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smag_n2_ottobre 2014 ISSN 2409-5397

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The official magazine of the degree courses in Design at the University of the Republic of San Marino (UNIRSM). ISSN 2409-5397

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ottobre 2014

ISSN 2409-5397

Periodico dei Corsi di laurea

in Design dell’Università

degli Studi della Repubblica

di San Marino

a cura di

Dario Scodeller e Gianni Sinni

Copertina di Giovanni Vincenzi

Hanno collaborato

Alberto Bassi, Alessandra

Bosco, Massimo Brignoni,

Fiorella Bulegato, Renzo

Di Renzo, Duccio Falsetti,

Fupete, Massimiliano Nuccio,

Aline Pennisi, Maddalena

Scimemi, Michele Zannoni

FRANCESCO MENZOCCHI, SAN MARINO (CA. 1535)

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Le ragioni del design iAlberto Bassi, Fiorella Bulegato

Drawing as design thinking iAlessandra Bosco

Nutrimenti. Filiere alimentari sostenibili i

Massimo Brignoni

Design e performance iMichele Zannoni

Designing News iGianni Sinni

Un uomo semplice (ma non più semplice di così) i

Renzo di Renzo

Ethic or scientific i Maddalena Scimemi

Design e startup iMassimiliano Nuccio

Infografica per comunicaree mobilitare i

Aline Pennisi

Album i News i

I risuonatori al Compasso d ’oro iPo.W.E.R. i

Test d ’iscrizione iElezioni all’Università i

Laboratori di tesi iLavorare al buio i

Vincitori al Cersaie i San Marino Design Workshop i

Abitare e coltivare l’acqua iOperae Torino 2014 iProgetti di ricerca i

Un motore come regalo di compleanno iSit down i

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Le ragioni del designALBERTO BASSI E FIORELLA BULEGATO

Il libro Le ragioni del design raccoglie i contributi di pensiero, esperienza progettuale e didattica di un ampio gruppo di docenti dei Corsi di laurea triennale e magistrale in design dell’Università degli studi della Repubblica di San Marino, dal 2005 realizzati in collaborazione con l’Università Iuav di Venezia.In pochi anni i Corsi sono divenuti una presenza qualificata nel panorama nazionale, frutto di uno specifico progetto

ANTICIPIAMO

UNA PARTE

DELL’INTRODUZIONE

DI ALBERTO BASSI E

FIORELLA BULEGATO

AL LIBRO USCITO

PRESSO L’EDITORE

FRANCO ANGELI

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scientifico, fondato su un elevato livello di offerta culturale con discipline teoriche, storico e critiche, su laboratori progettuali condotti da alcuni dei maggiori designer italiani e internazionali lungo le direzioni di product e visual design e infine su una serie di servizi agli studi, legati alla presenza di laboratori strumentali, alla assistenza alla didattica, alle attività di stage e placement e così via.Queste peculiari condizioni hanno contribuito alla costruzione di una comunità allargata, composta da professori, docenti, giovani assistenti, personale tecnico, assieme a studenti attivi e interessati che, anche in considerazione della speciale situazione geografica-ambientale assieme isolata e raccolta, hanno coltivato un continuato scambio di idee e opinioni, una condivisione di obiettivi ed esperienze proficuamente travasati nella riflessione teorica e critica e dentro la prassi didattica.È stato allora naturale coinvolgere questa comunità scientifica e progettuale nella riflessione sul design contemporaneo che ha trovato sbocco nella progettazione e realizzazione di questo volume. Muovendo dalle esperienze scientifiche e didattiche, dai percorsi professionali, dalle ricerche progettuali, teoriche, critiche e storiche condotte dai docenti, è parso importante indagare quelle che abbiamo chiamato le “ragioni del design”, cioè quali sono caratteri e ruoli dei modi plurali di intendere teorie e prassi operative nella condizione attuale, segnata da una profonda e necessaria messa in discussione dei modelli economici, sociali e culturali dominanti. I contributi sono stati organizzati attorno a tre ambiti fondamentali.Per prima cosa è parso utile fare riferimento al contesto

teorico, storico e critico contemporaneo, in rapida e radicale trasformazione. Studiosi e progettisti ne hanno letto alcuni elementi costitutivi cercando di delineare aspetti stimolanti e vincolanti dell’agire in mutati contesti.Una corposa seconda parte muove dalla necessità di provare a delineare gli ambiti disciplinari dentro cui opera il design. Un’operazione particolarmente significativa in una fase di messa in discussione teorica e operativa, eppure necessaria per uscire dall’indeterminatezza dell’onnicomprensività. Dietro formule di comodo come “tutto è design” è passata una parziale progressiva delegittimazione teorica e culturale, e di frequente anche operativa, una confusione delle lingue in termini di percezione, comunicazione e ruolo di una disciplina che talvolta è parsa senza identità, strategia e “politica”. Torniamo invece a dire chi siamo, cosa facciamo, chi potremmo essere, cosa potremmo fare.Sappiamo certo di muoverci sui “bordi” di un vasto sapere e “saper fare”, attingendo a conoscenze e competenze multi e interdisciplinari, assecondando una modalità di pensiero e azione “laterale”, frutto allo stesso tempo di ragione, ispirazione e sentimento. La disciplina è in trasformazione e abbiamo provato a raccontarne il nuovo nucleo, i suoi nodi, limiti e confini.La terza parte infine muove da esperienze concrete didattiche, di ricerca, di progettazione. In relazione al contesto specifico dei Corsi di laurea, alcuni designer, partendo dalla propria esperienza professionale e di ricerca, hanno sviluppato riflessioni teoriche e operative su contenuti e metodologie dedicati all’insegnamento del design. Altri progettisti invece

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hanno avuto occasione di cimentarsi su temi sensibili e importanti, dall’identità e comunicazione del sistema universitario alla modalità di unire progetto, produzione e comunicazione per contesti locali, sia a livello del territorio sammarinese sia su scala internazionale, come nell’esperienza di ricerca condotta sul design con i Sud del mondo, finanziata dall’Unesco.Questo volume, in sostanza, indica una ricca attività di studio dentro una comunità in grado di produrre un’elevata qualità progettuale, didattica e scientifica. Un contributo che si aggiunge ad altri già forniti attraverso pubblicazioni, attività di curatela e ricerca individuale o in relazione ad interlocutori imprenditoriali e istituzionali. In una fase di riorganizzazione e rilancio dell’Ateneo sammarinese verso nuovi equilibri utili a costruire le condizioni per un operare più articolato e strutturato, con i Corsi in design che si avviano verso il decennale della loro attività, il libro “Le ragioni del design” configura un segnale vigoroso di vitalità, coscienza di un lavoro ben fatto, qualità della comunità intellettuale e progettuale, dell’indagine scientifica e culturale. Un segnale fortemente riconoscibile da cui muovere riflessioni e comportamenti per il futuro.

I. Teoria, storia e critica

Alberto BassiNuovi contesti e condizioni per il design contemporaneo

Riccardo BlumerFilosofia e design

Dario Scodeller Le ragioni del designer

Fiorella BulegatoLa formazione dell’industrial designer in Italia (1950-72)

II. Una disciplina “laterale”: nuclei, bordi, confini, nodi

Sebastiano Bagnara e Simone Pozzi Interaction design e riflessione

Michele Zannoni Il design è interazione?

Sergio Menichelli e Serena BrovelliInformation design

Gianni SinniIl design in movimento. Il progetto visivo esteso nel tempo

Roberto GroppettiOltre la tecnoscienza: Prometeo ed Epimeteo

Ramin Razani Paradigmi scientifici e progetto

Alberto Zoni Il progetto dei materiali contemporanei III. Design, ricerca e formazione

Alessandra Bosco Per una formazione del designer

Laura Badalucco «Progettare è facile quando si sa come si fa»

Luigi Mascheroni e Viviana Altafin Per una didattica del product design

Francesco MessinaIl martello e il microscopio

Massimo Pitis Insegnare visual design: atteggiamento e processo

Corrado Loschi Strategie e strumenti per la comunicazione online

Marco Zito Professione e didattica per il progetto

Marcello Ziliani e Silvia Gasparotto Un approccio sostenibile

Massimo Brignoni Design per/con i sud del mondo

Riccardo Varini Design e borghi antichi. La misura del vuoto

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LE RAGIONI

ILLUSTRAZIONE DI FUPETE

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LE RAGIONI

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Drawing as design thinking, mostra aperta dal 17 al 24 maggio presso lo Spazio Duomo, segna la presenza dei Corsi di laurea in Design dell’Università degli Studi della Repubblica di San Marino alla prima edizione della Biennale del Disegno di Rimini e fornisce l’opportunità di riflettere sul ruolo di questa disciplina e sulle sue declinazioni nel contesto progettuale multimediale contemporaneo.

