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SOMMARIORivista della società nazionaledegli operatori della prevenzione

NUMERO 63SETTEMBRE 2004

EDITORIALEIn questo numerodi Roberto Calisti

NUMERO SPECIALERISCHIO CHIMICOPrima parte 3Valore e limiti dei valori-limiteG.SesanaStrategia europea per unapolitica delle sostanze chimiche óF.CarnevaleRegole nuove per l'industriachimica europeaM.L.ClementiI modelli regionali divalutazione del rischio chimico 12M.Fontana, R.Riggio e C.GovoniSicurezza nell'impiegodi agenti chimici 16R.Casula e M.PaoliIl ruolo dell'Asl 18D.Taddeo, G.Di Leonee D.SpinazzolaSorveglianza sanitariaper esposti a rischio chimicomoderatoR.CalistiCancerogenesi:

2ócausalità e tempoD.MirabelliRischio cancerogeno

36nell'industria della gommaD.Mirabelli

40Esposizione ad asbestoEMollo

42Prova incrociataEBianchelliAcconciatori e rischio chimico 44S.Fortuna

5Patologie da cementoR.Stopponi

5 2Allergie al laticeR.Stoppon iOpifici mundi

56e la filanda di BoffaloraEBianchelliCircolare 7 gennaio 2004

5 7Ministero della salute

IN POLTRONA 62

In copertinaL'alchimista, di Pieter Bruegel, (1558?),incisione a bulino, Kupferstichkabinett,Berlino. Particolare.

NewsnopL'immagine in copertina fa pensare a unagrande cucina, con pentoloni fumanti,stoviglie, ingredienti sparsi qua e là, sac-chi aperti e polverosi, gente indaffarata.Sui recipienti l'etichettatura appare comeminimo incompleta. Commentando lacopertina il nostro direttore scrive "...è lachimica dei secreti gastrici, dei miasmifetidi che scaturiscono dalle ampolleintestinali, dal crasso e dal retto, in quelmescolarsi di putridi lerciumi..." Quandomai nei moderni insediamenti produttivipotremmo ancora trovare qualcosa disimile? Oggidì tutto è ordinato e ben clas-sificato, le sostanze a rischio chiuse inarmadi a tenuta o in pulitissimi e nonaccessibili depositi. Beati voi, o control-lori, dai compiti così facilitati.

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QUESTO NUMEROQuesto numero monografico è statocoordinato da Roberto Calisti.

PER I SOCI SNOPQuote sociali QUESsocio ordinario 30,00 (trenta curo) L1J Ivi E ROsocio sostenitore 50,00 (cinquanta euro) TO N

(PIÙ UNO DEI SUCCESSIVI)

SUL PROSSIMONUMEROÈ in corso di redazione un numero dellarivista dedicato al tema della salute glo-bale, dove saranno pubblicate analisigenerali dell'argomento, trattate da pro-fessionisti autorevoli e competenti comeStefanini, Maciocco, Mantovani e Cera-ci; saranno presentate inoltre le primeesperienze di operatori di sanità pubblicadiversamente impegnati in programmi einiziative per la tutela e la promozionedella salute dei cittadini immigrati nelnostro Paese ma anche delle popolazioninel Sud del Mondo. L'obiettivo è quellodi presentare il tema della salute globale,visto dalla parte di chi viene a vivere nelnostro Paese in condizioni di precarietà,e quindi diventa soggetto debole da tute-lare con interventi di sanità pubblica, mavisto anche attraverso le esperienze dicooperazione nei Paesi poveri. Saràun'ulteriore occasione quindi per riflette-re sul tema delle diseguaglianze e su cosavuoi dire occuparsi di problemi di salutedella popolazione per il nostro ambitoprofessionale, in cui convivono conser-vatorismo e voglia di cambiamento, eche comunque deve darsi criteri di prio-rità per lo sviluppo delle proprie azioni.

Viviamo in un'epoca di scarsi entusia-smi, grandi cambiamenti e piccole spe-ranze. Parlare di rischio chimico occupa-zionale (in senso lato: comprese le pol-veri di legno, il quarzo, l'amianto...)può sembrare a metà tra l'archeologianostalgica e il lusso radical-chic. Eppu-re. La Cina aumenta in modo esplosivo ilproprio fabbisogno energetico, il suoconsumo di petrolio e carbone e quindila sua produzione di IPA, cosa che sicu-ramente interessa (anche) gli ambienti dilavoro. Quanti IPA, del resto, fino adepoca del tutto recente (cioè fino allacessazione delle rispettive fabbricazio-ni) nella produzione bresciana di elettro-di in grafite per l'industria siderurgica edi speciali mattoni refrattari. Il cemento-amianto in Italia non si fa più, ma inEcuador sì. Ci siamo accorti che il piom-bo fa male ai lavoratori-genitori e alla

loro prole in utero (se arrivano ad aver-la) anche a dosi ben più basse di quelleche molti vogliono ritenere sicure: e leesposizioni occupazionali a piomboanche oggi ci sono.Nel 2001 un piastrellificio marchigianosi accorge che all'argilla che usa vieneaggiunta (dal fornitore) cristobalite, percui molta silice libera cristallina si ritro-va dispersa nell'aria dei suoi ambienti dilavoro. Del resto, se si vuol avere i blue-jeans ben scoloriti e lisi appena dopocomprati bisogna che qualcuno li abbiasabbiati con della graniglia di quarzo eanche per questo, in qualche fabbrica,qualcuno respira silice libera cristallina.In qualche Paese extracomunitario(Svizzera) si attiva in questi anni unqualche movimento per ridurre il cromoesavalente nel cemento: quindi vuol direche esso (il cromo esavalente nel cemen-

di Roberto CalistiSNOP Marche

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IL RISCHIO TOSSICO,ALLERGOGENO,CANCEROGENO EMUTAGENO DA"AGENTI CHIMICI" EPOLVERI MINERALIPER I LAVORATORIDI OGGI

to) c'è ancora. Nel 2004 un calzaturificiomarchigiano, non appena intraprendeuna seria valutazione aziendale delrischio chimico, trova del benzene (alivelli di circa un terzo dell'attuale TLV)nell'atmosfera interna del proprio stabi-limento. L'oggettistica "decorativa" sifa, oggi come ieri, con tanta resina polie-stere disciolta in stirene, tante resineepossidiche a basso peso molecolare,tanti rivestimenti galvanici. A guardarenei reparti di verniciatura, il TDI spessoè ancora lì, nelle vernici e nei catalizza-tori. A guardare nella produzione disuole in poliuretano, spesso il tetraclo-roetilene e il diclorometano sono ancoralì e in questo settore, comunque, il pro-cesso di sostituzione tecnologica degliidrocarburi clorurati è in corso oggi, nonventi o trenta anni fa (se lo si vuol cono-scere e governare, il momento buono èquesto, non l'anno 3000). Quanti agentichimici diversi (IFA da olii plastificanticompresi) nell'industria della gommaattuale! Chi oggi produce fiori in Ecua-dor dà tanti pesticidi che a questi agentirisultano significativamente esposti i fio-rai scandinavi che quei fiorì sconfezio-nano, riconfezionano, vendono.E nel contempo quanta enfasi nel volersottoporre a visita medica gli operaiesposti a rischio chimico "moderato"("rilevante" o "irrilevante" che sia, nellarealtà, tale rischio) e nel voler identifica-re i lavoratori (geneticamente) iper-suscettibili! E sempre nello stessomomento storico quanto impegno nelvoler stabilire per legge un valore-limitedi esposizione per i cancerogeni (adesempio, 5 milligrammi di polveri di"legno duro" per metro cubo d'aria), aldi sotto del quale molti vorrebbero chegli obblighi dei tutela dei lavoratori siaffievolissero fino a divenire sottilicome singoli fogli di carta dei molti checompongono i documenti di valutazionedel rischio!Al di là di ogni ideologismo, proponiamoa professionisti della prevenzione pubbli-ci e privati, lavoratori e loro rappresen-tanti, aziende e loro rappresentanti unariflessione laica e concreta e un confron-to tecnico ed etico da cui nessuna perso-na corretta ha alcunché da temere.

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VALORE E LIMITI DEIVALORI-LIMITE DI ESPOSIZIONEAD AGENTI CHIMICI

di Giulio SesanaARPA LombardiaPresidente AIDII

PREMESSA

La caratterizzazione del rischio potenzialeper gli esposti ad agenti chimici è sempreun difficile compito per l'igienista indu-striale; occorre, per questo, una metodolo-gia certa e affidabile per definire flussi dilavoro, qualità dell'informazione acquisi-ta, livello di solidità delle decisioni cheman mano vengono assunte.

Un agente può provocare un dannosecondo una probabilità composita chetiene conto della sua pericolosità intrinse-ca, dell'entità dell'esposizione (data dalprodotto dell'intensità per la durata del-l'esposizione medesima) e della suscetti-bilità individuale della persona esposta.

Vi sono approcci differenziati alla rego-lamentazione delle sostanze chimiche. Inspecifico, la definizione di valori-limitedi esposizione ad agenti chimici è un pro-cesso di elevata complessità che vieneaffidato a gruppi tecnici di esperti, puòessere (o meno) soggetto a una ratificaistituzionale e comunque si articolasecondo modalità diverse a seconda:

• del profilo di pericolosità dell'agenteconsiderato (che può essere semplice-mente fastidioso oppure tossico, cancero-geno, mutageno, allergogeno o una com-binazione di tutto ciò);• del livello di protezione che si vuolegarantire agli esposti (si intendono pro-teggere tutti gli esposti da effetti lesivi diqualsiasi natura ed entità o la tutela che sivuol ottenere riguarda solo una frazionedegli esposti elo una parte dei possibilieffetti lesivi?);• del contesto regolatorio (si voglionostabilire norme di legge costrittive,norme di buona tecnica, semplici racco-mandazioni non vincolanti?).

In generale le nostre conoscenze sono taliche, anche alla luce delle migliori evi-denze disponibili, permane un certogrado di incertezza nelle conclusionidegli esperti e il valore dell'esposizioneche si decide di consentire risulta da uncompromesso tra:

• le evidenze direttamente basate su datidi salute e patologia;• il livello di cautela e garanzia che siintende assumere a fini di tutela dellasalute e della sicurezza;• all'esperienza tecnologica e organiz-zativa maturata in campo industriale;• le esigenze economiche e tecnologi-che degli Stati e del mondo produttivo.

Per le sostanze non-cancerogene, non-mutagene e non-allergogene si può parla-re di un Admissible Daily Intake (ADI)dato dal rapporto tra il livello di esposi-zione per cui non sia stato osservato alcuneffetto lesivo (No Observed Effect Level -NOEL) ovvero No Observed AdverseEffect Level - NOAEL) e un adeguato fat-tore di sicurezza (Safety Factor SF) pro-porzionale al grado di incertezza che per-mane. Il criterio con cui viene fissato ilvalore-limite per tali sostanze può variare aseconda di ciò che si vuole prevenire: verie propri danni per la salute, semplici fattiirritativi, fenomeni di riduzione dello statodi vigilanza, disagio, altre forme di stress.I danni per la salute di cui tenere contocomprendono quelli che vanno a ridurrel'aspettativa di vita, compromettere le fun-zioni fisiologiche, ridurre la capacità diresistenza ad altri agenti tossici o allemalattie in genere, influire negativamentesulla capacità riproduttiva o sui processi disviluppo. In ogni caso, il fattore di sicurez-za adottato deve tener conto delle differen-ze correnti tra ambito sperimentale e realtàgenerale degli ambienti di lavoro.

Per le sostanze cancerogene elo mutage-ne, la ricerca di un valore-limite "accetta-bile" è più difficile; ci si deve basare con-giuntamente su conoscenze generali rela-tive ai meccanismi della cancerogenesi edella mutagenesi, su modelli matematicidella relazione dose-risposta, sui dati dicancerogenesi/mutagenesi sperimentale,sui risultati di studi epidemiologici. Lascelta tra i vari modelli matematici dispo-nibili per la stima della relazione dose-risposta comporta anche assunzionidiverse riguardo all'esistenza, o meno, diuna dose-soglia, intesa come dose al disotto della quale non si avrebbe alcuneffetto lesivo.

Per gli allergogeni non è possibile assu-mere a priori alcun livello di esposizionesicuramente privo di effetto sensibiliz-zante, potendosi in ogni caso assumereche l'aumentare di intensità e duratadelle esposizioni sicuramente comportaun incremento del numero dei soggettisensibilizzati sul numero dei soggettiesposti; va inoltre tenuto conto del fattoche soggetti già sensibilizzati manifesta-no fenomeni allergici anche per dosi diesposizione molto modeste.

I TLV ACGIH

Il pattern di valori-limite a tutt'oggi piùampio e noto è quello dei TLV (Thre-shold Lirnit Value) proposti, adottati e neltempo più volte aggiornati dalla statuni-tense ACGIH (Association Conference ofGovernrnental Industrial Hygienists).

I TLV ACGIH indicano le concentrazio-ni delle sostanze aerodisperse al di sottodelle quali 1'ACGIH ritiene che la mag-gior parte dei lavoratori possa rimanereesposta ripetutamente, giorno dopo gior-no, senza effetti negativi per la salute.

Più specificamente, 1'ACGIH distinguetre categorie di TLV:

• i TLV-TWA, intesi come livelli di con-centrazione atmosferica media ponderatanel tempo, su una giornata lavorativaconvenzionale di otto ore e su quarantaore lavorative settimanali, alla quale siritiene che quasi tutti i lavoratori possanoessere ripetutamente esposti, giorno dopogiorno, senza effetti negativi;• i TLV STEL, intesi come livelli diconcentrazione atmosferica alla quale siritiene che i lavoratori possano essereesposti continuativamente per breveperiodo di tempo senza che insorganoirritazione, danno cronico o irreversibiledi un tessuto, riduzione dello stato divigilanza di grado sufficiente ad accre-scere la probabilità di infortuni o influiresulla capacità di mettersi in salvo o ridur-

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re materialmente l'efficienza lavorativa,sempre nel presupposto che il TLV-TWAnon venga superato (il TLV-STEL noncostituisce un limite di esposizione sepa-rato e indipendente, ma piuttosto integrail TLV-TWA di una sostanza la cui azio-ne tossica sia principalmente di naturacronica, qualora per l'esposizione ad essaesistano anche effetti acuti riconosciuti);• i TLV-C, intesi come concentrazioneatmosferica che non deve essere superatadurante qualsiasi momento dell'attivitàlavorativa.

Fonti, natura, quantità e qualità delleinformazioni disponibili per stabilire unTLV variano da agente ad agente e diconseguenza sono variabili la "precisio-ne" e l'affidabilità dei vari TLV; per potervalutare l'insieme dei dati utilizzati èpossibile consultare la documentazionesu cui 1'ACGIH si è basata, che l'Asso-ciazione rende disponibile a pagamentotramite il proprio sito Internet.

In anni recenti l'ACGIH si è ancheimpegnata nell'attribuire una cosiddetta"notazione cute" agli agenti per i quali sisia evidenziato che l'assorbimento per-cutaneo riveste un ruolo patogeno signi-ficativo.

Sempre in anni recenti è stata inoltreadottata dall'ACGIH una lista di indica-tori biologici di esposizione intesi inlinea generale (pertanto, con alcune ecce-zioni) come valori di un indicatore che,con elevata probabilità, è possibileriscontrare in campioni prelevati da lavo-ratori sani esposti a livelli di concentra-zione nell'aria dell'ordine di grandezzadel TLV-TWA.

Nella dichiarazione pubblicata in pre-messa a ogni edizione dei propri TLV1'ACGIH evidenzia che, per tutte le con-siderazioni dette più sopra, i TLV mede-simi devono essere utilizzati in igieneindustriale come orientamenti o racco-mandazioni per la prevenzione dei rischiper la salute negli ambienti di lavoro enon possono essere impiegati per altrifini, ad esempio per la valutazione ed ilcontrollo dell'inquinamento atmosferico,per la valutazione di esposizioni conti-nue, ininterrotte o prolungate oltre l'ora-rio normale di lavoro, come prova oesclusione dell'origine di una malattia inatto o di particolari condizioni dell'orga-nismo, né possono essere automatica-mente traslati e adottati in Paesi nei qualile condizioni di lavoro sono diverse daquelle degli USA o nei quali differisco-no, rispetto agli USA, sostanze e proces-si impiegati.

Anche per la notevole variabilità dellasuscettibilità individuale, in presenza di

alcuni agenti a concentrazioni che sianopari o inferiori ai TLV, una piccola per-centuale di lavoratori può accusare disa-gio e per una più piccola percentuale dilavoratori si possono osservare effetti piùmarcati, per l'aggravarsi di condizionipreesistenti o per l'insorgere di unamalattia professionale. Alcuni lavoratoripossono essere ipersuscettibili ad unagente in conseguenza di fattori genetici,età, abitudini personali (ad esempio fumodi tabacco e assunzione di alcoolici), trat-tamenti medici, esposizioni pregresse;essi possono perciò risultare non adegua-tamente protetti contro effetti avversi perla salute per determinati da sostanze a cuisono esposti su livelli pari o inferiori alTLV. 11 medico del lavoro deve valutareil grado di protezione addizionale neces-sario per tutelare tali soggetti.

Vanno inoltre tenute presenti le interazio-ni, sia tra agenti occupazionali, sia traagenti di origine diversa. In caso di espo-sizione contemporanea a più agenti occu-pazionali che possono interagire sinergi-camente nel determinare effetti lesivi, èpossibile calcolare un TLV "miscela".Tra le esposizioni non occupazionali piùfrequenti e di cui occorre tener contoriguardo alle interazioni emerge quella algià citato fumo di tabacco (attivo e/o pas-sivo); esso può incrementare gli effettibiologici degli agenti chimici presenti inun ambiente di lavoro e indeboli re i mec-canismi di difesa dell'organismo.

SVILUPPO DEI VALORI-LIMITEA LIVELLO COMUNITARIO

La Comunità Europea può adottare:• raccomandazioni e risoluzioni nonvincolanti;• regolamenti vincolanti e direttamenteapplicabili negli Stati membri;• decisioni vincolanti per Stati membri,persone fisiche e persone giuridiche;• direttive che devono essere recepitecon provvedimenti legislativi propri diciascuno Stato membro.

In particolare, in materia di agenti chimi-ci occupazionali la Comunità Europeapuò decidere la fissazione di valori-limi-te e prescrivere determinate modalità dicampionamento, di misurazione e divalutazione dei risultati (può anche pre-scrivere modalità di campionamento,misurazione e valutazione rispondenti ametodi di riferimento da essa stessa indi-cati ovvero a metodi che consentanorisultati equivalenti). E possibile utilizza-re metodi sia di misura sia di stima delleesposizioni, eventualmente combinando-li; in ogni caso, per valutare la probabilitàdi un superamento del valore-limite ènecessario valutare misure e stime di

esposizione in ragione della variabilitàdell'esposizione sia nel tempo sia tra unoe l'altro dei lavoratori di un gruppo purassunto come "omogeneo". Tra gli stru-menti disponibili a tale riguardo si evi-denzia il test OTL, che metodologica-mente risponde ai requisiti della normaUNI EN 689/97, garantisce un approcciosistematico alla variabilità numerica ealla variabilità impiantistica e può esseremesso in collegamento con i dati dimonitoraggio biologico.

Per gli agenti a pericolosità genomica(mutageni e/o cancerogeni, teratogeni)non viene ammessa l'esistenza di unadose-soglia ai fini regolamentatori; ven-gono prefigurati esclusivamente valori-limite "pragmatici" basati su previsionidi rischio e livelli di accettabilità di talerischio. L"'accettabilità" del rischio can-cerogeno viene assunta in linea conquanto stabilito dall 'EPA (Envir-onmentalProtectron Agenc_y) statunitense nel1998 che, in conseguenza dell'esposizio-ne a un dato agente, considera il livello dirischio incrementale lungo l'intero arcodella vita: "trascurabile" se inferiore a uncaso per milione di esposti; "accettabile"se collocato tra un caso per milione diesposti e un caso per centomila esposti;"tollerabile" se collocato tra un caso percentomila e un caso per diecimila espo-sti; "intollerabile" se superiore a un casoper diecimila esposti. Anche per lesostanze allergizzanti e per ogni altroagente per cui non sia possibile indivi-duare un valore-soglia corrispondente aun "rischio zero" la Comunità Europeanon prevede altro che valori-limite"pragmatici".

Ai fini dell'adeguamento al progressotecnico e per l'elaborazione di un propriopattern di valori-limite, nel 1988 laComunità Europea ha istituito un comita-to ad hoc composto da rappresentantidegli Stati membri e presieduto da unrappresentate della Commissione.

Nel 1990 la Comunità Europea ha poideciso di fissare, nelle proprie direttive,anche dei valori-limite specifici ed even-tuali altre disposizioni direttamente con-nesse riguardo a tutti gli agenti canceroge-ni per i quali, sulla base delle informazio-ni disponibili, tale processo sia possibile.

Con decisione della Commissione Euro-pea del 12 luglio 1995 è stato costituitolo SCOEL (Scientifie Committee forOccupational Exposure Lirnits); ad essosono attribuiti compiti di supporto tecni-co della Commissione tramite pareriemanati su richiesta riguardo a qualsiasimateria di argomento tossicologico e ingenere relativa agli effetti sulla salute deilavoratori esposti ad agenti chimici.

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Nell'ambito dello SCOEL si è raggiuntoil consenso riguardo:

• alla strategia per definire il valore-limite per esposizioni di breve durata(quindici minuti);• alla strategia sul modo di applicare ifattori di sicurezza / incertezza;• alla strategia per attribuire una "nota-zione cute";• all'interpretazione dei risultati deglistudi neurocomportamentali;• alla valutazione della tossicità ripro-dutti va;• alla valutazione delle sostanze aller-gizzanti;• ai criteri di determinazione di valori-limite biologici;• ai criteri di determinazione di valori-limite ponderati per esposizioni protrattesulle otto ore;• al proprio ruolo nel valutare i cancero-geni chimici.

La metodologia "europea" per la defini-zione normativa di valori-limite di espo-sizione occupazionale ad agenti chimicicomprende le seguenti fasi:

• redazione di un dossier o documento;• valutazione dei contenuti del dossier/documento e di altri dati rilevanti;• elaborazione di una raccomandazioneagli organismi comunitari per l'adozionedi un valore-limite in ambiente di lavorostabilito su basi scientifiche "health-based";

• raccolta di commenti sulla raccoman-dazione da parte delle forze sociali eimprenditoriali e del mondo scientifico,previa adeguata pubblicizzazione;• proposta di una figura numerica dilimite di esposizione occupazionale(Occupational Exposure Limit - OEL) daparte della Commissione Europea;• consultazione con I'Advisory Conamit-tee for Safety, Hygiene and Health Pro-tection at Work e acquisizione dei pareridel Comitato Economico Sociale e delParlamento Europeo;• discussione della proposta di valore-limite da parte del Consiglio dei Ministri;• assunzione di una posizione comune.

Qualora il Parlamento Europeo approvila proposta senza introdurre modifiche onon decida in merito entro tre mesi, ilConsiglio dei Ministri può adottare ilvalore-limite a maggioranza qualificata.Qualora il Parlamento Europeo propongamodifiche al valore-limite, la Commis-sione Europea può anche scegliere di nonaccogliere tale istanza di modifica e rin-viare al Consiglio dei Ministri che puòadottare il valore-limite "originario"all'unanimità ed entro il termine di tremesi; nel caso che la Commissione Euro-pea invece accolga l'istanza di modifica,essa rinvia al Consiglio dei Ministri cheentro il termine di tre mesi può adottare ilvalore-limite (altrimenti esso è automati-camente non adottato).Qualora il Parlamento Europeo rifiuti laproposta, il Consiglio dei Ministri può

comunque adottare il valore-limite all'u-nanimità ed entro il termine di tre ovveroquattro mesi.

È evidente che, per tale processo, sono inprima istanza e in varia misura necessario comunque importanti:• l'esatta identificazione della sostanzadi cui ci si sta occupando;• la conoscenza delle sue proprietà fisi-co-chimiche;• la conoscenza della sua diffusione neiprocessi produttivi;• l'identificazione di gruppi di espostiparticolari;• dati quantitativi di produzione e diimpiego;• informazioni anche quantitative sumodalità di esposizione e assimilazione;• conoscenze circa la cinetica e la dina-mica patogena dell'agente assorbito;• metodi e tecniche di campionamento,misura e analisi;• possibilità di raffronto con valori-limite esistenti e già applicati;• la specificazione dei temi che, perinsufficienti conclusività dei dati dispo-nibili, richiedono approfondimenti.

L'identificazione della sostanza avvienetramite:• la denominazione e il numero CAS;• la denominazione e i numeri IUPAC,EINECS e di altri repertori;• il numero e l'etichettatura CEE;• la lista dei sinonimi e dei marchidepositati;• dati su gruppo chimico, massa atomi-ca e molecolare, formula, struttura, even-tuali isomeri, impurezze;• profili di composizione per gli agentia composizione variabile.

Le proprietà fisico-chimiche da conside-rare comprendono lo stato di aggregazio-ne, la forma e il colore, il punto di fusio-ne e il punto di ebollizione in °C, il pesospecifico a 20°, la tensione di vapore, ladensità del vapore, la concentrazione disaturazione in aria, la solubilità in acquae nei grassi, la soglia olfattiva, il coeffi-ciente di ripartizione ottanolo / acqua,per i particolati la forma, la grandezza ela distribuzione di frequenza della gran-dezza delle polveri ovvero fibre, il puntodi accensione e il punto di infiammabi-lità, il potenziale redox.

Una direttiva del Consiglio Europeo del7 aprile 1998 precisa quanto segue: "LaCommissione propone, sotto forma divalori-limite indicativi di esposizioneprofessionale, obiettivi europei in mate-ria di protezione dei lavoratori dai rischichimici, da fissare a livello comunitario.Tali valori-limite sono fissati o rivedutitenendo conto della disponibilità di tecni-che di misurazione. Per ogni agente chi-

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STRATEGIA EUROPEA PERUNA FUTURA POLITICADELLE SOSTANZE CHIMICHE(REACH)

di Francesco CarnevaleServizio PISLL

ASL Firenze

mico in relazione al quale sia fissato, alivello comunitario, un valore-limiteindicativo di esposizione professionale,gli Stati membri fissano un valore limitenazionale di esposizione, tenendo contodel valore-limite comunitario, e ne deter-minano la natura in base alla normativa ealla prassi nazionali." (14° Direttiva Par-ticolare ai sensi dell'art. 16 paragrafo 1della Direttiva 89/39 I /CEE).

Nel caso delle ammine aromatiche can-cerogene beta-naftilammina (BNA), 4-amminodifenile e benzidina e dei lorosali, la Comunità Europea si è orientataverso un (purtroppo incompleto) bandodi produzione, commercializzazione edimpiego.

Per altri agenti chimici quali il cloruro divinile monomero (CVM), il benzene, ilpiombo e i suoi composti ionici, sonostati adottati valore-limite costrittivi (bin-ding limit values).

Resta la possibilità di valori-limite acarattere solo indicativo che:• riflettano le valutazioni di esperti sullabase di dati scientifici;• siano adottati dalla CommissioneEuropea;• debbano essere tenuti in considerazio-ne dalle autorità nazionali degli Statimembri.

Fino al recentissimo passato l'Italiadisponeva di pochissimi valori-limitenazionali. Con Decreto del Ministero delLavoro e delle Politiche Sociali del 26febbraio 2004, pubblicato sulla GazzettaUfficiale del 10 marzo 2004 - serie gene-rale n. 48 - pagg. 16-18, l'Italia ha defi-nito una lista nazionale di valori-limiteindicativi di esposizione professionale asessantaquattro agenti chimici (detta listasostituisce l'allegato VllI-ter del decretolegislativo 626/94). Nella maggior partedei casi, i valori-limite italiani sono piùbassi dei corrispondenti TLV-TWAACGIH e quindi particolarmente caute-lativi; fa eccezione soprattutto il piombo,per cui è stato confermato il già esistenteun valore-limite italiano, ingiustificata-mente collocato su livelli per i quali èben noto che un'esposizione provocadanni.

Febbraio 2001: la Commissione Europeapubblica il "Libro Bianco" che stabiliscele future strategie per la riforma dellaregolamentazione europea della chimica.2001 - 2002: viene elaborato il nuovoregolamento applicativo del "LibroBianco" dalle Commissioni Ambiente eIndustria dell'Unione Europea.7 maggio 2003: i commissari presentanola "Proposta di nuovo regolamento euro-peo per le sostanze chimiche".10 maggio - 10luglio 2003: viene attivatauna consultazione in Internet, aperta a tuttie vengono espressi oltre 6.000 pareri.29 ottobre 2003: varo da parte della Com-missione della "Proposta del nuovo regola-mento" "emendata" che doveva essereapprovata dal Parlamento dal ConsiglioEuropeo entro il mese di aprile 2004.

Queste le tappe per la nuova "Strategiaper una futura politica delle sostanzechimiche", comunemente conosciutacome Reach (Registration, Evaluationand Authorisation of Chesnicals) che aquesto punto occuperà i lavori dellanuova Commissione Europea giungendoin porto non prima del 2005. Il Reach èdestinato a sostituire una quarantina didirettive esistenti e toccherà numerosisettori di attività. Inoltre l'adozione dellostrumento del Regolamento implica, dalpunto di vista legislativo, che appenaesso entrerà in vigore, sarà direttamenteapplicabile nei 25 Stati membri.

La norma è illustrabile con tre puntichiave:1. Attuazione del sistema Reach:a) registrazione delle informazioni su

tutte le sostanze che superano una pro-duzione di una tonnellata l'anno (leinformazioni devono essere fornite dalleimprese produttrici e/o che commercia-no il prodotto nell'U.E., e saranno cen-tralizzate in una banca dati europea).b) Valutazione del rischio delle sostanzecon una produzione di oltre 100 tonnel-late l'anno e di quelle al di sotto di que-sta quantità ma che comportano deirischi rilevanti.c) Autorizzazione preventiva all'immis-sione sul mercato delle sostanze poten-zialmente dannose per la salute umana el'ambiente (sia la sostanza in quanto talesia come componente di un prodotto).

2. Disposizioni che riguardano le respon-sabilità e le procedure per la valutazionedei rischi da parte dell'industria.

3. Creazione di una vera e propria agen-zia europea incaricata della gestione edel controllo del sistema.

Spetterà all'industria fornire i dati e avalutare i rischi connessi all'uso dellesostanze chimiche.La responsabilità delle informazioni saràsuddivisa tra i produttori, importatori eutilizzatori delle sostanze chimiche.In genere il dare le informazioni e la valu-tazione dei rischi spetteranno ai produtto-rilimportatori, tuttavia nel caso in cui siutilizzino sostanze che provengono dapaesi extra-comunitari, e quindi non regi-strati nella UE, sarà Io stesso utilizzatorea dover provvedere all'analisi dei rischi(in quanto importatore) e alla registrazio-ne presso l'agenzia europea dei dati.

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Le associazioni dell'industria, pur con-dividendo i principi orientati ad un cor-retto sviluppo sostenibile, teme che que-sta nuova regolamentazione, così come èstata concepita, porti l'intero sistemaindustriale (in particolare le piccole emedie imprese) fuori dal mercato perl'eccesso di oneri riguardanti le certifi-cazioni e forme di burocrazia.Secondo il WWF la bozza di legge euro-pea sulle sostanze chimiche (REACH)pubblicata dalla Commissione Europea ètroppo "leggera", indebolita in rispostaalle continue pressioni dell'industria chi-mica e chiede che il Parlamento Europeoe i Ministri dell'Unione Europea lamigliorino prevedendo:• l'aumento delle informazioni richie-ste sulla sicurezza delle sostanze chimi-che prodotte in quantità da 1 a 10 ton-nellate l'anno (che rappresentano i dueterzi dei circa 30.000 agenti chimici pre-senti sul mercato), nonché l'aggiunta ditest non effettuati su animali per verifi-care l'impatto che le sostanze chimichehanno sull'ambiente;• l'eliminazione di ogni scappatoia chepermetta alle industrie di continuare adutilizzare sostanze chimiche persistenti ebioaccumulabili (definite "very highconcern") qualora siano disponibili altrepiù sicure. Le sostanze chimiche "veryhigh concern" sono quelle cancerogenee quelle che si accumulano nei nostricorpi e nell'ambiente, definite persisten-ti e bioaccumulanti;• standard di sicurezza garantiti ancheper i prodotti che vengono importati nel-l'Unione Europea, per evitare che i con-sumatori e l'ambiente vengano esposti arischi sconosciuti;• l'aumento di informazioni, accessibi-li a tutti, su produzione, utilizzo e sicu-rezza delle sostanze chimiche;• l'introduzione di un obbligo di regi-strazione comune per le sostanze chimi-che, in modo che ogni compagnia cheproduca sostanze chimiche non le regi-stri separatamente. Questo permettereb-be di risparmiare sui costi per la condi-visione di informazioni sulla sicurezza edi garantire che uno stesso test nonvenga ripetuto più volte.

I Sindacati europei (CES) a propositodel Reach hanno di recente approvato undocumento nel quale si sostiene che laproposta della Commissione costituisceun contributo significativo allo svilupposostenibile in conformità agli impegnipresi a Lisbona e a Goteborg dall'UnioneEuropea e dai suoi Stati membri.

Nel box alla pagina seguente riportiamoil documento tecnico allegato allaDichiarazione CES.

LINKSEuropean Commission websites on theFuture Chemicals Policy:europa.eu.intlcommlenv ironment/chemi-calslwhitepaper.htmeuropa.eu.intlconunlenvironmentlchemi-cals/reach.htmeuropa.eu.int/comm/enteiprise/chemicals/chempollwhitepaperlwhitepaper.htmEuropean Chemicals Bureau:ecb.jrc.itEuropean Council Presidency Conclusions:europa.eu.intJeuropean_council/conclu-sionslindex_en.htmEuropean Council Newsroom:ue.eu.int/NewsroomlContentsASP?LANG=1European Parliament Resolution on theWhite Paper:www3.europarl .eu .int/omklomisapir.so/pv2?PRG=QUERY&APP=P V 2&LAN--GUE=EN&TYPEF=A5 &FILE=BIBLIO01 &NUMERO=0356&YEAR=01The Swedish Chemicals Inspectorate(Keml) website on REACH:www.kemi.seldefault_eng.htmDepartment for Environment, Food andRural Affairs (UK) website on chemicalspolicy:www.defra.gov.uk/environment/chemi-cals/eufuture.htmDevelopment Initiative for ChemicalIndustry DependentAreas in the UK, web-site on chemicals policy:www.teesvalleyjsu.gov.uIddicidaukIkeyissueslchemstratlchemstratindex2.htmEurActive, on-line media on EuropeanUnion Policies - website on REACH:www.euracti v.com/cgibinlcgint.exe/1043

577-444?204&01DN=150628 8&tt=en.Report on US intervention from House ofRepresentatives and internai US govern-ment documents:www.house.govlreformlminlin ves_adminladmin reach.htmCefic website on chemical policy review:www.chemicalspolicyreview.org/

LETTERATURA- European Commission Industrial Che-micals: Burden of the Past, Challenge forthe Future, a Stakeholder Workshop, 24-25 February 1999.- White Paper - Strategy for a FutureChemicals Policy, 27 February 2001.- Communication from the Commissionon Impact Assessment, May 2002.

Building Block onAuthorisation of che-mical substances, July 2002.

Stakeholder Reactions on the InternetConsultation, 24 July 2003.- Proposal for a Regulation of the Euro-pean Parliament and of the Council etc(REACH Proposal)Yolumes 1-6, 29 Octo-ber 2003.- Commission Staff Working Paper -Extended Impact Assessment, COM(2003) 644 final, 29 October2003.- Memorandum of Understandingbetween the European Commission side(DG Enterprise and DG Environment)and Industry (UNICEICEFIC) to Under-take Further Work Concerning the ImpactAssessment of REACH, Aprii 2004.- Implications of the proposal for a newchemicals legislation - REACH system -for animai testing, undated.

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ALLEGATO ALLA DICHIARAZIONE DELLA CES SUL SISTEMA REACHA COMPLETAMENTO DELLA DICHIARAZIONE DELLA CESSono stati individuati alcuni aspetti sui quali a nostro avviso occorre riflettere ulteriormente, e precisamente:

i.Dovere di vigilanza (Duty of Care)Sotto quale forma reintrodurre nel sistema REACH il principio generale del "dovere di vigilanza" in modo da coprire le sostanze che non rien-trano nel campo di applicazione di questa normativa, e cioè quelle che sono prodotte o importate in quantità inferiori a I tonnellata annua(soglia di registrazione)? Per le sostanze registrate che non sono catalogate come pericolose, si dovrebbe forse prevedere la possibilità di chiede-re ai fabbricanti e agli importatori di documentare le fonti utilizzate a giustificazione dell'esclusione di tali sostanze dalla classificazione mettendo-le a disposizione, su loro richiesta, delle autorità responsabili?

2. RegistrazioneQuali saranno le conseguenze di una riduzione dei requisiti in materia di registrazione delle sostanze prodotte o importate in quantità compresetra I e I O tonnellate annue? L'esenzione di procedere ad una valutazione della sicurezza chimica e alla stesura di un rapporto di sicurezza chimi-ca per le 20.000 sostanze considerate (i due terzi delle sostanze che dovranno essere registrate in base a REACH) non si tradurrebbe di fatto inun possibile scadimento delle condizioni di salute e sicurezza dei lavoratori esposti alle sostanze pericolose? La gestione dei rischi non risultereb-be forse migliorata: o Se l'obbligo di fornire un Rapporto di Sicurezza chimica fosse applicato a tutte le sostanze prodotte o importate in quantitàsuperiori a una tonnellata l'anno?o Se i seguenti test fossero obbligatori per le sostanze prodotte o importate in quantità comprese tra I e I O tonnellate annue? I .Tossicità acuta2.Test di inibizione della crescita delle alghe 3.Test di biodegradabilità 2Vedi l'impegno volontario da parte dell'industria chimica tedesca nel 1997di fornire questi dati entro cinque anni per tutte le sostanze prodotte in quantità superiori a I tonnellata annua.

3.ValutazionePer garantire la qualità delle informazioni fornite dai fabbricanti o dagli importatori non sarebbe forse necessario esaminare la possibilità e la fatti-bilità di introdurre nel REACH un sistema di controllo di qualità da estendere contemporaneamente ai dati tossicologici e a quelli relativi all'e-sposizione?

4. AutorizzazioneNell 'attuale sistema REACH la procedura di autorizzazione si applica a determinate sostanze chimiche fonte di grande preoccupazione, e cioè iCMR, i PBT, e i vPvB. Non si dovrebbe forse estendere questo regime ad altri prodotti chimici altrettanto pericolosi come gli agenti sensibilizzan-ti cutanei e respiratori?

5. Connessioni tra REACH e la legislazione in materia di protezione dei lavoratoriE importante ricordare che la legislazione attuale relativa alla protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori contro i rischi da agenti chi-mici resta in vigore e che REACH dovrà dunque applicarsi senza pregiudicare le direttive che stabiliscono i requisiti minimi e cioè la 89139I/CEEla 9013941CEE, 981241CE. In questo quadro non sarebbe forse opportuno esaminare le possibili contraddizioni tra alcune disposizioni contenutenel sistema REACH e la legislazione vigente relativa alla salute e alla sicurezza nei luoghi di lavoro? Non sarebbe forse necessario riflettere sullapossibilità e la fattibilità di introdurre nel sistema REACH alcune disposizioni tese a rafforzare l'applicazione delle direttive relative alla protezionedella salute e sicurezza dei lavoratori? In particolare non si potrebbe prevedere di esaminare, di concerto con !e parti interessate, in che modorendere compatibili gli obblighi di valutazione previsti dalla direttiva 981241CE e quelli previsti dal sistema REACH?

6. Utenti a valle e piccole e medie aziendeTenuto conto che moltissime aziende in Europa hanno possibilità limitate, non sarebbe opportuno considerare l'eventualità di chiedere alle auto-rità di definire un piano di assistenza mirato soprattutto alle PMI e agli utenti a valle per facilitare l'applicazione di REACH? 3 CMR : cancerogeni,mutageni, tossici per l'apparato riproduttivo, PBT : persistenti, bioaccumulativi e tossici ; vPvB : estremamente persistenti e estremamente bioac-cumulativi 4 Direttiva Quadro sul Miglioramento della salute e della sicurezza dei lavoratori 5 Direttiva sulla protezione dei lavoratori contro irischi da esposizione ai cancerogeni 6 Direttiva sulla protezione dei lavoratori contro i rischi da esposizione ad agenti chimici

7. Impatto sull'occupazione, la salute e i programmi di ricerca europeiLa CES si è posta alcune domande anche in merito all'impatto che l'applicazione del regolamento REACH potrebbe avere sull'occupazione e lasalute nei vari settori di attività coinvolti. Nella eventualità che venissero intrapresi nuovi studi di valutazione di questo impatto la CES auspica dipotervi partecipare. Non sarebbe forse opportuno portare avanti una riflessione anche in merito all'influenza che REACH potrebbe avere sulladefinizione dei futuri programmi di ricerca europei?

Documentazione su ReachInger Schèrling rapporteur del "Libro Bianco " del Parlamento Europeo nei 2001 ha recentemente pubblicato un volume:REACH -The Only Planet Guide to the Secrets of Chemicals Policy inthe EU.What Happened andWhy?Brussels, April 2004ASP 08G 142, European ParliamentRue Wiertz, 8-1047, Brussels, BelgiumPhone: +32 2 284 57 [email protected], [email protected] sul sito:tutb.etuc.org/uklnewseventslnewsfiche.asp?pk = 119

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REGOLE NUOVEPER L'INDUSTRIA CHIMICAEUROPEA

di Maria Luisa Clementi

Sta per essere approvato dal Parlamentoeuropeo il provvedimento che regola-menterà la commercializzazione e l'usodelle sostanze chimiche negli anni avenire. L'onere della prova viene ribalta-to: d'ora in poi sarà compito dell'indu-tria dimostrare l'innocuità di una sostan-za prima dell'immissione sul mercato.Gli interessi in gioco sono enormi. Lelobby dell'industria chimica mondialesono al lavoro.

Tabella I - Principali strumentilegislativi attualmente in vigore

• Direttiva 6715481CEE del Consiglio con-cernente la classificazione, l'imballaggio e l'e-tichettatura delle sostanze pericolose, e suc-cessive modifiche(GU 196 del 16.8.1967, pag. I)

• Direttiva 8813791CEE relativa alla classifi-cazione, all'imballaggio e all'etichettatura deipreparati pericolosi(GU L 187 del 16.7.1988, pag. 14).

• Regolamento (CEE) n.793193 del Consi-glio relativo alla valutazione e al controllodei rischi presentati dalle sostanze esistenti(GU L 84 del 5.4.1993, pag. I).

• Direttiva 7617691CEE relativa alle restrizioniin materia di immissione sul mercato e di usodi talune sostanze e preparati pericolosi(GU L 262 del 27.9.1976, pag. 201).

Oltre a questa normativa esiste una legisla-zione specifica per determinati settori tracui quella sui prodotti fitosanitari o cosmeti-ci, sul trasporto di merci pericolose eccete-ra).Tutti questi strumenti saranno sostituiticon l'approvazione del nuovo regolamentoda parte del Parlamento e del Consiglio.

E anche i governi fanno sentire la propriavoce presso la Commissione europea.L'attuale politica comunitaria in materiadi sostanze chimiche non garantisce unasufficiente tutela per la salute e l'am-biente. A sostenerlo in modo esplicitonon è una ONG ambientalista ma laCommissione europea, che nel 1998 haanalizzato il funzionamento dei princi-pali strumenti legislativi che disciplina-no questo settore (vedi tabella I) e haconstatato che sulle caratteristiche tossi-cologiche e sugli usi delle centomilasostanze chimiche registrate nel mercatocomunitario prima del 1981 non si saquasi nulla. Solo dopo quella data, infat-ti, i produttori e gli importatori sono statiobbligati a eseguire test per valutare ipossibili rischi derivanti dall'immissio-ne sul mercato di nuove sostanze chimi-che. Nel frattempo quelle già registratepotevano continuare a circolare senzavincoli di valutazione. Questa disparitàdi trattamento tra sostanze "vecchie"(ante 1981) e nuove ha fatto sì che l'in-dustria non fosse interessata a sostituirequelle già in commercio (magari poten-zialmente pericolose) con prodotti nuovie più sicuri; tant'è che le sostanze regi-strate dopo l'entrata in vigore degliobblighi sono solo 2.700: un'esiguaminoranza rispetto alle oltre 100.000 chevengono quotidianamente utilizzatenella produzione dei più diversi beni diconsumo (dalle auto ai tessuti, dai mobi-li ai giocattoli).Inoltre, la legislazione in vigore prevedeobblighi solo per fabbricanti e importa-tori, ma non richiede informazioni agliutilizzatori a valle, ossia agli altri settoriproduttivi che si avvalgono dell'uso disostanze chimiche. Pertanto è difficileottenere dati sull'esposizione in questicomparti.Un altro punto debole delle norme attua-

li risiede nella lentezza del processo divalutazione dei rischi. Basti dire chedelle 140 sostanze "vecchie" identificatecome prioritarie, per le quali era statoprevisto nel 1993 un obbligo di valuta-zione ad opera dell'autorità pubblica, atutt'oggi solo quaranta hanno completa-to gli studi necessari alla conclusionedell'iter.Sul piano delle responsabilità, infine, lasuddivisione attualmente è tutta a van-taggio dell'industria: la valutazione deirischi è compito delle autorità pubbliche,mentre non incombono responsabilitàsulle imprese. Le decisioni in meritoall'opportunità di effettuare un esamepiù approfondito di una sostanza posso-no essere prese solamente tramite unaprocedura complessa, ed essere imposteall'industria solo qualora le autoritàabbiano comprovato la probabilità di ungrave rischio derivante dall'uso dellasostanza che si vuole esaminare. D'altrocanto, come riconosce la stessa Com-missione europea, senza dati tossicologi-ci ed ecotossicologici e senza informa-zioni sulle modalità di esposizione "èpressoché impossibile fornire questeprove" (Libro bianco, Strategie per unapolitica futura in materia di sostanze chi-miche, Commissione europea, com(2001)88 def. 7). In sintesi: finora il produttorenon era tenuto a dimostrare l'innocuità ela sicurezza del suo prodotto prima diimmetterlo sul mercato, mentre l'autoritàpubblica, se voleva imporre restrizioni,doveva dimostrare l'esistenza del rischio,ma non era nelle condizioni di farlo. Unasituazione iniqua e dannosa che i lavora-tori e i consumatori europei hanno condi-viso per tutto il secolo scorso.Preso atto dell'inefficacia della legisla-zione attuale, la Commissione ha presen-tato nel 2001 un libro bianco in cui sidelinea una nuova strategia per la futurapolitica europea in materia di sostanzechimiche. Nel giro di due anni e grazieanche a consultazioni con i soggetti diret-tamente interessati, tale strategia è statatradotta in una proposta di regolamento,pubblicata sul sito dell'Unione europeanel maggio 2003. Subito dopo è statoavviato un periodo di otto settimane diconsultazione via internet aperta a tutti(hanno risposto industriali, ONGambientaliste, associazioni di consuma-tori, sindacati, animalisti, ma anche auto-rità pubbliche di diversi paesi, per untotale di 6.000 interventi, tutti disponibi-li in rete). Da questa consultazione è sca-turita una seconda bozza che è stata fattapropria dalla Commissione ed è stata pre-sentata al pubblico il 29 ottobre 2003.Il perno di questa strategia è costituito daREACH (Registration, Evaluation andAuthorisation of Chemicals), un sistemaunico di registrazione, valutazione edautorizzazione di tutte le sostanze chimi-

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che vecchie e nuove. E forse la Commis-saria per l'ambiente Margot Wallstromdice a ragione che si tratta di "una pro-posta rivoluzionaria". REACH, infatti,ribalta l'onere della prova: d'ora in poisaranno le imprese che producono eimportano sostanze chimiche ad analiz-zare i rischi derivanti dalla loro utilizza-zione e ad adottare le misure necessarieper gestirli. Dal canto suo, l'autoritàpotrà valutare, chiedere approfondimen-ti e intervenire con limitazioni e divieti.Il nuovo sistema prevede diversi obblighi.

