SPECIALE MONTAGNA - agrisicilia · gli endemismi, le specie rare e quelle protette: Cinghiale,...

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SPECIALE MONTAGNA “Speciale Montagna” tratto da Mensile Agrisicilia - novembre 2014

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“Speciale Montagna” tratto da Mensile Agrisicilia - novembre 2014

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il leccio, la roverella, la sughera, l’agri-foglio, il rovere ed il faggio. Le Mado-nie, da sole, ospitano tutte le specie di mammiferi presenti in Sicilia, il 70% circa degli uccelli che vi nidifi-cano e il 60% circa degli invertebra-ti dell’isola. Tra queste specie, molti gli endemismi, le specie rare e quelle protette: Cinghiale, Daino, Lepre ita-lica, Riccio europeo occidentale, Vol-pe rossa, Farfalla diurne. Il “Parco dell’Alcantara” con circa 50 km di asta fluviale, con aspetti naturalistici unici e inconsueti rappresenta l’uni-co parco fluviale della Sicilia. Si tratta di uno dei più importanti corsi d’ac-qua perenne di Sicilia, a cavallo fra le province di Catania e Messina, quasi addosso ai Parchi dell’Etna e dei Ne-brodi. Il Parco ricade nel territorio di 12 comuni, ubicati tra le province di Messina e di Catania. L’Ente Parco Fluviale dell’Alcantara, istituito nel 2001, si è voluto salvaguardare, gesti-

re, conservare e difendere il paesag-gio e l’ambiente naturale della valle dell’omonimo fiume. L’Alcantara na-sce da una serie di piccole sorgenti sui monti Nebrodi, nei pressi di Floresta, ad un altitudine circa 1.500 metri e dopo aver attraversato la valle per cir-ca 50 km, le preziose acque si riversa-no in mare mescolandosi allo Jonio in prossimità delle rovine dell’antica città di Naxos. Oggi sopravvivono solo rare tracce di Platanus orientalis, mentre predomina la tipica macchia mediterranea  con varie specie di  gi-nestra e la Peonia mascula con la sua infiorescenza rossa. La vegetazione è caratterizzata da fitti noccioleti che si alternano agli agrumenti e vigneti, da cui si ricava un vino scuro e cor-poso famoso sin dall’antichità. An-cora  boschetti  di  quercia  e  pascoli. In primavera, sbocciano le  viole,  il papavero, anemone, mirto, rosa cani-na, ficodindia,  terebinto, oleandro e varie specie di  orchidee  (tra le al-tre Anacamptis papilionacea, Ophrys tenthredinifera  e  Orchis purpurea). La fauna è rappresentata da circa 200  specie, tra le quali vanno men-zionate: i rapaci il  falco pellegrino, il  gheppio e il  lodolaio. Non rara-mente si incontrano anche la cotur-nice, la garzetta e il corvo imperiale. Altri animali presenti sono la volpe, il gatto selvatico, la martora, e il ghi-ro; ed ancora il riccio, l’istrice, l’arvi-cola di Savi e la crocidura siciliana. Il “Parco dei Nebrodi” 70 km di ca-tena montuosa, il 50% dei boschi di Sicilia: vero e proprio polmone verde dell’isola. Le iniziative varate dall’En-te Parco, che è anche capofila del Pit (Programma Integrato Territoriale) Nebrodi, si sono mosse in direzio-ne della tutela e del potenziamento

dell’economia agro-silvo-pastorale, affiancandovi l’offerta dei servizi tu-ristici e culturali ed un asse di attività interamente dedicato all’educazione ambientale. Nebrodi vuol dire laghi e boschi, sapori tipici e sentieri invitan-ti, sorgenti freschissime ed una cultu-ra locale ospitale. Istituito nel 1993 ricomprende le più importanti ed estese formazioni boschive presenti in Sicilia (circa 50mila ha). Le specie arboree più significative sono rappre-sentate da Fagus sylvatica (all’estre-mo limite meridionale dell’areale di diffusione), da Quercus cerris, da Quercus suber. Sono anche presenti singolari formazioni a Quercus ilex, a Taxus baccata, a Ilex aquifolium e importanti ambienti lacustri e rupe-stri. Ricca la fauna sia vertebrata che invertebrata. Tra i  mammiferi  si se-gnala la presenza del suino nero dei Nebrodi, del cinghiale (Sus scrofa), della volpe (Vulpes vulpes), dell’istri-ce (Hystrix cristata), del riccio (Eri-naceus europaeus), del gatto selvatico (Felis silvestris), della martora (Mar-tes martes), della donnola (Mustela nivalis), della lepre (Lepus corsica-nus), del coniglio (Oryctolagus cuni-culus) e, anche se molto rarefatta, del ghiro (Glis glis), dell’arvicola di Savi (Microtus savii), del topo selvatico (Apodemus sylvaticus), del moscar-dino (Muscardinus avellanarius), del toporagno di Sicilia (Crocidura sicu-la), del mustiolo (Suncus etruscus) e del quercino (Eliomys quercinus). Tra i rettili la testuggine comune (Te-studo hermanni) e la testuggine pa-lustre siciliana (Emys trinacris), il ra-marro occidentale (Lacerta bilineata), la luscengola (Chalcides chalcides) e il gongilo (Chalcides ocellatus), e numerose specie di serpenti tra cui

le montagne siciliane sono ormai conosciute più per lo sproporzionato numero degli operatori forestali che per le bellezze, le potenzialità turistiche e produttive

san martino delle scale - monreale (pa) - mt 967

Una gestione antieconomica per una risorsa per nulla sfruttata

Ripartire dalla montagna! Vuole essere lo slogan scelto da Agrisicilia nella battaglia

quotidiana di convincimento che portiamo avanti. La ricchezza che contraddistingue la nostra Regione è tutta qui: mare, turismo, cultura, cibo e montagna, per l’appunto. La Sicilia ha, infatti, 33 Riserve Natu-rali, gestite dal Dipartimento Regio-nale Azienda Foreste Demaniali della Regione, per un estensione comples-siva di 70.2520 Ha. Le aree naturali protette sono cinque, ed occupano una superficie di 185.824 ettari, pari al 7,2% del territorio della regione: Parco delle Madonie, Parco dell’Al-cantara, Parco dei Nebrodi, Parco dell’Etna e il Parco dei Sicani. Un itinerario eco-turistico della Sicilia può riguardare le oasi verdi, le riser-ve naturali, i parchi, le aree protette e quelli attrezzate presenti in tutta l’i-sola. Questo variegato sistema mon-tano rende di sicuro interesse, per un nuovissimo e particolarmente accat-tivante target di eco-turisti: amanti del trekking, hiking, climbing o sem-plicemente passeggiatori e raccoglito-ri di funghi. Ridare la giusta dignità alla montagna vuol dire oggi offrire occasioni di lavoro agli abitanti delle comunità montane. Zone considera-te svantaggiate e depresse economica-mente. Basterebbe davvero poco per invertire il trend!

i parchiIl “Parco delle Madonie” si trova sul versante nord-ovest della Sicilia, comprende quindici comuni della provincia di Palermo ed è stato creato

nel 1988 per tutelare la varietà fau-nistica e vegetazione, che raccoglie in maniera esemplare le tipicità presenti nell’isola. La presenza di alte cime, rocche di era preistorica che sfiorano quota duemila, ed il clima. Il parco è gestito dall’“Ente Parco delle Ma-donie”, ente di diritto pubblico, sot-toposto a controllo e vigilanza della Regione siciliana, con sede a Petralia Sottana e si estende per quasi 40mila ettari. Boschi, garighe, cespuglieti e pascoli ricchi di piante erbacee ed ar-busti fanno da sfondo ad un paesag-gio unico tra le montagne del terri-torio delle Madonie. Diverse sono le specie di piante endemiche, esclusive del Parco delle Madonie come l’abete dei Nebrodi (Abies nebrodensis) che deve il nome al fatto che anticamente per Nebrodi s’intendevano le Mado-nie. In tempi recenti, in seguito a un progetto accurato di conservazione in situ, ha ricominciato a produrre stro-bili con semi fertili, e ciò fa ben spe-rare per la sua conservazione a lungo termine. Ricerche in corso da parte dell’Università di Palermo per accer-tare se vi sia il pericolo di ibridazione con gli esemplari di Abete bianco o di Abete di Cefalonia piantati, in se-guito a progetti di rimboschimento, nelle zone limitrofe all’areale dell’A-bies nebrodensis. Un’altra specie endemica è l’Astragalo dei Nebro-di (anch’esso esclusivo delle sole Ma-donie), una pianta arbustiva a forma di cuscinetto spinoso, molto simile all’astragalo dell’Etna e vegetante so-pra i 1200 metri di quota. La gine-stra del Cupani, una piccola ginestra con caratteristiche simili all’astraga-lo, particolarmente diffuso a Monte Catarineci; il “lino delle fate sicilia-no”, esclusivo della Quacella, l’alisso dei Nebrodi, l’aglio dei Nebrodi e la

