Siderweb smo maggio_2013

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n°22 Maggio 2013 STEEL MARKET OUTLOOK Maggio 2013

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Un breve outlook sul mondo italiano dell'acciaio

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n°22

Mag

gio

2013STEEL

MARKET OUTLOOK

Maggio 2013

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Negli ultimi anni, in Europa, e soprattutto in Italia, sem-bra che si siano estinte due parole: crescita e opportu-nità. Al loro posto, hanno preso sempre maggiormente piede le loro due nemesi: crisi e rischio. Nei telegior-nali, nei giornali, online e nelle chiacchiere tra amici, una lunga ombra ricopre tutte le prospettive future, ammantando di pessimismo la nostra visione dell’eco-nomia, della politica e della società. Siamo di fronte ad una crisi epocale, questo ormai è stato detto e scritto migliaia di volte. Ad una crisi si sistema, ad un’onda che ha travolto le nostre certezze e convinzioni. Che ci so-vrasta e ci può fare molto male, ma solo ad una condi-zione. La condizione è che noi decidiamo di subirla. Se stiamo fermi sulle nostre convinzioni superate, se con-tinuiamo a ripetere incessantemente quanto fatto fino-ra, non avremo scampo. Così come non lo avremo se penseremo solo al modo più indolore per limitare i dan-ni, per vivacchiare e continuare a galleggiare. L’Europa, e l’Italia, non hanno bisogno di un salvagente: hanno bisogno di azioni, di novità, di fantasia, di decisione e di coesione. Di convinzione, di fiducia in sé stessi, di fame e di volontà. E di voglia di primeggiare ancora. Se una volta tutto ciò era più facile, ora non è più così. Ma ciò non significa che sia impossibile: il mondo è in pie-no tumulto, nascono ogni giorno nuovi bisogni, nuove domande, nuove richieste che la nostra industria può soddisfare. Nuovi mercati da conquistare, nuove nic-chie dove crescere. Scoprire quali siano e rinnovarsi è la nostra sfida, dalla politica alla società, dai produt-tori di acciaio ai commercianti siderurgici, dai centri di servizio ai commercianti di rottame. Come? La risposta la può dare solo la conoscenza, che parte da un’analisi di ciò che è e di ciò che si intravede del futuro. Proprio in quest’ottica vanno letti gli interventi che i relatori convocati da Siderweb hanno tenuto durante Made in Steel: essi sono sì un momento di riflessione importante ma, per germogliare, vanno curati, accuditi, innaffiati e fatti crescere. Con dedizione, pazienza e con quel piz-zico di fantasia che hanno sempre costituito l’arma vin-cente di tutti gli uomini e le donne di successo. Quindi, buona lettura, ma soprattutto buone riflessioni!

Dall’analisi alla fantasia Stefano Ferrari

FER

RA

RI

editore: Siderweb spavia Don Milani, 5 - 25020 Flero (Bs)Tel. 030 2540006 - Fax 030 2540041e-mail: [email protected] tribunale n. 11/2004Direttore responsabile: Stefano FerrariIn redazione: Davide Lorenzini, Gianfranco Tosini, Paolo Morandi e Fiorenza BonettiProgetto grafico ed impaginazione:Siderweb spaNumero chiuso in redazione il:14- 5 - 2013

(Direttore Siderweb)

sommarion°22 Maggio 2013

2 Stefano FerrariDall’analisi alla fantasia

4 Achille FornasiniDomanda d’acciaio in contrazione: Ripercus-sioni su produzione e prezzi

7 Pierre MangersAcciaio: ancora un business? «La strategia dell’Ue dovrà dirigersi verso i margini»

10 Ralph Oppenheimer Futuro al ribasso per il minerale ferroso «Mag-

giore stabilità per il rottame»

13 Dmitry ScukaAddio alla produzione primaria di acciaio in Europa «I semilavorati saranno importati da Russia e Ucraina»

14 Jean-Luc MaurangeLa visione del gigante «L’Europa vive una si-tuazione di “free trade” ma non di “fair tra-de”

16 Tommaso Sandrini Necessario selezionare i clienti per vincere la sfida «Essere credibili nel chiedere soldi è un grande valore»

20 Achille Fornasini Comparto inox: Si accentua la depressione»

23 Quo vadis inox? Scenari ed evoluzione del mercato

27 Il servizio video di Siderweb

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La nostra analisi sulla

congiuntura siderurgi-

ca prende innanzitutto

in considerazione la figura 1,

che illustra da un lato la di-

namica delle quote mensili

d’acciaio prodotte a livello

europeo (curva nera riferita

alla scala di destra), dall’al-

tro l’andamento della media

dei prezzi medi mensili del

rottame rilevati nei princi-

pali Paesi europei produttori

d’acciaio (curva rossa riferita

alla scala di sinistra). Come

si può osservare, l’output

siderurgico europeo, dopo il

crollo del secondo semestre

2008, torna a crescere con un ritmo soddisfacente

fino al primo trimestre 2011. Da allora la produ-

zione europea inizia a calare, concludendo il 2012

con un -22,7% per effetto della contrazione della

domanda d’acciaio causata dalla crisi che ha in-

vestito due tra i più decisivi comparti utilizzatori:

l’edilizia e l’automotive. Il crollo della domanda si

è ripercosso anche sui prezzi della filiera siderur-

gica, a partire da quelli del rottame, che a livello

europeo, coerentemente con l’andamento decli-

nante della produzione, segnalano una diminuzio-

ne media del 30% seguita da una lunga sequenza

di fluttuazioni laterali connotate da volatilità de-

crescente.

