Soft Secrets 1_13

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18+ Solo per adulti. Soft Secrets viene pubblicato sei volte all’anno dalla Discover Publisher BV, Paesi Bassi GRATIS Numero 1 - 2013 Continua a pagina 3 TECNICA FLOOD AND DRAIN Pensate che l’idrocoltura sia troppo complica- ta? Che ne dite di un sistema idroponico che vi permetta di coltivare nei vasi, utilizzando un substrato di coltura – anche il vostro concime preferito – e lavorando meno? La nostra ricerca di una coltivazione più rapida con massima resa continua analizzando la tecnica flood and drain... ›› 10 AMSTERDAM Atomical Haze ® WWW. PARADISE-SEEDS. COM C U P W IN N E R [rendimenti più elevati sono possibili] Venite a visitare il nostro nuovo sito www.plagron.com ricco di nuovi tutorial e consigli In questa edizione: Olanda: tutto come prima Qualche anno fa, ondate di terrore ave- vano sconvolto l’Italia e gli italiani alla notizia che nei Paesi Bassi si stava lavo- rando ad una legge che impedisse ai cosiddetti “turisti dello sballo” di recarsi nelle splendide città olandesi al solo scopo di fumare marijuana o, perché no, fare un bel trip con i celeberrimi magic mushrooms che si trovano facil- mente – e a un prezzo politico – negli smart shop di Amsterdam. Un sogno che si infrangeva per milioni di perso- ne che vedevano nella città un’isola felice e un baluardo nell’Europa del proibizionismo. Lo spettro del Wietpas – lo strumento normativo voluto for- tissimamente dal leader conservatore olandese Geert Wilders – ha indubbia- mente infestato i progetti per le ferie di molti italiani che, spesso disorientati da un’informazione decisamente parziale, hanno programmato le proprie vacan- ze nei Paesi Bassi sulla base di pure e semplici leggende metropolitane. Ebbene, dopo anni di travagliato iter legislativo, sulla parabola del pass per soli residenti – il Wietpas avrebbe infatti distinto i cittadini olandesi da quelli stranieri, in una macabra paro- dia delle peggiori leggi nazifasciste – pare sia stata finalmente posta la parola “fine”. A conferma delle indi- screzioni che da tempo si susseguiva- no sulla stampa orange è arrivato l’an- nuncio a mezzo stampa del sindaco di Amsterdam, Eberhard Van Der Laan che, nel corso di un’intervista al quoti- diano della capitale Volkskrant, se n’è bellamente fregato del protocollo e, senza attendere l’annuncio ufficiale della coalizione liberale-laburista inse- diatasi il 5 novembre all’Aja, ha affer- mato: « Sappiano i turisti che saranno ancora i benvenuti nei coffee shop di Amsterdam ». Niente più Wietpas dun- que, almeno per gli oltre 220 coffee shop di Amsterdam che rimarranno aperti anche ai non residenti. Questa norma era entrata effettiva- mente in vigore nella parte meridio- nale dei Paesi Bassi il primo maggio scorso, e da subito era stata facile bersaglio delle critiche dei gestori di coffe shop e del settore turistico in generale. Scoraggiato dai risultati, il nuovo governo pare abbia deciso di di Giovanna Dark IRRIGAZIONE A GOCCIA In questo numero mettiamo in evidenza un metodo che è semplice da predisporre e così valido per i produttori che viene utiliz- zato nelle coltivazioni commerciali in tutto il mondo, dalla produzione di pomodori di qualità ai grandi supermercati britannici fino alla produzione di prodotti di qualità per i coffee shop di Amsterdam. La nostra ricerca di cicli di coltura più rapidi e di maggiori rese continua; in questo numero, analizzeremo l’irrigazione a goccia... ›› 18 Oaxacan, Angola Red e Red Lebanon ›› 27

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soft secrets, rivista sulla cannabis

Transcript of Soft Secrets 1_13

18+ Solo per adulti. Soft Secrets viene pubblicato sei volte all’anno dalla Discover Publisher BV, Paesi Bassi

GRATIS

Numero 1 - 2013

Continua a pagina 3

TECNICA FLOOD AND DRAIN Pensate che l’idrocoltura sia troppo complica-

ta? Che ne dite di un sistema idroponico che

vi permetta di coltivare nei vasi, utilizzando

un substrato di coltura – anche il vostro

concime preferito – e lavorando meno? La

nostra ricerca di una coltivazione più rapida

con massima resa continua analizzando la

tecnica flood and drain... ›› 10

A M S T E R D A M

Atomical Haze ®WWW.PARADISE-SEEDS.COM

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[rendimenti più elevati sono possibili]

Venite a visitare il nostro nuovo sito www.plagron.com ricco di nuovi tutorial e consigli

In questa edizione:

Olanda: tutto come primaQualche anno fa, ondate di terrore ave-

vano sconvolto l’Italia e gli italiani alla

notizia che nei Paesi Bassi si stava lavo-

rando ad una legge che impedisse ai

cosiddetti “turisti dello sballo” di recarsi

nelle splendide città olandesi al solo

scopo di fumare marijuana o, perché

no, fare un bel trip con i celeberrimi

magic mushrooms che si trovano facil-

mente – e a un prezzo politico – negli

smart shop di Amsterdam. Un sogno

che si infrangeva per milioni di perso-

ne che vedevano nella città un’isola

felice e un baluardo nell’Europa del

proibizionismo. Lo spettro del Wietpas

– lo strumento normativo voluto for-

tissimamente dal leader conservatore

olandese Geert Wilders – ha indubbia-

mente infestato i progetti per le ferie di

molti italiani che, spesso disorientati da

un’informazione decisamente parziale,

hanno programmato le proprie vacan-

ze nei Paesi Bassi sulla base di pure e

semplici leggende metropolitane.

Ebbene, dopo anni di travagliato iter

legislativo, sulla parabola del pass

per soli residenti – il Wietpas avrebbe

infatti distinto i cittadini olandesi da

quelli stranieri, in una macabra paro-

dia delle peggiori leggi nazifasciste

– pare sia stata finalmente posta la

parola “fine”. A conferma delle indi-

screzioni che da tempo si susseguiva-

no sulla stampa orange è arrivato l’an-

nuncio a mezzo stampa del sindaco

di Amsterdam, Eberhard Van Der Laan

che, nel corso di un’intervista al quoti-

diano della capitale Volkskrant, se n’è

bellamente fregato del protocollo e,

senza attendere l’annuncio ufficiale

della coalizione liberale-laburista inse-

diatasi il 5 novembre all’Aja, ha affer-

mato: « Sappiano i turisti che saranno

ancora i benvenuti nei coffee shop di

Amsterdam ». Niente più Wietpas dun-

que, almeno per gli oltre 220 coffee

shop di Amsterdam che rimarranno

aperti anche ai non residenti.

Questa norma era entrata effettiva-

mente in vigore nella parte meridio-

nale dei Paesi Bassi il primo maggio

scorso, e da subito era stata facile

bersaglio delle critiche dei gestori di

coffe shop e del settore turistico in

generale. Scoraggiato dai risultati, il

nuovo governo pare abbia deciso di

di Giovanna Dark

IRRIGAZIONE A GOCCIAIn questo numero mettiamo in evidenza un

metodo che è semplice da predisporre e

così valido per i produttori che viene utiliz-

zato nelle coltivazioni commerciali in tutto

il mondo, dalla produzione di pomodori di

qualità ai grandi supermercati britannici fino

alla produzione di prodotti di qualità per i

coffee shop di Amsterdam. La nostra ricerca

di cicli di coltura più rapidi e di maggiori rese

continua; in questo numero, analizzeremo

l’irrigazione a goccia... ›› 18

Oaxacan, Angola Red

e Red Lebanon ›› 27

ShowroomGiulio Cesare, 10200192 Roma

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3

Think Different è la vera sorpresa della collezione AutoFem

di Dutch Passion. Si è creata rapidamente un’ottima

reputazione, grazie all’incredibile resa e ai frutti molto

potenti. Anche i coltivatori novizi hanno ottenuto un raccolto

di oltre 100 grammi a pianta e i coltivatori navigati possono

raggiungere fino a 200-300 grammi a pianta. Arriva a

un’altezza di oltre 1 metro se affidata a mani esperte ed è

una buona alternativa alle varietà tradizionali, offrendo

buoni raccolti di forte cannabis a sole 10-11 settimane dalla

germinazione. La genetica proviene da un ibrido speciale di

AK47 noto come AK420.

In indoor ha un potenziale di resa che arriva ai 500 grammi al

m², soprattutto nei sistemi SCROG con fonti di luce potenti.

Genetica: AK420 x Ruderalis / Indica 20% – Sativa 60% -

Ruderalis 20%

Altezza: 60 - 70 cm

Resa: 50/250 g per pianta

THC: 16 – 18%

Selezionatore: Dutch Passion Thin

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iffe

ren

t

Continua dalla prima pagina

lasciare alle amministrazioni locali la

facoltà di scegliere se rendere opera-

tivo il bando imposto allo smercio di

cannabis e derivati ai visitatori stra-

nieri. Il primo cittadino di Amsterdam

non deve averci pensato due volte e

ha immediatamente optato per un

ritorno alla tradizione, con tanto di

motivazione legata a esigenze di ordi-

ne pubblico. Ogni anno, infatti, nella

sola Amsterdam un milione e mezzo

di turisti frequenta i coffee shop e una

retromarcia così clamorosa sulla tol-

leranza in merito alle droghe leggere

avrebbe portato a un aumento dello

spaccio incontrollato e, conseguente-

mente, della criminalità. Le cifre parla-

no chiaro e tondo e non lasciano spa-

zio a interpretazioni: su sette milioni

di turisti ogni anno in visita nella città,

circa un milione e mezzo fa tappa in

un coffee shop per acquistare canna-

bis, come riporta ancora Volkskrant.

In realtà, il criterio della residenza

resterà tecnicamente in vigore all’in-

terno dello Stato, secondo la nuova

intesa tra le forze di governo, ma a

quanto riporta il giornale della capita-

le, la “sua applicazione avverrà di con-

certo con le municipalità interessate”.

Saranno dunque le autorità locali ad

avere l’ultima parola. E Amsterdam ha

già deciso, anche in ragione del danno

che il proibizionismo avrebbe recato

non solo ai coffee shop, ma all’intero

indotto economico della città.

Allo stato attuale, l’unica forza in

grado di mettersi di traverso è il mini-

stro della giustizia, Ivo Opstelten, che

sulla lotta al “turismo dello sballo”

ha basato la sua campagna eletto-

rale. Riconfermato al suo dicastero

nel nuovo esecutivo, la sua linea sarà

infatti la difesa a tutto campo del

Wietpas, come aveva candidamente

affermato alla stampa qualche setti-

mana fa, sfidando l’ironia dei media

locali, la rabbia delle amministrazioni

di frontiera – costrette da sei mesi a

fronteggiare il boom dello spaccio in

strada – ed il suo stesso partito, dato

che i mal di pancia “antipass” tra i libe-

rali sono stati tanti ed autorevoli.

Il rischio, a questo punto, è che il par-

tito del premier Mark Rutte, tra l’ovvia

figuraccia di una ritirata, una mediazio-

ne impossibile con i laburisti ed un’i-

nutile e paradossale guerra ai “mulini

a vento”, per salvare la faccia, scelga

quest’ultima opzione applicando coat-

tamente un provvedimento inappli-

cabile. Ma conoscendo il buon senso

degli olandesi e la loro storica fierezza

autonomista, è forse ora di sbilanciarsi

e di annunciare finalmente che, almeno

per quanto riguarda la tolleranza, in

Olanda non cambierà nulla.

4 BELPAESE

Al via la VI edizione della coppa cannabica italiana 2013Il prossimo sabato 26 gennaio, per tutti gli appassionati del mondo cannabico, è in programma la sesta edizione dell’Italian Cannabis Cup, un evento emblematico che, di anno in anno, porta avanti la volontà e la determinazione della comunità cannabica italiana (i con-sumatori di cannabis fra i più bistrattati a livello europeo), promuove l’uso responsabile della sostanza e la sua autoproduzione, in barba ai ricavi del narcotraffico. Più qualità e più moralità insomma.

di Carlos Rafael Esposito e Filo Green

Sabato sera si terrà la premiazione dei

partecipanti e tutti i lettori di Soft Secrets

sono invitati a partecipare allo show per

dimostrare, con la loro numerosa presen-

za, l’importanza di una riforma coraggio-

sa e svelta della legislazione sulle dro-

ghe leggere, a partire dalla famigerata

“Fini- Giovanardi” che tanti sfracelli ha

causato dalla sua nascita come costola

del decreto sulle Olimpiadi invernali sino

ai giorni nostri. Lo slogan dell’incontro

sarà: “Non esiste provare! C’è solo fare o

non fare, qualcosa fatto bene..”. Insomma

non esitiamo a pretendere che i nostri

diritti di consumatori di una sostanza

innocua e, anzi, con conclamate proprie-

tà terapeutiche siano riconosciuti, non

esitiamo a pretendere un impegno da

parte dei politici affinché normalizzino

l’accesso a questa sostanza come già si

fa in numerosi paesi, non esitiamo ad

essere radicali nella misura in cui l’azione

concreta di chi sa di essere dalla parte

del giusto è sempre più forte dell’azione

mistificatoria di chi fa di tutto per spar-

gere fumo negli occhi ad un’opinione

pubblica sempre meno disposta a farsi

abbindolare dalle indagine farlocche

del Dipartimento Politiche Antidroga.

Informiamoci e informiamo il prossimo,

è un nostro dovere.

Soft Secrets ha parlato della Cannabis

Cup con Filo Green, una della anime di

questo evento romano dall’eco nazio-

nale, ed ecco cosa ci ha risposto: « C’è

ancora gente che viene arrestata tutti i

giorni per due canne in tasca e che ha

paura di uscire per lo stesso motivo, o

peggio ancora che ha lasciato l’Italia per-

ché si sente braccato dallo Stato e dalla

legge. Questa giornata è dedicata a loro,

una giornata dedicata a tutti quelli che

hanno deciso di non soggiacere a queste

dinamiche, cercando di resistere e di

sovvertire almeno per un giorno le scelle-

rate regole liberticide imposte dai nostri

governanti. Questo è lo spirito che anima

da sempre le precedenti Coppe dell’Italia

cannabica e i suoi “cannapionieri”. Ormai

siamo giunti alla sesta edizione e più che

una competizione, negli anni la Coppa

cannabica ha assunto ben altri connota-

ti, che esulano dalla mera sfida fine a se

stessa. Il clima è festoso e più che gara

lo chiamerei un simposio di esperti, un

incontro per degustare le prelibatezze

dei “cannapionieri” ».

« Lo spirito è di amicizia e condivisione

– continua Filo – è questo il clima che si

respira alla Coppa cannabica, un misto

tra l’incredulità e la consapevolezza di

compiere un atto di disobbedienza civile

per i propri diritti, la propria autode-

terminazione e la propria cura. La vera

forza che anima lo spirito ed incarna il

coraggio per questa battaglia di libertà,

sono certamente quei 30/40 coraggiosi

competitori che noncuranti, ma consa-

pevoli dei rischi che corrono, partono

dagli angoli più remoti della penisola,

isole comprese, per celebrare l’amore e

la passione per questa pianta. Molti si

domandano ancora, come sia possibile

organizzare un evento del genere nel

paese più proibizionista dell’occidente.

Rispondendo ad un giornalista di settore

abbiamo detto che anche noi abbiamo

la nostra cattedrale fortificata.... Basta

chiudersi dentro ed è fatta! A parte gli

scherzi, tutto ciò è reso possibile, da

uno dei luoghi di culto dell’antiproibi-

zionismo italiano. Un luogo simbolo per

questa e per tante altre lotte politiche

e sociali. Il Forte Prenestino di Roma. La

buona sinergia tra il Forte Prenestino ed

i “cannapionieri”, tanto coraggio e tanta

sfrontatezza sono i fattori che hanno reso

possibile questo evento la cui notorietà

ha già varcato i confini italiani ».

« Saranno infatti presenti ospiti inter-

nazionali come i breeders, i produttori

di semi ed attrezzature, i giornalisti di

settore, “vip del cannabusiness”, e le

associazioni terapeutiche che, come

sempre, arricchiranno la manifestazio-

ne sia di contenuti che di omaggi,

premi e prelibatezze. A questo propo-

sito ci preme ringraziare con affetto

sia gli sponsor per i premi offerti in

palio e soprattutto i giornali di setto-

re internazionali che con grande fidu-

cia hanno mostrato da subito la loro

attenzione per la Coppa Cannabica, al

contrario dei magazine nazionali che

invece hanno praticamente snobbato

le passate edizioni. Ma come si sa l’o-

scuramento ed il controllo mediatico

sono sport nazionali, qui da noi, popo-

lari come il calcio. Arrivando al dunque

– conclude Filo – prenderanno parte

alla gara vera e propria circa 38 compe-

titors, dai giardini di tutta Italia e non

solo, verranno giudicati severamente

da 30 giudici scelti, di cui 5 internazio-

nali, ci saranno degustazioni, simposi,

dibattiti, conferenze, concerti, giochi a

premi per coinvolgere tutti i visitatori.

Forti e consci del fatto che la fine delle

persecuzioni sui coltivatori e consu-

matori deve finire, consentendo l’im-

mediato accesso terapeutico ad una

panacea dalle innumerevoli risorse, vi

aspettiamo al Forte Prenestino per la

sesta edizione ricordandovi che: “Non

esiste provare! C’è solo fare, o non fare,

qualcosa fatto bene...” ».

Per chi volesse iscriversi come giudice o

competitor:

http://www.overgrow-italy.nl/forums/

discussioni-cannabis-cup-vf62/cop-

pa-italia-cannabica-6%B0-edizione-

2013-a-vt17235.html

oppure scrivere a questa mail:

[email protected]

30/40 CORAGGIOSI COMPETITORI CHE, CONSAPEVOLI DEI RISCHI CHE CORRONO, PARTONO DAGLI ANGOLI PIÙ REMOTI DELLA PENISOLA PER CELEBRARE L’AMORE E LA PASSIONE PER QUESTA PIANTA

6 LETTERE DAI LETTORI

Attenzione lettori italiani!

Volete vincere semi FEMMINIZZATI di

DINAFEM? Mandateci una fotografia della

vostra stanza di coltura o della vostra

miglior pianta di cannabis, dove si veda

chiaramente una copia di Soft Secrets.

DINAFEM vi manderà una confezione da

3 semi femminizzati. Se nella fotografia

dovessero figurare anche la vostra bel-

lissima moglie o ragazza che indossano

un micro bikini sexy o dell’intimo molto

allettante, riceverete una confezione 2 x

3 di semi femminizzati. La fotografia del

mese riceverà una confezione 3 x 3 di semi

femminizzati di prima qualità! Il tutto è un

omaggio di Soft Secrets Europa e DINAFEM!

Mandate le vostre fotografie via e-mail a

[email protected] o mandatele alla nostra

PoBox. Fate attenzione: il materiale verrà

gestito con la massima discrezione. Non

pubblichiamo foto sfocate e non ci piaccio-

no le fotografie di piante in fase vegetativa.

Vogliamo vedere grosse cime e belle donne!

Buona fortuna!

E-mail: [email protected]

Lettere dai lettori

Spett-le redazione,

innanzitutto voglio ringraziarvi per i preziosi consigli che mi hanno permesso di raggiungere una discreta conoscenza nella

coltivazione delle nostre amate. Nelle foto, dove si può notare la mia splendida compagna, una vista della coltivazione indoor

(nella quale purtroppo non sono riuscito ad inquadrare in maniera chiara le bimbe), mentre nella seconda, un dettaglio di

parte di una Super Lemon Haze. Coltivazione indoor con fertilizzazione 100 % e acqua a ph controllato. Illuminazione 250 W

coadiuvata da 4 neon T5 . Lavaggio radicale con acqua osmotica ogni 10 giorni in crescita e ogni 7 in fioritura. Stimolatore di

fioritura utilizzzato solo nelle ultime 2 settimane ed in quantità dimezzata rispetto ai dosaggi consigliati.

Resa totale della sola Lemon:132 grammi dopo 21 giorni si essicatura, ma io per una questione di risultato non consumo mai

prima di 4/5 sett di essicatura e 4 giorni di concia! Vi abbraccio e vi ringrazio ancora!!

VIPERASTA

Caro Viperasta purtroppo il risciacquo non riesce a sopperire alle carenze, in termini di principi attivi, date da una coltura a metabolismo

artificialmente velocizzato. Per il resto ci piace molto la tua pianta anche se presenta segni di calore: guarda le foglie come sono arric-

ciate. Con una 250 watt hai fatto un gran raccolto non c’è che dire! Continua a seguirci, noi non ci dimentichiamo dei nostri lettori!

Thanks Soft Secrets....... LEGALIZE........ This is the Italian dream.......la lotta è dura e non ci fa paura!

Top of the photos di questo primo bimestre del 2013!!! Purtroppo manca la signorina ma ci fa piacere l’impegno profuso! LEGALIZE! E

Forza Italia! (non quella del nano).

7

Cari amici di Soft Secrets,

non potevamo non provare la selezione del famoso grower Jorge Cervantes: ecco una delle nostre Jorge Diamond

prima del raccolto insieme alla mia “grower di fiducia”. Wow che accoppiata! Saluti e buoni raccolti a tutti.

Ma che bel mazzolin di fiori! E che bella grower! Ottima la selezione del seme e ottima soprattutto la tua signorina. Buona

coltivazione, la Redazione!

Un caloroso saluto a tutta la redazione e un

grande ringraziamento per tutto quello che fate!

Come faremmo senza di voi? Vi mostro le mie due

Euphoria coltivate outdoor, ottimo odore e aspetto,

speriamo anche il gusto! Ancora un saluto e grazie

per tutti i consigli che ci date.

JOE T.

Grazie mille per le foto, abbiamo scelto questa perché ben

rappresenta ciò che si intende come fioritura ben fatta.

La piccola sulla tua destra è bellissima e veramente ben

potata, degna di un professionista. Buona fumata Joe!

Ciao a tutti gli amici di Soft Secrets,

vi mando le foto di due Think Different di Dutch Passion, cresciute 1,3m. in una dark room da 120x120 con impianto di estrazione e

ventilazione, con una 600w HPS in fase vegetativa con Bio Nova Autoflowering Supermix e Bio Nova X-cell, con l’aggiunta di un CFL

green power agro da 200w e di Bio Nova PK 13/14 in fioritura. Il tutto condito con abbondante CO2, e un piccolo iPod nel box a dif-

fondere continuamente musica classica, che le piante amano (vi assicuro che è vero).

LEBANESE.

Grandi ragazzi, sarebbe veramente piacevole assaggiare un prodotto che viene dalla coltura con musica integrata. Anche con le vacche funziona,

soprattutto per quanto concerne l’indice di accrescimento giornaliero e la produzione di latte in kg al giorno. Perché non pensate ad una coltivazi-

one biologica (realmente biologica)?

Un saluto dalla redazione fumosissima!

Oh raga ho da scegliere. Facciamo entrambe via!

MIRKO

Grande Mirko, ma mi sembra abbiano fatto confusione in

redazione estera…. Questa foto appartiene alla serie di

Roberto. Buona coltivazione e buone fioriture!

8 FLASH PRODOTTI

COCO BRICKSPer 10 litri di substrato professionale in cocco

Questo blocco compresso produce all’incirca 10 litri di substrato di cocco pronto all’uso

dopo l’aggiunta di 4-5 litri di acqua. Al termine dell’operazione il suo volume risulta decu-

plicato. Grazie al suo volume iniziale si tratta di un prodotto molto facile da trasportare.

Rispetto ai normali substrati a base di torba il cocco dispone di una lunga lista di vantaggi:

L’uso del cocco abitualmente porta ad una produzione maggiore rispetto ad altri substra-

e contaminazioni; mentre contiene additivi speciali per garantire risultati eccellenti.

1. Riempire un contenitore con 4-5 litri

d’acqua

per farlo gonfiare

per trenta minuti per ottenere all’incir-

ca 10 litri di substrato pronto all’uso

per somministrare in modo adeguato i nutrienti ed i minerali.

» www.bionova.nl

BLOSSOM BUILDER LIQUID

Liquid Blossom Builder.

» www.atami.com

ROBERTO

A Robbè ma che stai a ‘ffà? Dalla foto si capisce che sei un professionista della coltura e le

piante dimostrano la dovuta salute! Anche le due bimbe al centro sembrano in salute….

Buona fioritura! P.s. La prossima volta mandaci qualche dettaglio in più.

io e la mia compagna

siamo da poco vostri

lettori e grazie a voi e

ai vostri articoli interes-

sempre qualcosa di nuovo

riguardo la cultura della

canapa. Vedendo le foto

siamo detti “perchè non

alla primissima esperienza

e le foto ritraggono le

due nostre piccoline: una

germinazione e prossime

al raccolto.

