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67 SPAZI DI GIOCO CON I LIBRI Per un approccio ludico di BENIAMINO SIDOTI* Due modelli per l’animazione: il teatro e il gioco Quando si raccontano delle storie (con la lettu- ra ad alta voce, l’animazione alla lettura, l’anima- zione al libro, il racconto orale [storytelling] o i giochi con le storie), 1 che questo accada in biblio- teca, a scuola, all’aperto, in libreria o in ogni altro posto, si seguono in genere due modelli e due pra- tiche per impostare lo spazio dell’animazione: uno è il modello teatrale, l’altro quello del gioco. Il primo dei due modelli è predominante, per- ché il teatro nel corso dei secoli si è imposto come spazio dedicato alla narrazione di storie. Il teatro è il solo luogo deputato esclusivamente al raccon- to: lì la narrazione diventa spettacolo, con ruoli fissi (attore o spettatore) e con convenzioni accet- tate. Ma il teatro così come lo conosciamo ha dei li- miti: la divisione fra platea e palcoscenico, le se- die a limitare e contenere la partecipazione del pubblico, il sipario a scandire i tempi della finzio- ne, la monodirezionalità della comunicazione ecc. Spazio di teatro vs. spazio di gioco Animazione in spazio teatrale Animazione in spazio di gioco Sedie ordinate Nessuna sedia Platea Cerchio, gruppo, altro Si sta fermi Ci si può muovere L’attore parla al pubblico L’animatore è in gioco Il pubblico non parla all’attore Sono previsti dei turni di parola * Animatore alla lettura, giornalista, formatore. Si occupa in particolare di scrittura creativa e di didat- tica del gioco. Fotografie di Giovanni Caviezel

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SPAZI DI GIOCOCON I LIBRI

Per un approccio ludico

di BENIAMINO SIDOTI*

Due modelli per l’animazione:il teatro e il gioco

Quando si raccontano delle storie (con la lettu-ra ad alta voce, l’animazione alla lettura, l’anima-zione al libro, il racconto orale [storytelling] o igiochi con le storie),1 che questo accada in biblio-teca, a scuola, all’aperto, in libreria o in ogni altroposto, si seguono in genere due modelli e due pra-tiche per impostare lo spazio dell’animazione:uno è il modello teatrale, l’altro quello del gioco.

Il primo dei due modelli è predominante, per-ché il teatro nel corso dei secoli si è imposto comespazio dedicato alla narrazione di storie. Il teatroè il solo luogo deputato esclusivamente al raccon-to: lì la narrazione diventa spettacolo, con ruolifissi (attore o spettatore) e con convenzioni accet-tate.

Ma il teatro così come lo conosciamo ha dei li-

miti: la divisione fra platea e palcoscenico, le se-die a limitare e contenere la partecipazione delpubblico, il sipario a scandire i tempi della finzio-ne, la monodirezionalità della comunicazione ecc.

Spazio di teatro vs. spazio di gioco

Animazione in spazio teatrale Animazione in spazio di giocoSedie ordinate Nessuna sediaPlatea Cerchio, gruppo, altroSi sta fermi Ci si può muovereL’attore parla al pubblico L’animatore è in giocoIl pubblico non parla all’attore Sono previsti dei turni di parola

* Animatore alla lettura, giornalista, formatore.Si occupa in particolare di scrittura creativa e di didat-tica del gioco.

Fotografie di Giovanni Caviezel

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LO SPAZIO E IL SUO USO

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Il secondo spazio-modello, quello del gioco, sibasa invece sulla condivisione; ha anch’esso i suoilimiti ma anche delle potenzialità. Lo scopo diquesto intervento è approfondire la struttura sot-tostante gli spazi di gioco, qualunque sia il giocoproposto: i giochi scelti durante la pratica dell’a-nimazione potranno essere molto diversi e co-struiti sul proprio pubblico di giocatori; in moltesituazioni non si faranno affatto dei giochi strut-turati e definiti da regole precise... Il gioco è perme anzitutto una cornice in cui collocare l’anima-zione.

Non propongo un gioco (o una serie di giochi)preciso e definito, quindi. Dato che però non siimpara ad andare in bicicletta senza salirvi, pre-sento qui alcune attività di gioco, per iniziare agiocare, per pensare i propri interventi, per gio-care anche dentro un saggio.

