunque riconducibile a tale figura giuridica.

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Né, infine, a diverse conclusioni può pervenirsi alla luce

dell’ordinanza n° 1380/2007 del Consiglio di Stato (all. 3 sub 4),

sulla quale pure si tornerà a proposito del segmento D1 e della

quale peraltro la Procura regionale si limita a richiamare il

dispositivo (di rigetto dell’istanza di sospensione dell’esecutività

della sentenza n° 2920/2006). Infatti, quantunque in quella

pronuncia cautelare il giudice amministrativo d’appello avesse

espresso il duplice avviso secondo cui “… la sentenza [appellata

aveva] fa[tto] corretta applicazione dei principi in tema di

affidamento in house e [andava altresì] ravvisata la necessità che il

servizio venga affidato conformemente alle regole dell’evidenza

pubblica”, nel contrasto (o, comunque, nella tutt’altro che piena

consonanza) fra un giudice di prime cure che si limitava ad

auspicare l’espletamento di una gara pubblica ed un giudice

d’appello che quest’ultima reputava invece necessaria (peraltro

esprimendosi in via cautelare) era comprensibile che il comune si

orientasse verso l’opzione a lui più gradita. Mentre la circostanza

che il Consiglio di Stato avesse incidentalmente condiviso le

motivazioni della sentenza n° 2920/2006 non impediva affatto al

comune stesso di ricercare ulteriormente la percorribilità di un

corretto affidamento in house del servizio de quo.

17. Ad abundantiam, con specifico riferimento alla

delibera consiliare n° 5/2008 (della cui proposta fu relatore

l’assessore Coari, mentre il Criscuolo aveva espresso il previo

parere di regolarità tecnica) ed alla correlativa determina

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dirigenziale n° 49/2008, è appena il caso di rilevare che la Procura

regionale non si sofferma minimamente a riflettere sulla specifica

rilevanza causale di quei due. E che finanche il giudice, nella

sentenza n° 2069/2008, non opera alcuna distinzione fra la Segrate

Servizi e la Acquamarina: potendo così desumersi una conferma

indiretta che, in sé, la predetta delibera consiliare era legittima e

che specificamente da essa non era derivato alcun pregiudizio alle

ragioni della GIS.

18. Il segmento D1 prende le mosse dall’ordinanza

n° 1380/2007 del Consiglio di Stato (all. 3 sub 4), con la quale

viene rigettata l’istanza del comune di ottenere la sospensione

dell’esecutività della sentenza n° 2920/2006. Invero tale pronuncia

cautelare, pur richiamata dalla Procura regionale alle pagg. 12 e 13

della citazione e però non inclusa in alcun segmento, ad avviso di

questa Sezione appare inquadrabile nel segmento D1, costituendo

un prodromo della nomina del commissario ad acta (atteso che con

tale ordinanza era stata confermata l’esecutività della sentenza n°

2920/2006, la cui concreta esecuzione avrebbe poi formato oggetto

dell’incarico commissariale).

Il rigetto della predetta inibitoria induce la GIS,

evidentemente anche alla luce della posizione sostanziale che l’ente

locale continuava ad assumere nella presente vicenda (quale si era

sostanziata, da ultimo, con la determina dirigenziale n° 211/2006),

a diffidare il comune stesso a dare esecuzione alla suddetta

sentenza; e, di fronte all’inerzia dell’ente locale, ad intraprendere

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un giudizio di ottemperanza dinanzi al TAR. Il quale, con ordinanza

n° 121/2007 depositata il 26 settembre di quell’anno (all. 2 sub

11), ordinava al comune di “… ottemperare alle statuizioni della

sentenza TAR n° 2920/2006 … entro trenta giorni …”, “… pena la

nomina di un commissario ad acta …”; e contestualmente gli inibiva

“… di effettuare ulteriore affidamento diretto del servizio in

questione …” all’Acquamarina.

