Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative...

95
L’attività imprenditoriale degli immigrati: integrazione e imprese creative Giacomo Solano „This project is implemented through the CENTRAL EUROPE Programme co- financed by the ERDF.”

description

Il report riassume i risultati di una ricerca condotta a Genova sugli imprenditori/lavoratori autonomi immigrati nell'ambito del progetto europeo "Creative Cities".Nel caso si volesse citare:Solano G. (2012), L’attività imprenditoriale degli immigrati: integrazione e imprese creative, report.

Transcript of Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative...

Page 1: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

L’attività imprenditoriale degli immigrati: integrazione e imprese creative

Giacomo Solano „This project is implemented through the CENTRAL EUROPE Programme co-financed by the ERDF.”

Page 2: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

con la collaborazione di

Chiara Fasce, Enrico Fravega e Marianna Mattera

Un ringraziamento sentito va ai protagonisti di

questo report: gli imprenditori e i lavoratori

autonomi stranieri

Grazie a:

Abdullah, Abess, Adil, Alemao, Attia, Axel, Bamba,

Carmen, Cheikh, Desiré, Esmeraldas, Gabriel,

Gueye, Hamid, Honorine, Issa, Juan, Michel, Mina,

Monica, Muhammad, Nabil, Patrizia, Peixing,

Poongalya, Rabia, Rahma, Yedong, Youssef,

Zammeli

Page 3: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

Indice

1. Introduzione: riferimenti teorici di partenza e metodologia della ricerca 1

1.1. Osservazioni preliminari 1

1.2. Obiettivi e metodologia della ricerca 7

2. Parte I: percorsi di imprenditoria e integrazione degli stranieri 10

2.1. Il profilo socio-anagrafico degli intervistati e le tipologie di imprese 10

2.2. Prima dell’Italia: motivazioni e profilo pre-immigrazione 20

2.3. L’inizio in Italia 23

2.4. L’inizio dell’attività 25

2.5. I percorsi imprenditoriali: fra fragilità e espansione? 28

2.6. Nello svolgimento dell’attività: dipendenti, fornitori e clientela 30

2.7. L’impatto dell’attività: situazione economica e lavorativa 38

2.8. Le relazioni: frequenza, tipologia dei rapporti e impatto dell’attività 41

2.9. Inserimento e interesse per realtà italiana 52

2.10. Le capacità linguistiche e burocratiche 53

2.11. Le specificità personali 54

2.12. Aspirazioni per il futuro 57

3. Parte II: Percorsi di imprenditoria creativa degli stranieri 60

3.1. Parte Generale 60

3.1.1 Il profilo socio-anagrafico degli intervistati e le tipologie di imprese 60

3.1.2 Prima dell’attività autonoma 66

3.1.3 Nello svolgimento dell’attività: dipendenti, fornitori e clientela 68

3.1.4 L’impatto dell’attività: situazione economica e abitativa 70

3.1.5 Le relazioni: frequenza, tipologia dei rapporti e impatto dell’attività imprenditoriale 71

3.2. Parte specifica sul lavoro creativo 73

3.2.1. Aspetti di creatività, competenze e sviluppo futuro 73

3.2.2. Imprenditori creativi e caratteristiche del luogo di lavoro 76

Riferimenti bibliografici 82

Page 4: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

1

Report di ricerca

L’attività imprenditoriale degli immigrati:

integrazione e imprese creative

nell’ambito del progetto europeo “Creative Cities – Città creative”- Genova

Giacomo Solano1

1. Introduzione: riferimenti teorici di partenza e metodologia della ricerca

1.1. Osservazioni preliminari

Prima di illustrare la metodologia e i risultati della ricerca è opportuno fornire alcuni

preliminari e brevi riferimenti di carattere teorico.

Innanzitutto per imprenditore si intende “colui che gestisce un’impresa con dei collaboratori o

che svolge un’attività con un cerco grado di autonomia sul mercato”2.

Si può quindi vedere come la definizione di imprenditore qui proposta si avvicini molto a

quella di lavoratore autonomo. L’attività imprenditoriale deve essere quindi intesa come

“attività indipendente”.

Parlando di integrazione dei migranti è opportuno innanzitutto specificare inoltre cosa si

intende con questo termine visto che indica un concetto sempre controverso e non privo di

ambiguità: si è scelta una definizione “minimalista” dell’integrazione, intendendola nel senso

di inserimento ottimale, e cioè la condizione di un immigrato di sapersi “muovere” nella

società di arrivo (sia nella vita quotidiana che in caso di bisogni particolari), e infine di

sentirsi accettato e percepirsi parte (pur mantenendo le proprie specificità) di una collettività3.

1 Laureato in Scienze Politiche presso l’Università degli Studi di Genova, attualmente è dottorando in Urban and

Local European Studies (Urbeur) presso il Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università degli

Studi di Milano–Bicocca. 2 Codagnone C., (2003), Imprenditori immigrati: quadro teorico e comparativo, Chiesi A. M., Zucchetti E. (a

cura di) (2003), Immigrati Imprenditori. Il contributo degli extracomunitari allo sviluppo della piccola impresa

in Lombardia, Egea, Milano, p. 34. 3 Quando si parla di “sentirsi parte di una società” non si deve intendere questo nei termini in cui lo intendeva la

teoria del melting pot, bensì semplicemente il fatto di interessarsi, anche prendendovi parte ma non solo, e di

sentirsi partecipe degli avvenimenti generali che avvengono e coinvolgono tale collettività.

Page 5: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

2

Pennix e Martiniello propongono una definizione di integrazione che si confà perfettamente al

tentativo di “minimizzare” tale concetto: integrazione come “il processo del divenire una

parte accettata della società”4.

Per quanto riguarda le tipologie di imprese, ci si baserà sul seguente schema5:

Tab. 1 Tipologia dell’imprenditoria immigrata

Mercato Prodotto

Etnico Convenzionale (non etnico)

Etnico a) Impresa etnica b) Impresa intermediaria

Misto c) Impresa etnica allargata d) Impresa prossima

Generalistico e) Impresa esotica f) Impresa aperta

Questo schema, come si può vedere, distingue fra imprese che offrono prodotti e servizi alla

popolazione immigrata e imprese che li offrono ad una popolazione mista, e fra imprese che

offrono prodotti connessi al paese di origine degli immigrati e imprese che offrono beni non

riconducibili a tale origine.

L’impresa etnica è quell’impresa che si caratterizza per la vendita di beni, prodotti e servizi

che nascono per soddisfare le esigenze della popolazione immigrata: un esempio possono

essere le macellerie che offrono carne hallal, macellata cioè secondo i dettami della religione

islamica.

Le imprese intermediarie sono quelle imprese che svolgono servizi non di carattere “etnico”

ma legati comunque alla popolazione immigrata: un esempio di questa tipologia di impresa

sono i cosiddetti phone centers.

L’impresa etnica allargata fornisce beni e prodotti di carattere “etnico” ma la clientela è mista,

visto che oltre che da stranieri sono “frequentate” anche da autoctoni che vogliono avere

accesso a prodotti normalmente non disponibili sul mercato nazionale (un esempio sono i

4 Pennix R., Martiniello M. (2007), Processi di integrazione e politiche (locali): stato dell’arte e lezioni di

policy, in “Mondi Migranti” n. 3, p. 33. 5 Ambrosini M. (2005), Sociologia delle migrazioni, Il Mulino, Bologna, p. 127, ma originariamente proposto in

Ambrosini M. (1999), Utili invasori. L'inserimento degli immigrati nel mercato del lavoro italiano, Franco

Angeli, Milano e Martinelli M. (2003), Le caratteristiche dell'attività imprenditoriale, in Chiesi A. M., Zucchetti

E. (a cura di) (2003), cit.

Page 6: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

3

minimarket dove si possono andare a comprare tipologie di prodotti provenienti da vari parti

del mondo).

Le imprese prossime sono caratterizzate da servizi specializzati per gli immigrati, ma che

possono attirare anche i nativi grazie ai bassi prezzi o alla qualità del servizio (un esempio

possono essere le agenzie di viaggio).

L’impresa esotica è poi un imprese che offre prodotti derivanti dalla tradizione del paese

d’origine del proprietario ma che viene offerta a un pubblico generalmente non straniero, che

viene attratto dalla particolarità dei prodotti offerti. É questo, per esempio, il caso dei

ristoranti tipici dei vari paesi di provenienza degli immigrati.

Infine, le imprese aperte sono quelle imprese che vendono prodotti non particolarmente legati

al paese di provenienza del titolare: in pratica di “straniero” queste imprese hanno solo il

titolare. É il caso delle aziende del settore dell’abbigliamento e della pelletteria che operano,

per esempio a Prato.

Parlando di “integrazione” e attività imprenditoriale dei migranti sembra opportuno mettere in

evidenza in via preliminare alcune cose e formulare alcune ipotesi collegate a queste

osservazioni.

A livello generale sembra che la presenza di una formale attività imprenditoriale possa

rappresentare un miglioramento nelle pratiche di “integrazione” sotto diversi punti di vista,

questo naturalmente se l’attività ha successo, in quanto purtroppo molte iniziative

imprenditoriali falliscono.

In primo luogo, a livello di “integrazione” economica, l’attività imprenditoriale permette un

miglioramento della condizione economica e di vita dell’immigrato e della sua famiglia e un

più facile inserimento nel mercato del lavoro della società di arrivo. L’immigrato riesce

infatti, attraverso il lavoro autonomo, ad uscire dalla classica tipologia di lavoro (dipendente)

dirty, dangerous, and demanding, unica tipologia solitamente accessibile ai nuovi arrivati. Ciò

ha delle ripercussioni anche in termini di classe sociale di appartenenza: attraverso

l’imprenditoria vera e propria l’immigrato, avendo successo nella propria attività, riesce a

“passare” di classe sociale, avvicinandosi a quella degli imprenditori italiani. Infatti senza

dubbio un imprenditore italiano avrà quasi le stesse problematiche e difficoltà (anche nel

rapporto e nella gestione con i propri dipendenti) di uno straniero, e questo li potrebbe rendere

solidali fra loro più che con i rispettivi connazionali subordinati. É anche vero però che alcune

volte i rapporti sono invece conflittuali (molti infatti si lamentano della concorrenza sleale che

gli stranieri fanno nei loro confronti, imponendo prezzi troppo bassi e lavorando per un

Page 7: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

4

numero di ore molto superiore all’orario “canonico”), soprattutto a livello di

microimprenditorialità e di esperienze di commercio e servizi. Però a livello di “integrazione”

lavorativa ed economica l’attività imprenditoriale è senza dubbio un fattore di miglioramento

(per quanto riguarda la posizione lavorativa, il reddito, lo stile di vita etc.).

Il miglioramento delle condizioni di vita e della quantità di denaro a disposizione

dell’imprenditore può anche favorire quella che Golini (2003) chiama “integrazione

logistico-territoriale”: infatti con i soldi guadagnati attraverso l’attività, l’imprenditore potrà

decidere di spostarsi in una zona della città meno degradata e potrà riuscire magari anche a

comprare una casa e questo aumenterà senza dubbio le possibilità della persona di sentirsi

come “a casa sua”.

Proprio questo ultimo punto sembra utile approfondire, in quanto la situazione abitativa può

avere molteplici influssi sull’“integrazione” a livello generale e più precisamente a livello

socio-culturale. Infatti una persona che abiterà in un quartiere degradato e caratterizzato dalla

forte presenza di connazionali e/o altri stranieri inevitabilmente sarà portato a interagire poco

con i residenti di più vecchio insediamento e quindi sarà anche più difficile che, da un lato,

venga accettato da chi c’è da più tempo e, dall’altro, percepisca come “suo” il paese dove si è

insediato. Invece con l’aumento delle possibilità economiche l’immigrato potrà scegliere una

sistemazione in un quartiere meno degradato e più eterogeneo e questo favorirà i contatti con

la popolazione del paese. Tutto questo, insieme alla possibilità magari di comprarsi una casa,

favorirà e incrementerà senza dubbio il sentimento di appartenenza al paese dove l’immigrato

si è trasferito.

Sempre dal punto di vista sociale e delle relazioni con i nativi, l’imprenditorialità sembra

favorire un incremento dei contatti fra autoctoni ed imprenditori immigrati. Per suffragare

questa sensazione, nel corso della ricerca si dovrà quindi andare a vedere se con l’attività

imprenditoriale si è verificato un incremento delle relazioni non solo economiche e lavorative,

ma anche delle interazioni sociali più in generale.

Proprio per questo l’attività imprenditoriale può essere un’occasione di promozione sociale

e/o una strada per uscire da quel cono di invisibilità (in termini di diritti, problematiche e

percorsi positivi) e allo stesso tempo di ipervisibilità negativa a cui sono condannati tutti gli

immigrati, contribuendo a migliorare anche l’immagine di tutto il gruppo di connazionali.

Infatti la possibilità di contatto fra immigrati imprenditori e popolazione nativa può portare i

secondi a vedere gli immigrati, o per lo meno il singolo immigrato, sotto una luce diversa,

meno legata a facili stereotipi: è risaputo infatti che se una persona ha contatti diretti

abbastanza frequenti con un fenomeno la sua visione di tale fenomeno sarà meno stereotipata

Page 8: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

5

e meno legata a facili paure e pregiudizi dovuti al fatto che, non conoscendola, spesso si

percepisce l’alterità come qualcosa di ostile e pericoloso. Non va infatti trascurato, a questo

proposito, “l’effetto di incrinatura degli stereotipi che può produrre la diffusione di

occupazioni diverse, socialmente più considerate, in termini di innalzamento dell’immagine

complessiva della popolazione immigrata, o almeno dei gruppi di appartenenza dei lavoratori

autonomi. Constatare che il negoziante, il muratore, il ristoratore, la parrucchiera che si

incontrano nella vita quotidiana provengono da lontano, può contribuire a collocare gli

immigrati in una luce diversa, più attenta alle specificità individuali e più consapevole della

pari dignità delle persone, da qualunque parte del mondo provengano” (Ambrosini, Zincone,

2005 p. 13). Si può quindi dire che “la costruzione di imprese commerciali e artigianali che si

rivolgono alla clientela italiana aiuta a correggere gli squilibri tra la caratteristica invisibilità

degli immigrati integrati nel lavoro subalterno e l’eccessiva visibilità degli immigrati

emarginati o coinvolti in attività disturbanti per la popolazione autoctona” (Ambrosini, 2001

p. 162). Si può pertanto riscontrare a livello generale una crescita in termini di esposizione

“positiva” e di visibilità sociale e conseguente aumento di interazioni positive con gli

autoctoni (rapporti con clienti, fornitori, settore finanziario etc.), anche se è pur vero che

spesso i clienti possono essere altri immigrati e i fornitori del paese di origine. A questo

proposito Ambrosini osserva che “le esperienze di imprenditoria più connotata in senso etnico

– per non dire dalla formazione di vere e proprie enclaves immigrate – pongono in rilievo la

possibilità che ad un inserimento riuscito nel sistema economico non corrisponda una

parallela “integrazione” culturale e sociale, o meglio, che dalle società occidentali gli

imprenditori immigrati assumano, […] soprattutto gli aspetti più funzionali al proprio

progetto di promozione; e che possano concepirsi, ed essere percepiti, come soggetti

marginali e appartenenti a comunità auto-referenziali, se non proprio estranei alla società di

accoglienza” (Ambrosini, 1999 p. 128). Anche altri autori condividono le perplessità di

Ambrosini (per esempio Broggi e Montelli in due differenti articoli in “Impresa e mercato”,

2002): l’“integrazione” sociale sembra rimanere infatti ancora difficoltosa e questo si può

vedere anche dalla bassa adesione a forme di rappresentanza imprenditoriale da parte degli

imprenditori immigrati. Inoltre il lavoro autonomo può anche essere un modo per rimanere

legato al proprio paese di origine e attuare forme di auto-esclusione sociale: un esempio può

essere quello dei ristoratori cinesi che hanno dipendenti esclusivamente cinesi e che servono

solo piatti del loro paese.

È però innegabile che, a livello di contatti sociali, l’immigrato imprenditore abbia più

possibilità di venire a contatto con persone fuori del proprio gruppo nazionale o clanico, e

Page 9: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

6

interagendo con loro per lavoro, la sua immagine sarà sicuramente un’immagine per lo meno

in parte (se non del tutto) positiva. Insomma attraverso l’attività imprenditoriale l’immigrato

migliora senza dubbio la sua immagine sociale: questo potrebbe avere effetti molto positivi

infatti se gli immigrati si percepiranno maggiormente coinvolti e maggiormente accettati dal

paese d’insediamento sarà sicuramente più facile che questi sviluppino un sentimento di

appartenenza al paese stesso.

Alcune ricerche (per esempio Ambrosini, Zincone, 2005 ed Erminio, 2008) hanno poi

evidenziato come gli imprenditori migranti abbiano rapporti di amicizia (o meglio affermino

di averne) con persone del luogo: a questo punto c’è però da chiedersi se sia stata l’attività

imprenditoriale a far conoscere agli immigrati tali persone oppure, visto che molte ricerche

hanno segnalato che gli imprenditori si caratterizzano per essersi stabiliti già da qualche anno

nel territorio dove poi hanno intrapreso la loro attività, sia stata la conoscenza pregressa di

persone di più lunga residenza ad agevolarne l’apertura. Probabilmente entrambe le ipotesi

sono corrette: se la seconda ipotesi è già stata confermata da alcune ricerche e quindi si dovrà

solo cercare un’ulteriore conferma di quanto rilevato da altri, per quanto riguarda la prima

ipotesi nel corso della ricerca si dovrà cercare di capire se anche questa è corretta e in quale

misura.

Infine dal punto di vista politico, difficilmente l’attività imprenditoriale sembra poter favorire

un inserimento politico da parte dei nuovi arrivati; questo per una fondamentale ragione e

cioè che il diritto di voto viene dato agli immigrati dopo alcuni anni (che variano da paese a

paese) di insediamento regolare e continuato nel paese al di là del lavoro che questi svolgono.

É quindi chiaro che l’immigrato, finché giuridicamente non avrà questa possibilità,

difficilmente si impegnerà anche in attività legate alla partecipazione politica (se non legate

alla sua condizione di immigrato). Inoltre l’attività imprenditoriale occupa molto tempo e

quindi difficilmente gli imprenditori saranno disponibili a forme di partecipazione e militanza

politica.

Page 10: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

7

1.2. Obiettivi e metodologia della ricerca

In generale si voleva investigare:

- il percorso precedente all’apertura di un’attività e il grado di inserimento degli

immigrati nel momento della decisione di diventare autonomi

- se l’attività imprenditoriale ha portato un miglioramento nella vita degli intervistati e

se ne ha aumentato l’integrazione e l’inserimento nel tessuto sociale genovese

- se si riscontrano differenze nel profilo e nelle risposte alle precedenti in base alla

tipologia di “impresa”

Da una prima analisi teorica sembra che il rapporto fra imprenditoria e “integrazione” vari da

caso a caso e sia spesso circolare ma non riesce a comprendere se questa sia rilevante nel

favorire un’“integrazione” in senso pieno. Fino ad ora praticamente nessuna ricerca si è

focalizzata solo ed esclusivamente su questo rapporto e perciò sembra utile provare a fare uno

studio esplorativo, limitato e senza la velleità che questo rappresenti tutto il caso italiano (o

genovese), ma soltanto con l’intento di aprire un dibattito su questo punto ancora poco

esplorato.

