Sentenza n. 12000/2015 pubbl. il 27/10/2015 RG n. 33243/2011 · VITTORINO RANGHINO , ANTONIO...

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1 REPUBBLICA ITALIANA TRIBUNALE DI MILANO SEZIONE SPECIALIZZATA IN MATERIA DI IMPRESA B Il Tribunale in composizione collegiale, nella persona dei seguenti magistrati: Dott. Vincenzo Perozziello Presidente Dott. Marianna Galioto Giudice Dott. Angelo Mambriani Giudice relatore ha pronunciato, in nome del Popolo Italiano, la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado iscritta al N. 33243/2011 R.G. promossa da: FALLIMENTO M.V. COSTRUZIONI GENERALI S.p.A., in persona del curatore Avv. Francesco Iandolo, elettivamente domiciliato in Milano, C.so Porta Vittoria n. 50, presso lo studio dell'avv. Nicola Rondinone, che lo rappresenta e lo difende giusta delega a margine dell'atto di citazione ed in forza del decreto di autorizzazione emesso dal G.D. in data 8 aprile 2011 ATTORE contro PIETRO RICIOPPO CONVENUTO CONTUMACE GIUSEPPE NICOLÒ, SEBASTIANO RAPAGLIA, GIANNI COMITANI, rappresentati e difesi dagli Avv.ti Tiziano Membri, Alberto Manfredi e Viviana Cherchi, ed elettivamente domiciliati in Via San Barnaba n. 32, Milano, presso lo studio legale Danovi, come da procura in calce alla comparsa di risposta. Firmato Da: PRIMAVERA ROBERTO Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: 98684 - Firmato Da: PEROZZIELLO VINCENZO Emesso Da: POSTECOM CA2 Serial#: ee6b1 Firmato Da: MAMBRIANI ANGELO Emesso Da: ARUBAPEC S.P.A. NG CA 3 Serial#: 1c6c4adbdcd7f48798c772e34222dd51 Sentenza n. 12000/2015 pubbl. il 27/10/2015 RG n. 33243/2011 http://bit.ly/1n4S4NE

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REPUBBLICA ITALIANA TRIBUNALE DI MILANO

SEZIONE SPECIALIZZATA IN MATERIA DI IMPRESA B

Il Tribunale in composizione collegiale, nella persona dei seguenti magistrati:

Dott. Vincenzo Perozziello Presidente Dott. Marianna Galioto Giudice Dott. Angelo Mambriani Giudice relatore

ha pronunciato, in nome del Popolo Italiano, la seguente

SENTENZA

nella causa civile di primo grado iscritta al N. 33243/2011 R.G. promossa da:

FALLIMENTO M.V. COSTRUZIONI GENERALI S.p.A., in persona del curatore Avv. Francesco Iandolo, elettivamente domiciliato in Milano, C.so Porta Vittoria n. 50, presso lo studio dell'avv. Nicola Rondinone, che lo rappresenta e lo difende giusta delega a margine dell'atto di citazione ed in forza del decreto di autorizzazione emesso dal G.D. in data 8 aprile 2011

ATTORE

contro

PIETRO RICIOPPO CONVENUTO CONTUMACE

GIUSEPPE NICOLÒ, SEBASTIANO RAPAGLIA, GIANNI COMITANI, rappresentati e difesi dagli Avv.ti Tiziano Membri, Alberto Manfredi e Viviana Cherchi, ed elettivamente domiciliati in Via San Barnaba n. 32, Milano, presso lo studio legale Danovi, come da procura in calce alla comparsa di risposta.

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VITTORINO RANGHINO, ANTONIO RANGHINO, EUROPEAN AUDIT SRL, elettivamente domiciliati in Piazza Cinque Giornate n. 10, 20129 Milano, presso lo studio dell’avv. Giuseppe Nicola Bordino che li rappresenta e difende come da procure in calce alle copie notificate dell’atto di citazione in rinnovazione.

CONVENUTI

E CONTRO

SOCIETA’ REALE MUTUA ASSICURAZIONI (C.F. 00875360018), rappresentata e difesa dall’Avv. Gaetano Del Borrello ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Via Terraggio n. 17, 20123 MILANO, come da procura in calce alla copia notificata dell’atto di citazione per chiamata di terzo MILANO ASSICURAZIONI S.P.A. (C.F. 00957670159), c, rappresentata e difesa dall’Avv. Gaetano Del Borrello ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Via Terraggio n. 17, 20123 MILANO, come da procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta UNIPOL ASSICURAZIONI SPA (C.F. 02705901201), rappresentata e difesa dall’Avv. Sabina Palombo ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Via Turati n. 29, Milano, come da procura a margine della comparsa di costituzione e risposta. ASSICURATORI DEI LLOYD’S (C.F. 07585850584), rappresentati e difesi dagli avv.ti ANTHONY PEROTTO Michele Zucca, e Antonio Mancini ed elettivamente domiciliati presso il loro studio in Via Agnello n. 12, 20121 Milano, come da procura in calce all’atto di citazione per chiamata di terzo. RSA-SUN INSURANCE OFFICE LIMITED (C.F. 00627150105), rappresentata e difesa dagli Avv.ti David Maria Marino e Marco Di Mola ed elettivamente domiciliata presso il loro studio in Via Gabrio Casati n. 1, 20123 Milano, come da procura DOMANICO GIOVANNI (C.F. GNN55C19C509P), rappresentato e difeso dall’avv. Claudio Defilippi ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Corso di Porta Vittoria n. 54, 20122 Milano, come da procura a margine della comparsa di risposta. MILENA POZZI (C.F. PZZMLN67E55I625L), ANNALISA GATTI (C.F. GTTNLS64P46I119Y), ROBERTO FLAVIO GALLIANI (C.F. GLLFUR62S28I690P), rappresentati e difesi dagli Avv.ti Andrea Vitale e Concetta Rosaria Vitale ed elettivamente domiciliati presso il loro studio in Via Serbelloni n. 1, 20122 Milano, come da procure in calce agli atti di citazione per chiamata di terzo ASSICURAZIONI GENERALI SPA (C.F. 00079760328), rappresentata e difesa dall’Avv. Michele Cordola ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Corso Porta Vittoria n. 29, 20100 Milano, come da procura generale alle liti allegata in copia alla comparsa di costituzione e risposta.

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PAOLO PIETROBELLI (C.F. PTRPLA73E121531E), rappresentato e difeso dagli Avv.ti Alberto Rossetti e Nicola Mantia ed elettivamente domiciliato presso lo studio del secondo in via C. Poerio n. 11, Milano, come da procura in calce al’atto di citazione per chiamata di terzo notificato

TERZI CHIAMATI

* * *

CONCLUSIONI

Le parti hanno concluso come da fogli allegati al verbale d’udienza di precisazione delle conclusioni.

* * *

MOTIVI DELLA DECISIONE

I) Il processo.

Con atto di citazione notificato nel maggio 2011 il Fallimento M.V. Costruzioni Generali S.p.a. (di

seguito anche: il Fallimento) conveniva in giudizio il sig. Pietro Ricioppo – socio al 39 % ed

amministratore unico di M.V. Costruzioni Generali S.p.a. (di seguito: MV Costruzioni o la Società)

dalla data di costituzione (8 gennaio 19893) alla messa in liquidazione (30 luglio 2007) -, i dott.

Giuseppe Nicolò, Gianni Comitani, Sebastiano Rapaglia (di seguito: Nicolò, Comitani, Rapaglia) –

componenti del primo collegio sindacale, in carica dal 20 dicembre 2000 al 10 luglio 2006 – nonché

European Audit s.r.l. - revisore legale della Società dal 27 ottobre 2005 (data in cui veniva trasformata

da s.r.l. in s.p.a.) alle dimissioni, rassegnate il 18 maggio 2007 in occasione dell’ approvazione del

bilancio al 31.12.2006 (di seguito: European Audit) -, il dott. Vittorio Ranghino – amministratore

delegato di European Audit e firmatario delle relazioni ai bilanci al 31.12.2005 e 31.12.2006 (di

seguito: Vittorio Ranghino) -, il dott. Antonio Ranghino (di seguito: Antonio Ranghino) – incaricato

da European Audit della revisione legale della Società ed egli stesso revisore legale della Società dal 18

maggio 2007 al 26 giugno 2007, quando l’assemblea nominava il successivo revisore dott. Paolo

Pietrobelli -.