Le piccoline sono

hanno tenuto!

per il solo fatto di essere pubblicati!

Vi auguriamo buon lavoro e continueremo sempre a leggervi.

CANNABIS ROOKIES

Avete fatto benissimo a mandarci le foto, avete fatto benissimo a scegliere delle auto per la

vostra prima esperienza ed infine avete fatto benissimo a scegliere quel litraggio di vasi e la

potenza di lampada adatta.

La prossima volta cercate auto fiorenti XL così sarete soddisfatti anche dal punto di vista

quantitativo. Un abbraccione dalla redazione!

10 IDROCOLTURA

IDROCOLTURA CONTRO IRRIGAZIONE A MANO: PARTE 2

Tecnica Flood and DrainPensate che l’idrocoltura sia troppo com-

plicata? Che ne dite di un sistema idropo-

nico che vi permetta di coltivare nei vasi,

utilizzando un substrato di coltura – anche

il vostro concime preferito – e lavorando

meno? La nostra ricerca di una coltivazio-

ne più rapida con massima resa continua

analizzando la tecnica flood and drain...

Nel numero precedente abbiamo ana-

lizzato l’NFT (la tecnica del nutrient film

– pellicola nutritiva), un metodo di coltura

idroponica classificato come ‘idrocoltura

pura’. Sebbene sia piuttosto semplice da

utilizzare, l’NFT e altri stili di coltura idro-

ponica ‘puri’ tendono a spaventare molti

di voi coltivatori. È comprensibile che non

vogliate rinunciare alla sicurezza di avere

un substrato di coltura – che sia concime,

cocco o argilla – attorno alle radici delle

vostre preziose piante, soprattutto se ci

sono delle succulente cime a rischio!

In questo numero daremo un’occhiata a

una tecnica di coltura idroponica che offre

i cicli di crescita più rapidi e le rese mag-

giori dell’idrocoltura attiva, ma che ha la

flessibilità di utilizzo con cocco o concime.

Fatevi questa domanda: quanto avete

cominciato a coltivare, quale tecnica avete

utilizzato per prima? Mi verrebbe da dire

che almeno il 90% di voi ha comincia-

to utilizzando vasi pieni di concime con

irrigazione a mano. Mi sembra corretto,

in effetti è un ottimo metodo per un

novizio. Il concime perdona molti errori

e fa da cuscinetto per le oscillazioni di pH

e l’eccessiva nutrizione. Inoltre, l’irrigazio-

ne a mano delle piante ogni due giorni

consente di concentrarsi sull’ambiente – e

non dimentichiamocelo – si possono otte-

nere rese favolose con il concime!

Se però vi dicessi che esiste una tecnica di

coltura idroponica che sarebbe stata idea-

le per la vostra prima coltivazione – e tutte

le seguenti – in cui potete usare concime

e vasi, limitare la quantità di tempo inve-

stita nel miscelare nutrizione e irrigazione

E ridurre il ciclo di coltura E ottenere rese

maggiori rispetto all’irrigazione a mano???

Meno lavoro + una coltura più rapida

+ maggiori cime alla fine! Forse avreste

dovuto prendere in considerazione la tec-

nica flood and drain. Fatelo adesso!

Cosa è la tecnica flood and drain (inon-

da e drena)?

Il principio alla base della tecnica flood

and drain è semplice. Una pianta viene

posizionata su un tavolo o in un secchio

e la soluzione nutritiva viene immessa da

un serbatoio e inonda il tavolo o il secchio.

Quando la pompa si spegne, la soluzione

nutritiva viene poi drenata nuovamente

nel serbatoio. La pompa è collegata a un

timer e questo viene utilizzato per impo-

stare la frequenza delle fasi flood and drain.

Durante la fase flood (inondazione), le

radici delle piante sono sommerse, il che

permette loro di assorbire tutta l’acqua e i

nutrienti di cui hanno bisogno. L’aria vec-

chia viene espulsa dalla zona radicolare e

quando la soluzione viene drenata, viene

reimmesso ossigeno fresco nella stessa

area. Man mano che le piante diventano

più grandi, il numero d’inondazioni gior-

naliere aumenta.

La quantità di soluzione nutritiva viene

misurata facilmente e questo consente ai

coltivatori con esperienza di personaliz-

zare il programma nutritivo per ottenere

una resa ottimale dalle loro piante.

La tecnica flood and drain è davvero uno

dei metodi di coltura idroponica più fles-

sibili, perché va bene per tutti. È molto

semplice e può quindi essere un modo

per tenere i vasi irrigati automaticamen-

te, ma per i coltivatori con maggior espe-

rienza è il metodo che offre le maggiori

possibilità per modificare il numero di

fasi d’inondazione giornaliere e la rispet-

tiva durata. In questo modo si può adat-

tare il sistema al proprio ambiente di

coltura – perché l’area di coltura di cia-

scuno ha un diverso livello di umidità,

temperatura e flusso di aria – e ottenere

la massima resa dalle piante.

Chi non ne sarebbe felice???

Perché preferire la tecnica Flood and Drain

all’irrigazione a mano nei vasi?

hanno maggior resa – assorbono più

acqua e nutrienti di quanto non fareb-

bero con l’irrigazione a mano e sommi-

nistrare meno nutrimento, più spesso

durante il giorno è molto più saluta-

re che somministrare un unico grande

pasto ogni due giorni

riossigenata più volte durante il giorno

– durante la fase d’inondazione, l’aria

è espulsa completamente dalla zona

radicolare e viene reimmesso ossigeno

fresco. Le radici ossigenate assicurano

una pianta più sana che cresce più velo-

cemente e ha una maggior resa rispetto

a una pianta irrigata a mano

coltivatori con maggior esperienza d’im-

postare condizioni di nutrizione perfette

per l’ambiente di coltura prescelto, oltre

a poter scegliere somministrazioni varia-

bili mediante un timer, il che consente

Di Little Lebowski

di stabilire il programma di nutrizione

ottimale per alcuni ceppi specifici

nutrienti non utilizzati dalla pianta ven-

gono drenati nuovamente nel serbatoio,

anziché accumularsi sul fondo del vaso.

Un accumulo di sali nutrienti ostacole-

rebbe la crescita, provocando il ‘blocco’

di alcuni di essi

Tipi di sistemi Flood and Drain

Esistono due sistemi flood and drain: il

sistema a tavolo e quello modulare o con

secchio. Entrambi si avvalgono della stes-

sa tecnica e hanno una serie di vantaggi.

1. Il sistema Flood and Drain a tavolo

In un sistema flood and drain a tavolo, le

piante vengono posizionate su una super-

ficie che si trova al di sopra del serbatoio

contenente la soluzione nutritiva. La super-

ficie generalmente è piatta e il drenaggio

è posto al centro, mediante due apparati.

Uno dei due apparati si trova sulla superfi-

cie – il drenaggio in entrata – mentre l’altro

si trova circa 10 cm al di sopra della super-

ficie – il drenaggio in uscita.

Il drenaggio in entrata è collegato alla

pompa e il drenaggio in uscita è colle-

gato al serbatoio. Quando viene accesa

la pompa, la soluzione nutritiva viene

immessa nella superficie attraverso il dre-

naggio in entrata. Il livello di soluzione

nutritiva raggiungerà il livello del dre-

naggio in uscita e verrà reimmesso nel

serbatoio. Il drenaggio in uscita previene

l’eccessiva inondazione della superficie…

come succede anche nella vostra vasca

da bagno! Quando si spegne la pompa, la

soluzione nutritiva nella superficie ritorna

verso il drenaggio in entrata, attraverso la

pompa e di nuovo nel serbatoio.

Si utilizza un timer per fissare la frequen-

za alla quale la soluzione nutritiva viene

pompata dal serbatoio per inondare la

superficie e viene poi drenata. Man mano

che s’inonda la superficie, le piante assor-

bono tutta l’acqua e i nutrienti di cui

hanno bisogno. L’aria vecchia viene espul-

sa dalla zona radicolare e man mano che la

soluzione viene drenata, viene reimmesso

ossigeno fresco nella zona radicolare.

I vantaggi del sistema flood and drain a

tavolo sono che si possono coltivare le

piante in qualsiasi substrato di coltura –

terreno, argilla, cocco o mapito. Si può

coltivare in vasi e spostare i vasi attorno

al tavolo, all’occorrenza, oppure si può

riempire la superficie di sassolini di argilla

e permettere alle radici delle piante di

svilupparsi su tutta la superficie: è quindi il

metodo da scegliere se volete una coltura

rapida e la massima resa.

I sistemi a tavolo sono quasi completa-

mente a prova di gocciolamento, perché

il serbatoio è posizionato esattamente

sotto la superficie e non ci sono quindi

pertugi da cui possa gocciolare la solu-

zione nutritiva: è quindi perfetto se col-

tivate in un appartamento o in un attico!

Sono disponibili anche in formati ideali

alle tende di coltura.

2. Il sistema flood and drain modulare

o a secchio

Simile al sistema a tavolo, dato che si avva-

le di un timer per controllare il numero di

fasi d’inondazione e somministra così alle

piante varie dosi di acqua e cibo durante

il giorno, ossigenando poi la zona radi-

colare. Tuttavia, la differenza principale

del sistema modulare è che ogni pianta

è posizionata individualmente in un vaso.

Un condotto d’immissione esce dal fondo

di ogni vaso e si collega a un secchio di

Un sistema a tavolo grande

Il sistema a tavolo a basso livello

Un sistema modulare

1111

Domande e risposte con un coltivatore Flood and Drain

Quando possono essere trasferite le piante in un sistema Flood and Drain?

Se le si sono piantate in lana di roccia o in piccoli vasi contenenti terra o cocco, bisogna

assicurarsi che siano ben radicate prima di metterle in un sistema flood and drain. Si

dovrebbero vedere molte radici bianche nella parte esterna del substrato di partenza.

Se si sta utilizzando un sistema a tavolo, sia lo stadio vegetativo che la fioritura possono

avvenire nello stesso sistema. Se si usa un sistema flood and drain modulare più grande, forse

è preferibile che lo stadio vegetativo delle piante avvenga sotto una o due fonti di luce prima

che le piante vengano messe nella stanza di fioritura, dato che è probabile che il sistema

modulare preveda varie fonti di luce.

Come devono essere distanziate le piante?

Dipende da quante se ne vuole coltivare e quanto le si vuole far diventare grandi. I

sistemi a tavolo sono ottimi per la coltura Sea of Green (mare di verde), dove sono dis-

tanziate di poco e stanno in vegetativo finché non formano un canopo basso. Sono poi

passate in fioritura per un ‘Sea of buds’ (mare di cime)!

I sistemi flood and drain modulari sono perfetti per distanziare le piante sotto varie

fonti di luce. Si può scegliere di mettere quattro dei secchi modulari sotto ogni fonte o

un solo secchio sotto ogni fonte di luce per ottenere delle super-piante! Una volta ho

visto un sistema posto sotto 20 fonti di luce in California, dove c’erano due piante ogni

1.000 watt e ogni pianta aveva avuto uno stadio vegetativo di otto settimane prima di

essere passata in fioritura. Era come una stanza piena di alberi!

A che livello impostare l’EC?

Se si utilizza un substrato di coltura inerte, come i sassolini d’argilla, l’effetto cuscinetto (o

protezione) contro l’eccessivo nutrimento non è consistente. Fate quindi in modo di comin-

ciare a somministrare metà del dosaggio di nutrienti consigliato dai produttori. Se si utilizza

terreno, cocco o una miscela di argilla e cocco, l’effetto cuscinetto è presente attorno alle radici

e si può cominciare seguendo il dosaggio consigliato dal produttore sin dall’inizio.

Le piante dovranno essere sostenute?

Non necessariamente. A differenza delle tecniche di coltura ‘idroponica pura’, come l’NFT

o l’aeroponica, il substrato di coltura circonda le radici e aiuta la pianta ad autososten-

ersi. Tuttavia, come in tutti i tipi di colture indoor, se le piante producono grosse cime,

bisognerà sostenerle e fare in modo che non si pieghino su se stesse!

Ebbene, che siate novizi o esperti dal pollice verde, il flood and drain ha qualcosa da offrirvi.

Provatelo e non vi deluderà. In più, le vostre piante vi vorranno bene per averlo scelto!!!

controllo principale, che a sua volta è col-

legato a un serbatoio principale.

Il sistema utilizza la gravità per mandare

la soluzione nutritiva ai vasi e utilizza delle

pompe per riempire e drenare il secchio

di controllo principale che ha due valvole

galleggianti magnetiche al suo interno,

che consentono di controllare le pompe

sia nel serbatoio principale sia nel secchio

di controllo. Queste valvole controllano

il livello d’inondazione nei vasi in modo

molto preciso, per evitare eccessiva irriga-

zione o inondazione.

Man mano che il livello di soluzione nutri-

tiva raggiunge un livello prefissato nei

vasi, la valvola galleggiante magnetica nel

secchio principale di controllo interrompe

l’attività della pompa situata nel serbatoio

principale e accende una pompa nel sec-

chio principale di controllo. La pompa nel

secchio principale di controllo convoglia

la soluzione nutritiva fuori dai vasi e la

reimmette nel serbatoio principale.

I vantaggi principali del sistema modulare

sono che si possono distanziare a piaci-

mento le piante sotto la luce – in modo

tale che diventino enormi! – i sistemi

possono essere potenziati aggiungendo

più vasi e si può gestire un’area di coltura

piena di piante che dipendono da un

unico serbatoio.

A che tipo di coltivatore si adatta la tecni-

ca flood and drain?

Poiché i sistemi flood and drain sono così

flessibili, si adattano trasversalmente a

moltissimi coltivatori...

con i vasi e avere un carico di lavoro

limitato con un certo numero di piante

collegate a un unico serbatoio, in modo

tale che si possono concentrare sull’am-

biente di coltura.

-

no un sistema flessibile che si adatti al

loro ambiente di coltura e che massi-

mizzi la resa.

più piccola scala si troveranno bene con

il sistema flood and drain a tavolo, che si

adatta a una tenda di coltura di 1 – 1,20

metri quadrati o con un sistema flood

and drain modulare di dimensioni più

ridotte che è ottimale per una soluzione

con due fonti di luce.

enorme vantaggio dal sistema flood

and drain modulare, dato che riduce

sostanzialmente il tempo investito a irri-

gare le piante e si può potenziare a

livello dimensionale aggiungendo vasi.

Si può usare un sistema flood and drain

a tavolo più piccolo per lo stadio vege-

tativo, in modo tale che le piante siano

posizionate sotto una o due fonti di luce

prima di essere trapiantate in un sistema

modulare grande.

I tre passi verso il paradiso del Flood

and Drain!

1. Tenere un diario delle fasi d’inondazio-

ne quotidiane è fondamentale per ottene-

re una crescita e resa ottimali utilizzando

la tecnica flood and drain. Segnatevi il

numero d’inondazioni al giorno rispet-

to alla quantità di soluzione necessaria

per operare correttamente il vostro siste-

ma ogni giorno. La quantità di soluzione

utilizzata dalle vostre piante è collegata

direttamente al loro ritmo di crescita e l’i-

dea è quella di massimizzare il consumo e

la crescita. Sperimentate a livello di nume-

ro e durata delle inondazioni, in modo tale

che troverete il numero ottimale d’inon-

dazioni e per il vostro ambiente di coltura.

2. Riempite il serbatoio a seconda dal

substrato di coltura. Se utilizzate dei sas-

solini di argilla, trattate il flood and drain

come sistema di coltura idroponica a

ricircolo e riempite il serbatoio a distanza

di qualche giorno, con una soluzione

nutritiva con la metà della potenza. Il

motivo per cui utilizzate metà potenza

è che le piante che crescono sotto fonti

di luce potenti assorbiranno l’acqua a

ritmi più elevati rispetto ai nutrienti. Nel

tempo l’EC (CF) della soluzione aumen-

terà, quindi se riempite il tutto con una

soluzione completa, correte il rischio di

somministrare eccessivo nutrimento. Se

utilizzate un substrato assorbente, come

terreno o cocco, l’obiettivo è quello di

minimizzare il gocciolamento, quindi va

aumentato il numero di fasi d’inondazio-

ne di uno in più al giorno. Per esempio,

non passate da tre a sei fasi perché col-

tivate in un substrato assorbente e cor-

rete il rischio che l’acqua faccia male alle

radici delle vostre piante e si verifichino

episodi di eccessiva nutrizione.

3. Aumentate il numero di fasi d’inon-

dazione e le piante cresceranno e diven-

teranno più grandi. Quando si coltiva

solo con sassolini di argilla e le giovani

pianticelle vengono messe nel sistema,

impostate il timer a due fasi d’inonda-

zione da 15 minuti al giorno. Man mano

che le piante crescono, potete aumentare

il numero di fasi d’inondazione fino a

un massimo di uno da 15 minuti l’ora.

Dovrete modificare la soluzione ogni 1-2

settimane. Se si coltiva in terreno o cocco

e le giovani piante vengono messe nel

sistema, impostate il timer a una sola fase

d’inondazione da 15 minuti al giorno. Se

si usa un substrato di coltura assorbente,

bisogna gestire il sistema per minimizzare

il gocciolamento e si dovranno fare solo

due modifiche della soluzione nutritiva

ogni 2 settimane o quando il livello della

soluzione si abbassa.

Le valvole di entrata e di uscita

12 WORLD CANNABIS

Addomestica le fiereNon è un articolo di zootecnia e nemmeno la presentazione di un safari offertovi dalla migliore agenzia viaggi, bensì un deciso invito a frequentare gli eventi cannabici europei. Il prossimo grande appun-tamento è Spannabis 2013 di Barcellona. Cos’è la Spannabis lo chiari-remo in seguito. Prima voglio spiegare perché le fiere, le coppe e le reunion sono importanti. di CBG

I motivi sono numerosi, innanzitutto

continua a vivere una cultura alternativa

che grazie a ciò si mantiene ed evol-

ve continuamente anche in movimen-

ti antiproibizionisti affermati e diffusi

attualmente. Oltre a ciò, ovviamente, si

creano numerose possibilità di lavoro

quando si incontrano realtà aziendali

fonte di collaborazione, e perché no

anche di ispirazione.

In aggiunta ho visto negli ultimi eventi

sempre più studiosi professionisti con

nuove idee rivoluzionarie come pomate

con cannabidiolo ad esempio. Ho incon-

trato anche un tassonomista ed è stato

un incontro molto piacevole; chi avrebbe

mai detto che nello stand Roor avrei

trovato un personaggio che chiuderà

un libro sulla botanica della Canapa tra

pochi mesi?

Ma la cosa migliore è incontrare altri

appassionati, spesso da paesi dove è

consentito coltivare Canapa, con foto

e racconti di esperienze recenti. Ho

apprezzato molto conoscere dei growers

di Amsterdam durante l’ultima coppa di

Hightimes e anche conoscere un geneti-

sta, e giornalista, della California perché

ho potuto avere un confronto generale

sul mondo cannabico ed ascoltare le loro

esperienze come se stessi leggendo dei

threads sul forum di icmag.com.

Gli eventi, che sono le Fiere o le esposi-

zioni sulla Canapa sono un buono spec-

chio dell’andamento del mercato e del

pubblico nella zona in cui si svolgono.

Se ad una fiera ci sono tanti produttori

e tanti giornalisti allora si tratta di un

evento di portata maggiore rispetto a

certi circhi mediatici a cui abbiamo tri-

stemente assistito negli ultimi anni e la

prova è che l’edizione seguente, a meno

di cambiamenti di legge improvvisi, avrà

molto più pubblico.

Gli ultimi eventi sono stati: la Coppa

Hightimes 2012 di Amsterdam dello scor-

so novembre, un ottimo punto d’incon-

tro per nordamericani reduci delle HTCC

dei vecchi tempi e nuove leve di ogni

parte del mondo. Le foto mostravano

genetiche enormi e dentro alle pietre ci

sono state solo creme monosetaccio. La

fiera invece era un piccolo expo di pochi

stand, molto più meritevoli sono stati i

pomeriggi in zona Harlemmerstraat.

Prima di Amsterdam c’è stata Praga,

quest’anno con il suo grande spazio

espositivo di oltre tre padiglioni se

contiamo anche un corner fuori con

un bruciatore, un bar con birra e della

musica. La Cannafest 2012 è stata un

ottimo incontro di sperimentazione e

avanguardia, con la storia e chi l’ha fatta.

Non c’erano molti tra i più grandi ma la

rappresentanza di coltivatori mondiale

era notevole. I locali si sono fatti vedere

poco, ma bene: bio e outdoor seleziona-

ti da cloni della Germania. Gli espositori

erano divisi in tre padiglioni principal-

mente, dove nel primo padiglione si

trovavano le case di produttori storici e

di nuovi produttori, nel secondo c’erano

i distributori e i rivenditori con pochis-

simi growshops mentre nel terzo padi-

glione si trovavano i produttori locali

e le aziende legate all’area. Nel terzo

padiglione quindi c’erano delle aziende

della Repubblica Ceca impegnate nella

Cannabis terapeutica, quindi pomate ed

unguenti con cannabinoidi.

Prima ancora c’è stata Cultiva ad inizio

novembre a Vienna. Vienna è una città

molto carina, l’Austria è un piacevole

angolo di natura nel centro dell’Europa, e

Cultiva è un’ottimo centro di sviluppo di

business con troppo pochi appassionati.

Nella piramide espositiva si trovavano

tutti gli espositori che poi si sarebbero

presentati a Cannafest senza esclusioni,

con la differenza che a Vienna c’erano

tanti professionisti ed espositori locali il

che significa che si parlava principalmen-

te tedesco e soprattutto poche erano le

brochure in inglese. Nel cortile per for-

tuna ho incontrato un amico di un caro

amico di molto lontano che per un pezzo

di formaggio mi ha regalato dell’olio. Il

formaggio si mangia, l’olio no.

Ancora prima nella nostra risalita tem-

porale di tutto il 2012 c’è stata la fiera di

Zurigo: Cannatrade. Cannatrade è una

fiera della Canapa in Svizzera. In Svizzera

tutto è perfetto e anche la fiera s’è impe-

gnata per raggiungere la funzionalità

costante tipica dell’Elvezia. Gli espositori

sono stati per la maggioranza rivenditori

e micro distributori locali, devo segnalare

ancora la presenza di numerosi volantini

e pubblicità in lingua tedesca e francese

e praticamente nulla in lingua inglese.

In Svizzera si crede di fumare bene e si

rimane con l’acquolina in bocca fino al

ritorno a casa, a meno di non conoscere

un casuale e pressoché unico coltiva-

tore di passaggio con qualcosa con sé.

Meno male che sappiamo tirare in mezzo

chiunque noi italiani.

Prima di Zurigo c’è stata la fiera Growmed

2012 di aprile a Valencia in Spagna. La

fiera Growmed è stata una fiera forte-

mente voluta da Soft Secrets ed era orien-

tata a incentivare l’utilizzo terapeutico

dei cannabinoidi in un paese dove, da

poco, è fortemente tollerata la coltivazio-

ne di Canapa ad uso medicinale. Se ha

funzionato l’esperimento lo sapremo alla

prossima edizione. Sicuramente è stato

molto piacevole sfidare il vento della ter-

razza fumatori con il biologico outdoor,

o di esterior, dei locali. Una fiera come

Vienna con il vantaggio di avere qualche

appassionato in più dato che Valencia è

nella Comunitat Valenciana.

L’ultimo evento che riporto è la fiera

Spannabis 2012 che s’è tenuta a febbraio

a Barcellona. È stata una fiera stupenda,

dal Trompetol ai Cannabis Club, dai pro-

duttori agli appassionati, agli esperti. In

due padiglioni erano radunati tanti stand

tra produttori e rivenditori e distributori

e grossisti e realtà editoriali.Ovviamente

grazie ai Cannabis Club la compagnia

delle signorine è stata molto piacevole

e anche la presenza degli appassionati si

è sentita notevolmente sia con le gene-

tiche d’avanguardia degli ultimi incroci

casalinghi e non, sia con le discussioni

sulle pratiche di agricoltura.

Mi fermo qui perché un elenco di com-

pletezza includerebbe numerose coppe

e reunion underground e non, che per

vari motivi non sono mainstream come

queste fiere. E’ importante presenziare

agli eventi, sono sempre più le persone

piacevoli che ti cambiano il pomeriggio.

GLI EVENTI, CHE SONO LE FIERE O LE ESPOSIZIONI SULLA CANAPA SONO UN BUONO SPECCHIO DELL’ANDAMENTO DEL MERCATO E DEL PUBBLICO NELLA ZONA IN CUI SI SVOLGONO.

