SENATO DELLA REPUBBLICAsi'e:dadietro un tavolo edhe abbia davan~ ti a sè l'eseroizio...

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SENATO DELLA REPUBBLICA V LEGISLATURA 578a SEDUTA PUBBLICA RESOCONTO STENOGRAFICO GIOVEDì 25 NOVEMBRE 1971 (Antimeridiana) "~~~m Presidenza del Vice Presidente CALEFFI, indi del Vice Presidente SPATARO e del Vice Presidente GATTO INDICE CONGEDI . . . . . . . . . . Pag.29221 DISEGNI DI LEGGE Seguito della discussione: « Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 1972» (1861); « Rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 1970» (1862): PRESIDENTE BORSARI Cuccu . DE VITO NENCIO~I . 29221 e passim . 29242 . 29221 . 29251 . 29235 fIPOGRAFIA DE.L SENATO (1150)

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  • SENATO DELLA REPUBBLICAV LEGISLATURA

    578a SEDUTA PUBBLICA

    RESOCONTO STENOGRAFICO

    GIOVEDì 25 NOVEMBRE 1971(Antimeridiana)

    "~~~m

    Presidenza del Vice Presidente CALEFFI,

    indi del Vice Presidente SPATARO

    e del Vice Presidente GATTO

    INDICE

    CONGEDI . . . . . . . . . . Pag.29221

    DISEGNI DI LEGGE

    Seguito della discussione:

    « Bilancio di previsione dello Stato perl'anno finanziario 1972» (1861);

    « Rendiconto generale dell'Amministrazionedello Stato per l'esercizio finanziario 1970»(1862):

    PRESIDENTE

    BORSARI

    Cuccu .DE VITONENCIO~I

    . 29221 e passim. 29242. 29221. 29251. 29235

    fIPOGRAFIA DE.L SENATO (1150)

  • Senato della Repubblica ~ 29221 ~ V Legislatura

    578a SEDUTA (antimerid.) ASSEMBLEA ~ RESOCONTO STENOGRAFICO 25 NOVEMBRE 1971

    Presidenza del Vice Presidente C A LEf FI

    P R ,E S I ,D E N T E. La seduta è~perta (ore 10).

    Si dia .lettura del processo verbale.

    G E R M A N Ò, Segretario, dà letturadel processo verbale della seduta antimeri~diana del giorno precedente.

    P RES I n E N T E. Non essendorvi os~seJ1Vazioni, i.l processo verbale è alP'Pro~vato.

    Congedi

    .p R :E S I D E N T E. Comunico cheha dhiesto congedo i.l senatore Arnone pergiornI 10.

    Seguito della discussione dei disegni dilegge:

    {( Bilancio di preVISIOne dello Stato perl'anno finanziario 1972» (1861);

    {(Rendiconto generale dell'amministrazionedello Stato per l'esercizio finanziario1970» (1862)

    P RES I n E N T E. L'ordine del igior~no reca

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    25 NOVEMBRE 1971

    V Legislaturù

    578a SEDUTA (antimerid.) ASSEMBLEA ~ RESOCONTO STEN0GRAFICO

    incognite)} aveva detto il nostro Ministro deltesoro; e il senatore Valsecchi non trascuradi citarlo a giustificazione del suo atteggia~mento di cautela e di ìprudernza, de1 suo at~teggiamento giustificazionistico rispetto aimolti capitoli che dovrebbero essere di co~pertura per i bisogni del Paese e che invecenon lo sono. È un atteggiamento, a mio pa-rere, decorosamente modesto, realistico eresponsabile anche se per niente spaurito,cui fa eco stonata un dotto documento delMinistro del tesoro « sulle previsioni di cas-sa per l'esercizio 1972 ».

    Il Ministro introduce una problematica dimetodologia sulla concezione stessa del bi~lancio (se esso debba essere di competenzao di cassa, fondato sugli accertamenti e sugliimpegni oppure sugli incassi e sulle eroga~zioni) e ciò anohe ~ è detto testua'1mente ~

    « per ,Ie 'SOililecitazioni della Comm;lssione del~la Comunità europea)} rper rIa lpresentalzionedei dati del hila:noio itall:iano ,in temnini dioperazioni .eli cassa ({ anallog8Jmente a quantopraticato dagli altri Paesi membri della Co-munità nel quadro del processo di armoniz~zazione da attuare nella prima tappa dellaunione economica e monetaria europea )}.

    Di queste opposte forme di bilancio e dialtre intermedie (di debiti e crediti, di diritticonstatati) vengono dati esempi applicati neiPaesi delJa Comunità e in altri del mondooccidentale. Lo studio è naturalmente di no-tevole impegno e suscita interesse, ma a leg-gerlo per intero parrebbe quasi che il pro-blema principale di questo bilancio nazio-nale italiano, che non trova molti punti diquadra tura tra le sue parti di entrata e dispesa e meno ancora rispetto alle risorse delPaese e ai bisogni della popolazione nazio-nale, fosse, per chi lo ha compilato, di spie-garne le inadeguatezze di metodo, di tecnicacontabile meramente formale, ed allo stessotempo quello di rilanciare con esso traguardisplendidi di unità europea, che così diventaun po' come il grido di « Viva Garibaldi! }}

    ,delle v'ccchie compagnie teatrali nei momerntidi difficoltà.

    Questo orgoglio per la Patria europea ame pare un pò sproporzionato nella sede incui ci troviamo a discutere, che è la previ~sione del bilancio nazionale per il 1972. Non

    che sia fuori posto o fuori luogo, in assoluto,il riferimento al nostro rapporto con la Co~munità europea, che è un fatto reale. A mepare sproporzionata alla dimensione che hail bilancio economico del Paese, e questo bi~lancio in particolare, l'euforia europeisticache circola nei documenti di presentazione.Siamo un Paese che ha dei trasporti ridotti,direi, all'essenziale e ancor meno, senza unmedico a bordo in quelli marittimi, per nonparlare di altre deficienze drammatiche edindecorose nei periodi di alta stagione turi-stica, e i Icui tra'siPO'rti aerei lsi svollgO'no conuna tumultuosità da far semplicemente pau~ra (e tra l'altro non esiste un posto di medi-cazione a Fiumicino, nella aerostazione dellelinee nazionali, dove transitano normalmen-te centinaia di migliaia di persone), mentrei trasporti ferroviari arrancano per andardietro faticosamente ai progressi degli altriPaesi, quanto a tempestività e modernità diservizi per i passeggeri, ma soprattutto quan~to a calpaiCÌtà, prontezza ed efficienza di mezzie di personale in rapporto al trasporto dellemerci, sia interno (con le isole in partico~lare) sia internazionale.

    Mi riferisco ai dati del bilancio, oltre chealle cronache dell'anno. Siamo un Paese incui i servizi sanitari registrano delle file, ne-gli uffici dell'INAM e degli altri enti mutua-listici, che chiamerei di tipo indiano; unPaese che adotta trattamenti previdenzialiche risentono ancora di una fase sperimen~tale che altrove era propria dell'inizio delsecolo e che ci accostano visibilmente ad al~cuni Paesi dell'America Latina; un Paese inoui i vmcoJi rdemaniali e le servitù :m~litaTinellie lcoste di tJutta la IPenisola e delle Iso~le hanno runa tal,e estensione per cui unoscraniero distratto, 'Specie se di quaJlchePaese democratico, può tranquirltlamentesC3Jmbiarci con 1131Grecia o coir Portogallo.,Siamo un Paese 'Che ha U1n'3Jmm.inistrazio~ne !pubblica, ed un'ammini1strazione agri~(cola .in modo IpartkoléUre, 'Suddivisa in ha~ronie e 'Contee e marclhesati, come (nell'aSpagna del '700, dove ogni funzionario chesi'e:da dietro un tavolo e dhe abbia davan~ti a sè l'eseroizio ,di run ,capitolo di bilan-do, Io éUmministra COlme se 'Si tlrattasse diuna sua proprietà personale; un Paese in cui