Le conclusioni formulate, ribadite in sede di precisazione delle conclusioni (salvo che per la domanda

di rinnovazione della CTU), erano le seguenti:

“Voglia l‟On. Tribunale di Milano, in relazione ai fatti ed omissioni dedotti in causa:

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- accertare la responsabilità civile dei convenuti, nella loro qualità di amministratore unico, componenti del collegio sindacale, società incaricata, esecutore e responsabile della revisione contabile della soc. M.V. Costruzioni Generali S.p.a. in liq.ne (già s.r.l.), ai sensi degli artt. 2043, 2392 ss., 2407, 2409-sexies (vigente all‟epoca dei fatti) 2446, 2447, 2476, 2484-2486 c.c., e 146, 224 l. fall., per avere omesso di accertare o fornire gli elementi utili per fare accertare tempestivamente nel corso del periodo intercorso fra il 01/01/2004 e il 30/07/2007, e comunque sulla base dei veritieri dati di bilancio al 31/12/04, al 31/12/05 e al 31/12/06, la causa di scioglimento ex art. 2484 n. 4 c.c. per perdita del capitale di MVCG di oltre un terzo con discesa sotto il minimo legale, e comunque di assumere le correlate iniziative di legge inerenti alla specifica carica, con illecita prosecuzione dell‟attività di impresa; - condannare conseguentemente i convenuti in solido, per la parte ad essi imputabile, al risarcimento dei danni subiti dal Fall.to M.V. Costruzioni Generali S.p.a. in liq.ne per le perdite accumulate successivamente al momento in cui in ragione di un costante monitoraggio della situazione economico-finanziaria o al più tardi sulla base dei veritieri dati di bilancio al 31/12/04, al 31/12/05 e al 31/12/06, avrebbe dovuto essere accertata la causa di scioglimento di MVCG per la perdita del capitale sociale per oltre un terzo, ossia in via principale nella misura di € 10.000.000 il Sig. Pietro Ricioppo nella sola misura di € 6.662.327 i Sigg. Nicolò, Comitani e Rapaglia nella sola misura di € 3.893.952 la soc. European Audit s.r.l. e i Sigg. Antonio e Vittorino Ranghino o in subordine per la diversa somma accertanda in corso di causa, se del caso all‟esito di una consulenza tecnica d‟ufficio, o in base ad una valutazione equitativa ai sensi dell‟art. 1226 c.c. Con gli interessi legali dalla data odierna, e vittoria di spese, diritti e onorari”.

Tale citazione, formalmente nulla per mancata menzione ex art. 163 comma 3 n. 7 c.p.c.

dell’avvertimento di cui all’art. 38 c.p.c. veniva validamente rinnovata con citazione notificata nel

mese di novembre dell’anno 2012.

Si costituivano in giudizio tutti i convenuti ad eccezione del Ricioppo.

I sindaci Nicolò, Comitani e Rapaglia chiedevano di essere autorizzati a chiamare in causa le

compagnie di assicurazione Società Reale Mutua Assicurazioni, Milano Assicurazioni (Divisione La

Previdente) e Unipol Assicurazioni.

I revisori European Audit s.r.l., Vittorino e Antonio Ranghino, chiedevano di essere autorizzati a

chiamare in causa: - per garanzia, le compagnie di assicurazione Lloyd’s e RSA Sun Insurance; -

svolgendo nei loro confronti domande di accertamento del relativo grado di responsabilità e manleva, il

sig. Giovanni Giuseppe Domanico – socio al 53 % ed in tesi amministratore di fatto della Società (di

seguito: Domanico) -, dott.ri Flavio Roberto Galliani, Milena Pozzi e Annalisa Gatti - componenti del

secondo collegio sindacale, in carica dal 10 luglio 2006 alla dichiarazione di fallimento (21 novembre

2008) (di seguito: Galliani, Pozzi, Gatti) - nonché il dott. Paolo Pietrobelli - revisore contabile della

Società dal 26 giugno 2007 alla data del fallimento (21 novembre 2008) (di seguito: Pietrobelli).

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Seguivano i decreti di differimento dell’udienza fissata ex art. 168 bis comma 5 c.p.c., al fine di

consentire ai convenuti di chiamare in causa i terzi sopra indicati.

Tutti i terzi sopra indicati - Società Reale Mutua Assicurazioni, Milano Assicurazioni, Unipol

Assicurazioni, Lloyd’s, RSA Sun Insurance, Domanico, Galliani, Pozzi, Gatti, Pietrobelli – si

costituivano in giudizio.

Parte terza chiamata Gatti chiedeva a sua volta di essere autorizzata a chiamare in giudizio a propria

garanzia le compagnie Assicurazioni Generali e Zurich Insurance, sicché il processo subiva un ulteriore

differimento della prima udienza al 29 gennaio 2013.

Dei terzi chiamati da Gatti si costituiva solo Assicurazioni Generali, risultando successivamente la

rinuncia della parte chiamante Gatti nei confronti di Zurich Insurance.

Alla prima udienza del 29 gennaio 2013, il G.I., su richiesta di parte attrice, verificata la regolarità della

notifica della citazione, dichiarava la contumacia del convenuto Ricioppo; su concorde richiesta delle

parti, venivano quindi assegnati i termini di cui all’art. 183, comma 6, c.p.c.

Depositate le memorie istruttorie, all’udienza del 18 giugno 2013 parte attrice insisteva per

l’ammissione di CTU contabile, oltre a chiedere di ordinare al Pietrobelli la produzione del libro dei

revisori di cui questi aveva riferito il possesso senza averne fatto produzione con la memoria ex art.

183, comma 6, n. 2, c.p.c. Le altre parti si riportavano sostanzialmente alle istanze già svolte nei loro

atti. Il G.I. ordinava al terzo chiamato Pietrobelli di “esibire la residua parte del libro dei revisori che

fosse in suo possesso, mediante deposito in Cancelleria entro sette giorni prima della prossima

udienza”; ammetteva CTU contabile, nominando il Dott. Marco Garegnani; ordinava al Fallimento

“l‟esibizione di tutte le scritture contabili della società fallita a far data dall‟esercizio 2003, ed in

particolare del libro inventari e delle scritture contabili prodromiche alla sua redazione… entro sette

giorni prima della prossima udienza”; ammetteva l’interrogatorio formale del convenuto Ricioppo

richiesto da Domanico sulle circostanze indicate nella memoria di quest’ultimo ex art. 183, comma 6,

n. 2, c.p.c.; ammetteva l’interrogatorio formale del convenuto Comitani e altresì un teste a scelta di

parte Unipol sui capitoli di prova indicati nella memoria di quest’ultima ex art. 183, comma 6, n. 2,

c.p.c.; rinviava la causa per il conferimento dell’incarico peritale all’udienza del 17 settembre 2013.

In ottemperanza all’ordine del Giudice, il 19 luglio 2013 il terzo chiamato Pietrobelli provvedeva a

depositare in Cancelleria il “Libro dei revisori” (cautelata con autorizzazione della custodia in

cassaforte); mentre il 4 settembre 2013 parte attrice depositava “Nota autorizzata”, in cui la Curatela

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ribadiva di avere riversato in causa, sin dall’atto introduttivo, tutti i libri e le scritture (fra cui non era

annoverabile il libro degli inventari) in suo possesso in quanto ricevute dagli organi sociali, non

constando che presso la sede della società fallita in Sannazaro de’ Burgondi vi fosse altra

documentazione sociale.

All’udienza del 17 settembre 2013 il G.I. conferiva l’incarico peritale al nominato CTU, formulando i

seguenti quesiti:

“ dica il CTU, tenuto conto delle allegazioni ed eccezioni formulate dalle parti, esaminati gli atti di

causa e i documenti prodotti, sentiti gli eventuali consulenti tecnici di parte e compiuto ogni

accertamento del caso:

1) se i libri e le scritture contabili della società fallita siano complete e capaci di rappresentare

adeguatamente il patrimonio ed il movimento degli affari della stessa;

nonchè, previa ricostruzione della situazione patrimoniale e del conto economico della società fallita

con osservanza dei criteri legali di redazione del bilancio:

2) quale fosse l‟effettiva situazione patrimoniale della società fallita a far data dal 31.12.2003 e fino

alla dichiarazione di fallimento;

tenuto conto delle rettifiche e riclassificazioni operate dal Fallimento attore, a quale data risulti la

perdita del capitale sociale nella misura di cui all‟art. 2447 c.c. con le conseguenze di legge in ordine

alla continuazione della gestione e agli obblighi degli organi sociali;

4) ove emerga la perdita del capitale sociale, di quanto si sia aggravata la situazione economico-

patrimoniale dalla data di perdita del capitale alla data della messa in liquidazione e alla data

fallimento e, in particolare, di quanto sia aumentato il disavanzo in totale e per ogni esercizio.

5) ove emerga la perdita del capitale sociale, offra ogni elemento utile per la determinazione dei danni

conseguiti alla società ed ai creditori sociali, anche con riferimento al criterio della differenza fra

“netti patrimoniali” con riferimento al periodo sopra indicato, depurando tale differenza

dell‟abbattimento che il patrimonio netto avrebbe comunque subito se la società fosse stata

tempestivamente posta in liquidazione;

6) determini l‟ammontare dei danni eventualmente attribuibili a ciascuno dei diversi soggetti in causa,

tenuto conto della carica rivestita, del periodo di tempo in cui i medesimi ebbero ad assumerla, e del

momento in cui i medesimi avrebbero dovuto accorgersi, secondo le regole della diligenza

professionale, dell‟intervenuta perdita del capitale sociale ”.

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All’udienza del 23 settembre 2014, il convenuto Domanico veniva dichiarato decaduto dalla prova per

l’interrogatorio formale del convenuto Ricioppo, per omessa notifica a quest’ultimo dell’ordinanza

ammissiva del mezzo istruttorio.

All’udienza del 25 novembre 2014 il convenuto Comitani rendeva interrogatorio formale e veniva

sentita la teste Sig.ra Paraporti, sui capitoli di prova indicati nella memoria ex art. 183, comma 6, n. 2,

c.p.c., della terza chiamata Unipol. Il procuratore di parte attrice chiedeva una “integrazione” della

CTU, meglio da qualificarsi come rinnovazione, atteso che supponeva la nomina di diverso CTU (1) ed

il G.I., sentite le altre parti che si opponevano, rigettava l’istanza come da ordinanza da considerarsi qui

integralmente richiamata e rinviava la causa per la precisazione delle conclusioni all’udienza del 10

marzo 2015.

