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www.panorama.it Il Re Solo Indebolito dalla crisi, mal sopportato dai partiti, isolato perfino dentro la sua squadra: Mario Monti non si arrende, ma rilancia e sfida tutti. Con alcune mosse a sorpresa per non dichiarare fallimento. Panorama 20 giugno 2012 | Anno L - N. 26 (2406) SNACK ARTICLE GRATIS PER TE SORPRESA SCUOLA: I PRIMI DELLA CLASSE SONO FILIPPINI p. 118 | LE CENE PAZZE DEI MILIARDARI p.144 Casa: dove conviene comprare adesso LE MIGLIORI OCCASIONI NELLE CITTÀ PRINCIPALI

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a.it Il Re Solo

Indebolito dalla crisi, mal sopportato dai partiti, isolato perfino dentro la sua squadra: Mario Monti non si arrende, ma rilancia e sfida tutti. Con alcune mosse a sorpresa per non dichiarare fallimento.

Panorama 20 giugno 2012 | Anno L - N. 26 (2406)

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il sorpasso

Thea Narciso ha 14 anni e fa la terza B alla scuola media sperimentale Mazzini di Roma. Nata in Italia, mandata a vivere con la nonna nelle Filippine, è tornata due anni fa e non capiva una parola d’italia-

no. Oggi parla come una trasteverina, ha 9 in matematica e in inglese, 8 in italiano, storia, arte e geografia. «Adoro la mitologia» confessa. «Ma anche suonare l’organo alle funzioni religiose della mia comunità. E al pomeriggio, fra un compito e l’altro, aiuto il mio patrigno in un piccolo negozio di pro-dotti per animali». La sua migliore amica è la compagna di classe Allison Boco, in Italia da quando aveva 4 anni. Figlia di domestici giunti, in patria, a un passo dalla laurea (lui in ingegneria, lei in farmacia), ha 9 in matematica, scienze e geometria e sogna

di diventare una scienziata. «Le difficoltà della mia famiglia mi stimolano a dare il massimo» dice. «Sono molto competitiva, ma soprattutto con me stessa».

Altra scuola, altra storia di successo. All’istituto d’istruzione superiore Fabio Besta di Milano, Angela Gabuat, 17enne al quarto anno di ragioneria con la media del 9 in economia politica che dopo la morte del padre ha dovuto crescere i fratelli più piccoli, è titolare di borsa di studio dell’as-sociazione per le pari opportunità Fiorella Ghilardotti. «Ho appena concluso uno stage presso una società di formazione» racconta. «Ora vorrei fare un’esperienza di lavoro negli Stati Uniti: mi darà un vantaggio per quando inizierò la professione».

Il primo della classe spesso è lo studente filippino. Con una marcia in più rispetto

Claire Rubio, 9 anni, terza elementare all’istituto Trento e Trieste di Roma.

«Panorama» e il ministero dell’Istruzione hanno acceso i riflettori sulla comunità degli studenti filippini negli istituti

di Roma e Milano. Scoprendo che hanno spesso i voti più alti. Grazie anche a un forte senso del dovere che a noi italiani sovente difetta.

di Costanza Rizzacasa d’Orsogna - fotografie di M. Lombezzi e A. Imbriaco per «Panorama»

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nomiche delle famiglie e a una comunità che si è attrezzata per crescere i bambini, il fenomeno si va ridimensionando. «La presen-za continua nel sistema scolastico a partire dalla prima infanzia favorisce non solo l’in-tegrazione dei bambini ma anche quella dei genitori, che trovano nei figli dei piccoli ma importanti mediatori socioculturali» osserva il ministro della Cooperazione internazionale e l’integrazione Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio. Coinvolti nella vita degli oratori, confortati da programmi scolastici votati all’integrazione e stimolati da insegnanti meno miopi, gli studenti fi-lippini hanno così iniziato a esprimere le loro potenzialità. In molti casi straordinarie. Come spiega la pedagogista Graziella Fava-ro, autrice di A scuola nessuno è straniero (Giunti Editore): «Provengono da un sistema scolastico che investe molto nell’istruzione e hanno genitori con un buon livello di scolari-tà e grandi aspettative sulla riuscita dei figli».