RegistrazioneCiascun produttore o importatore cheimmette sul mercato sostanze chimicheper quantità superiori a una tonnellatadovrà registrarle in una banca dati cen-trale. Il provvedimento riguarderà circa30.000 sostanze vecchie e nuove (all'ul-timo momento alcune sostanze di largoconsumo, come i polimeri e certi inter-medi, sono state escluse dall'obbligo).Le scadenze per la registrazione e laquantità di informazioni richieste dipen-dono dai rischi presentati dalla sostanzae dai volumi di produzione, ma in ognicaso il processo di raccolta dei datidovrà essere concluso per tutte entro unadata precisa: il 2016. Si immagazzine-ranno informazioni relative alle pro-prietà, all'utilizzazione e alle precauzio-ni per l'impiego delle sostanze chimi-che. I dati di sicurezza saranno trasmes-si anche a chi utilizza tali sostanze neiprocessi di produzione di altre merci,affinché l'impiego sia più sicuro e con-

sapevole e si riducano i rischi per lasalute dei lavoratori, dei consumatori eper l'ambiente.Si noti però che nelle norme attuali bastacommercializzare 10 chilogrammi diuna sostanza per avere l'obbligo di noti-fica, mentre con il sistema REACH sottola soglia di una tonnellata non c'è alcunobbligo. Ciò significa che, comunque,70.000 sostanze utilizzate in Europarimarranno "misteriose", perché nessunole importa o produce per quantità supe-riori a una tonnellata.

ValutazioneSi stima che per il 20 per cento dellesostanze (in particolare quelle per cuisono necessari esperimenti su animali),sarà necessaria una procedura di valuta-zione. Le autorità dei singoli stati mem-bri valutano sia i dossier presentati dalleaziende. sia la sostanza stessa in basealle conoscenze disponibili.Riguardo ai dossier, sarà preso in esame ilpiano di esperimenti sugli animali che l'a-zienda propone, con lo scopo di minimiz-zare il ricorso a questi ultimi. Uno degliobiettivi di REACH è infatti di evitare ilsacrificio non necessario di animalimediante la condivisione dei dati ottenutie il ricorso a fonti d'informazione alterna-tive (nel dibattito pubblico su questopunto sono emerse esigenze diverse:alcuni hanno ritenuto i test sugli animaliinsufficienti e ne hanno richiesti di più,mentre altri hanno chiesto di diminuirli).Il regolamento attribuisce inoltre alleautorità la prerogativa di valutare le

sostanze e di imporre ali' industria l'obbli-go di fornire ulteriori informazioni, nelcaso in cui vi sia il sospetto di un rischioper la salute umana o per l'ambiente.

AutorizzazionePer utilizzare sostanze che destanopreoccupazioni maggiori - come quellecancerogene, mutagene o tossiche per lariproduzione (CMR), le sostanze persi-stenti, bioaccumulative e tossiche (PBT)o molto persistenti e molto bioaccumula-tive (vPvB) - occorre richiedere un'au-torizzazione della Commissione. L'auto-rizzazione sarà concessa solo per usispecifici, e solo se si riconosce che irischi possono essere "adeguatamente"controllati. In caso contrario, la Com-missione valuterà se l'uso della sostanzapresenta un interesse socioeconomicotale da bilanciare i rischi che ne deriva-no e se può essere sostituita. La sostitu-zione tuttavia viene incoraggiata, manon è obbligatoria.

RestrizioniUn ulteriore elemento di sicurezza è datodalla possibilità, da parte della Commis-sione o di uno degli stati membri, di pro-porre limitazioni all'interno dell'UEanche quando la sostanza è già usata.REACH è frutto di una mediazione tral'esigenza di tutela della salute e del-l'ambiente e la salvaguardia della com-petitività dell'industria chimica europea.Quest'ultima ha un peso economicoenorme nell'Unione: è al terzo postonella classifica delle industrie maggiori,impiega direttamente 1,7 milioni diaddetti e altri tre milioni nell'indotto.Oltre alle multinazionali, in questo setto-re sono attive 36.000 piccole e medieimprese (il 96 per cento delle industriedel settore in Europa). Con una quota del31 per cento del fatturato mondiale, l'in-dustria europea ha generato nel 1998 unsaldo attivo pari a 41 miliardi di curo,precedendo anche gli Stati uniti (che inquell'anno hanno raggiunto solo il 28per cento del valore della produzione e12 miliardi di attivo).L'azione di lobbying della potente indu-stria chimica è probabilmente alla basedell'evoluzione e della diluizione subitadal progetto di riforma nel corso deltempo (si legga l 'intervento di Tony Musunel box). Rispetto alla prima bozza diregolamento pubblicata su internet nelmaggio 2003, la stima dei costi diretti chel'industria dovrà affrontare per adeguarsial nuovo sistema sono diminuiti dell'82per cento. Questa drastica riduzione èstata ottenuta limitando i passaggi buro-cratici, ma anche "facilitando" le procedu-re di registrazione ("L'obbligo di effettua-re valutazioni della sicurezza chimica èstato notevolmente ridotto" si legge nellaproposta di regolamento, vol. 1, pagina 9).

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Una riforma che lascia molti problemi apertiDopo la pubblicazione del libro bianco sulla chimica, si sono costituiti attorno al progetto di rifor-ma europeo due fronti contrapposti. Da una parte il settore industriale a cui si sono uniti i sindaca-ti dei lavoratori chimici, dall'altra le ONG ambientaliste, le associazioni dei consumatori e le nume-rose organizzazioni sindacali che ritengono che le considerazioni economiche non debbano passarein primo piano rispetto a quelle della salute e della sicurezza.I primi hanno denunciato i costi eccessivi della riforma e hanno agitato Io spettro dell ' impatto nega-tivo dell ' introduzione delle nuove regole: si sono detti preoccupati per l'eccesso di burocrazia e perle possibili violazioni del segreto commerciale. Hanno paventato la perdita di competitività dei nume-rosi settori industriali interessati dal provvedimento, il rischio di delocalizzazione degli impianti fuoridall'Unione Europea, la perdita di posti di lavoro e calo del prodotto interno lordo.I secondi, pur riconoscendo gli importanti benefici che questa riforma può portare - non solo in ter-mini di salute e di ambiente ma anche in termini di innovazione per l'industria - hanno richiamatole responsabilità delle industrie per ciò che riguarda la sicurezza dei prodotti che immettono sulmercato, hanno reclamato il diritto di essere informati sui rischi a cui l 'uomo e l 'ambiente sono espo-sti e hanno richiesto la sostituzione o il divieto delle sostanze pericolose.Secondo l 'analisi costi benefici della Commissione europea, la riforma costerà all'industria chimica2,3 miliardi di euro in I 1 anni (più 3-5 miliardi supplementari per i settori a valle). Ma salverà 4.500vite all'anno e, nel giro di 30 anni, farà risparmiare circa 50 miliardi di euro derivanti dalla diminu-zione dei costi, molto alti, delle cure sanitarie dovute a malattie generate dal contatto dei lavorato-ri con sostanze chimiche pericolose. Quello che non emerge con sufficiente forza dall'analisi dellaCommissione è invece che il costo stimato per l'applicazione della norma da parte delle imprese (2,3miliardi di euro) rappresenta circa lo 0,05 per cento del giro d'affari dei prossimi I 1 anni dell'indu-stria chimica europea (il fatturato dell'industria chimica nel 2001 è stato di 515 miliardi di euro).In seguito all'intensa attività di lobbying dell'industria, il progetto di riforma adottato dalla Commis-sione alla fine di ottobre 2003 è stato largamente edulcorato rispetto alla versione iniziale sottopo-sta alla procedura di consultazione pubblica: i polimeri sono stati totalmente esclusi dalla registra-zione e la quantità di informazioni da fornire è stata drasticamente rivista verso il basso. Le industrie,infatti, non dovranno più fornire i rapporti di sicurezza per più di un terzo delle sostanze inizialmentepreviste. La Commissione ha scelto di rinunciare a parte dell'informazione sulla sicurezza in nomedella diminuzione dei costi per le aziende, ma se si leggono in dettaglio le valutazioni di impatto for-nite dalla Unione Europea, si nota che a volte il gioco non vale la candela.Nel caso della rinuncia a Rapporti di sicurezza il risparmio previsto è di soli 500 milioni di euro, unacifra molto bassa rispetto a quello che si spende in Europa per le sole allergie professionali. E infinele procedure di autorizzazione per le sostanze pericolose sono state facilitate molto, con la conse-guenza di disincentivare la sostituzione delle sostanze più problematiche con sostanze innovative.Attualmente il testo del regolamento proposto dalla Commissione è al vaglio del Parlamento euro-peo e del Consiglio.Vista la lettera congiunta inviata a fine settembre dal presidente francese JacquesChirac, dal cancelliere tedesco Gerhard Schròder e dal premier britannico Tony Blair al presidentedella Commissione Romano Prodi per chiedergli di "non condurre attentati alla competitività inter-nazionale dell'industria europea" ci si possono attendere ben pochi miglioramenti da parte del Con-siglio. Per contro, i deputati al Parlamento possono ancora esigere che le disposizioni abbandonatesiano reintrodotte per fermare l'emorragia e restituire alla riforma il carattere ambizioso che avevanella prima versione. Se non sarà svuotata della sua sostanza, REACH migliorerà considerevolmen-te la protezione dell'ambiente e della salute.

Tony MusuEuropean trade union technical bureau

Tabella 2 Confronto tra il sistema attuale e REACH

Sistema attuale REACH

Lacune conoscitive sullesostanze chimiche

Riduce le lacune fornendoinformazioni sulla sicurezza

L'onere della prova ricade L'onere della provasull'autorità pubblica ricade sull'industria

L'obbligo di notifica per le sostanze L'obbligo di registrazione scattaintrodotte dopo il 1981 scatta per tutte le sostanzealla soglia di I O kglanno alla soglia di I tonlanno

Valutazione dei rischi lenta Si registreranno 30.000 sostanzee senza definizione di scadenze in I I anni

E molto preoccupante, per esempio, chedelle 30.000 sostanze che verranno regi-strate, ben 20.000 (quelle con un volumetra 1 e 10 tonnellate all'anno per produtto-re) non dovranno più essere corredate dalChemical safety report, un documento checontiene informazioni essenziali per lavalutazione dei rischi.Infine, sull'iter di approvazione delregolamento, incombono le elezionieuropee che si terranno in giugno; conun nuovo parlamento (e un nuovo relato-re) potrebbero cambiare molte coseanche per REACH.

America contro EuopaIl NewYorkTimes del 2 aprile rende conto dellepressioni esercitate dalla Casa Bianca e dall'indu-stria chimica americana su alcuni funzionari dellaUE per impedire l 'approvazione di reach. E' statoreso pubblico il contenuto di alcune e-mail pro-venienti dagli uffici dell 'amministrazione Bushche testimoniano l'esistenza di un'azione finaliz-zata a scoraggiare l'adozione dei nuovi program-mi di valutazione delle sostanze chimiche indiscussione a Bruxelles. "Unsound science andabuso of regulatory authority" questa è l'accusarivolta alle autorità del vecchio continente. E' lastessa argomentazione che viene utilizzata ogniqualvolta si tenti di imbrigliare l ' industria innome della salute dei cittadini: se ne sono servi-te, tra le altre, l'industria del tabacco contro lerestrizioni al fumo e quella biotecnologica con-tro l'etichettatura degli OGM voluta dalla UE. Laposta in gioco, secondo l'amministrazione statu-nitense, sono i profitti dell ' industria chimica ame-ricana e le sue esportazioni verso l'Europa (unaffare da 20 miliardi di dollari l'anno). Ma JeremyRifkin, della Foundation on Economic Trends diWashington, sostiene che ciò che è veramente indiscussione è l'affermazione del "principio di pre-cauzione" sottesa a reach di cui gli industrialiUSA non vogliono neanche sentir parlare.

Per approfondire

• Tutti i documenti citati in questo articolosono disponibili sul sitoeuropa.eu.intlcommlenterpriselchemicalslchempollwhitepaperlreach.htm

• i documenti dell'European trade uniontechnical bureau sono disponibili in francesee in inglese sul sitowww.etuc.o rgltutbl

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i I "MODELLI REGIONALI" DIVALUTAZIONE DEL RISCHIOCHIMICO MEDIANTE ALGORITMIBASE RAZIONALE ECONSIDERAZIONI APPLICATIVE

di Marco Fontana,Roberto Riggio,

Igiene industriale ARPA Piemonte,e Celsino Govoni

Spsal A.UsI Modena

PREMESSAIl decreto legislativo n.25 del 2 febbraio2002 (D.Lgs.2512002) definisce i requi-siti minimi per la tutela della salute edella sicurezza dei lavoratori che sono opossono essere esposti agli agenti chimi-ci pericolosi.L'entrata in vigore del decreto, inseritocome Titolo VH-bis nel decreto legislativon.626/94, rappresenta un momento impor-tante per definire i corretti parametri per lagestione del rischio chimico.Le Linee Guida interregionali prodotte dalCoordinamento Tecnico per la Sicurezzadelle Regioni e delle Province Autonomehanno condensato in larga parte il lavorodi analisi tecnica e giuridica svolto danumerosi operatori della prevenzione neiprimi mesi successivi alla pubblicazionedel D.Lgs.25/2002 sulla gazzetta ufficialedella Repubblica Italiana.Il decreto legislativo impone la valuta-zione del rischio chimico qualora vi sia lapresenza nei luoghi di lavoro di agentichimici pericolosi, così come sonoimmessi sul mercato, o di agenti chimici,aventi proprietà chimico-fisiche e tossi-cologiche pericolose, che si liberano daprocessi lavorativi con modalità di lavo-ro che possono impiegare inizialmenteanche agenti chimici non pericolosi.Normalmente la valutazione del rischiochimico viene effettuata attraverso l'usodi algoritmi di valutazione ed in alcunicasi scegliendo di compiere misurazioniambientali e/o biologiche.Le metodologie di valutazione basate sui

arie a_il_contenuto del_cd.htmInfoRisk si scarica da:www.reg ione .piemonte.i tls an i t al sicurilindex.htm

Ovviamente i modelli regionali propostinon si applicano ai rischi derivanti dal-l'esposizione ad agenti cancerogeni emutageni per i quali ci si debba attenerein maniera specifica al Titolo VIID.Lgs.626194 e D.Lgs 6612000. Ciò ècoerente con il fatto che attualmente laScienza non è in grado di individuareuna soglia di rischio al di sotto dellaquale l'esposizione ad agenti canceroge-ni e mutageni risulti certamente irrile-vante per la salute.Entrambi i modelli prevedono la possibi-lità di stimare il rischio chimico per lasalute ai sensi del D.Lgs. 2512002 valu-tando la "disponibilità nell'ambiente dilavoro" degli agenti chimici, la loro peri-colosità e gli accorgimenti atti a limitarel'esposizione, individuando una sogliadi rischio moderato al di sopra dellaquale sono obbligatorie le misure speci-fiche di prevenzione e protezione.Il rischio viene quindi caratterizzato,come da prassi ormai consolidata, infunzione di due indici, che rappresenta-no uno la pericolosità intrinseca degliagenti chimici e l'altro il livello di espo-sizione. L'assegnazione di un "peso"importante alla pericolosità intrinsecadella sostanza permette di individuarenella sostituzione dell'agente chimicopericoloso, con uno che non lo è o che loè meno, una via prioritaria di riduzionedel rischio.Mentre per la definizione della pericolo-sità degli agenti chimici è consuetudinel'utilizzo delle frasi di rischio R associa-te alla singola sostanza o al preparato(anche se con "pesi" differenti in funzio-ne del modello), i due modelli si diffe-renziano principalmente nella valutazio-ne della "stima" dell'esposizione. Ilmodello piemontese prevede anche lapossibilità di definire il rischio tramitel'utilizzo dei risultati di monitoraggiambientali e/o biologici, mentre il grup-po di lavoro che ha elaborato "movaRi-sCh", in assenza dell'individuazione del"livello d'azione" per ogni agente chimi-co, non ritiene praticabile l'uso del valo-re delle misurazioni da inserire nelleprocedure di calcolo per l'individuazio-ne del rischio chimico e della soglia dirischio moderato.

Tuttavia non essendo possibile in questoscritto sintetizzare compiutamente i duealgoritmi, si riportano quelle che sonoalcune delle scelte operate dai gruppiregionali nella definizione dei parametriutilizzati, rimandando, per un maggiorapprofondimento, ai documenti integralipredisposti dalle Regioni e che accom-

calcoli devono essere in grado di valuta-re il rischio chimico in relazione ai peri-coli per la salute e la sicurezza dei lavo-ratori e cioè sulla base della conoscenzadelle proprietà tossicologiche intrinse-che a breve, a medio e a lungo termine edelle proprietà chimico-fisiche degliagenti chimici pericolosi impiegati o chesi liberano nel luogo di lavoro, in fun-zione dell'esposizione dei lavoratori, laquale a sua volta dipenderà dalle quan-tità dell'agente chimico impiegato o pro-dotto, dalle modalità d'impiego e dallafrequenza dell'esposizione.

I MODELLI REGIONALIAlcune Regioni stanno proponendomodelli di valutazione del rischio chimi-co per la salute, indirizzati in particolarealle piccole e medie imprese, al fine direndere omogenee le valutazioni ed evi-tare la sottovalutazione del rischio che inmolte realtà è, ancora oggi, una prassiconsolidata.Le regioni Piemonte, Emilia Romagna,Toscana, Lombardia e Marche hannocostituito gruppi di lavoro sul rischio chi-mico, al fine di fornire indicazioni sull'ap-plicazione del D.Lgs. 2512002. Le Regio-ni hanno proposto due modelli di valuta-zione: "InfoRisk" a cura della RegionePiemonte, e "MovaRisCh" a cura delleRegioni Emilia-Romagna, Toscana eLombardia. Entrambi i modelli sono sca-ricabili gratuitamente dalla rete.MovaRisCh si scarica da:www.eber.org/servizi/pubblicazionirse

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pagnano i software di valutazione.Nelle conclusioni si riportano alcuneconsiderazioni di stimolo al dibattitoaperto sull' utilizzo dei modelli di valuta-zione del rischio chimico.

InfoRiskIl modello proposto dal gruppo di lavorodella Regione Piemonte presenta unoschema di valutazione che inizia dall'a-nalisi dei "dati consolidati", cioè delleinformazioni eventualmente già presentida precedenti osservazioni effettuatenegli ultimi tre anni. La positività dialmeno una delle condizioni vincolanti(presenza di patologie professionali,esposizione a sensibilizzanti, valorimisurati superiori al 50% del limite, ecc.)riportate nel diagramma di flusso escludel'esistenza di "rischio moderato".Il flusso garantisce la possibilità di sti-mare il rischio anche in assenza di datiambientali e/o biologici utilizzando i cri-teri di tossicità della sostanza, la quantitàutilizzata o presente nel ciclo produttivo,le modalità di utilizzo e la durata dell'e-sposizione, con la semplificazione, alme-no in una prima fase, della valutazione(rischio stimato).I fattori che devono essere quantificati alfine per completare la valutazione sono:

• la Gravità, che rappresenta la perico-losità dell'agente chimico• la Durata dell'effettiva esposizioneall'agente chimico• il Livello di esposizione (qualitativa equantitativa).

La durata e il livello di esposizione con-corrono a definire l'Entità di esposizioneeffettiva del lavoratore all'agente chimico.Il prodotto dei tre "contatori" derivantidalla valutazione dei rispettivi fattori dirischio porta ad un sintetico Indicatore diRischio, espresso in scala numerica con

• range da 1 a 100, che viene empiricamen-te segmentata in classi di rischio progres-sivo. Il rischio può essere definito mode-rato se l'indicatore di rischio è minore ouguale a 10 (rischio basso).Alla pericolosità per esclusiva via digesti-va è stata attribuita una classe di gravitàinferiore rispetto a quella per analoga peri-colosità per via inalatoria o per contattocutaneo, in considerazione della sostan-ziale non rilevanza, in ambito occupazio-nale, dell'assorbimento per tale via.La pericolosità è attribuita in funzionedelle frasi di rischio R della classificazio-ne CE. In assenza di classificazione CE,si utilizza quella del produttore. Se l'a-gente chimico non è classificato si posso-no utilizzare le informazioni di letteratu-ra per associare un indice di Gravità.Il livello di esposizione stimato, definitoProbabilità stimata Ps, è un coefficiente

graduato da 0,5 a 5, sulla base dei quan-titativi di sostanza utilizzati per settima-na e per addetto (da inferiore a 0,1 kg amaggiore di 1000 kg). Il fattore vieneperò "corretto" in funzione delle pro-prietà chimico-fisiche dell'agente chimi-co, delle modalità di lavoro e delle con-dizioni di utilizzo. Se vi è la possibilitàdi contatto cutaneo l'indice viene mag-giorato di 1. Il livello di esposizioneviene ponderato dall'effettiva durata del-l'esposizione (coefficiente compreso tra1 e 4). Per tempi di esposizione maggio-ri del 50% dell'orario di lavoro l'indica-tore di durata è comunque massimo (4).Il livello di esposizione può essere ancheottenuto dai risultati delle misure ambien-tali e biologiche, con la conseguente defi-nizione di livelli di Probabilità ambienta-le Pa elo Probabilità biologica Pb,entrambi graduati da 0,5 a 5 sulla base diclassi di rapporto tra i livelli misurati e ivalori limite utilizzati. Viene consigliatoun confronto combinato con più valorilimite proposti da Enti nazionali e inter-nazionali, al fine di rendere più completae corretta la valutazione.Nel caso sia possibile individuare ungruppo omogeneo di lavoratori esposti laclasse di appartenenza del gruppo omo-geneo è data dal valore relativo al 95°percentile della distribuzione dei risulta-ti osservati.Se il risultato delle misure ambientalievidenzia valori inferiori al limite di rile-vazione strumentale, si dovrà applicarecome parametro di esposizione la metàdi tale valore.Per la Probabilità ambientale è previstoun addendo correttivo (+1) conseguentealla possibilità dicontatto cutaneo significativo, in caso diimpiego di sostanza attiva per via cuta-nea o a livellocutaneo (frasi di rischio R21, R24, R27,R34, R35, R38, R43, R66 e combinazio-ni di tali frasi R) o con "notazione cute"(skin notation") nelle indicazioni del-l'ACGIH o dello SCOEL.In caso di esposizione ad agenti chimicicon effetti additivi noti o con frasi dirischio analoghe si utilizza la formuladell'esposizione a miscela proposta dal-l'ACG1H.Per gli inquinanti ubiquitari si considerauna condizione di non esposizione pro-fessionale qualora i valori misurati sianouguali o inferiori ai dati relativi all'espo-sizione della popolazione generale.

Il modello individua quindi, in presenzadi misure ambientali e per esposizionisuperiori al 50% dell'orario di lavoro,soglie di rischio moderato (RM) variabi-li in funzione della pericolosità intrinse-ca delle sostanze e della possibilità dicontatto cutaneo.

movaRisChIl modello proposto dalle Regioni Emi-lia-Romagna, Toscana e Lombardia pre-vede un percorso che permette, almenoin fase preliminare, di valutare il rischiochimico senza procedere a misurazioni,permettendo la classificazione al disopra o al di sotto della soglia del rischiomoderato.movaRisCh è stato costruito definendo iparametri che determinano il rischio, ilpeso dei fattori di compensazione, larelazione numerica che lega i parametritra loro e la scelta dell'indice in relazio-ne al rischio (molto basso, basso, medio,medio-alto,...)Il rischio viene quantificato dal prodottodegli indici di pericolosità P e di esposi-zione E:

R=PxE11 rischio R, in questo modello, può esse-re calcolato separatamente per esposizio-ni inalatorie e per esposizioni cutanee:

Rinal = P xE

inalRcute = P x

Ecute

Nel caso in cui per un agente chimicopericoloso siano previste contempora-neamente entrambe le vie di assorbimen-to il rischio R cumulativo (Rcum) è otte-nuto tramite il seguente calcolo:

Rcum = Rina12 + Rcute2

Gli intervalli di variazione di R sono:

0,1 < Rinal < 100

1 < Rcute < 100

1 < Rcum < 141

Il mantenimento entro la soglia delrischio moderato è possibile con indica-tori di rischio cumulativo inferiori a 21.Per valori compresi tra 15 e 21 si consi-

Gravità Soglia di RM "base"(percentuale del limite)

Soglia di RM con contatto cutaneo(percentuale del limite)

25% O% del valore-limite2 10% 1% del valore-limite3,4 o 5 I% 1% del valore-limite

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glia però di rivedere con scrupolo l'asse-gnazione dei vari punteggi e le misure diprevenzione e protezione adottate.Per l'attribuzione del punteggio del coef-ficiente P si è seguito il seguente criterio,che ha fondamento nei criteri di classifi-cazione tossicologica delle sostanze chi-miche: la via d'assorbimento per via ina-latoria ha un punteggio superiore a quel-la d'assorbimento per via cutanea/muco-se, che è a sua volta maggiore all'assor-bimento per via ingestiva.

Un altro aspetto di estrema rilevanza peruna corretta graduazione del pericolo: icriteri di classificazione ed etichettaturadelle sostanze e dei preparati pericolosisecondo la direttiva 67/548/CEE e suc-cessive modifiche ed integrazioni sibasano sul principio che, per la sua rile-vanza in termini di salute, il controllodegli effetti a lungo termine (ad es. cate-goria di pericolo del Tossico per il cicloriproduttivo) e di quelli di sensibilizza-zione (ad es. categoria di pericolo deiSensibilizzanti) debba essere più rigoro-so rispetto a quello degli effetti acuti.L'indice numerico che stabilisce la gra-duazione del pericolo deve tenere contodi questo principio di carattere generale.Non si deve dimenticare che questo prin-cipio di priorità tossicologica degli effet-ti a lungo termine rispetto a quelli acutiè alla base dell'applicazione del metodoconvenzionale per la valutazione di peri-colosità e conseguente classificazione edetichettatura dei preparati.

Il fattore E inal viene determinato trami-te il prodotto di coefficienti I e d, dove Iè l'Intensità dell'esposizione ed è indivi-duato dalle proprietà chimico-fisiche,dalle quantità d'uso, dalla tipologiad'uso, dalla tipologia di controllo e daltempo di esposizione mentre d è ladistanza del lavoratore dalla sorgente,con cinque fasce, da inferiore a 1 metroa maggiore a 10 metri.Le proprietà chimico-fisiche vengonosuddivise in quattro livelli, relativamen-te alla possibilità della sostanza di ren-dersi disponibile in aria, in funzionedella volatilità del liquido e della ipotiz-zabile o conosciuta granulometria dellepolveri. Le quantità d'uso sono graduatein 5 fasce da inferiore a 0,1 kg a mag-giore di 100 kg.La tipologia d'uso è determinata in fun-zione di condizioni differenti (sistemachiuso, inclusione in matrice, uso con-trollato, uso dispersivo), mentre la tipo-logia di controllo valuta la presenza delciclo chiuso, della separazione dellelavorazioni, delle aspirazioni localizzate,della ventilazione generale e della mani-polazione diretta. Il tempo di esposizio-ne prevede 5 fasce da inferiore a 15minuti a maggiore di 6 ore.

Per il calcolo del rischio da esposizionecutanea, lo schema proposto consideraesclusivamente il contatto diretto consolidi o liquidi, mentre l'esposizionecutanea per gas e vapori viene conside-rata in generale bassa e soprattutto inrelazione ai valori di esposizione per via

inalatoria: in tale contesto il modelloconsidera esclusivamente la variabile"livelli di contatto cutaneo".L'indice di esposizione per via cutaneaEcute viene determinato attraverso unasemplice matrice che tiene conto di duevariabili:

l.. Tipologia d'uso. Vengono individuatiquattro livelli, sempre in ordine crescen-te relativamente alla possibilità didispersione in aria, della tipologia d'usodella sostanza, che identificano la sor-gente della esposizione.

2. Livelli del contatto cutaneo, indivi-duati con una scala di quattro gradi inordine crescente:

nessun contatto,contatto accidentale,contatto discontinuo,contatto esteso.

CONCLUSIONI

La valutazione del rischio chimico nonpuò prescindere dall'attuazione prelimi-nare e prioritaria dei principi e dellemisure generali di tutela dei lavoratori,sotto il principio che i rischi derivantidalla presenza di agenti chimici perico-losi devono essere per quanto possibileeliminati o ridotti al minimo, così comeprevisto dal quadro normativo vigente.E fortemente raccomandato che nellosvolgere il complesso processo di valu-tazione del rischio chimico vengano uti-

Tuttavia la graduazione del pericolodovrà tenere conto anche del significatodelle diverse categorie di pericolo inrelazione ai metodi utilizzati per ladeterminazione delle proprietà tossico-logiche e dell'effettiva pericolosità del-I'agente chimico per il lavoratore.E per questo motivo che le sostanzemolto tossiche e tossiche solo per glieffetti acuti con simbolo di pericolo delteschio con tibie incrociate nero sucampo giallo-arancione e indicazioni dipericolo del Molto Tossico e Tossicovengono considerate comunque, anchese di poco, più pericolose rispetto allesostanze sensibilizzanti per via inalatoriaesemplificate dal simbolo della croce diS.Andrea nera su sfondo giallo-arancionecon indicazione di pericolo del Nocivo.Vengono usate le frasi di rischio R dellaclassificazione ufficiale CE e, in assenzadi queste, l'autoclassificazione fornita daquel produttore che fornisce la classifica-zione di pericolosità più rigorosa. Qualo-ra il prodotto non sia classificato, vieneattribuito lo stesso un coefficiente di peri-colosità P, in funzione della presenza diimpurezze pericolose, di sostanze convalore limite o della possibilità di genera-re sostanze pericolose durante l'utilizzo.

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dzzati criteri e metodi valutativi standar-dizzati, per quanto possibile scientifici,oggettivi e riproducibili.Perché si possa giungere a una correttatipizzazione e graduazione del rischio, imodelli di valutazione del rischio chimi-co devono rispondere ad alcuni requisitifondamentali che tengano conto del con-testo normativo italiano.In linea generale, un algoritmo è unostrumento di valutazione utile efficace seconsente l'individuazione dei fattorideterminanti e l'attribuzione dei loropesi relativi secondo modalità pertinentialla tipologia del rischio e adattabili allecondizioni specifiche della situazionelavorativa considerata.

Il modello adottato deve consentire diindividuare una soglia di "rischio mode-rato" a norma del D.Lgs. 25102; si ritie-ne che tale soglia debba corrispondere aquanto indicato nelle Linee Guida delCoordinamento delle Regioni e delleProvince autonome.I metodi di stima tramite algoritmi non siprestano per apprezzare sottili differenzedi rischio e l'impiego di questi metodi divalutazione rimane sempre accompagna-to un certo grado d'incertezza. Cautelati-vamente, quindi, il risultato dell'applica-zione di un algoritmo deve portare pre-feribilmente ad un errore di valutazioneper eccesso anziché all'errore opposto.Nella graduazione del rischio, il modelloadottato deve permettere di discriminarenettamente le situazioni accettabili daquelle inaccettabili, ma riconoscendo

una non troppo ampia fascia intermediadi incertezza corrispondente alle situa-zioni che richiedono un maggior livellodi approfondimento.In linea generale, il modello movaRisChutilizza un numero maggiore di parame-tri e informazioni in quanto tende a con-durre una valutazione conclusiva inassenza di misure, mentre InfoRisk con-sidera un numero inferiore di parametri einformazioni nella valutazione delrischio stimato perché prevede, qualorasia necessario risolvere una situazione diincertezza, una seconda fase di valuta-zione più approfondita con il supporto dimisure ambientali e/o biologiche.

I modelli di valutazione del rischio, inparticolare per quanto riguarda le piccolee medie imprese, rappresentano indub-biamente uno strumento utile al fine dellavalutazione del rischio chimico.In merito all'utilizzo corretto dei model-li proposti dalla parte pubblica, le Regio-ni hanno predisposto dei documenti diistruzioni che accompagnano il softwaredi applicazione. Tuttavia si deve evitarela tentazione di pensare tali modellicome "generatori automatici di valuta-zioni" ed è auspicabile che il loro impie-go sia comunque affidato ad igienistiindustriali esperti e competenti sullamateria specifica della realtà lavorativastudiata, seguendo un approccio di tipocautelativo e conservativo e avendo curadi verificare la validità e l'efficienzadelle specifiche misure preventive e pro-tettive messe in atto.

In particolare rimane il problema delladeterminazione di indici di pericolositàcorretti quando si è in presenza disostanze o preparati non classificati o diprocessi lavorativi che possono generaresostanze pericolose durante il ciclo dilavorazione, anche perché in alcuni casiè arduo prevedere lo sviluppo di sostan-ze pericolose senza l'ausilio di misura-zioni e solo attraverso l'uso di modelli dicinetica e termodinamica chimica.Tutti i metodi di determinazione risento-no comunque della soggettività del valu-tatore, nella scelta della metodologia enell'individuazione degli indici necessa-ri alla valutazione.Si evidenzia la necessità di trovare stru-menti tecnici validi e condivisi peruniformare le scelte operative e allo stes-so tempo la difficoltà di rappresentarestrutture complesse con metodiche stan-dardizzate. Alcune situazioni risultanosolo parzialmente rappresentabili conmodelli empirici e la loro corretta valu-tazione non può prescindere da unaapprofondita conoscenza del rischio chi-mico. Restano aperte comunque diverseproblematiche e situazioni particolariche non possono essere facilmente inter-pretabili sulla base di modelli. La diffu-sione dei due modelli "di parte pubblica"ovvero "regionali" e il processo di vali-dazione promosso dalle Regioni devonopermettere di evidenziare criticità e pos-sibili soluzioni.

Una valutazione del rischio chimicobasata su una campagna di misurazionipersonali ed ambientali degli agenti chi-mici permette di definire con maggiordettaglio il rischio, ma risulta sicura-mente più onerosa. Se condotte secondometodiche standardizzate, le misurazio-ni, rappresentando lo scenario lavorativoin modo più corretto, devono essere con-siderate prioritarie rispetto ai risultati dimodelli di valutazione del rischio chimi-co o da stime di esposizioni ricavate dalavorazioni simili. In definitiva i risulta-ti ottenuti dalle misurazioni analitichedell'esposizione professionale, che devo-no essere rappresentative di quel partico-

• lare scenario lavorativo, sono sempre dapreferirsi a stime di esposizione ricavatedall'uso di modelli. Ricordiamo infineche le misurazioni dell'esposizione deilavoratori hanno un'utilità molto piùampia rispetto alla mera conoscenzadella valutazione dell'esposizione, comequella di fornire informazioni utili al finedi valutare l'efficacia delle misure di pro-tezione e prevenzione adottate: ma que-sta è un'altra problematica di portataaltrettanto immensa.

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wLAVALUTAZIONE DEGLIASPETTI LEGATI Al RISCHI PERLA SICUREZZA NELL'IMPIEGODI AGENTI CHIMICI PERICOLOSI(D.LGS 25/2002)

Riccardo CasulaUnità Funzionale Grandi Aziende

ASL 6 Livorno zona PiombinoMaurizio Paoli

Unità Funzionale PSLLASL 6 Livorno zona Livorno

Il rischio derivante dall'impiego di agen-ti chimici nell'attività lavorativa, aseguito del processo valutativo effettua-to dal datore di lavoro, si può definiremoderato oppure non moderato, secon-do quanto previsto dall'art. 72-V D.Lgs626/94.A sua volta la valutazione del rischio sipuò per così dire dividere in due fasi,una riguardante i rischi per la salute euna relativa alla sicurezza (incendio e/oesplosione).Mentre in letteratura si trovano numero-si riferimenti su come effettuare unastima dei rischi legati alla salute, gliaspetti relativi ai rischi per la sicurezzalegati all'impiego di agenti chimici peri-colosi non sono stati per il momentoapprofonditi più di tanto.Quindi, riguardo ai rischi per la sicurez-za, tenendo conto delle proprietà perico-lose delle sostanze impiegate nel ciclolavorativo, si può provare definire lostato di rischio moderato seguendo unpercorso logico di valutazione che tengaconto di quelle che sono le normativeattualmente in vigore e che hanno quin-di un riflesso essenziale nell'analisi darealizzare; il flow-sheet allegato fornisceuno schema che permette di identificarese vi sono le condizioni per stabilire se ilrischio chimico per la sicurezza è o nosuperiore a moderato.Le normative da tenere in considerazio-ne per l'analisi sono il D.Lgs 334/99"Attuazione della direttiva 961821CErelativa al controllo dei pericoli di inci-denti rilevanti connessi con determinatesostanze pericolose" il cui campo di

applicazione riguarda gli stabilimenti edattività in cui sono presenti sostanzepericolose in quantità uguali o superioria soglie limite riportate negli allegati aldecreto stesso.Vi sono poi il DPR 689/59 e il DM16/2/82 relativi alle aziende e lavorazio-ni soggette al controllo dei Vigili delFuoco ai fini della prevenzione incendi.Anche in questi due decreti sono presen-ti delle tabelle che indicano esplicita-mente quali sono le attività che rientranonel loro campo di applicazione in fun-zione anche delle sostanze pericolosepresenti. Importante è poi il DM10/3/98, diretta emanazione del D.Lgs626194, dettante i criteri di sicurezzaantincendio e per la gestione delle emer-genze nei luoghi di lavoro.Infine il D.Lgs 233/02, entrato a far partedel D.Lgs 626194 come Titolo VIII-bis,stabilisce l'obbligo della classificazionee valutazione dei rischi dei luoghi neiquali sussiste il pericolo di esplosione perla presenza di gas, vapori, nebbie e pol-veri di sostanze pericolose.Il fatto che un'attività ricada nel campodi applicazione del D.Lgs 334199, com-porta secondo quanto indicato nell'alle-

gato IX al DM 1013198 che l'attivitàrisulta essere a rischio incendio elevato equindi secondo le Linee guida del Coor-dinamento Tecnico per la sicurezza neiluoghi di lavoro delle Regioni e Provin-ce autonome, il rischio chimico associa-to all'impiego di tali sostanze risultanon moderato.Analogamente, sempre nell'allegato IXdel DM 1013198, si evidenzia che attivitàrientranti tra quelle indicate nei DPR689/59 e DM 1612182 debbano intender-si come a rischio incendio medio; leLinee Guida sopracitate anche in questocaso indicano che le attività relativedevono definirsi a rischio chimico nonmoderato.Per altre tipologie di attività non rica-denti nei decreti sopra riportati, devonocomunque applicarsi i criteri di valuta-zione indicati nel DM 10/3/98 con con-seguente classificazione del rischioincendio nei tre livelli basso, medio, ele-vato. Il rischio chimico non moderatoè da attribuirsi a quelle attività per lequali il rischio incendio è stato classifi-cato medio od elevato.Infine, l'ultimo passaggio valutativoprevede che debba essere analizzato ilrischio esplosione ai sensi del titolo-VIII-bis del D.Lgs 626/94.Tale analisi prevede che siano classificatele zone nelle quali vi può essere presenzadi atmosfere esplosive e ne sia valutato ilrelativo rischio per i lavoratori.In assenza di indicazioni più precisecirca i criteri da seguire per la valutazio-ne di detto rischio ed in analogia a quan-to indicato nel DM 1013198 sui livelli dirischi, possiamo definire il rischioesplosione come associato alla classifi-cazione delle aree ed alla probabilitàdella presenza di inneschi attivi ed effi-caci delle atmosfere presenti. Possiamoa questo scopo costruire una di matricedi rischio, dove le righe sono rappresen-tate dalla classificazione delle zone(0,1,2 per gas, vapori, nebbie e 20,21,22per polveri) e le colonne rappresentanotre livelli di probabilità di presenza difonti di ignizione (Bassa, Media, Alta).Concordemente alle Linee Guida delCoordinamento tecnico delle Regioniper il rischio incendio, i livelli di rischiomedio o elevato conducono ad unrischio chimico non moderato per quan-to concerne la sicurezza.Tale classificazione delle probabilità è

Probabilità Bassaevento " improbabile" (frequenzaattesa di accadimento, definita comenumero di event ranno < a ,0 E-04)Probabilità Mediaevento "non trami rabI [e"(1,0 E-04 <eventi/anno <1,0 E-02)Probabilità Elevataevento "probabile "

(eventi/anno > 1,0 E-02)Probabilità Bassa Probabilità Media

Zona 0 (o 20)

Zona l (o 21)

Rischio medio

Rischio basso

Rischio alto

Rischio medio

Rischio alto

Rischio alto

Zona 2 (o 22) Rischio basso Rischio basso Rischio medio

Probabilità Alta

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similare a quella utilizzata nel Metodoad Indici utilizzato per l'analisi delRischio di Impianti Industriali, riportatodel DPCM 31/311989.Da tener comunque presente che il pro-cesso di analisi dei rischi per la sicurez-za sopra descritto è sufficientementecompleto per quanto riguarda i rischilegati all'incendio od all'esplosionedovuti alla presenza di sostanze chimi-che pericolose, ma non copre la totalitàdelle situazioni che si possono incontra-re nelle varie realtà lavorative. Infatti lavalutazione del rischio chimico deveessere effettuata anche in riferimento adagenti chimici (pericolosi e non) che infunzione delle proprietà chimico-fisichee del modo in cui sono utilizzati o pre-senti sul luogo di lavoro, possono com-portare rischi per la sicurezza (ultimoprocesso decisionale del flow-sheet).Ad esempio, sostanze quali i perossidiinorganici (tipico è il caso dell'acquaossigenata in concentrazione inferiore al60%), sfuggono attraverso le magliedella griglia di valutazione definita, mapotrebbero ciò nonostante comportaredei rischi per i lavoratori piuttosto eleva-ti, a seconda del tipo di impiego chepotrebbe esser fatto all'interno di partico-lari lavorazioni e quindi il rischio esserenon moderato per la sicurezza.Altro caso che potrebbe presentarsiriguarda le sostanze classificate con frasedi rischio R14 -reagisce violentemente acontatto con l'acqua- quali l'Oleum(acido solforico con disciolta anidridesolforica) in quantità inferiori a quelletabellate del D.lgs 334/99; anche in que-sto caso il collocare l'attività in rischiomoderato o non moderato dipende dauna dettagliata valutazione del rischio cheil Datore di Lavoro dovrà porre in atto.Ricordiamo infine le sostanze "chimica-mente" incompatibili, cioè tali per cuiprese singolarmente non presentano parti-colari rischi per la sicurezza ma che se"inopportunamente" combinate con altrepresenti nel luogo di lavoro, possono ori-ginare situazioni ad elevato rischio per ilavoratori. Ad es. prodotti di largo consu-mo quali ipoclorito di sodio (varechina)ed acido cloridrico utilizzati nel settoredelle pulizie, mescolati più o meno acci-dentalmente tra di loro sviluppano cloro,con conseguenze facilmente immaginabi-li; si pensi anche al caso di acidi e basiconcentrati (soda caustica ed acido solfo-rico) che se vengono a contatto sviluppa-no una notevole quantità di calore e vapo-re con possibilità di esplosione. Osserva-zioni relative al flow-sheet allegato:

1, le fasi di valutazione non devonoessere sviluppate necessariamentesecondo la sequenza ivi riportata; l'ordi-ne di applicazione dei vari decreti puòessere qualunque.

2. il fatto che durante un processo valu-tativo, risulti non applicabile il decretocorrispondente, non implica automatica-mente che il rischio chimico sia modera-to. In effetti l'applicabilità del decreto, èsoltanto una condizione sufficienteaffinché si possa classificare il rischiochimico non moderato ai sensi dellasicurezza, pertanto se nessun decretorisulta applicabile, non si può conclude-re che il R.C. è moderato. Se al terminedel percorso nessun criterio ha fornito unrischio chimico superiore a moderato, sideve comunque effettuare la valutazione

RISCHIO MODERATOper la SICUREZZA

derivante dall'impiego diAGENTI CHIMICI PERICOLOSI

del rischio ai sensi dell'art. 72-quaterdel D.Lgs. 626/94 (ultimo passo deci-sionale del flow-sheet allegato).

La valutazione complessiva del rischiochimico dovrà quindi tener conto sia deirischi per la salute che di quelli per lasicurezza qui esaminati.In termini cautelativi, possiamo assume-re che il rischio chimico "globale" èmoderato solo se le valutazioni deirischi dal punto di vista della sicurezzae della salute conducono a definire unrischio moderato per entrambe.

RISCHIO NON MODERATOper la SICUREZZA

derivante dall'impiego diAGENTI CHIMICI PERICOLOSI

RISCHIO PER LA SICUREZZA RISCHIO PER LA SALUTE

Moderato Non moderato

Moderato Moderato Non moderato

Non moderato Non moderato Non moderato

IDENTIFICAZIONE DEGLIAGENTI CHIMICI PERICOLOSI

(art. 72 - IV c. I D.Igs 626194)

GLI AGENTI CHIMICI FANNORIENTRARE L'ATTIVITATRA

QUELLE SOGGETTE ALDlgs 334199 ?

No

GLI AGENTI CHIMICI FANNORIENTRARE L'ATTIVITÀ

TRA QUELLE COMPRESE nelDPR 689159 o DM 1612182?

I No

LA VALUTAZIONE DELRISCHIO INCENDIO SECONDO I L

DM 1013198 HA STABILITO UNRISCHIO DI INCENDIO

MEDIO od ELEVATO?

I No

LA VALUTAZIONE DELRISCHIO DI ESPLOSIONE SECONDO IL

Tit.VIII-Bis D.Lgs 626194HA STABILITO UN RISCHIO DI ESPLOSIONE

MEDIO od ELEVATO?