In esordio di tale ultima udienza, il procuratore del Fallimento attore chiedeva preliminarmente di poter

produrre, previa remissione in termini, la relazione del consulente del P.M., D.ssa Pravettoni e

l’autorizzazione dello stesso P.M. (recata solo il giorno prima) a estrarre copia di tale elaborato; in

subordine, almeno l’allegato n. 1 a tale relazione, corrispondente a una lettera del liquidatore Dott.

Antonio Ranghino “attestante la consegna dei documenti a persona di fiducia del Domanico un anno

dopo la dichiarazione del fallimento … tali documenti il Fallimento non ha potuto acquisire in

precedenza, poiché le indagini non erano concluse e non era stato fatto il rinvio a giudizio, sicché era

preclusa la consegna dei documenti”. Il legale di parte attrice chiedeva altresì di sentire in

interrogatorio libero lo stesso Antonio Ranghino “in ordine alla circostanza della consegna del libro

inventari a persona fiduciaria del Sig. Domanico, circa un anno dopo la dichiarazione di fallimento”, 1) “richiamate tutte le argomentazioni svolte nelle Osservazioni alla prima relazione del CTU; rilevato in specie che parte attrice ha allegato l‟incompletezza e irregolarità delle scritture e dei libri sociali sin dall‟atto introduttivo, e la CTU è stata disposta dal G.I. con precisazione dei quesiti in contraddittorio, evidentemente conoscendo tale dato e dunque sul presupposto che la determinazione della data in cui è stato perso il capitale sociale e l‟imputazione delle perdite successive in relazione ai periodi in cui sono stati in carica i singoli convenuti non avrebbe potuto essere svolta dal CTU con <<precisione matematica>>, bensì solo con buon grado di approssimazione, come ammesso dalla giurisprudenza in materia (tanto che il quesito n. 3 invitava a tenere <<conto delle rettifiche e riclassificazioni operate dal fallimento attore>> su base forfettaria) e come invece considerato impraticabile dal CTU secondo la sua interpretazione dei quesiti sottopostigli; rilevato che detta determinazione si prospetta necessaria al fine di accertare la responsabilità non solo dei sindaci convenuti ma persino del contumace amministratore unico Ricioppo, non essendo a questo (bensì ai liquidatori) imputabile la mancata consegna delle scritture e dei libri carenti; rilevato che, qualora il Collegio condividesse la tesi attorea della possibilità di impiegare nei confronti di detti soggetti metodi forfettari di computo del danno, anche avvalendosi del potere equitativo ammesso in giurisprudenza nella fattispecie, dovrebbe avere a disposizione adeguati elementi tecnici, anche di natura valutativa; tutto ciò premesso, chiede che il G.I. voglia disporre un‟integrazione della CTU, invitando altro nominando consulente a pronunciarsi sugli stessi quesiti da 2 a 6 già formulati, con l‟applicazione di metodi forfettari impiegati con prudente apprezzamento secondo le regole della scienza contabile”.

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8

risultante dalla menzionata lettera di cui all’allegato n. 1. Precisava il Curatore, presente

personalmente, di avere chiesto in precedenza più volte la predetta documentazione alla Procura della

Repubblica, ma che gli era stata sempre opposta la pendenza delle indagini.

Le altre parti si opponevano a tutte le richieste di parte attrice, allegando in particolar modo trattarsi di

documentazione tardiva e inconferente. Il G.I. sulle stesse così provvedeva: “ritenuto che i documenti

prodotti oggi sono rilevanti e non inammissibili in quanto ottenuti dal Fallimento in data 9 marzo

2015, il deposito della relazione del c.t.u. del P.M. è in data 31 ottobre 2014 e il termine per il deposito

delle memorie ex art. 183 comma 6 n. 3 c.p.c. scadeva il 22 maggio 2013, acquisisce i documenti sopra

indicati. Rigetta l‟istanza di interrogatorio libero del Ranghino”. Il legale di parte attrice si impegnava

a depositare i documenti in questione anche in via telematica.

A questo punto, tutte le parti precisavano le conclusioni come da fogli cartacei vistati dal Giudice e/o

da fogli già depositati per via telematica.

Il Giudice assegnava i termini per il deposito delle difese finali, e assumeva la causa in decisione

rimettendo gli atti al Collegio.

II) Il merito.

II.1) Eccezione di prescrizione: rigetto.

I sindaci convenuti, le compagnie assicuratrici da essi chiamate in causa ed i Lloyd’s, hanno eccepito la

prescrizione dell’azione esercitata dal Fallimento.

L’ eccezione non può essere accolta.

Invero, come noto, l’azione svolta dal Fallimento ex art. 146 c.p.c., cumula l’azione sociale di

responsabilità (art. 2393 c.c.) e l’azione dei creditori (artt. 2494 e 2494 bis c.c.) (2), talché, con

riferimento alla consumazione del termine prescrizionale occorre verificare se esso si sia perfezionato

con riferimento ad entrambe le azioni di cui si discute, negandosi l’estinzione del diritto risarcitorio

quando il perfezionamento non si sia verificato almeno con riferimento ad una delle due.

2) Tra le tante: Cass., sez. 1^, 29 ottobre 2008, n. 25977, m. 605521; Cass., n. 17121 del 2010; Cass., 23 giugno 2008, n. 17033.

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9

In proposito, la giurisprudenza della Corte di Cassazione è costante nell’affermare che il termine

prescrizionale del diritto dei creditori al risarcimento – in applicazione della regola generale di cui

all’art. 2935 c.c. – decorre dal momento in cui si è divenuta oggettivamente conoscibile l’insufficienza

patrimoniale della società, lesiva delle loro ragioni, e che l’onere di provare quando la notizia sia stata

conosciuta o conoscibile dai creditori incombe agli organi sociali convenuti in giudizio. Aggiunge la

Corte che, in mancanza di prova diversa, la notorietà deve presumersi a decorrere dalla pubblicazione

della sentenza dichiarativa del fallimento (3).

Nel caso di specie, i convenuti ed i terzi chiamati non hanno offerto elemento probatorio di sorta in

ordine alla notorietà dello stato di insufficienza patrimoniale della Società ed anzi, secondo le loro

difese, il momento della perdita del capitale sociale non è determinabile nemmeno alla stregua delle

prove disponibili in questo processo.

Ciò posto, va considerato che il fallimento è stato dichiarato il 21 novembre 2008, un primo evento

interruttivo si è verificato con l’invio, da parte del Fallimento, della raccomandata di diffida e messa in

mora datata 8 aprile 2010 (doc. 8 att.); un secondo evento interruttivo si è verificato con la notifica ai

convenuti di un primo atto di citazione avvenuta nel maggio del 2011 – citazione nulla per motivi

meramente formali (la mancata menzione ex art. 163 comma 3 n. 7 c.p.c. dell’avvertimento di cui

all’art. 38 c.p.c.) e dunque idonea a svolgere la funzione di atto interruttivo della prescrizione; un terzo

atto interruttivo si è verificato con la notifica ai convenuti dell’atto di citazione anche formalmente

valido, avvenuta alla fine del mese di novembre dell’anno 2012. Ne consegue che il termine

prescrizionale quinquennale, decorrente dalla data di dichiarazione del fallimento, più volte interrotto,

non si è mai perfezionato.

II.1) Le domande del Fallimento: rigetto.

In premessa va sottolineato che la domanda svolta dal Fallimento è scolpita, senza possibilità di

equivoco, nelle sue stesse Conclusioni, assunte in atto di citazione e ribadite in sede di finale

precisazione.

Esse, sopra riportate, si devono qui considerare nuovamente trascritte.

In sede di comparsa conclusionale, poi, il Fallimento ha così sintetizzato le proprie domande: 3) Tra le tante: Cass., n. 13378 del 12.6.2014; Cass., n. 17121 del 2010; Cass., n. 901 del 2005.

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“il Fallimento MVCG con atto di citazione notificato nel maggio 2011 conveniva quindi in giudizio l‟amministratore unico Ricioppo, i membri del “penultimo” collegio sindacale e i “penultimi” revisori della società fallita, sostenendo che sulla base di una sovrastima delle attività e di una sottovalutazione delle passività, il capitale reale di MVCG fosse sceso sotto il minimo legale molto prima della messa in liquidazione della società, e in specie certamente già al termine dell‟esercizio 2004, sicché i predetti avevano mancato di porre in essere gli atti loro commessi dalla legge per il tempestivo accertamento della causa di scioglimento della società ex art. 2484 n. 4 c.c.” e chiedeva la loro condanna al risarcimento dei relativi danni (Memoria conclusionale, p. 10). Si può quindi affermare che il Fallimento ha svolto un’azione ex art. 146 l.f. in cui la causa petendi è

costituita dal comportamento negligente ed inadempiente dell’ amministratore e dei sindaci consistito

nella prosecuzione illecita – cioè non conservativa e con assunzione di nuovo rischio imprenditoriale –

dell’attività economica della Società dopo la perdita del capitale sociale, in violazione del disposto

dell’art. 2486 c.c. e quindi incorrendo in responsabilità rispettivamente ex artt. 2392 e 2407 c.c.

Il petitum è poi costituito dal risarcimento del danno derivante alla Società ed ai creditori da tale

illegittima prosecuzione. Non sono stati contestati altri addebiti di mala gestio.

