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Sostenibilità finanziaria e adeguatezza di servizi e prestazioni: qual è la vera sfida? di Stefania Gabriele Presentazione al Convegno Vivere di più, vivere meglio Roma, 4 maggio 2010

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Sostenibilità finanziaria e adeguatezza di servizi e

prestazioni: qual è la vera sfida?

di Stefania Gabriele

Presentazione al Convegno

Vivere di più, vivere meglioRoma, 4 maggio 2010

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Considerazioni tratte da:

• Invecchiamento, salute, spesa sanitaria e di cura in Italia (Stefania Gabriele e Michele Raitano)

• Uguaglianza di genere e sistemi pensionistici: aspetti critici e prospettive per l’Italia (Alessandra Casarico e Paola Profeta)

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Alcune preoccupazioni legate al processo di invecchiamento

• Dal punto di vista individuale, il rovescio della medaglia di una vita più lunga è il timore di trascorrerne una parte in condizioni di sofferenza e/o non autosufficienza, di non ottenere le cure necessarie e/o di non godere di un reddito adeguato.

• Dal punto di vista collettivo, il rischio riguarda la sostenibilità di lungo periodo dei sistemi pubblici socio-sanitari e pensionistici.

• Per quanto riguarda la sanità, si teme che la spesa possa aumentare drasticamente per far fronte alle esigenze di cura di una quota di anziani sulla popolazione più alta (mentre l’aumento del tasso di dipendenza economica influirebbe negativamente anche dal lato del finanziamento). Il livello di servizi pro-capite erogato attualmente ai cittadini rischierebbe di essere ridimensionato in assenza di adeguati mezzi finanziari.

• Quanto alla long term care, il discorso è più complesso, per diversi ordini di motivi:– il bisogno di cure a lungo termine, anche nei Paesi europei, è oggi in parte insoddisfatto, o è soddisfatto in

maniera “informale”; – le modalità di erogazione della LTC, molto diverse fra i vari Paesi, dipendono dall’interazione dei tre soggetti

Stato, mercato e famiglie; – il modello di fornitura delle prestazioni in molti Paesi non è ancora stabilizzato;– difficoltà di prevedere la diffusione e intensità della non autosufficienza, e dei relativi bisogni; – difficoltà di stimare le scelte delle famiglie tra opzioni di cura diverse, date le decisioni di erogazione da parte

dell’operatore pubblico.

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Architettura del sistema di welfare e discriminazioni di genere• In assenza di un adeguato sistema di tutele, si rischia un

aumento del carico di lavoro di cura svolto dalle donne, che amplificherebbe le differenze di genere nel mercato del lavoro e, come conseguenza, anche lo svantaggio in termini di montante contributivo e di trattamento pensionistico maturato:

– nel 2006, l’importo medio lordo annuo dei redditi pensionistici era pari per gli uomini a 15.990 € annui, per le donne a 11.133 €, per la forte concentrazione delle donne nelle classi di importo pensionistico basso;

– le differenze nel tasso di sostituzione aggregato a sfavore delle donne sono molto elevate in Italia (64 contro 46%);

– la probabilità di avere redditi non adeguati nella vecchiaia è in media più alta per le donne rispetto agli uomini (37 contro 24%);

– le donne sono sottorappresentate tra i beneficiari delle pensioni di anzianità, ma sono tra le principali beneficiarie delle pensioni ai superstiti: l’87,7% dei beneficiari di questo trasferimento nel 2006;

– non vi sono differenze sostanziali nell’età media effettiva di uscita dal mercato del lavoro, malgrado la differenza di 5 anni dell’età legale.