I No

La valutazione delrischio secondo l 'art. 72-quacer del

4D.Lgs. 626194 (considerati gli aspetti che esulano dalcampo di applicazione dei decreti sopra riportati,

es. : instabilità delle sostanze, incompatibilità, modod ' uso....) ha stabilito un rischio chimico

NON MODERATO

No

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RUOLO DEI SERVIZI DELLE ASLPER LA PREVENZIONE E LASICUREZZA NEGLI AMBIENTIDI LAVORO NEL CONTROLLODEL RISCHIO CHIMICO

di Domenico TaddeoPresidente SNOP

UO PISLL zona ValderaASL 5 PISA

Giorgio Di LeoneSegretario SNOP Puglia

AUSL BAI3 AltamuraDomenico Spinazzola

Vice Presidente SNOPAUSL BAl2 Barletta

L'emanazione del D.Lgs. 66100 e delD.Lgs. 25102 ha significativamentemodificato l'impostazione prevenzioni-stica in materia di esposizione ad agenticancerogeni o mutageni e ad agenti chi-mici, imponendo tra l'altro una serie diadempimenti a carico dei Datori di lavo-ro non sempre di facile interpretazioneanche per gli addetti ai lavori.Si succedono infatti incontri, seminari,convegni, dibattiti e linee guida tesi achiarire sempre più nei dettagli i molte-plici dubbi interpretativi che le citatenormative hanno sviluppato.

È di tutta evidenza come il ruolo che glioperatori dei Servizi di Prevenzione eSicurezza degli Ambienti di Lavorodelle Asl devono svolgere sia partico-larmente importante e delicato. A fian-co infatti del compito istituzionale divigilanza che viene affidato a questi ope-ratori dalla vigente normativa, è neces-sario che le loro competenze tecniche eprofessionali, che rappresentano un pre-zioso patrimonio ormai presente in tuttoil territorio nazionale, vengano messe adisposizione della collettività al fine diottenere livelli di sicurezza e di prevenzio-

ne sempre più elevati. Il riferimento siaagli agenti cancerogeni e chimici è mosso:

• dalla quota di agenti chimici non clas-sificati cancerogeni ai sensi della norma-tiva europea ma comunque sottoesame esotto osservazione per subentranti segna-lazioni o studi che preallertano su possi-bili effetti di tipo cancerogeno di uno opiù agenti chimici

• dalla multifattorialità del processocancerogeno

• dalle ridotte conoscenze etiologicherelativamente a molti dei tumori

• nelle definizioni relative al D.Lgs 25 sifa riferimento sia alle liste di sostanzeclassificate come pericolose sia ad agentichimici non classificati in tal senso, per lacui identificazione concreta si lasciacampo aperto [art 72-ter, comma 1, lette-ra b, punti 1,2,31

• la prevenzione del rischio chimico ecancerogeno hanno stretti legami con lecondizioni di esposizione a rischi profes-sionali.

IL POSSIBILE RUOLO DEGLIOPERATORI DEL DIPARTIMENTO DIPREVENZIONE

Fatto salvo il ruolo istituzionalmentedelegato agli operatori dei Servizi Pre-venzione e Sicurezza degli Ambienti diLavoro, relativo alla vigilanza e al con-trollo, come precedentemente accennatopotrebbero esservi diversi ambiti operati-vi che consentano di utilizzare al megliole preziose professionalità e conoscenzetecniche da questi acquisite nel corsodegli anni.E necessario superare l'idea che vede ilsistema pubblico confinato esclusiva-mente nel ruolo, per quanto indispensabi-le, dell'organo di vigilanza .Va sottolineata la necessità che i Diparti-menti di Prevenzione lavorino a rete inmaniera coordinata anche con altri seg-menti del Sistema Pubblico (Regioni , Entie organismi centrali,centri di documenta-zione) per fare "sistema di Prevenzione"L'art. 24, comma 2 del D.Lgs. 626194chiarisce sin dal 1994 che "L'attività diconsulenza non può essere prestata daisoggetti che svolgono attività di controlloe di vigilanza". Permane invece invariatala possibilità di svolgere " ... attività diinformazione ..ed assistenza in materiadi sicurezza e salute nei luoghi di lavoro,in particolare nei confronti delle impreseartigiane e delle piccole imprese e dellerispettive associazioni dei datori di lavo-ro", anche attraverso l'attivazione di spe-cifici piani mirati con lo scopo di affron-tare in maniera più organica lo sviluppodei sistemi produttivi, della tutela dellasalute e delle condizioni di lavoro.La funzione necessaria di "orientamento"dei servizi Pubblici di Prevenzione traefondamento da troppi elementi di non suf-ficiente determinatezza contenuta nellenorme:

• la valutazione da intendere come stru-mento e non come fine (pensiamo alleaffrettate scelte di valutare per stabilire seil rischio è o non è moderato);• la valutazione preliminare e il suo rap-porto con quella approfondita;• la valutazione come complessiva pergli aspetti di salute e di sicurezza e i suoistretti legami con altri obblighi contestua-li valutativi (la normativa antincendiodecreto 233 del 2003 sul rischio di esplo-sione e il DM 388 sul pronto soccorso inazienda);• la valutazione negli aspetti di rischiotossicologico sia inalatorio che cutaneo,con l'uso dei valori limite o senza l'usodegli stessi;• la valutazione del rischio per la sicu-rezza,che come si sa va oltre il rischio diincendio ed esplosione a partire dallecaratteristiche di ogni agente chimico;• la opportunità fornita dalla condizione

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di "giustificazione" e quindi obblighi difatto semplificati;• l'uso la necessità e l'obbligo della sor-veglianza sanitaria-impropriamente anco-ra ritenuta come unico atto che deve for-nire il Medico Competente;• la differente condizione di obblighi dasoddisfare -misure generali o misure spe-cifiche di prevenzione.

La particolare difficoltà di gestire la sicu-rezza negli esposti, già insita nella materiastessa in discussione ed ulteriormenteamplificata dalla citata complessità inter-pretativa delle normative succedutesi neltempo, rende indispensabile attivare edimplementare forme di coordinamentodelle differenti figure coinvolte nellagestione di queste problematiche, finaliz-zate ad amplificare la conoscenza deirischi, la percezione degli stessi sia daparte degli imprenditori che dei lavoratoricoinvolti nei cicli produttivi e l'attivazionedelle corrette procedure di prevenzione.In questo contesto pertanto, gli operatoridei Servizi di vigilanza potrebbero segui-re queste indicazioni:

1. partecipare attivamente ai processi for-mativi degli operatori esposti agli agenticancerogeni, facendosi garanti dei conte-nuti e della qualità della formazione stes-sa. E evidente per tutti come la partitadella sicurezza, in particolare in un ambi-to così delicato come quello degli agenticancerogeni e mutageni, non possa esserevinta se non attraverso la diffusione di unacorretta conoscenza della problematica edelle tecniche di prevenzione. La scom-messa sulla cultura è quella che nel tempoci potrà portare ad una più ampia perce-zione del pericolo ed attivazione di tuttigli interventi necessari per abbatterlo.

2. Poiché la diffusione della "cultura"non può ovviamente fermarsi alla "for-mazione" per i lavoratori, ma deve neces-sariamente rivolgersi al mondo imprendi-toriale ed ai consulenti, i dipartimenti diprevenzione delle AUSL potrebbero, edovrebbero, rendere disponibili, in formaanonima, i dati rilevati nel corso dell'atti-vità di vigilanza, al fine di rendere comu-ni le esperienze fatte sul campo per tipo-logie di attività simili. Basti riflettere alriguardo sull'importanza degli eventualicampionamenti effettuati negli ambientidi lavoro o nell'area circostante ai sitiproduttivi. Tali dati dovrebbero poi esseremessi in relazione con quelli ricavabilidalla letteratura tecnico scientifica.

3. In quest'ottica, gli operatori dei Servi-zi di vigilanza potrebbero attivare, e ren-dere disponibile per il mondo imprendito-riale e produttivo, per le associazioni dicategoria, per le associazioni sindacali eper i lavoratori, una vera e propria banca

dati sulle "Buone Pratiche", sugli agentichimici e sugli agenti cancerogeni emutageni, sulle materie prime e sui cicliproduttivi coinvolti, sugli effetti sullasalute negli esposti, sulle procedure daattivare per evitare le esposizioni e sullematerie prime che possono essere utiliz-zate per sostituire quelle incriminate, suicontrolli opportuni per verificare lo statodi salute degli "attualmente" esposti e,soprattutto, degli ex-esposti, ecc., sulletecniche di "valutazione".

4. Dall'analisi delle banche dati elabora-te in funzione anche dell'attività ispettivaeffettuata ed in funzione del sistema dellecomunicazioni che devono essere obbli-gatoriamente effettuate dai Datori di lavo-ro, devono derivare attente ed opportunevalutazioni epidemiologiche e valutazionisulla consistenza dei pericoli e rischi,meglio se ordinati per settore o per com-parto, indispensabili per una corretta pro-grammazione di piani mirati territoriali,finalizzati alla prevenzione dei negativieffetti di esposizioni a rischio.

5. Anche e soprattutto in funzione dellamole di dati che dovrebbe convergere suiDipartimenti di Prevenzione, i ServiziPrevenzione e Sicurezza degli Ambientidi Lavoro delle AUSL si dovrebberoporre - in qualità di garanti istituzionalidella corretta applicazione delle norme atutela della salute dei lavoratori - fra gliinterlocutori più autorevoli per la formu-lazione di linee guida per la gestione delrischio chimico e del rischio cancerogeno

che siano applicate - e applicabili - al ter-ritorio di diretta competenza: questogarantirebbe un'operatività immediata ein qualche modo un'efficacia delle diret-tive, non fondate su principi generici masu realtà concrete.

6. Va richiamata la funzione di controllodei Dipartimenti di Prevenzione per leDirettive di mercato relative alla com-mercializzazione dei prodotti chimici e lenorme generali sulle etichettature disostanze e preparati pericolosi. Tale fun-zione può e deve essere espletata da tuttii settori della Prevenzione e della sanitàpubblica elevando il controllo e le tutele,che in questo caso sono anche tutele egaranzie per gli acquirenti utilizzatori,garanzie della corretta informazione perdatori di lavoro e lavoratori a partire dalleschede di sicurezza.

VERIFICA ISPETTIVA SUI PRINCIPALIOBBLIGHI EADEMPIMENTI DEIDATORI DI LAVORO

1. Valutazione del rischio (D.Lgs.626/94, art. 63 commi 1, 4 e 5 e art. 69comma 5, lett. a): il datore di lavoro hal'onere di valutare i rischi presenti negliambienti di lavoro, in questo caso conparticolare riferimento agli agenti cance-rogeni e mutageni, e di ripetere tale valu-tazione in occasione di modificazioni del-l'attività e di specifiche segnalazionieffettuate dal Medico competente. Talevalutazione deve essere effettuata fattosalvo quanto previsto dall'art. 62 delmedesimo decreto, che richiede la massi-ma sicurezza tecnologicamente ottenibileattraverso l'eliminazione e la sostituzionedelle materie prime maggiormente arischio con altre che garantiscano la mag-giore sicurezza possibile per i lavoratori.A parte l'ovvia considerazione sull'effet-tiva e concreta difficoltà ad effettuare unavalutazione dei rischi "scientificamente"corretta, soprattutto per quei cancerogenipresenti negli ambienti di lavoro solo intracce o che, non presenti in concentra-zioni significative nelle materie prime, simanifestino durante il ciclo produttivo,una particolare difficoltà interpretativa èriferita all'art. 72 quater del citato decre-to. L'obbligo di effettuare una valutazione"preliminare" ricade sul datore di lavoropreliminarmente all'avvio di una nuovaattività. Non è facile comprendere, ancheda parte degli operatori AUSL, quando inrealtà questa valutazione debba esserepresentata: al momento della richiesta diun parere sulla concessione edilizia per iNuovi Insediamenti Produttivi? Congiun-tamente alla presentazione dell'allegato 9ex art. 48 del DPR 303156? Al momentodella richiesta di nulla osta per l'avvio

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dell'attività? È di tutta evidenza comequesta difficoltà interpretativa possadeterminare, e di fatto realizzi, soluzionidifferenti nelle varie realtà regionali.Emerge comunque l'opportunità di pre-sentare questa valutazione preliminare ilpiù precocemente possibile, al fine diconsentire all'organo di vigilanza unacompleta verifica delle situazioni arischio e l'emanazione di prescrizioni inun momento nel quale gli interventi strut-turali nella futura attività produttiva pos-sano essere realizzati senza particolaridifficoltà tecniche ed oneri aggiuntivi daparte dell'impresa.In merito all'effettuazione della valuta-zione dei rischi da parte dei Datori diLavoro (supportati dai Responsabili deiServizi di Prevenzione e ProtezioneAziendali e da eventuali ulteriori Consu-lenti Tecnici), considerata la complessitàdella materia, ed in particolare valutata ladelicatezza insita nell'inquadramentodelle attività lavorative di ciascuna azien-da fra quelle classificabili "a rischiomoderato", il dibattito in atto mira a defi-nire l'affidabilità di valutazioni dei rischiche vengano redatte utilizzando unica-mente metodiche campionarie o, in alter-nativa o di supporto, sperimentando algo-ritmi ed eventualmente uno specificomonitoraggio biologico sugli esposti.Una valutazione dei rischi "esaustiva"dovrebbe tenere conto di tutte le metodi-che attualmente esistenti per consentirel'inquadramento il più completo possibiledelle varie esposizioni a rischio presentinel ciclo lavorativo. E evidente che taleobiettivo possa essere raggiunto unica-mente attraverso valutazioni effettuate dapersonale qualificato ed esperto, quale adesempio quello definito dal D.Lgs.195/03 con le necessarie integrazioni dicompetenze che può fornire il Medico-competente.Deve essere inoltre sottolineata, come giàaccennato in precedenza, la delicatezzaed al contempo l'importanza dell'inqua-dramento dell'attività lavorativa azienda-le tra quelle classificabili a "rischiomoderato". Senza volere entrare nel meri-to delle polemiche che tale dizione hasuscitato, non possiamo dimenticare cheil principale, se non l'unico, obiettivo diqueste normative deve essere quello ditutelare la salute di quanti vengano a con-tatto con agenti chimici potenzialmentepericolosi. In tale ottica la dizione"rischio moderato" non può che essereinterpretata, come suggerito da più parti,come "rischio irrilevante per la salute",richiamando quanto già indicato dall'art.35 comma 2 del DPR 303/56. Resterebbeda inquadrarsi meglio il concetto di "irri-levante", per il quale ci si potrebbe rifarealle indicazioni già presenti in letteratura,tra le , quali specifiche norme tecnicheUNI. E necessario ricordarsi che l'indica-

zione di un "rischio moderato" escludeautomaticamente l'operatore esposto dallasorveglianza sanitaria, in un contestolavorativo nel quale gli effetti sulla salutedell'esposizione a numerose sostanze chi-miche sono tuttora misconosciuti e spessevolte procrastinati nel tempo.Altra considerazione deve essere effettua-ta in merito all'utilizzo del monitoraggiobiologico come indicatore di esposizionelavorativa a rischio. Nel rammentare chetale monitoraggio non può sempre essereconsiderato "specifico" e "sensibile", ènecessario sottolineare che quando diret-to alla determinazione di indici di esposi-zione può rientrare nel dominio dell'igie-ne industriale e debba essere progettato,gestito ed interpretato in maniera interdi-sciplinare (non rappresentando pertantomateria di esclusiva pertinenza del medi-co competente).Al riguardo dell'esposizione ad agentichimici/cancerogeni derivante da contattocutaneo, la difficoltà della valutazioneviene accentuata dalla mancanza di affida-bili "valori limite". In questo caso, ancorapiù che in altri, può rendersi indispensabi-le il ricorso ad algoritmi "validati", peraltroin fase di ampia sperimentazione.Considerazione a parte deve inoltre essereeffettuata in merito alle nuove tipologie dilavoro e di esposizione (basti pensare allavoro interinale i cui operatori sono espo-sti per brevi periodi di tempo a lavori conrischi specifici estremamente variabili emal codificabili, perlopiù con scarsa tute-la prevenzionistica). E evidente che anche

(e per certi versi, a maggior ragione) perquesti operatori, la valutazione dei rischidebba essere effettuata con particolareattenzione, sempre e comunque nel rispet-to del Principio di Precauzione (che sug-gerisce un "approccio cautelativo" nellagestione dei rischi sanitari ed ambientaliquando questi siano caratterizzati da cono-scenze incomplete o insufficienti). Nel-l'ambito specifico degli agenti canceroge-ni, come accennato, eventuali effetti dan-nosi sulla salute si manifestano per lo più adistanza di anni e questo rende meno effi-cace l'intervento delle strutture aziendalidi sorveglianza sanitaria, per forza di coselegate alla contingenza dell'ultima man-sione svolta, non sempre in grado di rico-struire le esperienze pregresse e di metterein atto le misure adeguate.Gli operatori dei Servizi Prevenzione eProtezione degli Ambienti di Lavoropossono e devono svolgere una funzioneimportante, assicurando un monitorag-gio continuo del rischio chimico e can-cerogeno su base individuale e per atti-vità produttiva.

2. Vari articoli dei citati decreti richiama-no l'obbligo da parte del Datore di lavoro(oltre che da parte anche degli eventualiDirigenti e Preposti) di sostituire gli agen-ti cancerogeni e mutageni presenti all'in-terno dell'azienda, con sostanze prive dinocività o che presentino il rischio lavo-rativo minore tecnologicamente possibi-le. E di tutta evidenza come la valutazionedi questo adempimento comporti, sia per i

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datori di lavoro ed i loro consulenti cheper gli operatori AUSL, una perfetta cono-scenza dei differenti cicli produttivi e delleevoluzioni tecnologiche. Tale conoscenzaè possibile unicamente attraverso banchedati costantemente aggiornate. In meritopoi agli aspetti organizzativi interni all'a-zienda, tesi ad assicurare la minore espo-sizione possibile ad agenti cancerogeni emutageni eventualmente presenti, non esi-stendo una regola generale valida per tuttele realtà produttive, andranno ovviamenteverificati caso per caso, sicuramente coin-volgendo anche i Rappresentanti dei lavo-ratori per la sicurezza.

3. In merito agli obblighi di informazionee formazione, l'attenzione dell'Organo divigilanza dovrà essere posta sull'effettivaqualità di questi adempimenti. Troppevolte si verifica che questo obbligo vieneottemperato esclusivamente in maniera"formale", interpretato, sia da parte delDatore di Lavoro che da parte dei lavora-tori, esclusivamente come un fastidio"obbligatorio" e non come una realeopportunità di crescita lavorativa e diconoscenza delle possibilità di prevenzio-ne di patologie spesse volte mortali.Sarebbe forse il caso che il legislatorechiarisca, per queste tipologie di rischio,gli Organismi delegati ad effettuare laformazione su questi lavoratori, specifi-candone anche i contenuti.4. Un importante capitolo, fonte spessevolte di confusione negli imprenditori enei loro consulenti, è rappresentato dallamole di comunicazioni che devono essereinviate agli Organi di vigilanza (soprattut-to per quanto attiene i registri e le cartellesanitarie) e che sono da ritenersi un'im-portantissima fonte tanto dal punto divista delle verifiche ispettive quanto, esoprattutto, dal punto di vista del monito-raggio sanitario ed epidemiologico. Nellatabella 1 vengono riassunti gli obblighidei Datori di lavoro in merito a questiaspetti peculiari.5. Un grosso dibattito attualmente incorso riguarda l'applicazione delle normesulla sicurezza negli ambienti di lavoro daparte delle Piccole e Medie Imprese. Aseguito della Delega governativa, si è inattesa dell'emanazione di un nuovo testounico che preveda, tra l'altro, proceduresemplificate per le ,P.M.I. e la depenaliz-zazione dei reati. E necessario ricordareche proprio nelle aziende di minoredimensione (che sono la maggioranza deltessuto produttivo Italiano ed Europeo)l'organizzazione della sicurezza lavorati-va trova la maggiore difficoltà applicativae che conseguentemente proprio in questeaziende i lavoratori (datare di lavorocompreso) sono spesse volte esposti adelevati livelli di rischio. Se pertanto appa-re opportuna una revisione degli adempi-menti puramente "formali", è necessario

mantenere elevato il livello di guardiasugli adempimenti realmente "sostanzia-li" che garantiscano un livello "minimo"di sicurezza ritenuto imprescindibile. Lacosiddetta "semplificazione" non puòpertanto vedere sminuiti i requisiti di pre-venzione, attualmente ritenuti indispensa-bili anche a livello Comunitario, riferitaaltresì ai cosiddetti lavoratori interinali ocon contratti di lavoro a tempo determi-nato per i quali sembrerebbe, al contrario,che il nuovo Testo Unico (in via di defi-nizione) prevederebbe addirittura l'esclu-sione dalla tutela normativa.

È di tutta evidenza come, in conseguenzadel rilievo del mancato rispetto di obblighinormativi da parte dei differenti attori dellagestione della sicurezza negli ambienti dilavoro, l'Organo di vigilanza debba attiva-re le procedure prescrittive e sanzionatoriepreviste dalle vigenti normative. La cosid-detta depenalizzazione richiesta da piùparti, e che potrebbe essere inserita nelcitato Testo unico in via di predisposizio-ne, risulta effettivamente auspicabile, inparticolar modo in considerazione dell'ec-cessiva onerosità e, talvolta, dell'incon-gruenza di talune sanzioni. Ci si trovaqualche volta di fronte a contravvenzionidi peso differente per reati analoghi o conriferimenti normativi in contrasto tra diloro. La revisione del sistema sanzionato-rio (che non dovrebbe andare a modificarel'impostazione prescrittiva del D.Lgs.758/94 che ha mostrato punte di efficaciavicine al 95%) non dovrebbe peraltroandare a banalizzare l'intervento dell'Or-gano di Vigilanza e dovrebbe invece anda-re a riattivare Eventuali sistemi da "softlaw"per quelle inadempienze minori cheincidono in misura limitata sulla sicurezzadegli ambienti di lavoro.

LE PROCEDURE ISPETTIVEDELL'ORGANO DI VIGILANZAIN RELAZIONE AL RISCHIO CHIMICO

L'intervento di vigilanza è un processo discambio di informazioni (comunicazio-ne) trilaterale (parte datoriale/dirigenzia-le, rappresentanti dei lavoratori/lavorato-ri, organo di vigilanza) che produce, dopol'elaborazione delle informazioni da partedell'organo di vigilanza, atti a contenutoinformativo e "precettivo".Le procedure esecutive per la vigilanza, atutela dei lavoratori esposti al rischio chi-mico, possono sintetizzarsi principalmen-te in tre fasi:1. preparazione del sopralluogo daeffettuare nell'azienda predeterminata;2. conoscenza dell'azienda, durante ilsopralluogo, in riferimento a strutture,impianti, attrezzature di lavoro e prodottiutilizzati, nonché alle condizioni igienico-ambientali e all'organizzazione del lavoro;

3. comunicazione, nella fase successivaal sopralluogo, con i soggetti obbligatidella direzione aziendale e con quellitutelati.

PREPARAZIONEDEL SOPRALLUOGO

• Scelta di figure professionali espertenel settore (Igienisti industriali - Tossico-logi - Chimici - Periti Industriali Chimici- Medici competenti - Tecnici della pre-venzione) con esecuzione dei rispettivicompiti nel rispetto dell'esercizio delleprofessioni intellettuali di cui all'art.2229 del C.C. (pena la violazione all'art.348 del C.P.), affinché siano soddisfattetutte le condizioni tecnico-giuridiche diun intervento ispettivo.• Esame della documentazione presentepresso il Servizio (notifiche ex art. 216del T.U.LL.SS. r.d. 1265/34 - schedainformativa per la notifica ex art. 48 delDPR 303/56 - pareri o mappe di rischioex art. 20 della L. 833/78 - anagrafeaziendale - comunicazione di nominativoRSPP - schede della vidimazione dei regi-stri infortuni - registri degli esposti - flus-si informativi) per mettere a fuoco dimen-sioni, caratteristiche ed organizzazionedell'azienda.• Consultazione delle norme e prassilegislative, delle norme di buona tecnica(UNI), della letteratura e della documen-tazione relativa ad attività ispettive simi-lari già svolte per un maggiore approfon-dimento professionale.• Incontri chiarificatori con le rappre-sentanze dei lavoratori o con gli eventua-li firmatari, in caso di esposto/denuncia(per verificare la tipologia d'intervento dasvolgere ed avere chiarimenti su eventua-li indicazioni generiche riportate).• Scelta degli strumenti per l'ispezione eper le eventuali indagini ambientali (ane-mometro, termometro, analizzatori auto-matici o fiale rilevatrici o attrezzature peril prelievo: contenitori per campionamen-ti diretti o linee di prelievo per campiona-menti indiretti). Nel monitoraggioambientale i prelievi degli agenti chimicipericolosi, oltre che nel centro ambiente,vanno eseguiti anche con campionatoripersonali, in modo che i risultati dell'in-dagine vadano a rappresentare in modostatisticamente significativo l'inquina-mento sia nei singoli posti di lavoro chedurante i cicli lavorativi.• Scelta dei dispositivi di protezioneindividuale (conformi al D.Lgs. 475/92, equindi alle norme UNI armonizzate) pergli operatori di vigilanza.• Scelta della data e dell'ora del sopral-luogo in riferimento ai turni lavoratividell ' azienda predeterminata per avere unagiusta visione dell'organizzazione dellavoro aziendale.

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CONOSCENZA DELL'AZIENDADURANTE IL SOPRALLUOGO

• Presentazione degli operatori dell'or-gano di vigilanza alla direzione aziendalee informazione sul motivo del sopralluo-go (creare un clima di serenità e di colla-borazione reciproca serve ai fini di unsopralluogo coerente e risolutivo di even-tuali problematiche).• Coinvolgimento del RLS, che oltre aessere un obbligo, consente lo scambio diinformazionilconoscenze tra chi rappre-senta i lavoratori (con buona conoscenzadel ciclo produttivo e delle problematichedi rischio).• Identificazione dell'organigrammaaziendale per l'individuazione dei respon-sabili e degli addetti alla prevenzione aifini della notifica di eventuali provvedi-menti di verbalizzazione.• Richiesta di eventuali verbali preceden-ti in materia di igiene e sicurezza del lavo-ro e verifica delle carenze in essi segnalate(per valutare lo stato di sicurezza).• Richiesta del registro infortuni edesame degli eventi annotati negli ultimitre anni (per verificare se vi è permanen-za di situazioni di pericolo e per indivi-duare eventuali fasi lavorative critiche).• Esame della valutazione del rischiochimico e del lay-out aziendale (questoaiuterà a capire lo "stato dell'arte" dellaprevenzione e se gli adempimenti per lasicurezza sono solo formali).• Esame del piano di emergenza exD.M. 10/03/1998 (verifica di fattibilità -adeguatezza del numero degli addettiall'emergenza in base ai turni di lavoro,alle dimensioni aziendali ed all'organiz-zazione del lavoro - verifica dell'effettivaesecuzione delle prove di evacuazione).• Richiesta del registro di manutenzionedegli impianti tecnologici e delle attrezza-ture di lavoro. con verifica della periodi-cità e delle attività messe in atto (raffron-tare con i libretti di manutenzione ed uso-manutenzione in conformità alle normeUNI 10224, UNI 10147 e UNI 9910;verifica quinquennale degli impianti elet-trici e contro le scariche atmosfericheoppure biennale in presenza di impiantielettrici ad alto rischio tra i quali quelliinstallati nelle attività a rischio incendioe/o esplosione di cui al DPR 689159).• Verifica della valutazione dei rischi diesplosione, tenendo conto almeno deiseguenti elementi:

a) probabilità e durata della presenza diatmosfere esplosive;b) probabilità che le fonti di accensio-ne, comprese le scariche elettrostati-che, siano presenti e divengano attiveed efficaci;c) caratteristiche dell'impianto, sostan-ze utilizzate, processi e loro possibiliinterazioni;d) entità degli effetti prevedibili.

• Esame delle sostanze o dei preparatipericolosi utilizzati come materie prime,prodotti intermedi, sottoprodotti e prodot-ti finiti (controllo della conformità degliimballaggi, dell'etichettatura, della pub-blicità e delle schede informative di sicu-rezza per le sostanze pericolose di cui alD. Lgs. 52197 e per i preparati pericolosidi cui al D. Lgs. 65103).• Verifica di eventuali indagini ambien-tali già eseguite (confrontare i valori del-l'indagine con i valori limite indicati dallenorme italiane oppure europee ed in alter-nativa dell'ACGIH - esecuzione delleanalisi da parte di Chimici o Periti Indu-striali Chimici abilitati; verificare ilrispetto in generale delle metodiche stan-dardizzate UNI EN di cui all'AllegatoVIII sexies del D. Lgs. 626194, ed in par-ticolare della UNI EN 689 del 1997 - uti-lizzo di laboratori conformi alla UNI-EN45001 - rispetto della UNI EN 13205"Valutazione delle prestazioni delle appa-recchiature di misura della concentrazio-ne di particelle aerodisperse").• Verifica della conformità delle struttu-re (ampiezza dei locali - idonee aerazionee illuminazione naturali ed artificiali -separazione delle lavorazioni nocive -locali di deposito degli agenti chimiciseparati da quelli di lavoro, aerati, conidonea pavimentazione munita di sistemidi raccolta per eventuali sversamenti econ idonee pareti - depositi di rifiuti sepa-rati dai luoghi di lavoro ed eventualmen-te con sistemi che evitino nocumento alvicinato - idonei servizi igienici, spoglia-toi con armadi a doppio scomparto edocce - idonei servizi sanitari).• Verifica della conformità degli impian-ti/macchine e dei i relativi sistemi di pro-tezione - cicli chiusi di lavorazione, capped'aspirazione, cabine, nasi artificiali, illu-minazione di sicurezza, docce istantanee,lavaocchi ecc.• Esame delle attrezzature di lavoro edei relativi dispositivi di protezione (pen-nelli dosatori automatici - recipienti abecco d'oca con pennelli a tappo - utensi-li provvisti di aspirazione incorporata elocalizzata).• Contatti diretti con i lavoratori perassunzioni di notizie utili all'individua-zione di carenze.• Verifica dell'abbigliamento da lavoroo degli indumenti di protezione (a tuteladelle condizioni igieniche dei lavoratori eper la protezione della cute).• Verifica della funzionalità e dellaconformità dei D.P.I. (caschi o cuffie peril capo - occhiali o visiere per gli occhi -guanti per le mani - calzature per i piedi -schermi, grembiuli, pettorali, gambali ouose per il corpo - maschere per le vierespiratorie: marcatura e dichiarazione diconformità CE da parte del fabbricante enota informativa rilasciata da quest'ulti-ma). In generale, con esclusione di espo-

sizioni particolari ed acute, quando i TLVdegli inquinanti siano validati dalla lette-ratura internazionale, si suggerisce l'uti-lizzo dei DPI per le situazioni in cuivenga raggiunto il 50% del TLV e l'im-piego deve essere limitato a tempi brevidi 15-20' - l'indicazione sulla necessità omeno di avvalersi del DPI è contenutasulle schede informative di sicurezzaoppure nel libretto d'uso e manutenzionedelle nuove macchine secondo la normaUNI EN 292).• Verifica dell'addestramento dei lavo-ratori (per l'utilizzo di impianti e attrez-zature di lavoro - per gli addetti all'emer-genza).• Verifica dell'informazione e formazio-ne sul rischio chimico con la presa visio-ne di eventuali verbali o interpellando ilR.L.S. o i lavoratori (particolare forma-zione va fatta per i lavoratori in situ di cuial D.M. 16/03/98 per le aziende a rischiodi incidente rilevante).• Esame delle idoneità sanitarie deilavoratori alle mansioni specifiche laddo-ve è obbligatoria la sorveglianza sanitaria(ricordarsi del passaggio dal rischio pre-sunto a quello valutato e dell'introduzio-ne dell'obbligo di allegare i risultati ano-nimi del monitoraggio biologico al docu-mento dei rischi).• Esame eventuale dei protocolli sanita-ri dei lavoratori (di competenza esclusivadei medici specializzati).• Eseguire campionamenti per le analisiambientali, con analizzatori automatici ofiale rilevatrici (preferibili solo per velo-cità d'intervento) per un risultato orienta-tivo; in caso di concentrazioni al limitedella normalità, interessare un laboratorioautorizzato (per es. dell'ARPA o i labora-tori di sanità Pubblica come possibile inToscana) per predispone campionamenticon metodi laboratoristici.• In caso di difformità alle norme vigen-ti sull'etichettatura e/o sulle schede infor-mative di sicurezza, nonché per eventualidubbi sulla composizione delle sostanze odei preparati pericolosi, eseguire un con-trollo sulla composizione chimica: prele-vare massimo tre campioni a titolo gratui-to, sigillati all'atto del prelievo, e ciascunoin quantità sufficiente per una analisi com-pleta. Gli esami e le analisi dei campioniprelevati sono eseguiti dai laboratori com-petenti per territorio. Quando dall'analisirisulti che i prodotti non corrispondono airequisiti fissati, il direttore del laboratoriotrasmette immediata denuncia all'autoritàcompetente al controllo, unendovi il ver-bale di prelevamento ed il certificato dianalisi. Contemporaneamente, a mezzo dilettera raccomandata con avviso di ricevi-mento, comunica all'esercente presso cui èstato fatto il prelievo i risultati dell'analisi.Analoga comunicazione è fatta al fabbri-cante, all'importatore o al distributore nelcaso che il prelievo riguardi campioni in

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confezioni originali. Entro trenta giornidalla data di ricevimento della comunica-zione gli interessati possono presentarealla autorità che ha disposto il prelievoistanza di revisione di analisi. La revisio-ne è eseguita presso l'Istituto Superiore diSanità che avverte, con congruo anticipo,l'interessato, mediante lettera raccoman-data con avviso di ricevimento, del gior-no, dell'ora e del luogo in cui avranno ini-zio le operazioni di revisione. L'interessa-to ha diritto di farsi assistere dal suo difen-sore o da un consulente tecnico. In caso dimancata presentazione, nei termini, dellaistanza di revisione e nel caso che l'analisidi revisione confermi quella di primaistanza, si trasmette denuncia alla AutoritàGiudiziaria e si informa il Ministero dellaSalute. In caso di unico campione proce-dere ai sensi dell'art. 223 delle norme dicoordinamento del c.p.p. per l'analisi irri-petibile.• Nei casi di constatata infrazione allalegislazione sulle sostanze e sui preparatipericolosi, disporre il divieto di commer-cializzazione ed il sequestro in via ammi-nistrativa delle merci a cura e comunquea spese del trasgressore, adottando lenecessarie prescrizioni per il loro ritiro ela loro custodia, garantendo la sicurezzadegli operatori, della popolazione e del-l'ambiente. I provvedimenti adottati sonoportati tempestivamente a conoscenza delMinistero della Salute, che procede ainecessari accertamenti ai fini dell'even-tuale estensione delle misure all'interoterritorio nazionale.

COMUNICAZIONI NELLA FASESUCCESSIVA AL SOPRALLUOGO

• Relazione sul sopralluogo con profilodei rischi e consegna del verbale di ispe-zione.• In caso di dubbi sulla regolarità dellavalutazione del rischio chimico aziendaleo se vi sia il fondato sospetto della presen-za di forti concentrazioni di inquinanti,programmare indagini ambientali e biolo-giche da eseguire direttamente dall'orga-no di vigilanza oppure disporre l'esecu-zione direttamente da parte dell'azienda.Importante è anche l'accertamento sanita-rio in considerazione dell'influenza di fat-tori ergonomici (fatica fisica, iperventila-zione, ecc.), dell'esistenza di vie multipledi assorbimento dell'agente nocivo (es.cutaneo e respiratorio), delle fonti di espo-sizione extralavorativa, delle condizioni diigiene personale dei lavoratori, dellevariazioni individuali nell'assorbimento edel metabolismo ed escrezione degli agen-ti chimici pericolosi.• Impartire apposite prescrizioni ex art.20 del D. Lgs. 758/94 in caso di carenzenormative, prestando particolare attenzio-ne nella definizione delle modalità e dellesoluzioni tecniche appropriate con cui eli-minare le carenze nonché dei tempi perl'adempimento.• Impartire apposite disposizioni ex art.10 del DPR 520/55 in caso di misure diprevenzione o protezione da migliorare.• Disporre il sequestro preventivo ex art.321 del c.p.p. o probatorio ex art. 354 del

c.p.p. in caso di situazioni di grave peri-colo per la salute dei lavoratori (ricordar-si di far nominare un legale difensore difiducia o d'ufficio).• Assemblea con tutti i lavoratori dell'a-zienda o di reparto per le informazioni dimerito, in caso di situazioni di grave peri-colo per la salute dei lavoratori.• Consegnare gli eventuali verbali diprescrizione e/o di disposizione elo disequestro, con lettura degli stessi, al con-travventore e spiegazioni del caso.• Rilasciare estratto dei verbali, ed even-tuali informazioni, al R.L.S.• Informare dell'eventuale reato l'Auto-rità Giudiziaria competente per territorioex art. 347 del c.p.p.• Programmare l'eventuale sopralluogodi verifica di messa in atto delle prescri-zioni o disposizioni impartite in base aitempi assegnati nei verbali.• Annotare l'intervento di vigilanza, conle eventuali peculiarità, su appositi regi-stri tenuti in ufficio per utilità successivead altre attività di vigilanza o per indagi-ni epidemiologiche.• Eventuale informazione e assistenzaall'azienda per gli interventi di modificafuturi.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

l. F. Carnevale, L. Miligi - "Linee guidaper l'applicazione del Titolo VII delD.Lgs. 626/94 e successive modificazio-ni: aspetti critici" - RisCh2001; 101 -116; 20012. Coordinamento Tecnico per la Sicu-rezza nei luoghi di lavoro delle Regioni edelle Provincie autonome - "Linee guidaper l'applicazione del Titolo VII delD.Lgs. 626/94" - Aggiornamento 20023. Atti del Convegno "La tutela dellasalute dei lavoratori esposti ad agentichimici e cancerogeni" - Casamassima(Ba) 20/05/20034. V Foà, A. Bordiga "Il principio diprecauzione: è applicabile in medicinadel lavoro?" - G Ital Mcd Lav Erg, 2003;25:3: 330 - 3335. H. Checkoway, N. Pearce, D.J.Crawford-Brown - "Research Methodsin Occupational Epidemiology " - NewYork, Oxford University Press, 1989.6. European Agency for Safety andHealth at Work - "An Introduction tooccupational Exposure Limits" - 20017. AA.VV. - "Strategia di controllo deiFattori di Rischio Chimici negli Ambien-ti di Lavoro" - AIDII - 19908. R. Gori, G. Nano - "Uso di criteridecisionali per la Valutazione delleEsposizioni a Tossici Industriali " - G. Ig.Ind. It. - Vol. 12 n. 3 1987

AppendiceRegistro degli esposti e cartelle sanitarie: obblighi dei datori di lavoro

Cosa A chi Quando

Consegna copia del registro degli esposti ISPESL e AUSL All'istituzione, ogni 3 anni (per ognivariazione intervenuta) e su richiesta

Consegna-copia del reg tro degli_esposti 155 -- - A richiesta

Consegna il registro degli esposti ISPESL Alla chiusura dell'azienda

Consegna copia del registro degli esposti AUSL Alla chiusura dell'azienda

Consegna le cartelle sanitarie e di rischio ISPESL Alla cessazione del rapporto di lavorocon le annotazioni individuali

Consegna copia della cartella sanitaria Lavoratore Alla cessazione del rapporto di lavoroe di rischio con le annotazioni individuali

Consegna le cartelle sanitarie e di rischio ISPESL Alla chiusura dell'aziendae le annotazioni individuali

Richiede copia delle annotazioni ISPESL In occasione di assunzione di lavoratori cheindividuali contenute nel registro e copia hanno precedentemente esercitato attivitàdella cartella sanitaria e di rischio che espongano allo stesso agente(se non posseduta dall'interessato) cancerogeno

Consegna le annotazioni individuali Lavoratori Su richiestacontenute nel registro e nella cartellasanitaria e di rischio(tramite il medico competente)

Consegna i dati collettivi anonimi RLS ed RSPP In occasione della riunione periodica e sucontenuti nel registro richiesta

Conserva le cartelle sanitarie Fino alla risoluzione del rapporto di lavoro.e di rischio e le annotazioni individuali (ISPESL per almeno 40 anni dalla fine dei

l'esposizione)

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SORVEGLIANZA SANITARIAPREVENTIVA E PERIODICA PERI LAVORATORI ESPOSTI ARISCHIO CHIMICO MODERATO?

di Roberto CalistiSPreSAL ASUR Marche

zona territoriale 8Civitanova Marche MC

È cosa nota che, tra i punti più critici nel-l'interpretazione e nell'applicazione delD.Lgs 25/02 sul rischio chimico occupa-zionale, vi è il concetto di "rischiomoderato".

Il datore di lavoro che fondatamente sirichiami ad esso è esentato dalla neces-sità di realizzare misure specifiche diprevenzione e protezione (ad esempio, lafornitura di dispositivi di protezioneindividuale (DPI), di adottare procedureformalizzate per eventuali incidenti edemergenze in genere, di attivare ad hocla sorveglianza sanitaria preventiva eperiodica dei lavoratori esposti con con-seguente istituzione di cartelle personalisanitarie e di rischio. La legge ha, conevidenza, voluto sollevare da detta seriedi obblighi onerosi le aziende in cui essicostituirebbero un gravame finanziario eorganizzativo senza un beneficio attesoper la salute e la sicurezza dei lavorato-ri: ciò vale a dire, specularmente, chenelle situazioni in cui il rischio chimicoè "moderato" si può comunque assume-re che l'assenza di misure specifiche diprevenzione e protezione, di procedureper incidenti ed emergenze e di sorve-glianza sanitaria non comporta alcunincremento di rischio per i lavoratori.

Si tratta, perciò, non di una scelta "poli-tica" compromissoria tra esigenze diffe-renti (tutela dei lavoratori e bilanci delleaziende), ma della statuizione tecnica diun primo livello-soglia che intende fareda spartiacque netto tra situazioni certa-mente "sicure" e situazioni ove la possi-bilità di un infortunio o una malattia pro-fessionale rimane in qualche modo con-creta e va tenuta sotto adeguato control-lo. La definizione ex lege della soglia del"rischio moderato" è stata rimandata(art. 72 terdecies comma terzo del D.Lgs

626/94 aggiornato al D.Lgs 25/02) a unoo più successivi decreti ministeriali nonancora emanato/i.

Nella direttiva comunitaria che ha fatto damadre al D.Lgs 25/02, l'unico criterio perstabilire che un agente chimico costituivaun rischio tanto irrilevante da consentire,senza pregiudizio per i lavoratori, l'omis-sione delle misure e cautele sopra dette,era dato dalla quantità di agenti impiega-te o comunque presenti in un ambiente dilavoro. Il D.Lgs 25/02 ha invece stabilitoun criterio valutativo complesso in cuientrano più fattori oltre alla quantità degliagenti; tale impostazione ha comportato,tra l'altro, la necessità di identificare unasoglia di esposizione a cui corrisponda unrischio sicuramente "moderato", di valorefrazionario (inferiore all'unità) rispetto allivello di esposizione adottato come"limite". In altri termini il D.Lgs 25/02 hacostituito un sistema a due soglie e trefasce di rischio: la prima fascia di rischioè al di sotto della citata, prima soglia del"moderato", la seconda sta tra la sogliadel "moderato" e quella del rischio corri-spondente al "valore-limite di esposizio-ne", la terza è superiore alla soglia delrischio corrispondente al "valore-limite diesposizione".

Il rapporto tra la soglia del "rischiomoderato" e quella del rischio corrispon-dente al "valore limite di esposizione"("valore limite" CE, TLV ACGIH o altroche sia) è quantitativamente da definirsi;l'operazione di definizione della sogliadel "rischio moderato" va compiuta sullabase di criteri prudenziali e di un qual-che fattore di sicurezza (proporzionale aidifetti di conclusività delle nostre cono-scenze e al grado di incertezza dellenostre decisioni) demoltiplicativo del"valore-limite di esposizione".

I criteri generali e i requisiti prestaziona-li degli strumenti per valutare (misura-re/stimare) il rischio chimico sono stabi-liti in modo imperativo da alcune normeUNI EN.

Quanto esposto finora non è luogo didifficoltà interpretative e controversie.

Riguardo all'interpretazione quantitativae alla concreta applicazione del concettodi "rischio moderato" (in assenza deldecreto ovvero dei decreti di cui sopra)vi sono invece posizioni diverse ediscretamente conflittuali. Da un lato viè quella espressa da un gruppo tecnicodel Coordinamento delle Regioni e Pro-vincie Autonome italiane per cui l'agget-tivo "moderato" va inteso come "irrile-vante" per la salute e "basso" per la sicu-rezza (ove "irrilevante" e "basso" trova-no premessa e ragione rispettivamentenell'art. 35 del DPR 303/56 e nella nor-mativa per la prevenzione degli incendi).Secondo tale posizione, inoltre, si esclu-de a priori che un rischio da agenti chi-mici allergogeni, mutageni e canceroge-ni possa mai intendersi "moderato" ; peragenti che operino con meccanismodiverso si rimanda a una valutazionequantitativa basata su una delle suddettenorme UNI EN, la quale definisce laprobabilità statistica di superamento diun valore-limite in funzione dei risultatidi una o più misure dell'esposizione.ASSINDUSTRIA, o almeno parte diessa, esprime una posizione differente,che pone la soglia del "rischio modera-to" su livelli di esposizione decisamentepiù alti di quelli individuati dal gruppotecnico "pubblico".

Su un altro punto le opinioni discordano:le aspirazioni e i DPI devono entrare ono tra i fattori che, concorrendo adabbassare i livelli di esposizione e dirischio dei lavoratori, concorrono al rag-giungimento della soglia del "rischiomoderato"? In questo contesto è utileenunciare il problema (perché ha ricadu-te anche sulla necessità, o meno, dellasorveglianza sanitaria), ma la sua tratta-zione va rimandata ad altra sede.

Le associazioni scientifiche di settore sisono divise, infine, anche su altre que-stioni, tra cui quella della necessità (logi-ca) e legittimità (giuridica) della sorve-glianza sanitaria ad hoc in presenza di unrischio chimico effettivamente "modera-to". E opinione di chi scrive e di altricolleghi, soprattutto della parte pubblica(ma non solo), che laddove il rischio chi-mico sia stato fondatamente classificatocome "moderato" = "irrilevante per lasalute" la sorveglianza sanitaria effettua-ta da un medico competente nominatodal datore di lavoro, con conseguente

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emanazione di giudizi di idoneità / ini-doneità alla mansione per i singoli lavo-ratori, sia non solo inutile ma illegittima,in violazione dell'art. 5 della Legge300/70 (Statuto dei lavoratori). Vi sonoopinioni differenti di molti altri, soprat-tutto della parte privata (ma non solo).

Sta di fatto che l'art. 5 della Legge300/70 recita come segue: "Sono vietatiaccertamenti da parte del datore di lavo-ro sulla idoneità e sulla infermità permalattia o infortunio del lavoratoredipendente. Il controllo delle assenzeper infermità può essere effettuato sol-tanto attraverso i servizi ispettivi degliistituti previdenziali competenti, i qualisono tenuti a compierlo qualora il dato-re di lavoro lo richieda. Il datore di lavo-ro ha facoltà di far controllare la ido-neità fisica del lavoratore da parte dienti pubblici ed istituti specializzati didiritto pubblico."