I prezzi siderurgiciDal primo trimestre 2011, acme della “ripresina”, le quotazioni dei prodotti siderurgici hanno inizia-to a risentire della nuova fase recessiva. Conside-

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DomanDa D’acciaio in contrazione ripercussioni su proDuzione e prezzi

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Achille Fornasini (Chief analyst Siderweb)

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rando gli andamenti dei prezzi rilevati da Siderweb dei principali prodotti lunghi (figura 2), si rileva una generalizzata deriva ribassista, che a metà aprile 2013 consolida una serie impressionante di perfor-mance negative: laminati mercantili -57,3%, travi -48,7%, tondo per cemento armato -39,6%, vergel-la da rete -20,8% e vergella da trafila -19,7%. Esiti che, se da una parte confermano oggettivamente lo stato depresso dell’elettrosiderurgia, dall’altra lasciano presagire una prossima frenata dei trend declinanti e l’avvio di contenuti recuperi indotti dalle fisiologiche ricostituzioni di scorte.L’evoluzione dei prezzi dei prodotti piani si diffe-renzia da quella dei lunghi: infatti, mentre le quo-tazioni di questi ultimi hanno sistematicamente oscillato al ribasso, i prezzi dei piani tendono a

fluttuare lateralmente, sostenuti dal recupero dei materiali basici verificatosi tra settembre 2012 e febbraio 2013: +76,7% il minerale di ferro, +22,6% il carbone da coke. Peraltro, come mostra la figura 3, la fiacchezza della domanda torna a farsi sentire proprio in questo periodo: il declino dei prezzi dei coils a caldo prodotti in Europa si concretizza at-traverso lo sviluppo di tre ondate decrescenti con una correzione complessiva del 28,5%. L’ondata più recente culmina con reazioni medie del +9,5%, per poi ripiegare nuovamente verso i minimi di no-vembre 2012. La variabilità declinante dei prezzi segnalata dall’istogramma posto a piè di grafico, infine, lascia presagire la persistenza della fase de-pressa della siderurgia europea, quantomeno fino alla prossima estate. FO

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l p o rT o c e rV o V i c o l o d e l c e rV o - T e l 0 7 8 9 9 2 4 2 5 l c e rV i n i a V i a c a r r e l - T e l 0 1 6 6 9 4 0 1 9 5

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L ’acciaio è ancora un business? Con questa domanda Pierre Mangers, Executive Director Performance Improvement Ernst & Young,

ha introdotto il suo intervento al 28° Steel Market Outlook. Secondo l’analista ci sono quattro aspetti da analizzare per rispondere a questa domanda: il modello di business, la sostenibilità, le materie prime e l’effetto Cina. «I costi produttivi dei piani in acciaio al carbonio sono all’85% dipendenti da materie prime, energia e trasporti, tre elementi che soffrono di un’elevata volatilità - ha spiegato Mangers -. Ciò significa che i produttori siderurgi-ci hanno un’influenza limitata sui costi e, quindi, anche sui prezzi di vendita. È ancora sostenibile questo modello di business?» Sul versante delle

materie prime «i fornitori di minerale e coke sono un oligopolio. Il che ha comportato negli ultimi anni una trasformazione della siderurgia in un’in-dustria dominata dai costi degli input. Cosa si può fare per rompere questo equilibrio?» In terzo luo-go c’è la sostenibilità, un elemento che «sta gua-dagnando terreno nelle agende degli investitori e che influenzerà pesantemente la valutazione delle imprese siderurgiche anche da parte delle socie-tà di rating e delle banche». L’effetto-Cina, infine, ha influito notevolmente sull’Europa: «i massicci investimenti del paese asiatico hanno portato ad un forte aumento della produzione e ad un boom dell’export in Europa. Come si può fare a superare questo circolo vizioso per l’acciaio continentale?» Le risposte a queste domande sono complesse, ma non impossibili. Secondo Mangers la prima e la seconda questione sono affrontabili «attraverso l’adozione tra le acciaierie e i loro clienti di contrat-ti basati su indici end-to-end, che consentirebbero ai siderurgici di passare all’utilizzo gli extra costi legati alle materie prime». Oltre a ciò, è possibile immaginare «collaborazioni upstream per l’acqui-sto di materie prime tra aziende concorrenti, al

fine di mitigare il potere delle compagnie minera-rie». Per la sostenibilità «bisogna affrontarla come un’opportunità ed essere pronti a soddisfare le attese legate alla corporate social responsibility». Infine per l’effetto-Cina, «Ernst & Young si aspetta che il picco della domanda del paese asiatico arri-vi nel 2020, quando il consumo cinese pro-capite giungerà ai 600 kg per persona. A quel punto, o nei mesi immediatamente precedenti, potrà esserci un impatto a livello globale, in quanto l’eccesso di offerta avrà un effetto importante su tutti i mer-cati, Ue e NAFTA compresi. Sino a quel momento, per gli europei sarà necessario interrogarsi sul cor-retto livello dei prezzi dell’acciaio sul mercato

acciaio: ancora un business?

«la strategia Dell’ue Dovrà Dirigersi verso i margini»

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Pierre Mangers (Executive Director Performance Improvement Ernst & Young)

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interno. In particolare bisognerà trovare un punto d’equilibrio tra quotazioni sufficientemente basse da scoraggiare l’import dalla Cina, ma sufficiente-mente elevate da coprire i costi produttivi delle im-prese continentali». Un altro aspetto di primaria importanza per la si-derurgia internazionale è la geografia. «Il centro di gravità dell’acciaio è totalmente cambiato: dal baci-no maturo (Giappone, Ue e NAFTA), l’ombelico della siderurgia si è spostato a quello dei paesi emergen-ti, che nel 2020 rappresenterà il 66% della domanda globale (circa 1,35 miliardi di tonnellate sulle 2 dell’in-tero globo). Parallelamente l’Ue scenderà al 7%-8% del consumo mondiale, ben al di sotto del livello del 2007 (183 milioni di tonnellate). Quale sarà il punto di approdo per l’acciaio Made in Europe? «Io credo – ha detto Mangers – che la strategia dell’Ue dovrà per forza dirigersi verso i margini, verso i prodotti di nic-chia, ad alto valore aggiunto. L’Europa avrà futuro se

investirà su prodotti ad alta tecnologia, sostenibili e frutto di continua innovazione, che potranno essere esportati anche fuori confine». E anche in Cina: «nel paese asiatico ci sono i volumi – ha concluso l’analista di Ernst & Young – ma non sempre c’è la qualità di cui i clienti hanno bisogno. Questo può essere lo spazio appannaggio della siderurgia europea: per accapar-rarselo, però, l’Ue deve divenire il “Gold standard” dell’acciaio mondiale». Come? «Con l’efficienza ener-getica, la riduzione del 30% dei costi, attraverso delle innovative tecniche di management, aumentando la fiducia degli stakeholder e con una maggiore agilità gestionale». Il tutto è finalizzato a quello che Man-gers ha definito «una costruzione creativa», che porti a compimento la massima dell’economista Joseph Schumpeter, ovvero «il profitto è il pagamento che ottieni quando prendi vantaggio dal cambiamento».

