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XXVIII Convegno SISP Università di Perugia Dipartimento di Scienze Politiche e Università per Stranieri di Perugia Dipartimento di Scienze Umane e Sociali 11 - 13 settembre 2014 SEZIONE: SISTEMA POLITICO ITALIANO Panel: 4.3 Le primarie e la militanza: come cambia il ruolo degli iscritti ai partiti (I) LA VERSIONE DEL MILITANTE OPINIONI E GIUDIZI SULLE PRIMARIE PD Giulia Sandri, Université Catholique de Lille Antonella Seddone, Università di Cagliari Abstract Sono molti i partiti europei che fanno ricorso alle elezioni primarie per selezionare i propri leaders o candidati. In Italia, è stato certamente il Partito Democratico ad aver legato in maniera indissolubile il proprio nome a queste particolari procedure inclusive. Al di là della funzione di selezione, queste elezioni hanno avuto un impatto rilevante sull’immagine esterna del partito e sul suo assetto organizzativo. Infatti, accanto alle retoriche che rimandano a un’idea di inclusività e trasparenza, le primarie incidono in maniera rilevante sul ruolo degli iscritti all’interno di organizzazioni sempre più aperte e inclusive, che riconoscono poteri e diritti a soggetti esterni al partito a prescindere dal loro effettivo impegno militante. Diventa pertanto importante comprendere quale sia il giudizio che i militanti hanno delle primarie nel tentativo di chiarire se il ricorso ad elezioni primarie possa aver indebolito il loro legame con il partito o se invece possa aver rafforzato il loro ruolo. Questo paper intende approfondire proprio questo tema considerando le opinioni degli iscritti PD. Ricorrendo a dati C&LS relativi a una survey CAWI condotta fra gli iscritti del Partito Democratico all’indomani delle elezioni politiche 2013 verranno analizzati i giudizi e le opinioni dei militanti rispetto a queste particolari (s)elezioni. Key words: primaries elections, membership, political parties, intra-party democracy WORK IN PROGRESS Per comunicazioni: [email protected] [email protected]

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XXVIII Convegno SISP Università di Perugia –

Dipartimento di Scienze Politiche e Università per Stranieri di Perugia – Dipartimento di Scienze Umane e Sociali

11 - 13 settembre 2014

SEZIONE: SISTEMA POLITICO ITALIANO Panel: 4.3 Le primarie e la militanza: come cambia il ruolo degli iscritti ai partiti (I)

LA VERSIONE DEL MILITANTE OPINIONI E GIUDIZI SULLE PRIMARIE PD

Giulia Sandri, Université Catholique de Lille

Antonella Seddone, Università di Cagliari

Abstract Sono molti i partiti europei che fanno ricorso alle elezioni primarie per selezionare i propri leaders o

candidati. In Italia, è stato certamente il Partito Democratico ad aver legato in maniera indissolubile il proprio nome a queste particolari procedure inclusive. Al di là della funzione di selezione, queste elezioni hanno avuto un impatto rilevante sull’immagine esterna del partito e sul suo assetto organizzativo. Infatti, accanto alle retoriche che rimandano a un’idea di inclusività e trasparenza, le primarie incidono in maniera rilevante sul ruolo degli iscritti all’interno di organizzazioni sempre più aperte e inclusive, che riconoscono poteri e diritti a soggetti esterni al partito a prescindere dal loro effettivo impegno militante. Diventa pertanto importante comprendere quale sia il giudizio che i militanti hanno delle primarie nel tentativo di chiarire se il ricorso ad elezioni primarie possa aver indebolito il loro legame con il partito o se invece possa aver rafforzato il loro ruolo. Questo paper intende approfondire proprio questo tema considerando le opinioni degli iscritti PD. Ricorrendo a dati C&LS relativi a una survey CAWI condotta fra gli iscritti del Partito Democratico all’indomani delle elezioni politiche 2013 verranno analizzati i giudizi e le opinioni dei militanti rispetto a queste particolari (s)elezioni.

Key words: primaries elections, membership, political parties, intra-party democracy

WORK IN PROGRESS

Per comunicazioni: [email protected]

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LA VERSIONE DEL MILITANTE OPINIONI E GIUDIZI SULLE PRIMARIE PD

1. Introduzione: Intra-party democracy, reazione alla crisi ................................................................................................... 2 Militanza e intra-party democracy ............................................................................................................................................ 3

2. Primarie Italian-Style: il caso del Partito Democratico ....................................................................................................... 4 Reduci e Nativi .................................................................................................................................................................................. 5

3. Dati e metodo ..................................................................................................................................................................................... 7 4. Reduci e Nativi, un profilo sociopolitico ................................................................................................................................... 9 5. Militanti, primarie e partito ........................................................................................................................................................12 Conclusioni ............................................................................................................................................................................................15 Bibliografia ............................................................................................................................................................................................16 Appendice ..............................................................................................................................................................................................19

1. Introduzione: Intra-party democracy, reazione alla crisi

I partiti politici sembrano attraversare oggi un periodo di grande crisi. La volatilità elettorale, la

drastica riduzione dei tassi di membership sono solo alcuni degli indicatori che lasciano intendere un

allentamento della relazione fra partiti e base, siano essi elettori o iscritti (van Biezen, Mair &

Poguntke, 2012; Whiteley 2011). Ma è soprattutto la loro legittimità e il loro ruolo come agenti di

mediazione del processo di rappresentanza politica ad essere messo in discussione (Dalton e Weldon,

2004). Nuove modalità partecipative, nuovi canali di comunicazione hanno modificato il ruolo stesso

dei partiti politici.

Tuttavia, al di là delle apparenze a essere in crisi non è il partito in sé. Parliamo infatti di

organizzazioni resistenti e resilienti, che hanno sviluppato nel tempo strategie di sopravvivenza

organizzativa. Lo hanno chiarito efficacemente Katz e Mair (2009, 2002, 1996, 1992) nel loro

fondamentale lavoro sul cartel party. I partiti hanno scelto di ancorarsi al public office. A essere in crisi

è specificamente la dimensione on the ground, dunque la relazione fra partito e sostenitori (Cross &

Katz, 2013: 65). Il ruolo stesso degli iscritti all’interno dei partiti è mutato, e questi svolgono una

funzione meno importante per la sopravvivenza organizzativa del partito (Dalton e Wattenberg,

2000). Soprattutto, l’orientamento catch-all (Kirchheimer, 1966) ha condotto a una rimodulazione

delle strategie di mobilitazione adottate dai partiti politici. La dimensione ideologica viene diluita per

andare incontro a un target elettorale più ampio di quello classico (Katz & Mair, 1995; Cross & Katz,

2013). Le nuove opportunità di comunicazione offerte dalla tecnologia e la professionalizzazione delle

tecniche di campaigning hanno fatto il resto. Il ruolo del militante, cruciale nei partiti di massa per la

creazione di sostegno al partito durante le campagne elettorale, perde di forza.

Tuttavia, sarebbe un errore pensare che il ruolo dell’iscritto all’interno dei partiti politici sia ormai

marginale. I partiti hanno necessità di poter fare affidamento su una base di consenso fedele e

appartenente, solida e strutturata. Per questa ragione, ben consci della crisi on the ground, i partiti

hanno elaborato strategie di reazione in risposta alle sfide di delegittimazione che giungono da una

società sempre più incline ai sentimenti di antipolitica e antipartitismo, e sensibile alle sollecitazioni

populiste. Si registra un sempre più frequente ricorso a procedure di democrazia interna e dall’altro i

partiti hanno avviato processi di riformulazione del concetto stesso di membership, creando modalità

partecipative inedite (Scarrow e Grezgor, 2010). In altre parole, i partiti hanno ridefinito le regole

all’interno dei propri statuti al fine di garantire una partecipazione maggiore e più incisiva ai propri

aderenti alla vita di partito. Gli iscritti hanno dunque maggiori poteri - almeno a livello formale-

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rispetto al passato, viene loro riconosciuto il diritto e l’opportunità di intervenire direttamente in

alcuni processi decisionali cruciali della vita di partito, come ad esempio la selezione delle candidature

o la scelta degli stessi leader di partito.