  • V LegislaturaSenato della Repubblica ~ 29223 ~

    25 NOVEMBRE 1971578a SEDUTA (antimerid.) ASSEIv1BLEA ~ RESOCONTO STENOGRAFICO

    i lavori pubblici, negli ottomila centri abitatidella Penisola e nelle ottomila comunìtàumane che li compongono, sono ancora asse~gnati in forza di un meccanismo di racco~mandazione, di ministri e sottosegretari, dicardinali e vescovi ~ anche se molto menodi prima ~, di uomini politici comunque,che in tal modo non sono più rappresentantidel popolo, ma sono, direi, più o meno dotatischermidori in questa sorta di battaglia quo~tidiana per l'acquisizione dei pubblici finan~ziamenti: proprio come ai tempi del governopontificio di qualche secolo fa. Siamo unPaese in cui gran parte delle popolazioni dialcune città marittime ~ come ad esempioGenova, Cagliari, Napoli, Palermo ~ e si

    tratta di decine di migliaia di persone, abi~tana nei « sottani» come al tempo dell' etàdella pietra; e nelle grandi città industriali,nel'la Iperiferia o anche al centro di esse,s, formano deIlle squalhde bidonvilles, cOInire relativ,e condizioni e necessità di ooabi~tazioni forzate, che oi proiettano !!leJla RlUs~sia d~gli anni '20. Siamo ,un Paese senzas'Cluole, o con !sclUo.le senza auLe su:fficien~t,i, senza professori, ,senza programmi ip're~dsi, seJ1Jza !Un indi,rizzo culturalE; che al dibumi .ddla scuota serva da ,polo di rife~rimento Iper ila oultura di base, ,per ,la oUlI~tura del popolo, cosicchè si è detto e non dauna sola parte che oltre il 50 per cento degliitaliani non conosce il nome del Presidentedella Repubblica ed ignora il significato diquesta alta carica. Siamo un Paese in cui lastessa amministrazione giudiziaria, indipen~dente, è invece priva di indipendenza; perchèè priva di personale, di giudici al centro enella periferia (ci sono centinaia di preturesenza p~etori), priva di cancellIeri, di dattilo~grafi c d'i maaclhi'ne ,per s,cIìiv,ere. priva in~somma dei mezzi umani e materiali di lavoroquotidiano; per cui la nostra amministrazio~ne giudiziaria corre dietro ai grandi processiche fanno i grandi titoli dei giornali, le gran~di dispute nei convegni degli specialisti, chefa,nmo eoo nell'opinione pUibblica, ma è solf~focatae sOill1lIIlcrsa da lUna montalgna dipratiche di giustizia minore inapplicata, cheè quella che maggiormente deve essere cu~

    rata e che, non curata, crea basi e premesseahimè tanto estese a quella giustizia mag~

    giare che va sulle colonne dei giornali, delu-dendo ed alienando in definitiva la 'Coscienzamorale e lo stesso retto senso della giustiziain gran parte del popolo italiano.

    Ebbene, questo nostro Paese non trovaaltro che appellarsi all' orpello comunitarioper giustificare la modestia del bilancio dicompetenza del 1972 e delle prospettive, cheper l'anno prossimo vi si riflettono, di unqualche miglioramento delle condizioni divita del popolo italiano. Siamo un Paese in~somma ~ per dare una sintesi conclusiva diquesto argomento ~ che con tutto il suopatriottismo comunitario è privo dei mezzifinanziari che occorrono per le minime ri-forme necessarie all'adeguamento non tantodelle sue statistiche di produttività e di red~dito a quelle di altri Paesi più avanzati, quan~to delle condizioni di vita del Paese stessorispetto ad esigenze elementari che da trop~po tempo chiamano soddisfazione.

    Ecco, noi siamo un Paese che deve trovarei propri connotati nazionali, con modestiapiù concreta, perchè senza connotati nazio~nali non è possibile fare decorosamente nes~suna politica internazionale, neppure la po-litica comunitaria, e non si può avere nes-suna pretesa di condurre alla pari con glialtri membri della CEE un discorso serio suuna Europa unica e comune.

    Più 'verosimilmente, dunque, il prDblema èdi sostanza, non di metodologia, giacchè siail bilancio di competenza che quello di cassao quelli intermedi debbono sempre far capoall'oggetto della contabilità previsionale, ecioè al reddito e ai consumi, e al cespite tri~butario che se ne ricava, oltre che alla capa~cità economica di attingere alcune spese almercato dei capitali, il quale esiste in quantoci sia reddito; diversamente neppure a quel~lo si può fare ricorso.

    Redditi e consumi, dunque, da una partee tributi dall'altra. Se calano i redditi calanoi tributi; ed ogni metodologia previsionaledipende da questa interrelazione diretta chenon si lascia aggirare da nessun sofisma.

    È d'altronde il pensiero del nostro Mini~stro delle finanze, che in una sua dichiara~zione sullo stato del gettito tributario, pub~blicata qualche giorno fa dalla stampa qua-lificata, ha reso note sue riflessioni e consi-

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    578a SEDUTA (antimerid.) ASSEMBLEA-RESOCONTO STENOGRAFICO

    derazioni, riferite a dati in parte conosciutile ad opinioni aiblba:stanza diffuse .in ambientiben definiti. Dice il Ministro delle finanze:« Il gettito tributario nei primi dieci mesidell'anno ha superato di 872 miliardi le en-trate del periodo corrispondente del 1970,anche per effetto dell'inflazione e degli au-menti di imposte votati a suo tempo con ilcosiddetto decretone. Purtroppo però siamomolto al di sotto delle previsioni: la diffe-renza in meno nelle entrate rispetto alle pre-visioni è di 723 miliardi, pari al 7,27 percento ». E prosegue: « Ormai non è più ilcaso di illudersi per il 1971. Mancano appenadue mesi alla fine dell'anno ed è chiaro cheanche nella più ottimistica delle ipotesi leentrate del 1971 saranno inferiori di un 5per cento molto abbondante rispetto alleprevisioni. Non vi erano precedenti del ge-nere ~ egli dice ~ ,nella storia tfisca'le

    d'Italia ».Le Iconseguenze sono ovvie. « È dhiaro ~

    egli affeI1ma~ 'Che con 700 lilli11liardiin menodi entrate tributarie aUa fine IdeJl!'anno non viisarà la possibilità di far fronte, senza inde-bitamento, alle numerose spese programma-te ». Il Ministro rileva che avrebbe resistitorispetto alle previsioni soltanto !'imposta suipatrimoni e sul reddito (il che naturalmentevale un elogio alla funzionalità degli ufficitributari del Paese) « ma tutti gli altri set-tori di imposizione ~ egli dice ~ legati

    al giro di affari e ai consumi hanno risentitodella congiuntura economica tutt'altro chefavorevole che noi attraversiamo ». E secon-Ida i,l Ministro non bisogna fa~si trarre ininganno da « ipotesi ottimistiche» e da « sen-saz,ioni molto aleatorie ». « Lo stesso fatto

    ~ anche questo riferimento è incontestabi-

    le ~ che non solo il numero dei lavoratorioccupati nell'industria, ma ancora più il nu-mero delle ore lavorative continuano a dimi-nuire, sta a dimostrare che la situazione èseria e che non vi sarà ripresa economica senon si ristabilirà un clima di fiducia ».

    Su riflessioni di questa natura difficilmen-te si può dissentire ed io sono qui per darela mia modesta testimonianza sulla loroineccepibilità, per quanto l'efficienza degliuffici tributari in ordine all'imposta direttasia ben lontana dall'essere soddisfacente. Mi

    25 NOVEMBRE 1971

    convince invece molto meno il nostro Mini-stro delle finanze quando fa sua la filosofiapadronale, o del mondo imprenditoriale, sesi preferisce, in ordine alle cause della ca-duta del reddito e dei consumi. Egli consi-dera infatti la mancanza di fiducia come ekmento di base di questo fenomeno ed è con-vinto che «occorre l'impegno comune delGoverno, delle organizzazioni imprenditoria-li e dei sindacati dei lavoratori dipendentiper creare un nuovo clima che renda possi-bile finalmente il rilancio economico». L'ono-revole Ministro conclude con una certa en-fasi le sue amare considerazioni: « Senza unclima di leale collaborazione e di reciprocorispetto nelle aziende fra i partecipi al pro-cesso produttivo, gli impianti rendono moltomeno di quello che potrebbero. Oggi ~ egliasserisce ~ rendono meno del 70 per centodelle loro possibilità sul piano econo-mico vengono danneggiati soprattutto i, la-voratori che vedono decurtati i loro salari esul piano politico si continua a portare ac-qua al mulino dell'estrema destra: coloro iquali a parole gridano più forte contro ilneofascislillo Isono ISlpesso quellli dhe Icon ipropri comportamenti demagogici e i proprierrori provocano lo scivolamento degli elet-tori verso le posizioni reazionarie. Bisognaporre assolutamente fine a questo stato dicose ».

    È questa coda politica che lascia perplessi(ed è un vero peccato!), perchè viene da unuomo che si professa socialista. Ma essa la-scia anche sdegnati per il suo contenuto pro-fondamente reazionario. Non ci si difendeinfatti dal fascismo in questo modo, facendopiegare la schiena ai lavoratori nella fabbri-

    ca ed abituandoli al servilismo nella gestio-ne scrupolosa ed ossequiente del capitalismoitaliano, che tra l'altro merita molto pocoossequio da parte di chicchessia. Dal fasci-

    smo ci si difende facendo esattamente il con-trario, facendo drizzare la schiena e levare

    alta la testa ai lavoratori, di modo che essiacquistino senso di libertà e potere nelle fab-briche; perchè è con questa consapevolezza

    del proprio potere nel processo produttivoe nella società che i lavoratori non lascianopassare il fascismo. Naturalmente il social.