L’“integrazione” è comunque sicuramente un fattore che agevola la decisione di aprire

un’attività imprenditoriale (la maggior parte degli imprenditori risulta presente sul territorio

dove opera da almeno alcuni anni). Per evidenziare questo si dovrà andare a vedere se gli

imprenditori, prima di avviare un’attività, hanno svolto altri lavori, se si erano già insediati da

alcuni anni sul territorio e se precedentemente all’inizio dell’attività imprenditoriale e di

lavoro autonomo conoscevano e avevano rapporti di amicizia con le persone del luogo.

Più problematica, e per questo a mio avviso più interessante, appare la formulazione di una

risposta alla domanda se l’imprenditorialità favorisce l’“integrazione”. In linea di ipotesi

teorica si può così rispondere: sì ma dipende dall’attività svolta. L’ipotesi qui formulata è che

le attività che presuppongono una clientela mista (non solo connazionali o altri stranieri)

favoriscano maggiormente l’“integrazione” in termini di possibilità: possibilità di

“integrazione” in sé e di “essere accettati” anche al di fuori della sfera dei connazionali

(sviluppando anche amicizie e rapporti con persone non connazionali né straniere ma del

luogo). Sembra infatti che la vendita di certi prodotti e l’intermediazione di servizi non

“etnici” o comunque non destinati solamente ad una clientela straniera, possa diventare

un’occasione di aggregazione e di scambio “culturale”.

Page 11: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

8

Passando a parlare più nel concreto della ricerca, questa ha avuto come oggetto l’analisi dei

percorsi imprenditoriali degli stranieri e l’analisi dei percorsi di inserimento degli stessi nel

tessuto socio-economico di Genova con particolare attenzione ai soggetti economici attivi nel

campo della cosiddetta industria creativa.

La parte di rilevazione dei dati è stata svolta attraverso interviste (qualitative) con l’aggiunta

di una compilazione di un breve questionario somministrato successivamente all’intervista.

Con l’intervista si è cercato di capire il percorso imprenditoriale e la situazione a livello di

inserimento prima e dopo l’apertura dell’attività imprenditoriale, mentre con il questionario si

andrà a vedere l’autopercezione che gli imprenditori hanno per quanto riguarda i rapporti con

la società di arrivo. Il questionario verrà quindi somministrato successivamente in quanto,

essendo strutturato con domande più dirette, potrebbe poi influenzare le risposte nel corso

dell’intervista.

Nel corso delle interviste sono state approfondite le seguenti tematiche:

l’analisi dell’attività imprenditoriale e dei percorsi imprenditoriali

il rapporto degli imprenditori col territorio e con le persone che lo abitano

gli elementi di creatività e manualità degli imprenditori stranieri

Per quanto riguarda la scelta degli intervistati, partendo dallo schema di tipologie di imprese

sopra illustrato, si è scelto di intervistare 27 persone divise in maniera uguale secondo tre

fasce (ricavate dallo schema di Ambrosini e Martinelli):

- Fascia A: imprese che offrono servizi, beni, prodotti ecc. di carattere “etnico” o non

legati direttamente al paese di provenienza ma comunque destinati ad una clientela in

maggioranza di connazionali e/o di stranieri (macellerie islamiche, phone centers,

mediatori creditizi, agenzie di viaggio ecc.), comprende le tipologie “impresa etnica”,

“impresa intermediaria” e “impresa prossima”

- Fascia B: imprese che offrono servizi, beni, prodotti etc. di carattere “etnico” legati

alle esigenze della popolazione immigrata ma aventi una clientela mista, non solo di

connazionali e stranieri ma anche di altre persone, attratte dalla particolarità dei

prodotti offerti ecc. (minimarket con prodotti dall’estero, ristoranti tipici ecc.),

comprende le tipologie “impresa etnica allargata” e “impresa esotica”

- Fascia C: imprese che vendono prodotti non particolarmente legati all’essere straniero

dell’imprenditore, la cui clientela è quindi assolutamente eterogenea, in pratica solo il

titolare è straniero (pizzerie, aziende del settore dell’abbigliamento, imprese edili,

fotografi ecc.), comprende la tipologia “impresa aperta”

Page 12: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

9

Sono state svolte 30 interviste a imprenditori stranieri aventi l’attività a Genova: 27 (9 per

ogni fascia –Tabella 1-) sono state le interviste “usate” per la parte relativa all’integrazione

degli immigrati imprenditori” (solo relativamente a questa parte è stato quindi usata la

classificazione a tre fasce) e 13 (3 delle quali utilizzate solo per questa parte) quelle fatte a

imprenditori creativi.

Tab. 2 Le 27 interviste per fascia

Fascia di attività Frequenza

Fascia A (beni e prodotti

solo per immigrati) 9

Fascia B (beni "etnici"

ma clientela mista) 9

Fascia C (beni e prodotti

generici) 9

Totale 27

Come si sarà già capito la ricerca è quindi divisa in due parti, una relativa alla connessione fra

attività imprenditoriale e integrazione degli immigrati e l’altra relativa alla creatività degli

stranieri imprenditori: proprio per questo si è deciso di analizzare separatamente i risultati

emersi per ogni categoria (anche se 10 soggetti appartengono ad entrambe), analizzando

prima i risultati delle 27 interviste e poi focalizzandosi sulle 13 della parte relativa alla

creatività.

Infine, le interviste sono svolte principalmente nella zona del centro storico (Municipio

Centro Est), ma queste sono state fatte anche in altre zone (in particolare nei Municipi:

Ponente, Medio Ponente, Centro Ovest, Medio Levante). La posizione territoriale all’interno

di Genova non è stata considerata rilevante e quindi non si è fatta attenzione a diversificare

più di tanto le area di reperimento degli intervistati.

Page 13: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

10

2. Parte prima: percorsi di imprenditoria e integrazione degli stranieri

In questa prima parte si farà quindi riferimento al profilo dei 27 intervistati e ai risultati

emersi da tali interviste.

2.1. Il profilo socio-anagrafico degli intervistati e le tipologie di imprese

Dei 27 intervistati, 17 sono maschi e 10 femmine; per quanto riguarda l’età (prendendo come

riferimento l’anno 2011), la maggioranza degli intervistati ha fra i 36 e i 45 anni (14), con una

buona percentuale di persone fra i 46 e i 55: questo conferma6 il fatto che solitamente gli

imprenditori stranieri hanno un’età superiore ai quarant’anni (anche se non si vede dalla

tabella sottostante, dall’analisi delle età non divise in classi, emerge che due terzi degli

intervistati ha più di quarant’anni).

Tab. 3 Distribuzione per classi di età degli intervistati

Classe di età Frequenza

18-25 0

26-35 2

36-45 14

46-55 8

56-65 3

+65 0

(N=27)

6 Quando si usa il vocabolo confermare (i risultati delle precedenti ricerche) non si intende dire assolutamente

che quanto emerge dalle tabelle riportate sia rappresentativo o indicativo di una qualsivoglia popolazione

(esempio: imprenditori stranieri genovesi) ma solo che nella casualità della selezione degli intervistati (per età,

differenza apertura azienda e anno di arrivo ecc.) comunque si riproduce una situazione già messa in evidenza da

ricerche precedenti.

Page 14: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

11

Fig. 1. Distribuzione per classi di età degli intervistati

Nel corso della ricerca si è cercato di variare la nazionalità degli intervistati in modo da non

focalizzarci su persone provenienti da uno stesso paese o da uno stesso continente. Sono stati

intervistate quindi persone provenienti da 16 stati differenti: Argentina (1), Brasile (1), Cina

(2), Costa d’Avorio (1), Ecuador (4), Egitto (1), Giordania (1), Iran (1), Marocco (5), Messico

(1), Pakistan (1), Perù (1), Senegal (4), Sri Lanka (1) , Thailandia (1) e Tunisia (1).

Per quanto riguarda lo stato civile degli intervistati la maggior parte sono sposati (e quasi tutti

hanno moglie e/o figli in Italia).

Page 15: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

12

Tab. 4 Stato civile degli intervistati

Stato civile Frequenza

celibe/nubile 4

sposato/convivente 19

divorziato/separato 3

vedovo/a 1

(N=27)

Fig. 2. Stato civile degli intervistati

Riguardo al titolo di studio, in maggioranza gli intervistati hanno una scolarizzazione medio-

alta (la stragrande maggioranza ha almeno il Diploma) e nessuno è privo di titolo di studio.

Dall’analisi dei dati e delle interviste il titolo di studio non sembra utile per spiegare i

Page 16: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

13

differenti tipi di attività (fasce). Il livello di educazione medio-alto è infatti comune a tutte e

tre le fasce.

Tab. 5 Titolo di studio degli intervistati

Titolo Frequenza

Nessun titolo 0

Licenza

elementare 3

Licenza media 2

Qualifica

professionale 4

Diploma 10

Laurea/Post-

laurea 8

(N=27)

Fig. 3. Titolo di studio degli intervistati

Page 17: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

14

Per quanto riguarda invece l’anzianità migratoria questa si conferma essere (come nelle

ricerche svolte in precedenza sull’argomento) piuttosto elevata: addirittura più dell’80% è

arrivato in Italia da almeno 12 anni, e solo uno da meno di 5.

Tab. 6 Numero di anni da arrivo in Italia

Anni Frequenza

0-5 1

6-11 4

12-17 8

18-23 9

+ 23 5

(N=27)

Anche l’esperienza degli intervistati come imprenditori è abbastanza lunga (anche se non

come la presenza in Italia): quasi la metà degli intervistati ha iniziato questo percorso di

autonomia da almeno 6 a 11 anni fa e una buona parte già da almeno 12.

Tab. 7 Numero di anni da apertura prima attività in Italia

Anni Frequenza

0-5 7

6-11 11

12-17 6

18-23 2

+ 23 1

(N=27)

Interessante è poi analizzare la differenza fra l’anno di arrivo e l’apertura dell’attività: anche

qui viene confermato il fatto che gli immigrati difficilmente iniziano subito un’attività

Page 18: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

15

imprenditoriale, ma aspettano comunque pochi anni prima di aprire l’attività: 11 persone nei

primi 5 anni (anche se 8 delle 11 persone che hanno aperto nei primi 5 anni lo hanno fatto

dopo 4-5), e quasi l’80% nei primi 10 anni.

Tabella 8 Differenza fra anno di arrivo e anno di apertura prima attività in Italia

Anni Frequenza Frequenza

Cumulata

0 2 2

1 1 3

4 3 6

5 5 11

6 1 12

7 2 14

8 4 18

10 3 21

11 1 22

12 1 23

15 2 25

21 1 26

29 1 27

(N=27)

Page 19: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

16

Tabella 9 Differenza fra anno di arrivo e anno di apertura prima attività in Italia (classi)

Anni Frequenza

0-5 11

6-11 11

12-17 3

+18 2

(N=27)

Fig. 4. Differenza fra anno di arrivo e anno di apertura prima attività in Italia (classi)

Passando alla descrizione delle attività svolte da coloro che sono stati intervistati, anche qui si

è cercato di differenziarle il più possibile (sempre mantenendo fermo l’assunto di intervistare

9 persone per fascia), come si può vedere dalla tabella sottostante.

Page 20: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

17

Tab. 10 Attività svolte

Attività Frequenza

Agenzia biglietti viaggi 1

Fotografo 1

Macelleria hallal 3

Minimarket 1

Money transfert-phone center 4

Negozio prodotti "tipici" 2

Orafo 1

Palestra Capoeira 1

Parrucchiere (treccine) 1

Pittore 1

Pizzeria da asporto 1

Restaurazione 1

Ristorazione "etnica" 5

Sartoria 3

Tappezziere 1

(N=27)

Sempre riguardo alle attività svolte, è utile vedere la tipologia sia dei beni, prodotti e servizi

venduti che il mercato che queste hanno. Dal punto di vista dei prodotti e servizi offerti, la

maggior parte di questi è di carattere “etnico” o comunque strettamente relazionato ai bisogni

degli immigrati. Però se si guarda la tipologia di mercato si vede come la grande maggioranza

delle attività abbia un carattere generalistico (o al più misto), cioè il prodotto viene “offerto” a

tutti.

Page 21: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

18

Tab. 11 Distribuzione per tipo prodotto

Tipo prodotto Frequenza

Etnico 16

Convenzionale

(non etnico) 11

(N=27)

Fig. 5. Distribuzione per tipo prodotto

Tab. 12 Distribuzione per tipo di mercato

Tipo

mercato Frequenza

Etnico 3

Misto 7

Generalistico 17

(N=27)

Page 22: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

19

Fig. 6. Distribuzione per tipo di mercato

Riassumendo le due tabelle precedenti, sembra opportuno riproporre lo schema di Martinelli e

Ambrosini per vedere come si distribuiscono le attività degli intervistati.

Tab. 13 Distribuzione per tipologia di impresa

Fascia Tipo

impresa Frequenza

A

a Impresa

etnica 3

b Impresa

intermediaria 5

d Impresa

prossima 1

B

c Impresa

etnica

allargata

2

e Impresa

esotica 7

C f Impresa

aperta 9

(N=27)

Page 23: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

20

2.2. Prima dell’Italia: motivazioni e profilo pre-immigrazione

Iniziando a delineare il profilo degli intervistati dal punto di vista delle loro esperienza di vita

e lavorativa, sembra opportuno partire dall’analisi del lavoro che questi svolgevano nel loro

paese, prima di decidere di trasferirsi in Italia.

A questo proposito la maggioranza degli imprenditori svolgeva attività altamente qualificate,

solitamente legate al percorso di studio svolto in patria. Alcuni facevano lavori legati

all’intelletto (insegnante, ingegnere, architetto ecc.):

Io sono stata parecchio tempo insegnante al mio paese; ho insegnato inglese sia alle

elementari che alle superiori (F3b7)

Nel mio paese facevo l’architetto, […]. Sono venuta nel 1989, perché nel mio Paese non

pagavano bene, come architetto prendevo poco (F4b)

Altri facevano lavori legati alla manualità ma comunque socialmente molto considerati (per

esempio, restauratore d’arte):

Lavoravo già nel restauro di opere d’arte, il mio campo è più materiale archeologico,

era un’attività che svolgevo in parallelo con i miei studi universitari…poi ho continuato

e facevo anche qualche lezione all’università (M6c)

Fra coloro che non svolgevano un’attività altamente qualificata la maggioranza lavoravano

nel campo della manualità, ed erano piccoli commercianti (sartoria, oreficeria, fotografia);

inoltre il loro lavoro era connesso al percorso di studio precedente:

Nel mio paese facevo anche lì la sarta, sempre lavoravo nel campo della sartoria,

avendo preso il diploma di sarta (F6c)

7 Il codice posto a fine citazione identifica l’intervistato: il primo carattere indica il genere (m/f), il secondo il

numero progressivo di intervistato (in riferimento sempre al genere) e il terzo carattere la fascia di appartenenza

(a/b/c).

Page 24: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

21

Il mio lavoro è sempre stato l’orafo, perché sia mio padre che mio nonno lo erano

(M4c)

Alcuni fra gli intervistati (anche se in misura minore) sono venuti poi o per motivi di studio, o

subito dopo aver finito gli studi (solitamente universitari):

Nel mio paese studiavo, sono venuto per motivi di studio, ho preso il diploma e poi sono

venuto qua, mi sono iscritto all’università ma non ho finito, ho cominciato a lavorare

(M10c)

Al mio paese non facevo niente, avevo studiato Economia e Commercio, volevo

diventare commerciante (M15a)

Pochissime persone (meno di un quarto degli intervistati) svolgevano in patria lavori non

qualificati o avevano difficoltà lavorative:

Vivevo in una piccola cittadina e ho la Quinta elementare; non avevo nessuna

professionalità quindi facevo lavoretti ogni tanto di qualunque genere e senza

prospettive di sviluppo di carriera (M17b)

Lavoravo poco, facevo il venditore ambulante sulle spiagge (M19a)

Visto che la nostra analisi si basa anche sulla differenza fra tipologia di attività, si cercherà

ora di capire se vi sono differenze in questo ambito fra coloro che hanno attività differenti.

Dall’analisi delle interviste non emerge una differenza fra i percorsi lavorativi in patria: da

questo punto di vista non si può trovare un profilo più ricorrente per ciascuna fascia.

L’unica cosa che si può sottolineare è che, coloro che avevano una qualifica professionale

legata ad un lavoro manuale (sartoria, restaurazione, oreficeria ecc.) riescono a riproporre le

loro competenze anche nel mercato italiano.

Riassumendo quanto emerso in questa prima parte del paragrafo, emerge quindi che gli

intervistati presentano un profilo lavorativo (ed educativo) tendenzialmente medio-alto.

Passando a trattare molto velocemente delle motivazioni che hanno spinto gli immigrati a

venire in Italia, queste sono fondamentalmente tre.

Page 25: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

22

La prima è quella economica, o più in generale la volontà di avere prospettive migliori: spesso

nel paese di origine i soggetti erano pagati poco (pur svolgendo un lavoro qualificato):

Sono venuta nel 1989, perché nel mio Paese non pagavano bene, come architetto

prendevo poco e perciò ho deciso di venire per migliorare, per cercare futuro (F4b)

La crisi economica ci ha fatto scappare dall’Ecuador. E’ in questo momento che è

iniziata l’immigrazione… (F7a)

Altra motivazione emersa è la volontà di conoscere un altro paese e svolgere un’esperienza

di vita differente, nuova:

Lavoravo in un ufficio come segretario da tanti anni e un giorno mi è venuta l’idea di

avere un’esperienza nuova (M7b)

38 anni fa ho deciso, per cambiare e scoprire il mondo, di venire in Italia. Da subito

sono venuta a Genova e sono venuta da sola (F5c)

Terzo percorso è stato quello di venire in Italia per ragioni di studio, non sempre andate a

buon fine:

Sono venuta nel ’98 da mio fratello con l’obiettivo di continuare i miei studi di

biologia; avevo già avuto il diploma in studi generali in biologia a Casablanca e qui a

Genova mi sono laureata in scienze biologiche (F8a)

Sono venuto in Italia nel ’70 da solo per studiare, mi sono iscritto a ingegneria e ho

fatto due anni (M11b)

Un percorso residuale, e non maggioritario, è stato quello di raggiungere o seguire un caro

(solitamente il marito, visto che questo percorso è tipico delle donne):

Ci siamo sposati ma mio marito è venuto prima qua, nel 1989, e io sono arrivata dopo,

nel 1993 (F1c)

Page 26: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

23

Sono venuta nel ’92, dopo otto mesi che mio marito era venuto qui per curarsi il

diabete…io l’ho raggiunto per stare con lui insieme ai bambini (F9a)

Anche qui, come nel caso precedente non emergono differenze fra le tipologie di attività.

2.3. L’inizio in Italia: esperienze lavorativa pre-attività autonoma

Per quanto riguarda l’esperienza lavorativa una volta arrivati in Italia, qui emergono le note

più dolenti. Infatti la maggior parte degli individui afferma di aver fatto una molteplicità di

lavori malpagati, frustranti e non corrispondenti alle proprie competenze. Sembra quindi che

le interviste confermino l’ipotesi della mobilità bloccata (per esempio si veda: Ambrosini,

2005; Kwok Bun e Jin Hui, 1995):

Sono venuta da sola ma qui da un anno c’era già mia sorella, che mi ha aperto la

strada; tanto che sono arrivata di sabato e il lunedì lavoravo già in casa di due anziani.

