SIBERIA-YACUTIA · 2020. 10. 21. · imbroglione e ciurmatore, come anche l’imperatrice Caterina...

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RACCONTI DI VIAGGIO | Russia-Siberia Foto della coordinatrice Stefania Biella Testo di Giuseppe Gestra da un Siberia-Yacutia Gruppo Stefania Biella 4 Agosto 2019 – Scalo a Mosca e visita della città La metropolitana ci vomita direttamente di fianco alla Piazza Rossa. Il freddo ci fa paonazzi e ci mette in tinta con le mura del Cremlino. Facciamo la coda per visitare San Basilio, che se fosse stato Emilio, ci saremmo trovati al Drive In, sballottati tra le megatette delle cameriere in pattini a rotelle. E qualche rotella ci viene a mancare, in effetti. Mosca, al naso, ha un forte odore di salsicce e vin brulé, e la gente brulica sulla piazza, nei grandi magazzini e nei ristoranti, dove si inzeppa di zuppa di cipolle calda e fumante. Ci fermiamo divertiti alla Porta della Resurrezione a osservare le persone che fanno danze strane e lanciano monetine nel kilometro zero, una placca di bronzo che segna l’inizio di tutte le strade della madre Russia. Se, lanciata di spalle, la monetina SIBERIA-YACUTIA SIBERIA-YACUTIA Brandelli di ricordi di un viaggio al limite del bello avventu.re/2730

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  • RACCONTI DI VIAGGIO | East Africa RACCONTI DI VIAGGIO | Russia-Siberia

    Foto della coordinatrice Stefania Biella

    Testo di Giuseppe Gestra

    da un Siberia-Yacutia Gruppo Stefania Biella

    4 Agosto 2019 – Scalo a Mosca e visita della cittàLa metropolitana ci vomita direttamente di fianco alla Piazza Rossa. Il freddo ci fa paonazzi e ci mette in tinta con le mura del Cremlino. Facciamo la coda per visitare San Basilio, che se fosse stato Emilio, ci saremmo trovati al Drive In, sballottati tra le megatette delle cameriere in pattini a rotelle. E qualche rotella ci viene a mancare, in effetti. Mosca, al naso, ha un forte odore di salsicce e vin brulé, e la gente brulica sulla piazza, nei grandi magazzini e nei ristoranti, dove si inzeppa di zuppa di cipolle calda e fumante. Ci fermiamo divertiti alla Porta della Resurrezione a osservare le persone che fanno danze strane e lanciano monetine nel kilometro zero, una placca di bronzo che segna l’inizio di tutte le strade della madre Russia. Se, lanciata di spalle, la monetina

    SIBERIA-YACUTIA SIBERIA-YACUTIA Brandelli di ricordi di un viaggio al limite del bello

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    Djemila

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    cade all’interno del cerchio, i propri desideri si avvereranno. Noi non abbiamo bisogno di farlo, perché sappiamo dove vogliamo arrivare: al grande nord.Sulla piazza facciamo le foto di rito, i passi di rito, le fermate di rito. Le battute di rito, alla KACCA, per prendere un biglietto o pagare un souvenir. Intanto i fotografi di professione davanti al monumento degli eroi nazionali rabbrividiscono come ghiaccioli e maledicono i telefonini di ultima generazione che gli hanno rubato il pane di bocca.Quando ci ripasseremo, al ritorno, ci sarà anche un concerto di cornamuse scozzesi, con i musici rigorosamente tutti in kilt (è per questo che si chiamano cornamuse, perché col kilt si fa in fretta a far le corna con l’aiuto della musa Euterpe, senza farsi scoprire), e con un sacco di gente che va in tilt ad ascoltarlo.Appena di fianco alla piazza ci inoltriamo in una via addobbata a festa e con già le luminarie di Natale. E’ il paradiso dei sosia ( i paria non hanno un paradiso), e lì, Putin, Trump e Kim Jong-Un intrattengono piacevolmente i passanti per compensazione di come male li governano. Fanno anche sedute spiritiche e riportano in auge pure quel Josif d’acciaio più conosciuto come “u baffone”.

    5 Agosto 2019 – Arrivo a Irkutsk, la piccola Parigi siberianaLasciamo i moscoviti per i bulloni di Irkutsk. La nebbia, prima di giungere agli irti colli, si infila anche sotto le sottane delle donne e le porta alla pazzia.(Si dice, e se si dice, è), ma a noi impedisce di vedere subito che la nomea di Parigi della Siberia è un poco esagerata. Non ci angariamo per questo, anzi, ci trastulliamo sui bordi del fiume che è l’unico emissario del lago Bajkal, e ammiriamo la statua di Alessandro III, il monumento ai fondatori di Irkutsk (erano cosacchi, noi siamo co’ maglioni), e la riproduzione di Yuri Gagarin. La madre, che oltre a coltivare la terra, coltivava anche un po’ di latino, l’ha voluto chiamare Yuri, perché, cantilenando quello che si apprendeva a scuola, sapeva che” spero, promitto e iuro reggono l’infinito futuro”. Quel futuro in cui l’avrebbe inviato a passeggiare per primo tra gli umani. Irkutsk fu anche punto di arrivo di Michele Strogoff scritto da quel Verne di Jules che era forse goff di persona, ma illuminato di intelletto.Ci passa la Transiberiana, ne è prova la stazione, che è come la Transandina, e, comunque, un po’ transandata. Adesso è frequentata anche da trasgender con transaminasi epatiche.I ristorantini del quartiere modaiolo di Kvartal di sera valgono la pena di essere provati. Ammobiliati anni 60 e con la tv di quei tempi che trasmette i programmi di allora. Ci si mangia bene e abbondante. E sono meglio di quelli del Quartier Latin del capoluogo francese. E, poi, arrivano certe telefonate… Si fa una foto tutti assieme sotto l’arco del cuore