Naturalmente, l’adozione di meccanismi di intra-party democracy non è priva di conseguenze. Sono

soprattutto le relazioni interne al partito a subire il contraccolpo di una scelta in direzione inclusiva. In

particolare, viene a mutare il sistema di incentivi selettivi e collettivi a sostegno dell’impegno

partecipativo del militante stesso. Soprattutto, nel caso di primarie aperte, massimamente inclusive

dunque, gli iscritti si trovano a condividere il medesimo sistema di incentivi selettivi e collettivi a

fronte di un coinvolgimento militante attivo del tutto diverso. Le primarie insomma presentano non

poche criticità sul piano organizzativo interno a un partito e incontrano spesso resistenze. Lo scopo di

questo lavoro è per l’appunto quello di affrontare il tema dei processi di intra-party democracy, più

specificatamente delle primarie, dal punto di vista del militante. Tenteremo quindi ci capire quali siano

effettivamente gli effetti di questa inclusività e quali siano le opinioni degli iscritti di partito a riguardo.

Il nostro caso studio sarà il Partito Democratico Italiano, un partito che, come spiegheremo avanti, per

la sua storia e il suo presente offre spunti di riflessione interessanti su questo piano.

Militanza e intra-party democracy

Intra-party democracy è un’espressione ambigua. La letteratura intende l’intra-party democracy

come un termine dal significato vasto, riferito a un’ampia gamma di metodi mirati a “includere gli

iscritti di partito in processi di deliberazione e decision-making” (Scarrow, 2005, 3). La letteratura su

questo tempo sta vivendo un rapido sviluppo, ma manca ancora una definizione chiara e

operazionalizzabile del concetto (Cross e Katz, 2013). La definizione varia significativamente in

funzione del paradigma teorico su cui si fondano i diversi studi che si sono occupati di questo tema

(Scarrow, 1999; Scarrow et al., 2000; Allern e Pedersen, 2007; Dalton et al., 2011; Cross & Katz, 2013).

C’è, infatti, una tensione teorica che fatica a tenere insieme e fornire un’interpretazione chiara delle

condizioni partecipative e rappresentative della democrazia interna ai partiti (Scarrow, 2005; Hazan &

Rahat, 2010). Infatti, nel considerare i processi di democrazia interna, l’analisi della dimensione

partecipativa con specifico riferimento alla membership e della dimensione di rappresentatività dei

partiti stessi rispetto alla sfera esterna degli elettori non restituisce risultati chiari (Hazan & Rahat,

2010; Cross & Blais, 2012; Wauters, 2014).

In questo studio, ci concentreremo sulla dimensione partecipativa dell’intra-party democracy. Noi

definiamo la democrazia intra-partitica sulla base dell’inclusività dei processi decisionali. Più

specificamente il concetto riguarda quell’insieme di metodi promossi dai partiti politici al fine di

coinvolgere direttamente i membri di partito, e talvolta i supporters, in processi di deliberazione

(Bille, 2001; LeDuc, 2001; Cross & Pilet, 2013). In questo paper noi ci concentreremo sull’adozione

delle primarie per la selezione dei candidati e dei leader di partito come un indicatore di intra-party

democracy.

L’adozione delle elezioni primarie può essere a buona ragione considerata una reazione alla crisi di

legittimità che affligge i partiti politici. La crescente diffusione di procedure per la selezione di

candidati e leader suggerisce un cambiamento nelle strategie partitiche di mobilitazione politica ed

elettorali. Le ragioni che stanno dietro il ricorso a questo genere di processi inclusivi sono più tattiche

che ideologiche.

Le elezioni primarie sono, infatti, ormai piuttosto diffuse fra i partiti politici, che hanno riadattato il

modello statunitense alle peculiarità ed esigenze sistemiche dei loro paesi (Hazan & Rahat, 2010;

Cross & Blais, 2011; Kenig, 2009; Rahat, 2007). Negli ultimi anni si registra un rinnovato interesse per

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questi meccanismi inclusivi. Sono molti i partiti europei che hanno aperto una riflessione interna sulla

possibilità di procedere verso la strada inclusiva. Soprattutto, si osserva una crescente attenzione

verso le primarie aperte. In queste primarie l’inclusività è massima e tutti i cittadini, a prescindere

dalla loro effettiva adesione al partito, hanno la possibilità di esprimere la propria preferenza per la

selezione di candidati. L’Italia da questo punto di vista si configura come un laboratorio di particolare

importanza, giacché il Partito Democratico Italiano ha adottato primarie aperte anche per la selezione

del proprio leader. L’esperienza italiana ha acceso l’interesse di altri partiti europei, in UK , Francia e

Spagna, per questi sistemi selettivi.

L' inclusività nei processi di selezione di leader e candidati impatta però in maniera sostanziale

nella relazione fra partiti, iscritti e supporters. Le elezioni primarie, infatti, fungono da potente

espediente mobilitativo (Hopkin, 2001: 344), promuovendo un’immagine nuova, inclusiva,

trasparente e democratica del partito. Il messaggio lanciato verso i simpatizzanti è particolarmente

potente: democrazia, trasparenza. La devoluzione di poteri si caratterizza in questo senso, più che

come una reale capacità di influire nelle decisioni di partito. Come avanzato da Katz e Mair (1995),

l’inclusività delle primarie potrebbe infatti nascondere, sottotraccia, il tentativo di indebolire il ruolo

delle élite di medio livello e il loro potere di controllo sulla leadership, al fine di ottenere legittimità da

parte di quegli iscritti più passivi e più facilmente manipolabile. In altre parole, le primarie

fungerebbero da meccanismo di controllo delle opposizioni interne. Oltre le primarie, insomma, ci

sarebbero le primarie invisibili (Cohen, 2008), quella fase in cui le élite di partito ben lungi dal cedere

potere decisionale definiscono le regole del gioco, chiariscono gli attori in campo e in questa maniera

incidono sulla competizione e, spesso, sull’esito.

L’inclusività delle primarie aperte implica che iscritti e supporters senza alcuna affiliazione formale

possano prendere parte alle decisioni centrali del partito. Questo ha delle ripercussioni

sull’organizzazione di partito. Se i militanti possono essere facilmente considerati coinvolti e

interessati alla vita di partito questo non è necessariamente vero per i simpatizzanti, che, al di là della

partecipazione alle primarie restano esterni alle strutture di partito. Come già anticipato, le primarie

aperte garantiscono il medesimo potere anche a fronte di un differente impegno partecipativo. Questo

potrebbe disincentivare il militante che, a questo punto, si trova a condividere una condizione di

influenza sulle decisioni interne al proprio partito con soggetti esterni all’organizzazione. Nei fatti si

tratterebbe di una vera e propria marginalizzazione del proprio ruolo di iscritto. Per questo motivo ci

sembra importante affrontare questo tema e comprendere quali siano le opinioni e i giudizi dei

membri di partito rispetto a queste innovazioni partecipative. La domanda che ci poniamo è quale è,

nelle valutazioni degli aderenti, l’impatto delle primarie sul partito? Nel prossimo paragrafo

presenteremo il caso del Partito Democratico, giustificandone l’importanza e le potenzialità esplicative

su questo tema.