Sono arrivata nell’ottobre del 2001. Mi prendevo cura della casa i di loro dal punto di

vista anche sanitario. Non sapevo una parola di italiano, ma mi sono imposta lo stesso

metodo che usavo con i miei studenti; ho usato un libro per imparare l’italiano,

studiavo molto quando i signori dormivano, di sera. Io essendo stata molto attiva nel

mio paese dove di giorno lavoravo in ufficio dal mio ex-marito, che aveva un’attività, e

di sera facevo l’insegnante, ora sentivo in gabbia perché lavoravo tutto il giorno in

quella casa (F3b)

Qui ho fatto tutti i mestieri…domestica, cameriera ecc: nell’ultimo ristorante dove sono

stata mi sono trovata molto male, in più ero diventata vedova e avevo mio figlio piccolo

e ho così deciso di provare a mettermi in proprio (M16a)

Alcune persone, altamente qualificate, hanno poi svolto all’inizio il lavoro per il quale

avevano studiato e che hanno fatto anche in patria (ingegnere, architetto ecc.), “cadendo”

dopo un po’ di tempo nel circolo vizioso sopra evidenziato:

Non ho sempre fatto questo lavoro: prima ho fatto una prova presso un architetto a

Ostuni, poi nel 1991 sono venuta a Genova e sino al 1992 facevo i mercati, vendevo le

sciarpe nei mercati, poi ho lavorato in un ristorante in Via Donghi in cui cucinavo,

Page 27: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

24

facevo la cameriera, facevo tutto, come dipendente però;e li ho lavorato più o meno 4

mesi, poi mi ha licenziato perché ero sotto mutua, cosi l’ho denunciato. Dopo poi ho

lavorato in un’impresa di pulizie. Poi dal 1996 ho iniziato a vendere in mezzo alla

strada, poi dal 1997 vendevo in casa e dal 2004 ho cominciato questa attività (F4b)

All’inizio arrivato in Italia ho fatto il programmatore, ma mi pagavano molto poco per

lavori difficili, poi c’era il problema che se sei straniero difficilmente ti affidavano

direttamente un lavoro. Poi ho fatto di tutto, lavascale, muratore ecc. (M14a)

Pochissimi sono stati coloro che da subito hanno svolto un lavoro consono alle loro

aspettative:

Ho lavorato all’inizio come insegnante di inglese, poi alla Costa Crociere e alla festival

prima che fallisse (F2b)

Da quando sono emigrato ho sempre svolto lavoro autonomo nella ristorazione. Prima

sono stato a Milano e anche là avevo un ristorante (M18b)

Altro percorso tipico, anche se nelle interviste emerge in misura molto minore rispetto al

precedente, è quello della valorizzazione delle esperienze precedenti, svolte nell’ambito in cui

poi si intraprenderà l’attività; questo in una duplice modalità.

In primis proprio per imparare un mestiere e poi avere la possibilità di portarlo avanti da soli:

Da subito ho fatto il macellaio, prima come dipendente di un italiano che mi ha

insegnato e poi mi sono messo in proprio (M12a)

Oppure perché in un primo momento si è lavorato da dipendente nell’ambito in cui si era già

esperti, e dopo un po’ di tempo, dopo essersi fatti conoscere ci si è messi in proprio:

Subito non ho fatto il tappezziere da solo per la lingua e perché ho voluto imparare i

gusti di qui che sono diversi da quelli dell’Africa, sapere dove vendono la stoffa ecc, ho

lavorato prima come dipendente (M13c)

Page 28: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

25

Ho iniziato a Milano dove però non sono riuscito ad inserirmi in nessun contesto, né

per la palestra né nel sociale. Quindi sono venuto a Genova, il primo posto fu una

palestra ad Albaro che mi ospitava; poi dopo 10 anni di corsi in varie palestre, ho

trovato un certo numero di allievi, ho saputo dell’incubatore d’impresa, ho presentato

il mio progetto, ma la mia attività era già avviata, i clienti li avevo, mi serviva una sede,

l’avevo già individuata per caso passando avevo visto questo spazio (M8b)

Da subito ho fatto questo lavoro. Prima ho lavorato come dipendente, nel senso che

non ho aperto una partita iva ma lavoravo per un laboratorio. Dopo un anno mi sono

staccato e ho cominciato a lavorare in proprio (M6c)

A questo si collega anche il fattore della cosiddetta specializzazione lavorativa di certe

nazionalità (basti pensare al fatto che quasi tutti gli immigrati di nazionalità egiziana fanno i

pizzaioli):

La pizza non è mai stata una cosa della nostra cucina e giù la pizza che va di più è

quella americana, quella alta, non la pizza italiana; solo qua tutti gli egiziani fanno i

pizzaioli e mio marito ha imparato qua e lo dice che ha imparato qua e non giù perché

è la vera pizza italiana e non può dire diversamente. Gli egiziani scelgono il mestiere di

pizzaioli perché tutti i precedenti egiziani lo hanno fatto, e non vedo fare altre cose per

gli egiziani (F1c)

Visto che la maggioranza delle persone ha svolto le attività più disparate prima di diventare

lavoratore autonomo/imprenditore anche qui non si registrano differenze a seconda del ramo

di attività autonoma.

2.4. L’inizio dell’attività

Passando a trattare dell’attività imprenditoriale un primo punto da analizzare è quello

dell’aiuto e del supporto che è stato dato da amici, parenti, istituzioni ecc. e vedere se questo è

stato decisivo.

Quasi tutti gli intervistati hanno investito parecchi dei loro risparmi nell’apertura dell’attività,

pertanto possiamo dire che, al di là degli aiuti ricevuti, la maggior parte ha sviluppato

autonomamente le capacità economiche tali da intraprendere un’attività:

Page 29: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

26

Nessuno mi ha aiutato, tutto di tasca mia, un aiutino del comune, ho fatto un corso per

lavoratori autonomi, quando apri la partita IVA ti danno circa 1000 euro … un piccolo

aiuto (M1c)

Qualche volta i parenti ti danno qualcosa, ma non è quello che cambia le cose, perché

nel momento in cui hai bisogno, non hai bisogno di 1.000€, ma di un bel malloppo tutto

assieme per fare qualcosa (M4c)

Un aiuto fondamentale a Genova è quello dell’Incubatore di Imprese che fa capo a Job Centre

del Comune di Genova.

Dal '99 l'Incubatore di Imprese Centro Storico del Comune di Genova supporta la creazione di

nuove unità produttive in una zona della città dalle storiche tradizioni artigianali e

commerciali (attraverso affitti di locali a prezzi bassi e finanziamenti a fondo perduto e/o a

tasso zero). L'area di intervento è la zona attorno a Via della Maddalena e Via Pré.

Molti intervistati hanno quindi aperto nel centro storico e grazie all’aiuto dell’Incubatore:

Per fortuna è uscito questo bando per le imprese al femminile e allora ha fatto il

progetto con il locale di sopra, facendo il cambio da uso abitativo ad uso commerciale,

e meno male che è andato a buon fine, è stato approvato e il Comune mi ha dato dei

soldi a fondo perduto per ristrutturare e una parte da restituire. Nell’apertura sono

stata aiutata da un caro amico, che mi ha scritto il progetto, mentre dal punto di vista

economico mi sono arrangiata, anzi ho addirittura venduto l’appartamento giù al

Paese per 40.000 €, poi ho venduto mucchi di oro e ho messo tutto qua dentro; quindi

erano i miei risparmi. (F4b)

…poi dopo 10 anni di corsi in varie palestre, ho trovato un certo numero di allievi, ho

saputo dell’incubatore d’impresa, ho presentato il mio progetto, ma la mia attività era

già avviata, i clienti li avevo, mi serviva una sede, l’avevo già individuata per caso

passando avevo visto questo spazio (M8b)

Spesso a quest’aiuto da parte del Comune si è aggiunta la possibilità di ottenere prestiti

bancari (forti dell’appoggio del Comune):

Page 30: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

27

Ho aperto 5 anni fa (nel 2007), sfruttando il bando per l’assegnazione del locale

dell’incubatore.

All’inizio mi avevano bocciato l’idea ma poi nessuno voleva questo locale e me l’hanno

dato a me.

Il comune mi ha dato anche un piccolo aiuto: per questo locale, dove non c’era niente,

neanche il bagno, mi ha dato a fondo perduto 19mila euro. Poi mi ha prestato dei soldi,

con un tasso minore dell’1%, la Filse (Finanziaria Ligure per lo Sviluppo Economico),

anche se ti danno solo il 75% della somma di cui hai bisogno. Ho usato anche dei soldi

che avevo messo da parte nei miei primi anni in Italia (F2b)

Analizzando poi l’inserimento in reti amicali o parentali si è visto come la rete di parenti sia

stata fondamentale nell’avvio dell’impresa (unita come già detto al possesso di un capitale

proprio), anche e soprattutto dal punto di vista economico:

Il negozio è stato aperto grazie a prestiti da parte di familiari. I primi anni abbiamo

avuto grosse difficoltà economiche ma siamo andati avanti sempre con aiuti familiari.

Non abbiamo avuto nessun finanziamento dalle istituzioni per il problema soprattutto

della lingua e della burocrazia (M17b)

Ho aperto con l’aiuto economico della famiglia… (F8a)

Quando ho iniziato questa attività mio cugino mi ha prestato dei soldi (M3c)

Le reti di amici sembrano meno importanti perché solo sei persone affermano di avere avuto

aiuti da amici: tre da connazionali/altri stranieri e altri quattro da italiani.

L’aiuto ricevuto da amici italiani sembra più di supporto e consiglio, soprattutto per quanto

riguarda le difficoltà burocratiche che gli stranieri incontrano:

Io ho tantissimi amici genovesi, anche importanti, ho avuto subito le informazioni e

l’aiuto morale per aprire la mia attività (M1c)

Nell’apertura sono stata aiutata da un caro amico, che mi ha scritto il progetto, mentre

dal punto di vista economico mi sono arrangiata, anzi ho addirittura venduto

Page 31: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

28

l’appartamento giù al Paese per 40.000 €, poi ho venduto mucchi di oro e ho messo

tutto qua dentro; quindi erano i miei risparmi. (F4b)

L’aiuto di altri stranieri e connazionali sembra invece più di carattere economico (come quello

dei famigliari):

Non ho avuto nessun aiuto da enti pubblici e similari ma alcuni amici mi hanno aiutato

economicamente. Gli amici (connazionali) non sono stati fondamentali ma comunque

molto importanti per l’apertura dell’attività (F6c)

Per aprire il negozio di scarpe mi hanno aiutato amici e parenti con qualche prestito

temporaneo. Inoltre il negozio l’ho rilevato da un amico marocchino e quindi l’ho

pagato pian piano. Le scarpe le compravo nei dintorni di Bari, dove vivevano i miei

fratelli (M16a)

Analizzando la tipologia di attività si vede che non ci sono moltissime differenza: comunque,

la tendenza che appare è che coloro che sono passati per canali maggiormente istituzionali

(aiuto comunale attraverso l’Incubatore di imprese e richiesta di finanziamenti/prestiti) siano

concentrati in misura minore nella fascia A. Al di là di questo dato non sembra che gli

intervistati appartenenti a tale attività presentino un profilo generale meno “virtuoso” rispetto

agli appartenenti alle altre due tipologie.

2.5. I percorsi imprenditoriali: fra fragilità e espansione?

I percorsi imprenditoriali degli intervistati sono poco lineari e frammentati. Poche (circa un

terzo degli intervistati) sono infatti le persone che hanno aperto un’attività e l’hanno

mantenuta per molto tempo (senza aprire un altro negozio o cambiare tipologia di attività).

Molto spesso invece gli imprenditori hanno aperto un’attività (tipicamente un negozio) e poi

ne hanno aperto un altra dopo un po’, chiudendo contestualmente la prima o tenendola aperto

per qualche altro anno per poi chiuderla.

Questo processo evidenzia sia un tentativo di assestamento e consolidamento dell’attività che

un’intrinseca fragilità delle stesse.

Per quanto riguarda il primo aspetto, alcuni imprenditori, una volta che la prima attività è ben

avviata decidono di intraprenderne un’altra in parallelo:

Page 32: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

29

Noi siamo stati il primo phone center in via Pré nel ’98, che andava molto bene. Poi nel

2001 abbiamo aperto questo in via Gramsci, e fino al 2003 abbiamo tenuto anche

quello in via pré. Da tre anni (2008) abbiamo aperto anche un negozio di alimentari in

corso Torino, che gestisce mio marito (F10a)

Prima ho iniziato a fare l’attività di importazione in Tunisia, prendere la merce qua e

portarla la, ho costruito un po’ il capitale per iniziare il lavoro qua; sono stato a

lavorare all’estero dal 1993 al 1994, sempre con base in Italia, era un bel business a

quei tempi li, avevo due magazzini a Genova, perché prima gli affitti non erano alti e

così ho fatto un po’ di capitale. Praticamente il mio lavoro è sempre stato spedire la

merce dall’Italia alla Tunisia, ma adesso mi sono fermato per i bambini Dal 2000,

prima avevo un phone center, dopo non andava più il phone center allora ho

cominciato a fare ristorazione, già nel 2002-2003. All’inizio ho iniziato con un altro

ristorante, poi ne ho fatto un altro in Piazza Caricamento che ho venduto, e dopo

questo qua. Adesso il mio ruolo è quello di gestire questi due locali (M5b)

Più spesso l’apertura/chiusura di attività è legata alla fragilità delle imprese, oltre che alla crisi

economica attuale, su cui torneremo più avanti:

…nel ’99 ho aperto un negozio sempre di parrucchiera (però a nome di mio marito) e

dopo qualche anno andava male e l’abbiamo chiuso. Subito dopo ho aperto un negozio

di alimentari: dal 2004 l’ho chiuso all’inizio del 2011 perché il padrone del negozio mi

voleva portare l’affitto da mille a 1500 euro al mese..e non ce la facevo. All’inizio il

negozio andava bene poi sempre peggio…ultimamente malissimo. Ora da 8 mesi ho

questo negozietto: non va tanto bene perché ci viene poca gente (F9a)

Prima a Sampierdarena in società con un amico di mio marito, ma è andata male

perché mio marito è troppo bravo e alla fine l’ha preso tutto lui il debito, qui siamo

venuti con il debito, ma piano piano ce l’abbiamo fatta. Siamo qua dal 2004, quindi 7

anni (F1c)

Page 33: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

30

Addirittura alcune volte sono state chiuse le attività, per poi riprendere dopo qualche mese o

anno:

Prima avevo un negozio in cima, ma l’ho chiuso perché avevo dei problemi, poi quelli

dell’Incubatore mi hanno chiamato per darmi un’altra opportunità (M4c)

Una mia zia mi ha fatto venire qua e mi ha aiutato ad aprire l’attività che faccio

tutt’ora, però ero a Novara e visto che non andava bene, sono andato a scuola per

migliorare la mia esperienza e mi è piaciuta molto, sono riuscito a lavorare in alcune

ditte, ma poi con la crisi, mia zia non ha voluto che continuassi l’attività e allora sono

venuto qua a Genova a vendere le borse sulle spiagge, ma non andavo bene, perché mi

vergognavo a vendere le borse e sono riuscito a creare un’attività di nuovo qua a

Genova nel 2010 (M3c)

2.6. Nello svolgimento dell’attività: dipendenti, fornitori e clientela

Per quanto riguarda lo svolgimento dell’attività, si è poi investigato riguardo ai rapporti e

al profili di dipendenti, fornitori e alla clientela.

L’interesse era quello di vedere sia che dipendenti e fornitori (italiani, connazionali ecc.) gli

intervistati hanno, e come erano i rapporti con loro. Inoltre si è cercato di capire i rapporti che

i lavoratori hanno con la clientela, e se questi rapporti si differenziano a seconda della

tipologia di cliente (italiano, straniero ecc.). A questo proposito è opportuni chiarire che quasi

tutti gli intervistati hanno una clientela mista, con una preponderanza però per una categoria

(per esempio: stranieri).

Partendo dai dipendenti, si è considerati tali anche quei familiari (o amici) che aiutano

nell’impresa, senza che vi sia un contratto formalizzato.

Page 34: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

31

Tabella 14 “Tipo” di dipendenti

Dipendenti Frequenza

Nessun dipendente 10

Solo italiani 2

Solo stranieri 6

Solo connazionali (no

famiglia)

-

Solo familiari (Co-gestione

famigliare)

5

Misti* 4

(N=27)

Come si può vedere dalla tabella sopra, molti non hanno dipendenti, un po’ perché non ne

hanno bisogno e un po’ perché non hanno i soldi per pagare una persona che li aiuti:

Attualmente non posso perché come faccio a pagare? Faccio tutto io (F4b)

Dipendenti non ne ho perché non ce la faccio a pagarli e poi non ho neanche tanto

lavoro (F9a)

Alcuni avevano dei dipendenti ma con la crisi hanno dovuto licenziarli:

Ora non ho dipendenti…prima avevo una ragazza straniera e ancora prima una

italiana…ma non potevo permettermi di pagarle (F10a)

Per ovviare a questa difficoltà economica molti si fanno aiutare da familiari (o meno

frequentemente amici):

* I casi di dipendenti misti erano così costituiti: un dipendente italiano e uno straniero; vari dipendenti italiani e il

marito; un dipendente straniero e uno connazionale; vari dipendenti connazionali e italiani.

Page 35: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

32

Non ho dipendenti perché non me li posso permettere, mi aiuta mio figlio (F3b)

Viene un mio amico senegalese ad aiutarmi e anche mio marito che è marocchino (F8a)

Fra coloro che hanno almeno un dipendente la maggior parte ce li ha stranieri, soprattutto

perché dalle interviste emerge che, per i datori di lavoro, questi lavorano meglio:

Siamo due soci e due dipendenti anche loro stranieri. Il nostro rapporto è famigliare,

molto buono. Siamo solo stranieri perché mi ci trovo meglio, gli italiani fanno questo

lavoro con svogliatezza… (F5c)

E anche chi assume persone italiane lo fa in maniera strumentale, con lo scopo ben preciso di

“front-office”:

I Cinesi lavorano con più impegno, è per me è più facile la comunicazione. Ma i

camerieri italiani hanno la funzione di comunicare meglio con i clienti e capiscono

meglio come comportarsi. Magari il cameriere cinese è più riservato e non capisce

certe battute, mentre gli italiani sì. In questo modo si crea un ambiente più

interculturale (M18b)

Inoltre, negli unici due casi di sole persone italiane coinvolte nell’attività degli intervistati, tali

persone non sono dipendenti veri e propri ma solo aiutanti, che vengono saltuariamente:

C’è un mio conoscente italiano che viene spesso quando devo fare delle commissioni, in

modo da non chiudere il negozio (M7b)

Un caso molto interessante che mostra come gli intervistati siano inseriti nel tessuto genovese

è quello che sotto riportiamo:

Ho due dipendenti…una ragazza straniera e una italiana. Ci siamo conosciuti tramite

una borsa lavoro per ragazze che avevano difficoltà nell’inserirsi nell’ambiente

lavorativo. Poi mi aiuta mio marito (F2b)

Page 36: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

33

Riassumendo, gli imprenditori intervistati mostrano di preferire altri stranieri quando devono

assumere formalmente un dipendente, in quanto, secondo loro, gli stranieri lavorano con più

voglia e abnegazione. Invece quando (per ragioni economiche ecc.) si affidano all’aiuto

saltuario attingono dalla rete famigliare o amicale.