15IL CANAPAIO 15

I problemi della cannabisQuesto articolo avrebbe dovuto essere una tabella, di rapida consul-tazione per identificare chiaramente tutta quella serie di problemi che possono verificarsi nel momento in cui si decide di coltivare una o più piante di marijuana . Per esigenze di impaginazione proverò a scriverlo come testo, sperando che la semplice lettura possa essere lo stesso d’aiuto (potrete comunque trovare in futuro l’articolo sotto forma di tabella sul sito internationalfarmers.com). di Franco Casalone

Anche se la cannabis, cresciuta in ambien-

te idoneo, è una pianta forte, in grado di

resistere a molte avversità, contrariamen-

te a quanto si pensa ci sono numerosi

patogeni (muffe, batteri, virus, predatori)

ed alcune cause date dall’ambiente che

possono creare dei problemi alle nostre

amate piante.

Nella fase compresa fra la semina e l’e-

mergenza della piantina dalla terra potrà

verificarsi che

- Il seme non nasce Cause:

1) danni ambientali (troppo freddo/cald;

seme vecchio, rotto, immaturo; siccità,

terreno crostoso, Ph scorretto) .

2) malattie fungine, batteriche o virali

(funghi/muffe: Pythium, Fusarium,

Rhizoctonia solanii, Botrytis cinerea,

Macrophomina phaseolina) 3) predato-

ri (roditori, formiche, uccelli, nematodi,

larve).

Rimedi:

1) correggi parametri sbagliati, usa semi

fertili, crea condizioni idonee alla nascita

2) cambia substrato di crescita, meno irri-

gazioni, disinfetta attrezzature, tratta-

mento semi con funghicida 3) identifica

predatore, non seminare direttamente

in terra, disinfetta il suolo con propoli,

neem o olio orticulturale

- La piantina avvizzisce appena nata Cause:

1) freddo/ caldo/ siccità/ Ph scorretto.

Eccessiva umidità. Grandine

2) Funghi: Verticillium, Fusarium,

Botrytis, Rhizoctonia solanii, Pythium,

Macrophina phaseolina.

Rimedi:

1) correggi parametri, risemina

2) cambia medio di crescita, meno innaf-

fiature, disinfetta

- La piantina appare mangiata Cause:

molluschi (chiocciole, lumache), uccelli,

roditori, erbivori, grilli.

Rimedi:

identifica predatore. Risemina in vaso e

trapianta dopo 20-30 gg.

- Le talee seccano e muoiono. Cause:

1) mancanza di umidità, medio senza aria,

2) Verticillium, Pytium

Rimedi:

aumenta umidità aria (80%), drena/cam-

bia medio, usa disinfettante fungicida

- Le talee non radicano. Cause:

20ºC), poca umidità, Ph scorretto, Ec

eccessivo

2) medio non sterile

3) nematodi (meloidogyne)

Rimedi:

1) correggi parametri

2) cambia medio, disinfetta attrezzatura

3) olio di neem

Nella fase di crescita potrà invece suc-

cedere che:

- Gli apici ingialliscono e sec-canoCause: mancanza calcio

Rimedi: fornisci calcio

- Le piantine non crescono Cause:

1) carenza macronutrimenti, nutrimenti

non bilanciati, freddo/caldo/siccità

2) marciume radicale (fusarium solanii,

rhizoctonia solanii, sclerotium rolfsii)

3) danni da insetti. Danni alle radici

(nematodi, animali che scavano galle-

rie). Fanerogame (vegetali) parassite:

orobanche, cuscuta

Rimedi:

1) correggi parametri

2) disinfetta medio con propoli/neem,

meno irrigazioni

3) identifica predatore, piretro, neem,

olio orticulturale, prodotti specifici,

getto d’acqua a 60ºC. Cambia medio

- I fusti appaiono bucati / con rotture Cause:

1) grandine, eccessiva umidità

2) funghi: Sclerotinia sclerotium (mal

dello sclerozio

3) larve tipo piralide (ostrinia/pyranta

nubilalis)

Rimedi:

1) sigilla rotture con pasta per tagli da

potatura, maggiore ventilazione

2) meno umidità, piretro, fungicidi

3) propoli in soluz. d’ammoniaca/neem

iniettati nel buco del parassita, ritro-

vamento parassita

- I fusti appaiono ammuffiti Cause:

1) eccessiva umidità

2) Botrite, Phoma, Phomopsis,

Trichothecium roseum

Rimedi: zolfo, meno umidità, più cir-

colazione d’aria. Eliminare le piante

infette

- I fusti sono troppo lunghi Cause: piante troppo vicine, luce con

spettro sbagliato, insufficienti ore luce,

eccesso azoto

Rimedi: dirada, usa lampada a luce blu,

più ore luce, meno azoto

- I fusti sono senza rami / rami non sviluppati Cause: piante troppo vicine, squilibrio

nutrimenti

Rimedi: dirada, lava medio e usa fertiliz-

zanti diversi

- I fusti appaiono con ingros-samenti / foglie con galle e/o arricciate Cause: nematodi (ditylenchus dipesaci,

meloidogyne)

Rimedi: neem, prodotti specifici. Elimina

piante colpite

- Si osserva decolorazione fra le vene delle foglie Cause:

1) carenza nutrimenti

2) oidio

3) danni da insetti diversi

Rimedi:

1) identifica carenza, aggiungi complesso

nutrimenti crescita

2) zolfo

3) identifica insetto, elimina con prodotti

specifici

- Si osserva decolorazione delle vene delle foglie Cause: carenza micronutrimenti

Rimedi: aggiungi micronutrienti

- Le foglie appaiono arricciate ai margini Cause:

1) verso l’alto: carenza di assorbimento

d’acqua, eccesso sali, medio arido

2) verso il basso: overdose fertilizzanti,

carenza potassio

3) peronospera

Rimedi:

1) lava medio, più irrigazioni, meno ferti-

lizzanti

2) trattamenti a base di rame, meno umi-

dità

- Le foglie appaiono con punte bruciate Cause:

1) overdose fertilizzanti

2) marciume radicale

Rimedi:

1) lava medio

2) meno irrigazioni, meno fertilizzanti,

medio più aerato

- Le foglie appaiono con mac-chie Cause:

1) colorate: eccessiva umidità. Bianche:

carenza magnesio. Come bruciature:

nutrimenti non bilanciati, overdose

2) funghi: oidio (muffa bianca), botrite

(muffa grigia), peronospora (pseudo-

peronospera), Cercospora, Septoriae,

Altrenaria, Trichothecium roseum,

Phoma, Stemphylium,Colletotrichum,

Phomopsis (phomopsis ganjae) virus:

mosaico

3) Causate da secrezioni di insetti come

metcalfa, afidi. Se striature decolorate,

gallerie causate da minatori delle foglie.

Rimedi:

1) correggi parametri

2) più ventilazione, funghicidi, elimina

parti colpite

3) elimina insetti (piretro, prodotti spe-

cifici)

- Foglie con macchioline punti-formi Cause: acari (tetranychus urticae - ragnet-

ti), mosca bianca

Rimedi: neem, acaricidi, piretro (non per

acari, tre trattamenti ogni 5 giorni 15 gior-

ni), prodotti specifici. Ozonizzatore

- Foglie con ragnatele / uova Cause: ragnetti, larve

Rimedi: piretro, neem, sapone potassico,

ozonizzatore

- Foglie con buchi Cause:

1) grandine

2) larve, erbivori

16Rimedi:

1) reti di protezione

2) piretro, lavaggio medio con neem o

prodotti specifici, reti di protezione

- Foglie molto scure/ bruciate Cause: eccesso potassio o azoto, gelo,

carenza fosforo (colore che tende al rosso-

viola)

Rimedi: lava medio, riduci fertilizzanti,

aumenta temperatura, elimina parti bru-

ciate

- Nuovi germogli ingialliscono e/o seccano Cause: carenza calcio

Rimedi: fornisci calcio

- Foglie ingiallite Cause:

1) giovani: carenza micronutrimenti

(calcio, ferro e zolfo) vecchie: caren-

za macronutrimenti (azoto, potassio,

magnesio e manganese), squilibrio/

eccesso fertilizzanti

2) Marciume radicale (verticillium, fusa-

rium)

Rimedi:

1) correggi parametri

2) riduci irrigazioni, piu aria alle radici.

- I piccioli diventano rossi, poi le foglie e i fusti Cause: freddo, (impossibilità di assorbire

potassio) carenza potassio (piu raramente

carenza fosforo), Ph sbagliato, eccesso sali

(magnesio e sodio).

Rimedi: correggi parametri.

Nella fase della fioritura potremo avere i

seguenti problemi:

- Ritardo nella differenziazione dei sessi Cause: troppo fosforo, freddo, troppe ore

di luce, buio non continuo.

Rimedi: correggi parametri

- Alta percentuale di piante maschio Cause: carenza azoto, traumi alle piante

in crescita.

Rimedi: elimina maschi, risemina

- Ermafroditismo diffuso Cause: fenetica semi sbagliata, cicli luce/

buio non regolari, ambiente con troppe

variazioni.

Rimedi: isola ermafroditi, correggi para-

metri

- Foglie vecchie ingialliscono e cadono Cause: fine fioritura: normale; inizio fio-

ritura: carenza macronutrimenti, Ph sba-

gliato.

Rimedi: correggi parametri

- Cime con muffe Cause:

1) eccessiva umidità, carenza circolazione/

ricambio dell’aria

2) botrite (grigia, dentro alla cima), oidio

(bianca, all’esterno)

3) danni da escrementi/melate/rotture tes-

suti vegetali da parte di insetti diversi

Rimedi:

1) correggi parametri, migliore circolazo-

ne d’aria, umidità sotto al 40%

2) elimina subito parti ammuffite

3) elimina parti colpite, elimina insetti (a

mano, ozonizzatore)

- Cime mangiate / mancanti Cause: larve, uccelli e erbivori (se con

semi), uomo

Rimedi: identifica predatore

- Cime con ragnatele Cause: ragnetti.

Rimedi: pulisci a mano, senza danneggia-

re le cime, ozonizzatore

- Presenza di semiCause: non eliminazione dei maschi

prima dell’apertura dei fiori, presenza fiori

maschili su piante femmine, polline pro-

veniente da piante lontane.

Rimedi: troppo tardi. Elimina fonte di

polline

- Non presenza di semi Cause: assenza di maschi, piante femmi-

ne sterili

Rimedi: semina più individui, cambia

varietà

- Cime appassite Cause: botrite.

Rimedi: meno umidità, più ventilazione,

elimina parti con muffe

- Cime bruciate Cause: troppo vicine alla fonte di luce,

overdose fertilizzanti, gelo

Rimedi: correggi parametri, taglia parti

colpite

- Improvviso appassimento della pianta Cause:

1) overdose azoto, mancanza cacio, rot-

tura radici, erbicidi, emissioni di gas

fluoridrici e solforici

2) marciume radicale (sclerotium rolfsii,

rhizoctonia, fusarium)

Rimedi: risemina, cambia medio, disinfet-

ta attrezzature, cambia sito di coltivazione

- Infiorescenze non si svilup-pano Cause: eccesso/squilibrio fertilizzanti,

mancanza d’acqua/luce/ricambio d’aria.

Carenza nutrimenti

Rimedi: lava medio, aumenta disponibi-

lità acqua/ luce/ aria. Cambia nutrimenti

- Radici danneggiate Cause: roditori, animali che scavano gal-

lerie

Rimedi: cambia luogo di coltivazione

- Radici ammuffite / marce Cause:

1) Troppa acqua d’irrigazione

2) Marciume radicale

Rimedi: Meno irrigazioni, medio più dre-

nante

- Cime/ foglie/ fusti con secrezi-oni appiccicose Cause: afidi (pidocchi delle piante)

metcalfa.

Rimedi: elimina parassita, pulisci parti

colpite.

Una volta raccolte le nostre piante, si

potranno manifestare problemi nella fase

di essiccagione:

- Odore troppo forte Rimedi: usa filtri a carboni attivi, ionizza-

tore, ozonizzatore

- Muffe fra le cime Cause: eccesso umidità: botrite

Rimedi: elimina parti ammuffite, riduci

umidità, migliora circolazione dell’aria

- Ragnetti fra le cime Cause: acari

Rimedi: pulisci a mano

Anche nel momento dell’utilizzo delle

nostre infiorescenze potremo riscontrare

degli inconvenienti:

- Cime con gusto aspro

Cause: eccesso fertilizzanti, essiccazione

troppo rapida.

Rimedi: troppo tardi, riporta all’80%

umidità per 4-5 giorni e rifai essiccare in

ambiente fresco e ventilato

- Cime che scoppiettano quan-do fumate Cause: eccesso fertilizzanti, acari o afidi

seccati fra le cime.

Rimedi: troppo tardi

- Cime con gusti metallici Cause: eccesso fertilizzanti chimici,

“flushing” (lavaggio in termine fioritura)

non effettuato.

Rimedi: troppo tardi

- Cime con gusto amaro Cause: troppo umide (>15%), eccesso fer-

tilizzanti, varietà con questo gusto, pre-

senza foglie.

Rimedi:eEssicca meglio, se eccesso ferti-

lizzanti troppo tardi, cambia varietà, puli-

sci meglio

- Cime che faticano a bruciare Cause: troppo umide, eccesso fertilizzanti.

Rimedi: essicca meglio, troppo tardi

- Cime che danno mal di testa e/o tosse Cause: 1) troppo umide, eccesso fertiliz-

zanti di sintesi, ammuffite 2) fusarium

Rimedi: essicca meglio, se troppo tardi,

distruggi parti ammuffite.

l riconoscimento delle cause di vari sinto-

mi non è facile. È sempre importante iden-

tificare con sicurezza il problema prima

di ogni intervento. La lotta integrata ai

parassiti è consigliabile soltanto in caso

di coltivazione commerciale (continua). Il

piretro deve essere utilizzato in una solu-

zione a ph inferiore a 6,5. In ambienti chiu-

si, l’utilizzo di un apparecchio generatore

di ozono (da utilizzarsi esclusivamente

quando non ci si trova nell’ambiente inte-

ressato) eviterà molti problemi di infesta-

zioni di insetti, acari e muffe. Il predatore

più pericoloso è l’uomo, soprattutto se

proibizionista. Si consiglia la consultazio-

ne dei testi della bibliografia di riferimen-

to per l’identificazione del problema e

l’utilizzo specifico dei rimedi. La pulizia

dell’ambiente di crescita e la buona salute

delle piante sono la miglior misura di pre-

venzione per ogni possibile problema, a

parte quelli causati dall’uomo e dalla follia

proibizionista.

Buone feste a tutti, sperando che con il

nuovo anno ci possa essere una maggiore

consapevolezza sul problema della can-

nabis proibita. Che è il problema più gran-

de e che in Italia si continua ad ignorare.

Bibliografia di riferimento:

Il canapaio2 (il Canapaio, ed. Shambu),

Canapicoltura Indoor (il Canapaio, ed.

Shambu),Hemp Diseases and Pests (J.M.

McPartland, R.C. Clarke, D.P. Watson,

ed. CABI),Marijuana Horticulture (J.

Cervantes, ed. Van Patten Publishing),

Fitopatologia Entomologia (G. Zanetti, ed.

Edagricole),Canapa:il ritorno di una cul-

tura prestigiosa (P. Ranalli, B. Casarini, ed.

Avenue media)

IL RICONOSCIMENTO DELLE CAUSE DI VARI SINTOMI NON È FACILE. È SEMPRE IMPORTANTE IDENTIFICARE CON SICUREZZA IL PROBLEMA PRIMA DI OGNI INTERVENTO

18 INDOOR

Idrocoltura contro irrigazione a mano. Parte 3: Irrigazione a gocciaIn questo numero mettiamo in evidenza un metodo che è semplice da predisporre e così valido per i produttori che viene utilizzato nelle coltivazioni commerciali in tutto il mondo, dalla produzione di pomo-dori di qualità ai grandi supermercati britannici fino alla produzione di prodotti di qualità per i coffee shop di Amsterdam. La nostra ricerca di cicli di coltura più rapidi e di maggiori rese continua; in questo numero, analizzeremo l’irrigazione a goccia...

Se pensate all’irrigazione a goccia, cosa vi

viene in mente? Probabilmente colture

in serra su ampia scala; ettari ed ettari di

pomodori o cetrioli, coltivati su zolle di lana

di roccia con chilometri di gocciolatoi colle-

gati a computer che controllano programmi

di nutrizione molto complicati. Un po’ diffici-

le per il coltivatore domestico, non trovate?

Sbagliato! La coltivazione a goccia è uno dei

metodi più semplici e flessibili sul mercato

nell’ambito dell’idrocoltura ed è disponibile

a ogni livello, da una pianta in su!

La coltivazione a goccia per il coltivatore

domestico offre cicli di crescita più rapidi e

maggiori rese d’idro attive, con la flessibilità

di coltivare in ogni tipo di substrato, dalla

terra, al cocco, dalla lana di roccia all’argilla

e di coltivare persino in vaso.

Come funziona l’irrigazione a goccia?

Procediamo con ordine...

Cosa è l’irrigazione a goccia?Ci sono molti tipi d’irrigazione a goccia,

ma si basano tutti sullo stesso principio.

Le vostre piante vengono messe in un

substrato di coltura e un gocciolatore viene

posizionato all’interno o in sospensione

sopra al substrato. Il gocciolatore è collega-

to a una linea di gocciolamento, che a sua

volta è collegata a una pompa.

Si tiene la soluzione di nutrienti in un ser-

batoio e, in periodi di tempo settati su

un timer, la soluzione viene pompata dal

serbatoio, attraverso la linea di gocciola-

mento e fatta arrivare alla pianta attraverso

il gocciolatore.

La soluzione di nutrienti passa attraverso

il substrato e sopra le radici delle vostre

piante, drenata attraverso il substrato e

portando ossigeno alle radici. La sommini-

strazione di piccole dosi di acqua e nutrien-

ti in modo frequente durante il giorno,

permette di evitare che il substrato si saturi

e che ci sia invece sempre molto ossige-

no attorno alle radici della pianta. Questo

garantisce uno sviluppo sano e una cresci-

ta più rapida.

Con la maturazione delle piante, il numero

di periodi di somministrazione aumenta.

La quantità di soluzione di nutrienti uti-

lizzata dalla pianta può essere misurata

facilmente e questo consente dunque di

personalizzare il numero di somministra-

zioni per raggiungere una crescita e

una resa ottimali.

L’irrigazione

a goccia

ha

qual-

cosa da offrire

a ogni coltivatore,

dagli amanti della terra che

vogliono che i vasi siano irrigati

automaticamente, agli esperti d’idro-

coltura che cercano di misurare l’apporto

di nutrienti alla loro coltivazione su base

quotidiana e studiano il programma di

nutrizione perfetto per il loro ambiente

di coltura.

Una cosa è certa: se è il metodo predi-

letto per il coltivatore commerciale, vale

senz’altro la pena provarlo! Leggete qui...

Perché scegliere l’irrigazione a goccia e non a mano in vaso?

rendono di più: le piante assorbono più

acqua e nutrienti rispetto a quanto non

avvenga con l’irrigazione a mano, che

apporta pochi nutrienti. Più sommini-

strazioni frequenti durante il giorno sono

meglio di un’unica somministrazione

abbondante un giorno sì e un giorno no.

bisogno: in un sistema d’irrigazione a

goccia non ci si affida all’azione capillare

per somministrare acqua e nutrienti alle

radici

della pianta.

Al contrario, i

gocciolatori

nutrono le

radici dall’alto

e la gravità fa

scendere la soluzione di nutrienti. Le tec-

niche nutritive che si affidano all’azione

capillare inumidiscono maggiormente il

fondo del vaso, rispetto alle altre zone

dello stesso, il che può ostacolare lo svi-

luppo delle radici e rallentare la crescita

della pianta.

zione: quando alle piante vengono som-

ministrati pochi nutrienti con maggior

frequenza, il substrato non è mai saturo o

non ha carenze di soluzione nutritiva. Le

piante irrigate a mano a distanza di qual-

che giorno, possono soffrire di deposito

d’acqua, perché le piante non riescono

ad assorbire tutta la soluzione sommini-

strata in una sola volta.

cia non richiedono grande manutenzione.

Basta gestire il serbatoio contenente la solu-

zione nutritiva per tutte le piante e riem-

pirlo a distanza di due o tre giorni, il che è

molto più semplice dell’irrigazione a mano.

Tipi d’irrigazione a gocciaCi sono molti tipi di sistemi a goccia fra cui

può scegliere il coltivatore domestico, che

ricadono in due categorie principali:

1. Sistemi a ricircolo

Nell’irrigazione a goccia a ricircolo, in gene-

re le piante si trovano sul serbatoio di

nutrienti. La soluzione non utilizzata dalle

piante passa nel substrato e torna nel ser-

batoio, pronta per essere pompata nuo-

vamente alle piante. Il vantaggio di questi

sistemi è che sono semplici da far funziona-

re e predisporre e, dato che tutte le piante

Flo Gro – Fornisce un ottimo

ambiente alle piante madre

Il noto sistema Wilma

d’irrigazione a goccia

AquaFram – un unico anello a

goccia con pompa pneumatica

LA COLTIVAZIONE A GOCCIA È UNO DEI METODI PIÙ SEMPLICI E FLESSIBILI SUL MERCATO NELL’AMBITO DELL’IDROCOLTURA ED È DISPONIBILE A OGNI LIVELLO, DA UNA PIANTA IN SU!

19sono posizionate sul serbatoio di nutrienti,

sono praticamente a prova di perdita. Ci

sono tre tipi principali di sistemi a ricircolo...

In un sistema da anello singolo a goccia, le

piante si trovano in un contenitore, di solito

pieno di palline di argilla, posizionato sul

serbatoio contenente la soluzione nutritiva.

Il programma di nutrizione viene settato

con un timer la soluzione viene pompata

automaticamente dal serbatoio alle radi-

ci. Le piante ricevono tutti i nutrienti e

l’acqua di cui hanno bisogno, ma anche

ottimo accesso all’ossigeno. Dato il drenag-

gio costante del sistema, l’ossigeno viene

attirato nella zona delle radici.

Quando li si utilizza con le palline di argilla,

i sistemi a goccia di questo tipo garanti-

scono una zona radicolare sana e ossige-

nata, grazie al drenaggio del substrato.

L’ambiente ideale per tenere a lungo una

pianta madre o per portare una pianta alla

fioritura e raggiungere il massimo risultato

a livello di cime! In alcuni casi la resa è

così grande che bisognerebbe vederla per

crederci!

Alcune versioni conosciute di questi

sistemi disponibili nel Regno Unito sono

AquaFarm, WaterFarm e Flo-Gro.

In un sistema a goccia per vaso, i vasi sono

posizionati su un vassoio sul serbatoio. Le

piante e i gocciolatori si trovano nei vasi

con il substrato prescelto. La frequenza di

somministrazione viene impostata con un

timer, mentre la soluzione nutritiva viene

pompata dal serbatoio ai gocciolatori e

sopra le radici.

La soluzione nutritiva passa nel substrato e

sopra le radici delle piante. Quello che non

viene assorbito dalle piante, viene drenato

attraverso i fori nel serbatoio, pronto per esse-

re pompato nuovamente nei gocciolatori.

I sistemi a goccia per vaso sono perfetti

per i novizi e per i coltivatori che vogliono

addentrarsi nel mondo dell’idrocoltura, per-

ché si possono utilizzare con tutti i substrati

e offrono la familiarità di utilizzo dei vasi.

Fra i sistemi a goccia per vaso conosciuti

nel Regno Unito troviamo il Sistema Wilma,

disponibile in un’ampia gamma di dimen-

sioni e varianti di vaso e, più di recente,

i sistemi a goccia per vaso modulari che

consentono di distanziare le piante sotto

le fonti di luce, come si preferisce, in modo

che possano crescere e diventare enormi!

Molto simile al sistema per vaso, in quanto

le piante sono posizionate su un vassoio

sul serbatoio, ma il sistema a goccia olan-

dese utilizza piccole zolle, di lana di roccia

o fibra di noce di cocco, e non vasi.

2. Sistema a scarto

In un sistema a scarto, la soluzione nutri-

tiva viene pompata da un serbatoio alle

piante utilizzando linee e gocciolatori,

ma anziché essere drenata nel serbato-

io di nutrienti, la soluzione viene fatta

defluire dal substrato in un serbatoio di

scarto e non viene riutilizzata. I sistemi

a scarto tendono a essere utilizzati nelle

colture commerciali, dato che il vantag-

gio principale è che la soluzione nutritiva

è sempre fresca e contiene un equilibrio

ottimale di elementi.

Molti coltivatori di cannabis su ampia scala

usano i sistemi a scarto perché sono facili

da predisporre, riducono il carico di lavoro

per l’irrigazione e danno ottimi risultati.