«Gli studenti filippini non copiano né imbrogliano mai» aggiunge Enrico Castelli, professore di lettere alla Mazzini.«Hanno un sistema di valori molto alto, insegnato loro fin da piccolissimi. E aiutano volentieri i compagni in difficoltà». Come Sharinel, quin-ta elementare all’Alberto Cadlolo (Roma). Bravissima in italiano, ma anche la più dili-gente, ordinata, precisa, sveglia e rispettosa della classe. «L’unica» sottolinea la maestra «che quando mi allontano continui a studiare senza lasciarsi distrarre dai compagni».

Altra caratteristica è la volontà di riscat-to. Spiega Castelli: «Tutti hanno genitori di-plomati o laureati. Li vedono ammazzarsi di fatica come domestici per mettere qualcosa in tavola la sera. Ovvio che per se stessi de-siderino di meglio. E a differenza dei ragazzi italiani, spesso meno motivati, sono pronti a sacrificarsi per ottenerlo». Non a caso, come risulta anche dai dati raccolti da Panorama, dove i 4 e 5 sono pochissimi, è raro che un

3.569 nella scuola dell’infanzia 7.506 nella scuola primaria

agli italiani nelle materie scientifiche e in inglese, ma ottimi risultati anche in quelle umanistiche. Oltre alla voglia di riscatto e un senso del sacrificio sconosciuto a tanti ragazzi italiani viziati e un po’ lassisti. Uno studio condotto da Panorama con il mini-stero dell’Istruzione su oltre un migliaio di alunni delle scuole pubbliche delle province di Roma e Milano svela dati illuminanti sugli alunni filippini, prima cittadinanza straniera negli istituti meneghini e settima a livello nazionale, che nell’anno scolastico 2010-11 erano 19.766, divisi fra scuole dell’infanzia (3.569), elementari (7.506), medie (4.498) e superiori (4.193). Nella scuola media il 57 per cento degli studenti sondati vanta voti tra il 7 e l’8, mentre alle superiori il 67 per cento ha la media del 6-7 e alle elementari circa metà prende tutti 9 e 10. Studenti modello, insomma. Come Claire Rubio, 9 anni, quinta elementare alla Trento e Trieste di Roma, che esegue a memoria anche i calcoli più difficili e in grammatica e musica va forte. O Vincent Catalon, che surclassa in mate-matica i compagni dell’Istituto tecnico per il turismo Cristoforo Colombo, sebbene allo studio possa dedicare solo un’ora e mezzo al giorno perché dopo la scuola pulisce gli uffici per aiutare la famiglia. «Ma non è che sia più intelligente dei ragazzi italiani» si schermisce. «Semplicemente, mentre loro durante le lezioni si distraggono, io sto at-tento e prendo appunti».

Per anni, nelle analisi sui migranti, la comunità filippina è stata descritta come una di quelle più in difficoltà. Nati nel nostro Paese o arrivati qui piccolissimi, i bambini venivano quasi sempre rispediti nelle Filip-pine, per poi essere nuovamente sradicati quasi adolescenti, richiamati in Italia da ge-nitori ormai estranei. Da alunni mostravano difficoltà d’inserimento e apprendimento e il profitto era spesso scarso. Negli ultimi tempi, grazie alle migliorate condizioni socioeco-

Gilmore Yan De Leon, 9 anni, alunno della quarta elementare della scuola Casa del sole di Milano.

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Quanti sono e che scuola frequentano i filippini in Italia (dati 2011)

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4.498 nella scuola secondaria di primo grado 4.193 nella scuola secondaria di secondo grado

Jomel De Chavez, 14 anni, studente della terza media alla Casa del sole di Milano.

Angela Gabuat, 18 anni, quarto anno di ragioneria al Besta di Milano.

21%23%

Il sogno di Allison Boco, 9 anni.

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avverte il ministro Riccardi. «E allora tanto vale allenarsi fin da subito». Una volta in-nescato il percorso virtuoso che permette loro di esprimere le proprie capacità, tutto è possibile. E anche l’ostacolo della lingua viene presto superato.