2. Primarie Italian-Style: il caso del Partito Democratico Le primarie per la scelta di candidati e leader sono ormai entrate a far parte delle consuete prassi

partecipative in Italia nell’ultimo decennio. È stato il centro-sinistra a introdurre questo strumento nel

sistema politico italiano. Siamo nel 2005, dopo alcuni esperimenti locali di successo, il leader della

coalizione del centro-sinistra per le politiche 2006 viene selezionato proprio mediante primarie.

Primarie aperte. Si trattò di un successo partecipativo enorme (Venturino, 2007), a cui risposero con

entusiasmo non solo iscritti. Infatti, a dispetto di un certo scetticismo, cogliendo al volo una possibilità

inedita fino a quel momento furono soprattutto i simpatizzanti a partecipare. Due anni più tardi nasce

il Partito Democratico (Bordandini, Di Virgilio, Raniolo, 2008). E sono proprio le primarie a fungere da

rito fondativo, a sancire la fusione fra due partiti differenti, appartenenti a tradizioni politico-culturali

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distanti e, soprattutto, eredi di quelli che possono essere considerati come l’ideal-tipo del partito di

massa (Pasquino 2009; De Luca e Venturino 2009).

E proprio le primarie diventano il tratto caratterizzante e distintivo del partito. Accanto alle

primarie nazionali, organizzate in coalizione per scegliere il candidato per la guida del governo (2012),

o promosse dal partito per la selezionare i candidati da inserire nelle liste elettorali per il Parlamento

(2012), il PD ha promosso negli ultimi dieci anni il ricorso a questo strumento inclusivo per

selezionare le cariche elettive a livello locale. A prescindere dai casi più mediaticamente visibili che

hanno interessato i grandi centri urbani italiani i dati ci raccontano di un moltiplicarsi del ricorso alle

primarie per la scelta dei candidati a sindaco (Seddone e Valbruzzi 2013, 2012; Pasquino e Venturino

2009). Il fenomeno è ormai rilevante riguardando lo 0.3% delle elezioni comunali svoltesi in Italia dal

2004 e oltre il 30% fra i comuni capoluogo (Seddone e Venturino 2013a). Questo significa che le

primarie hanno permeato in maniera capillare sul territorio, coinvolgendo iscritti e supporters in

questa nuova modalità partecipativa, al di là degli eventi nazionali.

Sancite nello statuto (art. 18). Il partito gestisce le primarie. Ma è chiaro a tutti, media, opinione

pubblica e dirigenti del partito stesso che la scelta di ricorrere a questo strumento inclusivo è

difficilmente ritrattabile. Non si torna indietro dalle primarie. Ed effettivamente queste particolari

elezioni hanno tratteggiato l’immagine di un partito differente rispetto a quelli passati. Una vera e

propria novità. Un partito che, come dichiarato nel primo articolo del suo statuto, si definisce “di

elettori e iscritti”. Non si tratta di una locuzione enfatica, priva di significato, ma una vera e propria

dichiarazione di intenti. La dimensione catch-all del partito è sintetizzata in un articolo e viene

concretizzata proprio mediante le primarie, rigorosamente aperte, che consentono a iscritti e

simpatizzanti di partecipare alla vita interna al partito. E più degli eventi nazionali per la selezione di

candidati e leader a modellare on the ground il partito sono state le primarie comunali. E difatti,

proprio a livello locale si registrano i primi sintomi di un contagio a destra. Negli ultimi anni si è

osservato l’incremento di elezioni primarie promosse da partiti di destra e centro-destra. E proprio a

partire da questi esperimenti locali, anche partiti come Forza Italia (e precedentemente Popolo della

libertà), in cui la dimensione personale e centralizzante del leader sembravano inibire spinte di

matrice inclusiva, hanno aperto un fronte di discussione interna sulla possibilità di utilizzare le

primarie per la scelta di leader e candidati a livello nazionale.

Il caso del Partito Democratico è particolarmente interessante per affrontare questo tema. Il partito

tiene insieme elementi di continuità con una tradizione organizzativa tipica dei partiti di massa con

importanti innovazioni nell’ambito della vita di partito. Da un lato il PD nasce dalla fusione “a freddo”,

come è stata definita, di due partiti italiani, Democratici di Sinistra e Margherita, direttamente

riconducibili alla tradizione politica comunista del PCI e cattolica della DC. Non si tratta di un’eredità

meramente simbolica, sono le prassi, la struttura delle élite interne ai due partiti a provenire da una

socializzazione politica tradizionale, tipica dei partiti di massa. Dall’altro lato, il partito con le primarie

introduce una vera e propria novità nell’ambito delle modalità di mobilitazione elettorale e di

partecipazione a livello partitico. Il partito combina insomma dei tratti di tipo tradizionale, ancorati a

una socializzazione politica affine alla politica di massa, a un approccio innovativo, improntato

all’inclusività e al riconoscimento di nuovi diritti e opportunità ai propri aderenti, ma soprattutto ai

non iscritti.

Reduci e Nativi

Il binomio tradizione-innovazione si riflette anche sulla membership del nuovo partito: da un lato

stanno i vecchi iscritti ai due partiti fondatori, coloro che hanno iniziato la loro militanza politica

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all’interno di partiti differenti, da un punto di vista organizzativo e sostantivo, dall’altro stanno i Nativi,

iscritti che aderiscono al PD e lì iniziano la loro carriera di iscritti militanti. Le nostre due categorie di

militanti portano valori e modalità partecipative diverse. Le primarie sono un ambito su cui è

particolarmente utile testare differenze e analogie. Se, come abbiamo detto, queste elezioni inclusive

introducono nuovi elementi nell’articolazione di incentivi partecipativi selettivi e collettivi per gli

iscritti (Clark e Wilson 1961), diventa ancor più rilevante il loro impatto su un partito come il PD, in

cui convivono due modelli di membership differenti,. Tanto più se si tratta di primarie aperte che

permettono l’espressione di voto anche a coloro i quali non aderiscono al partito.

Questo paper si concentrerà proprio sulle opinioni di queste due tipologie di iscritti, i primi li

definiremo Reduci, si tratta di coloro i quali hanno iniziato la loro militanza all’interno dei partiti

fondatori, socializzati politicamente a forme di partecipazione tradizionale, ma soprattutto alle

procedure partecipative tipiche dei partiti di massa: articolate, quindi, su una relazione stretta,

costante e continua con il partito. I secondi li definiremo invece Nativi, si tratta di coloro i quali hanno

deciso di aderire al nuovo partito e pertanto non hanno esperienze militanti tradizionali ma conoscono

le procedure aperte ed inclusive del nuovo partito.