Le piante possono essere coltivate in vasi

riempiti con substrato di lana di roccia o di

noce di cocco.

Uno dei vantaggi principali nell’utilizzo

dei sistemi a scarto è che sono facilmente

espandibili. Si possono aggiungere linee

e gocciolatori molto facilmente.

Assicuratevi soltanto che la soluzione deflu-

isca correttamente. Un centinaio di litri di

soluzione nutritiva che defluisce dal vostro

sistema ha probabilità di attirare attenzione

indesiderata sulla vostra coltura!

Per che tipo di coltivatore è adatto il sistema d’irrigazione a goccia?Dato che l’irrigazione a goccia è un metodo

flessibile e ci sono molti tipi diversi di siste-

ma, ne esiste uno adatto a ogni coltivatore;

utilizzo per concentrarsi sulla manuten-

zione dell’ambiente di coltura dovrebbe-

ro provare un sistema a goccia per vaso.

-

ma idro che consenta loro di monitorare

l’apporto di nutrienti e d’impostare un

programma nutritivo ottimale per mas-

simizzare la resa, dovrebbero provare un

sistema a goccia per vaso con un substra-

to idro come l’argilla oppure dovrebbero

provare un sistema olandese a goccia.

coltivare un’unica pianta grande a pieno

ciclo in un sistema goccia ad anello o cer-

care di ottenere il massimo da un numero

ridotto di piante in una tenda da 1,2 metri

con un sistema a goccia per vaso.

cercare una soluzione personalizzata a

scarto in cui possano posizionare le loro

piante in un’ampia area e nutrirle usando

un unico serbatoio.

I tre passi verso il paradiso dell’irrigazione a goccia!1. Usate il gocciolatore più adatto al sub-

strato. I gocciolatori sono disponibili in

un’ampia gamma di dimensioni e grandez-

ze di flusso. Se coltivate in un substrato a

drenaggio libero come l’argilla, usate un

gocciolatore senza restrizioni. Questo con-

sentirà alla soluzione nutritiva di passare

alle radici velocemente, secondo il ritmo

della pompa e immetterà molto ossige-

no nella zona delle radici, man mano che

viene drenata nel substrato. Se usate un

substrato assorbente come terra, cocco o

lana di roccia, usate un gocciolatore che

limiti il flusso, altrimenti il substrato sarà

presto saturo. Un gocciolatore con flusso

di 2 litri l’ora, impostato con nutrizioni di 15

minuti, apporterà mezzo litro di soluzione

nutritiva alla pianta. Ideale per la maggior

parte delle piante.

2. Aumentate il numero di periodi d’irriga-

zione man mano che le piante maturano

e crescono dimensionalmente. Questo vi

consentirà di ottenere la crescita massima

e una resa maggiore. Se usate l’argilla,

impostate il timer per due irrigazioni da

15 minuti al giorno per le piante giovani.

Man mano che le piante crescono, potete

aumentare fino a un massimo di un’irri-

gazione da 15 minuti l’ora. Dovrete fare

un cambio completo della soluzione ogni

1-2 settimane. Se coltivate in un substrato

assorbente, impostate il timer a un’irriga-

zione da 15 minuti al giorno per le piante

giovani. Se usate un substrato assorbente,

è meglio che adattiate il sistema per mini-

mizzare le perdite e che facciate un cambio

completo della soluzione nutritiva ogni 2

settimane o meno, se il livello della solu-

zione scende.

3. Usate un agente antibloccante. La

linea di gocciolamento ha un diametro

interno ridotto e nel corso di una colti-

vazione completa – da 8 a 14 settimane,

a seconda del ceppo – queste linee di

gocciolamento si possono bloccare, in

particolare se si usano nutrienti minera-

li concentrati e stimolatori (e se volete

il maggior numero di cime possibile!).

Aggiungere un agente antibloccante nel

serbatoio, vi consentirà di non incappare

in questo tipo di problema.

Q&A veloce con un coltivatore che usa l’irrigazione a goccia per vaso

Quanto si possono mettere le piante nel

sistema?

Non appena si sono radicate nel substrato

di partenza, dovreste vedere delle radici

bianche all’esterno del blocco o del vaso.

Come andrebbero distanziate le piante?

In un sistema con vasi, la distanza è già

fissata in partenza, ma potete ridurre la

distanza dei vasi in un sea of green o

aumentare la distanza se volete far crescere

dei veri e propri alberi!

Le piante dovranno essere sostenute?

Non in un sistema a goccia per vaso,

perché c’è molto substrato attorno alle

radici, ma se usate i gocciolatori e le zolle,

allora, dovrete utilizzare un supporto per

le piante.

Ecco tutto: le tecniche commerciali sono

così disponibili per i coltivatori domesti-

ci. Se cercate un’impostazione semplice e

grandi rese… irrigate a goccia!

I SISTEMI A GOCCIA PER VASO SONO PERFETTI PER I NOVIZI E PER I COLTIVATORI CHE VOGLIONO ADDENTRARSI NEL MONDO DELL’IDROCOLTURA, PERCHÉ SI POSSONO UTILIZZARE CON TUTTI I SUBSTRATI E OFFRONO LA FAMILIARITÀ DI UTILIZZO DEI VASI

I vassoi Aqua sono una componente chi-

ave del sistema a goccia olandese

Una pianta madre molto felice in un sistema a goccia Flo Gro

21HISTORY CANNABIS

La cannabis e l’Egitto, una storia che continua di Enrico Fletzer

Gli incessanti bombardamenti del

Dipartimento Antidroga del dottor

Giovanni Serpelloni sulla cannabis come

causa di malattie mentali ma anche

come agente di rincretinimento di massa

– secondo lo stereotipo “la cannabis

rende scemi” o secondo una correlazio-

ne che la legherebbe ad uno spaventoso

e mai dimostrato aumento della schi-

zofrenia – ha una lunga tradizione nel

pensiero parascientifico occidentale che

affonda le sue radici nelle politiche di

Napoleone Bonaparte in Egitto. In que-

sto contesto, il generale còrso operava

in diretta continuità con la politica di

cambi commerciali e politici che Venezia

teneva con l’Oriente, basata sostanzial-

mente sul mercato delle spezie e delle

droghe di ogni genere. In questo caso

l’interesse dei Francesi e degli Inglesi era

un’area strategica come il Mediterraneo

in grado di riaprire le vie dell’Oriente al

mercato mondiale.

Ma fu proprio l’invasione francese dell’E-

gitto da parte di un esercito a cui era

interdetto l’uso delle bevande alcoliche

a modificare l’immaginario occidentale

rispetto ai generi voluttuari, come pure

il rapporto con l’uso ricreativo della

canapa. La presenza francese in Egitto,

seppur breve, ispirò gran parte della let-

teratura e della pittura di quel paese da

Dumas a Gérard de Narval passando per

Baudelaire e Rimbaud solo per citarne

alcuni. L’incontro tra le due culture fu

decisamente stupefacente e molti mili-

tari francesi decisero di passare almeno

temporaneamente dal vino all’hashish,

che era molto diffuso in Egitto e in par-

ticolare tra le classi subalterne.

Preoccupato sull’uso sempre più diffuso

della cannabis tra le sue truppe, il coman-

dante in capo di Napoleone, il genera-

le Jacques-François Menou passato alla

storia per aver riconosciuto il valore della

scoperta della famosa stele di Rosetta in

data 8 ottobre 1800 decise di proclamare

la prima legge proibizionista della storia

moderna, che così recita:

Art.1- L’uso della bevanda prodotta dalla

canapa, come pure il fumo dei semi di

hashish è vietato in tutto l’Egitto. I bevitori

e fumatori abituali di questa erba perdo-

no la ragione e cadono vittime di delirio

violento che li porta spesso ad eccessi di

ogni tipo.

Art.2 - La produzione della bevanda di

hashish è vietata in tutto l’Egitto. Le porte

di quei caffè o locande nei quali viene som-

ministrato, vengono murate e i proprietari

rinchiusi in prigione per tre mesi.

Art.3 - Tutte le balle di hashish trovate alla

dogana, vanno confiscate e bruciate in

pubblico.

Ma ben presto gli occupanti francesi

si resero conto come questa abitudine

secolare non poteva essere stroncata da

legge alcuna, né tra i residenti né tra le

proprie truppe e, di conseguenza, il 18

gennaio 1801 il decreto del generale fu

cancellato per manifesta “inapplicabilità”.

Proprio come sta cominciando ad essere

evidente anche oggi, e in particolare

nelle Americhe, Napoleone si rese conto

dopo solo tre mesi di come il proibizio-

nismo non avrebbe mai potuto funzio-

nare. In seguito avrebbe poi sperimen-

tato come anche l’embargo non sia mai

una buona tecnica militare, ma questa è

un’altra storia.

Da allora noi europei occidentali abbia-

mo imparato a perseverare nell’errore

e siamo riusciti a tenere in piedi un

mostro giuridico che prevede, tra gli

altri, il divieto di passaggio di canne,

reefer, tüte, pétard, plan, joint, toum-

beleki, porro ecc. tra adulti consapevo-

li e su scala planetaria. Un passaggio

pulviscolare che diventa la negazione

di ogni diritto e soprattutto del buon

senso comune di ogni essere umano

raziocinante.

Il 30 agosto 1801 i militari francesi lascia-

rono definitivamente l’Egitto, natural-

mente portandosi dietro qualche sou-

venir e le note fantasie d’Oriente che

ispirarono per quasi un secolo gli artisti

di mezza Europa. L’hashish divenne un

importante fenomeno intellettuale e

contribuì alla fondazione di un circolo

molto in voga tra gli intellettuali parigini:

il Club des Hashashins che finì per fare

della sostanza qualcosa di ancora più

fumoso ed incomprensibile.

Più avanti negli anni, anche le bizzarre

interdizioni del generale Jean-Jacques

Menou – in seguito divenuto governa-

tore di Venezia – furono poi riprese e

rinverdite da un delegato egiziano alla

Conferenza sull’oppio del 1924. Era il

dottor El Guindy, che in quell’occasione

fece una terrorizzante ricostruzione dei

presunti danni provocati dall’hashismo

tanto da ispirare alcuni decenni dopo un

esilarante spettacolo show di Howard

Marks, autore del best-seller Mister Nice.

Non molto distinti dal mito nato in Egitto,

sono anche gli stilemi neuroscientifici

rispolverati ad ogni occasione dal dottor

Serpelloni e dalla dottoressa Nora Volkow,

direttrice dell’Istituto Nazionale sull’Abuso

di Droga americano (NIDA), che proprio in

queste ultime settimane hanno rievocato

i pericoli della legalizzazione assieme al

sindaco leghista di Verona. Il NIDA è l’Ente

che ha il monopolio della cannabis negli

USA e che di fatto ne impedisce sia l’uso

medico che scientifico.

Gli interventi dei neuroscienziati italo-

americani riuniti a Verona non si disco-

stano dalle affermazioni un po’ deliranti

del dottor El Guindy che teorizzava come

“l’hashish predispone ad atti di violenza e

produce una caratteristica risata stridente....

il suo occhio diventa selvaggio e l’espressio-

ne della sua faccia è stupida”. Inoltre “il tos-

sico-dipendente diventa molto frequente-

mente nevrastenico ed eventualmente folle”.

Il nostro governo ha inconsapevolmen-

te riconfermato una propaganda ritenu-

ta insostenibile ma soprattutto “inappli-

cabile” dallo stesso Bonaparte.

A differenza di Napoleone, il dottor

Giovanni Serpelloni continua ad insiste-

re sul chiodo della follia da cannabis e

per ironia della sorte ha invitato un altro

esperto egiziano a Roma il 12 ottobre,

che ha lasciato dietro di sé un lungo

intervento in arabo ritrasmesso in ori-

ginale durante la videoconferenza dal

Dipartimento Antidroga. In attesa della

traduzione del terzo delegato egiziano,

il suo concittadino El Guindy divenne

piuttosto famoso per le sue sparate:

“Questa sostanza ( la cannabis N.d.T.) e

i suoi derivati hanno prodotto tali deva-

stazioni che il Governo egiziano ha per

molto tempo proibito la sua introduzione

nel paese. Non posso sottolineare sufficien-

temente l’importanza di includere questo

prodotto nella lista dei narcotici, il cui uso

deve esser regolato da questa conferenza”

IL NOSTRO GOVERNO HA INCONSAPEVOLMENTE RICONFERMATO UNA PROPAGANDA RITENUTA INSOSTENIBILE MA SOPRATTUTTO “INAPPLICABILE” DALLO STESSO BONAPARTE.

2222 MEDICAL CANNABIS

Cannabis e cura della SLA di Davide Calabria

Conosciuta come SLA, la Sclerosi Laterale Amiotrofica, nota anche come morbo di Lou Gehrig, è una malattia scaturita dalla progressiva degenerazione del sistema nervoso centrale, dove colpisce i neuroni di moto (motoneuroni) a livello di corteccia celebrale (1° motoneu-rone), di tronco encefalo e midollo spinale (2° motoneurone). I motoneuroni, nei vertebrati, sono incaricati di portare il segnale all’esterno del sistema nervoso centrale, per il movimento volontario dei muscoli.

Colpisce 2-3 persone ogni 100.000 abi-

tanti, specialmente gli uomini, ogni

anno. E’ quindi una patologia rara e le

cause sono tuttora ignote, nonostante

i suoi sintomi siano stati descritti per

la prima volta nel 1860. Si sospetta sia

innescata da fattori ambientali o ere-

ditari e un’inchiesta condotta dal pro-

curatore torinese Raffaele Guariniello,

tra il 2004 e il 2008, riferisce come per

motivi occupazionali, sia stata riscon-

trata in 51 calciatori su 30.000 presi in

esame, 39 dei quali sono morti. Oltre

ad essere considerata la malattia dei

calciatori è anche quella degli agricol-

tori, con 123 casi negli ultimi anni solo

in Piemonte. Il motivo scatenante sem-

bra essere, in entrambi i casi, il contatto

con agenti chimici, come i pesticidi,

e altre sostanze tossiche, utilizzate in

agricoltura e per il mantenimento dei

campi da calcio.

Come da definizione, la sclerosi amio-

trofica laterale colpisce la muscolatura

indebolendola e atrofizzandola, ed è

definita laterale perché coinvolge i cor-

doni laterali del midollo spinale, che

connettono il primo motoneurone al

secondo.

In questo caso, la marijuana è utile

perché apre i canali del potassio,

donando forza muscolare, riflessi e

appetito. D’altro canto, la mancan-

za di potassio, oltre a determinare

debolezza muscolare, porta proprio

alla paralisi. Un eccesso di potassio,

quindi di cannabis, invece, può por-

tare a pesantezza muscolare, quindi

debolezza e collasso cardiocircolato-

rio. Dopo aver fumato troppo, infatti,

come dopo un’eccessivo sforzo fisico,

si possono sentire le gambe pesanti

e si può collassare, con il bisogno di

sdraiarsi, ponendo le gambe in alto

rispetto al corpo. Se la persona non è

in grado di farlo da sola, deve interve-

nire qualcuno per il posizionamento

corretto, avendo pure la cura di slac-

ciare cinture o quant’altro possa impe-

dire la circolazione sanguigna.

Il termine sclerosi (indurimento) deriva

invece dal pallore delle vie mielinizza-

te. La mielina ricopre i nervi come la

guaina di plastica sul filo di rame di un

cavo elettrico, e il suo assottigliamento

causa dolore al passaggio del segna-

le. La guaina mielinica è costituita da

lipidi e introdurre nell’alimentazione

molti Omega 6 e Omega 3, come quelli

copiosamente presenti nell’olio di semi

di canapa, non fa altro che proteggerla.

Oltre a favorire la presenza di mielina,

le proprietà della cannabis ammollisco-

no l’indurimento, così come in medi-

cina tradizionale cinese era utilizzata

per le diminuzioni di Yin. Nel simbolo

del Tao, lo Yang (bianco, sole, duro)

dev’essere in armonia con lo Yin (nero,

luna, molle) e la pianta femminile di

marijuana ha un energia Yin, preposta

al rimedio delle durezze.

Perdendo, con il procedere della malat-

tia, i motoneuroni superiori (corticali)

e inferiori (spinali e troncoencefalici),

diminuisce progressivamente e irre-

versibilmente la capacità di deglutire

cibo, d’articolare le parole e muove-

re i muscoli scheletrici, paralizzando

il corpo, in maniera variabile, fino a

compromettere il funzionamento dei

muscoli respiratori, portando quindi

alla morte entro pochi anni. Una delle

ultime morti di SLA che ha avuto eco

sui mass media di tutta Italia è stata

quella del collega giornalista della RAI

Ezio Trussoni, agli inizi di Novembre.

La marijuana è utile quindi contro l’in-

durimento dei nervi e per rilassare la

muscolatura nei malati di SLA, ma non

solo. L’azione della cannabis sull’ap-

parato endocrino, per esempio, agisce

sulla modulazione e la secrezione delle

ghiandole, come la tiroide, in corri-

spondenza yogica con il quinto chakra,

quello azzurro della gola, e ciò rende la

marijuana ideale per migliorare i pro-

blemi di comunicazione. La cannabis

poi è un’erba buona per i polmoni, in

grado di rilassare la muscolatura pol-

monare, facilitando la respirazione.

Lo sviluppo della malattia ha probabil-

mente basi multiple e la degenerazio-

ne neuronale sembra essere caratteriz-

zata, oltre che dai problemi d’ossida-

zione, anche da un eccesso di glutam-

mato. Guarda caso, nel corpo umano, il

legame tra i recettori dei cannabinoidi

e la marijuana inibisce il rilascio anche

di questo neurotrasmettitore, favoren-

do quindi la vita di questi pazienti.

Il subdolo della SLA, invece, è deter-

minato dal fatto che i suoi sintomi ini-

ziali sono per lo più trascurabili: brevi

contrazioni, crampi, rigidità, debolezza

muscolare e voce nasale. L’ideale sareb-

be quindi intervenire con la canna-

bis già dall’esordio della malattia, che

spesso parte dall’utilizzo di un arto,

con difficoltà nel camminare o nel rea-

lizzare semplici mansioni, come allac-

ciarsi le scarpe. Con il degenerare della

malattia, invece, il paziente non riesce

più nè a uscire nè a entrare nel letto,

ad utilizzare le mani, i piedi, quindi a

muoversi, con tutte le complicazioni

che possono sorgere.

La cannabis può comunque essere

utile anche nello stadio avanzato della

malattia, perché la sua assunzione pro-

voca il rilascio d’ormoni, quindi favori-

sce il movimento interno del corpo.

Una persona affetta da SLA può gene-

ralmente annusare, vedere, sentire ed

avere delle percezioni tattili. L’enfasi

innescata dalla cannabis può quindi

contribuire ad un miglioramento della

qualità della vita, anche perché, solita-

mente, non si riscontrano nel paziente

danni alla memoria, all’intelligenza, alla

personalità e alla mente in generale.

La marijuana può quindi regolare ed

equilibrare l’umore dei pazienti, allon-

tanandoli dalla depressione e dal

rischio di peggioramenti della salute.

SECONDO UNA RICERCA SVOLTA DA STUDIOSI DELL’UNIVERSITÀ DI WASHINGTON, LA CANNABIS POTREBBE ESSERE ADDIRITTURA LA MIGLIORE MEDICINA PER QUESTA TERRIBILE MALATTIA

23Un maggiore equilibrio nella perce-

zione delle emozioni, poi, può portare

a gestire meglio la “labilità emotiva”,

sperimentata dal 15-45% dei pazienti,

caratterizzata da attacchi di riso o pian-

to incontrollabile.

La cannabis funziona in questa malattia

e potrebbe sicuramente coadiuvare nel

donare sollievo, ma purtroppo il divie-

to la rende poco usata.

Non esiste ancora, infatti, una cura defi-

nitiva e generalmente la malattia è trat-

tata con il Rilutek (riluzolo) in grado,

secondo alcune ricerche, di prolungare

la vita del paziente, grazie al fatto che,

come la cannabis, inibisce il rilascio di

glutammato. Il riluzolo è finora l’unico

farmaco approvato dalla Food and Drug

Administration per la cura della SLA.

Esistono poi studi alla ricerca di medici-

ne capaci, come la cannabis, di proteg-

gere i motoneuroni passando la barrie-

ra ematoencefalica.

Nel 2008, invece, uno studio statuniten-

se ha dimostrato come la somministra-

zione di litio sia utile per la stabilizzazio-

ne dell’umore nei malti di SLA, quindi

per un prolungamento della vita. Anche

questo compito, però, può essere svol-

to egregiamente dalla cannabis, come

accennato, senza effetti tossici.

Proprio la marijuana, quindi, potrebbe

donare un bagliore di luce, nel buio di

questa malattia e a testimoniarlo sono

pure alcuni studi scientifici. Secondo

una ricerca svolta dagli studiosi della

School of Medicine dell’Università di

Washington, la cannabis potrebbe

essere addirittura la migliore medicina

per questa terribile malattia. I ricercato-

ri sottolineano come la cura della SLA

prevede l’impiego di numerosi farma-

ci, per far fronte alla complessità dei

suoi effetti, rilevando come invece la

marijuana presenti in un solo prodotto,

potenti effetti antiossidanti, antinfiam-

matori e neuroprotettivi, favorendo

pure l’appetito e il sonno dei pazienti.

La Dottoressa Mary Abood, del

California Pacific Medical Center di San

Francisco, ha invece presentato i risulta-

ti di una sua ricerca sulla cannabis som-

ministrata ai topi con SLA, al Convegno

per le Società delle Neuroscienze, svol-

to nel 2004 a San Diego. Ebbene secon-

do la ricercatrice, mentre il riluzolo è

mediamente in grado di prolungare la

vita per due mesi nei topi, la cannabis

potrebbe allungare l’esistenza anche

per tre anni.

Alla stessa conclusione sono giunti

anche gli autori di uno studio pubblicato

sul Journal of Neurochemistry, dopo aver

sperimentato sui topi un farmaco can-

nabinoide sintetico (AM_1241), agonista

dei recettori dei cannabinoidi. Secondo

questi ricercatori dell’Università dell’Ar-

kansas, il farmaco cannabinoide ha pro-

lungato la vita dei topi con SLA del 56%,

calcolando che sebbene alcuni pazienti

possono vivere per molti anni con la

malattia, alcuni perdono la vita entro tre

anni dalla comparsa dei sintomi.

Alcuni ricercatori dell’Università di

Washington hanno invece raccolto

dati, pubblicati sull’American Journal

of Palliative Care, con un questionario

anonimo, su 130 pazienti con SLA, 13

dei quali avevano assunto cannabis

negli ultimi 12 mesi, risultando “mode-

ratamente efficace nel ridurre sintomi

quali la perdita di appetito, la depres-

sione, il dolore e la spasticità”.

Un ultimo studio, per finire, pubblica-

to sul Journal of Amyotrophic Lateral

Sclerosis, condotto dall’Università di

Seattle, ha dimostrato nuovamente

come la somministrazione di THC ha

ritardato la progressione della malat-

tia in un modello animale di SLA. La

conclusione è stata: “Dato che il THC è

ben tollerato, esso potrebbe costituire,

assieme ad altri cannabinoidi, un nuovo

strumento terapeutico per la SLA”.

La cannabis, insomma, dicono potreb-

be (per non dire può) aiutare nella

cura SLA, giusto perché vietata, men-

tre tante persone soffrono, alla faccia

delle case farmaceutiche intente a tro-

vare un farmaco brevettabile con cui

far soldi.

Addirittura, nell’autunno del 2012, il

Governo italiano stava per togliere i fondi

ai malati di SLA, per poi rendersi conto

della cavolata in atto. Dopo le vive pro-

teste dei pazienti, il Governo, spaventato

dalla possibile perdita di consenso, ha

effettuato fortunatamente una retromar-

cia, garantendo, con la rassicurazione del

Ministro dell’Economia Grilli, la continui-

tà dell’erogazione dei fondi.

Lo Stato sembra comunque non inten-

zionato a risparmiare sulle cure di que-

sta malattia, incentivando finalmente

l’utilizzo dei derivati della cannabis, in

modo d’allontanare anche i pazienti

favorevoli a questa terapia dai tentacoli

delle organizzazioni criminali.

Per fortuna, infatti, qualcosa si è

mosso nella giusta direzione, grazie

al finanziamento di 53.000 euro, da

parte della Fondazione di Ricerca sulla

Sclerosi Laterale Amiotrofica (ARISLA).

Il 5 novembre 2012, la Fondazione ha

iniziato il reclutamento di 60 persone,

per verificare la tollerabilità, l’efficacia

e la sicurezza di un farmaco derivato

dalla cannabis Sativa.

