Società 2.0

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PASQUALE STANZIALE STUDI POLITICI SOCIETÀ E CULTURA POLITICA NEL MEZZOGIORNO OBIETTIVO SU SESSA AURUNCA E CELLOLE NELL’ALTO CASERTANO OKA 2013 EBOOK 2013 www.slideshare.net/geseleh

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Studi politici Società e cultura politica nel Mezzogiorno Obiettivo su Sessa Aurunca e Cellole nell'alto casertano

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PASQUALE STANZIALE

STUDI POLITICI

SOCIETÀ E CULTURA POLITICA

NEL MEZZOGIORNO

OBIETTIVO SU SESSA AURUNCA E CELLOLE

NELL’ALTO CASERTANO

OKA 2013

EBOOK 2013

www.slideshare.net/geseleh

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PASQUALE STANZIALE

STUDI POLITICI

SOCIETÀ E CULTURA POLITICA

NEL MEZZOGIORNO

OBIETTIVO SU SESSA AURUNCA E CELLOLE

NELL’ALTO CASERTANO

Introduzione

1- Paradigmi di cultura politica ed area locale, linee per un background (2006 2013)

2- Modelli culturali e boss politici (2006 2013)

3- Ricerche (2004- 2006)

4- Dinamiche (2006 2013)

5- La transizione infinita (2006 2013)

6- Excursus elettorale (2006 2013)

7- Nota sulla modernizzazione (1999 2013)

8- Appendice

OKA 2013

EBOOK 2013

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SOCIETÀ E CULTURA POLITICA NEL MEZZOGIORNO

OBIETTIVO SU SESSA AURUNCA E CELLOLE NELL’ALTO CASERTANO

© by P. STANZIALE 2013

Immagine copertina: arteideblog C. Coppola

Foto dell’autore: Giulia Trasacco Phot.

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INTRODUZIONE

Le riflessioni che seguono sono frutto di un più che decennale osservatorio sulle realtà locali di Sessa Aurunca e Cellole, nell’alto casertano, in una prospettiva di analisi e di comprensione di tematiche sociali e politiche. Si tratta del tentativo di configurare un disegno concettuale, un itinerario sintomale e una trama oggettiva di dati dal cui contesto è possibile tracciare i contorni di un quadro in qualche modo esplicativo.

Ecco quindi risultati di ricerche, un approccio analitico articolato tra spunti sociologici e spunti antropologico-culturali e, infine, riflessioni relative ad alcuni temi di sociologia politica ed economica non estranee ad un generale ambito pedagogico. Il profilo dei dati ha una sua evidente significatività e propone livelli e andamenti. Le ricerche, nei loro risultati, sono strettamente correlate all’analisi di cui tendono a convalidare le ipotesi o gli assunti. L’analisi stessa, nell’avvalersi di in una varietà di indicatori, mira ad una lettura interpretativa non esaustiva ma comunque significativa e sollecitante dei processi sociali locali. In particolare vengono ripresi e integrati ampi spazi di analisi dei lavori precedenti con l’obiettivo di definire le articolazioni della cultura politica quale si presenta nel Mezzogiorno e nell’area locale con i suoi modelli e i suoi propri parametri storicamente emersi negli ultimi decenni.

Il tutto relativo ad un’area comprendente le comunità di Sessa Aurunca e Cellole, che come altre aree del Mezzogiorno presenta forme di arretratezza definibili come storicamente croniche ed una marginalità rispetto ad un ciclo modernizzante che pure emerge, pur se in modo non organico, in altre realtà locali. Certamente sono visibili timidi elementi evolutivi nelle realtà sociali di Sessa Aurunca e Cellole, ciò che colloca queste comunità in una specie di transizione bloccata, ovvero sono percepibili all’orizzonte direttrici di sviluppo possibile ma, come mostra una recente letteratura meridionalistica (fra tutti C. Perrotta C. Sunna 2012) non si riesce ad uscire dalle strettoie di condizionamenti storici propri dell’ambito socioeconomico del Mezzogiorno quali la prevalenza della rendita sugli altri tipi di reddito (“il reddito fondamentale della società meridionale […] non è più la rendita agraria, ma non è nemmeno il profitto. Diventano dominanti altre forme di rendita (appalti pubblici ottenuti per conoscenze, speculazione sui terreni edificabili, crescita clientelare della Pubblica Amministrazione, gestione dei tanti sussidi e finanziamenti agevolati)” (C. Perrotta 2012: 282); la dipendenza da economie più forti; un rapporto perverso tra società

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civile e istituzioni pubbliche, viste prima come soggetti oppressori, poi come strumenti da usare per fini privati, mai come enti preposti all’interesse pubblico.

Rispetto a questi esiti del nuovo meridionalismo le note che seguono cercano di individuare nella cultura politica uno degli ambiti strategicamente significativi dalla cui analisi è possibile comprendere perché il modello culturale locale non è in grado di processualizzarsi in una cultura del cambiamento, perché sono riscontrabili forme di disgregazione sociale nell’agire sociale e politico, perché emergono forme frammentarie di sviluppo senza il coagulo in una prospettiva organica di progresso

In ogni caso risulta evidente che problema fondamentale del Mezzogiorno oggi è dunque l’arretratezza dello sviluppo civile (S. Rizzello 2012 P. Sylos Labini 2003) che continua ad impedirne lo sviluppo economico: “i limiti strutturali dell’arretratezza civile del Mezzogiorno impediscono qualunque forma di sano sviluppo endogeno e distorcono ogni forma di investimento pubblico” (S. Rizzello cit.: 247). Centrale nella spiegazione del persistente ritardo del Mezzogiorno è cioè “la debolezza del tessuto sociale; un fenomeno in larga misura addebitabile alla prevalenza di modelli relazionali di tipo familistico che ostacolano il formarsi e il consolidarsi di relazioni più complesse e articolate che costituiscono il sostrato sociale delle interazioni economiche..” (S. Rizzello cit.: 260). Di conseguenza, le soluzioni proposte fanno riferimento alla “ricapitalizzazione sociale del territorio” (S. Rizzello cit.: 272), cioè alla formazione di capitale sociale, e alla “responsabilizzazione della classe politica e dirigente” (S. Rizzello cit.: 273).

“All’origine – scrivono C. Perrotta e C. Summa (2012: 299)– furono le istituzioni e l’economia a determinare la cultura arretrata, non viceversa. Oggi, invece, i fattori di maggior resistenza al cambiamento sono la cultura e il costume. Sono questi che proteggono gli interessi corporativi, i privilegi piccoli e grandi, e le abitudini illegali” .

Questa prospettiva di analisi (culturalista) è emersa negli anni Novanta ed ha orientato gli studiosi italiani a prendere più seriamente in considerazione il peso degli ostacoli socio-culturali allo sviluppo del Sud: il lavoro di R. Putnam (1993), sulle differenze regionali di senso civico in Italia troverà nel nostro Paese un’accoglienza diversa da quella ricevuta da E. C. Banfield (1961) (con i suoi studi sul familismo amorale meridionale) trentacinque anni prima, in un contesto sempre più convinto che il problema del Mezzogiorno sia di cultura civica prima che economico.

Le forme di rinnovamento presenti nel Mezzogiorno dagli anni ’70 sono state, a detta di molti meridionalisti, superficiali e non sono andate in

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profondità in modo tale da modificare i modelli culturali storicamente cristallizzati su forme premoderne. Quello che vari autori (tra tutti A. Spada 2012: 189) definiscono il passaggio dal blocco storico al blocco sociale, ovvero le dinamiche relative al modello cultuale che abbiamo rilevato nella nostra area d’indagine ed articolato nelle pagine che seguono, non ha delineato una nuova identità del Mezzogiorno ma ne ha mostrato una identità in cui il premoderno è ancora operante con una serie di distorsioni. .

Scrive Putnam (1993): “Il Sud è in ritardo non perché i suoi cittadini siano malvagi, ma perché essi sono intrappolati in una struttura sociale e in una cultura politica che rende difficile e addirittura irrazionale la cooperazione e la solidarietà “.

In tale ambito il concetto di senso civico, civicness (R. Putnam 1993), acquista un valore strategico per il suo essere elemento costitutivo della cultura politica. Pur se questo concetto ha prestato il fianco a molte critiche, in larga parte fondate (A. Pizzorno 2001), esso costituisce pur sempre un indicatore in grado di rendere conto, in modo significativo, delle forme di arretratezza del Mezzogiorno.

Il senso civico, può essere definito come un atteggiamento di rispetto, disponibilità, di fiducia verso gli altri, orientato alla fattiva cooperazione per il miglioramento della società in cui si vive: ciò che favorisce la partecipazione e stimola il rendimento delle istituzioni e Putnam (2000) sostiene poi che “il capitale sociale è strettamente connesso al concetto di ‘senso civico’”. Senso civico, dunque e capitale sociale. Da tempo molti autori concordano sul fatto che questi due dati interconnessi si presentano carenti nel Mezzogiorno, e nel Meridione in generale, costituendo, fattori importanti del sottosviluppo locale. E tale situazione risulta abbastanza evidente nel contesto delle pagine che seguono relativamente all’area di cui ci occupiamo.

In particolare ciò che si intende per capitale sociale è un tessuto e di regole di impegno civile secondo Putnam (1993), ovvero “la fiducia, le norme che regolano la convivenza, le reti di associazionismo civico, elementi che migliorano l’efficienza dell’organizzazione sociale promuovendo iniziative prese di comune accordo”. Schematizzando: a) fiducia: aver fama di essere onesti e affidabili (la reputazione contro il pericolo della defezione); b) norme che regolano la convivenza e la reciprocità: riducono il rischio di potenziale defezione e di dubbia reputazione; c) reti sociali di impegno civico (civicness).

Qui il capitale sociale (la cui accumulazione trova un deciso impedimento nella criminalità) sta ad identificare quei requisiti culturali, quali la struttura delle relazioni, i valori e le norme, che favoriscono un ordine sociale contraddistinto dalla generale cooperazione per il bene pubblico, vale a dire

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la fiducia nell’altro con cui si lavora per un progresso collettivo. Ciò perché la fiducia comporta effetti benefici per la società. In particolare il livello di benessere è più alto (Fukuyama, 1995. Putnam, 1993: 176-190), le istituzioni funzionano meglio (Putnam, 1993: 73-96), la sanità e, in generale i servizi pubblici, sono efficienti (Cartocci, 2007:103-107) ed i cittadini sono generalmente più soddisfatti della propria esistenza (Putnam,1993: 132). La sfiducia al contrario provoca diffidenza ed aggressività.

R. Putnam (1993)e C. Banfield (1958), d’altra parte, sostengono giustamente che gli atteggiamenti di fiducia o sfiducia hanno origini storiche ed economiche, ad esempio l’atteggiamento di sfiducia nel prossimo è proprio di società dove non conviene o non è possibile cooperare con gli altri, società cioè estremamente povere e/o dove le istituzioni non sono in grado di mediare e di promuovere.

Lo sforzo evolutivo per il Mezzogiorno e per il Meridione sarebbe quindi quello di lasciarsi alle spalle condizionamenti storici frenanti per interiorizzare un diverso modello culturale (comprendente la cultura politica) in grado di realizzare forme di capitale sociale in grado di favorisce la “qualità dello sviluppo economico” promuovendo lo sviluppo umano, la qualità dell'ambiente, e un indice composito di “qualità sociale” (Sabatini, 2006).

Nelle società locali, di cui ci occupiamo, certamente negli ultimi dieci anni si è assistito all’emergere di embrionali elementi di sviluppo, citiamo indicativamente: un ampliamento degli spazi urbani, incrementi nel settore agrituristico e nell’artigianato agricolo, una maggiore vivacità commerciale avvertibile nell’ambito del cellolese, l’attivismo di organizzazioni ambientalistiche in relazione all’annoso problema dello smantellamento della locale centrale nucleare, il sorgere di aggregazioni miranti a realizzare iniziative progressiste dal basso e così via, il tutto a fronte di un andamento politico-amministrativo tendente ad omologarsi sull’ordinaria amministrazione e di un consenso politico attestato sulle posizioni da noi indicate nel capitolo dedicato ai flussi elettorali.

Le pagine che seguono vogliono essere, in ogni caso, un contributo sempre troppo tardivo rispetto alla urgenza di comprensione dei processi che caratterizzano nel bene e nel male le aree di un Mezzogiorno che va visto ineluttabilmente in una prospettiva di improcrastinabile evoluzione soprattutto nelle sue realtà sociali decentrate come Sessa Aurunca: e Cellole, aree queste, che anche si presentano con caratteristiche straordinarie dal punto di vista delle specificità storico-ambientali e la cui arretratezza di sviluppo può arrivare paradossalmente a costituire, come forma di preservazione, una reale occasione democratica, apparentemente semplice, di sviluppo socio- economico che certamente non va coniugata

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con la speculazione, con situazioni ecoincompatibili (di cui pure esistono realtà fortunatamente circoscritte) o con una assunzione tradizionale della sfera d’azione dei poteri istituzionali, ovvero superando le tendenze di una frammentaria e deficitaria elaborazione culturale e politica della società civile. Ci si può riferire qui ad un aspetto collaterale del nuovo meridionalismo, il pensiero meridiano, che individua nella valorizzazione di stili di vita che assumono la lentezza come elemento identitario e nei rapporti umani (S. Rizzello cit.: 241), propri delle comunità (gemeinschaft) tradizionali, forme da preservare di là dai “processi di omogeneizzazione ed omologazione messi in atto dal sistema di sviluppo capitalistico” (F. Cassano 1996 2001). Si tratta di una prospettiva non secondaria che, anche in questo caso, richiede gli investimenti di un capitale sociale locale al momento visibile solo in modo frammentario e contraddittorio.

Il fatto è che aree come Sessa Aurunca e Cellole sono in una deriva (F. Pollice 2012), presente in buona parte del Mezzogiorno, caratterizzata un disinvestimento territoriale relativo alla natura relazionale del territorio in cui “..il tessuto relazionale si è andato progressivamente sfaldando, si è frantumato e questo ancora prima che andasse in frantumi il sogno di una sua ascesa economica e sociale .. [..] un tasso di litigiosità che è pari al doppio di quello che si riscontra nelle regioni del Centro-Nord.” (F. Pollice cit.: 262 264). E la deriva comprende anche il fatto che nel Mezzogiorno il livello di efficienza del settore pubblico risulta di quasi un quarto inferiore a quello del Centro-Nord.

Una deriva di stagnazione, se non regressiva, in cui a livello politico un ruolo frenante è giocato da “ gruppi di potere autoreferenziali, portatori di interessi propri in conflitto con quelli collettivi che traggono vantaggio dallo statu quo e possono quindi influenzare le decisioni pubbliche inibendo ogni tentativo di riforma anche laddove esistono competenze e capacità adeguate” (F. Pollice cit.: 269). Questa tendenza è strettamente legata a quella resistenza al cambiamento che costituisce uno dei maggiori impedimenti dell’evoluzione socioeconomica locale e responsabile dell’uso inefficiente delle risorse pubbliche.

A fronte di tutto ciò emerge la necessità di una ricapitalizzazione sociale del Mezzogiorno, dal punto di vista della ricostruzione di effettive identità territoriali locali, unitamente alla produzione di capitale sociale, ovvero, nei termini emergenti dalle pagine che seguono, dare avvio ad una effettiva evoluzione dei modelli culturali locali secondo andamenti collaborativi e fiduciari che purtroppo non possono prescindere da scetticismi e da un pur fondato pessimismo della ragione storica rispetto a processi di cambiamento che pure sono sempre più urgenti e che riguardano, come sappiamo da tanto, troppo tempo, l’autonomia di sviluppo del Mezzogiorno, una

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modernizzazione culturale generalizzata basata sulla consapevolezza dei condizionamenti ma anche sulle possibilità di progresso, il primato dell’interesse pubblico, investimenti produttivi, lotta alla corruzione e all’illegalità, la presenza razionalizzante dello stato.

Caserta, novembre 2013

L’autore

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Bibliografia

C. Perrotta C. Summa (a cura) 2012, L’arretratezza del Mezzogiorno. Le idee, l’economia, la storia, B. Mondadori, Milano Torino.

A. Spada, 2012, Cambiamento e continuità nel senso civico, in C. Perrotta C. Summa Cit.

R. Rizzello, 2012, La crisi del meridionalismo, in C. Perrotta C Summa cit.

F. Cassano, 1996, Il pensiero meridiano, Laterza, Roma Bari

e 2001, Modernizzare stanca, Il Mulino, Bologna

F. Fukuyama, 1996, Fiducia. Come le virtù sociali contribuiscono alla creazione della prosperità, Rizzoli Milano

e 1995 Trust: the social virtues and the creation of prosperity, Free Press, New York R. Putnam, 1993, La tradizione civica nelle regioni italiane, Arnoldo Mondadori Editore, Milano

e 2004, Capitale sociale e individualismo. Crisi e rinascita della cultura civica in America, Il Mulino, Bologna

F. Sabatini, 2005, Un atlante del capitale sociale italiano, Terzo Forum Annuale per Giovani Ricercatori, Bologna

R. Cartocci, 2007, Mappe del tesoro. Atlante del capitale sociale in Italia, Il Mulino, Bologna

A. Pizzorno,2001, Perché si paga il benzinaio, in A. Bagnasco et al. (a cura di), Il capitale sociale, Il Mulino, Bologna

F. Piselli, 2001, Capitale sociale: un concetto situazionale e dinamico, in Bagnasco A., Piselli F., Pizzorno A.,Trigilia C., Il capitale sociale. Istruzioni per l’uso, Il Mulino, Bologna

F. Pollice, 2012, La deriva del Mezzogiorno, in C. Perrotta C. Summa cit.

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1- Paradigmi di cultura politica ed area locale, le linee di un background (2006 - 2013)

1.1

Non si può non essere d’accordo sul fatto che in Italia non c’è una democrazia normale (B. De Giovanni 2004 – Rapporto CENSIS 2006) visto anche il quadro di eventi in corso nel momento in cui scriviamo (giugno 2006 - ottobre 2013). Visto anche il cambiamento dei sistemi elettorali, con la frequente chiamata dei cittadini alle urne, vista tutto sommato, la difficoltà a trovare un equilibrio politico-istituzionale nazionale normale. In tale quadro Il Mezzogiorno tende, ad adeguarsi, nelle sue articolazioni politico-gestionali, con grande flessibilità, al quadro generale della crisi. Questo perché i parametri della sua cultura politica, in senso generale, sono ben adatti per la loro natura intrinseca, ad adattarsi alle trasformazioni istituzionali e alle dinamiche politiche regionali e nazionali. Ciò senza escludere isole felici in cui trasparenza, efficienza delle istituzioni e investimenti si accompagnano a valide iniziative di emancipazione economica e a varie tendenze di modernizzazione.

In ogni caso è possibile schematizzare, sulla scorta di una vasta area di studi, e di indagini sul campo, una serie di parametri propri di una cultura politica presente in buona parte del Mezzogiorno e quindi riguardante anche il territorio comprendente Sessa Aurunca e Cellole, comunità dell’alto casertano che si presentano con la serie di specificità socio-antropologiche che evidenzieremo in queste note.

Il punto di partenza non può non riguardare la storia della Democrazia Cristiana nel territorio comunale prima e dopo la secessione cellolese dal Comune di Sessa Aurunca in provincia di Caserta. In realtà, per vari aspetti, questi due temi tendono a coincidere e andrebbero studiati parallelamente al lavoro di ricerca che avevano cominciato a portare avanti G. Capobianco (1987) e G. Ciriello (1987) per ciò che riguarda la storia della sinistra nel territorio aurunco. In tale ambito prendono forma, in modo evidente le costanti di una cultura politica che viene ad essere una specie di pattern antropologicamente significativo e che riprenderemo a vario titolo nel corso della presente ricerca.

1.2

Clientelismo e familismo

Non è tanto scontato rilevare nella cultura politica locale anzitutto la storica dimensione clientelare - frutto della mediazione politica, della DC - principalmente- secondo i meccanismi che già aveva evidenziato Gramsci- ma anche come derivazione del familismo rurale da intendersi come modalità culturale sistemica (meriterebbe questo tema uno studio specifico a livello locale, come pure i rapporti tra famiglie e politica, là dove la partecipazione all’attività politica del

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capofamiglia/notabile viene intesa come passaggio obbligato in vista della sistemazione opportuna dei familiari), clientelismo che, d’altra parte, ha storicamente prodotto l’estraniazione della gente dallo Stato, come opportunamente sottolinea L. Graziano (1980): "...Il Clientelismo ha effetti disfunzionali per due processi cardine della società: la legittimazione del potere e la creazione di opposizioni organizzate. Mina l’autorità in almeno due modi: comportando un uso privato delle risorse pubbliche, come modo di gestione del consenso; impedendo, per ciò stesso, quella dissociazione tra i ruoli di autorità istituzionalizzata... i metodi clientelari lungi dall’avvicinare cittadini e autorità, hanno rafforzato l’estraneità delle masse dallo Stato. Di più hanno creato una situazione che non esiterei a definire illegittimità morale della politica ..." (vedi anche J. La Palombara 1964 e L. Graziano 1974).

“Il cedimento al clientelismo, sia come forma attiva di predominio di una classe sull'altra, sia come rassegnazione passiva al gioco delle parti, è la conseguenza di una generalizzata devastazione culturale operata dalla Democrazia cristiana che, nel lungo periodo di permanenza al potere, ha sostituito la cultura con l'arroganza e la certezza divina del diritto, la giustizia con l'ingiustizia e la prevaricazione, la gestione amministrativa con l'arbitrio; e la dilapidazione, la politica del territorio e delle risorse con la speculazione edilizia e la devastazione del paesaggio e degli equilibri naturali. Non è un semplice caso che proprio la speculazione edilizia sia stata e sia ancora la sola industria attiva di tutto il Mezzogiorno d'Italia, la sola che prosperi senza incentivi e agevolazioni dello stato.” (S. Bertocci 1977)

“Uno dei problemi di maggior rilievo che il clientelismo meridionale postunitario pone all’attenzione dello studioso è perciò quello dei suoi rapporti col familismo.