La sorveglianza sanitaria affidata almedico competente nominato dal datoredi lavoro è effettuata, ai sensi del primocomma dell'art. 16 del D.Lgs 626/94,"nei casi previsti dalla normativa vigen-te"; essa si pone come una vistosa edassai rilevante eccezione al principiogenerale di cui all'art. 5 della Legge300/70. Peraltro, non dovrebbero esservidubbi circa il fatto che, al di fuori deicasi previsti dalla normativa vigente,l'art. 16 del D.Lgs 626/94 e quindi lecorrispondenti norme del D.Lgs 25/02non si applicano e vige quindi l'art. 5della Legge 300/70.

Molte aziende cadono ancora nella trap-pola culturale della spasmodica rincorsaall'inclusione nella categoria del rischio"moderato", nella convinzione che clas-sificandosi a rischio "non-moderato" siapporrebbero una sorta di marchio dipericolosità sociale se non d'infamia.Ma dichiararsi a rischio chimico "non-moderato" significa semplicementedichiararsi consapevoli dell'esistenza diun problema (è una categoria di respon-sabilità, non di colpa); dopo di che visono aziende a rischio chimico intrinse-camente elevato che riescono a tenerlosotto controllo in modo egregio e azien-de a rischio chimico intrinsecamentemodesto che riescono a fare dei disastri,per incuria o a volte proprio per man-canza di consapevolezza e conseguente,concreta assunzione di responsabilità.Tra le cose auspicabili vi è quella diun'evoluzione di atteggiamento delmondo imprenditoriale, affinché appren-da a non temere l'etichetta del rischiochimico "non-moderato" ma a usarlacome uno strumento di lavoro. Diamotutti per scontato che il datore di lavorodi una falegnameria debba sapere che

usa macchine pericolose rispetto alrischio di infortuni: nessuno gli chiede divergognarsene o di smettere di lavorare,ma egli deve conoscere i problemi concui convive e lavorare quanto più possi-bile in sicurezza. Per analogia, ha sensoaffannarsi a dire che una produzioneindustriale di vernici, uno stabilimentoper la produzione di pneumatici, un can-tiere navale in cui si producono scafi invetroresina sono a rischio chimico"moderato"? Non è più semplice e utileassumere come cosa pacifica che si trat-ta di aziende con significativi problemidi rischio chimico occupazionale e prov-vedere di conseguenza da parte dei dato-ri di lavoro, dei dirigenti, dei preposti,dei Servizi di Prevenzione e Protezione(SPP) aziendali, degli addetti a preven-zione degli incendi, evacuazione in casodi emergenza, primo soccorso in azien-da, dei medici competenti, dei servizipubblici di vigilanza e prevenzione?

Eppure il paradosso che quotidianamen-te si riscontra in molte aziende è che,dopo aver affannosamente definito unasituazione "a rischio chimico moderato",spesso forniscono DPI ai lavoratori ecomunque sottopongono i lavoratorimedesimi a sorveglianza sanitaria pre-ventiva (non di rado, anche pre-assunti-va) e periodica. Da un lato, sembra chemolti datori di lavori di fatto non si fidi-no della loro stessa valutazione dirischio (molti dicono proprio così: "ilrischio mi è venuto moderato, ma perprudenza ...") e con ciò si sobbarchinoproprio quegli oneri che la legge volevarisparmiare qualora inutili; le visitemediche, come i DPI, sembrerebberocostituirsi come una sorta di dichiarazio-ne di buon animo o come una sorta dipreventivo lavacro purificatore. Dall'al-tro lato, molti protocolli dei medici com-petenti nominati da datori di lavoro con-traddicono le corrispondenti valutazionidi rischio chimico dei datori di lavoro:capita spesso di vedere che, laddovequeste ultime dicono che rischio non cen'è, quelli affermano la preventiva eperiodica necessità etica e clinica di spi-rometrie per l'esposizione a broncorri-tanti, patch- e prick-test per l'esposizio-ne ad allergeni, monitoraggio biologicoper l'esposizione agli agenti più diversi.

Se si assume che l'espressione "rischiomoderato" vale come "rischio irrilevanteper la salute": o ha ragione chi ha cosìclassificato il rischio, e allora cosa siaspettano il datore di lavoro e il medicocompetente come risultato della sorve-glianza sanitaria?; o ha ragione il medicoa visitare gli esposti ed esprimere giudizidi idoneità/inidoneità (perché delle vere eproprie patologie occupazionali possonoessere ragionevolmente attese o, comun-

que, un dato lavoro e date esposizioni adagenti chimici possono deteriorare lostato di salute degli addetti), ma allora lavalutazione del rischio va rivista.

Se si segue la linea di pensiero che ponela soglia del "rischio moderato" in corri-spondenza di livelli di esposizione piùalti di quelli per cui il rischio è "irrile-vante", è giusto che (quanto più possibi-le secondo criteri di etica ed efficaciaevidence-based) il medico competentenominato dal datore attivi la sorveglian-za sanitaria degli esposti, ma un'aziendanon trae più alcun vantaggio (economicoe predittivo) dal classificarsi "a rischiomoderato".

Un'ultima osservazione che nel contem-po è una domanda non retorica:• visto che la prima visita ai lavoratori

che verranno esposti ad agenti chimi-ci (non solo nel settore privato: sipensi agli infermieri che, negli ospe-dali pubblici, dovranno usare guantiin latice di gomma) viene spessoeffettuata preventivamente non soloall'esposizione ma anche all'assun-zione (e come condizione ad essa);

• visto che, nelle intenzioni e nell'au-spicio di molti, detta prima visitaandrà sempre più spesso a compren-dere test predittivi della sensibilità/suscettibilità individuale ad agentichimici (dai già citati test allergologi-ci ai più avveniristici test genetici);

• tenuto conto del fatto che un lavorato-re può giungere a una visita preventi-va/pre-assuntiva non necessariamente"vergine", portando nell'anatomia enelle funzioni del suo organismo gliesiti negativi di esposizioni ad agentichimici subite in precedenti stagionidella sua vita lavorativa;

quale tutela non solo della salute, madella possibilità di lavoro riceverà la per-sona che il medico competente nomina-to dal datore di lavoro riconoscerà costi-tuzionalmente ipersuscettibile e/o piùfragile all'azione di determinati agentichimici, perché già in precedenza leso daessi e/o da altri?

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CANCEROGENESI, CAUSALITAE DIPENDENZA DALTEMPORILEVANZA PER LA VALUTAZIONEDEL NESSO CAUSALE IN CASI DI TUMOREDI SOSPETTA ORIGINE PROFESSIONALEO AMBIENTALE

di Dario Mirabellivice-presidente AIE

CPO Piemonte Torino

TUMORI EDESPOSIZIONE ADAGENTI CANCEROGENIL'occorrenza dei tumori umani non èlegata in modo meccanico all'esposizio-ne a cancerogeni.Innanzitutto si osserva usualmente chenon tutte le persone appartenenti a ungruppo omogeneamente esposto a cance-rogeni sviluppano tumori, nemmeno inseguito a esposizioni ad alte dosi quali siverificavano in passato in certe attivitàindustriali. Una delle poche occasioni incui si è verificato lo sviluppo di tumori intutti gli esposti è stata quella di un repar-to di distillazione di 2-naftilamina in unapiccola industria in Gran Bretagna dovetutti e 15 gli addetti furono colpiti datumore della vescica`. Al di fuori di cir-costanze così poco comuni, solo alcunitra i lavoratori del gruppo sviluppanotumori nelle sedi bersaglio dell'agente odegli agenti cui hanno avuto esposizione(le sedi che non sono bersaglio di taleazione non sono da prendere in conside-razione ai fini di questo ragionamento).

Una seconda osservazione, complemen-tare alla precedente, è che nell'anamnesidelle persone colpite da tumore non èsempre possibile identificare un'esposi-zione a cancerogeni già riconosciuticome tali dalla ricerca, epidemiologica otossicologica, e per i quali la ricercaabbia stabilito con ragionevole certezzail nesso di causalità con la specifica sedetumorale in questione. Ciò equivale adire che per una quota dei tumori che sisviluppano nella popolazione non è pos-sibile identificare fattori cui assegnareanche solo in via ipotetica un ruolo cau-sale. Per alcune sedi tumorali ciò è par-ticolarmente frequente e tra queste la piùimportante in termini di impatto sullasalute pubblica è il cancro della mam-mella femminile, che sarà discussa bre-vemente a scopo esemplificativo. Perquesta sede, i fattori genetici finora rico-nosciuti non spiegano più del 10-15%del totale dei casi; una minima quota èimputabile all'esposizione a radiazioniionizzanti; l'eziologia della restanzequota di carcinomi della mammella èoggetto di semplici ipotesi di studio.Eppure vi sono ampie evidenze circo-stanziali che si tratta di un tumore deter-

minato da fattori ambientali, intesi insenso ampio, ossia includendo in questaaccezione fattori "comportamentali"come la dieta o le abitudini riproduttive.Ne è prova il modificarsi della sua inci-denza nelle popolazioni migranti, cheassumono piuttosto velocemente ilrischio di cancro tipico del Paese in cuiemigrano. Questa osservazione suggeri-sce che esiste in qualche modo una "fre-quenza di fondo" di cancro della mam-mella, che tuttavia equivale soltanto aduna frazione del gettito di casi osserva-bili in popolazioni ad alta incidenza (emortalità).

Un terzo ordine di considerazioni sullacomplessità del nesso causale si può svi-luppare a partire dal fatto che nell'anam-nesi di persone colpite da tumori non èraro identificare esposizioni a più di unagente notoriamente causale. Un esem-pio tipico in ambito di cancerogenesiprofessionale è l'insorgenza di un cancropolmonare in un lavoratore esposto adamianto, noto cancerogeno polmonare, eche è anche un fumatore di tabacco. Unaltro esempio è quello di storie lavorati-ve con esposizioni professionali, con-temporanee o successive, a più agenticancerogeni aventi lo stesso organo ber-saglio: per esempio amianto e idrocarbu-ri policiclici aromatici, oppure cromo eamianto, e così via.

DEFINIZIONI DI CANCEROGENIL'effetto di un cancerogeno è di accre-scere la frequenza con cui un tumoretende a svilupparsi tra le persone espo-ste, rispetto a quelle che non lo sono eche vengono prese come termine di riferi-mento. Si denota questa condizione diaccresciuta probabilità di cancro con iltermine di aumento del rischio di contrar-re un tumore e la si può riconoscere attra-verso l'osservazione protratta nel tempodi gruppi caratterizzati dall'aver avutouna comune esposizione, oppure attraver-so la ricostruzione retrospettiva della sto-ria di persone colpite dallo stesso tipo dicancro confrontate con persone indenni.Lo stesso effetto di tipo probabilistico siriscontra anche negli esperimenti anima-li di cancerogenesi, dove gruppi di ani-mali trattati a differenti livelli di dosag-gio sono confrontati con un gruppo dicontrollo non trattato. L'Agenzia Interna-zionale per la Ricerca sul Cancro--Inter-national Agency for Research on Cancer(IARC) - definisce cancerogeno ogniagente capace di aumentare l'incidenza ditumori maligni. L'induzione di tumoribenigni può in alcune circostanze contri-buire al giudizio di cancerogenicità'''.L'assenza di un rapporto causa effetto ditipo deterministico rende difficile e sog-

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getta ad incertezze l'interpretazione cau-sale dell'associazione statistica tra tumo-ri ed esposizione ad un agente di cui sivogliano studiare gli effetti. Comeabbiamo visto queste incertezze sonopresenti allo stesso modo negli studi epi-demiologici su popolazioni umane ed inquelli sperimentali, cosicchè in genereun solo studio riportante un eccesso ditumori tra gli esposti non conduce ingenere la comunità scientifica a ritenereche vi sia stata dimostrazione di causa-lità. Si richiede invece che il risultato siareplicato in modo coerente in più studi,possibilmente condotti in diverse condi-zioni. Nel campo della sperimentazioneanimale, un'ulteriore fonte di incertezzeè la validità dello specifico modello ani-male ai fini dell'estrapolazione all'uomo.In epidemiologia, invece, non sempre èpossibile condurre gli studi che si vor-rebbe, o come si vorrebbe: le condizionidi osservabilità non sono determinate dalricercatore, ma dai fatti naturali e dallevicende sociali. Il risultato è che spessole valutazioni sulla cancerogenicità di undato agente devono basarsi su dati par-ziali, meno completi o di qualità menobuona di quanto desiderabile.

Per affrontare la complessità di interpre-tazione dei dati disponibili, nello svilup-po del suo programma di Monografie la

IARC ha stabilito di raccogliere sistema-ticamente i risultati di studi epidemiolo-gici e di esperimenti animali riguardantiun dato agente, di sottoporli al vagliocritico di un gruppo di lavoro costituitoda personalità scientifiche con particola-re esperienza per quell'agente, di chie-dere al gruppo di lavoro di identificaretutti i punti di forza e di debolezza deglistudi e dei loro risultati e di esprimere ungiudizio conclusivo, sulla base di precisicriteri di valutazione delle evidenze dicancerogenicità. Criteri molto simili,con differenze nei dettagli della scala digiudizio, sono stati adottati dall'UnioneEuropea nel quadro della regolamenta-zione della classificazione, etichettaturaed imballaggio delle sostanze e dei pre-parati pericolosi (Tabella 1).Più in generale, i ricercatori in ambitobiomedico spesso si ispirano alle consi-derazioni sviluppate da A. Bradford Hilla proposito di valutazione del nesso dicausalità .'. Quando le prove a favoredella causalità non sono trascurabili, maragionevoli ipotesi alternative sono ingrado di spiegare i risultati di studi epi-demiologici, per connotare il ruolo degliagenti in studio si troveranno usati ter-mini come "associazione", invece dinesso causale, e "fattore di rischio" inve-ce di causa. Questa terminologia dovreb-be servire ad esprimere le doverose cau-

tele con cui si denota il possibile ruolocausale di un agente, quando le evidenzedisponibili sono limitatamente convin-centi. Tuttavia può prestarsi anche ad usistrumentali: la valutazione sulla nocivitàdi un agente può essere influenzata dapregiudizi o da interessi a priori, cosic-chè sfumare la fraseologia da "nessocausale" ad "associazione", quando ciònon è effettivamente giustificato dallivello di conoscenze, o viceversa enfa-tizzarla ingiustificatemente, può servireinteressi di natura extra-scientifica.

CANCEROGENESISono state sviluppate ipotesi circa il mec-canismo d'azione dei cancerogeni, corre-date di un buon grado di riscontri speri-mentali in vivo e in vitro. In generale,esse prevedono che una o più tappe fon-damentali nello sviluppo di tumori consi-stano nell'interazione con il corredogenetico delle cellule presenti nei tessutio organi bersaglio. Sono stati inoltrepostulati meccanismi di azione non gene-tici per alcuni cancerogeni ed è contro-versa l'importanza relativa del loro coin-volgimento nel complesso delle circo-stanze in cui si verificano i processi dicancerogenesi. La conoscenza dei mec-canismi d'azione potrebbe aiutare a chia-rire il molo causale degli agenti associaticon l'occorrenza di tumori umani epotrebbe aiutare ad identificare cancero-geni non ancora riconosciuti. Purtroppole conoscenze disponibili sono ancoratroppo frammentarie per fornirci la com-prensione dei meccanismi d'azione anchedegli agenti cancerogeni noti da piùlungo tempo e più largamente studiati'.

GLI ALBORI DELLACANCEROGENESI CHIMICALa prima prova che agenti chimici hannola capacità di provocare il cancro vienedalle osservazioni di Percival Pott sulcancro dello scroto negli spazzacamininell'Inghilterra della seconda metà del1700. La sua opera Chirurgical Obser-vations è del 1775.E interessante ripercorrere la storia deglialbori della cancerogenesi chimica, sullatraccia di una conferenza di AlexanderHaddow'.Nel 1876 Joseph Beli a Edinburgo descris-se il cosiddetto cancro da paraffina nellavoratori degli oli di scisto, un'industriaallora in espansione in Scozia. Le osser-vazioni di Beli furono estese e pubblicatenel 1922 da Alexander Scott, un medicodi famiglia nella zona degli scisti. Nel1923 Murray scrisse nell'ottavo rapportoscientifico dell'Imperial Cancer ResearchFund: "ll Comitato Esecutivo ha deciso diincludere l'articolo di Scott perché incor-pora il risultato di un esperimento non

Tabella lCriteri di interpretazione e classificazione delle evidenze di cancerogenicitàadottati dalla CEE e dalla IARC

Criteri CEE Criteri IARC

Categoria ISostanze note per gli effetti cancerogeni sull'uomo.Esistono prove sufficienti per stabilire unnesso causale tra l'esposizione dell'uomo aduna sostanza e lo sviluppo di tumori.

Categoria 2Sostanze che dovrebbero considerarsi cancero-gene per i' uomo.Esistono elementi sufficienti per ritenereverosimile che l'esposizione dell'uomo aduna sostanza possa provocare lo sviluppodi tumori, in generale sulla base di:- adeguati studi a lungo termine effettuati

su animali- altre informazioni specifiche.

Categoria 3Sostanze da considerare con sospetto per i pos-sibili effetti cancerogeni, sulle quali però nonsono disponibili informazioni sufficienti perprocedere ad una valutazione completa.Alcune prove sono state ottenute da oppor-tuni studi su animali, non bastano però perclassificare la sostanza nella categoria 2.

Gruppo ICancerogeni umani.Sostanze con sufficiente evidenza di cance-rogenicità per l'uomo.

Gruppo 2aProbabili cancerogeni umani.Sostanze con: sufficiente evidenza di cance-rogenicità per l' animale elo limitata eviden-za per l'uomo (è sufficiente la sola evidenzaumana o sperimentale se altri dati rilevantidepongono per un rischio cancerogeno).

Gruppo 2bSospetti cancerogeni umani.Sostanze con: evidenza umana limitata inassenza di evidenze sufficienti sull'animaleda esperimento; evidenza sperimentale suf-ficiente (e, raramente, evidenza inadeguatama presenza di altri dati rilevanti), e conevidenze umane inadeguate o assenti.

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intenzionale su larga scala su soggettiumani, accuratamente osservato e regi-strato su un lungo periodo. Poiché èimprobabile che si ripetano le stesse con-dizioni favorevoli si ritenne opportunorenderne largamente disponibile un rap-porto adeguato e permanente Comun-que nel 1921 quando Kennaway fu inca-ricato come chimico - fisiologo pressolo Institute of Cancer Research vi eramolto interesse sulla capacità del catra-me di carbone di causare il cancro.L'industrializzazione in Inghilterra. inAmerica, in Germania ed in Giapponeaveva portato allo sviluppo di tumoricutanei in molte occupazioni ed attivitàindustriali che implicavano esposizionea fuliggine, catrame di carbone, pece, olidi scisti ed oli minerali. Era così emersogradualmente che queste miscele com-plesse dovevano contenere un agente odiversi agenti capaci di provocare lamalattia, un cancerogeno (il termine fuusato per la prima volta già nel 1853 daJames Paget). La sua identificazione chi-mica all'inizio fu impedita dall'incapa-cità dei ricercatori di riprodurre i tumorinegli animali da esperimento, fin quandonel 1914 - 1915 Yamagiwa e Ishikawaprovocarono il cancro della cute attra-verso prolungate spennellature di catra-me di carbone sulle orecchie di coniglio.Nel 1918 Tsutsui aveva poi dimostratoche il topo era particolarmente suscetti-bile. Furono queste due scoperte a dareimpulso alla ricerca nel mondo intero.In una serie di lavori condotti e pubbli-cati tra il 1921 ed il 1932 Kennaway ecollaboratori dimostrarono infine che lacancerogenicità per l'animale da esperi-mento era dovuta agli idrocarburi polici-clici aromatici contenuti nelle miscele diuso industriale.Già mentre si lavorava alla cancerogeni-cità delle miscele di uso industriale con-taminate da idrocarburi policiclici aro-matici erano emersi i legami tra altriagenti ed altre sedi di cancro. Si puòricordare a questo proposito quello traamine aromatiche e cancro della vescica,a partire dalle osservazioni di Rehn del1895 sulla frequenza di questo tumoretra i lavoratori tedeschi addetti alla pro-duzione di coloranti. Negli anni 1920 -1930 era anche stata osservata l'elevatamortalità per tumore del polmone tra gliaddetti alfa raffinazione dei nichel. Nelcorso degli anni 1930 iniziarono adaccumularsi, sempre più numerose, lesegnalazioni di cancro polmonare inlavoratori dell'amianto in Inghilterra,Stati Uniti e Germania. Per tutti questicasi di cancerogenesi chimica e profes-sionale la conferma definitiva del rap-porto causale venne in seguito, neglianni 1950. Fu infatti a partire da allorache lo sviluppo dell'epidemiologiamoderna portò alla conduzione di forma-

li studi di tipo longitudinale e che lemoderne strategie di sperimentazionesull'animale da laboratorio permisero diestrapolare dall'animale all'uomo le evi-denze di cancerogenicità, permettendodi pervenire all'attuale stato di cono-scenze sulla cancerogenesi chimica.

MODERNE TEORIEDELLA CANCEROGENESITra il 1940 ed il 1947 furono pubblicatii resoconti di esperimenti di canceroge-nesi animale di importanza fondamenta-le'. Fu mostrato che l'applicazione allacute di topo di un cancerogeno (un idro-carburo aromatico policiclico) non pro-vocava di per sé un eccesso di tumoricutanei rispetto ai controlli, ma se erafatta seguire da un trattamento con unasostanza non cancerogena ma irritantequale l'olio di croco, allora si sviluppa-vano i tumori. Questo portò allo svilup-po delle teoria della co-cancerogenesitra agenti induttori della trasformazionecancerogena ed agenti promotori. 11modello di induzione e promozione èdunque un modello di natura empirica esperimentale. Fu dimostrato, sempre insemplici sistemi sperimentali, che il trat-tamento promovente poteva attivare losviluppo di tumori anche se applicatomolto tempo dopo quello inducente: inaltre parole, l'induzione una volta otte-nuta sembrava permanente.

Nel 1954 Armitage e Doli" presentaronoun modello di cancerogenesi a stadimultipli, di natura empirica e statistica,per spiegare la distribuzione per età deitumori umani dell'adulto. Per la mag-gior parte dei tumori umani si osservache l'incidenza aumenta in funzione diuna qualche potenza dell'età. Il modellodi Armitage e Doli postula che un tumo-re maligno si formi in un tessuto quandouna sua cellula subisce una trasforma-zione maligna attraverso una sequenzafinita di stadi e che l'intervallo tra unostadio ed il successivo sia una variabilecasuale con distribuzione esponenziale.Il modello prevede che l'incidenza di undeterminato tipo di tumore aumenti conl'età in funzione di una potenza dell'etàpari al numero (medio) di stadi necessa-ri meno uno.Nel 1971 Knudson' formulò il modellodella doppia mutazione, di naturaempirica e biologica, per spiegare l'inci-denza di neuroblastoma infantile. Il reti-

a) In questo passaggio sono rappresentate duecaratteristiche fondamentali degli studi epidemiolo-gici,in quei casi eccezionali in cui hanno grande rile-vanza: la loro somiglianza con veri e propri esperi-menti, non disposti dal ricercatore ma che questi sitrova già predisposti dai fatti, e la loro sostanzialeirripetibilità, corollario della eccezionalità di circo-stanze che li rendono quasi-sperimentali.

noblastoma deriverebbe da due mutazio-ni critiche, che nei casi di tumore spora-dico si sarebbero entrambe verificatedurante la vita del bambino. Nei casiereditari tuttavia la prima mutazionesarebbe stata presente nella cellula ger-minale del genitore ed il bambino che laeredita avrebbe solo una mutazione asepararlo dal tumore ed un rischio moltoelevato di svilupparlo. Questa teoria ècompatibile con quella di Armitage eDoli: l'ereditarietà di un gene mutatoequivale all'ereditarietà di uno dei duestadi necessari alla trasformazione nelcaso del retinoblastoma. Il ruolo dellegame dei cancerogeni con il materialegenetico (il DNA) era stato nel frattem-po dimostrato% mentre all'epoca dellaformulazione della teoria di Armitage eDoli era stata appena elucidata la strut-tura del DNA ed il suo ruolo di materia-le genetico era solo intuito.Nel 1981 Moolgavkar e Knudson" evi-denziarono l'importanza che i modelli dicancerogenesi considerassero il proble-ma, biologicamente rilevante, dellareplicazione cellulare delle cellule muta-te e sostennero che modelli a due stadiche incorporassero una cinetica di repli-cazione limitata (modello del doppiostadio e dell'espansione clonale) pote-vano spiegare l'incidenza di tutti i tumo-ri umani e sperimentali ed erano i piùsemplici modelli in grado di farlo. Inquesto modello una prima mutazione osequenza di mutazioni (iniziante) provo-ca il primo stadio della trasformazionein una cellula; questa cellula può andareincontro a diversi destini, quali morire, oessere riparata, o dividersi in cellulefiglie portatrici delle stesse mutazioni(espansione clonale) ad esempio sotto lostimolo di un agente promovente. Lasopravvivenza di una o più cellule muta-te al primo stadio crea il presuppostoperché ad un certo punto si verifichi laseconda mutazione o serie di mutazioni(progressione) e si sviluppi il tumore cli-nicamente manifesto. La probabilità dipassare attraverso il secondo stadio saràevidentemente tanto più alta quantomaggiore è il numero di cellule checostituiscono il clone espanso e quantopiù lunga è la loro sopravvivenza. Que-sto modello costituisce la formalizzazio-ne statistica del suo corrispondente bio-logico, il modello di induzione-promo-zione-progressione.Il modello ammette esplicitamente chesiano necessarie almeno due mutazioni,una per stadio, ma che in genere occor-rano più di due mutazioni, e quindi piùdi una per stadio. Successivamentenumerose osservazioni sui tumori delgrosso intestino dimostrarono che benpiù di due stadi sono attreversati duran-te la trasformazione maligna delle lesio-ni; è pertanto fuori discussione che più

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stadi (e non solo uno o due) siano neces-sari per la trasformazione maligna. Tut-tavia l'incorporazione di modelli di cine-tica delle popolazioni cellulari mutate inmodelli di cancerogenesi a più stadi,rende questi ultimi estremamente com-plessi e sostanzialmente intrattabili stati-sticamente. Il modello a doppio stadiooffre pertanto il vantaggio della sempli-cità, a scapito della rappresentatività.Si deve osservare che il modello ammet-te che numerosi eventi inizianti possanoaccumularsi nel tempo a carico di diver-se cellule appartenenti allo stesso tessu-to, e che ogni evento è potenzialmenteseguito da espansione clonale. Il destinodi ognuno di questi cloni sarà determina-to dalla rapidità con cui si estingue (permorte cellulare o per riparazione deldanno al DNA) e dalla probabilità che siverifichi la seconda mutazione primadella sua estinzione; un corollario è cheil perdurare nel tempo delle esposizionideterminerà la formazione di nuove cel-lule iniziate e di nuovi cloni.

Un altro punto rilevante è che deve esse-re ben chiara la distinzione tra i concettidi iniziazione e promozione e l'attribu-zione di un ruolo specifico ad un agente,quale una sostanza chimica: nel modellodi Moolgavkar e Knudson la promozio-ne è costituita dall'espansione clonale diuna cellula iniziata, ma un agente chesvolge il ruolo di promovente può averealtri effetti ed essere anche iniziatore'.Recenti sviluppi nella genetica deitumori umani hanno portato ad identifi-care geni di importanza cruciale nellacancerogenesi. In estrema sintesi, grandifamiglie di questi geni sono i cosiddettigeni soppressori dei tumori, tra cui spic-cano quelli preposti alla morte program-mata delle cellule (o apoptosi) e ad altriaspetti del controllo del ciclo cellulare, iproto-oncogeni (proto-oncogenes), nor-mali geni della cellula che in caso diattivazione inappropriata (oncogeni)causano sregolazione della crescita e dif-ferenziazione cellulare, e i geni del ripa-ro del DNA (DNA repair genes), cheidentificano e correggono le mutazionial DNA. E subito apparso chiaro chegeni appartenenti a queste famiglia,prima di tutti gli altri, costituivano ilverosimile bersaglio dei cancerogeni.Sono state realizzate banche di campionibiologici prelevate da soggetti portatoridi tumori umani e banche dati dellemutazioni identificate in tumori umani,tra cui quelle della IARC a Lione.Nel contesto delle crescenti conoscenzesulla genetica dei tumori è nata la teoriadell'impronta digitale, per la quale unospecifico agente cancerogeno provoche-rebbe una specifica mutazione puntifor-me in un ben preciso gene, lasciando cosìuna traccia della sua azione (una firma),

identificabile nel tumore. Un esempiotalora citato è quello della sostituzione daG a T al codone 249 di p53 provocatadalle aflatossine nel carcinoma epatocel-lulare. I tumori polmonari insorti infumatori esibiscono una gamma di muta-zioni di p53 diversa da quella dei casi tranon fumatori ed in corrispondenza deipunti sede di mutazioni è stato dimostra-to che il benzo(a)pirene, un cancerogenopresente nel fumo di sigaretta, formaaddotti con il DNA. Tuttavia è semplici-stico pensare che le mutazioni osservabi-li in un tumore maligno corrispondanoesattamente a quelle originariamenteindotte dai cancerogeni che lo hannoprovocato. Piuttosto esse rappresentanoil risultato dei complessi fenomeni diselezione e trasformazione cui le celluletumorali sono andate incontro'.In teoria i tumori dovrebbero essereestremamente frequenti. Mutazioni spon-tanee si verificano in ragione di una perogni milione di copie di gene; calcolando30.000 geni per cellula e 100 miliardi dicellule che ogni giorno si replicano nelmidollo osseo o nella mucosa intestinale,si dovrebbero formare tumori tutti i gior-ni in ogni persona. Si stima che nell'epi-dermide vi siano 50 cloni al centimetroquadrato portatori di mutazioni in p53,ogni dose costituito da 60 a 30.000 cel-lule: anche a carico della cute si dovreb-bero formare tumori praticamente ognigiorno. Sono i meccanismi della ripara-zione del DNA e dell'apoptosi (attiva-zione della morte selettiva della cellulamutata) a prevenire l'insorgenza deitumori. 11 tempo e la dose di esposizionea cancerogeni sono cruciali nel sopraffa-re questi meccanismi di difesa. Neifumatori, a parità di intensità nel fumo di

tabacco, il rischio di cancro del polmoneaumenta in modo più che proporzionalerispetto alla durata': quando la durataaumenta tre volte, il rischio aumenta 100volte. Iversen ha dimostrato sull'anima-le da esperimento che una dose suddivi-sa in applicazioni piccole ma ripetute neltempo è risultata più efficace rispetto aquando era meno frazionata o sommini-strata in una volta sola; inoltre, più lungoera l'intervallo tra una dose e la succes-siva, più alta era l'incidenza di tumori.Queste osservazioni inducono a pensareche ripetuti stimoli siano necessari asuperare i meccanismi di difesa daitumori, e che la loro efficacia sia massi-ma quando si ripetono ad intevalli abba-stanza lunghi da permettere nel frattem-po ad un clone mutato di espandersi e diacquisire un vantaggio selettivo sullecellule non mutate'. Si configura conciò la teoria dell'evoluzione in cancero-genesi. Una previsione specifica dellateoria è che la selezione dei cloni mutatiavvenga in particolare a favore di quelliche sarebbero più pronti a tollerare ulte-riori mutazioni senza ripararle o senzaeliminare le cellule affette. Inoltre l'e-sposizione stessa ai cancerogeni o lestesse conseguenze dell'espansione do-nale possono determinare un ambientesfavorevole alla sopravvivenza cellularee portare allo sviluppo di un comporta-mento mutante delle cellule, caratteriz-zato da instabilità genomica. Si tratta diun meccanismo descritto in organismiunicellulari quali i batteri, che in condi-zioni ambientali sfavorevoli sviluppanovelocemente molte mutazioni; l'instabi-lità genomica indotta dall'ambiente sfa-vorevole sarebbe mediata dall'inattiva-zione degli usuali meccanismi di riparo

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Causasufficiente

Causasufficiente

II

Causasufficiente

Ili

figura I

del DNA e l'accresciuta frequenza dimutazioni aumenterebbe la probabilitàdi sviluppo di un ceppo resistente alnuovo ambiente. Anche esperimenti dicancerogenesi chimica sul topo indicanoche l'esposizioni a forti mutageni (ad altedosi) determina un vantaggio selettivo dicrescita per le cellule che hanno un riparodel DNA difettoso. Vi sono infine inizialievidenze epidemiologiche che meccami-smi simili sono all'opera in tumori umani.Studi sugli addotti del DNA' hannodimostrato la maggior frequenza diaddotti in casi di tumore del polmone edella vescica rispetto ai controlli; ilrischio relativo per i soggetti con livellodi addotti superiore al valore mediano èrisultato di 5 - 6 e questo era in sé attesoconsiderando la presenza di addotti comeun indicatore di esposizione a fumo ditabacco (si trattava di addotti consideratipiuttosto specifici per il fumo di tabacco).Tuttavia l'associazione tra addotti e can-cro non scompariva dopo aver tenutoconto del fumo di tabacco nell'analisi,come sarebbe stato logico se gli addottifossero stati un semplice riflesso dell'abi-tudine al fumo; questa osservazione trovainvece una spiegazione nello sviluppo dicloni cellulari deficienti nel riparo delDNA attraverso un vantaggio selettivo. Insintesi, le mutazioni osservabili nei tumo-ri maligni sono espressione anche di mec-canismi di selezione successiva di donimutati e della comparsa di ulteriori muta-zioni al loro interno e non sono necessa-riamente effetto diretto del cancerogeno.A conclusione di questa esposizione sipuò proporre la seguente sintesi. Le teo-rie della cancerogenesi a più stadi e deldoppio stadio ed espansione clonalesono sostanzialmente compatibili. Leconoscenze sulla genetica dei tumori esull'interazione tra cancerogeni e mate-riale genetico offrono loro un fondamen-to biologico. A proposito di meccanismidi interazione tra cancerogeni e geni, lateoria dell'impronta digitale è probabil-mente troppo semplicistica, mentre quel-la dell'evoluzione in cancerogenesi è piùarticolata e flessibile

IL NESSO CAUSALEIN EPIDEMIOLOGIAIn campo medico, il caso dei tumori nonè l'unico esempio in cui nessi causalisono stati stabiliti su basi empiricheprima che si rendessero disponibili preci-se conoscenze sui meccanismi biologicidi induzione di malattia. Infatti furonopossibili precise valutazioni del ruolo dicerte modalità di esposizione nella tra-smissione di molte malattie infettivequando mancavano le conoscenze di

base sulla natura dei microrganismi coin-volti, anzi, quando ancora era controver-sa la stessa esistenza dei microorganismi.Analogamente la pratica della vaccina-zione fu sviluppata quando non si dispo-neva di conoscenze sulla natura e sul fun-zionamento del sistema immunitario.Secondo Rothman e Greenland, il pro-cesso causale dei tumori deve essereconcettualizzato attraverso un'idea dicausa più articolata di quella impiegatanella vita di tutti i giorni". Per descrive-re la frequente presenza di molteplicifattori causali nella storia delle personecolpite da tumore, Rothman e Greenlandsviluppano l'idea di insiemi di cause, checostituiscono le cause "sufficienti". Que-ste sono il motore della trasformazionetumorale e sono costituite da costellazio-ni di singole cause "componenti": untumore si svilupperebbe solo in quegliindividui per i quali diverse cause com-ponenti si sono combinate in modo dadare origine ad una causa sufficiente.Vale l'avvertenza che ogni causa suffi-ciente dovrebbe includere il minimonumero di cause componenti necessarioper spiegare il caso, o l'insieme di casi,che la presenta.In generale, i fattori che identifichiamocome cause nell'anamnesi delle personecolpite da tumori - per esempio il fumodi tabacco - dovrebbero essere concepitecome semplici componenti di cause suf-ficienti potenzialmente molto comples-se, delle quali tuttavia solo alcune com-ponenti ci sono note. La complessità dellecause sufficienti aiuta a spiegare perchéun tumore non sia sviluppato da tutti isoggetti esposti ad una semplice causacomponente; spiega anche perché unaquota dei casi abbia avuto esposizione apiù cause componenti. Infine aiuta a com-prendere che non bisogna attendersi chela malattia si sviluppi nemmeno in tuttigli individui che accumulano nell'arcodella loro vita tutte le componenti di unacausa sufficiente: infatti alcuni tra lorosfuggono all'osservazione o sono colpitida cause competitive di morte durante ilperiodo di latenza, cioè durante l'interval-lo necessario al tumore per svilupparsifino a rendersi diagnosticabile.Un aspetto di grande rilievo è che per

attuare misure preventive efficaci non èstrettamente necessario conoscere in det-taglio tutte le componenti di una causasufficiente di malattia. Per la verità, que-sta affermazione è vera anche in campoterapeutico: terapie antimicrobiche effi-caci sono state somministrate anchequando le conoscenze circa i meccani-smi immunitari erano rudimentali, quan-tomeno se paragonate a quelle attuali. Esufficiente eliminare anche solo unacausa componente per rendere inefficaceil ruolo congiunto di tutte le altre.Nella figura 1, ipotizzando che la causasufficiente del I tipo sia trovata nel 50%dei casi, quella del 11 nel 30% e quelladel M nel 20%, si può ricostruire la fre-quenza con cui ogni singola causa com-ponente si presenta nell'insieme dei casiverificatisi nella popolazione osservata,ossia la sua frazione eziologica. Peresempio, l'agente A è presente nel 100%dei casi (si tratterebbe dunque di unacausa necessaria), il B nell'80%, il C nel70%, i D-E-F nel 50% e così via. Questepercentuali rappresentano la cosiddettafrazione attribuibile nella popolazionegenerale, o rischio attribuibile nellapopolazione generale, alle diverse causecomponenti. E interessante notare che lasomma delle frazioni attribuibili allediverse cause componenti è superiore al100%: non si tratta di un'anomalia enemmeno di un artefatto ma della sem-plice conseguenza del fatto che nessuncaso di malattia è causato da una solacausa componente.La nozione di rischio come valutazioneprobabilistica dell'eventualità che unamalattia possa svilupparsi è applicabilealle popolazioni. L'applicazione agliindividui di stime di rischio in terminiprobabilistici, secondo un'interpretazio-ne "rigorosa" dell'idea di causa comesopra espressa, rifletterebbe la nostraimpossibilità di conoscere se una causasufficiente si sia effettivamente formatanel corso della vita di una particolarepersona, o di prevedere se si formerà infuturo. Come conseguenza dell'incom-pleta conoscenza delle cause, dell'imper-fetta comprensione dei loro meccanismied interazioni, della limitata capacità diriconoscere retrospettivamente le esposi-

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zioni delle persone o di prevederne l'e-voluzione, diventa necessario interpreta-re l'esperienza individuale di morbositàalla luce di considerazioni "medie", rica-vate dalla storia della popolazione o delsottogruppo di popolazione a cui l'indi-viduo appartiene.La concezione di causalità sviluppata daRothman e Greenland offre un quadroper spiegare in modo semplice, inoltre,l'interazione biologica tra cause neldeterminare malattia. In questo contestol'interazione è costituita dalla partecipa-zione di due (o più) cause componentialla stessa causa sufficiente. Nella figura1 l'interazione tra le componenti A e B èpresente in due cause sufficienti, la I e la11, ma non nella 111. L'interazione nondeve necessariamente avvenire attraver-so un'azione contemporanea, sicché ledue componenti possono presentarsi inmomenti diversi nella storia delle perso-ne, purché gli effetti di quella verificata-si per prima siano ancora presenti quan-do si verifica la seconda. Abbiamo anchela possibilità di comprendere come l'os-servabilità delle interazioni tra due deter-minate cause componenti dipenda anchedalla presenza delle restanti cause com-ponenti. Consideriamo a questo scopol'interazione tra B ed F, che è presentesolo in II, infatti in I ed in III B ed F sonopresenti disgiuntamente. Supponiamoora che la causa componente G corri-sponda all'esposizione ad una specificasostanza chimica e che questa esposizio-ne non sia presente nella popolazione instudio: la causa sufficiente 11 non sarebbeosservabile nel nostro studio e di conse-guenza non sarebbe osservabile alcunainterazione tra B ed F. In un diverso stu-dio, con lo stesso disegno, ma condottoin una popolazione in cui l'esposizione aG è presente e, viceversa, quella a C èassente, le cause componenti B ed F nonsarebbero mai rappresentate come causeindipendenti e sembrerebbero concauseobbligatoriamente associate.

Un'altra caratteristica che trova una spie-gazione semplice nella concezione dicausalità di Rothman e Greenland è ilperiodo di induzione dei tumori. Sup-poniamo che nella causa sufficiente I lasequenza degli eventi sia A, B, C, D, E eche abbiamo disegnato uno studio pervalutare l'effetto della causa componen-te B. La malattia si sviluppa solo dopoche la sequenza è stata interamente com-pletata, perciò dal momento in cui haagito la causa componente B deve tra-scorrere il tempo necessario perché pos-sano verificarsi ed agire anche C, D, E.Il tempo necessario perché ciò accadacostituisce il periodo di induzione tra Be la malattia in studio. In ogni particola-re caso di malattia non possiamo calco-lare esattamente il periodo di induzione,

perché non è noto l'effettivo meccani-smo causale di quel caso (ignoriamoquale sia l'esatta causa sufficiente diquel caso). E possibile però caratterizza-re il periodo di induzione sulla base diosservazioni estese ad una intera casisti-ca. Lo sviluppo di un adenocarcinoma acellule chiare della vagina nelle figlienate da donne trattate con dietilstilbe-strolo (DES) durante la gravidanza si èverificato per lo più tra i 15 ed i 30 annidi età; poiché l'esposizione si è verifica-ta sicuramente durante il periodo fetale,possiamo concludere che l'induzione ècompresa nella maggior parte dei casi tra15 e 30 anni per 1' adenocarcinoma a cel-lule chiare della vagina dovuto al DES.E così chiaro che il concetto di periododi induzione si applica in senso appro-priato ad una specifica coppia malattia-causa (componente), più che alla malat-tia in quanto tale. E anche chiaro che ilperiodo di induzione è concettualmentedifferente dal periodo di latenza deltumore, che corrisponde per definizioneall'intervallo che passa dal momentodell'effettivo inizio del tumore malignoa quello in cui diviene clinicamentemanifesto e viene diagnosticato. All'attopratico, è impossibile risalire all'esattomomento in cui un tumore maligno si èformato ed è possibile solo conoscere ilmomento in cui è stato diagnosticato.Nel contesto dei metodi di studio corren-ti in epidemiologia pertanto si può solocalcolare l'intervallo complessivo inter-corrente tra l'inizio di un'esposizione ela prima diagnosi di tumore, riferendocia questo intervallo come periodo di

induzione e latenza. Nell'esempioappena citato la stima di 15 - 30 anni siriferisce per l'appunto ad un periodo diinduzione e latenza.Non deve sfuggire infine che nella suageneralità questa concezione della cau-salità, applicata ai tumori, è compatibilecon i modelli di cancerogenesi a piùstadi (o di cancerogenesi a due stadi edespansione clonale) presentati nel prece-dente paragrafo e rende ragione in modosemplice dell'interazione nel corso delprocesso causale tra agenti inizianti, pro-moventi e progressori. Rende ancheragione del fatto che lo sviluppo di can-cro negli esposti a cancerogeni è solo inparte prevedibile, ed esiste una quota divariabilità dell'esito che può essereaffrontata solo sul piano probabilistico.

IL NESSO CAUSALE EL' INTERPRETAZIONEDI CASI INDIVIDUALIQueste nozioni sono ora applicate, ascopo esemplificativo, al caso del tumo-re polmonare e di due sue note cause, ilfumo di tabacco e l'amianto. Il fumo ditabacco e l'amianto sono cause del tumo-re polmonare. Attraverso l'anamnesi sipuò riconoscere la presenza dell'uno odell'altro fattore in una proporzione più omeno ampia dei casi che vengono all'os-servazione. Spesso il medico che vieneinformato dell'abitudine al fumo delpaziente, o della sua esposizione all'a-mianto, ritiene di aver identificato lacausa del suo tumore. In realtà, questesono due cause componenti e non sonostate identificate tutte le altre componen-ti delle cause sufficienti di quel caso.Possiamo essere certi che esistono altrecause componenti perché nella casisticadei tumori del polmone si trovano, siapur raramente, persone mai esposte adamianto e mai fumatrici. E poi evidenteche sia il fumo che l'amianto non sonocause necessarie: esistono sia esposti adamianto, sia fumatori, sia esposti fuma-tori che non sviluppano il cancro. Inol-tre, è anche evidente che il fumo ditabacco e l'amianto non sono concauseobbligate del cancro del polmone: tra ifumatori esposti ad amianto la frequenzadelle neoplasie polmonari è particolar-mente elevata, ma fumo ed amianto nondevono obbligatoriamente essere presen-ti contemporaneamente per provocare ilcancro. Al contrario, la loro compresen-za si verifica in effetti solo in una limita-ta proporzione di casi. Fumo ed amiantonon sono concause obbligate perchè l'ef-fetto cancerogeno non è dovuto esclusi-vamente alla loro interazione, ma può

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manifestarsi compiutamente anche incaso di esposizione ad uno solo dei due.Questa idea è rafforzata dall'osservazio-ne che la loro interazione, quando è statopossibile valutarla, ha mostrato di verifi-carsi in modo tale da combinare in formamoltiplicativa i rispettivi rischi relativi'"Nell'interpretazione dei casi che perven-gono individualmente alla nostra osserva-zione, o che comunque dobbiamo inter-pretare nella loro individualità, si deveora considerare che tra le persone colpiteda tumore polmonare quelle che sonostate sia fumatori sia esposte all' amiantonon avrebbero sviluppato quella partico-lare malattia in quel definito momentodella loro vita se anche solo una delledue esposizioni fosse stata loro evitata.