Orbene, facendo applicazione dei principi regolatori vigenti in materia - come perfettamente enunciati

da Cass., Sez. Un., n. 9100 del 2015, che il Tribunale condivide pienamente - alla fattispecie oggetto

delle deduzioni attoree, ne risulta che il Fallimento deve:

a) allegare in modo qualificato – cioè sufficientemente preciso e determinato – il comportamento

inadempiente che assume causativo del danno, ovvero il momento in cui il capitale sociale sarebbe

sceso per perdite sotto il minimo legare o sarebbe divenuto negativo, e che l’attività di gestione della

società è proseguita, in violazione degli artt. 2447 e 2486 c.c., senza l’adozione di misure volte alla

conservazione del valore del patrimonio sociale e della sua integrità ed invece con assunzione di nuovo

rischio imprenditoriale;

b) provare che tale prosecuzione illegittima dell’attività sociale ha causato un danno alla società o ai

creditori;

c) provare l’entità del danno, qui di natura certamente patrimoniale.

Quando il danno non può essere provato in modo puntuale e specifico – ad esempio perché le scritture

contabili non sono state tenute o non sono state tenute in modo regolare -, può farsi ricorso ex art. 1226

c.c. a criteri equitativi nella quantificazione del danno.

Il ricorso a tali criteri di liquidazione del danno, tuttavia, non solo deve essere giustificato da

circostanze – come ad esempio appunto la mancata tenuta o conservazione delle scritture contabili o la

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loro tenuta connotata da irregolarità così gravi da non consentire la ricostruzione del patrimonio o del

movimento degli affari – che non hanno permesso l’accertamento degli effetti dannosi delle condotte

contestate, ma i criteri stessi – attenendo alla prova del danno che incombe al Fallimento – devono

essere allegati in modo preciso nella loro astratta dimensione metodologica, e soprattutto devono

risultare “plausibili” cioè capaci di produrre un risultato che rappresenti in modo comunque attendibile

gli effetti patrimoniali dannosi del comportamento illecito addebitato agli organi sociali (4).

Tali plausibili criteri, poi, dovranno trovare applicazione ai fatti gestionali e contabili rilevanti, come

provati, sortendo da tale operazione appunto la prova del danno, incombente, come si diceva, al

fallimento attore.

Per converso, i convenuti – oltre che avere interesse a difese che negano l’esistenza (della prova del)

danno e del nesso di causalità - saranno onerati della prova che l’inadempimento – cioè la prosecuzione

illegittima dell’attività dopo la perdita del capitale sociale - non è loro imputabile.

Nel caso di specie, il Fallimento attore ha allegato che il capitale sociale sarebbe divenuto negativo per

€ 1.655.816,00 al 31.12.2004, ottenendosi tale risultato dalla sottrazione delle rettifiche operate dal

Fallimento per complessivi € 3.257.763,00 – segnatamente rettifiche di ricavi, maggior

accantonamento rischi crediti, accantonamento fondo imposte – al patrimonio netto contabile, positivo

al 31.12.2004 per € 1.601.947,00 (p. 7 e 13 CTP dott. Luigi Zorloni).

Si può senz’altro dire, con riferimento alla condotta inadempiente, che è pacifico in causa che mai,

prima della fase di liquidazione iniziata il 30 luglio 2007, è stata attuata una gestione conservativa del

valore e dell’integrità del patrimonio, essendosi la stessa costantemente svolta secondo i parametri della

continuità aziendale.

Quanto al nesso di causalità ed alla quantificazione del danno il Fallimento si è riferito alle perdite

appostate nel bilancio al 31.12.2007, pari a circa € 10.000.000, affermando:

“A far tempo dall‟esercizio chiuso al 31.12.2004 il patrimonio sociale è andato completamente perduto per effetto di sopravalutazioni di attività e sottovalutazioni di passività che hanno trovato registrazione solo in successivi esercizi, senza il rispetto del principio di competenza. Il conseguente danno derivante dal ritardato accertamento delle cause di scioglimento, può essere determinato, quanto meno, in un importo di € 10.000.000 … rappresentato dalla perdita evidenziata nel bilancio d‟esercizio chiuso al 31.12.2007, ma, evidentemente, come motivato nel parere rassegnato nel capitolo precedente, di competenza di esercizi precedenti, il che fornisce la prova della sussistenza del rapporto di causalità tra l‟illecito e la perdita che ne è derivata” (p. 25 CTP Luigi Zorloni).

4) Cass., n. 16094 del 2005; Cass. n. 13887 del 2004; Cass., sent. n. 8 del 2003; Cass., n. 7896 del 2002.

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“La curatela fallimentare, per tramite del proprio consulente, ha individuato nel bilancio chiuso al 31 dicembre 2004 il momento in cui il patrimonio sociale è andato completamente perduto per effetto di sopravvalutazioni di attività e sottovalutazioni di passività che hanno trovato registrazione solo in successivi esercizi, senza il rispetto del principio di competenza. Da quanto sopra è conseguito il danno provocato dagli organi sociali ritenuti responsabili delle false rappresentazioni in bilancio, determinato nell‟importo di Euro 10 milioni derivante, appunto dalle sommatorie delle perdite verificatesi nel corso dell‟esercizio 2003 e seguenti, che, al contrario, si sarebbero potute evitare qualora l‟attività societaria fosse stata fermata in tempo opportuno” (Memoria CTP dott.sa Roberta Zorloni, all. 5 Rel. CTU).

Orbene, come ribadito anche dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (sent. n. 9100 del 2015,

cit.), quale che sia o come si voglia denominare il criterio utilizzato per la determinazione del danno

patrimoniale causato dall’ illecita prosecuzione dell’attività economica della società dopo la perdita del

capitale sociale (usuale utilizzo del criterio denominato: “differenza dei netti patrimoniali”), esso deve

considerare due dati ineludibili:

a) non è imputabile agli organi sociali lo sbilancio antecedente la perdita del capitale sociale, perché

effetto di attività economica svolta lecitamente;

b) è essenziale la quantificazione dell’abbattimento che il patrimonio netto avrebbe comunque subito se

la società fosse stata tempestivamente posta in liquidazione a seguito della perdita del capitale sociale.

Come noto, infatti, la sola messa in liquidazione della società – implicando il mutamento della finalità

dell’attività economica e gestionale svolta, non più in continuità aziendale, ma appunto a scopo

liquidatorio – comporta, secondo la dovuta applicazione dei relativi principi contabili (OIC 5, par. 4.1 e

ss), una consistente svalutazione degli asset aziendali attivi, lo storno di alcune poste attive e

l’emersione di alcune particolari poste passive, nonché lo svolgimento di un periodo di liquidazione,

più o meno lungo e complesso a seconda del tipo di attività svolto, il cui risultato economico, per lo più

fisiologicamente negativo, dev’essere considerato.

Orbene, è ovvio che di tali diminuzioni patrimoniali non si può far carico agli amministratori in termini

di quantificazione del danno, poiché, quand’anche essi avessero tempestivamente messo in

liquidazione la società, quelle svalorizzazioni vi sarebbero state comunque, sicché esse non sono loro

imputabili per carenza di nesso di causalità con il comportamento tenuto.

Ne consegue che, ai fini della corretta applicazione del metodo di liquidazione del danno di cui si

discute, è imprescindibile quantificare la svalorizzazione suddetta e, quando non sia possibile tale

quantificazione, nemmeno in via equitativa, il metodo è inutilizzabile (salvo vi sia prova, nel singolo

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caso, dell’insussistenza di tale effetto di abbattimento degli attivi in ragione delle particolarità

organizzative, operative, finanziarie ed economico-patrimoniali della società).

Infine, anche questo è ovvio, la quantificazione del patrimonio netto rispettivamente alla data della

perdita del capitale ed alla data della tardiva messa in liquidazione o della dichiarazione di fallimento

va effettuata secondo criteri contabili omogenei, in particolare, per quel che si è detto, secondo quelli

propri della liquidazione.

Ciò posto si deve considerare che il quesito rivolto al CTU – qui da intendersi integralmente richiamato

- è stato formulato in piena aderenza con le allegazioni e deduzioni attoree, come sopra sintetizzate. Lo

riconosce lo stesso Fallimento, laddove, in comparsa conclusionale (p. 14), afferma che il G.I.

“ammetteva CTU contabile su quesiti speculari a quelli già sottoposti dal Fallimento attore al proprio

CTP”.

Questa premessa è volta a chiarire che, essendo i termini dell’azione proposta quelli come sopra

descritti, non ne è consentita l’immutazione in corso di causa.

In particolare non è consentito al Fallimento, perché si tratterebbe di domanda nuova, richiedere il

risarcimento di un danno diverso da quello come sopra individuato ed invece determinato

“forfettariamente” in ragione della mancata consegna di scritture contabili e della conseguente

disponibilità in capo al Fallimento stesso di documenti inidonei a rappresentare in modo

sufficientemente fedele il patrimonio ed il movimento degli affari della fallita.

Tanto premesso è possibile verificare quale esito probatorio sia stato conseguito circa le allegazioni del

Fallimento attore e se esso abbia assolto agli oneri probatori su di lui incombenti – sopra indicati – sulla

base degli elementi acquisiti al processo.

Dalle risultanze della espletata CTU si evince che le allegazioni attoree sono sfornite della necessaria

base probatoria.

Invero il CTU, rispondendo al primo quesito, ha affermato:

“I documenti prodotti in atti non sono „completi‟ ai sensi di legge e della normativa fiscale e previdenziale di riferimento, tenuto conto del tipo e delle dimensioni dell‟ impresa esercitata. Tra gli altri infatti non sono state depositate le schede di mastro, l‟intera contabilità di magazzino e il libro inventari. A causa di queste gravi carenze, i documenti prodotti non sono capaci di „rappresentare adeguatamente il patrimonio ed il movimento degli affari della società fallita. Il solo libro giornale non è infatti in grado di fornire tali informazioni, essendo imprescindibile la possibilità di risalire ai singoli fatti gestionali, ed alla documentazione a corredo dei medesimi.