Gioco e narrazione

Il gioco è un modo di condividere un’attivitàcon gli altri partecipanti e ha in questo alcune so-miglianze con la narrazione. Già nel 1500, pressol’Accademia degli Intronati in Siena, alcuni intel-lettuali si confrontavano su questo argomento.Fausto Sozzini, detto il Frastagliato, così si espri-me: «A me pareva che il novellare giuoco chiamarsi potesse, [...] sì come noi chiamiamo giuoco ilraccontare ciascuno un sogno ch’esso abbia fatto,ordinando poi, che ad ogni sogno la sua interpre-tazione data sia. E però mi credo io, che ciascunagiornata del Decamerone si possa giuoco chiama-

re, poiché sopra ‘l medesimo soggetto narranotutti una novella l’uno dall’altro diversamente».2

La prospettiva del Frastagliato è preziosa pervedere sotto una luce diversa l’atto della narra-zione. In particolare, consente di mettere in crisiil modello teatrale della lettura a voce alta, e del-la condivisione di storie: fra raccontare e giocareil passo è breve.

Cerchiamo ora di rendere questa prima osser-vazione più produttiva, procedendo a un livellopiù astratto. Caillois, uno dei massimi studiosi digiochi, ci viene in aiuto con la seguente conside-razione: «Il gioco è essenzialmente un’occupazio-ne separata, scrupolosamente isolata dal restodell’esistenza, e svolta in generale entro precisilimiti di tempo e di luogo. C’è uno spazio delgioco: a seconda dei casi, gli scomparti disegnatiin terra per il gioco del mondo, la scacchiera pergli scacchi e la dama, lo stadio, la pista, il recinto,il ring, il palcoscenico,3 l’arena ecc. [...] In tutti icasi, lo spazio del gioco è un universo precostitui-to chiuso, protetto: uno spazio puro».4

Il cerchio, in qualche modo, sembra chiudersi:la narrazione (il novellare del Frastagliato) è ungioco; il gioco è uno spazio; il luogo dove costruirela nostra narrazione non può che essere modella-to su quello spazio.5 Ma resta da capire come siafatto questo spazio: la definizione di «spazio pu-ro» è ancora troppo ermetica per potervi costruirequalcosa. Poco più avanti Caillois definisce il gio-co attraverso sei caratteristiche per lui essenzia-li: secondo questa definizione il gioco è un’attività«libera, separata, incerta, improduttiva, regola-ta, fittizia».

Fuori luogo

Ricostruite, da soli o in gruppo, le seguenti frasi, cercando di ottenere le situazioni ideali. Poteteanche provare a individuare i risultati più bizzarri.

Al telefono ho ascoltato CenerentolaDi notte, nel parco abbiamo scoperto strane storie di malattie

rareIn ospedale ci siamo dedicati al pettegolezzoIn un’intervista radiofonica ci siamo raccontati storie di fantasmiIn un ristorante romantico ho raccontato cosa avevo visto...Per addormentarmi mi hanno fatto una dichiarazione d’amore

Gioco 1

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SPAZI DI GIOCO CON I LIBRI

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Credo che l’animatore debba tenere a mentealmeno quattro di questi aggettivi per costruire ilproprio spazio.

Il gioco è uno spazio libero

Lo spazio del gioco è «libero» in quanto deter-minato solo dalle regole; durante il gioco sono ac-cettati comportamenti proibiti fuori del gioco: nelnostro caso è importante che i giocatori non sianocostretti nei soliti ruoli. Per esempio, anzichéavere tante sedie ordinate come in una platea (oin classe), i bambini possono sedersi per terra,dove non c’è nessuna struttura imposta.6

Uno spazio libero deve essere anche facilmen-te accessibile: l’animatore deve aver cura di to-gliere eventuali barriere che creino distanza (ru-mori, oggetti ingombranti, adulti che «stanno inmezzo ai piedi» ecc.).

La libertà del gioco, inoltre, consente ai gioca-tori di sperimentarsi e sperimentare relazioni,ruoli e situazioni diverse dall’ordinario, spingen-dosi un po’ più in là di quanto normalmente è leci-to. Tale libertà riguarda anche la libertà di lettu-ra: eventuali errori di lettura o scrittura commes-si durante il gioco non devono essere sanzionati(se non sono già condannati dalle regole del giocoche si sta facendo in quell’istante). Ogni errorepuò divenire un errore creativo.