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futuro al ribasso per il minerale ferroso«maggiore stabilità per il rottame»

Materie prime ed economia europea, oggi e domani. Questi, in estre-ma sintesi, i binari tra i quali si è

mossa la relazione di Ralph Oppenheimer, executive chairman di Stemcor, durante il 28° Steel Market Outlook. Il presidente del gruppo attivo nel trading è partito dall’ana-lisi dei mercati delle due materie prime fon-damentali per l’acciaio, ovvero il rottame ed il minerale ferroso. Secondo l’imprenditore britannico, il trend di crescita del prezzo del rottame avvenuto ne-gli ultimi anni è strettamente legato «al forte incremento del numero dei forni elettrici nel mondo, in particolare nei paesi in via di svilup-po: dal nord Africa al far east ogni volta che un paese vuole installare un’industria siderurgica parte da un piccolo forno elettrico. Ciò avvie-ne, inoltre, anche in paesi storicamente pro-duttori di acciaio, come Russia ed Ucraina, che, approfittando della disponibilità della materia prima, si stanno dirigendo sempre più su que-sta tipologia produttiva». Invece, la salita del

minerale ferroso ha un’altra genesi, ed è stret-tamente collegata al fattore-Cina. «Come tutti i regimi comunisti, la Cina fa l’errore di pensare che la propria ricchezza dipenda dalla dimen-sione della propria siderurgia. Ciò ha portato ad un eccesso di investimenti nel settore, che ha causato la forte richiesta di minerale ferroso all’import, il rialzo dei prezzi e, indirettamen-te, degli incredibili utili delle aziende estrattive degli ultimi anni». Se i cinesi capiranno che il fenomeno innescato è un circolo vizioso per sé stessi e per l’intera siderurgia globale «dovran-no iniziare a limitare le esportazioni di acciaio, facendo così flettere la domanda di minerale e, quindi, i prezzi». E qui Oppenheimer sottolinea che c’è «un’interessante relazione tra rottame e minerale. Alcune tipologie di prodotti da forno elettrico sono sostituibili con prodotti da alto-forno, e viceversa – ha spiegato -. Ciò fa si che le quotazioni del minerale e del rottame non possano divergere troppo. Se, infatti, il rotta-me si deprezza troppo, avverrà un incremento della domanda di prodotti da forno elettrico,

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Ralph Oppenheimer (Executive Chairman Stemcor)

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a discapito di quelli da altoforno, processo che inevitabilmente porterà ad un incremento delle quotazioni del rottame. A quel punto il materia-le da altoforno tornerà competitivo ed il circolo potrà riprendere, però in senso opposto». Il mi-nerale ed il rottame, quindi, «sono sì guidati da fattori differenti, ma sono in una certa misura collegati». Dato il collegamento tra rottame e minerale e dato il peso specifico della Cina in quest’ultimo settore, per qualsiasi previsione sulla siderurgia, quindi, il comportamento del colosso asiatico sarà un elemento irrinuncia-bile. In particolare Oppenheimer crede che le domande fondamentali da porsi siano: «cosa succederà in Cina? Quanto esporterà il paese asiatico? Verranno chiuse le acciaierie più ob-solete? Verrà fatto qualcosa a livello normativo contro l’inquinamento e l’eccessivo consumo

di acqua?». Secondo il numero uno di Stemcor «è nell’interesse cinese essere importatore di acciaio, non esportatore. Ed il governo lo sa bene. La difficoltà nel passare dalle parole ai fatti è legata al difficile controllo di Pechino sui governi provinciali e le loro acciaierie. Se ciò verrà fatto, il prezzo del minerale ferroso crol-lerà drammaticamente nei prossimi anni e sarà costantemente al di sotto dei 100 dollari alla tonnellata (CRF Cina). Ciò, tra l’altro, porterà ad una maggiore competitività delle acciaierie integrate». Per il rottame, invece, «mi aspetto un’evoluzione più stabile, anche se la discesa del minerale porterà ad una correzione al ribas-so dei prezzi della materia prima».Se le aspettative per gli input produttivi sono orientate al ribasso, quelle per l’economia sono di più difficile lettura per Oppenheimer. «Mi ri-sulta difficile fare previsioni generali – ha detto -. Oggi viviamo in una realtà molto precaria e le variabili in gioco sono moltissime: se la Corea del Nord scatenerà una guerra, cosa succede-rà? Ma non solo questi macroeventi potranno avere un effetto sull’economia: se in Cina ci sarà un’influenza più forte rispetto agli anni scorsi, questo colpirà l’economia, riducendo gli spostamenti, gli affari e con riflessi anche in settori apparentemente lontanissimi da questi eventi». Insomma, oggi più che mai «l’effetto cigno nero, l’imprevisto negativo, non va sot-tovalutato». Se non si realizzeranno sconvol-gimenti inattesi, le prospettive per i commer-ci mondiali, secondo Oppenheimer, sono però tutt’altro che negative: «il ciclo del commercio globale è di 8-10 anni e l’ultimo ha esaurito i suoi effetti negativi nel 2008-2009. Oggi vivia-mo una fase di crescita a livello internazionale, il problema per l’Europa, e l’Italia, è la competi-tività». Scendendo nel settore dell’acciaio «bi-sogna ricordarsi che l’industria delle costruzio-ni assorbe il 50% dell’output siderurgico, non solo di lunghi. Le costruzioni sono vitali, ma in Unione Europea per l’austerity non si riesce a sostenerle, anzi si tagliano gli investimenti in questo comparto. Questa è una strada errata: abbiamo avuto abbastanza austerity ed è ora di rilanciare l’economia. Credo che questo discor-so inizi a girare a molti livelli, in Europa, e ciò mi rende abbastanza ottimista per il futuro del nostro continente e della siderurgia europea».