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Sulla diligenza nella tenuta delle scritture contabili, il Fallimento eccepisce che le registrazioni riportate sul Libro Giornale sarebbero „irregolari‟ in quanto „riassuntive‟. Tale osservazione non è riscontrabile, stanti le lacune nella documentazione contabile e sociale versata in atti dianzi sottolineate. La mancata produzione in atti della maggior parte dei libri e delle scritture contabili non è ascrivibile ad una originaria mancanza dei medesimi (Cfr. doc. 35/1 e 35/2 Verbali delle verifiche del Collegio Sindacale in atti Fallimento e cfr. doc. 2 e 3 Libro del Revisore in atti Pietrobelli dai quali si evince l‟esistenza dei libri e delle scritture contabili all‟atto dell‟esecuzione delle verifiche), quanto alla mancata consegna degli stessi al Curatore da parte dei Liquidatori, come dichiarato dal Fallimento con Nota del 4 settembre 2013, a seguito di ordine di esibizione del Giudice del 18 giugno 2013. A tale riguardo si segnala la seguente affermazione del CT[P] Dott. Antonio Ranghino: „Lo scrivente comunque, estraniandosi dalla valutazione peritale, ma quale liquidatore sociale della fallita fino alla dichiarazione di fallimento il 13.11.2008, di avere consegnato tutta la documentazione sociale, sia alla società che al Curatore fallimentare e di avere precisamente indicato la giacenza dei documenti sia cartacei che informatizzati utilizzati dalla società fallita fino al momento della dichiarazione di fallimento. Il luogo e la posizione di tali documenti erano stati chiaramente e specificamente indicati al curatore Avv. Iandolo alla presenza del Cancelliere della sezione fallimentare; non si comprende pertanto le ragioni per cui la Curatela non abbia inventariato né certificato la presenza di detti documenti, custoditi in armadi chiusi a chiave al piano terra della sede operativa di detta società in Sannazzaro dei Burgundi, via Vigevano 39. (cfr. Allegato sub 6 – Memoria dott. Antonio Ranghino per European Audit, Antonio Ranghino e Vittorio Ranghino)”.

Sulla base di tali constatazioni e considerazioni, il CTU, quanto ai quesiti sub 2) e 3), ha dichiarato

l’impossibilità di ricostruire la situazione patrimoniale ed economica della società a far data dal

31.12.2003 e fino alla dichiarazione di fallimento e l’impossibilità di esprimere un giudizio sulle

rettifiche indicate dal Fallimento al fine di evidenziare il momento della perdita del capitale sociale ai

sensi dell’art. 2447 c.c.

Assai significativa, in proposito, sul piano qualitativo – va ricordato che la Società svolgeva attività di

progettazione, costruzione, manutenzione ristrutturazione di edifici in veste di appaltatrice – e

quantitativo, la posta relativa a “Lavori in corso su ordinazione”, analizzata dal CTU a titolo di

esempio.

Il Fallimento assume che quella posta,indicata in bilancio al 31.12.2006 per oltre 7,6 milioni di euro,

rappresenterebbe maggiori valutazioni fittizie “effettuate nel corso degli anni” per oltre 5,45 milioni di

euro (CTP Zorloni p. 13 s.).

Orbene, il CTU ha osservato, da un lato che: - secondo il CTP di parti convenute Nicolò, Comitani,

Rapaglia, analizzando i dati di bilancio dal 2002 al 2006 ed in particolare il rapporto tra le rimanenze

ed il fatturato (mantenutosi in un range del 21,5-29 % sino al 2005 e poi esploso al 93,7 %) si perviene

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alla conclusione che le fittizie maggiori valutazioni non possono che essere attribuite solo all’anno

2006; - secondo i CTP dei sindaci terzi chiamati rileva una grave carenza documentale; - secondo il

CTP dei primi revisori, al contrario, l’incremento del valore dei Lavori in corso nell’anno 2006 è

pienamente giustificato “a seguito della mancata definizione di SAL sulle maggiori commesse in

corso”, ed in particolare in ragione dell’incremento delle commesse (da 14 a 28 nel 2006) e del

portafoglio ordini, trovando riscontro nella riduzione della voce fatture da emettere.

A fronte di tale ventaglio di ipotesi – nessuna intrinsecamente illogica o infondata – il CTU non ha

potuto far altro che constatare che la loro verifica implicava la presenza e la disamina della contabilità

completa della Società e che la mancanza “dell’intera contabilità di magazzino, delle schede contabili,

dei libri inventari, dei dettagli di bilancio e di qualsiasi documento di supposto (estratti conto banca,

fatture attive e passive, bolle, ecc.)”, oltre a SAL e SIL, non consentiva tale verifica ed impediva

quindi di considerare tale posta ai fini dell’ individuazione del momento della perdita del capitale

sociale.

Ed ha aggiunto “Ciò rileva per la valutazione dei lavori in corso su ordinazione, come per le ulteriori

rettifiche proposte dal Fallimento” (Rel. CTU p. 11).

Sulla scorta di tali constatazioni e considerazioni, poi, il CTU, con riferimento ai quesiti sub 4) e 5), ha

premesso che il confronto dei patrimoni netti “contabili” (cioè non rettificati in chiave liquidatoria) è

contraddittoria rispetto alle finalità del criterio di quantificazione del danno qui considerato poiché

porterebbe ad assumere a riferimento un’ ipotesi di gestione – quella di “ordinario funzionamento” –

incoerente sia rispetto a quanto si sarebbe verificato in presenza della dovuta liquidazione, sia rispetto a

quanto di fatto si è verificato in presenza di effetto lesivo (la liquidazione del patrimonio in ambito

fallimentare).

Tanto premesso, anche sulla scorta delle considerazioni tecniche svolte dal CTU in proposito (p. 15 s.

Rel. CTU), si deve concludere che il criterio di liquidazione adottato dal Fallimento – cioè

l’identificazione quale effetto dell’illegittima prosecuzione dell’attività economica della Società delle

perdite registrate nel bilancio al 31.12.2007, che reca, come lo stesso Fallimento ha sottolineato,

svalutazioni di competenza di esercizi precedenti (v. supra) - non è corretto e porta ad inaccettabili

conseguenze, in termini di ascrivibilità agli organi sociali di danni il cui collegamento eziologico con i

loro comportamenti è del tutto aleatorio e causalmente indeterminato, se non addirittura certamente

insussistente.

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Invero, va ricordato in proposito che, in base a quanto detto in precedenza, non si è potuta determinare

la data in cui la Società ha perduto il capitale sociale, talché: - non è stato possibile determinare

nemmeno quali svalutazioni dovute sarebbero state di competenza del periodo antecedente alla perdita

del capitale, ed incidenti sulla stessa, e perciò irrilevanti ai fini del calcolo del danno da illecita

prosecuzione; - quali svalutazioni sarebbero state di competenza del periodo successivo, con la

necessità però di scriminare, rispetto a queste ultime, le svalutazioni non incidenti sul calcolo del danno

– quelle che si sarebbero comunque verificate se la società fosse stata posta in liquidazione

tempestivamente – e quelle incidenti, cioè prodottesi come esclusivo effetto della prosecuzione illecita

dell’attività. Emblematica, solo a titolo di esempio, la questione relativa al credito nei confronti di SEA

s.p.a. per € 1.700.000, definitivamente stornato solo nel corso dell’esercizio 2007 per € 1.171.016: il

CTP Zorloni afferma che la svalutazione doveva avvenire già nel corso del 2004 (p. 16 Rel CTP

Zorloni) – così contribuendo ad incrementare le passività impattanti sulla perdita del capitale ed

indifferenti ai fini del calcolo del danno -, ma non la considera tra le rettifiche che ha effettivamente

conteggiato ai fini del calcolo della perdita del capitale sociale (ibidem, p. 12). Dunque lo stesso

Fallimento non ha operato tutte le necessarie svalutazioni dei crediti al 31.12.2004 e tale svalutazione,

impattante sulle perdite registrate al 31.12.2007, è stata indebitamente considerata nel calcolo del

danno risarcibile.

Inoltre, quanto al metodo applicato dal Fallimento risulta comunque che:

a) non è stato configurato e quantificato un patrimonio netto iniziale di liquidazione alla data di asserita

perdita del capitale sociale (31.12.2004);

b) non è stato rideterminato il patrimonio netto alla data della effettiva liquidazione della società

(30.7.2007), considerando che il bilancio al 31.12.2007 è stato pacificamente redatto secondo criteri di

continuità aziendale;

c) non è stato rideterminato il patrimonio netto secondo criteri di liquidazione alla data del fallimento;

d) non sono stati confrontati i patrimoni netti, configurati secondo criteri di liquidazione alla data della

asserita perdita del patrimonio sociale e alla data della liquidazione e della dichiarazione di fallimento.

Tutto ciò comporta che “la somma richiesta a titolo di danno da parte del Fallimento è comprensiva di

rettifiche che la corretta metodologia avrebbe escluso, in quanto incidenti sia sul patrimonio netto

iniziale di liquidazione che su quello finale alla data della effettiva liquidazione o del fallimento” (Rel.

CTU p. 16).