Inoltre in tre casi si è evidenziato come spesso nei casi in cui è il marito o la moglie ad aiutare

l’intervistato, il rapporto che sussiste è quello di co-gestione dell’impresa:

Ci sono io che gestisco un po’ la pizzeria, poi c’è mio marito che fa il pizzaiolo, più

abbiamo alcuni ragazzi italiani che fanno da portapizze (F1c)

Le relazioni con i fornitori sono in generale più che buone. La maggior parte degli

intervistati ha quasi esclusivamente fornitori italiani (anche quando si forniscono di prodotti

tipicamente “esteri” come la carne hallal): infatti solo otto intervistati hanno fornitori

connazionali e solo sei dall’estero (ma non dal proprio paese di origine).

La maggioranza non rileva differenze fra fornitori “connazionali” (o “stranieri”) e fornitori

italiani. Nelle sfumature emerge però che i fornitori del proprio paese ripongono maggior

fiducia negli intervistati rispetto a quelli italiani, che inizialmente sono più diffidenti:

In generale con tutte ho ormai un rapporto di fiducia…soprattutto con quella del mio

paese…che magari la pago due o tre giorni dopo… ma anche con le altre (F10a)

I rapporti con i fornitori sono buoni, perché prima non mi conoscevano, ma adesso si

fidano, anche se è difficile farsi conoscere (M3c)

Tab.15 Rapporti con i fornitori

Modalità rapporti Connazionali Altri

stranieri Italiani

No rapporti 19 21 3

Per niente buoni 0 1 0

Non buoni 0 0 0

Abbastanza buoni 3 4 14

Molto buoni 5 1 10

Page 37: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

34

(N=27)

Sempre riguardo ai fornitori, si possono evidenziare alcune cose.

In primis molti intervistati non hanno dei fornitori veri e propri, ma comprano ciò che gli

serve o nei negozi “normali”:

Appena aperto avevo un mucchio di ditte con cui ho lavorato tanto, per la birra,

verdura, pesce e carne, però adesso compro poco, perché non voglio poi mettere la

roba nel frigo che poi scade e buttarla e perdere così dei soldi per niente; faccio prima

a comprare piano piano. Mi rifornisco da altri negozianti sia italiani, che stranieri e il

cous cous lo compro nelle macellerie islamiche, mentre le birre le prendo al DìperDì,

all’Ekom, alla Metro, alla Lidl, nei supermercati. Non ho fornitori all’ingrosso, viene

solo uno ogni tanto a portarmi un po’ di pesce, patatine, ma prendo poca roba, perché

è inutile; però quando mi capitano dei gruppi che vengono a mangiare allora si (F4b)

Fornitori veri e propri non ne abbiamo, compriamo al minuto, quello che ci serve per

non sprecare e anche risparmiare. Una volta avevamo dei fornitori ma ci portavano

troppa roba che non ci serviva. Per la roba andiamo da altri negozi e andiamo anche

sul mercato. Abbiamo dei negozi soliti e i rapporti sono buoni, basta che chiami e mi

portano la roba o io la vado a prendere. Comunque dove ci riforniamo sono tutti

italiani (F5c)

Altri comprano via internet, sempre tendenzialmente al dettaglio, direttamente presso aziende

specializzate:

Ho fornitori da tutto il mondo…li scelgo in base alle mie esigenze, al prezzo e alla

qualità, e compro tutto via internet (M14a)

Per particolari materiali per il restauro mi rifornisco da grandi ditte francesi o

tedesche specializzate (M6c)

In generale gli intervistati mostrano di variare la “provenienza” dei loro fornitori a seconda

delle esigenze, del della qualità e del prezzo:

Page 38: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

35

Per le ricariche uso dei fornitori italiani..per la Vodafone per esempio faccio

riferimento a un’azienda di Roma…mentre per le carte internazionali ho contatti con

un’azienda dello Sri Lanka e con italiane… (F10a)

All’inizio usavo fornitori francesi e spagnoli per la telefonia, poi ho deciso di

rivolgermi solo ad italiani, perché convenivano (F8a)

Fornitori sulle schede telefoniche e internet, italiani. Con Ecuador collaboriamo per i

conti correnti, noi riceviamo informazioni via internet tutte le informazioni, siamo in

contatto con la sede di Milano (F7a)

Anche coloro che vendono un prodotto profondamente legato al paese di origine (esempio:

artigianato del paese) o che è particolarmente legato alle esigenze di alcuni stranieri (per

esempio carne hallal) non si riforniscono esclusivamente da fornitori della madrepatria (o

comunque pochi lo fanno):

Ho due fornitori uno mi porta la carne da Cuneo e uno da Rapallo. Quello di Cuneo mi

porta anche hallal mentre quello di Rapallo carne italiana, anche se avendo clientela

non solo nordafricana non dovrei avere solo carne hallal (M12a)

Ho tre fornitori, tutti italiani, c’è una ditta italiana che importa cose dal Messico (F2b)

La maggior parte sono artigiani, infatti quando torno a casa porto i disegni e li faccio

fare li; sono 100% made in Thailand. Comunque faccio fare tutti i mobili lì e poi li

importo (M7b)

Per quanto riguarda la clientela, molti intervistati (un quarto) non ha clienti connazionali; fra

coloro che hanno come clientela persone del proprio paese di origine la maggior parte ha

buoni rapporti (17 persone su 20), anche se tre intervistati affermano di non avere buoni

rapporti.

Per quanto riguarda altri clienti stranieri, quasi tutti ce ne hanno, e i rapporti sono piuttosto

buoni; tutti gli intervistati hanno poi clienti italiani e questi sono di gran lunga i “preferiti”,

Page 39: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

36

visto che tutti affermano di avere buoni se non ottimi rapporti (più di due terzi degli

intervistati).

Tab.16 Rapporti con i clienti

Modalità rapporti Connazionali Altri

stranieri Italiani

No rapporti 7 1 0

Per niente buoni 1 1 0

Non buoni 2 1 0

Abbastanza buoni 8 13 9

Molto buoni 9 11 18

(N=27)

Anche dalle interviste emerge il buon rapporto che c’è in generale con i clienti:

Con i clienti i rapporti sono ottimi, vengono volentieri…l’80% è italiano e poi il

restante sono latinoamericani (F2b)

Soprattutto sono stranieri, molti turisti che vengono dai paesi vicini. Ho poi i clienti

italiani che mi conoscevano già dalla fiera; i miei connazionali non hanno bisogno di

arredare casa. Chi non ha possibilità di viaggiare o a chi piace arredare casa in questo

stile si rivolge a me. I rapporti con questi clienti sono ottimi (M7b)

La clientela è 70% stranieri e 30% italiani in generale, i rapporti sono uguali con tutti

abbastanza buoni (M15a)

Anche se dalle interviste emerge che, soprattutto fra coloro che hanno più a che fare con gli

stranieri (e cioè gli imprenditori della fascia A), vi è una netta preferenza per i clienti italiani

(che sono una fetta minoritaria della loro clientela):

Page 40: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

37

Vengono clienti di vario tipo anche turisti perché facciamo non solo call center,

pratiche, consulenze varie. Due terzi è straniero un terzo sono italiani. I rapporti di

lavoro sono un po’ difficile con gli immigrati ma anche in generale, bisogna avere

pazienza essere flessibili (F8a)

Io preferisco i clienti italiani, perché sono più precisi…anche gli stranieri ok…invece

con i miei compaesani è difficile trattarci..voglio sempre sconti, si lamentano…a volte

per non avere rotture gli dico che non ho più il prodotto che mi chiedono…almeno poi

non tornano a farmi perdere tempo (M14a)

In percentuale 90 clienti sono italiani, poi cinesi, filippini, e anche altre nazionalità.

Alcuni stranieri danno problemi (soprattutto Europa dell'est) perché non pagano. Con

gli italiani questo problema non c'è (M18b)

Se in generale i rapporti con la clientela italiana sono molto buoni e questi sono i “preferiti”

dagli imprenditori stranieri, alcuni intervistati hanno messo in evidenza come, soprattutto

all’inizio, vi sia stata una certa diffidenza nei loro confronti:

La clientela è sia italiana che straniera, generalmente l’italiano pensa di sapere molto

di più di uno straniero, dimostrare il contrario è difficile. C’è stata un po’ di diffidenza,

dimostrare la mia professionalità all’italiano è stato ed è ancora duro (M1c)

Anche se poi, superata la prima diffidenza:

Il rapporto con i clienti è abbastanza buono, il rapporto è normale, è quello fra cliente

e negoziante, però è difficile superare la diffidenza dell’italiano, anche se poi le

persone vengono da noi anche e soprattutto perché, anche se siamo bravi uguali

rispetto a un italiano, costiamo molto meno (M3c)

È da notare che questa diffidenza iniziale si ha solamente con persone che svolgono

un’attività non direttamente legata all’essere straniero (cioè i tipi di attività appartenenti alla

fascia C). Questo è dovuto al fatto che offrendo un bene o prodotto convenzionale, i lavoratori

escono dalla visione comune di persone che intraprendono solo in campi legati alla loro

provenienza. Non si attribuiscono infatti comunemente agli stranieri capacità come quelle di

Page 41: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

38

orafa, sarto (ad alta specializzazione) ecc. È sintomatico che nel caso di una pizzeria da

asporto gestita da una coppia di egiziani, il problema non sia stato tanto la diffidenza riguardo

alla qualità della pizza (è opinione comune che tutti gli egiziani siano specializzati nella

pizza), ma per la pulizia del locale:

Con la clientela problemi li abbiamo avuti all’inizio, perché anche se la gente ti accetta

come amico, guarda tanto quando apri il negozio che sei straniero, se sei pulito, sempre

a fissarti e pensano che siamo sporchi e non capisco perché; ma giusto i primi due - tre

anni (F1c)

Si può vedere qui un primo influsso positivo della tipologia di prodotti offerti: attraverso

un’attività non legata all’essere straniero del titolare, gli immigrati riescono a uscire da quella

visione comune di persone senza particolari competenze e specializzazioni.

2.7. L’impatto dell’attività: situazione economica e abitativa

Si passerà ora ad analizzare l’impatto che l’attività autonoma ha avuto sugli intervistati, sia

per quanto riguarda la sfera economica che quella abitativa.

Quello che emerge è che pochi hanno avuto un netto miglioramento economico. Coloro che

hanno avuto un miglioramento economico sono spesso gli imprenditori di lunga data (cioè che

hanno aperto qualche hanno prima del 2008): questi appena hanno aperto hanno avuto un

buon miglioramento, salvo essere in difficoltà negli ultimi anni:

Per la condizione economica ci sono stati periodi buoni, attualmente non è un buon

periodo, fino a 5/6 anni fa andava bene, ora c’è la crisi, i fotografi hanno avuto il

crollo per l’uscita del digitale, è cambiato tutto completamente. Attualmente per saltare

questo periodo dobbiamo darci da fare in un altro modo, la gente non stampa le foto,

allora noi facciamo altre cose… i video, ecc.

(M1c)

La condizione economica ha avuto un certo miglioramento con il passaggio al lavoro

autonomo soprattutto fino al 2004 in quanto Genova ha fatto un sacco di restauri in

quegli anni, anche se ora è tutto fermo (M6c)

Page 42: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

39

Dal punto di vista economico la situazione nostra è migliorata, il periodo migliore

ricordo nel 2005 (F7a)

La situazione economica da quando abbiamo i negozi è migliorata, soprattutto i primi

anni (F10a)

Come si può vedere negli ultimi anni anche gli imprenditori stranieri (come quelli italiani del

resto) hanno subito molto la crisi economica mondiale, come emerge da quasi tutte le

interviste svolte:

Quest’anno c’è stata crisi, anche se io sono molto conosciuto, ma è stato l’anno

peggiore, ho anche dovuto usare i risparmi per pagare i dipendenti. La mia forza è che

io faccio tutto (pane ad es. dolci) salto un passaggio e quindi le mie spese sono

abbastanza contenute (M11b)

Attualmente il phone center non va bene…all’inizio sì ma ora no…l’anno scorso siamo

stati anche alluvionati, e poi sentiamo anche la crisi…da due/tre anni va molto peggio

di prima (F10a)

Anche a causa della crisi quindi la situazione economica degli intervistati non è generalmente

migliorata nel passaggio da dipendente a lavoratore autonomo/imprenditore, anzi molti

rimpiangono quando erano dipendenti perché, seppur fra mille difficoltà, erano maggiormente

sicuri di avere un guadagno a fine mese:

Per la cosa di prima di mio marito, quando era dipendente, per me era meglio prima,

perché sia che ci fosse o meno lavoro alla fine del mese prendeva lo stipendio,

tredicesima, quattordicesima e ferie (F1c)

Quando lavoravo come badante era meglio perché loro mi pagavano i contributi più lo

stipendio (F6c)

Economicamente stavo meglio prima, quando facevo la colf…resto autonoma solo

perché non c’è lavoro e non potrei trovare uno da dipendente (F9a)

Page 43: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

40

Riguardo alla condizione abitativa, alcuni degli intervistati sono riusciti nel corso degli anni,

spesso grazie all’attività, a comprarsi una casa o a trasferirsi in un quartiere considerato

migliore:

Sono riuscito a comprarmi casa con il mutuo e a mettere su famiglia; alla fine un

lavoratore autonomo che si sa gestire ha più possibilità (M6c)

Come abitazione sono sempre in affitto anche se ho migliorato un po’ la casa, prima

abitavo nel centro storico, poi sono andato a Molassana, ora abito vicino all’Ikea e mi

trovo meglio (M12a)

Con l’attività abbiamo fatto un mutuo e comprato una casa a Multedo (F7a)

Però la maggioranza degli intervistati non ha cambiato molto la sua situazione abitativa:

…non sono per esempio riuscito a comprarmi una casa…sono sempre in affitto (M14a)

Vivo in affitto, sempre nello stesso posto, sono sempre miscio uguale, ma sono molto

soddisfatto (M10c)

Proprio dall’ultima intervista emerge il vero cambiamento che gli intervistati hanno avuto con

l’inizio dell’attività, e cioè la maggior soddisfazione lavorativa:

La mia condizione economica è peggiorata nel senso che si sono ingrandite le entrate

ma anche i debiti, ma ho il negozio e questa è una soddisfazione (F3b)

Dal punto di vista economico no, ma è migliorata perché faccio il lavoro che mi piace

(M4c)

Economicamente penso che se vendessi focaccia sarebbe meglio! In generale direi che

va molto meglio, perché essendo indipendente posso fare quello che mi piace, ma

ovviamente ho delle spese in più (M7b)

Page 44: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

41

Con l’apertura dell’attività è quindi aumentata la soddisfazione personale, legata al fatto di

svolgere un lavoro che piace e con un certo grado di autonomia. Questo aumento di

soddisfazione è emerso, nelle interviste, soprattutto fra coloro che svolgono un’attività che si

può inserire nella fascia B o C. Ciò può essere spiegato dal fatto che in queste due fasce c’è

una presenza rilevante di persone che fanno lavori manuali con un certo grado di creatività

(sarti, restauratori, tappezzieri) e/o che presentano qualche specificità legata alla promozione

del luogo di origine attraverso la cucina, i prodotti tipici, l’artigianato ecc.

Più in generale il passaggio al lavoro autonomo ha portato un miglioramento delle condizioni

di vita (al di là della parte economica), sia dal punto di vista del prestigio sociale che

dall’autonomia che tali categorie di lavoratori hanno:

La vita, perciò, in generale, è migliorata tanto, sono più libero, faccio quello che mi

piace (M4c)

…il passaggio a lavoratore autonomo è comunque sempre un miglioramento (M13c)

mentre se fai altri lavori ci sono altre variabili che dipendono da altre

persone/situazioni, inoltre con un'attività autonoma non devi metterti d'accordo con

altri…per esempio nell'edilizia, il lavoro lo decide tutto un capo squadra (M18b )

2.8. Le relazioni: frequenza, tipologia dei rapporti e impatto dell’attività

imprenditoriale

Passiamo ora a descrivere e analizzare i rapporti che gli intervistati affermano di avere con

determinate categorie di persone.

Si evidenzia innanzitutto come gli intervistati non abbiano solo rapporti con connazionali (o

altri stranieri) ma presentino anche numerose conoscenze e amicizie italiane. Ma prima di

trarre delle conclusioni più generali sul profilo degli intervistati sembra opportuno analizzare

con che frequenza avvengono le relazioni con tutte le categorie di persone considerate.

Per quanto riguarda i rapporti con i colleghi, si evidenzia come i rapporti più frequenti siano

con persone italiane (11 persone su 27 frequentano colleghi italiani almeno una volta alla

settimana). Meno frequenti sono i rapporti sia con colleghi connazionali che con colleghi di

altre nazionalità.

Page 45: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

42

Tab.17 Frequenza rapporti i colleghi

Frequenza rapporti Connazionali Altri stranieri Italiani

No mai/Quasi mai 11 13 8

Sì, almeno una volta al mese 6 2 6

Sì, almeno una volta ogni due

settimane 1 4 2

Sì, almeno una volta alla

settimana 9 8 11

(N=27)

Per quanto riguarda i rapporti di amicizia, è evidente innanzitutto che questa batteria di

domande investigava, oltre alla frequenza dei rapporti anche se gli intervistati avessero

rapporti di amicizia con persone connazionali, straniere e/o italiane.

È chiaro che la distribuzione delle risposte a tutte e le domande è molto schiacciata verso

l’alto (verso cioè la modalità “una volta alla settimana”), ma anche qui, come nella batteria

precedente, risultano più marcati i rapporti con persone italiane. Molto frequenti sono anche i

rapporti con persone dello stesso paese di origine; meno assidui sono poi quelli con persone

immigrate ma non connazionali visto che più di un terzo afferma di non avere amicizie e

conoscenze approfondite con questa categoria di persone.

Tab. 18 Frequenza rapporti amici e conoscenti

Frequenza rapporti Connazionali Altri stranieri Italiani

No mai/Quasi mai 3 10 2

Sì, almeno una volta

al mese 4 3 3

Sì, almeno una volta

ogni due settimane 2 0 2

Sì, almeno una volta

alla settimana 18 14 20

(N=27)

Page 46: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

43

Dal punto di vista dell’impegno associazionistico, risulta una scarsa partecipazione degli

imprenditori stranieri (e questo conferma le ricerche precedenti: ad esempio Erminio, 2008),

visto che in tutte e tre le domande la moda è rappresentata dalle modalità “no mai/quasi mai”.

Questo è dovuto soprattutto al tempo, che viene speso tutta nell’attività lavorativa:

Non faccio parte di associazioni o similari perché non ne ho il tempo, perché lavoro dal

lunedì pomeriggio al sabato sera (F5c)

Non faccio parte di nessuna associazione in particolare…ogni tanto frequentiamo

l’associazione che riunisce i tamil…ma vado solo alle feste perché non ho tempo…

(F10a)

Qui non si evince pressoché alcuna differenza fra la partecipazione ad associazioni italiane

(nel senso di non marcate dal fatto che sono strettamente legate alla provenienza e/o alla

condizione di immigrato) o straniere, anche se come al solito appare meno assidua la

relazione con organizzazioni composte da altri stranieri non connazionali.