viola dei Nebrodi. Piante di partico-lare significato bio-geografico sono ancora il lino di montagna, presente, oltre che sulle Madonie (Quacella), anche nei Balcani ed in alcune zone montane del Nord Africa, la strego-nia siciliana, probabilmente isolatasi nel quaternario ed evolutasi a partire dalla stregonia della Siria, ed infine l’elegantissima e rara Felce regale, legata a sorgenti ed ambienti torbo-si dentro boschi o ai margini di essi. La fascia compresa fra 400 e 100 me-tri di quota è caratterizzata da una vegetazione di clima mediterraneo temperato (lecceto), in cui sono ben rappresentate specie come l’erica ar-borea, lo Sparzio spinoso, le Ginestre, i Cisti ed il Corbezzolo. Una discreta superficie delle Madonie è coperta da boschi sempreverdi e caducifogli, for-mazioni in parte tipicamente medi-terranee ed in parte tipiche delle cen-troeuropee. Le specie più diffuse sono

diMaria Rita Pisano

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“la montagna vietata”

Succede anche questo: tante aree attrezzate riman-gono a lungo chiuse e non accessibili ai fruitori. Abbiamo provato a visitare l’area attrezzata del co-mune di Monreale sulla strada per Partinico.

Le foto a sinistra mostrano come l’intera area è assoluta-mente vietata alla pubblica fruizione, i cancelli sbarrati mentre le aree dedicate al pic-nic e al barbecue sono di-strutte e vandalizzate.Domanda: mancano forse gli operatori per farle sistemare?

di Redazione Agrisicilia

a dicembre guadagnano 1.200 euro al mese pagati dalla Regione, men-tre negli altri sei mesi sono a carico dell’Inps. Per stipendiare i precari e gli assunti a tempo indeterminato la Regione spende annualmente 450 milioni di euro, mentre l’Inps 180 milioni. Adesso la nuova Finanziaria regionale ha approvato tagli per 150 milioni: il risultato è un orario di la-voro inferiore per i precari, che però sono riusciti a limitare i danni salvan-do il posto. La Copaff (Commissione paritetica per l’attribuzione del fede-ralismo fiscale) ha calcolato che per le foreste Sicilia, Calabria e Campania spendono il 75,5% di tutte le regioni, pur avendo il 14,5% di superficie. Al primo posto nella classifica del rap-porto “spesa/superficie da tutelare” c’è, per l’appunto, la Sicilia: 1.455 € l’anno per ettaro; seguono la Calabria (597 €) e la Campania (410 €).Che vuol dire tutto questo? In pratica che la gestione di un ettaro di foresta in Sicilia costa proporzionalmente molto di più che nel resto d’Italia. Gli operai forestali nell’isola sono, come anticipato, 25mila, per una superficie boscata pari a 510mila ettari, che vuol dire poco più di 20 ettari a testa da cu-rare. Un numero, per fortuna, in con-tinua contrazione: 30.754 nel 2006, 28.866 nel 2008, e intorno a 25mila nel 2010, ma che resta appena inferio-

re alla metà dell’intera quota naziona-le che si aggira intorno a 70mila. Uno stato di precarietà perenne, invece, i famosi 78sti (settantottisti), 101sti (centunisti) e 151sti (centocinquantu-nisti). Gli stipendi di questo esercito di precari la Regione sborsa 170 mi-lioni di euro, e a fine anno è prevista l’indennità di disoccupazione, fino a un massimo di 3 mesi.

il corpo forestale Diversi i numeri relativi al corpo Fo-restale, che la nostra regione, essendo a Statuto speciale, ha infatti istituito nel 1972 un proprio Corpo autono-mo che recepisce in ambito territoria-le regionale i compiti e le funzioni del corpo nazionale. Le principali funzio-ni del Corpo Forestale della Regione siciliana sono: Funzioni di pubblica sicurezza, Polizia giudiziaria, Polizia ambientale, Polizia forestale, Polizia venatoria, Polizia agroalimentare, Coordinamento antincendio in aree boscate e protette, Sorveglianza e tu-tela dei parchi regionali e delle aree naturali protette. Oltre alle circa 800 unità del personale in divisa e am-ministrativo, dipendono dal Corpo circa 8mila operai forestali, lavoratori assunti con contratti stagionali part-time, del “Servizio antincendio”. A questi, come dicevamo, si aggiunge-rebbero i 25mila di cui sopra!

La spesa complessiva annua (salari-contributi-mezzi e attrezzature) è di 260 milioni di cui: 180 per impianti, manutenzione e prevenzione e 80 vi-gilanza e spegnimento incendi.Il record di presenza di lavoratori forestali lo detiene la piccola frazio-ne di Pioppo, comune di Monreale in provincia di Palermo. Qui c’è un solo mestiere che i bambini sognano di fare grande: il forestale! Guarda boschi, vigilante del verde, nemico delle erbacce e provvidenziale spegni-tore d’incendi: è il talento più diffuso queste parti, dove un abitante ogni cinque è dipendente dell’Azienda regionale foreste demaniali. Su due-mila abitanti infatti la frazione paler-mitana annovera ben 383 forestali. Un’enormità se si pensa che l’intera Regione Liguria ne ha solo 404. Per fare un ulteriore esempio, basta prendere l’Umbria, il patrimonio boschivo più ampio d’Italia in rap-porto all’estensione della regione, in cui ci sono solo 650 operai forestali per 390.255 ettari di bosco, cioè cir-ca 600 ettari a testa. Ovviamente si tratta di calcoli di massima, che non tengono effettivamente dei giorni lavorativi dei precari, né del loro effettivo impiego sul territorio, ma sono statistiche sin troppo eviden-ti per non servire come strumento di riflessione sulla questione

cancello d’ingresso dell’area attrezzata nel comune di monreale

il biacco (Hierophis viridiflavus) e la natrice dal collare (Natrix natrix). Tra gli anfibi sono presenti il discoglosso (Discoglossus pictus), il rospo smeraldino siciliano (Bufo siculus) e la rana verde minore (Rana esculenta).Il “Parco dell’Etna” 3.300 metri di altitudine, 58.095 ha, l’Etna è il vulcano attivo più alto d’Europa. Un’alta escursione termica, il susseguirsi continuo di eruzioni, la varietà di paesaggio (dal mare ai boschi alle colate lavi-che) ne fanno un habitat vario cui si adatta una incredi-bile quantità di specie animali e vegetali, ma oltre i 2500 metri non cresce più nulla, se non qualche sporadica gi-nestra. Nel 1987 fu costituito l’“Ente Parco dell’Etna” con sede a  Nicolosi. Nella zona sommitale del vulcano non vi è alcun tipo di vegetazione, mentre tra intorno ai 2400 metri si incontrano la saponaria (Saponaria sicula), l’astragalo siciliano (Astragalus siculus), il tanaceto (Tana-cetum siculum), il cerastio (Cerastium tomentosum), il senecio (Senecio squalidus), la camomilla dell’Etna (An-themis aetnensis), il caglio dell’Etna (Galium aetnicum), la romice (Rumex scutatus) e qualche muschio e lichene. Già intorno ai 2mila metri si possono incontrare, su al-cuni versanti, il pino loricato, la Betula aetnensis e il fag-gio ed ancora più in basso anche castagno e ulivo. Assieme a questa vegetazione convive la ginestra dell’Etna che con i suoi fiori gialli crea, nel periodo della fioritura, un bel cromatismo con il nero della lava vulcanica. Nella zona collinare delle falde ci sono i vigneti di Nerello, dai quali si produce l’Etna vino Doc della zona pedemontana. Nel versante nord-ovest del vulcano, ci sono piantagioni i pi-stacchi (Bronte) e di fragole (Maletto) unici per il loro sapore e colore dovuti alla tipicità del territorio e del mi-croclima. Altra notevole produzione è quella delle pere di vario tipo e delle pesche, tra cui spicca fra tutte la “tabac-chiera dell’Etna”. La fauna del Parco dell’ Etna è rappre-sentata da  lupi, cinghiali, daini e caprioli. Il “Parco dei Sicani”, un  parco naturale regionale  del-la Sicilia istituito nel 2012, comprende 12 comuni delle province di Agrigento e Palermo in Sicilia. Anche questo parco è gestito dall’“Ente Parco dei Monti Sicani”. Questo parco presenta una complessità di ambienti e microclimi che scaturiscono in una grande varietà di flora e fauna.  Le specie vegetali presenti in questa zona sono circa 700 delle quali una quarantina sono endemiche. All’interno del Parco si ha un’elevata biodiversità paesaggistica e la ri-naturalizzazione degli impianti artificiali di conifere. Il bosco naturale è formato per la maggior parte da querceti mediterranei, Leccio e Roverella, ed altre specie di sotto-bosco. Per quel che concerne la fauna le specie più impor-tanti sono diverse, in special modo quelle avifaunistiche come l’Aquila Bonelli e la Coturnice Siciliana. L’impor-tanza dal punto di vista naturalistico si aggiunge a quella storica data la presenza di un antico patrimonio storico - architettonico racchiuso in diciassette comuni che tra-mandano antichi mestieri e vivono grazie alla vendita di

