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SPORT e TRAUMI Prevenzione, diagnosi e trattamento

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SPORT e TRAUMI Prevenzione,diagnosi e trattamento

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Introduzione

Atletica leggera

Calcio

Ciclismo

Corsa (jogging)

Nuoto

Pallacanestro (basket)

Pallavolo

Tennis

Sci

Siti internet

INDICE

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INTRODUZIONE

Le lesioni che si verificano in chi svolge un’atti-vità sportiva (sia a livello amatoriale che agoni-stico) sono in genere suddivise in:• Lesioni da iperuso (lesioni cumulative).• Lesioni traumatiche (lesioni acute).

I traumi da iperuso si verificano nel tempo a causa dello stress continuo a carico di musco-li, articolazioni e tessuti molli. Essi cominciano a manifestarsi sotto forma di dolori o fastidi di intensità e frequenza limitate, ma possono progredire fino a lesioni debilitanti se non ven-gono correttamente trattate. I traumi acuti si verificano invece a causa di sollecitazioni o im-patti intensi e improvvisi e possono essere più o meno gravi a seconda delle aree e dei tessuti interessati. Nella tabella 1 vengono riportati i più importanti consigli per la prevenzione delle lesioni traumatiche negli atleti.Tabella 1. Consigli per la prevenzione dei traumi

• Praticare un congruo riscaldamento prima della gara

• Usare presidi protettivi (es. parastinchi)

• Rispettare le regole e le corrette tecniche del gioco

• Sgombrare il campo da eventuali oggetti che possono causare traumi (specie nelle gare tra dilettanti)

• Curare una buona idratazione

• Predisporre un kit di pronto soccorso

È noto che, alcuni traumi sono comuni a quasi tutte le attività sportive (ad es. le distorsioni, le lesioni muscolari), mentre altri sono relativa-mente specifici di alcune discipline (si pensi, ad esempio, al cosiddetto “gomito del tennista”).

Nel presente testo, i traumi che vengono ri-scontrati praticamente in tutte le discipline sportive verranno descritti in dettaglio nella se-zione sul calcio, lo sport che, nel nostro Paese, è sicuramente più popolare e praticato.

Nelle altre sezioni verranno invece descritte in dettaglio solo le lesioni relativamente spe-cifiche e/o particolarmente frequenti nei vari sport.

Per ciascuna lesione, verranno fornite sinteti-che note di patogenesi, semeiotica, diagnosi e terapia; per quanto riguarda quest’ultima focalizzeremo l’attenzione soprattutto sul trat-tamento nell’immediato periodo post-trauma-tico, essendo la gestione a lungo termine de-mandata alla competenza specialistica.

SPORT e TRAUMI Prevenzione, diagnosi e trattamento

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Atletica leggera

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Le lesioni muscolari e le distorsioni sono mol-to frequenti nell’atletica leggera, specialmente nelle discipline che richiedono uno sforzo mol-to intenso e brusche accelerazioni/decelera-zioni, come ad esempio le gare di velocità o di salto. Per la loro trattazione si veda la sezione sul calcio.

Nei lanciatori (di peso, giavellotto, martello) si osservano spesso delle tendinopatie della cuf-fia dei rotatori (vedi sezione sulla pallacane-stro).

Nei saltatori e nei velocisti è più frequente la tendinopatia del tendine tibiale posteriore; in particolare, le gare di salto triplo e quelle di salto ad ostacoli, a causa dei microtraumi ripe-tuti da atterraggio con il piede in iperpronazio-ne, possono indurre una patologia cronica da iperuso o addirittura una rottura del tendine.

Nei marciatori, a causa del peculiare movimen-to basculante del bacino ad ogni passo, si può instaurare nel corso del tempo una tipica pato-logia dolorosa della zona ischio-crurale, della “hamstring syndrome”, che si può avere meno frequentemente anche nei velocisti e nei sal-tatori.

In atletica sono inoltre abbastanza frequenti le fratture da stress, per lo più a carico dello scafoide tarsale, dei metatarsi e dei sesamoidi (particolarmente nei corridori di fondo, nei ve-locisti e negli ostacolisti) , del terzo medio-su-periore della tibia (soprattutto in mezzofondisti e ostacolisti) e della tuberosità ischiatica (mar-ciatori e velocisti).

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Nei calciatori sono frequenti sia le lesioni trauma-tiche che quelle da iperuso; in molti casi si tratta di patologie relativamente lievi dal punto di vista clinico, ma non di rado esse possono essere serie e compromettere la carriera e la salute del calcia-tore. Prenderemo in considerazione i traumi più comuni e ricorrenti.

DISTORSIONI

Il termine distorsione indica genericamente l’insieme delle lesioni capsulo-legamentose determinate da una sollecitazione che tende a modificare i reciproci rapporti dei capi articola-ri. Le articolazioni più colpite nel calciatore sono quelle della caviglia, del collo del piede e del gi-nocchio, mentre meno frequentemente posso-no essere interessati il gomito, le dita, il rachide. Le distorsioni sono causate da un trauma che imprime all’articolazione una sollecitazione esa-gerata, secondo i normali piani del movimento articolare o (più spesso) secondo piani “innatu-rali”, ossia diversi da quelli del movimento fi-siologico. In relazione alla severità del danno, si distinguono:

• distorsioni lievi: caratterizzate dalla semplice distensione dei legamenti o della capsula, da lacerazioni parziali di alcuni fasci fibrosi, etc.;

• distorsioni gravi: comprendono le rotture complete (a tutto spessore) di uno o di più legamenti, le loro disinserzioni con eventuale strappamento della corticale ossea sulla qua-le si inseriscono, le lacerazioni capsulari, etc.

I danni a carico dei legamenti possono esse-re classificati in tre gradi di gravità crescente.

Tabella 1. Danni a carico dei legamenti*

Grado Descrizione Caratteristiche cliniche†‡

I Danno microscopico del legamento

• Dolore localizzato e sensibilità• Dolore al legamento in

tensione• Assenza di instabilità

articolareII Lacerazione

parziale del legamento

• Dolore localizzato e sensibilità• Dolore al legamento in

tensione• Lieve instabilità articolare

con end-point fisso• Tumefazione articolare se

la lacerazione è intracapsulareIII Lacerazione

completa del legamentoAvulsione del legamento o dell’osso

• Dolore localizzato e sensibilità• Articolazione instabile• Assenza di end-point• Frequente assenza di dolore

con il legamento in tensione

* Possono interessare la sostanza centrale o le inserzioni ossee

† Può essere anche presente flogosi

‡ Le contusioni e la tumefazione sono variabili ma correlate all’entità del

danno

I sintomi caratteristici delle distorsioni com-prendono:

• dolore nei punti di inserzione o sul decorso dei legamenti interessati, causato dalla pressione e dalle sollecitazioni che tendono a saggiare la resistenza del legamento in esame;

• tumefazione dell’articolazione, per emartro e/o per infiltrazione nei tessuti molli periarti-colari;

• eventuali segni di lassi-tà articolare, che sono in relazione alla lacerazione completa di uno o più le-gamenti.

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La prognosi è favorevole nelle distorsioni lie-vi, mentre in quelle gravi, specie se non tem-pestivamente e adeguatamente trattate, può residuare una lassità articolare che predispone a futuri “cedimenti”, a traumi distorsivi recidi-vanti o ad alterazioni artrosiche.

Altre possibili complicanze comprendono le calcificazioni para-articolari al gomito o al gi-nocchio (in particolare la calcificazione del ca-po prossimale del legamento collaterale inter-no) e l’eccessiva rigidità dell’articolazione.

Nella maggior parte dei casi è richiesta una ri-sonanza magnetica per la conferma della dia-gnosi.

LESIONI MUSCOLARI

Le lesioni muscolari (contratture, stiramenti, strappi) sono frequenti nei calciatori. Nella ta-bella sono elencate le più comuni cause predi-sponenti alle lesioni muscolari negli atleti.

Tabella 2. Cause predisponenti alle lesioni muscolari

(contratture, stiramenti, strappi) negli atleti

• Mancanza di riscaldamento generale e specifico

• Preparazione fisica non idonea

• Movimenti bruschi e violenti

• Problemi articolari, squilibri posturali e muscolari, mancanza di coordinazione

• Condizioni ambientali avverse

• Microtraumi ripetuti

• Abbigliamento e calzature non idonei

• Recupero insufficiente dopo un precedente sforzo atletico

Si distinguono tre tipi fondamentali di lesioni muscolari di gravità crescente:

• contrattura

• stiramento

• strappo

La contrattura consiste nella contrazione in-volontaria, prolungata e dolorosa, di uno o più muscoli scheletrici. La contrattura è, di per sé, un atto difensivo che insorge quando il tessu-to muscolare viene sollecitato oltre il suo limite fisiologico. Le cause predisponenti possono es-sere di natura meccanica e/o metabolica.

Il soggetto colpito da una contrattura avverte un dolore di intensità lieve/moderata, diffuso lungo l’area muscolare interessata. L’ipertono muscolare viene percepito piuttosto chiara-mente e l’atleta riferisce una “mancanza di ela-sticità” del muscolo durante i movimenti.

La palpazione consente di apprezzare l’aumen-to involontario del tono muscolare e di evoca-re dolore, soprattutto in alcuni punti (“trigger point”). Poiché il dolore da contrattura in ge-nere è tollerabile, esso non impedisce di per sè il proseguimento dell’attività sportiva. Tuttavia, per evitare il rischio di complicanze è assolu-tamente consigliabile sospendere immediata-mente l’allenamento o la gara.

Il riposo è la terapia più efficace. Per guarire da una contrattura normalmente sono suffi-cienti 3-7 giorni di riposo; se non si rispetta-no i giusti tempi di recupero, però, i giorni di interruzione dell’attività sportiva possono diventare molti di più.

Durante questa fase, le attività sportive che evocano fastidio o dolore alla zona interes-sata vanno evitate, mentre per accelerare il recupero sono utili tutte quelle attività che consentono di allungare la muscolatura e di favorire l’afflusso di sangue ai muscoli, tra cui:

• Una moderata attività aerobica associata a blandi esercizi di allungamento, che aiutano a distendere la muscolatura sia direttamen-te (stretching) che indirettamente (iperemia locale).

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• Massaggio decontratturante al termine dell’attività, in modo da allentare le tensio-ni muscolari ed ottenere benefici anche dal punto di vista antalgico.

Risulta utile la somministrazione per via topica di farmaci antinfiammatori (FANS) e miorilas-santi.

Anche le terapie fisiche (ad es. l’elettroterapia e la ionoforesi) sono utili per accelerare i tempi di recupero.