Se si ammette che evitando l'esposizio-ne ad amianto sarebbe stato possibileprevenire l'insorgenza del tumore (quan-tomeno, di quel particolare tumore, inquello stadio della vita della persona), sideve razionalmente accettare l'idea chel'amianto ne sia stato la causa. Non ènecessario che l'amianto sia stato l'unicocancerogeno cui il soggetto è stato espo-sto durante la sua vita perché possaessergli attribuito il ruolo di causa deltumore. La stessa cosa vale, reciproca-mente, per i] fumo di tabacco. E benecompletare l'esempio con qualche rag-guaglio numerico. L'abitudine al fumo disigaretta aumenta il rischio assoluto' dicancro del polmone moltiplicandolo perun fattore compreso per lo più tra 5 e 20.La variabilità tra uno studio e l'altronella stima della forza dell'associazionedipende da diversi fattori, tra cui lemodalità del fumo, le caratteristichedelle popolazioni studiate, i tipi di tabac-co prevalentemente consumati, l'accura-tezza con cui l'associazione è stata sti-mata, la prevalenza di altre esposizioniaventi il ruolo di cause componenti. Inuno studio frequentemente citato, in cuiè stata analizzata l'interazione con l'e-sposizione professionale ad amianto, ilrischio relativo per il fumo (da solo) eradi circa 10; quello per l'amianto (da solo)era di circa 5; quello per fumo ed amian-to presi insieme era circa 50. Ciò signifi-ca che l'amianto ha accresciuto di circa 5volte il rischio di cancro sia tra i non-fumatori che tra i fumatori. Il fatto che laforza dell'associazione tra amianto ecancro polmonare sia la stessa nei duegruppi significa che questa forza nonviene modificata dal fumo: i fumatoripartono semplicemente da un rischio cheè già 10 volte più alto rispetto ai nonfumatori. Occorre ancora sottolinearel'effetto sull'eccesso di rischio tra i fuma-tori, che è pari a 50 - 10 = 40. Per con-fronto, nei non fumatori l'eccesso dirischio vale 5 - I = 4. Il numero di casiin eccesso nel gruppo che ha avuto

entrambe le esposizioni è di gran lungamaggiore rispetto a quello osservabilenei gruppi esposti ad uno solo dei dueagenti. Da ciò molti autori hanno trattola conclusione errata che l'esposizionead amianto determina un eccesso dirischio importante solo tra i fumatori.Questa considerazione ha il limite dibasarsi su una definizione soggettiva diche cosa costituisca un eccesso importan-te. Trascura poi il fatto fondamentale chela forza dell'associazione, espressa dalrischio relativo o anche dall'eccesso dirischio, ma misurato in termini proporzio-nali', è la stessa nei due gruppi. Infine, seusata per misconoscere il ruolo eziologi-co dell'esposizione ad amianto nei fuma-tori, porterebbe ad una contraddizione: sirinuncerebbe a riconoscere il nesso cau-sale proprio per nel gruppo di persone incui l'amianto ha determinato il maggiorgettito di casi, se si dovesse ritenere nonattribuibile l'eziologia dei casi con esposi-zione sia ad amianto sia a fumo, a causadel dubbio di quale delle due sia stata"decisiva" o "più importante".La considerazione qui sviluppata, chegetta sull'amianto il peso del nesso cau-sale, potrebbe essere rovesciata specu-larmente osservando che è il fumo adaumentare drammaticamente l'eccessodi rischio tra gli esposti ad amianto chesono anche fumatori. Questo punto divista soffre dello stesso limite del prece-dente, tuttavia, come il precedente, offreuno spunto interessante. Infatti è la baserazionale per adottare campagne per sti-molare la cessazione del fumo tra gli ex-esposti ad amianto, che probabilmente èla singola misura preventiva più impor-tante da offrire ad un consistente nume-ro di lavoratori e ex-lavoratori, ora cheogni forma di estrazione, manifattura,commercio ed esportazione di amianto eprodotti che lo contengono è stato vieta-to nella Comunità Europea. La sua logi-ca tuttavia è fuorviante rispetto all'esi-genza di valutare il significato eziologi-co delle esposizioni professionali adamianto, quando occorre capire comel'amianto (del cui ruolo si discute) inte-ragisce con altre circostanze di esposi-zione, voluttuarie e non' (del cui ruolonon si discute).

Per valutare un caso di tumore polmona-re in un lavoratore, una volta convalida-ta la diagnosi, ciò che occor re sono leprove che l'esposizione ad amianto si siaeffettivamente verificata (i) in modoquantitativamente e qualitativamenteefficace, e (ii) che sia occorsa in unperiodo della vita biologicamente rile-vante, ossia compatibile con le cono-scenze disponibili sul periodo di indu-zione latenza. La raccolta dell'anamnesiprofessionale e la ricerca di eventualiulteriori evidenze documentali circa la

natura delle condizioni lavorative pre-senti negli ambienti in cui il soggetto halavorato e delle esposizioni che ne deri-varono, nonchè la presenza di significa-tive quantità di amianto nei tessuti pol-monari, quando riscontrabili, possonooffrire le evidenze cercate.Le considerazioni appena svolte sonoapplicabili anche ad altri agenti cancero-geni, ma limitatamente a quelli il cuiruolo causale sia stato stabilito con suf-ficiente evidenza nell'uomo. Infatti que-sta linea di ragionamento implica, comeprerequisiti per la sua accettabilità: (i)che il ruolo causale rispetto al cancrodell'agente o degli agenti in questione siadimostrato a priori e (ii) che sia noto l'or-gano bersaglio nell'uomo. E da notareche per la maggior parte delle sostanzecon sufficienti evidenze di cancerogeni-cità per l'uomo tali evidenze sono deri-vate dallo studio di gruppi professional-mente esposti.

LA FRAZIONEDI CASI ATTRIBUIBILEALL'ESPOSIZIONETRA GLI ESPOSTI

A questo punto occorre soffermarsi suun'importante conseguenza dei limiti delprocesso inferenziale inteso a stabilire lecause di un determinato tumore in un indi-viduo. Abbiamo detto che i tumori hannouna frequenza di base nella popolazionenon esposta professionalmente. Se appli-chiamo rigorosamente la linea di ragiona-mento sopra illustrata ad ognuno dei casidi cancro polmonare insorti nei lavoratoridi una certa industria dell'amianto attri-buiamo la responsabilità causale all'espo-sizione ad amianto nel totale dei casiosservati. Tuttavia, dato che il rischio rela-tivo per l'amianto è pari a (circa) 5, è evi-dente che ogni cinque casi osservati tra gliesposti uno si sarebbe verificato anche inassenza di esposizione e solo 4 sono ineccesso. E possibile distinguere quell'uni-co caso? Ha senso farlo?Non vi sono attualmente strumenti perdistinguere un caso di tumore dovuto adun agente chimico da uno ad insorgenza"spontanea", anche se, come abbiamovisto, è possibile che marcatori specifici(addotti del DNA, mutazioni puntiformi)possano costituire traccia dell'azione dialcuni agenti e possano essere in futurousato per corroborare il ragionamentoeziologico.Tuttavia, la questione in questi termini èmal posta. Il ragionamento è complessoed occorre fissare preliminarmente alcu-ni punti fermi, che in parte costituiscono

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richiami di argomenti già discussi in pre-cedenza.Idealmente, il rischio relativo di contrarremalattia degli esposti rispetto ai non espo-sti può essere calcolato alla fine della loroesperienza di morbosità. In altre parole, ilgruppo (o, come significativamente sidenomina in epidemiologia, "coorte") diesposti dovrebbe essere tenuto sottoosservazione fino all'estinzione, in modoche sia possibile calcolare l'incidenzacumulativa delle diverse patologie e para-gonarla a quella della popolazione di rife-rimento. Per definizione infatti il rischioassoluto di malattia è l'incidenza cumula-tiva ed il rischio relativo è il rapporto traincidenze cumulative. Per evidenti ragio-ni di fattibilità e anche per la necessità diarrivare a conclusioni utilizzabili a finipreventivi senza inutili ritardi, l'osserva-zione delle coorti è generalmente limitataad una parte della loro esperienza disopravvivenza (e di malattia). Ciò cheviene osservata dunque è la frequenzacon cui compaiono i casi delle diversemalattie durante l'arco di tempo di osser-vazione, paragonata all'analoga frequenzanella popolazione di riferimento. In altritermini, si calcolano i tassi di incidenza oaltre grandezze loro equivalenti, come gliosservati e gli attesi. Il rischio relativo èstimato allora attraverso il rapporto tratassi, anziché attraverso il rapporto trarischi. Si può dimostrare che questometodo di calcolo fornisce una stima sta-tisticamente non viziata del rischio relati-vo. Tuttavia interpretarla correttamenteda un punto di vista biologico potrebbeessere meno semplice di quanto appaia aprima vista.Ciò che si osserva durante l'arco ditempo in cui è condotta l'osservazione èun aumento della frequenza di tumori tragli esposti. Questo aumento può essereinterpretato come la comparsa di casiaggiuntivi rispetto a quelli che si sareb-bero osservati nella coorte se la suaesposizione fosse stata evitata. Però puòanche essere pensato come l'accelerazio-ne nella presentazione di casi che avreb-bero avuto tendenza a comparire comun-que nella coorte, anche in assenza dell'e-sposizione in studio, ma che non sareb-bero stati concretamente osservati o losarebbero stati solo in parte perché causecompetitive di morte avrebbero elimina-to una quota dei soggetti prima chepotessero sviluppare la malattia. Si notiche questa interpretazione è coerentecon la concettualizzazione della causa-lità dei tumori presentata in precedenza,in base alla quale l'eziologia di un tumo-re è un concatenarsi di eventi causali, percui quello che viene eliminato, o preve-nuto, può essere sostituito in un momen-to successivo da un altro. Questa inter-pretazione ha alcuni corollari.Prevenire un tumore o una qualsiasi altra

malattia rimuovendone una causa com-ponenente non impedisce la sua insor-genza in tutti i soggetti interessati dall'in-tervento preventivo, ma solo in una partepiù o meno grande. Alcuni individuiinfatti si verranno prima o poi a trovareesposti comunque ad una causa sufficien-te, per il subentrare di un'altra e diversacausa componente rispetto a quella che èstata oggetto di intervento. L'idea disostituibilità di una causa componentecon un'altra spiega tra l'altro l'esistenzadi una frequenza di fondo della malattia.Tra i soggetti interessati, alcuni o molti,in funzione del tempo trascorso prima diessere esposti ad altre cause componentie di svilupparne gli effetti, saranno colpi-ti da cause competitive di morte.Quello che si osserva nei soggetti chericevono un intervento di prevenzioneefficace non è la scomparsa della malat-tia, né tantomeno di qualunque malattia,ma un prolungamento della vita. Questoprolungamento è presente per tutti: siaper quelli che dovessero morire pereffetto di cause competitive, sia perquelli che fossero colpiti ad un certopunto dalla stessa malattia di cui si èefficacemente eliminata una causa.Quello che si osserva nei soggetti chenon ricevono un intervento di prevenzio-ne efficace e che invece subiscono inpieno le conseguenze dell'esposizionenon è semplicemente l'aggiunta di casi aquelli "di fondo", ma è l'accelerazionedella loro occorrenza- , . L'osservazionedi casi in eccesso è la conseguenza diquesta accelerazione.Tutti i casi osservati sono persone la cui

vita è stata abbreviata dalla comparsaanticipata di una malattia mortale che,altrimenti, si sarebbe presentata più tardio che addirittura non avrebbe potuto svi-lupparsi prima dell'intervento di causecompetitive di morte.Non è vero quindi che solo una quota deicasi insorti tra gli esposti sia stata dan-neggiata dall'esposizione, mentre irestanti non lo sarebbero stati: tutti i casisono stati danneggiati dalle conseguenzedell'esposizione avendo perso anni divita a causa del tumore. E razionale per-tanto attribuire all'esposizione tutti i casidi tumore nelle sedi bersaglio dell'agen-te o degli agenti in causa che si verifica-no tra gli esposti.

IL PERIODO DIINDUZIONE E LATENZAE IL RUOLO DIESPOSIZIONIREMOTE E RECENTITutti i tumori insorti nelle sedi bersagliotra gli esposti, in qualsiasi periodo dellaloro vita, vanno presi in considerazione?Si è appena accennato in precedenza alfatto che devono essere prese in conside-razione ai fini della valutazione eziologi-ca solo quelle esposizioni che si sonoverificate in periodi coerenti con quantonoto a proposito degli intervalli di indu-zione e latenza ed occorre ora considera-re questo problema in modo più detta-gliato.L'eccesso di occorrenza di tumori sareb-be caratterizzato da un'andamento adonda, di aumento e successivo decre-mento nel tempo a distanza dall'esposi-zione. Le leucemie nella coorte disopravvissuti al bombardamento atomi-co a Hiroshima e Nagasaki ed i tumoriinfantili in bambini esposti in utero araggi X sono esempi comunemente cita-ti di questo tipo di andamento. Unadistribuzione di questo genere degliintervalli di induzione e latenza puòessere espressa sinteticamente dallamedia o mediana e l'effettiva distribu-zione in genere è di tipo normale o log-normale. L'induzione e latenza media (omediana) è considerata una proprietàspecifica di ogni coppia agente - sedetumorale. In una ormai non recente ras-segna=`, è segnalato che per le leucemieconseguenti ad esposizioni a radiazioniionizzanti e a benzene l'induzione elatenza è relativamente breve: da O a 10anni con media 5 nel primo caso, da 5 a15 con media 10 nel secondo. Nellamaggior parte dei tumori solidi è piùlunga: per i tumori del polmone ed il

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nichel da circa 20 a circa 30 con mediacirca 25, per i tumori del polmone e l'a-sbesto da 20 a 40 con media 30, per itumori del fegato ed il cloruro di vinileda circa 15 a circa 30 con media circa20, per i tumori ossei e il radio da 10 a35 con media 25 nel caso di esposizioniad alte dosi. Talora l'induzione e latenzapuò essere molto lunga: per i mesotelio-mi maligni e l'amianto da 30 a 45 conmedia di quasi 35, per gli adenocarcino-mi delle fosse nasali e dei seni paranasa-li da 35 a 50 con media 40, per i tumoriossei e il radio a basse dosi da 25 a 45con media 35. Come si può osservareanche la dose d'esposizione può influen-zare l'induzione e latenza, dosi più ele-vate comportando un'induzione e laten-za più breve.L'interpretazione della letteratura epide-miologica disponibile non è peraltrofacile perché fattori di ordine metodolo-gico possono influenzare alquanto lestime degli intervalli di induzione elatenza. Negli studi caso controllo dipopolazione si raccolgono i casi di undeterminato tumore che si verificano inuna popolazione, solitamente nell'arcodi uno o qualche anno. L'intervallo diinduzione e latenza medio stimabile inuno studio caso controllo sul mesotelio-ma maligno in relazione all'esposizionead amianto dipende, oltre che dalle pro-prietà biologiche dell'amianto, anchedalla storia industriale della popolazioneoggetto dello studio: se le principalilavorazioni dell'amianto fossero stateintrodotte in quell'area diciamo 30 anniprima dell'avvio dello studio, difficil-mente potrebbe essere stimato un inter-vallo di induzione e latenza maggiore di30 anni, con una conseguente sottostimarispetto a quanto riportato in letteratura.Negli studi di coorte si pone il problemadell'appropriata durata della sorveglian-za: una popolazione di lavoratori dell'a-mianto nei primi 30 anni dall'inizio del-l'esposizione sviluppa solo una parte delgettito di casi dovuti all'esposizione,quelli a più breve intervallo di induzionee latenza, e la stima dell'intervallomedio sarà viziata dal fatto che il massi-mo intervallo osservabile è di 30 anni.Più in generale le tradizionali analisidegli studi di coorte non permettono distimare il vero periodo di induzione elatenza, dal momento che è impossibilestabilire quale sia il momento biologica-mente rilevante nella storia di esposizio-ne dei membri della coorte, i quali gene-ralmente hanno periodi di impiego didurata di svariati anni. A fini di calcolo siutilizza l'intervallo trascorso dall'iniziodell'esposizione e si procede per tentati-vi, valutando come varia il rischio per iltumore in studio prendendo in conside-razione solo i casi che insorgono dopointervalli predeterminati dall ' inizio del-

l'esposizione: ad esempio dopo 5, 10 15,20 anni e così via. In questo modo siimpiega in realtà il massimo intervalloteoricamente possibile per ogni personae si perviene alla stima del massimointervallo medio teoricamente possibileper la coorte.Due recenti studi caso controllo sultumore del polmone sono stati analizzatifacendo ricorso ad una metodologiainnovativa, applicata alla valutazione delrischio da esposizione ad amianto'. Estata costruita una funzione per valutarel'associazione tra ogni singolo anno diesposizione ad amianto ed il rischio dicancro al polmone; si tratta quindi diun'analisi dell'andamento del rischiodall'esposizione, anziché dall'inizio del-l'esposizione. Si è potuto osservare cheil rischio aumenta già a 5 anni dall'espo-sizione, raggiunge il massimo tra 10 e 15anni dall'esposizione, quindi declina ediviene modesto dopo 30 anni doli - espo-sizione. Questi valori sono sensibilmen-te inferiori a quelli riportati in preceden-za in letteratura e che abbiamo già cita-to: da 20 a 40 anni con media 30. La dif-ferenza verosimilmente è dovuta proprioal fatto che l'analisi non tiene contoesclusivamente dell'inizio dell'esposi-zione, ma valuta separatamente il contri-buto al rischio di ogni singolo periodo(anno) di esposizione.Conseguenza di questa osservazione èche il tradizionale punto di vista, per ilquale non hanno rilevanza eziologica leesposizioni "recenti", generalmente iden-tificate come quelle verificatesi nei 10 oanche 15 anni precedenti la diagnosi ditumore del polmone, è ingiustificato. Laconduzione di analisi tradizionali con unaggiustamento per la latenza fisso di10115 anni esclude casi che invece sonolegati all'esposizione. E notevole che sipervenga a questa conclusione riguardoall'amianto, che era sempre stato consi-derato caratterizzato da periodi di indu-zione e latenza molto lunghi.Un'ulteriore analisi, più tradizionale,sulla base del tempo trascorso dalla ces-sazione dell'esposizione, rivela checomunque il rischio comportato dall'e-sposizione ad amianto permane a lungo:il rischio infatti non diminuisce sostan-zialmente nei primi 20 anni dalla cessa-zione dell'esposizione, nel decennio tra20 e 30 si dimezza rispetto al periodoprecedente e poi non si modifica ulte-riormente.L'analisi dell'andamento del rischio alcessare di un'esposizione è un altromodo per valutare l'importanza relativadelle esposizioni remote e di quellerecenti.E da tempo noto che la cessazione delfumo di sigaretta si accompagna ad unaimportante riduzione del rischio di can-cro della vescica. Nello studio di Hartge

e collaboratori" il rischio per i fumatorirelativamente ai mai fumatori (RR) erapari a 3, quello degli ex fumatori scen-deva in funzione del tempo trascorsodalla cessazione: a 2,2 dopo 1-9 anni,fino ad 1,6 dopo 10-19 anni, per penna-nere approssimativamente a questo livel-lo in seguito, fino a 40 anni ed oltre. Inaltri termini il rischio per chi smetteva difumare rispetto a chi continuava dimi-nuiva progressivamente nel giro di 20anni fino a dimezzarsi, ma poi rimanevastabile in seguito. L'interpretazione cheveniva data dagli autori era che il fumodi sigaretta aveva effetto sia sulle fasitardive del processo cancerogeno, rifles-so dalla rapida diminuzione del rischiodopo la cessazione, sia su quelle precoci,riflesso dal fatto che il rischio non scen-deva nemmeno a lungo termine fino allivello dei mai fumatori.Un fenomeno molto simile anche se conun andamento più rapido è stato osserva-to in uno studio caso controllo di popo-lazione a Torino''': nel giro di 3 anni dallacessazione del fumo il rischio si riduce-va ad un terzo circa rispetto ai fumatori,ma in seguito permaneva al livello rag-giunto senza diminuire ulteriormente.Molti altri studi hanno riportato questoandamento del rischio di cancro dellavescica al cessare del fumo di tabacco.Vi sono invece poche informazioni sulleconseguenze della cessazione di esposi-zioni professionali.Lo studio sulla coorte dei lavoratori del-I'IPCA di Ciriè è forse l'unico nel cuicontesto sia stato possibile condurre un'a-nalisi in funzione del tempo trascorso dalcessare dell'esposizione''. I risultati, fattele debite proporzioni, presentano singola-ri analogie con quelli relativi alla cessa-zione del fumo. Nei primi cinque annidalla cessazione dell'esposizione ilrischio scendeva ad un valore pari a circaun terzo di quello che si registrava duran-te l'esposizione, ma in seguito non decre-sceva ulteriormente. Anche in questo casogli autori suggerivano l'interpretazioneche le sostanze cui i lavoratori erano statiesposti, alcune amine aromatiche notoria-mente cancerogene per la vescica, avesse-ro un effetto su fasi tardive del processocancerogeno, oltre a quello già descrittoda tempo sulle fasi iniziali.Osservazioni molto simili sono stateripetutamente condotte anche sul rischiodi tumore del polmone in relazione allacessazione dal fumo di sigaretta edoccorre osservare che nel loro comples-so questi risultati non avrebbero dovutoessere del tutto inattesi. Infatti in genera-le gli agenti risultati cancerogeni perl'uomo o per l'animale da esperimentopossiedono proprietà genotossiche, chesono responsabili sia dell'iniziazione siadella progressione'°. In altre parole visono buone ragioni a priori per ritenere

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che la maggior parte dei cancerogeni, senon tutti, abbia effetti complessi, siasugli stadi remoti che su quelli tardividel processo di cancerogenesi.In sintesi, alla luce del quadro sopra deli-neato per i tumori della vescica e gliagenti presenti nel fumo di sigaretta(amine aromatiche e idrocarburi polici-clici. aromatici) o nell'industria dei colo-ranti di derivazione dell'anilina (aminearomatiche) sono da ritenersi eziologica-mente rilevanti le esposizioni che si sonoverificate in un arco di tempo moltoampio, da 3 fino a 40 anni prima delladiagnosi del tumore. Ciò significa chetali esposizioni, se documentabili, vannovalutate nel contesto della concezione dicausalità di Rothman e Greenland.

NOTE

I Case RAM, Hosker ME, McDonald DB, Pear-son JT. Tumours of the urinary bladder in work-men engaged in the manufacture and use of cer-tain dyestuff intermediates in the British chemicalindustry. Part I. Brit J Ind Med 1954; I I : 75-104

2 Cfr. il preambolo della Monografia IARC n.74, pag. 9: "The term 'carcinogen' is used in thesemonographs to denote an exposure that is capa-ble of increasing the incidente of malignant neo-plasms; the induction of benign neoplasms may insome circumstances (see p. 19) contribute to thejudgement that the exposure is carcinogenic.Theterms 'neoplasm' and 'tumour' are used interchan-geably. [Traduzione: If termine 'cancerogeno ' in questemonografie è usato per denotare un'esposizione capa-ce di aumentare la frequenza di neoplasie maligne;l'induzione di neoplasie benigne in alcune circostanze(cfr pag I9) può contribuire of giudizio che l'esposi-zione è cancerogena. f termini 'neoplasia' e 'tumore'sono usati indifferentemente.]"

3 Più in dettaglio: " ... carcinogens are agentsthat, regardless of their mode of action, lead to asignificant increase in the incidente of neoplasmsof one or more histological types in exposed ani-mais, as compared with appropriate contro) ani-mals.This effect includes the induction of neopla-sms that are not usually observed, the earlierinduction of neoplasms that are usually observed,andlor the induction of more neoplasms than areusually found. [... 1 cancerogeni sono agenti che, indi-pendentemente dal loro meccanismo d'azione, provo-cano un aumento significativo di incidenza di neopla-sie di uno o più tipi negli animali esposti, in confrontoad appropriati controlli. Questi effetti includono l'indu-zione di neoplasie che non sono usualmente osserva-te, l'induzione precoce di neoplasie che sono usual-mente osservate, e/o l'induzione di neoplasie in nume-ro maggiore dell'usuale.] " Consensus report, in:Vai-nio H., Magee P., McGregor D., McMichael Ad. (eds)Mechanisms of carcinogenesis in risk identification.IARC Scientific Publications no. 116, Lyon, 1992;pag. 3l.Vedere anche il paragrafo "Evidenza di can-cerogenicità per l'animale" del Preambolo, edizio-ne italiana dei Supplemento 7 alle MonografieIARC sulla valutazione dei rischi cancerogeni perl'uomo, pubblicata da EDIESSE, Roma, 1989

4 A. Bradford Hill.The environment and disea-se: association or causation? Proc Royal SocietyMed, 1965; 295-300. Forza, coerenza entro lo stu-dio e tra studi, specificità, sequenza temporale,relazione dose risposta, plausibilità biologica, coe-renza con le conoscenze di riferimento, prove spe-

rimentali,analogia sono gli elementi razionali su cuifondare i giudizi di verosimiglianza dei nessi causa-li in epidemiologia ambientale

5 Consensus report, in: Vainio H., Magee P.,McGregor D., McMichael A.J. (eds) Mechanisms ofcarcinogenesis in risk identification. IARC Scienti-fic Publications no. 116, Lyon, 1992

6 Haddow A. Sir Ernest Laurence KennawayFRS, 1881-1958: chemical causation of cancer thenand today. Perspect Bio] Med 1974; 17: 543-588

7 Berenblum I, Shubik R A new, quantitative,approach to the study of the stages of chemicalcarcinogenesis in the mouse's skin. Br j Cancer1947;1:383-391

8 Armitage P, Doli R. The age distribution ofcancer and a multistage theory of carcinogenesis.Br J Cancer 1954; 8: 1-2

9 Knudson AG. Mutation and cancer: statisticalstudy of retinoblastoma. Proc Nati Acad Sci 1971;68: 820-823

l0 Lawley PD, Brookes P. Molecular mechanismsof the cytotoxic action of difunctional alkylatingagents and of resistente to this action. Nature1965; 206: 480-483

11 Moolgavkar SH, Knudson AG. Mutation andcancer: a model for human carcinogenesis. J NatiCancer Inst 1981; 66: 1037-1052

12 Moolgavkar SI-I, Krewski D, Schwartz M.Mechanisms of carcinogenesis and biologicallybased models for estimation and prediction ofrisk. In: Moolgavkar S, Krewski D, Zeise L, Cardis E,Moller H (Eds). Quantitative estimation and pre-diction of human cancer risks. IARC ScientificaPublications 131, IARC, Lyon, 1999, 179-237

13 Vineis P, Matullo G, Manuguerra M.An evolu-tionary paradigm for carcinogenesis? J EpiderniolCommunity Health 2003; 57:89-95

14 IARC Monographs on the evaluation of thecarcinogenic risk of chemicals to humans. Vol 38Tobacco smoking. Lyon, IARC, 1986

15 Iversen OH.The skin tumorigenic and carci-nogenic effects of different doses, numbeer ofdose fractions and concentrations of 7,12-dimethylbenz(a)anthracene in acetone applied inhairless mouse epidermis. Possible implications forhuman carcinogenesis. Carcinogenesis 1991; 12:493-502

I6 Vineis P, Perera E DNA adducts as markers ofexposure to carcinogens and risk of cancer. Int jCancer 2000; 88: 325-328

17 Rothman KJ,Greenland S. Causation and cau-sal inferente. In: Rothman KJ, Greenland S. Modernepidemio[ogy (Second edition). Lippincot-Raven,Philadelphia, 1998

18 Questa considerazione richiede una precisa-zione. Quando l'associazione tra un'esposizione eduna malattia viene valutata attraverso il modellodel rischio relativo, si calcola il rapporto tra la fre-quenza della malattia negli esposti e nei non espo-sti: la malattia ha una frequenza di fondo nellapopolazione non esposta, e l'effetto dell'esposizio-ne è di moltiplicare quella frequenza per il rischiorelativo. Il modello del rischio relativo, come si èpotuto empiricamente constatare, è usualmenteidoneo a descrivere l'associazione tra cancerogenie tumori; non si tratterebbe di un semplice arte-fatto, dovuto alla scelta arbitraria di calcolare unquoziente (il rischio relativo) invece di una diffe-renza (la differenza tra rischi), ma rifletterebbe unarealtà biologica. Ciò, tra l'altro, costituisce uno deifondamenti di alcune teorie sui meccanismi dellacancerogenesi, Interessa qui rilevare che la teoriaprevede che due agenti moltiplichino i loro rischirelativi se nell'interagire nel processo causale di untumore non modificano la forza della loro associa-zione con la malattia: interagiscono, cioè, senza

bloccarsi o amplificarsi a vicenda. L'azione delprimo agente, in tal caso, è di incrementare la fre-quenza di base del tumore (ad esempio il rischioassoluto) secondo un fattore pari al prodotto trafrequenza di base e rischio relativo, in modo che:frequenza dovuta al fattore I =frequenza di fondo x rischio relativo f.L'azione del secondo agente si esplica allora su unapopolazione la cui frequenza è già quella dovuta alfattore I, cosicchè:frequenza dovuta a! fattore 2 (dato l) =frequenza dovuto al fattore 1 x rischio relativo 2.Ne segue che:frequenza dovuta al fattore 2 (dato I) =frequenza di fondo x rischio relativo I x rischio relativo 2

19 Per definizione, il rischio (assoluto) di unamalattia corrisponde alla sua incidenza cumulativa

20 Si noti che l'eccesso di rischio è la base per ilcalcolo dei rischio attribuibile percentuale tra gliesposti, che aritmeticamente equivale a: (rischiorelativo - I) I rischio relativo x 100

21 La lista delle possibili interazioni è lunga:fumo passivo, esposizione ambientale a inquina-mento atmosferico urbano oppure a ricadute dafonti industriali specifiche, esposizioni a cancero-geni polmonari in lavorazioni diverse da quella instudio ed altre ancora.

22 Greenland S Relation of probability of causa-tion to relative risk and doubling dose: a metho-dologic error that has become a social problem.Am j Public Health 1999; 89: 1166-1169

23 Hayes RB, Vineis R. Time dependency inhuman cancer.Tumori 1989; 75: 189-195

24 Hauptmann M, Pohlabeln H, Lubin JH, JockelKH, Ahrens W, Bruske-Hohlfeld I, Wichmann HE.The exposure-time-response relationship betweenoccupational asbestos exposure and lung cancer intwo German case-controI studies. Am J Ind Med2002; 4 I : 89-97

25 Hartge P, Silverman P, Hoover R, Schairer C,Altman R, Austin D, Cantor K, Child M, Key C,Marret LD, Mason TJ, Meigs JW, Myers MI-I, Naraya-na A, Sullivan JW, Swanson GM,Thomas D,West D.Changing cigarette habits and bladder cancer risk:a case contrai study, JNCI 1987; 78: 1119-1 125

26 Vineis P, Esteve J, Hartge P, Hoover R, Silver-man DT,Terracini B. Effects of timing and type oftobacco in cigarette-induced bladder cancer. Can-cer Res 1988; 48: 3849-3852

27 Decarli A, Peto j, Piolatto G, La Vecchia C.Bladder cancer mortality of workers exposed toaromatic amines: analysis of models of carcinoge-nesis. Br j Cancer 1985; 51:707 - 712

28 Barrett JC. Mechanisms of action of knownhuman carcinogens. In:Vainio H, Magee P, McGre-gor D, McMichael AJ (Eds). Mechanisms of carcino-genesis in risk identification. IARC Scientific Publi-cations no. 116, Lyon, 1992

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RISCHIO CANCEROGENONELL'INDUSTRIA DELLAGOMMA

di Dario Mirabellivice-presidente AIE

CPO Piemonte Torino

Le evidenze circa la presenza di unrischio cancerogeno nell'industria dellagomma sono state oggetto di valutazioneda parte dell'Agenzia Internazionale perla Ricerca sul Cancro (IARC, Internatio-nal Agency for Research on Cancer) nel1982; nel 1987 la IARC ha aggiornato laclassificazione delle evidenze di cance-rogenicità.In sintesi, la valutazione del gruppo dilavoro IARC era che vi fossero sufficien-ti evidenze che il lavoro nell'industriadella gomma comportava un rischio ditumore. L'associazione era considerata ditipo causale per i tumori della vescica ele leucemie, mentre non poteva essereescluso che fosse attribuibile a confon-denti l'eccesso di rischio per i tumoridello stomaco e del polmone. All'epocadella valutazione IARC era impossibileuna valutazione del ruolo di specificheesposizioni all'interno dell'industria, pervia dei limiti delle informazioni disponi-bili nel contesto degli studi epidemiolo-gici fino ad allora pubblicati.

TUMORI VESCICALI

I primi studi sull'industria inglese dellagomma avevano riportato considerevoliaumenti del rischio di tumori della vesci-ca tra gli addetti che avevano iniziato alavorare negli anni '30 e '40; l'eccessodi rischio era stato attribuito all'esposi-zione a beta-naftilamina. La beta-naftila-mina non era impiegata direttamente maera presente come contaminante in trac-cia del principale prodotto antiossidanteallora in uso, il NONOX S, un derivatodella alfa-naftilamina. La beta-naftilami-na vi era contenuta in ragione dello0,25% circa, ossia approssimativamente2500 parti per milione (ppm).E stato spesso riportato che a partire dai

primi anni '50 misure di sicurezza e igie-ne del lavoro sono state applicate semprepiù diffusamente, sia sostituendo certesostanze, sia riducendo il livello di espo-sizione ad altre, ma sono rari i rapportidettagliati sulle modificazioni introdottenei processi, nelle sostanze e negliimpianti. Nel complesso risulta che ilmiglioramento delle condizioni di lavoronon è stato lineare, ma è avvenuto a saltie con ritardi più o meno ampi in interisettori produttivi specialistici dellagomma, o in determinati Paesi.

Per esempio, in Olanda è stato condottoun programma sistematico di verificadelle condizioni di esposizione allesostanze presenti nell'industria dellagomma. Dapprima non si erano trovatedifferenze tra l'intensità di esposizione apolveri aerodisperse nelle fasi di lavora-zione iniziali (pesatura e miscelazioneingredienti, calandratura, estrusione)rispetto a quelle finali (vulcanizzazione).La sostituzione di materie prime in for-mulazione in polvere con formulazioninon in polvere ridusse l'intensità diesposizione a particelle respirabili nel-l'area di miscelazione. Tuttavia, ancoraalla fine degli anni '80 il 22% di circa 60diversi composti (acceleranti, ritardanti,antidegradanti) erano ancora usati in for-mulazione in polvere; il rapporto pubbli-cato riferisce che tra essi erano compre-si agenti classificati cancerogeni dalla"British Rubber Manufacturers Associa-tion". La concentrazione mediana difumi nei reparti di vulcanizzazione eraalta. L'esposizione cutanea a compostisolubili in cicloesano era intensa, spe-cialmente per lavoratori addetti allamanutenzione e nei reparti di pesatura emiscelazione. Solo quando le fabbrichefurono rivisitate nel 1994 furono riscon-trati miglioramenti netti, per esempio i

composti chimici classificati come can-cerogeni erano stati sostituiti, o comun-que il loro uso era stato ridotto e/o eranousati in formulazione non pulverulenta.In una revisione degli studi epidemiolo-gici allora più recenti, pubblicata nel1998 e finalizzata all'aggiornamentodella valutazione IARC, Kogevinas ecollaboratori hanno voluto verificare segli studi epidemiologici pubblicati tra il1982 ed il 1997 fornissero informazionipiù dettagliate sulle sostanze responsabi-li del rischio di cancro, e se tale rischiorisultasse diminuito in relazione alleinnovazioni tecnologiche.Per quanto riguarda gli studi di coorte,otto documentavano un aumento delrischio di cancro della vescica, inclusa lacoorte di Akron (Ohio, USA); in sei diquesti studi e in uno dei reparti dellacoorte di Akron il rischio era superioredi oltre il 50% rispetto a quello di riferi-mento, ed il rischio relativo variava da1,6 a 5,2. Due soli studi non hanno tro-vato alcun eccesso.In quattro studi che riportavano risultatidisaggregati per periodo storico, i rischierano maggiori per i lavoratori impiega-ti prima degli anni '50 ed in uno di essiera esplicitamente riportato che tali lavo-ratori erano stati potenzialmente espostia beta-naftilamina. Tre soli studi hannoesaminato il rischio per i lavoratoriassunti a partire dagli anni '60: nel piùampio è stato trovato un rischio circadoppio di quello di riferimento (rischiorelativo 2,14 statisticamente significati-vo, basato su I1 decessi osservati), men-tre gli altri due avevano una potenza sta-tistica insufficiente a esaminare il rischiodi cancro vescicale. Pochi studi hannoriferito i risultati in relazione a specificisottogruppi di lavoratori e non vi sonochiare indicazioni se il rischio sia loca-lizzato a particolari reparti dell'industriadella gomma, o alla lavorazione di spe-cifici prodotti in gomma.

In undici studi di tipo caso-controllofurono ottenute stime del rischio relativocomprese tra 1,5 e 5,7 dopo aver corret-to per l'effetto di confondenti quali ilfumo di tabacco. Rischi più bassi furonostimati in due studi su base di popolazio-ne ed in uno studio caso-controllo entrouna coorte. Tre studi non hanno eviden-ziato eccesso.Ne] trarre le loro conclusioni, Kogevinase collaboratori hanno sottolineato chenella maggior parte dei nuovi studi eraancora evidenziato un eccesso di rischioper il cancro della vescica; tuttavia con-tinuavano a mancare informazioni detta-gliate sui processi produttivi e sulleesposizioni specifiche cui potesse essereattribuito tale eccesso. Non era quindiancora possibile identificare con sicurez-za gli agenti responsabili.

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All'epoca dei primi studi sull'industriadella gomma, il cancro della vescica erastato messo in relazione ad uno specificoantiossidante (il Nonox S) a base di alfa-naftilamina contaminata in misura consi-derevole da beta-naftilamina, una sostan-za già allora ben nota per provocare ilcancro della vescica nell'uomo. Unampio studio epidemiologico sull'indu-stria inglese della gomma non aveva tro-vato un eccesso di mortalità per cancrodella vescica nei lavoratori assunti per laprima volta dopo il 1949, anno in cuiquesto antiossidante era stato sostituito.Tuttavia, in numerosi lavori più recenti einclusi nella revisione di Kogevinas ecollaboratori, l'eccesso di rischio erainvece presente e interessava lavoratoriper i quali non vi era stata esposizione aivecchi antiossidanti; alla luce del pesocomplessivo delle prove, i ricercatoriconclusero che "altri agenti possonoessere associati con l'eccesso di tumorivescicali nei lavoratori dell'industriadella gomma" e che "Questo risultatoimplica che la rimozione di un singoloagente da questa industria, anche se èstata importante per diminuire il rischioin alcuni impianti, può non essere statasufficiente ad eliminare completamentel'eccesso di rischio".

A queste considerazioni aggiungiamoche nell'industria della gomma:1. sono state usate altre formulazioni dialfa-naftilamina commerciale, diversedal Nonox S, ma anch'esse contaminateda beta-naftilamina (nel prosieguo:BNA), sia pur in misura inferiore a quel-la dell'agente sostituito nel 1949;2. sono state usate fino alla fine deglianni '80 formulazioni di fenil-beta-nafti-lamina (nel prosieguo: PBNA), anch'es-sa contaminata da BNA, sia pur in misu-ra inferiore all'alfa-naftilamina citata alpunto 1;3. sono state usate fino alla fine deglianni '80 anche formulazioni di di-beta-naftil-para-fenilendiammina (nel prosie-guo DBNPD), un'altra sostanza che pre-senta il problema della contaminazioneda residui di BNA, in misura non inferio-re a quella della PBNA citata al punto 2;4. sono state usate e sono usate ancoraoggi formulazioni a base di di-o-tolil-para-fenilendiammina e di fenil,o-tolil-para-fenilendiamina, che contengonoresidui di o-toluidina, un'ammina aro-matica per cui esistono evidenze di can-cerogenicità;5. non risultano essere stati eseguiticontrolli sistematici di qualità sull'ade-renza delle formulazioni dei prodotticommerciali alla composizione dichiara-ta dai produttori nelle schede di sicurez-za, né sulla presenza di impurezze, fos-sero esse di BNA o di altre amine aro-matiche dotate di proprietà cancerogene.

Queste "residue" esposizioni offronouna prima spiegazione per i frequentirisultati positivi degli studi presenti nellarevisione di Kogevinas e collaboratori.Gli stessi autori dello studio sull'indu-stria tedesca della gomma, che comericordato in precedenza trovarono tra glioperai assunti dopo il 1960 un rischiorelativo di circa 2, statisticamente signi-ficativo sulla base di 11 decessi osserva-ti, avanzarono l'ipotesi che l'eccesso dimortalità fosse spiegabile dall'utilizzodi antiossidanti che ancora negli anni'60 contenevano residui di BNA (Wei-land e collaboratori, 1996). Dopo questorapporto, incluso nella revisione diKogevinas e collaboratori, lo stessogruppo pubblicò due ulteriori analisi: laprima sulla mortalità per tumori nonrespiratori tra gli uomini (Straif e colla-boratori, 1998), la seconda sulla morta-lità tumorale tra le donne (Mundt e col-laboratori, 1999). In tutti e due i casi erapresente eccesso di mortalità da tumorevescicale per gli assunti dopo il 1960 ecosì commentavano gli autori: "In Ger-many, beta-naphtylamine was present insmall amounts as a contaminane o f somerubber chemicals until the mid 1960s."(Traduzione: "In Germania la BNA erapresente in modeste quantità come con-taminante di alcuni additivi per lagomma fino alla metà degli anni '60").Occorre ora prendere in considerazionel'impiego di ulteriori sostanze, diversedalle amine aromatiche, che pongono unrischio di cancro e tra queste spiccano iplastificanti, in particolare gli oli aroma-tici. Il loro uso è sistematico e in note-voli dosi in determinate lavorazionidella gomma e specialmente in quella

degli pneumatici. Gli oli plastificanti ditipo aromatico sono anche denominatiestratti aromatici e sono costituiti, comeindica la loro denominazione, da idro-carburi aromatici. Una larga quota sonoidrocarburi polinucleari aromatici(denominati anche idrocarburi policicli-ci aromatici, IPA). Gli IPA sono unavasta famiglia di composti chimici pre-senti in molti materiali di uso industria-le, quali peci, bitumi, oli; si tratta dimiscele a composizione variabile e diffi-cile da caratterizzare, nelle quali sonopresenti IPA a quattro e più anelli con-densati, tra cui si riconoscono molti can-cerogeni. La Monografia IARC (Voi 28,già citato) aveva attratto l'attenzione sulrischio cancerogeno comportato dall'usodegli oli aromatici come plastificantinella lavorazione della gomma. NelleMonografie pubblicate successivamentenei Volumi 33, 34 e 35 la IARC ha valu-tato le evidenze di cancerogenicità dimolti altri materiali di uso industrialecontaminati da IPA, tra cui catrame,pece, bitumi e oli, classificandoli comecancerogeni umani. Si osservi che il giu-dizio IARC relativo agli oli minerali siriferisce a prodotti usati come lubrorefri-geranti nella lavorazione dei metalli erealizzati a partire da una base mineralenon raffinata o debolmente raffinata;invece quelli realizzati a partire da unabase fortemente raffinata al solvente nonsono stati giudicati cancerogeni. Gliestratti minerali aromatici sono per l'ap-punto il residuo che viene separato inseguito al processo di raffinazione dellabase minerale. Sempre nelle Monografiepubblicate nei Volumi 33, 34 e 35 laIARC ha inoltre valutato le evidenze a

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carico di alcuni specifici IPA- quelli chesono stati testati sull'animale da esperi-mento, evidentemente, non essendosimai verificata esposizione umana ad unsingolo IPA - classificandone molti comecancerogeni sperimentali. Tradizional-mente è riconosciuto che esiste un rischiodi cancro da IPA (e miscele che li con-tengono) per cute e polmoni e questisono infatti gli organi bersaglio per iquali le Monografie IARC riportavano leevidenze epidemiologiche di canceroge-nicità più coerenti e più chiare. Più recen-temente Boffetta e collaboratori hannoesaminato la questione del rischio di can-cerogenicità da IPA a danno di altri orga-ni bersaglio e, in una rassegna pubblicatasu Cancer, Causes and Contrai nel 1997hanno concluso che ci sono solide evi-denze epidemiologiche di cancerogeni-cità anche a danno della vescica. Un'altraspiegazione per i frequenti risultati posi-tivi raccolti da Kogevinas e collaboratoriviene così offerta dall'esposizione ad IPAcomportata dall'impiego di plastificantida essi contaminati.

D'altra parte non è necessariamente veroche in tutte le lavorazioni della gommasiano state usate le stesse amine aroma-tiche e gli stessi plastificanti e questapuò essere, almeno in parte, la spiega-zione dei (meno frequenti) risultati nega-tivi, che dobbiamo tuttavia valutareanche alla luce di considerazioni attentea proposito della potenza degli studi.L'intervallo di induzione e latenzamedio per i tumori vescicali è di circa 20anni: chi è stato assunto in un'industriadella gomma all'inizio degli anni '60non può, mediamente, aver sviluppatoun tumore indotto dal lavoro prima del-l'inizio degli anni '80, e così via per chiè stato assunto all'inizio degli anni '70 osuccessivamente. Di conseguenza anchegli studi più recenti hanno un periodo diosservazione di durata limitata, rispettoall'effettiva epoca in cui un eventualeeccesso di tumori dovuto alla professio-ne può essere divenuto manifesto in unaimportante proporzione del gruppo dilavoratori impiegati solo nella modernaindustria della gomma e mai nella suefasi tecnologiche precedenti. Per questeragioni si deve prestare attenzione allapossibilità che i risultati negativi (relati-vamente ai gruppi di dipendenti impie-gati solo dopo il 1960) di alcuni studipubblicati nel corso degli anni '90 sianoin realtà falsamente negativi, e non con-traddicano l'esistenza del rischio identi-ficato da quelli che invece hanno avutorisultato positivo.E condivisibile dunque la conclusionetratta da Kogevinas e collaboratori che ilquadro complessivo depone per la persi-stenza del rischio nell'industria modernadella gomma, e non sono rinvenibili in

letteratura dati più recenti che possanoindurre a pensare diversamente. Delleultime pubblicazioni sull'industria tede-sca della gomma (Straif e collaboratori,1998; Mundt e collaboratori, 1999) si èdetto. Vale ora la pena di citare il fattoche è in corso uno studio della mortalitàed incidenza tumorale tra i lavoratori direcente assunzione nell'industria inglesedella gomma. Per recente assunzione siintende dopo il 1982, il che rende perora difficile la valutazione del rischio dicancro vescicale a causa del lungoperiodo di induzione latenza; la diffi-coltà è maggiore per la mortalità che perl'incidenza, poiché i tumori vescicalipermettono una sopravvivenza di diver-si anni dal momento della diagnosi. Ilprimo rapporto finora pubblicato (Strau-ghan e Sorahan, 2000) ha mostrato uneccesso di incidenza sia tra i maschi(rischio relativo di 2) che tra le femmine(rischio relativo di 5); nessuno dei dueraggiunge la soglia convenzionale disignificatività statistica e non si eviden-zia un eccesso di mortalità, tuttaviaanche questa osservazione corrobora l'i-potesi che il rischio di tumori delle vieurinarie non sia stato completamente eli-minato.