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Architettura del sistema di welfare e discriminazioni di genere

Le cause delle differenze di genere sui trattamenti pensionistici possono essere classificate in quattro categorie:

1) caratteristiche generali del sistema pensionistico:– il legame stretto tra contributi versati e benefici ricevuti – tipico del sistema contributivo - rafforza la funzione

assicurativa del sistema pensionistico a scapito di quella redistributiva e aumenta le differenze, dato che le donne costituiscono il segmento debole del mercato del lavoro;

– tuttavia se, in media, le donne, oltre a salari inferiori, hanno anche crescite salariali più contenute, saranno meno penalizzate, in termini di tassi di sostituzione, dal passaggio da un sistema retributivo che premi gli ultimi anni della carriera al contributivo;

– la presenza di requisiti anagrafici o contributivi uniformi per uomini e donne, malgrado queste ultime abbiano maggiori difficoltà a raggiungerli, dato che sperimentano maggiori periodi di inattività e più interruzioni, garantisce agli uomini maggiore flessibilità nel progettare il momento di ritiro dal mercato del lavoro;

– gli schemi pensionistici privati sono basati sul legame tra contributi versati e pensioni ricevute e sono attuarialmente equi, dunque, poiché le donne hanno una longevità attesa superiore, risultano a priori svantaggiosi per le donne. Questo svantaggio può essere considerato una discriminazione se si considera che non tutte le donne vivono più a lungo degli uomini, che una vita più lunga non significa necessariamente un privilegio, e che molte vedove hanno dedicato molti anni alla cura del partner, e non potranno ricevere la stessa assistenza.

2) caratteristiche specifiche del sistema pensionistico esplicitamente collegate al genere: – spesso sono previste età di pensionamento o requisiti di accesso diversi tra uomini e donne come tentativo

di “compensare” gli svantaggi femminili, dovuti a carriere tipicamente più lente e discontinue, a salari più bassi;

– nei sistemi contributivi non si osservano casi in cui la maggiore speranza di vita della donna sia penalizzante nel calcolare la rendita pensionistica; anche in Italia si hanno coefficienti di trasformazione uniformi per la conversione del montante contributivo;

– la scelta di coefficienti uniformi è da alcuni interpretata come un premio assicurativo che il sistema pensionistico carica sugli uomini al fine di finanziare la pensione di reversibilità che questi ultimi solitamente “comprano” per le loro mogli (“previdenza di coppia”). Anche le pensioni ai superstiti, d’altronde, vanno per lo più alle donne, ma la condizione è il matrimonio (e non, si badi, la presenza di figli).

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Architettura del sistema di welfare e discriminazioni di genere3) differenze di genere sul mercato del lavoro; per le donne si determinano più frequenti

interruzioni di carriera, non sempre coperte dai contributi previdenziali, profili retributivi più bassi e meno dinamici, un più ampio uso del part-time:

– nel 2007 il tasso di occupazione femminile (15-64 anni) era pari al 46,6%, contro 70,7% per gli uomini (l’obiettivo di Lisbona è 60%). A parte Grecia e Spagna, tutti gli altri Paesi EU-15 si collocano oltre il 55%;

– di recente vi è stata una crescita del lavoro flessibile o precario;– sul totale delle occupate, il 26% lavora part-time (contro il 5% tra gli uomini), più diffuso al centro-nord, il

14,7% a tempo determinato (contro il 10,5% tra gli uomini), più diffuso al Sud; – il tasso di irregolarità è più alto per le donne di 3-4 punti percentuali rispetto a quello degli uomini; – i differenziali salariali sono ampi, pari al 23% nel totale della popolazione lavorativa, al 26% tra i laureati e al

35% tra chi ha titoli post-laurea; – il 3,6% delle donne laureate appartiene alla categoria “legislatore, dirigente, imprenditore”, contro l’11,7%

degli uomini; eppure il 12,7% delle donne italiane tra 25 e 64 anni dispone di una laurea, contro l’11% degli uomini;

4) carico di lavoro di cura svolto dalle donne: – forte associazione tra presenza di figli e assenza dal mercato del lavoro, al Sud più che al Nord; – in Italia si soffre di un mancato riallineamento del tasso di occupazione delle madri a quello della loro intera

coorte all’aumentare dell’età del bambino;– Il bisogno di cura degli anziani/disabili è spesso coperto in maniera informale– negli schemi non redistributivi sono spesso previsti periodi di “credito pensionistico” per l’attività di cura; vi è

un’ampia differenziazione tra i Paesi europei nell’uso di questi strumenti, e la tendenza comune sembra essere verso una riduzione; queste forme di compensazione non sono sufficienti.