Alla presentazione del convegno dell’A-

RISLA, presso una sede della Fondazione

Cariplo di Milano, era presente anche

il presidente della Regione Lombardia,

Roberto Formigoni, probabilmente con

un brivido di coscienza, forse proprio

prima di quella che è parsa, durante l’au-

tunno del 2012, la fine della sua carriera

politica. Va ricordato, infatti, come nella

regione Lombardia, causa la richiesta di

verifiche scientifiche, mai effettuate, da

parte di Formigoni, non siano ancora

passate leggi, quando presentate, volte

a favorire questa miracolosa terapia. In

Lombardia, non a caso, in ritardo rispetto

ad altre Regioni, non è mai stata pre-

scritta la cannabis terapeutica, a favore

di pazienti di qualsiasi patologia, alla

faccia della tanto proclamata evoluzione

di questa zona del Paese.

Anche questa volta, ad ogni modo, sap-

piamo già quale sarà il risultato della spe-

rimentazione: la marijuana sarà definita

un ottimo trattamento, in grado di ripor-

tare appetito, migliorare l’umore e del

sonno dei pazienti, diminuendo la perce-

zione del dolore, come già testimoniano

altri studi. Una cosa che ormai hanno

capito anche i muri, mentre lo Stato, nel

frattempo, continuerà a temporeggiare,

insultando in definitiva la sofferenza dei

malati di questa terribile patologia, sulla

cui pelle guadagneranno (come sempre)

le mafie e le case farmaceutiche. Eppure

basterebbe lasciar coltivare liberamente

una decina di piante ai bisognosi, perché

l’erba sia disponibile in maniera sufficien-

te a qualsiasi malato...

NEL NOVEMBRE 2012, LA FONDAZIONE SULLA SLA (ARISLA) HA INIZIATO IL RECLUTAMENTO DI 60 PERSONE, PER VERIFICARE L’EFFICACIA E LA SICUREZZA DI UN FARMACO DERIVATO DALLA CANNABIS.

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HemporiumCose di Canapa,Vicenza

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Via Martiri della Libertà 21, Cordenons (PN).Aperto dal martedì al sabato dalle 11:00 alle 19:00. Tel: 338-766 03 00

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26 CANNABIS WORLD

Washington e Colorado dicono si

Non solo Casa Bianca, non solo Obama. La notte dell’Election day ha portato agli Stati Uniti anche un altro storico risultato: la legalizzazi-one della marijuana a scopo ricreativo nello stato di Washington e in Colorado. La tornata elettorale dello scorso 6 novembre è stata infatti l’occasione per procedere a una valanga di consultazioni popolari su temi cruciali, specie in materia di valori e diritti individuali: sono stati 176 i referendum per cui si è votato in 38 Stati americani, secondo quanto riferito dagli esperti dell’Università della California. di Giovanna Dark

Gli elettori degli Stati di Washington,

Colorado e Oregon si sono espressi per la

prima volta in assoluto sulla legalizzazione

della cannabis per usi ricreativi permet-

tendo agli adulti di detenerne una minima

quantità venduta in esercizi commerciali

autorizzati con tanto di Iva. In Arkansas e

Massachusetts si è poi votato per consenti-

re l’uso terapeutico della marijuana, misura

già passata in altri 17 Stati, mentre nel

Maine e in Maryland c’è stato finalmente il

si alle nozze tra coppie omosessuali.

Se in Oregon la misura non è passata per

un soffio, con il 55% dei votanti contrari,

nello stato del Colorado l’emendamento

numero 64 – che ha alzato il quantitativo

personale di cannabis a 28,5 grammi per

persona ed ora permette la coltivazione

fino a 6 piante – è stato accolto con il

55,3% di voti favorevoli e il 44,7% contrari.

Nello stato di Washington, culla del grun-

ge con la sua capitale Seattle, le percen-

tuali non sono state dissimili e l’iniziativa

502 – che oltre a legalizzare la marijuana

ha deciso di destinare i proventi derivati

dalla tassazione al sistema sanitario, nella

fattispecie di prevenzione degli abusi – è

passata con 1.724.209 si (circa il 56%) e

1.371.235 no ( circa il 44%).

Una vittoria storica dunque, che assesta

un durissimo colpo alla tanto conclamata

war on drugs che il governo federale si

ostina a combattere con costi sproposita-

ti. Uno degli elementi che maggiormente

ha convinto l’elettorato a stelle e strisce è

stata infatti la prospettiva di risparmiare

milioni di dollari, destinandoli al welfare.

La decisione farà scattare una serie di con-

seguenze positive sul piano economico, a

partire dal ricavo di oltre mezzo miliardo

di dollari all’anno per le casse pubbliche

dei due Stati grazie alla tassazione sull’ac-

quisto dell’erba, esattamente come avvie-

ne per alcol e sigarette.

La vittoria del referendum, che legalizza

il possesso personale a partire dalla mag-

giore età (che negli States arriva a 21 anni)

frutterà infatti allo Stato di Washington

circa 500 milioni all’anno, perché il prov-

vedimento prevede una tripla tassa del

25%: la prima durante il passaggio dal

coltivatore all’intermediario iniziale, la

seconda allo scambio con il distributore

e l’ultima nel momento in cui viene ven-

duta al consumatore. In Colorado, invece,

le stime dei ricavi si aggirano intorno a

22 milioni di dollari ogni anno. Sull’entità

reale di questi risparmi, tuttavia, gli esper-

ti sono divisi. Per esempio Pino Arlacchi,

ex direttore dell’ufficio dell’Onu per la

lotta alle droghe, sostiene con occhio

decisamente miope che: « La tassazione

della marijuana arricchirà le casse pubbli-

che di cifre irrisorie. Anche perché i mag-

giori introiti verranno utilizzati per curare

il male fisico e psicologico che le droghe

leggere comunque causano ».

La legalizzazione nei due Stati apre però

un conflitto diretto con il governo federa-

le, il quale rimane irremovibile e classifica

ancora la cannabis come sostanza illegale.

Conscio dell’ambivalenza venutasi a crea-

re a livello di giurisdizione, il Dipartimento

di Giustizia americano ha reagito ai risul-

tati dei referendum sottolineando che,

almeno per il momento, le norme federali

restano confermate e, tecnicamente, la

DEA (il dipartimento federale che si occu-

pa delle sostanze stupefacenti) ha ancora

tutto il diritto di operare nei due Stati, san-

zionando anche i detentori di cannabis.

Un agente speciale della divisione della

Dea di Seattle ha dichiarato che la legge

statale non inciderà sulle loro strategie e

sul loro modo di agire. Gli stessi problemi

si presentano in Colorado, più vicino alle

zone calde del narcotraffico tra Stati Uniti

e Messico. Lo stesso John Hickenlooper,

governatore del Colorado, ha avvertito

prontamente in un comunicato che “non è

ancora tempo di festeggiare”, perché l’at-

tuazione del provvedimento sarà “un pro-

cesso complicato”, che dovrà tenere conto

dei regolamenti federali. Hickenlooper ha

quindi inviato una lettera al segretario alla

Giustizia, per capire se il Dipartimento sia

intenzionato a citare in giudizio le autorità

preposte alla supervisione del commercio

legale di marijuana.

Nel frattempo, gli attivisti antiproibizioni-

sti avvertono che i risultati dei referendum

rappresentano indubbiamente un passo

cruciale per arrivare alla legalizzazione

della marijuana in tutti gli Stati Uniti. Uno

scenario che – secondo uno studio con-

dotto da 300 esperti di economia, tra cui

tre premi Nobel – farebbe risparmiare al

governo americano ben 13,7 miliardi di

dollari all’anno. Gli esperti sono arrivati a

firmare una petizione, basata sulle ricer-

che dell’economista di Harvard Jeffrey

Miron, per chiedere di legalizzare la can-

nabis in modo da risparmiare i 7,7 miliardi

di dollari spesi ogni anno per far rispettare

il divieto attuale.

Non solo. La spesa pubblica sarebbe

alleggerita di altri 6 miliardi di dollari

all’anno grazie ai proventi ricavati dalla

tassazione della marijuana. A incidere

sulla spesa della lotta alla cannabis in

modo determinante sono le oltre 750.000

persone arrestate ogni anno per possesso

illegale, che – secondo l’organizzazione

NORML, una della maggiori associazioni

antiproibizioniste americane – superano

di gran lunga il numero totale di arresti

per crimini violenti inclusi omicidi, stupri,

rapine e aggressioni. Uno studio condotto

nel 2007 dal dipartimento di Giustizia ha

calcolato che viene speso circa 1 miliardo

di dollari all’anno per chi finisce in prigio-

ne per il vizio dello spinello.

Cifre da capogiro, soprattutto se si pensa

al periodo di crisi economica iniziato

nel 2008 e ancora in piena espansione

negli Stati Uniti così come in Europa. Gli

elettori dei due Stati americani hanno

avuto il coraggio e la forza di ribaltare

una politica costosa, dannosa e assolu-

tamente anacronistica. Riusciranno gli

europei a fare altrettanto?

UNO DEGLI ELEMENTI CHE MAGGIORMENTE HA CONVINTO L’ELETTORATO A STELLE E STRISCE È STATA INFATTI LA PROSPETTIVA DI RISPARMIARE MILIONI DI DOLLARI

STORICO RISULTATO ALL’ELECTION DAY AMERICANO: PER LA PRIMA VOLTA SI LEGALIZZA A SCOPO RICREATIVO

27CEPPI IN VIA DI ESTINZIONE

L’Oaxacan Highland, spesso nota come

Gold nonostante il colore beige delle

cime (e le punte rosse dei calici!), face-

va la sua comparsa regolarmente sul

mercato statunitense. Era nota per l’ef-

fetto forte e psichedelico e per l’odore

e l’aroma dolce e acuto, nonché per il

modello di crescita, alto e conico e la ten-

denza a essere ermafrodita. Anche non è

scomparsa sul mercato nazionale, alcuni

esemplari vengono coltivati in Messico,

puntellando il paesaggio collinare attor-

no a Oaxaca City. Di solito cresce diven-

tano alta circa 3,6 metri – piuttosto alta

per essere una varietà montana – e tende

a produrre rami lunghi e forti che le

danno la caratteristica forma di albero di

Natale. Le foglie sono un po’ più ampie

di molti altri ceppi messicani, come le

varietà Guerrera o Michoaca e i fiori sono

spesso circondati da piccole foglie rico-

perte di resina. I semi di questi e di molti

altri ceppi messicani sono più grandi, di

colore più chiaro e meno screziati della

maggior parte delle sative delle regioni

dell’America Centrale e Meridionale.

A volte alcuni semi ritenuti essere ori-

ginali di sativa Oaxacan Highland ce la

fanno e sono stati quindi creati alcu-

ni ceppi ibridi che sono ora disponibi-

li, come l’Eldorado della banca di semi

Sativa e il Niagara di Dr. Greenthumb.

Ciononostante, la probabilità che siano

disponibili nuovi semi in futuro sta dimi-

nuendo. Il livello di violenza legata alla

droga nella regione di Oaxaca è così

elevato che le scorrerie per trovare i

ceppi non si verificano molto spesso, per

non dire mai. Oltre a ciò, l’introduzione

di nuove genetiche ibride nella regione

ha portato alla dissoluzione della stirpe,

come per altri grandi ceppi e gli esem-

plari puri sono sempre meno numerosi.

L’aumento dei semi con maggiori screzia-

ture in superficie, forse causate dall’intro-

duzione di genetica colombiana, si pensa

sia la prova dell’ibridazione in corso.

In Libano, gran parte della produzione

nazionale di hashish avviene nella regio-

ne della Valle Bekaa, che da tempo è

controllata da cartelli che operano sprez-

zanti della legge. La cannabis è coltivata

nella valle da secoli, se non di più, e la

produzione di solito raggiunge un picco

in periodi di guerra e sommosse civili,

come negli anni della guerra civile fra il

1975 e il 1990, quando molti agricoltori

poveri hanno fatto una fortuna grazie a

questi pochi raccolti rapidi. Nei periodi

di pace la polizia e l’esercito uniscono

le loro forze, cercando di affrontare la

questione (e a volte, milizie ostili armate)

distruggendo raccolti in massa, il che non

solo danneggia l’economia locale e la

vita di molte persone, ma è assolutamen-

te devastante per il paesaggio, spesso

lasciato vuoto e arido dopo i raid. Una

questione costante è l’esigenza d’investi-

re fortemente nello sviluppo rurale della

regione: i programmi iniziali sono stati

avviati negli anni Novanta, con l’aiuto

del Programma di Sviluppo delle Nazioni

Unite e nell’intento d’investire centinaia

di milioni per sostituire le piantagioni

di cannabis con colture legali. Quando i

fondi promessi non sono stati investiti,

molti agricoltori se ne sono andati e l’u-

nica possibilità per loro è stata quella di

coltivare ancora cannabis.

Questo è avvenuto per molti anni e c’è

stata un’altra tregua per gli agricoltori

negli anni dopo il conflitto israelo-libane-

se del 2006, dato che le autorità si sono

concentrate sulle questioni più urgenti

legate ai postumi della guerra, ma nel

settembre 2009 è ricominciata la lotta ed

Oaxacan, Angola Red e Red LebanonNella guida di questo numero sui Ceppi in via di estinzione, daremo un’occhiata a due sative landrace, Angola Red e Oaxacan Highland del Messico – e per la prima volta – parleremo di un tipo di hash-ish rinomato, il Red Lebanese. Il subbuglio che è stato creato negli ultimi anni dalla Guerra alle droghe, con la distruzione dei mezzi di coltivazione tradiziona-li, ha portato a una perdita quasi completa delle varietà originali e ricercate. Kali Mist

IL LIVELLO DI VIOLENZA LEGATA ALLA DROGA NELLA REGIONE DI OAXACA È COSÌ ELEVATO CHE LE SCORRERIE ALLA RICERCA DEI CEPPI NON SI VERIFICANO MOLTO SPESSO.

Il paesaggio montagnoso e brullo attorno a Oaxaca permette alle piante di cannabis di svilupparsi rigogliose laddove la

maggior parte delle altre colture non riesce a crescere (Foto: Arcadio Buenaluna)

Un esemplare di hashish Red Lebanon,

direttamente dalla regione della Valle

Bekaa (Foto: KWT Stoner)

28

è continuata ogni estate. Molti libanesi

sostengono la legalizzazione del settore,

ritenendo che un settore regolamentato

sarebbe più sicuro e vantaggioso dal

punto di vista economico. Altri ritengono

che i livelli di violenza e corruzione sono

così radicati da richiedere il pugno di

ferro per eliminare questi problemi una

volta per tutte. Le famiglie potenti e le

gang che costituiscono i cartelli sono una

voce politica potente autoproclamata e

molti politici non osano implementare

politiche troppo dure, temendo di perde-

re la loro posizione, o peggio, temendo

per la propria incolumità.

L’hashish si presenta in due forme: gial-

lo, dalle piante più giovani, con effetto

cerebrale a causa dell’elevato contenuto

di THC e delle basse caratteristiche CBN

del raccolto in questo stadio e rosso, da

piante più mature, con un contenuto di

CBN più elevato e che assomiglia molto

all’hashish marocchino (ma produce un

effetto più potente). Le piante in genere

vengono stese a essiccare al sole prima

di essere scosse attraverso reti molto fini

per catturare i tricomi e la polvere risul-

tante è sigillata in sacchetti e stoccata

fino all’inverno, per essere poi pressata.

La forma gialla tradizionalmente è molto

più rara della rossa; vengono prodotte

varianti delle due qualità, fra le quali ve

ne sono di estremamente potenti.

Dalla guerra con Israele, i controlli ai con-

fini si sono intensificati e molto hashish

libanese è stato assorbito dal mercato

nazionale, sebbene i prezzi abbiano sof-

ferto per l’eccedenza. A livello internazio-

nale, è difficile individuare anche piccole

quantità di buon hashish fresco libane-

se, nonostante abbondino imitazioni di

basso livello, spesso provenienti dalla

Turchia, che produce hashish simile di

varietà relazionate di cannabis, ma consi-

derate generalmente inferiori.

Un altro Paese in cui la coltivazione di

cannabis è stata un mezzo di sussisten-

za per secoli è l’Angola, nell’Africa sud-

occidentale. Le landrace sativa che vi

crescono sono diffuse nell’altopiano cen-

trale e nel nord-est del Paese e sono state

create prima dell’occupazione portoghe-

se, iniziata nel 1575 e terminata ufficial-

mente nel 1975. Prima dell’indipendenza

(e della conseguente guerra civile), le

imbarcazioni che arrivavano al porto di

Luanda, capitale e porto commerciale

importante, potevano comprare libe-

ramente la cannabis dai commercianti

locali. Sembra che i primi coloni porto-

ghesi abbiano contribuito al suo succes-

so trasportandola nel Nuovo Mondo; gli

schiavi angolesi sradicati e trasferiti nelle

piantagioni in questo periodo potreb-

bero averla trasportata con sé. È possi-

bile che molti dei ceppi rossi conosciuti

dell’America Centrale e Meridionale siano

in effetti discendenti dell’Angola Red.

Nonostante l’illegalità della cannabis

in Angola, gli agricoltori sono riusciti

a produrre colture in maniera costan-

te negli anni, sebbene qui, come in

Libano, si trovino di fronte alla costante

possibilità che la coltura venga sco-

perta e data alle fiamme dalle forze

dell’esercito e della polizia. Il distretto

di Balombo, sulla costa nord-orientale

dell’Angola, ha visto di recente il seque-

stro di 3.500 piante nel piccolo villag-

gio di Ngolo: un grosso colpo inferto

a un Paese la cui produzione totale è

sufficiente a soddisfare solo il mercato

nazionale. Si è notato che l’occorrenza

dei fenotipi rossi è diminuita notevol-

mente e probabilmente è scomparsa

interamente, dato che vengono intro-

dotte nuove genetiche da altrove per

integrare le perdite sofferte durante le

incursioni della polizia. Gli agricoltori

delle aree circostanti, come la provincia

di Huíla, dove la tradizionale cono-

scenza delle proprietà della cannabis

è stata documentata fra le tribù locali,

sono stati in grado finora di assicurare

qualche coltivazione. Ciononostante,

alcuni aneddoti riportano che abbon-

dano fenotipi verdi e nessuno sembra

sapere se la rossa esista ancora o meno.

Sebbene la piccola industria della can-

nabis in Angola sia considerata di poco

conto dalle autorità, l’importanza della

nazione come punto di sbarco per la

cocaina ha portato a una lotta alle dro-

ghe in generale. A causa della mancanza

di produzione in eccedenza per le espor-

tazioni, non arriva molta cannabis ango-

lese in altri Paesi (tranne piccole quantità

occasionali in Namibia) e la rossa origi-

nale corre il rischio di essere davvero e

irreversibilmente perduta: se non lo è

già ora!

Il commercio di cannabis nell’Africa

meridionale e centrale è spesso violen-

to e radicato nella politica. Dato che le

fazioni nei Paesi vicini della Repubblica

Democratica del Congo e del Congo

continuano a combattere per avere il

controllo della produzione, le autorità

angolesi non vogliono sembrare deboli,

poiché temono che la violenza arrivi nel

loro Paese. Anche se è improbabile che la

produzione di cannabis cessi completa-

mente, le difficoltà attuali che incontrano

i coltivatori angolesi sono così grandi che

un ceppo storico potrebbe estinguersi.

Non ci sono dubbi che, se si dovesse-

ro trovare esemplari di questo ceppo

in futuro, gli stessi dovrebbero assolu-

tamente essere conservati per evitarne

l’estinzione. Ciononostante, la comuni-

tà della cannabis internazionale deve

aspettare per vedere se il potere futuro

– in Messico, Libano, Angola e nel mondo

in generale – si solleverà e capirà che

l’interferenza continua in queste indu-

strie della cannabis ormai consolidate è

inutile e dannosa e destinata, in ultima

istanza, a fallire.

IN LIBANO, GRAN PARTE DELLA PRODUZIONE NAZIONALE DI HASHISH AVVIENE NELLA REGIONE DELLA VALLE BEKAA.

I morbidi pendii della Valle Bekaa sono ideali per coltivare la cannabis (Foto: Jiangkeren)

Barche nel porto di Luanda che possono

approvvigionarsi liberamente di cannabis

(Foto: OneVillage Initiative)

30 ED ROSENTHAL

La coltivazione domesticaNelle città dell’entroterra della California

Settentrionale, la terra è preziosa e tutti

gli spazi sono utilizzati, anche se non sono

perfetti. La sera che stiamo controllando è

stata costruita in uno spazio fra due edifici

ed è 4 metri di lunghezza per 3,5 metri di

larghezza. Il tetto è leggermente inclinato

dai 3 metri. Il tetto e una parete sono irra-

diati da luce solare. Queste superfici sono

ricoperte di plastica ruvida.

Un passaggio al centro divide l’area di

coltura. È utilizzata solo una sezione per

la cannabis. l’altro lato ospita un tavolo di

orchidee in alcuni contenitori.

La coltura di cannabis riceve solo quattro

o cinque ore di luce diretta del sole ogni

giorno. Questa è integrata da due fluo-

rescenti a induzione Inda-Gro, ciascuna

delle quali da 420 watt e da un tuo a T di

5 fluorescenti Bad Boy. Le due fonti inizial-

mente sono state appese sulle piante, ma i

dispositivi bloccavano la luce del sole. Una

fonte è stata messa contro la parete poste-

riore con un angolo di 45 gradi. L’altra è

stata installata all’angolo fra la parete e

il tetto, sotto una struttura di legno che

bloccava già la luce. Quasi tutta la luce

generata ricade sulle piante.

Le 5 fluorescenti a T sono state messe

in regime di riciclo di luce da 90 secon-

di ogni 4 ore. Questo breve periodo

di luce interrompeva il ciclo di buio e

teneva le piante in piena fase vegeta-

tiva sotto la luce naturale e sotto un

periodo ridotto di luce solare. Quando

il ciclo è stato passato in fioritura, le T-5

sono state settate per integrare la luce

fornita dalle due fluorescenti a induzio-

ne. I tre dispositivi forniscono luce dalle

9 a mezzogiorno e poi dalle 16 alle 20:

questi sono i periodi in cui le piante

ricevono solo luce indiretta.

Oggi, 23 luglio, l’alba e l’imbrunire si sono

verificati alle 5:36 e alle 20:55 rispettiva-

mente, con un totale di 15 ore e 19 minuti.

Ciononostante, con la privazione di luce,

le piante hanno ricevuto meno di 12 ore

di luce ogni giorno dal 1° luglio. La tecnica

dell’oscuramento è semplice ma efficace.

Due panni opachi per fare ombra sono

stati messi sul tetto ogni sera e poi tolti

più tardi durante la giornata. I panni

presentavano due problemi inizialmente.

Prima di tutto non erano sufficientemen-

te larghi per coprire il tutto completa-

mente e lasciavano un’apertura alla luce.

Abbiamo risolto il problema attaccando

una striscia di plastica di polietilene opaca

bianca/nera. Il secondo problema con

l’ombra è che era di 60 cm più corta della

lunghezza della serra e questo lasciava

un ampio spazio alla luce. Questo è stato

risolto creando due strutture utilizzando

un tubo in pvc da 1 cm. Ciascuna delle

parti è larga 2 metri e lunga 65 cm. Una

struttura è coperta con polietilene bian-

co/nero e l’altra con un panno nero per

fare ombra. La pellicola bianca/nera è

più leggera e generalmente è più sem-

plice posizionarla e costruirla rispetto al

panno. Vengono messi entrambi sul tetto

dalla parte frontale, dopo che l’ombra è

stata creata. In totale, sono più larghi del

tetto, quindi una struttura è posizionata

delicatamente sull’altra.

La parte frontale rivolta a sud è oscurata

mediante tendine oscuranti, che si tro-

vano facilmente nei centri per idrocol-

tura. Si appendono su un’asta per tende

su uno dei due lati della porta. La porta

in vetro della serra ha una tenda che si

può arrotolare.

Quando la coltura si trova nella Baia

di San Francisco, la temperatura rima-

ne piuttosto fresca, di solito sotto i 26

gradi centigradi. Generalmente il calore

viene tenuto sotto controllo mediante

un aspiratore impostato a 23 gradi cen-

tigradi e una pala oscillante da 16”. Un

condizionatore d’aria per lo scambio di

calore viene installato, ma non è stato

acceso in questo caso, perché il serbato-

io di CO2 non era stato ancora installato.

Verrà fatto durante la settimana.

Come cresce la vostra coltivazione Parte 1Quest’anno ho seguito tre coltivazioni di marijuana per SOFT SECRETS. Siamo a metà stagione qui. Le piante in regime di buio sono state raccolte o lo saranno a breve. La prima coltivazione è per uso personale e le altre due sono attività commerciali sponsorizzate da un dispensario medico. Testo e fotografie di Ed Rosenthal

UNA PANORAMICA SU TRE COLTURE NEL TEMPO23 LUGLIO RAPPORTO SUL CAMPO

5/10 Le quattro pianticelle sono piantate nelle General Hydro’s Mega Farms.