Lo stiramento è una lesione di gravità inter-media tra la contrattura e lo strappo, causata dall’eccessivo allungamento subito dalle fibre muscolari. A differenza della contrattura, che causa un dolore modesto e diffuso, nello stira-mento muscolare si avverte un dolore acuto ed improvviso, a cui fa seguito spasmo muscolare. Tuttavia, in molti casi, il dolore è sopportabile e normalmente non impedisce il proseguimen-to dell’attività.

Continuando la pratica sportiva, però, au-menta notevolmente il rischio di aggravare la situazione (cioè di andare incontro a strappo muscolare), per cui si consiglia di fermarsi il prima possibile anche se il dolore che viene avvertito è di lieve entità. Per quanto riguar-da il trattamento, il riposo è fondamentale: un periodo di interruzione dell’attività sportiva compreso tra le due e le tre settimane è al-tresì indispensabile per scongiurare il rischio di eventuali recidive.

Si consiglia l’immediata applicazione del pro-tocollo PRICE-MM (vedi in seguito). Inoltre i FANS e miorilassanti per via topica sono utili per accelerare la guarigione.

Anche alcune terapie fisiche (come la TENS e gli ultrasuoni) possono ridurre notevolmente i tempi di recupero. La ripresa degli allenamenti dovrà essere graduale, prestando particolare attenzione alla fase di riscaldamento.

La pratica dello stretching per facilitare il re-cupero può essere utile, ma si raccomanda di eseguire tali esercizi sotto la supervisione me-dica o di personale qualificato.

Lo strappo (anche detto distrazione muscola-re) è una lesione muscolare grave, che consiste nella rottura di alcune fibre che compongono il muscolo.

Lo strappo è generalmente causato da un’ec-cessiva sollecitazione (brusche contrazioni o scatti improvvisi) ed è piuttosto frequente in chi pratica attività sportive, in particolare quelle che richiedono un movimento musco-lare “esplosivo”, come ad esempio calciatori, sprinter e saltatori in lungo e in alto.

Spesso gli strappi muscolari si verificano in at-leti scarsamente allenati o che non hanno svol-to un adeguato riscaldamento, condizioni in cui il muscolo è particolarmente stanco o im-preparato a sostenere lo sforzo della gara.

Lo strappo può colpire qualsiasi muscolo del corpo, ma negli sportivi le sedi più frequenti sono i muscoli della coscia (flessori, adduttori, quadricipite) e della gamba (tricipite surale). In relazione al numero di fibre coinvolte, gli strap-pi muscolari vengono classificati secondo una scala di 3 gradi di gravità crescente (Tabella 3). Tabella 3. Classificazione degli strappi muscolari

Grado

Numero di fibre del muscolo coinvolte

Sintomatologia

I Meno del 5%

Leggero fastidio che aumenta durante la contrazione e l’allungamento muscolare

II 5%-75% Dolore acuto, simile ad una fitta, causato da una violenta contrazione muscolare, che può essere aggravato da ogni tentativo di contrarre il muscolo; stravaso ematico

(continua)

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Grado

Numero di fibre del muscolo coinvolte

Sintomatologia

III 75%-100% Dolore acuto e molto violento; completa impotenza funzionale; alla palpazione si avverte un “avvallamento”, una sorta di “scalino”; stravaso ematico

Come si può osservare nella tabella, uno strap-po di II o di III grado si accompagna, nella maggior parte dei casi, ad edema locale pro-vocato da stravaso ematico. Infatti, mentre nei traumi più lievi il sangue rimane all’interno del muscolo, in quelli più gravi “migra” nei tessuti superficiali, dove si accumula e forma evidenti ematomi. Dopo circa 24 ore, si può apprezzare un livido localizzato più in basso rispetto alla sede dello strappo, a testimonianza dello stra-vaso ematico. Può inoltre insorgere una con-trattura muscolare “di difesa”. In presenza di uno strappo, occorre immedia-tamente l’attività sportiva ed immobilizzare la zona colpita. Nei casi più gravi, ovviamen-te, tale sospensione non può essere evitata dall’atleta stesso, a causa dell’acuzie del dolo-re e della limitazione funzionale; tuttavia negli strappi più lievi non è infrequente che l’atleta, se non viene tempestivamente consigliato da un medico o da personale qualificato, decida di sopportare il dolore e di continuare a svol-gere l’attività sportiva. In questo modo però aumenta notevolmente il rischio di aggravare la situazione per cui si consiglia di fermarsi il prima possibile anche se il dolore avvertito è di lieve entità. Occorre evitare di caricare l’arto e bisogna metterlo in una posizione di “scarico” (posizione rialzata). Occorre inoltre applicare immediatamente un impacco freddo (borsa del ghiaccio, spray, ecc.) sulla zona interessata in modo da ridurre il flusso di sangue ai vasi lesio-nati (vasocostrizione). In fase acuta, evitare qua-lunque forma di calore (massaggi, fanghi, ecc.).

In genere sono necessari esami strumentali per valutare la reale entità del danno. Le lesioni di grado I si risolvono nel giro di 1-2 settimane, in cui l’atleta va mantenuto a riposo e trattato con antinfiammatori e miorilassanti. Qualche esercizio di stretching può aiutare ad accelerare il recupero favorendo, per quanto possibile, il recupero di elasticità del tessuto di riparazione cicatriziale. Le lesioni di grado II pre-vedono invece tempi di guarigione più lunghi (15-30 giorni). Prima della ripresa dell’attività sportiva il soggetto dovrà seguire un percorso di riabilitazione e sottoporsi ad opportuni inter-venti fisioterapici. Nelle lesioni di grado III può essere necessario l’intervento chirurgico. L’al-goritmo riportato in figura 1 può aiutare nella

Figura 1. Algoritmo per la selezione della terapia fisica delle lesioni muscoloscheletriche

LESIONE ACUTA(<72 ore)

Quotidianamente per 5 giorni

OBIETTIVI• Ridurre il dolore• Ridurre l’edema• Favorire la

guarigione• Aumentare

il range di movimento

TECNICA• Freddo• Elettrostimolazione• Ultrasuoni pulsati

ESERCIZIO• Isometrico

TERAPIA MANUALE• Massaggio

LESIONE SUBACUTA

(3-14 giorni)

3 volte/settimanaper 2 settimane

OBIETTIVI• Aumentare la

flessibilità• Migliorare la

mobilità• Aumentare il

tono muscolare

TECNICA• Calore• Elettrostimolazione• Laserterapia• IontoforesiESERCIZIO• Isotonico• StretchingTERAPIA MANUALE• Massaggio• Mobilizzazione

articolare

LESIONE CRONICA

(>2 settimane)

2 volte/settimana per 4 settimane

OBIETTIVI• Migliorare la

funzionalità nelle attività quotidiane

• Ristabilire la normale lunghezza tissutale

TECNICA• Elettrostimolazione

nervosa transcutanea

• Ultrasuoni continui

ESERCIZIO• Stretching• Stabilizzazione

TERAPIA MANUALE• Release

miofasciale

(continuazione)

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scelta della terapia fisica più appropriata per le lesioni muscoloscheletriche.

TRATTAMENTO DELLE DISTORSIONI E DELLE LESIONI MUSCOLARI

Il trattamento delle distorsioni e delle lesioni muscolari ha due obiettivi principali:

• Ridurre l’edema e il dolore.

• Favorire il recupero funzionale e la guarigione del trauma.

La maggior parte dei traumi dei tessuti molli si giova del trattamento con farmaci antinfiam-matori non steroidei (FANS) per uso topico, che vengono raccomandati dalle Linee Guida nei traumi sportivi di qualsiasi grado di gravità.

Alcune formulazioni di FANS topici sono do-tate di particolari proprietà farmacologiche (antiflogistica, antiedemigena, analgesica) che migliorano l’efficacia della terapia.

Per la riduzione dell’edema post-traumatico viene raccomandato il trattamento noto con l’acronimo PRICE-MM (Protection, Rest, Ice, Compression, Elevation, Medication, Modali-ties) per 24-48 ore dopo il trauma.

• Protection (PROTEZIONE): protegge l’area interessata.

• Rest (RIPOSO): ridurre l’attività fisica al mi-nimo. Non caricare il segmento colpito per almeno 48 ore.

• Ice (GHIACCIO): applicare un impacco con ghiaccio sull’area traumatizzata per 20 minuti alla volta, da 4 a 8 volte/die.

• Compression (COMPRESSIONE): la compres-sione di caviglia, ginocchio o polso traumatiz-zati può ridurre l’edema.

• Elevation (ELEVAZIONE): se possibile, è in-dicato tenere caviglia, ginocchio, gomito o polso traumatizzati in posizione sollevata su di un cuscino al di sopra del livello del cuore,

per facilitare il drenaggio dei liquidi attraver-so il sistema linfatico-venoso.

• Medication (FARMACI): prendere in conside-razione l’impiego di basse dosi di FANS per ridurre il dolore.

• Modalities (TECNICHE): ad esempio, ghiaccio, ultrasuoni, elettrostimolazione, stretching, fi-sioterapia.

Nella tabella 4 sono riportate le tecniche di te-rapia fisica più comunemente utilizzate per il trattamento delle lesioni muscolotendinee.

TRATTAMENTO RIABILITATIVO

Il passo successivo nella terapia di distorsioni e stiramenti consiste nella riabilitazione, allo sco-po di ripristinare la funzionalità. L’esercizio, sot-to forma di una blanda attività fisica, può essere iniziato dopo la scomparsa del dolore e dell’e-dema. Il programma di fisioterapia individualiz-zato ha lo scopo in questa fase di prevenire la rigidità, migliorare l’escursione dei movimenti, la flessibilità e il ripristino del tono e della forza muscolare dei segmenti traumatizzati. Il tipo, l’intensità e la durata degli esercizi variano a seconda del tipo di trauma e dei soggetti in-teressati. Ad esempio, un atleta con traumi del ginocchio o del piede svolgerà esercizi sotto carico (weight bearing) e di bilanciamento.

Tabella 4. Tecniche di terapia fisica e indicazioni.

