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Sommario La nozione di distacco nella giurisprudenza 3

Il distacco nell’art. 30 del D.Lgs. n. 276/2003 6

La disciplina del rapporto 9

Le sanzioni 12

Obblighi assicurativi 14

Il distacco a salvaguardia dei livelli occupazionali 17

Comunicazioni al Centro per l’Impiego 17

Registrazioni dei distacchi sul Libro Unico del lavoro 19

Distacco di personale, rimborso non soggetto a IVA 21

Distacco e riflessi sull’Irap 23

Faq (le domande più frequenti) 25

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IL DISTACCO DEL LAVORATORE SUBORDINATO

 

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Il distacco del lavoratore subordinato

Il distacco o comando si verifica quando un datore di lavoro (distaccante) per proprio interesse, pone temporaneamente uno o più lavoratori (distaccati) a disposizione di un altro soggetto (distaccata rio) per l’esecuzione di una determinata attività lavorativa.

1. La nozione di distacco nella giurisprudenza. Il distacco nell'impiego privato è stato oggetto di una lunga elaborazione

giurisprudenziale che ha qualificato l’istituto come situazione di dissociazione lecita tra il datore di lavoro e il soggetto che beneficia della prestazione, tale da escludere l'operatività del divieto di intermediazione nelle prestazioni di lavoro (inizialmente previsto dalla L. n. 1369/1960, ed attualmente dal D.Lgs. n. 276/2003).

In particolare, secondo la giurisprudenza, la legittimità del distacco dipende dalla sussistenza di due requisiti essenziali, e cioè l'interesse organizzativo del datore di lavoro e la temporaneità del distacco (cfr. Cass. 18 agosto 2004, n. 16165; Cass. 7 giugno 2000, n. 7743; Cass. 15 giugno 1992, n. 7328; Cass. 13 aprile 1989, n. 1751; Cass. 22 febbraio 1982, n. 1263).

L’interesse organizzativo presuppone che l’esecuzione della prestazione a favore del terzo (il beneficiario della prestazione, o distaccatario) comporti un vantaggio per l’attività produttiva del datore di lavoro distaccante. Lo schema della subordinazione (art. 2094 c.c.) rimane quindi inalterato, solo che la collaborazione subordinata del lavoratore non si esplica nell’impresa e sotto le direttive del datore di lavoro, ma mediante il lavoro svolto a favore di un altro soggetto.

Il caso classico, che si verifica con una certa frequenza nella prassi, è quello del distacco del lavoratore nell’ambito di un gruppo societario. In tale ipotesi, la prestazione svolta dal lavoratore distaccato presso la società collegata è vantaggiosa anche per il distaccante, ad esempio, per esercitare un controllo sulla

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distaccataria, o per consolidare i rapporti commerciali con essa, ovvero per sostenerla in un momento di difficoltà (con vantaggio per l’intero gruppo).

Altro esempio di scuola è quello del lavoratore che viene distaccato al fine di perfezionare il proprio bagaglio professionale, che poi sarà utilizzato a favore del datore di lavoro distaccante (Cass. 26 aprile 2006, n. 9557: “In tema di “distacco” del lavoratore, l’interesse alla destinazione del lavoratore presso una diversa unità produttiva a fini di formazione professionale non può che essere, per definizione, proprio del datore di lavoro, escludendo persino la concorrenza dell’interesse del distaccatario”).

E’ invece escluso che l’interesse organizzativo possa coincidere con il corrispettivo economico derivante al datore di lavoro dalla cessione del lavoratore al terzo, configurandosi in tal caso l’ipotesi della somministrazione irregolare di mano d’opera (art. 27, comma 1, D.Lgs. n. 276/2003; circ. Min. lav. 24 giugno 2005, n. 28).

Quanto al requisito della temporaneità, esso è subordinato alla sussistenza dell'interesse del datore di lavoro distaccante, poiché fin quando vi è l'interesse il distacco è considerato legittimo. La temporaneità, quindi, non indica il fatto che il distacco debba essere di breve durata ma che non può avere il carattere della definitività (Cass. 2 settembre 2004, n. 17748: “La temporaneità della destinazione del lavoratore a prestare la propria opera in favore di un terzo (cosiddetto “distacco”)… non richiede che tale durata abbia natura predeterminata sin dall’inizio né che essa sia più o meno lunga o sia contestuale all’assunzione del lavoratore, ovvero persista per tutta la durata del rapporto, ma solo che la durata del distacco coincida con quella dell’interesse del datore di lavoro a che il proprio dipendente presti la sua opera in favore di terzo”).

Su queste basi, sono ritenuti legittimi anche rapporti di lavoro che si costituiscono e cessano in permanente situazione di distacco (Cass. 15 giugno 1992,n. 7328; Cass. 13 aprile 1989, n. 1751).

L'inquadramento giuridico dell’istituto in esame da parte della giurisprudenza si basa sull'applicazione dell'articolo 2104 c.c. (Cass. 8 agosto 1987, n. 6814; Cass. 12 novembre 1984, n. 5708).

Il distacco viene quindi qualificato come un esercizio normale e non fraudolento del potere direttivo, proprio in funzione della sussistenza di un interesse oggettivo dell' imprenditore. In base a tale impostazione, il requisito

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essenziale è che vi sia uno specifico interesse imprenditoriale tale da consentire "di qualificare il distacco quale atto organizzativo dell'impresa che lo dispone, così determinando una mera modifica delle modalità di esecuzione della prestazione lavorativa …" (Cass. 7 giugno 2000, n. 7743; Cass. 18 agosto 2004, n. 16165; Cass. 20 gennaio 2005, n. 1124; App. Bari sez. lav., 25 luglio 2007, R.F.I. S.p.A. c. F.A.P.).

Come conseguenza di questa impostazione teorica basata sull'art. 2104 c.c., di regola la giurisprudenza non considera necessario il consenso del lavoratore interessato ai fini della legittimità del distacco.

Infine, la figura del distacco deve essere distinta da quella della sospensione del rapporto di lavoro, con instaurazione di un nuovo rapporto presso altro datore di lavoro. In tal caso, il primo rapporto resta, appunto, sospeso, mentre il secondo si svolge direttamente tra il lavoratore e la società che utilizza le prestazioni (v., anche se con qualche imperfezione terminologica, Cass. 5 settembre 2006, n. 19036: “Ove le parti abbiano pattuito un “distacco” del lavoratore che, fermo il perdurare del vincolo con il datore di lavoro distaccante, faccia sorgere un distinto rapporto con altro imprenditore, anche all’estero, con sospensione del rapporto originario, i due rapporti restano separati, anche se le due società sono gestite da società collegate, senza che si possano imputare alla società distaccante le obbligazioni relative al secondo rapporto”).

Definizione

DISTACCANTE datore di lavoro che ha in forza il lavoratore soggetto al distacco

DISTACCATARIO datore di lavoro che usufruisce della prestazione lavorativa del soggetto distaccato

DISTACCATO il lavoratore che viene assegnato ad un altro soggetto per una temporanea prestazione

 

 

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2. Il distacco nell’art. 30 del D.Lgs. n. 276/2003.

Il distacco è stato disciplinato dalla legge per la prima volta dall’art. 30 del D.Lgs. n. 276/2003, secondo cui esso si configura "quando un datore di lavoro, per soddisfare un proprio interesse, pone temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione di altro soggetto per l'esecuzione di una determinata attività lavorativa".

 

Il legislatore ha recepito le caratteristiche tradizionali dell'istituto, regolandone alcuni aspetti (art. 30 D.Lgs. n. 276/2003).

Il primo e fondamentale requisito di legittimità del distacco rimane l'interesse del distaccante, inteso come interesse oggettivo che rileva sul piano dell'organizzazione produttiva del datore di lavoro, mentre – come detto – non giustifica il distacco un interesse meramente patrimoniale di questo.