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aDDio alla proDuzione primaria Di acciaio in europa «i semilavorati saranno importati Da russia e ucraina»

Il vento dell’est potrebbe spazzare via i fumi dai cami-ni delle acciaierie europee. Forse definitivamente. Con questa immagine metaforica si potrebbe riassumere l’intervento di Dmitry Scuka, CEO Evraz Europe, al 28° Steel Market Outlook. Il numero uno della divisione con-tinentale di Evraz, infatti, ha sottolineato che attualmen-te l’economia dell’Ue è sottoposta alla «seconda onda di recessione», un evento che sta colpendo tutti gli ambiti produttivi, siderurgia compresa. La crisi del mercato in-terno, inoltre, si innesta su un comparto, quello dell’ac-ciaio, che sta già affrontando sfide impegnative alle quali gli operatori europei non hanno saputo ancora dare ri-sposte efficaci. In primo luogo quella dell’ambiente: l’Ue ha infatti la regolazione più restrittiva a livello globale in questa materia, il che comporta «costi aggiuntivi per i produttori continentali» ed uno svantaggio competitivo nei confronti dei concorrenti che producono senza queste imposizioni legislative. Inoltre, la regolamentazione delle emissioni di CO2 mette un’ulteriore limite ai produttori siderurgici, che saranno costretti a sobbarcarsi ulteriori sovra costi soprattutto dal 2020 in poi. A ciò si sommano

costi produttivi nettamente più alti rispetto alle altre re-gioni globali. A partire dall’energia: «secondo le stime di Eurofer i costi dell’elettricità europea sono superiori del 200% rispetto a quelli statunitensi, che non sono certi i più bassi del mondo». Secondariamente il costo del lavo-ro europeo è decisamente superiore a quello dei com-petitor della CSI e asiatici. Ulteriore “minus” europeo è quello degli input produttivi: se si guarda alle materie prime «nel Vecchio Continente non c’è una riserva stra-tegica: abbiamo dei depositi di minerale ferroso in Svezia – ha spiegato Scuka – e di carbone in Germania, Polonia e Repubblica Ceca». Il resto deriva dall’import, un im-port però che risulta quanto meno penalizzante, come ha detto Scuka. «Quando si compra dall’estero minerale ferroso, si acquista il 40% di scarto (il minerale ferroso di norma è “puro” al 63%, ndr), comperando invece billet-te o bramme si ha un materiale nel quale anche lo scar-to è di valore, è rottame di prima qualità». E proprio in quest’ottica Scuka prevede per il futuro della siderurgia continentale «l’abbandono dell’upstream in Europa nei prossimi 10-15 anni». I produttori primari «a meno di un cambio significativo della domanda o dei fondamentali macroeconomici, che porti ad una ripresa dei consumi, usciranno dal mercato». E chi occuperà gli spazi lasciati liberi dall’industria siderurgica dell’Ue? «Le fonti più pro-babili di approvvigionamento sono Russia ed Ucraina, i cui player principali possono contare anche su miniere di carbone e minerale ferroso, che rendono i prodotti mol-to competitivi in termini di costi». Per l’Europa, quindi, si prospetta «uno spostamento dai prodotti a basso valore aggiunto a quelli a maggior valore aggiunto». Passando da una visione a lungo termine ad una a breve-medio termine, Scuka precisa che l’acciaio europeo rimarrà contraddistinto dalle seguenti problematiche: oversup-ply, continuo aumento delle importazioni extraeuropee di prodotti siderurgici, volatilità dei prezzi e riduzione dell’output di ghisa e acciaio liquido.

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Dmitry Scuka (CEO Evraz Europe)

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la visione Del gigante «l’europa vive una situazione Di “free traDe” ma non Di “fair traDe”»

Un’analisi a 360° dell’oggi e del domani della siderurgia europea. Questo il senso dell’in-tervento di Jean-Luc Maurange, Chief Exe-

cutive Officer of Flat Carbon Europe Business Divi-sion South West e Vice President di ArcelorMittal al 28° Steel Market Outlook. Maurange è partito dal proprio ragionamento là dove l’aveva terminato Scuka, cioè dall’impossibilità futura per l’Europa di rimanere un produttore di commodity. «Non vedo un futuro per i produttori di acciaio europei concen-trati solo sui mercati a basso valore aggiunto – ha detto -. Per il nostro continente il focus nei prossimi anni sarà sull’alto valore aggiunto, un elemento che dovrà caratterizzare non solo l’acciaio europeo ma

tutti i settori industriali».Analizzando il ciclo macroeconomico, Maurange ha dichiarato di «ritenere che il punto più basso della domanda sia ormai alle spalle: ovviamente la situazione è diversa da mercato a mercato, ma ci sono elementi di ottimismo. La Cina è ancora molti anni lontana dal proprio picco di consumi, gli Stati Uniti sono in una nuova fase di crescita, il tasso di declino europeo sta rallentando e nel me-dio termine è prevista una ripresa della doman-da». Per ciò che concerne il settore siderurgico, il consumo apparente quest’anno scenderà dell’1% rispetto al 2012, quando quest’indice era già di-minuito del 9%. «Nel 2013 si esaurirà l’influenza

MA

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GE Jean-Luc Maurange

(Chief Executive Officer of Flat Carbon Europe Business Division South West e Vice President di ArcelorMittal)

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del destoccaggio» è la previsione del dirigente di ArcelorMittal. «In questo panorama, le sfide che le acciaierie stanno affrontando sono principal-mente due: la prima è il calo della domanda, la seconda la regolazione dell’offerta. Per ciò che concerne il primo aspetto credo sia necessario, da parte delle istituzioni continentali, stimolare la richiesta, soprattutto dei settori dell’automoti-ve e delle costruzioni». Gli sforzi politici, seppur necessari, però difficilmente faranno tornare le lancette dell’orologio indietro di sei anni, al boom del 2007. «Prima della crisi il consumo europeo era vicino ai 200 milioni di tonnellate – ha con-statato Maurange -, mentre oggi siamo nell’or-dine dei 150-160 milioni di tonnellate. Anche se aumenteranno le esportazioni in Nord Africa, in Medio Oriente o addirittura in Turchia non pen-so sia realistico aspettarci in futuro un ritorno ai volumi di qualche anno fa». Ciò, quindi, si lega all’altra sfida per le acciaierie europee: quella della riduzione dell’overcapacity. «È in corso un processo di ridimensionamento dell’industria eu-ropea dell’acciaio. ArcelorMittal, per esempio, nel 2008 aveva in funzione in Europa 28 altiforni, oggi ne ha 18. Ma il riallineamento tra produzione e consumo non si è ancora concluso, specialmente in Europa meridionale, dove la capacità produtti-va era aumentata maggiormente ed il consumo è calato in misura superiore». Per esemplificare questa difficile situazione, Maurange ha citato la situazione dello zincato a caldo in Italia: mentre nel 2008 la domanda interna era di 3,2 milioni di tonnellate e la capacità produttiva installata di 4,4 milioni di tonnellate, nel 2012 il consumo è sceso sotto i 3 milioni di tonnellate e la capacità è schiz-zata a 6,3 milioni di tonnellate, «una situazione industrialmente insostenibile». Oltre a questi due aspetti, la domanda e l’offerta, per chi produce acciaio in Europa ci sono altre tre “spine” che, seppur di peso specifico minore ri-spetto al macroproblema dell’overcapacity, fanno sentire la loro influenza negativa. Il primo aspetto considerato da Maurange riguarda i produttori di piani da altoforno. «La forte volatilità delle ma-