Tecnica Descrizione IndicazioniUltrasuoni Onde sonore ad

alta frequenza sono utilizzate per riscaldare i tessuti molli superficiali o accelerare la guarigione a livello cellulare

Lesioni tendinee Stiramenti o spasmi muscolari (controllo a breve termine del dolore)

Fonoforesi Si utilizzano gli ultrasuoni per rilasciare i farmaci al tessuto a livello sottocutaneo

TendiniteBorsiti

(continua)

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Tecnica Descrizione IndicazioniIonoforesi Si utilizza una

corrente elettrica per rilasciare sostanze caricate elettricamente attraverso la cute ai tessuti profondi

Tendinopatia calcificaCondizioni flogistiche

Elettrostimolazione Genera un potenziale di azione nella fibra nervosa, causando una contrazione muscolare o alterando l’input sensitivo

Contusioni o spasmi mu-scolari elettro-stimolazione muscolare)

Laser terapia L’assorbimento della radiazione fotonica altera il metabolismo ossidativo cellulare e riduce la concentrazione di prostaglandina E2

Dolore muscolare

DISTORSIONI DEL GINOCCHIO

Le distorsioni del ginocchio sono particolar-mente frequenti nei calciatori, a causa delle notevoli e spesso violente sollecitazioni che l’articolazione del ginocchio si trova a subire durante il gioco. La loro importanza risiede, ol-tre che nella loro frequenza, anche nelle possi-bili complicanze, tra cui:

• Instabilità capsulo-legamentosa acuta, che in genere consegue a traumatismi acuti parti-colarmente violenti.

• Lassità capsulo-legamentosa cronica, con una vera e propria instabilità cronica dell’ar-ticolazione (soprattutto nei casi gravi e non adeguatamente trattati).

Occorre tenere inoltre presente che spesso, in associazione alle lesioni capsulo-legamen-tose, si possono determinare lesioni meni-scali (le quali peraltro possono verificarsi an-che isolatamente). Per comprendere meglio i meccanismi e le conseguenze delle distorsio-ni del ginocchio, occorre tenere presente che la stabilità dell’articolazione è subordinata a due fattori:- stabilizzazione passiva, legata alla integrità

anatomica delle strutture capsulo-legamen-tose;

- stabilizzazione attiva, correlata alla corretta tensione delle strutture muscolo-tendinee che si inseriscono in prossimità dell’articola-zione del ginocchio.

Apparato capsulo-legamentoso e strutture muscolo-tendinee del ginocchio dal punto di vista funzionale costituiscono un insieme che viene distinto in tre settori:- pilone centrale, formato dal legamento cro-

ciato anteriore (LCA) e dal legamento cro-ciato posteriore (LCP);

- compartimento interno, i cui elementi prin-cipali sono rappresentati dal legamento collaterale interno (LCI), dal legamento po-steriore obliquo e dal tendine capsulare del muscolo semi-membranoso;

- compartimento esterno, che consta del le-gamento collaterale esterno (LCE), del ten-dine del muscolo popliteo e del tendine di-stale del bicipite femorale.

Le lesioni traumatiche acute a carico del gi-nocchio sono molteplici e il tipo di lesione è in relazione al tipo di sollecitazione che viene subita; le più frequenti sono:

Legamento crociato posterioreRetro del ginocchio destro

(continuazione)

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- valgismo-flessione del ginocchio-rotazione esterna della tibia: possono essere interessati l’LCA e le strutture del compartimento inter-no;

- varismo-flessione del ginocchio-rotazione in-terna della tibia: la struttura maggiormente interessata è l’LCA;

- valgismo-estensione del ginocchio: i più col-piti sono il compartimento interno e i crociati;

- varismo-estensione del ginocchio: le struttu-re interessate sono quelle del compartimen-to esterno e i crociati.

Le distorsioni del ginocchio possono essere di-stinte in 3 gradi di gravità crescente:

• I: distensione o distrazione di alcuni fasci dei legamenti interessati.

• II: parziale lacerazione legamentosa.

• III: totale lacerazione dei legamenti o loro avulsione dall’inserzione ossea.

I traumi distorsivi acuti del ginocchio si accom-pagnano in genere a dolore improvviso e spes-so ad una sensazione soggettiva di “crack” ar-ticolare.

All’esame obiettivo possono evidenziarsi:

- atteggiamento in lieve flessione del ginoc-chio;

- impotenza funzionale di vario grado;

- tumefazione del ginocchio e presenza di “bal-lottamento rotuleo” per versamento ematico endo-articolare;

- dolore spontaneo intenso e dolore più o me-no diffuso alla pressione;

- instabilità articolare.

Esistono vari test semeiotici per valutare l’in-stabilità articolare e la gravità delle lesioni le-gamentose.

Il più noto è la cosiddetta manovra del “cas-setto anteriore” che consiste nel sollecitare manualmente l’estremità superiore della gam-ba, in senso postero-anteriore, con il ginocchio flesso a 90°; se la manovra (che va ripetuta mantenendo la gamba in posizione neutra, ro-tazione esterna e interna) riesce a sublussare anteriormente l’epifisi prossimale della tibia ri-spetto ai condili femorali, vi è presumibilmente una lesione del compartimento interno quasi sempre associata a lesione dell’LCA.

La prova del “cassetto posteriore” è analoga alla precedente, ma è positiva se vi è la pos-sibilità di sublussare posteriormente l’epifisi prossimale della tibia rispetto ai condili femo-rali; indica la lesione dell’LCP associata spesso a lesioni di altri legamenti del compartimento interno ed esterno.

La figura 2 riporta una proposta di algoritmo decisionale per la valutazione di una lesione di

Lacerazione del legamento crociato posteriore

Lacerazione del legamento collaterale laterale

Manovra del “cassetto anteriore”

Manovra del “cassetto posteriore”

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un legamento collaterale.

Il trattamento delle distorsioni del ginocchio

si avvale innanzitutto, in acuto, di FANS e del protocollo PRICE-MM, mentre nelle fasi suc-cessive varia in relazione al grado della lesione:

• I: può essere sufficiente una fasciatura con bendaggio elastico per 15-20 giorni, oltre ad una artrocentesi in caso di emartro;

• II: terapia incruenta mediante immobilizza-zione in apparecchio gessato per circa 40 giorni, con successiva fisioterapia; nel caso sia presente la lesione del pilone centrale del ginocchio, è indicato l’intervento di ricostru-zione chirurgica;

• III: riparazione chirurgica della lesione.

Il trattamento riparativo deve ovviamente es-sere sempre completato da un adeguato pe-riodo di rieducazione funzionale, da adattare alle esigenze del caso.

Nella figura 3 sono illustrati alcuni esercizi che trovano indicazione nella rieducazione funzio-nale del ginocchio.

LESIONI MENISCALI

In tutti i traumi distorsivi acuti del ginocchio può esservi il contemporaneo interessamento dei menischi.

Inoltre, i menischi possono andare incontro a lesioni a lento sviluppo in seguito a traumati-smi ripetuti, di cui il paziente può peraltro non

Figura 2. Proposta di algoritmo decisionale per la valutazione di una lesione di un legamento collaterale

Anamnesi compatibile con lesione di un legamento collaterale

Esame obiettivo

Test di stress in varo-valgo

Dubbio Positivo

Identificabile l’inserzione?

Negativo

Negativa

SI

Distorsione • Valutazione per altre lesioni

• PRICE-MM• Fisioterapia• Considerare

consulenza ortopedica

• Consulenza ortopedica

• RICE• Fisioterapia

NONegativa Positiva

Dolorabilità alla palpazione?

SIPositiva

Consulenza ortopedica Distorsione grado II

Rx per sospetta frattura

Distorsione grado III

NO

Rx per sospetta frattura

Figura 3. Esercizi per la rieducazione funzionale del legamento crociato anteriore

Scivolamento della pianta

Estensione passiva del ginocchio

Piegamenti del ginocchio in pronazione

Estensione del ginocchio contro una resistenza

Esercizi di bilanciamento statici e dinamici

Stabilizzazione del ginocchio

Esercizio isometrico

per il quadricipite

Squat contro la parete

stringendo una palla

A

A

B

B

C

C

D

A

B

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Calcio

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tenere conto o che può non ricordare.

Il menisco interno è leso più frequentemente rispetto all’esterno. La lesione meniscale vie-ne in genere provocata da movimenti incon-grui che provocano un asincronismo tra il mo-vimento di flesso-estensione del ginocchio e quello di rotazione tibiale, come ad esempio il cosiddetto “calcio a vuoto”, ossia il brusco passaggio dalla posizione di flessione a quella di massima estensione del ginocchio.

La lesione del menisco interno si configura in genere in una fissurazione longitudinale che, con l’andare del tempo o per traumatismi ri-petuti, si può aggravare sino al distacco di un frammento, che talora, rimanendo imprigiona-to tra condilo e piatto tibiale, può determinare il blocco totale dell’articolazione in flessione.

Il menisco esterno in genere va incontro a

rotture trasversali che possono dare origine a blocchi parziali dei movimenti articolari.

Talora le lesioni meniscali croniche danno ori-gine ad alterazioni della cartilagine di rivesti-mento dei condili femorali, che a lungo anda-re possono condurre a lesioni pre-artrosiche.

Nelle lesioni meniscali associate a traumi di-storsivi acuti del ginocchio un tipico elemento obiettivo, aggiuntivo rispetto a quello carat-teristico delle distorsioni, è la presenza di un

blocco articolare in flessione, dovuto al distac-co di un frammento meniscale.

Per quanto riguarda le “sindromi meniscali cro-niche”, i sintomi possono essere rappresentati, in relazione alla gravità e al menisco interessa-to, da episodi di blocco transitorio del ginoc-chio in flessione, da una sensazione di instabi-lità articolare in seguito a movimenti ordinari, idrarti recidivanti e dolori articolari transitori.

Talora il paziente si reca alla visita solo in se-guito al verificarsi del blocco articolare totale che, come si è detto, consegue al distacco di un grande frammento meniscale e al suo impri-gionamento nell’articolazione.

LUSSAZIONI

La lussazione consiste nella perdita dei recipro-ci rapporti tra i capi articolari di una articolazio-ne, in genere in conseguenza di un trauma.

Le articolazioni più spesso colpite sono, nell’or-dine, quelle della spalla (scapolomerale), del gomito, delle dita, dell’anca e del ginocchio.

Possono essere complete o parziali (in quest’ul-timo caso vengono dette anche sublussazioni) e talora possono essere a carattere recidivante, cioè si ripetono a distanza di tempo in seguito ad un nuovo trauma; in alcuni casi si hanno le cosiddette “lussazioni abituali”, che consisto-no nel ripetersi della lussazione, per lassità ar-ticolare, anche indipendentemente da traumi.

La sintomatologia delle lussazioni consiste in:• Deformità della regione.

• Impotenza funzionale.

• Dolore.

• Resistenza elastica ai tentativi da parte dell’e-saminatore di mobilitare l’arto affetto.

Talora si hanno lussazioni associate a fratture.

Le complicanze a lungo termine più importanti sono la lassità articolare, le “lussazioni abitua-

Lacerazione del menisco

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li” e le ossificazioni periarticolari. Le lussazioni devono essere ridotte manualmente, cosa che è quasi costantemente fattibile, entro le prime 24-48 ore dall’evento; in seguito si procederà all’immobilizzazione per un periodo variabile (da 15 giorni ad alcuni mesi a seconda del caso).