La nostra ipotesi parte dalla ambivalente natura della membership democratica. Alla base della

nostra distinzione fra Reduci e Nativi c’è l’idea che la socializzazione politica costruita all’interno di

partiti strutturati sul piano organizzativo in maniera differente incida sulla natura dell’impegno e

coinvolgimento politico dei militanti (Ignazi e Bardi, 2006). I Reduci, precedentemente iscritti ai

partiti fondatori (PCI/PDS/DS e DC/DL La Margherita) avrebbero quindi un’esperienza partecipativa

integrata, attiva e continuativa all’interno del partito. Al contrario i Nativi PD sarebbero più affini a

logiche partecipative estemporanee, meno strutturate nel tempo e in maniera costante. Riteniamo che

queste differenze possano incidere sull’opinione rispetto alle primarie. E sono i Reduci, a nostro

parere, a presentare un’ambivalenza più marcata riguardo a questo tema. Per certi versi, quegli iscritti

che hanno esperienze militanti di lungo periodo possono interpretare le primarie come un’opportunità

di partecipazione del tutto innovativa, ma che rievoca, nella pratica, le forme partecipative tipiche dei

partiti di massa. Le primarie infatti sono, più delle elezioni, una faccenda di partito. Per quanto aperte,

la mera organizzazione logistica dell’evento pretende un coinvolgimento diretto dei militanti e degli

aderenti da parte del partito. In altre parole, le primarie diventano un’occasione di riattivazione del

partito on the ground , della cosiddetta "base" , perché riallacciano i fili della relazione fra partito e

militanti offrendo luoghi eventi e opportunità partecipative simili a quelle passate. Siamo tuttavia

consapevoli del fatto che l’inclusività delle primarie, agli occhi del militante di lungo periodo, possa

invece ingenerare valutazioni negative sullo strumento che garantendo poteri e diritti a soggetti

esterni all’organizzazione indebolirebbe il ruolo dell’iscritto attivo e impegnato nelle attività di partito

(Scarrow et al., 2000; Bille, 2001; Aylott et al., 2012). A un impegno militante diseguale

corrisponderebbe una analoga attribuzione di diritti e poteri (Heidar & Saglie, 2003). Al contrario, dal

punto di vista dell’iscritto Nativo PD le primarie sono una modalità partecipativa importante, che

contraddistingue in maniera incontrovertibile il Partito Democratico a cui ha scelto di aderire.

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Per questa ragione la nostra ipotesi è che:

Ipotesi 1): I Nativi mostreranno opinioni più positive rispetto alle primarie

Comparati con i vecchi iscritti, i Nativi privi di socializzazione politica organizzata all’interno di

partiti di massa avranno opinioni più positive rispetto alle primarie. La loro adesione al partito è

connotata da una ricerca di inclusività. Questi iscritti saranno meno inclini a una partecipazione stabile

e costante all’interno delle strutture di partito. Semmai saranno più inclini a una mobilitazione

cognitiva, a minore impiego di risorse partecipative materiali. Questo significa che condivideranno con

i Reduci un grande interesse verso la politica e un elevato coinvolgimento cognitivo, a cui

corrisponderà invece un debole impegno militante. Le primarie si configurano dunque come un

momento partecipativo simbolico, il picco dell’azione partecipativa militante di questi iscritti. Le

primarie forniranno dunque incentivi collettivi sufficienti a sostenere l’adesione al partito a cui non

seguiranno attività coinvolte nelle sezioni del partito. La loro opinione sulle primarie sarà dunque più

positiva rispetto ai Reduci. Saranno quindi attratti dalla possibilità di partecipare alla vita di partito in

maniera meno strutturata, senza i costi di un attivismo intenso.

Proprio a partire da queste considerazioni abbiamo elaborato una seconda ipotesi che tiene conto

dell’impegno partecipativo dell’iscritto. Se, come sottolineato, le primarie presentano una criticità

legata al diverso assetto di incentivi selettivi e collettivi di cui godrebbero in maniera indifferenziata

iscritti e simpatizzanti può essere utile testare l’opinione sull’impatto delle primarie sul partito anche

in ragione dell’impegno partecipativo garantito dagli iscritti nelle attività di partito. Pertanto la nostra

seconda ipotesi è che:

Ipotesi 2): A un impegno partecipativo rilevante nelle attività di partito corrisponde una valutazione

più negativa delle primarie

L’idea è che i soggetti più impegnati e attivi nel partito siano anche quelli che apprezzano in misura

inferiore l’inclusività delle primarie e l’ammissione di soggetti esterni nelle decisioni di partito che

riguardano la selezione dei candidati, o ancor più importante, del leader del partito stesso. In altre

parole, i soggetti più attivi e coinvolti nelle attività di routine del partito valuterebbero negativamente

l’impatto delle primarie sul partito (Sandri, 2011).

Chiarite le ragioni che ci hanno spinto a scegliere il Partito Democratico come caso di studio e

definito l’oggetto di indagine e le domande di ricerca nel prossimo paragrafo presenteremo i dati e il

metodo di analisi scelto per rispondere ai nostri quesiti.

3. Dati e metodo

Per testare le nostre ipotesi utilizzeremo i dati di un’indagine Cawi condotta da Candidate & Leader

Selection sugli iscritti PD. Il sondaggio mirava a raccogliere informazioni sui giudizi dei militanti

democratici in merito alle elezioni primarie. La rilevazione condotta fra il 25 Marzo e il 14 Aprile 2013

è stata realizzata mediante metodo cawi e ha previsto l’invio di una mail a tutti gli iscritti PD in

possesso di un indirizzo di posta elettronica (100000). In totale sono state raccolte 13666 questionari,

con un’ottima copertura del sottocampione di iscritti democratici sollecitati per la rilevazione.

Considerando che alla fine del 2011 il PD dichiarava 763.783 iscritti a livello nazionale i nostri dati

rappresentano circa l’1,8% del totale degli iscritti PD. Chiaramente, dal momento che il questionario è

stato somministrato solo a coloro che avevano preventivamente reso disponibile il proprio indirizzo

mail i nostri risultati saranno inevitabilmente affetti da errore di campionamento. Occorre inoltre

sollecitare che alcune regioni sono sovra rappresentate nel nostro campione (vedi tabella 1a in

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appendice). Ad ogni modo, la numerosità delle interviste raccolte ci consente di avviare indagini

approfondite.

Prima di procedere con l’illustrazione dei metodi utilizzati nelle nostre analisi è opportuno

ricordare che la rilevazione è partita a un mese di distanza dalle Elezioni Politiche 2013 che hanno

avuto un impatto rilevante sul PD. Seppure il tema del sondaggio non riguardasse l’evento elettorale

dobbiamo comunque tenere conto del momento particolare durante il quale è stato somministrato il

sondaggio. Il focus del questionario riguardava le primarie in generale e nello specifico le primarie del

novembre/dicembre 2012, le quali rispetto al passato hanno mostrato dei tratti di competitività e

negatività superiori (Gelli, Mannarini e Talò, 2013).

Le nostre analisi si strutturano su due livelli. Il primo di carattere descrittivo intende fornire un

profilo generale degli iscritti PD. Il secondo livello concerne invece un’analisi di tipo multivariato

mirato a chiarire i nessi e le relazioni fra il giudizio sulle primarie e le caratteristiche e attitudini

partecipative dei militanti.

L’analisi descrittiva traccerà il profilo sociopolitico degli iscritti PD distinguendoli fra le nostre

categorie di Reduci e Nativi. Questo ci consentirà di verificare preliminarmente l’esistenza di

differenze sostanziali fra i due tipi di militanti democratici e ci permetterà di presentare alcune delle

variabili di controllo che introdurremo successivamente nelle nostre analisi. In particolare,

presenteremo i dati relativi a età, genere, titolo di studio e professione, per definire i tratti socio grafici,

mentre per presentare la dimensione più prettamente politica della membership PD illustreremo i dati

relativi a posizionamento ideologico sull’asse destra/sinistra (scala 1-10), interesse verso la politica e

attività interna al partito stimata come numero di ore di militanza per settimana.

Per quanto riguarda l’analisi multivariata, abbiamo scelto la nostra variabile dipendente fra gli item

di una batteria di domande posta in chiusura del questionario e finalizzata alla comprensione delle

opinioni dei militanti sulle primarie in generale come strumento di selezione di leader e candidati.