prodotti tipici. L’istituzione di questo parco ha assunto un’importanza particolare che voleva, oltre che valorizza-re, anche esaltare la tipicità di alcuni prodotti locali come i formaggi, le carni, prodotti della terra e dell’artigiana-to. Si tratta di una realtà composita che mette al centro dell’attenzione non solo la natura ma tutto ciò che gli gira intorno.Interessante pure il quadro delle Riserve, sicuramente fa-cilmente fruibili da un punto di vista turistico. Sono ben 33 e abbracciano l’intera isola (si veda tabella in pagina).

risorsa o limite?L’Assessorato delle Risorse Agricole e Forestali, con D.DD. GG n°1372 del 31 Dicembre 2013, elenca i prodotti ottenuti dalla tutela e la cura dei parchi e delle riserve e stabiliste il tariffario d’acquisto. I Prodotti che permetterebbero introiti dalla gestione delle foreste e dei boschi sono principalmente: la vendita di legna da ardere, il miele, la manna e altri prodotti ottenuto dalla ricchezza dei luoghi di estrazione.Per quanto riguarda invece i costi, questi sono risaputi e documentati. In Sicilia abbiamo circa 830 Guarda boschi (si occupa di tutela e salvaguardia dei boschi per impedire furti di legname, pascoli abusivi e caccia di frodo) a tempo indeterminato e circa 25mila operatori forestali precari. A questi si aggiungono i circa 8mila dipendenti dell’assesso-rato al Territorio che lavorano 6 mesi l’anno e da giugno

RISERVE NATURALI provincia estensioneBosco della Favara e Bosco Granza Palermo 2977,50 HaBosco della Ficuzza, Rocca Busambra, Bosco del Cappelliere, Gorgo del Drago Palermo 7398,3 HaBosco di Malabotta Messina 3221,95 HaBosco di Santo Pietro Catania 6559,38 HaRiserva di Capo Gallo Palermo 585,83 HaCavagrande del Cassibile Siracusa 2696 HaFiumedinisi e Monte Scuderi Messina 4609,45 HaFoce del Fiume Platani Agrigento 206 HaIsola di Alicudi Messina 371,25 HaIsola di Filicudi e scogli Canna e Montenassari Messina 1356,81 HaIsola di Vulcano Messin 1.361,85 HaIsole di Linosa e Lampione Agrigento 266,87 HaIsole di Panarea e Scogli Viciniori Messina 283,05 HaLa Timpa di Acireale Catania 225,34 HaZingaro Trapani 1.656,38 HaMonte Altesina Enna 744 HaMonte Cammarata Agrigento 2049,37 HaMonte Carcaci Palermo 1437,87 HaMonte Cofano Trapani 537,5 HaMonte Genuardo e S.Maria del Bosco Palermo 2552,91 HaMonte San Calogero Palermo 2818,95 HaMonte San Calogero(Kronio) Agrigento 50 HaMonti di Palazzo Adriano e Valle del Sosio Palermo 5862,07 HaOasi Faunistica di Vendicari Siracusa 1435 HaPantalica, Valle dell’Anapo e Torrente Cava Grande Siracusa 3712, 02 HaPantelleria Trapani 2612,69 Ha.Pizzo cane, Pizzo Trigna, Grotta Mazzamuto Palermo 4641,43 HaRossomanno, Grottascura, Bellia Enna 2.011,45 HaSambughetti-Campanito Enna 2.358,33 HaSerre della Pizzuta Palermo 414,37 Ha Stromboli e Strombolicchio Messina 1.052,50 HaSugherata Caltanissetta 3.000 HaVallone Calagna sopra Tortorici Messina 38,50 Ha

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1918 11/2014 - AGRISICILIA11/2014 - AGRISICILIA

gestione e quindi della pianificazione. L’azione del pascolo oggi si esercita negativamente anche nelle aree seminaturali arbustive o a prateria perenne ma di contro moltissime ricer-che in corso testimoniano l’importanza del pascolo che, se adeguatamente regolato, contribuisce a mantenere una alta biodiversità. Alcuni studiosi (Giupponi e colleghi) hanno scritto: Il mantenimento dei sistemi di produzione zootecnica tipici dell’agricoltura della montagna è indicato come il fattore chiave di contrapposizione all’abbandono della terra e all’espan-sione conseguente dei terreni boscosi, con gli effetti negativi in termini di semplificazione del paesaggio ed effetti sulle specie di interesse naturalistico.”. Si pensi alle aree della Quacella sulle Madonie o a Monte delle rose sui Sicani veri hot spot della biodiversità dove sono presenti numerose specie erbacee en-demiche che legano la loro sopravvivenza alla assenza di albe-ri e arbusti. Le soluzioni ci sono affinché il pascolo montano continui a sopravvivere ed essere anzi una risorsa e prevedono ad esempio il ripristino di buone pratiche come l’eliminazio-ne delle specie arbustive che invadono le radure o il ripristino dei pascoli montani come venne fatto a Ficuzza a metà del secolo scorso proprio per alleggerire la pressione del pascolo in bosco. Insomma occorre integrare le attività montane in un’unica strategia perché ancora oggi come scriveva Laure nel 1954 “Il problema fondamentale della nostra montagna, il problema base, nei riguardi sociali ed economici delle genti montane è quello pascolivo, la cui soluzione condiziona e regola quella forestale”.Anche le colture arboree tipiche della montagna come il nocciolo e il castagno hanno subito un lento processo di ab-bandono che in molti casi ha portato alla loro sparizione. Il castagno ha rappresentato e rappresenta una realtà fondamen-tale dal punto di vista ambientale e paesaggistico, ma anche come risorsa economico-produttiva. Nei decenni passati si sono intersecati fenomeni che hanno rischiato di compro-mettere la sopravvivenza di questo patrimonio di grande va-lore ambientale ed economico. Le cause vanno rintracciate nel dimensionamento del mercato, gli incendi, l’esodo della popolazione dalle zone di montagna e la comparsa di alcune patologie quali: il cancro corticale ed il mal dell’inchiostro, che hanno diffusamente colpito i castagneti, provocando una notevole riduzione dell’area di coltivazione e soprattutto la conversione a ceduo delle fustaie. Ciò ha determinato la spa-rizione di numerose varietà da frutto un tempo coltivate nei nostri boschi (Madonie, Etna, aree relitte del palermitano, Nebrodi) (un discorso a parte merita il castagno dei Peloritani di grande interesse come denotano alcune frammentarie in-formazioni ma oggi di fatto sparito e per il quale andrebbero messe in atto misure urgenti di recupero). Il castagno con-serva in parte tutt’ora una notevole importanza economica per diversi comuni rurali della Sicilia, dalla sua coltivazione