terie prime – ha detto – e le lunghe tempistiche che intercorrono tra l’ordine del minerale ferroso e la sua effettiva consegna (circa un anno) han-no un impatto forte sulla redditività delle azien-de siderurgiche». Cambiare modalità produttiva per realizzare piani, secondo Maurange, non è la soluzione «per gli alti costi dell’energia in Europa e per il livello raggiunto dalle quotazioni del rot-tame». La seconda spina per l’acciaio europeo è relativa alle quote di emissioni di CO2 consentite che la Commissione Europea ha assegnato alla si-derurgia per il 2013-2020, «un ammontare limita-to che mette in difficoltà le industrie produttive. Tra l’altro gran parte dell’acciaio importato non è soggetto alle stesse restrizioni: l’Unione Europea deve tenerne conto ed implementare una tassa sul CO2 per il materiale importato». Infine, l’ul-timo punto dolente elencato da Maurange è re-lativo alla politica comunitaria sull’import-export. «Il mercato interno va protetto: oggi viviamo una situazione di “free trade” ma non di “fair trade”. Non possiamo operare in un sistema che consente l’entrata libera di materiale da paesi dove ci sono fortissime restrizioni all’import: è un’architettura che non consente di operare in modo efficiente e che va riformata».

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GE

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è necessario selezionare i clienti per vincere la sfiDa «essere creDibili nel chieDere solDi è un granDe valore»

L’intervento di Tommaso Sandrini, vicepresidente di Assofermet, basato sull’analisi del mondo della di-stribuzione e dei centri di servizio, concentra la sua

attenzione su un ritratto delle caratteristiche fondamen-tali del mercato domestico del comparto, sulle prospet-tive di lungo periodo - sempre nell’ottica della distribu-zione - della catena del valore siderurgica, e le attese, invece, a breve termine. Il vicepresidente affronta in apertura le caratteristiche principali del comparto della distribuzione evidenziandone immediatamente una cri-ticità: il tasso vertiginoso di sovrapposizione di ruolo all’interno del mercato siderurgico nazionale. La rifles-sione posta in evidenza dal vicepresidente intende sotto-

lineare quanto la maglia delle relazioni commerciali tra ciascun attore della filiera dell’acciaio sia stretta. «Tutti si relazionano con tutti» afferma Sandrini, riferendosi all’intreccio di business che coinvolge contemporanea-mente e arriva, spesso, a sovrapporsi, in un intricato gro-viglio composto da acciaierie domestiche, acciaierie d’importazione, trader, centri servizio, magazzini dal pronto, utilizzatori finali. «I produttori nazionali fornisco-no direttamente gli utilizzatori finali, con una conseguen-te forte compressione dei margini a valle» esemplifica Sandrini, che continua «i centri servizio hanno assunto con sempre maggiore decisione comportamenti opera-tivi e gestionali più propri dei trader con una presa di posizione fortemente rischiosa sul mercato, vestendo panni non propri della figura commerciale del centro servizio». Situazioni che, secondo il vicepresidente di As-sofermet, mettono gli utilizzatori finali in condizione di esercitare la propria pressione su tutti gli attori della filie-ra. Sandrini mette quindi in guardia sulle notevoli fragili-tà che evidenzia la struttura del comparto della distribu-zione nazionale, a sua volta già colpito, come il resto della filiera siderurgica, dall’ondata di overcapacity, la quale ha assunto dimensioni ancora maggiori a seguito del triennio 2007-2010, periodo in cui la capacità produt-tiva ha fatto segnare un ulteriore aumento. «Non vedo, al momento, attese di recupero dei volumi» afferma il vicepresidente di Assofermet «abbiamo infatti visto che il consumo apparente del mercato dei piani nel 2012 è stato leggermente al di sopra del minimo fatto registrare nel 2009: questo sta a significare che ci troviamo nuova-mente nel punto più basso della crisi che abbiamo vissu-to negli ultimi 5 anni». Secondo queste indicazioni, quin-di, le attese per quest’anno continueranno a non essere migliorative. Discorso che non vale per il trend fatto se-gnare dai produttori nazionali i quali hanno resistito in maniera più decisa grazie alle esportazioni dirette verso i

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Tommaso Sandrini (Vicepresidente Assofermet)

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mercati esteri, che hanno garantito circa 2,5 milioni di tonnellate in più di piani rispetto a quelle consumate nel nostro paese. La terza caratteristica evidenziata da San-drini riguarda la genesi dell’industria siderurgica dome-stica, costituita da numerose piccole e medie imprese, sorte perlopiù negli anni ’50, ’60 e ‘70, e che tutt’oggi spesso si trovano sprovviste di una solida struttura ma-nageriale interna e, secondo Sandrini, «questo è un ele-mento di fragilità del sistema italiano», soprattutto alla luce dell’importanza sempre maggiore che, soprattutto nei centri servizio, stanno acquisendo gli asset intangibili, composti da competenze dei venditori, di coloro che de-vono valutare le controparti con cui si sceglie di lavorare, e dalle capacità di gestione del portafoglio ordini sia in entrata che in uscita. Un capitolo a sé va dedicato al cre-dit crunch, alla sempre più asfissiante morsa creditizia, che vede nel sistema bancario e in quello assicurativo i suoi attori. «Vedo il sistema bancario in grandissima dif-ficoltà nell’erogazione del credito - descrive Sandrini - e credo che non avverta con chiarezza i rischi che un tale atteggiamento comporti: personalmente, infatti, ritengo che il processo di istruttoria fidi oggi abbia una natura prettamente documentale e non preveda un’inclinazio-