Nei calciatori, la lussazione di spalla è un trau-ma relativamente frequente, che si verifica in seguito a cadute sulla mano o sul gomito du-rante i contrasti di gioco; elementi obiettivi ca-ratteristici sono:• presenza della cosiddetta “spallina”, ossia

una accentuazione della sporgenza dell’acro-mion;

• assenza del reperto palpatorio della testa omerale nella sua sede normale;

• abduzione obbligata del braccio per 20°-40°;

• tumefazione in sede sottoclavicolare;

• accentuazione netta del dolore ai tenta-tivi di adduzione del braccio.

TRAUMI CRANICI

I traumi cranici con-seguenti a scontri di gioco (in genere con-seguenti a impatto con la testa di un altro gio-catore) sono abbastanza frequenti nel calcio.

Nella maggior parte dei casi, fortunatamente, non si accompagnano a perdita di coscienza, perché è raro che l’impatto sia così violento da determinare una vera e propria lesione ence-falica.

Tuttavia, in alcuni casi si può avere una vera e propria commozione cerebrale, caratterizzata da perdita di coscienza e da rilasciamento mu-scolare generalizzato; il recupero di coscienza si verifica in genere nel giro di pochi minuti,

con il completo recupero delle funzioni neurolo-giche e psichiche, fatta eccezione per una am-nesia del momento del trauma o degli istanti immediatamente precedenti (amnesia retrogra-da). La commozione cerebrale comporta una perdita di coscienza che per definizione non su-pera 15 minuti e uno “stato crepuscolare” non superiore ad 1 ora; se si superano tali limiti si è di fronte ad un caso più grave di “contusione cerebrale”, spesso associata ad una lesione ri-levabile con esami strumentali (TAC o risonanza magnetica).

FRATTURE DELLA GAMBA

Le fratture della tibia e del perone nei calciatori possono verificarsi per lo più in seguito a vio-lenti contrasti di gioco; in genere sono dovuti a un trauma diretto, ad esempio per un interven-to con “piede a martello” da parte dell’avver-sario, o meno frequentemente per un trauma indiretto per torsione dell’asse longitudinale della gamba. Sono rimasti tristemente celebri, a tale riguardo, i due gravi infortuni subiti in Nazionale da Gigi Riva, nel 1967 e nel 1970, in entrambi i casi con frattura della gamba.

Le fratture della gamba possono essere com-plete o incomplete; le prime si associano a una sintomatologia relativamente modesta, men-tre quelle complete danno una sintomatologia molto evidente, caratterizzata da:

• dolore;

• deformità per accavallamento/angolazione dei frammenti;

• impotenza funzionale.

In seguito ad una frattura tibio-peroneale si possono avere complicanze acute, come l’e-sposizione della frattura e la lesione di ampie zone cutanee, e complicanze a lungo termine, come il ritardo di consolidazione o la pseudo-artrosi.

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Il trattamento viene deciso in relazione all’enti-tà della frattura, ma in genere prevede l’inter-vento di chirurgia ortopedica e un successivo periodo di riabilitazione funzionale.

FRATTURE DEI MALLEOLI E DEL CALCAGNO

Le fratture malleolari sono spesso associate a traumi distorsivi del collo del piede.

Le sollecitazioni anomale che possono provo-carle sono quelle di varismo-adduzione-supi-nazione, di valgismo-abduzione-pronazione o di iperflessione plantare.

Si distinguono fratture monomalleolari (che in-teressano solo il malleolo interno o solo quello esterno), bimalleolari (interessano ambedue i malleoli), trimalleolari (ambedue i malleoli + margine posteriore dell’epifisi distale della ti-bia), malleolo-sopramalleolari (interessamento del malleolo tibiale + perone in sede sopra-malleolare).

La frattura malleolare si accompagna a dolore e tumefazione locale; nelle fratture con sublus-sazione/lussazione del piede si può osservare la cosiddetta “deformità a colpo d’ascia” per disallineamento tra asse della gamba e quello del piede.

Il trattamento è in genere non chirurgico, con eventuale riduzione manuale (nelle fratture scomposte e/o con sublussazione/lussazione) e immobilizzazione in apparecchio gessato, per periodi variabili in relazione al tipo di frattura; in ogni caso seguirà trattamento riabilitativo.

FRATTURE DA STRESS

Con questo termine si intendono le fratture che non conseguono a un evento traumatico acuto ben riconoscibile, ma bensì a ripetuti microtraumi che applicano all’osso interessato forze e carichi a carattere continuativo, sia in compressione che in tensione.

Va ricordato che il tessuto osseo, a differenza dei muscoli e delle articolazioni, ha una ridot-ta capacità elastica e se il sovraccarico cui vie-ne sottoposto supera i limiti critici, il rischio di frattura da stress risulta considerevole anche in soggetti giovani.

Sembra inoltre che le forze di trazione/tensio-ne stimolino l’attività osteoclastica e quindi il riassorbimento osseo, aumentando il rischio di fratture da stress.

L’incidenza di fratture da stress sembra esse-re in aumento, sia nel calcio che in altri sport, probabilmente a causa degli allenamenti più intensi e al maggior numero di gare rispetto al passato.

FASCITE PLANTARE

La fascite plantare è una patologia infiamma-toria che colpisce la fascia plantare del piede, che origina alla base del calcagno, dove si in-seriscono i muscoli intrinseci del piede e la fa-scia stessa. È una delle cause più comuni di dolore a carico del piede nei calciatori.

Se la fascite plantare non viene adeguatamen-te curata, con l’andare del tempo si può asso-

Fratturatibiale da stress

Punto di origine

50°-60°

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Calcio

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ciare a irritazione del periostio e a comparsa di esostosi a carico del calcagno (speroni calca-neari).

La fascite può determinare un accorciamento della fascia plantare, che può peggiorare se vi è sovraccarico funzionale. La caratteristica sinto-matologia della fascite plantare è rappresentata da dolore in sede plantare o plantare-mediale a livello del piede affetto.

Il dolore può essere a comparsa graduale (più comunemente) o improvvisa, talora in associa-zione ad un trauma (nel qual caso può essere confuso con il dolore provocato da semplice contusione del calcagno).

Il dolore è particolarmente forte quando ci si alza da una posizione distesa, perché con l’ap-poggio del piede sulle punte la fascia plantare infiammata viene stirata e messa in tensione; camminando, il dolore può ridursi perché la fa-scia si distende.L’esame obiettivo in caso di fascite plantare evi-denzia:• presenza (non costante) di dolorabilità a livello

del calcagno, nel punto di origine della fascia; • dolore allo stiramento passivo della fascia.

Il trattamento della fascite plantare può preve-dere i seguenti provvedimenti di tipo conser-vativo, da decidere in relazione alla gravità del caso:• riposo• applicazione di ghiaccio• fasciatura di supporto• tallonetta • utilizzo di analgesici e FANS, anche per via to-

pica• fisioterapia• dispositivi ortosici.Nei casi più severi e nei pazienti che non hanno risposto ai trattamenti conservativi può essere

presa in considerazione l’utilizzo di infiltrazione di corticosteroidi locali; la chirurgia è raramente indicata.

TENDINITE

Si tratta di una lesione da iperuso molto fre-quente, che può causare un dolore profondo e fastidioso, di natura infiammatoria. Nella tabella sono riportati i segni e sintomi più comuni di questa lesione. Tabella 5. Caratteristiche frequenti delle tendiniti

Sintomi Segni• Dolore locale - può variare da un dolore costante fino a trasformarsi con il movimento in un dolore lancinante

- si irradia prossimalmente o distalmente alla lesione

- peggiora con l’uso, con il lavoro contro una resistenza e con lo stiramento passivo

- insorge a riposo nei casi gravi

• Dolore locale - sensibilità locale - peggiora nelle prove contro una resistenza e con lo stiramento passivo

• Tumefazione • Tumefazione - diffusa o localizzata - può essere presente un nodulo palpabile

• Disfunzione • Disfunzione - debolezza spesso proporzionale al dolore; se inferiore rispetto al dolore ci può essere una lacerazione del tendine

• Altri sintomi di infiammazione

• Altri segni di infiammazione - arrossamento - calore

• “Scricchiolii” • Crepitio

• Adeguato evento(i) scatenante

• Caratteristiche predisponenti - ad es. mal allineamenti muscolari

Si verifica soprattutto in atleti che si sottopon-gono ad allenamenti intensi e non adeguata-mente programmati. Per evitare la tendinite è importante infatti che il programma di allenamento preveda un incre-mento graduale per quanto riguarda la durata e l’intensità dell’esercizio fisico. In alcuni casi alla base della tendinite vi sono cause di ordine biomeccanico, ad es. una ten-

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denza intrinseca alle anomalie posturali e/o alterazioni del trofismo muscolare.

Il trattamento della tendinite include:• riposo: la riduzione dell’intensità, della dura-

ta e della frequenza dell’esercizio a carico del tendine interessato può a volte essere suffi-ciente a garantire la completa guarigione;

• applicazione di ghiaccio: può coadiuvare a

ridurre infiammazione e dolore;

• terapia farmacologica con FANS (topici e/o

sistemici).

Per evitare la recidiva della tendinite, è consi-gliabile un adeguato programma di allenamen-to che prenda in considerazione l’intensità, la durata e il tipo di esercizio che viene svolto.

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Ciclismo

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Nei ciclisti è relativamente frequente la co-siddetta sindrome dolorosa patellofemorale (SDPF), una patologia ancora non completa-mente caratterizzata dal punto di vista nosolo-gico ed eziopatogenetico, il cui quadro sinto-matologico è dominato dal dolore persistente nella zona anteriore del ginocchio durante lo

sforzo atletico, che si risolve con il riposo. La terapia consiste in contrazioni isometriche del quadricipite a ginocchio esteso, riducendo al minimo la compressione sulla rotula, esercizi di stretching sui muscoli tensori della fascia lata, gastrocnemio e flessori dell’anca, fisioterapia, uso di tutori, farmaci.

Sempre a carico del ginocchio, nei ciclisti non è raro osservare il danno da usura cartilaginea noto come condromalacia rotulea.

Anche una minima alterazione della distribu-zione del carico, considerando che la forza prodotta dalla pedalata agisce attraverso il gi-nocchio fino a 5000 volte all’ora, può causare gravi lesioni. La tabella riassume le principali lesioni del ginocchio nel ciclista.