Drawing as design thinkingALESSANDRA BOSCO

Il disegno, traduzione in segni noti e universali della figura più o meno reale, più o meno immaginaria, che trova prima espressione tramite il principio di “manualità” sul foglio bianco, costituisce una componente essenziale della cultura e della professione del progettista, si tratti di visual o di product designer. “Niente è più utile dell’apprendimento che l’interdipendenza tra occhio, mano e mente. – sostiene

Milton Glaser in Art is work – Mentre pensi fai uno schizzo e l’idea è ancora confusa. Deve restare tale, così la mente ne pensa un’altra più chiara e tu fai un altro schizzo. […] Sfortunatamente il computer elimina la dialettica tra mano e mente”. O piuttosto, si potrebbe affermare, trasforma e amplia l’esperienza del disegno ammettendo tra occhio, mano e mente un medium, un’interfaccia di figurazione. Il rapporto tra mano

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e mente diviene allora più complesso, interazione continua tra un numero variabile di attori in cui la mano assume il controllo degli strumenti intermedi. Il medium, simultaneamente supporto, strumento e sistema di regole, definisce il linguaggio, ma nulla prevale sulla mente che, fissato l’obiettivo, lo persegue coordinando il processo. La formazione nel disegno, il controllo delle geometrie nello spazio, la conoscenza delle regole di base dell’informatica applicata alla rappresentazione, oltre alla costruzione di una propria coscienza culturale nei confronti delle immagini, rendono il designer in grado di gestire contenuti e processo di rappresentazione. Il progettista, divenuto consapevole della complessità transdisciplinare del progetto e capace di proiettare le sue idee all’interno di un sistema informatico avendo padronanza e conoscenza della tecnica più utile per realizzarlo, è libero perché, come dichiara Francesco Messina, “Possedere una tecnica vuol dire essere liberi”. La tecnica, programmata e controllata, diviene strumento per la sperimentazione di nuovi e spettacolari modi di disegnare. Si inserisce in questo contesto l’esperienza di disegno generativo proposta da Daniele Tabellini, metà del duo d’artista contemporaneo Fupete che, con la performance Drawing(a)live. Code e disegni, chiude

la partecipazione dei Corsi di laurea in Design alla Biennale riportando al centro il diretto rapporto di interdipendenza tra occhio, mano e mente. La proiezione dei movimenti tracciati nello spazio di interazione di un Leap Motion Controller fornisce al disegnatore la massima libertà di espressione. Segni e colori invadono e animano le pareti dello spazio architettonico introducendo la dimensione virtuale nell’esperienza del disegno che, guardando al futuro, si trova a sperimentare sul primario e originario gesto di tracciare un segno con un dito nello spazio.

Drawing as design thinkingMostra a cura di Alessandra Bosco 17-24 maggio h.15.00/19.30

Exercises in design thinking. Workshop tenuti dagli studenti del Corso di laurea in Design San Marino/Iuav 17 maggio h. 11.00/19.30 - 18 maggio h. 15.00/19.30

Drawing(a)live. Code e disegni performance con Fupete e gli studenti del Corso di laurea magistrale in Design San Marino/Iuav 24 maggio h.18.00 Rimini, Spazio Duomo, Corso Giovanni XXIII,8.

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Nutrimenti. Filiere agroalimentari sostenibiliMASSIMO BRIGNONI

L’OTTAVA EDIZIONE DEGLI WORKSHOP

DEL CORSO DI LAUREA IN DESIGN

DELL’UNIVERSITÀ DEGLI STUDI

DELLA REPUBBLICA DI SAN MARINO,

UNA SETTIMANA, DAL 7 AL 12 LUGLIO,

ALL’INSEGNA DEL DESIGN

E DEL PROGETTO CON ATTIVITÀ,

APPUNTAMENTI, CONFERENZE E MOSTRE

APERTE AL PUBBLICO.

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designer professionisti, confrontarsi con l’obiettivo di affrontare una concreta esperienza di progettazione su temi di estrema attualità e far emergere possibili spunti che meritino di essere approfonditi in una fase di ricerca successiva.Il tema di progetto è incentrato quest’anno sulle filiere agroalimentari, questione cruciale per il prossimo futuro, come dimostra la scelta di dedicare a Nutrire il Pianeta il prossimo Expo 2015 che si terrà a Milano. Partendo da un approccio sostenibile si indagherà su come la disciplina del design possa immaginare e promuovere modelli alternativi di produzione, trasformazione, distribuzione e consumo del cibo o intervenire per diffondere una maggiore attenzione e consapevolezza sui temi dell’alimentazione.In particolare sono cinque le grandi aree tematiche di progetto affrontate. La prima riguarda i prodotti ad alta tecnologia, automatizzati o a controllo remoto che hanno consentito in molti settori di rendere possibili alcune fasi altrimenti irrealizzabili della filiera produttiva rendendo più sostenibili ed economici molti processi industriali. Parliamo di droni e macchine robotizzate e di come questi possano apportare un innovativo upgrade tecnologico nelle fasi della coltivazione.La seconda affronta invece un tema di grande attualità per lo sviluppo economico di territori attori di specifiche produzioni agroalimentari. La rinnovata ricerca di un consumo più consapevole del cibo, che passa anche attraverso nuovi flussi turistici tematici, e quindi la comunicazione dei valori legati alla

produzione agricola rappresenta un imprescindibile veicolo per migliorare la relazione tra il prodotto ed il consumatore. Da qui la necessità di mettere in mostra i valori della propria filiera agroalimentare attraverso spazi permanenti all’interno dei territori di riferimento. Il tema che verrà approfondito sarà infatti il progetto di un vero e proprio luogo-museo che metta in mostra valori, processi e prodotti.La terza e quarta sono invece legate alla fase distributiva dei prodotti agroalimentari ed in particolare al packaging, veicolo principe del rapporto tra prodotto e consumatore. Gli aspetti che coinvolgono le confezioni dei prodotti riguardano sia tematiche legate alla loro sostenibilità ambientale sia, e soprattutto, il fatto che siano il veicolo primario di una corretta comunicazione. Un workshop affronterà il tema degli imballaggi sostenibili e riciclabili per ricercare, partendo dall’analisi e dalla scelta dei materiali, una corretta ed innovativa progettazione delle loro forme. Un altro workshop cercherà di trovare una modalità efficace che chiarisca nei confronti del consumatore la complessità di contenuti e dati, come ad esempio la tracciabilità, i valori nutrizionali, o i potenziali rischi dei prodotti acquistati.L’ultimo tema di progetto spinge lo sguardo verso un lontano futuro dove l’acqua sarà un elemento determinate per la vita dell’uomo. Il workshopaffronterà il tema dell’abitare e coltivare sull’acqua e nell’acqua, cercando di prefigurare modalità nuove che aiutino le popolazioni ad utilizzare ogni elemento conosciuto, in superficie o in profondità.