Rimane confermato, inoltre, che il requisito della temporaneità è subordinato alla sussistenza dell'interesse del datore di lavoro distaccante, poiché fin quando vi è l'interesse il distacco è da ritenere legittimo; la temporaneità non indica quindi il fatto che il distacco debba essere di breve durata ma che esso non può avere il carattere della definitività.

L'art. 30 del D.Lgs. n. 276/2003 ha introdotto alcuni limiti all'istituto del distacco.

In primo luogo, "il distacco che comporti un mutamento di mansioni deve avvenire con il consenso del lavoratore interessato" (art. 30, comma 3, D.Lgs. n. 276/2003).

L'espressione "mutamento di mansioni" è così ampia da comprendere ogni caso di mutamento dei compiti del lavoratore (anche parziale), purché si tratti, ovviamente, di un mutamento non meramente marginale, ma tale da incidere sulla

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sostanza delle mansioni stesse. E' appena il caso di precisare che si deve trattare in ogni caso di mansioni almeno equivalenti e non inferiori rispetto a quelle svolte dal lavoratore presso il distaccante, poiché l'art. 30 in esame non introduce alcuna deroga rispetto alla regola generale prevista dall'art. 2103 c.c.

Tale requisito di consensualità del distacco modifica in modo radicale la posizione giurisprudenziale tradizionale, che inquadra l'istituto come esercizio del potere direttivo. Peraltro, tale ipotesi non sembra marginale nella prassi, poiché il cambiamento della struttura produttiva determina sovente un mutamento, anche solo parziale, delle mansioni del lavoratore distaccato.

In secondo luogo, è previsto che quando il distacco "comporti un trasferimento a una unità produttiva sita a più di 50 km da quella in cui il lavoratore è adibito", il distacco stesso "può avvenire soltanto per comprovate ragioni tecniche, organizzative, produttive o sostitutive".

Tali ragioni oggettive devono intendersi diverse da quelle che giustificano il distacco, perché altrimenti la previsione legislativa in esame risulterebbe ridondante e priva di significato. Non è però semplice immaginare la sussistenza di queste ragioni, cioè di esigenze ulteriori rispetto a quell'interesse oggettivo alla effettuazione delle prestazioni lavorative presso il terzo, che già è posto a base della legittimità del distacco.

Appare poi difficile che la scelta del distacco possa essere giustificata da esigenze "sostitutive" del distaccante, il quale nel distacco (non acquisisce, ma) si priva del lavoratore interessato. A meno che il legislatore non abbia voluto far riferimento ad esigenze (sostitutive) proprie del soggetto distaccatario, dando così rilievo non alla situazione del datore di lavoro distaccante ma a quella dell'impresa che riceve il lavoratore.

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2. 1 Distacco parziale

Si ritiene possibile che il datore di lavoro distaccante si avvalga dell'istituto del distacco in modo parziale, richiedendo al lavoratore una prestazione presso la distaccataria solo per alcune ore della giornata di lavoro, ovvero per alcuni giorni della settimana (circ. Min. lav. 15 gennaio 2004, n. 3; nota Min. lav. 11 aprile 2001, n. 5; v. anche, indirettamente, nota Inail 10 giugno 2005, n. 2923).

Per distacco parziale si deve intendere anche quello che preveda la prestazione, ad esempio, 50% azienda B e 50% azienda C laddove il distaccante è azienda A.

Art. 30 Dlgs n. 276/03 Distacco 1. L'ipotesi del distacco si configura quando un datore di lavoro, per soddisfare un proprio

interesse, pone temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione di altro soggetto per l'esecuzione di una determinata attività lavorativa.

2. In caso di distacco il datore di lavoro rimane responsabile del trattamento economico e normativo a favore del lavoratore.

3. Il distacco che comporti un mutamento di mansioni deve avvenire con il consenso del lavoratore interessato. Quando comporti un trasferimento a una unità produttiva sita a più di 50 km da quella in cui il lavoratore e' adibito, il distacco può avvenire soltanto per comprovate ragioni tecniche, organizzative, produttive o sostitutive.

4. Resta ferma la disciplina prevista dall'articolo 8, comma 3, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236.

 

Requisiti per considerare lecito il distacco

interesse del datore di lavoro

deve sussistere un vivo e apprezzabile interesse in capo al datore distaccante

affinché il lavoratore presti la sua opera presso un soggetto terzo rispetto al rapporto di lavoro originario

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titolarità del rapporto deve permanere in capo al distaccante

si tratta del vincolo di dipendenza tra le parti originarie

temporaneità del distacco

pur in assenza di un termine certo per il rientro in servizio presso l’unità di appartenenza

la circostanza che si tratta di un provvedimento non definitivo (anche se di lunga durata)

3. La disciplina del rapporto. Nel distacco, il titolare del rapporto di lavoro rimane il soggetto distaccante, al

quale fanno capo gli obblighi retributivi, contributivi e assicurativi, nonché quelli legati alle dichiarazioni fiscali.

In particolare, il secondo comma dell'articolo 30 del D.Lgs. n. 276/2003 dispone che "in caso di distacco il datore di lavoro rimane responsabile del trattamento economico e normativo a favore del lavoratore". Pertanto, anche dopo il distacco, il datore di lavoro distaccante è tenuto a corrispondere al lavoratore il trattamento retributivo spettante e ad adempiere agli obblighi inerenti il rapporto di lavoro previsti dalla legislazione vigente per il rapporto di lavoro subordinato.

E' possibile, tuttavia, che le aziende interessate al distacco stipulino un accordo affinché il soggetto distaccatario provveda al rimborso di tutti gli oneri (o parte di essi) sostenuti dalla distaccante.

La norma non individua la forma scritta come un elemento essenziale per il distacco del lavoratore, anche può essere opportuno formalizzare per iscritto il distacco.

Infatti, se il distacco comporta un trasferimento ad una unità produttiva sita a più di 50 km da quella originaria, mediante la comunicazione scritta il datore di lavoro distaccante può indicare le comprovate ragioni tecniche, organizzative, produttive o sostitutive che legittimano il provvedimento. Inoltre, nella comunicazione di distacco è possibile indicare che il lavoratore non subisce alcun

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mutamento di mansioni; ovvero è possibile precisare le nuove mansioni ed acquisire per iscritto il consenso del lavoratore (che potrà risultare dalla sottoscrizione della lettera di distacco per accettazione). La comunicazione, infine, può contenere il periodo – determinato o determinabile – di durata del distacco.

A seguito del distacco del lavoratore, il soggetto distaccatario può esercitare il potere direttivo relativo alle modalità di esecuzione della prestazione. Spetta, invece, al datore di lavoro distaccante ogni atto che comporti la modificazione del contratto di lavoro, il potere di recesso e/o di modificazione del distacco del lavoratore (Cass. 22 marzo 2007, n. 7049: “In caso di distacco del lavoratore presso altro datore di lavoro, mentre quest’ultimo, beneficiario delle prestazioni lavorative, dispone dei poteri funzionali all’inserimento del lavoratore distaccato nella propria struttura aziendale, persistono fra distaccante e lavoratore i vincoli obbligatori e di potere-soggezione, mantenendo il distaccante, fra l’altro, il potere di licenziare”).

La titolarità della gestione delle ferie resta in capo al datore di lavoro distaccante che ne deve garantire la fruizione nel rispetto della normativa vigente. Le ferie spettano al lavoratore nella misura e con le modalità previste dal contratto di lavoro applicato dal distaccante. Il datore di lavoro stabilisce il periodo di fruizione delle ferie (art. 2109 c.c.), tenendo conto, se previsto, anche delle esigenze manifestate dal distaccatario.