Il gioco è uno spazio separato

Ciò che avviene nel gioco non influenza (quasimai) la realtà: la ricompensa è spesso solo inter-na al gioco.

Non si può facilmente modificare un gioco dal-l’esterno, salvo chiuderlo forzatamente. Sono igiocatori i veri padroni, mossa per mossa, del gio-co. È quello che capita quando cerchiamo di con-cludere un gioco dicendo: «Bambini, adesso è tar-di, dobbiamo andare a casa», piuttosto che en-trando in gioco nello spazio separato (e fittizio),indossando la maschera che al gioco compete,sentenziando «All’improvviso il sole viene oscura-to da un segno di sciagura, e tutti scappano cor-rendo a cercare un rifugio».

L’animatore è in gioco: deve restare in giocoper tutta la sua durata, pena il rischio di non es-sere accettato. La separazione del gioco dallo spa-zio ordinario corrisponde anche ad una separatez-za dei ruoli, per cui bisogna smettere i panni del-l’insegnante e indossarne di nuovi.10

Nel concreto, uno spazio separato può essereuno spazio diverso, dedicato esclusivamente allalettura ad alta voce e al gioco (e progettato insie-me ai bambini-giocatori); oppure, dove non vi siamodo di realizzarlo permanentemente, può esse-re uno spazio temporaneamente separato. Se sideve stare nella stessa solita stanza, si può cam-biare prospettiva, mettendosi in un angolo insoli-to, scambiandosi di posto fra adulti e bambini(dove ci sono le cattedre, invertirne la posizionerispetto ai banchi); oppure stando sotto ai tavoli eai banchi anziché sopra; o chiudendo gli occhi percinque minuti, per immaginarsi altrove. I confiniche separano il gioco dagli altri spazi sono moltolabili e personali.

La separazione degli spazi richiede però unadivisione concreta molto forte: quella fra giocato-

L’errore creativo

All’errore Gianni Rodari dedica un bel capitoletto della Grammatica della Fantasia.7 L’idea èsemplice: «In ogni errore giace la possibilità di una storia».Di fronte a un errore l’animatore dovrà prenderlo sul serio (come un «atto deliberato») e reinter-pretare la storia scritta alla luce di quell’errore.8 Così:

Un «libbro» con due b sarà soltanto un libro più pesante degli altri, o un libro sbagliato, o un librospecialissimo?

L’errore sarà analizzato collettivamente e giustificato.9

Gioco 2

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LO SPAZIO E IL SUO USO

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ri-ascoltatori e persone che non stanno giocando.In animazioni per utenza libera capita spesso chei figli siano accompagnati dai genitori: in tal casoè indispensabile separarli, con le parole giuste ocon i gesti giusti. Per esempio, riservando aigrandi quelle sedie che avevamo scartato per lacostruzione di uno spazio libero, e mettendole a

cerchio intorno al posto dove leggiamo, si creanodue spazi contigui e separati.

Infine, per essere sicuri di costruire lo spaziointorno ai bambini, è sempre bene controllare co-me tutto appare ad altezza di bambino: basta in-ginocchiarsi e controllare come cambia lo spaziocon una prospettiva dal basso.

Luoghi comuni gemellati

Questo è un altro gioco sugli errori, che affronta il difficile compito di «sbagliare apposta».11 È unbreve esercizio di riscaldamento che trovo molto produttivo, e parte da luoghi comuni formati dadue aggettivi associati nell’uso (gemellati, insomma). Per esempio: «forte e coraggioso», «ampio eluminoso», «brutto e cattivo».L’animatore ne dovrà suggerire alcuni per iniziare una breve sessione di brainstorming, da cuiricavare una decina di coppie di luoghi comuni gemellati.Il gioco prevede di rovesciare il significato di uno dei due aggettivi, vedendo cosa ne viene fuori;in pratica si gioca a sbagliare il luogo comune. Si avrà così un eroe «forte e pauroso» o «debole ecoraggioso»: come sarà fatto? È interessante dal punto di vista narrativo?Oppure un locale «ampio e buio» o «piccolo ma luminoso» – riusciamo a visualizzarli?Di solito le violazioni del canone sono più interessanti del canone stesso.