5/30 Le dimensioni di questa pianta sono triplicate.

5/30 Le quattro piante crescono da 20 giorni. Due piccole piante sono state aggiunte

alla coltivazione e crescono nel mix di coltura. Le fonti di luce sono state installate. Sul

retro vedete il dispositivo a T da 5 fluorescenti che viene acceso per 90 secondi ogni 4

ore durante la giornata. Questo evita una fioritura prematura.

5/10 Primo piano del clone trapiantato.

31

6/25 Tutte e sei le piante sono cresciute

bene e sono diventate molto rigogliose.

7/10 Il modello di crescita delle piante è cambiato e

le piante cominciano a produrre fiori.

6/25 Il primo segnale di problemi. È comparso del malbianco sulle piante. Sono

state nebulizzate con una miscela di Ed Rosenthal.

Zero Tolerance™ e Seranade™, create aggiungendo ERZT al Seranade pronto per

l’uso. Una nebulizzazione completa è stata sufficiente per eliminare il problema.

6/13 Due settimane dopo le piante si sono riempite.

Le nuove piante sono state spostate in ampi conteni-

tori con substrato.

5/30 I gambi delle piante sono stati piegati per

favorire la produzione di rami e tenere sotto

controllo l’altezza.

7/3 Una punta sottoposta a privazione di luce per due giorni.

7/3 Le piante hanno riempito lo spazio quasi completamente e lo riempiono ulterior-

mente man mano che fioriscono. La luce è accesa 8 ore al giorno, di mattina e verso

sera. Le T-5 sono passate dalla regolazione della fioritura all’integrazione di luce.

7/17 Le cime stanno cominciando a

riempirsi una per una.

7/10 Le piante rigogliose

creano molte cime.

7/10 Una giovane cima.

7/17 La forma delle piante sta

cambiando per la nuova crescita.

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33

7/17 Le foglie ripiegate e le estremità piegate verso l’alto indicano

un’eccessiva fertilizzazione. La soluzione: drenare parte della soluzi-

one nutritiva e diluire poi la parte rimanente con l’acqua con pH. 7/17 La serra sotto la copertura.

COLTIVAZIONE DI MENDOCINOHo visitato una serie di coltivazioni

sulle colline di Mendocino, una delle

contee che costituiscono il famoso

“Triangolo dello Smeraldo”, noto per

le cime di elevatissimo livello. Una di

queste è una coltura outdoor; l’altra è

una serra in privazione di luce.

La coltivazione outdoor si trovava su un

altopiano fra le colline più alte a distanza.

È stato passato un piccolo escavatore

vari anni addietro. La terra originaria è

stata scavata ricavandone un’am-

pia sezione larga 1 metro e pro-

fonda 1 metro circa ed è stata

sostituita con un apposito mix da

paesaggio venduto nel centro di

giardinaggio locale, che dispone

anche di una gamma sorpren-

dentemente ampia di fertilizzanti

e integratori per le cime.

La terra viene integrata annual-

mente con nutrienti e micorri-

ze. I pali di bambù legati insie-

me sostengono la rete. I rami

crescono attraverso la rete

e sono parzialmente sorret-

ti dallo spago, in modo tale

da avere meno probabilità di

rompersi o essere danneggiati

dal vento. Questo permette

anche di evitare che si pieghi-

no nello spazio vicino. Queste

sono tutte Blue Dream, che

non crescono oltre il metro

e mezzo di altezza. Saranno

mature all’inizio di ottobre.

6/18 Le piante sono state messe a

circa 240 cm di distanza in file ben

distanziate.

6/18 Una pianta aveva una lesione sul gambo.

Il motivo non era noto.

6/18 Piena fase vegetativa. Da notare le lunghe foglie snelle

della varietà a predominanza sativa.

7/18 Un mese dopo, a metà luglio, le

piante sono già nella prima fase di fior-

itura. I rami che sorreggeranno presto le

cime, stanno già facendo capolino dalla

simmetria rigogliosa della pianta.7/18 Le piante, sebbene distanziate bene, si toccano quasi.

34

Sono stato in una serra che è stata

costruita con pochi investimenti, usan-

do una struttura di metallo ricoperta

con polietilene chiaro. Una tendina di

polietilene bianco/nero è stata posi-

zionata con arte sulla sommità della

serra a forma di arco da 5 metri all’inizio

di giugno. Si stima che il raccolto sia

durante la prima settimana di agosto.

Le piante sono all’interno di conte-

nitori da 75 litri in un mix di coltura

simile a quello della coltura prece-

dente. Durante la fase vegetativa, è

stato somministrato un fertilizzante

commerciale, Grow-More 15-16-17,

formulato per i mix senza terra, conte-

nente dunque micronutrienti. L’acqua

d’irrigazione è stata arricchita fino a

circa 300 ppm, mediante un inietto-

re Dramm. Circa due settimane dopo

l’inizio della fioritura, il fertilizzante è

stato passato a una formula 5-25-25,

sempre a 300 ppm.

6/18 Le piante della serra a circa 10 giorni dall’inizio della privazione

di luce. La coltivazione contiene solo Blue Dream.

7/18 Primo piano delle cime. Fra due settimane gli stigmi diventeranno

brunastri, i fiori dietro agli stigmi s’ingrandiranno un po’, le ghiandole si

riempiranno di resina e l’odore diventerà incredibilmente intenso.

7/18 Due cime fanno capolino dal canopo per ricevere più luce.

6/18 Le piante cresceranno attraverso la rete,

quindi le cime saranno sorrette stabilmente.

7/18 All’ingresso. La serra è lunga 45 metri, quindi le file arrivano ben in fondo.

7/18 È una giungla di cime nella coltura. Le cime sono a

circa due settimane dal raccolto.

7/18 L’area con lesione è colonizzata da una

muffa che ha assunto la struttura di uno strato

bianco simile al cotone. Viene tratta con Zero

Tolerance™ di Ed Rosenthal.

7/18 Una cima nascente. Presto entrerà

in un periodo di rapida crescita.

35PUNTO LEGALE

Dall’altro latoMentre davamo alle stampe lo scorso numero, la divisione nazionale del gruppo di hacktivisti Anonymous ha assestato un durissimo colpo alla polizia italiana. Nella notte tra il 21 e il 22 ottobre è scattata l’operazione AntisecIta in cui sono stati pubblicati online migliaia di KB di informazioni riservate, prelevate direttamente da quelli che avrebbero dovuto essere i blindatissimi server delle forze dell’ordine. di Giovanna Dark

Un gioco da ragazzi, a detta degli hac-

ktivisti, che ha fruttato una notevole

mole di materiale riguardante ad esem-

pio sistemi di intercettazioni, tabula-

ti, microspie di ultima generazione,

attività sotto copertura, e in generale

ha dato modo di capire il modus ope-

randi dei nostri “tutori della legge”.

Lasciando per una attimo da parte

sentenze e pronunciamenti di giudici

trinariciuti, in questo numero andremo

a dare uno sguardo dall’altro lato, per

cercare di capire in che modo agiscono

i reparti antidroga della polizia italiana

e soprattutto quali sono i limiti legali

della loro azione.

AGENTI INFILTRATI E AGENTI PROVOCATORI, DIVERSI MA UGUALMENTE IMPUNITI.

Se pensiamo di primo acchito ad una

figura operante in questo particolare

settore, quella del cosiddetto “agente

infiltrato” o “sotto copertura” è di certo

la prima a palesarsi. Da Donnie Brasco

al geniale Confessioni di una mente

pericolosa, Hollywood ha fornito un

potente immaginario (simpatetico con

“la legge” of course) sulle attività degli

agenti infiltrati ma per quanto riguar-

da la giurisprudenza del mondo reale,

questa figura professionale non è così

nettamente definita nei suoi diritti e

doveri e, almeno da quanto si evince

sui documenti prodotti dall’operazione

AntisecIta, sono gli stessi poliziotti a

non aver ben chiaro fino a che punto

possono spingersi. A partire dalla ter-

minologia.

Nelle prime battute del file Agente

provocatore.doc – che a occhio pare

una tesina di diritto con abbondante

copia-incolla – lo scrivente si interroga

proprio sulla definizione dell’agente: “l’

Ufficiale di polizia giudiziaria che, nel

pieno ossequio alle condizioni poste

dalla Legge, pone in essere attività di

investigazione sotto copertura. Egli è

da qualificarsi quale agente infiltrato

(c.d. “undercover”) ovvero è da definire

tout court come agente provocatore?”.

C’è infatti una differenza sostanziale tra

le due figure.

Il primo è qualificabile come colui che,

essendo inserito organicamente nelle

forze di polizia o collaborando formal-

mente con esse, si adegua – ovviamen-

te nell’ambito di un’attività investiga-

tiva ufficiale – a una condotta di mera

osservazione. Questo tipo di condotta

è però diretta ad intervenire in pre-

senza di sospetti riguardo un’attività

di preparazione e/o commissione di

uno o più reati. L’ agente “infiltrato” si

inserisce quindi in una o più attività

penalmente illecite col solo obbiettivo

di scoprire, ovvero denunciare o far

cogliere in flagranza i responsabili di

uno o più delitti, evitando però accura-

tamente di avere un ruolo attivo nella

commissione dei reati.

Al contrario, il cosiddetto “agente pro-

vocatore”, è colui che, pur trovando-

si nelle stesse condizioni oggettive e

soggettive che legittimano e rendono

penalmente lecite le attività dell’agen-

te “infiltrato”, si pone in modalità atti-

va rispetto al reato, ovvero partecipa

attivamente inducendo, ideando ed

eseguendo uno o più fatti penalmente

illeciti. Reati che dunque, senza l’ inter-

vento (determinante) del “provocato-

re”, non si sarebbero probabilmente

tradotti in atto. L’esempio più calzante

è di certo quello del finto acquirente

che chiede droga per strada ad uno

spacciatore, ma sappiamo che i nostri

poliziotti sono menti dalle mille risorse.

Se quindi la figura dell’agente “infil-

trato”, non pone particolari questioni

di legittimità sostanziale, il profilo del

“provocatore” costringe i teorici ed i

pratici del diritto ad imbarazzanti – e

talvolta esiziali – analisi che finiscono

puntualmente per infrangersi sugli sco-

gli della logica giuridica e della corretta

interpretazione della normativa vigen-

te. All’interno dell’incarico “sotto coper-

tura” il confine tra lecito è illecito è dav-

vero labilissimo e, a livello di cronaca,

sono stati molti gli episodi giudiziari

controversi che hanno coinvolto agenti

delle forze dell’ordine. Uno su tutti

quello riguardante l’imam di Milano

DA QUANTO SI EVINCE SUI DOCUMENTI PRODOTTI DALL’OPERAZIONE ANTISECITA, SONO GLI STESSI POLIZIOTTI A NON AVER BEN CHIARO FINO A CHE PUNTO POSSONO SPINGERSI.

36Abu Omar che, in nome della “war on

terror”, è stato estradato illegalmente

in Egitto grazie ad una commistione

illecita tra gli agenti del

SISMI e quelli

della CIA.

Come

per il

caso Abu Omar, il fine giustifica i mezzi

e anche per quanto riguarda la lotta al

narcotraffico (inteso nel senso giuridi-

camente più ampio) i legislatori e gli

avvocati si sono impegnati a sussumere

una serie di norme che estendesse-

ro i poteri degli agenti infiltrati allo

scopo di rendere incisive ed efficaci le

operazioni di contrasto. Difatti, la figu-

ra dell’agente sotto copertura risulta

essere il distillato di una travagliata

elaborazione giurisprudenziale che – al

solito in assenza di un dato normativo

specifico – ha inizialmente configura-

to la legittimità della condotta dell’in-

filtrato alla luce di un’interpretazione

estensiva dell’articolo 51 del codice

penale che esclude la responsabilità

penale di un agente nella misura in cui

viene ricollegata all’adempimento di

un dovere. A rafforzare questo primo

assunto si richiama poi spesso l’articolo

55 del c.p.p., che pone in capo alla poli-

zia giudiziaria l’obbligo di assicurare le

fonti di prova dei reati e di ricercarne

gli autori.

“Ben presto, però – continua l’autore

del file rubato alla polizia dagli hac-

ktivisti di Anonymous – ci si avvide

che la buona volontà dimostrata dalla

maggioritaria Giurisprudenza di legit-

timità e di merito in ordine alla com-

prensione delle esigenze investigative

determinate dall’emergere di fenomeni

criminali particolarmente complessi,

invasivi e perniciosi, quali quelli legati

al narcotraffico ed alle attività riciclag-

gio dei relativi proventi, non appariva

sufficiente ad assicurare all’operatore

undercover sufficienti spazi di cer-

tezza del diritto in ordine alla liceità

delle condotte investigative adottate”.

In pratica: c’era assolutamente biso-

gno di estendere i limiti della legge,

legittimando condotte che altrimenti

sarebbero state considerate criminali

e penalmente perseguibili. I legislatori

non si sono certo fatti pregare e dall’i-

nizio degli anni ‘90 hanno cominciato

ad approvare leggi e commi utili alla

causa che, almeno a livello formale, è

sempre stata quella politicamente cor-

retta della “lotta alla criminalità” intesa

nel senso più ampio e ammiccante.

Si tratta di strumenti individuati, indi-

scutibilmente sotto l’onda emergenzia-

le, per rafforzare l’azione di contrasto a

fenomeni criminali di quello che i media

di allora definivano strillando “perico-

loso allarme sociale” ( a onor del vero

spinte soprattutto in relazione alle Mafie

che in quegli anni si erano prodotte

nella celeberrima “stagione stragista”

). Questi strumenti, quindi, erano nati

al solo scopo di assicurare alla poli-

zia giudiziaria attribuzioni investigative

adeguate alla realtà dei fenomeni da

contrastare che non potevano rimanere

nella mera istigazione, ma dovevano

necessariamente incentivare attivamen-

te pratiche criminali, sottraendo così

la prassi ai rischi di un’azione penale

che, visti gli evidenti limiti legislativi,

avrebbe potuto tranquillamente con-

dannare l’agente infiltrato. Per assurdo,

pensiamo al caso in cui un agente sotto

copertura si trovasse a partecipare al

pestaggio di un povero disgraziato che

ha comperato una partita a credito e

non ha ancora potuto pagare. Le lesioni

non sono certo contemplate nell’attività

di agente provocatore, eppure, grazie a

questa estensione, l’agente in questione

non verrebbe minimamente sfiorato da

alcun provvedimento giudiziale, men

che meno a livello disciplinare.

Così l’ articolo 97 comma I del D.P.R. 9

ottobre 1990 n. 309 arrivava per con la

prima importante assoluzione, legitti-

mando all’effettuazione di attività illeci-

te sotto copertura tutti quegli “Ufficiali

di polizia giudiziaria addetti alle unità

specializzate antidroga che agiscano

in esecuzione di operazioni antidroga

disposte dalla Direzione centrale per i

servizi antidroga o – d’intesa con que-

sta – dal Questore, dal Comandante del

gruppo dei Carabinieri o della Guardia

di Finanza o dal Comandante del nucleo

di polizia tributaria, o dal direttore della

Direzione Investigativa Antimafia”. In

parole povere, nel momento in cui si

esegue un ordine superiore si viene

automaticamente esentati. Hannah

Arendt scrisse di questo fenomeno par-

lando dei nazisti di Hitler e lo etichettò

come “banalità del male”. Ma tant’è...

Sulla stessa linea, si va ad aggiungere

solo due anni dopo il disposto evincibile

dall’articolo 12 comma 4 del D.L. 8 giu-

gno 1992 n.306 convertito prontamente

con modificazione estensiva nella legge

356 del 7 aprile 1992, in cui si qualifica

chiaramente la liceità di tutte le attivi-

tà sotto copertura condotte da Ufficiali

di Polizia Giudiziaria della Direzione

Investigativa Antimafia e dei Servizi

Centrali ed Interprovinciali, comprese

ovviamente le Direzioni Antidroga. Una

specie di “tana libera tutti” in cui basta

avere la qualifica di infiltrato per essere

un cittadino immune alla legge. Ma tanto

si sa che, purtroppo, la nostra Dike (così

veniva venerata nell’antica Grecia la dea

bendata della Giustizia n.d.a.) di fronte a

determinate categorie è – come direbbe

in modo calzante il Ministro del Lavoro

Elsa Fornero – un tantino “choosy”.

Tanto nell’uno che nell’altro caso è

requisito imprescindibile per la legitti-

mità dell’attività condotta dall’infiltrato

il fatto che questi agisca non di propria

ed autonoma iniziativa, bensì nell’am-

bito ed in esecuzione di operazioni

di polizia specificamente disposte da

autorità superiori. Per capirci, l’ispettore

Coliandro dei Manetti bros. non può fare

quello che la sceneggiatura gli impone

pur di trombarsi (scusate il francesismo)

la gnocca della puntata. Con questa

disposizione si dovrebbe infatti, da un

lato evitare iniziative personali poten-

zialmente pericolose per l’incolumità

degli operatori, dall’altro comunque di

evitare episodi capaci di generare irre-

sistibili e pericolosi dubbi circa la legitti-

mità delle attività poste in essere.

In conclusione gli elementi comuni a

tali speciali giustificazioni escogitate

dai legislatori possono riassumersi:

a) nella possibilità di applicare tali scri-

minanti soltanto a coloro che appar-

tengono alle unità specializzate anti-

droga, antimafia o antiterrorismo;

b) nella necessità che l’attività sotto

copertura sia eseguita in esecuzione

di operazioni disposte da partico-

lari organismi di livello centrale o

provinciale (ma d’intesa con i primi)

preposti istituzionalmente al contra-

sto del fenomeno criminale che si

intende reprimere;

c) nella necessità che l’attività sotto

copertura sia svolta al solo fine di

acquisire elementi di prova in ordi-

ne ai delitti specificamente previsti

dalle norme autorizzatrici;

d) nella necessità che tale attività venga

svolta con il coinvolgimento dell’au-

torità giudiziaria sotto la forma della

necessità dell’informazione preven-

tiva o quantomeno dell’immediata

comunicazione al PM.

Eppure la Cassazione ha trovato spes-

so incongruenze e, ad esempio, con la

sentenza 6425 dell’11 aprile 1994 ha

stabilito che “fuori dalle ipotesi disci-

plinate dall’art. 97 D.P.R. 309/90, l’atti-

vità del cosiddetto agente provocatore

che, d’accordo con la polizia giudiziaria,

propone ad uno spacciatore e realizza

la compravendita di droga al fine di

farlo arrestare, è del tutto fuori dalla

sfera di operatività dell’art 51 del codice

penale, ossia dell’adempimento di un

dovere di polizia giudiziaria. Non può

infatti farsi discendere dall’obbligo della

polizia giudiziaria di ricercare le prove

dei reati e di assicurare i colpevoli alla

giustizia l’esclusione dell’agente provo-

catore di polizia giudiziaria, giacché è

adempimento di un dovere perseguire i

reati commessi, non già suscitare azioni

criminose al fine di arrestarne gli auto-

ri”. Negli stessi termini, la quarta sezio-

ne della Suprema Corte ha sottolinea-

to nella sentenza 669 del 31 dicembre

1998 che “… quando la condotta dell’a-

gente si inserisca nell’iter criminoso con

rilevanza causale, nel senso che l’evento

delittuoso sia conseguenza diretta della

sua condotta, non opera la causa di giu-

stificazione e l’agente è punibile a titolo

di concorso nel reato”.

Negli ultimi tempi, però, la dottrina giu-

risprudenziale si è mostrata molto più

sensibile alle istanze delle forze dell’or-

dine e, tranne rarissimi casi, ha scelto

di avvallare le pretese di legittimità che

mano a mano queste hanno avanzato

per scagionare l’operato dei propri agenti

sotto copertura. Così facendo, la magi-

stratura ha di fatto rinunciato all’assunto

secondo cui la legge vale per tutti e ha

deliberatamente statuito che la Polizia

può esulare il diritto se il fine è quello

di contrastare la criminalità. Chiamarlo

ossimoro è certamente riduttivo.

NEGLI ULTIMI TEMPI LA DOTTRINA GIURISPRUDENZIALE SI È MOSTRATA MOLTO PIÙ SENSIBILE ALLE ISTANZE DELLE FORZE DELL’ORDINE E HA SCELTO DI SCAGIONARE L’OPERATO DEGLI AGENTI SOTTO COPERTURA.

38 WORLD CANNABIS

INTERVISTA CON IL PROFESSOR PAOLO GONZAGA SUL RAPPORTO TRA CANNABIS, ISLAM E DEMOCRAZIA IN EGITTO di Enrico Fletzer

Marijuana egizianaSSIT: L’immaginario occidentale associa

da quasi mille anni l’omicidio politico e

la lussuria all’uso dell’hashish nel mondo

mussulmano. Ma che c’è di vero in quella

visione tramandataci fin dai tempi di

Napoleone riguardo all’Egitto e ai movi-

menti della primavera araba?

Paolo Gonzaga: Sicuramente nella storia

dei popoli arabi e islamici la diffusione

della cannabis é stato un fenomeno di

massa sin dall’antichità. Essenzialmente,

benché la pseudo-”letteratura” salafi-

ta lo neghi dogmaticamente, i popoli

musulmani vedendosi impediti dall’uso

e produzione di alcoolici a causa dei

dogmi della religione islamica, invece di

vedere l’alcool affermarsi come sostanza

di socialità e socializzazione, vide la can-

nabis, la cui proibizione non era scritta da

nessuna parte. Tra i primi oggetti ritrovati

dei primi pellegrini verso la Mecca risal-

tano numerosi narghilé che si esclude

fossero usati per il tabacco.

Ma le cronache storiche stesse ce lo rac-

contano, anche attraverso le opposizio-

ni all’uso così diffuso della cannabis: il

capostipite degli integralisti salafiti, Ibn

Taymiyya (1263-1328) vedeva nella can-

nabis l’albero di Zaqqum che dall’islam

più integralista viene descritto come un

albero dell’inferno riservato ai condan-

nati costretti a bere il succo delle sue

capsule a forma di testa di Satana, che

poi si trasforma in fuoco nelle pance di

questi “peccatori”.

Non che la religione islamica sia così, i sufi

ad esempio avevano la visione contraria.

I sufi sono definiti i “mistici” dell’islam,

ma dobbiamo considerare anche che

l’islam più popolare, che prevale nella

società egiziana é quello sufi, anche se

meno rumoroso, ed i sufi hanno sempre

visto con favore la cannabis, perlomeno

una buona parte di loro. I sufi tendono a

leggere il Corano non in modo letterale

ma metaforico, e storicamente vivevano

in eremi e aree isolate. Spesso la cannabis

era per loro uno dei pochi svaghi oppu-

re uno strumento di concentrazione e

ulteriore percezione di avvicinamento

a Dio. Ci sono state tariqa, confraternite

sufi, che sono arrivate ad “adorare” la

cannabis, come quella famosa di Haydar,

spesso riportata in vari testi.

Ma per trovare i consumatori di oggi

bisogna uscire dal campo del religioso,

infatti purtroppo a livello religioso, all’in-

terno di società che stanno vivendo un

passaggio alla post-modernità che le sta

stravolgendo e che vivono il fenomeno

del ritorno forte dell’integralismo isla-

mico, i condizionamenti in questo senso

si fanno sentire, soprattutto in termini

legislativi, dove i dittatori arabi (Mubarak

per primo) – in ossequio al padrone

Usa e spesso anche cercando di creare

consenso soddisfacendo le richieste dei

gruppi dell’islam politico – hanno creato

un apparato proibizionista tanto repres-

sivo quanto arbitrario per cui un povero,

rischia degli anni di prigione anche per

una canna, un ricco, chi conosce qual-

cuno e/o può pagare, risolve invece in

breve la faccenda.

Infatti a livello legislativo le pene sono

assolutamente sproporzionate, quasi

ridicole se non fossero così drammati-

che, in paesi dove tutti consumano can-

nabis le galere sono letteralmente piene

di consumatori, sempre poveri, a volte

con condanne di oltre un decennio di

carcere per pochi “pacchetti” di erba, o

un paio di grammi d’hashish. Ovunque

nel mondo arabo, ci sono anche stranie-

ri condannati per varie sventure e coin-

cidenze che possono accadere: oltre ad

essere stati arrestati, non hanno avuto

la fortuna di avere una rete consola-

re pronta, oppure non hanno avuto la

possibilità di mettersi in contatto prima,

ma non sono riusciti a fermare l’ingra-

naggio burocratico prima che partisse

e ne sono rimasti schiacciati dentro. I

nuovi governi arabi nei paesi come la

Tunisia e l’Egitto non hanno certo avuto

invece ancora il modo certo di riflet-

tere sulla questione, c’è da scommet-

tere che non ci saranno miglioramenti

legislativi a breve dato che le forze che

hanno assunto il potere, i vari Fratelli

Musulmani, sono portatori di visioni

assai conservatrici, e che si battono per

l’applicazione della shariah islamica.