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Architettura del sistema di welfare e discriminazioni di genere• E’ auspicabile un ribaltamento della prospettiva finora adottata, che dia priorità

all’eliminazione dei divari di genere sul mercato del lavoro per poter superare il ricorso a meccanismi compensativi ex post in fase pensionistica (rimane naturalmente il delicato problema dei tempi e delle modalità specifiche con cui realizzare questo cambiamento).

• Una maggiore partecipazione femminile al mercato del lavoro consentirebbe al bilancio pubblico di beneficiare dei contributi pagati dalle donne lavoratrici, soprattutto se full time, e un elevato tasso di fecondità contribuirebbe a garantire la sostenibilità del sistema pensionistico.

• Si tratta di un circolo vizioso: spezzarlo richiede un ripensamento del sistema di welfare dei Paesi in cui il lavoro di cura è prerogativa delle donne, non tanto per scelta quanto per mancanza di un attore pubblico e per mancanza di condivisione dei ruoli all’interno della famiglia

• Che interventi sono richiesti per “aggiornare” il sistema di welfare in vista dell’invecchiamento della popolazione? Per capirlo dobbiamo esaminare più analiticamente quali potranno essere gli effetti dell’invecchiamento

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Determinanti della crescitadella spesa sanitaria e per LTC

• La stretta interazione fra comportamenti di domanda e di offerta, fra mercato e istituzioni, rende difficile la valutazione del contributo alla crescita del settore sanitario fornito dai diversi fattori:

– infatti la sanità è un settore atipico, caratterizzato da fondamentali asimmetrie informative, e in particolare dalla non osservabilità del prodotto da parte del consumatore e dalla separazione tra acquirente e decisore nelle scelte di consumo (la domanda individuale è generalmente mediata dal medico);

– nell’ambito del rapporto di agenzia che si viene ad instaurare con il paziente evidentemente pesano gli incentivi individuali che operano sul professionista;

– inoltre, la carenza informativa apre la strada al condizionamento derivante dalla pressione delle strutture di offerta, mentre alcuni limiti alla richiesta di prestazioni possono essere posti da meccanismi di razionamento.

• Conviene sgomberare il campo da un elemento di confusione che spesso insorge nel dibattito sulla crescita della spesa sanitaria e per LTC nel lungo periodo:

– nella LTC una importante determinante della crescita della spesa, forse la più importante, potrà essere in futuro l’allargamento della quota di domanda soddisfatta in maniera formale, eventualmente attraverso l’intervento pubblico;

– in questo caso si verificherebbe per la LTC quello che si è determinato nel secondo dopoguerra per la componente acuta della sanità, con un aumento della copertura pubblica, anche fino all’universalità, e un significativo incremento della spesa pubblica;

– questo determinante (frutto di una decisione di politica sociale) non va confuso con quello demografico (che implica un’evoluzione per così dire “automatica”, o inevitabile, della domanda per motivi demografici a politiche – e servizi – invariate).

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Determinanti della crescitadella spesa sanitaria e per LTC

• Negli anni novanta, è stata accentuata l’enfasi sul ruolo svolto dalle componenti che agiscono dal lato dell’offerta.

• Tra queste, è importante il progresso tecnico:– si ritiene che le nuove tecnologie si traducano principalmente nell’introduzione di terapie più

efficaci, ma più costose, mentre sarebbe meno frequente il caso di progresso tecnico che accresce, insieme all’efficacia, l’efficienza della spesa, aumentando la produttività e contribuendo alla riduzione dei prezzi relativi;

– per di più, anche nel caso in cui venissero ridimensionati gli oneri unitari, la disponibilità di prestazioni innovative, a prezzi più bassi, potrebbe stimolare un aumento del numero di trattamenti, innalzando per questa via i costi totali (anche a prescindere da un’effettiva e corretta valutazione di efficacia).

