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I DOCUMENTI MAI LETTI DEL BRACCIO DESTRO DI ANGELO SODANO www.panorama.it Chi salverà il Papa tradito La vera storia della guerra tra cardinali italiani che sta sconvolgendo la Chiesa Panorama 6 giugno 2012 | Anno L - N.24 (2404) GRATIS PER TE IN ESCLUSIVA. SCOPRILO! Perché il terremoto si sposta sempre più a Nord I 1.414 FIGLI RUBATI p. 127 | ECCO IL GURU DEGLI ANARCHICI p. 137 | BOLT: «SONO NATO PIGRO» p. 146

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I DOCUMENTI MAI LETTI DEL BRACCIO DESTRODI ANGELO SODANO

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Chi salverà

il Papa

traditoLa vera storia della guerra

tra cardinali italiani che sta sconvolgendo la Chiesa

Panorama 6 giugno 2012 | Anno L - N.24 (2404)

salverà

GRATIS PER TE

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Perché il terremoto si sposta sempre più a NordI 1.414 FIGLI RUBATI p. 127 | ECCO IL GURU DEGLI ANARCHICI p. 137 | BOLT: «SONO NATO PIGRO» p. 146

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facebluff

Stangata 2.0 Cronaca minuziosa della prima webtruffa globale, che ha la firma del bravo ragazzo di Facebook e di tre superbanche americane. Le stesse che controllano il mercato, la politica, i nostri destini.

Quando venerdì 18 maggio Mark Zuckerberg, 28 anni, suona dalla California la campanella virtuale che apre le contrattazioni del titolo di Facebook alla borsa tecnologica Nasdaq, tutti gli attori sulla scena

di questa imponente quotazione pubblica, la terza nella storia americana, si baloccano pensando ai sonanti affari propri. I dipenden-ti dell’azienda accorsi al quartier generale di Menlo Park, ricca cittadina a sud di San Francisco, si sciolgono in un urlo liberatorio: alcuni di loro sono già diventati milionari. La chief operating officer, Sheryl Sandberg, donna di inaudita potenza che funge da rac-cordo fra l’establishment politico-finanziario e il colosso tecnologico, sorride come una first lady nel giorno dell’inaugurazione.

Zuckerberg a questo punto vale oltre 19 miliardi di dollari e probabilmente un angolo della sua mente è rivolto al matri-monio a sorpresa che il giorno successivo lo unirà alla fidanzata Patricia Chan, un’altra operazione strategicamente pianificata: per la legge della California, in caso di divorzio

Sandali, maglietta

e un sorriso ironico,

Mark Zuckerberg

è già entrato nella

storia di Wall Street

per la quotazione più

grossa e controversa:

in pantofole finora

sono rimasti solo

i risparmiatori.

di Mattia Ferraresi - da New York

il coniuge ha diritto a metà dei beni che la coppia ha guadagnato durante il periodo del matrimonio, ma dal conteggio è escluso quello che è stato fatturato prima del fatidico sì. E infine Le banche principali che hanno condotto la quotazione dell’azienda, Mor-gan Stanley, Goldman Sachs e JpMorgan, assaporano la vittoria e le ricche commis-sioni dopo mesi di analisi e negoziati.

Per oltre 20 minuti il Nasdaq rimane bloccato. Decine di migliaia di tasti «compra» e «vendi» sono stati già premuti da una mol-titudine di investitori: da John Hoag del Ten-nessee, semplice risparmiatore che aveva ordinato 100 azioni Facebook, ai principi di Wall Street, paradossalmente uniti nell’igno-ranza di quello che sta succedendo. Sono le 11.28 di venerdì 18 maggio, ora di New York, quando un anonimo messaggio annuncia che il sistema sta per essere ripristinato. Ma il dramma tecnico è soltanto il presagio della stangata 2.0 che sta per abbattersi, con il titolo che crolla del 18 per cento nel giro di tre giorni. È l’inizio del «venerdì blu», versione aggiornata del giovedì nero del 1929. Il blu

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Stangata 2.0

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NasceFacebook

Marzo 2000, bolla di internet.L’indice Nasdaq raggiunge il suo valore massimo

Primi 100 milionidi utenti Facebook

700 milionidi utenti Facebook

Netscape

Yahoo!