Concepiti come un’esperienza progettuale intensiva della durata di sei giorni, gli workshop hanno visto un gruppo selezionato di circa 130 studenti, guidati da

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Design e performance: una lezione di Alessandro MasserdottiMICHELE ZANNONI

IN OCCASIONE DEL CICLO DI CONFERENZE

SUL DESIGN DEL SECONDO SEMESTRE,

IL CORSO DI LAUREA HA PROPOSTO UN

INCONTRO CON IL DESIGNER E FILOSOFO

ALESSANDRO MASSERDOTTI DELLO

STUDIO DOT DOT DI MILANO

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Arrivato al design degli spazi espositivi attraverso un percorso anomalo e formatosi sul campo grazie al confronto progettuale con gli altri componenti dello studio, il progettista ci ha mostrato alcuni aspetti metodologici di uno degli ambiti professionali dell’articolato contesto dell’interaction design. Masserdotti, raccontando l’evoluzione progettuale del suo studio, ha mostrato come i Dot Dot Dot, nati nel contesto del progetto di eventi con un ambito temporale molto limitato, si sono lentamente imposti nel panorama degli allestimenti interattivi mostrando una spiccata direzione sperimentale nell’uso delle tecnologie alla ricerca di nuove modalità di coinvolgimento diretto degli utenti.Diversi sono i casi studio mostrati dal designer e analizzati al fine di ricostruirne il loro percorso progettuale. Il metodo sperimentale utilizzato dallo studio è un processo

intensivo che trasforma il loro spazio di lavoro in un’officina in cui l’allestimento prende forma e diventa reale e tangibile. Questo continuo work in progress, con la verifica uno a uno del progetto interattivo, è un iter possibile solo in un contesto dove le professionalità sono multidisciplinari e figure come Masserdotti, competenti sia dal punto di vista del progetto che nel dettaglio esecutivo informatico, sono al tempo stesso sia progettisti che esecutori dell’artefatto stesso.L’ultima parte della conferenza si è articolata su due temi nati dal dibattito con il pubblico e con i docenti presenti all’incontro. Il primo ci ha fatto riflettere sulla componente effimera e temporale di alcuni progetti. L’elemento ludico che definisce la meccanica dell’interazione molte volte è un pretesto per attirare l’interesse del pubblico e se analizzato nei contenuti mostra la sua componente

effimera e non sempre giustificata.Il secondo tema, più legato alla sostenibilità temporale ed economica di molti ambienti interattivi, ha spostato il dibattito sull’uso critico della tecnologia nel progetto evidenziando lo spreco inutile di mezzi multimediali in alcune recenti esposizioni museali.La conferenza si è conclusa con un’ultima riflessione sul importanza del saper scrivere in un linguaggio di programmazione nell’attuale contesto progettuale.La posizione di Masserdotti è stata molto precisa, non è più possibile ignorare il problema: avere coscienza della componente di programmazione è parte importante del processo del progetto di design. Non essere in grado di comprendere le potenzialità dei mezzi digitali e non poter discutere alla pari con altre figure professionali su questi temi è un elemento limitante per il progettista.

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Designing news con Francesco FranchiGIANNI SINNI

IN OCCASIONE DEL CICLO DI CONFERENZE

SUL DESIGN DEL SECONDO SEMESTRE,

IL CORSO DI LAUREA HA PROPOSTO UN

INCONTRO CON IL DESIGNER FRANCESCO

FRANCHI ART DIRECTOR DI IL E AUTORE

DEL LIBRO DESIGNING NEWS

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Il mondo dell’informazione sta attraversando ormai da molti anni una profonda crisi d’identità. Sarà la concorrenza della rete, sarà la distribuzione capillare di device che rendono ciascuno di noi un reporter a tempo pieno, fatto sta che i media d’informazione tradizionali, e segnatamente i grandi quotidiani, si trovano di fronte all’urgenza di riposizionare il proprio ruolo se non vogliono soccombere del tutto. Il recentissimo libro di Francesco Franchi, Designing news, che ha costituito lo spunto per l’incontro con il designer milanese, si propone di cercare una risposta a tale questione attraverso l’analisi alcuni delle più significative esperienze internazionali sul campo.La ricerca di Franchi parte, e questo già può essere un valido motivo di riflessione per tutti gli studenti, dall’approfondimento di quella tesi magistrale che l’ha portato attraverso l’esperienza professionale a guidare il design del progetto editoriale di IL, il supplemento mensile del Sole 24ore.

Quello che emerge dall’approccio di Franchi al progetto di IL, così come nelle altre esperienze di successo come quelle del Guardian, del New York Times, di Die Zeit, per citare le più significative, è che la ricerca di un nuovo modo per affrontare le sfide che l’informazione tradizionale si trova di fronte non può limitarsi alla sola cosmesi della vestizione grafica come spesso accade. Più che un semplice re-design del giornale è necessario — si potrebbe dire ormai indispensabile — piuttosto un profondo re-thinking dello stesso processo di costruzione dell’informazione. Un ripensamento che investe in primo luogo la struttura decisionale della redazione. La presenza infatti di nuove figure e competenze professionali — data journalist, web developer, illustratori, UX expert — fa emergene la necessità di una elaborazione “collettiva” multidisciplinare nella quale un ruolo di rilievo, per certi versi di vera e proria “regia”, può essere svolto, per le proprie intrinseche

caratteristiche, proprio dal designer. L’elaborazione di informazioni complesse, tipiche delle visualizzazioni infografiche, che non casualmente ricevono un sempre maggiore spazio sui media più attenti, trova nel metodo del design thinking e nei suoi strumenti un potente alleato.Il progetto editoriale di Franchi per IL, come è emerso chiaramente nell’incontro, rappresenta un coerente sviluppo di queste riflessioni e una delle più significative esperienze editoriali in un panorama, quello della stampa italiana, che appare molto asfittico e poco propenso a investire nell’innovazione. Quali che siano gli sviluppi che nei prossimi anni investiranno i media dell’informazione e quali che siano le modalità con le quali ne usufruiremo, possiamo ragionevolmente ritenere che il design ricoprirà un ruolo essenziale di questa evoluzione.

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Un uomo semplice(ma non più semplice di così)RENZO DI RENZO

“L’impatto è stato come quello di una metropolitana che ti investe mentre stai distrattamente guardando il quadro delle partenze. Del resto me l’avevano detto: era stato lui a disegnare quell’intreccio di linee colorate davanti a cui milioni e milioni di persone si saranno fermate, scegliendo una linea piuttosto che un’altra, una fermata piuttosto che un’altra, arrivando troppo in ritardo o troppo in anticipo all’appuntamento con il proprio destino.

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Perché la vita accade, si nasce per un caso o un incidente in qualche parte del mondo, mentre il destino è una questione di scelte, implica una direzione. Massimo Vignelli era un uomo che sapeva scegliere, l’essenza stessa della razionalità e della modernità. Quando penso a lui e al suo lavoro non posso fare a meno di ricordare Albert Einstein quando diceva che ogni cosa doveva essere resa nel modo più semplice, ma non più semplice di così.

Massimo era arrivato in Benetton nel 1995, io ero ancora un giovane aspirante manager, avevo trascorso un po’ di tempo nell’ufficio pubblicità di Benetton ed ora mi occupavo della comunicazione della parte sportiva del Gruppo, Benetton Sportsystem. Vignelli era stato chiamato per rimettere mano ed ordine a tutto l’apparato grafico del Gruppo e a costruire un ufficio grafico interno che doveva rappresentare una sorta di house agency, lavorando a stretto contatto con l’ufficio pubblicità e realizzando tutti gli strumenti di comunicazione per Benetton, Sisley e i marchi della parte sportiva, Nordica, Prince, Rollerblade, tra gli altri. In pochissimo tempo era riuscito a fare alcune scelte che avrebbero lasciato il segno e che, come spesso accade, dopo una prima reazione di sorpresa, si sarebbero comprese e apprezzate solo con il tempo. Lui era una metropolitana che sfrecciava nella notte, e noi piccoli passeggeri in ritardo, chini sui nostri libri, alle prese con le cuffie dei nostri walkman (non c’erano ancora gli

i-pod e nemmeno i telefonini, era tanto tempo fa…).Da un giorno all’altro aveva trasformato lo spazio di lavoro: l’open-space così suggestivo di una vecchia barchessa veneta si era rifratto in tanti piccoli “loculi”, come li chiamavamo, che dovevano favorire l’isolamento e la concentrazione dei progettisti: era solo il segno esteriore, lo capimmo dopo, di un’esigenza di ordine e razionalizzazione che appariva evidente per un marchio cresciuto troppo e troppo in fretta. Il secondo, drastico intervento fu, infatti, proprio sul marchio. Ancora una volta non tutti compresero subito: spostare il logotipo dalla tradizionale composizione a epigrafe per allinearlo in alto a sinistra poteva sembrare solo una questione grafica, l’inutile giustificazione del proprio lavoro. Eppure, a guardarli ora quei due marchi, quello stesso rettangolo verde con il testo a epigrafe da un lato o con il testo allineato a sinistra dall’altro, sembra davvero che tra loro sia passato un secolo. La differenza è evidente, la modernità che quel semplice (ma non più semplice di così) spostamento esprimeva, riportava il marchio Benetton, cioè il suo simbolo, alla pari con la modernità insita nelle campagne di Oliviero Toscani, lo rendeva finalmente contemporaneo a se stesso. Non solo: il design, il vero design, l’unico come diceva Massimo, oltre a essere semplice e funzionale deve anche essere efficace. Per questo, con un’altra scelta semplice (ma non più semplice di così) Vignelli decise di uniformare tutte le etichette interne dei