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    25 NOVEMBRE 1971

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    578a SEDUTA (antimerid.) ASSEM:BL'3A ~ RESOCONTO STJ~NOGRAFICO

    demooratico onorevole Preti IPUÒ IpensarlacOlme ~vuole.

    Il problema del calo dei redditi e dei con~sumi, il fenomeno delle congiunture ricor~renti (e soprattutto di quella attuale che èsegnata da un marchio preciso, quello deldollaro e cioè dell'inflazione dichiarata delsistema economico degli Stati Uniti d' Ame~rica, che è stata esportata in tutti i Paesid'Europa ma in Italia in modo particolare),è un problema che si trova in tutti i fattorireali di reddito, e non nei soli imprenditori,i quali fra l'altro sono molto poco inclini afarsi dominare da sentimenti quali la fiducia,l'affezione e così via. Il problema sta anchenelle condizioni dell' occupazione e del lavo~ro, che dipendono, sì, dal comportamentodecisorio degli imprenditori ma più ancoradalla politica del Governo, che oggi non ècapace di dare fiducia non già alle impresema ai lavoratori: sia per la garanzia dell'oc~oUipazione in sé, sia per le Icondi'zioni deH'at~tiVità lay;orativ3, sia ancora peJr lo sEato cao~tico, stressante, alienante dell'ambiente resi~denziale in cui i lavoratori si sono trovati adover vivere le poche ore di tempo liberodella loro giornata chiusa e senza respiro.

    Il problema dell'occupazione è dunquequalitativo oltre che quantitativa, ed il calodella produzione e della produttività dipen~de oggi forse più dal primo aspetto che dalsecondo: dal cedimento della resistenza psi~cofisica dei lavoratori, dalle difficoltà di adat~tamento Ipsicofi'sico dei ,lavoratori di fronteai ritmi di lavoro che oggi una tecnologiagaloppante, a senso unico, impone senzapietà nè molta intelligenza all'interno dellenostre fabbriche.

    Mi ,voglio però ocoupare del secondo aSlPet~to, ,diqueIlo quantitatiiVo, che sta nel rap~porto oOC\lJIpati~;'llocculPati~sottoooupati al~l'interno della forza lavoro nazionale, e staanche negli squilibri regionali del sistemaoccupativo e nelle conseguenze che ne deri~vano, prima tra tutte l'abbandono dello sfrut~

    tamento delle risorse proprie del Paese.

    E qui il rapporto tra reddito e tributi. Unrapporto che si vedrebbe anche meglio se in

    I talia la metodologia previsionale di bilanciosi affidasse alla regionalizzazione della con~tabilità nazionale, per misurare gli squilibri

    esistenti tra le diverse regioni con un gradodi attendibilità ben superiore rispetto a quel~lo che ci offre oggi la statistica ufficiale, go~vernata da premure centralistiche infide emolto inclini ai cosiddetti arrotondamenti ealle comode omissioni. È comunque in que~sto rapporto che bisogna trovare gli elemen~ti di varia grandezza che soli possono e deb-bono essere oggetto di attenzione e di studioda parte degli uomini che hanno responsabi~lità di governo, pur essendo filosofi.

    È stata pubblicata recentemente, qualchemese fa, una elaborazione dei professori Bar~beri e Tagliacarne (della quale farò un lar~ghissimo uso durante la mia esposizione), sudati forniti dalla Chase Manhattan Bank nel~l'aprile scorso, in ordine al livello di redditoper abitante, distinto per grandi regioni nel~

    l'area del MEC. Noi infatti siamo privi didati, anche di carattere nazionale, su questamateria.

    Ecco alcuni risultati di questa elaborazio~ne. Il rapporto tra il livello del reddito dellaregione parigina, che si trova in testa allagraduatoria comunitaria con quasi 1.250.000lire per abitante, e quello delle tre regionimeridionali italiane in coda alla graduatoria

    ~~ Puglia, Basilicata, Calabria ~ il cui red~

    dito pro capite è intor:no aiMe200.000 lire, èdi quasi 6 a 1. Il reddito di tutte le grandiregioni tedesche è al di sopra della mediacomunitaria. Una situazione mista presenta~no le regioni francesi e quelle del Benelux,rment,re ],l reddito di tutte le r(1gioni ita~liane, anche di quelle più evolute, è al di sot~to della media comunitaria.

    FER R A R I ~ A G G R A D I , Ministrodel tesoro. Non si è chiesto se questo non èill risultato di secoli? In economia bi'So~gna anche vedere la dinamica, non basta farequeste constatazioni. Che l'Italia fosse menoricca della Francia lo sapevano i nostri pa~dri, i nostri nonni, i nostri bisnonni.

    C U C CU. Ma noi non possiamo assu~mere come giustificazione la storia del no~stro passato, onorevole Ministro.

    FER R A R I ~ A G G R A D I , Ministro

    del tesoro. Consideri che il divario è dimi~nUlto; quindi qualcosa a~)biamO fatto.

  • Senato della R"'-pubblica ~ 29226 ~ 'V Legislatura

    578a SEDUTA (antimerid.) ASSEMBLEA ~ RESOCONTO STENOGRAFICO

    C U C CU. Qualcosa abbiamo fatto, maImolto ipoco, e comunque non ci autorizza adanteporre ,i'l'patriottismo oomunitario al pa~triottislIDo naziona:le. La mia tesi è che aibbia-ma molte cose da riparare in questo 'nostrovecchio Paese prima di entrare nelìl'agone co~munitario.

    Quanto poi all'indice che misura lo squili~brio tra le regioni di ciascun Paese comuni~tario, il grado di disparità esistente tra leregioni italiane è 11 volte maggiore rispettoa quello tedesco, quattro volte maggiore ri~spetto al Benelux, 1,6 volte rispetto a quellofrancese. Cito questi dati comparativi perchiedermi e chiedere al Governo: quale poli-tica comune vogliamo fare su basi di questogenere? Quale unità !politica è poss1bi,le, ,perl'oggi e per il domani, a livello comunitario?Con risultati di questa natura quali giustifi~cazioni ha la contribuzione italiana al fondocomunitario agricolo per le sezioni di garan~zia e di orientamento, che si è affermato, inun'interrogazione liberale, mi pare, alla Ca-mera, essere superiore di molto agli stanzia-menti cOIm,plessivi def piano verde? Il mini-stro Na:tali non ha contestato la fondatezzadi una tale affermazione, che entra tutt'inte-ra nel merito più profondo di questa nostradiscussione sul bilancio nazionale. Egli hasvicolato nella sua faticosa risposta per lavia del futuro, affermando che proprio pereliminare alcune sperequazioni tra gli Statimembri prevede per gli anni 1971~ 74 la sosti~tuzione del sistema dei contributi degli stessiStati membri con un regime di risorse pro~prie della Comunità. Cose risapute: ma qualefondalmento av,rà questo nuovo !Tegime dirisorse proprie? È qui il punto. Dall'Europasi deve tornare in Italia, e dal futuro al pre-sente. Il fondamento delle risorse proprienon può dislocarsi al di fuori della strutturae dell'occupazione, cioè della produzione ge-neralizzata del reddito, nei singoli Paesi del-la comunità e quindi anche e specialmentenel nostro.

    E di questa struttura la prima grandezzada considerare è il tasso di occupazione, ilrapporto assoluto tra occupati e popolazioneresidente, più che il rapporto relativo traoccupati e forza lavoro disponibile, che pureè molto significativo, ed in quel rapporto i

    25 NOVEMBRE 1971

    divari esistenti fra le singole regioni. Orbene,nel 1969 l'Italia oltre ad essere il Paese conil più basso tasso di occupazione ~ che èdel 35,2 per cento rispetto alla popolazioneresidente ~ è anche il Paese in cui i divariregionali sono più marcati. Se si ordinano lediverse regioni italiane in base al valore as~sunto nel 1969 dai tassi di occupazione siriscontra che essi raggiungono i livelli piùbassi in Sardegna, Sicilia, Campania, Puglie,Basilicata, Calabria e Lazio. In queste 7 re-gioni il tasso di occupazione è inferiore a unterzo della popolazione: i valori singoli va-riano dal 26,5 per cento in Sardegna al 32,2per cento nel Lazio. Il che vuoI dire, in altritermini, che la popolazione dell'Italia vive esopravvive sul lavoro di poco più di un terzodei suoi componenti, o, se si vuole, che il,reddito di ogni ,lavoratore va diviso per tre;e che ci sono regioni, come la Sardegna, incui per tutta la popolazione lavora un quartodella popolazione stessa, e altre più felici!regioni ,dell Meridi,one ~ la più fortunata è

    il Lazio ~ dove ad ogni lavoratore tocca me-no di un terzo del proprio reddito. Nel conto,naturalmente, ci sono anche i latifondisti, aiquali tocca più di un terzo. Sono nella stati~stica, non nella realtà: giacchè il tenore divita del Meridione si vede bene, ed è quelloche tutti conosciamo.