infatti si ricavano frutti, utilizzati nell’alimentazione umana e del bestiame, legname di buon pregio tecnologico adoperato per la fabbricazione di mobili, doghe da botti, travi, infissi e oggetti artigianali vari. Attualmente la situazione sanitaria è migliorata ma la mancanza degli interventi selvicolturali quali sfollamenti e diradamenti sono stati la causa negli ultimi de-cenni del degrado di molti cedui castanili e anche la causa di incendi. Il recupero dei boschi è quasi sempre tecnicamente attuabile ed è condizionata soltanto da una politica di incenti-

vi. Stesse funzioni e stesse problematiche caratterizzano un’al-tra coltura quella del nocciolo diffuso in Sicilia nei Nebrodi, sull’Etna e nel territorio di Polizzi Generosa sulle Madonie. Studi recenti hanno accertato come questa coltura oltre alle “tradizionali” funzioni (conservazione della biodiversità e del paesaggio, attività economica), svolga una importante funzio-ne nel fissaggio del carbonio nel suolo con livelli simili a quelli svolti dal bosco nelle stese fasce bioclimatiche. Anche questa coltura è, ahimè, caratterizzata da forti fenomeni di abban-dono che hanno ad esempio determinato una crescita della popolazione di ghiri che, dalle zone abbandonate, invadono i noccioleti coltivati arrecando danni alle nocciole.Il quadro qui sinteticamente descritto che lascia fuori molte delle problematiche della montagna siciliana oggi, dimostra comunque come il termine oggi in uso di multifunzionali-tà ben si adatta alle attività antropiche svolte in montagna. Tutte queste attività assolvono numerose funzioni da quella produttiva a quella di conservazione dell’ambiente, da quel-la paesaggistica a quella ricreativa. Ma non surrogabile é il ruolo esplicato nella difesa idrologica delle pendici e nella regimazione delle acque dal corretto mantenimento di que-ste attività. Va ribadito che l’abbandono non è un alternati-va semmai vanno potenziate altre “nuove” funzioni come la produzione di biomassa da parte delle colture arboree mon-tane. Possiamo augurarci che ciò avvenga in maniera corretta e che il nuovo Psr tenga conto di ciò premiando chi real-mente coltiva e opera per la salvaguardia del territorio

Il castagno è un elemento imprescindibile del paesaggio montano della Sicilia

Scrivere di montagna in un perio-do come questo sembra da no-stalgici che propongono un tema

superato dalla storia. Ma è proprio così? Infatti, il superamento, se di questo si può parlare, del tema della montagna è il risultato del ritenere che la montagna sia un luogo da dove le attività econo-miche si allontanano e quindi destinata alla marginalità economica e, nel mi-gliore dei casi, al “recupero da parte del-la natura”, inoltre, oggi, se parliamo di montagna è sempre più spesso per sot-tolineare come dal degrado della stessa derivino i problemi idrogeologici della pianura. Non potendo in questa sede affrontare un problema così complesso da tutte le sfaccettature ci limitiamo ad analizzare alcuni aspetti che hanno una pesante ricaduta anche sull’aspetto del-la conservazione del suolo. La gestione forestale innanzitutto, partendo dalla considerazione che la funzione del-la produzione di legna da ardere o di carbone ha determinato la utilizzazione dei boschi naturali attraverso piani di taglio tramandatosi per secoli. I bo-schi naturali erano estesi all’inizio del secolo scorso per meno di cento etta-ri sull’intera Sicilia unici sopravvissuti alle azioni di deforestazione dei secoli passati. La superficie forestale è aumen-tata raggiungendo il 10% dell’isola per

l’attività di riforestazione ma anche per i processi di abbandono che hanno ca-ratterizzato proprio le zone più difficili come quelle montane. Contemporane-amente sono diminuite, sino a sparire in molti casi, le utilizzazioni tradizio-nali. Questa diminuzione è il risultato della sovrapposizione di vincoli sulle aree - la maggior parte dei boschi au-toctoni sono, per fortuna, all’interno delle aree protette - nonché dell’assen-za di piani specifici del settore forestale (di assestamento, di gestione, etc.) per i diversi complessi boscati. La necessità di redigere i piani non è una necessità formale ma sostanziale dovuta al fatto che ai boschi oggi non si chie-de solamente legna ma altri servizi altrettanto importanti in primis fissare il carbonio e salvaguardare la biodi-versità ma anche essere luogo di svago e raccol-ta di prodotti secondari (funghi, etc.). Questi benefici sono ottenibili solo pianificando ma avendo ben chia-ro che le utilizzazioni tradizionali sono una attività che merita di essere salva-guardata per il patrimonio di cultura e conoscenza che racchiudono. Stretta-mente connessa alla gestione forestale è la gestione del pascolo, il pascolo in bosco, infatti, è un tema che vede da tempo contrapposti gestori di boschi e allevatori ma veramente c’è sempre stato un conflitto tra pascolo e bosco

ovvero tra attività selvicolturale e pa-storizia? Quello che emerge dalla ana-lisi storica è che non esisteva una con-trapposizione tra gestione dei boschi e pastorizia. Questo viene a galla non dai pareri degli allevatori ma bensì da quello dei forestali della seconda metà dell’ottocento e del 900. Emerge tutta-via un dato incontrovertibile: il pascolo nel bosco era regolato nei tempi e nel carico! Il pascolo era cioè una risorsa aggiuntiva per il forestale. Perché si ar-riva quindi ad un momento di rottura? Certamente a causa della sottrazione delle superfici a pascolo a causa della

intensificazione colturale e dell’urba-nizzazione e, dal secondo dopoguerra, per i rimboschimenti ma anche per la sparizione della transumanza. In alcune realtà il bosco comincia ad essere l’u-nica area pascoliva e alla azione degli animali domestici si somma, più recen-temente, quella degli animali selvatici incautamente introdotti. Su tutto ciò pesano gli effetti del generale abban-dono del bosco e quindi l’assenza della

Il futuro della nostra montagna

diTommaso La MantiaDonato Salvatore La Mela VecaDipartimento Saf - Scienze Agrarie e ForestaliUniversità degli Studi di Palermo

tra attività tradizionali e nuove proposte il compito di ripensare il ruolo ambientale ed economico di questa risorsa

il castagneto offre molte opportunità per divulgare ai giovani l’importanza degli alberi e le bellezze della montagna

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2111/2014 - AGRISICILIA

Bressanone, Sudtirol, capitale degli amanti della montagna. Ormai alla sesta edizione l’Ims - Interna-

tional Mountain Summit - si presenta al pubblico internazionale ancora più in-teressante e ricco di eventi che mai. La manifestazione targato 2014 si è artico-lata in cinque giornate, con chiusura il 21 ottobre. Tema dell’anno: la forza di volontà.

L’atteso momento annuale riesce a met-tere insieme gli amanti della montagna, grandi alpinisti, scalatori, professioni-sti, l’industria dell’outdoor per poter scambiare idee e raccontare le proprie esperienze, scoprire le nuove tecniche o semplicemente festeggiare con gente che condivide la stessa passione. Un festival, quello di Bressanone, che

conferma quanto sosteniamo! La monta-gna può essere la madre di mille attività, sia sportive che sociali che economiche. E questo evento riesce infatti a tessere le tre trame con maestria. Un appuntamen-to che serve a chi partecipa, per allargare le proprie conoscenze, alla città che rie-sce a lavorare con visitatori e turisti, alla stessa montagna che sarà in questo modo maggiormente amata e rispettata.Agrisicilia ha voluto esserci. Un festival così importante può senza dubbio far da sprone alla nostra regione. Le nostre montagne non hanno nulla da invidiare a tanti bei posti nel mondo. Solo che qui non abbiamo ancora colto la preziosità di questa risorsa. Festeggiare le nostre mon-tagne vorrebbe dire proporre un nuovo modo di fare turismo. Climber, alpinisti, amanti delle escursioni, potrebbero tro-vare in Sicilia il giusto connubio tra sen-tieri e pareti, mare a poca distanza e tem-po buono tutto l’anno.Tantissimi gli ospiti dell’edizione 2014, solo per citarne alcuni basterà ricordare Mark Inglis, al-pinista di altissimo livello, che arriverà direttamen-te dalla Nuova Zelanda, David Lama, l’altoate-sino Reinhold Messner,

il francese Alain Ro-bert, noto anche come “Uomo Ragno” e il medico Benjamin Le-vine, in arrivo diretta-mente dagli Stati Uniti, per partecipare attivamente al congresso “Clean and Honest Mountaineering”. Un’approfondimento su un tema tanto dibatuto nello sport: il doping.L’evento 2014 è stato dedicato, inoltre, al tema delle disabilità e il rapporto tra diversamente-abili e montagna. Le pas-seggiate nelle giornate dedicate sono sta-te la prova che chiunque può vivere un sereno rapporto con la natura e la mon-tagna. Forza di volontà appunto alla base di un’avventura che una volta forse ri pensava impossibile e che le moderne at-trezzature e protesi di supporto rendono invece possibile e quindi ci offrono una montagna davvero accessibile a tutti.