ne ad una reale comprensione dei rischi e delle relazioni di business che caratterizzano le nostre aziende, spesso articolando la valutazione del rischio come rischio di set-tore». Condizione che ha innescato, inoltre, un inevitabi-le effetto domino sulle assicurazioni le quali, a loro volta, soprattutto dalla metà dell’ultimo anno, hanno messo in atto una notevole restrizione degli affidamenti. L’auspi-cio di Sandrini, in questa direzione, sarebbe di poter inte-ragire con un sistema bancario dalle competenze più specifiche e legate al proprio settore, al fine di poter in-trecciare una relazione che preveda una comunicazione tra i due interlocutori – banca e azienda – basata sulla capillare conoscenza del comparto in oggetto. Le criticità del comparto poste sotto la lente da Tommaso Sandrini lo inducono a rivolgere un invito a tutti gli operatori della filiera al fine di migliorare il rapporto con il sistema credi-tizio: «noi dobbiamo fare un passo in avanti per dare un’adeguata trasparenza, sviluppare capacità di comuni-cazione e di gestione: essere credibili nel chiedere soldi è un grande valore». Conclude, infine, Sandrini accennan-do a tutti i costi di natura regolatoria, siano essi legati al diritto del lavoro, alla sicurezza, alle normative ambien-tali, ai trasporti: un insieme dalle dimensioni ingenti che

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va ad assottigliare i margini, ad erodere la patrimonialità e che aumenta esponenzialmente il rischio legato alla scelta dei propri clienti. Le prospettive di lungo periodo della catena del valore siderurgica, secondo il vicepresi-dente, si aprono con un cambiamento: partendo con l’analisi dagli utilizzatori finali, in futuro si ragionerà sem-pre meno per settori e sempre più frequentemente per azienda. «È in corso un processo di forte selezione dei clienti finali e i fattori che determineranno vincitori e sconfitti saranno specifici della singola azienda e non del settore» spiega Sandrini, che sottolinea, ancora una vol-ta, l’importanza di saper indagare prima e scegliere poi, con estrema cura, i propri interlocutori commerciali, escludendo riferimenti di settore che, in futuro, non si riveleranno più attendibili come in passato. Le prospet-tive legate al comparto dei centri servizio vedranno un futuro ancora all’insegna della sofferenza. A decretare la sopravvivenza o meno delle realtà industriali, secondo Sandrini, non sarà tanto l’assottigliamento dei margini – condizione che, per il vicepresidente, produce una «len-ta agonia» – bensì le insolvenze dei clienti acuite, sottoli-nea, «dalle normative relative ai concordati in continuità che permettono di collettivizzare perdite del soggetto non efficiente nel sistema». Inoltre, secondo il vicepresi-dente, se gli esperimenti sino ad ora attuati di integrazio-ne di centri servizio all’interno delle acciaierie si sono di-mostrati poco soddisfacenti, il futuro vedrà prendere sempre maggiormente piede la distribuzione integrata. All’orizzonte, però, si profila una minaccia, come avverte Sandrini: «la maggiore selezione e una strutturazione più capillare che si stagliano nel futuro degli utilizzatori finali potrebbero mettere in parte a rischio i rapporti di buon vicinato tra operatori domestici e distribuzione». Per tentare di limitare tale rischio, Sandrini invita a ricer-care e a trovare un nuovo equilibrio su ogni livello della filiera, «su valori molto più bassi rispetto al passato» spe-cifica «in cui si dovrà affrontare il lungo e doloroso pro-cesso di una riduzione del mercato totale del 30% che non si potrà gestire in maniera organizzata». Sandrini, inoltre, analizza il sistema Italia e il sistema Europa e le strategie attuate per affrontare la crisi economica: dal 2001, con il costo del denaro molto basso – fissato anche

attualmente dalla Bce allo 0,50% - è stato permesso il mantenimento sul mercato di realtà industriali con un altissimo grado di indebitamento accostato ad uno stato di salute finanziario precario, infettando il mercato sino a deprimerlo. Di contro, però, nell’Ue la crescita viene ostruita dalla mancata emissione di denaro; un fattore che, in Italia, stride ulteriormente se sommato alla ingen-te pressione fiscale. Messaggi discordanti, quindi, che, secondo il vicepresidente, rendono impossibile una ma-novra compatta e lineare di rimessa in moto della mac-china economica continentale. Stringendo la visione, infine, esclusivamente al comparto della distribuzione e sul breve periodo, il vicepresidente di Assofermet si at-tende una fase di ripresa a cavallo della fine dell’anno, «seguita da un deterioramento in cui non vedo, però - spiega Sandrini - alcun rischio di crollo delle quotazioni, bensì un approccio estremamente prudente all’acquisto da parte della distribuzione». SA

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Dopo otto mesi dal 5° Stainless Steel Market Outlook tenutosi in un afoso pomeriggio sulla sponda occidentale del lago d’Iseo,

le vicende legate alle filiere degli acciai inossida-bili seguitano a destare viva preoccupazione. Da allora, infatti, gli effetti negativi della crisi della do-manda di prodotti inox si sono progressivamente accentuati: lo prova la figura 1, che comprende le curve di prezzo dei metalli e delle ferroleghe inte-ressate dalle produzioni inox. Come si può osserva-re, dal primo trimestre 2011, quando si fissarono i massimi più recenti, le quotazioni del ferro-cromo e del ferro-molibdeno rilevate a Londra hanno ce-duto rispettivamente il 16,3% e il 39,5%. A partire dallo stesso periodo, e fino al mese di settembre 2012, i prezzi del nickel sono invece sprofondati del 46,6%: la peggiore performance tra i metalli

non ferrosi quotati al London Metal Exchange, che nel loro complesso, nel medesimo arco tempora-le, si sono mediamente deprezzati del 29%. Suc-cessivamente ai minimi, le quotazioni del nickel e del ferro-cromo reagiscono rispettivamente del 21,2% e del 4,6%, delineando così i limiti superiori di altrettanti ideali canali laterali entro cui fluttua-no tuttora entrambe le commodity.