    dove si incatena il proprio amore con i lucchetti staccati dalla municipalità di Roma al ponte Milvio e spediti, appunto, in Siberia per non far tracimare il Tevere. Si dice che la popolazione di Irkutsk sia formata da deportati, prima sotto il regime zarista, e poi, sotto quello stalinista. Noi siamo stati, invece, portati da Misha a vedere le case in legno di quei periodi, molto belle, sia quelle decrepite che quelle restaurate, e le varie chiese delle varie religioni. (La cattedrale dell’Epifania è un’epifania di colori affrescati di fresco all’esterno e all’interno). E sulla piazza principale troneggia la statua di Lenin che qualcuno, saputo del nostro tragitto, si è adoperato a trasportarla e farcela trovare ovunque siamo passati. Posizionata sempre a indicarci la direzione da seguire che, purtroppo, o per fortuna, è sempre dall’altra parte.

    Andrea sogna ancora le ragazze di Irkutsk. Bellissime. Tutte con un sedere, delle gambe lunghe e affusolate, delle tette non ingombranti, e un bel viso. Se non hanno testa, poco importa; ma, forse, ne hanno, e anche tanta. E arriviamo a Talsty, sulla via per il Lago Bajkal, villaggio-museo in legno, ricostruito secondo i crismi del turismo moderno, dove le bellezze femminili locali straripano sulle riproduzioni “fake” degli ambienti d’antan. E meno male che quelle, le bellezze autoctone, sono autentiche, come autentici sono, nel sacchetto, i funghi che il conducente ha trovato intanto che aspettava il nostro ritorno.

    6 Agosto 2019 – in bus da Irkutsk a Listvianka, sul lago BaikalListvjanka , mon amour! Il sole brilla sul mercato del pesce che si compra e si va a mangiare al bar. Assieme alle banane, che hanno una buccia, perché tutte le altre specie hanno solo mani sozze. E per lavarsi le proprie, di mani, in fondo a sinistra, dietro al cesso. Ma la birra è in bottiglia, e del caffè si fa a meno. Ci lasciamo, poi, tutti accalappiare, e andiamo a vedere le due foche al museo limnologico del Bajkal. Tranne Franco che alle “o” preferisce le “i”. Fanno il bagno lì vicino, e per loro l’acqua è calda. E lui, che non si capisce se storpia il suo inglese italianizzandolo, o il suo italiano inglesizzandolo, ma che dà un risultato stupefacente parte del tutto, le interpella e le milanesizza.( Molto meglio dello spot del British Institute, comunque!). E la sera passeggiata coi brividi in cerca di un ristorante alla brezza del lago. Questa volta con Franco. Abbiamo capito che ha il fiuto giusto!

    7-8 Agosto 2019 – in aliscafo sul Baikal, da Listvianka all’isola di OlchonTre ore di aliscafo ci portano all’isola di Olkhon, l’isola degli sciamani. Aspettiamo al porto e… Olkhon, Olkhon, arrivan le uaz! Che figata! Si può fare pure salone all’interno! Descartes s’il vous plait! E non filosofia!Con due di queste percorriamo i quaranta kilometri che ci portano a Khuzhir. La vediamo dall’alto, con tutti i suoi tetti di lamiera colorati. Prostati ai miei piedi, e tutto questo sarà tuo! Ma mica abbiamo digiunato quaranta giorni per cascarci! Vade retro, che se mai soffriamo di prostatite, ci basta qualche piss stop per risolvere il problema!Ci arriviamo uazzando su strade terrose, persin sabbiose. Ma oggi siamo ricchi e ne abbiamo due. D’ora in poi, sarà sempre un solo furgone per tutta la compagnia.Da Khuzhir raggiungiamo la roccia dello sciamano. Alcuni ci salgono sopra e con un po’ di pratiche yoga, sperano di richiamare e carpire lo spirito dei vecchi sacerdoti del diavolo che qui si radunano da