• Un altro fattore rilevante considerato in letteratura è la maggiore inflazione generalmente riscontrabile nel settore sanitario, rispetto a quella media nazionale, spiegata da:

– gli effetti del progresso tecnico (di cui già si è detto):– il cosiddetto “morbo dei costi” di Baumol (un settore ad alta intensità di lavoro come la

sanità sarebbe strutturalmente caratterizzato da una bassa dinamica della produttività, mentre i salari tenderebbero a crescere come negli altri settori)

– i rapporti di forza sbilanciati tra domanda e offerta nel settore sanitario, legati alle asimmetrie informative nel campo della salute, alla conseguente capacità di induzione della domanda, alla scarsa elasticità di quest’ultima al prezzo.

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Determinanti della crescitadella spesa sanitaria e per LTC

• Passando ai fattori che agiscono dal lato della domanda:• Un motivo importante di crescita della spesa sanitaria nel passato è stato ricercato

nell’estensione della copertura pubblica e/o assicurativa, che è aumentata nei 15 vecchi Paesi membri dell’UE fino a divenire quasi ovunque universale o prossima al 100%.

– in Italia il SSN è stato istituito nel 1978, e la copertura totale è stata raggiunta nei primi anni Ottanta;

– la circostanza che questo aspetto sia considerato tra i fattori di domanda non deve distogliere dal fatto che l’aumento di spesa concretizzatosi è stato il frutto di precise scelte di politica sociale.

• Gli effetti sulla spesa del miglioramento del tenore di vita: – si ritiene che vi sia una forte correlazione fra il reddito aggregato e la spesa sanitaria - dalla

sanità come “bene di lusso”, la cui domanda aumenta più che proporzionalmente all’aumentare del reddito (elasticità superiore a uno), all’elasticità unitaria;

– su un piano microeconomico, la relazione tra reddito e domanda semplifica quella tra tenore di vita e domanda, che a sua volta è condizionata da elementi quali il livello di istruzione, la percezione del proprio stato di salute, le preferenze individuali, gli stili di vita, i valori etici, la medicalizzazione della società, la pubblicità dei prodotti e dei servizi sanitari.

• Negli scorsi anni, fra i fattori di crescita della spesa sanitaria, è stata posta molta enfasi sul processo di invecchiamento della popolazione:

– le analisi empiriche hanno mostrato che il contributo dell’invecchiamento all’espansione della spesa per la salute nei Paesi più avanzati non è stato nel passato molto rilevante;

– si riteneva che nei decenni a venire l’incremento della speranza di vita e il basso tasso di natalità, facendo aumentare la quota di individui di età elevata nella popolazione, avrebbero sospinto drasticamente verso l’alto la spesa, dato il più elevato consumo di servizi e prestazioni sanitarie – e assistenziali – da parte degli anziani.

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Effetti dell’invecchiamento• Dunque l’aumento della spesa sanitaria sarebbe dipeso dal fatto

che, in un dato periodo di tempo, i consumi sanitari procapite – e i loro costi – sono crescenti con l’età (il profilo della spesa media per età presenta un andamento a “J”).

• Tuttavia, tale impostazione richiede l’ipotesi che, al crescere dell’aspettativa di vita, i consumi sanitari medi pro-capite per ogni livello di età restino immutati.

• Tale ipotesi può essere criticata per due principali motivi: – vi è ragione di ritenere che lo stato di salute degli individui nei diversi

momenti della loro vita – e con esso i bisogni di cura ed i consumi – si modifichi al variare della longevità;

– è stato provato empiricamente che la gran parte dei consumi sanitari – e dei relativi costi – si concentra negli ultimi mesi di vita (death related costs): un allungamento della sopravvivenza rinvia il momento in cui tali costi vengono sostenuti e, di conseguenza, altera il profilo di spesa per età.