    Ma, per ritornare ancora nell'ambito co~munitario ~ giacchè questo era il nostrodiscorso ~ basterà mettere in chiaro che laFrancia risulta essere il Paese della Comu~nità europea con il tasso di occupazione piùelevato (41,7 per cento); e la regione pari-gina ha il tasso di occupazione più alto dellaFrancia e della Comunità (48,6 per cento).Lo scarto dei tassi regionali di occupazionenella Comunità europea, tra il valore più ele-vato della regione parigina e quello minimo,della Sard~gna, è quindi deJII'83per cento. Ladistanza è disarmante, se la prospettiva èl'unità « politica» dei sardi con i parigini ....

    Lo scarto dei tassi però è variamentedevato anohe nell'a:mbito di ciascun Pae-se membro. In Olanda ,lo scarto è di 3,5fpunti; nel Belgio di 8,4 punti; in GeJ1ma-nia di 10,5 punti; iiTIFra:nda di 13,1 p'l1'n~ti; in Italia la differenza tra il tasso regio-,naIe più aha e queLlo (più basso è di 15,1

  • Senato della Repubblica ~ 29227 ~ V Legislatura

    578a SEDUTA (antimerid.) ASSEMBLEA ~ RESOCONTO STENOGRAFICO 25 NOVEMBRE 1971

    punti, tra il 41,6 per cento dell'EmiHa RD-(ffié\(gnae il 26,5 per cento. della Sardegna:due regioni che sono entmmbe, guarda ca.-so, ad economia prevalentemente agIiko~IIa. Il dhe ci porta a lUna ri£'lessione dove~(rOlsa sui contenuti deli10 sviluppo, se essodebba essere soltanto orientato dalla tecno~logia e verso la produzione industriale o seper caso non si debba avere anche il sensodella tradizione ed il massimo riguardo allerisorse proprie del Paese, che in Italia sonofondamentalmente agricole o di riferimentoagricolo.

    Naturalmente i divari regionali nei tassidi occupazione corrispondono ai divari esi~stenti nel Paese tra i livelli dei redditi. Nel1967 la regione tedesca della Saar risulta laregione in cui il reddito lordo per abitanteè il più basso del paese (80 per cento del red-di to nazionale); in Belgio le province delLussemburgo e del Limburgo sono quelledove nel 1966 il reddito lordo per abitanteraggiunge la punta minima nazionale, convalori del 73 e del 76 per cento. In Italia leregioni insulari e meridionali hanno com~plessivamente realizzato nel 1969 un redditonetto per abitante pari al 63 per cento della,media naziona'Ve, meno di due terzi dellamedia nazionale.

    Ma il tasso di occupazione e dei redditi èsolo la prima grandezza di cui volevo parla-re. La seconda grandezza della struttura oc-cupazionale, che fa tutt'uno con la strutturaproduttiva, è l'indice opposto al precedente,e riguarda il tasso di disoccupazione. Anchesotto questo aspetto nella graduatoria delleregioni si trovano ai primi posti le nove re~gioni meridionali, comprese stavolta l'Abruz-zo e il Molise, che hanno tutte un tasso didisoccupazione superiore alla media nazio~naIe, che è pari al 3,1 per cento. Infatti dal5,2 per cento della Sardegna (regione chetroviamo sempre, come si vede, al primo po-sto o quaiSi) si Ipassa alI 3,7 per cento del Mo~lise. Badate che si tratta della disoccupazio~ne ufficiale, giacchè sono ignorate le dimen-sioni del fenomeno della disoccupazione oc~culta, della disoccupazione giovanile, dellepersone che per vari motivi non entrano nelmercato del lavoro, sperando di entrarvi pervie traverse o rifiutando anche di entrarvi,

    spinte da propositi che riempiono la cronacanera del nostro Paese.

    Ma, rifacendomi ancora alla dimensionecomunitaria, 1'1talia è il Paese che offre unacausalità più negativa al suo fenomeno di~soccupazionale. Mentre infatti in Olanda,Belgio, Germania e Francia prevale il motivodel licenziamento, in Italia prevale la rice~"cadi pr,ima occupazione ohe rappresenta il 51,8per cento del1a media dei disoccupati. InGermania invece questa causa della ricercadi prima occupazione rappresenta il 3,4 percento.

    Se poi si passa a considerare la strutturasettoriale di queste due grandezze, dei tassidi occupazione e di disoccupazione, in Italiaassume posizione preminente l'attività agri-cola con i suoi 4 milioni circa di addetti,pari al 7,6 per cento della popolazione nazio~naIe e al 21,8 per cento dell'occupazionecomplessiva. E all'interno dell'Italia, l'impie-go in agricoltura è ancora prevalente nelleregioni dove si sono constatati i più elevatitassi di disoccupazione e i più bassi indicioccupazionali. L'Italia è anche il Paese in cuil'incidenza dell' occupazione industriale sullapopolazione, pari al 15,2 per cento, è la piùbassa della Comunità. Ed è ancora una voltal'Italia a registrare, nel Mezzogiorno, le re~gioni dove tale occupazione non arriva ad undecimo della popolazione: tra illO,3 per cen-to del Lazio e 1'8,6 per cento della Sardegna.

    La terza grandezza della struttura occupa~zionale-produttiva, che a sua volta ~ ed in~sisto su questo concetto ~ fa tutt'uno conl'equilibrio tra risorse disponibili e popola~zione attiva, fa tutt'uno cioè con il sistemaproduttivo, risulta per conseguenza ed ine-quivocabilmente dal fenomeno migratoriodel Mezzogiorno d'Italia, che costituisce ilblocco più corposo e pesante dello stessoproblema migratorio nelle sue dimensioninazionali. Ed è in forza di questa dolorosasintesi statistica che il Mezzogiorno è l'area'Sulla qlUa.Ie si deV'e arrivare lUna buona vDltaa concentrare tutta l'attenzione, per la gra-vità con la quale si manifesta il suo squili~brio rispetto al resto del Paese ed alle altreregioni della Comunità, e per la sua stessaestensione geografica. In quest'area, nono-stante che il Governo italiano, a partire dagli

  • V LegislaturaSenato della Repubblica ~ 29228 ~

    57Sa SEDUTA (antimerid.) ASSEMBLEA ~ RESOCONTO STENOGRAFICO 25 NOVEMBRE 1971

    anni '50, abbia sviluppato interventi di di~mensioni tutt'altro che secondarie ~ non

    facciamo fatica a riconoscerlo ~ gli sqUlli~bri sono sostanzialmente restati e le misureadottate si sono dimostrate insufficienti, inqualche caso inefficienti ed anche contropro~iduce>rrti,giaocihè c'è quaikhe caso di situa~zioni tornate indietro. La manifestazione piùevidente dello squilibrio tra risorse disponi-bili e popolazione è data appunto dall'emi-grazione che si è avuta nel Mezzogiorno diItalia; e mi voglio occupare non di tutto ildopoguerra, ma del solo do decennio che vadal 1958 al 1969.

    P RES I D E N T E . Mi perdoni, sena~tore Cuccu, ma l'avverto che è trascorso ab-bondantemente il tempo che le è prescritto.

    C U C CU. Io non sapevo che ci fosseun limite di tempo . . .

    P RES I D E N T E . Per quanto riguar-da i discorsi letti c'è il limite di tempo pre-visto dal Regolamento.

    C U C CU. Ma io non sto leggendo. Misto regolando su degli appunti e poi stocitando.

    P RES I D E N T E . Sta leggendo in-somma. Io l'avverto. . .

    C U C CU. Sto leggendo citazioni. Hoannunciato prima, signor Presidente, che misarei rifatto abbondantemente ad un'analisifatta dai professori Barberi e Tagliacarne.La prego di scusarmi se mi servo di questafonte continuamente durante la mia esposi~zione.

    P RES I D E N T E . Va bene.

    C U C CU. Dicevo che l'emigrazione delMezzogiorno ha riguardato 2 milioni 639.000persone, di cui due terzi in regioni internedel Paese e un terzo verso gli altri Paesi.