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capi Benetton, che prima avevano dimensioni e fogge diverse a seconda che si trattasse di maglie, pantaloni, capi spalla o altro: Design is One, e così anche le etichette. Non mi ricordo quanto questo intervento abbia fatto risparmiare alla Benetton nella produzione, tanto pensando alla quantità di capi prodotti e distribuiti nel mondo, e di sicuro molto di più di quanto si favoleggiava allora Benetton dovesse pagare Vignelli (perché anche di questo si parlava, storcendo il naso, soprattutto da parte di manager poco propensi a riconoscere a un semplice grafico, ma non più semplice di così, uno stipendio più alto del loro).Poi c’era stato anche altro, le grafiche monocromatiche per la collezione di sci Nordica, ad esempio, che avevano il solo difetto di essere troppo in anticipo sui tempi. Anche quelle mi ricordo bene: semplici, ma non più semplici di così. Poi dopo un anno o poco più, Vignelli aveva lasciato l’incarico. L’avevo rivisto dopo molti anni, a Fabrica, per uno di quegli strani incroci del destino che sembrano disegnati sulla mappa di una metropolitana, e avevamo lavorato insieme su alcuni progetti, Frau, un libro sulle architetture di Benetton e altri. Nonostante i suoi limiti con la tecnologia, o forse proprio per questo, Massimo a dispetto dei suoi settanta e oltre anni aveva la stessa vitalità e vivacità dei giovani borsisti. Ma a differenza loro, lui progettava con la testa e la matita, creava un ordine e non lo ricercava semplicemente nei font e nelle gabbie grafiche predefinite di un computer.

E ogni cosa appariva immediatamente semplice, ma non più semplice di così. In fondo credo che sia stato questo il suo grande merito ma anche, paradossalmente, il suo grande difetto: aver reso la grafica popolare, aver fatto credere che tutto fosse così semplice e facile che chiunque potesse farlo, tanto più con gli strumenti a disposizione oggi. Invece, il design, come il destino, esige disciplina, preparazione, allenamento, istinto anche, ma è in ultima analisi una questione di scelte. Devi saper escludere, rinunciare a qualcosa, privilegiare qualcos’altro. Il caso può solo esserti d’aiuto se ti capita di incontrare lungo la strada o nel tunnel di una metropolitana un Maestro come lui.

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MASSIMO VIGNELLI NEL 1968

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Ethic or scientific?

MADDALENA SCIMEMI

La prima accademia era un bosco, fitto di alberi, nei dintorni di Atene.

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Era il bosco sacro all’eroe Academo, nel quale Platone nel IV secolo aC faceva lezione ai suoi discepoli: un luogo suburbano, al riparo dalle incombenze e dalle distrazioni della città, in cui il verde e l’ombra garantivano il raccoglimento e nutrivano lo spirito degli accoliti.La stessa immagine ricorre nella campagna toscana del Quattrocento, dove scelgono di ritirarsi dotti umanisti come Poggio Bracciolini, Marsilio Ficino e Lorenzo il Magnifico, circondati da filosofi e giuristi, da poeti e artisti. Le accademie quattrocentesche sono ancora iniziative tutte private, ma mantengono del precedente greco il forte contatto con la natura: sullo sfondo ci sono le residenze immerse nel verde, attorniate da un terreno a terrazze, ma le discussioni avvengono in forma di lunghe passeggiate, sostando su un sasso o accanto ad una sorgente d’acqua.Ragiono così, ispirata da un’armonia di scienza e di natura che ha visto illustri antesignani nella vecchia Europa, mentre cammino lungo il portico che delimita il Lawn del Campus della University of Virginia, un immenso rettangolo di prato, che sale dolcemente fino a raggiungere la monumentale biblioteca universitaria. L’ho visto una prima volta nei toni accesi del rosso autunnale e una seconda quest’anno, allo sbocciare della primavera: raccolti in piccoli gruppi, attorno a tavoli da campeggio o distesi sull’erba, intenti ad ascoltare un piccolo comizio o nella lettura di un libro, studenti di etnie ed età diverse trascorrono all’aperto frammenti preziosi della loro vita universitaria.

Questo modello di campus venne ideato da Thomas Jefferson per la città di Charlottesville, nel cuore dello stato della Virginia (USA), e realizzato nel 3° decennio

del secolo XIX. È chiamato The Academical Village per sottolineare il senso di una comunità identificata da una missione scientifica condivisa. La geometria è elementare: due basse ali porticate contrapposte, con padiglioni intervallati da camere per gli studenti, recintano un’ampia distesa a gradoni su cui si stagliano querce secolari, un vuoto sufficientemente grande per fungere da spazio di relazione e contemplazione, di socializzazione e confronto. Sulla sommità la Rotunda, una biblioteca in forma di Pantheon con un orologio meccanico, che costituisce il fuoco prospettico della composizione. Sul lato opposto alla Rotunda, Jefferson voleva un altro vuoto: l’aperta campagna e, più oltre, foreste di faggi, lecci e querce, e smisurate piantagioni di tabacco.Inaugurata nel 1824, con 123 studenti, oggi la University of Virginia conta circa 23.500 iscritti, di cui il 30% è costituito da minoranze - per lo più asiatici, Afroamericans e Hispanics (ovvero latino americani). La School of Architecture, con la quale da qualche anno collaboro, è frequentata da 460 studenti: un numero di poco superiore a quello raggiunto dai nostri due corsi di laurea in Design Industriale per l’Università di San Marino. Evidenziare il parallelo tra l’Academical Village e la scuola di Contrada Omerelli non è poi così bizzarro come potrebbe sembrare. Non si tratta soltanto del numero ridotto e della varietà di provenienza dei suoi componenti (certo, tutto è relativo nella versione sanmarinese!). Né del rapporto instaurato con la natura e il territorio, a piccola e grande scala, che costituisce un aspetto cruciale per la qualità della vita di una comunità. Chiunque si affacci dalle finestre del Monastero di Santa Chiara rimane estasiato dinnanzi

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all’orizzonte che si perde sulle colline del Montefeltro, così come è impossibile restare indifferenti allo spazio aperto alle spalle dell’ex convento, un magnifico ‘vuoto’ di terrazzamenti in pietra ed erba, un’oasi di quiete che soffre solo della mancata definizione del suo limite superiore – un corpo di fabbrica inutilizzato che da anni potrebbe entrare in sinergia con la scuola. Poco da invidiare, in effetti, alle distese verdi delle Blue Ridges Mountains o al Lawn di Jefferson. Qualcosa ci manca, però, e non è un problema di San Marino ma ha proporzioni ben più vaste. Qualcosa che l’accademia italiana nella migliore delle ipotesi ha perso – da trenta? quarant’anni? – o forse non ha mai avuto, e che invece negli Stati Uniti e in tutti i paesi di cultura anglosassone ha ancora un immenso valore: il senso di appartenenza ad una comunità scientifica. È un concetto condiviso da tutti i membri del “villaggio”, dagli studenti e dai docenti, da amministratori e impiegati. Lo studente non è relegato al fondo della gerarchia accademica, ma si esprime ad una quota che vede tutti allineati su un fronte comune. Il docente si fa chiamare spesso per nome, risponde a tutta la corrispondenza, promuove attività culturali e si sente coinvolto da ogni iniziativa, oltre che stimolato dal confronto con i colleghi.Ho riconosciuto una segretaria della School of Architecture di UVA seduta in prima fila durante una conferenza. Mi sono avvicinata e le ho chiesto se aveva avuto una formazione di stampo artistico o architettonico, e ho ottenuto una risposta straordinaria: aveva appena cambiato ufficio. Voleva respirare l’aria della scuola e perciò, appena trovava dei ritagli di tempo, si precipitava a seguire conferenze e lezioni se le sembravano importanti. L’ho ritrovata qualche giorno dopo alla presentazione di un workshop in cui

partecipava eccezionalmente l’architetto giapponese Toyo Ito: la segretaria era in mezzo alla massa di esaminandi, studenti e docenti di altri corsi. Un particolare: in fondo alle pareti dell’aula con lei c’erano altri colleghi dell’amministrazione, con il loro caffè Starbucks in mano.