TUMORI POLMONARI

La valutazione IARC 1982 e 1987 erache vi fossero sufficienti evidenze che illavoro nell'industria della gomma eraassociato ad un aumentato rischio ditumore al polmone, anche se ritenevalimitate le evidenze che l'associazionefosse di natura causale. Inoltre era risul-tato impossibile stabilire il ruolo di spe-cifiche esposizioni all'interno dell'indu-stria, per via dei limiti delle informazio-ni disponibili nel contesto degli studiepidemiologici fino ad allora pubblicati,come già ricordato. Sebbene nei Paesieconomicamente progrediti a partire daiprimi anni '50 si possano genericamenteconsiderare progressivamente miglioratele condizioni degli ambienti di lavoropoco è noto sulle modificazioni introdot-te nei processi, nelle sostanze e negliimpianti delle industrie della gomma.Solo in Olanda è stato condotto il giàcitato programma sistematico di verificadelle condizioni di esposizione allesostanze presenti nell'industria dellagomma, con i risultati già illustrati nelparagrafo relativo ai tumori vescicali.Non tutte le innovazioni introdotte nellalavorazione della gomma nella secondametà del ventesimo secolo sembranoperaltro essere andate nella direzione della riduzionedella presenza di cancerogeni chimicinel ciclo tecnologico. In particolare, l'a-dozione di neri di carbone prodotti con ilprocedimento "furnace" anziché conquello "channel" e soprattutto l'utilizzocome oli plastificanti degli estratti aro-matici di petrolio hanno comportatopiuttosto (IARC Monograph "The rub-ber industry", Vol 28, IARC, Lyon, 1982,pagg. 92 e 93) l'introduzione nel ciclotecnologico di maggiori quantitativi diuna classe di composti chimici ben notaper includere importanti cancerogeni; sitratta degli idrocarburi policiclici aroma-tici (IPA) la cui presenza è aumentatasotto la spinta di diverse cause. In primoluogo i neri di carbone "furnace" sonomaggiormente contaminati da IPA diquelli "channel". In secondo luogo glioli plastificanti di derivazione mineralesono anch'essi contaminati da IPA inmisura maggiore dell'olio di catrame dipino che hanno soppiantato. In terzoluogo gli estratti aromatici di petrolio,che sono divenuti il più importante pia-stificante di origine minerale per l'indu-stria degli pneumatici, sono particolar-mente ricchi in IPA. In quarto luogo lamisura del loro impiego nelle mescole ècresciuta notevolmente con il passare deltempo, fino a raggiungere anche il 30%della massa lavorata. Sulla base delleconoscenze generali della tecnologiadella gomma, come riepilogata nellaMonografia IARC (IARC Monograph

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"The rubber industry", Vol 28, IARC,Lvon, 1982, pagg. 92 e 93) si può datarel'utilizzo in via pressochè esclusiva ed ingrandi quantità di oli plastificanti mine-rali alla fine degli anni '50 - inizio deglianni '60. La situazione non pare da allo-ra essere sostanzialmente cambiata.Nella revisione pubblicata nel 1998 è giàampiamente citata a proposito dei tumo-ri vescicali da Kogevinas e collaborato-ri, i tumori del polmone erano in chiaroeccesso in otto studi di coorte, due deiquali relativi a sottogruppi nella coortedi Akron: addetti alla vulcanizzazione ereparto prodotti aereospaziali. Per contronon furono osservati eccessi in sei studi,due dei quali relativi a sottogruppi dellacoorte di Akron: reparto prodotti indu-striali e recupero materiali. Degli studicaso controllo, sette riportavano un'as-sociazione, altri quattro no. Complessi-vamente il quadro generale del rapportotra lavoro nell'industria della gomma erischio di cancro polmonare apparivacosì agli Autori molto più robusto e coe-rente rispetto all'evidenza epidemiologi-ca limitata disponibile all'epoca dellamonografia IARC 1982.Dopo la pubblicazione della rassegna diKogevinas e collaboratori sono stati resipubblici ulteriori risultati, tra cui sono dasegnalare quelli di uno studio moltoampio sui lavoratori dell'industria dellagomma in Germania, oggetto di molte-plici ed accurate analisi, finalizzate aevidenziare eventuali eccessi di morta-lità per tumori anche se limitati a parti-colari lavorazioni o esposizioni. Uneccesso di mortalità per i tumori del pol-mone è stato osservato nel sesso maschi-le, tra i lavoratori addetti alle fasi dilavorazione raggruppate sotto la dizionedi preparazione dei materiali, che com-prendevano la manipolazione e pesaturadelle materie prime, la preparazione eraffinazione delle mescole, la produzio-ne di semilavorati mediante estrusione ecalandratura. Il rischio non mostravaalcuna tendenza alla diminuzione tra gliassunti dopo il 1960, anche se in questosottogruppo l'eccesso non risultava stati-sticamente significativo a causa del pic-colo numero di casi osservati. L'analisidella porzione femminile della coorte haidentificato allo stesso modo un eccessodi mortalità per cancro al polmone, risul-tato non statisticamente significativo acausa del limitato numero di casi osser-vati (la coorte femminile è molto piùpiccola e la frequenza di fondo del tumo-re del polmone tra le donne è bassa). Lostudio di Straughan e Sorahan sui lavo-ratori di recente assunzione (dopo il1982) nell'industria inglese dellagomma non ha evidenziato eccessi dimortalità o di incidenza per i tumori delpolmone (gli studi sul complesso deilavoratori dell'industria inglese della

gomma erano stati pubblicati prima del1998 e pertanto erano inclusi nella rasse-gna di Kogevinas e collaboratori).Sebbene l'associazione tra tumore delpolmone e industria della gomma non siastata trovata in tutti gli studi sopra citati,inclusi nella rassegna di Kogevinas e col-laboratori o posteriori ad essa, l'insiemedelle prove epidemiologiche sull'esisten-za dell'associazione risulta robusta e coe-rente, dal momento che un grande nume-ro di studi ha identificato un eccesso dimortalità per cancro al polmone.Tale risultato non può essere spiegato nécome riscontro casuale, perché in talcaso solo pochissimi studi sarebberostati positivi, né per l'intervento di fatto-ri di confondimento, poiché non è credi-bile che questi abbiano potuto condurreallo stesso tipo di confondimento in tantie tanto diversi studi.

Si consideri il classico problema delconfondimento da fumo di tabacco. Se ilavoratori che appartengono a una coor-te hanno una prevalenza di esposizioneal fumo paragonabile a quella dellapopolazione generale, il loro rischio ditumore del polmone può differire daquella della popolazione generale stessasolo in seguito alle esposizioni profes-sionali e non in conseguenza del fumo ditabacco. Perché un eventuale eccesso dicancro del polmone sia attribuibile nonall'esposizione professionale, ma alfumo di tabacco (effetto di confondi-mento), occorre che i lavoratori di quel-la coorte fumino nettamente più dellapopolazione di riferimento.Questo tipo di fenomeno è del tutto fuoridal controllo del ricercatore, che tutt'alpiù può stimare quanto più alta debbaessere la prevalenza di fumatori per spie-gare interamente l'eccesso di rischioosservato, ma su un ampio ventaglio distudi indipendenti ci si attende che sidistruibisca omogeneamente tanto ineffetti di confondimento positivo, quan-to in effetti di confondimento negativo,di fatto equilibrandosi.Non deve meravigliare che in un ridottonumero di studi non si sia trovato uneccesso di tumori polmonari.Infatti non è necessariamente vero che intutte le lavorazioni della gomma sianostate usate le stesse sostanze e questapuò essere, almeno in parte, la spiega-zione della variabilità dei risultati. Pur-troppo non è possibile valutare quanto ledifferenze dei risultati siano stateinfluenzate da quelle nella chimica delprocesso produttivo, poiché quest'ultimaera in generale mal conosciuta o maldocumentata. Soprattutto, nel giudicaredel peso degli studi negativi dobbiamovalutare la questione della potenza deglistudi insieme a quella dell'intervallo diinduzione e latenza.

L'intervallo di induzione e latenzamedio per i tumori polmonari è moltovicino a quello dei tumori vescicali e sidevono applicare le stesse considerazio-ni. In particolare quelle relative alla limi-tata informatività degli studi più recentia cause del periodo di osservazione didurata limitata, ed alla necessità di inter-pretare con cautela risultati negativi otte-nuti in studi pubblicati nel corso deglianni '90 relativamente ai gruppi didipendenti impiegati solo dopo il 1960in quanto probabili falsi negativi. Nellostudio di Straughan e Sorahan sui lavo-ratori di recente assunzione nell'indu-stria inglese della gomma era incluso ilpersonale assunto dopo il 1982, seguitofino al 1991 per la mortalità e l'inciden-za tumorale; è evidente che non ci sareb-be possibilità di osservare un eccesso ditumori del polmone a così breve tempodall'inizio dell'esposizione nemmenoqualora l'esposizione fosse effettiva-mente cancerogena. Veniamo ora a duestudi sul'industria della gomma italiana.Lo studio di Belardinelli e collaboratorisulla coorte dello stabilmento produzio-ne pneumatici di Cuneo era risultatonegativo; occorre però osservare comeanche questa coorte avesse un periodo diosservazione breve, di appena ventianni, dal momento che lo stabilimentoera stato aperto nel 1962, che molti ope-rai erano stati assunti almeno qualchetempo dopo l'apertura, e che l'accerta-mento dello stato in vita si concluse nel1983. Non diversi sono i limiti di vali-dità osservazionale dello studio di Negrie collaboratori, che ha riguardato pro-prio uno stabilimento di produzionepneumatici di Torino. Lo stabilimento èmolto più vecchio di quello di Cuneo, lacoorte è stata assemblata retrospettiva-mente a partire dal dopoguerra, ma l'in-troduzione del rischio da IPA, comeabbiamo visto, è databile solo alla fineanni '50 / inizio anni '60; inoltre non èdisponibile un'analisi della mortalità peri soli assunti dopo il 1960 (come dataapprossimativamente discriminante) ecomunque anche in questo caso il perio-do di osservazione sarebbe al più di unaventina di anni (follow-up al 1981).Concludiamo in accordo con Kogevinase collaboratori che in generale il lavoronell'industria della gomma, anchemoderna, è associato ad un rischioaumentato di cancro al polmone e chel'associazione è di tipo causale; che idue studi di coorte condotti su stabili-menti italiani di produzione pneumatici,benchè negativi, non costituiscono unaprova convincente di assenza di rischionella realtà produttiva del nostro Paese;che l'aumento del rischio di cancro pol-monare è dovuto all'esposizione ad IPA,contaminanti degli oli plastificanti e deineri di carbonio.

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ASBESTO, MESOTELIOMAE CARCINOMA POLMONAREIDONEITA DELL'ESPOSIZIONE

Franco MolloDipartimento di Scienze

Biomediche e Oncologia UmanaUniversità di Torino

L'asbesto è fattore causale o concausaledi vari tumori: principalmente del meso-telioma maligno e (anche nel non fumato-re) del carcinoma polmonare nonché delcarcinoma della laringe, pur se in que-st'ultimo caso l'attribuibilità è menonotoria. Ma è importante, nei casi indivi-duali, accertare entro quali limiti l'esposi-zione può essere ritenuta idonea all'indu-zione del tumore.

L'IDONEITÀ QUALITATIVAGli anfiboli commerciali (prevalentemen-te crocidolite e amosite) sono stati consi-derati più dannosi del crisotilo soprattuttoin riferimento al mesotelioma. Non è deltutto conclusa la discussione che si è svi-luppata negli anni passati circa l'effettocancerogeno del crisotilo che non sia con-taminato (come invece per lo più si verifi-ca) da tremolite. E stato affermato (Hodg-son e Darnton, 2000`) che il rischio speci-fico di mesotelioma per esposizione all'a-sbesto nei tre principali tipi commerciali èall'incirca nel rapporto di 1:100:500rispettivamente per il crisotilo, l'amosite ela crocidolite, ma queste conclusioniappaiono assai sbilanciate, in confrontocon l'insieme delle conoscenze generaliche si trovano in letteratura, nell'attribuireal crisotilo un rischio eccessivamentebasso, quasi trascurabile. Secondo l'auto-revole giudizio della IARC (1987') tuttigli amianti commerciali sono da conside-rare cancerogeni: l'affermazione sembrasempre valida soprattutto nella valutazio-ne di casi singoli nei quali il tumore si èsviluppato, e pertanto non si tratta più dirischio ma di danno accertato.

L'IDONEITÀ QUANTITATIVALa questione dibattuta non è tanto se esi-sta una soglia al di sotto della quale nonesista rischio di tumore asbesto-correlato,quanto se essa sia definibile così da poter

essere applicata in casi individuali (neiquali può interferire anche una predispo-sizione genetica): l'impossibilità di iden-tificarla è stata affermata da Doli e Petofin dal 1985'.Per il mesotelioma, è stata tuttavia sugge-rita una soglia di anfiboli "nella regione"delle 5 fflmIlanni (Browne, 1991'); masecondo Iwatsubo et aI. (1998') l'occor-renza del mesotelioma è stata verificata aldi sotto di tale esposizione cumulativa eforse al di sotto di 0,5 fflmllanni. Hodg-son e Darnton (2000`) osservano da unpunto di vista metodologico: "Il tentativo(Illgren e Browne, 1991) di dedurre una"soglia" dall'identificazione della piùbassa dose stimata come ricevuta daqualsiasi caso osservato è un nonsensologico".Anche per il carcinoma polmonare è statasuggerita una soglia: 25 ff/ml/anni, prati-camente sovrapponibile a quella propostaper l'asbestosi (Browne, 1995' ).Ma secondo il Consensus Report di Hel-sinki (1997 $), benché tale esposizionecumulativa raddoppi il rischio, ancheesposizioni più basse sono associate, perquanto in minor grado, con un aumentodel rischio. In sostanza, "non si sa se esi-sta una soglia sicura al di sotto dellaquale l'esposizione all'asbesto non indu-ca la carcinogenesi" (Haus et al., 2001').

L'IDONEITÀ CRONOLOGICAÈ necessario distinguere tra latenza con-venzionale (tra inizio dell'esposizione emanifestazione/diagnosi del tumore) elatenza propriamente detta (tra completa-mento dell'induzione con principio dellosviluppo progressivo e irreversibile deltumore, e manifestazioneldiagnosi: è ineffetti latente ciò che è ancora occulto magià esiste in concreto).La latenza convenzionale può superare,sia per il mesotelioma sia per il carcino-

ma del polmone e della laringe, parecchidecenni: praticamente il limite superiorecoincide con la durata della vita. Ai finidel riconoscimento dell'idoneità crono-logica di una esposizione, dovrà esseresuperata la latenza convenzionale mini-ma. I valori medi di questa sono stimatidai Criteri di Helsinki' nella misura diuna decina di anni sia per i mesoteliomisia per i carcinomi polmonari, ma potran-no essere superiori o inferiori di alcunianni, ripettivamente nelle forme nelleforme a minore o a maggiore rapidità diprogressione.La latenza propriamente detta è sempreinferiore a quella convenzionale, poichèquest'ultima comprende anche il prece-dente periodo di induzione. Sono meglionote le latenze propriamente dette dei car-cinomi polmonari: intorno ai 15 anni pergli adenocarcinomi, intorno agli 8 per glisquamosi e gli anaplastici a grandi cellu-le, intorno ai 3 anni per i microcitomi(Corrin, 2000'9. È importante la stimadella latenza propriamente detta, poichèquando già il tumore maligno è in svilup-po (anche se ancora occulto) l'eventualepersistenza dell'esposizione non è piùsostanzialmente rilevante quanto menonel senso dell'induzione, che per defini-zione deve essere già completata.

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INDICATORI BIOLOGICIDELL'ESPOSIZIONE ADASBESTO

Franco MolloDipartimento di Scienze

Biomediche e Oncologia UmanaUniversità di Torino

Le conoscenze epidemiologiche forni-scono indicazioni di ordine generalevalide per la stima probabilistica delrischio di patologia da amianto, ma in unintero comparto. I dati igienistici relati-vi a un dato ambiente (quando puresiano disponibili in riferimento a decen-ni precedenti) possono essere insuffi-cienti a valutare l'effettiva quantità diasbesto inalato da un singolo soggetto.

Le placche pleuriche sono state ricono-sciute come indicatori di esposizione all'a-sbesto fin dagli anni '60 (Meurman,1966'),e la loro bilateralità suggerisce una esposi-zione di tipo professionale (Medical Advi-sory Panel, 1982'). Nell'esperienzapatolo-gica dell'area torinese, la sensibilità del-l'esame radiologico standard, confrontatacon i reperti necroscopici, era buona (88%)per le placche di estensione complessiva>100 cm', ma assai inferiore (34%) per lelesioni di estensione minore (Rubino et al,1980'); erano accertate significative corre-lazioni con l'esposizione professionale(Mollo et al., 1983 4) e con i corpuscoli del-l'asbesto nel polmone (Andrion et al.,19845). Per le placche >100 cm= il valorepredittivo di esposizione professionale diun singolo soggetto è risultato pari al 76%,e il valore predittivo del reperto negativoall'83% (Mollo et al., 1983').

Il carico polmonare di asbesto in rap-porto al tipo di fibre è legato non soloalla quantità inalata, ma anche alla bio-durabilità (inversamente proporzionalealla riduzione per dissoluzione o disinte-grazione) e alla biopersistenza (inversa-mente proporzionale alla riduzione perrimozione fisica in seguito a "clearance"operata dalle ciglia vibratili e dai macro-fagi). Le fibre di crisotilo sono assaimeno biodurabili e biopersistenti diquelle anfiboliche. Sono pertanto da evi-

tare strette correlazioni tra il carico pol-monare di crisotilo (che può essere scar-so) e la dose inalata in anni e decenniprecedenti (che può essere stata rilevan-te, e causa di danno persistente).

La concentrazione polmonare di fibredi asbesto per grammo di peso secco(fflgps) in microscopia elettronica (ME),con valutazione quantitativa e qualitativa.Tuttavia i risultati quantitativi possonovariare in laboratori diversi, anche suglistessi campioni. Secondo i Criteri di Hel-sinki (1997') la concentrazione che sugge-risce una esposizione di tipo professionaleagli (gps = grammo di peso secco). Ma ladistinzione tra concentrazioni di tipo pro-fessionale e non professionale ha valoreper una data sede solo se confrontabilecon valori di riferimento definiti nellostesso laboratorio in un consistente grup-po di controllo della stessa sede.

La concentrazione polmonare di cor-puscoli tipici dell'asbesto (CA/gps) inmicroscopia ottica (MO) ed è indicativadel carico di anfiboli, o comunque difibre lunghe (>l0p secondo i criteri piùabituali). Dagli anni '80 è possibile rico-noscere in MO i corpuscoli tipici, cioècomprendenti fibre di asbesto piuttostoche altre fibre minerali (Crough e Churg,1.985"). I procedimenti tecnici sono assaipiù standardizzati che in ME, e i risulta-ti dei diversi laboratori sono ben compa-rabili. Le concentrazioni indicative diuna esposizione di tipo professionalecorrispondono a più di 1.000 CAlgpssecondo le osservazioni di numerosiautori e svariati gruppi di lavoro (Gibbs,1993 9 ; Criteri di Helsinki, 1997'; ERSWorking Group: De Vuyst et al., 1998 19),

I corpuscoli tipici dell'asbesto nelliquido di lavaggio bronchiolo-alveola-

re (SAL) e nell'escreato. La dimostra-zione in MO di 1 corpuscolo per ml diBAL è stata dimostrata corrispondere auna concentrazione polmonare di 1.000CA/gps, come stabilito anche dai gruppidi lavoro sopra citati; tuttavia è necessa-ria la broncoscopia. La ricerca nell'e-screato non è invasiva e, ancorché pocosensibile, è altamente specifica: il reper-to di 1 corpuscolo nell'escreato corri-sponde almeno a 9.000 CA/ps nel pol-mone (Roggli et al., 1980").

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PROVA INCROCIATAUNA ESPERIENZA DI IMPIEGO INCROCIATODI ALGORITMI PER LA STIMA DEL "RISCHIO CHIMICO"IN UNA OFFICINA DI RIPARAZIONE DI AUTOVEICOLI

di Fausto BianchelliCNA Marche

Ancona

INTRODUZIONE

Il presente lavoro costituisce un esempiodi applicazione "incrociata" di duemodelli algoritmici di valutazione dell'e-sposizione dei lavoratori a rischi chimici.

Sono stati utilizzati due modelli di calco-lo: il Cheope 2 - PMI (Chemical Expo-sure Operating Evaluation) e il MovaRi-sch (Modello per la valutazione delrischio chimico elaborato dalle RegioniEmilia-Romagna, Lombardia e Toscana).Entrambi i software sono strumenti rite-nuti "validi" dalle Linee Guida, emanatein proposito dal Coordinamento Tecnicodelle Regioni, in particolare di utilità perquanto riguarda la valutazione dell'espo-sizione a rischi chimici nella realtà dellepiccole imprese e delle imprese artigiane.

Si precisa che tale lavoro non ha e nonpuò avere pretese di generalizzazione,rappresenta unicamente un caso specifi-co di applicazione congiunta di duemodelli di valutazione analoghi, il cuiesito finale (giudizio di rischio MODE-RATO o NON MODERATO) non risul-ta coincidente.

OGGETTO DI APPLICAZIONE

L'applicazione congiunta e contempora-nea dei due modelli ha avuto per ogget-to una piccola officina artigiana di auto-riparazione.L'azienda ha presentato un buon livellodi applicazione di misure di prevenzionee protezione, generali e specifiche:

• gli ambienti di lavoro presentano ade-guate caratteristiche di igiene e pulizia;• i locali di lavoro sono dotati di unaadeguata ventilazione naturale;

• è installato, funzionante e corretta-mente utilizzato, l'impianto di aspirazio-ne ed espulsione all'esterno dei gas discarico degli autoveicoli, con tubazioniflessibili innestabili direttamente suipunti di emissione;• le aree di stoccaggio, sia degli oliesausti, sia degli oli minerali e sinteticinuovi, sono conformate in modo daimpedire contatti e/o spargimenti acci-dentali (fusti chiusi, idonei e contrasse-gnati, in vasche di contenimento);• i cambi olio sono effettuati esclusiva-mente con aspiratore specifico con ser-batoio (è escluso il contatto cutaneo conoli esausti, se non di tipo accidentale);• gli addetti indossano adeguati DPIper la protezione dal contatto (guantimonouso);• non viene fatto uso di benzine per losgrassaggio dei pezzi;• il lavaggio dei pezzi si effettua invasca di lavaggio a ciclo chiuso;• non vengono svolte saldature;• i dipendenti sono sottoposti a sorve-glianza sanitaria;• sono presenti adeguati mezzi di emer-genza (antincendio, primo soccorso),• è stato adeguatamente formato l'incari-cato alla gestione delle emergenze (antin-cendio, evacuazione, primo soccorso);• gli addetti sono stati adeguatamenteinformati e formati sui rischi presenti,sui relativi comportamenti di sicurezza,sull'uso dei DPI.

La valutazione del rischio chimico si èincentrata su i due agenti (pur non trascu-rando gli altri agenti presenti) con mag-giori caratteristiche di pericolo, ovvero:

I. Il monossido di carbonio (derivantedagli scarichi degli autoveicoli)2. Gli oli esausti (benzo(a)pirene CAS50-32-8)

Si è considerata la mansione unica dimeccanico autoriparatore, in quanto,nella realtà produttiva esaminata(microimpresa), non è riscontrabile unadivisione del lavoro significativa e, per-tanto, una diversificazione nella esposi-zione a rischi chimici dovuta alla varia-bilità di operazioni eseguite, di preparatio sostanze chimiche impiegate o allapermanenza in diversi ambienti o posta-zioni di lavoro.

I RISULTATI

Come è riscontrabile nelle successivetabelle di riepilogo, i due modelli appli-cati discostano nel giudizio finale divalutazione, pur partendo da una analo-ga classificazione degli agenti chimicipresi in esame (indici di pericolosità ele-vati) e da un analogo, seppur non coinci-dente, trattamento dei dati, acquisitimediante intervista col Datore di Lavoroe sopralluogo diretto in azienda conosservazione delle modalità operative.

Il Cheope attribuisce alla mansionevalutata un Indice di Rischio pari a 5,02e classifica l'esposizione a rischio NONMODERATO.Nel Cheope il valore di soglia definitoper rischio moderato è di 3,00. Pertantose l'indice di rischio < 3,00 classifica aRISCHIO MODERATO, se l'indice dirischio = o > 3,00 classifica a RISCHIONON MODERATO.

Il MovaRisch calcola un Rischio Cumu-lativo (considerando il Rischio Inalato-rio ed Rischio Cutaneo) pari a 12,81(medesimo risultato sia per il monossidodi carbonio sia per l'olio esausto) e clas-sifica il rischio MODERATO.Il MovaRisch adotta un sistema di clas-sificazione più articolato:

Valori diR<>0,1-15= RISCHIO MODERATO

Valori diR<>15-21= INTERVALLO Di INCERTEZZA

Valori di R < > 21 - 40= RISCHIO NON MODERATO;

Valori di R < > 40 - 80= RISCHIO ELEVATO

Valori di R > 80= RISCHIO GRAVE

Dall'esito di questa applicazione con-giunta (che, ripetiamo, non può avere nes-suna pretesa di generalizzazione) dei duemetodi algoritmici emerge che il Cheope

sembra adottare, nella classificazione del-l'esposizione, un "approccio" più pruden-ziale rispetto al MovaRisch, attribuendo,probabilmente, un maggior peso alla peri-colosità intrinseca dell'agente piuttostoche alle modalità di esposizione.

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In tale caso concreto ci appare più con-grua la classificazione Cheope, in quan-to, pur essendo state, nella fattispecie,adottate idonee misure di contenimentodel rischio, non può, in assoluto, esclu-dersi la presenza, di tipo accidentale ooccasionale, di una esposizione signifi-cativa. Il rischio residuo, in considera-zione del fatto che si tratta di agenti chi-mici con elevate caratteristiche di peri-colosità (R45 l'olio esausto), non apparetale da essere classificato "non modera-to", vale a dire irrilevante secondo leindicazioni contenute nelle Linee Guidadel Coordinamento Tecnico per la Sicu-rezza nei luoghi di lavoro delle Regioni.

ANALOGIE E DIFFERENZEM ETOTOLOG IC H E

Entrambi i modelli costituiscono metodidi calcolo algoritmico dell'esposizione arischi chimici.

L'impianto metodologico è basato sullanota equazione R = P x E: il risultatodella valutazione scaturisce dagli indicidi pericolosità attribuiti ai singoli agenti(attribuzione di score derivanti dallefrasi R), e dalle modalità di esposizionedei lavoratori agli stessi.

Olio esaustoMonossidodi carbonio

Per quanto concerne la modalità di espo-sizione (E), entrambi gli algoritmi pro-pongono una valutazione basata su listedi controllo, analoghe ma non coinci-denti (di qui il diverso trattamento deidati), che tengono conto delle quantità diagente impiegato, delle tipologie di usoe contenimento, dei tempi di esposizio-ne, dell'uso dei DPI, ecc.

Il MovaRisch valuta solamente i rischitossicologici da contatto e da inalazione.

Il Cheope prende in considerazioneanche i rischi da ingestione, oltre che irischi per la sicurezza (irraggiamento,esplosione) ed i rischi derivanti da even-tuali incompatibilità dei prodotti.

Per quanto concerne il "confezionamen-to" dei risultati:

• il Cheope propone direttamente unavalutazione sulle fasi/operazioni e sullavoratore (se il lavoratore svolge piùfasi/operazioni calcola l'indice di esposi-zione tenendo conto dell'esposizionenelle varie fasi/operazioni alle quali è adi-bito);

• il MovaRisch propone Indici diRischio per ogni sostanza o preparato,

con l'indicazione metodologica per ilvalutatone di stimare il rischio sullapostazione di lavoro (tenendo conto,naturalmente, degli Indici di Rischio ela-borati per gli agenti utilizzati e/o presentisulla relativa postazione/mansione esami-nata). Se ad un solo preparato/sostanzaviene attribuito un indice di rischio supe-riore al "moderato", va considerata arischio "non moderato" la postazione dilavoro.

Tabella 2Indici di pericolosità (P) MOVARISCH

Sostanza/preparato Indice dipericolo P (*)

Monossido di carbonio 10Olio esausto IO

(*) Il massimo valore di "score" attribuibile ad unagente è 10.

Tabella 4 Elaborati MovaRischIndici di Esposizione (E)e Classificazione del Rischio (R)

I.Olio esaustoE inal =valore dell'indice di espos. per via inalatoria = 1,0E_cute =valore dell'indice di espos. per via cutanea = 1,0

Rischio inalatorio: Rinal = 10,00 (P x E)Rischio cutaneo: R_cute = 10,00 (P x E)Rischio cumulativo: R_cum = 14,14

Classific. del rischio = RISCHIO MODERATOValori di R < >0,1 - 15 = RISCHIO MODERATO

2. Monossido di carbonioE_inal =valore dell'indice di espos. per via inalatoria = 1,0E_cute =valore dell'indice di espos. per via cutanea = 1,0

Rischio inalatorio: R_inal = 10,00 (P x E)Rischio cutaneo: R_cute = 10,00 (P x E)Rischio cumulativo: R_cum = 14,14

Classific. del rischio = RISCHIO MODERATOValori di R < >0,1 - 15 = RISCHIO MODERATO

NotaIn considerazione del fatto che !a valutazione suentrambi gli agenti ha prodotto una stima di rischiomoderato, va considerata a rischio moderato anchela postazione di lavoro ( in questo caso !a mansio-ne) che prevede l'utilizzo e/o l'esposizione agli agen-ti considerati,

Tabella 3

Preparato!Sostanza

Tabella I Identificazione agenti presi in esame

Identificazione agenti

Monossido di carbonioOlio esausto (benzo(a)pirene)

Frasi R associate Quantità stimategiornaliere

R I2 - R23 - R48 - R61 I KgR45 - R46 - R60 - R61 - R50 - R53 3 Kg

Indici di pericolosità (P) Cheope

lncomp.IncendioContatto7,57

EsplosioneInalazione6,57

Ingestione7,57

6,126,126,36 6,00

Indici di pericolosità Indici dipericolositàglobali

7,89

6,77

Tabella 5 Elaborati Cheope - Classificazione del Rischio (R)

Valore di soglia definito per rischio moderato: 3,00Reparto: autoriparazioni varie

Agente Indice di rischio GiudizioBenzo(a)pirene 5,08 NON MODERATOMonossido di carbonio 4,88 NON MODERATO

MansioneMeccanico

indice di Rischio Giudizio5,29 NON MODERATO

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L'ESPOSIZIONE ADAGENTI CHIMICI NEL SETTOREACCONCIATORIPROPOSTA DI UN MODELLODI VALUTAZIONE DEL RISCHIO

di Silvana FortunaConfartigianato Macerata

Il D.Lgs 626/94 pone a capo del datoredi lavoro l'obbligo di determinare preli-minarmente l'eventuale presenza diagenti chimici pericolosi sul luogo dilavoro, di valutare i rischi per la sicurez-za e la salute dei lavoratori derivantidalla presenza di tali agenti e di inserirei risultati di tale processo valutativo neldocumento previsto all'art. 4 del decreto.

In tale contesto si propone un modello divalutazione del rischio chimico per glioperatori del settore "acconciatura",già adottato in saloni di parrucchieria dipiccole dimensioni (3-6 operatori).I dati sperimentali presentati si riferi-scono ad un negozio di 5 addetti.

METODOLOGIACRITERI

Per la valutazione preliminare del rischioda agenti chimici per gli acconciatori,con la collaborazione di persone qualifi-cate ed esperte, "addette ai lavori", sonostati esaminati i seguenti aspetti:

• ciclo di lavorazione e tecniche ad essocorrelate;

• mansioni in essere e personalepreposto allo svolgimento delle attività;

• sostanze e preparati chimici utilizzatielo derivanti dalle attività lavorative.

In una fase successiva di approfondi-mento sono stati focalizzati altri elemen-ti significativi, quali:

• grado di affluenza della clientela;• tipologia delle prestazioni più richieste;• consumi di prodotti cosmetici;

• tipo e durata dell' esposizione;• gruppi di lavoratori ad esposizione

equivalente;• circostanze in cui viene svolto il

lavoro in presenza degli agenti chimici.

La mancata disponibilità delle schede disicurezza dei prodotti cosmetici, la cuiredazione è affidata alla discrezionalitàdel produttore poiché, come è noto, glistessi esulano dal campo di applicazionedella normativa in materia di classifica-zione, imballaggio ed etichettatura deipreparati pericolosi, ha indotto ad esami-nare direttamente i vari formulati presen-ti nel salone, con l'obiettivo di rilevarnela composizione chimica e procedere, almomento della rielaborazione dei dati,allo studio dei singoli ingredienti.

Considerando la vasta gamma di prepa-rati disponibili l'indagine è stata necessa-riamente condotta su un campione diprodotti, rappresentativi delle varie cate-gorie merceologiche riscontrate e di piùlargo impiego nel salone.

Alla raccolta delle informazioni ha fattoseguito un'accurata ispezione del luogodi lavoro finalizzata a documentare ulte-riormente la stessa realtà lavorativa.L'attenzione è stata rivolta, in particola-re, alle caratteristiche del locale nel suocomplesso e delle varie postazioni dilavoro, agli impianti e alle attrezzaturepresenti, alle modalità di svolgimentodelle singole operazioni, alle misure pre-ventive e di protezione in atto e aglieffetti connessi alla loro adozione.In questa fase è stata data ampia impor-tanza alla partecipazione e alla consulta-zione degli addetti per ottenere tutte leindicazioni necessarie ad identificare lenormali attività operative e quelle esegui-te solo occasionalmente: sono stati dun-que definiti gli aspetti che possono costi-tuire, nell'ambito del rischio chimico,cause potenziali di pericolo senza trascu-rare come il comportamento del lavorato-re, abituato allo svolgimento di attività diroutine, possa contribuire, in alcune cir-costanze, a modificare il livello di rischio.

La rielaborazione degli elementi acquisitisi è basata innanzitutto sull'identificazio-ne delle principali sostanze contenute neiformulati, nel tentativo di ricondurne ladenominazione a più noti sistemi dinomenclatura laddove necessario, e, suc-cessivamente, sull'attribuzione delle rela-tive caratteristiche intrinseche di pericolo.Quest'ultimo passaggio è stato realizzatocon il supporto di riferimenti legislativi eattraverso la consultazione di una serie difonti (banche dati, fascicoli tecnici,monografie,..) che hanno permesso nonsolo di risalire alle proprietà pericolosedegli ingredienti più "critici" e a loroeventuali valori limite biologici e/o diesposizione professionale ma anche direperire informazioni sicuramente inte-ressanti per la valutazione finale.

Per ogni tipologia di attività svolta èstato quindi studiato ed evidenziato 1'effetto che può scaturire dall'impiego dideterminati preparati cosmetici; la suc-cessiva correlazione del danno attesocon la politica di sicurezza aziendaleintrapresa (misure di prevenzione, misu-re di protezione individuali elo colletti-ve, informazione, formazione, addestra-mento, procedure di lavoro, ..), tenutoconto anche di dati epidemiologici notiin letteratura, ha condotto alla stima del-l'entità del rischio, espressa secondo gliindici di giudizio previsti dalla vigentenormativa.

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FASI DI LAVORAZIONE

Accoglienzacliente

Modifica colorecapello

capello

-"!'

Lavaggio

Modifica forma

Taglio

Acconciatura

Asciugatura

Congedocliente

Lavori tecnici [Lavori stilistic

LAVAGGIOL' operazione, a seconda del contestolavorativo in cui viene eseguita, puòessere finalizzata semplicemente allapulizia dei capelli e del cuoio capellutooppure alla rimozione dei residui di pro-dotti specifici utilizzati nelle precedentifasi di lavoro.Dopo l'applicazione dello shampoo icapelli possono venire sottoposti a untrattamento districante e nutriente conspecifici prodotti cosmetici sotto formadi balsami, creme e impacchi, che si dif-ferenziano prevalentemente per i diversivalori di viscosità e densità.

LAVORI TECNICIMODIFICA DEL COLORE DEI CAPELLI

La modifica del colore dei capelli puòessere realizzata attraverso tecniche chedifferiscono sia per il processo chimicocoinvolto sia per la durata dell'effettoottenuto, ovvero per la solidità del colo-re al lavaggio.

DecolorazioneConsiste nello schiarire il colore naturaledel capello, che risulta determinato dallaquantità, dal tipo di pigmento in essocontenuto e dalla sua distribuzione. L'o-

perazione, attraverso un processo ossida-tivo, modifica le originarie proporzionidel pigmento melanico inducendo nelcapello decolorato un comportamentodiverso da quello del capello naturaleTintureHanno lo scopo di apportare nuovo colo-re al capello e si distinguono in tempora-nee, semipermanenti, e permanenti.

Tinture temporaneeCausano un cambiamento del colore deicapelli che dura al massimo fino alloshampoo successivo. Non prevedonofenomeni ossidativi dei capelli.

Tinture semipermanentiGeneralmente di tipo ossidativo, sono ingrado di realizzare un cambiamento dicolore dei capelli resistente fino a 4 o 5lavaggi e possono essere eseguite percoprire i primi capelli bianchi (tintura"tono su tono"), per aggiungere vari tonial colore naturale del capello (riflessi"moda"), per eliminare le tonalità gialla-stre dai capelli grigi o bianchi ( tintura"tono-grigio").

Tinture permanentiComportano una modifica permanentedel colore dei capelli e vengono utilizza-te anche per coprire i capelli bianchi. I

prodotti usati a tale scopo richiedono,prima dell'uso, una miscelazione con unagente ossidante in modo da indurre unapreliminare decolorazione del capello.

LAVORI TECNICIMODIFICA DELLA FORMA DEI CAPELLI

Per modificare la forma dei capelli inmodo duraturo si ricorre di norma ad untrattamento chimico noto come perma-nente a freddo che prevede reazioniredox a carico dei gruppi disolfuro dellacistina, amminoacido costituente delcapello, provocate dall'azione di uncomponente ondulante (ad effetto ridu-cente) e dall'azione di un componentefissativo (ad effetto ossidante).In particolare il processo consiste nellariduzione, in ambiente alcalino, delgruppo disolfuro a gruppo mercaptanicoe nel successivo ripristino della funzio-nalità disolfurea per ossidazione, inambiente acido, del gruppo tiolico pre-cedentemente originato.Poiché tutto il processo avviene dopo 1'avvolgimento delle ciocche di capelli subigodini si ottiene una modificazionedella forma dei fusti che risulterannotanto più arricciati quanto più piccolisaranno i bigodini utilizzati.

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LAVORI STILISTICITAGLIO-ASCIUGATURA-ACCONCIATURA

Nell'esecuzione di lavori stilistici, qualipossono essere il taglio, l'asciugatura el'acconciatura, interessa, dal punto divista chimico, l'utilizzo di prodotticosiddetti styling, ovvero di modellanti evolumizzanti e, nella fase ultima dell'ac-conciatura, di lacche fissative.

PRODOTTI COSMETICIFORMULAZIONIL'esame della composizione chimicaqualitativa riportata sulle confezioni deiprodotti cosmetici impiegati nel saloneha evidenziato, a parità di categoria mer-ceologica, la presenza di componenti dibase validi per tutte le formulazioni, cuisi aggiungono, quali elementi diversifi-canti, sostanze e/o principi attivi specifi-ci per il tipo di prestazione svolta.Laddove possibile e con l'ausilio di datidisponibili in letteratura, agli ingredientiriscontrati è stata associata la funzione ol'attività espletata nel formulato: in talmodo si è ottenuto un quadro generale,pur non esaustivo, dei vari componenti ilpreparato cosmetico e delle relative pro-prietà.

Queste informazioni sono illustrate nelletabelle di seguito riportate, che, a titolodi esempio, si riferiscono ai preparaticosmetici più critici dal punto di vistadegli effetti per la salute che possonoscaturire dal loro impiego.

MODIFICA DEL COLORE DEL CAPELLO

TRATTAMENTO TIPO DI COLORANTE OSSIDANTECOLORAZIONE

Tintura semipermanente Ossidativa ■ Color Touch •.• Color Touch[crema] [emulsione]

Tintura permanente Ossidativa ♦ Koleston Perfect :• Colar Touch[crema] [emulsione]

Decolorazione Ossidativa • Blondor Powder Special O Welloxon Perfect[decolorante [crema]senza polvere]

INGREDIENTI PROPRIETÀ 1 FUNZIONI

Acqua Solvente ■♦•. OBase per emulsioni estratta da vegetali: ■♦.

Alcol cetearilico Emolliente - Emulsionante -Stabilizzante -Opacizzante - Additivo _reologico

Etanolammina Alcalinizzatore ■Laurato-3 Emulsionante ■Solfato di laurato di sodio Tensioattivo ■♦Gliceril stearatoSodio lauril solfato ■♦•: OAcido etidronico ( Idrossi-etiliden-difosfonico) Antischiuma OSimethiconeLanolina Idrorepellente - Emolliente - EmulsionanteAmmoniaca Regolatore pHSilicato di sodio Agente tamponeAcido fosforico- Fosfato disodico O'Stearoil lattilato di sodio Agente tampone - Umettante_Solfato di sodioAcido cloridrico _Idrossido di sodio ■♦Acido ascorbico ♦Acido salicilicoAlcol i-propilicoSodio solfito ♦2,5-Diamminotoluene6-Ammino-m-cresolo4-Amminofenolo

Intermedio primario(precursore colorante)

Diamminotolueni ■♦4-Ammino-2-idrossitoluene Copulante ■♦2-MetilresorcinoloResorcina (Resorcinolo)Idrossietil-3,4-metilened iossianilina2-Ammino-6-cloro-4-nítrofenolo ColoranteCI 77007 (Polisolfuro di sodio-allumino silicato)Persolfato di potassioPersolfato di ammonio

Ossidante

Perossido di idrogenoCarbonato acido di magnesio •Disodio EDTA Complessante •Silice (ossido di silicio) Abrasiva - Assorbente - Opacizzante -

Additivo reologicoCellulosa Assorbente - Opacaante -Additivo reologcoCheratina idrolizzata , Condizionante - Filmogena - Umettante ■Stearato di sodioN-Aceti I-p-am m inofenolo OSodio coccoilisetionato OProfumo ♦ •. O

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LMODIFICA DELLA FORMA DEL CAPELLO

TRATTAMENTO SPECIFICITÀ ONDULANTE FISSATIVO

Permanente a freddo per capelli normali • Thiofree Bioperm ■ Thiofree BiopermBiiosync Biosync

per capelli colorati ♦ Perform Hairscan Perform Hairscan

INGREDIENTI PROPRIETÀ 1 FUNZIONI

Acqua Solvente ♦ • :• ■---Tioglicolato di ammonio RiducenteAmmoniaca Regolatore pH ♦ +•Acido fosforico Agente tampone S• ■Bicarbonato di ammonio ♦ •PEG-35 Castor Od (Etossilato di olio di ricino)Sodio Cocoamphoacetate

Emulsionante-Tensioattivo

Laurato-4Dimeticone Condizionante-Tensioattivo ■Poliquaternium-35 Condizionante-FilmogenoStirenelPVP copolimeri Condizionante - Legante - Stabilizzante -

FilmogenoButilenglicolePropilengiicolePEG-40 idrogenato Castor Od

L Umettante-Solvente

Perossido di idrogeno Ossidante •:• IIILanolina Idrorepellente-Emolliente-EmulsionanteCisteammina HCINonossinolo- 15 •Nonossinolo-9 Antimicrobico ■UreaQuaternium-80 Miglioratore pettinabiIitàProfumo , ♦ • :• ■

.id

CONSUMIESPOSIZIONI

Le quantità impiegate sono state dedotte,noto il consumo del prodotto mediamen-te necessario alla singola prestazione,dal grado di affluenza settimanale diclientela e dalla tipologia delle presta-zioni richieste.Il tempo dr esposizione quotidiana, oltrea dipendere dall'affluenza media giorna-liera di clientela e dalla natura dei tratta-menti, ovvero dalla durata "tecnica" diogni singola prestazione, varia in funzio-ne dell'abilità dell'operatore nell'appron-tamento dei preparati cosmetici.L'esposizione agli agenti chimici, consi-derata la natura chimica e lo stato fisicodei prodotti utilizzati, è essenzialmentedi tipo cutaneo e inalatorio.Per il salone sottoposto ad indagine sonostate ricavate le seguenti informazioni:• nell'arco della settimana lavorativa

vengono mediamente accolti nel salo-ne 100 clienti= 20 clientilgioino

• circa il 50% della clientela richiede tratta-menti di modifica del colore dei capelli= 10 prestazionilgiorno

• nel salone si esegue mediamente N. 1trattamento decolorante alla settimana= I prestazione/settimana

• nel salone si eseguono mediamente N.5 permanenti all'anno= 5 prestazioni/anno

dalle quali è stato elaborato il quadro diseguito esposto:

Fase di lavoro Prodotto Prestazioni Consumi Esposizione

giornaliero perprestazione

giornaliero annuo perprestazione

giornaliera tipo

Lavaggio

Modifica Colore

Modifica Forma

Lavori stilistici

ShampooBalsamolCreme/Impacchi

Coloranti direttiColoranti diossidazioneDecoloranti

Ossidanti

OndulantiFissativi

GellBrillantinelPomateLacche spray)non gas

20

20

5

32

5

II

6

5

IO g

8 g

20 g

40 g

20 g

40 g

80 mL100 mL

10g

IO g

200 g

160 g

100 g

120 g

40 g

200 g

80 mL100 mL

60 g

50 g

44 Kg

36 Kg

22 Kg

27 Kg9 Kg

44 Kg

400 mL500 mL

13 Kg

1 1 Kg

5 min

2 min

3 min

10 minIO min

10 min

3 min3 min

10 sec

5 sec

100 min

40 min

15 miri

30 min20 min

50 min

3 min3 min

60 sec

25 sec

C

C

CII

CIICll

CII

CIICII

CII

C = cutanea ! I = inalatoria

47

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VALUTAZIONEDEL RISCHIO

Nello svolgimento delle varie attività gliaddetti sono prevalentemente esposti, acausa del continuo contatto della pellecon preparati cosmetici, al rischio diassorbimento cutaneo delle sostanze chi-miche contenute nei formulati.Questo rischio può variare a seconda delgrado di permeabilità della cute e delcontesto in cui le attività vengono ese-guite. Infatti molto spesso la manipola-zione dei vari prodotti avviene in pre-senza di acqua e a temperature superioria quella ambientale (basti pensare allavaggio della testa) ed è noto che fatto-ri esterni, quali l'umidità, la temperatura,il pH de] prodotto utilizzato, oltre a fat-tori intrinseci, quali la presenza di lesio-ni cutanee e/o di processi infiammatori-irritativi, contribuiscono a danneggiare oimpoverire il mantello idrolipidico e Iostrato corneo della pelle, favorendone,anche per sinergia, l'attraversamento daparte di sostanze estranee.Conseguenza principale è il manifestarsidi fenomeni irritativi e sensibilizzanti(allergici) soprattutto a livello degli artisuperiori, mani e avambracci, che costi-tuiscono le parti del corpo maggiormen-te interessate dal contatto.Sensibilizzazioni della cute possonoessere attribuibili anche al solfato dinichel, che puù venire a formarsi inseguito a cessione del metallo da partedegli usuali strumenti di lavoro nichelati(forbici, pinze per capelli, mollette, ..) inun ambiente acquoso contenente solfatirilasciati dagli stessi prodotti cosmetici.Inoltre, nel caso di utilizzo di guanti inlattice di gomma, non è da escludersil'innesco di reazioni allergiche ad operadelle proteine vegetali contenute nel lat-tice stesso e delle polveri lubrificantipresenti all'interno del guanto.

Dal punto di vista dell'esposizione inala-toria le fasi più critiche sono costituitedal trattamento colorante e decolorante(soprattutto nel caso di utilizzo di pro-dotti ossidanti in polvere), dal trattamen-to permanente (causa l'utilizzo di prodot-ti ammoniacali e tiolici), e dalle opera-zioni di styling (basate sull'impiego, piùo meno massiccio, di prodotti spray).La letteratura in materia evidenzia lapresenza di disturbi a carico delle vieaeree superiori e inferiori quali rinite,tosse stizzosa, tosse con catarro, bron-chite cronica, fenomeni asmatici.Le stesse polveri lubrificanti contenutenei guanti in lattice, contribuendo a vei-colare nell'aria frazioni allergeniche,possono rafforzare il rischio di esposi-zione inalatoria agli agenti chimici.