Gioco 3

I turni di parola

Fra le regole più importanti da stabilire, vi sono quelle relative al turno di parola, ovvero al mo-do in cui si regola la partecipazione di tutti alla discussione, al gioco o alla narrazione.Alcuni giochi richiedono una circolazione molto libera del turno di parola, che non può essere re-golata dall’alzata di mano. Per esempio, si può fare un racconto collettivo, un po’ per uno, utiliz-zando una palla da gioco:12 si sta seduti in cerchio e un giocatore inizia a raccontare una storia;dopo un poco, quando vuole, passa la parola lanciando la palla ad un altro giocatore. Questi laprende, continua a raccontare, e poi passa palla e parola come prima, fino alla fine della storia.La presenza della palla aiuta il giocatore a rimanere concentrato, dato che da un momento all’al-tro potrebbe arrivargli una palla in mano.Un’interessante variazione fa invece uso di lunghi nastri o fili, uno per giocatore, tenuti per uncapo da ognuno dei partecipanti, e per l’altro, tutti insieme, da un giocatore che svolge il ruolo dicoordinatore (può essere l’animatore o un altro).Il coordinatore inizia a narrare un racconto di fantasia: quando si ferma, tira uno dei fili e chiviene così chiamato deve proseguire la storia interrotta, parlando fino a che il coordinatore nontira un altro filo, passando così la parola a chi sta all’altro capo del filo stesso.In un popolare manuale di giochi dell’ottocento, il Saputello di conversazione, troviamo questocommento:13 «Come vedesi, occorre che tutti prestino molta attenzione al Racconto, onde esserein grado di riprenderne il filo senza esitanza allorché a qualcuno di essi venga fatto, da chi dirigeil giuoco, il convenuto segnale; e soprattutto si richiede una certa prontezza d’immaginativa persaper trovare tutti quei particolari che possano rendere piacevole il Racconto».

Gioco 4

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Il gioco è uno spazio regolato, determinatodalle regole

Che siano implicite o esplicite, sono le regole acreare lo spazio di gioco: ogni violazione delle re-gole viene risolta fuori del gioco (eventualmentecon accuse di disonestà ecc.).

È importante che le regole siano chiare e con-divise: qualsiasi regola introdotta a metà partita(o durante l’animazione) viene avvertita comeun’imposizione di parte. L’animatore, prima dientrare nel vivo dell’animazione, deve porre delleregole di comportamento: se ci si può muovere omeno, come usare il turno di parola, disattivare itelefonini ecc.

La chiarezza sulle regole comporta chiarezzasugli orari: è bene scrivere su un cartellone la du-rata prevista dell’animazione e un minimo di pro-gramma. Questo espediente eviterà interruzionidi adulti ansiosi di sapere quando potranno pren-dere i bambini, dar loro da mangiare, portarli inclasse e così via.

Il gioco è uno spazio fittizio

La coerenza del gioco è tutta interna al giocostesso, e richiede delle identità di gioco. Sarà op-portuno, per esempio, trovare e usare dei nomicollettivi per le squadre, scelti liberamente o pro-posti dall’animatore.

Anche i giochi proposti dovrebbero assumeredei nomi fittizi e giocosi. Chi per esempio decidadi utilizzare il binomio fantastico di Gianni Roda-ri, potrà chiamarlo con un nome più giocoso, peresempio, «frullato di storie». Seguendo questospunto si potrà costruire un percorso di gioco atema; per esempio, con proposte alimentari: «An-tipasto di filastrocche, versi sparsi alla chitarra,insalata di parole libere, frullato di storie», oppu-re sportive: «Libri a coppie (ricomporre titoli di li-bri creando titoli nuovi), Il libro a canestro (i dia-loghi sono i veri palleggi dentro un libro, e devonofinire tutti a canestro!), La staffetta delle storie(come passare da un libro all’altro)».

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Come realizzare uno spazioper l’animazione

Ecco alcuni consigli pratici per l’allestimentodi un’animazione alla lettura, in uno spazio nonprecedentemente attrezzato.