Le prospettive del nickel appaiono fortemente

condizionate dall’entità delle giacenze di metallo

accumulate nei magazzini del mercato londinese

(istogramma a piè di grafico): con un incremento

di oltre il 100% nel corso dell’ultimo anno, l’evolu-

zione degli stock ufficiali rappresenta un formida-

bile fattore depressivo, che in questa fase storica

ostacola ogni tentativo di ripresa dei prezzi.

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comparto inox:si accentua la Depressione

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Achille Fornasini (Chief analyst Siderweb)

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I prezzi inox

L’altissima concordanza evolutiva tra le quotazioni

del nickel e i prezzi inox di natura austenitica si os-

serva nella figura 2, che illustra gli andamenti dei

prezzi, da intendersi finiti e praticati dalla distribu-

zione all’utilizzo finale, riferiti ai prodotti piani rile-

vati da Siderweb: le lamiere da 2 millimetri a fred-

do e a caldo della serie 304 e della serie 316. Si noti

come, nel periodo aprile-dicembre 2011, i prezzi

dei due prodotti della serie 304 cedano il 26,2% (a

caldo) e il 27,1% (a freddo) per poi recuperare ri-

spettivamente il 16,5% e il 19,4%. Da allora si con-

solida una deriva oscillatoria laterale connotata da

volatilità decrescente.

Non molto diversa è l’evoluzione dei prezzi della

serie 316: in questo caso la dinamica declinante si

estende fino al mese di dicembre 2012 (-26,1%)

per poi reagire e assestarsi nel quadro di uno stallo,

che ben interpreta la fase di stagnazione corrente.

Sul fronte ferritico, come mostra la figura 3 dedi-

cata alle lamiere a freddo della serie 430, l’indebo-

limento delle quotazioni inizia un anno prima dei

prodotti austenitici per concludersi nel dicembre

2011 dopo un calo complessivo del 21,6%. Segue

una reazione del 13,1%, che fissa il limite superiore

del corridoio laterale entro il quale i prezzi conti-

nueranno a fluttuare anche nei prossimi mesi. FOR

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Quo vadis inox? Dove vai inossidabile? Po-trebbe essere riassunta nel titolo scelto per il proprio intervento dall’analista di

Smr Markus Moll l’edizione 2013 dello Stainless Steel Market Outlook, ospitata all’interno della conference and exhibition dell’acciaio Made in Steel. Oltre al noto analista austriaco il panel dei relatori era composto da Achille Fornasini (Chief Analyst Siderweb), Antonio Marcegaglia (Ammini-stratore Delegato Gruppo Marcegaglia), Susanne Peiricks (CEO Schmolz-Bickenbach Europe), Timo-teo Di Maulo (Chief Executive Officer – Services & Solutions Aperam) e Thomas Pauly (Direttore Euro Inox). Moderati dal giornalista de «Il Sole 24 Ore» Lello Naso, i sei relatori hanno provato a disegnare il quadro delle attualità e prospettive degli acciai inossidabili.

È stato Moll a rompere il ghiaccio, condendo il

proprio intervento, sempre molto dettagliato, con

quel pizzico di ironia che ne contraddistingue ogni

presentazione. L’analista parte dai dati globali del

comparto, sottolineando come nel 2012 i volumi

dei piani siano saliti del 2% rispetto all’anno pre-

cedente, contro una riduzione dei lunghi in inox

del 3%. Questa dinamica, però, si scontra con una

situazione migliore dei lunghi dal punto di vista

della redditività: la percentuale di prodotti ad alto

valore aggiunto per il comparto lunghi rappresenta

infatti il 19% del totale, mentre a quelli commodi-

tizzati spetta il 42% del totale, contro i piani in cui

ben il 51% dei volumi totali figura come prodotti a

basso valore aggiunto mentre solo l’11% è ad alto

valore aggiunto.

Spostandosi nel continente europeo, Moll rileva

che «oltre il 60% delle importazioni arriva da Cina,

Giappone e Corea. Per quanto alla domanda di pia-

ni si può notare come a fronte del 6% di ribasso

dell’Italia, si sia verificato un incremento dell’1%

per la Germania, con l’Europa che mantiene la

propria produzione a 4,55 milioni di tonnellate. A

livello di profittabilità Acerinox è rimasta la miglio-

re insieme ad Aperam, anche se tuttavia i valori

restano negativi».

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Quo vaDis inox? scenari eD evoluzione Del mercato

6° S

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6° Stainless Steel Market Outlook

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Dopo aver descritto lo status quo del mercato,

Moll ha spostato il focus sull’Italia, stimando che

la produzione nel 2012 abbia raggiunto 1,5 milioni

di tonnellate (+9% sul 2011), un dato leggermen-

te inferiore a quello dell’export che, grazie ad una

crescita dell’8%, è ammontato a 1,55 milioni di

tonnellate. In calo invece import e consumi, scesi

entrambi del 10%, rispettivamente a quota 998 e

955 mila tonnellate.

Tornando ad un focus internazionale, «sul fronte

materie prime il vero elemento che ha cambiato

i giochi è stato l’avvio di utilizzo del nickel pig iron

(NPI) da parte della Cina. Una materia prima che

ha portato a calmierare i prezzi del nickel, data la

possibilità di utilizzarlo in modo profittevole quan-

do il nickel al LME è scambiato a prezzi compresi

tra i 7 ed i 13 dollari la libbra. Questi valori, però,

sono destinati a salire nel prossimo futuro dal

momento che il prezzo dell’energia in Cina è arti-

ficialmente basso: quando cambierà secondo le

regole del mercato il range di convenienza del NPI

varierà tra i 10,3 ed i 16,5 dollari la libbra». Sem-

pre nell’ambito degli input produttivi, ferrocromo

e ferromolibdeno si sono dimostrati più stabili ne-

gli ultimi anni. «Per l’ultimo trimestre dell’anno mi

aspetto che si possa verificare un recupero del ni-

ckel, una stabilità del cromo e una discesa invece

nel molibdeno».

Per le prospettive future Moll ha identificato otto

«megatrend» globali , approfonditi anche da Pau-

ly, che guideranno i consumi di acciaio e non solo.