Tabella 1. Cause e tipi di lesioni del ginocchio osservate nel ciclista

Tipo di danno Localizzazione Cause

Sindrome dolorosa patello-femorale

Faccia anteriore della rotula

Eccessivo spostamento mediale del ginocchio durante la fase di potenzaDebolezza del vasto mediale obliquo e delle strutture laterali del ginocchio

Condromalacia Progressione delle cause sopra riportate fino all’interruzione della cartilagine Eccessiva trazione laterale

Tendinosi patellare

La flogosi tende ad interessare la superficie laterale del tendine

Tendinosi del bicipite femorale

Faccia posteriore della rotula

Aumentata distensione dei legamenti a causa del sellino troppo alto o del dorso troppo distanteAumentata distensione dei legamenti a causa di un’eccessiva rotazione tibiale interna

Borsite anserina

Sindrome della plica mediopatellare

Margine interno della rotula

Eccessiva trazione del tendine sulla borsaPosizione della tibia in rotazione esterna

La plica infiammata e ispessita può urtare sul condilo femorale durante la flessione del ginocchio

Sindrome da frizione della banda mediotibiale

Margine esterno della rotula

Nei movimenti di flesso-estensione del ginocchio si verificano degli sfregamenti tra la superficie della banda ileotibiale e il condilo femorale esterno sottostante.Aumentata distensione a causa del sellino troppo alto o del dorso troppo distanteAumentata distensione della banda ileotibiale nella gamba più corta in caso di differente lunghezza degli arti

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Ciclismo

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Nei ciclisti sono molto frequenti le lesioni mu-scolari, per le quali rimandiamo alla sezione sul calcio. Nel ciclismo possono inoltre verificarsi delle fratture, soprattutto a carico dell’arto su-periore, quasi sempre in seguito a cadute, spe-cie a velocità elevata.

Le fratture dell’arto superiore sono distinte in:• Fratture della clavicola: molto frequenti, so-

no dovute in genere a caduta sulla spalla e si manifestano con deformità della regione, dolore spontaneo e da pressione e atteggia-mento “di difesa” dell’arto superiore; se non sono scomposte il trattamento si può avvale-re di un semplice bendaggio per 15-20 gior-ni, mentre in caso di fratture più gravi si deve ricorrere al trattamento cruento di riduzione e osteosintesi.

• Fratture dell’estremità prossimale dell’omero (collo chirurgico, trachite, collo anatomico, testa dell’omero) e della diafisi omerale, che si manifestano con deformità della regione interessata, dolore, tumefazione, ecchimosi diffusa al braccio e all’avambraccio, motilità preternaturale, impotenza funzionale.

Le fratture del gomito sono localizzate al terzo prossi-male, medio o distale dell’omero (A) e possono essere distinte a seconda della forma in trasversali (B), obli-que/spiraliformi (C), segmentarie (D) e comminute (E).

• Fratture del gomito: le localizzazioni più comuni sono quelle sovracondiloidee (do-vute in genere a caduta per terra con ap-

poggio sul palmo della mano e gomi-to in iperestensio-ne), del capitello radiale (meccani-smo simile a quello delle sovracondi-loidee) e dell’ole-crano (che si pos-sono verificare per caduta sia sul gomito flesso che esteso); si manife-stano con tumefa-zione ed ecchimosi del gomito, dolore e impotenza fun-zionale e richiedono un trattamento in-cruento oppure chirurgico a seconda della localizzazione e della gravità della frattura.

• Fratture di radio e ulna, in genere dovute a cadute sul palmo della mano; spesso richie-dono il trattamento chirurgico.

• Fratture del polso, tra cui la più nota è la co-siddetta frattura di Colles, in cui la frattura interessa la metafisi distale del radio.

• Fratture dello scafoide, conseguente a ca-duta sul palmo della mano o urti sul pugno chiuso (talora può anche essere una lesione da iperuso); si manifesta in genere con dolo-re a livello della tabacchiera anatomica.

• Frattura delle dita (metacarpi e falangi), che possono verificarsi in seguito ad un trauma diretto e interessare la diafisi, l’epifisi o la regione metafisiaria distale (fratture sotto-capitate) o prossimale (fratture della base); spesso sono scomposte e si manifestano con dolore, tumefazione e impotenza fun-zionale; richiedono la riduzione immediata e la successiva immobilizzazione gessata per 25-30 giorni.

A B C D E

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Corsa (jogging)

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L’incidenza annuale delle lesioni in corsa è sti-mata tra il 37% e il 56%. Sebbene non tutte le lesioni siano prevenibili, ci sono diversi fattori di rischio che sono stati identificati come una predisposizione del soggetto a queste lesioni. Si ritiene che il microtrauma cumulativo contri-buisca alla maggior parte delle lesioni da corsa. Fattori intrinseci e estrinseci come l’interazione di biomeccanica individuale con la routine di al-lenamento e la superficie di allenamento sono stati collegati a vari pattern di lesioni. Diverse fonti hanno anche suggerito un aumento del ri-schio di lesioni associate a calzature improprie.

Le cause più frequenti delle lesioni da corsa sono rappresentate dall’iperuso, dall’aumento improvviso dell’attività, dal correre su superfici dure, dallo scarso sviluppo della muscolatura interessata, dalla malposizione del piede, dal-la mancanza di variazione nell’allenamento, da calzature non idonee, vecchie o di scarsa qua-lità. Di seguito sono riportati i traumi da corsa più frequenti.

TENDINITE D’ACHILLE

E’ l’infiammazione del tendine di Achille, il ten-dine più grande e forte del corpo; esso collega

i due muscoli del polpaccio (gastrocnemio e soleo) all’osso al calcagno.

Sintomi. Dolore lungo il tendine o posterior-mente al tallone che peggiora con l’attività. Ispessimento del tendine. Gonfiore che peg-giora con l’attività.

BORSITE DEL GRAN TROCANTERE

È l’infiammazione della borsa trocanterica, una sacca piena di liquido che funge da cuscino tra tendini, ossa e pelle. La borsa trocanterica si trova a livello della parte superiore della zo-na esterna della coscia, in corrispondenza del grande trocantere.

Sintomi. Dolore nella zo-na dell’anca che spesso si irradia posteriormen-te, nella regione glutea; diversamente da quanto accade nelle patologie articolari dell’anca, non vi è dolore a carico della zona inguinale.

SINDROME COMPARTIMENTALE CRONICA DA SFORZO

La sindrome compartimentale cronica è una condizione patologica indotta dall’esercizio che coinvolge muscoli e nervi.

Muscolo gastrocnemio (polpaccio)

Tendine d’Achille

Calcagno Fascia plantare

Ossa metatarsali

Anca destra

Borsa trocanterica

Femore

Compartimenti della gamba

Compartimento posteriore superficiale

Compartimento posteriore profondo

Fibula

Nervo

TibiaCompartimento laterale

Compartimento anteriore

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Corsa (jogging)

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Sintomi. Dolori o crampi nel muscolo interes-sato (natica, coscia o gamba) entro mezz’ora circa dall’inizio dell’esercizio.

SINDROME DELLA BANDELLETTA ILEO- TIBIALE

Infiammazione della porzione distale del tendi-ne ileotibiale.

Sintomi. Dolore continuo localizzato nella zo-na laterale/esterna del ginocchio che tende ad aumentare quando si piega il ginocchio.

SINDROME DA STRESS TIBIALE MEDIALE

Infiammazione muscolo-scheletrica della parte inferiore della gamba.

Sintomi. Dolore lungo il bordo postero-media-le del terzo distale della tibia per una lunghez-za di almeno 5 cm.

SINDROME FEMORO-ROTULEA (GINOCCHIO DEL CORRIDORE)

La sindrome femoro-rotulea è un particolare quadro patologico che coinvolge la parte di articolazione compresa tra l’epifisi distale del femore e la rotula.

Sintomi. Dolore nella zona antero-laterale del ginocchio.

FASCITE PLANTARE

Infiammazione della fascia di tessuto che attra-versa la parte inferiore del piede e collega l’os-so del tallone alle dita dei piedi (fascia plantare).

Sintomi. Dolore, spesso più severo al risveglio e localizzato nella parte interna del tallone. Do-po questa prima fitta il dolore tende a diminu-ire piuttosto rapidamente per poi ricomparire dopo una lunga passeggiata o a fine giornata.

Bandellettaileotibiale

Localizzazione del dolore

Sindrome da stress tibiale

mediale Calcagno

Fascia plantare

Area del dolore

Dolore femoro-rotuleo

Articolazione del ginocchio vista frontale

Tendine del quadricipite

Rotula Femore

Tendine rotuleo

Tibia

Fibula

Infiammazione

Articolazione del ginocchio vista laterale

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Corsa (jogging)

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DISTORSIONE DELLA CAVIGLIA

La distorsione della caviglia si manifesta con dolore (a volte lieve, altre molto intenso), che si accentua stressando l’articolazione. Nei giorni successivi al trauma, compaiono dolenzia loca-lizzata, gonfiore ed ematomi.

Le distorsioni gravi possono causare impo-tenza funzionale, deformazione ed instabilità articolare cronica che predispone ad ulteriori traumi.

FRATTURA DA STRESS

Le fratture da stress si sviluppano quando un carico ripetuto supera la capacità dei muscoli e dei tendini di assorbire lo stress e ammortizza-re le ossa. Oltre la metà delle fratture da stress riguarda la gamba.

Sintomi. Dolore che in un primo momento è localizzato ma poi tende a diffondersi nelle re-gioni limitrofe. Limitazione funzionale. Gonfio-re. Ecchimosi.

TENDINITE ROTULEA

La tendinite rotulea è una patologia del ginoc-chio molto frequente e colpisce il tendine ro-tuleo, per lo più al suo punto di inizio, ovvero nella sezione inferiore della rotula.

Sintomi. Dolore localizzato nella parte anterio-re del ginocchio che si presenta a seguito di

uno sforzo prolungato oppure quando si resta fermi nella medesima posizione per un lungo lasso di tempo. Col passare del tempo e con il peggioramento della patologia, il dolore per-siste anche durante e a seguito di un periodo di riposo.

DIAGNOSI

Nella maggior parte delle condizioni patolo-giche precedentemente riportate la diagnosi è clinica. Se il medico lo ritiene opportuno, la diagnosi clinica può essere corroborata da tec-niche d’imaging quali l’ecografia, la radiogra-fia, la TC o la RMN (raramente).

TERAPIA

Il primo approccio terapeutico ai traumi da cor-sa prevede l’attuazione del protocollo R.I.C.E.