Ciò detto, come si crea uno spazio per l’anima-zione? «Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto sitrasforma», rispondo io. Nel senso che l’animato-re deve essere in grado di trasformare un luogoqualunque in uno spazio per l’animazione: le ani-mazioni si possono (e a volte si debbono) allestirepraticamente ovunque. Mi è capitato di farle inun teatro, in piazza su un palco, in un cortile con-dominiale, in molte aule scolastiche, in un chio-stro, in libreria, in biblioteca, in giardino, in stan-zoni vuote, in un tendone, in un parco con e senzatavoli, sedie, banchi, lavagne, microfoni ecc. È l’a-nimatore che definisce lo spazio dell’animazioneattraverso le proprie scelte; sono queste che crea-no la cornice dentro cui le cose avvengono.

Qui elenco alcuni punti per me importanti,sotto forma di consigli.

I materiali: chi entra deve capire che lo spazioè stato allestito per fare qualcosa di diverso dal-l’ordinario; basta poco: prova a cambiare l’ordinedei banchi, mettere dei grandi cartelloni bianchialle pareti, collocare all’ingresso l’annuncio che sitratta di un’occasione di gioco ecc.

Usa dei materiali semplici, vicini alla natura«semplice» del libro: carta da pacchi, pennarelli,fogli. Evita quindi materiali complessi quali sce-nografie, teatrini, computer o altro che possa di-stogliere l’attenzione degli ascoltatori.

Il libro è un oggetto piccolo, che sparisce facil-mente se messo accanto a oggetti più ingombran-ti. E noi vogliamo che si vedano, e bene, i libri cheutilizziamo.

I cerchi: la tua presenza deve arrivare all’oc-chio e all’orecchio dei partecipanti. Devi verifica-re che il cerchio dell’ascolto e quello dello sguardonon trovino ostacoli: non ci devono essere oggettifrapposti fra te e il pubblico, né altri rumori checoprano la tua voce. Meglio uno spazio raccolto eprivo di amplificazione di un luogo ampio, ampli-ficato e dispersivo. Il cerchio può essere realizza-to anche fisicamente, facendo sedere tutti in cer-chio (con te nel mezzo o nel cerchio): in molte cul-ture è questa la scena della narrazione, anche senon è l’unica possibile. Io però non amo molto di-sporre le persone in cerchio, perché comporta una

fatica ulteriore durante l’accoglienza iniziale eperché rende più difficile inserire nuovi giocatoriad animazione iniziata.

La voce: la tua voce deve arrivare chiaramentea tutti i partecipanti, ma essere al contempo fa-miliare e accogliente. Prova a lavorare più sul rit-mo e la velocità che sul volume della lettura; unalettura chiara e con un tono basso può avere unsuccesso enorme.

Se vedi che lo spazio in cui sei ha una cattivaacustica, puoi fare delle piccole modifiche: peresempio appendere delle tende pesanti davantialle finestre, far passare delle strisce di stoffa pa-rallele al pavimento a tre metri di altezza, sce-gliere con attenzione il posto dove la tua voce ac-quista più forza.

Le immagini: se è la tua voce a portare il libroa tutto il cerchio dell’ascolto, la stessa non bastaal cerchio dello sguardo. Prima di iniziare l’ani-mazione devi decidere se rinunciare alla visionedel libro (e alle immagini contenute) oppure se«amplificarne» gli elementi visivi. Puoi per esem-pio copiare le immagini su dei cartelloni o su unalavagna a fogli mobili; oppure su un rullo realiz-zato artigianalmente, su cui far «scorrere» i foto-grammi del libro; o, ancora, su una serie di «qua-dri» appesi lungo un percorso – e che tu potraiscoprire/inaugurare nel corso della storia. Sepensi di non avere sufficiente talento grafico,puoi sempre realizzare delle diapositive perproiettare alcuni disegni, o fare delle fotocopie in-grandite.

Puoi anche sostituire le immagini con un og-getto di scena, che userai per rappresentare alcu-ne azioni del racconto: un bastone che diventa loscettro del re, la spada del cavaliere, il suo caval-lo, e magari perfino il bastone di un vecchio!

Travestirsi: preoccupati anzitutto di avere ad-dosso qualcosa di comodo e in cui ti senti a tuoagio. I personaggi che dovrai interpretare saran-no evocati dalle parole del libro e dalla tua voce;un costume troppo definito rischia di interferirecon i molti personaggi che dovrai interpretare.