Tab. 19 Frequenza rapporti associazioni

Frequenza rapporti Connazionali Altri stranieri Italiani

No mai/Quasi mai 20 22 20

Sì, almeno una volta al

mese 5 3 3

Sì, almeno una volta

ogni due settimane 0 1 2

Sì, almeno una volta

alla settimana 2 1 2

(N=27)

Page 47: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

44

Fra coloro che frequentano un’associazione di connazionali, molti lo fanno saltuariamente:

Non faccio parte di nessuna associazione…ogni tanto vado a qualche festa o a qualche

evento organizzato dalla comunità e da associazioni senegalesi ma niente di più…(F9a)

Per analizzare meglio i risultati, anche se sembrano abbastanza chiari, si è deciso di creare tre

indici additivi8 sintetici rispettivamente dei rapporti con: italiani, connazionali e altri stranieri.

Una volta trovati i vari punteggi, si è deciso di dividere in classi tali valori e individuare tre

possibili modalità di “frequenza rapporti”9.

Tab.20 Indice di frequenza rapporti con persone italiane

Frequenza rapporti Connazionali Altri

stranieri Italiani

Mai/pochi 5 11 1

Abbastanza 17 8 16

Molti 5 8 10

(N=27)

Dall’analisi delle tre tabelle viene confermato quanto emerso dalle precedenti, e cioè la

maggior frequenza di relazioni con persone italiane da parte degli intervistati. Infatti

praticamente tutte le persone intervistate ha abbastanza rapporti (se non molti) con persone

italiane. Anche i rapporti con persone connazionali risultano abbastanza frequenti, anche se

non mancano persone che non hanno praticamente rapporti. L’analisi dell’indice di frequenza

delle relazioni con persone straniere ma non connazionali mostra come gli intervistati si

distribuiscano in maniera più omogenea rispetto agli altri due indici; ad ogni modo si vede

come in maggioranza siano le persone che hanno pochissimi rapporti con persone straniere

8 Pur consci del fatto che è una parziale forzatura creare un indice di variabili non cardinali attraverso operazioni

aritmetiche, si è però deciso di svolgere tale operazione in quanto la variabile è ordinale (come suggerito da Delli

Zotti, 2005), semplicemente per avere un’idea approssimativa dei rapporti con le varie categorie di persone. Si

sono quindi sommati i punteggi (cioè il numero associato alle singole modalità, numero che cresceva

all’aumentare dei rapporti) ottenuti in ogni domanda considerata. Inoltre bisogna ribadire che tale indice è

puramente indicativo visto l’esiguità del campione. 9 Tale indice avrà (essendo la somma di tre domande con risposte che possono variare il punteggio fra 1 e 4) un

minimo di 3 e un massimo di 12. Per una migliore leggibilità i risultati sono stati suddivisi in tre fasce (1-4, 5-8,

9-12).

Page 48: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

45

non connazionali anche se non manca (e questo si vedeva anche dall’analisi delle precedenti

tabelle) una buona percentuale di persone che ha relazioni frequenti.

Tabella 21 Media punteggi rapporti per ogni indice

Indice rapporti

connazionali

Indice rapporti

stranieri

Indice rapporti

italiani

7 6,22 7,56

Fig.7 Media punteggi rapporti per ogni indice

Per riassumere, gli intervistati mostrano di preferire relazioni o con connazionali (media=7),

con cui condividono lingua, abitudine ecc., e/o, in misura ancora maggiore, con italiani

(media=7,56), che sono visti anche come un “mezzo” per inserirsi e conoscere la società

italiana. Molti meno rapporti vi sono con altri stranieri (media=6,22), anche se non mancano

intervistati che hanno frequentazioni assidue con persone straniere ma non del paese di

origine. Questo mostra come gli imprenditori manifestino, al di là delle normali reti di

connazionali che risultano comunque molto forti, anche una propensione all’apertura, alla

conoscenza della realtà italiana.

Se si analizzano i rapporti in base alle fasce di attività emergono alcuni dati interessanti.

Innanzitutto che il rapporto con i connazionali negli intervistati rimane pressoché invariato:

quindi al di là della tipologia di attività resta fermo il rapporto con i connazionali.

Page 49: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

46

I rapporti con persone straniere (non connazionali) risulta invece molto significativo: gli unici

che affermano (nei questionari e nelle interviste) di avere un po’ più rapporti con questa

categoria sono coloro che svolgono un’attività appartenente alla I fascia, ma dalle interviste

emerge che questa si sviluppa solo attraverso la conoscenza dovuta all’attività lavorativa.

In generale i soggetti intervistati, pur manifestando un senso di legame con la propria

madrepatria, sono fortemente aperte alla realtà del paese dove si sono insediati.

Si potrebbe arrivare a ipotizzare che i soggetti intervistati non provino un forte sentimento di

appartenenza alla “comunità immigrata”, ma questa deduzione dovrebbe essere approfondita e

studiata maggiormente.

Andando più nello specifico, uno degli scopi della presente ricerca era capire come erano al

momento dell’apertura i rapporti con alcune categorie di persone e se tali rapporti sono

cambiati in seguito all’apertura dell’attività.

Ciò che emerge è innanzitutto che moltissime persone avevano rapporti con persone italiane

già prima dell’apertura dell’attività, alcuni addirittura avevano (e hanno tuttora) il coniuge

italiano:

Prima di aprire l’attività avevo già amicizie italiane…erano amicizie del lavoro, poi va

beh poi sono sposata con un italiano In generale avevo amici italiani ma anche

stranieri… (F2b)

Sono stata sposata con un italiano e con lui ho avuto una figlia. Non lavorando ho

sempre avuto con le mamme delle compagne di mia figlia un rapporto molto bello (F5c)

Da subito ho fatto amicizia più con gli italiani…uno non può arrivare qui e non

interessarsi a nulla…io ho sempre cercato l’amicizia di persone italiane, con cui è più

facile avere un rapporto di rispetto, amicizia…tu li aiuti e loro ti aiutano…

Frequento un sacco di circoli, le boccette e anche milito in un partito politico. Andando

nei circoli ecc. ho conosciuto e fatto amicizia con un sacco di persone, ho conquistato

la loro fiducia… (M14a)

Comunque attraverso l’attività molti rilevano un miglioramento dei rapporti, soprattutto con

gli italiani ma anche con i connazionali (e altri stranieri):

Page 50: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

47

Amici sia italiani che stranieri, che mi sono fatto con l’attività…soprattutto italiani

(M15a)

Mi sento più integrato con la società italiana con il ristorante anche perché i rapporti

sono molto frequenti, con i clienti e con i dipendenti (M18b)

Per quanto riguarda gli italiani, come si è già detto rispetto alla parte sulla clientela, è emerso

un miglioramento della visione dello straniero, persone che vengono viste come dotate di

competenza, voglia di fare ecc.:

Tanto miglioramento perché tanta gente che passa gli piace vedere che ho aperto un

negozio, tanti italiani vengono perché all’inizio credono solo che non abbiamo un

mestiere, se invece ti vedono fare questi lavoro gli piaci, vengono volentieri e spesso

per questo (M4c)

Sì, da quando sono imprenditore sono visto meglio da più persone e sono agevolato per

gli affitti e la visione che gli altri hanno di me è migliorata sia connazionali, sia

stranieri e soprattutto italiani (M5b)

Ho notato che ora mi trattano con ancora più rispetto, come per dire hai fatto

qualcosa! (F5c)

Il rapporto è migliorato a livello personale. Perché se si apre un negozio il rapporto va

ad un livello leggermente superiore. Perché le persone vengono, conoscono… (F6c)

In generale quindi gli intervistati avevano già prima forti e buoni rapporti con gli italiani, ma

questi rapporti sono migliorati anche grazie all’attività:

Uno deve guadagnarsi la fiducia, io ho tantissimi amici genovesi, già dall’inizio, ho

avuto subito le informazioni e l’aiuto morale per aprire la mia attività… […] Con

l’attività ho incrementato molto le conoscenze con italiani, solitamente clienti che

conosco (M1c)

Page 51: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

48

Avevo già una cerchia di amici italiani, anche la prima mostra a Noli l’ho fatta con un

mio amico pittore italiano. […] I rapporti con italiani forse è migliorato, avevo tanti

amici anche prima ma ora mi vedono forse in una situazione migliore (M10c)

Nel rapporto con altri stranieri, connazionali in primis, gli intervistati affermano di essere

diventati una sorta di punto di riferimento, di modello da seguire e di persone cui chiedere

consiglio:

Ho aumentato il giro di conoscenze sia italiane che di connazionali. Per loro sono

diventata anche un punto di riferimento, anche per il lavoro. Mi vengono a chiedere se

so di qualche signore che cerca una badante...oppure se so di qualche lavoro… (F3b)

I rapporti con le altre persone non sono molto cambiati…l’unica cosa è che ora sono

conosciuti da tutti..per esempio ogni festa che c’è dei suoi paesani vengono invitati…a

volte vengono invitati anche da persone che non conoscono (F10a)

Certo ora sono guardato in modo diverso per la mia attività che vale, che è conosciuta,

che è un punto d’incontro per la cultura araba (F6c)

Certi intervistati mettono però in evidenzia che con alcune persone (soprattutto altri stranieri)

il rapporto è peggiorato perché provano invidia per la loro posizione:

Nei rapporti in generale il cambiamento è stato positivo, la gente vede che sei una

persona che vuole fare qualcosa, che vuole crescere, che vuole organizzarsi.

A volte c’è invidia, non mi fido tanto delle persone. (M13c)

In generale comunque gli intervistati mostrano di avere amicizie miste, sia italiani che

stranieri, soprattutto connazionali:

Come amicizie ho sia connazionali ma anche italiani…e altri stranieri ma meno (M16a)

Passando a parlare della qualità di questi rapporti (nel senso se vengono percepiti come buoni

e cordiali oppure cattivi e difficoltosi) si andrà a vedere come gli intervistati valutano i

rapporti un buon numero di categorie di persone ed enti.

Page 52: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

49

Partendo dagli enti, si è investigato come sono (e se ci sono) rapporti con gli enti pubblici in

generale, con le banche e con la Camera di Commercio.

Da ciò emerge che i rapporti con gli enti pubblici sono piuttosto buoni, e questo non può che

essere un fattore positivo.

I rapporti con le banche invece sono molto contradditori: se infatti la maggioranza ha buone

relazioni, c’è però una buona parte che manifesta problemi nelle relazioni con le banche (un

terzo a cui si vanno a sommare coloro che non hanno rapporti con le banche, persone che di

solito scelgono liberamente di non averne in quanto hanno scarsa fiducia nelle banche).

Questi dati non vanno però enfatizzati perché si suppone che la sfiducia e i cattivi rapporti con

banche e similari siano un fattore comune anche a tanti imprenditori italiani.

Infine molti degli intervistati hanno quasi nulli rapporti con la Camera di Commercio (più

della metà degli intervistati), ma chi dice di avercene, afferma che questi sono buoni.

Dalle interviste viene confermato il generale buon rapporto che le istituzioni:

Ho un buon rapporto con polizia, amministratori, ecc (F6c)

Ho buoni rapporti con i poliziotti del quartiere, perché mi conoscono da piccolo, sono

cresciuto con loro; li conosco da quando sono entrati e quando per ventiquattro anni ti

vedono qua e allora sanno già che sei apposto (M5b)

I rapporti con le istituzioni sono buoni e mi hanno aiutato. (F8a)

Anche se non mancano casi di frizione:

Con le istituzioni e soprattutto con la polizia i rapporti sono sempre brutti…sono

ignoranti e razzisti…si riescono ad avere rapporti normali solo con Asl (F2b)

Le istituzioni anziché un aiuto sono un ostacolo, è sempre una lotta!!

Non ho problemi con le autorità, per il mio carattere, ho qualche amicizia in comune,

ho fatto anche il mediatore culturale, andavo nelle scuole, conosco benissimo il mondo

scolastico, aiuto molto bambini, anzi vorrei fare molto di più; in quel senso ho un

buonissimo rapporto con la chiesa. Anche le istituzioni bancarie sono dure, è difficile

(M1c)

Page 53: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

50

Tab. 22 Rapporti con enti pubblici

Modalità rapporti Enti

pubblici Banche

Camera di

Commercio

No rapporti 3 2 15

Per niente buoni 0 2 0

Non buoni 3 7 1

Abbastanza buoni 17 10 9

Molto buoni 4 6 2

(N=27)

Dall’analisi dei rapporti con i “colleghi” si evidenzia (come quando si è parlato della

frequenza di tali rapporti) una preferenza degli intervistati verso gli italiani (fermo restando

che molte persone non hanno proprio rapporti con colleghi stranieri o connazionali): si può

infatti vedere come quasi tutti abbiano rapporti buoni o molto buoni con persone italiane.

Tab. 23 Rapporti con colleghi connazionali

Modalità rapporti Connazionali Altri

stranieri Italiani

No rapporti 10 13 4

Per niente buoni 2 1 1

Non buoni 1 0 0

Abbastanza buoni 11 10 11

Molto buoni 3 3 11

(N=27)

Analizzando poi i rapporti con amici e conoscenti, qui i risultati ottenuti vengono influenzati

dal fatto che un buon numero di persone non ha praticamente rapporti con altri stranieri non

connazionali. Analizzando le percentuali valide (cioè “depurate” da coloro che non hanno

Page 54: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

51

relazioni) le tre distribuzioni mostrano un appiattimento su rapporti abbastanza e molto

buoni (forse a causa della parola amici nella domanda): emerge però che le percentuali di

molto buoni sono maggiori a proposito degli italiani e dei connazionali. Se però si sommano

le modalità di risposte “abbastanza buoni” e “molto buoni” non emergono grosse differenze.

Viene quindi confermato il fatto, evidenziato a proposito dei colleghi, che seppur molti non

abbiano relazioni con altri stranieri (a parte i connazionali) chi ce le ha, li ha molto buoni.

Tab. 24 Rapporti con conoscenti e amici

Modalità rapporti Connazionali Altri

stranieri Italiani

No rapporti 1 9 0

Per niente buoni 1 1 1

Non buoni 0 0 0

Abbastanza buoni 6 6 7

Molto buoni 19 11 19

(N=27)

La parziale preferenza per gli italiani viene molto bene resa da questo brano di intervista:

A me poi piace avere tanti amici e sono amica di più con gli italiani, perché stiamo sino

alle sette assieme poi ognuno a casa sua. Invece noi connazionali, parliamo troppo,

facciamo casino qua e la e poi scoppiano dei problemi (F1c)

A proposito dei rapporti con le associazioni, come già visto, quasi nessuno degli intervistati

appartiene e frequenta attivamente associazioni (siano esse composte da italiani o da

stranieri). Fra chi frequenta si può vedere come non sempre i rapporti siano buonissimi,

anche se la maggior parte, chiaramente, fornisce giudizi positivi sul rapporto.

Page 55: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

52

Tab. 25 Rapporti con associazioni

Modalità rapporti Connazionali Altri

stranieri Italiani

No rapporti 17 20 18

Per niente buoni 2 2 0

Non buoni 0 0 1

Abbastanza buoni 5 3 2

Molto buoni 3 2 6

(N=27)

Singolare, e degno di riflessione, è il caso di una signora che ha affermato di avere rapporti

non buoni con le associazioni italiane, o meglio, con l’associazione che frequentava fino a

poco tempo prima:

Facevo anche parte di un’associazione di italiani dove ero una delle poche

straniere…ma poi dopo un po’ me ne sono andato perché ero sempre considerata la

povera straniera…quasi compatita…non riuscivo a superare la cosa che io sono

straniera (F3b)

2.9. Inserimento e interesse per realtà italiana

Altro punto “virtuoso” è l’interesse che gli intervistati mostrano di avere per la realtà

italiana: tutti (nessuno escluso) afferma di informarsi quotidianamente tramite giornali,

radio, televisione ecc. sulla situazione di Genova e dell’Italia, molto più che degli

avvenimenti del loro paese di nascita. Addirittura nel corso delle interviste molte persone si

stupivano della domanda, come se dessero per scontato che la risposta fosse sì:

Amo il mio Paese, ma, per esempio anche se ho la parabolica, io guardo la televisione

italiana. Dal primo giorno ho sempre detto che se il destino mi ha fatto venire qua devo

sapere come vive la gente qua, non ho mai voluto essere chiusa e dire guardo solo la

Page 56: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

53

televisione egiziana e non quella italiana, anche perché allora restavo nel mio paese

(F1c)

mi piace sapere la realtà dove vivo, leggo tutti i giornali, i telegiornali, è importante

sapere dove vivi, sono preoccupato di questa situazione (M1c)

Leggo i giornali, seguo tutto qua, perché vivo qua ed è giusto che sia così (M5b)

Molti, e sono parole loro, ormai si sentono italiani (o “italianizzati”), come si vedrà anche

nella parte relative alle aspirazioni per il futuro:

Mi interesso a ciò che accade in Italia, mi piace molto il telegiornale per sentire della

politica, se posso ne sento più di uno al giorno. Ormai non mi interessa più tanto la

realtà del mio paese ma più quello che succede qua (F5c)

Mi interesso sia alla realtà di qui che a quella del mio paese… uno si interessa alla

realtà del paese di origine ma se sta qui deve sapere quello che accade in Italia (F6c)

Sono ormai proiettato più nella realtà italiana, non faccio niente per la Palestina; la

mia cultura ormai è in italiana da quando avevo 20 anni ora ne ho 61..In Giordania

non ho più i genitori quindi non sono più legato alla mia terra. (M11b)

Mi interesso sia della realtà che degli avvenimenti italiani che di quelli del Marocco e

del Nordafrica . Ormai mi sento a casa sia qui che là, anzi più qui, perché ci vivo..

Quando sono arrivato i primi periodi avevo l’idea di tornare al mio paese, poi dopo un

po’ mi sono italianizzato, poi mi piace l’Italia (M12a)

2.10. Le capacità linguistiche e burocratiche

Dal punto di vista linguistico, quasi tutti gli intervistati parlano in maniera comprensibile

l’italiano. In questo frangente l’attività sembra aver portato un netto miglioramento alla

maggior parte degli intervistati, in quanto la maggioranza degli intervistati ha a che fare

quotidianamente con persone italiane e quindi si deve sforzare di parlare l’italiano. Sembra

che al di là del normale miglioramento che si può avere vivendo in un paese, e avendo a che

Page 57: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

54

fare con colleghi nativi (nel caso di lavoratori dipendenti), ci sia un incremento delle

competenze linguistiche in quanto gi intervistati, oltre che parlare “normalmente”, devono

farsi capire usando termini appropriati e precisi per illustrare i prodotti che offrono:

Si, perché ogni giorno imparo qualcosa di nuovo, imparo parole che non avevo mai

sentito e poi parlando per forza italiano si migliora sempre (M4c)

Sì, anche perché per me è molto importante avere la capacità di spiegare gli aspetti

riguardanti un certo oggetto, la sua provenienza, delle informazioni particolari su

quell’oggetto (M7b)

Con il mio lavoro ho migliorato la lingua, perché il cliente ti dà una mano, e anche la

scrittura c’è perché dobbiamo far ei bigliettini e scrivere il nome e cosa si deve fare

(F5c)

In una cosa l’attività mi ha aiutato molto…con la lingua…quando i clienti vengono qui

devo spiegargli le cose (F9a)

L’unica eccezione sono coloro che hanno una clientela quasi esclusivamente straniera (cioè

in particolare una buona fetta della fascia A, ma non tutti):

A livello linguistico l’attività non mi ha aiutato molto perché parlo sempre con

stranieri…anzi prima quando ero badante parlavo con gli anziani che accudivo (F10a)

Anche a livello burocratico gli imprenditori affermano di essere molto migliorati, in quanto

hanno dovuto aver a che far con bandi, moduli per i finanziamenti e normali routine di

gestione; anche se per molte cose gli intervistati affermano di affidarsi ai commercialisti.