Esso, in verità, rivela anzitutto e conferma le ragioni stesse di quest’ultimo. Poiché, dopotutto, non è che la traduzione della preminenza dei rapporti affettivi al di fuori dell’ambito familiare. L’assunzione del comparaggio - di fatto avvertito come una quasi parentela - quale strumento efficace adottato dall’uomo politico meridionale per confermare la certezza del proprio elettorato, è uno dei tanti comportamenti che dimostrano il legame tra clientela e familismo.

Un secondo momento in cui si esprime l’assenza di coscienza collettiva ha inizio con la comparsa del clientelismo di massa (mass patronage) . Di quella nuova forma clientelare, cioè, nella quale l’erogazione delle risorse pubbliche si rivolge non più a singole persone ma ad intere categorie o gruppi sociali o ad ampie quote di popolazione. E perciò ha bisogno di organizzarsi in istituzioni e formazioni burocratiche, che facciano da tramite tra lo Stato ed i gruppi stessi.

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Il mass patronage presenta per questo una sua parvenza di modernità. Tant’è che lo si incontra anche presso società avanzate che hanno realizzato la prima industrializzazione ed una completa penetrazione del mercato nelle dinamiche produttive e distributive.

Naturalmente, una posizione di privilegio spetta al partito dominante. Sia che sorregga il governo da solo, sia che si avvalga di una coalizione di partiti, nell’esercizio dei poteri di indirizzo e di nomina, esso afferma una sua egemonia. E ciò anche se, nel secondo caso, un’ineludibile esigenza transattiva impone il ricorso al principio lottizzatorio.

Gli oltre quarant’anni di governi coalizionali ad egemonia democristiana sono al riguardo paradigmatici . Senza dire che la DC, con la sua articolazione correntizia, realizza già al suo interno un circuito poliarchico-negoziale. Si pone, in altre parole, come una coalizione nella coalizione, con una corrente egemone, pacificata nei rapporti con le altre, dalla pratica spartitoria.

Come che sia, l’arena politica viene occupata da un clientelismo partitico i cui attori affermano di fatto il loro dominio su tutti i processi fondamentali di decisione e implementazione delle politiche pubbliche del Paese. Un clientelismo che genera una strana combinazione di ineguaglianza e asimmetria nel potere con una apparente solidarietà sociale.

Nel Mezzogiorno, poi, tale solidarietà difficilmente riesce ad andare oltre gli antichi termini di identità personali o di sentimenti e obbligazioni interpersonali. E la dimensione partitica, le volte in cui riesce a porsi con forza, viene percepita ed accolta più come relazione di parentela che come relazione di appartenenza. Forse anche perché il clientelismo partitico nelle regioni meridionali si diffonde, recando con sé una seconda combinazione, ancora più strana della prima: quella fra coercizione - sfruttamento e relazioni volontarie sostanziate di mutue obbligazioni. “ (M. Fotia 2003)

1.3

E poi: le costanti dimensioni filoministeriali e trasformistico-clientelari secondo quanto già accennato in precedenza; il correntismo come variante del trasformismo storico; le difficoltà, per il modello culturale dominante, di progettare e perseguire uno sviluppo democratico del territorio (S. Bertocci 1977) a fronte di un consenso politico ampio e consolidato, nonché la formazione di una classe politica dirigente di ricambio come successione ad un potere politico- amministrativo sempre più accentrato (S. Franco 1996). E nell’area locale quindi: il modello per la cattura del consenso della Democrazia Cristiana nel periodo di Giacinto Bosco e successivamente. Vari studiosi oggi sono d’accordo nel ritenere, pur nel quadro e nei limiti del modello socioculturale operante (P. Allum 1975 e S. Bertocci 1977), l’epoca di Bosco come uno dei periodi positivi per lo sviluppo dell’area sessana a fronte di tutta una serie di motivi, da quelli occupazionali a quelli delle relazioni politiche tra la base e il vertice parlamentare.

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Come abbiamo già accennato altrove (P. Stanziale 1991) il modello boschiano poteva essere definito di tipo paternalistico-clientelare (la concezione paternalistica della politica è elemento fondamentale della tradizione cattolica meridionale- (P. Allum 1975 1978) in cui la struttura di partito (segreteria di sezione ecc.) aveva un proprio ruolo ed in cui il rapporto tra elettore e parlamentare aveva non rilevanti sbarramenti. G. Bosco in realtà ha rappresentato un argine- per il periodo dell’egemonia fanfaniana- all'espansione della DC napoletana la quale ha prevalso, in seguito, imponendo un modello per la cattura del consenso di tipo contrattualistico-clientelare: è il modello della political machine ovvero ciò che Allum riscontra e definisce già negli anni '70 nel tipo di organizzazione messa su da Silvio Gava e perfezionato poi dal figlio Antonio e analoga a tante strutture organizzative che sono alle spalle di molti parlamentari dagli anni ‘70 ai giorni nostri. È questo, certamente, un modello di cattura del consenso più moderno perché tiene in maggior conto la pluralità dei gruppi di interesse e di pressione, nonché dei vari intrecci tra politica ed economia - con una tendenza spesso a subordinare la prima alla seconda.

C’è poi, nell’analisi di Allum (1975) un punto particolarmente rilevante rispetto alla politica democristiana nel Mezzogiorno e nel Meridione. Si tratta di un atteggiamento di tipo politico ben preciso basato su tre punti: 1- il fatto che il Sud ha bisogno d’aiuto data la sua inferiorità; 2- la necessità quindi di una forma di mediazione rispetto ai governi; 3- ogni aiuto al Sud, quindi, è da apprezzare ed ogni critica ai costi ed ai metodi usati per avere questo aiuto è irrilevante, ingrata e ingiusta rispetto a tale provvidenzialità. Questo tipo di atteggiamento, derivante dalla cultura rurale comunitaria, tende a permanere, per vari aspetti, nella cultura politica generale locale ed è, a ben guardare, alla base di svariate iniziative, indicando rappresentazioni abbastanza limitate di un sistema di amministrazione democratica, oltre ad un persistere pericolosamente regressivo di elementi pertinenti al modello culturale locale.

1. 4

A tutto questo va aggiunto quanto dice A. Lamberti (1991) sulla funzione addirittura stabilizzante ed occupazionale del riciclo di denaro derivante da attività illegali. D’altra parte alla perdita della dimensione comunitaria non viene - come abbiamo detto - a corrispondere un insieme di valori e orientamenti relativi ad un modello di società nazionale in positivo: una democrazia non proprio compiuta e alla ricerca di valide formule rappresentative- un Mezzogiorno che annega nella disoccupazione, ma in cui faticosamente attraverso varie esperienze- tra cui il modello Bassolino (dei primi tempi della sua sindacatura napoletana) (P. Stanziale 1999) e attraverso nuove figurazioni dello sviluppo- prendono forma i parametri possibili di una modernizzazione razionale del governo politico di un territorio- un capitalismo che nel momento in cui è vincente assume su di sé nuovi costi di libertà ed origina conflitti relativi a vecchie e nuove subalternità....

1. 5

La piccola borghesia meridionale tra oligarchismi e ribellismi

La visione gramsciana del Mezzogiorno come disgregazione sociale (1945) ha costituito e costituisce un paradigma fondamentale per comprendere ciò che accade ancora oggi in talune aree di Terra di Lavoro, a Sessa Aurunca, a Cellole, con riferimento a quanto abbiamo già scritto ma

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anche per ciò che riguarda la sfasature socioculturali di detti territori rispetto alle sollecitazioni del ciclo modernizzante in atto. Nell’area locale, ad un’osservazione coerente dei fatti sociali, risulta abbastanza evidente un quadro di disgregazione che riguarda fermenti che non si traducono in consensi o dissensi organizzati, velleitarismi ed anarchismi ribellistici ancora di derivazione contadina, tentativi di secessione amministrativa, osmosi strumentali tra pubblico e privato, particolarismi di fatto istituzionalizzati, il tradizionale clientelismo, indifferenza ed estraneità di aree sociali alle dinamiche politiche ecc.. Questa disgregazione è presente anche a livello intellettuale per la mancanza di un ambito culturale di decisa direzione ed orientamento, nella incapacità di elaborare valori entro cui costruire situazioni di riferimento, in forme di chiusure a vantaggio di interessi gruppali, ideologicamente populistici o evasivamente elitari ecc.. Un universo politico spesso eccessivo o che si produce come chiacchiera corrispondente frequentemente a blocchi decisionali. Questa disgregazione, che delinea, come marcante paradigma sociale, quanto è stato già abbozzato come parte dell’ethos locale (e non solo) ben si richiama a quella che Galasso (1982), con ricorso all’ambito hegeliano, chiama coscienza infelice e a ciò che faceva scrivere al Vescovo Nogaro: ".... la gente di qui mi piace. Ma si deve liberare dalle catene che ha alla coscienza" (in R. Sardo 1997). Questa coscienza sociale, che risulta tendenzialmente compiaciuta di circoscritti risultati utilitaristici, sembra situarsi lontano da una consapevolezza della propria inadeguatezza rispetto a sfide e prospettive di cambiamento, rispetto ad assetti e ad impieghi razionali riguardanti una società in grado di sincronizzarsi con una cultura del cambiamento. A tal proposito certamente grosse responsabilità riguardano quella che oltre mezzo secolo fa Gaetano Salvemini (1955) chiamava piccola borghesia intellettuale, ovvero quella classe sociale tesa al controllo delle amministrazioni comunali, oggetto del desiderio della classe dominante (G. Galasso 1982). Una borghesia che è parte della più ampia borghesia delle aree del Mezzogiorno stesso e che, in modo più accentuato di quella nazionale, non ha saputo essere protagonista attiva dello sviluppo capitalistico progressivo non avendo come background proprio un tradizione culturale (libertà, individualità, razionalità ecc.) atta a trasfondersi in modo positivo nel processo modernizzante (E. Galli della Loggia 1976 e quindi C. Tullio-Altan 1986). A questa borghesia locale, portata a vivere con maggiori conseguenze sociali le contraddizioni della borghesia italiana, non è estranea quella componente di anarchismo che secondo Galli della Loggia (cit.) tende a svilupparsi proprio là dove esistono sconnessioni culturali tra aree locali ed i processi del sistema sociale globale, forme di anarchismo o di reazione che nascono dalla non comprensione dei processi e/o dal subire processi di cui non si posseggono le coordinate culturali: ecco quindi l’individualismo fazioso e ribellistico (C. Tullio Altan 1986), il non riconoscersi in alcuna aggregazione sociale o la partecipazione conflittuale... e quindi il disprezzo per il lavoro manuale da parte della piccola borghesia, la prevalenza dello stato d’animo e del pregiudizio sociale, la preferenza per una routine impiegatizia ecc. (C. Morandi 1944) e ancora "...la rivolta morale ed istintiva del singolo che insorge contro qualcosa o contro qualcuno, accanto ad altri singoli, contro un mondo che lo soffoca intellettualmente e psicologicamente..” (G. M. Bravo 1977). Anche l’agire politico viene ad essere condizionato da questa concezione anarco-libertaria acquisendo un habitus principalmente orientato alla conquista del potere ed alla sua conservazione (H.D. Lasswell 1975) che si traduce spesso, a livello locale, in una conflittualità senza fine e nella concezione di un potere fine a se stesso (C. Tullio-Altan 1986). In tale universo la borghesia intellettuale locale si presenta come una classe caratterizzata fondamentalmente da un fazionismo esasperato e da una costitutiva povertà di effettiva elaborazione politica. Fazioni, dunque, personalismi, velleitarismi che rivelano spesso un

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retroterra politico-culturale non proprio consistente e con il conseguente e frequente svilimento della funzione dei meccanismi rappresentativi e di delega, producendo ulteriore complessità nella struttura dei rapporti socio-politici. E allora il quadro che emerge dal fondamentale studio di Salvemini sulla borghesia meridionale ben spiegava e spiega le dinamiche politiche locali che hanno visto e vedono il moltiplicarsi delle liste civiche, le varie gestioni commissariali dei Comuni e le scissioni fazionistiche caratterizzanti gran parte dei partiti dell’area locale e non ( cui va aggiunta come ulteriore tensione la logica costrittiva che tende a piegare ad accordi politici fatti nei capoluoghi, come Napoli e/o Caserta, le aree periferiche come quella comprendente Sessa Aurunca e Cellole). Si tratta di fazioni vincenti e di fazioni perdenti coalizzate, di appetiti soddisfatti e di nuove aggregazioni oppositive. Tutto ciò perpetuando un quadro di disgregazione sociale relativamente alla coscienza collettiva ed a quelle individuali.

E situazione riguardante la disgregazione sociale è pure l’emigrazione (ambito nazionale e non) a cui andrebbe opportunamente dedicato uno studio specifico relativamente ai suoi andamenti negli anni, ai risvolti economici ed alle sue incidenze culturali di ritorno. Emigrazione da considerare come reazione al sottosviluppo di cui hanno sofferto le classi subalterne ma non solo, tendenzialmente sussistente oggi anche se non paragonabile a quella degli anni ‘50- ‘60.

Un punto conclusivo sembra essere comunque il fatto che la situazione locale riflette gli aspetti propri di quella nazionale: quella identità italiana di cui parla E. Galli della Loggia (1998) basata sulle oligarchie corporative, sul familismo e sul trasformismo che, al momento in cui scriviamo, si presenta con una vistosa ampiezza di esiti a vari livelli. Quella tradizione politico-ideologica che non avendo nella sua storia il prodursi di un consolidato senso dello Stato sopperisce a ciò con la vischiosità oligarchica (E. Galli della Loggia cit.) e con un politicismo onnipervasivo.

1.6

Il Trasformismo

Una tradizione statuale e civica, quindi, in cui il valore delle istituzioni rimane non storicamente partecipato, lasciando ogni decisione ad una politica, operante dall’alto che, per questo, si ipertrofizza lasciando spazio a quell’eterogenesi dei fini (E. Galli della Loggia cit.) ed a quel trasformismo qualunquistico mirato al piccolo beneficio, alla costruzione del notabilato, al patronage, alla riproduzione di oligarchie che però non si sono, nei fatti, trasformate in una forza-classe-dirigente in grado di rappresentare e gestire gli effettivi interessi generali in una nazione moderna.

“Peraltro, occorre aggiungere che non è possibile comprendere ed interpretare un fenomeno siffatto (il familismo), senza far ricorso all’altro pilastro della cultura politica nel Mezzogiorno e meridionale, quello trasformistico. Precisando opportunamente che per trasformismo si intende qui una visione della vita politica per la quale il metro di coerenza degli uomini di potere non va cercato nella loro fedeltà ad un quadro ideologico ed alla impostazione programmatica che ad esso si accompagna, ma nella loro capacità di schierarsi sempre con le forze al governo, allo scopo di conservare la loro

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posizione di dominio, di essere in grado di soddisfare le richieste dei loro elettori e, di conseguenza, attraverso il sostegno crescente di questi, di rafforzare progressivamente la posizione stessa.

Esso, in realtà, scaturisce da un contesto che tiene uniti in una stessa logica eletti ed elettori. Il contesto sostanzialmente è quello clientelare avanti descritto. In pratica, il clientelismo, così come a monte è legato al familismo, così a valle è intrecciato al trasformismo. Sta, insomma, in mezzo a far da ponte e unire i tre fenomeni, che, alla fine appaiono necessariamente tre aspetti di un unico fenomeno.”

“…….. le pratiche trasformistiche delle élite politiche meridionali proseguono ininterrottamente fino ai nostri giorni, anche dopo l’avvento del proporzionale e dell’annesso scrutinio di lista e il ritorno, nell’ultimo decennio, del maggioritario, ancorché imperfetto, e dei collegi uninominali. Così come non trovano arresto neppure dopo la nascita e il consolidamento dei partiti di massa.

Le èlite utilizzano infatti questi ultimi come efficaci strumenti per promuovere la formazione al loro interno di aggregazioni di interessi o correnti in grado di condizionarsi reciprocamente. Introducono, in altri termini, in seno ai partiti di massa le loro logiche spartitorie in maniera da accaparrarsi il massimo possibile di leve elettorali, da tradurre in posti in parlamento, nelle altre assemblee elettive e negli apparati amministrativi dello Stato e degli enti locali.

I momenti storici salienti del parlamentarismo, del fascismo, del doroteismo e del berlusconismo ne sono la riprova. In questo senso, coloro che ci descrivono la vita politica meridionale come eguale e ripetitiva nei meccanismi, sempre pronta a svilire il nuovo, riducendolo al vecchio, non hanno tutti i torti, anche se, naturalmente, la teoria della staticità sic et simpliciter del Sud, talvolta avanzata, è fuorviante. I partiti, legati fin dalla nascita a fattori lunghi di parentela ristretta o allargata, di clientele tradizionali o moderne, nelle diverse congiunture, sono sempre pronti ad etichettarsi vicendevolmente con i termini di liberale o clericale, radicale o moderato, fascista intransigente o transigente, democristiano di sinistra o doroteo. Nella realtà dei fatti, essi perpetuano i vecchi meccanismi di canalizzazione del consenso e di formazione del personale politico e amministrativo. Non senza introdurre nella struttura sociale e nel sistema politico elementi, seppure mai strategici, di novità e di avanzamento.” (M. Fotia 2003)

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1.7

Il doroteismo

“Maturato inizialmente in seno ad una parte del gruppo dirigente della DC, il Doroteismo diviene in prosieguo patrimonio dell’intero partito, e da ultimo, come accade del resto alle precedenti forme storiche di trasformismo clientelare, cultura comune a gran parte della classe politica italiana. Anche perché non esaurisce la sua dimensione nell’essere semplicemente logica politica, ma, fuoriuscendo dal luogo e dall’arco storico nei quali nasce e si sviluppa, si traduce in regola generale di vita sociale e culturale.

Il Mezzogiorno ne è uno scenario privilegiato, al punto che taluno si è posto la domanda se il doroteismo non debba essere considerato addirittura come il prodotto di una linea meridionale di conduzione storica della DC, linea divenuta motrice di una strategia, che, a partire proprio dal Sud, crea nuovi itinerari per il partito d’ispirazione cristiana, in un orizzonte geografico ben più ampio.

La meridionalizzazione della DC, in ogni caso, avviata già agli inizi degli anni Cinquanta, è un fatto. Il Mezzogiorno, che, nel 1946, rappresenta il 29.7 per cento della forza complessiva di questo partito, nel 1952, raggiunge il 54.8 per cento. E meridionalizzazione non significa soltanto un crescente peso delle regioni del Sud all’interno del partito, ma anche una maggior presenza dell’organizzazione democristiana nella società meridionale .

Tutto ciò tende a creare nel Sud un equilibrio sociale nuovo, temperato tuttavia dalla sopravvivenza nelle strutture e nei comportamenti di caratteri ed elementi fondamentali del vecchio equilibrio. L’élite dorotea consolida così quel carattere peculiare che sta alla base dell’organizzazione sociale e politica del Mezzogiorno: il trasformismo clientelare.

La classe di cui si parla punta, insomma, a gestire una forma di rinnovamento del Sud attraverso un tipo di penetrazione del mercato che consenta, pur tra talune forme di vivacizzazione, di conservare e proteggere la società tradizionale. La sua non è dunque una politica di mera conservazione, ma di protezione e di crescita moderata, finalizzata a mantenere i consensi elettorali dei vecchi ceti e a conquistare quelli dei nuovi, entrambi astringendoli dentro le vecchie e le nuove gabbie della subalternità socio-economica e culturale. E così, contrariamente a quanto accade in tutte le società investite dall’impatto del mercato, da una parte, eleva i redditi ed apre ai moderni consumi, dall’altra, mantiene gran parte dei vecchi condizionamenti socio-economici e culturali.

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Trova necessario di conseguenza introdurre dei mutamenti nelle tradizionali funzioni di mediazione. In forza di essi, cambiano i soggetti stessi che esercitano tali funzioni: dai notabili si passa ai political broker, i quali molto meglio dei primi trovano accesso ai luoghi del centro che decidono l’erogazione delle risorse destinate alle periferie. Cambia il tipo di risorse: da quelle di proprietà privata, solitamente notabiliare, si passa a quelle di proprietà pubblica.

La nuova metodologia consentiva, comunque, all’élite dorotea e all’intera DC di espandere sempre più la sua azione trasformistica e di far sì che la compresenza e la coagulazione di vecchio e di nuovo, di avanzamenti e di arresti, nella società meridionale, rendano sempre ricche le sue raccolte di consensi. Così irrobustendo un blocco sociale che trova i suoi ampi supporti nella residua piccola e media borghesia rurale, in quella cittadina degli affari e delle libere professioni, in talune frange intellettuali e giovanili, in settori di non poco conto del mondo cittadino ed operaio. Il cemento è rappresentato per i primi due segmenti dai mille benefici e aiuti posti in atto dalla già citata politica assistenziale; per il terzo ed il quarto da un tipo di riformismo industriale e agrario, produttivo di un certo numero di posti di lavoro e di nuove occupazioni, seppure precarie, e soprattutto dagli impieghi pubblici, assicurati da una selva di organismi, istituti, enti, consorzi. Siffatto blocco sociale era anche un blocco politico, poiché da esso provenivano le nuove leve della DC nonché la dirigenza e il management, collocato alla guida dei numerosi enti pubblici, consorzi, banche, società finanziarie, messi in piedi da questo programma di rinnovamento, e affidati per lo più a democristiani, in maggioranza dorotei di sicura osservanza. “ (M. Fotia 2003)

1. 8

Il paternalismo

Il paternalismo è strettamente connesso con il modello parentale il quale a sua volta si distingue dalla clientela (J. La Palombara in P. Allum 1975) per essere basato o su una particolare relazione tra il boss e i suoi o sul meccanismo delle nomine. Il paternalismo è fattore importante della politica nazionale e fattore fondamentale della cultura politica meridionale. Gran parte dei posti di comando o intermedi in enti importanti vengono assegnati spesso con criteri paternalistici, ciò o per ricambiare servizi prestati o per consolazione (P. Allum 1975) nel caso che la persona da ricompensare non abbia avuto quello che sperava.