Ti può invece essere utile avere qualche ma-schera, oggetto o cappellino per sottolineare l’in-gresso in scena di un personaggio particolare:quando parlerai con la voce del cattivo, per esem-pio, potrai indossare quel paio di stravaganti oc-chiali da sci che hai abbandonato in fondo al cas-setto...

La scena: cerca un posto dove niente intorno a

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SPAZI DI GIOCO CON I LIBRI

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te (e soprattutto alle tue spalle) rubi l’attenzionedegli ascoltatori. In particolare cerca qualcosache impedisca allo sguardo di vagare verso l’oriz-zonte.

Di giorno, quindi, non metterti davanti ad unafinestra, anche se fornisce luce alla lettura; privi-legia invece un angolo protetto, dove con un fogliodi carta da pacchi coprirai gli elementi non essen-ziali. In ogni caso evita le luci in faccia (a te echiunque altro).

Può esserti utile una quinta per fermare losguardo: fattela usando elementi già presenti (unalbero, un autobus parcheggiato, ecc.) o strutturemobili (una lavagna, un cavalletto, un armadioecc.).

In piedi o seduti? Per dare maggiore potenzaalla voce, e per essere raggiunti meglio daglisguardi, ti converrà stare in piedi. D’altro lato,però, stare seduto in un cerchio o in mezzo ad al-tre persone sedute comunica una diversa disponi-bilità al gioco e alla partecipazione. In base al nu-mero di persone presenti, e al tuo stato d’animo,valuterai qual è la posizione migliore per raccon-tare.

Muoversi: quando ci sono tante persone sei co-stretto a dare ai tuoi gesti e movimenti una mag-giore ampiezza, in modo che possano essere nota-ti anche da lontano. Lo stesso fattore influenzaanche lo spazio in cui puoi muoverti senza perde-re l’attenzione del pubblico: se ci sono poche per-sone potrai spostarti di pochi centimetri e il mo-vimento risulterà ampio; con molte persone do-vrai invece spostarti di un metro perché si notiappena.

Se la storia prevede dei cambi di scena (la ca-sa della mamma, il bosco, la casa della nonna),cerca di cambiare posizione passando da una sce-na all’altra, spostandoti nello spazio come sestessi entrando in un luogo diverso.

In ogni caso evita di muoverti troppo o in ma-niera scomposta.

Il libro: il libro può dividere come unire. Pensaa certe letture cattedratiche, in chiesa o durantedelle cerimonie ufficiali, in cui il libro è un diviso-rio concreto fra il pubblico e il lettore: alto, impo-nente, pesante e completamente nascosto aglisguardi. E pensa all’immagine (quasi da cartoli-na) dei bambini riuniti intorno a un genitore chelegge loro un libro, abbracciati alla scena che vie-ne dalle pagine del racconto. Nel primo esempio

qualcuno legge a qualcun’altro; nel secondo qual-cuno legge con qualcun’altro.

Quando leggi, cerca di far sì che il libro non co-pra mai il tuo viso (a meno che non sia necessarioper dar voce a qualche personaggio misterioso...)e che non escluda mai i tuoi ascoltatori dal tuosguardo; dividi la tua attenzione fra le pagine chestai leggendo e i ragazzi: guardali! Se non ci rie-sci subito, fai più pause per posare il tuo sguardosu ognuno e su tutti.

Ti può essere utile portare gli ascoltatori den-tro il libro provocandoli con delle domande, ochiedendo loro di accompagnarti con degli effettisonori (un conto alla rovescia, un ruggito, il ventoche soffia fra gli alberi, un brivido ecc.). Stai cer-cando di leggere con gli altri (insieme a loro).

Accoglienza, gioco, dopogioco: un’animazionesi divide in tre fasi.

Per prima viene l’accoglienza, in cui ti presen-ti (meglio se a un bambino alla volta, stringendola mano, o altro) e chiedi i nomi dei partecipanti,spieghi cosa farai (farete), dai le regole del gioco edella convivenza, informi sull’ubicazione del ba-gno ecc.

Dopo entri nel vivo dell’animazione: anche sestai leggendo, chiamerò questa fase gioco. Duran-te il gioco (uno spazio separato, libero, fittizio, de-finito dalle regole ecc.) non devi introdurre nuoveregole o tornare a una fruizione più scolasticadello stare insieme; non si interroga nessuno, nonsi danno voti, non si correggono gli errori di mate-matica ecc.