2.11. Le specificità personali

Dopo aver analizzato alcuni importanti punto come l’inserimento nel tessuto sociale italiano, i

rapporti con connazionali, stranieri ecc., si vuole ora mettere in luce come molti degli

intervistati evidenzino qualità umane e individuali ben specifiche e sopra alla media. Sembra

quindi che al di là dell’inserimento (e l’integrazione) prima e dopo l’attività autonoma, sia

proprio “speciale” la loro attitudine. Nel corso delle interviste sono quindi venute fuori certe

Page 58: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

55

qualità, che non sembrano essere sempre presenti in tutti gli immigrati (come non sono

presenti sicuramente in tutte le persone appartenenti alla popolazione nativa): determinazione,

apertura mentale, disponibilità ad aiutare il prossimo, capacità manageriali e imprenditoriali.

Una delle cose che più colpisce è l’apertura mentale degli intervistati e la voglia di inserirsi e

di vivere appieno nella società dove si sono stabiliti, senza rinchiudersi nella rete dei

connazionali o di altri stranieri:

Anche quando vengono qua gli amici di mio marito, parlano sempre in italiano per non

fare la cosa di parlare arabo davanti a nessuno, perché è una cosa che fa innervosire

gli altri perché uno si domanda cosa stanno dicendo (F1c)

Purtroppo nella mia comunità dicono che quando uno viene qua o fa la badante o il

muratore e basta. Ma io non ci ho mai creduto, penso che il ghettizzare, stare sempre

tra loro fa male invece che bene . Io ho cominciato ad aprirmi, a cercare informazioni,

che poi ho condiviso con loro, molti ce l’hanno fatta a studiare, ad aprirsi un’attività, a

farsi strada…Mi sono sempre impegnata ad aprirmi e credo che si debba sempre fare

così prima di dire come si sta qui in Itala; io conosco persone della mia comunità che

vivono in Ecuador anche se sono fisicamente qui, adesso con internet ancora di

più,vedono le partite, mangiano quello che c’è là. Io invece ho cercato di andare agli

eventi, conoscere la città, ho creato 5 anni fa insieme a altre donne latino-americane

un’associazione (coordinamento ligure donne), è stato bellissimo, abbiamo fatto tante

cose e ci siamo divertite moltissimo (F3b)

Tutte le persone intervistate (e questo stride un po’ con lo scarso associazionismo rilevato)

dimostrano di aver voglia di fare, anche fuori dall’ambito lavorativo:

Sono stato speaker alla radio, ho trovato amici che mi hanno fatto fare questo

programma alla radio per circa 1 anno. Ho fatto conoscere a Genova la salsa (M1c)

Ho fatto un progetto in collaborazione col comune, quando Borzani era assessore ho

fatto domanda per fare una mostra di pitture iraniane, perché ci sono altri pittori

iraniani a Roma e a Firenze, mi hanno accettato, ma il comune dà spazi e pubblicità,

ma c’erano problemi e non ce l’ho fatta (M10c)

Page 59: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

56

Molti dimostrano di essere molto attivi anche e soprattutto per cambiare nel quotidiano i

quartieri e i luoghi dove vivono, dimostrando qualità umane non indifferenti:

Ci sono difficoltà economiche che si possono anche superare con grandi idee: ad es io

vorrei creare un sito internet per via Prè, però dobbiamo aderire tutti, in modo che la

gente possa vedere cosa vendiamo e ordinarlo anche da casa.. e poi noi lo mandiamo

magari con un ragazzo in moto. Via Prè è difficile ma dobbiamo impegnarci tutti per

cambiare (F3b)

Sì, sì, è stata una crescita personale. Ogni mattina guardo la tv per vedere cosa

succede, perché vivendo qua è normale e bisogna sapere quello che succede in Italia e

bisogna capire. Una volta mi hanno chiesto come fare a sviluppare Via della

Maddalena: la mia famiglia mi ha insegnato ad essere onesto e pulito, quindi per

migliorare la via siamo noi, padroni dei negozi che dobbiamo dare l’esempio, per

migliorare la via, anche perché se diciamo tutti che schifo, lasciamo le ragazze a fare

quello che vogliono fare, è così, se invece siamo onesti, ci vedono lavorare, la gente

non seria cambia e le altre persone vengono. Io la mattina vengo qua e pulisco davanti

al mio negozio e anche se la gente mi guarda come uno scemo lo faccio, perché così se

lo facessimo tutti, tutta la via sarebbe pulita. Insomma ognuno di noi deve dare il buono

esempio e tutto deve iniziare da ciascuno di noi….[…]. Il mio pensiero è che nella vita

devi sempre aiutare la gente: per esempio, una sarta prende 12€ per fare l’orlo ai

pantaloni e so che non è più brava di me, anche la gente lo dice, però a me non

interessa che la gente dica che sono io più bravo di lei, solo mi interessa aiutare le

persone e così tengo i prezzi bassi così posso aiutare tutti, perché siamo in crisi e come

si fa ad andare avanti, sennò? (M3c)

Dal punto di vista professionale, gli intervistati dimostrano di essere in grado di svolgere

un’attività autonoma, riuscendo a continuare in una situazione, quella attuale, molto difficile

dal punto di vista economico. Molti hanno la tendenza a aprire più negozi nel momento di

successo, in modo da investire i propri soldi in qualcosa di produttivo. Altri ancora invece

manifestano una spiccata abilità imprenditoriale, come si può vedere dal brano sottostante:

Poi sto già studiando perché ho un progetto particolarmente buono e sto cercando dei

soci che abbiano ditte grosse di muratura e prendere appalti in Libia, perché ho dei

Page 60: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

57

buoni contatti lì. Non bisogna sempre fare il ristoratore, questo è il momento giusto per

investire in Libia e Tunisia, perché le banche danno dei grossi finanziamenti per i

lavori di ristrutturazione, ma serve l’appoggio giusto di una ditta che compra terreni e

costruisce. In Libia c’è un futuro particolare, perché quando si calmerà la situazione,

un pezzo grosso che conosco e abita lì, mi ha detto perché non mi butto, perché ci sarà

da ricostruire e vogliono far diventare la Libia come Dubai, visto che la Libia è

ricchissima. Sono già in trattativa con un senegalese per vendere questi due locali, così

investirò 50.000€, con un altro socio con una cifra simile; occorre avere sempre le

spalle coperte e partire con la persona giusta (M5b)

Questi brani mostrano anche la capacità di questi intervistati di muoversi in chiave

transnazionale, non solo investendo e lavorando a Genova e in Italia, ma anche all’estero:

Dopo essere venuta in Italia, per cinque sono stata a New York e mi sono specializzata

ulteriormente nella sartoria, ho lavorato lì e poi sono tornata qui (F5c)

Lavoro con l’università, lavoro molto con l’estero. Ho lavorato in Turchia dal’93 al

2008, sempre avendo sede qui ma diversi mesi all’anno stavo là. A volte tengo seminari

a livello universitario in Argentina (M6c)

2.12. Aspirazioni per il futuro

Infine, è stato chiesto agli intervistati quali fossero le loro aspirazioni per il futuro. Da tale

quesito sono emerse alcune interessanti cose.

Innanzitutto ormai la maggioranza delle persone intervistate si sente pienamente a suo agio

nella società italiana e vorrebbe restare a Genova anche dopo essere andato in pensione:

Non voglio tornare nel mio paese, perché i miei figli sono nati qua e bisogna basarsi

dove si è; a Tunisi non ho nemmeno una casa (M5b)

Rimarrò a Genova con il negozio spero sempre di migliorare e che prima o poi mi

daranno la pensione (M19a)

Page 61: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

58

Questo dimostra l’alto grado di inserimento degli intervistati, che spesso si sentono più a casa

propria in Italia che nel loro paese di origine:

Ma ormai viviamo qua e lo sento come il Paese, perché quando siamo qua vogliamo

andare giù, ma quando siamo giù vogliamo tornare qua, perché ti manca perché qui c’è

il mio posto di lavoro, la mia vita (F1c)

Per il futuro, sto andando verso la pensione, però vorrei rimanere in Italia, il mio paese

va bene per visitarlo ma viverci ormai no. Ormai mi so muovere in Italia, ormai sono di

qui, conosco bene Genova (F5c)

Non ho particolari progetti per il futuro, continuo qua finché vado in pensione, e resto

in Italia…ormai sono italiano, non ho più nessuno al mio paese (M11b)

Una buona parte (seppur minoritaria) degli intervistati vorrebbe ritornare in patria:

Vorrei tornare in Thailandia; ma non so quando tornerò in Thailandia, dipenderà da

quando non avrò più voglia di stare qua (M7b)

Penso per il futuro di tornare sicuramente in Brasile , dove ho la famiglia, stiamo

valutando la situazione, ma con calma (M8b)

Alcuni vorrebbero però mantenere un legame con l’Italia:

Avendo vissuto 10 anni in Italia, a Genova, vivendoli intensamente, un po’ di me è qua

e non posso dire chiudo e me ne vado e basta. Mi piacerebbe però tornare nel mio

paese e aprire un'attività di prodotti italiani (F3b)

È da notare che, fra coloro che vorrebbero ritornare al proprio paese, la maggioranza svolge

un’attività che offre prodotti del proprio paese di origine: forse proprio per questo hanno

mantenuto un forte legame con le tradizioni e le tipicità del loro paese e quindi vorrebbero

ritornare.

Altri ancora (anche qui una piccola fetta di intervistati) legano la permanenza in Italia alla

loro situazione economica lavorativa:

Page 62: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

59

In futuro vorrebbe tornare nel suo paese e continuare a fare il commerciante, perché

qui non c’è più lavoro (M15a)

Oltre ad avere più soldi per migliorare il mio negozio, non so ancora se voglio restare

qua o ritornare nel mio paese perché bisogna vedere la situazione complessiva: se

migliora la situazione resto, se non migliora meglio trovare un’altra cosa nel mio paese

(M4c)

La mia famiglia dice che devo restare qui perché nella vita bisogna avere coraggio e

che prima o poi cambierà, però non voglio fare brutta figura perché se alla fine non

riesco a pagare l’affitto, cosa faccio? E allora forse preferirei tornare al mio Paese in

quel caso, così sarei tranquillo. Se invece la situazione migliorasse un po’ preferirei

restare, anche perché l’Italia è la capitale della moda, quindi se rimanessi, sarebbe

meglio per me (M3c)

Page 63: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

60

3. Percorsi di imprenditoria creativa degli stranieri

In questa prima parte si farà quindi riferimento al profilo dei 13 intervistati “creativi” e ai

risultati emersi da tali interviste.

3.1. Parte Generale

3.1.1 Il profilo socio-anagrafico degli intervistati e le tipologie di imprese

Dei 13 intervistati, ben 11 sono maschi e 2 femmine; per quanto riguarda l’età (prendendo

come riferimento l’anno 2011), la maggioranza degli intervistati ha fra i 36 e i 55 anni, con

una piccola percentuale di over 55: nessuno ha invece meno di 36 anni.

Tab.26 Distribuzione per classi di età degli imprenditori creativi

Classe

di età Frequenza

18-35 0

36-45 5

46-55 5

56-65 3

+ 65 0

(N=13)

Page 64: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

61

Fig. 8. Distribuzione per classi di età degli imprenditori creativi

Dal punto di vista dello stato civile, anche qui la maggior parte è sposata o convivente.

Tab. 27 Stato civile degli intervistati degli intervistati imprenditori creativi

Stato civile Frequenza

celibe/nubile 3

sposato/convivente 7

divorziato/separato 2

vedovo/a 1

(N=13)

Page 65: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

62

Fig. 9. Stato civile degli imprenditori creativi

Per quanto riguarda il titolo di studio, i diplomati sono più della metà anche se c’è un buon

numero di intervistati che ha una qualifica professionale (legata all’attività svolta, esempio:

diploma di sartoria).

Tab. 28 Titolo di studio degli imprenditori creativi

Stato civile Frequenza

Nessun titolo 0

Licenza elementare 0

Licenza media 2

Qualifica

professionale 3

Diploma 7

Laurea/Post-laurea 1

(N=13)

Page 66: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

63

Fig. 10. Titolo di studio degli imprenditori creativi

I 13 intervistati sono così suddivisi per nazionalità: Algerina (1), Argentina (2), Brasiliana (1),

Ecuadoriana (2), Giordana (1), Iraniana (1), Marocchina (1), Peruviana (1) e Senegalese (3).

Per quanto riguarda invece l’anzianità migratoria, la maggior parte degli intervistati è arrivata

da almeno 18 anni: l’anzianità migratoria di questa sottopopolazione risulta quindi maggiore

rispetto a quella più generale.

Tab. 29 Numero di anni da arrivo in Italia

Anni Frequenza

0-5 1

6-11 1

12-17 1

18-23 7

+ 23 3

(N=13)

Page 67: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

64

Tab. 30 Numero di anni da apertura prima attività in Italia

Anni Frequenza

0-5 3

6-11 5

12-17 2

18-23 2

+ 23 1

(N=13)

Per quanto riguarda il tempo passato fra l’arrivo in Italia e l’apertura, la maggior parte degli

intervistati ha aspettato parecchi anni prima di aprire l’attività (quasi un terzo più di 10 anni e

più della metà almeno 8 anni); anche se una grossa percentuale ha aperto nei primi tre anni

(quasi un terzo).

Tab. 31 Differenza fra anno di arrivo e anno di apertura prima attività in Italia

Anni Frequenza Frequenza

cumulata

0 1 1

1 1 2

2 1 3

3 1 4

8 2 6

10 2 8

11 1 9

15 1 10

21 2 12

29 1 13

(N=13)

Page 68: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

65

Tab. 32 Differenza fra anno di arrivo e anno di apertura prima attività in Italia (classi)

Anni Frequenza

0-5 4

6-11 5

12-17 1

+18 3

(N=13)

Passando alla descrizione delle attività svolte da coloro che sono stati intervistati, le attività

“creative” maggiormente rappresentate sono quelle legate ai lavori manuali (sartoria in

primis).

Per quanto riguarda la fascia di attività gli intervistati appartengono alla Fascia B (2) o alla

Fascia C (11).

Tab. 33 Attività svolte

Attività Frequenza

Fotografo 1

Orafo 1

Palestra Capoeira 1

Pittore 1

Restaurazione 2

Ristorante (tutto fatto in

casa) 1

Sartoria 5

Tappezziere 1

(N=13)

Page 69: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

66

Infine, la maggioranza degli intervistati hanno la loro attività nel Municipio Centro Est (10),

ed in particolare nella zona Pré-Maddalena; gli altri tre intervistati svolgono il loro lavoro nei

Municipi: Centro Ovest, Medio Ponente e Ponente.

3.1.2 Prima dell’attività autonoma: motivazioni e profilo pre-immigrazione, esperienze

lavorativa pre-attività autonoma e aiuto per aprire l’attività

La maggior parte degli intervistati appartenenti alla categoria imprenditori creativi è venuta in

Italia per motivi di studio oppure per scoprire il nostro paese e fare una nuova esperienza; solo

una persona afferma che la motivazione principale è stata quella economica:

Sono venuto in Italia nel ’90 per fare degli studi e delle ricerche (M6c)

38 anni fa ho deciso, per cambiare e scoprire il mondo, di venire in Italia. Da subito

sono venuta a Genova )(F5c)

In patria quasi la totalità degli intervistati svolgeva lo stesso lavoro che svolge qui in Italia, o

comunque un lavoro manuale/creativo:

Nel mio paese facevo il sarto e anche il commercio di tessuti (M3c)

Lavoravo già nel restauro di opere d’arte , il mio campo è più materiale archeologico,

era un’attività che svolgevo in parallelo con i miei studi universitari (M6c)

Per quanto riguarda l’attività lavorativa in Italia, pre-attività autonoma, sono due i percorsi

principali per arrivare all’apertura dell’attività autonoma.

Poco più della metà degli intervistati ha svolto molti lavori e lavoretti (venditore ambulante,

badante ecc.) per poi passare al lavoro autonomo una volta avutene le possibilità:

A Genova dal ’71, ho cominciato a fare il cameriere e poi anche il carpentiere per 3 / 4

anni. Nell’85 ho aperto un ristorante pizzeria e cucina araba e italiana perché allora

gli italiani non erano ancora preparati. Il secondo anno ho la pizzeria e facevo solo

Page 70: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

67

cucina araba e italiana, il terzo anno ho tolto la cucina italiana alla sera e poi sono

venuto qua con solo cucina araba , nell’89. (M11b)

Prima ho fatto un sacco di lavoretti…volantini, magazziniere ecc…poi sono riuscito a

mettere qualche soldo da parte e aprire (M2-)

Una buona fetta di persone ha invece iniziato da dipendente nel settore che gli interessava, in

modo da fare esperienza, migliorare e capire le dinamiche italiane, per poi passare dopo

qualche anno a lavorare in autonomia:

Da subito ho fatto questo lavoro. Prima ho lavorato come dipendente, nel senso che

non ho aperto una partita iva ma lavoravo per un laboratorio. Dopo un anno mi sono

staccato e ho cominciato a lavorare in proprio (M6c)

Ho iniziato a Milano dove però non sono riuscito ad inserirmi in nessun contesto, né

per la palestra né nel sociale. Quindi sono venuto a Genova, il primo posto fu una

palestra ad Albaro che mi ospitava; poi dopo 10 anni di corsi in varie palestre, ho

trovato un certo numero di allievi, ho saputo dell’incubatore d’impresa, ho presentato

il mio progetto, ma la mia attività era già avviata, i clienti li avevo, mi serviva una sede,

l’avevo già individuata per caso passando avevo visto questo spazio, un rigattiere

pieno di roba (M8b)

Quasi nessuno ha invece iniziato praticamente subito a lavorare da subito in proprio (1 caso su

13):

Nel Luglio del 1990 sono arrivato in Italia, a Cortona, vicino ad Arezzo, perché avevo

un parente e ho lavorato per lui che aveva un negozio di pelli. Dopo alcuni mesi mi

sono fidanzato con una restauratrice e ho incominciato a lavorare con lei, e ho

imparato molto, soprattutto a lavorare con il marmo, perché lei era molto brava. Dopo

vari lavori abbiamo anche avuto un incarico qui a Genova, un lavoro molto lungo,

siamo stati un anno e mezzo e poi altri lavoretti. Alla fine abbiamo deciso di rimanere

qui. Più o meno da sempre ho lavorato come lavoratore autonomo, partita iva, libero

professionista (M9-)

Page 71: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

68

Per quanto riguarda l’aiuto ricevuto per aprire varia da caso a caso: la base principale sono i

risparmi, ma un aiuto arriva spesso anche da parenti e/o amici, oltre che l’attività

dell’Incubatore:

Non ho avuto nessun aiuto da enti pubblici e similari ma alcuni amici mi hanno aiutato

economicamente. Gli amici (connazionali) non sono stati fondamentali ma comunque

molto importanti per l’apertura dell’attività (M2-)

Quando ho iniziato (questa attività nel 2010) mio cugino mi ha prestato dei soldi (M3c)

Ho deciso di cambiare attività, ho aperto un negozio qua, di oggettistica , tessuti, vestiti

del Nepal , Iindia nel 2001, avevo l’azione di incubatore…( M10c)

3.1.3 Nello svolgimento dell’attività: dipendenti, fornitori e clientela

Per quanto riguarda i dipendenti, quasi nessuno ha dei dipendenti: solo tre intervistati

affermano di avere dei dipendenti, anche se alcuni hanno assumono dei collaboratori in caso

di necessità:

Non ho collaboratori fissi, sono abituato a lavorare da solo, solo nei lavori più grandi

mi faccio aiutare (M9-)

Non ho dipendenti perché non ce la farei economicamente (F6c)

Ho quattro dipendenti, prima ne avevo altri due, e tutti fanno tutto (M11b)

Per quanto riguarda i fornitori, anche qui non tutti hanno fornitori fissi, alcuni hanno più

fornitori che scelgono in base ai prodotti che devono comprare; comunque non si registrano

casi particolari di fornitori scelti fra connazionali ecc:

Fornitori veri e propri non ne abbiamo, compriamo al minuto, quello che ci serve per

non sprecare e anche risparmiare. Una volta avevamo dei fornitori ma ci portavano

troppa roba che non ci serviva. Per la roba andiamo da altri negozi e andiamo anche

sul mercato. Abbiamo dei negozi soliti e i rapporti sono buoni, basta che chiami e mi

Page 72: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

69

portano la roba o io la vado a prendere. Comunque dove ci riforniamo sono tutti

italiani (F5c)

Vado in Francia ma ho anche fornitori in Italia, in Francia però non ho solo fornitori

arabi ma anche francesi (M11b)

Per particolari materiali per il restauro mi rifornisco da grandi ditte francesi o

tedesche specializzate (M9-)

Nel corso delle interviste gli imprenditori, affermavano di avere in generale buoni rapporti

con i fornitori.