Relativamente all'attività cancerogenastudi condotti dall'Agenzia Internazio-nale per la Ricerca sul Cancro per valu-tare la pericolosità delle sostanze chimi-che usate da parrucchieri ed estetisti("IARC Monographs Series" vol. 571993) hanno evidenziato la presenza, su49 sostanze prese in esame, di:

4 sostanze appartenenti al gruppo 1(cancerogeno accertato per l'uomo

2 sostanze appartenenti al gruppo 2A(probabile cancerogeno per l'uomo)

13 sostanze appartenenti al gruppo 2B(sospetto cancerogeno per l 'uomo)

29 sostanze appartenenti al gruppo 3(non classificato percancerogenicitei sull'uomo)

1 sostanza non classificata(valutazione sperimentale ritenutainadeguata)

In generale un working group dellaIARC, costituito per la valutazione delrischio di tumore tra gli addetti al com-parto, ha concluso che sussiste un'espo-sizione a probabili cancerogeni, ovveroa sostanze classificate nel Gruppo 2Adella IARC ("probabile cancerogenoper l'uomo, sulla base di evidenza limi-tata nell'uomo ed evidenza sufficientenegli animali da esperimento")

Nel caso esaminato, le correlazionicausa-effetto tra le sostanze contenutenei preparati cosmetici prevalentementeutilizzati nelle varie fasi lavorative e ildanno potenziale che deriva dal loroimpiego hanno dato i seguenti risultati:

LAVAGGIOFenomeni irritativi e sensibilizzanti acarico della cute possono essere causatidalla presenza, nei formulati, dei seguen-ti ingredienti:

• coloranti organici di sintesi(es. CI 19140: Tartrazina)

• solventilumettanti(es. glicole propilenico)

• conservanti(es. alchilesteri dell'acidop-idrossibenzoico)

L'esposizione ad agenti chimici risultaaltrettanto evidente nel lavaggio dellatesta in seguito ai trattamenti di colora-zione e/o di permanente nel qual casol'operatore si espone non soltanto agliingredienti contenuti nei prodotti deter-genti ma anche ai componenti, talvoltaparticolarmente aggressivi, inclusi neipreparati coloranti e ondulanti-fissativi.

MODIFICA DEL COLOREDEL CAPELLOManifestazioni irritative ed allergiche(dermatiti da contatto e orticarie) sonoattribuibili prevalentemente ai seguentipreparati:

• ossidanti(es. ammonio persolfato, perossidodi idrogeno)

• precursori coloranti(es. diamminotolueni, amminofenoli,resorcinoli)

• coloranti organici di sintesi

Per quanto riguarda eventuali effetti acarico delle vie respiratorie tra gli agen-ti chimici più sensibilizzanti presentinelle tinture si riscontrano i persolfati iquali sono capaci di indurre fenomeniasmatici (asma bronchiale).

MODIFICA DELLA FORMADEL CAPELLODermatiti da contatto e orticarie sonoattribuibili prevalentemente al rischio diassorbimento cutaneo delle seguentisostanze:

• ondulanti (riducenti)(acido tioglicolico, suoi sali e/o esteri)

• fissativi (ossidanti)(persolfato di ammonio, perossidodi idrogeno)

Anche in questo caso si segnala la pre-senza di persolfati.

LAVORI STILISTICIResponsabili di disturbi irritativi a cari-co delle vie aeree sono i preparati spray,in grado di peggiorare la sintomatologiadei soggetti con elevata broncoreattività.Tali manifestazioni sono attribuibili pre-valentemente alle sostanze alcolicheriscontrate nei formulati presi in esame:

• solventi(es. etanolo, i-propanolo)

• solventi/umettanti(es. glicole propilenico)

Si vuole evidenziare infine che alcunidegli ingredienti riscontrati nei formula-ti presi in esame, in particolare:

• 2,5-Diamminotoluene• 2,4-Diamminotoluene• Perossido di idrogeno• i-Propanolo• Resorcinolo

risultano contemplati nella monografiaIARC sopra citata e sono appartenenti alGruppo 3 (non classificati per cancero-genicità sull'uomo).

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EVENTO PERICOLOSO DANNO ATTESO

Lavaggio Impiego di shampoo e dopo shampoocontenenti:- coloranti organici di sintesi- solventi organici- conservanti aromatici

Irritazioni da contatto cutaneo, prolungato nelSensibilizzazioni tempo, con sostanze chimiche. I fenomeniAllergie possono interessare prevalentemente gli

arti superiori (mani e avambracci).

Modifica Impiego di strumenti di lavoro nichelatiColore e di ossidanti, decoloranti, tinture

contenenti:- coloranti organici e inorganici di sintesi- perossidi inorganici- diamminotouleni

amminofenoli, resorcinoli

Irritazioni da contatto cutaneo con sostanzeSensibilizzazioni chimiche presenti nei prodotti e negliDermatiti strumenti usati. I fenomeni possonoDermatosi miste interessare soprattutto gli arti superioriOrticaria (mani e avambracci).

irritazioni delle vie respiratorie per inalazione diSensibilizzazioni sostanze chimiche.

Ustioni per contatto con perossidi, alcali e acidi.

Modifica Impiego di lozioni ondulanti, fissativi IrritazioniForma contenenti: Sensibilizzazioni

- acido tioglicolico e derivati (sali-esteri) Dermatiti- perossidi inorganici Dermatosi miste- acidi forti- basi forti Irritazioni

Sensibilizzazioni

da contatto cutaneo con sostanze chimichecontenute nei prodotti. I fenomeni possonointeressare prevalentemente gli artisuperiori (mani e avambracci).

delle vie respiratorie per inalazione disostanze chimiche.

Ustioni da contatto con perossidi, alcali e acidi.

Lavori Impiego di gel, brillantine, pomate, irritazioni delle vie respiratorie, per inalazione distilistici lacche, spray, prodotti no-gas Sensibilizzazioni sostanze chimiche.

contenenti:- alcol- polialcol Incendio dovuto alla presenza di prodotti

infiammabili.

Prendendo successivamente in conside-razione, per ciascuna fase di lavoro inte-ressata dall'impiego e dalla manipola-zione di prodotti cosmetici, tutte lemisure attuate dall'azienda, finalizzate aprevenire l'instaurarsi di situazioni peri-colose e a ridurne la gravità, si è ottenu-to il quadro sopra riportato.

MISURE DI PREVENZIONE ATTUATE

Prodotti chimici• Utilizzo esclusivo di prodotti professionali rispondenti ai requisiti di etichettatura previsti dalle norme vigenti.• Impiego, limitato ad alcuni prodotti coloranti, di preparati già pronti all'uso.• Utilizzo razionale dei prodotti cosmetici, secondo quantità e concentrazioni limitate all'indispensabile.▪ Conservazione dei prodotti cosmetici in luoghi freschi, asciutti e ben aerati, lontano da fonti di calore e

da apparecchi elettrici in funzione.Informazione▪ Controllo delle caratteristiche del prodotto riportate sulle istruzioni contenute nelle confezioni e,

qualora disponibile, nel fascicolo tecnico divulgato dalla casa produttrice.• Controllo delle modalità di utilizzo del preparato cosmetico, come da specifiche istruzioni impartite

dalla casa produttrice.• Informazione degli operatori sui rischi connessi all'impiego dei prodotti cosmetici, sul divieto di

miscelare i preparati con altri prodotti o con prodotti similari appartenenti ad altre case produttrici ocon sostanze diverse non previste nelle specifiche istruzioni, sulle norme igieniche e di sicurezza darispettare, sulle pratiche di intervento in caso di manipolazione non corretta.

Addestramento• Affiancamento dei lavoratori neoassunti da parte di personale esperto e qualificato.Strumenti di lavoro• Impiego privilegiato di strumenti di lavoro esenti da nichel.Aree di lavoro

Predisposizone di area di lavoro adibita al dosaggio e miscelazione dei vari prodotti, sufficientementedistante dalle postazioni di lavaggio e situata in prossimità di superfici finestrate fruibili.

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MISURE DI PROTEZIONE ATTUATE

• Protezione delle mani con applicazione di creme barriera.• Utilizzo di guanti impermeabili di plastica (PE, PVC) monouso.• Utilizzo di guanti in lattice di gomma, monouso.• Cura dell'integrità cutanea delle mani mediante lavaggio accurato dopo l'impiego dei prodotti.

Lavaggio accurato, anche mediante sterilizzazione, degli attrezzi di lavoro venuti a contattocon i prodotti impiegati

LAVAGGIO MODIFICA COLORE MODIFICA FORMAENTITÀ DEL RISCHIO non moderato non moderato non moderato

LAVORI STILISTICInon moderato

La valutazione qualitativa del contributoofferto da ogni singolo elemento al livel-lo potenziale di rischio, orientata dalleconoscenze attuali sulle patologie pro-fessionali descritte in letteratura e dalleconclusioni tratte da gruppi di ricerca, hacondotto alle conclusioni sopra schema-tizzate:

CONCLUSIONIL'immissione sul mercato dei prodotticosmetici è regolamentata da appositalegislazione europea, recepita a livellonazionale, atta a garantire, nell'ambitodella Comunità, le norme che si devonorispettare in merito a composizione, eti-chettatura e imballaggio.La vigente normativa offre un elencoindicativo dei prodotti cosmetici, suddi-visi per categoria, e individua, tra l'altro,le sostanze che non possono essere pre-senti nella loro composizione e lesostanze e i coloranti che possono essereimpiegati solo al di sotto di determinatilimiti di concentrazione e nel rispetto dicondizioni stabilite.

L'esclusione dei preparati cosmetici, allostadio di prodotti finiti destinati all'utiliz-zazione finale, dal campo di applicazionedella normativa in materia di classifica-zione, imballaggio ed etichettatura deipreparati pericolosi e la conseguenteesenzione delle case produttrici dallaredazione della scheda dati di sicurezza,sicuramente non semplifica la definizionedegli effetti che le sostanze contenute neivari formulati possono avere sulla salutedegli esposti e rende meno immediata laconseguente valutazione del rischio.

Collocandosi in tale contesto il modelloproposto vuole suggerire semplicemente

una strategia che consenta di individuaree definire le modalità, gli strumenti e icontenuti caratterizzanti la fase di moni-toraggio esplorativo della realtà lavorati-va offrendo un metodo anche per l'orga-nizzazione, la codificazione e la rielabo-razione dei dati e delle informazioni rac-colte.

In merito al giudizio finale cui si èapprodati (definizione del rischio comenon moderato), nell'attribuzione qualita-tiva del peso ai vari elementi presi inconsiderazione hanno avuto un ruolosignificativo sia i risultati di studi epide-miologici acquisiti da fonti bibliografi-che sia la pericolosità conclamata dialcuni ingredienti normalmente presentiin certi preparati cosmetici, sia le con-clusioni tratte da fonti autorevoli.Lontani dall'aver proposto un modelloche interpreti dati sperimentali quasi conrigore matematico, nella combinazionedei parametri acquisiti non è stato possi-bile rimuovere quel certo margine didiscrezionalità che ogni processo divalutazione comprensibilmente compor-ta e che può costituire un limite all'accu-ratezza delle conclusioni dedotte.

Tuttavia, la stessa componente soggetti-va, per il presupposto legislativo che hacontribuito a creare (garantendo la predi-sposizione e l'attuazione di un piano dicontrollo sanitario preventivo e periodi-co) non ha lasciato che si perdesse divista, in una realtà ancora poco esplora-ta, la tutela della salute e della sicurezzadei lavoratori, obiettivo primario che lavalutazione del rischio deve perseguire.

BIBLIOGRAFIA

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AAVV L'impiego dei cosmetici nel salo-ne: Guida al corretto impiego dei pro-dotti cosmetici nel salone. Castiglionedelle Siviere, Wella Italia Labocos S.p.A.

AAVV Profili di rischio nel compartoacconciatori. ISPESL.www.ispesl.it/profili_di_rischio/_acconciatorilindex.htm

Agenzia europea per la sicurezza e lasalute sul lavoro (29.07.2003 )Facts 39: sostanze sensibilizzanti del-l'apparato respiratorioagency.osha.eu.int/publications/fact-sheet/index_it.htm

Agenzia europea per la sicurezza e lasalute sul lavoro (29.07.2003)Facts 40: sostanze sensibilizzanti dellacute.agency.osha.eu.int/publicationsIfact-sheet/index_it.htm

Calisti R. (26.10.2002) Rapporto breveN° 85: Rischi occupazionali nelle par-rucchierie e criteri per l'attivazione (omeno) di programmi di sorveglianzasanitaria in tale ambito. Civitanova Mar-che, SPreSAL ASL 8

Cristaudo A. (1995) Impresa sicura.Sicurezza e salute nei luoghi di lavoroDecreto Legislativo 626/94. Acconciatu-ra. (13). Bologna, EBER.

Gea-Gruppo di Epidemiologia Ambien-tale IPCS (Programma Internazionaleper la Sicurezza delle Sostanze Chimi-che). Schede ICSC. CD rom

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PATOLOGIE DA CEMENTOPROBLEMI VECCHI E NUOVI

di Roberta StopponiSPreSAL Zona territoriale 8

Civitanova Marche (MC)

È accertato che il cemento é in grado diprovocare patologie cutanee con mecca-nismo di tipo irritativo e con meccani-smo di tipo allergico. I gruppi professio-nali più frequentemente esposti al con-tatto con il cemento sono: muratori,manovali, piastrellisti, operai addetti allaproduzione di manufatti prefabbricati incemento'.Alcune tipologie di cemento, in partico-lare il tipo "Portland" molto diffuso incommercio, determinano dermatiti aller-giche a causa del cromo esavalente (VI)contenuto in esse come "impurità": alivello congetturale, è possibile porre l'i-potesi che, nel cemento, il cromo VI deri-vi da loppe di altoforno e/o altri sottopro-dotti dell'industria siderurgica che ven-gono spesso usati come ingredienti nellaproduzione del cemento medesimo.In questo tipo di cemento, costituito daclinker e gesso (in minima quantità),durante la cottura del clinker, una partedel cromo trivalente (III) in esso conte-nuto, si trasforma in cromo esavalente edè proprio quest'ultimo elemento che,una volta a contatto con la cute, si com-bina con le proteine dell'epidermide tra-sformandosi nuovamente in trivalente efungendo da allergene responsabile dellasensibilizzazione'.

Si descrivono di seguito, sinteticamente,le patologie "da cemento":• DIC (Dermatite Irritativa da Contatto)• DAC (Dermatite Allergica da Contatto).

La DIC (Dermatite Irritativa da Con-tatto) è un'affezione cutanea dovuta allalesione della cute con meccanismo pato-genetico irritativo diretto e nella sede dicontatto da parte dell'agente eziologico:le lesioni sono in genere nettamente deli-mitate e ristrette all'area di contattodiretto con l'agente causale. Gli aspetti

morfologici sono variabili; quelli piùfrequenti sono caratterizzati da eritemarosso-roseo o rosso acceso, con abrasio-ni umide e fissurate o con desquamazio-ni a fini lamelle. Altri aspetti sono instretta dipendenza con il tipo e la duratad'azione dell'agente causale. La DICpuò insorgere ed evolvere rapidamenteoppure persistere nel tempo.

La DAC (Dermatite Allergica da Con-tatto) si sviluppa per un fenomeno di sen-sibilizzazione di tipo ritardato mediato dacellule. I fattori di rischio, apteni, pene-trano nella cute, legandosi a molecolecarrier (proteine cutanee) e, successiva-mente, essere riconosciuti come antigenidalle cellule mononucleate epidermiche edermiche, dando quindi origine alla notacatena di eventi immunologici atti all'e-strinsecazione dell'allergia da contatto(reazione immune cellulo mediata).

Diversi fattori, variamente interferenti,sono rilevanti ai fini patogenetici:1. tipo e struttura dell'agente

sensibilizzante;2. sua concentrazione, quantità e veicolo;3. tempo di esposizione;4. sede ed estensione della superficie di

contatto;5. fattori genetici6. altri fattori individuali cutanei ed

extracutanei (razza, sesso, età,spessore strato corneo, ecc...)

7. fattori che diminuiscono le normalidifese della cute, favorendo lapenetrazione dell'agente sensibilizzante(altre dermatosi)

8. fattori ambientali (influenze stagionali,umidità, ecc...)

La DAC è caratterizzata da manifesta-zioni cutanee che, secondo la fase evolu-tiva, possono essere eritemato-edemato-

se, vescicolari, abrase e gementi liquidosieroso, crostose, desquamative o piùspesso polimorfe.Le lesioni tipiche della DAC sono inizial-mente localizzate nella sede di esposizio-ne agli agenti causali (localizzazioni pri-marie) ma, dopo un'iniziale episodio cli-nico, possono diffondersi in altre regionicutanee (localizzazioni secondarie).Le lesioni obiettive sono, sia in caso diDIC che di DAC, diverse a seconda dellefasi cronologiche di evoluzione.

11 bicromato di potassio, come tutte lesostanze sensibilizzanti, può causaremalattie allergiche in un certo numero dipersone che vi vengono a contatto. Vasottolineato che la frequenza e l'intensitàdella patologia allergiche dipende: dalmaggiore o minore potere sensibilizzan-te dell'allergene; dalla durata e dall'in-tensità dell'esposizione; dalla reattivitàimmunologica dei soggetti esposti. Nederiva che le manifestazioni allergichepossono insorgere, in condizioni di ele-vata reattività immunologica, anche afronte di una esposizione minima del-1' allergene.Per definizione, una dermatite professio-nale è: "qualunque alterazione dellacute, delle mucose o degli annessi cuta-nei, direttamente o indirettamente cau-sata, mantenuta o aggravata da tuttoquanto è impiegato in un'attività lavora-tiva o che esiste nell'ambiente del postolavorativo".Si ricorda che accanto alle dennatiti dinatura professionale esistono una seriedi malattie della pelle di natura extrapro-fessionale. I rischi non professionali diDAC sono costituiti da: accessori metal-lici dell'abbigliamento e bigiotteria,cosmetici, bevande, alimenti, farmaci,piante; in particolare, le allergie dacromo e da nichel possono essere soste-nute anche dall'ingestione di molti ali-menti in cui questi metalli sono presentiin tracce.

La presenza diffusa del cromo, come dialtri agenti allergizzanti, spesso rendeestremamente difficile, se non impossi-bile, evitare completamente il contattocon l'allergene responsabile delle mani-festazioni cutanee. E inoltre ampiamentedocumentato come ripetuti e reiteraticontatti, con le sostanze sensibilizzanti,e dunque il persistere del contatto con lanoxa allergizzante o irritante primitiva-mente in causa, conduca ad un peggiora-mento in senso qualitativo e quantitativodella dermatopatia.I criteri fondamentali per porre diagnosidi dermatosi professionale sono:1. anamnesi lavorativa e test epicutanei

positivi per esposizione a sostanzericonosciute in grado di provocaredermatiti;

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2. evidente rapporto temporale tral'esposizione lavorativa e la comparsadella dermatite;

3. la morfologia e la sede delle lesionidevono essere riconducibili al tipo dilavoro eseguito;

4. la dermatite appare dopo l'esposizionee migliora o scompare dopo il cessaredell'esposizione al contatto(test arresto-ripresa).

Ogni anno nella comunità europea ven-gono registrati centinaia di casi. Fra ipazienti che si rivolgono ai servizi diMedicina del Lavoro, circa la metà sof-fre o ha sofferto di disturbi alla pelle. Lepatologie dermatologiche occupazionalisono varie: da affezioni provocate dabatteri, virus o funghi, alle patologiecutanee da esposizione ad agenti fisicicome le radiazioni ultraviolette, fino adarrivare ai tumori ma nei 90% dei casi sitratta di dermatiti da contatto.In Germania ogni anno vengono ricono-sciute una media di 250 allergie dacromo VI contenuto nel cemento.Da uno studio effettuato su 5000 murato-ri impegnati nella costruzione del tunnelsotto la Manica è emerso che circa lametà di essi aveva problemi dermatologi-ci e di questi la metà era sensibile alcromo VIIn Italia le dermatiti professionali da con-tatto risultano seconde solo alle ipoacusieda rumore come indennizzi temporaneicostituiti dall'INAIL ed al quinto postocome causa di inabilità permanente.

In uno studio effettuato dall'osservatorioper le dermatiti professionali della pro-vincia di Bologna' su operatori apparte-nenti ai settori metalmeccanico, dellasanità, delle pulizie, chimico, edile e adaltri settori produttivi, gli autori hannoproceduto ad una stima del rischio rela-tivo, per una determinata professione, disviluppare allergia ad uno o più aptenieffettuando, per ogni aptene, il confron-to tra la singola professione e l'insiemedi tutte le altre. Tra le varie professioniprese in esame, il rischio relativo di sen-sibilizzazione al bicromato di potassio èrisultato statisticamente significativo peri lavoratori edili (RR 6,18).Nella Regione Marche le malattie cuta-nee definite dall'INAIL, nel triennio2000-02, sono risultate essere 208 e fraqueste 33 (15,90%) sono state causate dacemento e calce.

Il problema delle dermatiti da cemento,come di tutte le dermatopatie in generale,costituisce un problema non solo per lasua frequenza ma anche per le difficoltàdella gestione sanitaria dei singoli casi,per le soventi recidive, per la complessitàterapeutica, per importanti problemi direinserimento al lavoro del soggetto sen-

sibilizzato: spesso un muratore con unaDAC da bicromato di potassio, di fatto,diviene permanentemente non idoneo asvolgere la sua mansione, poiché lamalattia si riaccende non appena il lavo-ratore riprende la sua attività, e soprattut-to per i meno giovani è arduo trovare unacollocazione occupazionale alternativa.Incidenza elevata, lunghi tempi di decor-so clinico, indefinita permanenza dellostato di sensibilizzazione, problemi direinserimento al lavoro rendono indispen-sabile l'attuazione di iter diagnostici adhoc che portino a una corretta diagnosi cli-nico-patogenetica, alla rapida individua-zione dell'agente ovvero degli agenticausa della dermopatia, al giusto ricono-scimento medico legale ed alla identifica-zione di idonee misure di prevenzione.Numerosi sono i testi e gli articoli di let-teratura scientifica che forniscono precisiriferimenti metodologici per la diagnosi,la riabilitazione e la prevenzione. In par-ticolare, quando si individuano le azionidi prevenzione molti Autori sottolineanol'importanza delle misure di protezioneambientali (sistemi di aspirazione, proce-dure di pulizia dei locali ecc...), di prote-zione della cute identificate nel lavaggiodelle mani con detergenti idonei, prote-zione continua della pelle con creme"barriera" (prima e durante il lavoro) ecreme nutrienti-reidratanti (alla fine delturno lavorativo), uso di guanti in grado

di garantire la protezione meccanicasenza però causare essi stessi disidrosielo allergie (allergie da cromati in guantidi pelle conciati al cromo o allergie dalatice in guanti di gomma). Pochi Autorisi soffermano, peraltro, su di una impor-tante misura di prevenzione consistentenella riduzione del contenuto percentualedel cromo VI nel cemento'.A tal fine gli operatori del ComitatoScientifico su Tossicità, Ecotossicità eambiente della commissione Europea(CSTEE) propongono di modificare(ventiseiesima modifica) il paragrafo del-l'allegato I della Direttiva 76/769/CEEcome segue: "Non può essere commer-cializzato o impiegato quale sostanza ocomponente di preparati se contieneoltre lo 0,0002% di cromo VI idrosolubi-le sul peso totale a secco del cemento,per attività manuali, laddove vi sia unrischio di contatto cutaneo'.I Paesi scandinavi, che hanno già un'am-pia esperienza in materia di utilizzazionedi cemento a basso contenuto di cromosolubile, in quanto a partire dagli anni 80hanno limitato l'utilizzazione di cemen-to contenente più di 2 ppm di cromo VI,hanno segnalato un notevole migliora-mento delle condizioni di lavoro: inDanimarca si è assistito, in pochi anni,ad una riduzione dei casi di dermatite dacemento dal 8,9% alI'I,3%Come riportato nella sopracitata propo-sta di direttiva e come sperimentato dallatecnologia, è possibile ridurre la presen-za di cromo VI nel cemento sia utiliz-zando materie prime povere di cromo,sia aggiungendo del solfato ferroso nelclinker per ridurre il cromo VI a 111 nonsolubile. Questa procedura non solo nonpresenta difficoltà tecniche ma non pre-giudica la qualità del cemento anche se èopportuno sottolineare che l'efficacia diquesto procedimento è limitata neltempo in quanto il solfato ferroso non èun prodotto stabile. Inoltre, il Comitatosottolinea l'importanza di aggiungereall'etichettatura del cemento la data diconfezionamento, le condizioni di stoc-caggio ed il periodo di conservazionedurante il quale il contenuto in cromo VIidrosolubile è inferiore allo 0,0002 %del peso totale a secco.

Il Parlamento Europeo ha affermato, inun documento del marzo 2003 x , che le"composizioni" contenenti cromo VIdevono essere considerate, non solo sen-sibilizzanti e allergizzanti, ma anchecancerogene e mutagene.Tale dichiarazione, in caso di dipendentiesposti a tali "composizioni", a prescin-dere dalla presenza di altri fattori dirischio, porterebbe il datore di lavoro adassolvere ad una serie di obblighi previ-sti dalla normativa vigente ed in partico-lare dal D.Lgs 66/00.

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LE ALLERGIE AL LATICEIN PILLOLE

di Roberta StopponiSPreSAL Zona territoriale 8

Civitanova Marche (MC)

Questi ultimi due elementi devonoindurci ad un paio di riflessioni: è possi-bile considerare "sicuro" il valore limitedi una sostanza che può dare gravissimerecidive in soggetti già sensibilizzati? Edallo stesso tempo, possiamo "accettare enormare" la presenza nell'ambiente dilavoro di una sostanza che dovrebbe esse-re considerata cancerogena e mutagena?

In base al vecchio principio che per ilcancro il rischio è da considerarsi nulloquando l'esposizione è zero, sicuramenteno, ma anche rimanendo nel campo dellepiù "banali" patologie cutanee le perples-sità persistono, in considerazione del fattoche molti lavoratori, una volta sensibiliz-zati, sono costretti a cambiare attività,creando, in considerazione della loro etàspesso non più verde, gravi problemati-che di riconversione occupazionale.

ULTIM'ORADecreto del Ministero della salute del 10maggio 2004, peraltro pubblicato soltan-to sulla Gazzetta Ufficiale - serie genera-le n. 198 del 24.08.2004. "Il cemento e ipreparati contenenti cemento non posso-no essere commercializzati o impiegatise contengono, una volta mescolati adacqua, oltre lo 0,0002 % di cromo VIidrosolubile sul peso totale a secco delcemento."

BIBLIOGRAFIA

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COS'È IL LATICE?

Il latice è una sostanza di origine vegeta-le che si ricava dall'albero tropicale dellagomma (Hevea brasiliensis), con cuivengono prodotti una grande quantità dimanufatti di largo utilizzo sia in ambitoprofessionale che extraprofessionale.

La sostanza base (un polimero dell'iso-prene) non comporta di per sé alcun pro-blema di salute ma essa è naturalmentericca di proteine (in misura di uno o piùpunti percentuali), di struttura che puòmodificarsi durante le lavorazioni acaldo, che sono responsabili delle rea-zioni allergiche del cosiddetto tipoimmediato. Una delle frazioni antigeni-che più rilevanti in base alla frequenza disensibilizzazione riscontrata in vivo èrappresentata dal rubber elongation fac-tor (REF) denominato Hev b I (14). IlREF ha un ruolo importante nella bio-sintesi delle catene di poliisoprene efunge da carrier per aggiungere nuoveunità di cis-isoprene alle molecole dellagomma. Altre importanti frazioni protei-che dotata di capacità antigenica sonorappresentate dalla proheveina (15), edall'heveina, denominata Hev b 6.02,una proteina di piccole dimensioni riccadi cisteina e glicina.Le reazioni ritardate sono invece provo-cate da altri allergeni che possono for-marsi o essere aggiunti (ad esempio,come acceleranti di polimerizzazione,antiossidanti, vulcanizzanti rappresentatisoprattutto da tiurami, carbammati, mer-captani, tioureee) durante i procedimentidi lavorazione industriale del materiale.

QUALI SONO LE PATOLOGIECORRELATE?

L'esposizione agli allergeni del latice digomma può avvenire sia per diretto con-tatto cutaneo, sia tramite particolati rila-sciati dai manufatti che possono rag-giungere sia le mucose congiuntivali edel naso, sia (qualora sufficientementefini) le vie respiratorie profonde.I soggetti sensibilizzati possono andareincontro alle così dette reazioni allergi-che di tipo I (IgE mediate) quali ortica-ria, dermatite, rinite, oculorinite, asmabronchiale, angioedema ed anche, se purraramente, a shock anafilattico ed a rea-zioni ritardate di tipo IV che spesso siesprimono con comparsa di dermatiti dacontatto.

DOVE RITROVIAMO IL LATICE?

L'impiego dei manufatti in latice digomma è fortemente associato allanostra cultura in quanto il materialeviene sfruttato per le sue caratteristichedi isolante elettrico, impermeabilità, altaimpenetrabilità agli agenti biologici,atossicità, resistenza e duttibilità. Inambito sanitario l'uso di tali manufatti èmassiccio: fra i più usati si possono elen-care guanti, cateteri vescicali, maschereanestesiologiche, tubi endotracheali,cateteri per clisteri, cannule per usointravenoso e molti altri oggetti sia peruso medico che odontoiatrico.Anche la nostra vita quotidiana, al difuori del lavoro, ci vede costantemente acontatto con manufatti contenenti laticenaturale: fra gli oggetti più frequente-

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mente utilizzati si ritrovano articoli perl'infanzia (giocattoli, tettarelle, succhiot-ti, palloncini), equipaggiamenti sportivi(pinne, maschere subacquee, palloni),indumenti (bande elastiche, scarpe digomma), arredi e manufatti di uso dome-stico (guanti per le pulizie, borse dell'ac-qua calda, gomme per cancellare) ecc...Sono state descritte inoltre reazioni cro-ciate (per reazione crociata si intende lareazione di un anticorpo con una sostan-za che non è stata la causa della sua for-mazione) con allergeni del latice dopo ilconsumo di alimenti (quali ad es. ana-nas, avocado, banane, castagne, fichi,melone, papaia, pomodori) e in seguito acontatto cutaneo e/o inalazione disostanze vegetali della pianta ornamen-tale Ficus benjamina.

DOVÈ IL PROBLEMA?

Accanto al crescente utilizzo dei manu-fatti in latice di gomma si è assistito adun crescente aumento dell'allergia allatice. La diffusione delle allergia al lati-ce di gomma ha assunto particolare rile-vanza in campo sanitario, dove da unadecina d'anni rappresenta una realtàsempre più attuale, significativa e diffu-sa, salvo che negli anni più recenti in cuisembra essersi avviata una diminuzionedei nuovi casi verosimilmente connessada un lato all'adozione di manufatti inlatice di miglior qualità generale e, spe-cificamente, a più basso rilascio di parti-colato, e dall'altro alla sostituzione deiguanti in latice con analoghi in PVC.

QUALI SONOI SOGGETTIA RISCHIO

Sono da considerare soggetti ad elevatorischio di sensibilizzazione:• i lavoratori della sanità, in particolareil personale infermieristico impiegatonei reparti di degenza, in terapia intensi-va, ambulatori, dialisi e personale deiblocchi operatori;• gli addetti dell'industria della gommae dei settori industriali che utilizzanolatice naturale;• i bambini affetti da spina bifida o daanomalie urogenitali (prevalenza di sen-sibilizzazione ad antigeni del latice finoa oltre il 50%) e in cui sono frequenti lereazioni anafilattiche in corso di inter-venti chirurgici o di contatto con manu-fatti in latice;• in generale tutti i soggetti che riferi-scano reazioni avverse al contatto conoggetti in latice, sia in ambiente lavora-tivo che extralavorativo.Nel campo sanitario la problematicarisulta dunque legata sia agli operatoriche ai pazienti, spesso pediatrici, che

necessitano di eseguire uno o più inter-venti chirurgici.

FATTORI PREDISPONENTI

L'atopia, la dermatite atopica e l'eczemada contatto così come una concomitantesensibilizzazione e sintomi di allergia adalcuni allergeni alimentari, sembranoessere fattori predisponenti: non è statoancora chiarito se l'allergia alimentarepreceda o sia una conseguenza della sen-sibilizzazione a latice.E stato dimostrato un chiaro rapporto trail numero di interventi chirurgici subitidai bambini con malformazioni congeni-te e l'insorgenza della sensibilizzazione.

COME SI FA LA DIAGNOSI

La diagnosi di ipersensibilità al latice sibasa sul rilievo anamnestico della corre-lazione tra manifestazioni cliniche edesposizione professionale o extraprofes-sionale a manufatti in latice (non dimen-ticando che la sensibilizzazione al laticepuò essere responsabile di reazioni incorso di accertamenti diagnostici o inter-venti chirurgici interpretati molto spessoin modo errato come allergia o intolle-ranza a farmaci): il sospetto diagnosticopuò essere avvalorato dalla risposta

positiva a poche e semplici domande cheindagano l'eventuale appartenenza agruppi a rischio di sensibilizzazione e lapresenza di sintomatologia compatibilecon l'allergia al latice.La diagnosi è poi confermata tramite testcutanei o attraverso la ricerca di IgEseriche specifiche.I prick test possono essere eseguiti conallergeni commerciali oppure con estrat-ti estemporanei da guanti di latice o contecnica prick by prick. Sono disponibilireattivi commerciali anche per la ricercadi IgE specifiche nel siero con metodi-che ELISA o RAST, ma pur essendo laloro sensibilità inferiore rispetto a quelladei test cutanei, presentano il vantaggiodi poter documentare la sensibilizzazio-ne senza alcun rischio per il paziente constoria di reazioni sistemiche gravi.

QUALE È L'ENTITÀ DEL PROBLEMA?

La FDA (Food and Drug Administra-tion) ha riportato, nel periodo compresotra il 1.10.88 ed il 30.09.92, 1118 casi diallergia al latice, di cui 15 mortali.La prevalenza di sensibilizzazione al lati-ce sia nella popolazione infantile, sia nellaadulta si colloca fra lo 0,1 ed il 6,4%.Categorie a rischio dì allergia al laticesono i bambini affetti da spina bifida oda anomalie maggiori del tratto urinario

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(18-72% di sensibilizzati, 8-30 % di sin-tomatici), i soggetti plurioperati (12-54% di sensibilizzati, 5-6% di sintomati-ci), i soggetti atopici (3-20% di sensibi-lizzati, 1,5 % di sintomatici), e fra lecategorie professionalmente esposte, ilpersonale sanitario (2,8-12% di sensibi-lizzati) ed i lavoratori dell'industria dellagomma (9-11% di sensibilizzati).Si sottolinea che la concentrazione diproteine e di antigeni del latice nei guan-ti (materiale in assoluto principalmenteresponsabile della sensibilizzazione allatice) varia in misura notevole a secon-da della ditta produttrice, del tipo diguanto e anche tra guanti appartenenti adifferenti lotti della stessa ditta produttri-ce e comunque nella maggior parte deicasi è stato dimostrato che i guanti lubri-ficati con polvere hanno un più elevatocontenuto antigenico rispetto a quelliprivi di polvere.

COSA FARE?

Il numero elevato dei diversi allergenidel latice rende difficile la produzione diun estratto per una affidabile ed efficaceimmunoterapia. A fronte della diffusionee della possibile gravità delle reazioniallergiche a latice, l'unica arma a nostradisposizione rimane la prevenzione. L'o-biettivo è duplice: limitare la sensibiliz-

zazione dei soggetti a rischio (sia popola-zione generale che professionale) ed evi-tare lo scatenamento della sintomatolo-gia nei soggetti già sensibilizzati.

RACCOMANDAZIONI GENERALI

E doveroso ridurre, nella misura del pos-sibile, il contatto cutaneo diretto con illatice e/o l'inalazione di particelle conte-nenti latice: la realizzazione di percorsisicuri in ambiente sanitario rappresentauno dei possibili espedienti.A tal proposito alcuni Ospedali hannocreato percorsi e locali sanitari, del tuttoo quasi, esenti da latice attraverso un per-corso che, generalizzando, si può cosìriassumere:

• creazione di un gruppo di lavorointerspecialistico;• effettuazione di un censimento dellestrumentazioni e dei manufatti di laticein uso e di quelli sostituibili con altrimateriali;• etichettatura e compilazione di listedei presidi in latice;• identificazione delle mansioni in cui iguanti in latice sono necessari ed in que-sto caso obbligo di utilizzare soltantoguanti ad elevata biocompatibilità (bassocontenuto di proteine residue e di polve-re lubrificante);

• organizzazione di corsi periodici diinformazione/formazione del personale;• applicazione di linee guida nei con-fronti dei pazienti che devono accederealle strutture sanitarie per prestazioniche comportano il contatto con il laticecon distinzione delle precauzioni daadottare in caso di servizi programmabi-li e in caso di quelli d'urgenza;• applicazione di indicazioni praticheper la gestione intraospedaliera delpaziente allergico a latice;

CRITERI PER LA PREVENZIONENEGLI OPERATORI

Tali criteri sono stati oggetto di diversidocumenti di altrettanti gruppi di lavoroscientifici. In questo contesto si puòsemplificare raccomandando di:

• identificare le mansioni in cui iguanti in latice sono strettamente neces-sari ed in questo caso imporre l'utilizzodei soli guanti ad elevata biocompatibilità• sottoporre i lavoratori a sorveglian-za sanitaria con l'obiettivo di identifica-re i soggetti predisposti (in fase di visitapreventiva) e di individuare avvenutesensibilizzazioni in fasi precliniche e/odefinire diagnosi precoci (in fase di visi-ta periodica)• formulare, laddove venga diagnosti-cata una patologia da latice, un giudiziodi idoneità specifico ed adottare provve-dimenti preventivi che evitino successi-ve riesposizioni e recidive.

BIBLIOGRAFIA

• K Turjanmaa, H Alenius, S makinen-Kiljunen, T Reunala, T. Palosuo "naturalrubber latex allergy" Allergy 1996; 51:593-602.

• L. Alessio, A. Baruffini, G. Biscaldi,A.M. Cirla, G. Cortona, M. Crippa, G.Franco, G. Marcer, g. Moscato, F.Toffolletto "Patologie allergiche e irri-tative da guanti in ambiente sanitario.Loro prevenzione" Giorn It AllergolImmunol Clin 1997; 7: 99-104.• P. Previdi, P. Maraccini "Allergia alleproteine del lattice e percorsi di preven-zione" Med Lav 2001; 92, 2: 108-119.• Brugnami G., Marabini A., PolticchiaM.S., Stopponi R., Stirano E., SiracusaA. "Cutaneus and respiratory symptomsin hospital workers using latex gloves:an epidemiological study" (abstract).Allergy 55 (supplement 63), 68, 2000.

• G. Moscato "Linee guida per la pre-venzione delle reazioni allergiche a laticenei pazienti e negli operatori sanitari " GItal med Lav Erg 2001; 23:4, 442-447.• P.Previdi, P.Maraccini "Allergia alleproteine del lattice e percorsi di preven-zione" Med Lav 2001; 92, 2:108-119.

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UN ESEMPIO DI COMUNICAZIONE E MARKETING SOCIALE

OPIFICI MUNDIE LA FILANDA DI BOFFALORAIL CONTRIBUTO DI UN' ASSOCIAZIONECULTURALE MARCHIGIANA PER LA SICUREZZAE LA SALUTE SUL LAVORO

di Claudio Sagrettie Andrea Sbrancia

soci fondatori Opifici Mundi

Elenco delle iniziative che si terrannonel corso dell'anno 2005

Mostra ex-votoRicerca iconografica e storica sugliinfortuni lavorativi fra arte e devozionePalazzo Ricci Macerata(operazione di restauro conservativo)

Esposizione di archeologia industrialemacchine e manufatti come sculturein collaborazione con la città di TerniVie e piazze di Macerata e Civitanova Marche

Mostra fotograficaI primi insediamenti industrialiin Provincia di MacerataIO gigantografie dal fondo BalelliMacerata - Civitanova

"Meglio morti che disoccupati" è unafrase tratta dal film "Il posto dell' anima"di Riccardo Milani che sintetizza dram-maticamente il pensiero di generazionidi operai e tecnici che per bisogno hannoaccettato e ancora oggi accettano i rischidi un lavoro che può anche uccidere.Secondo le stime dell' OrganizzazioneInternazionale del Lavoro (OIL) ogni annonel mondo più di due milioni di persone, inmedia seimila ogni giorno, muoiono acausa di infortuni o malattie connesse allavoro. L'OIL, nel rapporto annuale 2004,ha sottolineato il pericolo rappresentato daidanni causati dalle sostanze tossiche, cheprovocano quasi cinquecentomila mortiogni anno in tutto il mondo.La prossima approvazione da parte delParlamento Europeo del provvedimentoche regolamenterà l'uso delle sostanzechimiche e il sistema REACH che verràdi conseguenza adottato, potrà essereutile a condizione che tale strumento siaadeguatamente noto e partecipato.Promuovere una forte cultura della sicu-rezza, basata sulla prevenzione, costitui-sce certamente il metodo più efficace perridurre il numero degli infortuni e dellemalattie legate al lavoro: questa è la con-clusione ormai universalmente condivi-sa da governi ed istituzioni.La sensibilizzazione e la crescita cultu-rale degli attori principali, imprenditori edirigenti, è basilare per lo sviluppo tec-nologico delle nostre aziende. Sviluppotecnologico inteso come possibilità diutilizzare nuovi prodotti e nuovi metodi,quali strumenti concreti per la riduzionedei rischi lavorativi.Tra questi, sicuramente, la gestione delrischio chimico è quella che più devepreoccupare poiché tali agenti, come ènoto, possono non vedersi ne sentirsi.E quindi nel patrimonio dei valori dellepersone che si deve insediare la cultura

della sicurezza e della prevenzione. Nonsolo regole da rispettare, non solo obbli-ghi da adempiere ma piena consapevo-lezza che lavorare in sicurezza, oltre atutelare la vita umana, aumenta la ricchezza di un paese, ne taglia parte deicosti sociali ed è motore per una sanacompetitività economica.Da queste considerazioni, un gruppo dioperatori del Servizio Sanitario Nazio-nale ha pensato di costituirsi nell' asso-ciazione no-profit "Opifici Mundi" persocializzare le tematiche della salute edella sicurezza dei lavoratori. Medianteun approccio innovativo, definito di par-tecipazione civile, si sta tentando unesperimento di "legge coinvolta" dove icontenuti della stessa (D.Lgs 626, D.Lgs25, ecc.) non possono essere indifferentio estranei anche alla coscienza politica.E una precisa volontà dei soci di OpificiMundi comunicare valori, mediante lapromozione di stimoli culturali in cui leprofessionalità specifiche e diverse posso-no concorrere allo stesso obiettivo. Con-vinta che le campagne di pubbliche rela-zioni possono rivelarsi strumenti efficaciper influi re sul modo di pensare e di agiredelle persone anche nel campo della sicu-rezza e della salute sul lavoro, l'associa-zione Opifici Mundi di Macerata sta orga-nizzando per il primo semestre del prossi-mo anno una serie di manifestazioni cul-turali e scientifiche di forte impatto, con-centrate in uno spazio temporale ristrettoche ne accrescerà visibilità ed efficacia.All'iniziativa è stato dato il nome dellaprima rappresentazione di un opificio ita-liano: "La filanda di Boffalora", quadrodipinto dal pittore piemontese GiovanniMigliara su commissione dell'industrialeEnrico Mylius, che voleva documentareun macchinario per la lavorazione dellaseta, progettato e realizzato da suo figlionell'anno 1827.

Spettacolo teatrale di Marco PaoliniParlamento chimico, storie di plasticaSferisterio Macerata

Concerto del Coro Città di TolentinoCanti dei lavoratori della tradizionecontadina e marinaraTeatro Lauro Rossi MacerataTeatro Annibalcaro Civitanova

Concerto del Gruppo operaio E. Zezidi Pomigliano D'ArcoTeatro Lauro Rossi Macerata

ConvegnoPrevenzione e sicurezza:costi, benefici e obblighi normativiUniversità Politecnica di AnconaFacoltà di EconomiaFondazione Giustiniani Bandini Tolentino

ConvegnoArcheologia industrialeUniversità di SienaUniversità di MacerataFondazione Giustiniani Bandini Tolentino

Rassegna cinematograficaIl cinema americano e il mondo del lavoroCinema Italia Macerata

Giornata di studioIl caso MargheraFondazione Giustiniani Bandini Tolentino

Recital teatrale di Ascanio CelestiniFabbricaTeatro Lauro Rossi Macerata

Ulteriori e più precise notizie potranno esserereperite collegandosi al sito www.opificimundi.ito scrivendo alla casella di posta [email protected]

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GAZZETTA UFFICIALE N.70 DEL 24 MARZO 2004MINISTERO DELLA SALUTECIRCOLARE 7 GENNAIO 2004Indicazioni esplicative per l'applicazione del decretolegislativo del 14 marzo 2003, n. 65, di recepimentodella direttiva 19991451CE del Parlamento europeo edel Consiglio del 3 I maggio 1999 e della direttiva20011601CE della Commissione del 7 agosto 2001,concernente la classificazione, imballaggio ed eti-chettatura dei preparati pericolosi.

Ai Presidenti delle giunte regionaliAi Presidenti delle province di

Trento e di Bolzano

e, per conoscenzaAlla Presidenza del Consiglio

dei MinistriAl Ministero dell'interno

Al Ministero per le attività produttiveAl Ministero per le politiche

agricole e forestaliAl Ministero del lavoro e delle

politiche socialiAl Ministero dell'ambiente e della

tutela del territorioAi prefetti della Repubblica

Ai presidenti delle amministrazioniprovinciali

Agli assessori regionali alla sanitàAgli assessori provinciali alla sanità

Al Comando centrale carabinieri NASAll'Istituto superiore per la prevenzione

e la sicurezza sul lavoroAll'Istituto superiore di sanità

Con il decreto legislativo 14 marzo2003, n. 65 (decreto legislativo n.6512003) (supplemento ordinario n. 61/Lalla Gazzetta Ufficiale n. 87 del 14 apri-le 2003) viene data attuazione alla diret-tiva n. 1999/45/CE del Parlamento euro-peo e del Consiglio del 31 maggio 1999e alla direttiva 2001 /60/CE della Com-missione del 7 agosto 2001 concernenteil riavvicinamento delle disposizionilegislative, regolamentari ed ammini-strative degli Stati membri relative allaclassificazione, imballaggio ed etichetta-tura dei preparati pericolosi.La direttiva 19991451CE apporta unaserie di modifiche alla disciplina di base(direttiva 88I3791CEE del Consiglio del7 giugno 1988) originariamente recepitanell'ordinamento italiano con decreto

ministeriale 28 gennaio 1992, sostituitosuccessivamente dal decreto legislativo16luglio 1998, n. 285.

Pertanto il decreto legislativo n. 6512003rappresenta la nuova normativa quadroin materia di classificazione, imballag-gio ed etichettatura dei preparati perico-losi.