Dolomiti, una festa per la montagna

diMassimo Mirabella

a Bressanone l’annuale manifestazione per gli amanti del settore

...e a Milano si celebra il grande Walter BonattiC’è tempo fino all’8 marzo 2015 per visitare la prima mostra, mai dedicata, a Walter Bonatti, uno dei più grandi fotografi ed esploratori italiani. L’evento, presso Palazzo della Ragione, è stato promosso dal Comune di Milano - Cultura, Palazzo della Ragione, Civita, Contrasto e Gamm Giunti, a cura di Alessandra Mauro e Angelo Ponta ed in collaborazione con l’archivio Bonatti. Oltre cento scatti, soprattutto in grande

formato, relativi ai tanti viaggi degli anni sessanta e settanta alla scoperta dei luoghi meno conosciuti della Terra, per raccontare il suo incontenibile spirito d’avventura da sempre alimentato dalla passione letteraria per la scrittura dei grandi narratori, quali Stevenson, Conan Doyle, Melville o Jack London. Bonatti arriva alla fotografia dopo più di vent’anni di passione per la monta-gna, che negli anni cinquanta e sessanta lo vedono condurre innumerevoli imprese, dalle alpi italiane alle cime del K2. www.palazzodellaragionefotografia.it/exhibition/nei-grandi-spazi (mm)

un momento della giornata dedicata all’hiking sulle dolomiti

manifesto della mostra su bonatti

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SPECIALE MONTAGNA SPECIALE MONTAGNA

2322 11/2014 - AGRISICILIA11/2014 - AGRISICILIA

partecipano l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale - Ipsra e la Fondazione Lombardia per l’Ambiente - Fla.Obiettivo del progetto è promuovere l’uso delle energie rinnovabili nelle aree rurali ma in particolare mettere a punto dei sistemi per l’utilizzo bio-

massa forestale cosiddetta “residuale” per la produzione di energia. Il coin-volgimento dell’ex Drafd nasce pro-prio dall’idea che possono essere gesti-te in maniera ottimale i residui legnosi che annualmente vengono prodotti a seguito delle operazioni selvicolturali quali spalcature, tagli di diradamento selettivi di avvio alla rinaturalizzazio-ne degli impianti artificiali e da altre operazioni selvicolturali. Natural-mente l’utilizzazione di questo tipo di residui è in contrapposizione con l’idea corrente che punta a diffondere colture da biomassa alternative a quel-le alimentari. L’idea invece nasce dalla necessità di valorizzare quelle che oggi

sono considerati residui e, in questo senso, una integrazione con le attivi-tà agricole appare utile oltre che ne-cessaria perché consente di utilizzare i residui di potatura. Questi in parte vengono interrati dopo sminuzzatura ma in molti casi problemi fitosanita-ri costringono ad un allontanamento

dai campi e quindi alla loro bruciatu-ra. Questo lavoro che si traduce in un costo per l’agricoltore - senza trascu-rare che solamente modeste quantità possono essere bruciate secondo la nuova normativa che modifica quel-la passata che impediva totalmente la loro bruciatura- può essere remunera-to e può diventare ulteriore elemento a sostegno della conservazione dell’at-tività agricola. Si pensi al nocciolo per il quale è indispensabile l’attività di spollonatura e che determina la produzione di ingenti quantitativi di biomassa.L’area nella quale si stanno condu-cendo queste attività è compresa nel

territorio dell’istituendo “Parco dei Monti Sicani” ricadente nei comuni di Santo Stefano Quisquina, Bivona, Cammarata, San Giovanni Gemini e Castronovo di Sicilia dove si vuole mettere a punto un modello da espor-tare per l’intero territorio siciliano. Un modello basato sulla sostenibilità

di tale utilizzo e quindi alla costitu-zione di filiere legno-energia corte che potrebbero alimentare impianti di cogenerazione di piccole dimensio-ni con potenza termica mediamente tra 500 e 800 KWth e potenza elet-trica compresa tra 150 e 200 KWe. Il modello proposto da Proforbiomed fa riferimento ad una base territoria-le esclusivamente comunale con im-pianti di cogenerazione che utilizzano la biomassa prodotta localmente; il termine di “filiera corta” assume un reale significato scendendo ben al di sotto del raggio di 70 Km stabilito dalla normativa nazionale (Decre-to Ministeriale 2 marzo 2010)

Uno spettro si aggira per le montagne siciliane: è quello delle biomasse! Scriviamo

ciò, perché con la consueta incapaci-tà di pianificare la Regione Siciliana sembra puntare infatti alla realizza-zione di impianti per la produzione di energia da biomassa e ciò avviene mentre nel resto d’Italia e d’Europa ci si muove in un’altra direzione: realiz-

zare piccoli impianti di cogenerazione da alimentare con filiere corte. Con questi intenti, invece, il Dipartimen-to Regionale dello Sviluppo Rurale e Territoriale della Regione Sicilia (ex Drafd, Dipartimento Regionale Azienda Regionale Foreste Demania-li), coadiuvato per gli aspetti tecnico-scientifici dal Dipartimento Scienze Agrarie e Forestali (Saf ) dell’Univer-sità di Palermo e dall’Istituto di Ri-cerche “Ambiente Italia, partecipa al progetto Proforbiomed (PROmotion of residual FORest BIOmass in the MEDiterranean basin (Promozione della biomassa forestale residuale nel

bacino del Mediterraneo).Il progetto, di cui è Local Coordina-tor Massimo Pizzuto Antinoro dell’ex Drafd, è finanziato nell’ambito del Programma di Cooperazione Territo-riale Europea Med 2007-2013, Asse 2 “Protezione dell’ambiente naturale e promozione dello sviluppo territo-riale sostenibile”, Obiettivo 2.2 “Pro-mozione delle energie rinnovabili e miglioramento dell’efficienza energe-tica”. Il progetto si concluderà il 30 novembre 2014 e ha visto coinvolti 18 partner di 6 paesi dell’Unione Eu-ropea (Francia, Grecia, Italia, Porto-gallo, Slovenia e Spagna), per l’Italia

Biomassa, un modello energetico di gestione sostenibile delle foreste

diDonato Salvatore La Mela VecaTommaso La MantiaDipartimento Saf - Scienze Agrarie e ForestaliUniversità degli Studi di Palermo

nel futuro spazio a piccoli impianti di cogenerazione a filiera corta

SPECIALE MONTAGNA SPECIALE MONTAGNA

2524 11/2014 - AGRISICILIA11/2014 - AGRISICILIA

tartufaie naturali presenti sul territo-rio siciliano, nonché di verificare la possibilità di realizzare impianti spe-rimentali con piante inoculate con differenti specie di tartufo. Le piante utilizzate in tartuficoltura sono quelle che presentano un maggiore interesse economico in quanto associano ad un’alta produttività una buona produ-zione di legname o di frutti (nocciole) oppure vengono scelte perchè la loro introduzione assume un particolare interesse paesaggistico. Le piante più idonee alla produzione di tartufi sono la roverella, il cerro, la rovere, la far-nia, il leccio, il nocciolo, i salici, il car-pino comune, il carpino nero, i tigli, il faggio ed il castagno. Alcune aziende agricole del nord d’I-talia utilizzano anche il cedro dell’At-lante e il cedro dell’Himalaya. Tra le specie arbustive vengono frequente-

mente utilizzati i cisti. Tra le conifere sono da preferire il pino domestico ed il pino nero quest’ultimo in grado di produrre maggiormente se associato a