Abbiamo scelto per la nostra analisi l’item “Le primarie hanno migliorato il mio giudizio sul partito”

inserito all’inizio di una batteria in cui si chiedeva all’intervistato di esprimere il proprio grado di

accordo (per niente, poco, abbastanza, molto) rispetto a una serie di dichiarazioni relative alle

primarie (vedi appendice). Abbiamo quindi sintetizzato in una variabile dummy, dove 0 era riferito a

tutti coloro che hanno espresso una valutazione negativa (per niente o poco accordo rispetto alla

succitata dichiarazione) e 1 era invece riferito a quegli intervistati che hanno invece riportato una

risposta positiva (dichiarandosi abbastanza o molto accordo sull’impatto positivo delle primarie sul

partito).

Abbiamo testato la nostra variabile dipendente su due principali variabili indipendenti. La prima

variabile indipendente, riferita all’ipotesi 1, distingue fra militanti Reduci e Nativi, si tratta di una

variabile dicotomica dove 0 corrisponde agli iscritti a partiti fondatori e 1 si riferisce invece ai Nativi

che hanno aderito al PD per la prima volta. La nostra seconda variabile indipendente stima l’attivismo

settimanale degli iscritti PD in ragione del numero di ore settimanali impegnate in attività di partito

(1= nessun attivismo; 2= meno di due ore per settimana; 3= fra 5 e 10 ore per settimana; 4= fra 10 e

20 ore per settimana; 5=fra 10 e 20 ore per settimana; 6= più di 10 ore a settimana). Abbiamo

ricodificato la variabile riducendo le modalità così da sintetizzare in maniera più efficace il

coinvolgimento militante degli iscritti democratici, per questa ragione la variabile introdotta nel

nostro modello presenta 5 modalità: lasciando invariate le prime 4 modalità e accorpando le modalità

5 e 6 riferibili a un attivismo più intenso di oltre 10 ore per settimana.

Abbiamo inoltre introdotto alcune variabili di controllo. La valutazione delle primarie è

naturalmente legata al risultato della selezione. La letteratura americana approfondisce il tema

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guardando alla divisiveness e alla negatività della competizione elettorale (Makse & Sokhey, 2010;

Wichowsky & Niebler, 2010; Peterson and Djupe, 2005; Djupe and Peterson, 2002; Haines and Rhine,

1998; Ware, 1979). La competitività della primaria, la percezione della contendibilità della

nomination, ha un effetto rilevante sulle fasi successive e sul voto in sede di elezioni generali. Il rischio

è infatti quello di una defezione in sede elettorale da parte dei sostenitori dei candidati sconfitti in sede

primaria. Questa dinamica si acuisce nel caso di campagne primarie particolarmente negative,

connotate da un confronto aspro e acceso fra i candidati. Seppure mitigato nel caso degli iscritti

(Seddone e Venturino 2013b), che chiaramente hanno una relazione più strutturata con il partito,

questo effetto può tradursi in un disincentivo alla partecipazione elettorale o, nel nostro caso, in una

valutazione negativa dello strumento. Per questo motivo, considerata la competitività delle primarie

del novembre/dicembre 2012 che hanno selezionato il candidato della coalizione di centrosinistra per

le elezioni politiche 2013, abbiamo introdotto una variabile che distingueva fra i sostenitori del

candidato vincitore, Bersani, (1=winners) e i sostenitori dei suoi sfidanti (0=losers).

Infine abbiamo inserito nel nostro modello una serie di variabili di controllo socio demografiche:

l’età, distinta in tre diverse fasce (1= under 35enni; 2= fra i 35 e i 65 anni; 3= over 65enni); il genere

(0= donna; 1= uomo); il titolo di studio (1= licenza elementare; 2= licenza media; 3= diploma di scuola

superiore; 4= laurea); professione (0= inattivi; 1= attivi).

I paragrafi che seguono sono dedicati alla presentazione e discussione dei risultati di queste analisi.

4. Reduci e Nativi, un profilo sociopolitico

Il Partito Democratico offre l’opportunità di adottare una prospettiva privilegiata per lo studio della

membership di partito e dei suoi mutamenti. Il partito ha una natura ambivalente. Da un lato affonda

le sue radici in una tradizione culturale e politica legata ai partiti di massa, PCI e DC, per antonomasia.

Dall’altro si è dotato di strumenti inediti per la selezione delle sue candidature e della sua leadership,

le sue primarie aperte sono infatti un caso unico, che sta facendo scuola, in ambito europeo. Questo

doppio binario su cui si muove il partito è rintracciabile anche nella sua membership. I suoi aderenti

infatti possono essere divisi in due categorie principali, come abbiamo anticipato: i Reduci, che

vantano una militanza nei partiti fondatori, e i Nativi, che invece hanno scelto di iscriversi al partito

dopo la sua nascita nel 2007.

Reduci e Nativi si contraddistinguono per una socializzazione politica interna al partito del tutto

differente. I Reduci hanno conosciuto una stagione politica in cui i partiti, pur in mutamento,

presentavano dei tratti vicini a quelli dei tradizionali partiti di massa. Il loro ruolo all’interno del

partito era strutturato secondo logiche classiche e la loro militanza si sostanziava con un rapporto

attivo, costante, continuativo. I Nativi, al contrario, militano in un partito differente rispetto al passato,

perché aperto e orientato a costruire un consenso ampio, ben al di là dei confini organizzativi.

Soprattutto, i Reduci, al contrario dei loro compagni Nativi, hanno vissuto un partito senza primarie.

Le primarie sono l’arena in cui le distinzioni fra iscritti e simpatizzanti vengono meno, sono quindi lo

spazio in cui il concetto tradizionale di membership viene messo alla prova. In ragione di una

differente socializzazione politica e di un orientamento partecipativo diverso è utile quindi a) fornire

un’analisi descrittiva del differente profilo sociopolitico delle due categorie di iscritti e b) approfondire

mediante l’analisi inferenziale quali siano i fattori che incidono maggiormente nei loro atteggiamenti

verso le primarie.

Considerando il profilo socio grafico degli iscritti PD emergono le prime differenze fra le nostre due

categorie di militanti (Tabella 1). In generale, gli iscritti DP sono per lo più di età compresa fra i 35 e i

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65 anni (65,7%). Questa fascia di età è maggioritaria anche fra Reduci e Nativi, con scostamenti minimi

rispetto al dato generale. A distinguere le nostre due categorie di iscritti sono però le classi di età

estreme. Infatti, poco meno di un quarto dei Reduci ha un’età superiore ai 65 anni, mentre fra i Nativi è

la quota di coloro che hanno invece meno di 35 anni più alta di circa sette punti percentuali. Le

differenze non finiscono qui. Ben più evidente è, infatti, la diversità che emerge dal dato relativo al

genere. Se le donne rappresentano circa il 29% degli iscritti democratici, la loro presenza cresce

sensibilmente fra i Nativi (39,2%). Parallelamente, fra i Reduci è ancor più preminente la quota di

militanti di genere maschile (77.7%). Ulteriori elementi di difformità giungono dalla variabile titolo di

studio. In un quadro generale che vede la netta prevalenza di titoli di studio elevati (l’89,9% è in

possesso almeno di un diploma) fra i Nativi la porzione di laureati è addirittura superiore di circa 5

punti percentuali rispetto alla media (52,1%). L’unica dimensione che fa eccezione e sembra

accomunare i due profili di militanti è quella occupazionale, nella distinzione fra attivi e inattivi Nativi

e Reduci non mostrano differenze rilevanti.