Più interessanti sicuramente sono i risultati delle relazioni con la clientela: i rapporti sembrano

molto buoni con tutte e tre le tipologie di clienti.

Sembra però dai colloqui svolti che i rapporti migliori si abbiano con i propri connazionali (e

in misura minore con altri stranieri e italiani), sempre, occorre ribadirlo, in un panorama di

buone e cordiali relazioni. È da notare che le “preferenze” rispetto alla clientela cambiano

leggermente rispetto agli imprenditori stranieri in generale.

Questo potrebbe essere spiegato dal fatto che, al di là dei rapporti buoni, è in questa categoria

di persone che emerge il fatto che spesso coloro che svolgono un’attività del genere devono

superare la diffidenza delle persone:

In generale vengono più italiani, ma ci sono anche stranieri. il rapporto è con tutti

buono, anche se all’inizio abbiamo dovuto superare la diffidenza degli

italiani…credono che noi non sappiamo fare certe cose…ma poi dopo vedono e

capiscono che lo siamo e siamo anche più economici (M2-)

La clientela è in maggioranza composta da italiani, anche se non mancano i clienti stranieri:

La clientela è soprattutto formata da italiani ma anche da stranieri. Connazionali

pochissimi. Il rapporto con i clienti è buono (M8b)

I clienti sono solo italiani, gli stranieri comprano usato o cose già fatte, non cercano

l’artigiano (M13c)

Page 73: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

70

3.1.4 L’impatto dell’attività: situazione economica e abitativa

Per quanto riguarda la condizione economica, la maggioranza degli intervistati afferma che

questa non è migliorata:

Uno deve guadagnarsi la fiducia, io ho tantissimi amici genovesi, anche importanti, ho

avuto subito le informazioni e l’aiuto morale per aprire la mia attività (M1c)

non è certo migliorata, prima avevo la casa poi l’ho venduta e mi sono trasferita da mio

figlio che è in affitto, perché non ce la facevo a pagare il mutuo per la casa e in più

l’affitto per il locale. Alloro ho dovuto restituirla alla banca (F6c)

Sono venuto qua pensando di trovare una situazione migliore, ma per me è un po’ dura

anche se il Comune mi ha dato il negozio qua è dura (M4c)

Quindi, come per il campione generale, anche qui non c’è stato un grosso miglioramento

economico, probabilmente anche a causa della crisi.

Anche dal punto di vista abitativo la situazione non è migliorata per la maggior parte degli

intervistati, che continua a vivere in affitto nello stesso posto:

Non mi sono potuto comprare casa sempre il fatto che non ho garanzie, sono artigiano,

mia moglie non lavora (M13c)

L’unico miglioramento è quello legato a svolgere un’attività che piace e che dà particolari

soddisfazioni, Questo è un punto su cui insistono proprio i lavoratori autonomi di questo

sottocampione, probabilmente visto che fanno dei lavori che presuppongono delle

competenze pregresse (e perciò può risultare per loro insopportabile svolgere un lavoro

non qualificato):

Dal punto di vista economico no, ma è migliorata perché faccio il lavoro che mi piace

(M4c)

Page 74: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

71

3.1.5 Le relazioni: frequenza, tipologia dei rapporti e impatto dell’attività

imprenditoriale

Riguardo alle amicizie, ciò che emerge è che la maggior parte degli intervistati hanno rapporti

frequenti sia con connazionali che con italiani.

Si conferma quindi il fatto che la frequenza di rapporti sia maggiore con gli italiani e con i

connazionali. Si conferma molto minore la cadenza dei rapporti con stranieri non

connazionali.

Parlando poi dei rapporti con i colleghi, si evidenzia come più della metà delle persone non

abbia rapporti con colleghi connazionali o stranieri: chi ce li ha però afferma che questi sono

buoni (a parte un caso).

La situazione è invece differente per quanto riguarda gli italiani: i rapporti con questi colleghi

sono più numerosi, e sembrano anche migliori. Non si registrano problematiche di relazione,

anzi molti vengono aiutati da colleghi più esperti.

Parlando invece dei rapporti con amici e conoscenti, si confermano le migliori relazioni con i

connazionali rispetto agli altri stranieri, e con gli italiani rispetto alle altre due categorie di

persone.

Infine, parlando di come l’attività ha modificato i rapporti emerge un quadro positivo

dell’impatto dell’attività creativa. Sebbene già prima dell’apertura gli intervistati

manifestavano un forte legame con persone italiane, segno che erano già profondamente

inserite nel tessuto sociale del territorio, tutti affermano di aver visto un certo miglioramento

dei rapporti, soprattutto con le persone italiane:

I rapporti con italiani forse è migliorato, avevo tanti amici anche prima ma ora mi

vedono forse in una situazione migliore (M10c)

Ho fatto amicizie soprattutto con italiani, che mi hanno aiutato e dato consigli e anche

critiche (M13c)

Page 75: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

72

Per quanto riguarda poi l’inserimento e l’interesse per la realtà italiana, tutti gli intervistati

(come nel campione generale) hanno un forte interesse per la realtà italiana e si informano

quotidianamente più sugli avvenimenti italiani che su quelli del proprio paese di origine:

Mi interesso a ciò che accade in Italia, mi piace molto il telegiornale per sentire della

politica, se posso ne sento più di uno al giorno. Ormai non mi interessa più tanto la

realtà del mio paese ma più quello che succede qua (F5c)

Sembra poi che l’attività abbia portato alla maggior parte degli intervistati un miglioramento

sia nelle loro capacità linguistiche che per quanto riguarda le competenze burocratiche, di

gestione ecc.

Si, sono migliorato perché ogni giorno imparo parole nuove…anche se ormai sono qui

da tanto e lo parlo abbastanza bene. Anche livello burocratico non ho problemi, ormai

so gestirmi e rapportarmi con le istituzioni (M9-)

Per quanto riguarda i rapporti con gli enti, si evidenzia qui come pressoché tutti abbiano

rapporti con gli enti pubblici, e come questi (siano buoni se non ottimi. Con le banche invece i

rapporti risultano contradditori: se alcuni non hanno proprio rapporti, altri hanno rapporti non

buoni. È però vero che quasi la metà degli intervistati afferma di avere relazioni buone con le

banche. Infine per quanto riguarda la Camera di Commercio, moltissimi non hanno rapporti

(in linea con la tendenza generale degli intervistati), chi ce li ha esprime un giudizio positivo

su tali relazioni.

Dal punto di vista dell’associazionismo quasi nessuno partecipa attivamente ad associazioni,

senza che vi sia una distinzione netta fra le tre categorie di associazioni, con una leggermente

maggiore partecipazione (comunque bassissima) quando si parla di associazioni di

connazionali.

Page 76: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

73

3.2. Parte specifica sul lavoro creativo

3.2.1. Aspetti di creatività, competenze e sviluppo futuro

Tutti gli intervistati di questa sottopopolazione sono ben consci di svolgere un’attività creativa

(intesa in senso ampio), pur non svolgendo lavori che comunemente vengono legati alla

creatività, ma bensì alla mera manualità.

Inoltre i lavoratori intervistati mostrano con orgoglio il fatto che la loro abilità, le loro

competenze emergano nel loro lavoro.

Il mio lavoro è arte… (M1c)

Beh sì il nostro lavoro è legato alla creatività, facciamo anche vestiti su misura…gli

aspetti di maggior creatività del mio lavoro è legato soprattutto ai vestiti fatti su

misura…per esempio abbiamo fatto recentemente un vestito per un teatro che ci

avevano dato solo una foto (M2-)

La creatività da giovane sta nel fisico, poi con la musica, la manualità nel costruire gli

strumenti, costruisco strumenti a percussione brasiliani (M8b)

A mezzogiorno creo piatti miei personali, alla sera faccio piatti arabi tradizionali…è

soprattutto a mezzogiorno che ci metto del mio…che sperimento (M8b)

Sì beh certo il mio lavoro è tutto legato ala creatività…il restauro è un lavoro

fortemente creativo anche se di fatto ripristiniamo spesso cose che ci sono già…però

non è semplice…tutt’altro (M6c)

Sì certo il mio lavoro e legato molto alla creatività, soprattutto alla creatività in quanto

manualità (M9-)

Sì certo la parte più creativa è soprattutto la creazione della tappezzeria, poi metterla

su è un lavoro più da manovale (M13c)

Page 77: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

74

Gli intervistati affermano quindi che nel loro lavoro una certa dose di inventiva, di capacità

manuale (e non) è necessaria, e che in questo non si sentono assolutamente inferiori agli

italiani:

Le persone vengono da noi anche e soprattutto perché siamo bravi uguali rispetto a un

italiano e costiamo molto meno (M3c)

Ogni giorno creo qualcosa di nuovo, perche i clienti mi portano dei disegni e lo faccio;

ma tanti non si aspettano che io sia in grado di farlo, poi dicono “oh, non me

l’aspettavo!”. Perché la gente vede sempre che noi vendiamo le borse e pensano che

non siamo capaci a lavorare (M4c)

Per quanto riguarda le competenze, la maggior parte ha un titolo di studio medio-alto (come si

è già visto), alcune volte legato all’attività che svolge, le competenze per svolgere il lavoro

vengono quindi a spesso dal percorso scolastico ed educativo:

Le competenze le ho maturate all’università attraverso corsi di specializzazione.

Lavorando qui ho poi migliorato molto (M6c)

In Brasile fai il corso (circa sei anni) poi prendi il diploma e poi fai un corso e diventi

insegnante e poi ne fai un altro e diventi maestro riconosciuto dalla federazione

brasiliana di capoeira (M8b)

Ho preso il diploma di sartoria in Ecuador in tre anni…sono poi migliorata andando a

New York, dove lavoravo cercavo di imparare di più, cercavo di andare a vedere come

si facevano certe cose (F5c)

Altri hanno invece imparato le competenze per il lavoro in famiglia:

Nel mio paese sona nato in una famiglia dove si cuciva, ho sempre cucito e da lì ho

imparato anche altre cose, per fare il tappezzieri devi anche saper tagliare e fare

modelli, fare sartoria. Molti tappezzieri hanno bisogno di una sarta per potere cucire

ad es una fodera (M13c)

Page 78: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

75

Nel mio paese facevo già l’artigiano, ma ero giovane, avevo 22 anni; quando sono

venuto qua ho cominciato a frequentare orafi italiani e ho migliorato un po’. Nel mio

paese ho imparato da mio padre e arrivato qua ho migliorato, perché il lavoro non è

uguale in tutti i paesi (M4c)

Molti quindi hanno già avuto esperienze lavorative simili nel loro paese:

Avevo già avuto esperienza nel mio paese prima di venire in Italia…giustamente per

avere questa esperienza, ho scelto questa attività (M1c)

Già nel mio paese facevo il sarto, avendo preso il diploma e poi fatto una specie di

stage e ho imparato così. Sono arrivato in Italia e già avevo le capacità per aprire un

negozio. (M2-)

Si è poi cercato di capire come gli imprenditori creativi vogliano sviluppare la propria attività

nel futuro, in un momento economico non certo positivo. La maggior parte afferma di voler

puntare proprio sugli aspetti di creatività, sia per contrastare gli effetti della crisi che per

distinguersi e realizzare completamente le proprie aspirazioni:

Attualmente per saltare questo periodo dobbiamo darci da fare in un altro modo, la

gente non stampa le foto, allora noi facciamo altre cose… i video, ecc. (M1c)

Per il futuro se ci è possibile vorremmo sviluppare la parte più creativa, legata ai

vestiti su misura (M2-)

Come qualifica io sono uno stilista, ma finanziariamente sono povero quindi non posso

fare niente, a parte le riparazioni, ma piano piano cerco di cambiare e infatti le persone

prima mi portavano solo le riparazioni, ora mi portano anche da fare abiti da sposa e

camicie (M3c)

Alcuni vorrebbero allargare un po’ le proprie attività, diversificarle, per attirare più persone:

Page 79: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

76

Adesso in base ai problemi accennati prima bisogna puntare sull’artigianato, su corsi

di musica, altre danze, solo con la palestra non si sopravvive. L’idea è quella di creare

una sorta di un centro culturale (M8b)

Altri invece, vista la situazione italiana, pensano di aprirsi al mercato estero, o spostandosi

definitivamente di paese oppure facendo periodi fuori dall’Italia:

Per lo sviluppo dell’attività cercherei di spostarmi in altri mercati, perché qui in Italia

non interessa a nessuno che uno sia in grado di effettuare un’altissima

professionalità… (M6c)

3.2.2. Imprenditori creativi e caratteristiche del luogo di lavoro

Riportiamo ora tutte le valutazioni su alcune caratteristiche del luogo di lavoro, interessanti

per capire quali sono le caratteristiche che gli imprenditori creativi cercano nel luogo di

lavoro.

Tab. 34 Importanza accessibilità al luogo di lavoro con mezzi privati (automobile, motorino)

Valutazione Frequenza

Per nulla importante 2

Poco importante 3

Importante 5

Molto importante 3

(N=13)

L’importanza di accedere con mezzi privati all’area è sicuramente importante ma non sembra

comunque una delle cose principali che ricercano in via prioritaria nel luogo di lavoro. Invece

più incisiva (anche se non di molto) sembra l’importanza dell’accessibilità al luogo di lavoro

con mezzi pubblici: questa differenza sembra dovuta principalmente alla peculiarità di

Genova (soprattutto nel centro storico), legata alla difficoltà di trovare parcheggio e alla

conseguente preferenza per l’utilizzo dei mezzi pubblici.

Page 80: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

77

Tab. 35 Importanza accessibilità del luogo di lavoro con mezzi pubblici e vicinanza alle vie

principali di traffico veicolare e sistemi di trasporto pubblico

Valutazione Frequenza

Per nulla importante 0

Poco importante 1

Importante 7

Molto importante 5

(N=13)

Anche la visibilità del luogo di lavoro dall’esterno sembra non molto rilevante; o meglio,

vedendo la distribuzione si nota una polarizzazione su poco importante e molto importante, e

questo sembra suggerire il fatto che la rilevanza dell’esposizione al pubblico dipende da caso

a caso.

Tab. 36 Importanza visibilità del luogo di lavoro dall'esterno (posizione a piano strada)

Valutazione Frequenza

Per nulla importante 1

Poco importante 4

Importante 2

Molto importante 6

(N=13)

Page 81: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

78

Tab. 37 Importanza luminosità del luogo di lavoro

Valutazione Frequenza

Per nulla importante 0

Poco importante 0

Importante 2

Molto importante 11

(N=13)

Molto rilevanti sono poi la luminosità e la dimensione dello spazio di lavoro. Per quanto

riguarda la luminosità questa è sicuramente importantissima in quanto la maggior parte degli

intervistati sono artigiani o comunque svolgono lavori di alta manualità e precisione. Anche la

dimensione viene ritenuta fondamentale in quanto spesso le maggiori difficoltà nello

svolgimento del lavoro sono legate all’ambiente troppo piccolo.

Tab. 38 Importanza dimensione dello spazio di lavoro

Valutazione Frequenza

Per nulla importante 0

Poco importante 1

Importante 3

Molto importante 9

(N=13)

Page 82: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

79

Tab. 39 Importanza prossimità del luogo di lavoro al luogo di residenza

Valutazione Frequenza

Per nulla importante 0

Poco importante 5

Importante 3

Molto importante 5

(N=13)

Abbastanza tenuta in considerazione sembra la prossimità al luogo di residenza, ma più per un

discorso di comodità che di utilità per il proprio lavoro.

Assolutamente non considerata utile è la condivisione dello spazio con altri lavoratori visto

che ben più della metà degli intervistati afferma che non è per nulla/poco importante.

Solo un intervistato su 13 attua già questa forma di condivisione degli spazi:

Non ho dipendenti, ci sono io e anche loro lavorano qua, ma siamo tutti artigiani e

dividiamo le spese (sono altre 2 persone), sono stranieri e diciamo che siamo soci,

perché condividiamo le spese (M3c)

Tab. 40 Importanza disponibilità e condivisione di spazi con altri lavoratori autonomi (per

comodità, per ridurre costi etc.)

Valutazione Frequenza

Per nulla importante 8

Poco importante 1

Importante 4

Molto importante 0

(N=13)

Page 83: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

80

Tab. 41 Importanza disponibilità di elementi tecnologici (computer, accesso ad internet etc.)

Valutazione Frequenza

Per nulla importante 2

Poco importante 2

Importante 2

Molto importante 7

(N=13)

Rilevanti (ma non fondamentali) sembrano poi la disponibilità di elementi tecnologici e

l’ambiente generale del quartiere dove si situa il posto di lavoro.

Tab. 42 Importanza ambiente positivo (del quartiere) e adatto alle esigenze del lavoro che

svolge

Valutazione Frequenza

Per nulla importante 1

Poco importante 1

Importante 4

Molto importante 7

(N=13)

Riassumendo, emerge che le due caratteristiche considerate più importanti sono luminosità e

dimensione, anche se rilevanti sembrano anche l’accessibilità del luogo di lavoro con mezzi

pubblici (e vicinanza alle vie principali di traffico veicolare e sistemi di trasporto pubblico) e

l’ambiente positivo del quartiere (e adatto alle esigenze del lavoro).

Due sono le caratteristiche meno ricercate dagli intervistati: la condivisione degli spazi con

altri lavoratori autonomi e (anche se in misura molto minore) l’accessibilità con mezzi privati.

Non molto rilevanti sono le altre variabili (prossimità rispetto al luogo di abitazione, visibilità

dall’esterno e disponibilità elementi tecnologici); fermo restando l’importanza in generale di

Page 84: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

81

tutte le caratteristiche menzionate (solo l’opzione di condivisione degli spazi è stata rifiutata e

vista come non positiva da una larga fetta di intervistati).