Il potere disciplinare può essere esercitato solo dal datore di lavoro distaccante. Tenuto conto delle caratteristiche del rapporto, il soggetto distaccatario – nella corretta attuazione del rapporto obbligatorio con il distaccante – informerà il datore di lavoro sulle motivazioni che possono determinare l'avvio di una procedura disciplinare.

Qualora, dopo un distacco, il lavoratore venga assunto dalla società distaccataria presso la quale ha svolto la prestazione, l’eventuale apposizione al contratto di un patto di prova potrebbe risultare illegittima, in quanto le parti hanno avuto già modo di sperimentare la reciproca compatibilità professionale (Cass. 2 dicembre 2004, n. 22637: “Il patto di prova apposto al contratto di lavoro mira a tutelare entrambe le parti contrattuali di sperimentare la reciproca convenienza al contratto, con la conseguenza che deve ritenersi illegittimamente apposto un patto in tal senso che non sia funzionale alla suddetta sperimentazione per essere questa già intervenuta con esito positivo, fatto che

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può essere provato anche per presunzioni, essendo desumibile dalla sussistenza di un precedente rapporto di lavoro tra le parti o dall’avere in precedenza il lavoratore prestato per un congruo lasso di tempo la propria opera per il datore di lavoro, sia pure in seguito a comando disposto dal precedente datore di lavoro, società controllata dalla società instaurante il nuovo rapporto e già beneficiaria del distacco”).

In via generale, il lavoratore distaccato continua a godere dei propri diritti sindacali con riferimento alla realtà organizzativa del distaccante. Ciò sul presupposto che il rapporto di lavoro intercorrente tra distaccante (datore di lavoro) e distaccato (lavoratore) non muta dopo il provvedimento di distacco.

Anche per quanto concerne lo sciopero, non possono configurarsi limiti di esercizio in relazione al distacco (art. 40 Cost.). Pertanto è sempre legittima l'astensione dal lavoro da parte del distaccato per aderire ad uno sciopero indetto dai lavoratori dell'azienda distaccante, quale ne sia la motivazione.

Le titolarità delle parti nel distacco

distaccante distaccatario distaccato

Rimane il titolare del rapporto

Nessuna titolarità Fa riferimento al distaccante per gli obblighi relativi al rapporto di lavoro

Sostiene obblighi retributivi, contributivi, assicurativi

Rimborsa (eventuale) gli oneri sostenuti (o parte di essi) dal distaccante

Compie ogni atto che comporta modifiche al rapporto

Esercita il potere direttivo relativo alle modalità di esecuzione della prestazione

Soggiace al potere disciplinare del distaccante e a quello direttivo del distaccatario

Mantiene la titolarità della gestione delle ferie

Manifesta eventuale esigenze in merito al

Manifesta eventuale esigenze in merito al

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periodo di ferie periodo di ferie

Esercita il potere disciplinare

Può informare il distaccante delle motivazioni che possono determinare l’avvio della procedura

Soggiace al potere disciplinare del distaccante

Diritti sindacali come da ordinari gestione

Nessun potere Gode dei diritti sindacali con riferimento alla realtà organizzativa del distaccante

Diritto di sciopero come da ordinari gestione

Nessun potere Non subisce limiti in relazione al distacco (possibile astensione aderendo a realtà del distaccante)

Procede all’eventuale risoluzione del rapporto

Nessun potere Soggiace alle ordinarie regole con riferimento ai provvedimenti del distaccante

4. Le sanzioni L'impianto sanzionatorio in materia di distacco è costituito da due norme che

trovano applicazione qualora venga riscontrato che il distacco sia privo dei suoi presupposti di legittimità (l'interesse del datore di lavoro distaccante e la temporaneità).

Una prima disposizione, contenuta nel comma 5-bis, dell'articolo 18, del decreto, dispone che "Nei casi di ... distacco privo dei requisiti di cui all'articolo 30, comma l, l'utilizzatore e il somministratore sono puniti con la pena della ammenda di euro 50 per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di

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occupazione. Se vi è sfruttamento dei minori, la pena è dell'arresto fino a diciotto mesi e l'ammenda è aumentata fino al sestuplo".

Una seconda disposizione, di cui al comma 4-bis dell'articolo 30, del decreto dispone quanto segue:" Quando il distacco avvenga in violazione di quanto disposto dal comma 1, il lavoratore interessato può chiedere, mediante ricorso giudiziale a norma dell'articolo 414 del codice di procedura civile, notificato anche soltanto al soggetto che ne ha utilizzato la prestazione, la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze di quest'ultimo. In tale ipotesi si applica il disposto dell'articolo 27, comma 2."

Con riferimento alla previsione di cui al comma 5-bis, va osservato che i destinatari della sanzione sono sia "l'utilizzatore" sia il "somministratore".

Si tratta degli stessi soggetti del contratto di somministrazione di lavoro (cfr. art. 20, comma 1 del D.Lgs. n. 276/2003) con la conseguenza, dunque, che in caso di distacco illecito, trova applicazione l'analoga previsione sanzionatoria prevista per la somministrazione irregolare. Rispetto a tale provvedimento sanzionatorio può operare l'istituto della prescrizione obbligatoria ex articolo 15 del D.Lgs 124/2004.

Il comma 5-bis dell'articolo 18 del D.Lgs. n. 276/2003, prevede anche una sanzione penale che può essere applicata quando sono coinvolti dei minori. In particolare, si prevede l'arresto fino a 18 mesi e la pena pecuniaria sino a 300 euro per ogni lavoratore e per ogni giornata di lavoro. In questo caso, non essendo prevista l'alternatività tra le due sanzioni (arresto e ammenda) non può trovare applicazione l’istituto della prescrizione obbligatoria.

Per quanto riguarda la sanzione prevista dal comma 4-bis dell'articolo 30 del D.Lgs. n. 276/2003, esso consente al lavoratore distaccato di rivendicare, in caso di distacco illegittimo, la costituzione di un rapporto di lavoro presso l'utilizzatore della prestazione (considerato, in tal caso, l’effettivo datore di lavoro).

Configurandosi tale situazione, la norma rimanda al secondo comma dell'articolo 27 del D.Lgs. n. 276/2003, secondo cui tutti i pagamenti (retribuzioni, contributi, premi assicurativi) eseguiti dallo pseudo distaccante possono essere utilizzati per coprire tutto o parte del debito che il distaccatario ha nei confronti del distaccato e degli enti previdenziali.

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Se il distacco viene effettuato in modo illegittimo, il lavoratore può chiedere, tramite ricorso al giudice del lavoro, la costituzione del rapporto alle dipendenze del distaccata rio. L’illegittimità del distacco può essere sanzionata penalmente e in via amministrativa qualora esista una violazione alla normativa in materia di intermediazione e somministrazione di lavoro.

5. Obblighi assicurativi. Il datore di lavoro distaccante è obbligato a tutti gli adempimenti connessi

all'obbligo assicurativo e previdenziale del lavoratore distaccato previsti dall'INAIL e dagli enti previdenziali competenti.

Per quanto attiene agli aspetti assicurativi, a seguito dell'operazione di distacco, il datore di lavoro deve verificare se la propria gestione tariffaria è coincidente con quella della società distaccataria.

Se la lavorazione da svolgere presso l'impresa distaccataria non trova riferimento nella classificazione tariffaria applicata al distaccante, questo deve richiedere alla propria sede una o più specifiche voci di tariffa analoghe ai riferimenti classificativi in vigore sulla Posizione Assicurativa Territoriale (PAT) del distaccatario (sul punto, cfr. la nota Inail 10 giugno 2005, n. 2923).

Il soggetto obbligato ad effettuare le denuncie di infortunio e di malattia professionale è sempre il datore di lavoro distaccante, al quale il lavoratore deve dare notizia dell’evento ed inviare la relativa certificazione medica.

