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n°26 Marzo 2014 STEEL MARKET OUTLOOK Marzo 2014

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Un breve outlook sul mercato italiano delle trafilerie di acciaio negli atti del convegno organizzato da Siderweb

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014STEEL

MARKET OUTLOOK

Marzo 2014

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L’Outlook che si è tenuto il 5 di marzo è stato caratteriz-zato da alcune novità rispetto al format «classico» degli eventi Siderweb. Novità che meritano una sottolineatu-

ra. A partire dai «perché». Perché le trafilerie?Attraverso questi incontri è nostra intenzione mettere sotto i riflet-tori quel tessuto industriale popolato da un numero significativo di imprese e caratterizzato da fattori distintivi qualificanti. Di cui proprio le trafilerie rappresentano un ottimo esempio.Perché Lecco?Come ha ricordato Gianfranco Tosini nel suo intervento, le trafile-rie lecchesi «valgono» circa un terzo dell’intero settore nazionale. È senza dubbio il distretto industriale a più alta concentrazione di trafilerie ed aziende dell’indotto.Perché sul territorio e con il territorio?La volontà è ri-portare i contenuti nel territorio da cui essi stessi provengono. Se vuoi conoscere la storia delle trafilerie non puoi non partire da Lecco. Avvicinarsi al territorio ed entrarvi in simbio-si per capirne radici ed esigenze. La collaborazione con la Camera di Commercio di Lecco nella persona del suo presidente Valassi,è stata fondamentale ed ha «riscaldato» numeri e percentuali, con passaggi storici rilevanti. Perché un evento «di filiera»?Le relazioni tra gli operatori all’interno della medesima filiera, nel-la fattispecie della trafila, sono fondamentali quanto mai in questi periodi così difficili e complicati, che non possono essere affrontati secondo logiche «parrocchiali» ma con una visione più allargata a ciò che accade alle aziende che operano «a monte» piuttosto che «a valle». La partecipazione tra i relatori di Giovanni Bajetti e Franco Polotti in rappresentanza del settore della produzione di vergella, di Andrea Beri come «voce» delle trafilerie di Angelo Cor-tesi (presidente ANCCEM) in rappresentanza dei mollifici italiani ha dato senso a questo perché.Perché Siderweb?Il nuovo format testimonia il nostro credo nel cambiamento, non fine a sé stesso ma rivolto al raggiungimento degli obiettivi per cui lo si instaura: consegnarvi maggior valore! Già, ma chi decide cos’è valore? Chi ne beneficia naturalmente, non chi si prefigge di erogarlo. Se siamo d’accordo, l’appello che rivolgo è di accentuare la comunicazione ed il dialogo tra di noi circa i vostri fabbisogni informativi e formativi. Assecondiamo le logiche 2.0, che ci sug-geriscono come l’informazione non sia da intendersi a senso unico ma partecipata, utilizzando sia gli strumenti “virtuali” che occa-sioni dal vivo. È chiaro che modificare le abitudini consolidatesi nel passato sia tutt’altro che semplice come del resto ci ricorda un proverbio indù che recita: «nei primi 30 anni della tua vita ti fai le tue abitudini, nei secondi 30 sono le abitudini che fanno te». Ciò vale per tutti, noi comunque ci siamo e saremo sempre al vostro fianco.

PERCHÉ CambiaREFabio Rocca (Ceo Siderweb)

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editore: Siderweb spavia Don Milani, 5 - 25020 Flero (Bs)Tel. 030 2540006 - Fax 030 2540041e-mail: [email protected] tribunale n. 11/2004Direttore responsabile: Stefano FerrariProgetto grafico ed impaginazione:Siderweb spaNumero chiuso in redazione il:21- 3 - 2014

Sommarion°26 Marzo 2014

2  Fabio RoccaPerchè cambiare

4  Achille FornasiniIn via di esaurimento il calo del rottame e la depressione dei prezzi della vergella da trafila

7  Gianfranco Tosini«Si vede qualche raggio di sole ma non anco-ra il sole»

11  Umberto De Tata

Finanza: tre assi per le piccole medie imprese

15  Tavola rotondaLa filiera si interroga su presente e futuro del comparto

22  Il servizio video di Siderweb

23  La photogallery

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La siderurgia globale sta attraversando una fase piuttosto contrastata: lo

dimostrano le curve delle pro-duzioni mensili d’acciaio dal 2000 al 31 gennaio 2014. Ri-

spetto al top conseguito del maggio 2008, la pro-duzione asiatica, trainata da Cina e Corea del sud, tocca il suo massimo nel mese di maggio 2013, con un incremento del 32,9%, per poi flettere del 5,8%. In Europa, sempre rispetto ai massimi del 2008, la produzione si è ridotta del 24,4%, mentre il Nordamerica, attualmente stabile, resta abbon-dantemente sotto i massimi (-15,6%). Concentran-doci sull’Europa, si consideri la figura 1 che pone a confronto due curve: nel diagramma superiore troviamo l’evoluzione della media mensile del prezzo del rottame rilevata da Eurofer nei cinque principali Paesi produttori (Germania, Italia, Spa-gna, Francia e Regno Unito). La dinamica inferiore evidenzia invece la produzione complessiva d’ac-ciaio realizzata mensilmente nelle stesse nazioni.