Tibia

Fibula

Lesione dei legamenti laterali della caviglia

Compressione, tensione, flessione

Rotula

Femore

Tibia

Fibula

Tendine rotuleo

Ginocchio, vista frontale

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Corsa (jogging)

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[REST (riposo); ICE (ghiaccio); COMPRESSION (compressione); ELEVATION (elevazione)]. Il medico potrà prescrivere antidolorifici, co-me il paracetamolo, o antinfiammatori come ibuprofene o diclofenac. In talune patologie

è necessario far ricorso ad infiltrazione di corticosteroidi, all’uso di tutori o plantari, al-la fisioterapia. In casi fortunatamente meno frequenti si rende necessario l’intervento chi-rurgico.

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Nuoto

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Nei nuotatori sono relativamente frequenti di-storsioni e lesioni muscolari, per la cui tratta-zione rimandiamo alla sezione sul calcio, e le tendinopatie, in particolare della cuffia dei ro-tatori (vedi sezione sulla pallacanestro).

Sebbene i traumi più frequenti siano a carico della spalla, una lesione frequente è il “ginoc-chio del nuotatore”. Questa lesione è osserva-ta più comunemente nello stile “rana”, a causa della spinta laterale delle gambe da cui deriva la maggior parte della velocità della nuotata. La tensione del legamento collaterale tibiale aumenta quando il ginocchio passa dalla fles-sione all’estensione, come appunto si verifica in questa fase, in cui l’articolazione del ginoc-chio subisce un’estensione a frusta e tutta la forza viene prodotta sul legamento. La sinto-matologia è caratterizzata da dolore nella par-

te mediale del ginocchio mentre l’atleta nuota e dolore severo alla palpazione sulle inserzioni del legamento. Il trattamento richiede innanzi-tutto il riposo. Nelle prime 24-36 ore dal trau-ma si consigliano l’applicazione di ghiaccio, il mantenimento dell’arto sollevato e l’applica-zione di un bendaggio elastico o, in alcuni casi, di una ginocchiera. Può essere indicato il trat-tamento farmacologico con FANS, mentre ra-ramente è necessario il trattamento chirurgico.

La causa di molti dei traumi che si verificano a carico della spalla è da ricercare in una tecnica inappropriata che causa un eccessivo allunga-mento o una rotazione dell’arto superiore, con conseguente stiramento muscolare. Nel tem-po ciò può determinare strappi muscolari o lo sviluppo di tendiniti.

I più frequenti errori tecnici sono illustrati nella tabella.

Tabella 1. Comuni errori tecnici che predispongono a lesioni della spalla nel nuotatore

Stile libero Bracciata che passa molto oltre la mezzalineaBracciata eccessivamente lungaInsufficiente scivolamento del corpo

Dorso Bracciata a gomito esteso, che determina una bracciata rettilinea e non a S

Rana Eccessiva estensione del gomito

Farfalla Immersione delle braccia in acqua troppo lontano dalla linea delle spalle o braccia troppo vicine tra loro

Inoltre l’immersione frequente in acqua favori-sce, senza una adeguata prevenzione e prote-zione, l’insorgenza di otite esterna.

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Pallacanestro (basket)

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Nei cestisti sono frequenti alcune lesioni da iperuso e traumatiche che abbiamo già osser-vato nella sezione sul calcio, cui si rimanda per la descrizione degli aspetti clinici e terapeutici:

• Tendinite

• Fascite plantare

• Lesioni dei legamenti del ginocchio

• Distorsioni e stiramenti.

Nei giocatori di basket sono particolarmente frequenti, a causa dei particolari movimenti ti-pici di questo sport, le tendinopatie a carico del tendine di Achille e della cuffia dei rotatori.

TENDINOPATIE DEL TENDINE DI ACHILLE

Il tendine di Achille (achilleo), che collega i muscoli gastrocnemio (polpaccio) e soleo, è particolarmente sollecitato nel basket, soprat-tutto nei movimenti di elevazione e di arresto, e risulta quindi notevolmente vulnerabile nei confronti di lesioni sia di tipo traumatico acuto che soprattutto da iperuso.

Le più comuni tendinopatie dell’achilleo con-seguenti a iperuso sono rappresentate da:

• infiammazioni del paratenonio (paratenoniti);

• degenerazione della sostanza centrale del tendine (tendinosi);

• infiammazione e degenerazione combinate del tendine (tendinite), con o senza lacera-zione tendinea;

• infiammazione dell’achilleo nel punto di in-serzione nel calcagno (tendinite inserziona-

le o entesite);

• borsite retrocalcaneare.

La tendinopatia da iperuso dell’achilleo può essere a lungo asintomatica e si manifesta in genere gradualmente.

Inizialmente si ha comparsa di dolore transito-rio, spesso più intenso al mattino, con difficoltà ad appoggiare i piedi a terra quando ci si alza dal letto.

Il dolore col tempo tende a diventare costante e più intenso e a limitare l’attività fisica o addi-rittura a impedirla.

Tutte le varie forme sopra descritte di tendino-patia sono caratterizzate da dolore, e in alcune di esse vi sono anche dei sintomi di accompa-gnamento, che possono essere utili nella dia-gnosi differenziale:

• nella paratenonite, in genere, vi è anche una infiammazione evidente con crepitio o scric-chiolio del tendine alla palpazione;

• nella tendinite e nella tendinosi si può osser-vare un indebolimento e un restringimento fusiforme del tendine;

• l’entesite è caratterizzata da infiammazione e

Tendine infiammato

Fascia plantare

Tendine di Achille

L’infiammazione della fascia plantare può causare dolore

al tallone

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Pallacanestro (basket)

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debolezza nel punto di inserzione del tendine a livello del calcagno;

• la borsite retrocalcaneare può essere associa-ta alla cosiddetta Deformità di Haglund, che si manifesta all’esame obiettivo come una tu-mefazione rotondeggiante in corrispondenza della superficie postero-superiore del calca-gno o in posizione laterale rispetto all’inser-zione dell’achilleo, e dal punto di vista radio-grafico con una esostosi anomala nella stessa zona (sperone calcaneare).

Sono stati identificati una serie di fattori di ri-schio, estrinseci ed intrinseci, che predispon-gono alla tendinopatia dell’achilleo.Tabella 1. Fattori che favoriscono la comparsa di ten-dinopatie del tendine di Achille

Fattori intrinseci Fattori estrinseciAllenamenti eccessivamente intensi/troppo frequenti/ senza la necessaria gradualità

Anomalie biomeccaniche (ad es. anomalie dell’andatura con eccessiva pronazione del piede)

Tipi di allenamento o di attività sportive che sollecitano eccessivamente il tendine

Rigidità del complesso muscolare gastrocnemio-soleo

Superfici di allenamento inadeguate

Differenze nella lunghezza delle due gambe

Calzature non adeguate o di scarsa qualità Alterato trofismo muscolare

Tecniche di allenamento non adeguate

Parte posteriore del piede con alterata mobilità

Condizioni ambientali (attività sportiva in ambienti particolarmente freddi)

Sperone calcaneare

Farmaci (specie anabolizzanti) Entesopatie

La causa principale della cronicizzazione della tendinopatia dell’achilleo consiste nell’ignora-re i segnali di allarme precoce e nel sottoporre a sforzo il tendine malgrado la presenza di do-lore; al contrario, la comparsa di dolore nella zona dell’achilleo impone riposo immediato.

Un ulteriore contributo allo sviluppo della pa-

tologia cronica consiste nella presenza di un muscolo gastrocnemio ipotrofico o affaticato, condizione che può essere provocata o aggra-vata dall’iperuso stesso. In tal caso il muscolo tende ad accorciarsi progressivamente, aumen-tando lo stress meccanico a carico del tendine di Achille e favorendo lo sviluppo di tendini-te. Altri possibili fattori di rischio per tendinite dell’achilleo sono improvvisi aumenti dell’inten-sità o della frequenza degli allenamenti.

In caso di comparsa di dolore a carico dell’a-chilleo, non è indispensabile interrompere com-pletamente l’attività fisica, ma semplicemente porre attenzione a:

• ridurre l’intensità dell’esercizio subito dopo la comparsa del dolore;

• effettuare un blando stretching del muscolo gastrocnemio, accompagnato eventualmen-te da applicazione di ghiaccio, nell’immedia-to post-esercizio;

• praticare semplici esercizi come quello di mantenersi in equilibrio sulle punte dei pie-di e di effettuare uno stretching contro una parete.

Per quanto riguarda le lesioni traumatiche acu-te, la più importante e drammatica è la rottura del tendine di Achille.

La lacerazione completa del tendine si mani-festa con forte dolore, tumefazione, disfunzio-ne e discontinuità palpabile del tendine.

I segni obiettivi, in questo caso, sono:• alterazione dell’“angolo di dondolio” del

piede, valutabile facendo stendere supino il paziente sul lettino da visita e osservando il piede dondolare oltre il margine del lettino;

Normale

Alterato

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Pallacanestro (basket)

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• test di Thomson positivo (la compressione del polpaccio, a paziente supino, non causa la flessione plantare del piede).

In caso di lacerazione incompleta (parziale) del

tendine di Achille, che può verificarsi sia in se-guito a un singolo episodio traumatico che per una serie di traumi ripetuti, la diagnosi obiettiva è più difficile, perché mancano i tipici suddetti segni della rottura completa mentre possono essere presenti segni più sfumati, come debo-lezza della flessione plantare e mancata risposta ad un trattamento di tipo conservativo.

La maggior parte dei danni tendinei è trattata in modo simile, indipendentemente dalla parte della struttura tendinea interessata.

Tabella 2. Criterio di trattamento dei danni tendinei

Stadio di guarigione

Tempo (giorni)

Terapia indicata

Razionale fisiologico

Obiettivi principali

Infiammatorio 0-6 PRICES-MM • Prevenire la flogosi eccessiva

• Prevenire il danneggiamento di nuovi vasi sanguigni e delle fibre collagene

• Promuovere la sintesi di matrice extracellulare

• Promuovere la guarigione

• Evitare un ulteriore danno tissutale

Fibroblastico/ proliferativo

5-21 Graduale introduzione dello sforzo

• Promuovere la normale integrità biomeccanica della struttura tendinea

• Prevenire l’eccessiva atrofia tissutale

Rimodellamento/maturazione

20+ Progressivo sforzo del tessuto ad un livello determinato dalla risposta dell’individuo senza riaccensione dei sintomi

• Promuovere la normale integrità biomeccanica della struttura tendinea

• Ottimizzare la guarigione tissutale

TENDINOPATIA DELLA CUFFIA DEI ROTATORI E “SPALLA DOLOROSA”

Una patologia da iperuso che si osserva con particolare frequenza nei giocatori di basket è la tendinopatia della cuffia dei rotatori, strut-tura anatomica che fa parte dell’articolazione scapolo-omerale e che viene notevolmente

sollecitata nel basket per quanto riguarda so-prattutto i movimenti di elevazione dell’arto superiore.