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    tempo immemore. I pali della preghiera svettano da lontano, mentre un serpentello esce allo scoperto per riscaldarsi ai tiepidi raggi di un debole sole.Incontriamo uno sciamano in carne e ossa e vestito all’uopo. Ha subìto la dissezione del proprio corpo, non si sa se prima di uscire di senno, o in seguito all’uscita di senno. Di sicuro ha lasciato le ossa a terra. Qualcuno le ha contate, e per ogni osso mancante, un parente è dovuto morire. E’ stato portato anche in cielo, e l’hanno posato sul nono ramo di un albero secco. Su ogni ramo ce n’era uno, e lui era quello più in alto. Ma tutto questo in un’altra vita, che non si sa se vissuta o immaginata, o solo narrata da altri. In ogni caso lui ha fatto il viaggio, e che lo si ritenga ciarlatano, impostore, imbroglione e ciurmatore, come anche l’imperatrice Caterina considerava quelli a lei coevi, non lo disturba. E’ convinto delle sue facoltà innate, recepite dai suoi avi a far da ponte tra l’ultraterreno, inscrutabile ai più, e il terreno, scivoloso per tutti. E’ della casata dei Blacksmiths, è temprato nell’acciaio, e ci dice che non è possibile interrompere la linea genealogica di ognuno, perché è nei nostri antenati che si serba la memoria e si ritrova la via da seguire.Le paste della pasticceria del villaggio sono buone. Ne valeva la pena assaggiarle. Peccato siano finite prima che tutti le potessero provare. E per chi è rimasto senza, una bella foto alla luna piena di sera tra i rami rinsecchiti di un albero spoglio, prima di farne una l’indomani a Uzury, sempre a un albero spoglio, ma scultura sonante del Bajkal Keeper non apprezzata dai locali.

    9-10 Agosto 2019 – in barca sul BaikalDue giorni di barca si devono riempire con qualcosa. Di certo non con l’acqua del Bajkal! E allora cominciamo a scrutare il lago in cerca delle foche (obbligatoriamente con le o). Ma neanche l’ombra. Però c’è spazio e tempo per approfondire la conoscenza di ciascuno. E tutti assieme guardiamo i fuochi sulle sponde dei monti che costeggiano il nostro andare. Ci hanno fatto una capa tanta con gli incendi in Siberia prima di partire! Annusiamo,e se, per caso si sente l’odore del fumo, abbiamo le maschere.Speriamo che Nessie si sia trasferito da queste parti, magari preferendo le grandi profondità e il freddo secco di queste zone

    alle brume di Loch Ness, così avremmo qualcosa da raccontare. E, invece, calma piatta. Però ci facciamo il bagno! Vuoi mettere nel Bajkal? Con l’acqua a meno 16 gradi! Roba da trichechi. Mica in tanti l’hanno fatto! Anche mica vero che l’acqua era a

    meno sedici! Ma non è importante la temperatura reale, bensì quella percepita, e noi l’abbiamo percepita a meno sedici, o, forse, addirittura a meno ventisei. Siamo eroi nomadi!

    11-12 Agosto 2019 – Severobaykalsk e dintorni, in UAZSeverobaykalsk. Ci rapisce Valerji.

    Lui qui è padrone anche dell’aria. Immobiliarista, artificiere, banchiere, imprenditore turistico, agente segreto. Si traveste anche da netturbino( ha sempre il turbo inserito). Fa il tesoriere, il pope. L’accalappiacani. E’filosofo, sciamano e sindaco, e insindacabilmente decide quello che è giusto fare. Non si discute con lui, ma si suggella quello che lui impone stringendogli la zampa irsuta e fornita d’artigli di un orso che tiene in freezer per le occasioni speciali. Se qualcosa non va, è pronto a schiacciare tutto e tutti con il suo carro armato tenuto sempre oliato e pronto alla bisogna. Coglie ogni principio di pensiero appena l’interlocutore apre la bocca, e ancor prima di proferir parola, in meno di un nano secondo, trova la soluzione adeguata. Ha combattuto in tutte le guerre del secolo scorso, dalla rivoluzione di ottobre fino all’Afganistan, ma già prima era stato

    assoldato da Cartagine e aveva guidato gli elefanti di Annibale attraverso le Alpi. Ha raggiunto l’America prima di Colombo, passando dallo stretto di Bering coordinando il primo viaggio organizzato con ANM. E ha guidato i Vichinghi fino in Sicilia. Tutti in coppa al suo pulmino e via, alla scoperta della regione e della sua religione. Sappiamo che qui il tempo è denaro. I taxisti della sera prima ci hanno fatto pagare anche per i cinque minuti che hanno dovuto aspettare al molo.Prima di iniziare il giro ci porta su un’altura e lì ci rende partecipi dell’atto sciamanico propiziatorio, mentre uno stupa a fianco ci guarda un po’ perplesso e ci dice: budda via il latte che non serve a nulla, e porta le caramelle che le scarto io. E si parte, alla scoperta, principalmente di Valerji, e dei paesaggi spettacolari che lui impreziosisce con le sue mimiche narrative.A Bajkalskoe, un piccolo e bel villaggio di pescatori, contro il suo volere, visitiamo la chiesa che ci dice essere chiusa. La nostra curiosità fa uscire da una roulotte un vecchio hippy che si è perso dagli anni sessanta in questa landa dimenticata e che dice di avere la chiave, e ci apre, contento di vedere qualche anima pia che ha ancora bisogno di lui.