Nel grafico si coglie con chiarezza la coerenza tra il calo dell’output produttivo a partire dal 2011 ed il contestuale indebolimento dei prezzi della ma-teria prima. Il prezzo del rottameLa figura 2 si focalizza sugli effetti della depressione che da anni affligge la siderurgia europea e nazio-nale. Nel grafico sono rappresentate le evoluzioni dei prezzi del rottame rilevati su base settimanale in Eurozona e a livello nazionale. Si osservi come le dinamiche concordanti delle tre curve vedano gli andamenti europei anticipare sistematicamente la media nazionale. Rispetto ai picchi raggiunti nelle prime settimane del 2011 i prezzi europei si muo-vono al ribasso fino al mese di giugno dello scorso anno con perdite complessive del 37%, seguite a ruota dalle quotazioni nazionali (-32%). Segue un ampio recupero che si arresta tra la fine del 2013 e l’inizio del 2014, dopodiché prende corpo una significativa correzione: -13% le quotazioni euro-pee, -6,6% i prezzi nazionali. L’aspetto interessante

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in via di ESauRimEnto il Calo dEl RottamE E la dEPRESSionE dEi PREzzi dElla vERgElla da tRafila

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Achille Fornasini (Chief analyst Siderweb)

(Fig. 1)

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di quest’ultimo periodo, è il probabile esaurimen-to della fase negativa del ciclo avviatosi nel mese di ottobre 2013 e il principio di quella che appare profilarsi come la fase positiva di un nuovo ciclo ini-ziata a metà di febbraio. Dunque, in virtù dell’espe-rienza storica, è plausibile che i prezzi nazionali del rottame siano prossimi a completare la correzione e a seguire al rialzo le quotazioni europee.La vergella da trafilaNell’arco temporale gennaio 2011-giugno 2013 i prezzi basilari dei principali prodotti lunghi hanno subito un tracollo: -40,2% il tondo per cemento ar-mato, -54,8% le travi, -62,9% i laminati mercantili. Dunque, se si tiene conto che nello stesso perio-do la media dei prezzi delle tipologie di rottame rilevati da Siderweb (demolizioni, frantumato, la-mierino, torniture) ha ceduto il 32,1%, ben si com-

prende il drammatico impatto sui margini delle aziende produttrici. In questo contesto anche le quotazioni base partenza della vergella da trafila hanno subito un significativo ridimensionamento. La figura 3 illustra appunto il calo delle quotazioni, che culmina nel mese di giugno dello scorso anno con una performance tuttavia meno pesante di quella degli altri prodotti (-23,1%). Segue un recu-pero del 9,1% che si esaurisce peraltro nel mese di settembre. A quell’epoca, mentre il prezzo del pro-dotto riprende a flettere, quello del rottame s’im-penna (+21%): una divaricazione che ha concorso ad erodere i margini legati all’output produttivo. Le due curve, infine, tornano a muoversi insieme al ribasso con i prezzi della vergella che, dopo un calo del 6,2%, invertono la direzione, segnalando l’avvio della fase ascendente di un nuovo ciclo.

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(Fig.3)

(Fig. 2)

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L ’attualità e le prospettive ma-croeconomiche

mondiali, europee ed italiane e l’analisi del comparto nazionale delle trafilerie. Questi gli argomenti affron-tati da Gianfranco Tosini, responsabile dell’Ufficio Studi di Siderweb, duran-te il suo intervento nel corso del Sider-web Outlook che si è