eBay

Google

Facebook104.000

milioni di dollari

Linkedin

Zynga

Amazon

300

375 653

5.048,62

2.956,34

21.852

5.994

929

Oggi non èpiù quotata

Valore al debutto in borsaIn milioni di dollari

Oggi vale18.720 milioni

Oggi vale95.910 milioni

Oggi vale52.100 milioni

Oggi vale10.180 milioni

Oggi vale4.870 milioni

Oggi vale192.840 milioni 4.035

Il trading si faràsul social networkLa borsa più importante del pianeta? Presto potrebbe essere Facebook. È l’obiettivo di una start-up di San Francisco, la Loyal 3, già attiva sulla rete con una propria piattaforma, che entro giugno sbarcherà sul social network. Da quel momento, con un abbonamento minimo (da 10 a 50 dollari al mese), il programma Csop (customer shop ownership plan) consentirà di comprare direttamente da Facebook, senza commissioni o broker, qualsiasi titolo quotato in Usa: 10 dollari il taglio minimo, 2.500 il massimo. «È un’evoluzione del bottone “mi piace” di Facebook» afferma il direttore di Loyal 3 Chris Kelly, che proviene dai ranghi della società di Mark Zuckerberg. Il lancio dell’iniziativa è stato accompagnato da largo uso della retorica «new economy»: «Il nostro obiettivo» ha dichiarato il numero uno Barry Schneider «è introdurre la democrazia nel capitalismo». Il sogno si è forse appannato con l’esordio infelice di Facebook al Nasdaq, ma i programmi non cambiano: entro giugno i 900 milioni di utenti di Facebook saranno altrettanti potenziali piccoli azionisti. (Ugo Bertone)

di Goldman Sachs e JpMorgan mettono nero su bianco prospettive simili. La grandiosa operazione, dotata di un’invincibile allure emotiva, improvvisamente viene riportata alle proporzioni che le spettano: le banche ormai sanno che i 106 miliardi di dollari che l’azienda potrebbe valere dopo il colloca-mento sono enormemente sproporzionati rispetto ai 4 miliardi fatturati nel 2011 (con un profitto di 1,75 miliardi); sanno che 38 dollari ad azione sono una quotazione eccessiva per un’azienda che ha un modello di business ancora acerbo e ondivago.

Dalle scrivanie di questi analisti il mes-saggio viene smistato a qualche migliaio di investitori istituzionali, però non arriva al «parco buoi». Il fondo Capital Research & Management, per esempio, riceve la soffia-ta e disdice la prenotazione di titoli. Ma la stessa notizia non arriva a John Hoag nella sua tenuta del Tennessee, non arriva a Nelly Sai Palm, studentessa di legge all’Università di Chicago, certa che le azioni «saliranno moltissimo»; la nuova stima non raggiunge John Rutkowski, un impiegato del Delaware

è il colore del social network di Zuckerberg, ma in inglese «blue» significa anche triste.

Fra i motivi che hanno provocato il fiasco di Facebook in borsa ce n’è uno fondamen-tale che risale al 9 maggio. Zuckerberg e i manager della società hanno da poco iniziato il «road show», la serie di incontri con i po-tenziali investitori, quando nella sede della Morgan Stanley l’analista Scott Devitt scrive un rapporto che contraddice l’ottimismo sfre-nato che aleggia attorno alla quotazione del titolo. Le previsioni di fatturato dell’azienda di Menlo Park per il 2012 vengono abbassate da 5 miliardi di dollari a 4,85 miliardi e il motivo della revisione delle stime va cerca-to in un documento che Facebook sta per aggiungere alla cartella depositata presso la Sec, l’autorità di controllo della borsa. In quel pezzo di carta si dice che il numero di utenti che usa Facebook attraverso smartphone e tablet è in netto aumento, e questo potrebbe avere un impatto negativo sul fatturato della società perché su questi dispositivi si posso-no piazzare meno inserzioni pubblicitarie.

Nel giro di qualche ora anche gli analisti

All’esordio in borsa Facebook è stata valutata 104 miliardi di dollari. L’equivalente di Bmw e Daimler messe insieme. O della somma di Kraft, Kellogg’s e Heinz, tre giganti dell’alimentare.