latifoglie in boschi a densità poco ele-vata. Grazie ad una sinergia tra il Di-partimento Scienze Agrarie e Forestali della Università di Palermo, le Univer-sità di Perugia e Bologna ed il Centro di Ricerca per il Tartufo e la Tartufi-coltura in Sicilia sono state avviate at-tività di consulenza e assitenza tecnica per l’allevamento di cani da tartufo, per la progettazione di tartufaie, per la produzione di piante micorrizate, per la formazione di giovani che vogliano acquisire nuove professionalità e per la valorizzazione del prodotto tartufo in Sicilia. Considerati i costi di impianto, i lun-ghi tempi di fruttificazione del tartu-fo e la facilità di incorrere in errori di determinazione delle specie di tartufo e di collocazione in pieno campo del-le piante tartufigene non è superfluo richiamare alla prudenza coloro che vorranno impegnarsi in questa allet-tante ed interessante attività che potrà fornire in futuro soddisfacenti risultati anche in Sicilia se verranno rispettati e resi razionali tutti i segmenti della filie-

ra produttiva abbinando alle iniziative imprenditoriali le necessarie, intense e capillari azioni per una corretta di-vulgazione scientifica ed agricola

scorzone o tartufo nero estivo

tartufo nero d’inverno

Tartufi, dal sottosuolo una possibilità di redditoricerca dei tuberi e impianti di produzione per garantire nuovi guadagni agli operatori

I primi dati scientifici sulla presen-za in Sicilia di funghi ipogei simili al tartufo risalgono alla seconda

metà del 1600. Nel 1845 avviene il primo ritrovamento dello scorzone (Tuber aestivum) in territorio di Cal-tagirone. Nell’autunno del 1992, un gruppo di ricerca dell’Università di Palermo, guidato da chi scrive, con-ferma la presenza dello scorzone in Si-

cilia e segnala numerose nuove locali-tà di raccolta. Inoltre vengono trovate nuove specie di tartufo quali il bian-chetto (Tuber borchii), il tartufo nero d’inverno (T. brumale) ed il tartufo nero ordinario (T. mesentericum). Tali specie fruttificano all’interno dei boschi di latifoglie e conifere preva-lentemente in simbiosi con noccioli, pioppi, querce, pini e faggi. Lo scor-zone, è una specie diffusa in tutto il territorio siciliano, caratterizzato, da ascomi di colore bruno-nerastro e di dimensioni variabili tra 2 e 10 cm o più, che si sviluppano nei mesi esti-vo-autunnali, da maggio ad ottobre. Questo tartufo è dotato di notevole

adattabilità alle condizioni climatiche per cui è possibile raccoglierlo a di-verse quote altitudinali. Il bianchetto o marzuolo, si distingue per la forma, da subglobosa a tuberiforme e da lo-bata a gibbosa, e le dimensioni varia-bili da 1 a 10 cm. Si raccoglie gene-ralmente da novembre fino a maggio ed è caratterizzato da un odore inten-so, agliaceo, talvolta di acetilene. Il tartufo nero d’inverno ha odore gra-devole di frutta fermentata, mentre il tartufo nero ordinario è caratterizzato da un odore inizialmente molto forte e sgradevole di acido fenico o bitume che progressivamente sfuma fino a diventare gradevole. Nel 2004, l’Assessorato Agricoltura e Foreste della Regione Sicilia ha finan-ziato una ricerca dal titolo «Progetto per lo sviluppo della tartuficoltura in Sicilia» con l’obiettivo di censire le

diGiuseppe VenturellaOrdinario di Botanica forestale e MicologiaUniversità di Palermo

bianchetto

SPECIALE MONTAGNA SPECIALE MONTAGNA

2726 11/2014 - AGRISICILIA11/2014 - AGRISICILIA

i servizi offerti

L’azienda Tartufi Montalbano offre l’opportunità di iniziare la coltivazione del tartufo attraverso la fornitura dei seguenti servizi:

un impianto tartufigeno;

le fasi della progettazione e della gestione degli impianti;

Studio di fattibilità • analisi del contestoLe diverse specie di tartufo hanno esigenze pedologiche e clima-tiche specifiche.Prima di iniziare la coltivazione del tartufo è opportuno effettua-re un’analisi preliminare delle caratteristiche climatiche ed ecolo-giche del luogo in cui si intende realizzare l’impianto.Occorre infatti verificare la vegetazione reale e potenziale del sito, valutare i principali parametri climatici e pedologici e veri-ficare quale specie di tartufo si rinviene naturalmente nella zona destinata all’impianto.• analisi del suoloLe caratteristiche del terreno, valutate mediante analisi geo-pe-dologiche, sono indispensabili per determinare la vocazione del suolo allo sviluppo di una determinata specie di tartufo.

Fornitura di piante micorrizate certificate L’azienda fornisce piante micorrizate prodotte con seme e con tartufo autoctoni, la scelta di propagare le specie presenti nel nostro territorio permette la salvaguardare il germoplasma delle

specie siciliane e garantisce la riuscita dell’impianto evitando il problema dell’adattamento delle giovani piantine.Le piante tartufigene vengono prodotte in idonee strutture aziendali, pertanto in tutte le fasi della pro-duzione risultano protette da inquinanti antagonisti, questo garantisce la realizzazione di un prodotto di elevata qualità e con un alto grado di micorrizazione.

Fornitura di cane addestrato alla ricerca del tartufoPer la raccolta del tartufo è fondamentale l’aiuto di un cane ben addestrato.L’azienda Montalbano grazie all’utilizzo di cani ad-destrati alla cerca del tartufo può provvedere se ne-cessario direttamente alla raccolta del prodotto o alla fornitura del cane.

Consulenza e assistenza tecnico-agronomica, da parte di personale qualificato, per tutte le fasi della tartufaiaLa coltivazione del tartufo è un’attività che può dare risultati molto interessanti se praticata con serietà, allo stesso tempo ri-chiede una valutazione accurata della zona destinata all’impianto e un’adeguata assistenza tecnica almeno fino all’entrata in produ-zione dell’impianto.Tartufi Montalbano fornisce assistenza tecnica con personale qualificato per la progettazione, la realizzazione dell’impianto, per la gestione di tartufaie coltivate ed il miglioramento di quelle naturali.

Eventuale ritiro del prodotto

produzione di specialità gastronomiche al tartufo ed ai funghi.Tartufi Montalbano, la prima azienda in Sicilia che si af-faccia nel mondo dei tartufi e della coltivazione, offre un servizio completo che va dalla progettazione, alla fornitu-ra di piantine tartufigene, al raccolto ed eventualmente al ritiro del prodotto.Salvaguardia dell’ambiente e utilizzo dei prodotti tipici regionali sono i principi fondamentali su cui si basa la fi-losofia aziendale, per questo le nostre piante sono prodot-te con l’utilizzo di seme e tartufo autoctono, nella tutela del genotipo locale.Le nostre specialità gastronomiche, come salse, patè, con-dimenti sott’olio e altri prodotti a base di tartufo, nasco-no dall’accostamento di sapori tipici regionali al raffinato e inconfondibile gusto del tartufo siciliano.