Ma come tutto in Medio-Oriente e Nord

Africa, ed in Egitto che ne é il paradigma

accade più che mai, le contraddizioni

fanno parte della realtà. In paesi come

l’Egitto la costituzione materiale é sem-

pre stata molto più forte e prevalen-

te rispetto a quella formale (benché al

momento in Egitto non ci sia nemmeno

una Costituzione formale). E in realtà

come il Cairo, con circa 24 milioni di abi-

tanti – ma non si sa con esattezza perché

le autorità non sono mai riuscite a capirlo

– o Alessandria, altra metropoli, nemme-

no un controllo poliziesco capillare come

quello messo su da Mubarak poteva fer-

mare una tale radicata abitudine.

Gli egiziani sono sempre stati dei grandi

“cannabisti” in realtà, il presidente Sadat

era amatissimo da molti, non per le sue

virtù politiche, che alle masse in realtà

rimasero più che sconosciute, ma per

il suo fumare la pipa con l’hashish in

continuazione. AI tempi di Sadat ci fu

anche il periodo descritto da tutti gli

anziani egiziani, come il periodo migliore

per i consumatori di cannabis. Girava

molto hashish nella sua era, d’altronde

Sadat aveva fatto soprattutto la politica

“di apertura” agli investimenti stranieri,

dopo il regime simil-socialista nasseria-

no, e la nuova classe imprenditoriale che

si andava creando era spesso legata ai

futuwwa di quartiere, piccoli ras delle

zone popolari, una sorta di mafia che

si imponeva a colpi di forza nelle aree

popolari e che tendeva ad esercitare

anche la “giustizia” in zone dove que-

sta non arrivava e che sempre di più si

legava a politici in ascesa, business-men

improvvisati, avventurieri, che nell’”aper-

tura di Sadat vedevano l’occasione della

loro vita. In quegli anni le importazioni

illegali -ovviamente- di hashish libanese

subirono un’impennata.

La politica del governo egiziano, ad

eccezione di qualche “raid” spettacola-

re ai danni di vittime prescelte, rimase

tale anche dopo la morte di Sadat, con

Mubarak che lo sostituì. Fino ai primi

anni ‘90 al Cairo era possibile acquistare

hashish (e oppio) per la strada, in una

zona molto famosa e su cui si fece più di

un film di grande successo, Al Bataniyya

(L’ “interna” o anche la “coperta” in dia-

letto egiziano) dove, come nei vicoli di

Napoli, c’erano le signore che con bilan-

cini e tavolini vendevano i loro psicotropi

prodotti, e nei casi di retata poliziesca un

collaudato sistema di sentinelle le avvia-

va dell’arrivo della Polizia così che i ma’al-

limin così venivano chiamati i capi della

futuwwa , girassero i tavoli e spostassero

tutto. Fino alla fine degli anni ‘80, quindi

ancora i consumatori egiziani godevano

di un clima di tolleranza.

I grossi problemi arrivarono quando

Mubarak firmò agli inizi degli anni ‘90 i

piani di aggiustamento strutturale con

il FMI, gli Usa, e la grande finanza inter-

nazionale, che decisero di far diventare

l’Egitto un vero e proprio laboratorio

del neo-liberismo. Aggiungo solo che in

breve tempo Mubarak riuscì a privatiz-

zare tutto ciò che era rimasto di statale

in Egitto, qualcosa come oltre 300 com-

pagnie statali, mentre eseguiva total-

mente gli ordini in arrivo da Washington.

Purtroppo le “war on drugs”, le muscolari

quanto dannose “guerre alla droga” di

impronta reaganiana ebbero un effet-

to immediato e sempre peggiorativo

della situazione. Quello che accadde di

importante in questi anni fu che a causa

della dura repressione nel trasporto di

hashish, i prezzi aumentarono notevol-

mente, inducendo gli egiziani a riscoprire

la marijuana che producono da sempre i

beduini del Sinai.

Il Sinai essendo zona “a sovranità limitata”

per via degli accordi di Camp David, e che

vede crescere quel turismo di massa fino

ad allora sconosciuto, con nuove esigenze

da soddisfare, diventa il granaio dei “can-

nabisti” egiziani. Infatti oltre ad alcune

“cittadine liberate”, come Dahab e altri pic-

coli insediamenti sopra Sharm el Sheykh,

(oggi ovviamente i controlli sono molto

maggiori, anche se Dahab mantiene la

GLI EGIZIANI SONO SEMPRE STATI DEI GRANDI CANNABISTI: IL PRESIDENTE SADAT ERA AMATISSIMO DA MOLTI, NON PER LE SUE VIRTÙ POLITICHE MA PER IL SUO FUMARE LA PIPA CON L’HASHISH

39

sua impronta freak e libertaria) esistono

soprattutto alcune oasi-coltivazioni dove

nessuno osa avventurarsi, conoscendo

anche l’abitudine al fucile dei beduini e le

loro abilità guerriere unite ad una cono-

scenza perfetta del territorio. E se ancora

non hanno imparato a fare l’hashish, quel-

lo presente infatti é tornato ad arrivare dal

Libano e dal solito Marocco, gli egiziani si

sono però abituati a fumare nuovamente

la marijuana che il comandante in capo

di Napoleone Jacques-François Menou

aveva così duramente condannato.

Ma tornando alla contemporaneità,

gli effetti delle politiche neoliberiste e

dell’autoritarismo portarono alla rottura

rivoluzionaria del 25 Gennaio 2011, che

non é una sorpresa, ma il frutto di una

controcultura che ha preso vita in Egitto

diffondendosi a macchia d’olio: dai primi

movimenti heavy metal e la dura repres-

sione subita con l’accusa di “adorazione di

Satana” in cui l’elemento del consumo di

sostanze ebbe un grosso effetto, cannabis

e lsd, arrivando ai primi rave parties, dove

la cannabis e le altre sostanze chimiche

vedono una diffusione da zona liberata,

passando per i quartieri popolari dove il

bango, la marijuana egiziana, é fumato

in ogni dove, spesso in caffetterie che

mettono a disposizione narghilé o ghorza

(sorta di pipa ad acqua con cui si fuma

esclusivamente cannabis) e le cariche da

fumare, e dove la tradizione si fonde con

la modernità, dove anziani e giovani si

ritrovano a fumare insieme. Ma soprattut-

to la rivoluzione del 25 Gennaio 2011 ha

portato un cambiamento tale di mentalità

che la cannabis ora é finalmente diventata

una sostanza normale, usata in prevalenza

senz’altro da alcune particolari fasce della

popolazione (giovani, intellettuali, artisti,

ambienti vicini al turismo o agli stranieri).

SSIT: L’ Egitto per molti anni pareva essere

la principale, se non unica, officina di

produzione culturale del mondo arabo.

È ancora così? E che dire delle forme di

aggregazione politiche e culturali dei

giovani egiziani di oggi? Di movimenti

come il rap ed altre espressioni musicali

in cui la cannabis pare essere un elemen-

to essenziale?

Paolo Gonzaga: Senz’altro anche in Egitto

é arrivato prepotentemente il movimen-

to rap che fa della cannabis uno dei suoi

simboli. Il rap é arrivato anche nel modo

di vestire e si confà perfettamente con la

natura egiziana e le abitudini di questo

popolo amante della poesia, che ritma

in metrica qualsiasi discorso trasforman-

dolo spontaneamente in una sorta di rap

poetico. Come dicevo si sta diffondendo

quindi il consumo giovanile, i ragazzi e

le ragazze egiziane stanno cominciando

anche ad avere coscienza di cosa é la

cannabis che per troppi anni é stata

consumata in modo molto superficiale,

senza una vera conoscenza della pianta,

persa nella memoria degli anziani.

Moltissimi giovani addirittura non aveva-

no idea non solo delle proprietà mediche

della pianta, ma quando consumavano il

bango, la marijuana locale, pensavano di

avere a che fare con una pianta simile alla

marijuana, ma differente e senza la mini-

ma cognizione della storia della pianta

della cannabis e dei suoi mille usi. Giovani

incapaci di immaginare una società dove

la cannabis non fosse proibita, complice

anche la martellante propaganda religio-

sa, che seguendo l’agenda governativa,

per anni é andata avanti criminalizzan-

do la pianta della canapa. Ma le decine

di controculture che stano nascendo e

affermandosi nel fervore rivoluzionario

e creatore che si vive in particolare al

Cairo, la maggiore possibilità di viaggi

per tutti e quindi la contaminazione dei

costumi, come hanno portato la musica

rap e prima il reggae, hanno contribuito

a diffondere una nuova consapevolez-

za rispetto alla gestione delle sostanze

nella quotidianità tra momenti di socia-

lizzazione, di divertimento e di impegno

sociale-politico.

Se posso permettermi un’ultima digres-

sione devo dire che mi colpisce come

manchino strutture per i consumatori da

sostanze pesanti, non esiste il concetto

di riduzione del danno, e i farmaci sosti-

tutivi non sanno nemmeno cosa siano,

con una filosofia basata su astinenza e

preghiere. La situazione delle carceri é

disumana, un metro quadro a testa e

celle da 80 persone. La situazione è certa-

mente meritevole di una forte denuncia

e iniziativa diplomatica.

LA RIVOLUZIONE DEL 25 GENNAIO 2011 HA PORTATO UN CAMBIAMENTO TALE DI MENTALITÀ CHE LA CANNABIS ORA É FINALMENTE DIVENTATA UNA SOSTANZA NORMALE

40 MEDICAL CANNABIS

TUTTI I FARMACI A BASE DI CANNABIS PRESENTI SUL MERCATO E IMPORTABILI IN ITALIA

In sintesi di Davide Calabria

Fin dal 1941, la sintesi di cannabinoi-

di in laboratorio è stata portata avanti

da un gruppo di ricercatori condotti da

Roger Adams (1889-1971), direttore del

Dipartimento di Chimica dell’Università

dell’Illinois (USA), che lavorò molto per

determinare la composizione vegetale di

sostanze molto complesse come gli oli e

gli alcaloidi.

Successivamente, questo tipo di ricerca è

stata svolta dal Raphael Mechoulam, isra-

eliano, professore alla Hebrew University

di Gerusalemme (Israele). Mechoulam

è famoso al Mondo per il suo lavo-

ro sull’isolamento e la sintesi del THC

(Δ9-tetrahydrocannabinol), il principale

composto della cannabis.

Nel 1992 Mechoulam, affiancato dai suoi

studenti, ha pure identificato e isolato l’a-

nandamide (dal sanscrito indiano, Stato

di grazia), il cannabinoide endogeno

prodotto dal cervello e il 2-arachidonoyl

glycerol (2-AG), un altro endocannabi-

noide generato dagli organi periferici

(reni, cuore, polmoni e milza), in grado di

legarsi ai recettori dei cannabinoidi CB,

esattamente come la cannabis.

Inizialmente la sintesi dei cannabinoidi era

basata sulla struttura di quelli provenienti

dall’erba, che han permesso di produrre

e testare un gran numero d’analoghi. I

nuovi composti, invece, in diversi casi, non

sono basati sui cannabinoidi naturali e

possono essere costruiti anche partendo

dalla struttura dei cannabinoidi endogeni.

I cannabinoidi sintetici sono molto vali-

di per gli esperimenti scientifici perché

permettono di determinare la relazione

tra struttura e attività dei cannabinoi-

di, con la possibilità d’incrementare le

modifiche alle molecole. Tra quelli utiliz-

zati in questo impiego troviamo il JWH-

018, l’ingrediente anche delle cosiddette

“spice”, l’ HU-210 e HU-331, il primo fino

a 100 volte più potente del THC, mentre

il secondo è un potenziale strumento

anticancro derivato dal cannabinoide

CBD (cannabidiolo), generalmente ben

presente nelle varietà di cannabis Indica

asiatiche. Il CP-55940 è stato invece otte-

nuto nel 1974 ed è un cannabinoide

sintetico agonista dei recettori di can-

nabinoidi CB, maggiormente presente

nel cervello, molto più potente del THC.

Esiste poi il SR144528 e il il JWH-133,

agonisti dei recettore CB2, maggiormen-

te presente nel sistema immunitario, e

il WIN 55-212-2 e il AM-2201, altri due

potenti agonisti dei recettori CB. Per

finire, il Levonantradol (Nantrodolum) è

un analgesico e antiemetico, ma non è

attualmente in uso nella medicina.

Tra i farmaci più importanti, contenen-

ti cannabinoidi naturali, sintetici o ana-

loghi, troviamo, invece, il Dronabinol

(Marinol), il Nabilone (Cesamet), Sativex

e Rimonabant (SR141716).

Il Dronabinol è una variante sintetica

del THC registrato come farmaco fin

dal 1985, l’unico contenente cannabi-

noidi approvato dalla Food and Drug

Administration americana, l’agenzia per

gli alimenti e i medicinali. Prodotto dalla

Unimed Pharmaceuticals Inc., è com-

mercializzato in America con il nome di

Marinol e in Europa come Dronabinol.

Per una sorta d’allergia cattolico-mafiosa

ai cannabinoidi non è ovviamente in ven-

dita in Italia, ma può però essere importa-

to con la procedura prevista dal Decreto

Ministeriale 11-2-1997. Il Dronabilon è

impiegato nella cura della nausea e del

vomito derivati dalla chemioterpia anti-

tumorale e per lo stimolo dell’appeti-

to nella sindrome da deperimento da

AIDS. La commercializzazione avviene

in compresse per l’assunzione orale e, in

America, il Dronabinol è classificato nella

Tabella 3, assieme a tutte le sostanze con

valore medico ma con un rischio poten-

ziale d’abuso ed è in grado di generare

una moderata-bassa dipendenza.

Il Nabilone, ancora, è un farmaco canna-

binoide sintetico, analogo al Dronabinol,

ma classificato in America nella Tabella 2,

con le sostanze con valore medico, ma in

grado di generare abuso e dipendenza

fisica e psicologica. E’ un farmaco regi-

strato con il nome di Cesamet e, come

il Dronabinol è importabile in Italia e

prescritto per la nausea e il vomito in

chemioterapia.

Negli Stati uniti, questi due medicamen-

ti fan sorgere il paradosso della classi-

ficazione della cannabis naturale nella

Tabella 1, con tutte le droghe e le sostan-

ze per le quali attualmente non ci sono

usi medici accettati.

Il Sativex, invece, è un spray orale, sublin-

guale, contenete due cannabinoidi, il

THC e il CBD , in pari dosaggio, con rateo

1:1. E’ utilizzato nel dolore neuropatico

e tumorale, per gli spasmi della sclerosi

multipla ed è commercializzato in più

di 20 nazioni, tra cui Inghilterra, Canada,

Spagna, non ancora in Italia, ma può

essere a sua volta importato.

E’ prodotta dalla GW Pharmaceuticals

come estratto standardizzato dalla pian-

ta di cannabis e diversi studi hanno dimo-

strato la sua efficacia anche nella cura

dell’artrite reumatoide. In questo caso, è

in grado di bloccare la progressione della

malattia, di diminuire la percezione del

dolore e migliorare la qualità del sonno,

senza il riscontro di casi d’abuso.

A differenza dei cittadini inglesi, la GW

può coltivare cannabis e nel team dei

ricercatori che hanno selezionato le pian-

te per l’estrazione del Sativex era presen-

te anche il breeder italo-svizzero Fabio

Wifi Santacroce.

Il Rimonabant è invece un farmaco

analogo ai cannabinoidi, nel senso che

in qualche modo ne imita l’azione: è

in grado di bloccare il recettore CB ed

era impiegato stupidamente nella cura

dell’obesità. Avevano pensato, visto che

la marijuana attiva i recettori CB e provo-

ca appetito, se noi blocchiamo i recettori,

alle persone non viene fame e possono

dimagrire. Peccato che la marijuana, tra-

mite l’attivazione del recettore CB, porta

anche al buon umore e alla regolazione

del ritmo sonno-veglia. Le persone in

cura con questo medicinale sperimenta-

vano, infatti, anche depressione, insonnia

e ci sono stati dei casi di suicidio, fino al

ritiro del farmaco dal mercato.

Eppure certi tipi d’hashish provenienti

dal Nepal e dall’Afganistan, così come

le piante dello Zambia e del Sud Africa,

sono ricche del cannabinoide THCV, un

ottimo anoressico, prezioso nelle diete

per perdere peso. Purtroppo, però, se la

cannabis fosse liberamente e responsa-

bilmente commercializzata, non ci gua-

dagnerebbero le case farmaceutiche, ma

i contadini delle montagne asiatiche o

dell’Africa, che probabilmente uscirebbe-

ro dalla miseria nel giro di poco tempo,

vista la mole dei clienti generata quest’e-

ra proibizionista.

Di questi farmaci di sintesi il più efficace

sembra essere il Sativex, perché contiene

2 cannabinoidi, il THC e il CBD, e non solo

il THC come nel caso del Marinol e

Cesamet. Nel Sativex, poi, i due canna-

binoidi sono ottenuti direttamente dalla

piante di marijuana, risultando più equi-

librati e naturali nei loro effetti.

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Grow-Head

42 INTERVIEW

Grower a domicilio di Giovanna Dark

La copertina dello scorso numero era dedicata alla notizia dei sempre più numerosi italiani che decidono di produrre in autonomia la pro-pria cannabis. Questa intervista aveva l’iniziale intenzione inquad-rare il fenomeno partendo da un semplice e anonimo grower ma ben presto la conversazione ha preso un’altra strada.

Sono andata a incontrare questo grower

trentaquattrenne fondamentalmente

perché si faceva un gran bel parlare

delle sue abilità botaniche. Sapevo che

non era propriamente uno spacciatore

ma, come per il ragazzo intervistato

sullo scorso numero, ero interessata a

raccontare sulla normalità e la natura-

lezza di un’attività socialmente e legal-

mente stigmatizzata. Quasi subito però

mi sono imbattuta in una storia, a mio

modestissimo parere, singolare e allo

stesso tempo interessante. T., laureato in

biologia e un lavoro precario come tutti

noi degli anni Zero, ha scelto di sfidare

le sue (giustissime) paranoie in materia

di sicurezza e di curare 10 piantine in

una casa non sua, per aiutare un amico

che voleva imparare.

Da almeno una decina d’anni a questa

parte T. si è dedicato alla coltivazione di

cannabis perché convinto che la soddi-

sfazione di fumare il proprio prodotto sia

impagabile. Vuoi l’esperienza, vuoi che

tra amici le voci girano sempre e comun-

que, più di una persona ha chiesto a T. di

mettere a disposizione le proprie compe-

tenze sulla coltivazione di marijuana e di

approntare semplici grow rooms o addi-

rittura vere e proprie piantagioni. Com’è

ovvio la legge Fini-Giovanardi è stata

un ottimo deterrente alla lusinga del

guadagno facile e questo coscienzioso

grower ha sempre declinato cortesemen-

te le offerte. Tranne una volta. Quello che

segue è il racconto di come è stato pos-

sibile, anche se per una volta soltanto,

diventare un grower “a domicilio”. Enjoy.

SSIT: Per te il growing è un semplice

hobby o una vera e propria passione?

La fissazione di coltivare ce l’ho da

parecchio tempo però è sempre molto

difficile – o almeno per me lo è stato –

trovare una situazione in cui te lo puoi

permettere senza fare minchiate tipo

farsi beccare che la fai all’aperto, oppure

mettersi in situazioni pericolose.

SSIT: Quando dici situazioni perico-

lose ti riferisci a luoghi o a persone?

Parlo a livello di scelta del posto ma

anche di frequentazioni. Nel senso che

mi è già capitato di parlare con gente

che non ha esperienza e che quindi mi

chiede di coltivare per loro.

SSIT: Quindi vuoi dirmi che hai addi-

rittura avuto proposte di lavoro come

grower a domicilio?

Si, mi è capitato. È gente che magari

non ha esperienza. Gente a cui manca-

no le lampade o addirittura non ha la

minima idea di cosa serva per metter

in piedi una coltivazione. Spesso capita

di sentire persone che ti dicono: « La

fai a casa mia, tu ci metti l’attrezzatura,

io la corrente e si fa la cosa ». Per me

la difficoltà principale del farlo a casa

d’altri è che non sei sicuro che questa

persona non lo dica a nessuno, però

alla fine l’ho fatto una sola volta in una

situazione che ho valutato come abba-

stanza sicura.

SSIT: Mi sfugge un particolare: alla

fine del raccolto come avete fatto?

Avete diviso il prodotto o tu hai avuto

uno stipendio tipo giardiniere pri-

vato?

Non si sapeva come fare la cosa e alla

fine abbiamo deciso di tagliare la testa

al toro e fare il classico “fifty-fifty”. Anche

se in realtà magari io, stando dietro alle

piante, ero quello che rischiava di più.

Sai, ad andare in casa d’altri puoi solle-

vare sospetti: i vicini – che non si fanno

mai i cazzi loro – che vedono uno che

entra ed esce di casa ogni due giorni

anche se l’altro non c’è... Son tutte cose

da tenere in considerazione. In fondo,

se non hai la sicurezza che nessun altro

all’infuori di te e del tizio in questione lo

sa, è sempre meglio non farlo.

SSIT: Quindi il discrimine per te, se

coltivare o meno, in fondo è una que-

stione di sicurezza?

Si perché finire nei casini per aver col-

tivato dell’erba non è una gran mossa.

Ti massacrano. O stai facendo una roba

che dici “ok me la rischio ma se mi va

bene faccio dei gran soldi”, altrimenti

secondo me non ha molto senso. Se

devo coltivare per vendere dei 10 euro

o dei 10 grammi al massimo, il gioco

non vale di certo la candela. Anche

perché, ripeto, per me la sicurezza è un

problema. Se ho gente che viene conti-

nuamente in casa e in più coltivo è un

suicidio. Tu devi sapere sempre chi entra

e chi non entra...

SSIT: Perdonami, ma coltivando a

casa di un altro mi pare che di rischi

ce ne siano eccome!

Ti posso solo dire che con la persona

con cui l’ho fatto ero sicuro al 100%

che non ci sarebbero stati questo tipo

di problemi. Perché per esempio se già

uno ha la ragazza e questa lo sa, poi

lo vengono automaticamente a sapere

anche le amiche e via discorrendo...no!

Questa era una situazione in cui avevo

valutato che si poteva fare e mi sono

buttato.

SSIT: Raccontaci un po’ com’è andata.

Partendo dalle base: quante piante

hai deciso di coltivare? Di che tipo

erano?

Allora erano 10 semi femminizzati con

un lampada da 600 watt. In una soffit-

ta. L’odore è stato il primo problema

perché nonostante io avessi preparato

accuratamente tutti i filtri, gli estrattori

e le ventole per il ricircolo dell’aria, c’era

il grosso problema di contenere il rumo-

re. Non riuscivo a isolarla abbastanza

come rumore. Quindi ovviamente di

notte non riuscivo a far girare le ventole

e quando è arrivato il momento della

fioritura, l’odore era diventato pazzesco.

Alla fine l’abbiamo risolta chiudendo un

occhio per un paio di settimane e incro-

ciando le dita

SSIT: Che varietà avevi deciso di spe-

rimentare? E come hai gestito la colti-

vazione in soffitta?

Cinque Super Skunk della Sensi Seeds

e – non vorrei ricordare male – altre

cinque Jorge Diamonds #1 di Dutch

Passion. Tutte germinate e tutte arrivate

felicemente a fioritura. Ho lavorato con

una lampada da 600 watt per una super-

ficie che in tutto era di 2 metri di quadri,

forse anche 3, e le piante ci sono state

giuste giuste.

Come ti dicevo il luogo che avevamo

scelto era una soffitta ma questa ha un

grosso problema: se non è ben isolata

è un casino per la temperatura. Era già

nei patti di fare una botta e via e quindi

decidemmo in comune di prenderci tre

mesi scegliendo tra quelli che teorica-

mente ci avrebbero dato meno proble-

mi in termini di temperatura. Abbiamo

quindi dovuto spostare semina e ger-

minazione dei semi verso fine estate:

erano i primi di settembre, e già allora

nella soffitta si sfioravano i 30°.

Poco dopo però si è presentato il pro-

blema opposto, ovvero quello che

essendo in una soffitta senza impian-

to di riscaldamento, la stanza potesse

diventare troppo fredda. Alla fine abbia-

mo risolto con una stufetta elettrica

termostatata, di quelle a ventola, che in

realtà abbiamo usato veramente poco.

Contavamo di arrivare a fine novembre

ma forse per la troppa escursione alla

fine ci ha messo quasi quattro mesi.