Tuttavia, se il lavoratore distaccato denuncia l’infortunio o la malattia professionale al distaccatario anziché al distaccante, purché entro i termini di legge, non viene meno il diritto del dipendente all’indennizzo per il periodo precedente la denuncia all’Inail. Inoltre, per quanto attiene all’invio della denuncia di infortunio all’Inail da parte del datore di lavoro, si tiene conto della data in cui il distaccante ha ricevuto il certificato medico e non della data in cui il

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certificato stesso è stato erroneamente ricevuto dal distaccatario (circ. Inail n. 39 del 2005).

Il calcolo dei premi assicurativi e la denuncia di infortunio vanno effettuati dal datore di lavoro distaccante ed in caso di violazione delle norme di prevenzione saranno perseguibili d’ufficio sia il distaccante sia il distaccatario. Questi i principali contenuti nell’intervento Inail sul distacco, dopo la nota n.2923 del 10 giugno 2005 che precisa gli aspetti contributivi in merito al dlgs n 276/03. L’Istituto si occupa del distacco con la circolare n.39 del 2 agosto 2005 e, oltre a riprendere i contenuti del precedente messaggio per l’apertura delle PAT, si occupa della definizione del caso delle denunce di infortunio e dell’azione di regresso. Calcolo dei premi Ai sensi della circolare ministeriale n.3/04 il premio Inail rimane a carico del datore di lavoro distaccante, ma è calcolato sulla base dei premi e della tariffa che sono applicati al distaccatario. Il distaccante, quindi, è tenuto a calcolare il premio dovuto per il personale distaccato, applicando la corrispondente voce di tariffa rientrante nella gestione tariffaria in cui è inquadrata l'impresa distaccataria. L’Inail nel msg 2923/05 individua tre ipotesi: 1. la lavorazione da avviare presso l'impresa distaccataria coincide con

quella svolta presso il distaccante, il lavoratore distaccato viene inserito nell'originaria polizza presente nella posizione assicurativa territoriale (PAT) del datore di lavoro distaccante;

2. la lavorazione è diversa da quella svolta presso il datore di lavoro distaccante, il lavoratore distaccato deve essere inserito in un'ulteriore "polizza" nell'ambito della PAT già accesa dal datore di lavoro distaccante;

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3. il lavoratore distaccato, oltre ad operare presso l'impresa distaccataria, continua ad esercitare lavorazioni diverse presso il datore di lavoro distaccante, si ripartiscono proporzionalmente le retribuzioni erogate fra le diverse polizze della PAT del datore di lavoro distaccante e cioè, in base all'incidenza delle singole lavorazioni sul complesso dell'attività lavorativa esercitata.

Denunce di infortunio Il lavoratore è tenuto a comunicare l’infortunio (o la malattia professionale) al datore di lavoro distaccante, ma nel caso la trasmetta al distaccatario, sarà cura di quest’ultimo provvedere alla notifica al distaccante. E’ necessario che ambedue si accordino preventivamente per garantire che la denuncia venga inviata all’Inail in tempi brevi. Il termine di due giorni per l’invio della denuncia decorre dalla data di ricevimento del certificato da parte del distaccante e non da quello in cui l’ha eventualmente ricevuto il distaccatario. La titolarità del rapporto di lavoro, infatti, resta in capo al distaccante. Azione di regresso All’Inail è attribuita l’azione di regresso nei confronti di coloro che abbiano commesso reati dai quali siano derivati danni e l’azione di rivalsa nei confronti dei responsabili del danno. Nell’ipotesi di distacco l’Inail non può esercitare l’azione di rivalsa nel confronti del distaccatario avvalendosi delle presunzioni di colpa, ma può esercitare l’azione di regresso se il fatto costituisce reato perseguibile d’ufficio. Il distaccatario è il soggetto responsabile della direzione della sorveglianza del lavoro e della sicurezza dei distaccati, ma anche il distaccante sarà soggetto all’azione di regresso in ipotesi di violazione delle norme di prevenzione.

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6. Il distacco a salvaguardia dei livelli occupazionali.

L'art. 30, comma 4 del D.Lgs. n. 276/2003 stabilisce che "Resta ferma la disciplina prevista dall'articolo 8, comma 3, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236".

Tale norma prevede che "gli accordi sindacali, al fine di evitare le riduzioni di personale, possono regolare il comando o il distacco di uno o più lavoratori dall'impresa ad altra per una durata temporanea".

La disposizione si riferisce, evidentemente, a situazioni particolari in cui possono trovarsi imprese in crisi che hanno attivato le procedure di mobilità previste dalla L. n. 223/1991. Infatti, la legittimità di questo particolare tipo di distacco è subordinata alla conclusione di un accordo con i sindacati intervenuti nella procedura di mobilità.

Per quanto riguarda, invece, il requisito dell'interesse organizzativo del distaccante, esso è presunto per valutazione tipica del legislatore espressa nella previsione in esame, mentre appare evidente che l’interesse effettivo oggetto di tutela è quello del lavoratore a non perdere il posto di lavoro.

Rimane ferma la sussistenza del requisito della "temporaneità", tipico dell’istituto del distacco.

 

Comunicazioni al Centro per l’Impiego

Entro 5 giorni dal distacco il datore di lavoro distaccante deve procede con l’invio on line del modello Unilav (trasformazione) al Centro impiego tramiti i consueti

canali telematici predisposti dalle singole Regioni.

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Nota Ministero lavoro del 4 gennaio 2007

Istruzioni per modello Unilav Quadro Trasformazione Questa sezione viene compilata nei casi di trasformazione del rapporto di lavoro, di trasferimento del lavoratore, di distacco del lavoratore. Ad eccezione del campo “data inizio” tutti i campi si riferiscono al rapporto di lavoro dopo la sua trasformazione. Campi aggiuntivi in caso di Distacco Questi campi si riferiscono alla tipologia “distacco”, vale a dire allorché il lavoratore è posto temporaneamente a disposizione di un altro datore di lavoro ai sensi dell’articolo 30 del d.lgs 297/2003 e degli articoli 23-bis e 32 del d.lgs 165/2001. Codice fiscale datore distaccatario Si inserisce il codice fiscale del datore di lavoro presso il quale il lavoratore è distaccato (distaccatario). Si inserisce il codice fiscale numerico a 11 cifre. Le ditte individuali ed i professionisti inseriscono il proprio codice fiscale alfanumerico Denominazione datore di lavoro distaccatario Si inserisce la ragione sociale del datore di lavoro distaccatario ovvero cognome e nome in caso di ditta individuale o professionista Settore Si inserisce il settore d’attività del datore di lavoro distaccatario, selezionandolo dalla tabella “Atecofin” PAT INAIL Si inserisce la Posizione Assicurativa Territoriale del datore di lavoro assegnata dall’INAIL. In caso di ditta di nuova costituzione che non ha ancora la PAT attribuita, va inserito il seguente codice: 00000000 In attesa di codice PAT Alcune categorie di datori di lavoro non essendo soggette all’obbligo assicurativo inseriranno uno tra i seguenti codici: 99990000 Ditta Estera 99990001 Studi Professionali/Altro 99990002 Impiegati Agricoli

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99991000 Colf 99991001 Operai Agricoli Comune – CAP – Indirizzo della sede di lavoro Si inseriscono i dati relativi alla localizzazione della sede di lavoro del distaccatario Telefono – Fax - e-mail della sede di lavoro Si inserisce almeno una di queste informazioni, riferite alla sede di lavoro di cui ai campi precedenti.

Registrazioni dei distacchi sul Libro Unico del lavoro

Vademecum del Ministero del lavoro

(estratto)

Somministrati e distaccati vanno sempre registrati sul Libro Unico?