1. 9

Il Qualunquismo

Il qualunquismo non va inteso in senso spregiativo e/o liquidatorio, Togliatti stesso, a suo tempo, riconobbe le sue radici popolari. In effetti il qualunquismo rappresenta un elemento costitutivo di vaste aree della cultura politica italiana. Esso è tra le cause basilari del consenso attribuito al

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fascismo. Il qualunquismo prese forma in modo netto con Guglielmo Giannini ed oggi lo ritroviamo, per molti suoi aspetti, nel berlusconismo e in aree della destra ma anche della sinistra per alcuni aspetti. Tra i caratteri fondamentali del qualunquismo troviamo:

-l’insofferenza per il sistema dei partiti

-l’anticomunismo

-l’esaltazione del liberismo economico

-la negazione della presenza dello stato

-lo stile populistico nella comunicazione politica

-il rifiuto dell’approfondimento di tematiche politico-economiche

-l’esaltazione di un approccio semplicistico ai problemi

-la lotta contro la pressione fiscale.

Questo apparato ideologico è presente, per vari aspetti, nella cultura politica meridionale orientandone una buona parte dei consensi elettorali principalmente nelle elezioni politiche. Esso risale al 1799 (G. Pallotta 1972) e del resto a Napoli, nel dopoguerra, l’Uomo Qualunque ebbe vasti consensi con l’appoggio soprattutto della borghesia rurale e dei proprietari terrieri. Il risultato fu la vittoria del particolarismo (G. Dorso 2005), del fazionismo, del proliferare delle liste civiche.

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2- Modelli culturali e boss politici (2006 2103)

2. 1

Sessa Aurunca e Cellole, come altre aree del Mezzogiorno, rappresentano, nelle loro dinamiche politiche e sociali, casi emblematici di comunità che cercano una propria direttiva di sviluppo generale tra contraddizioni, arretramenti e avanzamenti. Ciò nel contesto di un Mezzogiorno in cui zone di eccellenza sono spesso contigue a zone di marcato sottosviluppo o in cui la giustapposizione di modelli di sviluppo e socioeconomici danno luogo a immobilismi o a schizofreniche fughe in avanti in un quadro in cui le categorie tradizionali di analisi a disposizione dello studioso vanno ad essere usate in modo quanto meno approssimato possibile e usando anche schemi analitici adatti alla specificità delle varie realtà sociali. Ciò di là da ogni empirismo sommario che pure costituisce il background metodologico di gran parte della classe politica e degli intellettuali locali.

Per quanto ci riguarda vogliamo riprendere oggi, ad inizio millennio, tematiche già sviluppate a proposito degli studi su Sessa Aurunca (P. Stanziale 1999) e Cascano (P. Stanziale 1988), nell’alto casertano, ritenendole più che mai attuali e cercando di allargare l’ambito delle analisi ad un quadro di rimandi e di annotazioni esplicative che, pur nella loro volutamente discontinua dinamica, vogliono cogliere i punti nodali e parametrare, in qualche modo, anche le problematiche sociali presenti nella zona sessana e cellolese. Ciò costituendo l’avvio di un irrimandabile processo di conoscenze che certo potranno essere realizzate in una area di studi sociali più organici e articolati.

È anche utile constatare che molti sono impegnati ad interrogare il passato remoto quando invece è piuttosto produttivo leggere il passato prossimo ed il presente nella prospettiva della costruzione di una consapevolezza critica che, di là dalle risultanze della ricerca socio-antropologica, può contribuire alla delineazione di una possibile conoscenza effettiva della locale realtà sociale.

2.2

Nella serie di articoli scritti a suo tempo per Critica Meridionale (1974) e per Mondo Oggi (1980) cercammo di studiare la ricaduta sociale dei processi di industrializzazione nella zona di Sessa Aurunca e sulle caratteristiche dell’azione politica in tale zona negli anni ‘80. Con il libro Zona - aurunca/sud pontino: l’impronta nucleare (1985) cercammo di fare il punto sull’avventura nucleare nel territorio di Sessa Aurunca. Successivamente riprendemmo queste prospettive di ricerca, ma da un’angolazione antropologico-culturale- partendo dall'impostazione data al lavoro sviluppato poi in gruppo- L’illusione e la maschera (1977)- dirigendo, successivamente, il Gruppo di Studio Sinodale su Mentalità e costumi della nostra gente (1990) (ricerca piuttosto sintetica ma ricca di indicatori e- purtroppo - non molto conosciuta)- collaborando su questi temi a Civiltà Aurunca ed al Mensile Suessano, nonché attivando le seguenti recenti ricerche: Visioni politiche del

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mondo nel territorio di Sessa Aurunca. Definizione dell'habitat culturale di provenienza di un campione di popolazione studentesca e Giovani: valori e attitudini nell’alto Casertano (P. Stanziale 1993) - nonché Ricerche sulla cultura del magico (P. Stanziale 1997-98).

Da queste indagini, cui si è sempre cercato di dare una corretta impostazione in un ambito di ricerca empirica, sono emersi una serie di fatti, di conferme, ma anche di interrogativi cui sarebbe troppo lungo accennare ma su alcuni dei quali conviene riflettere.

2.3

Anzitutto mi sembra opportuno rilevare che la storia sociale di Cellole, in provincia di Caserta, coincidendo, in prima istanza, con quella della vicina Sessa Aurunca, nell’ambito di un territorio definibile come sessano, non può essere fatta in modo circoscritto ma deve essere tracciata, in seconda istanza, rispetto alla storia generale del Mezzogiorno e quindi con quella nazionale e facendone, quindi, risaltare i tratti sia specifici sia quelli omologanti …

E subito alcuni interrogativi relativi ai punti che seguono:

-come l'essere stata Sessa Aurunca una cittadella della fede (M.Volante 1993) abbia influito sulle dinamiche sociopolitiche del territorio;

-quali le modalità secondo le quali si è venuta delineando nel '500-'600 una qualche classe borghese nel territorio aurunco;

-come viene ad emergere in modo specifico il filoborbonismo locale;

-come prende forma in modo specifico (e con una certa costanza) l'estraneità di grandissima parte del tessuto socioculturale della zona sessana, e non solo, ad idee e fatti storici orientati verso innovati assetti socio-politici.

2.4

Certo sono domande che già delineano - in un certo qual modo - produttive possibilità di approccio al Problema nella misura in cui alludono alla necessità, ormai improcrastinabile, di studiare in una prospettiva di ricerca sociale il passato locale. In ogni caso vorrei concludere questa linea di considerazioni cominciando a dare alcune risposte riferendomi a quanto sostiene Giuseppe Galasso (1965- 1982) a proposito della storia del Mezzogiorno d'Italia. Mi sembra che tre siano i punti interessanti che pone in evidenza Galasso nell’ambito dei suoi fondamentali itinerari di ricerca e su cui, anche attraverso percorsi diversi, vengono a convergere altri storici.

Il primo riguarda la specificità culturale di origine contadina delle zone come quella di Sessa Aurunca e Cellole che, pur avendo come confine il mare non hanno mai mostrato uno sviluppo di elementi culturali di civilizzazione legati alla pesca e alla navigazione e questo riguarda anzitutto Cellole che è l’insediamento più vicino al mare;

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la mancanza, in senso generale, di una capacità locale autonoma di elaborazione politica innovativa;

il fatto che innovazioni sociali e politiche nella zona sessana, come nel Mezzogiorno in generale, sono state originate, nella gran parte dei casi, dall'esterno- e su questo punto di delinea una differenza tra Cellole e Sessa per il fatto che Cellole a fronte di una certa vivacità politica è divenuto Comune autonomo distaccandosi da Sessa Aurunca e aprendosi una propria strada allo sviluppo.

Le suddette conclusioni- che di fatto finiscono per rappresentare delle costanti, facilmente inverabili a livello locale- possono ben costituire un paradigma interpretativo. Esse delineano in modo sintetico il quadro di un’analisi sociale che, partita da lontano, ben si collega ad altri tipi di analisi (sociologiche, antropologiche) più centrate sull’evo moderno dell’area locale.

2.5

Un altro punto di partenza, quindi, può essere dato da ciò che cercammo di delineare - in modo non basato sull’analisi quantitativa ma sulla tecnica dell’osservazione e dell’analisi partecipante (T. Tentori 1960) e su una serie di indagini, di interviste, di storie di vita, di colloqui e, se volete, di intuizioni, verificate come modello culturale (cultural pattern), antropologicamente significativo (L’illusione e la maschera, 1977 e Civiltà Aurunca 2/85) per l’ambito locale sessano e quindi cellolese; in altre parole cercai di mettere in evidenza valori, comportamenti, attitudini e tutto ciò attraverso cui una comunità si rappresenta il mondo e come si rapporta con i problemi dell'esistenza (si trattava di indagini da intendersi come ricerche d’ambiente di taglio socio-antropologico (P. Guidicini 1991) giocate tra i classici E. C. Banfield (1961) e R. Lynd (1970). In grande sintesi il risultato di queste ricerche nel sessano collegavano le contraddizioni sociali e politiche, ed un certo livello di non-progresso generalizzato, a un non conseguenziale processo evolutivo tra Cultura Contadina, Cultura Umanistico-Idealistica, Cultura dell'Età Industriale (naturalmente in tale ambito cultura vuol dire kultur, civilizzazione, un ambito che comprende anche situazioni quali la scelta del tipo di scuola per un figlio o il grado di sindacalizzazione di gruppi sociali ecc.). In base a questi assunti era possibile, quindi, spiegare situazioni quali l'eccesso di familismo, il qualunquismo, forme di ribellismo fine a se stesso, la mancanza di senso dello Stato, il ruolo frenante della cultura contadina dal punto di vista del progresso socio-politico e altro ancora: tutto ciò che, in effetti, poteva e può condurre ad un primo approccio esplicativo al tema della costante storica del sottosviluppo (indicando, sostanzialmente, con tale termine la consapevolezza sofferta di talune costanti sociali frenanti rispetto a reali risorse e a prospettive di razionale modernizzazione sociale possibile). E ciò, naturalmente riguardo non solo al sessano e al cellolese ma riguardo a gran parte del Mezzogiorno e del Meridione ed è un’analisi che può correttamente venire, per molti aspetti, come vedremo, a riguardare anche l’attualità.

2.6

In ogni caso, nello sviluppo di queste note, non è possibile prescindere dal substrato della cultura contadina (altrimenti detta agraria o rurale)- per quanto delineato nelle analisi suddette- nel cui

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contesto riscontriamo che, parallelamente e successivamente, vi è stata l’egemonia umanistico-idealistica (quella incentrata sulla figura e sul ruolo sociale del Professore e dell’Avvocato, ma anche su quella del Medico) cui poi si sono sostituiti altri valori e comportamenti generalizzati legati ad altre figure di riferimento del successo sociale emergenti nell’ambito di un processo dai tempi piuttosto lenti e quasi sempre caratterizzati da una certa sfasatura rispetto alle dinamiche socio-politiche pertinenti alla modernizzazione della società nazionale.

I modelli di riferimento hanno orientato di volta in volta scelte sociali e valori ma quello che emerge in modo piuttosto palese- e che è utile puntualizzare ulteriormente- è quanto segue.

-La cultura contadina tende a permanere per vari aspetti come substrato del modello socio-culturale generale e non è solo pertinente a quelle che erano le classi subalterne. Questa cultura, definita da P. Allum (1975) Gemeinschaft rurale si articola principalmente sui seguenti orientamenti:

-utilitarismo

-valore fondamentale della tradizione e della religione

-diffidenza nei confronti dell’altro

-accettazione di consuetudini e regole dominanti

-concezione gerarchica della società

-impossibilità di cambiare la struttura sociale

-atteggiamenti di rivolta o di rinuncia

-ruolo decisionale di fatto della donna-madre.

Questo tipo di cultura per fortuna ha perso negli studi sociali, a partire dagli anni ‘60, un certo alone di esaltazione e di privilegio di derivazione ottocentesca per essere riportata nei termini di una critica storico-sociale che ne ha posto in luce gli aspetti di utilitarismo, di inconsistenza emancipativa e di anarchismo. Stiamo parlando di studiosi quali De Martino, Galasso, Tullio-Altan e soprattutto Amalia Signorelli (1984) che particolarmente ha mostrato come il bisogno di folklore sia un bisogno regressivo. Questi studiosi hanno preso generalmente come spunto per le loro analisi la realtà del contadino meridionale descritta crudamente da Gramsci. "... il contadino è vissuto sempre al di fuori del dominio della legge, senza personalità giuridica, senza individualità morale, è rimasto un elemento anarchico, l’atomo indipendente di un tumulto caotico, infrenato solo dalla paura del carabiniere e del diavolo. Non comprendeva l’organizzazione, non comprendeva lo stato, non comprendeva la disciplina; paziente, e tenace nella fatica individuale di strappare alla natura scarsi e magri frutti, capace di sacrifici inauditi nella vita familiare, era impaziente e violento selvaggiamente nella lotta di classe, incapace di porsi un fine generale d’azione e di perseguirlo con la perseveranza e la lotta sistematica." (A. Gramsci 1974 e quindi C. Tullio-Altan 1986).

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2.7

Il modello umanistico-idealistico, quindi, è stato il modello della classe egemone e riferimento di avanzamento sociale per le classi subalterne. Questo modello era pertinente più a Sessa Aurunca, storicamente centro del potere, che non alle aree periferiche come Cellole. Per vari aspetti, esso ha costituito l’ideologia di un ceto di potere che nell’area politica e nel campo amministrativo in generale ha trovato il suo sbocco naturale fino ai giorni nostri attraversando una fase di generale affermazione nel ventennio fascista. E qui il riferimento è alla figura del funzionario statale (A. Gramsci 1971) proveniente da una famiglia contadina che, attraverso una formazione umanistico-giuridica, accede ai quadri statali. Questo pattern, (articolato quasi sempre tra conservazione e idealismo) che meriterebbe uno specifico studio, molto più circostanziato rispetto a quanto accennato in precedenza da noi (P. Stanziale 1977- 1985), ha sempre privilegiato lo Stato inteso come ambito di sicurezza occupazionale e di esercizio del potere. Ciò anche per il ruolo di importanza assegnato ad un certo tipo di intellettuale nel quadro di una concezione idealistica dello Stato stesso, concezione che nella variante crociana dell’utopia moderata ha caratterizzato l’egemonia culturale napoletana dalla quale però si sono distaccati vari intellettuali perché sganciata da una praxis avente pure nel Mezzogiono connotazioni nuove (B. De Giovanni 1978). Vengono a completare questo modello alcuni indicatori (indicatore qui va inteso in senso generale) - cui è utile accennare in modo sintetico- quali:

-l’emarginazione della cultura scientifica

-l’osservanza religiosa di tipo formale per vari aspetti

-l’esaltazione dell’eloquenza e di una armonia di derivazione letteraria

-una certa xenofobia

-privilegio del monumento rispetto alla struttura

-armonizzazione idealistica della prassi.

2.8

Il processo di modernizzazione sociale poi ha portato un ovvio aumento della complessità del quadro sociale con l’affermarsi di valori e comportamenti legati alla cultura dell’età industriale o, se si vuole, post-industriale.

Anche qui è possibile individuare qualche orientamento :

-partecipazione maggiore ad attività associative

-competizione sociale

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-forme di conformismo legate a modelli veicolati dai mass-media

-consumismo ed esibizione sociale dei consumi

-edonismo.

Manca dunque l’approdo all’assetto proprio di una gesellschaft caratterizzata da:

-gruppi sociali secondari

-dominio organizzativo

-legami politici orizzontali

-rapporti di parziale autonomia con l’apparato statale

-organizzazione politica in partiti di massa

-richiamo ideologico non populistico o formalmente religioso ma con una base culturalmente articolata.

Come già delineato in precedenza l’attualità del modello- che definiamo tradizionale o anche di dominio- vede la coesistenza, la convivenza, a volte contraddittoria, di elementi e situazioni relativi ai tre modelli precedenti, con le opportune scansioni rispetto agli scarti generazionali (e localistici), con tutto ciò che ne consegue in termini di immobilismo, produzione culturale, atteggiamenti politici, sviluppo economico, attitudini sociali.... E va qui sottolineato e non dimenticato il fatto che la dinamica sociale e il comportamento sociale e politico nascono da una visione del mondo originata proprio da un modello culturale che ne orienta comportamenti, atteggiamenti e attitudini.

Va, inoltre, considerato che la lettura dell’area locale attraverso il modello culturale di cui stiamo parlando non può non tener conto di quanto emerso da una ricerca sociologica (A. Calenzo 1983) e da una ricerca storica (G. Di Marco 1995): entrambe le ricerche insistono giustamente sulla compresenza territoriale di una realtà più specificatamente rurale- relativa alle frazioni del territorio comunale, tra cui l’ex frazione Cellole- ed una realtà urbana relativa a Sessa Aurunca-centro, volendo così indicare differenziazioni socioculturali e storiche, in particolare costituendo tale differenziazione, per Di Marco, un paradigma interpretativo della storia locale. Per quanto ci riguarda il cultural pattern sopra-esposto, come anche quello relativo alla dicotomia gemeinschaft/gesellschaft possono, tali modelli, essere ritenuti validi per la lettura socio/antropologico-culturale di gran parte dell’area locale e non solo. Tale validità può essere confermata localmente attraverso l’individuazione di talune componenti significative a scapito di altre, trattandosi di un modello componenziale aperto alle stratificazioni ed alle dominanze.

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Altro fattore importante è lo scarto generazionale cui abbiamo accennato, ovvero la preminenza di elementi del modello culturale dominante rispetto all’età e relativamente a come i giovani si trovino spesso in situazioni conflittuali rispetto a sollecitazioni ed influenze diverse (P. Stanziale 1993).

2.9

Ma procediamo con ordine anche utilizzando qualche flashback. Popolazioni locali che si sollevano non per rivendicazioni politiche (1848) ma per un "masto di festa" (P. Giusti 1928); una coscienza sociale in qualche modo consapevole di marcate forme di subalternità e in grado di organizzare forme isolate e non articolate di protesta e di rivendicazione politica: penso alle lotte per il Pantano dei cellolesi e a qualche jacquerie delle frazioni, penso a personalità come Maria Lombardi e Gori Lombardi per il loro faticoso ed inimitato impegno politico e sociale in tempi non facili per la formazione di una coscienza delle subalternità. Penso al ruolo della Sinistra fino ai giorni nostri ed al fatto che il suo modo di far politica ha solo smussato lo zoccolo duro del modello culturale generale (in tale ambito i lavori di G. Capobianco e G. Ciriello hanno il merito di aver delineato una memoria storica della sinistra e rivendicato il suo ruolo, ma non hanno esaminato fino in fondo l’incidenza sociale e politica di questa sinistra nella storia locale rispetto alla generalità del tessuto sociale, sinistra che era ed è rimasta una sub-cultura politica, essendo riuscita ad incidere solo in modo marginale sul modello culturale dominante). E poi: una religiosità formale e ritualistica, tesa a riprodurre identitariamente un assetto comunitario (P. Stanziale 1998) e addirittura ancora largamente sincretica fino agli anni '30 (N. Borrelli 1937). E ancora: l'interessata mediazione fascista che nel modificare alcuni equilibri acquista paradossalmente connotati di modernizzazione... la polarizzazione Mazzarella-Ciocchi che viene a costituire uno degli stadi intermedi nel processo di svilimento della politica come tale nella zona sessana (A. Marchegiano 1989); la zona sessana che elegge ai principi del '900 a proprio rappresentante in parlamento un personaggio legato alla malavita aversana..

Penso soprattutto all’ egemonia della Democrazia Cristiana, partito sorto nel dopoguerra ad opera di esponenti dell’azione cattolica e di persone provenienti da esperienze politiche diverse. L’ampio consenso assicurato a questo partito era basato fondamentalmente su quello che Allum (1975) definisce boss politico (coincidente, nell’area locale, col grande elettore/luogotenente) avente capacità di organizzazione e di mediazione. Questi, secondo l’identikit che ne fa Allum è un professionista minore che organizza intorno a sé una clientela... prospera in una società poco industrializzata e si muove in una realtà economica poco florida per cui l’unica ricchezza è data dal favore, inscrivibile nella sua capacità di mediazione e di relazioni con la burocrazia statale in generale e ministeriale. Per quanto riguarda l’area locale il boss aveva l’appoggio incondizionato della Chiesa, almeno fino agli anni ‘70, epoca in cui comincia a delinearsi una certa autonomia dell’episcopato rispetto al potere politico (Quaderni del Sinodo n.1- 1990). In ogni caso era decisiva la sua struttura organizzativa che avendo Sessa Aurunca come centro aveva propri referenti in tutte le frazioni del Comune- compreso Cellole- assicurando, attraverso un controllo capillare, un pacchetto di voti da spendere- con una certa disinvolta autonomia- al fine di aumentare il proprio peso politico rispetto all’ambito parlamentare e rispetto alla burocrazia statale. L’organizzazione seguiva lo schema seguente (Allum 2003).