Cosa facciamoMontalbano Tartufi fornisce piante micorrizate prodotte da seme e tartufo autoctoni, offre assistenza tecnica per la progettazione e la realizzazione dell’impianto, per la gestione di tartufaie coltivate e per il miglioramento di quelle naturali.Fornisce, inoltre, cani addestrati alla raccolta del tartufo o provvede direttamente alla raccolta e se necessario anche al ritiro del prodotto.

lagotto romagnolo

tartufaia

L’azienda Montalbano nasce dalla passione personale per i funghi ed i tartufi, in simbiosi

all’amore per i boschi ed il rispetto per la natura.Una passione che ha permesso di maturare una notevole esperienza nel settore dei tartufi e della tartuficol-tura, trasformando questa attività da amatoriale a professionale.Competenza e professionalità con-traddistinguono l’azienda Tartufi Montalbano nella realizzazione di tartufaie, nella produzione di piante tartufigene, nell’addestramento dei cani per la ricerca del tartufo e nella

Montalbano, una vita dedicata ai tartufil’azienda di Burgio offre assistenza tecnica e piante micorizzate per investire in questo settore

piante micorrizate, questi i prodotti

Tartufi Montalbano è la prima azienda siciliana nata per offrire assistenza tecnica a un settore emergente quale la tartuficoltura. L’azienda ha scelto di propagare le specie produttive autoctone al fine di salvaguardare il patrimonio tartufigeno siciliano, pertanto la pro-duzione delle piante micorrizate avviene attraverso l’uso di semente certificata e tartufi provenienti dai boschi siciliani.La micorrizazione viene effettuata in idonee strutture presenti all’in-terno dell’azienda, utilizzando tecniche innovative e nel rispetto di un rigido protocollo di produzione, in tutte le fasi di produzione le

piante sono tenute in am-biente controllato e protetto da inquinati antagonisti, garantendo il conseguimen-to di un prodotto di elevata qualità e con un alto grado di micorrizazione. I semi sono sottoposti a un’accurata pulizia e disin-fettazione al fine di elimi-nare la presenza di funghi antagonisti .Il terreno utilizzato per

il riempimento dei vasi, adeguatamente analizzato e studiato nel-la composizione e tessitura, segue un processo di sterilizzazione con vapore fluente a 120 gradi, in questo modo vengono eliminate le spore e i propaguli fungini presenti naturalmente nel terreno, senza

alterarne la struttura.Montalbano tartufi ha scelto di propagare le specie arboree più pro-duttive : leccio, roverella, pino d’aleppo e pino domestico, nocciolo, unite in simbiosi con le specie di tartufo più rappresentative del no-stro territorio: tartufo nero estivo, tartufo nero uncinato, melanospo-rum e tartufo bianchetto.

I nostri prodotti:Quercus ilex L. x Tuber aestivum Vittad.Quercus virgiliana (ciclo pubescens) Ten x Tuber aestivum Vittad.Pinus halepensis Mill x Tuber aestivum Vittad.Pinus pinea L. x Tuber aestivum Vittad.Quercus ilex L. x Tuber aestivum var. uncinatum ChatinQuercus virgiliana (ciclo pubescens) x Tuber aestivum var. uncinatum ChatinPinus halepensis Mill x Tuber aestivum var. uncinatum ChatinPinus pinea L. x Tuber aestivum var. uncinatum ChatinQuercus ilex L. x Tuber borchii Vittad.Quercus virgiliana (ciclo pubescens) x Tuber borchii Vittad.Pinus halepensis Mill x Tuber borchii Vittad.Pinus pinea L. x Tuber borchii Vittad.Corylus avellana L. x Tuber aestivum Vittad.Corylus avellana L. x Tuber melanosporum Vittad.Quercus ilex L. x Tuber melanosporum Vittad.Quercus virgiliana (ciclo pubescens) Ten x Tuber melanosporum Vittad.

tartufo estivo (Tuber Aestivum)

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SPECIALE MONTAGNA

2911/2014 - AGRISICILIA

La Processionaria del pino, Traumatocampa pityocampa (Denis & Schiffermüller), è

uno dei più dannosi defogliatori dei pini, sia in pinete naturali che arti-ficiali. Il suo areale di distribuzione comprende tutti i paesi europei e del Nord Africa che si affacciano sul Me-diterraneo (incluse Sicilia, Sardegna,

Corsica, Cipro, Creta e Pantelleria) e si estende nel Medio Oriente fino ad Israele ed in Europa centro orientale. Negli ultimi decenni si è re-gistrata una continua espansione di tale are-ale, probabilmente a causa del cambiamento climatico e dell’ampia diffusione delle piante ospiti. In Sicilia il lepi-dottero è presente sull’Etna e nella parte centro-orientale dell’isola; in-

dagini recenti hanno consentito il suo ritrovamento anche in alcune località della Sicilia centrale e meri-dionale.

Il ciclo biologicoGli adulti, attivi nelle ore notturne, hanno ali anteriori di colore grigio scuro e posteriori bianche, un’aper-tura alare di 3-5 cm, e compaiono tra giugno e settembre. Le femmi-ne depongono le uova in ooteche lunghe 4-5 cm, costituite da mani-cotti che avvolgono 100- 300 uova addossate a due aghi di pino e sono formati da una sostanza mucillagi-nosa ricoperta dalle squame che si staccano dal corpo della madre du-rante l’ovideposizione (Figura 1). Le uova schiudono a partire da fine lu-

La Processionaria del pino, a volte non danneggia solo i pini

diGabriella Lo VerdeEntomologa, Dipartimento Scienze Agrarie e Forestali, Università degli Studi di Palermo

la presenza del lepidottero in ambiente urbano può rendere necessari interventi di lotta per prevenire problemi di salute pubblica causati dai peli urticanti rilasciati dai bruchi

fig. 1 - Ovatura di Processionaria del pino (foto R. Lo Duca)

fig. 2 - Larve di prima età di Processionaria del pino (foto R. Lo Duca)

SPECIALE MONTAGNA SPECIALE MONTAGNA

3130 11/2014 - AGRISICILIA11/2014 - AGRISICILIA

rallentamento nello sviluppo delle piante e una loro maggiore suscetti-bilità nei confronti di altre avversità parassitarie. Tuttavia in alcuni casi i

nidi invernali del defogliatore sono stati osservati anche su alberi isolati e su filari di pini limitrofi a strade e centri abitati. Le infestazioni del le-

pidottero possono costituire un pro-blema per gli animali a sangue cal-do, incluso l’uomo, che frequentano le pinete o comunque si avvicinano alle piante infestate, a causa delle setole urticanti che le larve dell’in-setto dalla terza età in poi liberano nell’ambiente. Infatti il contatto con i peli urticanti può causare dermatiti caratterizzate da forte prurito, con-giuntiviti, riniti, fino a reazioni aller-giche di maggiore entità nei soggetti più predisposti.

Monitoraggio e controlloPer la Processionaria del pino può essere utile effettuare un monitorag-gio dei nidi invernali, mentre il rile-vamento dei voli nel periodo estivo, con l’utilizzo di trappole attivate con il feromone sessuale, non consente di prevedere l’entità delle infesta-zioni e la loro esatta localizzazione,

fig. 4 - Durante gli spostamenti alla ricerca di cibo le larve del lepidottero si dispongono in file ordinate a formare le caratteristiche processioni (foto R. Lo Duca)

fig. 5 - Esemplari di pino laricio defogliati e con presenza di numerosi nidi invernali nel Parco Naturale dell’Etna (foto R. Lo Duca)

glio; le larve neonate sono gregarie e nelle ore diurne si nutrono di aghi che avvolgono con una tenue trama sericea (Figura 2). Durante i perio-di di inattività le larve si ricoverano dentro nidi sericei, che appaiono poco consistenti e di ridotte dimen-sioni in autunno, mentre in inver-no si presentano compatti, di forma allungata e colore grigio argenteo e

possono ospitare anche diverse cen-tinaia di larve di quarta età (Figura 3). Nei mesi di gennaio-febbraio le larve dell’ultimo stadio escono dai nidi invernali per alimentarsi, determinando in questo periodo i maggiori danni alle piante infestate. Successivamente le larve mature si

spostano al suolo formando le ca-ratteristiche processioni (Figura 4) alla ricerca di radure o aree aperte del bosco, in cui si incrisalidano nel suolo a profondità di 5-20 cm. La specie svolge una generazione an-nua, e le sue popolazioni alternano annate con elevati livelli numerici, ad altre in cui la loro densità è con-siderevolmente ridotta.

I fattori naturali di limitazioneIn natura le popolazioni del fitofago sono influenzate da numerosi fat-tori abiotici (temperatura, umidità relativa, piovosità, insolazione) e biotici (virus, batteri, funghi, inset-ti, uccelli, mammiferi). I principali antagonisti naturali della Processio-

naria del pino sono diverse specie di imenotteri parassitoidi, le cui larve si sviluppano a spese dei vari stadi del lepidottero (parassitoidi oofa-gi, larvali, crisalidali). Inoltre larve e crisalidi possono essere affette da malattie causate da microrganismi entomopatogeni, o predate da altri insetti e da uccelli come le cince, il cuculo o l’upupa. Tuttavia l’azione degli antagonisti naturali spesso non limita adeguatamente le popolazioni del lepidottero, sia nelle pinete natu-rali e artificiali che, soprattutto, nel-le aree destinate alla fruizione e nelle zone di recente espansione, dove si registra una sostanziale mancanza di controllo naturale ed un conseguen-te incremento della popolazione.