tenuto a Lecco lo scorso 5 marzo.«La crescita dell’attività economica e degli scambi internazionali prosegue a ritmi moderati – ha esor-dito Tosini -. Nell’area euro è iniziata una modesta ripresa, con un contenuto tasso di inflazione, che si traduce però in tassi d’interesse reali più eleva-ti ed in una più lenta riduzione dell’indebitamen-to. Le condizioni finanziarie sono più favorevoli, grazie alla politica monetaria accomodante ed ai progressi nella governance dell’area euro. Per il 2014, invece, la crescita economica mondiale do-vrebbe essere più consistente, anche se i venti di guerra ed il possibile “restringimento dei cordoni” da parte dell’economia statunitense e giapponese potrebbero frenare la ripresa». Per ciò che concer-ne il nostro Paese «l’Italia è statisticamente usci-ta dalla recessione – ha proseguito il responsabile dell’Ufficio Studi Siderweb -. Nel quarto trimestre dello scorso anno il Pil è salito dello 0,1%, anche se nel 2013 c’è stata una contrazione complessi-va dell’1,8% del prodotto interno lordo. La mini-ripresa nazionale è trainata esclusivamente dalle esportazioni e dall’aumento delle scorte, mentre

la domanda interna rimane depressa». Le condi-zione del credito sono ancora tese: nonostante la discesa dei tassi, le banche, anche a causa dell’ac-cumulo di sofferenze molto ingenti, sono poco pro-pense a concedere prestiti. Ciò mette le aziende, spesso, nella condizione di non essere nella pos-sibilità di comprare materie prime anche a fronte di ordini già acquisiti. Nei prossimi mesi, secondo Tosini, «si acuirà il problema della disoccupazio-ne: c’è un’eccedenza della capacità produttiva di almeno il 30% nel manifatturiero. Molta parte di questa overcapacity sarà da tagliare, con una diret-ta ripercussione sugli organici». In questo quadro di fondo quali sono le caratteristiche delle azien-de italiane che hanno tenuto meglio? «In genera-le – ha risposto Tosini – il miglioramento più pro-nunciato dei risultati è avvenuto nelle imprese di maggiori dimensioni, localizzate al centro-nord e che realizzano all’estero una quota rilevante delle proprie vendite. La linea di confine che demarca le imprese che si espandono da quelle che faticano a rimanere sul mercato è rappresentata dalla capaci-tà di innovare i prodotti ed i processi, di competere con successo sui mercato e di raggiungere quelli più dinamici». Tornando alla situazione generale, la produzione industriale italiana è tornata a cre-scere negli ultimi mesi del 2013, ma l’anno scorso, nel suo complesso, si è verificata una contrazione del 2,7% dell’output rispetto al 2012. Dal punto di vista finanziario, la contrazione degli investimen-ti fissi e l’aumento dell’autofinanziamento hanno determinato un calo del fabbisogno finanziario in rapporto al valore aggiunto. Il peso degli oneri fi-nanziari, quindi, è rimasto pressoché invariato. Confrontando il nostro Paese con i partner euro-pei, ed in particolare la Germania, si vede che la produzione industriale nazionale nel 2013, rispetto al 2012, è scesa del 2,7% contro il -0,4% della

«Si vEdE qualCHE Raggio di SolE, ma non anCoRa il SolE»

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Gianfranco Tosini (Responsabile Ufficio Studi Siderweb)

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Germania ed il -0,4% europeo. «C’è un sistema che tiene, nel Vecchio Continente – ha spiegato Tosi-ni – ed è quello tedesco. Il malato siamo noi, ma la malattia ha avuto origine prima della crisi, non dopo. Tra il 2000 ed il 2007, infatti, la produzione industriale tedesca è salita del 20,9%, mentre quel-la italiana si è contratta dello 0,9%: in quegli anni si sono originati molti dei problemi che stiamo scon-tando ora». Tra il 2000 ed il 2013 l’industria italiana ha perso il 24,1% del proprio output: sarà possibile recuperarlo? Secondo Tosini la risposta è negativa, in quanto «alcuni settori hanno ceduto il 50%-60% dei volumi, sarà quasi impossibile risalire». Entran-do nel dettaglio dei settori produttivi «la meccani-ca ha diminuito l’output del 30%, l’acciaio del 24% dal 2007 ad oggi, mentre il comparto delle trafile-rie ha ceduto il 24% dal 2000 al 2013, il 17,5% dal 2007 al 2013 e l’1% nel 2013 rispetto al 2012». La situazione del settore della trafilerie «è meno cri-tica rispetto al totale del siderurgico», inoltre negli ultimi anni il comparto «ha fatto un notevole sfor-zo per recuperare le esportazioni, oggi al livello del