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------------------------------------------Capicorrente---Dirigenti di partito-----------------------------------

--------------------------------------Luogotenenti -------Parlamentari Sottosegretari------------------------

----------------------Grandi elettori------------Sindaci Cons. Com. Segr. Sez. Professionisti--------------

-------------------------------…Capi elettori --------------------Attivisti Capi clan familiari----------------

------------------------------.Galoppini---------------------------------Galoppini--------------------------------

-----------------------Elettori-------------------------------------------------------Elettori------------------------

Era questo- e per molti aspetti è- un sistema di clientela abbastanza consolidato che, per vari aspetti, esulava pure da un circoscritto rapporto di tipo politico per essere strutturato secondo un familismo tipico per cui ci si rivolgeva al boss non solo per il favore ma anche per altri motivi connessi all’ambito familiare (malattie, matrimoni ecc.). Questo tipo di boss rientra, in senso generale nella tipologia di Whyte (1955) e Weber (1966) e negli studi di Kirchenheimer (La Palombara e Weiner 1966), ma se ne discosta per il fatto di essere calato in una realtà sociale di transizione, come ben mostra Allum (1975). Transizione tra un tipo di società agraria ed un tipo di società industriale secondo lo schema seguente.

Società di transizione e caratteristiche predominanti

Rapporti di classe: frammentari

Forme di organizzazione politica: boss/apparati politici

Sfera di attività: locale /nazionale

Richiamo ideologico: populista

Natura dei legami politici: ristretti/verticali

Metodi di controllo politico: manipolazione/coercizione

Rapporti con l’apparato statale: dipendenza totale

Questo tipo di boss è stato sostituito, successivamente negli anni, realizzando un certo successo di consensi, da altri tipi di boss più legati all’ambito industriale, più legati ad un dominio organizzativo e tecnocratico, con una parziale autonomia rispetto all’apparato statale ed alla Chiesa locale e collegati con lobby di potere economico e talvolta con aree di interessi diversi... Si tratta di boss che sono anch’essi figure di transizione dato che presentano sia caratteristiche legate ad un tipo di società agraria semplice sia caratteristiche legate ad un tipo di società più moderna. In ogni caso permane un tipo di dominio personale in un ambito localistico e con richiami ideologici di tipo populistico. Quello che ci interessa sottolineare qui è che la tipologia del boss politico rappresenta

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un indicatore rispetto ad una modernizzazione della politica come tale nell’area Sessa Aurunca-Cellole, che evidentemente stenta ad emergere come efficiente ambito di iniziative e volontà razionale, pure presente, anche con modalità diverse, in altri ambiti del Mezzogiorno.

2.10

E siamo così arrivati a tempi recenti i quali, prima di essere presi in esame, richiedono riflessioni su almeno due spunti analitici. Il primo riguarda lo studio di P. A. Allum (1975)- cui ci siamo frequentemente richiamati- che riguarda anche la nostra zona delineando sociologicamente ciò che era emerso per via antropologica, successivamente (1977), nelle ricerche suddette e che può essere così descritto in via di grossa semplificazione: gran parte della società civile dell’area Napoli-Caserta viveva tendenzialmente con continuità una propria situazione conflittuale dovuta al fatto che essa (società civile) non era ormai più una Comunità (gemeinschaft) e non andava neanche a diventare una Società (gesellschaft- F. Tönnies 1963) in senso moderno. Ovvero modelli comunitari e modelli societari convivevano, si sovrapponevano e collidevano. Vale a dire che conservazione di valori strumentali (utilitarismo, anarchismo ecc.) -propri di un comunitarismo di tipo rurale - tendevano a convivere con valori e comportamenti tipici della civiltà industriale (consumismo, crisi di valori morali, omologazione di massa, tipologie di acculturazione di tipo conformistico, l’uso di droghe ecc.), ovvero come sostiene D. De Masi (1969) c’era un assetto comunitario che andava disgregandosi rispetto ad una struttura societaria che appena si annunciava...

(È necessario, a questo punto, puntualizzare che il nostro modello antropologico-culturale, rispetto a quello di Allum era più specifico per la nostra zona. Allum non prendeva in considerazione l’ambito culturale umanistico-idealistico dato che l’impianto della sua analisi era centrato sul rapporto comunità- società - sulla linea Marx- Weber- Gramsci- Tönnies - e riguardava i rapporti tra potere e società nel collegio Napoli- Caserta). Questi erano i punti d’arrivo delle analisi le quali oggi si presentano con una validità inficiata solo marginalmente, permanendo come quadro analitico anche dell’attuale situazione sociale dell’area locale e non solo. Una conferma di ciò può essere riscontrata nella parte del presente lavoro che è dedicata proprio a questo tema dal punto di vista dell’analisi quantitativa, con un’ulteriore verifica tratta da uno studio CENSIS del 1998 sul Mezzogiorno.

Il secondo spunto nasce da un esame della società locale dal dopoguerra ad oggi: rapporti tra politica e società, il tipo di cultura politica, rapporti tra politica ed economia... Uno spazio sterminato di ricerca e di analisi ma in cui è possibile individuare qualche situazione particolarmente indicativa come la convergenza - all'inizio degli anni sessanta - tra il potere politico consolidato della borghesia medio-alta (che altrove abbiamo ritenuto definibile come parassitaria- P. Stanziale 1985) e gruppi economici locali e/o nazionali: e ciò come in moltissime altre realtà nazionali nell'epoca del boom economico. Nella zona sessana questo tipo di sviluppo - il quale ha originato grosse iniziative imprenditoriali, con i tradizionali risvolti clientelari (pur se nella zona sessana non è esistita né esiste una affermata tradizione imprenditoriale vera e propria)- non è avvenuto, purtroppo, secondo metodi non estranei ad iniziative varie della magistratura: ciò che nei fatti, costringe a non identificare lo sviluppo di queste iniziative con un progresso democratico reale e generalizzato della società locale. Del resto alcune di queste iniziative, nel tempo hanno mostrato i

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loro limiti imprenditoriali attraverso cessioni, ricomposizioni, riduzione delle attività o scomparendo. (Va annotato, a tale proposito che una storia degli insediamenti industriali nei Comuni di Sessa Aurunca e Cellole deve essere opportunamente delineata sia per ciò che riguarda le cattedrali nel deserto del boom degli anni ‘60 che per l’effettiva possibilità insediativa di tipologie industriali rispetto alla vocazione economico-produttiva del territorio).

2.11

A questo punto è necessario richiamare gli anni del cosiddetto boom economico in cui il comune di Sessa (comprendente Cellole) divenne un’area di incubazione della dipendenza dal Nord (M. Fotia 2003). Basta ricordare almeno:

-la costruzione della centrale nucleare del Garigliano, una centrale con tecnologia americana che fu sperimentata con risultati devastanti successivamente emersi;

-la costruzione dello stabilimento metalmeccanico Società Prefabbricati Finsider, poi Morteo, successivamente oggetto di cessioni e speculazioni;

-la nascita di Baia Domizia con le note vicende imprenditoriali-giudiziarie.

“Nella seduta del 13.8.63 del Consiglio comunale di Sessa Aurunca venne approvata all’unanimità la delibera n. 316 inerente la vendita della Pineta di Sessa di proprietà del Comune ad una società settentrionale, l’Aurunca Litora, per la costruzione del villaggio Turistico-balneare denominato Baia Domizia.

Il 22 luglio 1959 l’Amministrazione Comunale presieduta dal DC Gennaro Ciocchi, aveva indetto un concorso per la valorizzazione della Pineta di Sessa Aurunca, che venne aggiudicato ad un gruppo di architetti napoletani e salernitani, Caruso, Defez, Di Majo, Gambardella Rosa e Alfonso, Muzzillo, che non ebbe mai esecuzione. Esso prevedeva la vendita del terreno, in lotti, ai naturali del posto a l. 150 il mq ed a L. 300 ai forestieri. Vennero presentate circa tremila domande che non vennero mai evase. “ (G. Monarca 1994)

Negli anni seguenti l’operazione Baia Domizia, definita “uno scandalo democristiano” (S. Bertocci 1977), ebbe rilevanti risvolti giudiziari investendo la DC a tutti i livelli, da quello locale a quello nazionale con notevoli echi di stampa.

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Page 36: Società 2.0

3- Ricerche (2004- 2006)

La Sociologia ed alcune altre Scienze Umane sono da ritenersi discipline basate fondamentalmente sull’osservazione e su orientamenti concettuali (F. Ferrarotti 1998), questa ci è sempre sembrata una prospettiva di studio abbastanza valida e produttiva. Questi, dunque, i criteri che abbiamo tenuto presente nelle nostre ricerche, criteri che però non possono prescindere né da un background storico-filosofico né da una lettura corretta dei fatti sociali in senso sincronico e diacronico integrata dalla analisi quantitativa. Pur se tutto ciò che è conoscibile non è misurabile (Ferrarotti 1998) tuttavia la ricerca quantitativa fornisce trend, elementi, orientamenti e verifiche preziosi. A complemento documentario del presente lavoro questa parte riguarda alcune ricerche relative all’ambito locale comprendente anche Sessa Aurunca e Cellole e di cui abbiamo già parlato in un precedente lavoro (Stanziale 1999). Ai risultati delle suddette ricerche e studi pensiamo vada attribuito un valore dialettico e contestuale, non assolutizzabile, ma necessario nell’ambito dell’enucleazione di processualità e di dinamiche sociali che è ciò che maggiormente ci interessa porre in evidenza. 3.1 Nell’autunno del 2004, presso il Liceo Scientifico “E. Majorana” (Sessa Aurunca), fu attivata una ricerca-sondaggio relativa alle “Visioni politiche del mondo”. Questa ricerca nacque dall’esigenza di uscire fuori dal generico delle valutazioni politiche e sociali relative all’ambito locale per cercare di “misurare” e definire le modalità di rappresentazione della politica in relazione all’habitat sociale e culturale locale e ciò anche in una prospettiva diacronica. In effetti, il punto di partenza era stato il famoso libro di P. Allum: “Potere e società a Napoli nel dopoguerra” (1975) che ebbe il merito di evidenziare in modo scientifico le modalità di rappresentazione della politica e delle problematiche sociali nella gente dell’area Napoli – Caserta. Prendendo spunto da Allum una ricerca, in qualche modo analoga, fu iniziata nel 1991 presso l’Istituto Magistrale Statale “T. Da Sessa” (Sessa Aurunca), e portata a termine successivamente presso il Liceo Scientifico “E. Majorana” e pubblicata nel 1999. La successiva ricerca-sondaggio quindi, fu utile per verificare se, nell’arco di oltre un decennio nella società locale, si fossero verificati, in qualche modo, effettivi mutamenti in relazione ai parametri di indagine presenti nella stessa ricerca del 1991. Gli indicatori usati per la strutturazione del questionario della ricerca-sondaggio furono: a) l’acculturazione; b) la socializzazione; c) il rapporto con i candidati alle elezioni; d) le rappresentazioni dello Stato; e) il rapporto tra Stato e territorio; f) le rappresentazioni della politica locale. Su questi indicatori venne strutturato il relativo questionario riguardante i seguenti ambiti: a) fonti di amicizia; b) partecipazione sociale; c) pratica religiosa; d) lettura; e) televisione; f) politica; Quest’ultima con n. 18 items.

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Il campione venne costruito tenendo presente: a) età degli intervistati compresa tra 25 e 60 anni; b) 50 % maschi e 50 % femmine; c) classi sociali: 10 % borghesia medio-alta, 50 % classe media, 40 % classe “operaia”. Gli studenti si preoccuparono di somministrare il questionario nelle seguenti aree: 1) Sessa Aurunca 2) Cascano 3) S.Castrese 4) Piedimonte 5) Falciano del Massico 6) Carinola 7) Casanova 8) Sparanise 9) S.Carlo 10) Cellole 11) Roccamonfina. Si tratta di località che presentano margini plausibili di omogeneità di situazioni ambientali, sociali, economiche e politiche: ciò che è abbastanza importante per la veridicità dei risultati. Ogni studente somministrò questionari di cui: - 50 % a donne e 50 % a uomini; - di questi - 30% a persone della classe “operaia”, - 50% della classe media, - 20 % della classe medio-alta. Questa campionatura ci sembrò essere affidabile dal punto di vista metodologico per una ricerca-sondaggio, anche se certamente permaneva un margine di aleatorietà (principalmente per ristretti scarti di percentuali di risultati) che però ritenemmo non tale da inficiare il valore generale della ricerca-sondaggio. L’universo del campione risultò essere di 528 unità. Ciò a fronte della ricerca del 1991, che comprendeva un universo di 700 unità relativo allo stesso ambito territoriale della presente ricerca-sondaggio

Ricerca—sondaggio

LE VISIONI POLITICHE DEL MONDO IN UN’AREA DELL’ALTO CASERTANO

RISULTATI

1. Fonti di amicizia

Casuali 14.7%

Parenti 15.7%

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Amici di infanzia 20.5%

Associazioni e circoli 7.7%

Vicini di casa 14.4%

Ambito lavorativo 26.8%

Nessun amico 0.2%

2. Partecipazione ad organizzazioni sociali

Circoli ricreativi 11.2%

Partiti politici 12.6%

Associazioni sportive 12.5%

Sindacati 10.5%

Associazioni professionali 14.3%

Nessuna partecipazione 38.9%

3. Pratica religiosa SI NO Messa domenicale 44.6% 55.4% Altro 11.8% 88.2% 4. Lettura:

SI NO Preferenze Lettura quotidiani 47.1% 52.9% Lettura settimanali 34.3% 65.7% Panorama, L’espresso Lettura stampa di partito 25.4% 74.6% Lettura riviste specializzate 51.4% 48.6%

più di uno al mese 13.5%

uno al mese 17.9%

uno ogni tre mesi 16.5%

uno ogni sei mesi 13.2%

uno all’anno 13.3%

Lettura libri:

nessuno 26.6%

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5. Televisione

6. Politica:

La politica è appannaggio di: una certa categoria di persone 30.1% delle persone istruite 3.8% dei ricchi 12.2% di chi sa fare gli affari 31.7% di tutti 22.2%

SI NO

E’ importante conoscere il candidato? 44.5% 55.5% E’ importante conoscere il programma del candidato?

82.5% 17.5%

Un candidato deve essere competente di amministrazione in generale?

80.1% 19.9%

Basta che il candidato abbia buon senso?

23.4% 77.6%

Le promesse dei candidati sono: corrette esposizioni di intenzioni

13.1%

necessarie bugie 60.5% servono a far conoscere il candidato 26.4% I candidati:

mantengono sempre quello che promettono

4.1%

non mantengono mai il promesso 44.8% fanno in parte ciò che promettono 51.1% Lo stato si identifica con:

i partiti

13.9%

Meno di tre ore al giorno 72.7% Più di tre ore al giorno 19.3% Non dichiarato 8.0% Preferenze:

film

33.0%

telenovele 31.0% attualità-dibattiti 26.5% divulgazione scientifica 9.5%

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i politici al potere 34.8% i ricchi 8.9% gli industriali 4.3% la repubblica dei cittadini 38.1%

SI NO

Bisogna aver fiducia nello stato? 80.6% 19.4% Con il voto si può cambiare lo stato? 71.3% 28.7%

SI Nella sua zona lo stato è presente in modo:

efficiente

4.1%

funzionale 19.8% insufficiente 45.1% assente 31.0% In rapporto a varie necessità pensa che la raccomandazione politica sia:

indispensabile

24.9%

non necessaria 15.8% aiuta 59.3% Trovare lavoro è:

facile

7.5%

difficile 90.7% non so 1.8% Cosa consigli ad un amico con problemi sociali?

inscriversi ad un sindacato

7.9%

impegnarsi personalmente 42.9% ricorrere ad amici influenti 17.9% rivolgersi ad un politico 9.9% non saprei consigliarlo 21.35% Dell’attuale situazione politica della tua zona pensa che sia:

soddisfacente

13.9%

insoddisfacente 53,5% non so 32.6% SI NO NON SO IN PARTE Nel caso sia insoddisfatto politicamente pensa che una sua iniziativa potrebbe influire in qualche modo?

14.6% 54.7% 30.7%

Pensa che i suoi interessi siano attualmente rappresentati e tutelati politicamente?

13.9% 70.4% 15.7%

Page 41: Società 2.0

Con l’attuale sistema elettorale pensa che i cittadini siano rappresentati in pieno politicamente?

9.3% 20.8% 22.4% 47.5%

ANALISI DEI RISULTATI 1) Per quanto riguarda la socializzazione, si nota un minimo di evoluzione tra i dati della stessa precedente indagine del 1991 e quelli del 2004. Nel senso che, ad esempio, le fonti di amicizia si spostano nel tempo verso l’ambito lavorativo, divenendo sempre meno casuali, pur rimanendo un forte richiamo all’ambito del luogo di residenza e degli amici di infanzia. 2) La partecipazione sociale sembra invece ridursi a vantaggio di una marcata mancanza di partecipazione o verso forme di frammentata aggregazione. 3) Permane per oltre metà degli intervistati, ma in modo crescente, un non interesse per la pratica religiosa. 4) Per quanto riguarda la lettura dei quotidiani, essa rimane attestata per oltre il 50% di non lettura e troviamo la stessa tendenza, ma in modo più marcato e crescente, relativamente alla lettura dei settimanali. Fortemente penalizzata è la lettura della stampa di partito, mentre, invece, sembra in crescita la lettura di riviste specializzate. Per quanto riguarda i libri, si nota un andamento negativo nel tempo, nel senso che si tende a non leggere o a leggere in modo periodico con grandi intervalli di tempo. 5) Per quanto riguarda la televisione tende ad aumentare il numero di coloro che vedono meno di tre ore di TV/giorno, mentre diminuisce il numero di coloro che si fermano più di tre ore al giorno davanti al teleschermo. La preferenza rimane invariata per film e dibattiti ai primi posti, seguita però da oltre il 30% di preferenze per le telenovele. 6) L’assetto socioculturale che risulta da queste sezioni, si può definire come improntato ad un tendenziale immobilismo con una certa crescente frammentazione sociale e con un indice di acculturazione piuttosto negativo. Emergono anche, forme di socializzazione riportabili, pur se per aspetti circoscritti, ad ambiti comunitari di tipo rurale. 7) La politica viene rappresentata con ampi margini critici, significativa la convinzione, in oltre 1/3 degli intervistati, di un rapporto preciso, ieri come oggi, tra affari e politica. Come pure il considerare la politica come riservata ad un certo ambito di persone. 8) Ai candidati è chiesta competenza e programmi effettivi, non basta il buon senso, ma anche si ritiene che mentire faccia necessariamente parte dell’atteggiamento dei candidati i quali, alla fine, o non mantengono ciò che hanno promesso o lo realizzano in parte. Queste valutazioni sono costanti nel tempo. 9) Lo stato viene identificato in quest’ultima ricerca con la Repubblica dei cittadini ma con 1/3 degli intervistati che ritiene i politici al potere come ciò che identifica lo stato. Rispetto alla ricerca precedente quest’ultimo giudizio risulta diverso in quanto nel ’91 si collocava al primo posto. 10) Nell’attuale ricerca emerge una decisa fiducia nello stato unitamente all’idea che è possibile modificare con il voto i poteri statali e ciò in maniera più marcata rispetto all’indagine del ’91. 11) Lo stato, ieri come oggi, viene ritenuto assente sul territorio per oltre il 40 % del campione e con una insufficiente presenza per oltre il 30 % degli intervistati. 12) La raccomandazione era ritenuta indispensabile, nel ’91 per oltre metà del campione, mentre ora “aiuta “ per oltre il 60 % degli intervistati i quali, per il 24 %, la ritengono ora indispensabile.

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13) L’impegno personale nelle due ricerche viene ritenuto fondamentale rispetto a problemi sociali e, mentre nel ’91 al secondo posto per percentuale trovavamo il “rivolgersi ad amici influenti”, ora troviamo invece”non saprei consigliarlo” per il 21 % degli intervistati. 14) La situazione politica dell’ambito locale è guardata con insoddisfazione ieri come oggi ma con un più marcato disorientamento (32 % ) rispetto al ’91 (17 %). 15) La situazione del punto precedente viene ad essere integrata dal fatto che oltre la metà del campione delle due ricerche non pensa di poter influire sulla situazione politica locale. 16) Troviamo al penultimo item della ricerca un 70 % di risposte negative rispetto alla rappresentazione ed alla tutela politica dei cittadini e ciò come nel ‘91. 17) Conclude la ricerca una perplessità, che si stempera dal 72 % del ’91, al 47 % di oggi, rispetto all’efficacia dei sistemi elettorali attuale e precedenti, unitamente ad un giudizio nettamente negativo che sale dal 17 % del ’91 al 20 % di oggi. Il quadro che emerge dal contesto delle due ricerche, che riteniamo abbiano indicativi margini di veridicità - avvalorati anche dalla costanza di vari risultati- mostra la marginale lentezza di talune dinamiche che, in qualche modo, sono indicative di un mutamento socioculturale piuttosto lento, avvertibile del resto, a ben guardare, anche empiricamente. Rimane un immobilismo di fondo, un non apprezzabile livello di acculturazione e contraddizioni sulle rappresentazioni della politica, la quale viene svalutata a fronte di fatalismi e rassegnazione, situazione questa che può ben rimandare ad un disinteresse fisiologico per l’ambito della politica, per molti autori, tipico dei sistemi politici occidentali. Ma pure risulta la necessità di una maggiore presenza dello stato nell’ambito locale - e ciò come in buona parte della letteratura sociologica sul Meridione in cui ci si aspetta sempre molto dallo stato – unitamente alla necessità di una effettiva tutela degli interessi della gente. 3.2 Abbiamo ritenuto opportuno strutturare brevi questionari di sintesi (2006) relativi ai temi della famiglia e della politica, sottoponendolo ad un numero variabile di residenti, e ciò tenendo presente l’esperienza di Banfield (1961) nella prospettiva di individuare alcune componenti di quello che Banfield stesso definisce ethos di comunità. Questionari di sintesi Cosa è meglio: un uomo che lavora molto ma avaro……. n. 114 un uomo fannullone ma generoso………...n. 112 n.d. ……………………………………….n. 104 Cosa è meglio: un uomo che sposa una donna brutta per procurarsi i soldi per la famiglia… n. 116 un uomo che si sposa per amore abbandonando la famiglia………………....n. 112 n,d. …………………………………………………………………………...n. 102 Una donna può picchiare i propri figli in vista di un bene futuro per loro? Si.. 116 No..114 Un cittadino deve interessarsi alle cose pubbliche ? Si..130 No..00

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Il controllo dei pubblici ufficiali spetta solo ai superiori? Si.. 109 No.. 120 n.d...101 Bisogna mantenere in vita organizzazioni basate sull’altruismo? Si..127 No..103 Le leggi debbono prevedere punizioni sempre per chi sbaglia? Si…112 No..118 A chi dichiara di agire per il pubblico bene bisogna guardare: con sospetto …..116 benevolmente…114 Il voto è legato: a interessi immediati…101 a idee e programmi…..129 L’interesse pubblico può prevedere un tornaconto privato? Si…112 No…118 L’esercizio del potere comprende la corruzione? Si…102 No…128 I politici praticano il voto di scambio? Si…129 No…101 3.3 Nel 2005 il locale circolo di Alleanza Nazionale promosse un’inchiesta sui giovani di Cellole realizzando una serie di interviste di cui qui di seguito riportiamo sinteticamente i risultati di massima. IDENTIKIT INTERVISTATO Il campione disponibile è composto in maggioranza da maschi e la rimanente parte da soggetti femminili; quasi tutti studenti delle superiori. Pochi gli occupati, il resto in cerca di occupazione. L'IMPEGNO: i giovani cellolesi non hanno una vocazione spiccata all'impegno di tipo pubblico. Quasi nessuno ritiene molto importante la politica, mentre considerano più importante l'impegno sociale. E se dovessero esprimere un impegno nel sociale lo farebbero per qualcosa che percepiscono come impegno concreto, come il volontariato. La situazione di precarietà e stagnazione del mercato del lavoro e lo scenario politico-economico di grave crisi si riflette nell'esistenza di ognuno degli intervistati ed è trasversale rispetto al campione, per sesso, età, appartenenza, formazione culturale.