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Effetti dell’invecchiamento• Per quanto riguarda il primo aspetto, ci si deve chiedere come varia il numero di

anni di vita in buona salute all’aumento della longevità, ovvero come vengono trascorsi gli anni aggiuntivi.

• In letteratura sono stati ipotizzati tre diversi scenari: – espansione della morbilità: almeno in parte gli anni di vita “aggiuntivi” vengono

trascorsi in cattiva salute (e/o invalidità). L’assunzione di un profilo costante di spesa per età può essere interpretata proprio come il caso estremo di tale ipotesi, in quanto si basa sull’invarianza della domanda di cure (si presenterebbero quindi le stesse esigenze di consumo sanitario indipendentemente dal numero di anni di vita residui);

– equilibrio dinamico: il numero di anni in cattiva salute rimane costante in valore assoluto; l’aspettativa di vita in buone condizioni cresce quindi quanto la longevità (healthy ageing) (ad esempio, se in vent’anni l’aspettativa di vita aumenta di cinque anni, i consumi sanitari di un settantacinquenne diventano identici a quelli di un settantenne di vent’anni prima);

– compressione della morbilità: il numero di anni in cattiva salute si riduce in valore assoluto al crescere della longevità; il numero di anni in buona salute migliora più che proporzionalmente al crescere dell’aspettativa di vita.

• Allo stato attuale non si dispone di dati e informazioni sufficienti ad identificare tra questi lo scenario più probabile.

• Comunque, l’ipotesi di espansione della morbilità nella sua versione estrema appare decisamente poco plausibile, e questo porta a rivedere le valutazioni degli effetti dell’invecchiamento basate sulla proiezione nel futuro dei profili attuali di spesa per età.

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Effetti dell’invecchiamento• Le analisi empiriche (soprattutto con riguardo alle spese sanitarie, in particolare

ospedaliere, mentre la scarsità dei dati limita le possibilità di analisi sulla LTC) verificano che la distanza dal decesso influenza la spesa sanitaria molto più dell’età anagrafica.

• Il rapporto fra il costo medio pro-capite riferito agli individui deceduti e ai sopravviventi in un determinato periodo di tempo risulta molto elevato, e tende a ridursi al crescere dell’età, principalmente a causa della progressiva diminuzione dei death costs fra i più anziani (nel caso della long term care sembra invece emergere un livello di tali costi piuttosto stabile con l’età). Questa può essere motivata dalla presenza di patologie letali diverse nelle varie classi d’età, da una minore ospedalizzazione e un minor accanimento terapeutico verso i pazienti più anziani, da eventuali forme di razionamento delle prestazioni.

• Sulla base dei dati relativi a quattro regioni italiane si è stimato che il rapporto fra i costi delle cure ospedaliere sostenute, rispettivamente, da individui nell’ultimo anno di vita e sopravviventi della stessa età si colloca su livelli intorno a 10 nella classe 65-69 anni, ed è in calo nelle età successive, fino a valori prossimi a 2 per gli ultra-ottantaquattrenni. Tali risultati sono piuttosto coerenti con quelli trovati per altri Paesi.

• Trascurare questo aspetto e adottare profili costanti di spesa per età conduce ad incorrere in una “fallacia da composizione”, delineando uno scenario ingannevole di crescita della spesa per la salute. Infatti, la correlazione fra età e spesa sanitaria risulta in qualche misura inficiata dall’elevata correlazione fra età e tassi di mortalità, e si rivela pertanto almeno in parte spuria.