A questo punto si collocano le vicende sostanziali

poc’anzi descritte al paragrafo 16 concernenti il segmento C: le

quali resero inevitabile una pronuncia nel “merito” di quel giudizio

di ottemperanza: pronuncia concretizzatasi nella sentenza n°

1587/2008, depositata il 13 maggio di quell’anno (all. 3 sub 5), con

la quale venne nominato un commissario ad acta (nella persona del

prefetto di Milano, con facoltà di delega ad un “… qualificato

funzionario …” di quell’ufficio territoriale) per dare esecuzione alla

sentenza n° 2920/2006 e venne altresì condannato il comune a

pagare alla GIS spese di lite per € 8.250.

Siffatta pronuncia era motivata dal “… persistente

inadempimento dell’Amministrazione, che ha continuato a disporre

l’affidamento del servizio in via diretta nei confronti di una società

dallo stesso totalmente posseduta, … senza effettuare alcuna forma

di confronto preliminare fra gli operatori del settore ed in assenza

dei presupposti necessari” (pag. 4). Osservava altresì il TAR che

“… le presunte ragioni di urgenza sulle quali il comune avrebbe

fondato l’affidamento diretto sono state in concreto … causate …

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dal mancato espletamento di una qualsiasi forma preliminare di

selezione fra gli operatori del settore per la quale sarebbe stato

certamente sufficiente il lungo tempo trascorso dall’emanazione

degli originari provvedimenti illegittimi, risalenti all’aprile 2006”

(pagg. 4 – 5). E concludeva affermando che “… la concessione di

servizi deve essere sempre affidata nel rispetto dei principi di

pubblicità, trasparenza e non discriminazione, principi non rispettati

nella fattispecie … dall’Amministrazione intimata …” (pag. 5).

19. Nel segmento D2, che temporalmente si interseca

con quello D1, verrà specificamente esaminata la fase di tale

procedura commissariale che ebbe inizio allorquando il prefetto di

Milano demandò l’incarico commissariale stesso ad una funzionaria

di quell’ufficio (Maria Luisa Inversini); e che si concluse con la

revoca di quella designazione e con la conseguente sostituzione del

commissario ad acta.

Nell’ambito del segmento D1 rientra, invece, la fase della

procedura commissariale susseguente alla nomina di Ezio Maria

Barbieri, ex magistrato amministrativo, in sostituzione del prefetto

di Milano e della Inversini. Orbene il nuovo commissario ad acta ha

indetto la gara pubblica, avvalendosi anche dell’assistenza

dell’avv. Luigi Maria Angeletti (che poi sarebbe stato remunerato, a

spese del comune, con un compenso di € 4.250 incluso dalla

Procura regionale tra le componenti di danno riferite a tale

segmento); e, quindi, ha aggiudicato quella gara all’Acquamarina,

con determina dirigenziale n° 664 del 28 luglio 2009 (peraltro

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mancante in atti ed i cui estremi possono soltanto desumersi, a

pag. 18 della citazione). Infine, con sentenza n° 6177/2009 (all. 3

sub 7), il TAR ha constatato il corretto espletamento del mandato

commissariale conferito con la sentenza n° 5676/2008 ed ha così

dichiarato concluso il giudizio di ottemperanza, liquidando pertanto

al Barbieri un compenso di € 12.000 ed alla GIS spese di lite pari

ad € 5.250.

Il danno riferito al segmento D1 equivale appunto al

compenso del commissario ad acta Barbieri ed alle spese di lite

liquidate dal TAR nelle sentenze n° 1587/2008 e n° 6177/2009,

nonché al compenso per l’avv. Angeletti. Esso viene ascritto dalla

Procura attrice per metà ai consiglieri comunali che avevano

espresso voto favorevole alla delibera n° 49/2008; e per l’altra

metà, con quote via via descrescenti, al sindaco Alessandrini, al

direttore degli affari generali Criscuolo e al dirigente Micheli.

20. Ad abundantiam, rispetto a quanto già osservato

riguardo all’elemento soggettivo ascrivibile agli odierni convenuti

relativamente al segmento C, può rilevarsi che la spesa in favore

dell’avv. Angeletti sarebbe stata comunque sostenuta dal comune,

sia nel caso in cui questi avesse spontaneamente espletato la gara

pubblica per aggiudicare il servizio, sia qualora tale gara l’avesse

indetta il precedente commissario ad acta Inversini: ragion per cui

va escluso che essa costituisca danno.