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NasceFacebook

Marzo 2000, bolla di internet.L’indice Nasdaq raggiunge il suo valore massimo

Primi 100 milionidi utenti Facebook

700 milionidi utenti Facebook

Netscape

Yahoo!

eBay

Google

Facebook104.000

milioni di dollari

Linkedin

Zynga

Amazon

300

375 653

5.048,62

2.956,34

21.852

5.994

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Oggi non èpiù quotata

Valore al debutto in borsaIn milioni di dollari

Oggi vale18.720 milioni

Oggi vale95.910 milioni

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Oggi vale10.180 milioni

Oggi vale4.870 milioni

Oggi vale192.840 milioni 4.035

che dice: «In questi casi è meglio aprire le danze, che entrare quando la musica è già iniziata». Né viene captata nella cameretta di Sam Lesser, un genietto di 11 anni che vive in un palazzo dell’Upper East Side, il quartiere di Manhattan dove risiede il ricco «old money» newyorkese. Lesser sta navigando da giorni sul suo Mac per capire l’aria che tira attorno alla quotazione del social network che lo accompagna costan-temente, una specie di amico blu di cui ora vorrebbe fare parte, e vuole investire i 10 mila dollari che ha guadagnato vendendo skateboard ai compagni di scuola. Si è presentato in un ufficio di Fidelity, uno dei broker più diffusi, per valutare un acquisto che di lì a poco si rivelerà fallimentare, ma lui ancora non può saperlo. A galvanizzare ancora di più l’esercito degli «average Joe», gli investitori comuni, c’è anche l’annuncio, dato due giorni prima della quotazione, che Facebook metterà sul mercato altri 83 milioni di titoli e che i risparmiatori comuni potranno comprare non più un massimo di 500 bensì di 5 mila azioni.

Mentre nessuno sa se le tanto agognate azioni di Facebook sono nelle sue tasche o intrappolate da qualche parte nell’etere, la lu-ce si riaccende, e gli investitori abbacinati ve-dono il titolo Fb comparire sui loro schermi.

Il prezzo di un’azione è 42,05 dollari, al di sopra dei 38 dollari fissati dall’a-zienda e dalle banche. Il titolo raggiunge una punta di 45 dollari, per poi crollare del 12 per cento nel primo gior-no. Viene coniata la voce verbale passiva «facebooked», cioè essere fregati dalle azioni di Facebook, e vari avvocati nel paese si preparano a fare una class action per conto di migliaia di investitori. Alle 17.18 di venerdì 18 maggio, Andy Saperstein, figura chiave dell’apparato della Morgan Stanley, scrive una email ai suoi colleghi dai toni trionfalistici: operazione realizzata «in modo ordinato, giusto, con ottima comunicazione, che avrà un impatto di lungo periodo sulla nostra azienda e sui nostri clienti». Cinque giorni più tardi l’avvocato newyorkese Samuel Rudman contesterà con una colos-sale denuncia gli aggettivi usati dal broker della banca d’affari, e presenterà un’azione legale contro Facebook, Morgan Stanley e le altre banche coinvolte. Andrew Noyes, un

Nel grafico l’andamento del mercato tecnologico Nasdaq e i principali collocamenti di titoli internet, con il valore al momento dellaquotazione e adesso.

Ipo story

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Lo scalper è un operatore di borsa che ama le intemperie. La sua abilità consiste nel saper sfruttare le fluttuazioni del mercato, sia all’insù sia all’ingiù, spuntando tanti piccoli profitti (e rischiando così altrettanto piccole perdite) su un alto volume di operazioni. Lo scalper è, in genere, un

«pescatore» di giornata che difficilmente tiene aperte le posizioni oltre la chiusura della borsa. Al contrario chi fa scalping apre e chiude posizioni, impostando stop-loss e take-profits (cioè il massimo che si può perdere e il guadagno cui si ambisce) molto ravvicinati, nell’intervallo

di poche ore, minuti o addirittura secondi. Chi fa scalping tiene in scarsa considerazione i dati fondamentali di bilancio o le notizie più recenti che riguardano un’azienda o tantomeno i dati macroeconomici, ma si basa moltissimo sui grafici dell’analisi tecnica. (U.B.)

scalping?

portavoce di Facebook, definisce la causa intentata contro il social network «priva di fondamento». Però intanto giovedì 24 maggio un’email inviata dai vertici della Morgan Stanley a 17.200 suoi broker spiega che ogni transazione delle azioni di Facebook sarà analizzata, e chi ha pagato più di 43 dollari per azione sarà risarcito.