I somministrati e i distaccati devono essere registrati sul Libro Unico all’inizio e alla fine dell’impiego presso l’utilizzatore o il distaccatario, ferma restando la possibilità di procedere alla registrazione degli stessi anche in tutti i mesi di impiego. Per tutta la durata della somministrazione o del distacco vanno comunque inseriti negli elenchi riepilogativi del personale in forza di cui all’art. 4 del DM 9 luglio 2008, e pertanto contano ai fini numerici per la realizzazione di quell’adempimento specifico. In ogni caso l’omessa registrazione non sarà oggetto di sanzione ai sensi dell’art. 39, comma 7, del decreto-legge n. 112/2008, non incidendo le omesse registrazioni sui profili retributivi, contributivi o fiscali, tuttavia l’ispettore del lavoro potrà ordinarne la annotazione prevista dalla Circolare n. 20/2008 mediante il legittimo esercizio del potere di disposizione (art. 14 del D.Lgs. n. 124/2004). D’altra parte, si ritiene che specifici

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protocolli d’intesa sulle relative annotazioni potranno essere conclusi dalle Direzioni provinciali del lavoro con gli Ordini professionali e le Associazioni di categoria.

Come contano i somministrati e distaccati ai fini numerici?

Somministrati e distaccati non contano nel computo numerico dei soggetti ai fini dell’applicazione delle sanzioni; tali soggetti, tuttavia, contano ai fini della facoltà di richiesta degli elenchi del personale in forza di cui all’art. 4 del DM 9 luglio 2008.

Come vanno realizzate le iscrizioni nel Libro Unico per somministrati e distaccati?

Le registrazioni dei somministrati e dei distaccati nel Libro Unico, possono essere realizzate senza particolare obbligo di formato, e in particolare anche in forma di elenco, il cui elaborato sarà da ricomprendersi nella numerazione sequenziale del Libro Unico, purché l’elenco contenga per ciascun soggetto tutti i dati richiesti.

Da quale data somministrati e distaccati vanno annotati sul Libro Unico del Lavoro?

A rigore dal 18 agosto 2008. In chiave di semplificazione, stante la assoluta novità della previsione, l’obbligo di annotazione può effettivamente decorrere, con pieni effetti legali, dalla data di istituzione del Libro Unico da parte del datore di lavoro, e quindi entro il periodo di paga gennaio 2009.

Da quale data le informazioni aggiuntive individuate dalla riforma vanno annotate sul Libro Unico?

A rigore dal 18 agosto 2008. Tuttavia, in chiave di semplificazione, l’obbligo di annotazione dei dati in precedenza non obbligatori può effettivamente decorrere, con pieni effetti legali, dalla data di istituzione del Libro Unico da parte del datore di lavoro, e quindi al più tardi dal periodo di paga gennaio 2009.

 

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Distacco di personale,

rimborso non soggetto a IVA

Il rimborso delle spese sostenute per il distacco è escluso da Iva, ma solo con certi requisiti. Se oltre al costo complessivo del lavoro si aggiunge una qualsiasi maggiorazione, allora l’operazione è da intendersi totalmente prestazione di servizio verso corrispettivo e come tale soggetta ad Iva. Ulteriore condizione per ritenere applicabile il non assoggettamento a Iva del costo del personale distaccato è il legame di lavoro dipendente con il distaccante. In caso contrario le somme sono soggette a Iva presumendosi sempre l’esistenza di un corrispettivo.

Il rimborso del solo costo del prestito o distacco di personale dipendente non rileva ai fini dell’imposta sul valore aggiunto (art.8 comma 35 legge 67/88). Le spese per lavoro subordinato comprendono oltre alla retribuzione anche gli oneri previdenziali ed assistenziali. Delle stesso tenore la risoluzione n. 502712/73, la n. 500160/74, la n. 411847/81 e la n. 346/02 con le quali si prevede che la condizione necessaria per non assoggettare ad Iva è l’assenza di un corrispettivo. Nel caso in cui, invece, in sede di rimborso il costo del lavoro dipendente risulti maggiorato, l’intero importo diventa assoggettabile a Iva.

 

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Distacco e riflessi sull’IRAP

Il trattamento del distacco ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive di cui al D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, consiste nella sostanziale neutralità dell’operazione come affermato sin dal 1998 dal Ministero delle Finanze che ha fornito istruzioni con circolare n.263 del 12 novembre 1998.

In buona sostanza permane il principio cardine dell’IRAP secondo il quale il costo del lavoro rimane indeducibile dal valore della produzione e di converso sono intassabili i rimborsi del costo del lavoro ricevuti dal distaccante.

Principio che deriva dal fatto che anche le somme corrisposte a lavoratori in distacco sono da considerarsi costo del lavoro da indicare in bilancio nella voce B9) del conto economico sia per il distaccante che per il distaccatario.

Per il distaccante perché nel costo del lavoro da questi sostenuto vi rientra naturalmente anche quello corrisposto al lavoratore durante il temporaneo periodo di distacco.

Per il distaccatario perché il costo sostenuto per il rimborso a titolo di recupero degli oneri relativi al personale distaccato è considerato comunque costo del lavoro. Giova ricordare a tal proposito che il Documento interpretativo n.1 del Principio Contabile nazionale n.12 del 13 luglio 2005 indica espressamente che l’impresa distaccataria o che utilizza il lavoratore deve indicare il rimborso erogato al soggetto distaccante tra i costi del personale dipendente classificati nella voce B9 del conto economico.

Quindi, il soggetto distaccante ed il soggetto distaccatario considerano il costo sostenuto per il periodo di distacco quale costo del lavoro con conseguente esclusione fra i componenti negativi ai fini dell’IRAP da scomputare dal valore della produzione. Naturalmente, rimangono salvi i casi in cui il costo sia deducibile perché trattasi di contratti o soggetti che consentono per loro natura la deduzione; ad esempio, lavoratori assunti contratto d’apprendistato, di inserimento, disabili.

Per quanto concerne il distaccatario, le somme da questi corrisposte a titolo di rimborso al distaccante, sono da considerarsi intassabili perché è indeducibile il relativo costo.

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Conseguentemente, debbono essere inserite in diminuzione del valore della produzione da assoggettare a tassazione.

In particolare, se ad esempio il contribuente compila il quadro IQ, li indicherà al rigo IQ 37, colonna 2 per neutralizzare ai fini della tassazione IRAP l’importo ricevuto dal distaccante.

Tale principio è stato confermato dall’Agenzia delle Entrate anche dopo le modifiche apportate dalla legge 24 dicembre 2007, n.244 che ha abrogato il comma 2 dell’articolo 11 del decreto legislativo n.446/1997.

L’Agenzia delle Entrate, infatti, con risoluzione n.2/DPF del 12 febbraio 2008, ha evidenziato che tale abrogazione non sottende alcuna volontà legislativa di cambiare l’impostazione sostanziale della neutralizzazione delle somme ricevute a titolo di rimborso dei costi retributivi e contributivi e, per il soggetto distaccatario o che impiega il lavoratore, la indeducibilità del costo del lavoro sostenuto dal distaccante. La volontà del legislatore è stata quella di attuare una semplificazione del testo normativo, eliminando una regola già desumibile a livello sistematico.

La stessa Agenzia ha ricordato che il criterio della neutralità riguarda anche il trattamento delle somme eccediti il mero rimborso degli oneri retributivi e contributivi nonché quelle riguardanti il riconoscimento delle deduzioni previsti dall’articolo 11 del D.Lgs. n.446/1997. Analoga interpretazione è stata fornita con risoluzione n.35/E del 6 febbraio 2009.

Quanto ai contributi INAIL, che ai fini IRAP sono deducibili interamente, potranno essere la deduzione spetta al datore di lavoro che utilizza il personale.