L’integrità anatomica e funzionale della cuf-fia dei rotatori è fondamentale soprattutto per conferire all’articolazione della spalla gli adeguati movimenti di abduzione e rotazione esterna e per mantenere salda la testa dell’o-mero nella cavità glenoidea.

La tendinopatia della cuffia dei rotatori rap-presenta una tipica lesione da iperuso, che si verifica più frequentemente oltre i 40 anni e in generale in tutti coloro che praticano sport i quali comportano una continua ripetizione del movimento di elevazione dell’arto superiore,

Articolazione gleno-omerale

Legamento coracoclavicolare Tendine sovraspinoso

Articolazione acromioclavicolare

AcromionClavicola

Processo coracoideoMuscolo deltoide

(continuazione)

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Pallacanestro (basket)

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tra cui ad es. il basket, il baseball, il tennis, il nuoto.

Si tratta di una condizione patologica che può essere caratterizzata sia da infiammazione che da una componente degenerativa e/o da lace-razioni parziali o complete di uno o più tendini facenti parti del sistema della cuffia dei rotatori.

I sintomi comprendono:

• Dolore associato ai movimenti dell’arto su-periore.

• Dolore notturno all’articolazione della spal-la, specie quando si riposa sul lato affetto.

• Debolezza nel movimento di elevazione dell’arto superiore (dello stesso lato dell’arti-colazione scapolomerale affetta) al di sopra della testa e/o dolore nell’eseguire operazio-ni che richiedono il suddetto movimento (ad es. farsi lo shampoo sotto la doccia o cercare di afferrare un oggetto posto in alto).

Oltre che alla tendinopatia della cuffia dei ro-tatori, la cosiddetta “spalla dolorosa” (shoul-der pain) può essere dovuta ad altre con-dizioni patologiche a carico delle strutture dell’articolazione scapolomerale, anch’esse relativamente frequenti negli sportivi tra cui la cosiddetta “sindrome da spalla congelata” e

l’instabilità gleno-omerale.

A tale riguardo, la American Academy of Or-thopaedic Surgeons (AAOS) ha stilato specifi-che Linee Guida sulla diagnosi e il trattamento delle principali patologie alla base della sin-drome della “spalla dolorosa”; tali raccoman-dazioni suggeriscono, tra l’altro, l’impiego dei FANS in diverse condizioni cliniche (AAOS Cli-nical Guideline on Shoulder Pain Support Do-cument 2007 http://www.aaos.org/).

Patologia Raccomandazioni terapeutiche

Lesione della cuffia dei rotatori

FANSModifica del movimentoEsercizi mirati

Spalla congelata FANSModifica del movimentoEsercizi

Instabilità gleno-omerale

Modifica del movimentoEsercizi

Artrite dell’articolazione gleno-omerale

FANSModifica del movimentoEsercizi fisici

Patologia dell’articolazione acromion-claveare (osteoartrosi, osteolisi)

FANSModifica del movimento(riduzione delle attività ripetitive)

Fibromialgia FANSModifica del movimento (esercizi aerobici)

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Pallavolo

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I pallavolisti sono esposti a molti dei traumi che sono già stati esaminati nelle precedenti sezioni, tra cui:• Lesioni muscolari

• Distorsioni

• Tendiniti (tendinopatie)

• Fasciti plantari.

Più rare sono le fratture dell’arto inferiore (da ricaduta dopo un salto). I più comuni traumi di-storsivi nei pallavolisti, oltre a quelli del ginoc-chio per cui si rimanda alla sezione sul calcio, sono quelli che interessano il collo del piede, ossia l’articolazione tibio-peroneo-astragalica.

DISTORSIONE DEL COLLO DEL PIEDE

L’apparato legamentoso del collo del piede viene distinto in due compartimenti, esterno (formato dal legamento collaterale esterno e dal legamento tibio-peroneale anteriore e po-steriore) ed interno (formato dal legamento collaterale interno).

Le lesioni distorsive del collo del piede si deter-minano in seguito a sollecitazioni anomale, co-me si hanno spesso nella pallavolo specie nella

fase di ricaduta dopo un salto, ad es. forzato varismo con supinazione del piede (interessa-mento del compartimento esterno) o valgismo con pronazione del piede (interessamento del compartimento interno).

I sintomi sono rappresentati da tumefazione della regione malleolare, dolore alla pressione nella stessa regione e dolore vivo provocato dalle manovre di supinazione/pronazione, im-potenza funzionale più o meno marcata a se-conda della gravità; nelle forme gravi si può avere lassità legamentosa che predispone a distorsioni recidivanti.

Il test del “cassetto anteriore”, che si esegue spingendo il retropiede in avanti rispetto alla tibia con il piede in flessione plantare (ad ar-to stabilizzato con una mano posizionata sul-

Legamento talo-fibulare anteriore

Test del “cassetto anteriore”

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Pallavolo

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la caviglia), consente di valutare l’integrità del

legamento talo-fibulare anteriore. Un relativo

aumento del movimento in avanti e una ridot-

ta resistenza allo spostamento sono associati a

distorsione.

ll test dell’inversione o “talar tilt test”, che si

esegue osservando frontalmente il piede rivol-

to verso l’interno, consente di valutare l’inte-

grità del legamento calcaneo-peroneale. Un

aumento del grado di inclinazione del tallone

rispetto al lato sano indica una distorsione.

Spesso le distorsioni del collo del piede sono

associate a fratture malleolari, per cui nei casi

sospetti è indispensabile eseguire esami radio-

grafici per escludere fratture malleolari o altre

lesioni ossee causate dal trauma.

Nella tabella è riportata la classificazione delle

distorsioni della caviglia.

Grado Lesione Segni e sintomi

I Distorsione di un legamento

Modesta dolorabilità, tumefazioneIl paziente è in grado di sopportare un carico e di camminare con minimo doloreAssenza di instabilità meccanica

II Lacerazione incompleta di un legamento, con moderata compromis-sione funzionale

Dolore e tumefazione moderatiEcchimosi lievi-moderateDolorabilità in corrispondenza delle strutture coinvolteUn certo livello di perdita di movimento e funzione (il paziente riferisce dolore sotto carico e durante la deambulazione)Lieve-moderata instabilità meccanica

III Lacerazione completa di un legamento e perdita della sua integrità

Marcata tumefazioneEcchimosi severePerdita di funzione e movimento (il paziente non è in grado di sopportare il carico o di deambulare)Instabilità meccanica

Nelle distorsioni lievi è sufficiente un bendag-gio adesivo elastico da mantenere per circa 2 settimane; nelle forme gravi, senza lassità le-gamentosa, va applicato un gambaletto ges-sato per circa un mese; in presenza di lassità legamentosa è indicato l’intervento di ricostru-zione chirurgica.

Per il trattamento delle forme associate a frattu-re malleolari, si rimanda alla sezione sul calcio.

TENDINOPATIA PATELLARE (GINOCCHI DEL SALTATORE)

Una forma di tendinopatia che interessa in particolare i pallavolisti (o giocatori di basket, saltatori in lungo o di salto triplo) è il ginocchio del saltatore o “jumper knee”. Si tratta di una tendinopatia funzionale provo-cata da intensi e ripetuti stress dell’apparato estensore del ginocchio. Il pallavolista utiliz-za in particolare tale apparato nel salto, nei bruschi cambiamenti di direzione, in maniera esplosiva.

Il sintomo principale del ginocchio del sal-tatore è il dolore rotuleo, localizzato in cor-rispondenza del polo inferiore, del polo su-periore o della tuberosità tibiale. In genere il dolore ha un inizio graduale, ma in alcuni casi l’atleta riferisce un dolore acuto da lacerazio-ne parziale del tendine. All’esame obiettivo,

Test dell’inversione

(continuazione)

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Pallavolo

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alla palpazione del tendine si evidenziano dolore e frequentemente ispessimento o, nei casi di vecchia data, noduli cicatriziali o inter-ruzione del tendine.

Il “jumper knee” è classificato in quattro stadi, in base al dolore e al suo rapporto con l’attività:

Stadio I Dolore solo dopo l’attività; non condiziona la prestazione sportiva

Stadio II Dolore all’inizio dell’attività, scompare con il riscaldamento e ricompare dopo l’attività; condiziona la prestazione sportiva

Stadio III Dolore durante e dopo l’attività; limita il rendimento atletico

Stadio IV Rottura del tendine; è impossibile svolgere qualsiasi attività

Un metodo per monitorare il decorso clinico della tendinopatia patellare è fornito dalla sca-la VISA, un semplice questionario compilato dall’atleta.Scheda di valutazione clinica e funzionale del dolore nel “jumper knee”, secondo il Victorian Institute of Sport.

Il trattamento della tendinopatia patellare è lun-go e richiede un approccio multiplo.

Il trattamento conservativo si basa su riduzione del carico mediante la correzione di errori bio-meccanici, crioterapia, appropriati esercizi di stretching e massaggi.

1- Per quanti minuti puoi stare in posizione seduta senza dolore?

0 min. ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ 100 min. PUNTI0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 ______

2- Hai dolore scendendo le scale?

Intenso ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ nessuno PUNTI0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 ______

3- Hai dolore estendendo il ginocchio fuori carico?

Intenso ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ nessuno PUNTI0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 ______

4- Hai dolore durante un rapido spostamento sotto carico?

Intenso ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ nessuno PUNTI0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 ______

5- Hai dolore nel movimento di squat?

Impossibile ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ nessuno PUNTI0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 ______

6- Hai dolore durante o immediatamente dopo aver eseguito 10 saltiin appoggio monopodalico?

Intenso ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ nessuno PUNTI0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 ______

7- Stai praticando attualmente uno sport o un’altra attività fisica?

0 ❑ Nessuna

4 ❑ Allenamento ridotto o allenamento agonistico modificato

7 ❑ Allenamento completo ma non allo stesso livello di primadell’inizio dei sintomi

10 ❑ Livello di prestazione simile o più alto di prima dell’inizio dei sintomi

8- Completare uno dei seguenti punti A, B o C. PUNTISe non hai dolore mentre svolgi l’attività sportiva completa ______solamente la parte 8ASe hai dolore mentre svolgi l’attività sportiva ma non sei costrettoad interromperla completa solamente la parte 8BSe il dolore ti costringe ad interrompere l’attività sportiva completasolo la parte 8C

A) Non hai dolore durante l’attività sportiva

❑ PUNTI30 ______

B) Hai dolore mentre svolgi l’attività sportiva ma non sei costrettoad interromperla, per quanto tempo puoi continuare ad allenarti?