Mancanza di fiducia. C'è un palese stato di mancanza di fiducia, nello stato delle cose e secondariamente in se stessi, marcato soprattutto nei soggetti maschili, specie quando sono formulati progetti di vita, talora commoventi nella loro genericità: vivere tranquillamente, essere felici, sperare che qualcosa accada.

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Speriamo che me la cavo. Un eccellente background economico della famiglia d'origine, ed è di una minoranza, abbassa l'ansia ma non aumenta la fiducia. Ci si difende dentro l'esistente ma non si scommette sul futuro."Speriamo che me la cavo". " Io mi accontento "..

Attenti all'ambiente. Si dicono abbastanza attenti all'ambiente, non disposti dunque a militanze verdi, dichiaratamente solidaristici per bisogno di solidarietà. In cerca di rapporti reali. Quando non sono al computer per lavoro, non navigano facilmente in rete, non solo per difficoltà di accesso alla tecnologia fuori dai luoghi di lavoro, ma anche perché in cerca di rapporti reali e non credo si possa considerarlo un disvalore. Si informano. Inaspettatamente si informano più di quanto si potesse supporre, non sulla stampa nazionale, più su Internet. Ancora in famiglia. Vivono in maggioranza in famiglia che rimane un punto di ancoraggio e una prospettiva per il proprio futuro, sia per gli uomini che per le donne, anche se sposare e far figli è una decisione che viene rinviata sempre un poco più in là. Quando la famiglia d'origine è economicamente solida, questo aiuta se mai a trovare un lavoro, ma non spinge a slanci progettuali. Una parte frequenta un corso di studi universitario che probabilmente non finirà. I valori. Apprezzano l'onestà e l’umiltà, sono disposti a pagare le tasse, rispettano la proprietà e non sognano destini avventurosi. La tranquillità è un valore anche per quelli che vogliono fare l'attore, il musicista. Si è cercato di cogliere nel campione la massima rappresentatività considerando segmenti differenziati e significativi della società civile per la fascia giovane di Cellole, città terziarizzata con un'identità debole, di gruppi diversi giustapposti che non paiono ancora pronti a creative contaminazioni. Per concludere, abbiamo plurime identità abbastanza omogenee tra loro eppure atomizzate nel proprio particolare, dove le timide volontà di aggregazione non riescono a trovare una o più cornici che costruiscano un tessuto reticolare di legami sociali. DATI SU CUI RIFLETTERE

1. POLITICA; verso la politica pollice verso. C'è disaffezione per coloro che fanno la politica di mestiere nei partiti organizzati. Questi politici non piacciono. Di loro non si fidano, nemmeno i pochi più informati.

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2. SCUOLA; altro pollice verso. Mai la scuola è indicata come agente formativo forte; se si è soddisfatti, e lo si è raramente, del proprio livello culturale, se ne attribuisce il merito a se stessi. La scuola è citata talvolta per attribuirle la responsabilità dello stato di insoddisfazione

3. MUNICIPIO; sulla politica locale, per questo Municipio in specie, ci sono altri dati interessanti. Se ci sono iniziative sono poco conosciute. Nessuno conosce i meccanismi amministrativi. 3.4 Sono state condotte n. 62 interviste semistrutturate a gruppi rappresentativi aventi come schema portante il questionario riportato in F. Ferrarotti, Introduzione alla Sociologia, Ed. Riuniti, Roma 1997, pag. 285 e seguenti. Le aree d’indagine sono state: le relazioni sociali, Cellole come luogo di vita, i valori e l’atteggiamento verso la società. Vari colloqui informali e contatti sono stati inoltre tenuti in ambito locale nel 2006 per un totale di 127 persone coinvolte. Oltre quanto riportato nelle pagine che seguono, con riferimento a interviste e colloqui, da questi risulta l’insieme di orientamenti che seguono. Relazioni sociali. -Il lavoro viene inteso come un diritto del cittadino ma anche come un dovere verso la comunità. -La solidarietà e l’amicizia caratterizzano i rapporti con i colleghi di lavoro. -Le amicizie riguardano principalmente i compagni di scuola, gli amici d’infanzia e di famiglia. -Con gli amici si parla principalmente di politica, del lavoro, degli avvenimenti del paese e di attualità. - Nel tempo libero ci si incontra più frequentemente con amici e familiari e ci si dedica ad attività ricreative (sport, TV ecc.). - Cellole -La grandissima parte delle persone contattate si trova abbastanza bene a Cellole ritenendo di avere qui meritata stima. -A Cellole è maggiormente stimato chi è onesto e chi è capace nella professione e nel lavoro. -Una discreta parte dei cellolesi non ha mai pensato di emigrare. Valori -Quasi tutti i cellolesi sono d’accordo che un buon cristiano è chi anche non frequentando la chiesa vive cristianamente. -La religione viene vista principalmente come una guida morale. -La maggioranza degli interpellati ritiene che l’istruzione non sempre rende gli uomini più buoni e onesti. -Una decisa maggioranza ritiene giusto che la donna svolga un lavoro fuori dall’ambito familiare. -Gran parte dei contattati ritiene di non doversi dedicare ad attività sindacali e politiche oltre il lavoro svolto. -Un uomo politico dovrebbe principalmente risolvere i problemi pratici e particolari del suo paese secondo la maggioranza delle persone contattate.. -Tutti gli interpellati sono d’accordo sul fatto che i maggiori impegni del governo dovrebbero riguardare anzitutto la moralizzazione della vita politica e quindi l’industrializzazione del meridione e la disoccupazione.

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-Il partito dovrebbe soprattutto rappresentare, per gli interpellati, il pensiero degli elettori, poi consentire all’ambizione dei singoli individui e/o di gruppi di raggiungere posizione di potere. -Il sindacato dovrebbe soprattutto battersi per il miglioramento delle condizioni economiche e sociali del lavoratore. La società -Certe rivendicazioni vanno portate avanti tutti insieme. -Gli interpellati, per la gran parte, credono in una società più giusta cui si può arrivare con metodi democratici. -La situazione dell’Italia negli ultimo 20 anni è migliorata poco. -Le condizioni economiche della Campania sono ritenute, a maggioranza, poco o niente affatto soddisfacenti e la causa di ciò è da imputare alla classe politica. -Per migliorare le condizioni economiche e sociali è necessario sollecitare l’iniziativa privata e l’intervento pubblico, è necessario anche diminuire le tasse. -Gran parte dei cellolesi intervistati e/o contattati sono insoddisfatti del modo con cui le pubbliche autorità operano. -Rispetto alla autorità pensano, in termini quantitativi equivalenti, che sono: assolutamente incapaci, che fanno i propri interessi, che sono al servizio del cittadino. -L’autorità viene identificata dalla quasi totalità delle persone interpellate con chi ha l’incarico pubblico di dirigere. -Nei rapporti con i pubblici uffici solo una minoranza di contattati ritiene questi rapporti insoddisfacenti. -Quando un cittadino, in generale, non riesce in modo soddisfacente a far valere i propri diritti ciò dipende, per la maggioranza degli interpellati, anzitutto dalla cattiva organizzazione, per una minoranza dipende dai singoli funzionari. -La gran parte dei cellolesi interpellati si rivolgerebbe alla polizia se necessario. -L’intervento della polizia è ritenuto in generale poco soddisfacente, ma volentieri si collaborerebbe con la polizia in caso di delitto per circostanze note. 3.5- Nota sull’abusivismo edilizio

“A partire dai primi anni ottanta, parte della classe politica Cellolese, pianificò di consentire che nella zona del cosiddetto pantano di Baia Domizia, la zona immediatamente a ridosso di quella urbanizzata, sorgesse una vera e propria baraccopoli. Questo in totale spregio alla Legge Galasso ed alla logica che vorrebbe quella'area destinata ad uno sviluppo turistico di qualità. In pratica per ottenere immediati benefici di potere personale si acconsentì, che su di un'area di proprietà del "demanio" inalienabile ai sensi dell'art.822 del cod.civile, sorgesse quella che recentemente è stata definita una vera e propria "favela delle vacanze" ipotecando in questo modo, il futuro dei propri figli. Nei primi anni novanta, il prefetto di Caserta, Corrado Catenacci, provò a demolire tutto questo squallore, dopo aver smantellato un centinaio di baracche con l'ausilio delle forze dell'ordine e dell'esercito, fu "promosso" ed inviato in altra sede. Le demolizioni cessarono nel silenzio generale. Le baracche in questi anni sono divenute tutte orride villette in muratura, alcune illegalmente condonate. Vista la demanialità dell'area. A questo stato di fatto nessuno si è ribellato, se non qualche associazione ambientalista della zona. Dal 2009 a causa di alcuni

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articoli giornalistici del Corriere del Mezzogiorno e di servizi tv di Raiuno, la regione Campania ha deciso di ricominciare ad interessarsi a questi 5000 Eco-Mostri e di dare via agli abbattimenti. Questo anche a causa del fatto che la zona è totalmente priva di rete fognaria e che gli abusivi scaricano nelle acque dei canali di bonifica che poi finiscono a mare, inquinando le acque senza passare attraverso nessun impianto di depurazione. Sono stati però eseguiti solo pochissimi abbattimenti, anche a causa del sostanziale ostruzionismo della politica locale, che parla ancora oggi di "ristrutturazione" dell'abusivismo, ovvero di una sanatoria indiscriminata.”

(http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/campania/cronache/articoli/2008/08_Agosto/07/baia_domizia.shtml)

3.6 A conclusione di questa parte vogliamo riportare alcuni stralci conclusivi di un’articolata ed approfondita ricerca del CENSIS (1998) svolta sul Mezzogiorno, in generale, e nell’area campana, rintracciabile su Internet. Questa ricerca conferma, nella sostanza, il quadro emerso da quanto esposto rispetto la società civile nel Mezzogiorno e locale: in altra parte del presente lavoro per il confronto col modello culturale delineato; nella presente parte a riscontro delle risultanze generali della analisi quantitativa. ......Gli intervistati hanno individuato i fattori socioculturali presenti all’interno della società campana che maggiormente incidono sulle sue potenzialità di sviluppo. Nell’ordine di importanza essi risultano essere: -l’indifferenza nei confronti delle leggi dello Stato -la ricerca di rendite (pensioni, posti di lavoro pubblici, ecc.) -l’attesa di iniziative statali -il rigetto della competizione vigente sul libero mercato a favore di una mediazione personalistica -il distacco dalle istituzioni -la scarsa propensione all’imprenditorialità (anche se nei fatti esiste una imprenditorialità deviata). .....Vi è una interrelazione tra l’attendismo nei confronti dello Stato e il distacco dalle istituzioni. Uno Stato da cui ci si aspetta troppo (atteggiamento questo diffuso soprattutto tra le fasce giovanili) non può che deludere; la delusione delle aspettative (di sviluppo o semplicemente di erogazione di rendite) poi porta al distacco dalle istituzioni e all’entrata nella piccola o grande illegalità. ... .....A questi fattori vengono aggiunti altri da parte degli intervistati. Uno di essi è l’interiorizzazione del patronage: in una situazione in cui il personalismo fa si che non tutti siano uguali davanti alla legge e alle istituzioni, si radica la convinzione che il protettore, la figura influente a livello locale o nazionale con cui si stabiliscono rapporti personali, sia assolutamente necessaria per ottenere non solo ciò che spetterebbe di diritto, ma anche ciò che non si avrebbe il diritto di chiedere. ...

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Riferimenti bibliografici P. Stanziale, 2006, Le visioni politiche del mondo in un’area dell’alto casertano, in Civiltà Aurunca, n.57-58, Caramanica Editore, Marina di Minturno (Latina)12/2005 P. Allum, 1975, Potere e società a Napoli nel dopoguerra, Einaudi, Torino P.Stanziale, 1999, Omologazioni e anomalie in una comunità del Mezzogiorno alle soglie del 2000 europeo: Sessa Aurunca in provincia di Caserta, C. Zano Editore, Sessa A. (Caserta) F. Ferrarotti, 1996, Manuale di Sociologia, Laterza, Bari A. Gramsci, 1966, La questione meridionale ( a cura di F. De Felice e E. Fubini), Ed. Riuniti, Roma A. Pizzorno, 1976, nel classico E. C. Banfield, 1976, Le basi morali di una società arretrata, a cura di D. De Masi, Il Mulino, Bologna e, naturalmente l’imprescindibile E. C. Banfield, 1961, Una comunità del Mezzogiorno, Il Mulino, Bologna A. De Jaco (a cura), 1972, Inchiesta su un comune meridionale: Castelvolturno, Ed. Riuniti, Roma P. Villani, 1962, Mezzogiorno tra riforme e rivoluzione, Laterza, Bari F. Barbagallo, 1994, La squilibrata modernità del Mezzogiorno d’Italia, Einaudi, Torino -Annuario statistico campano 1992 -1997 -Ricerca CENSIS 1992 -Indagine MAKNO 1993 -Indagine CENSIS 1992 -Indagine CENSIS 2006 F. Di Iorio, 1974, Elementi della teoria dei campioni per la ricerca sociale, Elia, Roma G. Statera, 1974, Le rilevazioni campionarie, Bulzoni, Roma R. Panizzi, 1977, Il concetto di indicatore, Coop. Lib., Roma P. Guidicini, 1991, Nuovo manuale della ricerca sociologica, Il Mulino, Bologna B. Giardina, 1985, Manuale di statistica per aziende e ricercatori, Il Mulino, Bologna A. Marradi, 1987, Concetti e metodo per la ricerca sociale, La Giuntina, Firenze M. Palumbo, 1991, Problemi di metodologia della ricerca sociale, Ecig, Genova M. C. Pitrone, 1986, Il sondaggio, F. Angeli, Milano R. L. Khan - C. Cannel, 1968, La dinamica dell’intervista, Marsilio, Padova

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A. Marradi (a cura di), 1988, Costruire il dato. Sulle tecniche di raccolta delle informazioni nelle scienze sociali, F. Angeli, Milano C. Bezzi - M. Palumbo, 1995, Questionario e dintorni, Arnaud, Firenze H. Gerald - J. Roger, 1991, Come fare i sondaggi. Guida pratica alla realizzazione di ricerche campionarie qualitative e quantitative, F. Angeli, Milano

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4- Dinamiche (Cellole- 2006 2013) 4.1 Per quanto riguarda la struttura sociale cellolese, dal contesto delle varie risultanze d’indagine e statistiche (Ann. Stat. Camp. 2000/2006) è rilevabile quanto segue. La presenza di una working-class (40/50 % ca), un’area che riguarda il mondo operaio nei vari settori produttivi, dall’industria all’agricoltura al commercio, ai servizi. Questa classe, come altrove, si è contratta nel tempo specialmente nell’agricoltura. La presenza di una middle-class ( classe media impiegatizia, piccola borghesia urbana, piccola borghesia agricola 45/55 % ca) consistente, abbastanza composita nelle sue stratificazioni, che si è gradualmente ampliata negli ultimi decenni. La presenza di una upper class (5/15 % ca) relativa ad un assai ristretto numero di famiglie che detengono potere economico e influenza politica. Nelle interviste, in particolare si parla di qualche ambito familiare particolarmente egemone come il caso della famiglia X nella Middletown dei Lynd (1970). Nell’ambito della classe media e della upper è presente una ben delineabile business-class, una classe degli affari riguardante l’ambito imprenditoriale, quello delle professioni, del commercio e interessata al governo cittadino. Nel contesto delle classi suddette è rilevabile anche la presenza di quelle che F. Hunter (1953) chiama cricche economiche le quali, per lo stesso Hunter rientrano nelle forme di potere verticale e coordinato, interessate ai processi decisionali relativi agli affari più importanti. 4.2 Il grado di civismo secondo la teoria di Putnam (1993) si presenta per Cellole, come per tutta la Regione Campania abbastanza basso. Esso si basa su vari parametri che vanno dall’associazionismo all’uso del tempo libero, al voto di preferenza. In un contesto di ricerca empirica per Cellole esso si presenta anche per qualche aspetto al di sotto del media campana. Allo stesso modo il rapporto tra quello che Putnam definisce rendimento istituzionale, in rapporto alla comunità civica, non si presenta con valori soddisfacenti per i parametri di riferimento che sono: la stabilità della giunta, la puntualità della presentazione del bilancio, la presenza di servizi statistici e di informazione, la produzione di deliberazioni innovative, la presenza di asili nido e di consultori familiari, strumenti di politica industriale, la spesa nel settore agricolo, le spese per le ASL, per l’urbanistica e l’edilizia abitativa, la disponibilità della burocrazia. Nel contesto delle interviste raccolte emerge, inoltre, un quadro di riflessioni con elementi di conferma relativamente a quanto scrive Putnam. …….. dalla parte opposta [ alle regioni con valori positivi ]si trovano le regioni dove la comunità è meno civica... La vita pubblica è qui organizzata in modo gerarchico. Il concetto stesso di «cittadino» è storpiato. L'individuo pensa che l'amministrazione pubblica sia interesse di altri - i notabili, i capi, i politici - ma non suo. Sono pochissimi coloro che partecipano alle decisioni riguardanti il bene pubblico. L'interesse per la politica non è

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dettato dall'impegno civico ma scatta per l'obbedienza verso altri o per affarismo. [……..] La legge, tutti si trovano praticamente d'accordo, è fatta per non essere rispettata, ma temendo il mancato rispetto della legge da parte degli altri, la gente pretende più severità da parte dell'autorità pubblica. Prigioniera di questi circoli viziosi, la popolazione si sente indifesa, sfruttata e scontenta. (R. Putnam 1993) 4.3 Di là dalle considerazioni generali sul familismo- di cui al punto 1.2- il familismo in Cellole si presenta ben delineato e costituisce certamente una parte abbastanza significativa dell’ethos locale come si evince dai questionari di sintesi (di cui ai punti 3.2 3.3 3.4) e dalle varie interviste. Esso non si presenta certo, come nella Montegrano di E. C. Banfield (1961), come assolutamente amorale ma, come in altre parti del Mezzogiorno, alcuni indicatori si presentano, nelle nostre interviste, abbastanza significativi ed attinenti a quanto affermato da Banfield. - «In una società di familisti amorali i deboli saranno a favore di un regime che mantenga l'ordine pubblico con le maniere forti» ……… - «In una società di familisti amorali, l'affermazione di una persona o istituzione di essere ispirata dallo zelo per il pubblico piuttosto che dal vantaggio personale sarà considerata come una frode» ……… - «Il familista amorale valuterà i vantaggi per la comunità solo nella misura in cui egli ne può usufruire. Infatti, voterà contro misure che aiutino la comunità senza produrre vantaggi per lui poiché, anche se la sua posizione rimanesse immutata, egli percepirebbe la sua posizione relativa come peggiorata se è migliorata la posizione del vicino» ………. - «In una società di familisti amorali l'elettore riporrà poca fiducia nelle promesse dei partiti. Egli sarà propenso ad utilizzare il suo voto per pagare per favori già ricevuti... piuttosto che per promesse future» ………. - «In una società di familisti amorali, si assumerà che qualsiasi gruppo al potere sia interessato al proprio tornaconto …….» ………. - «In una società di familisti amorali, gli attivisti di partito venderanno i loro servizi al migliore offerente» (E.C. Banfield 1961) E infatti, Banfield cita «la improvvisa conversione del segretario della sezione di Montegrano dal Partito monarchico al Partito comunista [conversione che] occorse perché la sede centrale del partito monarchico era lenta a pagarlo per i suoi servigi». (D. Della Porta 2002) 4.4 Per quanto riguarda il rapporto tra il potere politico e quello economico (E.C. Banfield J.Q. Wilson 1967) in Cellole si nota che ad un non troppo centralizzato potere economico corrisponde una certa centralizzazione del potere politico, in una dinamica di accordi variabili nel quadro politico di una conflittualità non decisamente ideologica e/o programmatica ma tutta interna ad un’area tradizionalmente moderata di derivazione democristiana la quale ruota intorno a quelli che Allum (2003) chiama luogotenenti e grandi elettori, operanti secondo la logica del boss-system meridionale

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e del patronage. La conquista del potere in tale ambito non trova la sua legittimazione nella spontaneità (P. Allum 2003) ma, come in gran parte del Meridione, sul consenso, essendo in gran parte di derivazione clientelare. 4.5 La leadership cellolese comprende, come risulta dalle interviste, circa 20 persone tra notabili politici, capi elettori, dirigenti, professionisti, religiosi e imprenditori. Dal punto di vista della legittimità ( C.A. Bonjean D.M. Olson 1964) la metà circa occupa posizioni pubbliche. Circa un quarto dei leader è visibile come decision maker. Relativamente all’area di influenza la gran parte dei leader si occupa di issues collegate al loro ufficio mentre una minoranza è attiva su vari issues. La coesione non è molto sviluppata, gran parte dei leader opera con embrionali strutture di gruppo. 4.6 Dal punto di vista antropologico l’arena politica cellolese consiste nello spazio astratto (U. Fabietti 2004) in cui sono presenti operazioni, strategie e conflitti relativi alla conquista del potere ed al conseguimento del consenso politico e ciò per quanto riguarda il governo locale, il governo provinciale, quello regionale e le elezioni politiche. Questo spazio si attiva con particolare vivacità in occasione dei vari confronti elettorali, mentre normalmente segue un andamento polarizzato sia sull’amministrazione locale, con la sua specifica problematicità, sia sulle varie dinamiche trasformistiche ed aggregative nei rapporti tra Cellole e l’ambito provinciale, regionale e nazionale degli attori politici locali.. Ma è anche, naturalmente, lo spazio in cui maturano situazioni ed in cui sono in azione i decision maker in relazione a fatti che richiamano l’interesse pubblico. Attori politici sono coloro che si confrontano ed agiscono nell’arena politica cellolese ovvero: galoppini, capi elettori, grandi elettori e luogotenenti, dirigenti di partito, secondo lo schema di cui al punto 2.9. Ma attori politici cellolesi sono anche un ristretto numero di famiglie detenenti il potere economico con qualche famiglia al vertice. E quindi leader locali nei vari campi, professionisti, ecc. Anche in questo caso taluni attori divengono particolarmente visibili durante i confronti elettorali, mentre in genere sono visibili in relazione ai percorsi trasformistici o alla migliore collocazione strategica in vista dei confronti elettorali o per l’inserimento in organismi amministrativi o partitici a livello provinciale, regionale o nazionale. Per quanto riguarda la processualità politica cellolese essa mostra le caratteristiche proprie di una subcultura politica bianca perché strutturata secondo moduli strategici e comportamentali propri della DC degli anni ‘80. Le interviste confermano le tesi di Allum ( 2003) per quanto riguarda la struttura clientelare locale (punto 2.9). La processualità politica cellolese riguarda le dinamiche di una sub-cultura (U. Fabietti 2004 M. Caciagli 1998) che abbiamo definito bianca anche per porla in opposizione a subculture rosse presenti in altre regioni d’Italia, ma che esclude ormai– è bene precisarlo, un ruolo politico predominante della Chiesa ed in cui la politica è principalmente mediazione interessata tra centro e periferia, quindi bianca qui significa sostanzialmente moderata. Questa processualità che abbiamo cercato di evidenziare trova, inoltre, la sua corretta collocazione sul piano di una prospettiva di antropologia politica (M. Swartz V. Turner A. Tuden 1966).