Né, ancora, si comprende quale sia il nesso eziologico fra

le spese di lite liquidate con la sentenza n° 1587/2008 e quella che

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Giudizio 27570

30

ne viene indicata quale causa eziologica, ossia la delibera consiliare

n° 49/2008, la quale sul piano temporale è posteriore a quel

dictum giudiziale.

21. I segmenti che nella citazione vengono denominati

quali D2 ed E includono le vicende successive alla sentenza

n° 1587/2008, con la quale (come già ricordato) era stato

nominato un commissario ad acta, nella persona del prefetto di

Milano o di “… un qualificato funzionario dallo stesso delegato …”, al

fine di “… dare corretta esecuzione alla sentenza … n° 2920/2006

entro 90 giorni dalla comunicazione della presente decisione …”.

Con decreto del 4 giugno 2008 (all. 8) il prefetto di

Milano designava in sua vece Maria Luisa Inversini, funzionaria

della locale prefettura, quale commissario ad acta. E poiché in quel

medesimo decreto veniva precisato che la sentenza n° 1587/2008

era pervenuta presso la prefettura stessa il 30 maggio, da

quest’ultima data doveva reputarsi che decorresse il termine di

novanta giorni entro cui, secondo quanto prescritto dal TAR stesso,

a quest’ultimo il commissario ad acta avrebbe dovuto dar notizia

della “… corretta esecuzione …” della predetta sentenza

n° 2920/2006.

Con nota del 20 giugno 2008 (all. 9) la Inversini

informava il comune della propria designazione, ricapitolando assai

sinteticamente la pregressa vicenda e riservandosi, “… in assenza

di un provvedimento di ottemperanza alla sentenza n° 2960 da

parte di codesta Amministrazione, … di prendere contatti con i

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Giudizio 27570

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competenti uffici per dare l’avvio alle procedure formali di

affidamento del servizio” oggetto del contenzioso amministrativo.

L’ente locale raccoglieva quell’implicito invito ad

ottemperare, senza dissimulare affatto il proprio intento; ma anzi

informando la Inversini con nota prot. 34894 dell’11 luglio 2008

(all. 3 alla memoria della Inversini) a firma del direttore generale

Laura Aldini (non convenuta nel presente giudizio), che due giorni

prima erano state introdotte nello statuto sociale della

Acquamarina “… quelle modifiche utili e necessarie al fine di

conformarsi ai requisiti individuati dallo stesso TAR, con la suddetta

sentenza [n° 1587/2008], idonei a formalizzare un provvedimento

legittimo di affidamento in house di un servizio pubblico locale”, e

che pertanto nell’ordine del giorno della seduta consiliare convocata

per il 17 di quello stesso mese era stato inserito un punto

concernente l’affidamento ad Acquamarina del servizio di gestione

della piscina comunale.

Inoltre sembra desumersi che sulla legittimità di quella

delibera vi fosse stata previamente una “… richiesta avanzata per le

vie brevi dal segretario comunale …” Criscuolo: prova ne è che il

commissario ad acta, nel replicare (con nota del 15 luglio 2008,

costituente l’all. 4 alla memoria della Inversini stessa, nota dalla

quale è tratto già l’inciso testé riportato) alla predetta

comunicazione del direttore generale, si è vista costretta a

ricordare che “… la valutazione della legittimità degli atti spetta in

via esclusiva al TAR e [che] non rientra nel mandato dello scrivente

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Giudizio 27570

32

esprimere pareri in via preventiva” (ibidem).

Nondimeno il 17 luglio 2008 il consiglio comunale

adottava la delibera n° 49 (all. 10), con la quale la gestione della

piscina comunale veniva affidata (asseritamente) in house alla

Acquamarina per altri sette anni. E quella delibera, sulla quale si

tornerà a disquisire ampiamente in relazione all’elemento

soggettivo ascrivibile agli esponenti comunali che concorsero ad

adottarla, veniva trasmessa al TAR con nota del 6 agosto 2008

(all. 11) dalla Inversini stessa: la quale dichiarava altresì di

“… resta[re] in attesa di eventuali istruzioni da parte di codesto

collegio in merito al successivo espletamento del mandato”

commissariale.