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Il ordine al quesito n. 7, il CTU ha concluso nel senso che, ritenuti non determinabile il momento della

perdita del capitale sociale e non corretta la modalità con la quale il Fallimento ha quantificato il danno

da prosecuzione dell’attività, non è possibile determinare né il momento in cui gli organi sociali

avrebbero potuto accorgersi – secondo diligenza professionale – della perdita stessa, né la frazione

dell’ammontare complessivo attribuibile a ciascuno dei componenti.

Della correttezza delle conclusioni del CTU si rinviene conferma nella relazione redatta dalla dott.sa

Barbara Pravettoni – consulente tecnico del Pubblico Ministero nel parallelo processo penale -,

prodotta dallo stesso Fallimento attore all’udienza del 15 marzo 2015.

La dott.sa Pravettoni, infatti ha:

a) verificato l’incompletezza della documentazione contabile rinvenuta in atti, ai sensi della normativa

civilistica, fiscale e previdenziale, considerando il tipo e le dimensioni dell’impresa, in particolare

riscontrando il mancato reperimento del bilancio alla data del fallimento, libro inventari, schede di

mastro, registri iva vendite ed acquisti a partire dal 2005, fatture emesse e ricevute dal 2005, libro

matricola, libro infortuni, estratti conto bancari (p. 13 rel. Pravettoni).

b) affermato che, in ragione di tale incompletezza, non è stato possibile: - analizzare le operazioni

societarie sotto il profilo gestionale e valutarne i riflessi economici, patrimoniali e finanziari, con

conseguente impossibilità di fornire indicazioni certe in ordine alla composizione delle perdite

emergenti dai bilanci nonché in ordine ad eventuali oneri e spese estranei all’attività di impresa (p. 22,

23 Rel. Pravettoni); - effettuare le dovute verifiche in ordine ai crediti commerciali (p. 30 Rel.

Pravettoni); - effettuare, in ordine alla veridicità dei bilanci, rilievi ulteriori rispetto a quelli relativi ai

mancati accantonamenti relativi a debiti tributari e previdenziali, sanzioni ed interessi nonché alla presa

d’atto della differenza tra crediti indicati nel ricorso per concordato preventivo e crediti recuperati dal

curatore (ibidem); - indicare se e quali operazioni siano state occultate o dissimulate a mezzo di falsità

di bilancio (ibidem); - individuare eventuali atti di sottrazione o dissipazione di carattere finanziario (p.

58 Rel. Pravettoni); - esprimere un parere in ordine alla correttezza nella tenuta delle scritture contabili

(p. 59 Rel. Pravettoni).

Va inoltre sottolineato che, peraltro ragionando con esclusivo riferimento agli omessi accantonamenti

per sanzioni ed interessi, il consulente del Pubblico Ministero, ha collocato la perdita del capitale

sociale al 31.12.2006 (p. 26 Re. Pravettoni). Si tratta di una collocazione posteriore di ben due anni

rispetto a quella proposta dal Fallimento, con conseguenze comunque esiziali sulla domanda svolta

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dall’attore in questa sede, non solo e non tanto perché il collegio sindacale convenuto cessava solo

poco più di sei mesi dopo, ma per la conclamata impossibilità, appunto anche in base alle risultanze

della Relazione Pravettoni, di calcolare in primis il patrimonio netto alla data di perdita del capitale

sociale con criteri liquidatori e poi anche le altre componenti essenziali in cui si concreta l’applicazione

del metodo della “differenza dei netti patrimoniali” (v. supra). A ciò si deve aggiungere che, nell’aprile

2007, MV Costruzioni cedeva in affitto il ramo d’azienda per l’esecuzione dei lavori pubblici, sicché,

pur proseguendo la sua attività in continuità aziendale, tale attività è comunque significativamente

mutata sul piano contenutistico proprio nei primi mesi del 2007.

Infine, si deve sottolineare che lo stesso Fallimento attore ha pacificamente riconosciuto sia in atti

difensivi che nelle memorie tecniche versate in sede di CTU tanto l’incompletezza delle scritture

contabili avute a disposizione e prodotte in atti, quanto la loro incapacità di rappresentare con un

minimo di attendibilità il patrimonio della Società ed il movimento degli affari.

Sulla scorta di quanto considerato sinora, vanno considerate infondate le deduzioni critiche svolte dal

Fallimento in ordine alle conclusioni cui è pervenuto il CTU. Non era infatti possibile in alcun modo,

allo stato degli atti, pretendere che il CTU, come vorrebbe il fallimento, determinasse comunque un

danno in modo “forfettario”.

E ciò sia perché la modalità “forfettaria” di quantificazione del danno allegata dallo stesso Fallimento

si è rivelata del tutto inutilizzabile perché arbitraria ed incapace di rappresentare il danno ricollegabile

al comportamento illecito addebitato agli organi sociali, sia perché, data la configurazione della

domanda attorea, la mancanza, da parte del Fallimento, del riferimento ad altro criterio utilizzabile e le

risultanze pacifiche in punto di insufficiente capacità rappresentativa delle scritture contabili

disponibili, il reperimento d’ufficio di altro criterio di liquidazione del danno, prima che

inammissibilmente viziato da extrapetizione, sarebbe impraticabile. In sostanza, dietro la reclamata

modalità “forfettaria” di quantificazione del danno, l’attore vorrebbe nascondere la palese insufficienza

della prova del nesso di causalità del preteso danno con il comportamento inadempiente ascrivibile ai

convenuti.

Ma soprattutto, sulla scorta delle superiori considerazioni, rimane solo da prendere atto che la stessa

configurazione del comportamento inadempiente, necessariamente da intendere in termini fattuali

concreti, e la concreta manifestazione del danno – mancando la prova del momento in cui il capitale è

stato perduto e dell’ammontare del patrimonio netto di liquidazione al momento in cui la società ha

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perso il capitale ed al momento in cui è stata posta in liquidazione –, risultano entrambe sfornite di

prova.

In conclusione, una volta che il Fallimento – a mezzo delle CTP in atti – ha fondato la quantificazione

del danno sulle perdite come registrate in un bilancio (quello al 31.12.2007) redatto secondo criteri di

continuità ed ha nel contempo affermato che esse sono il frutto di svalutazioni che avrebbero dovuto

essere computate in esercizi precedenti, ma, per un verso, non ha specificato quali di queste

svalutazioni dovevano imputarsi al periodo antecedente alla perdita del capitale, quali si sarebbero

comunque verificate per effetto della liquidazione e quali sarebbero invece dovute alla prosecuzione

dell’attività, e, per altro verso, non è stato possibile effettuare tale discrimine a seguito di apposita

CTU, non resta appunto che accertare la mancanza di prova in ordine al danno ed al nesso di causalità.

* Negli scritti difensivi successivi al deposito della CTU, il Fallimento attore ha tentato di rimodulare

la domanda, da richiesta di risarcimento del danno causato dall’illegittima prosecuzione dell’attività

economica della società dopo il verificarsi della perdita del capitale sociale a richiesta di risarcimento

del danno in presenza di scritture contabili incapaci di rappresentare in modo veritiero e corretto il

patrimonio ed il movimento degli affari della fallita.

Si tratta di un tentativo per un verso inammissibile, poiché incorre nel divieto di mutatio libelli (v.

postea), ma comunque infondato.

Anzitutto va detto che dal fondamentale arresto delle Sezioni Unite, già citato, si desume un’

importante distinzione tra:

- la domanda attorea nei cui ambito la mancanza/inidoneità rappresentativa delle scritture contabili, in

presenza di allegazione di diverso ed autonomo addebito, sia da considerare deduzione rilevante ai fini

probatori;

- la domanda attorea nel cui ambito la mancanza/inidoneità rappresentativa delle scritture contabili

assurga essa stessa ad addebito mosso ai componenti degli organi sociali convenuti, e, dunque, a

componente essenziale della causa petendi.

Quanto al primo caso, la Corte di Cassazione ha affermato che: - l’assenza od inidoneità

rappresentativa delle scritture contabili non esime il Fallimento attore dall’allegare in modo

“qualificato” il comportamento illegittimo, causativo del danno, addebitato agli organi sociali; - la

mancanza/inidoneità rappresentativa delle scritture contabili non può di per sé giustificare una

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inversione dell’onere probatorio incombente all’attore, aggiungendo “appare evidente che l’eventuale

impossibilità di stabilire ciò di cui gli organi della società fallita potrebbero essersi resi responsabili

non giustificherebbe comunque la proposizione alla cieca di un’azione di responsabilità …”; - sono

praticabili criteri alternativi di accertamento del danno, in via equitativa, ex art. 1226 c.c., purché

giustificati da circostanza da cui si desuma l’ impossibilità di accertare altrimenti il danno (es., appunto,

la mancanza o inattendibilità delle scritture contabili) e purchè il ricorso al criterio alternativo utilizzato

sia “logicamente plausibile” rispetto alle circostanze del caso concreto.

Quanto al secondo caso, come si diceva, la Corte di Cassazione ha escluso che, nemmeno in astratto,

sia ricollegabile a quell’addebito un danno quantificato in termini di sbilancio attivo/passivo

fallimentare.

Orbene, nel caso di specie:

- nessun comportamento negligente è stato allegato dal Fallimento attore quale addebito risarcitorio nei

confronti dei convenuti, diverso ed ulteriore rispetto alla illecita prosecuzione dell’attività economica

della società dopo la perdita del capitale sociale;

- il Fallimento non ha chiesto di liquidare il danno in misura pari allo sbilancio attivo/passivo

fallimentare (sebbene si rinvenga in atti qualche accenno che però non può assurgere a vera e propria

allegazione e domanda);

- il criterio di liquidazione equitativa proposto dal Fallimento si è rivelato, per quel che si è detto sopra,

del tutto implausibile, sul piano logico e fattuale, rispetto alle circostanze del caso;

- il criterio di liquidazione equitativa denominato “differenza dei netti patrimoniali” si è rivelato non

applicabile.