    Non si può venire in Siberia senza provare almeno una stazione termale. E Severobaykalsk è rinomata per le sue. Valerji decide che la migliore sia quella di Dzelinda, a circa 90 kilometri. E allora, via con il suo entusiasmo! Ha sempre delle soste intermedie interessanti da proporre, e con lui, ogni sasso ha un rumore diverso. Ci fa fare tappa al villaggio più a nord sul lago, dove c’è il tempo per una foto dentro a un cuore, o in mezzo a delle ali.A Dzelinda la signora del resort, appena saputo della nostra provenienza, cerca in tutti i modi di accasare la nipote con uno di nostri due giovani rampanti. E per assicurarsi che non si sbagli, e che oltre alla forma ci sia anche la sostanza, comincia lei a tastare i glutei a uno dei due, e, rimanendone soddisfatta, insiste e

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    procede con le foto di rito da mostrare alla nipote. Non si cura di sapere se gli italici maschi possano desiderare la donzella in questione. Garantisce lei del suo splendore. Peccato, però, che stiamo parlando di una ragazzina di 14 anni. C’è troppo da aspettare! Allora meglio immergersi nelle piscine di acqua calda, passando da una a 30, a quella di 50 gradi. Sembra difficile poter resistere, ma se po’ fa! Soprattutto pensando ai poteri taumaturgici che la tastatrice in vestaglia ci sciorina come fossero porzioni di gulash riscaldato al microonde.

    13 Agosto 2019 – in treno da Severobaykalsk a Novaya Chara Bim bum BAM: finalmente siamo sulla mitica ferrovia che va verso l’estremo oriente russo. La Bajkal Amur Magistral! Rubata alla taiga e alla natura selvaggia della regione più inospitale della terra da guerrieri giovani, forti, coraggiosi, impavidi, tenaci e infaticabili, reclutati dall’Unione della gioventù Comunista, Leninista; provenienti da tutte le Russie, e anche da fuori. Partire per la costruzione della BAM era partire per partecipare a un sogno comune. Era combattere la battaglia della vita, fianco a fianco di eroi più forti degli eroi più osannati. Far parte dell’armata più grossa che non si fosse mai vista sulla faccia della terra, e che nessun’altra armata avrebbe potuto contrastare. Questa era la propaganda; ma la BAM è stata anche molto altro. L’ideale obnubilava la ragione che si traduceva, invece, in una realtà fatta di furti e vandalismi, di stupri, di omicidi, di crimini e assassinii, di delitti. Di gente dedita all’alcol per darsi coraggio in quei luoghi inospitali e desolati in climi rigidi, polari, devastati dal gelo esterno e da quello interno. Obbedienti, si sono battuti come leoni per realizzare il disegno dei loro comandanti; nel freddo, nella neve, nelle bufere; sfidando belve, dirupi, e il nemico invisibile della solitudine ghiacciata che invadeva i loro cuori. E adesso esiste, per il bene di tutti quelli che sono venuti dopo, e anche per lo sparuto gruppo di lombardo-piemontesi che, certi in cor dell’antica virtù, si sparapanzano nelle cuccette a sgranocchiare biscotti amari prima di addormentarsi.Il moto perpetuo della lentezza siberiana con la taiga che ti solletica lo sguardo da quando apri gli occhi, fino a quando il buio non la inghiotte. Betulle che si slanciano in cielo intervallate da larici e altre betulle. Ogni tanto uno spiazzo con uno sprazzo di fiume, con un ponte in ferro, con una prospettiva di sole. E poi ancora betulle, e larici, e pini, e lo sferragliare delle ruote sulle rotaie a cullare i sogni sbiaditi di una gioventù oramai lontana.Ma è nella ripetizione che la poesia si estrinseca, e nella sincope che si eleva. E allora il va e viene di chi si addossa alla porta del bagno, strattona un pezzo di piede che fuoriesce dalla cuccetta di chi dorme in corridoio.I bicchieri argentati colmi di acqua bollente attinta al samovar evaporano negli umori corporali dei

    dormienti prima di inzupparsi delle bustine di te o di versarsi nei contenitori di minestre precotte.Qualcuno si solleva sul letto, e mentre ammira la corteccia degli alberi all’esterno, non trattiene una scoreggia all’interno. Non chiede scusa. E’ naturale. Come la corteccia.E’ un convoglio di viaggi fisici e metaforici e realtà differenti da percorrere sempre con i bagagli appresso. Qualcuno va in cerca dell’amante,

    qualcuno della mamma, che, magari, è amante di qualcun altro. Altri vanno al lavoro, alcuni ritornano in cerca di sensazioni perse o dimenticate. Noi andiamo alla scoperta di ciò che troveremo. E passiamo stazioni, e passiamo città. Passiamo città che sono solo stazioni, con qualche chioschetto all’esterno. Non c’è bisogno di foto. Abbiamo colto tutto all’odore, al tatto, al sentore. Prendiamo un gelato e via. BAM! Una scoppiettata che ci riporta al trantran del tren. Cambieremo a Tynda, e andremo verso il nord, ma intanto arriviamo a Novaya Chara.P.S. Ogni stazione è stata eretta con le caratteristiche di chi l’ha costruita. Per ragioni logistiche e di comunicazione, gli operai venivano divisi e raggruppati per etnie, e a ognuna di queste è stata dedicata una stazione, edificata con la specificità della popolazione che ci ha lavorato. Chiuso il post scriptum, anche se è pre in rapporto al seguito, ma sempre P.S. rimane.