Dal canto suo il tribunale, adìto per l’ennesima volta dalla

GIS la quale impugnava anche la delibera consiliare n° 49/2008:

il 19 novembre di quell’anno sospendeva l’esecutività di quella

delibera, con ordinanza n° 1701/2008 (all. 3 sub 9), che poi

sarebbe stata confermata dal Consiglio di Stato con ordinanza

n° 403/2009 (all. 3 sub 11);

con sentenza n° 5676/2008 (all. 3 sub 6), depositata il 3

dicembre di quell’anno, revocava dall’incarico commissariale la

Inversini e la sostituiva con Ezio Maria Barbieri, condannando

inoltre il comune a pagare alla GIS spese di lite per 4.000

euro;

infine con sentenza n° 1740/2009, depositata il 3 marzo di

tale anno (all. 3 sub 10), annullava la delibera impugnata,

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33

condannando nuovamente l’ente locale a pagare alla GIS

spese di lite per 7.000 euro ed un risarcimento danni pari a

2.000 euro.

22. Nella suddetta sentenza n° 5676/2008 il tribunale

dichiara “… non … immune da rilievi il fatto che il commissario [ad

acta] abbia … ritenuto possibile, se non anche opportuno, anziché

sostituirsi al comune di Segrate, rimettere invece in termini

l’Amministrazione consentendole di deliberare l’ennesimo

affidamento diretto al di fuori, ancora una volta, di qualunque

selezione pubblica tra una pluralità di operatori in concorrenza

reciproca” (pag. 6); reputa che “… il commissario ha frainteso il suo

incarico … nel ‘metodo’, poiché, anziché dare diretta e immediata

esecuzione al giudicato (o, in via meramente subordinata, fornire

prescrizioni puntuali e circostanziate), ha lasciato che tale compito

fosse assolto dall’Amministrazione comunale con assoluta libertà di

manovra e secondo i suoi originali [rectius: originari] intendimenti”

(pagg. 6 – 7); e infine esprime l’avviso che ha anche travisato il

mandato commissariale “nel ‘merito’, perché l’incarico aveva ad

oggetto, come è sin troppo ovvio, l’esecuzione della sentenza

secondo le indicazioni provenienti dalla stessa …” (pag. 7).

Tali considerazioni inducono il TAR a reputare opportuno

sostituire la Inversini nell’incarico commissariale, nonché a

soggiungere che “… nell’esecuzione dell’incarico il [nuovo]

commissario dovrà provvedere ad indire una gara pubblica per

l’affidamento del servizio …” (pag. 7).

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Giudizio 27570

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23. I danni concernenti il segmento D2, pari ad € 4.896

(essendo ascesa a tale importo, una volta addizionata di contributi

previdenziali ed IVA, la condanna di cui alla sentenza

n° 5676/2008), ed il segmento E (€ 9.000), vengono ascritti dalla

Procura regionale per metà ai diciotto esponenti comunali che

hanno concorso all’adozione della delibera n° 49/2008 e per

un’altra metà alla Inversini.

24. Ritiene innanzitutto questa Sezione che, tra le

condotte ricadenti nei segmenti D2 ed E, occorra distinguere

nettamente quelle che si configurerebbero quale inesatto

adempimento dell’incarico conferito alla Inversini e quelle che,

invece, costituirebbero un’elusione (illegittima, ad avviso del TAR)

di quella nomina commissariale. Talché soltanto agli esponenti

comunali va ascritta la responsabilità asseritamente scaturente

dall’adozione della delibera n° 49/2008, la quale forma oggetto del

segmento E; mentre esclusivamente alla Inversini risultano

riconducibili tutte le sue azioni ed omissioni successive alla

designazione quale commissario ad acta: tra le quali, per come

articolate nel segmento D2, evidentemente non rientra l’adozione

della testé richiamata delibera consiliare.

Posto questo discrimine concettuale tra le condotte

contemplate nell’uno e nell’altro di quei due segmenti, non è

decisivo domandarsi se, una volta disposta la nomina

commissariale, giuridicamente il comune di Segrate vantasse

ancora una potestas decidendi sulla vicenda oggetto del

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contenzioso amministrativo. Perché quel che decisivamente rileva è

la circostanza che la delibera consiliare ha comunque avuto una

sua effettività concreta: tanto da costringere la GIS ad

un’ennesima iniziativa giudiziaria e da indurre il tribunale dapprima

a sospendere l’esecutività che quella delibera, appunto, aveva e poi

ad annullarla.