    Ma il fatto più gravemente significativo èche la quota di gran lunga prevalente dellapopolazione emigrata all' estero in modo per~manente è costituita da persone comprese

    nell'età tra i 14 e i 29 anni ed è composta peri nove decimi da lavoratori e soltanto per undecimo da familiari. Cioè l'emigrazione delMezzogiorno ci ha sottratto energie umanefresche e capaci per i 12 anni considerati.Tralascio l'emigrazione interna: i costi diformazione della forza lavoro in questo casonon vanno perduti e l'apporto di prodotto,lordo :resta dentro il bHianiOioeconomico na-zionale. Ma se si facesse una valutazione del-la perdita reale dell'economia del Paese deri-vante dai 979.165 emigrati all'estero neglianni dal 1958 al 1969 giungeremmo a cifreda capogiro: un capogiro niente affatto reto-rico, un capogiro, direi, materiale, dovutoalllo squilibrio silstematico in cui vivliamoe che ci prende un pò tutti, alienandoci daiproblemi veri dell'uomo. I soli costi privatie sociali per il mantenimento di questi emi~grati all'estero fino al quattordicesimo annodi età, calcolandoli in 300.000 lire all'annoper ciascuno, ci porta alla cifra di 4.000 mi~liardi: una ricchezza che l'Italia si è permes-sa di regalare puramente e semplicementeai sistemi produttivi del mondo occidentale,e dei Paesi della Comunità europea in mag-gior misura. Altro che contributi del FEOGA,quando si prendano in considerazione i costidi educazione e di crescita fisica dei 759.863emigrati nei Paesi della CEE fino al 31 di~cemblre del 1970! Certamente le rimesse divaluta pregiata non compensano queste per-dite. E soprattutto non compensano le per-dite relative al reddito che questi lavoratoriavrebbero prodotto in Italia. Anche a volerassumere l'indice più basso di prodotto lor~do per addetto, quello agricolo, che è di circaun milione per anno (divido 4.300 miliardidi prodotto agricolo per i 4 milioni circa diaddetti), ci troviamo di fronte ad una cifraannua di circa 1.000 miliardi: che non rap-presentano tanto una percentuale di qualcheentità rispetto al prodotto nazionale lordo,e nemmeno eccessiva rispetto al prodottodell'agricoltura (meno del 25 per cento), marappresentano tutto un insieme di conse~guenze che entrano una per una nel bilancionazionale di competenza. Rappresentano in~tanto 120 ~ 150 miliardi di tributi diretta~mente mancanti nelle entrate ed una compo~nente considerevole nei vuoti d'incasso e nei

  • V LegislaturaSenato della REpubblica ~ 29229 ~

    25 NOVEMBRE 1971578a SEDUTA (antimerid.) ASSEMBLEA- RESUCONTOSTENOGRAFICO

    bilanci passivi delle aziende dei pubblici ser-vizi, delle aziende autonome statali e locali,del tra;sporti e delle cOlillunic3JZioni ,in parti-,colare, e IUn ,vuoto d'incas1so e di Imovimerntonatura,le a carico degli eserci:zi privati delladistribuzione commerciale e del turismo in-terno, un vuoto incalcolabile che si misuraesclusivamente nella crisi permanente deidue settori, nonostante i booms stagionaliche portano alle stelle le cifre della statisticama non spostano i termini vitali delle dueattività.

    Non per nulla l'Italia, fra i Paesi della CEE(per non parlare dei Paesi terzi; e faccio ilcaso della Iugoslavia e della Spagna), è ilPaese meno terziarizzato d'Europa; è il Pae-se in cui il numero degli addetti ai serviziraggiunge appena il 12,4 per cento della po-polazione residente ed ha un'incidenza del35 per cento circa sulla occupazione com-plessiva, contro un rapporto addetti-popola-zione del 19,3 per cento in Francia, del 18,3per cento in Olanda, del 17,7 per cento nelBelgio e del 16,1 per cento in Germania. Enon c'è da meravigliarsi che ai tassi più dila-tati della terziarizzazione di questi Paesi ab-bia contribuito in misura determinante pro-prio la massa di emigrati italiani che sonodivenuti un pò i camerieri, i commessi, i net-turbini di tutta Europa, producendo redditiche certo non tornano in Italia sotto formedi rimesse, se non in misura irrisoria.

    Il peso di queste tre grandezze negativedella struttura produttiva del Paese (i tassidell'occupazione, della disoccupazione e del-la emigrazione, il tutto riducibile a un sologruppo di grandezze che può prendere ladenominazione di problema del Mezzogior-no) continua ad affondare nel tessuto dellavita nazionale e ne compromette i processidi crescita o anche di solo mantenimento perl'avvenire. Basta una considerazione: si diaoredito alle stime della SVIMEZ oppure a'quelle deli]'ISTAT, giaoahè sono inoerti i caL-coh previsionali; ~e proiettiamo al 1981 letendenze mamifestatesi nel periodo 1967-70,III Italia, per quanto r,i:guarda la domanda di1a;voro, i,l liN'ello deill' occu.pazione sarà Ipari a18.700.000 unità, mentre ,l'offerta di lavoroandrà da un minimo di 20.905.000 a un mas-simo di 23.295.000 unità. In Italia dunque,

    sempre nel 1981, dovrebbe esistere un vuotooccupazionale da un minimo di 2.200.000 uni-tà ad un massimo di 4.600.000 unità. Nel Mez-zogiorno in particolare l'offerta di lavoro nel1981 dovrebbe oscillare tra !'ipotesi minimadi 6.300.000 e l'ipotesi massima di 7.550.000unità. Ma, a fronte di questa offerta di lavo-ro, persistendo le attuali tendenze, il livellodi occupazione dovrebbe essere pari a 5 mi-lioni 200.000 unità. La disoccupazione nelMezzogiorno andrebbe quindi da un livellominimo di 1.100.000 unità ad uno massimodi 2.350.000.

    Questa è la situazione presente e futuradel Mezzogiorno. E si tenga presente chel'Italia dal 1970 al 1981 deve diminuire an-cora drasticamente le forze di lavoro in agri-coltura. Tale diminuzione dovrebbe concen-trarsi in modo particolare ancora nel Mez-zogiorno, zona nella quale i termini percen-tuali di disoccupazione e di sotto-occupazionesono i più rilevanti. E qualora trovasseroapplicazione le recenti proposte di direttivestrutturali della Commissione della CEE,l'esodo dei lavoratori agricoli dal Mezzogior-no sarebbe ancora più netto, giacchè in talcaso esso dovrebbe ammontare nel 1981 al65 per cento della consistenza dell'attualeoccupazione agricola. L'occupazione pertan-to passerebbe da 1.828.000 unità attuali acirca 700.000 unità nel 1981, ed il vuoto sali-rebbe ad un minimo di 2.200.000 unità e adun massimo di 3.500.000 circa: il 75-85 percento insomma dello stesso dato nazionale.

    Questa mi pare sia la situazione nella qua-le oggi ci troviamo. Queste sono le prospet-tive con le quali dobbiamo fare i conti. Qualisono dunque i fattori eversivi del redditonazionale e dei tributi che vi si sposano inmodo indissolubile? Sarà la disaffezione de-gli imprenditori? Sarà l'indolenza dei lavora-tori, che per vizio non si recherebbero allavoro? Sarà la ({ conflittuaIità permanente»sulla quale si è fatto gran chiasso, e dellaquale si è molto parlato anche in questa di-scussione? Sarà la mancanza di fiducia e diaccordo, di quello triangolare fra Governo,imprenditori e sindacati, o di quello bipola-re tra lavoratori ed imprenditori, che è lastessa cosa, visto che di fatto il Governo

  • Senato della Repubblica ~ 29230 ~ V Lerdslatura

    578a iSEDUTA (antimerid.) ASSEMBLEA ~ RESOCONTO STENOGRAFICO

    farà, come pare, da testimone interessato inquesta trattativa?

    Mi pare di aver dato ipotesi diverse ri~spetto a quelle che caldeggiano l'onorevoleMinistro delle finanze e tutta la stampa pa~dronale; ritengo però che le mie ipotesi ab~biano almeno il pregio di essere costruitesu dati di fatto, visti anche nella loro vestestatistica, e nelle loro incidenze contabili.

    Ma c'è ancora un discorso da fare su que~sto terreno: quello che concerne l'evoluzionesettoriale e territoriale del nostro sviluppoeconomico nazionale. Il settore è natural~mente l'agricoltura, ed il territorio ce lo offreil Mezzogiorno. Negli anni che vanno dal1959 al 1970 l'occupazione nel settore agri~colo ha segnato una continua e consistenteriduzione e la sua incidenza sull'occupazionenazionale è passata dal 34 per cento nel 1959al 19 per cento nel 1970; in termini assolutigli addetti sono scesi dagli oltre 6.800.000addetti nel 1959 ai 3.680.000 addetti nel 1970.Ma la riduzione dell' occupazione in agricol~tura, dove è maggiore, si badi bene, la pre~senza dei lavoratori indipendenti, ha fatto sìche l'incidenza dell'occupazione dipendentesia passata in Italia, dal 1959 al 1970, dal 56per cento al 68 per cento del totale. Nel me~desimo intervallo di tempo il reddito pro~dotto in agricoltura è cresciuto, sì, da 3.675miliardi a 4.578 miliardi nel 1970, con unaumento del 24,6 per cento, aumentando an~che del130 per cento il reddito per occupato.Non neghiamo che un miglioramento ci siastato (e qui non va dimenticata intanto l'esi~guità della base di partenza che fa salire lepercentuali) ma il fatto più consistente èrappresentato dalla riduzione dal 17 all'11,6per cento del suo contributo al reddito na~zionale. Il che vuoI dire che aumenta, sì, intermini assoluti, il reddito dell'agricoltura,ma diminuisce in termini relativi il suo va-lore nel complesso del reddito nazionale.