È nella terza fase, quella del dopogioco, chepuoi riprendere, eventualmente insieme agli (al-tri) insegnanti i punti più delicati dell’animazio-ne, riportando il gruppo dentro lo spazio scolasti-co. Per esempio potrai ridiscutere insieme ai ra-gazzi alcuni comportamenti curiosi, alcune affer-mazioni poco chiare ecc.

È importante tenere ben separate queste trefasi, marcando i confini con dei gesti chiari (suo-nando un fischietto, pronunciando una formulaprecisa, cambiando posto, indossando un vestitodiverso ecc.). Dalla chiara divisione dei tre mo-menti ne discende l’autonomia del gioco e la tenu-ta di quel delicato spazio che è lo spazio del gioco.

Infine: divertiti! Se sei il primo a non crederein quello che fai fare, niente funzionerà. Quindi...Quindi proponi libri che ti piacciano, storie che tiappassionino, poesie che ti divertano, giochi cheti entusiasmino... e divertiti!

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Note

1 D’ora in poi confonderò i diversi livelli parlandogenericamente di «lettura» o di «animazione»; il mioscopo è quello di presentare alcuni problemi e risorseche stanno alla base di queste diverse attività. Questariflessione parte infatti da due oggetti comuni alle di-verse attività, il libro (o le storie) e il gioco.

2 G. BARGAGLI, Dialogo de’ giuochi, Siena, Accade-mia senese degli Intronati, 1982, p. 71 (ed. or. Siena1572, poi Venezia 1574).

3 Roger Caillois intende anche il teatro come unaforma di gioco; a supportare la sua intuizione vi sonoalcune evidenze linguistiche: in molte lingue, fra cuil’inglese e il francese, «giocare» e «recitare» si traduco-no con un solo verbo, to play, jouer. A parte questo, iodistinguo il gioco dal teatro per il diverso coinvolgi-mento dei soggetti coinvolti: il gioco non prevede «spet-tatori» o «pubblico», o, se c’è, trasforma il gioco stesso.Lo vediamo nel calcio, negli sport di massa ecc. Diven-ta un gioco terribilmente serio, ai limiti del «gioco»; lovediamo nel nostro vocabolario quando diciamo cosecome «gioco giocato» o «sport professionistico». Nel tea-tro, invece, è fondamentale, tanto che risulta difficile(ma possibile) prevedere un’azione teatrale senza pub-blico.

4 R. CAILLOIS, I giochi e gli uomini, Milano, Bom-piani, 1981 (ed. or. Les jeux et les hommes – Le masqueet le vertige, Paris, 1967), pp. 22-23.

5 Per «spazio» intendo una manifestazione anche

astratta, come si usa nel linguaggio comune in espres-sioni quali «spazio virtuale» o «spazialità». Per «luogo»intendo invece una manifestazione concreta: il teatro èun luogo, non uno spazio. La scena è un luogo che met-te in scena uno spazio diverso (perché vuole riprodurviin piccolo le caratteristiche di un altro luogo). Quelloche qui mi interessa è solo individuare come un’appa-rente circolarità di ragionamento produca in realtà unfatto nuovo.

6 Sarà l’animatore a preoccuparsi che anche que-sta scelta sia confortevole e igienica.

7 G. RODARI, Torino, Einaudi, 1973, pp. 34-36; maanche ID., Il libro degli errori, Torino, Einaudi, 1964.

8 Cosa che faceva anche Alberto Savinio quandosbagliava a battere a macchina.

9 Si corre peraltro il rischio di collezionare errori: laproposta di Rodari è molto lontana dal divertimento delfamoso libro di Marcello D’Orta Io speriamo che me lacavo. Rodari gioca con gli errori, e non alle loro spalle.

10 Anche materialmente, con dei vestiti giocosi ebuffi.

11 Ma si vedano anche le «mistraduzioni» nella pro-posta di Guido Almansi in: G. ALMANSI - G. FINK, Quasicome, Milano, Bompiani, 1991.

12 Vedi A. BOAL, Il poliziotto e la maschera, Molfet-ta, La Meridiana, 1993.

13 Giuochi onesti per la Gioventù ovvero il Saputel-lo in conversazione con rami, Livorno, Tipografia Vi-gnozzi, 1828, p. 108.

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