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Proiezioni della spesa pubblica sanitaria italiana, in % del PIL 2007 2060 Variazione Demografico puro (espansione della morbilità)

5,9 7,1 1,2

Death related costs 5,9 6,9 1 Salute costante (equilibrio dinamico)1 5,9 6,3 0,5 Elasticità al reddito superiore all'unità2 5,9 7,3 1,5 Costi unitari legati alla produttività 5,9 7,7 1,8

Ipotesi di base: I costi unitari si muovono in linea con l'andamento del PIL pro capite; l’elasticità al reddito della spesa sanitaria è pari a 1

1 Lo scenario di compressione della morbilità non è presente nelle più recenti proiezioni del CPE; quelle del 2006 indicavano un aumento della spesa di 0,3 punti di Pil nel 2050 rispetto al 2004.2 L’elasticità al reddito della spesa sanitaria è supposta convergere da un livello di 1,1 nel 2007 ad 1 a fine periodo.

Fonte: Comitato di Politica Economica (2009, 2006)

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Proiezioni della spesa pubblica italianaper LTC, in % del PIL.

Ipotesi di base: I costi unitari si muovono in linea con l'andamento del PIL per lavoratore

1 La quota di individui che riceve assistenza informale si riduce dell'1% ogni anno e l'offerta pubblica aggiuntiva è fornita per metà a domicilio e per metà in centri di cura.

Fonte: Comitato di Politica Economica (2009)

2007 2060 Variazione Demografico puro 1,7 3,1 1,4 Invalidità costante (equilibrio dinamico) 1,7 2,8 1,1 Costi unitari crescenti in base al PIL pro capite 1,7 2,8 1,2 Incremento differenziato nell'offerta pubblica1 1,7 3,9 2,2 Incremento nell'offerta pubblica domiciliare 1,7 3,6 1,9 Incremento dell'assistenza formale in case di cura 1,7 4,2 2,5

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Quale futuro per sanità e LTC?• La letteratura economica ha decisamente ridimensionato le valutazioni dell’importanza del fattore

demografico sulla crescita della spesa sanitaria. • Alcuni esperti segnalavano da tempo che l’eccessiva enfasi sulla crescita della spesa dovuta

all’invecchiamento serviva a giustificare i passati incrementi, facendoli apparire inevitabili, e a rafforzare la richiesta di maggiori risorse – magari provenienti dai privati e dall’introduzione di un pilastro complementare a capitalizzazione in sanità, possibilmente favorito da agevolazioni fiscali - volte a incrementare i redditi dei fornitori di assistenza sanitaria.

• Una volta ridimensionate le preoccupazioni legate all’esplosione del fattore demografico, l’attenzione è stata rivolta ad altre ragioni di crescita della spesa, come l’aumento del reddito e il progresso tecnico.

• Tuttavia anche tali fattori tendono a favorire un miglioramento del livello quantitativo e qualitativo delle prestazioni. Inoltre il loro impatto è difficile da valutare ed è ampliato dal fatto che essi interagiscono con il mercato non concorrenziale e atipico della sanità, dove pure si esprimono le aspettative di crescita dell’industria della salute

• Invece, per la LTC, la maggior parte degli osservatori ritiene auspicabile un’estensione dell’intervento pubblico.

• La vera sfida cui ci troviamo di fronte è quella di rendere compatibili una domanda di salute che aumenta con l’incremento del benessere (includendo sempre più spesso trattamenti non salvavita, ma volti a migliorare la qualità della vita), la scoperta di tecnologie più efficaci, le aspettative di sviluppo dell’industria della sanità, gli equilibri finanziari.

• La strada maestra deve essere quella dell’appropriatezza e di una corretta valutazione scientifica dell’efficacia clinica

• Tuttavia non si può escludere la possibilità di un cambiamento della struttura dei consumi, per accogliere più servizi di cura e forse meno prodotti di altro tipo. La domanda dei cittadini potrebbe anche essere rivolta ad aumentare l’intervento pubblico nei servizi sanitari e alla persona, seguendo una strada già delineata da Baumol e di fatto intrapresa, ad esempio, da alcuni Paesi del Nord Europa, con la fornitura estesa di servizi, soprattutto per i bambini e gli anziani, assicurati attraverso una forte intermediazione pubblica e accrescendo la partecipazione delle donne al mercato del lavoro.

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Quale futuro per la tutela delle donne anziane?