Com’è accaduto a Gilmore Yan De Leon, 9 anni, in quarta elementare alla Casa del sole di Milano. «Quando è arrivato, a metà della prima, non pensavo ce l’avrebbe fatta» racconta la maestra. «Parlava Tagalog e ingle-se, era timidissimo e impaurito. Tempo due mesi scriveva le frasi in italiano, poi c’è stata l’esplosione della lingua. Ha chiuso la prima con un bagaglio linguistico pari a quello dei compagni, in terza era il più bravo nei dettati ortografici». Non deve sorprendere perciò se il 13enne Jomel De Chavez, terza D, quest’anno prenderà la licenza media con 9 o 10 in italiano da un’insegnante che, dice con orgoglio, «certi voti li dà solo ai Manzoni»; o se l’anno scorso l’Itis Cartesio di Milano ha registrato un 100/100 alla licenza superiore di un ragazzo arrivato dalle Filip-pine a 13 anni e diplomato in informatica, oggi impegnato in uno stage presso una nota società di consulenza. Merito di una scuola filippina che, come dice Thea, è «seria e severa» rispetto a una italiana «più disin-volta»? In realtà, dice, «a me non dispiace che i prof qui siano più permissivi. Siamo ragazzi come gli altri, mica robottini». n

John Vincent Catalon, 16 anni, terzo anno dell’Istituto tecnico Colombo di Roma. Sotto, Thea Narciso, 13 anni, terza media alla Mazzini di Roma.

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alunno filippino prenda un’insufficienza. Racconta Thea: «Mamma ha una laurea in scienze della comunicazione, ma pur di darmi un futuro migliore è venuta in Italia a fare le pulizie. Voglio farcela anche per lei».

«Bravissimi nelle tecnologie, i filippini sono molto reattivi» spiega Elena Borgnino, dirigente scolastico dell’Ics Lorenzini Feltre di Milano. «In classe, a differenza di altri stranieri, davanti a un problema di cui non conoscono la soluzione si buttano comun-que. Nello sport emergono sul gruppo». L’eventuale competizione con gli italiani, poi, è solo un bene per questi ultimi. «In un mondo del lavoro sempre più globaliz-zato, arriva per i nostri giovani l’ora di fare i conti con la concorrenza internazionale»

Forse aveva ragione Samuel P. Huntington, il politologo statuni-tense che nel 1993 fece scandalo pubblicando sulla rivista Foreign Affairs l’articolo «The clash of civilizations», lo scontro di civiltà? «Via via che il processo della modernizzazione aumenta (…), il tasso di occidentalizzazione si riduce e la cultura autoctona torna a emergere (…). L’ulteriore modernizzazione finisce con l’alterare gli equilibri di potere fra l’Occidente e la società non occidentale, alimenta il potere e l’autostima di quelle società e rafforza in esse il senso di appartenenza alla propria cultura».Pagelle a parte, la graduatoria 2011 delle prime 400 università del mondo parla forte e chiaro. Quelle di Pechino (49), Kyoto (52) e Pohang (53) vengono prima del blasonato King’s College di Londra (56), mentre l’Hong Kong University (62) precede l’Università Cattolica di Lovanio (67), Heidelberg (73) e la snobbissima Tufts University di Boston (77). Solo per curiosità, Bologna, dove l’università è nata, appare al 226° posto. «Gli stati nazionali rimarranno gli attori principali nel contesto mondiale, ma i conflitti più importanti avranno luogo tra nazioni e gruppi di diverse civiltà» prevedeva Huntington. La partita è finita. O quasi. (W.M.)

Se l’Occidenteperde terreno La mondializzazione ha effetti indesiderati. Almeno per noi.

Vincent Catalon, 16 anni.

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Chi salverà

il Papa

traditoLa vera storia della guerra

tra cardinali italiani che sta sconvolgendo la Chiesa

Panorama 6 giugno 2012 | Anno L - N.24 (2404)

Perché il terremoto si sposta sempre più a NordI 1.414 FIGLI RUBATI p. 127 | ECCO IL GURU DEGLI ANARCHICI p. 137 | BOLT: «SONO NATO PIGRO» p. 146

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