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Faq (le domande più frequenti) Quesito: distacco fra aziende e benefici contributivi del: 24 maggio 2007

Quesito Un’impresa vorrebbe distaccare dei dipendenti, assunti ai sensi della L407/90 art .8 co .9 , ad

un'altra azienda che ha la stessa compagine societaria, per necessità lavorative connesse alla attività di quest’ultima. Nello specifico si tratta di due aziende che operano nel settore della ristorazione e pubblici esercizi. E’ ammissibile una soluzione del genere senza incorrere in eventuali contestazioni soprattutto sul piano delle agevolazioni relative ai contributi previdenziali ed assicurativi?

Risposta

Il distacco si realizza quando un datore di lavoro, per soddisfare un proprio interesse, pone temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione di altro soggetto per l’esecuzione di una determinata attività lavorativa.

Il datore di lavoro è tenuto a comunicare il distacco al Centro per l’impiego competente entro 5 giorni (art.1 comma 1183 L. 296/2006).

Il datore di lavoro distaccante rimane responsabile del trattamento economico e normativo a favore del lavoratore. E’ ammesso tuttavia un rimborso da parte del distaccatario (Cassazione SU 13 aprile 1989 n. 1751)

Anche il trattamento contributivo che deve essere adempiuto in relazione all’inquadramento del datore di lavoro distaccante, è a carico di quest’ultimo.

Pertanto, dato che il trattamento contributivo rimane a carico del distaccante non vi sono problemi di contestazioni ai fini previdenziali ed assistenziali

____________________________________________________________ 

Quesito: Comunicazione on line in caso di distacco del: 08.04.2008

Quesito Nel caso di comunicazione on-line di un distacco di un lavoratore da una azienda ad un'altra

dello stesso gruppo: 1°, comunicazione da parte del distaccante con la data di inizio distacco, effettuato ai sensi della

normativa vigente, senza indicazione di fine distacco, infatti nel modello non è prevista l'indicazione della data di fine distacco;

2°, come possiamo comunicare il termine del distacco presso l'azienda distaccataria ed il rientro nell'azienda distaccante, quando non è prevista una comunicazione di fine distacco?

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Dobbiamo procedere con un trasferimento, come ci è stato suggerito dal Centro per l'Impiego?

Risposta Nel documento Modelli e regole del Ministero del lavoro si legge per quanto riguarda il Modello

Unilav Quadro trasformazione (paragrafo 2.3.6): “Questa sezione viene compilata nei casi di trasformazione del rapporto di lavoro, di

trasferimento del lavoratore, di distacco del lavoratore. Nel caso in cui il rapporto di lavoro è oggetto di più tipologie di trasformazione (esempio

trasformazione contestuale del rapporto di lavoro da tempo determinato parziale a tempo indeterminato pieno), il modulo deve essere compilato ed inviato per ogni singola tipologia di trasformazione.

Ad eccezione del campo “data inizio” tutti i campi si riferiscono al rapporto di lavoro dopo la sua trasformazione.

Campi e significato

Data trasformazione Si inserisce la data in cui ha inizio il rapporto di lavoro trasformato

Codice trasformazione Si inserisce la tipologia della trasformazione del rapporto di lavoro, selezionandola dalla tabella “co_trasformazionerl”

Data Inizio Si inserisce la data in cui ha avuto inizio il rapporto di lavoro originario oggetto della trasformazione

Data fine rapporto Si inserisce la data di fine rapporto del contratto trasformato, eccetto i casi in cui la trasformazione è a tempo indeterminato. In caso di distacco si inserisce la data di fine distacco. Qualora lo stesso venga prorogato è necessario effettuare una nuova comunicazione di trasformazione per distacco

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Ente previdenziale Si inserisce l’Ente Previdenziale, al quale vengono versati i contributi previdenziali a favore del lavoratore, selezionandolo dalla tabella “co_entiprevidenziali” Il campo identifica l’Ente Previdenziale a cui trasferire la comunicazione.

Codice ente previdenziale Si inserisce il codice rilasciato dall’Ente Previdenziale (esempio matricola INPS) indicato al campo precedenti

 Pertanto per indicare la data di fine distacco occorre compilare il campo data di fine rapporto Il documento Modelli e Regole è prelevabile al seguente link: http://www.lavoro.gov.it/NR/rdonlyres/E45703E9-2BC6-4880-988D-

358828283712/0/ModellieRegole.pdf ____________________________________________________________ 

Quesito: Prestiti di personale dipendente del: 30.05. 2008

Quesito E’ possibile che uno dei professionisti sia titolare del rapporto di lavoro della segretaria e che

questa venga “utilizzata” (prestata) agli altri colleghi (non associati)?. Mi sembra di capire che il problema possa essere risolto mediante l’istituto del “distacco” di cui

all’art. 30 del Dlgs. 276/2003. Risposta

Il distacco si realizza quando un datore di lavoro, per soddisfare un proprio interesse, pone temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione di altro soggetto per l’esecuzione di una determinata attività lavorativa

Il lavoratore può svolgere la sua prestazione presso il distaccatario anche solo parzialmente, continuando a svolgere presso il distaccante la restante parte della prestazione.

Il distacco è ammesso anche per i lavoratori a termine, nel rispetto dei limiti di validità del rapporto (Risposta Interpello Min. Lav. 12 aprile 2005 prot. n. 387).

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In generale il distacco è considerato legittimo, a condizione che sussista l’interesse del datore di lavoro distaccante e che il lavoratore sia messo temporaneamente a disposizione del distacccatario. Non è richiesto il consenso del prestatore di lavoro ( Circ. Min Lav. 24 giugno 2005 n. 28)

Il concetto di temporaneità coincide con quello di non definitività, indipendentemente dall’entità della durata del periodo distacco. Resta fermo che la durata deve funzionale alla persistenza dell’interesse del distaccante.

Nel caso descritto abbiamo un professionista mette a disposizione le prestazione di un proprio dipendente anche a favore di altri professionisti, a parere dello scrivente l’unico istituto utilizzabile è il distacco.

____________________________________________________________ 

Quesito: Comunione d’uso fra professionisti Del: 27 febbraio 2009

Quesito Un dottore in odontoiatria “A”, nel 2002 ha preso in locazione da un privato un immobile; ha

provveduto alla sua integrale ristrutturazione trasformandolo in studio odontoiatrico; ha acquistato l’attrezzatura ed i macchinari specifici per l’attività; ha assunto il personale dipendente ed infine ha stipulato con i fornitori i contratti relativi all’acquisto del materiale d’uso ed all’utilizzo di tutti i servizi necessari per svolgere l’attività come professionista individuale.

Ora nel 2009 vorrebbe fare utilizzare alla sorella, anch’essa dottore in odontoiatria “B”, la stessa struttura stipulando un contratto in parte atipico denominato “COMUNIONE D’USO E DIVISIONE SPESE COMUNI TRA PROFESSIONISTI” caratterizzato da una pluralità di prestazioni finalizzate a supportare lo svolgimento dell’attività lavorativa come professionista individuale.

a) COMUNIONE D’USO Verrebbe costituita una “comunione d’uso” a titolo gratuito o a titolo oneroso avente per

oggetto il diritto reale d’uso in comune dei beni mobili strumentali di proprietà di ogni professionista. La comunione di godimento verrà estesa anche ai beni mobili strumentali acquistati da ciascun partecipante successivamente alla stipula del contratto. I professionisti inoltre convengono di non alienare a terzi la proprietà dei beni conferiti in comune godimento per tutta la durata del contratto, prevedendo un opzione per riacquistare la piena proprietà del bene a titolo gratuito.