2007, mentre le importazioni sono diminuite del 43% nel medesimo periodo». Ciò testimonia «un grande impegno dal punto di vista strategico: i tra-filieri italiani hanno sostituito il prodotto importa-to con quello nazionale, riconquistando i mercati esteri. Il problema, però, è rappresentato dalla de-stinazione dell’export. Il 69,1% dei volumi è desti-nato all’Ue ed il 15,9% negli altri Paesi europei non facenti parte dell’Unione, mentre siamo quasi as-senti sui mercati più dinamici, come quello asiatico (3,8%) e nordamericano (3,3%). Sarà necessario recuperare terreno in queste aree». Proseguendo nel descrivere la «carta d’identità» del settore ita-liano delle trafilerie, Tosini spiega che nel 2007 il fatturato del comparto è stato di 2.674 milioni di euro, con 1.868,1 milioni di euro in Lombardia e 904,7 milioni di euro in provincia di Lecco, la capi-tale della trafileria italiana. Nel 2012 questi numeri sono scesi notevolmente: -19,6% per l’Italia (2.148 milioni di euro), -19,5% per la Lombardia e -26,0% per la provincia di Lecco. Le imprese nel comparto della trafilerie che hanno perso maggior terreno

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sono le microimprese (con un fatturato inferiore ai 2 milioni di euro annui), che hanno ceduto il 70,8% del proprio fatturato tra il 2007 ed il 2012, quelle da 2 a 10 milioni di fatturato il 18,1%, quelle da 10 a 50 milioni di euro l’11,3% e quelle oltre i 50 mi-lioni di euro il 25,9%. La redditività industriale della trafileria italiana è scesa dal 4,6% al 2,5%, mentre il rendimento del capitale investito è passato dal 6,2% al 3,0%. Dal punto di vista finanziario «la si-tuazione è migliorata: sono calati gli oneri sull’ebi-tda ed il debito rispetto al patrimonio». Inserendo i risultati delle trafilerie nella filiera che va dalla produzione di acciaio agli utilizzatori di trafilati, si nota una redditività industriale maggiore sia per i fornitori sia per i clienti delle trafilerie. Questa si-tuazione necessita di una correzione «che porti ad un incremento del ROI». Dal punto di vista della solidità finanziaria, le trafilerie si posizionano su valori simili al resto della filiera, con l’unico indice problematico che è quello del rapporto tra i debiti finanziari ed il patrimonio netto».

L’ultima parte dell’intervento di Tosini è stato de-dicato alle prospettive per il 2014. «Il Pil globale crescerà del 3,6%, contro il +2,8% del 2013 – ha esordito -. Come ormai è tradizione negli ultimi anni, i Paesi emergenti aumenteranno le proprie performance con tassi nettamente superiori a quelli dei Paesi sviluppati (+5,1% contro +2,2%) e l’Europa sarà il fanalino di coda delle economie mondiali (+1,0%)». In Italia la situazione sarà anco-ra più problematica: «grazie al miglioramento degli investimenti, delle scorte e dell’export cresceremo dello 0,7% - ha previsto Tosini – ed i settori utilizza-tori di prodotti in acciaio torneranno sì in territorio positivo, ma in misura insufficiente per consentire un recupero corposo del comparto siderurgico e della trafila». Insomma «si vede qualche raggio – ha concluso Tosini – ma non ancora il sole». TO

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finanza: tRE aSSi PER lE PiCColE E mEdiE imPRESE

Il credit crunch, ovvero la restri-zione dell’ac-

cesso al credito, è un problema che sta affliggendo da anni il settore ma-nifatturiero italia-no. Ma oggi que-sto problema può essere, almeno in parte, arginato ricorrendo a stru-menti nuovi o già

esistenti ma poco conosciuti. Quali? La risposta a questa domanda è stata data da Umberto De Tata (Finanza Agevolata e Enti di Garanzia Ban-co Popolare). «Esistono tre opportunità di mercato che la Comunità Europea, lo Stato italiano ed il sistema bancario mettono a disposizione di tutti gli operatori economici – ha spie-gato il dirigente durante il convegno Sider-web Outlook -. Questi tre strumenti sono il fondo di garanzia per le piccole e medie im-prese (istituito con la legge 662 del 1996), il risk sharing instrument creato dal Fondo Europeo degli Investimenti ed il decreto Mise del 27 novembre 2013, la cosiddetta “Nuova Sabatini”». Analizziamo questi strumenti nel dettaglio.Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese – «Il fondo – ha proseguito De Tata – è stato istituito con la legge 662 del 1996 ed è operativo dal 2000. La finalità è quel-la di favorire l’accesso alle fonti finanziarie delle piccole e medie imprese mediante la concessione di una garanzia pubblica che si affianca, o spesso si sostituisce, alle garan-zie reali portate dalle imprese. Rivolgendo-si al Fondo, pertanto, l’impresa non ha un contributo in denaro, ma ha la concreta pos-sibilità di ottenere finanziamenti senza ga-ranzie aggiuntive sugli importi garantiti dal