    14-15 Agosto 2019 – Novaya Chara e le sue dune di sabbia nel cuore della SiberiaA Novaya Chara i Vladimir abbondano. A noi tocca er mejo! Ma lo vedremo solo l’indomani.Intanto ci portano in mezzo alla foresta, dove, intenta a lavorare nel pollaio, non ci aspetta la signora Galina che, però, si asciuga subito le mani nel grembiule e viene a riceverci come si deve.E’ la centesima pro-pronipote della maga Circe, ma non c’è il rischio che ci tramuti in porci, prima perché non c’è tra noi un Ulisse da sedurre, se mai due dei suoi figli: Telemaco e Poliporte. E’ un po’ attempata e le porte gliele pulisce il garzone. Poi, se proprio

    dovesse tramutarci in qualcosa, ci trasformerebbe in pelle d’orso da appendere in sala assieme a quelle già esposte, e il cui odore di selvatico ci assale appena aperta la porta di entrata e non ci lascia più, annidandosi fin dentro gli slip, nei calzini e sotto le unghie incarnite. Ma il pane che fa è molto buono. Deve aver preso la ricetta dal Grande Fratello che guarda di continuo alla tivù. Anche le minestre dovrebbero essere ottime, perché Galina vecchia fa

    buon brodo!Una volta assuefatti i sensi agli odori sgradevoli del luogo, ci si accorge di starci anche bene, con le due pozze di acqua calda esterne e quella grande interna di fianco alla sauna. L’importante è non usare l’accappatoio messo a disposizione in camera, dice Costantino.Ci scappa anche una serata di biliardo dove Paul Newman Alfredo straccia tutti senza pietà. Andiamo in città. C’è una scritta che dice che c’è un museo. Dentro ci sono gli eroi di guerra che lanciano la chaorite agli evenki senza renne e contro l’altra fauna locale, prima di riposarsi su una cuccetta della Bam. Ma il museo vero è all’esterno.Come anime in pena, appena prima di diventare anime morte, gironzoliamo tra morti caseggiati fatti di muri scrostati che coprono la miseria di famiglie

    raffazzonate, mandate in esilio a racimolare qualche rublo in cambio del nulla estremo. Per strada, nemmeno un randagio. Non un mugolio, né pianto di bambini a dar l’impressione dello scorrere di una qualche vita. Hanno saputo del nostro arrivo? Magari, per loro, siamo noi che mangiamo i bambini! Un tempo si ubriacavano. Forse meglio, o forse peggio? Adesso non possono più, se no li cacciano dai loro miseri contratti a tempo che hanno

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    sottoscritto, non più per costruire la ferrovia, ma per lavorare nelle miniere che arricchiscono sempre gli stessi individui.Domani è qui, e si va alle dune di sabbia! Chi si immaginerebbe di trovare un deserto di sabbia in piena Siberia? Eppure ANM ce lo ha costruito apposta per stupirci e ce lo ha servito su un piatto d’argento! O, forse, anche loro l’avranno comprato da qualcun altro.Er mejo Vladimir ci viene a prendere al pollaio di Galina con la sua Uazzosa(no alcool, please!). E pollaio come sineddoche che indica una parte per il tutto. In effetti lei ha anche conigli e altri animali e umanoidi, e parti di orsi e cervi e altro. Ma mica si può pretendere di andare alle dune in uaz! Allora in uaz è solo un transit(non della gloria mundi. Sic!). In effetti, arrivati a Old Chara si apre un portone alto come la basilica di San Pietro. Ne esce una scala a pioli che arriva in cielo, e un cassone di portata 18 tonnellate e mezza, e sei copertoni che lo sorreggono, e che sorreggono un muso di pluto enorme come un elefante. Si sale sul cassone, e, appena fuori dal villaggio si incomincia a sobbalzare. Non c’è una vera strada, ma buche, laghi, tronchi, fango e scappellottate da parte dei rami degli alberi che costeggiano il cammino, per chi osa alzarsi dal suo posto sulla panca. Dobbiamo difenderci dai moscerini che ci prendono d’assalto, ma Elisabetta ci ha equipaggiati di retina apposita, e li teniamo a bada.La passeggiata sulle dune è sorprendente: un deserto in un catino circondato da montagne e foreste, dove camminare e fare ancora più deserto in sé per scoprirsi capaci di relazionarsi con gli altri. I monti di Kodar a nord elevano lo sguardo alla ricerca di un sole che possa riscaldare la pelle e il cuore. Le orme leggere che si lasciano sulla sabbia non parleranno del nostro passaggio, ma inciteranno altri a camminare, a cambiare direzione, a sostare

    a lato di dove abbiamo sostato noi. Nessuno ripete il percorso di altri. Ognuno il suo, perché ci vogliono passi diversi per creare un cammino comune.E poi si ritorna con l’animo gonfio di piacevoli sensazioni verso il cassone che ci riporterà a casa. Ancora spettacoli da mirare, in basso, nelle piccole