I danniLa Processionaria del pino attacca con regolarità diverse conifere au-toctone, come ad esempio il pino laricio, il pino nero, il pino maritti-mo, il pino d’Aleppo, nonché specie esotiche come il pino delle Canarie. Le infestazioni possono interessare pinete naturali e rimboschimenti di varia estensione, dove, nelle annate di forte attacco da parte del fitofago, si possono osservare su una singola pianta anche 15-20 nidi di Proces-sionaria del pino (Figura 5). Pesan-ti defogliazioni possono causare un

tutti gli obblighi dei proprietari di piante infestate

Il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali ha emanato precise disposizioni che impongono la lotta obbligato-ria contro la Processionaria del pino (decreto 30.10.2007 pub-blicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 40 del 16.02.2008). L’individuazione delle aree in cui la presenza dell’insetto minaccia seriamente la produzione o la sopravvivenza del popolamento arboreo, la prescrizione delle corrette modalità di intervento ed i relativi controlli sono demandati al Servizio Fitosa-nitario Regionale, oggi presente con propri uffici provinciali su tutto il territorio regionale siciliano. Gli interventi di controllo devono essere effettuati a cura e a spesa dei proprietari o dei conduttori delle piante infestate. Il decreto prevede inoltre che l’autorità sanitaria competente disponga interventi di profilassi, al fine di prevenire ri-schi per la salute delle persone o degli animali; tali interventi vanno effettuati sempre secondo le modalità stabilite dai competenti uffici

del Servizio Fitosanitario Regionale.Considerata l’attuale fase di espansione della Processionaria del pino, è opportuno attuare un monitoraggio costante sui pini anche in aree in cui la presenza dell’insetto non era nota, e segnalarne la eventuale presenza al Servizio Fitosanitario regionale.Su piante isolate e in ambiente urbano, individuare precocemente la presenza delle larve giovani, che non rilasciano nell’ambiente peli urticanti, consentirebbe l’intervento tempestivo con trattamenti localizzati a base di Bacillus thuringiensis kurstaki. Tali preparati sono efficaci contro il lepidottero, selettivi nei confronti degli insetti utili e sicuri per l’uomo e gli animali a sangue caldo, anche a causa della loro rapida degradazione nell’ambiente. In presenza di nidi già formati, è necessario invece procedere con la loro asportazione e distruzione. In entrambi i casi è opportuno ricorrere all’intervento di personale competente e adeguatamente attrezzato.

fig. 3 - Individuare ed eliminare i nidi autunnali (a sinistra) e invernali (a destra) in cui i bruchi trovano rifugio consente di limitare la popolazione del lepidottero (foto R. Lo Duca)

SPECIALE MONTAGNA SPECIALE MONTAGNA

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Da prove sperimentali esegui-te nella Regione Calabria e Regione Sicilia (2000-2004)

possiamo confermare che la Processio-naria del Pino (Thaumetopoea pityo-campa) è un pericoloso lepidottero che va assolutamente debellato. Il D.M. 30 Ottobre 2007 dispone chiare regole in merito al controllo della Processionaria: “la lotta contro la processionaria è ob-bligatoria su tutto il territorio Nazio-nale, nelle aree dove la presenza dell’in-setto minaccia seriamente la produzione e la sopravvivenza del patrimonio arbo-reo oltre che a costituire un rischio per la salute delle persone e degli animali”.Technogreen®, azienda leader nel setto-

re della difesa fitosanitaria, ha studiato e sviluppato  tecniche avanzate per il controllo della Processionaria del Pino. La tecnica Endoxilematica proposta del

Metodo Conifere Technogreen® I.F.E. messa a punto con Imprese Formula-trici, Università, Servizi Fitosanitari Regionali (OMP), CNR e Ricercatori Qualificati in diverse Regioni d’Italia, consiste in una infusione controllata a pressione ambientale al colletto di ogni singola alberatura, utilizzando fitosani-tari specifici appositamente studiati e preparati per il controllo di tale insetto. Successivamente si procederà con una metodologia brevettata e garantita dal Metodo Conifere Technogreen® I.F.E. per la cicatrizzazione dei fori e disin-fezione delle attrezzature utilizzate in modo da evitare la diffusione di patoge-ni su altre alberature. I vantaggi che presenta questa metodo-logia di lotta sono:• Impatto ambientale bassissimo: si salvaguarda la salute dei cittadini, evi-tando ogni pericolo di inquinamento dell’aria, del terreno e delle acque; • Dosi ridotte: si evitano pericolose de-rive di prodotto, consentendo all’albero di assorbire al 100% la soluzione iniet-tata, garantendo un lungo periodo di protezione, indipendentemente dall’an-damento stagionale e climatico;

• Controllo su numerose alberature: è possibile intervenire su tutte le alberatu-re di tipo forestale, ornamentale pubbli-co e privato; • Salvaguardia degli organismi utili: è possibile avere un trattamento selettivo, senza danni ad organismi utili o comun-que estranei; • Trattamenti di alberi sofferenti: è possibile trattare alberi sofferenti da in-quinamento, stress ambientali e squili-bri nutrizionali, intervenendo su tutte le alberature di tutte le dimensioni; • Interventi combinati: è possibile ef-fettuare interventi combinati, efficaci contro funghi e insetti; si possono uti-lizzare sospensioni di spore batteriche ed altri metaboliti di derivazione fungina per combattere parassiti vegetali all’in-terno del sistema vascolare.

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Telefono: 0547-382151 Sito Web: www.technogreen.itSede Legale: Via P. Metastasio 38 - 47521 CESENA (FC)

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nale

Bibliografia consultata- Lo Duca R. - 2008 - Indagini sul controllo biologico naturale della Processionaria del pino Traumatocampa pityocampa (Denis et Schiffermüller) in

Sicilia. Tesi di Dottorato in Gestione fitosanitaria eco-compatibile in ambienti agro-forestali ed urbani, XIX CICLO- Lo Duca R., Maltese M., Caleca V. - 2011 - Ampliamento dell’areale di Traumatocampa pityocampa in Sicilia. Atti XXIII Congresso Nazionale Italiano

di Entomologia, Genova: 129.- Sidoti A. (Ed.) - 2013 - Rapporto sullo Stato delle Foreste in Sicilia 2011. Avversità degli alberi e delle foreste Dipartimento Regionale Azienda Regio-

nale Foreste Demaniali, Servizio 7°- Forestale. 28 pp.

poiché i maschi possono spostarsi in volo a distanze di diversi chilometri dal luogo di sfarfallamento.L’applicazione di insetticidi di sinte-si e di preparati microbiologici per aspersione, peraltro non consenti-ta in ambiente boschivo, comporta problemi tecnici e logistici di non facile soluzione, dovuti alla numero-sità delle piante da trattare, tossicità per l’uomo o scarsa selettività nei confronti degli altri lepidotteri dei prodotti utilizzati, costo degli inter-venti. Negli ultimi anni sono state condotte con risultati incoraggianti

prove di lotta con il metodo dell’en-doterapia, che consiste nell’iniettare al tronco sostanze ad azione inset-ticida che si diffondono all’interno della pianta.. Il metodo endoterapi-co ha il vantaggio di ridurre al mi-nimo l’impatto di sostanze chimiche nell’ambiente e di consentire l’in-tervento anche su piante di notevoli dimensioni, sulle quali i nidi sono difficili da raggiungere.La tecnica della raccolta e distru-zione dei nidi invernali, ampia-mente utilizzata per eliminare le larve svernanti dei defogliatori e il

pericoloso carico di peli urticanti delle esuvie contenute nei nidi, è ritenuta la pratica più conveniente, soprattutto per determinare nell’ar-co di qualche anno una sostanzia-le diminuzione delle popolazioni della Processionaria del pino. Tut-tavia tale metodo ha costi elevati e richiede opportune precauzioni per la protezione degli operatori dai peli urticanti delle larve mature, per cui la sua applicazione può essere at-tuata più facilmente in ambiente urbano e periurbano o su impianti giovani e di dimensioni limitate

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arrivederci al prossimo “Speciale Montagna”gennaio 2015