25. Occorre invece vagliare se la Inversini potesse (o,

addirittura, dovesse) impedire che il comune adottasse quella

delibera.

Al riguardo va innanzitutto evidenziato che sul piano

fattuale la posizione del commissario ad acta non era affatto

identica a quella dell’ente locale. Infatti gli esponenti comunali (o,

comunque, non pochi tra loro) conoscevano perfettamente la

vicenda, quale dipanatasi da oltre due anni prima: talché da parte

del comune risultava concettualmente agevole provvedere

nuovamente sull’affidamento della gestione della piscina comunale;

e non stupisce che in tal senso l’ente locale si sia risolto, con la

delibera consiliare n° 49/2008, a distanza di neppure un mese e

mezzo dalla nomina della Inversini.

Ovviamente costei era, invece, totalmente all’oscuro dei

numerosissimi ed intricati passaggi di quella vicenda: tanto ciò è

vero che il giudice stesso aveva reputato congruo un termine di

novanta giorni entro il quale lei dovesse adempiere compiutamente

all’incarico commissariale conferitole. E’ quindi evidente come non

possa reputarsi gravemente colpevole la circostanza che quella

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convenuta non sia riuscita ad esercitare compiutamente il proprio

mandato prima che, a distanza di 43 giorni dalla sua nomina (ossia

nemmeno a metà dell’arco temporale concessole dal TAR), il

consiglio comunale adottasse la predetta delibera n° 49/2008.

26. Un residuo dubbio potrebbe suscitarlo la circostanza

che la Inversini, mediante le già ricordate note del 20 giugno e del

15 luglio 2008, possa aver stimolato il comune a provvedere

nuovamente sulla vicenda (prima che fosse lei stessa ad esercitare

concretamente i poteri commissariali conferitile dal giudice); o,

comunque, che lei non abbia manifestato all’ente locale una ferma

contrarietà all’operato del comune che addirittura le veniva

prospettato.

Su tale questione di principio la convenuta ha però

dimostrato che, già da tempi non sospetti, il proprio convincimento

era nel senso che la potestas decidendi della P.A. commissariata

non dovesse reputarsi caducata per effetto della nomina

commissariale stessa. Ma, soprattutto, appare assorbente la

considerazione che il commissario ad acta non poteva

materialmente impedire al comune di adottare una delibera

consiliare come quella in argomento.

Al più, infatti, lei avrebbe potuto considerare quella

delibera tamquam non esset e proseguire tranquillamente

nell’incarico conferitole, per concluderlo nei tempi assegnatile con

un proprio provvedimento. Tuttavia la nota con la quale la

Inversini, il 6 agosto 2008 (ossia quando ancora mancava un mese

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37

allo spirare dei novanta giorni previsti dal tribunale per

l’espletamento del mandato commissariale), inviò al tribunale

stesso la delibera consiliare n° 49/2008 non escludeva affatto

quell’eventualità: nel senso che astrattamente il giudice avrebbe

potuto restituire tempestivamente quella delibera, censurando

l’illegittimità di quest’ultima ed invitando quindi il commissario ad

acta a procedere ulteriormente nel mandato commissariale. Talché

la circostanza che il tribunale abbia invece reputato di sostituire

tout court la Inversini non dimostra affatto la colpevolezza di

quest’ultima: ossia il suo intento di astenersi dall’espletare

l’incarico conferitole.

Né, ovviamente, è minimamente prospettabile un

processo a quelle che fossero le intenzioni della convenuta nel caso

di specie: intenzioni che, obiettivamente, non possono in alcun

modo desumersi dal tenore di alcuno degli atti interlocutori emessi

dalla Inversini. Ed anche a voler ipotizzare che lei potesse preferire

che fosse il comune a provvedere su quell’annosa questione, va da

sé che tale suo animus non è minimamente dimostrabile e

comunque non potrebbe dirsi gravemente colpevole.

Conclusivamente va quindi rigettata la domanda

proposta dalla Procura regionale nei confronti della Inversini.