    insenature che il fiume disegna e incastona tra sabbia e foresta. Riattraversiamo l’acqua gelida del fiume e ci tuffiamo in quella calda delle terme della nostra Ma-Ga-lina.L’indomani altra acqua, quella della cascata che ci immette nell’ordine eterno dell’universo. E licheni dove affondano i passi a formare sentieri. E una croce e i panorami, e un autobus leopardato che ci introduce nel circo della vita che si vive in una stazione di notte, d’estate, in un punto sperduto nel mondo, imbevuto del nulla. Tra saggi e austeri e infuriati e rabbiosi contro la notte che chiude le porte dei bar. Sdraiati e bavosi che non si reggono dritti e aspettano di stendersi su un lenzuolo ruvido in un treno che li porterà via da lì. Intanto noi compriamo calamite, Stefania chaorite, e Federico svaligia la macchinetta distributrice di bibite e tartine.

    16-17 Agosto 2019 – in treno da Chara a Neryungri. Visita alla miniera di carboneDopo settemiladuecentocinquanta ore di Bam(percepite, non reali) salpiamo sulla navicella spaziale di Tynda. Col fischio! Si va sempre a quaranta all’ora. Ma si arriva a Neryungri dove c’è una miniera di carbone a cielo aperto tra le più grandi al mondo.Il direttore ci spiega tutto in dettaglio. Sembra più un americano che un russo, molto casual nel modo di porsi senza gerarchie, e nel linguaggio, ma molte delle sue parole se ne vanno al vento che tira troppo forte da queste parti. Comunque ammiriamo la vastità del luogo, l’imponenza dei mezzi e l’allegria delle persone che ci lavorano, sembra, volentieri. Sono i rubli che per loro sono molto di più che per gli altri. E sono solo russi.Se uno volesse stabilirsi a Neryungri, potrebbe solo lavorare alla miniera, oppure fondare un comitato di controllo per tassisti. Questi fanno come vogliono e quel che vogliono. Girano, possibilmente, alla larga di chi li cerca, e se qualcuno li interpella, sono sempre occupati da un’altra parte. Per mangiare con il gruppo al completo, uno l’abbiamo dovuto attendere più di un’ora. Roba da diventare neri dalla fame! Chi calzava scarpe Nero Giardini, almeno, nel frattempo, si è tenuto i piedi al caldo!

    Credo di sapere perché gli operai della miniera erano contenti. Lo erano di stare sui loro macchinari invece che a casa, se si potevano chiamare case i buchi che abitavano all’interno dei casermoni fatiscenti che facevano da sfondo anche per gli alberghi. Per questi si deve pagare una cauzione che, poi, ti rendono, prima di partire, in rubli falsi. Tanto, quando ritorni a Neryungri a reclamare? Le nostre camere, comunque, una volta passato l’androne, le scale e i pianerottoli, andavano anche bene.

    18-19 Agosto 2019 – in treno da Neryungri a Yakutsk. Visita all’Istituto del PermafrostE Sakha - Yacutia sia!Terra sterminata di geloni al cervello e ghiaccioli al naso e alle ciglia. Immenso territorio crioterapico che guarisce le verruche e le incrostazioni che spuntano sulle opinioni prodotte dal nostro mondo spettacolarizzato, e vasodilata la capacità di pensare di chi vi si immerge.Ci si issa su palafitte per poter rubare la stabilità al sottostante ghiaccio perenne(e non per G. Quello lo cerca Federico. Il punto, intendo), e Yakutsk è in ebollizione verticale a contenere la massa di persone che si riverserà nella regione, perché nel ghiaccio spuntano i diamanti che spuntano le punte di chi li vuole scalfire. Ma bisogna acclimatarsi all’escursione termica più alta del pianeta. Da meno 70, a più 30 gradi. E fanno 100!Noi arriviamo di buon mattino e, ancora mezzo assonnati e intirizziti dal freddo, aspettiamo più di un’ora il nostro Carondimonio che ci traghetti sull’altra sponda dello Stige a mostrarci la nuova Atlantide Yakutsk. Qui, anche se la temperatura, in pieno giorno, è attorno ai venti gradi, c’è solo freddo e stridor di denti, perché Yakutsk è la città più fredda del pianeta, e come per Totò e Peppino a Milano, se si va nella città più fredda del pianeta, allora fa freddo, sempre e comunque, e ci si veste col paltò. E per non sembrare ridicoli, andiamo a visitare il museo del Permafrost. Là ce ne vuole uno speciale di paltò, se no si gela per davvero! Dentro ci troviamo ossa di Mammut e anche un presepe, a dimostrazione che la storia di Gesù era conosciuta già nel pliocene!