Nel dare attuazione alla direttiva in que-stione, anziché riferirsi solo ai numerosiarticoli modificati rispetto alla preceden-te normativa, si è preferito riscrivere inmaniera completa il decreto legislativo,abrogando quello del 16 luglio 1998, n.285, per facilitare, a livello operativo emediante un testo consolidato, l'attivitàtanto di coloro cui il decreto medesimo èdiretto, quanto di coloro cui è deputatala valutazione della corretta applicazio-ne dello stesso.Il decreto in oggetto fornisce i criteri perla valutazione di pericolosità dei prepa-rati, indipendentemente dalla loro desti-nazione d'uso, e completa l'azione intra-presa, in stretto collegamento con leanaloghe direttive dell'U.E., per regola-mentare la complessa problematica dellaclassificazione, imballaggio ed etichet-tatura dei preparati pericolosi.E da sottolineare che vengono ulterior-mente specificati adempimenti chehanno lo scopo di assicurare una migliortutela delle persone che entrano in con-tatto con i preparati pericolosi, sia permotivi professionali sia per l'utilizzazio-ne personale.

La complessità degli adempimenti pre-visti, abbinata alla novità degli stessi peralcuni settori produttivi, comportano peri destinatari della norma un notevolesforzo organizzativo.Considerando i tempi richiesti a livello

operativo per dare una compiuta attua-zione alla norma si renderà necessarioche gli organismi di controllo, soprattut-to nella fase iniziale di applicazione deldecreto in oggetto, esercitino ancheun'azione di supporto consultivo neiconfronti dei soggetti alla norma, al finedi realizzare una corretta e completaapplicazione della stessa, agendo instretto collegamento con questo Ministe-ro e con l'Istituto superiore di sanità chesono, come sempre, a disposizione perfornire il necessario ausilio sotto il pro-filo sia interpretativo che attuativo.

Si evidenzia, inoltre, l'esigenza diinstaurare un continuo e proficuo scam-bio di informazioni tra le varie regioni alfine di consentire l'individuazione disituazioni anomale specie in quei casi incui il responsabile dell'immissione incommercio di preparati pericolosi risie-da in una regione diversa rispetto all'im-missione stessa. Si ricorda a tale propo-sito che questo Ministero aveva già ema-nato la circolare del 12 settembre 2000,n. 13, con la quale venivano date indica-zioni specifiche sulle attività di vigilan-za sul territorio nazionale anche alloscopo di assicurare un'applicazioneannonizzata dell'attività di vigilanza.

Fra le variazioni significative rispetto aldecreto legislativo n. 28511998, si evi-denziano le seguenti:• viene introdotta per la prima volta,anche per i preparati, la categoria dipericoloso per l'ambiente;• viene prevista, su richiesta, una sche-da informativa in materia di sicurezza(SDS) anche per i preparati non classifi-cati pericolosi, non destinati al pubblico,contenenti almeno una sostanza pericolo-sa per la salute o per l'ambiente in con-centrazione superiore o uguale all' 1 %,oppure per la quale è previsto un limitedi esposizione comunitario negli ambien-ti di lavoro;• viene sancito l'obbligo di indicarenell'etichettatura di taluni preparati nonclassificati come sensibilizzanti, il nomechimico della o delle sostanze classifica-te ufficialmente o provvisoriamente sen-sibilizzanti contenute in concentrazionealmeno dello 0,1%;• viene stabilito il principio che il siste-ma di calcolo prevale sul test sperimen-tale;• per i preparati liquidi con punto d'in-fiammabilità maggiore di 55°C e conte-nenti idrocarburi alogenati e sostanzeinfiammabili o facilmente infiammabiliin concentrazione superiore al 5%, saràobbligatorio indicare in etichettatura cheil preparato può diventare facilmenteinfiammabile o infiammabile durantel'uso;• viene sancito inoltre l'obbligo di indi-

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care in etichettatura la frase R67, ("l'ina-lazione dei vapori può provocare sonno-lenza e vertigini"), se la sostanza o lesostanze con frase R67 siano presentinella concentrazione di almeno il 15%, ameno che il preparato sia contenuto inconfezioni ridotte o sia già classificato,per la tossicità acuta, pericoloso per viainalatoria;vengono inseriti, per la prima volta, nelcampo di applicazione della disciplina inmateria di classificazione, imballaggioed etichettatura dei preparati pericolosi iprodotti fitosanitari, fatte salve le dispo-sizioni del decreto legislativo n.19411995, e successive modificazioni,nonchè i prodotti biocidi, fatte salve ledisposizioni del decreto legislativo n.17412000, e successive modificazioni;• viene resa obbligatoria l'apposizionein etichetta, per i cementi o i preparati dicemento non classificati sensibilizzanti,ma contenenti più di 2 ppm di cromo(VI) di una avvertenza riguardante lapossibilità che si produca una reazioneallergica;• vengono definite, per la prima volta,le modalità di attuazione della vendita adistanza;• vengono sancite regole per mantene-re, in taluni casi, riservata la composi-zione di un preparato pericoloso infor-mando della completa composizionesolo le autorità preposte al controllo e icentri antiveleni.

CAMPO DI APPLICAZIONE (ART. I)

Non sono più esclusi dal campo di appli-cazione gli esplosivi e i prodotti pirotec-nici in quanto, fatte salve le norme spe-cifiche applicabili a tali prodotti eriguardanti la sicurezza e la pericolositàdi impiego, si pone risalto al problemadei possibili pericoli legati all'esposizio-ne essenzialmente professionale allesostanze tal quali e ai prodotti di decom-posizione.

A decorrere dal 30 luglio 2004 i prepara-ti disciplinati dai decreti legislativi 17marzo 1995, n. 194 (prodotti fitosanitari)e 25 febbraio 2000, n. 174 (biocidi),entreranno a pieno titolo nell'ambito dicompetenza della presente normativa perquanto concerne la classificazione, l'im-ballaggio, l'etichettatura e le SDS.In relazione ai preparati attualmente sot-toposti alla disciplina del decreto delPresidente della Repubblica n.392/1998, in materia di presidi medico-chirurgici, considerato che tali preparatirientrano nelle categorie dei biocidi dicui all'allegato IV del decreto legislativon. 17412000, e che il comma 4 dell'art.20 del decreto legislativo n. 6512003,prevede che per i preparati che rientrano

nell'ambito di applicazione del decretolegislativo n. 17412000, le disposizionida esso previste entrano in vigore il 30luglio 2004, la disposizione di cui ilcomma 4 dell'art. 20 del decreto legisla-tivo n. 6512003, può intendersi estesa aisuddetti preparati.

Analoghe considerazioni valgono pertutti gli altri preparati che rientrano tra lecategorie di biocidi di cui all'allegato 4del decreto legislativo n. 17412000, e chesono previsti dall'art. 1, comma 1 deldecreto legislativo n. 6512003.

Restano esclusi dal campo d'applicazio-ne i seguenti preparati, allo stadio di pro-dotto finito e destinato all'utilizzatorefinale: i medicinali per uso umano eveterinario, i prodotti cosmetici, i rifiuti,i prodotti alimentari, i mangimi, i prepa-rati radioattivi, i dispositivi medici inva-sivi o utilizzati a contatto diretto con ilcorpo umano.

Il presente decreto non si applica ai pre-parati durante il trasporto per ferrovia, sustrada, per via fluviale, marittima edaerea e durante il transito soggetto a con-trollo doganale esclusivamente se i pre-parati sono allo stadio di utilizzazionefinale.

DEFINIZIONI (ART. 2)

Il decreto legislativo n. 65/2003 defini-sce per immissione sul mercato la messaa disposizione di terzi ed anche l'impor-tazione nel territorio doganale dell'Unio-ne europea dei preparati chimici rien-tranti nel campo d'applicazione definitoall'art. 1 dello stesso decreto legislativon. 6512003.Ai sensi del decreto legislativo n.6512003, il responsabile dell'immissionesul mercato dei preparati chimici(RIMPP) stabilito all'interno dell'Unioneeuropea può configurarsi all'interno diogni singolo Stato membro ed ovvia-mente dello Stato italiano come il fab-bricante, ovvero l'importatore, ovvero ildistributore. La figura del produttoreriportata nella presente normativa è daconsiderarsi sinonimo di responsabiledell'immissione sul mercato dellesostanze e dei preparati pericolosi.Per fabbricante si intende la persona fisi-ca o giuridica o soggetto pubblico cheabbia la responsabilità legale diretta oottenuta con delega legale relativaall'immissione sul mercato dei preparati(ad es. presidente del consiglio d'ammi-nistrazione, amministratore delegato,direttore dell'impresa, ovvero dello sta-bilimento, ovvero dell'unità produttiva,ecc. ...) e che nel concreto fabbrica equindi produce i preparati intesi come lemiscele o soluzioni costituite da due opiù sostanze come definite agli articoli 2,commi 1, lettera a), decreti legislativi n.5211997 e n. 6512003 e successiviaggiornamenti.

Il fabbricante è pertanto colui cheimmette sul mercato i preparati chimici:

• direttamente all'utilizzatoreprofessionale;

• direttamente al privato cittadino;

• tramite terzi e cioè tramite:• agente di zona dipendente;• agente di zona non dipendente;• commerciante o rivenditore ali'ingrosso (ad es. deposito specializzatocon o senza esclusività, ecc.);• commerciante o rivenditore al dettaglio(ad es. ferramenta, cooperativa di piccola,media e grande distribuzione, negozispecializzati e non, ecc).

Per importatore si intende la personafisica o giuridica o soggetto pubblicoche abbia la responsabilità legale direttao ottenuta con delega legale relativaall'immissione sul mercato di preparati(ad es. Presidente del consiglio d'ammi-nistrazione, amministratore delegato,direttore del deposito, ovvero dello sta-bilimento, ovvero dell'unità produttiva,

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ecc....) che provengono da fabbricanticon sede legale non situata in Stati mem-bri dell'Unione europea ovvero Statiextra-comunitari.

Per distributore si intende la personafisica o giuridica che abbia la responsa-bilità legale diretta o ottenuta con delegalegale relativa all'immissione sul merca-to di preparati (ad es. presidente del con-siglio d'amministrazione, amministrato-re delegato, direttore del deposito, ovve-ro dello stabilimento, ovvero dell'unitàproduttiva, ecc.), in quanto rappresen-tante all'interno dello Stato italiano delfabbricante o dell'importatore aventisede legale situata all'interno dell'Unioneeuropea.

Con il decreto legislativo n. 6512003 èstato inoltre inserito un altro soggettoresponsabile dell'immissione sul merca-to dei preparati che ha unicamenteresponsabilità nell'ambito della cosiddet-ta vendita a distanza effettuata ai sensidel decreto legislativo 22 maggio 1999,n. 185.Su tale aspetto è stato sancito il principioche le informazioni sulla pericolosità delprodotto debbano essere fornite anchenell'operazione di cosiddetta vendita adistanza che si realizza attraverso siste-mi quali commercio elettronico viainternet o similari. In questi casi si stabi-lisce che la pubblicità di un preparatoche rientra nell'ambito del decreto legi-slativo n. 6512003, deve contenere unamenzione dei pericoli indicati nell'eti-chettatura.

DETERMINAZIONE DELLEPROPRIETÀ PERICOLOSE, LOROCLASSIFICAZIONEED ETICHETTATUR. (ART. 3)

Per i preparati rientranti nel campo d'ap-plicazione del decreto legislativo n.6512003, i cui componenti pericolosisiano presenti anche solo come impurez-ze o additivi, questi sono presi in consi-derazione qualora la loro concentrazionesia almeno uguale a quella definita nellatabella di cui all'allegato IX sia ai finidelle procedure di calcolo per la valuta-zione dei pericoli per la salute e l'am-biente con il metodo convenzionale, siaai fini della compilazione del punto 2delle SDS.

VALUTAZIONE DEI PERICOLIDERIVANTI DALLE PROPRIETÀCHIMICO-FISICHE (ART.4)

Per quanto riguarda le proprietà fisico-chimiche viene ribadito il principio chela classificazione di base sul risultato

della sperimentazione effettuata diretta-mente sul preparato tal quale, salvo alcu-ni casi specifici per i quali in allegato Idella direttiva n. 67/548 sono indicatiparticolari limiti anche per effetti fisici.

VALUTAZIONE DEI PERICOLI PERLA SALUTE (ART. 5)

Prove sperimentali (art. 5, comma 2).Fatte salve le disposizioni di cui aldecreto legislativo n. 194/1995 per i pre-parati fitosanitari, il sistema di calcoloconvenzionale ha sempre priorità sullasperimentazione salvo i casi in cui datisperimentali adeguati siano disponibili.Un nuovo test sperimentale si può effet-tuare sul preparato solo se si può dimo-strare che l'applicazione del sistema dicalcolo od il riferimento a studi già effet-tuati non riflettono le reali proprietà delpreparato.In ogni caso l'eventuale sperimentazionedeve essere compatibile con quanto pre-visto dal decreto legislativo 27 gennaio1992, n. 116, relativo alla protezionedegli animali utilizzati a fini sperimenta-li od altri fini scientifici.

Permane inoltre il divieto di effettuaretest sperimentali sui preparati per la valu-tazione della cancerogenesi, mutagenesie tossicità per il ciclo riproduttivo.Pertanto, fatti salvo i requisiti del decre-to legislativo n. 194/1995 e i preparaticancerogeni, mutageni e tossici per ilciclo riproduttivo, in cui è obbligatorio ilcalcolo convenzionale, qualora si inten-da effettuare una sperimentazione ani-male ai fini della classificazione di peri-colo da contrapporre al risultato del cal-colo occorre fornire preventiva comuni-cazione ai sensi del decreto legislativo n.116/1992 sopra richiamato al Ministerodella salute, Direzione generale dellaprevenzione giustificando la richiestacon l'obiettivo di dimostrare scientifica-mente che le prove sperimentali sul pre-parato risultano nel caso specifico piùattendibili dei risultati ottenuti con ilmetodo di calcolo.Al fine della individuazione dei pericoliper la salute ed in conformità ai criteri dicui all'allegato VI decreto ministeriale28 aprile 1997 e successivi aggiorna-menti, si evidenzia, nella scala d'impor-tanza, l'assoluta priorità degli effetti tos-sicologici riconosciuti sull'essere umanoottenuti da studi epidemiologici, da studidi casi clinici e dalle valutazioni fattesulla base di dati statistici correlati adeventi infortunistici (intossicazioni) e amalattie professionali rispetto ai risultatiottenuti mediante il calcolo convenzio-nale o mediante sperimentazioni tossico-logiche effettuate su animali ai sensi del-l'allegato V parte b decreto ministeriale

28 aprile 1997 e successivi aggiorna-menti. Va precisato a tal proposito chel'assenza di osservazioni significativesull'uomo non può essere interpretatacome assenza di pericolosità.

INDIVIDUAZIONE DEI PERICOLIPER L'AMBIENTE (ART. 6)

La classificazione dei preparati in rela-zione ai pericoli per l'ambiente è deter-minata mediante il metodo di calcolo(metodo convenzionale) indicato nell'al-legato 11, sulla base della concentrazionedelle sostanze pericolose per l'ambientepresenti nel preparato.Qualora siano disponibili dati ottenuti daprove sperimentali condotte secondo imetodi indicati nell'allegato V, parte cdel decreto del Ministero della sanità 28aprile 1997 e successivi aggiornamenti,per classificare il preparato in relazioneai pericoli per l'ambiente, si utilizzano idati ottenuti dalle suddette prove speri-mentali, a prescindere dai risultati otte-nuti mediante il metodo di calcolo. Perquanto riguarda i prodotti fitosanitari,possono essere utilizzati per la classifi-cazione i dati ottenuti dalle prove indica-te negli allegati 11 e III del decreto legi-slativo 17 marzo 1995, n. 194, purchècondotte con metodi riconosciuti a livel-lo internazionale.Per quanto concerne le tabelle dell'alle-gato II, parte b, la tabella I indica la clas-sificazione del preparato in relazione alleconcentrazioni di sostanze classificate conle seguenti indicazioni e frasi di rischio:N, R50-R53, N, R51-R53, R52-R53.

Per le sostanze classificate esclusiva-mente con una delle seguenti frasi dirischio, N, R50, R52 ed R53, le tabelle 2,3 e 4 indicano rispettivamente le con-centrazioni per cui è prevista la classifi-cazione del preparato.

Per le sostanze classificate N, R59 oR59, la tabella 5 indica infine la concen-trazione per cui è prevista la classifica-zione del preparato.

OBBLIGHI GENERALI (ART. 7)

Il responsabile dell'immissione sul mer-cato del preparato deve sempre tenere adisposizione delle competenti Autoritàdi controllo di cui all'art. 28 decreto legi-slativo n. 5211997 i dati sulla composi-zione del preparato; i dati impiegati perla classificazione e l'etichettatura delpreparato; le informazioni utili concer-nenti le condizioni dell'imballaggio e idati utilizzati per la predisposizionedella scheda informativa in materia disicurezza.

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IMBALLAGGIO (ART. 8)

Il responsabile dell'immissione sul mer-cato di un preparato che è contenuto inun imballaggio richiudibile con la chiu-sura di sicurezza per bambini, deve tene-re a disposizione il certificato delleprove con cui si attesta la conformità allaNorma ISO 8317.

ETICHETTATURA (ART. 9)

Nell'etichettatura di pericolo dovrà sem-pre figurare il nome chimico delle sostan-ze che hanno portato a classificare il pre-parato in una o più delle seguenti catego-de di pericolo: cancerogeno di categoria1, 2 e 3; mutageno di categoria 1, 2 e 3;tossico per il ciclo riproduttivo di catego-ria 1, 2 e 3; molto tossico, tossico o noci-vo a causa di effetti letali e non letali dopoun'unica esposizione, tossico o nocivo acausa degli effetti gravi dopo esposizioneprolungata, sensibilizzante. Salvo casiparticolari la norma prevede che in gene-re quattro nomi chimici sono sufficientiper caratterizzare un preparato.Non devono essere riportati in etichetta-tura di pericolo i nomi delle sostanze chehanno portato a classificare il preparato inuna o più delle seguenti categorie di peri-colo: esplosivo, estremamente infiamma-bile, facilmente infiammabile, infiamma-bile, irritante e pericoloso per l'ambiente,a meno che la sostanza appartenga ad unacategoria di pericolo più severa.Una novità riguarda l'etichettatura dipericolo dei prodotti fitosanitari per iquali si applicano dal 30 luglio 2004 ledisposizioni del decreto legislativo n.6512003 nonchè le disposizioni di eti-chettatura del decreto legislativo n.194/1995. Il termine di elemento di con-giunzione tra le due tipologie di etichet-tatura è individuato dalla frase: "Per evi-tare rischi per l'uomo e per l'ambienteseguire le istruzioni per l'uso".

SCHEDE DI SICUREZZA (ART. 13)

Un elemento innovativo ma di particola-re rilievo introdotto è l'obbligo di pro-durre e fornire dietro richiesta una sche-da di sicurezza anche per i preparati chepur non essendo classificati come peri-colosi contengono almeno una sostanzapericolosa per la salute o per l'ambientealla concentrazione\geq l% in peso per ipreparat diversi da quelli gassosi e mag-giore elo uguale allo 0,2% per i prepara-ti gassosi, o ancora sostanze che pur nonessendo classificate pericolose sonocaratterizzate da limiti di esposizioneoccupazionale comunitari.Si intende precisare che detti preparatientrano nel campo di applicazione solo per

quello che riguarda la scheda di sicurezza.Sussiste, comunque per questi preparatil'obbligo di riportare in etichetta l'indica-zione "scheda dati di sicurezza disponi-bile su richiesta per gli utilizzatori pro-fessionali".A tale scopo è opportuno che le schededi sicurezze risultino già compilate dimodo che possano essere fornite surichiesta in tempo reale.Le schede di sicurezza dovranno essereaggiornate, qualora vi fossero nuove evi-denze sperimentali, o normative, o giu-stificati motivi di modifica, come adesempio a seguito dell'aggiornamentodell'etichettatura di pericolo.Qualora, per indicare le concentrazionidei componenti da riportare in SDS, siintenda avvalersi della facoltà di utiliz-zare degli intervalli di concentrazione sisuggerisce di adottare i valori riportatinell'allegato XI parte a) punto 9 con rife-rimento alle informazioni da fornireall'I.S.S. per la banca dati sui preparatipericolosi. Rimane salvo il principio cheoccorre evitare di riportare gli intervallidi percentuali che si sovrappongano ailimiti percentuali di classificazione.Si intende precisare infine che il nome eil numero di tel. dell'organismo da ripor-tare al punto 1.3 delle SDS non è l'I.S.S.,pur essendo tale ente depositario dell'ar-chivio dei preparati pericolosi, bensì' ilCAV, operante sul territorio nazionale,più vicino all'area territoriale in cui hasede l'azienda sanitaria locale.

RISERVATEZZA DELLE INFORMAZIONI(ART. 14)

Per quanto riguarda la riservatezza suinomi chimici delle sostanze da apporrein etichettatura e nella SDS, laddoveconsentito, il RIMPP potrà utilizzare ladenominazione della famiglia chimicad'appartenenza, in base alle indicazionidi cui all'allegato V presentando apposi-ta domanda al Ministero della salute,Direzione generale della prevenzione,nei seguenti casi: nell'etichettatura dipericolo solo per le sostanze nocivelimitatamente agli effetti acuti letali;nella SDS, sia per le sostanze nocive coneffetti acuti letali che per le sostanze irri-tanti ad eccezione di quelle aventirischio di gravi lesioni oculari. Questafacoltà viene a mancare nel caso in cuiper la sostanza da autorizzare sia ricono-sciuto un valore limite d'esposizioneprofessionale europeo.

ARCHIVIO PREPARATI(ART. 15 E ALLEGATO XI)

Il decreto legislativo 16 luglio 1998, n.285 e i necessari aggiornamenti e decre-

ti attuativi sono stati abrogati con l'entra-ta in vigore della nuova normativa. Per-tanto si è reso necessario introdurre neldecreto legislativo di recepimento delladirettiva 19991451CE tutti i dati contenu-ti nei decreti abrogati, tra cui il decretodi istituzione della banca dati sui prepa-rati pericolosi presso 1'I.S.S. (decretoministeriale 19 aprile 2000).

Sono stati ribaditi i principi e le modalitàgià contenute nella normativa preceden-te che indicava l'organismo incaricato aricevere le informazioni relative ai pre-parati pericolosi per la salute e la sicu-rezza escludendo dall'obbligo di dichia-razione solo i preparati classificati esclu-sivamente come pericolosi per l'ambien-te. Dal 30 luglio 2004 l'archivio dei pre-parati pericolosi sarà esteso anche aiprodotti fitosanitari e ai biocidi. è stato,quindi, previsto un tempo di sessantagiorni, dalla pubblicazione del decretolegislativo, per l'invio dei dati sulla com-posizione dei preparati pericolosi all'Isti-tuto superiore di sanità da parte delleditte che non lo avessero ancora fatto.Tutti coloro che hanno inviato i dati suc-cessivamente all'8 giugno 2002 nonsono più sanzionabili sulla base del pre-sente decreto.

VIGILANZA (ART. 17)

La vigilanza viene effettuata dalleRegioni tramite le loro articolazioni ter-ritoriali. Il controllo riguarda la classifi-cazione, imballaggio, l'etichettatura, l'in-vio dei dati all'archivio preparati istituitopresso l'I.S.S. e la valutazione di confor-mità delle SDS (verifica della confor-mità del contenuto delle schede inottemperanza a quanto disposto daldecreto ministeriale del 7 settembre2002). L'art. 13, comma 4 del decreto-legge n. 65/2003 introduce infatti il prin-cipio che il responsabile dell'immissionesul mercato di un preparato deve riceve-re informazioni adeguate e complete suicomponenti pericolosi del preparato daisuoi fornitori di materie prime. Ciò alloscopo sia di poter compilare una adegua-ta scheda di sicurezza del preparato, maanche allo scopo di assicurare una cor-retta applicazione delle norme di tuteladei lavoratori. Nel momento in cui ilRIMPP giudica non corrette o insuffi-centi le informazioni fornitegli, hafacoltà di chiedere un'immediata inte-grazione di tali informazioni e qualoraciò non venga ottemperato di rivolgersidirettamente all'autorità responsabiledella vigilanza per gli interventi delcaso. Si introduce quindi per la primavolta un'interazione diretta fra il RIMPPe le autorità locali di vigilanza le qualipotranno intervenire o direttamente,

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qualora il fornitore di materia prima sialocalizzato nel territorio di propria com-petenza, o chiedendo la collaborazionedegli organi di vigilanza responsabilicompetenti sul territorio. Tale collabora-zione potrà eventualmente realizzarsianche attraverso la collaborazione delMinistero della salute e dell'Istitutosuperiore di sanità.

SANZIONI (ART. I8)

Per quanto riguarda gli aspetti sanziona-tori in caso di violazione del decreto legi-slativo n. 65/2003, il RIMPP, sia esso ilfabbricante, il distributore o l'importato-re, è sanzionato penalmente solo nel casoin cui questo immetta sul mercato prepa-rati pericolosi la cui classificazione,imballaggio, etichettatura e l'applicazio-ne dei requisiti per l'etichettatura di cuigli articoli 3, 8, 9 e 10 del decreto legi-slativo n. 65/2003 siano stati violati.In realtà la norma sanzionatoria sollevada dirette responsabilità di natura penaleunicamente: il commerciante al dettaglioche pone in vendita o comunque distri-buisce per il consumo preparati pericolo-si in confezioni originali, solo quandonon sia a conoscenza di violazioni segna-late anche con diffida a cura degli Orga-ni deputati alla Vigilanza o se la confe-zione originale, anche per negligenzadello stesso commerciante, non presentisegni d'alterazione; e il distributore di unprodotto acquistato all'interno della CE erivenduto in Italia, che non modifica inalcun modo l'etichetta originale.

Chiunque immetta sul mercato un prepa-rato pericoloso è anche perseguibile incaso di mancata consegna gratuita dellascheda informativa in materia di sicurez-za (SDS), da effettuarsi all'atto dellaprima fornitura e ad ogni ulterioreaggiornamento, nei confronti unicamen-te dell'utilizzatore professionale, defini-to altresì come datore di lavoro ai sensidell'art. 2, lettera b) decreto legislativo n.626/1994 e successive modificazioni.

Chiunque metta a disposizione dell'uti-lizzatore professionale un preparatopericoloso senza fornire la SDS di quelpreparato pericoloso, su supporto carta-ceo ovvero, nel caso in cui il destinatariodisponga di una modalità di ricevimentoinformatico, su supporto informatico(floppy disk, CD-ROM, posta elettroni-ca, ecc.), è sanzionato pecuniariamentecon procedimento amministrativo aisensi dell'art. 18, comma 5.

Non è considerata messa a disposizionedell'utilizzatore professionale una sche-da di sicurezza contenuta nel sito inter-net della azienda fornitrice.

La responsabilità della conformità edella qualità dei dati della SDS è a cari-co esclusivo del RIMPP che ha redatto laSDS e che avrà apposto la sua identifi-cazione alla voce obbligatoria 1.3 di cuiall'allegato al decreto ministeriale 7 set-tembre 2002.La consegna della SDS all'utilizzatoreprofessionale, sia che avvenga su sup-porto cartaceo che su supporto informa-tico, deve sempre avere un riscontro del-l'avvenuto ricevimento. Ciò è molto utileper garantire il R1MPP di avere fornito,alla prima fornitura e ad ogni modificain maniera inequivoca, la relativa SDSall'utilizzatore professionale sia dei pre-parati pericolosi definiti come tali aisensi dell'art. 1, comma 1, decreto legi-slativo n. 65/2003, sia su richiesta dellostesso utilizzatore professione, dei pre-parati non pericolosi come definiti aisensi dell'art. 3, comma 2, decreto legi-slativo n. 65/2003. Non si deve dimenti-care la rilevante importanza che hanno leinformazioni contenute nelle SDS al fine

della valutazione del rischio per la salu-te e per la sicurezza da effettuarsi negliambienti di lavoro ai sensi dell'art. 72-quater del decreto legislativo n.626/1994 e successive modifiche.

Viene inoltre ribadito che la responsabi-lità diretta del fabbricante, del distribu-tore e dell'importatore che redige eti-chette e SDS, viene trasferita in coloroche immettono in commercio il prepara-to apponendo la propria identificazionesulla etichetta ed SDS, pur non essendoa conoscenza della composizione.

Se la SDS immessa sul mercato risultaincompleta e inadeguata, chiunque abbiaapposto la sua identificazione sulla SDSstessa è perseguibile alla stessa streguadel fabbricante, ovvero dell'importatore.

Roma, 7 gennaio 2004Il Ministro: Sirchia

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r • . • q • •.......................... C • t • . • • , ' •daSe questo è un uomoTorino, Einaudi ed.Tascabili 1989,con La treguaPrimo LeviTorino (1958)

(...) I fumi della Buna ristagnavano nel-l'aria fredda, e si vedeva anche una filadi colline basse, verdi di foreste: e a noisi è stretto il cuore, perché tutti sappiamoche là è Birkenau, che là sono finite lenostre donne, e presto anche noi vi fini-remo: ma non siamo abituati a. vederlo.Perla prima volta ci siamo accorti che,ai due lati della strada, anche qui i pratisono verdi: perché, se non c'è sole, unprato è come se non fosse verde.La Buna no: la Buna è disperatamenteed essenzialmente opaca e grigia. Que-sto sterminato intrico di ferro, di cemen-to, di fango e di fumo è la negazionedella bellezza. Le sue strade e suoi edifi-ci si chiamano come noi, con numeri olettere, o con nomi disumani e sinistri.Dentro al suo recinto non cresce un filod'erba, e la terra è impregnata dei suc-chi velenosi del carbone e del petrolio, enulla è vivo se non macchine e schiavi: epiù quelle di questi. La Buna è grandecome una città: vi lavorano, oltre ai diri-genti e ai tecnici tedeschi, quarantamilastranieri, e vi si parlano quindici o ventilinguaggi. (...) Come diremo, dalla fab-brica di Buna, attorno a cui per quattroanni i tedeschi si adoperarono, e in cuinoi soffrimmo e morimmo innumerevoli,non uscì mai un chilogrammo d gommasintetica. ( ...)

dal capitolo: Una buona giornata, pagg.64-66

"Ma nell 'agosto '44 incominciarono ibombardamenti sull 'Alta Slesia, e si pro-lungarono, con pause e riprese irregola-ri, per tutta l'estate e l'autunno fino allacrisi definitiva.Il mostruoso, concorde travaglio di gesta-zione della Buna si arrestò bruscamente, esubito degenerò in una attività slegata,frenetica e parossistica. Il giorno in cui laproduzione della gomma sintetica avreb-be dovuto incominciare, che nell'agostopareva imminente, fu via via rimandato, ei tedeschi col non parlarne più."

"Da parecchie settimane ormai le incur-sioni sono cessate: la pioggia di novem-bre si è mutata in neve, e la neve ha rico-perto le rovine. (...) Nel nostro Lagernon hanno distribuito cappotti se non aqualche privilegiato: noi siamo un Kom-mando specializzato, il quale, in teoria,non lavora che al coperto: perciò noisiamo rimasti in tenuta estiva. Noi siamoi chimici, e perciò lavoriamo ai sacchi difenilbeta. Abbiamo sgomberato ilmagazzino dopo le prime incursioni, nelcolmo dell'estate: la fenilbeta ci si incol-lava sotto gli abiti alle membra sudate eci rodeva come una lebbra; la pelle sistaccava dai nostri visi in grosse squamebruciate. Poi le incursioni si sono inter-rotte, e noi abbiamo riportato i sacchinel magazzino. Poi il magazzino è statocolpito, e noi abbiamo ricoverato i sac-chi nella cantina del Reparto Stirolo.Ora il magazzino è stato riparato, ebisogna accatastarvi i sacchi ancorauna volta. L'odore acuto della fenilbetaimpregna il nostro unico abito, e ciaccompagna giorno e notte come lanostra ombra. Finora, i vantaggi di

essere nel Kommando Chimico si sonolimitati a questi: gli altri hanno ricevutoi cappotti e noi no; gli altri portano sac-chi da cinquanta chili di cemento, e noisacchi di sessanta chili di fenilbeta. (...)Tutto intorno a noi parla di disfacimen-to e di fine. Metà del Bau 939 è unammasso di lamiere contorte e di calci-nacci: dalle condutture enormi doveprima ruggiva il vapore surriscaldato,pendono ora fino al suolo deformighiaccioli azzurri grossi come pilastri.La Buna è silenziosa adesso (...)

NoteIl termine Buna indica, oltre al nome dellafabbrica di cui parla Levi, la gomma artificia-le butadiene-stirene; la "fenilbeta" è deltutto verosimilmente la fenilbetanaftilamina(PBNA), antiossidante - antinvecchiantedella gomma a cui possono essere almenoin parte ascritti numerosi casi di carcinomauroteliale della vescica insorti in lavoratoridell'industria italiana degli pneumatici; laPBNA, oltre a contenere ab initio impuritàdi beta-naftilamina (BNA), amina aromaticanotoriamente cancerogena per I'urotelio,può dar luogo alla formazione di BNA perclivaggio riduttivo sia durante le lavorazionidella gomma "a caldo" e sotto pressione, siaper azione enzimatica dopo l'assorbimentodell'organismo umano; la PBNA uscì deltutto dall'industria italiana degli pneumaticisolo nella prima metà degli anni '80 delsecolo scorso, quando l'industria chimica "dibase" cessò di produrla.

dal capitolo: 1 fatti dell'estate, pag. 105 dal capitolo: Die drei Leute vom Labor,pagg. 121-122

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daCOSA PUò FARE L'EPIDEMIOLOGIADI FRONTE AL TERRORISMO ?Epid Prev 28(2) marzo-aprile2004)

lacopo BAUSSANO,Benedetto TERRACIN I,CPO PIEMONTE Torino

"(...) Quanto più ci si allontana dall'uo-mo come unità di studio per andareverso la collettività, tanto più ci si allon-tana dal paradigma biochimico peravvicinarsi alla sociologia e all'antro-pologia. In poche parole, dobbiamooccuparci di esseri più simbolici chebiochimici. Il fatto che sia più facile stu-diare la biochimica che i simboli è irri-levante anche se piuttosto seccante.

PICCOLA BIBLIOTECAASSOLUTAMENTENON-SISTEMATICAE NON-CASUALESUL "RISCHIO CHIMICO"OCCUPAZIONALE(RISCHIO CANCEROGENO EMUTAGENO COMPRESO)

a cura diRoberto CalistiSNOP Marche

AA.VV.Atti del 46°Congresso Nazionale della Societàitaliana di Medicina del Lavoro ed igieneindustriale (S!MLII)Acireale CT 28.09 - 1.10.1983(sull'industria della gomma)

ANTONICELLI L, PICCHIETTI R. (ed.)Atti del Convegno Inquinamento da polveridelle aree portuali.USL 12 ANCONA,Ancona 28-29.06.1985

BENEDETTO Pierpaolo, MASSELLIGraziano, SPAGNOLI Ugo, TERRACI N IBenedetto (I 976)Lo fabbrica del cancro. L'lPCA di Ciriè.Torino, Einaudi

CARNEVALE Francesco, BALDASSERONIAlberto (1999)Mai da lavoro: storia della salute dei lavoratori.Bari, Laterza

CASTELLI NO Nicolò (1940)11 lavoro nella chimica industriale. Acetone -alluminio - anilina - bario - benzolo - bel/fio- cadmio - cobalto - fluoro - gallio -magnesio - molibdeno - nichelio - ossido dicarbonio - piombo tetraetile - selenio - tallio -tellurio -- tetracloruro di carbonio - titanio -tarlo - tricloroetilene - tungsteno - vanadio.Milano, Hoepli

CLEMENTI Tullio, MASTAGLIA Luigi (ed.)Forno Allione. La grafite e le ceneri.CGIL e CISLValcamonica - SERINO, CircoloCulturale Ghislandi - Boario Terme BS, 2004(sulla storia della fabbrica di elettrodi digrafite ELETTROGRAFITE - UCAR diForno Allione BS)

Collettivo di medicina preventiva delComune e della Provincia di Bologna (1973)Rapporto dalle fabbriche.Roma, Editori Riuniti

Comitato ambiente del Consigliodi FabbricaAeritalia - FLM (1982)Clean rooms - stanze pulite?Ricerca sulle resine epossidiche bifunzionaliadottate nelle nuove tecnologie

Aeronautiche (fibre di carbonio ecc.)Torino, FLM PIEMONTE

CREPET Massimo (1979)Medicina dei lavoro.Torino, UTET

FERRANNINI Luigi (1928)Medicina del lavoro.M ilano,Val lardi

FINI Franco, RIGHI Renato (1968)Gli antiparassitari agricoli. Diagnosi e terapiadegli avvelenamenti acuti.Roma, REDA Edizioni di Agricoltura

GALLO Vincenzo (ed.)Atti dei Convegno i rischi nell'uso di sostanzechimiche in edilizia.USL 27 BOLOGNA OVEST,Bologna 29-30.05.1990

GUARDISONE Vincenzo, MAZZELLA DIBOSCO Michele (1973)li DDT e gli altri insetticidi clororganici.Roma, Istituto di Medicina Sociale

IARC (I 987)Monografie IARC sulla valutazione dei rischicancerogeni per l'uomo. Valutazioni complessivedi cancerogenicità.Aggiornamento dellemonografie IARC Volumi I-42(ed. it. a cura di CARNEVALE Francesco,MERLER Enzo, MILIGI Lucia, PANDOLFINITiziana, SENIORI COSTANTINI Adele)Roma, Ediesse

MILANACCIO Alfredo, RICOLFI Luca (1976)Lotte e operaie e ambiente di lavoro. Mira fiori1968- 1974.Torino, Einaudi

QUARTARA Nicolò (1933)La guerra chimica e la difesa della popolazionecivile.Torino, Baravelle & Falconieri

SARTORELLI Emilio (ed.) 1981)Trattato di medicina dei lavoro.Padova, Piccin

SARTORI M. (1933)Chimica delle sostanze aggressive.Milano, Hoepli

SNOP (anni '70 del secolo scorso)Impatto Plastica.Milano.

STELLMAN Jeanne M., DAUM Susan M.(1971-1973)Lavorare fa male alla salute. I rischi del lavoroin fabbrica.ed. it.A cura di Francesco CARNEVALE1975) Milano, Feltrinelli

TERRACINI Benedetto,VINEIS Paolo,COSTA Giuseppe, SEGNAN Nereo (1980)

sezione storica

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Primo manuale per il riconoscimento di rischi dicancerogenicità nell'ambiente di lavoro.Torino, Regione Piemonte -- Università degliStudi di Torino, Comune di Torino s.a. (I982)Secondo manuale per il riconoscimento di rischidi cancerogenicità nell'ambiente di lavoro.Torino, Regione Piemonte - Università degliStudi di Torino, Unità Sanitaria Locale I-23di Torino

TOMATIS Lorenzo (1991) IARCIL Cancro - cause frequenza controllo.si Garzanti

GOVONI Celsino., FERRARI Davide (ed.)Atti del Convegno RisCh - Prevenzione eProtezione da agenti Cancerogeni e Mutageni,SPESL - Regione Emilia-Romagna,AZIENDA USL MODENA, INAIL - Modena28.09.200

GOVONI Celsino, MONTERASTELLIGiuseppe, SPAGNOLI Giuseppe (ed.)Atti del Convegno RisCh - Prevenzione eProtezione da agenti chimici pericolosi,ISPESL - Regione Emilia-Romagna,AZIENDA USL MODENA, Modena27.09.2002

VINEIS Paolo (1990)Modelli di rischio.Torino, Einaudi

WHO (1986)Early detection of occupational diseases.Geneva,WHO

sezione "attualità"

BARDANA E.J., MONTANARO A.,O'HOLLAREN M.T. (1992)Asma malattia occupazionale(ed. it.A cura di LEGNANI Delfino,CARATOZZOLO Orazio 1996)Milano, Centro Scientifico Editore

CANDURA Francesco (1991 - 3° ed.)Elementi di tecnologia industriale a uso deicultori di Medicina del Lavoro.Pavia, COMET

DELTIN G., DE SALVE M., SOBRERO G.,ARIANO P.F., ROBOTTO A., MIRABELLI D.(I 994)La sicurezza industriale nelle attività cheimpiegano isocianati. Guida tecnica per ilcontrollo e la vigilanza.Torino, Regione Piemonte

DUCOMBS G., CHABEAU G. (1979)Dermato-allergologia da contatto.(trad. it.A cura BEAUX BARACCHIBlandine 1981)Milano, Masson Italia

FANELLI Roberto, CARRARA Roberto(ed.) (I 999)Guida al trasporto di sostanze pericolose.Come prevenire e gestire le emergenze neltrasporto su strada.Roma, ISPESL

NIEUWENHUIJSEN Mark J. (2003)Exposure assessment in occupational andenvironmental epidemiology.Oxford, Oxford University Press

LAZZARETTI Giampiero, GOVONI Celsino (ed.)Atti del Convegno RisCh '96 - 11 rischio chimiconegli ambienti di lavoro, Regione Emilia-Romagna -AZIENDA USL MODENA,Modena, 10- 12.10.1996

GOVONI Celsino, MONTERASTELLIGiuseppe, SPAGNOLI Giuseppe,VERDELUberto (ed.)Atti del Convegno RisCh - La valutazione delrischio e del!'esposizione ad agenti chimicipericolosi,ISPESL - Regione Emilia-Romagna,AZIENDA USL MODENA, INAIL,Modena 17.10.2003

s.a. (200 I )Atti del seminario di studio Patologie da silice:silicosi, cancro ed altre malattie.Trento, INAIL - Direzione Regionale per ilTrentino -Azienda Provinciale per i ServiziSanitari Trento

Tutti gli Atti dei Convegni dell'AN)!!Associazione Italiana degli IgienistiIndustriali

Buona parte degli atti dei congressi S1ML!!,oltre quello citato più sopra

Tutte le monografie !ARC

Gran parte di Epidemiologia e Prevenzionedegli anni meno recenti, una discreta parte diEpidemiologia & Prevenzione attuale

Gran parte di Travail & Sécurité e di Nygiéne etSècurité du trovai! - cahiers de notesdocumentairesIN RS

Una buona parte del British Journal ofIndustria! Medicine, poi puma! of Occupationaland Environmental Medicine, e di altre rivisteinternazionali di Medicina del Lavoro

Una discreta parte de La Medicina del Lavoro

Una discreta parte di Medicina dei Lavoratori(finché è esistita)

La sterminata bibliografia sull'amianto, se siinclude l'amianto tra i "rischi chimici"

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DIRETTIVO SNOP SETTEMBRE 2004

REGIONE ABRUZZOAnnamaria Di GiammarcoUfficio TSL ASL Pescarapiazza della Stazione I65020 Alanno PEtel 085.8542995fax [email protected]

REGIONE CALABRIABernardo CirilloUSL Catanzarovia Discesa Poerio 388100 CATANZAROtel 0961.703318fax 0961.747566bern ardo.c i ri l l o @vi rgi 1 i o. i

REGIONE CAMPANIAGiovanni Lama(segretario regionale)Dipartimento Igienee Medicina del LavoroASL Caserta 2via Linguidi 548103 I Aversa CEtel 081.500 1327fax 081.5001327 [email protected]

•w;Maria Elisa Damianiw(segretario regionale)Dipart. di Sanità Pubblicavia Granisci 1240121 BOLOGNAtel 051.6079930fax 051.6079800MariaElisaDamiani@aus1bobgna it

REGIONE LIGURIAClaudio CalabresiINAILvia D'Annunzio 7616121 GENOVAtel. [email protected] TozziU.O.Psal ASL 3 Genovesevia Bonghi 616162 GENOVATel. 010. 9479giulio.to .liguria.ít

REGIONE LOMBARDIAEnrico Cigad(tesoriere)ARPA Monzavia Oslavia i20099 Sesto S.Giavanni MItel 02.24982725fax [email protected]

REGIONE MARCHERoberto Calisti(segretario regionale) tiSPRESALContrada San Domenico62012 Civitanova Marche MCtel 0733.82380512fax [email protected]

REGIONE PIEMONTEVALLE D'AOSTA -Andrea Dotti(tesoriere CPE) llhliSPreSAL ASL 7 Chivassovia Regio Parco 6410036 Settimo Tse TOtel 01 1.8212335fax dir 011.8212300 [email protected] g

REGIONE PUGLIADomenico Spinazzola(vicepresidente)ASLBA2Via Cavour 1970051 Barletta BAtel 0883.577921fax [email protected]

Giorgio Di Leone(segretario regionale)Spresal Ausl BA 3via Vittime di via Farli70021 Acquaviva delle Fonti BAtel 080.3077022fax [email protected]

REGIONE TOSCANA• Domenico Taddeo(presidente SNOP,segretario CPE)UO Pisfl zona ValderaASL 5 Pisavia Fantozzi 21A52025 Pontedera PItel 0587.273662fax [email protected]í[email protected]

Alberto Baldasseroni(ufficio di presidenza,coord. redazione rivista SNOP)Unità di epidemiologiaASL Firenzevia San Salvi 1250125 FIRENZEtel 055.6263378fax [email protected]@snop.it

REGIONE SICILIAPaolo RavalliAZ.USL 7 Ragusa Spresalzona industriale (fase97100 RAGUSAtel fax [email protected]

REGIONE VENETOManuela Peruzzi(vicepresidente)SPISAL ULSS 20 Veronavia Salvo D'Acquisto n. 7Palazzo della Sanità37134 VERONAtel. 045.8075045fax 045.8075017man u e lap eruzzi @ l i bero. it

Antonella Zangirolami(segretario regionale)SPISAL ULSS 18viale Tre Martiri 8945100 ROVIGOtel [email protected]

Celestino Piz(presidente CPE)SPISAL ULSS 6via IV Novembre 4636100 VICENZAtel. 0444.992213fax 0444.51 1127rv.assl6.dp.spsal-02@l i bero.i

RIFERIMENTI NAZIONALIConsulta InterassociativaItaliana per la PrevenzioneDomenico TaddeoAndrea DottiEmilio CiprianiSpisal Ulss 22via Foro Boario 2837012 BussolengoVRtel 045.67694451408fax [email protected]

Evidence Based PreventionAlberto BaldasseroniAligi Gardini

Consulta NazionaleTabagismoMauro PalazziDipart. di Sanità Pubblicavia Moretti 9947023 Cesena FOtel 0547.352083fax [email protected]. it

Arpa AnpaEnrico CigadaRoberto MerloniARPA ERSezione Prov. RiminiVia Gambalunga 8347037 RIMINItel 0547.367274fax [email protected]

Prevenzione nei Luoghidi Lavoro e CPECelestino PizAndrea DottiDomenico Taddeo

Premio"Alessandro Martignani"Luigi Salizzato(Segreteria del premio)

Fulvio LongoASL BA 5via Lapenna 3970010 Casamassima BAtel 080.405054fax [email protected]

REGIONEEMILIA ROMAGNAAEigi Gardini-- cepresidente)

_Piptrt. di Sanità Pubblicavia della Rocca 1947100 FORLÌtel 0543.733556fax 0543.733501a.gard i n i @[email protected]

Luigi Salizzato(ufficio di presidenzacoordinatore redazione sito web)Dipart. di Sanità Pubblicavia Moretti 9947023 Cesena FOtel 0547.3520 83170fax [email protected]