27. Assai diverso è il ragionamento da svolgere, in

relazione al segmento E, nei confronti degli esponenti comunali

odierni convenuti. La cui colpa grave emerge limpidamente dal

dibattito consiliare prodromico all’adozione di quella delibera

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(dibattito la cui trascrizione, alla quale sono riferiti i numeri di

pagina di seguito richiamati, può leggersi in allegato alla delibera

stessa), risultandone che:

era stato il segretario generale Criscuolo a riferire

all’assemblea in merito alla proposta della delibera in

questione (pag. 8);

evidentemente, però, l’argomento risultava ampiamente noto

a “… molti consiglieri … perché è[ra] stato ampiamente

sviscerato nel corso di due sedute della commissione Bilancio

…” del comune stesso;

con una lettera dell’11 luglio 2008 (già richiamata al paragrafo

21) il direttore generale Aldini aveva informato il commissario

ad acta riguardo alle modifiche apportate pochi giorni prima

alla statuto della Acquamarina e le aveva altresì

preannunciato il conseguente intento del comune di affidare

nuovamente in house a quella società, con delibera da

adottarsi nella seduta consiliare convocata per il 17 di quello

stesso mese, il servizio in questione;

con lettera del 15 luglio 2008, anch’essa già richiamata al

precedente paragrafo 21, la Inversini aveva preso atto di

quell’intento del comune ed aveva peraltro declinato di

esprimere alcun previo parere al riguardo;

nondimeno quella sua affermazione di restare “… in attesa di

copia della [preannunciata] deliberazione consiliare …” era

stata interpretata dal Criscuolo, il quale in tal senso aveva poi

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relazionato al consiglio comunale, nel senso che “… il

commissario ad acta sta legittimando … il consiglio comunale

a provvedere in merito” (pag. 13);

nella propria relazione il Criscuolo non aveva minimamente

richiamato l’ordinanza n° 121/2007 e inoltre, pur citando

inevitabilmente la sentenza n° 1587/2008, non si era

minimamente soffermato sulle motivazioni di quest’ultima

(dalle quali invece, come s’è già evidenziato, era palesemente

evincibile l’ineludibilità di una gara pubblica);

il consigliere Latino aveva però espresso l’avviso secondo cui il

consiglio comunale si stesse accingendo “… ad approvare una

delibera che dovrebbe esserci sottoposta … o fatta dal

commissario ad acta” e proprio l’incomprensibilità della

posizione di quest’ultimo induceva quindi quel consigliere a

non votare la delibera stessa (pag. 17);

il consigliere Michelli aveva dato ampia lettura di alcuni

passaggi della sentenza TAR n° 1587/2008, di seguito a

quanto egli stesso aveva fatto “… già in commissione Bilancio

…”, sottolineando lungamente (a pag. 20, tanto da indurre il

presidente del consiglio comunale a richiamarlo al rispetto

della tempistica per il suo intervento) come il giudice avesse lì

“… solleva[to] il problema non tanto del famoso controllo

analogo …, ma proprio della mancanza di rispetto dei principi

generali di pubblicità …” e come, quindi, con la delibera in

questione “… si va a rimediare [ad] uno dei problemi, ma non

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si rimedia il problema di fondo”, perché “… quello che manca

ancora è il confronto con gli altri operatori del settore”,

“… problema [che] non è stato risolto” (ibidem);

seppur in maniera più sfumata, anche il consigliere Rebellato

aveva paventato i rischi di carattere giuridico insiti

nell’adozione di quella che sarebbe poi divenuta la delibera

n° 49/2008, la non chiarezza della posizione del commissario

ad acta e comunque l’eventualità di una perpetuazione del

contenzioso giudiziale (pag. 24);

infine il consigliere Lenisa aveva sottolineato come la

circostanza che la proposta di delibera fosse esclusivamente di

matrice comunale e non provenisse invece dal commissario ad

acta “… niente ci garantisce sostanzialmente di non avere

commesso ancora qualche errore …” (pag. 25);

il segretario comunale non aveva minimamente replicato sulle

perplessità concernenti i profili squisitamente giuridici della

vicenda (pagg. 25 – 26);

nelle dichiarazioni di voto il consigliere Michelli aveva motivato

il proprio voto contrario “… perché ritengo che [questa

delibera] non sia comunque legittima, cioè a questo punto il

TAR ha nominato il commissario ad acta e deve essere il

commissario a fare i famosi acta” (pag. 26);

il consigliere Rosa, nell’aderire all’opinione del Michelli, aveva

altresì ricordato che “… eravamo rimasti d’accordo in

commissione Bilancio che avremmo ritirato la [proposta di]