Ciascun partecipante infine contribuirà alla spese necessarie per l’impiego e la manutenzione dell’efficienza dei beni e qualora dette spese siano sostenute da un solo contraente, questi avrà diritto al rimborso da parte dell’altro in ragione della quota di partecipazione alla comunione, con regolare fattura soggetta ad I.V.A. ad aliquota ordinaria.

b) DIVISIONE SPESE COMUNI TRA PROFESSIONISTI Il dottor “A” che ha già stipulato a suo tempo i seguenti contratti: 1) locazione di studio professionale;

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2) utenza telefonica; 3) somministrazione energia elettrica ed acqua; 4) contratti d’opera intellettuale (commercialista, consulente del lavoro, chirurgo

maxilofacciale); 5) contratto assistenza e manutenzione ascensore; 6) contratto assistenza e manutenzione hardware e software; 7) contratti di lavoro con il personale dipendente (evidenziando che sotto l’aspetto

contrattualistico la fornitura di servizi complessa non può configurare né la fattispecie del “DISTACCO” ne quella della “SOMMINISTRAZIONE” del personale per mancanza dei presupposti di legge);

si obbliga a consentire che i servizi resi in esecuzione dei suddetti contratti siano utilizzati anche

dalla professionista “B”, secondo le esigenze dell’attività professionale da ciascuno di essi esercitata.

Le spese relative ai servizi inerenti i contratti saranno sostenute secondo le quote di partecipazione alla comunione d’uso dei beni mobili strumentali oppure in altra misura stabilita di comune accordo tra le parti. Il professionista “A” intestatario dei contratti provvederà ad emettere fattura soggetta ad I.V.A. ad aliquota ordinaria all’altra professionista “B” non intestataria.

DOMANDE: Si chiede: a) si ritiene lecito stipulare il contratto come definito più sopra (in sostanza si

fornisce la struttura completa di beni, servizi e personale) ? b) di analizzare il trattamento ai fini I.V.A. per i professionisti “A” e “B” (vedasi

C.M. 5/11/2002 n. 346/E) e confermare inoltre se le somme rimborsare dagli utilizzatori comportano una riclassificazione in diminuzione del costo sostenuto dal professionista intestatario dell’utenza come chiarito dalla C.M. 18/06/2001 n. 58/E ?

c) di analizzare il trattamento ai fini dell’eventuale IMPOSTA DI REGISTRO ? d) di analizzare il trattamento ai fini delle IMPOSTE DIRETTE per i professionisti

“A” e “B” e confermare che nella fattispecie è da escludere la presenza di un contratto di locazione, ritenendo che tali fattispecie realizzi più propriamente una prestazione di servizi generica che ai fini delle disposizioni sui redditi concorre alla formazione del reddito di lavoro autonomo a titolo di “RIMBORSO SPESE”, come chiarito dalla C.M. 12/E/2007 ?

e) potrebbe l’amministrazione finanziaria considerare la fornitura di prestazione di servizi complessa un’attività d’impresa e non un mero rimborso spese del lavoro

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autonomo, considerando il professionista anche imprenditore con tutte le conseguenze del caso ?

f) il prestito di personale dipendente così configurato potrebbe essere contestato in caso di controlli da parte degli ispettori del lavoro per la violazione delle normative giuslavoristiche ?

Risposta

Accanto alle ipotesi classiche di associazioni fra professionisti, vi è la c.d. “comunione d’uso”. Tale forma di esercizio della professione si verifica nel caso in cui più professionisti ripartiscono solo le spese e usano i beni in comune.

Il reddito che si determina in capo ai singoli professionisti rimane reddito di lavoro autonomo.

Nella prassi, si possono verificare le seguenti situazioni: 1. stipula dei contratti individualmente. 2. cointestazione dei contratti.

Dal punto di vista fiscale, le predette modalità operative si differenziano per i diversi

risvolti in materia di riaddebito dei costi ai fini IVA.( Circolare Agenzia delle entrate n 58/E del 12.06.01).

Nel primo caso (stipula dei contratti individualmente), i singoli professionisti utilizzano servizi relativi a contratti stipulati individualmente (ad esempio, due professionisti che stipulano, uno il contratto di locazione dei locali e l'altro quello dei servizi telefonici).

Pertanto, il professionista intestatario delle forniture di servizi dovrà poi ripartire tali spese, pro-quota, tra gli altri professionisti. In tal caso, il riaddebito di spese dovrà avvenire attraverso l'emissione di una fattura da assoggettare ad IVA.

Essa costituisce una componente di reddito in capo al professionista che la emetterà (reddito che però risulterà del pari annullato per effetto del preventivo sostenimento del costo da parte di quello stesso professionista, quindi senza svantaggi fiscali a carico dello stesso).

Nel secondo caso (cointestazione dei contratti), i professionisti si intestano tutti i contratti nonché i beni strumentali.

Ogni professionista, pertanto, detrae la propria quota di spesa (e di IVA), senza che ci sia alcuna fatturazione tra i professionisti stessi.

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Il distacco si realizza quando un datore di lavoro, per soddisfare un proprio interesse, pone temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione di altro soggetto per l’esecuzione di una determinata attività lavorativa.

Il lavoratore può svolgere la sua prestazione presso il distaccatario anche solo parzialmente, continuando a svolgere presso il distaccante la restante parte della prestazione.

Il distacco è ammesso anche per i lavoratori a termine, nel rispetto dei limiti di validità del rapporto (Risposta Interpello Min. Lav. 12 aprile 2005 prot. n. 387).

In generale il distacco è considerato legittimo, a condizione che sussista l’interesse del datore di lavoro distaccante e che il lavoratore sia messo temporaneamente a disposizione del distacccatario. Non è richiesto il consenso del prestatore di lavoro ( Circ. Min Lav. 24 giugno 2005 n. 28).

Il concetto di temporaneità coincide con quello di non definitività, indipendentemente dall’entità della durata del periodo distacco. Resta fermo che la durata deve funzionale alla persistenza dell’interesse del distaccante.

Nel caso descritto abbiamo un professionista mette a disposizione le prestazione di un proprio dipendente anche a favore di altri professionisti, a parere dello scrivente l’unico istituto utilizzabile è il distacco.

Occorre precisare che il riaddebito, nel caso di distacco o prestiti del personale dipendente, non è rilevante ai fini Iva a fronte dei quali è versato solo il rimborso del relativo costo (retribuzione, oneri sociali). (Art. 8, comma 35, L.11.03.1988 n. 67 e Cassazione 6.3.96 n.1788, si vedano anche le risoluzioni dell’Agenzia delle entrate n.152 del 5.6.1995 e n.346 del 5.11.2002).

Pertanto il riaddebito del costo del personale non è rilevante ai fini IVA, a seguito del rimborso delle retribuzione e dei contributi sociali sarà emessa una ricevuta da parte del titolare del rapporto di lavoro.

Infine per quanto riguarda l’imposta di registro dato che i professionisti intendono solo ripartire delle spese e usare dei beni in comune non è necessario stipulare alcun atto societario, poiché ogni professionista esercita individualmente la propria attività si dovrà procedere alla registrazione solo in caso d’uso o volontariamente.

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Quesito: IPAB – libro unico del lavoro

Del: 17 marzo 2009 Quesito

1) Una I.P.A.B. (Istituto Pubblico di Assistenza e Beneficenza) utilizza, alle proprie dipendenze, per 18 ore settimanali, un dipendente di un altro Comune, ai sensi dell’art. 14 del C.C.N.L. Comparto Regioni Autonomie Locali, sottoscritto il 22/01/2004. Il servizio è disciplinato da un’apposita convenzione ed il compenso, commisurato alle ore effettuate, è versato direttamente al Comune di appartenenza del dipendente, che gestisce il rapporto giuridico ed economico. Tanto premesso, l’I.P.A.B. è tenuta al rilascio del cedolino? In caso affermativo, quali dati e quali precisazioni occorre annotare sul cedolino, tenuto presente che il compenso viene versato direttamente al Comune di appartenenza del lavoratore?