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4.7 Altro elemento importante dei processi politici locali è la trasversalità politica delle aggregazioni nelle liste civiche relativamente alle elezioni amministrative, trasversalità che riguarda principalmente l’ex area DC e le altre formazioni ma anche parte della sinistra, ciò che sembra rientrare nel quadro di quelle che potremmo definire liste-cartello riflettenti la fenomenologia del partito-cartello (R.S. Katz P. Mair 1995). Più recentemente, Katz e Mair hanno proposto, sulla base dello sradicamento delle basi societarie dei partiti, un ulteriore modello: il "partito cartello” (Cartel party). La sua caratteristica sarebbe, in poche parole, "il potere per il potere", ovvero lo sfruttamento, da parte della dirigenza partitica, delle proprie posizioni di potere al fine di assicurarsi il consenso elettorale, il quale a sua volta giustifica, anzi legittima, la loro permanenza al potere. Dunque, a differenza dei partiti di massa, che utilizzano il loro radicamento nella società per conquistare eventualmente il potere statale, i partiti cartello impiegano il potere statale per penetrare la società e darsi il consenso. (P. Allum 2003) L’ affermarsi delle liste civiche potrebbe trovare in questo ambito la sua processualità. Ovviamente il potere in tal caso è certamente potere-per, legato a strategie miranti a vari fini, da quelli economici allo sviluppo di una clientela, ecc… 4.8 Per quanto riguarda il tipo di Sindaco esso sembra presentarsi in Cellole anzitutto come mediatore (E. Recchi 1993) in relazione con tutti gli attori significativi della scena politica cellolese, poi, naturalmente come attore dell’area politica di appartenenza e quindi come attivista amministrativo per i contatti continui con la burocrazia pubblica.

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Riferimenti bibliografici

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5- La transizione infinta (2006 2013) 5.1 Cellole, nelle sue prassi e nelle sue dinamiche politiche si presenta come microcosmo politico che riproduce e riflette quello che, anche a un livello più ampio, può essere definito neodoroteismo contrattualistico. Nei suoi esiti più maturi (P. Allum 2003 I. Diamanti 1988) il doroteismo si configurava come un sistema in grado di inquadrare gli interessi dei gruppi sociali e di tutelarli rispetto alle istituzioni statali. Questo concetto della politica porta a intendere il partito politico principalmente come partito di quadri e non di opinione e/o di massa ed ha come sua diretta variante l’emergere di macchine politiche personali. È il tradimento della funzione propria dei partiti che dovrebbe essere quella di cogliere i bisogni, tradurli in proposte politiche e ricevere consensi sulla base della qualità della proposta. Conseguenza di questi processi è la scomparsa della forma-partito a livello locale e lo sganciamento delle macchine politiche da ogni effettiva preoccupazione programmatica per un approdo di potere trasversale che può ben spiegare la realtà delle liste civiche ispirate direttamente e animate da boss politici di transizione (vedi punto 2.10). Si tratta di un’idea contrattualistica della politica intesa come scambio politico (A. Cazzullo 2006), distribuzione di risorse e proliferazione di voti. Derivato dalla prima repubblica questo neodoroteismo contrattualistico lo troviamo anche come naturale risultato di processi politici sviluppatisi nell’ultimo decennio, anche rilevando che proprio dall’area cellolese iniziò, a suo tempo, la penetrazione gavianea nell’ambito locale tradizionalmente boschiano. 5.2 Intanto il quadro politico meridionale, dopo la prima repubblica, viene a strutturarsi nel modo che segue.

“Emergono in ogni caso due raggruppamenti, l’uno di centro-destra, l’altro di centro-sinistra, costruiti come cartelli elettorali di forze politiche eterogenee e giustapposte e dunque prive dei requisiti di base necessari per dar vita a vere coalizioni di governo. Tali forze tendono a perpetuarsi trasformisticamente per annessioni e cooptazioni. Senza dire che talune stanno a testimoniare nient’altro che il diretto rapporto fra i mali antichi dell’Italia e il sistema cui intendono tornare. Nelle regioni meridionali, infatti, lo schieramento di centro-destra, pur registrando una notevole presenza di FI ed un’azione penetrativa delle due piccole formazioni di ispirazione clerico-moderata, il Ccd e il Cdu, trova il suo architrave in An, partito di antico insediamento territoriale. È necessario [perciò] interrogarsi sulle cause dei successi elettorali di FI . Cause che possono raccogliersi nelle seguenti. 1) L’appoggio del vecchio blocco storico delle forze produttive, sociali e culturali dorotee e consociativiste, sempre paurose del nuovo. Piccole e medie imprese, professioni, lavoro autonomo, lavoro dipendente legato a piccole e medie unità produttive, forze intellettuali della comunicazione di massa estranee al

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monopolio statale si schierano a suo favore. 2) Una possente organizzazione messa in atto, attraverso l’insediamento sul territorio di una rete di club. 3) La manipolazione massmediologica. I meccanismi che creano e sorreggono la fedeltà dell’elettorato meridionale ai partiti del centro-destra ed in particolare a FI, negli otto anni di opposizione si irrobustiscono. Si rafforzano, infatti, i rapporti tra nuovi patroni e vecchi clienti. Sia perché l’azione meridionalistica del centro-sinistra negli ultimi dieci anni perde ogni giorno più incisività e significato. Sia perché gli elettori con livelli di scolarità più bassa, dovunque più vicini a FI, nel Sud predominano. I metodi clientelari e le suggestioni populistiche, in pratica, conquistano non solo la medio-piccola borghesia urbana e la classe media impiegatizia, ma anche taluni strati collocati ai livelli più bassi della piramide sociale. Si pensi semplicemente alle casalinghe”. ( M. Fotia 2003 )

5.3 Quello che abbiamo indicato come neodoroteismo contrattualistico è ciò che caratterizza una processualità politica che abbiamo inquadrato come subcultura politica bianca, subcultura che è parte sistemica di un modello culturale da cui deriva, ovvero idee, valori, norme, modelli e comportamento propri di una comunità organizzata e operanti come ispiratori della sua condotta. Il modello culturale che abbiamo cercato di delineare per l’area locale, storicamente determinatosi, è responsabile anche dei comportamenti politici relativi, ed è quello di cui abbiamo ampiamente parlato nel secondo capitolo della presente ricerca e di cui riprendiamo sinteticamente alcuni punti. -La società locale presenta tutte le caratteristiche di una società di transizione, transizione da un assetto tardo-comunitario ad un assetto societario, ovvero una società in cui permangono taluni valori tradizionali legati ancora ad assetti comunitari-agrari unitamente- e spesso in conflitto- con valori connessi col processo di modernizzazione, valori, questi ultimi, non sempre positivi… Il risvolto politico di tale società è la presenza e l’affermazione di boss politici di transizione (populismo, manipolazione, ecc.) (P. Allum 2003). Questa transizione, più che essere uno stadio di passaggio evolutivo, in molti casi è propria di dinamiche molto lente o anche diviene uno stadio di blocco, un guado, una situazione quasi permanente in attesa che eventi, in genere esterni, facciano da sblocco e/o da catalizzatori nella direzione di un ciclo modernizzante (è il caso della vicina Sessa Aurunca in cui l’arrivo e l’opera di un vescovo, Raffaele Nogaro, proveniente da Udine, portatore di una cultura diversa da quella locale, ebbe il merito di rompere equilibri politici tradizionali e consolidati) (P. Stanziale 1999). -Questa stessa società locale si presenta, attraverso gli esiti della ricerca empirica, dell’osservazione e dell’analisi quantitativa, con una serie di caratterizzazioni che vanno dalla scarsa partecipazione sociale ad uno scarso livello di acculturazione generalizzato, ad un tendenziale immobilismo socioculturale ecc.. (vedi capitolo 5, in generale, e il punto 5.6 ). Emergono quindi da interviste e colloqui, con una decisa frequenza, indicatori come quelli che seguono dei quali alcuni già citati, a vario titolo, in precedenza. -Un certo orgoglio di appartenenza che comprende anche forme potenziali di ribellismo. -Un familismo ben radicato.

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-Un certo spirito di indipendenza unito a forme di individualismo generalizzato. -L’esibizione sociale dei consumi. -Forme di conservatorismo di derivazione rurale. E quindi tutta la serie degli orientamenti emersi dai colloqui, dalle interviste e dai contatti. -La politica, nella visione locale, non ne esce indenne: ad una mancanza di senso dello stato- il quale, d’altra parte,viene ritenuto assente (vedi punto 5.1)- si accompagna il fatto che la politica stessa viene svalutata, vista, nella gran parte dei casi, come realtà separata, mezzo di avanzamento e di mobilità sociale, collegata con l’affarismo ecc… -Per quanto riguarda poi specificatamente il clientelismo esso si presenta nell’area cellolese, come in altre aree del Mezzogiorno, sia come clientelismo dei notabili che come clientelismo di partito (D. Della Porta 2002) con una certa variabilità contingente. Esso è tipico di economie estensive ed è in relazione principalmente con uno stato di necessità legato ad una percentuale di disoccupazione d’area che arriva, per il comparto giovanile a percentuali altissime (P. Stanziale 1999): ciò che rimane al primo posto nelle preoccupazioni dei cellolesi, come risulta dalle interviste. Il clientelismo locale è anche in relazione a codici culturali basati su relazioni di scambio, su reciprocità di mediazione e su un affermato familismo. Siamo qui sempre nell’ambito di una transizione in cui l’organizzazione sociale e le istituzioni non sono abbastanza strutturate da mediare produttivamente tra il cittadino e lo stato. Un ruolo certamente importante è giocato poi dal personalismo e da una tradizione di patronage. Quello che emerge, infine, dal contesto generale della ricerca è una serie di trend e di orientamenti contestuali ad un certo pessimismo della ragione, di là da ogni ottimismo strumentale. Ciò a fronte di una realtà territoriale che si presenta con grandi potenzialità di risorse le quali hanno certo prodotto varie situazioni di sviluppo, ma uno sviluppo che si presenta, d’altra parte, spesso contraddittorio, apparente, talvolta speculativo e particolaristico, settorializzato, non tradotto, nella realtà dei fatti, in effettive forme di generalizzato, diffuso e riconoscibile progresso.

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Riferimenti bibliografici P. Allum, 2003, Napoli punto e a capo, L’ancora del Mediterraneo, Napoli I. Diamanti, 1988, Il politico come imprenditore, il territorio come impresa. Intervista inedita ad Antonio Bisaglia, Strumenti, 2 in P. Allum cit. A. Cazzullo, 2006, Il mattatore dei primi cento giorni di governo? Mastella, Il Corriere della Sera 27.08.06 M. Fotia, 2003, La cultura politica meridionale, Proteo 1, Jaca Book, Milano D. Della Porta, 2002, La politica locale, Il Mulino, Bologna P. Stanziale, 1999, Omologazioni e anomalie in una realtà sociale del Mezzogiorno alle soglie del Duemila europeo, Sessa Aurunca in provincia di Caserta, C. Zano Editore, Sessa Aurunca (Caserta) P. Taggart, Il populismo, Città Aperta, Troina (En), 2000 Y. Meny-Y. Surel, Populismo e democrazia, Il Mulino, Bologna, 2001. P. Ignazi, L’intramontabile fascino del populismo, Il Mulino, Bologna, 2002, n. 1 Itanes, Perché ha vinto il centro-destra, Il Mulino, Bologna, 2001 I. Diamanti, L’amorale civica degli italiani, La Repubblica, 15/12/2002. M. Livolsi - U. Volli (a cura di), La comunicazione politica tra prima e seconda repubblica, Angeli, Milano, 1995 AA.VV., La politique à la television, “Mots”, 1989, n. 20; S. Fabbrini, Il principe democratico. La leadership nelle democrazie contemporanee, Laterza, Roma-Bari, 1999 E. Poli, Forza Italia. Strutture, leadership e radicamento territoriale, Il Mulino, Bologna, 2001 N. Bobbio, Tra due repubbliche. Alle origini della democrazia italiana, Donzelli, Roma L. Cafagna, Dualismo e sviluppo nella storia d’Italia, Marsilio, 2ª ed., Venezia, 1990 L. Ferrari Bravo-A. Serafini, Stato e sottosviluppo. Il caso del Mezzogiorno italiano, Feltrinelli, 3ª ed., Milano, 1975 M. D’Antonio, Il Mezzogiorno degli anni ’80: dallo sviluppo imitativo allo sviluppo autocentrato, Angeli, Milano, 1985 C. Trigilia, Le condizioni “non economiche” dello sviluppo: problemi di ricerca nel Mezzogiorno d’oggi, “Meridiana”, 1988, n. 2

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6- Excursus elettorale (2006 2013) 6.1 L’orientamento elettorale della circoscrizione Napoli-Caserta emerge con chiarezza sia nel Referendum del 1946, con il riconoscimento alla Monarchia della percentuale più alta di voti (79,8 %), che nelle elezioni politiche del 1946- 1948: ISTAT—M.I.- %--------1946-----------1948-----------1953----------1958----------1963--------1968 PCI---------------------- ---8,4-----(+PSI)20,5----(+PSI)20,4-----------24,2----------24,6---------27,2 PSI------------------------------------------------------------------------------8,0----------11,6---------3,3 a DC-------------------------35,3------------50,9------------35,3------------40,1----------38,1---------37,3 PLI------------------------20,4--------------5,0--------------3,2-------------2.4------------2,0---------4,2 MSI-----------------------12,6--------------4,7--------------7,4-------------3,2------------6,1----------7,1 PSDI-----------------------1,7--------------3,2--------------2,2-------------2,5------------5,0---------12,1b a PSIUP b PSI PSDI A questi dati è possibile affiancare per, una lettura integrata dei flussi il seguente quadro di correlazioni. Correlazioni significative tra tendenze politiche e fattori socioecon. demogr. rel. storici Settori---------------comuni agricoli--------comuni impiegatizi ----------------------Sin.---DC----Destra—--Sin.—DC---Destra agricoltura……… -……+……..+…………+…………..- industria…………+……-……...-………….+…….- urbanesimo……...+…....-………-…………-…………...+ propr. Case……...-…....+………………….-……..+ pop. attiva……..............+ pop > 55 anni……-…….+…………………..-……+ impiegati………...+…….-…….+………………………..+ (P.Allum1975) Si tratta di correlazioni riferibili al quadro dei risultati elettorali della circoscrizione Napoli- Caserta validi fino alla fine degli anni 60. Non abbiamo studi relativi al periodo successivo, studi che potrebbero riguardare gli incroci dei dati ISTAT degli ultimi censimenti e i dati delle ultime elezioni politiche in modo da verificare quali variazioni ha subito nell'ultimo cinquantennio il rapporto tra tendenze politiche e quadro socioeconomico. È ipotizzabile comunque che le possibili

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variazioni siano riscontabili nell’ambito dell’impiego e della popolazione attiva rispetto ai nuovi assetti dovuti al maggioritario, dal 1993.

6.2

Il quadro dei flussi elettorali nella nostra zona fino al 1992 è il seguente (P. Stanziale 1995)

ALCUNI DATI ELEZIONI POLITICHE – Camera- (Caserta) Comune di SESSA AURUNCA

SESSA AURUNCA……1948..1953…1958…1963…1968…1972…1976…1979…1983…1987…1992

BLOCCO LIBERALE

(P. L.I.) …………………1528…963….883….1549….653…..952…..174……105…..244…..110…..602

MONARC.

(P.N.M.)………2635..2911

M. S.I………………528….1583..1222.. 1993…1350…2235…1484…1081….1438….1015…1043

REPUBBL. (P.R.I.)………….692….369…143…………………….236…..145…...225……232…..256…300

AREA COMUNISTA

(P.C.I.) (P.D.S.) ………………..1901…2197…2733..2390…3314…2600….3643…3047…..2719….2469…1609

P.S.I.

(P.S. U.)

S.I……………417…..506…869…..914…..938…..582……677…..724……895…1019…..1473

D. C…………5466..5316…8174…8281….8634.. 9311…. 8621… 9102….8705.. .9979….8872

9.3

Andrebbero poi ben esplicitate, per definire meglio alcune dinamiche di flussi elettorali, correlazioni socioeconomiche e spostamenti relativi ai raggruppamenti che, dopo il 1993, hanno orientato i loro consensi elettorali su Alleanza Nazionale e Forza Italia costruendone il successo elettorale. In tale ambito è possibile disegnare un quadro empirico delle dinamiche che vedrebbero indicatori sintomatici quali:

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-le caratterizzazione di un certa cultura politica

-la reazione ad una certa tradizione,

-un bisogno di sicurezza

-forme più o meno consapevoli di xenofobia...

ma si tratta di un quadro ipotetico che andrebbe verificato da una apposita e corretta ricerca .

Per quanto riguarda il quadro delle elezioni politiche successive al 1993 vediamo che il consenso politico si concentra sul centro-destra in un andamento proprio di tutta la Campania fino alle elezioni del 2001 in cui su 22 collegi uninominali n. 16 collegi sono appannaggio del centro destra con n. 8 per Alleanza Nazionale, mentre solo Aversa e Atripalda sono dell’area PDS e n. 4 (Irpinia) al P.S.U.P.

Elez. Proporz.----voti------------1996 (liste amm. ) Coll. 6 Sessa A.

F. I.-------------------------------334.873

P.D.S.----------------------------254.284

C.C.D. C.D.U.-----------------172.599

R. C.-----------------------------115.41

Elezioni politiche Camera Collegio 6 Sessa Aurunca -%---------------------------1996---------------2001 POLO L.------------------45,8-----------------51,4(Casa L.) ULIVO--------------------42,5-----------------36,8 Abbiamo, quindi, l’andamento che segue. Elezioni Amministrative Comune di Sessa Aurunca (Caserta)

1956 1960 1964 1970 1980 1985 1990 1993 1997 D.C. 7707 8282 8041 5909 9253 8751 5569

P.L.I. 1576 1697 1141 596 P.N.M.+M.S. I. 2915 P.S.I. (S.I.) 1366 747 1383 744 1273 1329 1711 2660 1414

REPUBBL. 260

(P. C. I.)

P.D.S.