    Contemporaneamente !'industria ha piùche raddoppiato il suo reddito, passato da7.599 miliardi nel 1959 a 16.430 miliardi nel1970, con un aumento del 116 per cento.

    Ma a tale incremento del reddito prodottonon è seguito un proporzionale incrementodi occupazione, giacchè l'occupazione aggiun~tiva nell'industria ha interessato negli anni

    25 NOVEMBRE 1971

    1959-70 soltanto 1.033.000 unità, che sonopoco più di un terzo appena degli addettiperduti dall'agricoltura.

    Infine, per considerare anche il terzo com~parto dell'economia nazionale, l'occupazioneaggiuntiva nel settore dei servizi ha riguar-dato, sempre nel periodo citato, 918.000 per~sane, registrando anche qui un aumento del15 per cento. La sua incidenza percentualesull'occupazione nazionale è salita, quindi,dal 30 al 37,2 per cento nel 1970; ma la cre-scente terziarizzazione dell'occupazione na-zionale non può essere considerata un sin~tomo di progresso nella maturità del sistemaeconomico. In effetti alcuni comparti di que-sto settore terziario, come il commercio alminuto e quello intermediario e tal uni ramidella pubblica amministrazione, risultanooggi sovradimensionati e nascondono spessoalloro interno una notevole sottoccupazione.

    Quali riflessioni si possono trarre da datistatistici di questo genere? Se ne possonodedurre alcuni di per sè eloquenti, comequesti: dal 1959 sino alla recessione del 1964,ad una riduzione di circa 1.880.000 addettiin agricoltura hanno fatto riscontro 820.000nuovi posti di lavoro nell'industria e 472.000posti nel settore terziario con un saldo ne~gativo di 588.000 occupati in mena rispettoal 1959; e dal 1964 al 1970, di fronte ad unulteriore esodo di 1.284.000 lavoratori agri~coli, l'industria ha offerto lavoro a 213.000lavoratori ed i servizi a 446.000, con un saldonegativo per questo secondo periodo di altre625.000 unità che aggiunte alle 588.000 delprimo periodo fanno salire ad 1.213.000 unitàla riduzione dei posti di lavoro negli ultimiundici anni.

    Tutto ciò vuoI dire che la riduzione deltasso di attività e di reddito nazionale veri-ficatasi negli anni '60, e negli ultimi cinqueanni in particolare, è in massima parte do~vuto al massiccio esodo agricolo e ad un cor-rispondente sviluppo dell'occupazione indu-striale e terziaria assolutamente insufficiente.

    Orbene, non ignoriamo che l'esodo agri~colo è un fenomeno di ogni economia inespansione; esso è tollerabile però nella mi~sura in cui ai lavoratori che mancano dallaagricoltura corrisponda un numero di lavo-ratori che vengono assorbiti dall'industria e

  • Senato della Repubblica ~ 29231 ~ V Legislatura

    578a SEDUTA (antimerid.) ASSEMBLEA ~ RESOCONTO STENOGRAFICO 25 NOVEMBRE 1971

    nella misura in cui l'esodo agricolo sia unprocesso fisiologico, non di espulsione vio~lenta ma di passaggio, da un'attività cheabbia raggiunto una capacità tecnologicasuperiore e quindi una maggiore possibilitàdi fare a meno della mano d'opera umana,ad altri settori di attività. Ma il processo inItalia è stato un processo del secondo tipocioè di violenta espulsione da un'agricolturaancora molto arretrata, senza la garanzia diricezione nel settore dell'industria e senza lamotivazione di un miglioramento tecnologi~ I

    co nella produzione agricola.L'agricoltura quindi ha pagato in termini

    di occupazione e di reddito lo sviluppo eco-nomico del Paese. È divenuta così un mo~dello di squilibrio evolutivo e cioè in sostan~za di una falsa evoluzione, del tutto appa~rente, bersaglio facile delle congiunture edelle crisi di sistema. E in definitiva sembrache a pagare sia stata soltanto l'agricoltura,ma a pagare è stato tutto il sistema produt-tivo, con !'incertezza del bilancio nazionalee la pratica impossibilità di questo bilanciodi portarsi dal piano della competenza, deipuri accertamenti e degli impegni di stanzia-mento al piano di cassa, cioè delle entrateeffettive e delle effettive erogazioni, una in-certezza che ha la sua risposta puntuale edirei patologica nella massa enorme ed in~conoscibile dei residui passivi, nella incapa-cità di spendere persino le risorse finanziariedisponibili.

    È un argomento che non intendo appro~fondire poichè se ne è parlato da non moltotempo ed ampiamente in quest'Aula. Mi re-sta però da chiarire l'aspetto territoriale diquesto problema agricolo e le sue incidenzesulle prospettive dello sviluppo economicogenerale del Paese. Ricorderò solo che il mer-cato del lavoro nelle regioni italiane, special-mente in quelle del Meridione, ha registrato,negli anni 1959~70 una contrazione di 604.000addetti, risultante dall'uscita di 1.070.000 uni~tà dall'agricoltura compensate solo in partedai servizi, nei quali si è avuto un aumentodi 295.000 unità, e dall'industria, che ha gua-dagnato appena 76.000 nuovi addetti. Ed afare le spese di questa situazione è stata inmodo particolare l'occupazione femminileche ormai è progressivamente diminuita fino

    a sparire quasi del tutto dal mercato dellavoro.

    Ho già detto prima a quali prospettiveconduce una tale situazione, a quale vuotooccupazionale va incontro il Mezzogiornonegli anni '70, quali prospettive vi corrispon~dono sul piano dello squilibrio dell'interosistema occupazionale~produttivo del Paese.Dirò anche che non mancano certo le misuredi prevenzione. Abbiamo approvato da pocola legge di rifinanziamento della Cassa delMezzogiorno per oltre 7.000 miliardi in cin-que anni; e giunge ora la notizia secondo laquale proprio oggi, 25 novembre, avrà luogoa Roma la firma di un importante accordoper la concessione di un terzo prestito dellaBanca europea degli investimenti alla Cassaper il Mezzogiorno. Il primo era stato di6.800.000 unità di conto per la realizzazionedi un insieme di iniziative alberghiere in Ca~labria; il secondo di 5 milioni di unità diconto destinato al finanziamento di piccolee medie industrie; di questo terzo non si co-nosce !'importo. Ma nella relazione diffusaoggi in Italia sul bilancio della Banca euro-pea degli investimenti per l'esercizio 1970~71si legge tra l'altro: « Come negli anni prece-denti la Banca è soprattutto intervenuta infavore dello sviluppo regionale. In Europala nozione di sottosviluppo è inevitabilmen~te relativa, e dato che negli Stati membri laregione a più basso reddito pro capite è sen-za dubbio il Mezzogiorno d'Italia, si giusti-fica l'importanza dell'intervento della BancaEuropea a favore di tale Paese ». E sarebbeques ta la ragione per cui sul totale l'Italiaha avuto la misura maggiore.

    Ma il commento del quotidiano dal qualeprendo la notizia è meno abbottonato e ri-leva più cose. Vi si legge infatti: « La realiz-zazione nel Mezzogiorno di un sistema indu-striale sufficientemente solido costituisce unadelle preoccupazioni principali della Banca.Per questo la Banca ha partecipato con 25milioni di unità di conto al finanziamento diuno stabilimento di allumina in provincia diCagliari; con 16 milioni di unità di conto alfinanziamento di uno stabilimento della FIATin provincia di Bari; e con 12 milioni di unitàdi conto al finanziamento di un altro com-plesso industriale della FIAT per la produzio-

  • Senato della Repubblica ~ 29232 ~ V Legislatura

    578a SEDUTA (antimerid.) ASSEMBLEA ~ RESOCONTO STENOGRAFICO 25 NOVEMBRE 1971

    ne di macchine per i movimenti di terra,complesso localizzato a Lecce }).