2) La medesima I.P.A.B. autorizza i propri dipendenti ad effettuare lavoro straordinario che provvede a compensare, in parte con il relativo compenso e, per la parte eccedente il monte ore autorizzato, con il fondo incentivante la produttività, previa intesa con le organizzazioni sindacali in sede decentrata. Poiché l’intesa non viene formalizzata all’inizio dell’anno, la liquidazione delle ore di lavoro straordinario, viene effettuata in tempi successivi rispetto alle prestazioni rese (Es. 10 ore effettuate in gennaio vengono liquidate in maggio). Tanto premesso, è corretto indicare sul libro unico di gennaio le ore di lavoro straordinario rese, in assenza dei corrispondenti compensi? E’ necessario fare delle annotazioni sul libro e quali?

Risposta

Sono esclusi dalla tenuta del libro unico del lavoro i datori di lavoro appartenenti alla Pubblica Amministrazione la cui definizione è contenuta nell’articolo 1, comma 2 del D.lgs 165/2001, ovvero:

- tutte le amministrazione dello Stato; - gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative; - le aziende ed amministrazione dello Stato ad ordinamento autonomo; - le Regioni, le Provincie, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e

associazioni; - le istituzioni universitarie; - gli Istituti autonomi case popolari;

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- le Camere di commercio e loro associazioni; - le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale; - L’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni; - le Agenzie di cui al Dlgs n. 300 del 30 luglio 1999.

Pertanto le IPAB sono tra i datori di lavoro per cui vige l’obbligo della tenuta del libro

unico del lavoro. Ne consegue: 1) La circolare n. 20/2008 ha affermato che in caso di lavoratori in somministrazione

e distaccati anche per l’azienda utilizzatrice sussiste l’obbligo di iscrivere il lavoratore nel proprio libro unico annotando il nome, cognome, codice fiscale, qualifica, libello di inquadramento contrattuale e agenzia di somministrazione o datore di lavoro distaccante. Pertanto nel caso in oggetto l’IPAB è tenuta ad elaborare per questo lavoratore il libro unico del lavoro indicando annotando il nome, cognome, codice fiscale, qualifica, libello di inquadramento contrattuale e agenzia di somministrazione o datore di lavoro distaccante. Il Principio n. 15 della fondazione studi, come chiarito anche e dal Ministero del lavoro sempre con la circolare n. 20/2008 e dal vademecum, Sezione B, risposta 5, ha sottolineato che non si tratta di un obbligo di legge ma di un adempimento da svolger in forza ad un mero principio di collaborazione con gli organi di vigilanza, finalizzato ad evitare forma di impiego irregolare. In questo contesto, le registrazione dei somministrati e dei distaccati nel libro unico possono essere realizzate senza particolare obbligo di formato, e in particolare anche in forma di elenco, il cui elaborato sarà da ricomprendersi nella numerazione sequenziale de libro unico, purché l’elenco contenga per ciascun soggetto tutti i dati richiesti (vademecum, Sezione B risposta 7).

2) Nel caso descritto siamo di fronte all’utilizzo del calendario sfasato. L’art 1, comma 3 del DM 9 luglio 2008 afferma che: “Fermo restando gli altri obblighi di cui ai commi 1 e 2 dell’articolo 39 del decreto – legge 25 giugno 2008, n. 112. la registrazione dei dati variabili delle retribuzioni può avvenire con un differimento non superiore ad un mese, a condizione che di ciò sia data precisa annotazione sul libro unico del lavoro.” Il Ministero del lavoro, in un’ottica di completa semplificazione ha affermato che il calendario sfasato può riguardare l’intero mese di paga o parte di esso (vademecum, Sezione A, risposte 17 e 18). Qualora ciò non fosse evidenziato si incorrerebbe nelle sanzioni per irregolare tenuta del libro unico. Pertanto nel caso in oggetto il differimento non potrà essere superiore al mese e

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sul libro unico dovranno essere indicate le variabili retributive del mese precedente e le presenze del mese di riferimento.

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Quesito: Distacco del: 04 dicembre 2008

Quesito Distacco di lavoratori di Impresa artigiana (sas) che svolge attività di pasticceria

presso altra impresa artigiana (Ditta Individuale) che svolge la stessa attività. Circa la norma del Distacco di Lavoratori con particolare riferimento ad un'Azienda

del settore alimentari artigiani (attività svolta: Pasticceria) si chiede: 1. Se possibile il distacco dei Dipendenti di questa pasticceria (trattasi di una Sas)

c/o altra pasticceria (trattasi di Impresa Individuale) per lo svolgimento dell'attività lavorativa c/o quest'ultima. Si fa presente che le due ditte sopra indicate hanno sede legale ed operativa nello stesso Comune;

2. In caso affermativo, qual è la procedura da seguire relativamente ad eventuali comunicazioni c/o gli Enti preposti (Centro Territoriale per l'Impiego, Inail, Inps).

Risposta

L’articolo 30 del D.lgs n.276/2003 ha introdotto una definizione legale del “distacco” ed ha previsto che l’ipotesi, legittima, di distacco si configura quando un datore di lavoro, per soddisfare un proprio interesse, pone temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione di altro soggetto per l’esecuzione di una determinata attività lavorativa. Pertanto la liceità del distacco si riscontra quando persistono i requisititi di: interesse del distaccante e la temporaneità del distacco.

Il distacco può avvenire solo in presenza di un interesse del datore di lavoro distaccante alla realizzazione della prestazione del lavoratore presso un soggetto terzo. Tale requisito, secondo l’interpretazione ministeriale, può consistere in qualsiasi interesse produttivo del distaccante che non deve coincidere però con quello della mera somministrazione di lavoro altrui.(Ministero del lavoro circolare n. 15 gennaio 2004 n. 3).

La scelta del legislatore di non limitare il novero degli interessi che possono giustificare il ricorso al distacco induce a ritenere che il distacco sia lecito ogni volta che il datore di lavoro ritenga di trarre dal distacco un’utilità, per la propria impresa, diversa da quelle di realizzare una mera somministrazione di manodopera. Pertanto la verifica della

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reale sussistenza dell’interesse non può quindi che essere volta caso per caso, anche se è possibile a priori stabilire alcuni criteri.

Innanzitutto, l’interesse deve essere “proprio” del datore di lavoro, e cioè deve essere collegato alla sua attività imprenditoriale, qualora il distacco si ponesse in evidente e insanabile contratto con le finalità proprie dell’oggetto sociale, o con le ragioni che hanno indotto la società ad assumere il dipendente, sarebbe molto difficile asserire l’esistenza di un interesse. Inoltre, l’interesse non può consistere nella realizzazione stessa del distacco, concepito come somministrazione di manodopera da cui il datore intenda trarre un profitto economico, in quanto in tal caso si realizzerebbe una fattispecie di somministrazione di manodopera non autorizzata; allo stesso modo non può ritenersi legittimo un interesse alla realizzazione di finalità fraudolente o comunque, anche indirettamente, diretta alla riduzione dei trattamenti dovuti al lavoratore (si veda la circolare n. 28 del 24 giugno 2005 e principio n. 7 della Commissione dei Principi Interpretativi norme in materia di lavoro della Fondazioni Studi).

Il concetto di temporaneità coincide con quello di non definitività, indipendentemente dall’entità della durata del periodo di stacco. Resta fermo che la durata deve essere funzionale alla persistenza dell’interesse del distaccante.

Il datore di lavoro distaccante rimane responsabile del trattamento economico e normativo del lavoratore, nonché del pagamento dei contributi previdenziali e assistenziali che debbono essere corrisposti in relazione all’inquadramento del datore di lavoro distaccante.

Sempre Il datore di lavoro è tenuto a comunicare in via telematica il distacco al Centro per l’impiego competente entro 5 giorni (art. 1, c. 1183, L. 296/2006).

Dalla domanda non si evince il particolare interesse produttivo per cui l’impresa artigiana in forma sas debba distaccare il lavoratore presso l’altra impresa, pertanto dagli elementi forniti non si può considerare come distacco lecito.