Non potremmo ricreare questo spirito anche noi? Non è forse nelle occasioni di dialogo che una comunità si costruisce un’identità forte? È vero che, in piena era digitale, sono necessarie piattaforme di confronto virtuali, e che sono spesso efficienti. Ma per quelle piccole realtà che hanno il privilegio di avere spazi storicamente e paesaggisticamente significativi, oltre che soggetti motivati e preparati, le regole del dialogo andrebbero ricercate nella sua forma originaria, privilegiando le discussioni accese all’ombra di un albero, o sugli scalini di un antico convento.

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Design e startup alla prova dei numeri Innovazione e sostenibilità economico-finanziaria nelle micro imprese

MASSIMILIANO NUCCIO

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Secondo un recente rapporto dell’Osservatorio Startup del Politecnico di Milano, nel 2013 si contavano oltre 1200 startup innovative (ovvero registrate in base al decreto sviluppo dell’ex ministro Passera), circa un centinaio di incubatori, 40 parchi scientifici, 65 spazi di coworking e oltre 30 portali di crowdfunding. Pur lontano dal modello americano, il panorama italiano dell’innovazione è in lenta ma costante crescita. L’analisi economica dei processi

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di innovazione nel design è al centro dell’insegna-mento di Economia della Cultura offerto nel Corso di Laurea Magistrale in Design da USM, che quest’anno ha ospitato la testimonianza di due giovani imprenditrici. Kiki Sideris, laureata in economia per l’arte e la cultura in Bocconi e con esperienza lavorativa nell’organizzazione e comunicazione di festival e attività museali, è la cofondatrice di Tuuum.com, dove si occupa di content management e digital marketing. Tuuum è una giovane startup nata a New York nel 2013 che opera online, su una piattaforma costruita ad-hoc, per dare l’opportunità ad artisti emergenti di vendere le loro opere direttamente ad acquirenti in giro per il mondo. Il modello di Tuuum vuole “democratizzare” l’arte, offrendo la possibilità ad un ampio pubblico di comprare arte direttamente dagli artisti e a prezzi accessibili. Dal lato dell’offerta Tuuum sta lavorando a livello globale ad una mappatura della creatività contemporanea, cercando di includere più varietà artistica possibile. Dal lato della domanda si rivolge ad un pubblico nuovo che non ha mai comprato arte fino ad oggi e che non andrebbe a comprarla in galleria o in fiera. Tuuum si differenzia da altre realtà che vendono arte online con una rete di artisti selezionati da altri artisti o da esperti del settore per garantire la qualità delle opere in vendita. Inoltre offre la possibilità agli acquirenti di rivendere i loro acquisti sul mercato secondario della piattaforma, tracciando così tutto il ciclo delle vendite, dando legittimazione agli artisti e incentivando ulteriormente le vendite. Ad oggi Tuuum ha più di 120 artisti con comunità a NY, Londra,

Milano, Buenos Aires e prossimamente Berlino.Il secondo ospite è Carolina Chini, laurea in Disegno Industriale al Politecnico di Milano nel 2010 e esperienza lavorativa nel centro di ricerca di Aldo Cibic, durante il quale collabora a progetti per Lema, Foscarini, Paola C., Mondo, Riva 1920, De Castelli, il comune di Vicenza ed ai progetti esposti alla XII Biennale di Architettura di Venezia “People meet in Architecture”. A ottobre 2010 inizia il lavoro con il Consorzio Interuniversitario Nazionale per la Scienza e Tecnologia dei Materiali, in cui sviluppa progetti di ricerca applicati a prodotti di design innovativi, con cui vince l’ADI Design Index 2013 nella sezione componenti e materiali. Con tre soci ha aperto nel dicembre 2011 lo studio Graffe. Il collettivo è formato da quattro persone che si sono incrociate nel loro percorso di progettisti, oltre a Carolina, Michele Novello, Luca Stalla e Caterina Rosa. Graffe è uno studio di progettazione di prodotti e di interni con un proprio laboratorio di produzione dove realizza serie limitate. Graffe sta per insiemi: di pensieri e oggetti che diventano visioni e collezioni. Graffe indaga gli aspetti di relazione tra gli individui e gli oggetti, tra gli oggetti e l’ambiente, prendendo in considerazione aspetti come il tempo e il cambiamento. Kiki e Carolina offrono due percorsi fomativi diversi ma esperienze imprenditoriali simili nelle sfide. Entrambe hanno mostrato come le buone idee non bastano, il raggiungimento della sostenibilità economica e finanziaria e un buon business plan sono condizione necessarie alla sopravvivenza delle idee nel mercato.

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Infografica per comunicare e mobilitareALINE PENNISI

COMITATO TECNICO SCIENTIFICO

DI OPENCOESIONE

IL LABORATORIO DI DESIGN

DEL PRODOTTO DEL CORSO

DI LAUREA MAGISTRALE,

CONDOTTO QUEST’ANNO DA

GIANNI SINNI E GIORDANO

RICCIARDI, HA SVILUPPATO

IL TEMA DEL DESIGN CIVICO

IN COLLABORAZIONE CON

OPENCOESIONE, UN PROGETTO

DEL DIPARTIMENTO PER LO

SVILUPPO E LA COESIONE

ECONOMICA DELLA PRESIDENZA

DEL CONSIGLIO ITALIANA

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Quando OpenCoesione è stato lanciato, una delle preoccupazioni principali era come rendere accessibile e comprensibile — a chiunque fosse interessato — il grosso patrimonio di dati delle amministrazioni regionali e centrali su “dove vanno a finire” le risorse dei fondi europei e nazionali destinati alle politiche di coesione territoriale.

L’idea sottostante l’iniziativa era, infatti, quella di far conoscere ai cittadini — ma anche ai giornalisti e al mondo delle associazioni — come vengono spesi fondi, su che tipo di progetti, in quali luoghi, nonché quali altri soggetti pubblici, imprese o organizzazioni siano responsabili della realizzazione di ciascun progetto e in quanto tempo questo debba essere compiuto.Trattandosi di centinaia di migliaia di progetti finanziati in tutta Italia tra il 2007-13 — una quota rilevante dei quali ancora in corso di completamento — il compito di comunicare questa massa di informazioni, per di più a un pubblico di non addetti ai lavori, non è certo semplice e rimane senz’altro una sfida. Ancor più ardito il tentativo di coinvolgere, tramite l’apertura di questi dati, i media e la società civile affinché i progetti vengano monitorati sul territorio e sia esercitata una giusta pressione per rendere le politiche più efficaci.

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Il portale OpenCoesione1, aggiornato bimestralmente con le informazioni disponibili sull’avanzamento dei progetti, presenta alcune prime visualizzazioni, mappe e altre rappresentazioni interattive allo scopo di invitare gli utenti a scoprire, seguire e sollecitare le politiche di coesione. Tuttavia, la ricerca di forme per fornire chiavi interpretative sulle politiche di coesione in maniera semplice, istruttiva e coinvolgente, a partire dalla ricchezza di informazioni a disposizione, non si è certo esaurita. La narrazione visiva appare lo strumento che, più di altri oggi, può aprire nuovi canali di comunicazione per raccontare i dati e far emergere le loro complesse interrelazioni. Le sperimentazioni degli studenti del “Laboratorio di design del prodotto” del Corso di laurea magistrale in Design dell’Università degli Studi della Repubblica di San Marino/Iuav Venezia quest’anno, su dati di OpenCoesione, segnano un passo proprio in questa direzione. Rivelano le potenzialità dell’infografica e la sua capacità di incorporare molte dimensioni di informazione nella stessa immagine, restituendo un significato che potrebbe altrimenti rimanere affogato nella quantità di dati a disposizione. [...]L’infografica non solo semplifica le informazioni in modo visivamente accattivante per attrarre e informare un pubblico vasto, ma aggiunge valore ai dati stessi, sfruttando la capacità del sistema visivo di individuare modelli, tendenze, interconnessioni, superando le barriere di alfabetizzazione tecnica e linguistica