Però le piante si sono anche comporta-

te bene. Crescevano poco, maturavano

lentamente ma il prodotto finale non è

stato affatto male.

SSIT: Per la cura delle piantine ti sei

orientato sul biologico o hai ceduto

anche tu alla magia della chimica?

No, ho sempre e solo seguito la natura.

Ovvio i fertilizzanti li ho comperati in un

grow shop ma sempre e rigorosamente

biologici. A base di melasse, guano e

cose così. Nessun pesticida, nessun fer-

tilizzante chimico.

SSIT: Arrivato al momento del raccol-

to, quanto ti hanno fruttato in defini-

tiva 10 piantine?

Sui 270-280 grammi in totale. Che

magari non è una grossa quantità però

per le condizioni in cui sono cresciute

è stato un buon risultato secondo me.

Le piante sono state sempre sanissime,

non hanno avuto mezzo problema né

di muffe né di acari e la cosa mi ha sor-

preso parecchio. La soffitta era sporchis-

sima e anche se ci eravamo fatti il culo

per ripulirla era comunque una soffitta

disabitata...

SSIT: Non so perché, ma io una soffitta

la immagino sempre coi topi. Anche

tu hai avuto ospiti indesiderati?

Effettivamente i topi in quella soffitta

c’erano ma fortunatamente ce le hanno

LA DIFFICOLTÀ PRINCIPALE DEL FARLO A CASA D’ALTRI È CHE NON SEI SICURO CHE QUESTA PERSONA NON LO DICA A NESSUNO

43lasciate stare. Abbiamo messo le trappo-

le e ne abbiamo presi eh, ma con sorpre-

sa ci hanno lasciato stare le piante!

SSIT: Arrivato alla prova del gusto, il

prodotto finale è stato di tuo gradi-

mento?

Sono rimasti soddisfattissimi tutti, io per

primo anche perché, come ti ho detto,

per come era cresciuta tra mille sbalzi di

temperatura, non avevo assolutamente

grosse aspettative.

SSIT: In che modo hai deciso di gestire

la concia?

Quando abbiamo fatto la pesata iniziale

erano più di tre etti, per l’essiccazione

sono rimasto sempre nella stessa soffitta,

accendendo le ventole ogni tanto e fine.

Le lasciavo lì al buio, ferme.

SSIT: E per conservarla invece? Anche

tu hai optato per la conservazione

sotto vetro?

Io l’ho fatta seccare per 15 giorni e poi

l’ho messa in vaso. Ogni giorni aprivo per

cinque minuti in modo da far prendere

un po’ d’aria e poi richiudevo. Ho smesso

solo quando ho visto che le cime si sbri-

ciolavano bene in mano, che ti lasciavano

magari un po’ di appiccicoso ma non

umido. Certo un po’ di peso l’ha sempre

continuato a perdere e alla fine si è arri-

vati ai 270-280 grammi che ti dicevo.

SSIT: In questo momento hai qualche

coltivazione in ballo?

In questo momento no perché non ho

le garanzie di sicurezza che ti dicevo

prima ma, se ne avessi la possibilità, lo

farei sempre.

SSIT: Se ne avessi la possibilità come

ti comporteresti? Mi spiego: coltive-

resti in nome dell’autarchia o per farci

su anche qualche soldo?

Beh ovviamente la coltiverei soprattutto

per darla via! Di ‘sti tempi tirare su qualche

euro in più non fa certo male e poi curare le

piante è un vero e proprio lavoro, non vedo

cosa ci sarebbe di male a guadagnarci.

SSIT: Faccio l’avvocato del diavolo e

in modo subdolo ti chiedo: cosa pensi

riusciresti a guadagnare da una pro-

duzione a ciclo continuo?

Eh, è un calcolo che ho provato a fare

anch’io diverse volte ma non sono mai

riuscito a venirne a capo, perché non ho

idea di quale quantitativo aspettarmi da

un raccolto. Se coltivassi a ciclo continuo

– quindi facendo talee e non avendo ogni

tre o quattro mesi la spesa fissa per i semi

femminizzati – e avendo raccolti molto

più ravvicinati, tipo ogni due mesi usando

autofiorenti, dovrei calcolare che qui 270

grammi li avrei ogni due mesi. Facendo

poi un’impianto in continuo mi metterei in

condizioni molto migliori di quelle avevo

nella soffitta, quindi penso che la resa la

potrei aumentare notevolmente. Il mio

sogno sarebbe quello di riuscire a fare un

grammo con un watt ma non so se sia una

resa umanamente possibile...

SSIT: Allora ti auguriamo di diventare

il Water White (chi non avesse anco-

ra visto la serie Breaking Bad, faccia

ammenda e rimedi immediatamente!

n.d.a.) della marijuana e se dovessi

avere bisogno di qualche dritta, sca-

rica le edizioni di Soft Secrets dal sito

www.cannabis.info/IT/softsecrets.

Grazie della chiaccherata.

IL MIO SOGNO SAREBBE QUELLO DI RIUSCIRE A FARE UN GRAMMO CON UN WATT MA NON SO SE SIA UNA RESA UMANAMENTE POSSIBILE

44 GROWING

Cotto e mangiato per vegetariani di CBG

La nutrizione delle piante è uno degli

argomenti più interessanti in campo

agrario. Da ciò che “mangiano” le pian-

te dipende la loro velocità di sviluppo

ed il tipo di metabolismo. Gli anima-

li digeriscono scomponendo molecole

grosse nei loro costituenti più semplici e

quindi meglio assorbibili, ugualmente le

piante hanno bisogno di sostanze dige-

rite (digerite nel senso di semplificate)

per meglio poterle assorbire e traslare

dove necessario. Noi animali possiamo

masticare e digerire prima di assorbire, le

piante hanno bisogno di una pedofauna

in grado di rendere assimilabili i nutrienti

da parte dei peli radicali. Da qui viene il

vecchio detto contadino “non si nutre le

piante ma si nutre il terreno”. Esattamente

così si deve credere nella coltivazione. A

meno che non si stia coltivando fuori-

suolo, dove tra l’altro è deducibilmente

obbligatorio, é sconsigliato l’utilizzo di

fertilizzanti di pronta assimilazione per

evitare fenomeni di impoverimento e

sterilità del terreno.

Gli elementi necessari alla crescita dei

vegetali sono azoto, fosforo, potassio, cal-

cio, magnesio e zolfo. I primi tre sono

fondamentali in grande quantità ed è per

questo che sono riportati in etichetta su

ogni fertilizzante e concime disponibile in

commercio. Per convenzione sono ripor-

tate le percentuali in cui sono presenti: per

esempio 2-15-2 , che è il titolo di un guano

molto famoso di pipistrello, significa che

contiene il 2% di azoto, il 15% di fosforo

ed il 2% di potassio. I piani di concima-

zione redatti generalmente sono mirati

all’apporto prevalente di questi tre ele-

menti perché il terreno non ne abbonda

rispetto al fabbisogno di qualsiasi coltura

produttiva e darebbe sicuramente caren-

ze, fonte di improduttività.

L’azoto ha la funzione di accrescere i

vegetali: una pianta ricca di azoto pre-

senta ampia superficie fogliare, steli

turgidi con lunghi internodi grazie alla

sintesi proteica efficiente e un colore

verde scuro, segnale di abbondanza di

clorofilla nei tessuti. Al contrario una

carenza di azoto determinerebbe un

ritardo nell’accrescimento dovuto al suo

ruolo nella sintesi di amminoacidi, i mat-

toncini delle proteine, e una generale

pigrizia della pianta con maturazioni

più precoci e scarsa produzione. Sulle

piante si assisterebbe all’ingiallimento

delle foglie, a partire dalle più vecchie

andrebbero incontro a clorosi per man-

canza di clorofilla. Le foglie più giovani

sarebbero le ultime ad ingiallire perciò.

Il fosforo è un elemento molto interes-

sante per i vegetali in quanto fa parte di

numerosi composti importantissimi. Il

fosforo è componente del DNA, del RNA,

del ATP e del ADP. E’ inoltre spesso pre-

sente in molecole riguardanti il meta-

bolismo e in genere la biochimica delle

cellule. Quando ben presente favorisce

lo sviluppo e la maturazione dei frutti. In

caso di carenza si avrebbero piante dalla

crescita lenta e dallo sviluppo non uni-

forme, generalmente stentato. Le foglie

sarebbero verde pallido con i bordi ros-

sastri tendenti al disseccamento.

Il potassio espleta numerose funzioni

nella pianta, sia in come promotore del

trasporto degli zuccheri nella pianta

che come regolatore di processi tipo la

fotosintesi. Il potassio si trova in tutte le

parti della pianta. Un’adeguata disponi-

bilità di potassio determina uno stato

ottimale di salute per tutti i tessuti favo-

rendo il completamento delle reazioni

metaboliche in corso.

Gli altri tre elementi il calcio, il magnesio

e lo zolfo, sono scarsamente disponibi-

li solo in determinate zone climatiche

dove le frequenti alluvioni giungono a

dilavarli (l’acqua se li porta via fin giù

nelle falde allontanandoli dallo strato di

sottosuolo esplorato dalle radici).

I microelementi, chiamati così a causa

della modestissima quantità richiesta

dalle piante, hanno una funzione chia-

ve in molte reazioni biochimiche come

GLI ELEMENTI NECESSARI ALLA CRESCITA DEI VEGETALI SONO AZOTO, FOSFORO, POTASSIO, CALCIO, MAGNESIO E ZOLFO. I PRIMI TRE SONO FONDAMENTALI IN GRANDE QUANTITÀ.

45enzimi o catalizzatori di reazioni e sono

sempre ben presenti alla giusta concen-

trazione nel terreno. Questi nutrienti

sono molibdeno, rame, zinco, boro, man-

ganese, ferro e cloro. Le carenze dovute

ai microelementi sono rare, nessuno si

spaventi, la corsa ai microelementi non

deve portare ad acquistare acqua “spor-

ca” e tantomeno deve portare a preoc-

cupazioni inutili. Le piante assorbono gli

elementi nutritivi dalla soluzione circo-

lante nel terreno tramite le radici. Gli ele-

menti sono disciolti nell’acqua a formare

la cosiddetta soluzione circolante.

Ai più svegli non saranno sfuggiti né l’os-

sigeno né il carbonio, elementi coinvolti

nella fotosintesi clorofilliana. Ebbene la

nutrizione carbonica avviene tramite gli

stomi che sono gli “spiracoli” delle pian-

te altrimenti detti “bocche” dei vegetali.

In poche parole sono i buchi presenti

sulle foglie che permettono alla pianta

di scambiare ossigeno ed anidride car-

bonica con l’ambiente circostante. E per

aggiungere una precisazione è proprio

grazie all’acqua che evapora dagli stomi

che la linfa viene spinta contro la forza

di gravità dalle radici alle foglie.

La pratica che bisogna adottare per

forzare l’assorbimento di carbonio, poi-

ché disponibile in (sovr)abbondanza

sulla maggior parte del pianeta Terra,

è attuabile solo in quelle coltivazioni

dove si ha il controllo del microclima

attorno alle piante; allora è consigliato

innalzare la concentrazione di anidri-

de carbonica artificialmente mediante

l’ausilio di bombole ed elettrovalvole

temporizzate. Si trovano facilmente le

modalità di somministrazione e report

sui forum online tramite la ricerca di

Google. L’anidride carbonica diventa

tossica per l’uomo quando è disciolta

nell’atmosfera in ragione del 5%: sconsi-

glio vivamente di adoperarla.

Vi sono varie scuole di pensiero sulle

tipologie di somministrazione e soprat-

tutto sulle derivazioni degli elementi

sopra descritti. Il concetto di minerale

e il concetto di biologico indicano la

modalità e la forma in cui un elemento è

arrivato alla sostanza circolante attorno

ai peli radicali ed è stato assimilato.

Gli agricoltori sanno che non esiste una

soluzione a tutti i problemi, né esiste

un modus operandi unico per tutte le

soluzioni. Vi sono però, nel rispetto delle

verità scientifiche, numerose scuole di

pensiero. Diffidando dagli intrattenitori

della rete, dai coltivatori della domenica

e soprattutto dagli stolti, vi sono nume-

rose guide su internet e non ultima

Wikipedia che ha risposte per tutti.

Molti coltivatori hanno un approccio

semplicistico alla coltivazione, prepa-

rano un vaso riempito di un qualsiasi

substrato inerte (il cocco o la perlite

ad esempio) e tramite gocciolatori si

prodigano in idroponie improvvisate

con fertilizzanti a pronta assimilazione.

Molti altri coltivatori invece preferi-

scono annaffiare a mano un substrato

medio carico ed ottenere un prodot-

to decisamente superiore rispetto alle

idroponiche genericamente definite

colture minerali.

Tra gocciolatori, annaffiatoi e secchi

d’acqua vi sono numerose possibilità

di somministrare la soluzione fertirri-

gua alle piante. Sempre ammesso serva

una fertirrigazione e non un semplice

adacquamento. Utilizzo impropriamen-

te il termine adacquamento per indicare

una irrigazione di sola acqua in quanto

sempre più numerosi growers si sono

convertiti alla scuola di pensiero della

coltivazione in vaso vivo. La coltivazione

in vaso vivo è una maniera di coltivare

le piante dando loro solamente acqua

declorata a pH controllato facendo sì

che il fabbisogno nutrizionale venga

soddisfatto dagli ammendanti e/o dai

concimi precedentemente miscelati al

substrato. Un terreno vivo (contrario di

inerte), con eventuali inoculi di attivato-

ri, richiederà solo acqua per continuare

a vivere e rendere disponibile alle radici

i nutrienti in forma ionica che abbiamo

miscelato al terriccio.

Facciamo un esempio: per portare a

fioritura i peperoncini genericamente

della cultivar tipo Thai (quelli allungati,

verdi alla raccolta, dal marcato sapore di

peperone) ho bisogno di almeno 2 mesi

di fioritura perciò il mio terreno avrà una

forte carica di alghe marine polverizzate

e di ceneri di legna oppure sarà carico

di polvere di pesci e guano di pipistrel-

lo per dare il giusto apporto di azoto,

fosforo e potassio lungo i due mesi di

fioritura. In due mesi di fioritura la pedo-

fauna agirà come un trasformatore di

nutrienti da forma organica a ionica per

assicurare la copertura del fabbisogno

nutrizionale delle piante.

Il problema ad un certo punto diventa

calcolare la durata delle riserve nutritive

che abbiamo preparato nel terreno. Per

comodità un ragazzo della mia cittadi-

na si reca al consorzio del capoluogo

per comprare “pietre” a lento rilascio

per non doversi preoccupare né di pre-

parare la soluzione fertirrigua, né di

cambiare prodotto, né di dover dosare

le quantità in quanto deve annaffiare

con acqua semplice, non deve comprare

prodotti e non deve diluirli col terrore

di esagerare. Ma purtroppo per questo

ragazzo non si tratta di coltivazione in

vaso vivo organica, bensì di coltivazio-

ne minerale in vaso vivo, già meglio

rispetto alla classica minerale ma ancora

lontano dalla nutrizione organica.

L’andamento della comunità grower

sembra confermare la legge K.I.S. (Keep

It Simple, scritto anche con due esse)

che dice che la metodologia di coltura

dev’essere il più semplice possibile. Il

K.I.S.S., forse per pigrizia o per terrore

di errori da parte dei neofiti, è sempre

stato diffuso soprattutto su internet nei

forum di esperti coltivatori. Ora come

non mai la semplicità è diventata un

trend nella comunità internazionale dei

growers. Non è un male la semplicità, ma

non deve implicare scarsa conoscenza,

ottusità e pigrizia mentale. Per ora stia-

mo assistendo alla nascita di sempre più

prodotti per la fertilizzazione all-in-one

ai fini di introdurre una gamma di pub-

blico più ampia al mondo delle colture

indoor e ai fini di semplificare il lavoro

del coltivatore.

Alcuni prodotti, specialmente i pellet-

tati organici da mescolare al substra-

to, sono molto interessanti in quanto

trovano applicazione anche all’ester-

no e sebbene siano un all-in-one non

legano ad una scuola di pensiero dalle

intuizioni minerali. Altri prodotti all-

in-one disponibili sul mercato sono le

polveri da diluire in acqua e da utilizza-

re come nutrimento: semplici al punto

che nemmeno un bambino può errare.

L’unico dubbio che mi rimane è dove

va a finire l’azoto in più per tutta la fio-

ritura, dato che le piante necessitano di

azoto principalmente in fase vegetativa

mentre necessitano di fosforo e potas-

sio in fioritura.

L’unica risposta l’avrò quando mi capite-

rà di imbattermi in qualche coffee shop

con una selezione di prodotti cono-

sciuti ottenuti con fertilizzanti in polve-

re idrosolubile. Probabilmente ne avrò

già provati a decine alla scorsa coppa

di Amsterdam ma non sapendolo non

posso dare un’opinione. In base alla

tipologia di nutrienti e alla modalità di

applicazione si hanno differenti rispo-

ste in termini di vigore, percentuale di

sostanza secca rispetto al raccolto e

tenore di principi attivi.

Ad ogni fiera si contano sempre più

produttori (o rivenditori) di fertilizzanti

con prodotti nuovi per tutte le esigenze

e secondo i diversi approcci alla coltiva-

zione. Io vorrei avere la possibilità legale

e il tempo soprattutto per poter testare

la moltitudine di prodotti analizzando

a fondo l’eventuale effetto fisiologico

sulle piante. Ultimamente se ne vedono

di tutte le forme e misure, dalle tablets

effervescenti per vegetativa e fioritu-

ra alla polvere dai colori improponibili

capace di sovvertire l’ordine della natu-

ra, dagli sticks tutto-in-uno ai pellettati

a lento rilascio che sono una fonte di

fosforo e potassio per terminare la fio-

ritura al giusto grado di maturazione

delle infiorescenze. Non ho ancora fini-

to di elencarne le forme e già sono in

confusione, se dovessi scegliere proprio

non saprei quale metter prima e quale

dopo, né saprei con che beneficio infine

otterrei la mia fioritura.

Coltivare con fertilizzanti di sintesi può

semplificare la vita al contadino più

pigro e meno costante di tutti, alcuni

prodotti (ad esempio: gli stick a lento

rilascio) sono il salvataggio per chi

outdoor non riesce per pigrizia o non

deve per esigenze d’anonimato pratica-

re la fertilizzazione.

La fertilizzazione organica, oltre ad offrire

un prodotto superiore, ha dei difetti che

si tramutano nella costanza necessaria,

intendo in termini di tempo e di voglia,

per poter realmente convivere con una

pianta intesa come essere vivente.

L’ammendante migliore sinora, par-

lando di coltivazione biologica, è la

montmorillonite. Ancora meglio se si

può mescolare in proprio il substrato,

tagliandolo con argille e arricchendo-

lo con humus. Poi basterà intervenire

con acqua quando necessario. L’unica

aggiunta che farei, parlando di colture

erbacee (annuali), è un booster di fiori-

tura per stimolare un processo dipen-

dente dai fito-ormoni.

Devo concludere questo articolo,

voglio sperare che i miei lettori usino

la testa esigendo il controllo delle fonti

e dell’approccio scientifico alle nozioni

che trovano in rete. Buone essenze.

L’ANDAMENTO DELLA COMUNITÀ GROWER SEMBRA CONFERMARE LA LEGGE K.I.S. (KEEP IT SIMPLE) CHE DICE CHE LA METODOLOGIA DI COLTURA DEV’ESSERE IL PIÙ SEMPLICE POSSIBILE.

SHOP REVIEW / INDICE PUBBLICITÀ 46ColofonIndice pubblicità

Nome Pagina

Area 51 24-25

Atami 48

Buddha Seeds 13

Buddha Seeds 20

Campo di Canapa 41

Chacruna 24-25

City Jungle 43

Dinafem Seeds 1

Dinafem Seeds 9

Do.Is 41

Dutch Passion 17

Easy-Grow Wholesale 37

Ed Rosenthal 32

Exodus 43

Foglie D’Erba 24-25

Grass-O-Matic 14

Greentown 37

Growerline 24-25

Growrama 41

Growryder 14

Growshop Reggio 41

G-Spot 45

Hempatia 29

Hempatia Milano 43

Hemp-orio 24-25

Hemporium 24-25

I-Grow 2

Indoor Heart 43

Indoormania.it 39

Karkadé 41

Legalized 24-25

Mycologics 41

Mysticanza 24-25

Natural Mystic 43

Natural Store 24-25

Organic Farm 24-25

Orto Biologico Shop 24-25

Panoramix 41

Paradise Seeds 1

Plagron 1

Procare 41

Roots 41

Secret Garden 41

Secret’s Garden 41

Serious Seeds 29

Skunkatania 24-25

Square Trading 22

Sweet Nutrients 5

Sweet Seeds 1

Sweet Seeds 5

Sweet Seeds 47

Soft Secrets Italia è pubblicato da:

Discover Publisher BV

P.O. Box 362, 5460 Veghel, Paesi Bassi

Tel: 0031 - 73 54 98 112

Fax: 0031 - 73 54 79 732

e-mail: [email protected]

Editore: CC Cremer

Collaboratori: Ed Rosenthal, Franco Casalone,

Jorge Cervantes, Enrico Fletzer, CBG, Monsignor

Jose Maria, Carlo Vinci, Giovanna Dark, Davide

Calabria, Carlos Rafael Esposito, Carlo Erba,

Little Lebowski e tanti altri.

Traduzioni: Valefizz

Indirizzo redazione:

Soft Secrets Italia

PoBox 17250, 1001 JG Amsterdam, Paesi Bassi

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Tel: 0039 - 36 65 44 66 94

Soft Secrets Italia non intende in alcun

modo incentivare condotte vietate. Tutte

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rale. La redazione e i collaboratori non si

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Nessun contenuto di questa pubblicazione

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formato senza autorizzazione degli editori.

L’imperdibile SSIT 2/2013 esce l’8 marzo 2013

Hempatia è una realtà consoli-data nel nostro settore: il primo portale italiano per la rivendita di semi di canapa da collezione. Con l’arrivo della nuova gestione, a partire dal 2009 sino ad oggi, i risultati ottenuti, merito della professionalità e competenza dello staff, sono avvincenti tanto che cominciano a nascere i negozi della catena Hempatia. Ma andi-amo con calma partendo dal nuovo punto vendita nel centro storico genovese aperto nel gen-naio del 2012...

Dalla distribuzione online alla riv-endita in un negozio, come nasce questo progetto? Quando, come gruppo Hempatia, abbia-

mo deciso di aprire un nuovo negozio

abbiamo cercato il migliore collabora-

tore presente sulla piazza genovese e

da questo fortunato incontro è nata la

nostra collaborazione con Alan. Oggi è

il responsabile dei negozi della catena

Hempatia.

In molto lettori di Soft Secrets conoscono il vostro lavoro online, ci sono differenze nel vostro modo di lavorare in negozio?Le nostre qualità sono sempre le stesse.

Professionalità, competenza, cortesia e

disponibilità. Ovviamente ampia gamma

di semenze, dalle maggiori seedbanks

come Sensi Seeds, Serious Seeds,

Biological seeds, Dutch Passion, alle prin-

cipali novità dello scenario internazio-

nale, con sempre una particolare atten-

zione rivolta alle migliori proposte del

mercato. Anche in negozio i prezzi sono

sempre quelli consigliati dai listini online

delle case produttrici, ai quali possiamo

aggiungere delle scontistiche appropria-

te, personalizzate da cliente a cliente.

In che cosa siete specializzati come punto vendita? Tutto il grow, terra e idroponica e in

pratica tutto quello che serve a un col-

tivatore, sia senza esperienza o già ben

navigato. E poi parafernalia come bong,

pipe, chilum, cartine, narghile’ e tutto il

loro occorrente: melasse, carboncini e

ricambi vari. Vasto assortimenti di clipper

da collezione e magliette assortite.

Qualche vostra particolare soddis-fazione?Ripeto, la possibilità di offrire in nego-

zio gli stessi prezzi del mercato online,

che non è da tutti.

Novità?Certo, abbiamo un nuovo punto ven-

dita a Ventimiglia e un altro a Milano

e più precisamente a Sesto San

Giovanni. Abbiamo anche in mente

di aprire altri punti vendita in svariate

città d’Italia e ampliare il nostro mer-

cato italiano.

Hempatia Genova

Via San Donato 32-24 r

Lunedì 15:30 / 19:30

Da martedì a giovedì 11:00/13:00 - 15:30/19:30

Venerdì e sabato 11:00/13:00 - 16:00/24:00

Chiunque ci vuole seguire può iscriversi al gruppo Hempatia network

su Facebook

Hempatia, Genova

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3S. 19,90€ · 5S. 33,00€ · 10S. 66,00€ 3S. 26,50€ · 5S. 43,90€ · 10S. 87,80€

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