1-5 min. 6-10 min. 11-15 min. > 15 min. PUNTI❑ ❑ ❑ ❑ ______4 10 14 20

C) Hai dolore che ti obbliga ad interrompere l’attività sportiva

❑ PUNTI0 ______

Punteggio totale Punti _____ 100

1- Per quanti minuti puoi stare in posizione seduta senza dolore?

0 min. ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ 100 min. PUNTI0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 ______

2- Hai dolore scendendo le scale?

Intenso ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ nessuno PUNTI0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 ______

3- Hai dolore estendendo il ginocchio fuori carico?

Intenso ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ nessuno PUNTI0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 ______

4- Hai dolore durante un rapido spostamento sotto carico?

Intenso ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ nessuno PUNTI0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 ______

5- Hai dolore nel movimento di squat?

Impossibile ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ nessuno PUNTI0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 ______

6- Hai dolore durante o immediatamente dopo aver eseguito 10 saltiin appoggio monopodalico?

Intenso ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ nessuno PUNTI0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 ______

7- Stai praticando attualmente uno sport o un’altra attività fisica?

0 ❑ Nessuna

4 ❑ Allenamento ridotto o allenamento agonistico modificato

7 ❑ Allenamento completo ma non allo stesso livello di primadell’inizio dei sintomi

10 ❑ Livello di prestazione simile o più alto di prima dell’inizio dei sintomi

8- Completare uno dei seguenti punti A, B o C. PUNTISe non hai dolore mentre svolgi l’attività sportiva completa ______solamente la parte 8ASe hai dolore mentre svolgi l’attività sportiva ma non sei costrettoad interromperla completa solamente la parte 8BSe il dolore ti costringe ad interrompere l’attività sportiva completasolo la parte 8C

A) Non hai dolore durante l’attività sportiva

❑ PUNTI30 ______

B) Hai dolore mentre svolgi l’attività sportiva ma non sei costrettoad interromperla, per quanto tempo puoi continuare ad allenarti?

1-5 min. 6-10 min. 11-15 min. > 15 min. PUNTI❑ ❑ ❑ ❑ ______4 10 14 20

C) Hai dolore che ti obbliga ad interrompere l’attività sportiva

❑ PUNTI0 ______

Punteggio totale Punti _____ 100

(continuazione)

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Tennis

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Una condizione da iperuso particolarmente frequente e abbastanza caratteristica dei ten-nisti, come indicato anche dal suo nome “po-polare”, ossia “gomito del tennista”, è l’epi-condilite laterale.

EPICONDILITE LATERALE (GOMITO DE TENNISTA)

L’epicondilite laterale generalmente a carico del braccio dominante (sinistro per i mancini, destro per i destrimani) è un disturbo frequente in co-loro che praticano sport, come il tennis, che ri-chiedono movimenti ripetitivi della mano e del braccio.

Si tratta di una tipica lesione da iperuso (anche se talora può insorgere acutamente in segui-to ad un trauma), che interessa il tendine del gruppo dei muscoli estensori-supinatori; il mu-scolo più frequentemente coinvolto è l’esten-sore radiale breve del carpo.

Il sintomo caratteristico è il dolore a livello del-la superficie laterale dell’avambraccio, in cor-rispondenza dell’epicondilo laterale; nei ten-nisti, il dolore tipicamente è più frequente e intenso quando si impugna la racchetta.

Spesso alla base della comparsa dell’epicondi-lite vi sono cause scatenanti, quali:

• errori nella preparazione atletica (mancanza di riscaldamento e/o di stretching, periodi di

riposo troppo brevi tra le gare e le sedute di allenamento, ecc.);

• attrezzature inadeguate (racchette troppo pesanti/troppo leggere/troppo rigide, ten-sione delle corde troppo elevata/troppo ri-dotta, palle da tennis troppo pesanti o umi-de) o superfici di gioco troppo rapide;

• problemi di natura tecnica (eccessiva ten-sione dell’impugnatura, postura non corretta nell’eseguire i colpi, specie con il rovescio, etc.).

Se la patologia viene trascurata e progredisce, al dolore può associarsi rigidità mattutina e deficit funzionale dell’avambraccio.

All’esame obiettivo, il dolore a livello dell’epi-condilo può essere evocato da due tipi di test:

Estensore radiale breve del carpo

Brachioradiale

Estensore delle dita

Abduttore lungo del pollice

Estensore breve del pollice

Epicondilo laterale

Origine dell’estensore Estensore del

mignolo

Estensore ulnare del carpo Estensore del retinaculum

Esaminatore

Mantenere fermo

Paziente

Estensione

Flessione

a)

b)

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Tennis

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• l’esaminatore sostiene l’avambraccio del paziente in pronazione ed esegue in con-temporanea una flessione completa del polso e l’estensione del gomito del paziente;

• il paziente chiude la mano a pugno, mette l’avambraccio in pronazione e quindi tenta di spingere in senso radiale e di estendere il polso contro la resistenza dell’esaminatore.

La positività di uno o di entrambi i test è indi-cativa di “gomito del tennista”.

Per la prevenzione dell’epicondilite è impor-tante evitare per quanto possibile le proble-matiche di preparazione atletica, attrezzatura/superfici e di natura tecnica che possono rap-presentare le cause scatenanti della malattia (vedi sopra). Per quanto riguarda il trattamen-to, che va comunque deciso in relazione alla gravità del caso, sono consigliati generalmen-te i seguenti provvedimenti:

• riposo dell’articolazione (talora si può ricor-rere all’applicazione di tutori di sostegno o di fasce compressive applicate all’avambrac-cio prossimale);

• applicazione di ghiaccio;

• FANS per via locale e/o sistemica;

• tecniche di fisioterapia (laser, ultrasuoni, etc.);

• programmi fisici di stretching graduale dei muscoli estensori dell’avambraccio.

Nelle forme più severe di epicondilite è previ-sto il ricorso all’infiltrazione di corticosteroidi nell’area peritendinea. L’opzione chirurgica è riservata ai casi di fallimento dei provvedimenti conservativi.Nel tennis sono inoltre frequenti diverse lesioni muscolari (contratture, stiramenti, strappi) e le

distorsioni, che abbiamo già trattato nelle prece-denti sezioni dedicate ad altri sport.

STRAPPO DEL MUSCOLO GASTROCNEMIO

È una lesione che interessa più frequentemen-te il ventre mediale del gastrocnemio o la par-te del muscolo vicino alla giunzione musco-lotendinea. Lo strappo si verifica tipicamente quando l’atleta tenta di accelerare partendo da una posizione stazionaria con la caviglia in dorsiflessione o quando si distende per lancia-re una palla. Il soggetto avverte un dolore acu-to, lancinante, a livello del ventre mediale del muscolo o in corrispondenza della giunzione muscolotendinea. L’esame obiettivo evidenzia dolorabilità nella sede dello strappo muscola-re. Lo stretching del muscolo provoca il dolo-re, come la dorsiflessione plantare contro resi-stenza a ginocchio in estensione. Si distinguono tre gradi di lesione.Tabella 1. Segni e sintomi dello strappo del gastrocnemio.Grado Sintomi Segni

I Dolore trafittivo durante o dopo l’attività, il soggetto può essere in grado di continuare l’attività

Dolore ipsilaterale al sollevamento del polpaccio

II Il soggetto non è in grado di continuare l’attività

Dolore alla dorsiflessione plantare attivaSignificativa perdita della dorsiflessioneDolore bilaterale al sollevamento del polpaccio

III Dolore intenso a livello della giunzione muscolotendinea

Test di Thomson positivo Lesione palpabile

Obiettivo del trattamento iniziale è ridurre il do-lore e la tumefazione, con ghiaccio ed elettrote-rapia. Può essere necessario il ricorso a sostegni se il paziente non è in grado di tollerare il cari-co. Il passo successivo sarà la riabilitazione, con esercizi progressivi.

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Sci

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Gli sciatori sono esposti a lesioni muscolari, di-storsioni, varie forme di tendinopatia e soprat-tutto, in seguito a cadute ad alta velocità, spe-cie nella discesa libera e nello slalom gigante, a fratture. Tra queste ultime, particolarmente temibili sono le fratture del bacino, che pos-sono verificarsi in seguito ad eventi traumatici violenti; esse si distinguono in tre tipi fonda-mentali:

• Fratture che interrompono la continuità del cingolo pelvico.

• Fratture che non interrompono la continuità del cingolo pelvico.

• Fratture del cotile.

Il primo tipo è il più grave ed è caratterizza-to da impotenza funzionale degli arti inferiori, dolore fortissimo al bacino e possibili compli-canze immediate molto serie, tra cui shock se-condario a contusione degli organi endopelvi-ci, lesioni all’apparato urinario e/o intestinale, lesioni vascolari.

Si impone l’immediato ricovero e l’intervento chirurgico di urgenza.

LESIONE DEL LEGAMENTO COLLATERALE ULNARE (POLLICE DELLO SCIATORE)

Nello sciatore i traumi del pollice sono i più frequenti dopo quelli a carico del ginocchio.

Il pollice possiede un esteso range di movi-menti principalmente grazie all’articolazione metacarpofalangea, la cui stabilità dipende da muscoli, tra cui in particolare l’adduttore del pollice, e da un delicato sistema di tendini e legamenti. La lacerazione del legamento col-laterale ulnare è causata da uno stress in valgo (abduzione forzata) dell’articolazione metacar-pofalangea.

La lacerazione può essere parziale o completa ed associata o meno a frattura da avulsione.

La sintomatologia tipica è rappresentata da dolore acuto e tumefazione articolare, che si associano a debolezza della prensione. La dia-gnosi viene formulata in base all’anamnesi di iperestensione e abduzione associate del pol-lice. Per escludere una frattura è necessario il ricorso ad un esame radiografico. Se la frattura

può essere esclusa, è necessario valutare la sta-bilità del legamento applicando una pressione abducente su un lato del legamento mentre contemporaneamente si esercita una contro-

Direzione della pressioneLegamento collaterale ulnare

Articolazione metacarpofalangea

Angolo di lassità articolare

Contropressionecontemporanea

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Sci

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pressione sull’altro lato. L’esame va eseguito per confronto anche sul legamento collaterale ulnare dell’altra mano. Per quanto riguarda il trattamento, la lacerazione parziale può essere

trattata in maniera conservativa, con la sempli-ce immobilizzazione per 4-6 settimane, mentre la lacerazione completa e le fratture da avulsio-ne richiedono il trattamento chirurgico.

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SITI INTERNET DELLE FEDERAZIONI NAZIONALI DEI VARI SPORT

FEDERAZIONE ITALIANA ATLETICA LEGGERA

http://www.fidal.it/

FEDERAZIONE ITALIANA GIOCO CALCIO

http://www.figc.it/

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