collegate all’argomento e integrandosi naturalmente nell’era digitale, con la sua immediatezza e rapidità.I tre progetti prototipali sviluppati nell’ambito del Laboratorio esplorano soluzioni rappresentative per effettuare confronti tra aggregati significativi e per indirizzare, nel mondo multimediale, gli utenti verso percorsi di analisi e navigazione. Le visualizzazioni impostate con gli strumenti oggetto del Laboratorio assumono maggiore valore anche grazie alle API (Application Programming Interface) di OpenCoesione, che dovrebbero consentirne l’aggiornamento automatico.OpenCoesione nasce dalla convinzione che la disponibilità di informazioni sui progetti finanziati dalle risorse pubbliche sia indispensabile per mobilitare amministratori e gli operatori economici e sociali in un confronto aperto e oggettivo sul contributo degli interventi allo sviluppo dei luoghi a cui sono destinati. Per favorire l’affermarsi delle naturali forme di controllo sociale e consentire alle parti più attive e innovative della società a contribuire ai percorsi di sviluppo e cambiamento, occorre, però accrescere l’accessibilità ai dati e favorire l’elaborazione di interpretazioni per comunicarli. Speriamo che i futuri designers dell’informazione prestino la loro professionalità e il loro talento per sostenere il raggiungimento questo tipo di obiettivo.

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Album Operae 2014

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News Ovvero tutto quello

che c’è da sapere sulle attività dei Corsi di laurea

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XXIII COMPASSO D’ORO ADIEX OFFICINE ANSALDOMILANO

I risuonatori al Compasso d’oro

Si è svolta il 28 maggio alle ex Officine Ansaldo di Milano la premiazione del XXIII Compasso d’Oro ADI (il più prestigioso riconoscimento italiano nel campo del design) e la premiazione della Targa Giovani, il Compasso d’Oro riservato agli studenti. Tra i 45 progetti già selezionati dalla giuria sono state assegnate 3 Targhe Giovani e 10 Attestati.Il progetto Risuonatori, elaborato dagli studenti del corso di Design del prodotto del terzo anno, tenuto da Riccardo Blumer (con la collaborazione di Tommaso Alessandrini), ha ricevuto l’Attestato o Menzioni d’onore.L’attestazione è tanto più apprezzabile in quanto riconoscomento al lavoro collettivo di un gruppo di studenti: Michela Andrini, Davide Balestrieri, Alberto Borgia, Nicholas Burioni, Daniele Campanozzi, Anita De Padova, Denis Di Luca, Alan Francisconi, Virginia Fraternali, Lara Gioppato, Johanna Invrea, Alberto Laghi, Antonio Matteoni, Teresa Monaldi, Roberto Panici, Giacomo Panzavolta, Marco Petrini, Cristina Ramadori, Valentina Reggiani, Marco Rosignoli, Mauro Sorrentino, Michele Talozzi, Ilaria Ventrucci, Emanuele Vincenzi.Si tratta di oggetti progettati per risuonare attraverso una determinata frequenza della voce. A fine corso sono stati presentati al Teatro Titano di San Marino con una performance musicale intitolata Concerto per risuonatori e designers, nella quale gli studenti e gli oggetti hanno dato vita a uno spettacolo di suoni e movimenti molto coinvolgente e istruttivo.I progetti sono visibili qui.

Sono inoltre stati segnalati i seguenti progetti:STEREOTYPE di Marianna CalagnaROLLGRIP di Massimo GardellaLA LETTERA È IMMAGINE di Laura TentoniPROGETTO PER IL CONSORZIO PANE DI

ALTAMURA di Nico Polidori, Ioana Popescu, Tommaso Priore.

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MOTION DESIGNE PERFORMANCE TEATRALE

Po.W.E.R.

Gli studenti del corso Design della Comunicazione 3, dei Corsi di Design di San Marino, guidati dal docente Omar Vulpinari, hanno collaborato al branding e al motion design della performance teatrale Po.W.E.R., ideato dal collettivo artistico BBM con centro operativo a Berlino.Lo performance fa parte del progetto artistico in-progress ENQuETE ART, realizzato con fondi della comunità europea per sensibilizzare e trovare soluzioni al problema della crisi finanziaria mondiale, iniziata nel 2008. ENQuETE ART è uno studio sperimentale di nuove visioni e tecnologie sostenibili per l’economia contemporanea, condotto congiuntamente da artisti, ricercatori, esperti ed imprenditori. Il progetto comprende una mostra d’arte multidisciplinare, la performance teatrale Po.W.E.R., interventi di guerrilla art di UNIRSM, dibattiti pubblici, conferenze e workshop che si terranno ad Hannover, Roma, Dresda, Francoforte, Maribor, Goteborg, Poznan e Barcellona.Po.W.E.R., che ha debuttato il 17 Maggio

2014 allo Staatstheater Hannover, è un’opera teatrale sperimentale fantascientifica che parte dal problema presente dell’immigrazione clandestina verso l’Europa, per approdare al tema futuro della fine dell’umanità dovuta ad un avanzamento tecnologico fuori controllo. In una vera centrale elettrica dismessa di Hannover, Po.W.E.R. mette in scena 15 attori e 6 robot per 12 serate, ognuno per 100 spettatori.“La collaborazione con BBM – dice Omar Vulpinari – ha dato ai ragazzi di San Marino non solo la possibilità di imparare lavorando ad un progetto artistico internazionale, reale e di altissima visibilità, ma ha soprattutto permesso loro di contribuire ad una espressione di elevato impatto sociale, politico, economico e culturale.”Il corso sta ora ideando la comunicazione visiva e gli interventi di guerrilla art per la mostra d’arte ENQuETE ART ispirata alla crisi, in programma per il Maxxi di Roma.

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UNIRSM

Elezioni all’Universitàe rinnovo convenzionecon IUAV

Sabato 17 maggio si sono tenute le elezioni delle cariche universitarie, come previsto dalla nuova legge sull’Università della Repubblica di San Marino (legge n. 67 del 25 aprile 2014).Il prof. Corrado Petrocelli (ex Rettore dell’Università di Bari) è stato eletto dal Senato accademico nuovo Rettore dell’Università di San Marino. La sua elezione è stata poi confermata con la nomina da parte del Consiglio Grande Generale sammarinese, come previsto all’art. 12 della legge.Nella nuova riorganizzazione dell’Ateneo, i Corsi di laurea in design afferiscono al Dipartimento di economia e tecnologia alla cui guida è stata eletta la prof.ssa Anna Corradi.

UNIRSM

Test d’ammissione e iscrizioni ai Corsi di Design

Il 30 maggio si è svolto il testo di ammissione al Corso di laurea triennale. Sono stati esaminati 44 candidati su 47 iscritti inaugurando una nuova modalità che prevede, oltre al test “a crocette” e alla prova grafica, un breve colloquio. Quest’ultimo ha fatto emergere persone motivate, che conoscevano il Corso soprattutto per il “passa-parola”, provenienti, oltre che dalle provincie limitrofe, da varie regioni d’Italia. Va anche rilevato che quest’anno, per la prima volta, la selezione è stata prevista in due date. Il 9 settembre si è svolta la seconda parte del test d’ammissione. Hanno presentato domanda per il test 65 studenti. Non sono ancora disponibili i dati finali delle iscrizioni dei due corsi di laurea triennale e magistrale, sui quali vi terremo aggiornati.

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PREMI E CONCORSI

Lavorare al buio

Luca Raschi, neolaureato in design a San Marino e Claudia Saponi studentessa del secondo anno del Corso di laurea in design, sono tra i vincitori del concorso under 35 Lavorare al buio, relativo al progetto di un concept per un prodotto o uno spazio che potesse essere di aiuto nell’integrazione dei non vedenti nel mondo del lavoro.La giuria ha tenuto in particolare considerazione le soluzioni progettuali che esprimevano l’idea di design for all, intese anche come idee di comunicazione e sensibilzzazione sul tema dell’inclusione sociale.Luca Raschi e Claudia Saponi hanno progettato un adattatore che permette di semplificare il collegamento di dispositivi vari alla presa di corrente.