    Ecco la concezione che si ha degli aiuti alMezzogiorno: stabilimenti industriali isolatinel deserto che non spostano di nulla llè iltasso di occupazione nè il processo degene-rativo dell'ambiente, nè il corso generale del-le condizioni di vita. «L'intervento dellaBanca ~ aggiunge ancora il giornalista diquesto quotidiano ~ è per forza di cose, ol-tre che per norme statutarie, un interventocomplementare. Ciò non toglie che il prestitoche verrà concesso alla Cassa per il Mezzo-giorno si inserisca in quella azione di rilan-cio dell'economia italiana per la quale nonviene mobilitata solo la spesa pubblica cheimpegna il mondo imprenditoriale italianoed anche, entro certi limiti, il mondo finan-ziario europeo }).

    E noi che siamo meridionali vediamo inche modo la spesa pubblica impegni se stes-sa ed il capitale privato. Lo impegna nellaindustria petrolchimica, lo impegna in set-tori che non modificano assolutamente lastruttura dell'economia meridionale.

    Possono dunque interventi così settorialie limitati risolvere il problema dell'agricol-tura e il problema del Mezzogiorno? L'agri-coltura è il problema del Mezzogiorno comeil Mezzogiorno è il problema dell'agricoltu-ra. Si tratta di un problema unico che nonforma oggetto di bilancio, nè di competenzanè tanto meno di cassa. Si tratta di un pro-blema che forma politica, che dà oggetto esenso ad una politica generale di Governopiù che di bilancio. Nel 1969 il totale di con-tributi statali all'agricoltura è stato di 171milioni di unità di conto per l'Italia, mentrela Francia ha destinato 910 milioni, la Ger-mania 295 milioni, pur avendo rispettiva-mente presso a poco una eguale superficieagricola o addirittura la metà di quella italia-na e rapporti ancora inferiori rispetto allapopolazione.

    L'agricoltura invece costituisce il proble-ma chiave, al quale bisogna guardare coneccezionale cura ed attenzione. A questo pun-to lascerei la parola al senatore Brugger, re-latore della Commissione agricoltura per latabella n. 13, della quale naturalmente nonintendo parlare in questa sede. Il senatore

    Brugger si pone anzitutto il dilemma se con-tinuare in un'agricoltura non capace di reg-gersi con i mezzi propri e continuare soloper ragioni sociali oppure decidersi a fareun'agricoltura in alcune regioni particolar-mente dotate, in superfici particolarmenteidonee, ma un'agricoltura a livello delle esi-genze tecnologiche ed economiche moderne.Si può non essere d'accordo sulla drasticaquadra tura del dilemma proposto, ma duecose meritano la massima attenzione: chel'agricoltura non è problema di Ministero(anche perchè molti sono i Ministeri che ne-cessariamente devono concorrere al finan-ziamento della attività comprese nel settoreagricolo) ma un problema generale di gover-no, oggetto di scelte politiche generali di fon-do; e che i danni provenienti da una valuta-zione settori aIe dell'agricoltura sono ormai ditroppo tragica evidenza. Ambedue le conside-razioni ci portano a riconoscere che l'abban-dono della terra, e della montagna in parti-colare, crea, ad esempio, problemi immensidi difesa del suolo e di conservazione dellanatura, che in quest'ultimo ventennio, ap-punto perchè creati e non curati, hanno avu-to un'incidenza sempre più catastrofica perla stessa vita umana un pò in tutte le regionidel Paese e condizionano di fatto anche lealtre attività non solo economiche ma socialie culturali della nazione.

    Il senatore Brugger certamente non in-colpa il Governo (del resto, egli è di partegovernativa) ma, dato anche il suo nativotemperamento, proprio dell'estremo Nord diItalia abbastanza integrato con la mentalitàgermanica e per effetto della sua specificapreparazione culturale, ha una visione mol-to critica dei problemi e del bilancio dellaagricoltura. Quando parla con tanta insisten-za della necessità di un risanamento gene-rale dell'agricoltura da parte dello Stato edelle regioni, pensa anche egli a quel chepenso io, che ho diverso temperamento na-tivo e una diversa formazione culturale. Sen-za un'agricoltura organica non c'è organicitàalcuna negli altri settori dell'economia: per-chè è l'agricoltura la sede portante di tuttele attività economiche, come la più vicinaalle origini e al destino dell'uomo, come lapiù integrata con la natura e con la storia

  • Senato della Repubblica ~ 29233 ~ V Le~islatura

    578a SEDUTA (antimerid.) ASSEMBLEA ~ RESOCONTO STENOGRAFICO 25 NOVEMBRE 1971

    della civiltà umana e come fonte dei sosten~tamenti fondamentali dell'umanità, qualun-que sia il suo grado di evoluzione tecnico-produttività industriale. In fondo non vedomolta differenza tra un ceppo di vite, unapalla di petrolio o un filone di minerale. Tut-te e tre le cose sono dentro alla natura espetta al lavoro dell'uomo estrarre da cia-scuna di esse gli oggetti e i beni d'uso e divalore necessari all'uomo per organizzare laesistenza propria e della società. Non credoche si debba estrarre dalla terra e trattareindustrialmente il minerale e il petrolio enon si debba invece estrarne e trattare indu-strialmente la vite e gli altri prodotti agri-coli. Non credo nemmeno che si debba fon-dare solo sui primi lo sviluppo economicoignorando, appunto, i prodotti della terra.Lo sviluppo economico non è sempre sino-nimo di progresso: c'è progresso quando c'èequilibrio nello sfruttamento delle risorse enell'uso che se ne fa, quando tutti i bisognireali dell'uomo sono soddisfatti e sostenutinel loro evolversi; c'è progresso, insomma,quando lo sviluppo dell'agricoltura è proble-ma risolto all'unisono con i problemi dellaproduzione industriale e dei servizi, quandolo sviluppo di queste attività ha il suo ter-reno di impianto e di espansione fisiologicaproprio nell'agricoltura. Non credo sia ilcaso di ricordare, a riprova di quanto asse-risco, che le agricolture dei Paesi più evolutid'Europa sono agricolture di avanguardia,anche perchè oggetto di investimenti parti-colari da parte dei rispettivi Governi. I no-stri emigrati certamente troveranno occupa-zione nei ristoranti, nelle miniere, nei can-tieri edili, in tanti luoghi di lavoro dell'indu-stria e dei servizi, ma non la troveranno, senon raramente, nelle aziende agricole del-l'estero, della Svizzera come dei Paesi dellaComunità europea, perchè quella agricola èun'occupazione di lusso, tecnologicamente estrutturalmente al passo con i tempi, e adessa i nativi, i lavoratori di quei Paesi, ten-gono molto più di quanto sembri a noi, cheabbiamo una falsa opinione della loro civiltà.

    Credo che sia il caso di ricordare un giu-dizio di John Galbraith recentemente espres-so sui danni che ha provocato e che è desti-nata a provocare l'unidirezionalità dello svi-

    luppo sulle sorti dell'umanità. Egli accusail prodotto nazionale lordo (dice anzi che èfinita l'epoca d'oro del prodotto nazionalelordo) citando le storture e gli arretramentidella nostra civiltà, provocati da questa ten-denza economicistica esclusiva del dopoguer-ra, che ha portato i governi del mondo occi-dentale ad occuparsi più di questo indice,che non della soluzione ,dei problemi chela stessa civiltà poneva. Il prodotto nazio-nale lordo, insomma, non è più indice disuccesso, e probabilmente già fin d'ora deveessere considerato come un segno di insuc-cesso, tanto più grave quanto più esso au-menta, appunto perchè è l'automatismo cie-co di alcuni processi che schiaccia le liberescelte. L'aumento del prodotto nazionalelordo non dà intanto alcuna indicazione cir-ca la distribuzione del tipo dei beni prodotti.Succede anche da noi, a proposito dei benicosiddetti durevoli, ad esempio delle auto-mobili della FIAT: mentre ci sentiamo orgo-gliosi dei traguardi raggiunti, non ci preoc-cupiamo di sapere in quale direzione il con-sumo di questi beni si rivolga e quali sianole categorie che ne beneficiano, e in qualemisura. Le statistiche sono una cosa spessomolto distante dalla realtà. E c'è un secondoeffetto di questa mania produttivistica auto-matica, che quanto più cresce la manìa delprodotto nazionale lordo, che è fondato sullaproduzione privata di beni e servizi, tantopiù diminuisce !'investimento pubblico.

    P RES I D E N T E. Mi consenta, sena-tore Cuccu, di farle osservare che lei, nonsoltanto parla da un' ora e venti, ma per dipiù legge pubblicazioni di altri autori chenon hanno alcuna attinenza con il bilanciodello Stato. Quindi la prego di concludere.