fondo. Ciò permette, quindi, anche di evita-re i costi di fidejussioni o polizze assicura-tive». La dotazione del fondo, inizialmente di qualche centinaio di miliardi di lire, at-tualmente è di circa 5 miliardi di euro ed è utilizzabile per «qualsiasi tipologia di ope-razione finanziaria, purché finalizzata all’at-tività d’impresa. È, inoltre, intersettoriale, e copre tutti i settori economici, comprese le attività artigiane e l’autotrasporto di mer-ci su strada. C ’è la possibilità di cumulare le garanzie con altre agevolazioni di cui si è usufruito in passato o delle quali si usu-fruisce attualmente e vi si accede tramite procedure estremamente snelle, con tempi di istruttoria estremamente contenuti». La garanzia «secondo i dettami dell’accordo Basilea II, è concessa a prima richiesta a fa-vore delle banche, dei Confidi e degli altri fondi di garanzia che prestano una garanzia incondizionata, esplicita ed irrevocabile». Nel settore bancario «sono presenti figure – ha spiegato De Tata – a supporto degli im-prenditori per queste richieste, che rendono l’iter ancor più semplice». Ma quali garanzie si possono ottenere? «Di tre tipi. Ci sono le garanzie dirette, concesse alle banche, agli intermediari finanziari, SFIS, SGR e Società di gestione armonizzate, le controgaranzie, concesse su garanzie prestate da Confidi o da altri fondi di garanzia (per esempio quel-li gestiti da banche e intermediari secondo i dettami degli articoli 106 e 107 del Decreto Legge 385/93) e le cogaranzie, che possono essere richieste da Confidi e dagli altri fon-di di garanzia che abbiano stipulato appo-sita convenzione con il gestore che regola i criteri, le modalità e le procedure di con-cessione e di attivazione». Queste garanzie, nelle loro varie forme, coprono una vasta gamma di investimenti, con particolari van-taggi per le imprese innovative, le start up e le imprese femminili. «Le percentuali di co-pertura sono di tutto rispetto – ha detto De

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Umberto De Tata (Finanza Agevolata e Enti di Garanzia Banco Popolare)

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Tata – e vanno da un minimo del 50% ad un massimo dell’80%, con un range da 20.000 a 2,5 milioni di euro, il che vuol dire che mediamente l’imprenditore deve mettere a disposizione da 25.000 a 3 milioni di euro di capitale». L’utilizzo di questo strumento «è molto gradito al sistema bancario» e sta prendendo piede soprattutto in questo pe-riodo «molto probabilmente perché la cri-si sta durando più a lungo di quanto ci si potesse immaginare». I numeri al 30 giugno 2013 confermano quanto affermato da De Tata: mentre nel 2006 le operazioni accol-te furono poco più di 8.500 per un totale di 1,6 miliardi di euro, nel 2010 schizzarono ad oltre 50.000 per 9,1 miliardi di euro e l’anno scorso, secondo le proiezioni basate sui dati del primo semestre, si sono chiu-se tra le 69.000 e le 70.000 pratiche, con la concessione di garanzie per quasi 10 mi-liardi di euro. Il costo di questo strumento è contenuto: «per le micro imprese c’è una commissione flat pari al 0,25% dell’importo garantito, per le imprese sino a 49 dipen-denti la commissione è dello 0,50% e per le

medie imprese dell’1%».Fondo Europeo degli Investimenti: Risk Sharing Instrument – «Il Fondo Europeo degli Investimenti – ha illustrato De Tata – mette a disposizione del sistema bancario il Risk Sharing Instrument, una garanzia co-munitaria che va a garantire il 50% dei fi-nanziamenti richiesti dalle aziende ritenute virtuose nel campo dell’innovazione, della ricerca e dello sviluppo». Il RSI è rivolto a tutte le imprese di tutte le categorie mer-ceologiche, a patto che si impegnino a de-stinare, nei 24 mesi successivi alla data di stipula del contratto di finanziamento, un importo pari ad almeno il 90% dello stesso in attività di R&S, che abbiano sede lega-le in un parco scientifico, tecnologico o per l’innovazione, che abbiano sostenuto spese o investimenti per attività di R&S per un im-porto pari almeno al 20% del finanziamento nell’ultimo bilancio o che abbiano ricevuto un premio per l’innovazione, abbiano de-positato un brevetto, si siano aggiudicate un contributo a fondo perduto a sostegno della R&S o che abbiano beneficiato di un

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www.sideralba.it [email protected]