TESI TRIENNALE

Laboratori di laurea 2014-2015

Sono stati avviati a luglio i Laboratori di laurea triennale che vertono sul tema Nutrimenti: il design per le filiere agroalimentari sostenibili. Sono impegnati nei laboratori gli studenti laureandi e i ricercatori Massimo Brignoni, Riccardo Varini, Gianni Sinni, Michele Zannoni, Fiorella Bulegato, Alessandra Bosco, Dario Scodeller con l’utilissimo supporto di Pietro Costa e riguardano temi di prodotto, exhibition, comunicazione ed interaction design.Vi terremo aggiornati sull’evoluzione dei progetti e sulle sessioni di laurea dove poter verificare i risultati progettuali.

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Primi al concorso Cersaie Beautiful Ideas 2015Il Concorso Beautiful Ideas, dedicato all’ideazione del visual della pagina pubblicitaria Cersaie 2015, è stato vinto dal progetto realizzato da Elena Del Prete e Guglielmo Gennari, studenti del Corso di laurea in Design di San Marino.La premiazione (dopo esito della giuria coordinata da Aldo Colonetti) è avvenuta lunedì 22 settembre alle ore 18,30 al Mast di Bologna, al termine della conferenza stampa internazionale di inaugurazione del Cersaie. Al concorso era stato invitato a partecipare il Corso di laurea in disegno industriale, assieme ad altre tre università e scuole di design. Il titolo del progetto vincitore è Forme dell’arte ed è stato elaborato all’interno del workshop di cui abbiamo parlato alla news precedente. Illustra l’immagine del Cersaie “attraverso la relazione fra materie prime

che compongono la ceramica, terraglia e acqua, e il processo produttivo: dalla terra cruda all’ottenimento del prodotto finito. La campagna pubblicitaria si compone di tre manifesti, dalle composizione diverse ma in stretta

relazione tra loro per contenuto e scelte formali. Ogni manifesto riporta infatti un’immagine fotografica dedicata rispettivamente alle singole componenti, alle materie prime combinate fra loro che simboleggiano la fase di lavorazione e infine a tutti gli elementi organizzati a formare un quadrato, emblema della piastrella, la quale a sua volta rimanda all’intera produzione ceramica. Le fotografie protagoniste dei manifesti sono accompagnate da una semplice infografica che caratterizza gli elaborati insieme ad alcuni disegni geometrici vettoriali rappresentativi delle singole materie prime”.

PREMI E CONCORSI

Primi al concorso Cersaie Beautiful Ideas

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Curati da Massimo Brignoni si sono svolti, dal 7 al 12 luglio, i design workshop sammarinesi. L’iniziativa ha precisi obiettivi didattici, in quanto offre agli studenti dei Corsi di laurea in design un’esperienza progettuale integrativa, intensa e concentrata nel tempo, che si aggiunge ai corsi progettuali istituzionali. E’ stata, anche quest’anno, un’importante occasione di crescita per gli studenti, sia per la collaborazione con le imprese coinvolte, sia per la presenza contemporanea di designer con diversi orientamenti, esperienze, provenienze e approcci progettuali. Per questa edizione il tema di progetto è stato incentrato sulle filiere agroalimentari. Partendo da un approccio sostenibile, le discipline del progetto (prodotto e comunicazione) sono state chiamate ad affrontare i seguenti quesiti:> in quale modo il design può immaginare e promuovere modelli più sostenibili di produzione, trasformazione, distribuzione e consumo del cibo?> in quale modo il design può intervenire per diffondere una maggiore attenzione e consapevolezza sui temi dell’alimentazione?

Nel workshop 1, Droni e nanodroni per la coltivazione, Arturo Vittori (assistito da Raffi Tchakerian e Andrea Santicchia) ha condotto gli studenti nello

studio di idee che rivedono l'applicazione di droni con caratteristiche di basso consumo energetico, autosufficienza, autonomia, programmabilità, intelligenza e sostenibilità, scegliendo come contesto le piantagioni di mais in California. Il motivo della scelta è legato alla contingenza attuale in cui versa l’agricoltura del luogo, un problema evidente di scarsità di acqua per l'irrigazione in una dei contesti geografici tecnologicamente più avanzati e anche più ricchi al mondo.

Nel workshop 2, Informare con il packaging, i designer Benedetta Masi e Sauro Antimi dello studio Esploratoridellospazio (assistiti da Francesca Santi) hanno sviluppato con gli studenti il tema del progetto di uno standard grafico per i packaging alimentari con l’intento di mettere a sistema le informazioni di prodotto e di filiera in maniera chiara, significativa, funzionale, declinabile ed efficace.

Nel workshop 3, Un museo per la filiera agroalimentare, Roberto Paci Dalò (assistito da Altea Bacchetti) ha indirizzato i progetti verso un concetto di museo che, superando l’idea di esposizione sterile di prodotti

MOSTRE ED EVENTISAN MARINO

San Marino design workshop 2014

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e macchinari, si propone come obiettivo quello di creare partecipazione e condivisione di esperienze multisensoriali e ludiche tra i vari utenti, anche attraverso sistemi interattivi audio-video. Il prodotto al centro del racconto museale è stato il vino: prodotto ricco di implicazioni storiche e mitologiche. Il percorso museale progettato affronta le varie fasi di produzione del vino, ognuna della quali viene raccontata attraverso l’utilizzo di uno dei cinque sensi.

Nel workshop 4, Abitare e coltivare l’acqua, Giuseppe Righetto (assistito da Andrea Perugini) e con la collaborazione straordinaria di un ricercatore sammarinese, il prof. Riccardo Varini, hanno affrontato il tema della progettazione di un villaggio galleggiante autosufficiente per una piccola comunità agricola che abita spazi lagunari. Un sistema urbano minuto, complesso ma concluso, che sperimenta sinergicamente le attività della filiera corta: abitare, coltivare, trasformare, vendere, riciclare, auto produrre cibo, energia e acqua.

Il quinto workshop, era dedicato alla sperimentazione su un materiale, il cartone ondulato, come base per

il packaging alimentare, aveva come titolo Forme e materiali per il packaging sostenibile ed è stato svolto da Ramin Razani (assistito da Matteo Semprini) in collaborazione con Ghelfi Ondulati, Consorzio Comieco e Tecnosteel Fustelle srl. Il workshop si interroga su come evitare il danneggiamento di beni di consumo durante la distribuzione attraverso manufatti ad hoc a basso impatto ambientale, con l’obiettivo di ottenere forme che resistano agli urti ma anche che rispondano positivamente anche ai parametri di modularità e impilabilità richiesti.

Nel workshop 6, “Beautiful Ideas” un gruppo di studenti guidati da Donatello D’Angelo (assistito da Luca Raschi) ha prodotto diverse proposte progettuali per il visual della pagina pubblicitaria Cersaie 2015: si trattava della partecipazione del Corso di laurea in disegno industriale ad concorso su invito.Le serate sono state accompagnate da conferenze e da una festa musicale organizzata dagli studenti.

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MOSTRABOLOGNA

Abitare e coltivare l’acqua.

Water Design è un evento espositivo dedicato al design dell’acqua che si tiene a Bologna in occasione del Cersaie (il salone internazionale della ceramica). Organizzato da Valerio Castelli, ha luogo in centro a Bologna nella sede dismessa dell’ex ospedale dei Bastardini, una location centralissima, che permette di dare visibilità a numerose iniziative parallele al Salone, che all’interno della fiera non avrebbero possibilità di essere notate. Una sezione è dedicata ai progetti delle Università di design italiane e rappresenta un positivo momento di confronto tra i lavori delle scuole.Quest’anno San Marino ha esposto, dal 22 al 28 settembre, i progetti di Abitare e coltivare l’acqua, risultato di uno dei temi sviluppati durante i San Marino Design Workshop 2014, di cui abbiamo parlato in una precedente news.Sono stati esposti i lavoro degli studenti: Chiara Amatori, Silvia Ambrosini, Federico Bacchiani, Mattia Brigliadori, Martina Bucci, Daniele Caldari, Emanuele Carron, Elisa Campana, Ivan Campidelli, Elena Cavallin, Sara Costantini, Lorenzo Filippini, Claudia Griggio, Carolina Lontani, Jari Lunghi, Rosita Mahmuti, Riccardo Panaroni, Susan Pierleoni, Raffaella Rinaldi, Pietro Rossi, Vittorio Solleciti, Daniela Testaguzza, Arturo Testerini, Fabio Tura, Francesca Versari, Morgana Zaltron. La mostra è stata curata da Riccardo Varini e Dario Scodeller.L’allestimento ideato e realizzato da Dario Scodeller,

Gianni Sinni, Riccardo Varini, Tommaso Lucinato e Alessandra Bosco, ha rappresentato, per alcuni studenti dei nostri corsi di design che vi hanno partecipato, anche una bella esperienza di montaggio e acrossage. La mostra era composta da un tavolo lungo 12 metri che utilizzava come supporto espositivo dei fogli di ceramica da 3mm di spessore messi gentilmente a disposizione dalla ditta Lea Ceramiche.