Nella scelta del locale per l’attività pesa però molto anche l’aspetto economico:

Beh è molto importante soprattutto la visibilità del negozio. Qui l’abbiamo scelto

perché è economico ma è molto ma molto piccolo, però pur non essendo proprio in una

via di passaggio passa abbastanza gente. Vogliamo migliorare la visibilità con

un’insegna luminosa. L’aspetto più positivo è quindi quello economico ma abbiamo

difficoltà per via della piccolezza del negozio, ma per essere l’inizio va abbastanza

bene.

Per il futuro speriamo di migliorare la posizione economica, di più che rimanendo

lavoratori dipendenti. Se c’è lavoro e guadagno, vorrei spostarmi in un’altra zona, più

visibile, o aprire un altro negozio (M2-)

Se avessi le possibilità sarei in via XX Settembre, ma non ce le ho le possibilità; la

scelta di questa zona è per una questione economica, se avessi più soldi prima proverei

a lavorare qua poi se le cose cambiassero proverei ad aprire un altro negozio, ma qui è

la base (M4c)

Alcuni però hanno scelto proprio il centro storico per l’ambiente che c’è:

La collocazione l’ho scelta perché è molto comoda a livello ambiente artistico, lavoro

tantissimo nel centro storico…è più comodo. Quindi non mi vorrei spostare…(M6c)

Questa collocazione l’ho scelta per la realtà dove c’è disagio, difficoltà, perché la

capoeira può contribuire a risolvere, essere strumento sociale. Questo territorio è

importante per la mia attività ma è anche la sua difficoltà.

Quando ho aperto c’erano già i problemi di adesso, ho aperto nell’illusione che

avrebbero risolto e invece niente. L’incubatore ti dà lo spazio e poi basta. Tante attività

sono state aperte con l’incubatore; sembra però che di 30 attività aperte con

l’incubatore, la mia sia una delle poche rimaste (M8b)

Trattando dei principali difetti che gli intervistati hanno riscontrato nei loro luoghi attuali di

lavoro, emerge che i difetti più riscontrati sono stati la dimensione e l’ambiente (il quartiere)

Page 85: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

82

in cui si trova il luogo di lavoro. Pochi hanno menzionato come carenza la luminosità:

probabilmente essendo la più importante fra le caratteristiche sopra menzionate (e alla quale si

può anche relativamente facilmente rimediare) è stata l’unica caratteristica non negoziabile

nel momento della scelta dello spazio di lavoro.

Facendo un focus sugli intervistati risiedenti nel centro storico (10 su 13), emergono più o

meno gli stessi risultati ma con un leggero aumento (percentuale) della dimensione

ambientale e delle problematiche di accesso con mezzi pubblici e privati. Questa insistenza

sulla dimensione ambientale, del quartiere ci mostra come gli stessi immigrati imprenditori

vedano alcuni difetti nel centro storico, anche se spesso non se ne vogliono andare, ma anzi

desiderano migliorarlo:

La mia famiglia mi ha insegnato ad essere onesto e pulito, quindi per migliorare la via

siamo noi, padroni dei negozi che dobbiamo dare l’esempio, per migliorare la via,

anche perché se diciamo tutti che schifo è così, se invece siamo onesti, ci vedono

lavorare, la gente non seria cambia e le altre persone vengono. Io la mattina vengo qua

e pulisco davanti al mio negozio e anche se la gente mi guarda come uno scemo lo

faccio, perché così se lo facessimo tutti, tutta la via sarebbe pulita (M3c)

Tab. 43 I difetti del luogo di lavoro

Difetto Frequenza

Accessibilità al luogo di lavoro 4

Visibilità luogo di lavoro 1

Luminosità luogo di lavoro 3

Dimensione luogo di lavoro 7

Disponibilità e condivisione di

spazi con altri lavoratori 1

Difetto: disponibilità di elementi

tecnologici 4

Ambiente positivo (del quartiere)

e adatto alle esigenze del lavoro 7

Nessun difetto 1

Totale risposte date 28

Page 86: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

83

Riferimenti bibliografici

AA.VV. (2002), "Impresa e Stato" n. 59 (numero speciale su imprenditori stranieri)

Aldrich H., Cater J., Jones T., Mc Evoy D., Velleman P. (1985) , Ethnic Concentration and

the Protected Market Hypothesis, in "Social Forces". Vol. 63, n. 4.

Ambrosini M. (1999), Utili invasori. L'inserimento degli immigrati nel mercato del lavoro

italiano, Franco Angeli, Milano.

Ambrosini M. (2001), La fatica di integrarsi. Immigrati e lavoro in Italia, Il Mulino,

Bologna.

Ambrosini M. (2005), Sociologia delle migrazioni, Il Mulino, Bologna.

Ambrosini M. (2006), Un'altra globalizzazione: il transnazionalismo economico dei migranti,

rapporto di ricerca.

Ambrosini M., Abbatecola E. (2002), Reti di relazione e percorsi di inserimento lavorativo

degli stranieri: l'imprenditorialità egiziana a Milano, in Colombo A., Sciortino G. (a cura di)

(2002).

Ambrosini M., Boccagli P. (2004), Protagonisti inattesi. Lavoro autonomo e piccole imprese

tra i lavoratori stranieri in Trentino, rapporto di ricerca.

Ambrosini M., Torre A. (a cura di) (2005), Secondo rapporto sull'immigrazione a Genova,

Fratelli Frilli Editori, Genova.

Ambrosini M., Torre A., Erminio D. (a cura di) (2007), Quarto rapporto sull'immigrazione a

Genova, Fratelli Frilli Editori, Genova.

Aureli, S. (2005), Imprenditorialità straniera. Un'analisi quantitativa e qualitativa delle

piccole imprese create dagli immigrati nella Provincia di Ancona, Edizioni Goliardiche,

Trieste.

Page 87: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

84

Baggiani B., Longoni L., Solano G. (a cura di) (2011), Noi e l'altro? Materiali per l'analisi e

la comprensione dei fenomeni migratori contemporanei, Discanti Editore, Bagnacavallo (Ra).

Barrett G.A., Jones T.P e McEvoy D. (2001), Socio-economic and policy dimensions of the

mixed embeddedness of ethnic minority business in Britain, in “Journal of Ethnic and

Migration Studies”, vol.27, n.2., April, pp. 241-258.

Basu A. (2001), The emergence of a South Asian business elite in the United Kingdom, in

“Journal of international migration and integration”, vol.2, n.2 (Spring), pp.249-265.

Basu D., Werbner P. (2001), Bootstrap capitalism and culture industries, in “Ethnic and

Racial Studies”, vol. 24(02), pp.2367-262.

Bates T. (1994), Social Resources Generates by Group Support Networks may not be

Beneficial to Asian Immigrant-ownes Small Business, in "Social Forces", vol. 72, n. 3.

Berti F. (2000), Esclusione e integrazione. Uno studio su due comunità di immigrati, Franco

Angeli, Milano.

Bonacich E. (1973), A Theory of Middleman Minorities, in "American Sociological Review",

vol.38, October.

Bonacich E. e Modell J. (1980), The Economic Basis of Ethnic Solidarity, University of

California Press, Berkeley.

Bovone L., Mazzette A., Rovati G. (a cura di) (2005), Effervescenze urbane. Quartieri

creativi a Milano, Genova e Sassari, Franco Angeli, Milano.

Boyd R.L. (1990), Black and Asian Self-Employment in Large Metropolitan Areas: A

Comparative Analysis, in "Social Problems", vol.37, n.2

Bradley D.E. (2004), A Second Look at Self-employment and the Earnings of Immigrants, in

“International Migration Review”, vol. 38(2).

Page 88: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

85

Camera di Commercio di Roma-Caritas di Roma (2003) Gli immigrati nell’economia

romana: lavoro, imprenditoria, risparmio, rimesse, Roma, report di ricerca.

Caritas/Migrantes (2005), Immigrazione. Dossier Statistico 2005. XV rapporto

sull'immigrazione, Idos Edizioni, Roma.

Caritas/Migrantes (2009), Immigrazione. Dossier Statistico 2009. XIX rapporto

sull'immigrazione, Idos Edizioni, Roma.

Caritas/Migrantes (2010), Immigrazione. Dossier Statistico 2010. XX rapporto

sull'immigrazione, Idos Edizioni, Roma.

Chaganti R., Green P.G. (2002), Who Are Ethnic Entrepreneurs? A Study of

Entrepreneursapos; Ethnic Involvement and Business Characteristics, in “Journal of Small

Business Management”, Vol. 40(2).

Chiesi A. M., Zucchetti E. (a cura di) (2003), Immigrati Imprenditori. Il contributo degli

extracomunitari allo sviluppo della piccola impresa in Lombardia, Egea, Milano.

Clark K., Drinkwater S. (2010), Recent trends in minority ethnic entrepreneurship in Britain,

in “International Small Business Journal”, vol. 28(2).

CNEL (Consiglio Nazionale dell’economia e del lavoro) (2009), Il profilo nazionale degli

immigrati imprenditori, Roma, rapporto di ricerca

CNEL (Consiglio Nazionale dell’economia e del lavoro) (2009), Indici di inserimento

territoriale degli immigrati in Italia : sesto rapporto (reperibile all’indirizzo

www.portalecnel.it/.../VI%20Rapporto%20CNEL%20Indici%20di%20Integrazione.pdf).

CNEL (Consiglio Nazionale dell’economia e del lavoro) (2010), Indici di inserimento

territoriale degli immigrati in Italia: settimo rapporto (reperibile all’indirizzo

www.portalecnel.it/.../Testo%20VII%20Rapporto%20CNEL%20Immigrazione.pdf).

Page 89: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

86

Codagnone C., (2003), Imprenditori immigrati: quadro teorico e comparativo, in Chiesi A.

M., Zucchetti E. (a cura di) (2003).

Colasanto M., Ambrosini M. (a cura di) (1993), L’integrazione invisibile. L’immigrazione in

Italia tra cittadinanza economica e marginalità sociale, Vita e Pensiero, Milano.

Colombo A., Sciortino G. (a cura di) (2002), Assimilati ed esclusi, Il Mulino, Bologna.

Engelen E. (2001), ‘Breaking in’ and ‘breaking out’: a Weberian approach to entrepreneurial

opportunities”, in “Journal of ethnic and migration studies”, vol. 27, n. 2, April, 203:223.

Delli Zotti, G. (2005), Come creare un indice o una tipologia, “Quaderni del Dipartimento di

Scienze dell’Uomo”, n. 2.

Ensign P., Robinson N.P. (2011), Entrepreneurs because they are Immigrants or Immigrants

because they are Entrepreneurs? A Critical Examination of the Relationship between the

Newcomers and the Establishment, in “Journal of Entrepreneurship”, vol. 20 (1)

Erminio D. (2008), Immigrati e lavoro autonomo. Imprenditori transnazionali a Genova,

Working Paper Centro Studi Medì 1/2008.

Evans M.D.R. (1989), Immigrant Entrepreneurship: Effects of Ethnic Market Size and

Isolated Labor Pool, in “American Sociological Review”, vol.54, December.

Fieri (Forum Internazionale ed europeo di ricerche sull'immigrazione), Camera di Commercio

di Torino (2005) Imprenditori stranieri in provincia di Torino, rapporto di ricerca.

Fieri (Forum Internazionale ed europeo di ricerche sull'immigrazione), Camera di Commercio

di Torino (2010), L'integrazione in piazza. Commercianti stranieri e clientela multietnica nei

mercati urbani, rapporto di ricerca.

Floya Anthias F., Cederberg M., Using Ethnic Bonds in Self-Employment and the Issue of

Social Capital, in “Journal of Ethnic and Migration Studies”, vol. 33(2).

Fondazione Ethnoland (2009), Immigrati imprenditori in Italia, Idos Edizioni, Roma.

Page 90: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

87

Fong E., Shen J. (2011), Explaining Ethnic Enclave, Ethnic Entrepreneurial and Employment

Niches: A Case Study of Chinese in Canadian Immigrant Gateway Cities, in “Urban Studies”

vol. 48(8).

Formaper (a cura di) (2005), Da immigrati ad imprenditori, Franco Angeli, Milano

Golini A. (a cura di) (2006), L'immigrazione straniera. Indicatori e misure d'integrazione, Il

Mulino, Bologna.

Hagan J. (2006), Negotiating Social Membership in the Contemporary World Social, “Social

Forces”, vol. 85(2).

Harney N.D. (2007), Transnationalism and Entrepreneurial Migrancy in Naples, Italy, in

“Journal of Ethnic and Migration Studies”, vol. 33(2).

Jones T. e McEvoy D. (1992), Ressources ethniques et égalité des chances : les entreprises

indo-pakistanaises en Grande Bretagne et au Canada, in "Revue européenne des migrations

internationales", vol.8, n.1, 1992, pp.107-126.

Jones T., Ram M. (2003), South Asian business in retreat? The case of UK, in “Journal of

ethnic and migration studies”, vol.29, n.3 (May), pp. 485-500.

Kanas A., Van Tubergen F., Van der Lippe (2011), The role of social contacts in the

employment status of immigrants. A panel study of immigrants in Germany, in “International

Sociology”, vol. 26(1).

Kloosterman, R., Rath J. (2001), Immigrants Entrepreneurs in Advanced Economies: Mixed

Embeddedness further Explored, in "Journal of Ethnic and Migration Studies", vol. 27, n. 2.

Kwok Bun, C., Jin Hui, O. (1995), The many faces of immigrant entrepreneurship, in Cohen,

R. (a cura di) (1995), The Cambridge Survey of World Migration, Cambridge University

Press, Cambridge.

Page 91: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

88

Laj S., Ribeiro Corossacz V., (2006), Imprenditori immigrati: il dibattito scientifico e le

evidenze empiriche dell'indagine ISOLF, in "Monografie sul Mercato del lavoro e le politiche

per l'impiego", n. 7/2006 , ISFOL - RP(MDL).

Le A.T. (2000), The determinants of immigrant self-employment in Australia, in

“International Migration Review”, vol.XXXIV, n.1, (spring), pp.183-214.

Levie J. (2007), Immigration, In-Migration, Ethnicity and Entrepreneurship in the United

Kingdom, in “Small Business Economics”, Vol. 28(2-3).

Light I. (1972), Ethnic Enterprise in America, University of California Press, Berkeley

Light I. (1984), Immigrant and Ethnic Enterprise in North America, in "Ethnic and Racial

Studies", vol.7, n.2.

Light I. e Bonacich E. (1988), Immigrant entrepreneurs. Koreans in Los Angeles 1965-1982,

University of California Press, Berkeley Los Angeles Oxford.

Light I., Bonacich E. (ed.) (1993), Immigration and entrepreneurship. Culture, capital and

ethnic networks, Transaction Publishers, New Brunswick.

Light I., Gold S.J. (2000), Ethnic economies, Academic Press, San Diego.

Marger M.N. (2001), The use of social and human capital among Canadian business

immigrants, in “Journal of Ethnic and Migration Studies”, vol.27, n.3, pp.b439-453.

Martinelli M. (2003), Le caratteristiche dell'attività imprenditoriale, in Chiesi A. M.,

Zucchetti E. (a cura di) (2003).

Min P.G., Bozorgmehr M. (2000), Immigrant entrepreneurship an business patterns: a

comparison of Koreans and Iranians in Los Angeles, in “International Migration Review”,

vol. XXXIV, n.3 (Fall), pp.707-738.

Page 92: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

89

Morokvasic M. (1991), Roads to Independence. Self-Employed Immigrants and Minority

Women in Five European States, in “International Migration”, vol. 29(3).

Nee V., Sanders J. (2001), Understanding the diversity of immigrant incorporation: a forms-

of-capital model, in “Ethnic and Racial Studies”, vol. 24(3)

Palidda S. (1992), Le développement des activités indépendantes des immigrés en Europe et

en France, in "Revue européenne des migrations internationales", vol.8, n.1.

Park R. (1936), Succession: an ecological concept, in “American Sociological Review”, n.1,

pp.171-179.

Pécoud A. (2004), Entrepreneurship and identity: cosmopolitanism and cultural competencies

among German/Turkish businesspeople in Berlin, in “Journal of Ethnic and Migration

Studies”, vol. 30(1).

Pennix R., Martiniello M., Processi di integrazione e politiche (locali): stato dell’arte e

lezioni di policy, in “Mondi Migranti” 03/2007, pp. 31-59.

Petrillo A. (2011), Le comunità di migranti e le nuove élite transnazionali, in Baggiani B.,

Longoni L., Solano G. (a cura di) (2011).

Portes A., Haller W., Guarnizo L.(2002), Transnational Entrepreuners: the Emergence and

Determinants of an Alternative Form of Immigrant Economic Adaptation, in "American

Sociological Review", n. 67.

Portes A.,Manning, R.D. (1986), The immigrant enclave: Theory and empirical examples, in

Olzak, S. e Nagel, J. (eds), Competitive ethnic relations, Orlando, Academic Press.

Raijman R., Tienda M. (2000), Immigrants pathways to business ownership: a comparative

ethnic perspective, in “International migration review”, vol.34, n.3 (Fall), pp. 682-706.

Raijmana R., Tiendab M. (2003), Ethnic foundations of economic transactions: Mexican and

Korean immigrant entrepreneurs in Chicago, in “Ethnic and Racial Studies”, vol. 26(5)

Page 93: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

90

Ram M., Sanghera B., Abbas T., Barlow G., Jones T. (2000), Ethnic minority business in

comparative perspective: the case of the independent restaurant sector, in “Journal of Ethnic

and Migration Studies”, vol.26, n.3, July, pp. 495-510.

Rath J. e Kloosterman R. (2000), Outsiders’ business: a critical review of research on

immigrant entrepreneurship, in “International migration review”, vol.34, n.3, 2000, pp. 657-

681.

Reyneri E., Minardi E., Scidà G. (1996) Immigrati e lavoro in Italia, "Sociologia del lavoro"

n. 64, Franco Angeli, Milano.

Richmond, A.H. (1969), Sociology of Migration in Industrial and Post-industrial Societies, in

Jackson J. (1969), A Sociological Studies 2: Migration, Cambridge University Press,

Cambridge.

Scidà G., Pollini G. (1993), Stranieri in città. Politiche sociali e modelli di integrazione,

Franco Angeli, Milano.

Smart J. (2003), Ethnic Entrepreneurship, Transmigration, And Social Integration: An

Ethnographic Study Of Chinese Restaurant Owners In Rural Western Canada, in “Urban

Anthropology and Studies of Cultural Systems and World Economic Development”, vol.

32(3-4).

Van Tubergen F. (2005), Self-Employment of Immigrants: A Cross-National Study of 17

Western Societies, “Social Forces”, vol. 84(2).

Waldinger R., Aldrich H., Ward R. (eds.) (1990), Ethnic entrepreneurs. Immigrant business

in industrial societies, Sage Publications, Newbury Park-London-New Delhi.

Werbner P. (1990), Renewing and industrial past: British Pakistani entrepreneurship in

Manchester, in “Migration”, n.8, pp.7-14.

Werbner P. (2001), Metaphors of spatiality and networks in the plural city: a critique of the

ethnic enclave economy debate, in “Sociology”, vol. 35(3), pp.671-693.

Page 94: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

91

Zhou M. (2004), Revisiting Ethnic Entrepreneurship: Convergences, Controversies, and

Conceptual Advancements, in “International Migration Review”, vol. 38(3).

Zucchetti E., Corvi P., Perla A. (1999), L'imprenditorialità degli immigrati nella provincia di

Bergamo, Ricerca Comune di Bergamo-ISMU.

Page 95: Solano - L’attività imprenditoriale degli immigrati, integrazione e imprese creative (Creative Cities Project)

92