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credito d’imposta o di esenzioni fiscali con-nessi ad investimenti in attività di ricerca. «Anche per questa garanzia – ha dichiarato De Tata – c’è una snellezza operativa molto pronunciata».Decreto Mise 27 novembre 2013 – Agevo-lazioni alle micro, piccole e medie imprese per l’acquisto di beni strumentali – «Nuo-va Sabatini» - La «Nuova Sabatini» è sta-ta promulgata con il cosiddetto «decreto del fare» dell’agosto 2013, mentre è stata emanata la circolare attuativa del Ministe-ro dello Sviluppo Economico lo scorso 10 febbraio. «Entro il 6 marzo (il convegno si è tenuto lo scorso 5 marzo, ndr) le banche firmeranno nella sede dell’Associazione Bancaria Italiana le convenzioni attuative, mentre dal 10 marzo sul sito del ministero si potrà scaricare la domanda di accesso alle agevolazioni. Dal 31 marzo il sistema banca-rio metterà a disposizione, tramite la Cassa Depositi e Prestiti, 2,5 miliardi di euro sino

al 31/12/2016». Le agevolazioni in conto in-teressi saranno pari a 275 bp annui per un periodo massimo di 5 anni su finanziamenti di pari durata finalizzati ad investimenti in nuovi beni strumentali. Gli importi finan-ziabili vanno da un minimo di 20.000 ad un massimo di 2.000.000 di euro. «Questi tre strumenti sono molto impor-tanti – ha concluso De Tata – per chi deve pianificare la propria attività e per chi ha esigenze di liquidità per l’acquisto di mac-chinari ed immobilizzazioni. Il sistema ban-cario è un partner che vuole dare una mano, sia per finanziamenti diretti sia per aiuta-re gli imprenditori a fornire informazioni o consulenza per l’accesso a questi strumenti. Siamo sulla stessa barca e vogliamo, come tutti voi, che l’economia e la vostra attività possano prosperare».

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tavola Rotonda: la filiERa Si intERRoga Su PRESEntE E futuRo dEl ComPaRto

G iovanni Bajetti, Andrea Beri, Angelo Cortesi e Franco Polotti. Questi sono stati i prota-gonisti della tavola rotonda che si è tenuta

durante il Siderweb Outlook. Moderati dal diretto-re de «La provincia di Lecco», Diego Minonzio, gli intervenuti hanno affrontato una vasta gamma di argomenti, dall’attuale congiuntura alla situazione politica, dalle prospettive di mercato alle richieste in termini qualitativi ai fornitori, per una panoramica a 360° su presente e futuro del comparto. Bajetti – Mercato, prospettive e Lucchini. Sono stati que-sti i temi approfonditi nei suoi interventi da Giovanni Ba-jetti (Lucchini in A.S.), che è partito dalla descrizione del settore italiano della trafila. «Quando si usa il termine di trafilerie si parla di un mondo molto variegato, nel quale convivono trend diversissimi. In linea generale – ha spie-gato – i consumi nazionali di vergella variano dai 4 ai 5 milioni di tonnellate annue ed il comparto è il secondo in Europa dopo la Germania. Se poniamo il consumo di vergelle del 2004 uguale a 100, nei momenti di maggior espansione del mercato, nel 2007 e 2008, siamo saliti sino a 140-150, mentre oggi siano scesi a circa 80-85. Il

settore, quindi, ha tenuto complessivamente abbastan-za bene, anche se, come detto, ci sono delle differenze. I prodotti trafilati impiegati nell’edilizia, come la rete elet-trosaldata, oggi viaggiano con volumi pari a 40, mentre la bulloneria, di contro, è a circa 86 ed altre applicazioni di qualità media e medio-alta sono tra il 72 e l’80». La trafileria, insomma, è coerente con il settore siderurgico: anche qui i prodotti per l’edilizia o con scarsa possibilità di esportazione soffrono, mentre quelli destinati ai com-parti della meccanica e dell’automotive stanno mostran-do una tenuta più salda.Per ciò che concerne le prospettive per le prossime settimane, Bajetti ha sottolineato che «nei momenti di depressione le materie prime svolgono un ruolo im-portantissimo». In quest’ottica, nel settore del rottame «abbiamo vissuto sino ad oggi una situazione partico-lare: negli ultimi tre mesi le acciaierie turche hanno ef-fettuato pochissimi acquisti, provocando una pressione ribassista a livello internazionale. A ciò si è aggiunta la debolezza del dollaro, che ha contribuito a mantenere le quotazioni relativamente basse, e lo scarso consumo dei produttori di tondo, laminati mercantili e travi. Que-