Va infine sgomberato il campo da un altro possibile equivoco ingenerato dalle difese attoree, ovvero

che il danno richiesto sia ricollegato o ricollegabile in sé al comportamento illecito costituito dalla

mancata tenuta o conservazione o occultamento o sottrazione delle scritture contabili o dalla loro tenuta

in modo così irregolare da minarne la capacità rappresentativa.

Così intese le deduzioni attoree successive al deposito della CTU, risulterebbero inammissibili per

evidente mutatio libelli: da danno derivante da illegittima prosecuzione dell’attività economica dopo la

perdita del capitale sociale a danno derivante dalla mancata/irregolare tenuta delle scritture contabili.

In ogni caso la domanda sarebbe da rigettare e non solo per l’evidente mancanza di connessione tra tale

addebito ed il danno richiesto.

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Anzitutto, quanto alla irregolare tenuta delle scritture contabili, sia il CTU che la consulente tecnica del

Pubblico Ministero hanno negato di potersi esprimere: esula quindi la prova dell’inadempimento.

Quanto alla mancata tenuta delle scritture contabili, va sottolineato che risulta in modo chiaro agli atti

che la Società ebbe a tenere le scritture contabili. Lo si desume, tra l’altro, dai verbali delle verifiche

del collegio sindacale e dalle risultanze del libro del revisore depositato dal Pietrobelli (doc. 35.1, 35.2

att.; doc. 2 e 3 Pietrobelli; p. 6 CTU). Questo dato, del resto, non è contestato dal Fallimento.

Ciò posto, non di omessa o irregolare tenuta è possibile discutere, quanto invece di smarrimento,

occultamento o sottrazione dell’impianto contabile della Società.

Tali condotte non sono certamente ascrivibili agli odierni convenuti: non al primo collegio sindacale,

cessato il 10 luglio 2007, considerando che il successivo – che ebbe ad operare correttamente anche

secondo l’attore - non ha rilevato carenze del genere e che esse non sono emerse nemmeno in fase

concordataria; non all’amministratore, per gli stessi motivi (la società è entrata in liquidazione il 30

luglio 2007) e perché il liquidatore Antonio Ranghino non si è difeso affermando di non avere ricevuto

la documentazione contabile della Società da Racioppo, ma, al contrario, di averla avuta a disposizione

e di averla consegnata al curatore; non ai revisori, che nemmeno sono tenuti alla custodia e consegna al

curatore delle scritture contabili della società.

Si è dunque svolto un acceso contraddittorio in ordine alla circostanza se il liquidatore Antonio

Ranghino avesse informato il curatore di avere lasciato scritture e documenti contabili presso la sede di

San Nazzaro De’ Burgondi o se invece ciò non sia mai accaduto.

Ebbene, la circostanza risulta comunque irrilevante ai fini del decidere, poiché, con riferimento ai

convenuti diversi da Antonio Ranghino, è pacifico che essi non hanno avuto alcuna parte nella vicenda

relativa allo smarrimento/occultamento dei documenti in questione e, con riferimento al Ranghino, le

domande nei suoi confronti sono state svolte con riferimento all’inadempimento ai suoi doveri di

revisore della Società, mentre il Fallimento ha esplicitamente ed ampiamente dedotto, sin dall’atto di

citazione, sui motivi per i quali ha deciso di non agire nei confronti dei liquidatori, in primis dunque lo

stesso Ranghino, dovendosi constatare che i doveri di tenuta, conservazione e consegna delle scritture

contabili al curatore incombono appunto al liquidatore.

Sulla scorta delle precedenti considerazioni le domande attoree devono essere rigettate nei confronti di

tutti i convenuti.

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III) Il regime delle spese di lite e la domanda di risarcimento del danno da lite temeraria proposta dal terzo chiamato Paolo Pietrobelli.

Il regime delle spese è regolato dal principio di soccombenza, di cui agli artt. 91 e ss. c.p.c. nel rapporto

tra attore e convenuti, ma va necessariamente integrato con l’applicazione della regola di imputazione

della causazione della chiamata, in forza del quale l’attore soccombente verso il convenuto deve altresì

rifondere le spese di giudizio al soggetto terzo chiamato, salvo che la chiamata in causa del terzo sia

“palesemente arbitraria” (5).

Nel caso di specie, il Tribunale considera senz’altro giustificate le chiamate in causa di tutte le

compagnie di assicurazione, trattandosi di chiamate in garanzia, ed invece ingiustificate le chiamate in

causa, da parte di European Audit, Antonio Ranghino, Vittorio Ranghino, del Domanico, del secondo

collegio sindacale (Galliani, Gatti, Pozzi) e del secondo revisore (Pietrobelli).

Quanto al Domanico, in atto di citazione per chiamata di terzo i chiamanti hanno svolto allegazioni

molto generiche, ammettendo che non vi erano prove documentali a supporto della tesi secondo cui egli

avrebbe svolto la funzione di amministratore di fatto e rimettendo l’acquisizione della prova sul punto a

testimonianze che sarebbero state richieste (p. 39 atto ci citazione). Come articolate in atto di citazione

per chiamata di terzo tali testimonianze, tuttavia, sono inammissibili per omessa indicazione dei

capitoli di prova e, in memoria ex art. 183 comma 6 n. 2, parti chiamanti non hanno chiesto

l’ammissione di alcuna prova testimoniale in ordine alla posizione del Domanico. E’ appena il caso di

aggiungere, che l’episodio relativo alla consegna, da parte del liquidatore Antonio Ranghino, a persona

“presumibilmente incaricata” da Domanico, di parte della documentazione contabile, avvenuto in tesi

circa un anno dopo la dichiarazione del fallimento, nulla dice in ordine all’esercizio, da parte del

Domanico medesimo, in modo continuativo e significativo di poteri gestori tipici dell’amministratore.

Si aggiunga che non risultano deduzioni circa i rapporti tra l’amministratore di diritto Ricioppo,

pacificamente operativo, ed il Domanico, rapporti invece che avrebbero dovuto essere spiegati da chi,

come i chiamanti, assumevano che anche il secondo avrebbe esercitato poteri gestori. 5) Cfr., tra le tante: Cass., n. 7431 del 2012; Cass., n. 12301 del 2005.

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In conclusione, la domanda proposta nei confronti del Domanico risulta arbitraria, anche se la sua

proposizione non appare connotata addirittura da grave colpa, trattandosi pur sempre del socio di

maggioranza, nei cui confronti sono state prefigurate prove testimoniali a carico (pur poi non richieste)

e menzionato con riferimento ad un episodio non chiaro di consegna delle scritture contabili.

Ne deriva che le spese di giudizio del Domanico, in applicazione dei principi meglio sopra illustrati,

devono essere rimborsate dai chiamanti in causa, in solido tra loro.

Quanto al secondo collegio sindacale, dalle deduzioni rese in proposito dal Fallimento sin dall’atto di

citazione, dalle difese degli stessi convenuti nonché dalle risultanze della Relazione Pravettoni, in

particolare risulta che i sindaci, peraltro onerati del solo controllo di legalità della gestione in presenza

del revisore, hanno svolto le verifiche contabili in modo assai critico e con cadenza più frequente del

dovuto, hanno censurato il bilancio al 31.12.2006 evidenziando l’omessa considerazione dei rischi e

perdite in corso di esercizio e l’omesso accantonamento di fondo per sanzioni ed interessi per mancato

pagamento di imposte e tasse, hanno ottenuto importanti svalutazioni di crediti, hanno indotto

l’amministratore alla liquidazione convocando assemblea ex art. 2406 c.c., hanno espresso una “no

opinion” in ordine al bilancio al 31.12,2007 e, depositata domanda di concordato, non si può pretendere

che essi si accorgessero della non correttezza della attestazione del piano concordatario (il cui unico

indizio è peraltro costituito dalle considerazioni svolte sul punto dalla dott.sa Pravettoni: cfr. p. 32, 43 e

s. Rel. Pravettoni), il tutto in un contesto in cui lo stesso Fallimento dubita fortemente che vi sia stato

un incremento di perdite nel periodo della liquidazione e fino alla domanda di concordato preventivo

(30.7.2007-9.5.2008: p. 23 e s. CTP L. Zorloni). I terzi chiamati non hanno proposto domanda ex art.

96 c.p.c.

Quanto al secondo revisore Pietrobelli: - va sottolineata l’assoluta genericità della chiamata in causa,

sostanzialmente immotivata e totalmente carente di allegazione in ordine ai doveri ed obblighi

professionali del revisore che, in ipotesi, fossero stati violati (p. 40 atto di citazione per chiamata di

terzo); - va notato che in atto di citazione il Pietrobelli viene soltanto menzionato con riferimento

all’assunzione della carica, in un contesto di ampie deduzioni in ordine sia alla responsabilità dei

“primi revisori” sia alla mancata citazione del secondo collegio sindacale; - il corretto operato del

Pietrobelli risulta non solo dalle difese svolte dallo stesso, ma soprattutto dalla citata Relazione del

dott. Zorloni (p. 17 e s.) e dalla Relazione della dott.sa Pravettoni (p. 39 e s.), dove si dà atto che il

medesimo ebbe a mettere in evidenza ripetutamente le criticità relativi ai crediti verso clienti, ebbe a

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dare atto del mancato versamento di imposte e contributi con aggravio delle relative sanzioni, già dal

20 novembre 2007 ebbe ad avvertire circa la carenza del requisito della continuità aziendale,

esprimendo poi rilievi critici e un giudizio di “no opinion” in ordine al bilancio al 31.12.2007 molto

rilevante in ordine allo sviluppo successivo delle vicende della Società, posta in concordato preventivo

dal 19 maggio 2008.