Tabella 1 – Il profilo socio grafico dei militanti PD REDUCI NATIVI TOTALE Età Età inferiore ai 35 anni 7,8% 21,3% 13,2%

Età compresa fra i 35 e i 65 anni 68,2% 62,0% 65,7% Età superiore ai 65 anni N

24,0% 16,7% 21,1% 7598 5026 12624

p < 0.000 Genere Donna 22,3% 39,2% 29,0%

Uomo N

77,7% 60,8% 71,0% 7624 5045 12669

p < 0.000 Titolo di studio Licenza elementare o nessun titolo ,8% ,5% ,7%

Licenza media 10,6% 8,0% 9,6% Diploma di scuola superiore 44,6% 39,4% 42,6% Laurea N

44,0% 52,1% 47,2% 7624 5045 12669

p < 0.000 Posizione professionale

Inattivo 37,1% 36,5% 36,9% Attivo N

62,9% 63,5% 63,1% 7613 5031 12644

p < 0.000

Fonte: Candidate and Leader Selection

Passando all’analisi del profilo politico le differenze fra Nativi e Reduci si fanno meno marcate. Il

posizionamento politico dei militanti democratici non presenta distinzioni rilevanti (Figura 1). La

connotazione politica resta saldamente ancorata a un’area di centro sinistra con, occorre sottolineare,

orientamenti più centristi fra i Nativi. La fusione delle due realtà politiche eredi della tradizione

cattolica e comunista ha smussato alcune ruvidità ideologiche e mitigato gli aspetti più radicali.

Seppure la componente comunista resti particolarmente importante fra i Reduci la stragrande

maggioranza degli iscritti democratici si identifica con posizioni più centriste e meno radicali. Sono i

Nativi a bilanciare l’estremismo dei Reduci. Ad ogni modo, le differenze registrate non sembrano

particolarmente radicali e profonde. Al contrario sembra esserci una certa coesione e coerenza

ideologica interna al partito. Analogamente, come riportato nella Figura 2, anche rispetto all’interesse

per la politica non sembrano emergere drastiche diversità fra Nativi e Reduci.

Figura 1 – La collocazione politica (scala 1-10; n=12669; p < 0.000)

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Fonte: Candidate & Leader Selection

Figura 2: L’interesse per la politica (scala 1-4; n=12669; p < 0.000)

Fonte: Candidate & Leader Selection

È invece decisamente più interessante considerare le evidenze presentate nella Figura 3 che riporta

i risultati relativi alla domanda inerente l’impegno settimanale dei militanti all’interno del partito. Il

primo elemento che si rileva con evidenza riguarda, in generale, lo scarso coinvolgimento

partecipativo degli iscritti.

Figura 3: Il numero di ore spese settimanalmente in attività di partito (n= 12574; p < 0.000)

Fonte: Candidate & Leader Selection

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Si evince con chiarezza, infatti, il minore coinvolgimento partecipativo dei Nativi. Infatti, ben il

28,2% degli iscritti PD dichiara di non partecipare ad alcuna attività di partito durante la settimana e

un altrettando rilevante 30% dedica all’impegno partitico meno di 2 ore settimanali. Al contrario, solo

il 4,1% è coinvolto più di 20 ore alla settimana, cifra che sale al 9% includendo anche quelli che

spendono tra 10 e 20 ore in attività di partito. Le due categorie di militanti che abbiamo considerato in

realtà non si discostano da questo pattern generale e confermano entrambi una certa distanza

dall’impegno attivo di sezione. Ma occorre sottolineare che questo tratto è più marcato fra i Nativi. Fra

questi è il 35%, oltre un terzo, a dichiarare di non partecipare in alcun modo alla vita interna di partito.

Ad ogni modo, a parte questo tratto non si evincono differenze rilevanti fra le nostre categorie di

militanti. Anche guardando nel dettaglio delle attività partecipative a cui si dedicano gli aderenti

democratici non osserviamo differenze sostanziali nelle attitudini di Reduci e Nativi (vedi Tabella 2a in

appendice), anche se si nota una maggiore propensione dei Nativi per le attività di partecipazione

sociale più che politica e un maggiore attivismo sul web.

Questi risultati preliminari, sebbene in forma del tutto descrittiva, suggeriscono l’esistenza di una

effettiva differenza fra i militanti di lungo periodo e coloro che invece hanno aderito al PD dal 2007.

Sul piano socio grafico abbiamo rintracciato notevoli diversità fra Reduci e Nativi, sul piano

generazionale, di genere e rispetto al livello di istruzione. Seppure ci sia uno scostamento tutto

sommato lieve dalla media (53 anni) si osserva come i Nativi siano tendenzialmente più giovani (49

anni) rispetto ai loro compagni Reduci (56 anni). La rilevanza della compagine femminile fra i Nativi è

un altro elemento di grande interesse, che testimonia di un certo rinnovamento interno alla

membership di partito. Analogamente, è importante sottolineare la più alta presenza di titoli di studio

elevati, in particolare laurea, fra i Nativi democratici. Questi tratti si accompagnano a un profilo

politico piuttosto simile se si considerano la collocazione ideologica e l’interesse per la politica. La vera

distinzione riguarda il coinvolgimento attivo nella vita di partito. In quadro di generale disinteresse

per l’impegno militante nelle sezioni di partito, i Nativi sembrano essere ancor più distanti. Questo

tratto conferma la nostra idea di un differente orientamento partecipativo derivante da una

socializzazione politica che si è articolata all’interno di modelli di partito significativamente diversi. I

Nativi sembrano essere più inclini a una mobilitazione cognitiva, intermittente, fluida, come mostrano

i dati sullo spiccato interesse per la politica che li accomuna ai compagni Reduci. Sono le primarie a

fungere da evento partecipativo principale, sufficiente a sostanziare il loro rapporto con il partito, nel

prossimo paragrafo tenteremo di approfondire questo argomento chiarendo quale sia la natura del

rapporto fra primarie, Nativi e Reduci.

5. Militanti, primarie e partito

In questo paragrafo presenteremo i risultati di un modello di regressione logistica che intende

chiarire quali siano le logiche che strutturano le opinioni degli iscritti sulle primarie. Abbiamo

ricordato come la peculiarità del PD, frutto della fusione di due partiti eredi delle tradizioni politico-

culturali cattolica e comunista dei partiti di massa DC e PCI, consenta di guardare alla sua membership

per valutare l’impatto che una novità come le primarie può avere su due tipi di militanza distinti.

Reduci e Nativi vengono da prassi partecipative diverse: nel primo caso si tratta di militanti abituati

a una partecipazione strutturata dai e nei partiti, nel secondo caso invece di una partecipazione meno

integrata e più incline a una mobilitazione cognitiva. Le primarie sono il simbolo dell’innovazione

organizzativa inaugurata dal PD. Lo sono perché garantiscono agli iscritti poteri e diritti finora inediti.

Non si tratta solo di sbirciare all’interno del giardino segreto della politica – parafrasando il titolo del

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fondamentale lavoro di Gallagher e Marsh (1988)- ma di avere un ruolo decisivo nella definizione dei

candidati o nella scelta della leadership. La posta in gioco delle primarie è alta: candidati e leader, data

la personalizzazione della politica, rappresentano una risorsa forndamentale per i partiti che vogliano

mobilitare consenso elettorale.

L’importanza delle primarie è data anche dalla loro inclusività. I simpatizzanti si inseriscono nel

rapporto fra iscritti e partito, esercitando un potere rilevante senza però assicurare alcun impegno

militante successivo. Una partecipazione spot, a volte addirittura legata a un fenomeno di ‘instant

membership’, cioè di iscritti che integrano il partito in occasione di un evento di mobilitazione come

una primaria per il sindaco o per il segretario nazionale, salvo poi restare principalmente inattivi o

addirittura lasciare il partito dopo alcuni mesi (Rahat e Hazan, 2007). La nostra idea è che la reazione a

questa offerta partecipativa sia differente all’interno della compagine militante democratica. Le

categorie di iscritti individuate infatti, data la differente socializzazione politica e prassi partecipativa

in seno all’organizzazione partitica, interpreterebbero questa innovazione in maniera diversa. Per

approfondire meglio il discorso, prima di entrare nel dettaglio della analisi inferenziale, può essere

utile considerare i valori riportati nella Tabella 2. Qui si riporta il grado di accordo rispetto alla

affermazione “Le primarie hanno migliorato il mio giudizio sul partito?”. All’interno della batteria di

domande volta a individuare le opinioni generali degli intervistati questo item è quello più

esemplificativo, in grado di sintetizzare in maniera più efficace gli orientamenti dei militanti rispetto al

tema di indagine.