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DAsto andamento è destinato a proseguire anche a marzo,

mese nel quale mi aspetto una modesta correzione delle quotazioni del rottame, che credo sarà nel range dei 5-10 euro la tonnellata rispetto al livello del mese scorso. Ad aprile, però, ci potrebbe essere un cambio di marcia». Questo in quanto i prezzi delle demolizioni industriali, oggi, sono arrivati ad un limite difficilmente sostenibile, che solitamente comporta poi un rimbalzo, che «non dovrebbe essere un’impennata, ma dovrebbe essere nell’ordine dei +20 euro la tonnellata. Questo trend pro-seguirà anche a maggio ed avverrà indipendentemente dall’andamento delle vendite dei finiti, che influenzeran-no forse la dimensione della ripresa, ma non la direzione rialzista delle quotazioni». Un altro aspetto che spinge a prevedere incrementi, questa volta sui prodotti finiti, è la necessità da parte delle acciaierie di recuperare mar-gini, oggi molto compressi. E un briciolo di ottimismo, in quest’ottica, arriva anche dagli ordini: «c’è qualche pri-mo segnale, per esempio nei comparti dei cuscinetti e dell’automotive, che porta ad immaginare un migliora-mento della domanda nei prossimi mesi». Tornando alle materie prime, questa volta quelle da altoforno, Bajetti pensa che i prezzi del coking coal siano destinati a cre-scere, in quanto si sta verificando una razionalizzazione dell’offerta a causa della chiusura di alcune miniere so-prattutto negli Stati Uniti. Sul versante Lucchini, gruppo per il quale Bajetti presta la propria attività lavorativa, «non ci sono misteri: il 10

marzo scade il termine per la presentazione di manife-stazioni di interesse non vincolanti per il Gruppo o per parti di esso (il convegno si è tenuto il 5 marzo, ndr). Nei giorni scorsi c’è stata una piccola deviazione dal normale iter in quanto il Gruppo SMC ha chiesto di poter presen-tare un’offerta con trattativa privata, ma il commissario Nardi, non ritenendo questa offerta soddisfacente, ha interrotto le negoziazioni. Ciò non significa che SMC sia stato escluso dalla gara, solo che il medesimo gruppo dovrà fare un’offerta, come tutti gli altri concorrenti, entro il 10 marzo». Entrando più nel dettaglio degli im-pianti del Gruppo Lucchini, e soffermandosi soprattutto sul laminatoio lecchese «Caleotto», Bajetti ha dichiarato che il sito «da sempre manifesta un tasso di competiti-vità molto marcato, superiore rispetto ad altri impianti del Gruppo. Caleotto è un asset strategico e per tutelarlo abbiamo, da 7-8 mesi a questa parte, effettuato un lavo-ro orientato ad assicurare una fonte certa di materia pri-ma. In particolare abbiamo testato l’utilizzo di forniture di billette da parte di sei acciaierie diverse dalla Lucchini, laminando in campagne successive quantità crescenti, con l’impiego di 14 marche di acciaio e la consegna di materiale a 27 clienti, con esiti estremamente positivi. Indipendentemente dal destino di Piombino, quindi, il lavoro fatto rappresenta una garanzia per l’avvenire di Caleotto». Polotti – Il discorso di Franco Polotti (nella foto), ammini-stratore delegato di ORI Martin, si è invece concentrato su tre aspetti: le prospettive strategiche per la siderur-gia italiana ed europea, il mercato ed il rapporto con la politica e le istituzioni. Il primo punto, quello dell’avve-nire del comparto acciaio nazionale e continentale, è iniziato con una piccola digressione sul settore dei piani italiano, nel quale Polotti ha criticato le scelte fatte re-centemente per l’Ilva di Taranto, dove «si è creduto di poter risolvere in 6 mesi problemi che duravano da 40 anni, e lo si è fatto nel peggiore dei modi possibili». Per i lunghi, invece, «in Italia, nel segmento del tondo per cemento armato, esiste una capacità produttiva doppia rispetto al consumo interno. Questo non è un proble-ma congiunturale, ma strutturale: credo quindi che im-pianti per almeno due milioni di tonnellate di capacità siano destinati a sparire». La soluzione africana, con