Ma soprattutto: poiché il Pietrobelli è succeduto ad European Audit ed Antonio Ranghino nel suolo di

revisore, e poiché il Fallimento non ha proposto azione nei confronti di Antonio Ranghino quale

liquidatore, era comunque assolutamente improbabile un concorso dei chiamanti in causa con il

chiamato, e quindi la sussistenza di una solidarietà tra loro nell’obbligo risarcitorio, in applicazione del

generale principio per cui (salvo eccezioni qui non allegate) ciascuno dei componenti degli organi

sociali e il revisore rispondono dei danni causati dagli atti di esercizio delle loro funzioni, dunque

limitatamente al periodo in cui sono stati in carica, e non per i danni provocati da altri nei diversi

periodi di esercizio delle loro funzioni. Emerge dunque una radicale carenza di interesse ad agire

rispetto alla domanda di manleva proposta da parti chiamanti nei confronti del Pietrobelli.

Sulla scorta di tali considerazioni emerge non solo la palese arbitrarietà della chiamata in causa ma

anche la fondatezza della domanda proposta dal terzo chiamato Pietrobelli, nei confronti dei chiamanti,

di risarcimento del danno da lite temeraria ex art. 96 c.p.c.

Spetta dunque al terzo chiamato Pietrobelli il risarcimento del danno da lite temeraria ex art. 96 c.p.c.,

danno da commisurarsi equitativamente in relazione al tempo ed alle energie profuse dalla parte sia per

contrastare le infondate pretese dei chiamanti (reperimento di documenti, contatti con i difensori, ecc.),

sia per il disagio costituito dal dover resistere in giudizio ad un'iniziativa destituita di ogni fondamento,

iniziativa peraltro coinvolgente la sua immagine di professionista (il Pietrobelli è iscritto all’albo dei

dottori commercialisti di Vicenza). Per giurisprudenza costante di questo Tribunale tale danno è

liquidato equitativamente in misura pari all'ammontare delle spese processuali. Tale criterio è qui da

confermare anche in relazione alla durata e complessità del processo e della qualifica professionale del

Pietrobelli.

* Ne risulta, in punto di regime delle spese processuali, che:

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a) parte attrice Fallimento MV Costruzioni Generali s.p.a. deve essere condannata a rifondere a parti

convenute Giuseppe Nicolò, Sebastiano Rapaglia, Gianni Comitani, in solido tra loro, le spese di lite,

che si liquidano in € 38.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali (15%), IVA e CPA

come per legge;

b) parte attrice deve essere condannata a rifondere le spese di lite a parti terze chiamate dai convenuti

Nicolò, Rapaglia, Comitani e cioè: - a Società Reale Mutua Assicurazioni ed a Milano Assicurazioni

(Divisione La Previdente), le spese di lite che si liquidano, considerando che esse sono difese dallo

stesso procuratore (Avv. Del Borrello) nonché l’identità del processo e la parziale identità delle

tematiche difensive, in € 25.000 per compensi professionali, oltre spese generali (15 %), IVA e CPA

per ciascuna di esse; - a Unipol Assicurazioni, le spese di lite che si liquidano in € 192,00 per spese, €

21.387,00 per compensi professionali (come da nota depositata), oltre spese generali (15 %), IVA e

CPA come per legge;

c) parte attrice deve essere condannata a rifondere a parti convenute European Audit s.r.l., Vittorio

Ranghino, Antonio Ranghino, in solido tra loro, le spese di lite, che si liquidano in € 34.800,00 per

compensi professionali (come da nota depositata), oltre spese generali (15%), IVA e CPA come per

legge;

d) parte attrice deve essere condannata a rifondere le spese di lite ad alcune delle parti terze chiamate in

garanzia dai convenuti European Audit s.r.l., Vittorio Ranghino, Antonio Ranghino e segnatamente: -

ad Assicuratori dei Lloyd’s, le spese di lite che si liquidano in € 30.000 per compensi professionali,

oltre spese generali (15 %), IVA e CPA; - a RSA – SUN Insurance Office Limited, le spese di lite che

si liquidano in € 30.000, oltre spese generali (15 %), IVA e CPA come per legge;

e) parti convenute European Audit s.r.l., Vittorio Ranghino, Antonio Ranghino devono essere

condannate a rifondere le spese di lite: - a Giovanni Domanico, le spese di lite che si liquidano in €

30.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali (15%), IVA e CPA come per legge; - a parti

terze chiamate Galliani, Gatti, Pozzi, in solido tra loro, spese che si liquidano in € 38.000,00 per

compensi professionali, oltre spese generali (15%), IVA e CPA come per legge; - a parte terza

chiamata Assicurazioni Generali, le spese di lite che si liquidano in € 20.250,00 per compensi

professionali (come da nota depositata), oltre spese generali (15 %), IVA e CPA come per legge; - a

parte terza chiamata Pietrobelli, spese che si liquidano in € 30.000,00 per compensi professionali, oltre

spese generali (15%), IVA e CPA come per legge.

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Sulla scorta delle considerazioni svolte al cap. II), le spese di CTU devono essere poste in via definitiva

in capo al Fallimento attore.

P.Q.M.

Il Tribunale di Milano, Sezione Specializzata in materia di impresa B, in composizione collegiale, definitivamente pronunziando nella causa civile di cui in epigrafe, respinta, assorbita o rigettata ogni ulteriore o contraria domanda, istanza, eccezione e deduzione, così provvede: I) RIGETTA le domande di parte attrice FALLIMENTO M.V. COSTRUZIONI GENERALI

S.p.A.

II) CONDANNA parte attrice FALLIMENTO MV COSTRUZIONI GENERALI S.P.A. a rifondere

a parti convenute GIUSEPPE NICOLÒ, SEBASTIANO RAPAGLIA, GIANNI COMITANI, in

solido tra loro, le spese di lite, che si liquidano in € 38.000,00 per compensi professionali, oltre

spese generali (15%), IVA e CPA come per legge; a rifondere a parte terza chiamata SOCIETÀ

REALE MUTUA ASSICURAZIONI S.P.A. le spese di lite che si liquidano, in € 25.000 per

compensi professionali, oltre spese generali (15 %), IVA e CPA; a rifondere a parte terza chiamata

MILANO ASSICURAZIONI S.P.A. le spese di lite che si liquidano, in € 25.000 per compensi

professionali, oltre spese generali (15 %), IVA e CPA; a rifondere a parte terza chiamata UNIPOL

ASSICURAZIONI S.P.A., le spese di lite che si liquidano in € 192,00 per spese, € 21.387,00 per

compensi professionali, oltre spese generali (15 %), IVA e CPA come per legge; a rifondere a parti

convenute EUROPEAN AUDIT S.R.L., VITTORIO RANGHINO, ANTONIO RANGHINO, in

solido tra loro, le spese di lite, che si liquidano in € 34.800,00 per compensi professionali, oltre

spese generali (15%), IVA e CPA come per legge; a rifondere a parte terza chiamata

ASSICURATORI DEI LLOYD’S le spese di lite che si liquidano in € 30.000 per compensi

professionali, oltre spese generali (15 %), IVA e CPA; a rifondere a parte terza chiamata RSA –

SUN Insurance Office Limited le spese di lite che si liquidano in € 30.000, oltre spese generali (15

%), IVA e CPA come per legge.

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III) CONDANNA parti convenute European Audit s.r.l., Vittorio Ranghino, Antonio Ranghino, in

solido tra loro, a rifondere a parte terza chiamata GIOVANNI DOMANICO, le spese di lite che si

liquidano in € 30.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali (15%), IVA e CPA come

per legge; a rifondere le spese di lite a parti terze chiamate ROBERTO FLAVIO GALLIANI,

MILENA POZZI, ANNALISA GATTI, in solido tra loro, spese che si liquidano in € 38.000,00 per

compensi professionali, oltre spese generali (15%), IVA e CPA come per legge; a rifondere le spese

di lite a parte terza chiamata ASSICURAZIONI GENERALI S.P.A., spese che si liquidano in €

20.250,00 per compensi professionali, oltre spese generali (15 %), IVA e CPA come per legge; a

rifondere le spese di lite a parte terza chiamata PAOLO PIETROBELLI, spese che si liquidano in €

30.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali (15%), IVA e CPA come per legge.

IV) CONDANNA parti convenute European Audit s.r.l., Vittorio Ranghino, Antonio Ranghino, in

solido tra loro, ex art. 96 c.p.c. a risarcire a parte terza chiamata PAOLO PIETROBELLI il danno

da lite temeraria, danno che si liquida in € 30.000,00, oltre interessi legali dalla data della sentenza

al saldo.

V) PONE, in via definitiva, le spese della consulenza tecnica, così come liquidate con decreto in

data 2-5.8.2014, in capo a parte attrice FALLIMENTO MV COSTRUZIONI GENERALI S.P.A.

Milano, 11 giugno 2015

Il Presidente Il Giudice est.

VINCENZO PEROZZIELLO ANGELO MAMBRIANI

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