1989 1440 2363 1923 2502 2685 2851 3553 1281

P. N. M. 2063 M. S. I. (A. N.) 2063 1832 1264 1300 1271 576 2513 1503 P. S. U. P. 234

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D.C. (TORRE) 5264 BILANCIA 1252 CAMPANA 5301 RINASCITA AURUNCA

2293

PROGETTO AURUNCO

2612

C.D.U. 531 P,P.S. 1634 DINI 484 S.D.S. 1729

P.R. C. 415 U A 1126C.C.D. 903

F.I. 1260 P.P.I. 2508 COMUNE DI SESSA AURUNCA (CE) ELEZIONI AMMINISTRATIVE /POLITICHE- 2007- 2002

Comunali 2007 Comunali 2002 Politiche 2006 Regionali 2005 LISTE COLLEGATE

voti % S voti % S voti % voti % 336 2,4 209 1,6PDCI

SDI

253

3.007

1,7

20,1

3

1.779 12,1 4

2.836 22,2

RIFORM. DEMOCR. 870 53 ALTERN. DEMOCR. 863 53 1

Totale coal. MESCHINELLI

4379

4993 33,3 4

PRC-FED. DEI VERDI 300 2,0 DS 1.962 13,2 5 1.310 12,3 4 1.342 12,9 LA MARGHERITA 1.363 12,4 5 2.480 18,6UDEUR POPOLARI 576 3,8 1 736 5,0 997 7,0 507 4,0

Totale coalizione DI MEO

4395

4721 31,5 11

L'ITALIA DI MEZZO 625 4.2 1 INSIEME PER SESSA 165 1,1

Totale coalizione PASSARETTA

1065

790 5.3 1

UDC 1.030 6,9 1 1.019 7,2 1.136

FORZA ITALIA 637 4,3 502 3,4 3.013 21.2 1.431

8.9

ALLEANZA NAZIONALE 1.463 9,8 2 1.527 10,4 2 1.880 13,2 1.471 10,7 DC PER LE AUTONOMIE 80 0,,5 395 2.1 NUOVO PSI 688 4,6 1 385 3.1 PATTO AURUNCO 586 3,9

Totale coalizione TOMMASINO 5535

4484 29,9 4

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9.4 Dai flussi elettorali esposti abbiamo che il quadro si presenta abbastanza significativo per le elezioni politiche per quanto riguarda Sessa Aurunca, ma anche per le aree limitrofe. La tendenza generalizzata a rifiutare forme di cambiamento istituzionali ed a perpetuare assetti consolidati emerge chiaramente dal contesto dei flussi elettorali. E ciò in relazione ai processi socioculturali di cui abbiamo parlato dei punti precedenti. L’assegnazione decisa del consenso politico alla DC dal 48 al 92 indica una caratterizzazione moderata in cui si riconosce una grandissima parte dell’elettorato locale e che ha visto spesso politici sessani. nei quadri dirigenti provinciali. Questa situazione ha accompagnato pure un costante pur se non discriminante trend di consensi alla destra mentre la sinistra giunge ad un massimo di ca. il 30 % dei consensi attribuiti alla sola DC nel 1992. Successivamente, dopo il 1993, abbiamo una netta assegnazione del consenso politico al centro-destra in generale con una marcata preferenza per la nuova destra. Nel quadro generale il centro-sinistra rimane distanziato da scarti che giungono al 15% nell’attuale fase nazionale con al governo il centro-destra, mentre nel governo di centro-sinistra precedente lo scarto si attestava sul 3%. Completa il quadro generale elettorale l’ambito regionale in cui il centro-sinistra è in testa con uno scarto del 10% rispetto al centro-destra, a livello provinciale si conferma il trend positivo per il centro-destra mentre nell’ambito amministrativo locale si conferma invece il trend positivo del centro-sinistra fino all’amministrazione Di Meo a cui succede una coalizione di centro-destra guidata da L. Tommasino. 9.5 Per quanto riguarda i flussi politici in Cellole si può rilevare che fino al 1970/72 rientra nei flussi elettorali relativi a Sessa Aurunca con l’egemonia della Democrazia Cristiana che raccoglie alte percentuali di consensi mentre in posizione abbastanza arretrata troviamo il PCI-PDS ed il MSI quasi a pari merito nel ’72 con circa un quarto dei consensi attribuiti alla DC. Tale andamento vale sia per le elezioni amministrative che per le politiche.

ELEZIONI COMUNALI CELLOLE

PCI

%

PSI

%

Ital. Fed.

%

DC

%

PLI

%

PC RI SI

%

MSI DNAN

%

Ins.

Per

Cellole%

UDP

%

Il

Gabbiano

%

AD

%

ADPPI FC UDP

%

Unione Dem.

Cellol.

% 1975 15,74 1,64 51,24 4,04 27,32 1980 4,83 89,97 5,18

1982 4,69 4,00 74,45 1,68 15,16

1988 11,74 70,09 7,82 1,75 8,75

1993 65,43 34,56

1997 2,55 4,83 37,94 54,63

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2001 Casa

Delle

Libertà%

Patto Dem. Per

Cellole%

49,79 50,21

2006 Cellole

Domani%

Per

Cellole %

Insie

me

%

48,11 39,82 12,98

2013 Uniti

Per

Unire

%

58,52

Rialzati

Cellole

%

41,47

ELEZIONI POLITICHE CELLOLE - CAMERA DEPUTATI

PCI PSI PSDI DC PLI PRI MSI PR NPP PSD

1976 24,23 2,88 0,51 46,41 17,20 1,06 6,24 0,41 0,06 0,77 1983 13,48 4,87 2,08 62,14 8,83 1,19 5,79 0,64 0,50 0,33 1996

Unin.

POLO

%

56,35

ULIVO

%

30,82

PS

%

4,28

MRI

%

8,53

2001

Unin.

.

CASA LIBER.

%

64,94

ULIVO

%

27,18

FIAM.

TRIC.

%

2,17

DI PIETR

O

%

2,75

DEM. EUR.

%

2,96

2006 FORZA

ITALIA

%

30,30

ULIVO

%

13,87

AN

%

11,86

DC

PSI

N. PSI

%

17,45

DI

PIETRO

%

2.75

RIF.

CO.

%

2,96

Page 65: Società 2.0

2008 POP.

LIBER.

%

60,46

P.D.

%

17,66

U.D.C

%

9,52

2013

BERLUSCONI

%

53,08

BERSANI

%

16,01

MONTI

%

16,01

GRIL LO

%

17,72

Per Cellole vediamo che alle Comunali, dal ’75 al ’93 la DC si attesta su percentuali sempre superiori al 50 % . In questo ultimo anno alla DC tocca il 65,43 % dei consensi mentre la lista Insieme per Cellole arriva al 34,56 % - sindaco DC T. Martucci. Nel 2001 abbiamo che la forma-partito CdL arriva al 49,79 % mentre la lista civica Patto democratico per Cellole vince con il 50,21 % - Sindaco A. Izzo. Successivamente, dal 1997, vediamo ch tende a scomparire la forma-partito per la presenza di sole liste civiche. Recentemente si è affermata la lista civica Cellole domani con il 48,11 % dei voti - Sindaco A. Lepore- rispetto ad altre due liste civiche. Nelle ultime elezioni è prevalsa la lista Uniti per unire con sindaco A. Izzo. 9.6 Il flusso relativo a Cellole nelle elezioni politiche evidenzia come il consenso politico tradizionalmente appannaggio della DC si traduce, nel ’96, in un successo del Polo lasciando all’Ulivo circa la metà dei suoi voti. Nel 2006 vediamo la crescita di AN e del nuovo PSI- DC con l’egemonia di Forza Italia al 30,30 % dei voti rispetto al 13,87 % dell’Ulivo. Dal 2008 prevale Berlusconi e nelle ultime e lezioni troviamo il movimento M5S come secondo partito. Nelle elezioni politiche, quindi, Cellole si allinea con la sua tendenza nazionale mentre nelle amministrative prevale una trasversalità che trova spazio in aggregazioni contingenti dato che, per proprie finalità, i candidati si collocano al di fuori della forma-partito (vedi punto 4.7).

Page 66: Società 2.0

Riferimenti Bibliografici P. Stanziale, 1999, Omologazioni e anomalie in una realtà sociale del Mezzogiorno alle soglie del Duemila europeo: Sessa Aurunca in provincia di Caserta, C. Zano Editore, Sessa A. (Caserta), 1999

G. Monarca, 1997, Sessa dalla A alla Z, Pubbliscoop, Sessa Aurunca (Caserta)

G. Capobianco, 1981, La costruzione del Partito Nuovo in una provincia del Sud, Coop. Ed. Sintesi, Caserta

Il Mensile Suessano, Annata 1985, Sessa Aurunca (Caserta)

Quaderni del Sinodo 1, 1990, Sessa A. (Caserta)

P.Stanziale, A. Calenzo, E.M. Coppa, 1977, L'illusione e la Maschera, Cineforum Aurunco, Marina di Minturno (Latina)

L. Graziano, 1974, Clientelismo e mutamenti politici, Comunità, Milano

P.A. Allum, 1975, Potere e società a Napoli nel dopoguerra, Einaudi, Torino

G. Verrengia, 2006, Cellole e la sua autonomia, Caramanica, Marina di Minturno(Latina) E. Recchi, 1993, Tipi di Network politico e tipi di sindaco, in G. Bettin, Classe politica e città, Cedam, Padova

Page 67: Società 2.0

7- Nota sulla modernizzazione (1999 2013)

Modernizzare significa anzitutto distruzione, forse distruzione creativa.

R. Dahrendorf, 1998, Bilancio o speranza, Der Spiegel

7.1

Il tema sociologico-storico della modernizzazione è ampiamente presente nella pubblicistica Italiana. Esso è affrontato variamente dai sociologi con abbondanza di approcci e di articolazioni. Anche nelle presenti pagine emerge un ambito dialettico della modernizzazione che rimane, in una visione europea, un orizzonte di riferimento estremamente importante per aree problematiche dal punto di vista degli assetti socio- economici e dello sviluppo come quelle del Mezzogiorno.

7.2

In ogni caso tutti gli autori tendono a definire la modernizzazione come un processo globale, o insieme di processi, attraverso cui avviene un progressivo cambiamento, storicamente determinato in senso sociale, economico, politico e culturale. Processi dunque che rimandano ad un progresso storicamente individuabile che si richiama al concetto di modernità quale è riscontrabile nello scenario storico degli ultimi duecento anni con l'Illuminismo, le rivoluzioni, lo sviluppo delle scoperte scientifiche. Questo in senso generale, ma altrove (P. Stanziale 1995 1998) abbiamo già posto in evidenza l'aspetto culturale della modernità come itinerario dell'alienazione e come articolazione della critica debordiana della società dello spettacolo. Per quanto riguarda l'area Mezzogiorno-Sessa Aurunca in cui la modernità e la post-modernità non sono presenti in un quadro di aspetti patologici acuti va pure specificato che per molti aspetti queste realtà sociali non possono rientrare in un ambito di modernità in senso classico. Queste aree grigie di parte del Meridione sono state solo in modo parziale e/o disomogeneo coinvolte nelle direttrici essenziali del processo di modernizzazione, come abbiamo già accennato, processo, questo, a cui Galasso dedica, in parallelo con altri storici, ma, a nostro parere con un più pregnante ambito di riferimenti sociologici- confermati nell’impostazione anche da recenti contributi sulla stessa linea (tra tutti Galli della Loggia 1998)- un apposito capitolo nel suo libro sul Mezzogiorno europeo (1982). Galasso esamina le sfasature, gli elementi avventizi del processo in relazione alle pressioni esterne, all'ambito temporale, all’edonismo, alla disgregazione sociale e coscienziale, al sistema politico nel suo andamento storico fino alle soglie degli anni '80. La conclusione di Galasso è giustamente problematica. L'area grigia risultante è contraddittoria per la tipologia delle componenti in atto, per la dialettica sbilanciata e non produttiva tra tradizione e modernizzazione tra immobilismi e aspetti trasformistici.

7.3

Page 68: Società 2.0

Il tema della modernizzazione, nella gran parte dei casi, tende a proporsi come struttura di indicatori tesa, da una parte, ad individuare le aeree processuali dei trend e da un'altra parte a valutare gli approdi processuali raggiunti.

Questi indicatori (valutativi) sono importanti perché inquadrano cambiamenti e definiscono altrettante direttrici schematiche entro cui è possibile collocare l'agire economico, politico-sociale e culturale di un area.

Naturalmente si tratta di standard non certo applicabili indiscriminatamente ad ogni territorio ma costituenti un orientamento di massima entro cui delineare forme di sviluppo in una dialettica di compatibilità ambientale e di tipologia di obiettivi. E' utile esaminare alcuni di questi indicatori nella prospettiva del pensiero classico (G. Martinelli 1998).

1- Lo sviluppo scientifico e tecnologico come fonte di cambiamenti sociali e di crescita economica.

2- L'industrializzazione. 3- I mercati. 4- La divisione del lavoro. 5- L’aumento della mobilità sociale. 6- Lo sviluppo delle organizzazioni politiche. 7- La secolarizzazione. 8- I cambiamenti demografici. 9- La privatizzazione della vita familiare. 10- Cultura e consumi di massa. 11- Individualismo, razionalismo, utilitarismo. 12- Lo sviluppo dell’universo simbolico. 13- La compressione del tempo e dello spazio.

In ogni caso è l'agire razionale weberiano che tende a permeare i vari aspetti della vita, l'individualismo come prospettiva di realizzazione del sé e l'utilitarismo inteso come ricerca dell'utile soggettivo che rimanda al perseguimento di un bene comune (un utilitarismo certo ben diverso da quello relativo alla cultura contadina): sono questi i punti fondamentali della cultura della modernità. Gli indicatori e le dimensioni dell'azione sociale suddetti rientrano nell'ambito della sociologia della modernizzazione contemporanea e servono ad inquadrare le dinamiche dei paesi in via di sviluppo avendo come riferimento principale la teoria di Rostow (1962) sugli stadi di sviluppo economico.

7.4

Il Modello di Parsons- Shils (1970) richiama analisi interessanti rispetto ai processi di modernizzazione in generale e rispetto ad aspetti del modello culturale locale. In particolare si nota:

-come nel modello culturale locale si tenda più a valutare l’altro non in base a ciò che si acquisisce, a capacità e prestazioni, ma in base a fattori di appartenenza e non pragmatici

-come nel modello suddetto sfuma talvolta la differenza tra il contesto riguardante il perseguimento di un interesse individuale ed il contesto relativo al perseguimento di interessi collettivi.

Page 69: Società 2.0

7.5

Anche l’Harward Projet di Inkeles (1974- ma anche A. Martinelli cit.) relativo ad una griglia parametrica comparativa di modernizzazione, studiata per alcuni paesi in via di sviluppo, si presenta con significativi assi di riferimento riconducibili all’economia del presente lavoro, relativamente al livello di modernizzazione degli ambiti territoriali di cui ci siamo occupati in precedenza:

-disponibilità all’innovazione ed al cambiamento

-fiducia nelle proprie capacità individuali e/o di gruppo nella possibilità di affrontare problemi collettivi

-enfasi sul presente e sul futuro piuttosto che sul passato

-disponibilità ad accettare e valutare positivamente la differenza di opinione nonché il delinearsi di una autonomia di giudizio rispetto a tematiche pubbliche

-la distribuzione di ricompense in relazione a regole condivise ed in relazione alla capacità e del contributo.

7.6

Pure la processualità modernizzante studiata da Black (1991) mostra elementi analitici (simili a quelli di Rostow cit.) non rilevabili in modo organico in gran parte delle aree del Mezzogiorno e ed in quella locale:

-la fase in cui una società tradizionale consapevole delle proprie risorse strutturali e culturali si pone ad un confronto evolutivo con le sfide della modernità e con i fautori locali di tale modernità

-la fase conflittuale in cui dopo il confronto tra tradizione ed innovazione emerge una leadership innovatrice

-la fase di una trasformazione e di un mutamento relativi al passaggio da una società tradizionale (rurale) ad una società con assetti moderni dal punto di vista produttivo e culturale

-la fase di una riorganizzazione strutturale della società.

7.7

La teoria di Rokkan (1975 1984) si occupa invece di definire le soglie critiche dello sviluppo politico: tema che viene a proporre una serie di problemi pure riscontrabili nell’ambito dei processi sociali nelle aree di cui ci stiamo occupando:

- anzitutto la cosiddetta crisi di legittimazione relativa a ciò che è autorità ed a ciò che è responsabilità dei governanti

- le modalità secondo cui viene esercitato il potere

- il modo con cui questi poteri vengono a rappresentarsi nella società

Page 70: Società 2.0

- i rapporti tra poteri ed il loro peso istituzionale e di fatto (spazio di sfasature e di contraddizioni emergenti in modo abbastanza evidenti nelle parti precedenti del presente lavoro)

-la crisi di fiducia nelle istituzioni politiche per le loro rappresentazioni sociali e per i comportamenti sociali pertinenti (qui evidente è il richiamo a Banfield e al suo familismo amorale come emblematico dei rapporti tra società e famiglia quali si sono sviluppati nel Meridione dall’Unità d’Italia)

-la crisi di penetrazione, relativa a quanto operato dalle istituzioni rispetto a società di transizione (iniziative amministrative ed economiche- mobilitazione di risorse umane e finanziarie- risultato di tali iniziative che, nel caso del Meridione, mostrano un bilancio in gran parte fallimentare)

-crisi di partecipazione, riguardante la domanda di partecipazione ai momenti decisionali (che, nei processi sociali di cui ci interessiamo, vedono vaste aree di disinteresse e di sfiducia unitamente ad aree diverse di interesse)

-crisi di integrazione, pertinente all’intera struttura del sistema politico per quanto riguarda la distribuzione delle cariche, l’entità delle realizzazioni e delle risposte rispetto ai bisogni generali della società (anche in questo caso le analisi precedenti sono ricche di indicatori non entusiasmanti rispetto agli specifici punti accennati)

-la crisi di distribuzione, infine, richiama i concetti di tenore di vita e di benessere sociale: si tratta della distribuzione equa delle risorse, della presenza diffusa di servizi sul territorio e della redistribuzione del reddito (per tale ambito una risposta relativa al tenore di vita nell’area casertana è presente nella nota successiva alla presente).

Altrove Rokkan (1975) disegna un ambito bidimensionale europeo quale spazio di riferimento dei processi modernizzanti:

-una dimensione Nord-Sud caratterizzante in senso culturale e religioso, in cui la maggiore distanza da Roma comporta una maggiore costruzione di identità culturali nazionali, tema questo ripreso da Galli della Loggia (1998 cit.) a proposito del problema dell’identità nazionale italiana pure da intendersi, come già accennato, quale terzo elemento caratterizzante, con l’oligarchia ed il familismo, la nostra identità nazionale

-una dimensione Est-Ovest caratterizzante in senso economico uno sviluppo di nazioni che vedono come loro centri propulsori le città come poli di sviluppo commerciale e monetario del territorio.

Page 71: Società 2.0

Riferimenti bibliografici

P. Stanziale, 1995, Mappe dell’alienazione, Erre Emme, Roma

P. Stanziale, 1998, (a cura) Situazionismo. Materiali per una economia politica dell’immaginario, R. Massari Editore, Bolsena (Viterbo)

G. Martinelli, 1998, La modernizzazione, Laterza, Roma- Bari

E. Galli della Loggia, 1998, L’identità italiana, Il Mulino, Bologna

S. Huntington, 1968, Political Order in changing societies, Yale Un. Press

M. Levy jr. 1966, Modernization and the structure of societies, Princeton Un. Press, Princeton (N.J.)

A. Inkeles, D. H. Smith, 1974, Becoming modern: individual change in six developing countries, Harward Un. Press, Cambridge (Mass.)

W. Rostow, 1962, Gli stadi dello sviluppo economico, Einaudi Torino

C. E. Black (a cura) 1976, Comparative modernization, Free Press, New York

T. Parsons E. Shils, 1970, Economia e Società, F. Angeli, Milano

S. Rokkan in C. Tilly, 1984, La formazione degli Stati nazionali nell’Europa occidentale, Il Mulino, Bologna

S. Rokkan, 1982, Cittadini, elezioni, partiti, Il Mulino, Bologna

Page 72: Società 2.0

8- Appendice

SESSA AURUNCA (Caserta)

Il territorio

Il comune di Sessa Aurunca, tra i più estesi della regione Campania, ingloba la parte centrale e meridionale della vasta conca delimitata dal Monte Massico a sud, dal versante occidentale del Roccamonfina ad est, dal mare Tirreno ad ovest, che confluisce nella relativamente estesa piana del Garigliano, il cui corso delimita il confine nord del territorio comunale, nonché il confine tra le regioni Campania e Lazio.

Dal punto di vista amministrativo, il territorio comunale è parte significativa della provincia di Caserta; tale provincia è limitrofa alla provincia di Latina. Di detta provincia confinano con Sessa i comuni di Scauri, Minturno, ecc.

Agli inizi degli anni settanta, la trasformazione della frazione di Cellole in comune autonomo dà luogo a parte del confine occidentale del territorio comunale di Sessa.

Dal punto di vista amministrativo, significativi appaiono i molteplici agglomerati urbani, costitutivi dei nuclei insediativi presenti nel territorio comunale.

Il territorio comunale presenta una orografia estremamente varia e complessa, motivata dall’estendersi dal mare al monte, con quota massima in località S. Martino (933 m.s.l.m.). Nella complessità e continuità orografica, è possibile racchiudere tre zone caratterizzate dal punto di vista altimetrico. La prima fascia interessa la piana del Garigliano, e nella stessa sono ubicate significative frazioni, quali Fasani (49 m.s.l.m.), S. Castrese (74 m.s.l.m.). La seconda fascia, assimilabile al territorio collinare, comprende le aree ubicate tra i 126 ed i 600 metri. In tale fascia ricade il Centro di Sessa (552 m.s.l.m.), nonché significativi nuclei urbani, quali Piedimonte e Cascano. Il territorio dell’alta collina caratterizza la terza fascia, estesa tra i 600 ed i 900 m.s.l.m. Sono compresi nella stessa numerosi nuclei urbani, quali S. Carlo, Ponte, Cescheto, ecc.

Le diverse fasce altimetriche caratterizzano differenziate forme di paesaggio geografico. La totale antropizzazione del paesaggio agricolo della piana si contrappone alle prevalenti emergenze naturalistiche e boschive del paesaggio dell’alta collina; nel mentre la coltura dell’olivo configura l’immagine del paesaggio naturale della fascia collinare. La struttura dell’insediamento urbano differenzia ulteriormente le fasce; ai compatti nuclei insediativi della fascia montana fa da contrappunto l’urbanizzazione estensiva diffusa lungo la costa; tra queste due forme insediative si localizzano i nuclei urbani collinari, di significative dimensioni demografiche, ricchi di presenze di segni storico - architettonici, tra i quali particolare rilievo assumono i nuclei di Sessa Centro e Cascano.