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una quota crescente di prodotto italiano destinato alle esportazioni in Algeria «è una soluzione commerciale, non strategica. Sino a quanto durerà l’import di questi Paesi?». Per la vergella c’è una situazione ancora diversa. «Oltre ai “normali” problemi di competitività, tipici di un mercato depresso – ha proseguito Polotti – c’è sul mer-cato una sorta di dumping da parte di aziende sostenute in modo atipico. Si tratta di aziende o gruppi, soprattut-to spagnoli, che vanno male, ma che sono sostenuti da banche o governi e che quindi non agiscono più secondo la logica di mercato, ma con logiche diverse. Ciò produce una grande distorsione. Fino a che punto potrà continua-re? Io spero il meno possibile: il sistema deve premiare il merito, l’efficienza e la capacità di mercato, non può per-mettersi di alimentare queste anomalie nella speranza di salvare posti di lavoro in aziende decotte». Per quel che riguarda il mercato, Polotti si dimostra in linea con le attese di Bajetti. «Nella seconda parte del 2013 il prezzo della vergella non è più riuscito a seguire l’andamento del rottame, con una conseguente soffe-renza in termini di redditività. Ora penso che sia il tempo di cambiare questo trend, e penso che succederà a bre-ve, anche perché in alcuni comparti si vedono dei segnali di miglioramento dei consumi». Infine, l’ultima parte della propria riflessione, Polotti l’ha dedicata al difficile rapporto tra impresa e politica nel nostro Paese. «Non è facile fare impresa in Italia – ha

detto - . Io credo nell’Italia, moltissime imprese sono so-pravvissute alla crisi ed alcune hanno anche migliorato i propri risultati. Non si può però pensare che siano solo le imprese a sobbarcarsi l’onere di fare tutto, mentre lo Stato è sempre assente. Siamo in una situazione difficile e se la pubblica amministrazione iniziasse a pagare i 60 miliardi di debiti che ha con le imprese, penso che que-sto cambierebbe faccia ai problemi del nostro Paese». Inoltre, Polotti ha rilevato «un clima di eccessiva ostilità nei confronti del manifatturiero. Noi industriali dobbia-mo sforzarci di rivendicare il diritto di esistere e di essere considerati per quello che siamo, ovvero un asse portan-te del sistema economico del Paese».Cortesi – E, proseguendo idealmente il discorso di Polot-ti, Angelo Cortesi (presidente di CO.EL. e ANCCEM), ha dichiarato la sua disillusione sul governo Renzi. «Dopo le tante aspettative per il governo Monti e per il governo Letta – ha detto -, purtroppo con Renzi non mi aspetto più niente. Se le promesse fatte saranno mantenute sarò felice, viceversa pazienza. Credo che, per gli imprenditori, l’unica politica da fare sia quella interna all’azienda, cer-cando di imparare dalle imprese che in questi anni sono cresciute. Se ce l’hanno fatta loro, perché non possiamo anche noi?». Anche perché l’attenzione e la concentra-zione sui processi e sui prodotti «è l’unico modo per ot-tenere la qualità, uno degli elementi irrinunciabili del no-stro comparto. Per i mollifici c’è la necessità di produrre

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prodotti con standard altissimi, che i cinesi non possono copiare». Il tutto per alimentare soprattutto «il settore automotive, uno di quelli che hanno retto meglio alla cri-si». Un altro aspetto da coltivare sono le relazioni territo-riali, «che negli anni scorsi ci hanno fatto crescere e che rappresentano ancora un’eccellenza italiana. Abbiamo conoscenze e capacità diffuse sul territorio, dobbiamo trovare il modo di metterle in rete e sfruttarle».Beri – La qualità dei prodotti è stato un tema analizzato anche da Andrea Beri (Coordinatore Osservatorio Mate-rie Prime Lecchese e Managing Director ITA, nella foto). Beri ha rilevato che «nella mia azienda acquistiamo 92 marche di acciaio. Il problema maggiore che riscontria-mo è nella qualità, che varia anche a seconda del forni-tore impiegato. Per questo motivo seguo con interesse la vicenda del laminatoio Caleotto ed è per questo che mi fanno piacere le rassicurazioni di Bajetti». Per ciò che concerne il discorso politico, invece, Beri ha testimoniato un’esperienza diversa. «Per quanto riguarda le iniziative legate all’antidumping ho avuto dei riscontri positivi – ha

spiegato -. Tramite l’Associazione Europea di Trafilatura ci incontriamo annualmente con degli esponenti politici a Bruxelles per spiegar loro le nostre necessità. Ho sem-pre trovato un atteggiamento di ascolto e, spesso, le no-stre iniziative sono state accolte dall’Ue. Far da soli non è possibile, ci vogliono le associazioni, ma se si segue un iter preciso e se ci si presenta uniti ho riscontrato che i risultati arrivano».

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Di seguito il video servizio riassuntivo sull’evento de-dicato alle trafilerie, realizzato dalla redazione di Si-derweb al termine dell’evento. Mercato, prospettive e spunti di riflessione nelle parole di: Andrea Beri (Ita), Giovanni Bajetti (Lucchini in As) e Franco Polot-ti (Ori Martin)

i SERvizi vidEo di SidERwEb

Siderweb Outlook: le interviste di fine convegno

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