Tabella 2 - Le primarie hanno migliorato il mio giudizio sul partito

REDUCI NATIVI TOTALE

Per Nulla 8,2% 6,0% 7,4%

Poco 20,9% 16,9% 19,3%

Abbastanza 41,7% 41,0% 41,4%

Molto 29,2% 36,1% 31,9%

N 7137 4668 11805

p < 0.000; Fonte: Candidate and Leader Selection

Le primarie sembrano riscuotere grande favore fra gli iscritti democratici. Il 31,9% degli intervistati

si dichiara molto d’accordo, ossia ritiene che le primarie abbiano avuto un effetto positivo sul suo

partito, questa percentuale se sommata a coloro che hanno dichiarato di condividere abbastanza la

dichiarazione (41,4%) ci descrive l’immagine di un partito i cui membri sono largamente favorevoli

alle primarie. Complessivamente il 73,3%, quasi i due terzi, vedono positiviamente le primarie. Questo

quadro è confermato anche se consideriamo le due categorie di militanti individuati. Reduci e Nativi

infatti esprimono piena soddisfazione dello strumento primarie, valutando positivamente il loro

impatto sul partito. Tuttavia, osservando con attenzione i valori, sono i Nativi a esprimere maggiore

entusiasmo, complessivamente il 77,1%, una differenza rilevante rispetto al pur ragguardevole 69,9%

registrato fra i Reduci. In altre parole, in una cornice generale che sostiene positivamente

l’introduzione di questo strumento inclusivo, i Reduci esprimono maggiore scetticismo, con il 29,1% di

risposte di poco o nessun accordo.

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Tabella 3 – Regressione logistica, variabile dipendente: giudizio sulle primarie 0= negativo; 1=positivo

B S.E. Exp(B) Reduci ,418 ,048 1,520*** Autocollocazione Sinistra ,292 ,457 1,339 Centrosinistra ,340 ,458 1,405 Centrosinistra -,310 ,463 ,733 Centrodestra ,370 ,509 1,448 Interesse per la politica Per niente -,535 ,348 ,586 Poco -,226 ,171 ,797 Abbastanza ,015 ,069 1,015 Attivismo partitico orexsettimana Nessuna ,403 ,082 1,496*** meno di due ore x settimana ,478 ,080 1,613*** fra 2 e 5 ore x settimana ,373 ,081 1,452*** fra 10 e 20 ore per settimana ,199 ,091 1,221* vincitore alle primarie 2012 ,253 ,048 1,289*** Età under 35 anni -,310 ,084 ,734*** fra i 35 e i 65 anni -,080 ,066 ,923 Genere: donna ,210 ,049 1,234*** titolo di studio licenza elementare ,472 ,338 1,604 Licenza media ,012 ,083 1,013 Diploma -,074 ,047 ,928 Professione: attivo -,173 ,054 ,841*** Constant -,439 ,479 ,645 2Log likelihood 12773,319 Nagelkerke R Square .036 Cox & Snell R Square .024

Questi dati sono interessanti e utili perché ci aiutano a interpretare meglio l’analisi presentata nella

Tabella 31. Il generale consenso attorno alle primarie è confermato dai risultati. I Reduci sembrano

apprezzare lo strumento inclusivo e il suo effetto sul partito. Tuttavia, i dati mostrano che

all’aumentare dell’attivismo partitico e dell’impegno militante si riduce la probabilità di fornire una

valutazione positiva allo strumento. La riduzione è considerevole se si considerano i coefficienti

esponenziali (odds ratio) riportati nella tabella. Si riscontra una relazione positiva fra l’esito della

competizione primaria e l’opinione sullo strumento. Come era lecito attendersi, e come suggerito

anche dalla letteratura sulle primarie americane, essere winner o loser, e cioè aver supportato il

canddiato vincente o perdente, incide sul giudizio dei militanti sulle primarie e il loro impatto sul

partito (Stone, 1986; Peterson e Djupe 2005). Infine, il nostro modello ci mostra una relazione positiva

fra alcune variabili di controllo sociopolitiche e la nostra variabile dipendente.

1 Per il dettaglio delle variabili utilizzate nel modello si rimanda al paragrafo 3 dedicato alla presentazione di

dati e metodo.

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Conclusioni

Le nostre ipotesi hanno dunque trovato conferma nell’analisi inferenziale. Le elezioni primarie, pur

configurandosi come una importante novità sul piano partecipativo, non sembrano essere in grado di

surrogare appieno le velleità militanti dei Reduci dei partiti di massa. Questi, più dei Nativi, mostrano

un coinvolgimento nelle attività di sezione e garantiscono un investimento di risorse materiali e

immateriali superiore rispetto ai compagni più “giovani”. Il quadro è quello di un generale

apprezzamento dello strumento. E di un sostegno alla sua natura inclusiva, emerge però un minore

entusiasmo laddove il militante si mostri più dedito e impegnato per e nel partito.

Inoltre, dalle analisi condotte in questo studio emerge chiaramente una trasformazione degli

incentivi selettivi e collettivi legati all’intruduzione di strumenti di democrazia infrapartitica come le

primarie aperte. L’opinione della base del partito, degli iscritti e dei militanti, sullo strumento in sé

appare generalmente positiva, e possiamo notare nel tempo un processo di socializzazione e

adattamento alle primarie : infatti, i dati relativi alla soddisfazione rispetto alle primarie raccolti tra il

209 e 2010 mostravano percentuali piu’ basse di gradimento delle primarie da parte degli iscritti

(Sandri, 2011). Tuttavia, i nostri dati piu’ recenti mostrano che all’aumentare dell’attivismo partitico si

riduce la probabilità di fornire una valutazione positiva allo strumento. Pertanto, appare chiaro che gli

iscritti attivi e i militanti percepiscono chiaramente il rovescio della medaglia : le primarie sono un

formidabile strumento di partecipazione, di apertura del partito alla società e di mobilitazione

elettorale. D’altra parte, esse eliminano progressivamente (o meglio, diluiscono) i diritti e i privilegi

degli iscritti, il cui investimento nel partito è di gran lunga più significativo di quello dei votanti alle

primarie e dei semplici simpatizzanti. Le primarie impattano dunque sul partito, e questo processo è

chiaramente percepito dalla base come potenzialmente controindicativo, per lo meno riguardo ai loro

interessi. Le primarie sono un fatto positivo, certamente, ma resta da chiarire : per chi?