• Evidentemente questa ipotesi ci porta a riflettere su come il fenomeno dell’invecchiamento richieda un ripensamento del nostro sistema di welfare anche al fine del superamento della discriminazione di genere nell’accesso ai trattamenti monetari di tipo pensionistico

• Un tale ripensamento dovrebbe essere considerato insieme alle altre due strategie generalmente proposte per contrastare la riduzione dei tassi di sostituzione del sistema pubblico e continuare a garantire prestazioni pensionistiche adeguate nel futuro, la diffusione della previdenza complementare e il posticipo dell’età di pensionamento:

– sul primo punto, va osservato che, affinché la previdenza integrativa possa garantire un recupero dei tassi di sostituzione, è necessario che vi sia una adesione piena e continuativa (tralasciando considerazioni sui rendimenti e i rischi associati agli investimenti): le carriere lavorative femminili e i salari ad esse associati rendono meno probabile questa evenienza. Infatti dai dati della Covip (2007) emerge che tra i nuovi aderenti gli iscritti di sesso maschile costituiscono circa il 63%. Inoltre, solo le tradizionali pensioni pubbliche sono quasi perfettamente protette dall’inflazione , al contrario di quelle a capitalizzazione individuale, e le conseguenze saranno più gravi per le donne, a causa della più elevata speranza di vita femminile.

– il posticipo dell’età di pensionamento produrrebbe una maggiore contribuzione e coefficienti di trasformazione più elevati, e il suo effetto sarebbe rafforzato in presenza di coefficienti uniformi. Tuttavia, il successo di questa strategia dipende chiaramente dalla funzionalità del mercato del lavoro e dalla sua capacità di assorbire lavoratori anziani, per di più di genere femminile, ed è messo a rischio dall’aumento della pressione sulle donne per il lavoro di cura.

• La flessibilità nell’età di uscita dal mercato del lavoro per uomini e per donne è una possibile soluzione per superare le differenze di genere nel sistema pensionistico. Se associata ad uno schema incentivante al prolungamento dell’età lavorativa, questa misura potrebbe anche rappresentare un’efficace risposta alla sfida dell’invecchiamento, a condizione che non solo i lavoratori, ma anche le imprese rispondano a questo incentivo. La flessibilità nell’età di pensionamento potrebbe essere anche una soluzione per superare il problema dei diversi requisiti di accesso alla pensione di vecchiaia, inferiori per le donne.

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Quale futuro per il welfare?• Tornano al centro dell’attenzione il mercato del lavoro e la condivisione delle

responsabilità nella famiglia e sul mercato tra uomini e donne. A tale proposito gli elementi istituzionali e quelli culturali giocano un ruolo rilevante.

• Appare importante una revisione dell’entità e della distribuzione delle risorse dello Stato sociale tra diverse funzioni, con un maggior rilievo dato a componenti finora marginali.

• Affrontare il tema del genere nell’ambito dei sistemi pensionistici richiede di riconoscere l’influenza che sui redditi pensionistici esercitano altre politiche, come la tassazione dei redditi (su base individuale o familiare), la presenza di sussidi per la cura ai figli, le politiche di conciliazione (orari scolastici o flessibilità sugli orari di lavoro per i genitori in presenza di figli piccoli, disponibilità di servizi reali per la cura della persona).

• Un ambiente istituzionale favorevole è anche essenziale per sostenere i cambiamenti culturali necessari per eliminare le disparità negli esiti economici. Occorre:

– scardinare la percezione delle imprese che il costo della fertilità sia esclusivamente femminile e indurle a rispettare i tempi di conciliazione della vita familiare e professionale;

– superare la divisione dei ruoli nella famiglia e arrivare a una condivisione del lavoro domestico e sul mercato.

• Una maggiore presenza femminile ai vertici della politica può contribuire ad aumentare il supporto per politiche di spesa per le famiglie e a promuovere un modello in cui uomini e donne siano ugualmente coinvolti nella vita familiare e lavorativa.