    20 Agosto 2019 – in gommone sul fiume Lena, fino ai Lena Pillars Da Yakutsk a Elanka, con sosta a propiziarci gli spiriti degli sciamani senza gli sci a’piedi. Elanka, antica stazione di posta per cambio cavalli e sosta riposo sulla rotta dall’Alaska a Mosca, passando per il Bajkal. C’è ancora uno dei postiglioni di allora che adesso fa da cicerone, e ha dei parenti a Roma che fanno i gladiatori davanti al Colosseo(Quoque tu!). Ma, appena si può: via in motoscafo sul grande fiume sotto la pioggia. E dopo più di un’ora di sobbalzi sull’acqua, tanti almeno quanto sono le pagine dell’Arcipelago Gulag di Solgenitsin, alcuni a incrinare il coccige, dopo aver scosso l’osso sacro, come sacro è il luogo, uno squarcio di cielo si apre su un arcobaleno maestoso che incornicia i famosi pilastri della Lena, come fossero i pilastri dell’origine della terra. 850 scalini e altri tratti in ripida ascesa, ci portano in

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  • 68 - Avventure nel mondo 2 | 2020

    RACCONTI DI VIAGGIO | Russia-Siberia

    cima al parco a goderci uno spettacolo di incanto sul bacino del fiume.Uno dei nostri due guidatori di motoscafo, ci dice essere l’unico, con la moglie,oltre a un altro abitante, a risiedere nel suo sperduto villaggio sui bordi della Lena anche d’inverno, dove la vita è impossibile e la procreazione pure, perché anche lo sperma frost appena eiaculato. (Mi domando perché fanno le banche specifiche in California, quando qui sarebbe tutto più naturale). Ed è lui a mostrarci i petroglifi sparsi sulle rocce che costeggiano il fiume, e che da soli non avremmo mai trovato.L’indomani un altro traghettatore ci porterà all’incontro con Pavel che ci introdurrà nel suo regno fatto di natura selvaggia e natura domata alle necessità dell’uomo, di animali feroci e addomesticati, con cavalli allo stato brado, e orsi uccisi perché hanno sbranato cavalli. Scoiattoli agevolati in pasto ai cani che devono pur vivere e lavorare, per portare a casa i cavalli vivi( i facilitatori dell’M5S sono arrivati fin qui). Il tutto non per divertimento, ma seguendo la legge della sopravvivenza in un luogo ostile come questo.(Mors tua, vita mea, avrebbe detto il parente gladiatore del postiglione di Elanka).

    21-22 Agosto 2019 – visita all’allevamento di cavalli Yakuti e notte nella foresta Sulla strada verso l’Eden naturalistico, nel rapporto di amicizia con la popolazione autoctona a cui raramente capita di incontrare turisti, e men che meno stranieri, Pavel ci fa fare uno stop al museo di Maia, dove nel nulla quasi assoluto imbastiscono la storia dell’eroe locale spiegata con dettagli infiniti così da durare più di quanto impiegherebbe una guida a farci fare l’intero percorso dell’Hermitage di San Pietroburgo. Qui gli sciamani aleggiano nell’aria, non so se di ritorno, o prima di partire per i loro viaggi extra terreni, e lo sciamanesimo permea la vita di tutti, senza intaccarne i movimenti, ma solo come aiuto a vivere in sintonia con la natura; con una spiritualità impregnata del bisogno degli altri oltre che del mistero necessario a vivere e accettare la durezza dell’ambiente, e con l’energia trasmessa da se stessi in egual misura di quella che ricevono dalla religione che li sovrasta. Allora tutti nel grande prato verde dove nascono le speranze per i villaggi yacuti circostanti, nella festività del nuovo anno, il 21 giugno, dove ognuno si lascia trascinare nei giochi di gruppo, nei balli e nei riti propiziatori che devono portare fertilità per l’anno a venire.E ci inoltriamo nella fitta foresta , facciamo del fuori pista, diamo qualche zuccata ai finestrini del fuoristrada e qualchedun’altra al tetto dello stesso,e così arriviamo alla fattoria dove Pavel ci mostra la vita sua, dei suoi famigliari e dei suoi animali. Vita dura, con unica comodità un frigorifero combinato più grande del più grande usato in America.

    Direttamente nel permafrost del sottosuolo del suo fienile. Sopra il frigo e sotto il congelatore. Anche l’acqua la attinge direttamente da lì, sotto forma di ghiaccio che scongela al sole.La sera barbecue a base di bistecche di puledro: altissime, tenerissime, buonissime. E dopo i racconti, i vari assaggi di liquore fatto in loco, e il TOCT di circostanza (grazie Costantino!), ci disperdiamo per la notte e ci appollaiamo là dove si è appollaiatoallah anche un emiro del Bahrain.Il giorno dopo, ritorno alla civiltà della città. Sulla strada ci fermiamo a osservare e fotografare un allocco. Si lascia guardare voltando lo sguardo a destra e a sinistra. Non si capacita del nostro interesse, e prima di volar via, stride un: “ma che ci fanno tutti sti allocchi qui?” Forse, però, non era un allocco, perché issatosi su una conifera non lontano, l’abbiamo udito gufarci contro. Mah!