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delibera se non avessimo avuto una risposta puntuale e

precisa da parte del commissario ad acta” ed aveva

lucidamente sottolineato che a suo avviso “… la risposta che è

stata data [dalla Inversini] non risolve la problematica che

abbiamo sollevato, anzi il fatto che si dichiara in pratica di fare

il passacarte fra noi e il TAR mi pare che sia veramente una

cosa svilente per lei ma anche che non dia garanzie a noi su

quello che volevamo” (pagg. 26 – 27);

quasi tutti i consiglieri che erano intervenuti nel dibattito, pur

essendosi dichiarati nel merito favorevoli alla gestione

pubblica dell’impianto natatorio, si erano poi astenuti dal

votare la delibera o addirittura avevano espresso voto

contrario ad essa.

28. Peraltro il ruolo che ciascun esponente comunale ha

avuto rispetto all’adozione della delibera consiliare n° 49/2008 ed

al capitolo di danno di cui al segmento E (€ 9.000) va valutato

anche alla luce di tutta quanta la pregressa vicenda. Talché di quel

danno appare giustificato addossare pro capite una quota

maggioritaria all’Alessandrini, al Coari, al Criscuolo e al Micheli,

quota che si reputa equo stimare nella misura dell’11% ciascuno,

ossia in € 990. Mentre ai quattordici consiglieri comunali che

espressero voto favorevole (Romanelli, Zardus, Maggi, Casella,

Salvà, Poto, Bottari, Ferrari, Moscheo, Nichetti, Antona, Cristofori,

Candito e Chindemi) va ragionevolmente ascritto il 4% ciascuno,

ossia € 360.

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Giudizio 27570

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Infine, poiché i convenuti Candito e Chindemi risultano

deceduti anteriormente alla presente sentenza, nei loro confronti

non è luogo a provvedere.

29. Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono

liquidate come in dispositivo.

P . Q . M .

la Corte dei conti, Sezione giurisdizionale regionale per la

Lombardia, definitivamente pronunciando in relazione al giudizio n°

27570:

1) condanna i seguenti convenuti a risarcire il danno patrimoniale

cagionato al comune di Segrate nelle rispettive misure di:

Adriano Alessandrini, Giuseppe Nicola Coari, Pasquale

Criscuolo e Piero Micheli: € 990 (novecentonovanta)

ciascuno;

Marco Franco Romanelli, Claudio Mario Francesco Zardus,

Michelangelo Maggi, Francesco Casella, Riccardo Salvà,

Gerardo Gianluca Poto, Domenico Bottari, Gian Pietro

Maria Ferrari, Miriam Moscheo, Carluccio Mario Nichetti,

Angelo Antona e Fernando Cristofori: € 360

(trecentosessanta) ciascuno;

2) pone a carico dei suddetti convenuti, in proporzione della

misura della rispettiva condanna, le spese di giustizia,

liquidate nella misura di € 16.119,40

(sedicimilacentodiciannove/40)

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Giudizio 27570

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3) rigetta la domanda nei confronti di tutti gli altri convenuti;

4) liquida in € 1.000 (mille) comprensive di spese generali, oltre

CNA ed IVA, le spese per la difesa della convenuta Inversini

nel presente giudizio;

5) liquida in € 400 (quattrocento) comprensive di spese generali,

oltre CNA ed IVA, le spese per la difesa di ciascuno dei

convenuti Colle, Riccardi Sirtori, Travaglia, Ronchi e Rebellato

nel presente giudizio.

Così deciso a Milano nelle camere di consiglio del 23 ottobre 2013 e

dell’8 gennaio 2014.

I L G I U D I C E R E L A T O R E

( E ug en i o M us u me c i )

I L P R E S I D E N T E

( C l a u d i o Ga l t i e r i )

Depositata in segreteria il

27/05/2014