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In occasione della manifestazione Operae 2014 a Torino, i Corsi di Laurea in Design di San Marino hanno presentato alcuni risultati sperimentali di ricerche svolte durante i Laboratori di design del prodotto al primo anno e durante i Laboratori di tesi del terzo anno condotti dai docenti Riccardo Varini, Massimo Brignoni e Massimo Barbierato.Si tratta di ricerche progettuali che considerano la possibilità di lavorare pane, pasta e zuccheri come materiali sperimentali, dei quali reinterpretare e reinventare composizione, consistenza, morfologia, colore, attraverso lo studio di nuovi processi ditrasformazione. Ad una accurata indagine dei processi tradizionali si è affiancata, in queste ricerche, la volontà

di ridefinire il concetto di prodotto in relazione a nuove forme di fruizione del cibo.La forma è perciò strettamente legata alla relazione che questi cibi sperimentali instaurano col consumatore-fruitore ed al contempo è frutto di una ri-progettazione del processo produttivo e dei suoi strumenti esecutivi.La dimensione laboratoriale di questi prodotti testimonia, però, anche della loro effettiva realizzabilità in piccola come in grande serie e quindi dell’indipendenza che il lavoro di design può generare nella produzione o autoproduzione.La mostra, allestita assieme agli studenti, è a cura dei docenti dei Corsi di Laurea in Design di San Marino: Riccardo Varini, Massimo Barbierato e Dario Scodeller.

MOSTRATORINO

Materiale Cibo: sperimentazioni su pane, pasta e zuccheri edibili

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Il progetto Educational and artisanal production. The development of a new product: from the idea generation to to the product commercialization, curato dai prof. Massimo Brignoni, Riccardo Varini e Karen Venturini, è stato candidato al finanziamento dell’UNESCO all’interno del Programme of Participation in the activities of Member States for 2014-2015.

Si tratta di un progetto di cooperazione internazionale che intende studiare i contributi del design alla Il progetto Educational and artisanal production. The development of a new product: from the idea generation to to the product commercialization, curato dai prof. Massimo Brignoni, Riccardo Varini e Karen Venturini, è stato candidato al finanziamento dell’UNESCO all’interno del Programme of Participation in the activities of Member States for 2014-2015.Si tratta di un progetto di cooperazione internazionale che intende studiare i contributi del design alla pianificazione di processo, per lo sviluppo sostenibile dei prodotti e la formazione professionale, in particolare femminile, nel Sud del mondo.

Selezionato dalla Commissione Nazionale Sammarinese per l’UNESCO, se ammesso al finanziamento, il progetto sarà sviluppato tra Italia, San Marino e Madagascar, in collaborazione con le Università di Antananarivo, la ONG RTM - Reggio Terzo Mondo, ANCESME, il più importante consorzio di cooperative artigiane malgascie, ASSOBDM Italia, Ravinala

Madagascar, AERES Venezia.È stato presentato a concorrere ai fondi disposti dal Ministero dell’Agricoltura italiano, nell’ambito di - MIPAAF VS Expo Milano 2015, il progetto di ricerca L’agricoltura urbana e la cucina delle meraviglie, curato dal prof. Riccardo Varini (UNIRSM) e dal prof. Francesco Adornato (Università di Macerata).

Si tratta di un progetto sperimentale, che intende studiare le relazioni e i contributi del design nell’ambito dell’agricoltura urbana e dell’educazione alimentare infantile, nelle scuole, nelle fattorie didattiche e nell’ambiente domestico. Il progetto vede la collaborazione della nostra Università con ILO - Industrial Liaison Office - Ufficio valorizzazione della ricerca e il Dipartimento di Scienze politiche, della comunicazione e delle relazioni internazionali dell’Università di Macerata.La domanda di sostegno finanziario è stata presentata alla selezione pubblica nazionale per l’erogazione di contributi finanziari a sostegno di progetti in campo agricolo, alimentare, forestale e della pesca e dell’acquacoltura connessi alle finalità dell’evento Expo Milano 2015, di cui all’avviso pubblico MIPAAF prot. n. 3390 del 31.07.2014.Se ammesso al finaziamento, il progetto sarà realizzato durante lo svolgimento dell’evento Expo Milano 2015 e prevede anche conferenze, convegni, sperimentazioni e un’esposizione itinerante.Ad entrambi i progetti il nostro ibl (icbb) per il successo.

RICERCA E COLLABORAZIONITRA UNIVERSITÀ

Progetti di ricerca

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MENZIONE D’ONOREADI

Un motore al compasso d’oro

Quando Peter Behrens si presentò alla AEG, il 7 ottobre 1907, per essere assunto come artistic advisor, Paul Jordan, il capo dell’ufficio tecnico, gli disse: “Non pensi che un ingegnere quando acquista un motore si metta a smontarlo per controllarne le parti. Anche un tecnico compera secondo l’impressione che ne riceve. Un motore dev’essere bello come un regalo di compleanno.” Questa frase risultò preziosa a Behrens, che in pochi anni, all’AEG, rivoluzionò la grafica del marchio e dei cataloghi, il disegno dei prodotti e delle fabbriche, inaugurando il concetto di corporate image. L’AEG era allora, assieme alla Siemens, la più importante azienda elettrotecnica tedesca, la cui produzione andava dai generatori di corrente ai sistemi di distribuzione ai primi apparecchi elettrici come lampade, bollitori e ventilatori. La famosa Turbinenfabrik, realizzata da Behrens a Berlino nel 1909 e che Gropius seguì come direttore dei lavori, altro non era che una fabbrica di generatori elettrici.

Oggi che il design sembra allontanarsi sempre più dalle fabbriche e dalle turbine, per seguire strade di cui è ancora difficlie intravvedere concretamente gli esiti, appare rassicurante la menzione d’onore del Premio Compasso d’Oro ADI al motore elettrico per LafertGroup. Il motore, progettato da Riccardo Varini, Andrea Cero e Alessandro Pedron, docenti a San Marino e allo IUAV di Venezia, ha ricevuto anche il premio New Product Innovation Leadership Award 2013 da Frost & Sullivan. Entrambi i premi hanno riconosciuto l’approccio radicalmente innovativo in un prodotto tendenzialmente conservativo. A testimonianza che lo spazio per l’evoluzione e la maturazione dei prodotti è

ancora possible in molti settori e questa prospettiva è nelle mani di aziende e designer.

L’ADI lo inserirà nella Collezione Storica e qualcuno, invitato a una

festa, potrà portare un motore elettrico come regalo di compleanno.

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In occasione del Work in Progress Festival di Fano si è svolta dal 1 al 30 agosto, presso la Rocca Malatestiana di Fano, la mostra “Sit down”.L’allestimento, curato da Michela Claretti, espone una selezione dei lavori sul tema del sedersi svolti dagli studenti del Laboratorio di Fondamenti di Design del prodotto tenuto dai docenti Massimo Brignoni e Mauro Cazzaro al primo anno.Il tema del corso era: progettare una seduta che sostiene il corpo solo attraverso materiali non rigidi.

Sedersi implica che ci sia qualcosa sotto di noi che ci accoglie e ci sostiene; una struttura robusta e rigida abbastanza da reggere il nostro peso, ma comoda e accogliente da farci rilassare e godere momenti di relax. Un mix strutturale di elementi rigidi e morbidi che contrastano la compressione e assecondano le forme del nostro corpo. Ma cosa succede se separiamo questi due elementi e veniamo in contatto solo con materiali morbidi e flessibili?

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Sit down alla Rocca Malatestiana di Fano

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