    23-24 Agosto 2019 – dalla Yakutia a MilanoRIENTROLe sensazioni si rincorrono. Dobro pajalovat. Spasibo tovarish. Alcune resteranno. Dobroye utro lyubov. Priat novo apetita. Altre sbiadiranno e scompariranno. Dobri

    vietcher. Ya ni panimayou. Spokoynoy nochi. O ritorneranno. Da svidania. Za zdrovia! Privet. ( Ho consultato il bigino dei viaggiatori stolti in terra di Russia). Fa tutto parte del tutto. E tutto è scritto con penna presa in camera all’hotel, quindi senza troppo valore. Pensando allo sfruttamento delle risorse minerarie!? Ai cercatori di diamanti e chaorite, e ai cacciatori di renne. Agli orsi che tendono le trappole ai cavalli. Agli scoiattoli che sgattaiolano tra i cani affamati. (Ma i gatti? Sgattaiolerebbero meglio!). All’arte del realismo socialista della metropolitana di Mosca. Arbatskaja. Anche al Bolshoi, e sono bolso. Soprattutto ai negletti che hanno percorso le terre che abbiamo calpestato anche noi, ma con ben altro spirito. Gulag. Gulag. Fino alle porte degli inferi. Forse a Mirny, nel grande cratere. Falce, falce. Martellali tutti! In Siberia! In Yacutia! In se stessi! (Farneticantelitteram).P.S. Dimenticavo: abbiamo anche mangiato più o meno tre volte al giorno per venti giorni; e dormito, più o meno bene durante gli stessi venti giorni.Secondo P.S. Qua e là i miei compagni sono comparsi nel racconto. Manco io. Io sono Sep. Giu Sep! E ammetto di aver narrato con poco “bond to the thruth”.

    Gli avvistamenti degli animali sono stati mozzafiato, dalle leonesse con cuccioli alle scene di caccia ai giochi degli elefanti in acqua.Abbiamo goduto del ritmo lento africano, anche passare più notti nello stesso camp ha avuto il vantaggio di prenderci del tempo tra bucato chiacchiere chi disegnava chi teneva il diario di viaggio chi sistemava le foto e chi dormiva…e

    tutti insieme scaricavamo la batteria dell’auto per ricaricare tutta la nostra attrezzatura.L’alternanza dei camp con struttura e wild è stata perfetta:a Mwandi avevamo la piazzola con acqua e nella struttura: bagno, doccia, area lavaggio piatti, area bucato e fili per stendere; la parte comune con ristorante, la reception ha una magnifica terrazza sulla savana dove è d’obbligo godersi il tramonto sorseggiando una birra e mangiando delle patatine “lion” (il pacchetto è bellissimo con un leone naif sopra!), la terrazza è dotata anche di piscinaa Dizhana piazzola con struttura in canneto coperta con finestra sulla savana (al buio dalla finestra si incrociavano sempre gli occhi della iena) per il bagno mentre la doccia sotto le stelle, con camino per avere acqua calda; appoggiato ad una pianta il lavello per i piatti ed intorno alla pianta il piano di appoggio per cucinarea Nxai Pan solo piazzola, tutti i servizi –bagno doccia area bucato area piatti e fili per stendere- nell’area comune recintata, appena fuori dal recinto sul lato opposto alle nostre piazzole c’era lo scarico dell’acqua trasformato in pozza per gli elefanti…era uno spettacolo vederli arrivare all’imbrunire e sentirli durante la notte che con rumore simile a cascata si gettano l’acqua in bocca con la proboscidei camp del Moremi e del Kalahari sono quelli wild dove KB e Dick ci hanno allestito il bagno e la docciail camp di Maun è standard cittadino…piazzola vicino alla struttura del bagno e della doccia e vicinissima al lavello per piatti e bucato; la struttura principale con negozio, piscina, ristorante (dove abbiamo fatto la cena dell’ultima sera invitando anche KB e Dick, KB in quell’occasione ci ha presentato sua moglie, è stato molto carino ed un gesto che il gruppo ha apprezzato) e bar con biliardo dove ci siamo anche dedicati una sfida –ragazze verso ragazzi- ed abbiamo perso (Manuela è brava ma doveva fare tutto da sola perché io sono piena di entusiasmo ma una vera schiappa…)…il bar tra l’altro prepara un Irish coffee buonissimo! Il viaggio è una emozione continua nella quotidianità e nelle gite fatte come il giro in mokoro (una imbarcazione scavata nel tronco di un albero) con la quale facciamo a Maun un giro nel delta dell’Okavango, ci si muove in barca e si attracca in alcuni punti facendo delle camminate per avvistare gli animali, è bellissimo muoversi in mezzo ai cespugli di erba verdi che ci sovrastano e non ti fanno rendere conto dello spazio immenso del delta che ti circonda! Solo facendo il volo (con dei Cessna da 6 posti con il pilota) sul delta dell’Okavango –partendo dall’aeroporto di Maun- ti rendi conto dell’immensità e della bellezza del delta. Si vola molto bassi (100 metri) e gli animali si vedono benissimo, è imperdibile! Per noi il gran finale!A distanza di tempo rivedendo questo racconto mi rendo conto che il viaggio è naturalistico emozionale! Ho impresso negli occhi ma soprattutto nell’anima momenti di meraviglia paesaggistica delle persone degli attimi vissuti e condivisi!Godetevelo!

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