Eppure, nonostante il danno di immagi-ne, la Morgan Stanley e le sue sorelle hanno buoni motivi per sorridere. Nella prima settimana di quotazione del titolo la banca ha guadagnato, spiegano fonti interne, 100 milioni di dollari, e i tre colossi finanziari che hanno guidato il collocamento hanno fatto un meraviglioso assist agli «short seller» (investitori che scommettono sul crollo immediato di un titolo) che hanno incassa-to margini impressionanti. Il 25 per cento delle azioni Facebook è stato scambiato in questo modo. Le banche sono incappate in un inestricabile groviglio fatto di conflitti di interessi: email inviate con tempismo luciferino, telefonate fra il numero uno della Morgan Stanley, James Gorman, e il direttore finanziario della Facebook, David Ebersman, giusto il giorno prima dell’esordio del titolo per aggiustare il prezzo secondo un preciso schema di interessi.

In questo girone infernale popolato da banchieri, analisti omertosi e miliardari in maniche corte, che fine hanno fatto John Hoag e la sua tenuta del Tennessee? Che fine hanno fatto le decine di migliaia di investitori che s’incontrano ogni mattina sull’autobus? Mentre Mark Zuckerberg e Priscilla visitano la Cappella Sistina come semplici turisti americani, Ryan Cefalu, un tecnico di Baton Rouge, in Louisiana, vede svanire 4 mila dollari di risparmi. Il diciannovenne Michael

McClafferty che aveva investito 8 mila dollari sull’azienda guidata dal suo idolo ne ha persi 3 mila nel giro di poche ore. Ancora peggio è andata a Scott Gursky, che ha comprato 100 azioni Facebook, salvo poi ricevere dal suo broker la notifica che la transazione era stata annullata: eppure i soldi erano stati risucchiati dal conto. Loro sono le vittime di Facebook, della sua naturale volatilità, che quando incontra gli istinti rapaci di Wall Street diventa genio speculativo e prevarica-zione. E loro sono i tasselli di un’anonima community ingannata dalle illusioni di ricchezza e che ora, disillusa e imbufalita, si affida agli avvocati per concludere una class action che inevitabilmente sarà ostacolata con ogni forza dai manager di Wall Street.

James Gorman, Lloyd Blankfein, Jamie Dimon: sono loro gli strapotenti di Wall Street, i banchieri che si sono riavuti dalla crisi facendosi aria con ventagli di banco-

note, i maestri dello scalping (vedere il riquadro) e di altre architetture finanziarie. Per i sovrani di Morgan Stanley, JpMorgan e Goldman Sachs, gente che controlla fondi, titoli, aziende, proprietà di ogni genere, e può persino decidere il destino di intere nazioni, Facebook non è un fenomeno sociale che ha rivoluzionato il mondo nel giro di 8 anni, è semplicemente l’ennesima manifestazione di un potere economico da controllare. Non servono battaglie e strepiti, basta riportare l’impero virtuale di Zuckerberg su un terreno in cui il potere delle banche non può essere sconfitto: il terreno della finanza globale.

I veri protagonisti della quotazione Face-book sono la mente raziocinante e l’apparato digerente di Wall Street, capaci di fagocitare qualsiasi forza aspiri ad affermarsi come contropotere del suo dominio. Con guadagni miliardari. Un analista finanziario spiega che, nonostante l’incidente in cui sono incappate la Morgan Stanley e le banche sorelle, «la sbornia passerà senza troppe conseguenze». Ci saranno turbolenze, ma alla fine il cielo tornerà a rasserenarsi.

Lo sa bene Jamie Dimon, noto come «l’ultimo re di Wall Street», che è appena inciampato in un’operazione che ha fatto perdere alla JpMorgan 2 miliardi di dollari (o più). Dopo un paio di giorni di processo mediatico e indignazione diffusa, l’assem-blea dei soci non solo non lo ha sfiduciato ma ha fatto quadrato intorno a lui, tornato immediatamente sul trono. Lo sanno i suoi colleghi che ora fanno la più formale delle ammende per il solenne pasticcio combi-nato attorno alla quotazione di Facebook, che visto dai grattacieli di Manhattan appare piuttosto come un pasticcio perfettamente calcolato. A Wall Street cambia tutto, perché nulla cambi. n

Jamie Dimon56 anni, numero uno della JpMorgan (2.265 miliardi di dollari di attivi): il banchiere più potente di Wall Street.

James P. Gorman A 51 anni guida la Morgan Stanley, considerata la responsabile del pasticcio Facebook.

Lloyd Blankfein Il banchiere 57enne èa capo della Goldman Sachs dal 2006. È un finanziatore del Partito democratico.

Che cosa vuol dire

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