Il sistema relazionale al servizio delle strutture insediative e produttive, formatosi nel corso della lunga storia urbanistica del territorio, fa perno sull’asse storico per la mobilità, ovvero la via Appia. Ancor oggi questa significativa arteria connette trasversalmente la collina ed il mare, collegando i comuni della costa Tirrenica da Gaeta a Sessa, con i nuclei urbani collinari del Comune, quali Cascano e Carano, nonché con significativi centri urbani collinari, quali Teano; ed infine con i comuni della Piana del Volturno.

Page 73: Società 2.0

La rilevanza di quest’asse, nel configurare le direttrici della mobilità delle persone e dei beni, è stata nel corso dell’ultimo ventennio bilanciata dal potenziamento della dorsale infrastrutturale costiera, la statale Domiziana.

Numerose infrastrutture viarie di carattere locale si diramano a partire dai suddetti due assi interregionali, connettendo in tale maniera numerosi nuclei urbani di pianura e di collina. La rete ferroviaria nazionale (direttissima Napoli - Roma) attraversa nella direzione Nord - Sud la fascia pianeggiante del territorio comunale, con stazione in località Masseria Pescara.

(F. Forte e M. Pica-Ciamarra, 1997, estr. Relazione PRG Sessa Aurunca)

Frazioni

Il territorio comunale attualmente conta 26 frazioni fra cui ricordiamo:

Baia Domizia, località turistica balneare internazionale nata nei primi anni sessanta nel mezzo della cosiddetta "Pineta o Pantano di Sessa". Il comune di Sessa Aurunca vendette l'area dopo deliberazione del consiglio comunale del 29/9/1962 alla società Aurunca Litora S.p.a. esattamente 313 ettari 35 are e 51 centiare a condizione che rimanesse aperta a tutti e che fosse sviluppata e valorizzata per scopi "turistico-balnearo-residenziale" come citato nell'atto di compravendita.

Carano, borgo agricolo, il cui toponimo risale all'età romana, è noto per il Santuario di Maria SS. della Libera.

Cascano. Il borgo, d'origine romana come evidenzia il toponimo, è un centro noto soprattutto per l'artigianato della ceramica, la cui lavorazione è documentata nel sito almeno dal IV secolo d.C.

Corbara, piccola frazione, conta circa 200 abitanti.

Fontanaradina, piccola frazione del comune di Sessa Aurunca, conta all'incirca 150 abitanti.È situata a 400 m s.l.m.

Lauro, ha circa 2.000 abitanti ed è situata a circa 100 m s.l.m.

Ponte, frazione di Sessa Aurunca con circa 450 abitanti.

Rongolise.

San Carlo.

San Castrese.

San Limato. Frazione agricola situata nei pressi del Villaggio Turistico di Baia Felice, nota per i resti della Villa Romana di Punta San Limato.

Piedimonte Massicano di Sessa Aurunca. Località agricola posta tra il Monte Massico e il mare.

http://it.wikipedia.org/wiki/Sessa_Aurunca

Page 74: Società 2.0

Cronistoria di Sessa Aurunca (Caserta)

ETA' CLASSICA

IX-X sec. a.C.- Secondo la tradizione, gli Aurunci fondano la città di

Sessa.

340 a.C.- Alleatasi con i Latini, viene sconfitta da Roma nella

battaglia del Veseris.

337 a.C.- Guerra tra Aurunci e Sidicini. Distruzione di Aurunca, i

cui abitanti si rifugiano a Suessa che da allora viene

detta Suessa Auruncorum.

313 a.C.- Diventa colonia di diritto latino e viene edificata la

cinta muraria.

209 a.C.- Suessa si rifiuta di mandare denaro e uomini a Roma per

la guerra contro Annibale. Nel 204 a.C. viene perciò punita

con l'imposizione di tributi doppi.

175-170 a.C.- Nasce Caio Lucilio padre della satira.

90 a.C.- Suessa è elevata a municipio con diritto alla cittadinanza

romana. E' ascritta alla tribù Aemilia.

43 a.C.- Silla amplia le mura della città. Probabile edificazione

dell'anfiteatro.

30-28 a.C. - Sotto Augusto la città riceve una nuova colonia.

I-II sec. d.C.- Risistemazione del foro ed edificazione dell'aerarium-

tabularium, di una biblioteca e dell'acquedotto.

MEDIOEVO

501-502- Il vescovo Fortunato partecipa al Concilio di Papa Simmaco.

Page 75: Società 2.0

Da questo momento e fino al 998 non si hanno più

notizie della diocesi di Sessa.

535-553- Guerra gotica. Suessa è più volte saccheggiata e soffre

una grave crisi economica e demografica, ma non viene

abbandonata.

568-571- Invasione dei Longobardi. La Città fa parte del ducato di

Benevento.

840- Nasce la contea di Capua e Sessa diventa, probabilmente,

sede di gastaldato.

882- I Saraceni si stabiliscono alla foce del Garigliano.

963- Nel castrum Suessae è redatta la Carta di Sessa che

testimonia il nascere della lingua volgare.

1032- Il vescovo di Capua Atenulfo investe Benedetto della

diocesi di Sessa. Nella relativa bolla sono indicati i

confini della diocesi ed elencate le sue 58 chiese, otto

delle quali site dentro la città.

1054- Secondo la tradizione, il papa Leone IX, attuale protettore

della Città, reduce dalla prigionia, si ferma a Sessa ospite

nel convento di S. Domenico Vecchio.

1059-1064- Con la conquista di Capua, anche Sessa entra a far parte

del regno normanno e, qualche anno dopo, è concessa a

Riccardo dell'Aquila col titolo di conte.

1103-1113- Viene costruita e aperta al culto la nuova cattedrale.

112- Ruggiero toglie Sessa alla famiglia dell'Aquila e la

città passa in demanio regio. I casali vengono infeudati.

Page 76: Società 2.0

1171- Re Ruggiero conferma ai sessani la facoltà di utilizzare

l'acqua delle sorgenti di Roccamonfina.

1195- Riccardo II dell'Aquila riacquista la Città.

1200- Fondazione del convento benedettino di S. Germano entro

la cinta muraria urbana.

1212- Riccardo è destituito dal figlio Ruggiero che prima parteggia

per l'imperatore Ottone e poi, nel 1215, giura fedeltà a

Federico II.

1220-1227- In questo periodo Federico II viene in Sessa tre volte

ed ha modo di conoscere Taddeo da Sessa che diventerà

suo consigliere giurista. Viene ampliato il castello.

1229- Gregorio IX conferma gli Statuti di Sessa.

1240- Con l'edificazione del convento di S. Stefano e quello

di S. Giovanni inizia a formarsi il borgo inferiore

della Città.

1250-1254- Muore Federico II e gli succede il figlio Corrado IV.

Sessa è occupata dalle forze pontificie ma è riconquistata

da Manfredi.

1266- Muore Manfredi. Sessa riceve le truppe angioine e giura

fedeltà a Carlo d'Angiò.

1276- Carlo I d'Angiò edifica il castello piccolo di S. Biagio.

1289- Carlo II fabbrica il convento di S. Domenico nel recinto

del castello.

1309- A Carlo II succede il figlio Roberto che promette solennemente

di tenere Sessa sempre in demanio e di non concederla in feudo.

Page 77: Società 2.0

1343- Giovanna I, succeduta a Roberto, conferma Sessa in demanio

regio.

1360- Nonostante la preceduta conferma, la regina Giovanna I

vende Sessa a Francesco del Balzo col titolo di duca.

1362- Per la ribellione di Francesco la città viene di nuovo

incamerata nel demanio regio e poi venduta a Goffredo di

Marzano che l'acquista per il figlio Roberto.

1363- La Città acquista il palazzo Galluccio per edificare la

chiesa e l'ospedale della Trinità . Essendo mal servito,

nel 1418 il complesso è affidato agli Agostiniani.

1425- Giovanni Antonio Marzano costruisce il nuovo convento di

S.Domenico, poi quello francescano dei Minori Osservanti e

quindi quello di S. Anna.

1464- Conclusasi la Congiura dei Baroni e sconfitto Marino

Marzano, cognato di Re Ferrante, Sessa ritorna ancora in

demanio regio.

Intorno alla metà del '400 i borghi della città vengono

difesi con la realizzazione di una cinta muraria; nel

borgo superiore sorge il complesso dell'Annunziata.

1476- Ferrante d'Aragona concede nuovi capitoli alla Città che

consentono ai Popolani di entrare a far parte, per la

prima volta, dell'amministrazione dell'Università (Comune).

1495- Carlo VIII concede Sessa, elevata ad arciducato, al suo

comandante in capo Gilberto di Montpensier che però non

ha il tempo materiale di prenderne possesso poiché Ferrandino

Page 78: Società 2.0

ritorna a Napoli il 6 luglio e concede Sessa in feudo a

Giovanni Borgia.

PERIODO SPAGNOLO

1507 Conclusasi la guerra tra Francia e Spagna per la spartizione

del Regno di Napoli, Ferdinando il Cattolico concede Sessa

col titolo di Duca a Consalvo de Corduba, detto il Gran

Capitano, artefice della sconfitta dei Francesi.

1538-1543- In questo periodo muore il filosofo sessano Agostino Nifo,

autore del De regnandi peritia di contenuto simile

a quello de Il Principe del Machiavelli.

1543- Il presbitero Marco Romano lascia tutti i suoi averi alla

Città, con l'obbligo di mantenere con le relative rendite

due maestri ed un medico per l'istruzione e l'assistenza

pubblica.

1566- Muore il vescovo Galeazzo Florimonte, insigne umanista,

che partecipò al Concilio di Trento ed al quale Mons.

Giovanni della Casa dedicò il famoso Galateo (nome

accademico del Florimonte).

1578- Muore, senza lasciare eredi, Consalvo II de Corduba nipote

del Gran Capitano, il ducato passa alla famiglia Cardona

y Corduba.

1590-1593- Fondazione del convento dei Carmelitani e di quello dei

Cappuccini di Sessa.

1606- Mons. Fausto Rebalio costruisce il Seminario, nel largo

del vescovado, sul sito della sconsacrata chiesa di S.

Page 79: Società 2.0

Silvestro.

1614 - Fondazione del convento dei Crociferi, detto volgarmente

delle Crocelle .

1633 e 1640- Il canonico Lucio Sacco pubblica la prima opera storica

su Sessa, col titolo L'antichissima Sessa Pometia.

1647- Rivolta di Masaniello. A causa della grande miseria e

dell'oppressione delle gabelle a Sessa scoppia un tumulto

ad opera degli abitanti dei casali. Sul finire dell'anno

le forze di Domenico Colessi, detto Papone,

occupano la Città che si libera dei rivoltosi del successivo

mese di gennaio.

1657- Scoppia la peste che risparmia in parte Sessa ma miete

molte vittime nei villaggi.

1688- Sessa è colpita da un forte sisma che danneggia il castello

e l'episcopio.

1722- I Terzieri di Lauro e Cascano fanno richiesta di fallimento

e nel 1730 vengono accorpati alla Città.

1731-1734- E' ordinata la redazione di un nuovo catasto ostacolata

da proprietari terrieri. Nel 1733 Sessa è costretta al

fallimento. Scoppia la guerra e, con la sconfitta austriaca,

il cui viceregno è iniziato nel 1707, incomincia nel Regno

il lungo periodo della dinastia borbonica.

PERIODO BORBONICO

1761- Tommaso De Masi pubblica le Memorie istoriche degli

Aurunci .

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1764- Scoppia una grave carestia con conseguente epidemia che

decimano la popolazione, soprattutto quella più povera e

della montagna.

1793- In un pubblico parlamento si stabilisce di costruire il

ponte sul Rio Grande e vengono perciò imposte apposite

gabelle sui beni di prima necessità (questo ponte sarà fatto

saltare dai tedeschi durante la seconda guerra mondiale).

1797- Il duca Vincenzo Ossorio y Moscoso di Cardona y Corduba

vende a re Ferdinando il feudo di Sessa che ritorna definitivamente

in demanio regio.

1799- Il 2 gennaio entrano in Sessa le truppe francesi. Il

giorno 8 scoppia una rivolta, che da Sessa si trasferisce

a Cascano, nel corso della quale muoiono abitanti di

Sessa, di Cascano e di Marzuli. Il 21 gennaio viene

piantato l'albero della libertà. Il 12 maggio gli

occupanti lasciano Sessa che cade nell'anarchia. L' anno

successivo Ferdinando IV abolisce i seggi modificando

così il sistema amministrativo delle Università.

PERIODO NAPOLEONICO

1806- Le truppe francesi invadono il Regno ed occupano Napoli.

1807-1809- Vengono soppressi i conventi di S. Giovanni, di S. Domenico

di S. Agostino, dei Cappuccini dello Spirito Santo, dei Carmelitani,

dei Crociferi e dei Minori Osservanti. Con decreto reale

del 1808 il castello è donato al Comune.

1810- Apertura al transito del nuovo ponte sul Rio Grande .

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1813- L'ospedale dell'Annunziata viene trasferito nel convento

soppresso dei Carmelitani. Nello stesso anno il convento

degli ex Agostiniani è concesso gratuitamente al Comune

per uso di alloggio degli ufficiali delle truppe di passaggio

per Sessa.

1815- Viene stipulato il contratto di appalto dei lavori per

la costruzione dell'acquedotto che sarà inaugurato solo

nel 1825. In questa occasione viene abbattuta la porta

del trofeo e costruita la fontana dell'Ercole.

1835- Viene completato il ribasolamento e il livellamento della

principale strada di Sessa. È abbattuta la porta

di S. Giovanni.

1837- Scoppia un'epidemia di colera.

1848- Si costituisce nella città un Circolo costituzionale.

La Carboneria è presente in Sessa e a Lauro.

Episodi di brigantaggio.

1850- Il Re e il Papa passano per Cascano e si fermano a Sessa.

PERIODO DELL'ITALIA UNITA

1860- Il Re Vittorio Emanuele II è a Sessa dove, in località S.

Agata, installa il suo quartier generale durante la campagna

per la presa di Gaeta.

1862-186- Si registrano in questo periodo vari episodi di brigantaggio

con vari sequestri nelle frazioni.

1864- Sessa diviene SESSA AURUNCA.

1868- È istituito il Ginnasio Convitto Pareggiato A. Nifo.

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1871-1872- Inizia la costruzione della strada consortile Sessa- Mignano.

(Testo di GIUSEPPE PAROLINO 1997 )

Sessa Aurunca

Popolazione residente 1961 1971 1981 1991 1995

29284 28129 23570 23394 23572

Popolazione 22.060 abitanti (01/01/2013- Istat)

Superficie 162,18 km²

Densità 136,02 ab./km²

http://it.wikipedia.org/wiki/Sessa_Aurunca

CELLOLE (Caserta)

Cellole è posta nella zona occidentale dell'alto casertano; il suo territorio si estende in una pianura che ha un'escursione di appena 36 metri al di sopra del livello del mare ed ha un'estensione di 33 km². Il territorio comprende anche la parte sud della fascia costiera di Baia Domizia e di Baia Felice. Il comune confina con il solo comune di Sessa Aurunca essendo "chiuso" a nord e a sud dai suoi territori. Tecnicamente, pertanto, il comune di Cellole è una enclave.

Le radici storiche dell'attuale centro abitato risalgono al feudalesimo.

Il toponimo deriva dal latino pagus cellularum. Il termine latino pagus fa parte del lessico amministrativo romano, e stava ad indicare una circoscrizione territoriale rurale (cioè al di fuori dei confini della città). Il villaggio era stato adibito a deposito di generi alimentari stipati in appositi fabbricati divisi in "celle" o magazzini, dai quali cellularum. Di queste celle sono rimaste poche tracce nella zona. Nei dintorni forse, si trovava la città romana. Perciò si suppone che le radici più profonde dell'attuale città potrebbero risalire al periodo della nascita della città romana di Sinuessa, circa 4 km a nord di Mondragone, insieme alla quale e con Ausona, Suessa e Minturnae, formavano la famosa Pentapoli Aurunca, distrutta dai romani nel 413 a.C.

Più tardi per gli abitanti del Medioevo Cellole divenne un punto di ritrovo in quanto la città era ubicata tra l'antica Via Appia e la nuova " via Appia", durante il feudalesimo il territorio cellolese era stato integrato nei domini dei signori di Sessa Aurunca. Con l'arrivo dei Longobardi i territori dell'ager sinuessanum si disgregarono e quel villaggio che allora contava poche centinaia di abitanti fu inglobato nel territorio di Sessa Aurunca che era l'unico riferimento economico culturale e sociale di tutta la zona circostante.

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Durante il Medioevo il piccolo villaggio divenne un avamposto difensivo per la vicina Sessa Aurunca. Infatti, dalla città aurunca non era possibile avvistate i fuochi di segnalazione della costa, anche a causa della nebbia della zona paludosa prossima al mare detta Pantano, Cellole serviva da ponte tra la costa e le mura sessane.

Ebbe quattro torri cosiddette saracene dell'altezza di alcune decine di metri, ora distrutte e costruite in materiali di risulta dell'epoca precedente o in pietra locale.

Il 20 aprile 1970 si riuniva, in Sessa Aurunca, il consiglio comunale per discutere, fra l'altro, della separazione ed erezione a comune autonomo della frazione di Cellole. La questione era vivamente sentita dagli abitanti della predetta frazione i quali, ritenendo che i loro interessi non fossero stati esaminati con quella solerzia e serietà che il problema richiedeva, cominciarono a dare, nella notte del 21 aprile, i primi segni di irrequietezza costituendo un blocco stradale sul corso principale di Cellole, all'altezza del quadrivio di piazza Chiesa Nuova, ora Piazza Aldo Moro.

Alle manifestazioni di protesta partecipava una folla sempre più fitta e numerosa. Si moltiplicavano i blocchi stradali e gli episodi di intolleranza verso la forza pubblica resero necessario l'intervento di rinforzi costituiti da contingenti del X battaglione mobile dei Carabinieri di Napoli. Ai blocchi stradali si aggiunsero quelli ferroviari che interessavano la linea di grande comunicazione Roma-Napoli via Formia ed interrompevano, pertanto, il transito dei convogli.

Il 21 febbraio 1973 la popolazione del comune di Sessa Aurunca fu chiamata alle urne e decise per l'autonomia di Cellole. Dopo due anni, il 2 aprile 1975 incominciò l'attività amministrativa del comune. Lo stemma adottato dal neonato comune raffigura un grifone che allunga la rapace zampa su una sottostante minuscola pineta. Chiaramente significativo del sentimento per essere riusciti ad affrancarsi dal secolare giogo da parte delle classi dirigenti di Sessa Aurunca e di essere riusciti a conquistarsi il tanto agognato "posto al sole" rappresentato da Baia Domizia. Questo revanscismo ancora oggi permea entrambe le comunità, con una rivalità dannosa che compromettono fortemente le occasioni di crescita dell'intero territorio.

L'economia del territorio cellolese si concentra su attività rurali e sull'artigianato e dall'inizio degli anni sessanta l'economia della cittadina si è spostata soprattutto verso il turismo dopo la costruzione della vicina Baia Domizia, dotata di hotel e villaggi. Cellole ha beneficiato della contiguità geografica con il polo turistico basando progressivamente su questa risorsa la sua economia. Ne è la prova la crescita economica e demografica di Cellole dovuta in massima parte a questa presenza.

Nonostante il declino subito da Baia Domizia a partire dagli anni ottanta e novanta, negli ultimi anni i cellolesi hanno finalmente compreso l'importanza della risorsa turistica. A tal fine nel 2008, fortemente voluta dall'amministrazione comunale, c'è stata a Cellole, l'apertura di una sede distaccata dell'Istituto Alberghiero di Teano.

A contribuire all'economia locale una leggera presenza industriale si è stabilita 2 km ad est del centro urbano in località Civette, la maggior parte dei residenti però lavorano nei comuni limitrofi.

Cellole

Popolazione 7.716 abitanti (01/01/2013 - Istat)

Superficie 36,79 km²

Densità 209,70 ab./km²

http://it.wikipedia.org/wiki/Cellole

http://www.tuttitalia.it/campania/32-cellole/

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Pasquale Stanziale è nato a Sessa Aurunca in provincia di Caserta, laureato in Filosofia, docente di Storia e Filosofia nei Licei, collabora con Università ed Agenzie di Formazione ed è docente di Filosofia Teoretica presso l’ISSR “S.Pietro” di Caserta. Ha al suo attivo un’ampia pubblicistica nel campo delle Scienze Umane. Collabora con la rivista Civiltà aurunca per la parte socioantropologica. Tra le sue pubblicazioni Omologazioni e anomalie (Caserta 1999), ricerca divenuta un classico degli studi locali, Mappe dell’alienazione (Roma 1995), saggio di filosofia politica, la traduzione del best-seller la Società dello spettacolo di G. Debord (Viterbo 2002). Ha curato anche Il Manuale di saper vivere ad uso delle giovani generazioni di R. Vaneigem (Viterbo 2004) ed una antologia di autori situazionisti (Viterbo 1998). Tra le pubblicazioni più recenti Cultura e società nel Mezzogiorno (Caserta 2007), Materiali per un’economia politica dell’immaginario (Civiltà Aurunca n. 2 2008-2012 Latina), Scenari tra economia e scienze umane (Quaderni Craet n. 11 Sec Univ. Napoli 3-2009), Cyberanalysis, (Quaderni Craet n. 14 – Sec Univ. Napoli 6-2010). Laclau & Mouffe: egemonie, socialismo, populismo, La Sinistra Rivista- Mothly Review 5-2013).