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Appendice

Tabella 1a: Composizione territorial del campione (esclusi gli iscritti residenti all’estero)

Regione Iscritti (%) Interviste (N) Distribuzione delle interviste (%) Differenza

Emilia-Romagna 18.6 2430 17.9 -0.7 Toscana 12.2 1839 13.7 +1.5 Lazio 9.7 905 6.6 -3.1 Lombardia 8.4 2418 17.7 +9.3 Campania 8.2 141 1.0 -7.2 Sicilia 7.3 370 2.7 -4.6 Puglia 5.1 435 3.2 -1.9 Umbria 4.8 221 1.6 -3.2 Calabria 4.1 219 1.6 -2.5 Veneto 3.9 1397 10.2 +6.6 Piemonte 3.9 946 6.9 +3.0 Marche 3.1 303 2.2 -0.9 Sardegna 2.8 553 4.0 +1.2 Liguria 2.6 502 3.7 +1.1 Abruzzo 2.4 176 1.3 -1.1 Friuli-Venezia Giulia 1.4 415 3.0 +1.6 Basilicata 0.8 132 1.0 +0.2 Trentino-Alto Adige 0.4 220 1.6 +1.2 Molise 0.3 0 0 -0.3 Valle d’Aosta 0.1 18 0.1 +0.1 N 763,783 13,640 100 -

Note. Fonte Partito Democratico. Il dato sugli iscritti è riferito alle adesioni 2011. Il campione includeva anche 26 iscritti PD residenti all’estero.

Tabella 2a: L’attività partecipativa degli iscritti PD Nell’ultimo anno con quale frequenza ha partecipato alle seguenti attività? REDUCI NATIVI CAMPIONE GENERALE Attività del mio circolo Mai o meno di tre volte per anno 23,8% 34,1% 27,8%

Più di tre volte per anno 76,2% 65,9% 72,2% N 7317 4775 12092

Manifestazioni politiche Mai o meno di tre volte per anno 33,1% 48,7% 39,3% Più di tre volte per anno 66,9% 51,3% 60,7% N 7291 4778 12069 Firmato petizioni, referendum…

Mai o meno di tre volte per anno 58,9% 56,8% 58,1% Più di tre volte per anno 41,1% 43,2% 41,9% N 6810 4625 11435

Iniziative del mio quartiere Mai o meno di tre volte per anno 48,3% 55,6% 51,2% Più di tre volte per anno 51,7% 44,4% 48,8% N 7008 4678 11686

Iniziative ambientali Mai o meno di tre volte per anno 56,1% 62,0% 58,5% Più di tre volte per anno 43,9% 38,0% 41,5%

N 6906 4599 11505 Manifestazioni pubbliche di protesta

Mai o meno di tre volte per anno 78,4% 83,6% 80,5% Più di tre volte per anno 21,6% 16,4% 19,5% N 6803 4564 11367

Svolto attività in associazioni di volontariato

Mai o meno di tre volte per anno 53,1% 56,5% 54,5% Più di tre volte per anno 46,9% 43,5% 45,5% N 6877 4638 11515

Svolto attività in associazioni professionali/sindacato

Mai o meno di tre volte per anno 70,7% 80,6% 74,7% Più di tre volte per anno 29,3% 19,4% 25,3% N 6742 4494 11236

Svolto attività in associazioni culturali

Mai o meno di tre volte per anno 52,1% 56,8% 54,0% Più di tre volte per anno 47,9% 43,2% 46,0% N 6865 4606 11471

Ho acquistato (o boicottato) prodotti per ragioni politiche

Mai o meno di tre volte per anno 59,3% 57,1% 58,4% Più di tre volte per anno 40,7% 42,9% 41,6% N 6815 4583 11398

Ho partecipato a discussioni politiche sul web

Mai o meno di tre volte per anno 58,7% 62,1% 60,0% Più di tre volte per anno 41,3% 37,9% 40,0% N 6847 4544 11391

Fonte: Candidate & Leader Selection

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Tabella 3a: Iscritti PD e voto alle primarie 2012 REDUCI NATIVI TOTALE Loser 27,3% 34,7% 30,2% Winner 72,7% 65,3% 69,8% N 7176 4636 11812

Fonte: Candidate & Leader Selection

Tabella 4a: Lista degli item mirati a misurare il giudizio degli iscritti sulle primarie

Quanto è d’accordo con le seguenti affermazioni? (Per niente, poco, abbastanza, molto): Le primarie hanno migliorato il mio giudizio sul partito Le primarie riducono il potere degli iscritti Le primarie promuovono il rinnovamento della classe politica Le primarie aumentano la conflittualità interna al partito Il PD dovrebbe utilizzare sempre le primarie per scegliere il candidato alla Presidenza del Consiglio Il PD dovrebbe utilizzare sempre le primarie per scegliere i candidati a Presidente di Regione Il PD dovrebbe utilizzare sempre le primarie per scegliere i candidati a Sindaco Il PD dovrebbe utilizzare sempre le primarie per scegliere i candidati al Parlamento Il voto alle primarie dovrebbe essere consentito ai soli iscritti Sono favorevole a primarie di partito, senza coinvolgere i partiti alleati della coalizione

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Tabella 5a: Tavola di correlazione delle variabili introdotte nel modello logistico Giudizio su

primarie Autocollocazione politica (1-5)

Interesse per la politica

Attività interna al partito (ore x settimana)

Voto alle primarie 2012 (winner vs loser)

Età Genere Titolo di studio Professione (attivi vs inattivi)

Giudizio su primarie Pearson Correlation

1 -,056** ,013 -,059** ,059** ,061** ,025** -,004 -,055**

Sig. (2-tailed) ,000 ,155 ,000 ,000 ,000 ,006 ,641 ,000 N 11855 11855 11855 11855 11530 11815 11855 11855 11831

Autocollocazione politica (1-5)

Pearson Correlation

-,056** 1 -,065** -,039** -,215** -,030** ,106** ,034** ,032**

Sig. (2-tailed) ,000 ,000 ,000 ,000 ,001 ,000 ,000 ,000 N 11855 12727 12727 12630 11861 12681 12727 12727 12702

Interesse per la politica

Pearson Correlation

,013 -,065** 1 ,230** ,025** -,011 ,062** ,068** ,029**

Sig. (2-tailed) ,155 ,000 ,000 ,006 ,190 ,000 ,000 ,001 N 11855 12727 13205 12630 11861 13158 13205 13205 13178

Attività interna al partito (ore x settimana)

Pearson Correlation

-,059** -,039** ,230** 1 ,098** -,190** ,014 ,005 ,052**

Sig. (2-tailed) ,000 ,000 ,000 ,000 ,000 ,111 ,577 ,000 N 11855 12630 12630 12630 11861 12584 12630 12630 12605

Voto alle primarie 2012 (winner vs loser)

Pearson Correlation

,059** -,215** ,025** ,098** 1 ,112** -,008 -,078** -,089**

Sig. (2-tailed) ,000 ,000 ,006 ,000 ,000 ,362 ,000 ,000 N 11530 11861 11861 11861 11861 11818 11861 11861 11837

Età Pearson Correlation

,061** -,030** -,011 -,190** ,112** 1 ,088** -,171** -,326**

Sig. (2-tailed) ,000 ,001 ,190 ,000 ,000 ,000 ,000 ,000 N 11815 12681 13158 12584 11818 13613 13613 13613 13584

Genere Pearson Correlation

,025** ,106** ,062** ,014 -,008 ,088** 1 -,106** -,029**

Sig. (2-tailed) ,006 ,000 ,000 ,111 ,362 ,000 ,000 ,001 N 11855 12727 13205 12630 11861 13613 13666 13666 13637

Titolo di studio Pearson Correlation

-,004 ,034** ,068** ,005 -,078** -,171** -,106** 1 ,230**

Sig. (2-tailed) ,641 ,000 ,000 ,577 ,000 ,000 ,000 ,000 N 11855 12727 13205 12630 11861 13613 13666 13666 13637

Professione (attivi vs inattivi)

Pearson Correlation

-,055** ,032** ,029** ,052** -,089** -,326** -,029** ,230** 1

Sig. (2-tailed) ,000 ,000 ,001 ,000 ,000 ,000 ,001 ,000 N 11831 12702 13178 12605 11837 13584 13637 13637 13637

**. Correlation is significant at the 0.01 level (2-tailed).