In primo luogo la popolazione, che vede un incre-

mento della salute e del lavoro femminile contro

una riduzione delle nascite. C’è poi l’energia, con

un aumento delle criticità di accesso alle fonti

energetiche, un’incertezza per i futuri motori dei

mezzi di trasporto e una riduzione del mix energe-

tico. L’accesso alle risorse sarà sempre più critico:

poca acqua potabile e riserve di materie prime li-

mitate. La globalizzazione darà luogo a un maggio-

re equilibrio nei costi globali, una riduzione del neo

protezionismo e la nascita di nuovi paesi low-cost.

In aggiunta si innesteranno anche cambiamenti

nel sistema del design e un’attenzione all’austeri-

tà fiscale da parte degli stati in relazione anche ad

un nuovo ordine politico guidato dalla crescita dei

paesi Bric. Infine grande impatto lo avrà anche la

“vita digitale” e il consumo di informazioni in mo-

bilità.

«I driver legati ai settori utilizzatori resteranno

comunque quelli visti finora – spiega Moll -. L’ac-

ciaio prodotto verrà assorbito ancora al 37% dal

comparto alimentare, al 12% dai trasporti, la stes-

sa percentuale dell’oil and gas, a cui si aggiunge il

17% legato all’architettura e il 19% dell’industria

di processo e delle risorse naturali». Per ciò che

concerne le previsioni produttive, nel 2013 il mon-

do crescerà del 4% (+1,255 milioni di tonnellate)

rispetto al 2012. L’Europa sarà l’unica area a re-

stare negativa con un -1%, l’America salirà del 4%,

mentre la Cina toccherà addirittura il +7%, seguita

dal resto dell’Asia a +3%. A lungo termine la capa-

cità produttiva resterà superiore al consumo fino

al 2015, per poi arrancare a tenere il passo della

richiesta nel quinquennio 2016-2020. Il 2013 sarà

però l’anno del ritorno alla marginalità: dopo un

periodo di sopravvivenza le aziende dovrebbero

tornare a rivedere gli utili frutto sia del processo di

riduzione della overcapacity, sia ai piani di crescita

delle performance».

Moll ha quindi concluso l’intervento con una sim-

patica statistica in cui il consumo di inossidabile per

gli acquisti legati all’universo femminile si asseste-

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rebbe attorno ai 10,3 chilogrammi a testa, contro

i 3,6 chilogrammi degli uomini. «Quindi -conclude

Moll- se volete aumentare volumi e affari, lasciate

la carta di credito nelle mani di vostra moglie».

Di Maulo ha rimarcato come sia necessario per

tutte le aziende ripercorrere il medesimo sentiero

intrapreso da Aperam sul fronte dell’ottimizzazi-

ne delle performance aziendali. Secondo di Mau-

lo sarà proprio questa la chiave di volta per poter

sfruttare appieno il recupero che sembrerebbe

stagliarsi all’orizzonte dei prodotti in inox, nickel

permettendo. «Ora sopravvive chi effettivamente

è in grado di essere più performante» ha ribadi-

to Di Maulo, precisando che non sarà più come in

passato quando i risultati negativi di alcune divisio-

ni venivano compensati da quelli di altre più com-

petitive.

Una ventata di ottimismo per il settore è stata for-

nita dall’intervento del CEO di Schmolz-Bickenbach

Europe Susanne Peiricks, che ha presentato una

serie di cifre positive soprattutto in prospettiva fu-

tura.

«La domanda complessiva di prodotti lunghi in

acciaio inox crescerà fino al 2016 del 4% annuo -

ha spiegato Susanne Peiricks -. In particolare nel

comparto automotive le nostre stime parlano me-

diamente di un impiego di 5 chilogrammi di lunghi

in inossidabile a veicolo, il che si traduce in una

necessità globale di almeno 530 mila tonnellate

all’anno che salgono a 950 mila tonnellate se si

considerano anche gli scarti di lavorazione, numeri

che per l’Europa si traducono in 120 mila tonnel-

late di esigenza e 210 mila tonnellate di richiesta

potenziale». Ulteriori settori promettenti, secondo

il Ceo di Schmolz-Bickenbach, saranno il compar-

to costruzioni, le fonti energetiche alternative, gli

orologi, l’aerospaziale e la biomedica, che potreb-

be crescere anche dell’8% fino al 2016.

A concludere la carrellata di interventi, ponendo

particolare attenzione al mercato domestico, è

stato Antonio Marcegaglia che, con un interven-

to molto «asciutto», ha affidato ad una serie di

«note» la descrizione dello scenario attuale dei

prodotti inossidabili e in particolare dei tubi, ol-

tre ai nodi cruciali dei costi della materia prima e

dell’overcapacity.

«La forte competitività a livello globale ha da anni

spinto al ribasso i prezzi e ridotto i margini a livelli

insostenibili. Si stima che solo in Europa i principali

operatori abbiano accumulato negli ultimi 5 anni

perdite operative per 2,5 miliardi di euro. Anche in

Asia pochissimi operatori nei prodotti piani hanno

risultati positivi. Solo una ristrutturazione o un con-

solidamento dell’offerta può ri-bilanciare gli squili-

bri nella catena del valore». Marcegaglia ha anche

invocato «un sistema più realistico per il calcolo

dell’extra lega, che ripristinerebbe negli operatori

comportamenti meno “speculativi” e volatili». Una

proposta rimarcata anche da Markus Moll, secon-

do cui il sistema di «fissazione» degli extra di lega

dovrà necessariamente «evolvere» per riportare il

potere negoziale nelle mani degli operatori e non

degli speculatori finanziari.

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Al termine di entrambi gli Steel Market Outlook la redazione di Siderweb ha realizzato dei video servizi sull’evento. Il filmati, contengono interviste esclusive con Tommaso Sandrini (vice presidente Assofer-met), Jean-Luc Maurange (Chief Executive Officer of Flat Carbon Europe Business Division South West e Vice President di ArcelorMittal), Pierre Mangers (Executive Director Performance Improvement Ernst & Young), Ralph Oppenheimer (Executive Chairman Stemcor) e Markus Mool (Smr). I contenuti video visi-bili cliccando sulle immagini sottostanti.

i servizi viDeo Di siDerweb

Le previsioni dello Stainless Steel Market Outlook

Le previsioni del mercato dell’acciaio allo Steel Market Outlook

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