    C U C CU. A causa di questa manìa,dicevo, di guardare unicamente al prodottonazionale lordo, si perde di vista, con la di-minuzione della spesa pubblica, la condizio-ne di vita dei cittadini. È in relazione conquesto aumento, parossisticamente persegui-to, del prodotto nazionale lordo che le cittàsono diventate caotiche nel traffico, irrespi-rabili nell'ambiente fisico del suolo e del-l'aria, sempre in arretrato nei servizi civili

  • Senato della Repubblicu ~ 29234 ~ V Legislatura

    578a SEDUTA (antimerid.) ASSEMBLEA ~ RESOCONTO STENOGRAFICO

    rispetto ai fabbisogni crescenti, sempre piùvittime di una generale caduta del senso mo~rale ed impreparate a farvi fronte.

    Sembra dunque che il vero problema siaquello di potenziare e di sfruttare le risorselocali, di condurre meglio la vecchia econo~mia delle risorse, che, per quanto riguardail Mezzogiorno, sono date soprattutto daquelle agricole. E far meglio l'agricolturacoinvolge molte necessità di mutamento, per-chè nei soli ultimi cinquant'anni molti sonostati i cambiamenti della base operativa. C'èstata la caduta di molti valori di scambio,data da un mercato di prodotti ricchi cheprevale rispetto a quello dei prodotti poveridi un tempo, i cereali in ispecie: sono ele~menti che indubbiamente hanno modificatola struttura della produzione agricola. Noisiamo però ancora fermi ai cereali (e senzaconvinzione), mentre bisogna rivedere il qua-dro di questa situazione: abbiamo nel Mez~zogiorno d'Italia una situazione pedoclima~tica che favorisce la produzione di tutti iprodotti ricchi, nessuno escluso, e potrebbeconsentirci di migliorare le condizioni nonsoltanto del Mezzogiorno, ma dell'intera eco~nomia nazionale. Nel Mezzogiorno si può in~crementare ad esempio la produzione orto~frutticola, a patto che si metta ordine nellastruttura di trasformazione e di commercia~lizzazione, che nello stato attuale blocca ogniprogresso. In Italia è diventata difficile, pernon dire impossibile, la collaborazione tral'industria e l'agricoltura, e nel Mezzogiornotutto è più difficile ancora.

    A chi appartiene l'industria ortofrutticolain Italia? Posso citare alcuni dati; 14 grandiindustrie appartengono a famiglie private, 6

    I

    grandi industrie appartengono a società fi-nanziarie come la Centrale strettamentelegate con famiglie private e con grandi so-cietà industriali, come la Montedison e laSME; 4 grandi industrie alimentari appar-tengono a società finanziarie senza parteci-pazioni famigliari ed altre otto, ugualmentegrandi, appartengono in tutto o in parte agruppi internazionali, come la Unilever e laNestlè (ma anche la Montedison è collegatacon esse). Questi sono i proprietari dell'in-dustria conserviera in Italia. E chi producei prodotti ortofrutticoli? La piccola azienda

    25 NOVEMBRE 1971

    famigliare, le 3 milioni e 600.000 aziende fa~migliari: su di esse riposa la produzione or~tofrutticola nazionale. C'è scissione, c'è con~flitto tra la proprietà dell'industria conser-viera e i produttori delle materie prime. Iproduttori delle materie prime non accetta~no l'imposizione dei prezzi da parte delleindustrie e le industrie non accettano la ri~chiesta di aumento dei prezzi delle materieprime da parte dei produttori. E quando legrandi industrie si vedono perdenti in que-sta battaglia del profitto contro il reddito deiproduttori, esse non hanno preoccupazionieccessive e non esitano a chiudere le fabbri-che e a trasferire i loro capitali in altre atti~vità più remunerative. Ed il Paese apre an-cora il suo portafoglio dei debiti con l'esteroad altre importazioni di prodotti alimentari.

    Altro settore è quello vitivinicolo. A que~sto proposito ho presentato un ordine delgiorno che a conclusione del mio interventovoglio illustrare; l'ordine del giorno nume~ro 14.

    P RES I D E N T E . Senatore Cuccu,le faccio presente che, riguardando il suo or~dine del giorno la tabella 13, non può illu~strado in questa sede.

    C U C CU. Mi limito a dire poche parole.Il problema al quale mi riferisco è quellodella denominazione d'origine controllata deivini. C'è una legge del 1963 che dispone. . .

    P RES I D E N T E. Senatore Cuccu, lericordo inoltre che lei aveva detto che avreb~be parlato per 60 minuti; questo limite ditempo lo ha superato di 30 minuti.

    C U C CU. Allora lo illustro dicendo sem-plicemente che, di fronte ad un decreto delPresidente della Repubblica del 1963, chedetta norme circa la organizzazione del rila~scio di certificati di denominazione d'originecontrollata dei nostri vini, che potrebbe apri~re a questa produzione italiana e meridio~

    I naIe in particolare le grandi vie del commer~cio internazionale e che potrebbe raddoppia-re il reddito di una produzione che già oggirappresenta il 25 per cento di tutta la pro-

  • Senato della Repubblica V Legislatura~ 29235 ~

    25 NOVEMBRE 1971578a SEDUTA (antimerid.) ASSEMBLEA ~ RESOCONTO STENOGRAFICO

    duzione agricola nazionale, di fronte ad unasituazione di questo genere noi lamentiamoche l'organizzazione periferica del Ministerodell'agricoltura sia troppo carente, assoluta~mente non in condizioni di dare attuazione

    al provvedimento di legge. Soltanto una ses-santina di decreti sono stati finora emanatinel giro di otto anni, mentre i vini a denomi~nazione d'origine controllata in Italia potreb~bero essere certamente qualche centinaio.

    Presidenza del Vice Presidente SPATARO

    (Segue C U C C U ) . L'errore sta nel~l'aver affidato a vecchi uffici stracarichi d'in~combenze, alle Camere di commercio adesempio, o anche ad altri organismi nuovima inadeguati, delle competenze che invecedovevano essere tenute dagli organi direttie strettamente competenti dello Stato.

    Noi diciamo che questi problemi devonoessere subito risolti. Bisogna modificare lastruttura del Comitato nazionale vini, biso~gna modificare la struttura dei suoi rapporticon la periferia produttiva e burocratica:provvedimenti positivi di questo genere per~dono qualunque carattere di positività e di~ventano anzi oggetto e motivo di speculazio~ne, se non giungono sul terreno dell'efficienzaoperativa, L'amministrazione dello Stato de~ve dare le sue dovute garanzie al mondo pro-duttivo. Se mancano queste i bilanci delloStato diventano pura formalità inascoltata,se non proprio derisa, dai cittadini.

    Il nostro voto a questo bilancio, quindi,non può che essere contrario. Ma mi au-guro che il nostro apporto di argomenti asostegno di questa posizione contraria varràin qualche modo a produrre nel Governo ri~pensamenti utili per l'avvenire. Qui finisceinfatti il nostro compito (che poi continuanei luoghi di lavoro e di lotta delle masse).Al Governo il compito di accogliere anche lanostra esperienza, in modo che la vita demo-cratica e la dialettica parlamentare abbianoi loro significati e i loro sbocchi positivi dichiara, generale e immediata interpretazio~ne: e venga nobilitato così il Parlamento, edi conseguenza venga a perdere significatoe sbocco l'azione eversiva che si muove nel~l'ombra, anche troppo, e non deve uscire allaluce del sole.

    È questo l'oggetto più importante di ogniatto di governo e in modo particolare delbilancio dello Stato, che è fatto sì di cifre edi segni contabili, ma non può non essere unatto di corrispondenza effettiva con le istan~ze di progresso e di democrazia che salgonodalla base sociale del Paese e deve proporsiperciò, innanzi tutto, di incidere nella vita enel destino della nazione. (Applausi dallaestrema sinistra).

    P RES I D E N T E. È iscritto a parlareil senatore Nencioni. Ne ha facoltà.

    N E N C ION I . Illustre Presidente, ono~revole Sottosegretario, onorevoli colleghi, lamodifica che è stata apportata con legge allastruttura del bilancio ha impedito che daparte del Parlamento ci fosse quell'efficacecontrollo della spesa che è stato l'origine,l'essenza della funzione parlamentare. Lamodifica del Regolamento che questa Assem~blea ha recentemente approvato e in modospecifico la modifica delle norme che disci~plinano la discussione del bilancio ha prati-camente cancellato la stessa discussione delbilancio dai lavori parlamentari, violandoapertamente la Costituzione della Repub-blica.

    Dopo la discussione generale ogni leggedeve essere discussa nella sua articolazione:articolo per articolo dice la Costituzione earticolo per articolo diceva il vecchio Rego~lamento e dice l'attuale Regolamento. L'ec-cezione si fa ,esclusivamente in ques1ta sede,per la legge di bilancio: infatti i singoli arti~coli non possono essere discussi dai compo~nenti di questa Assemblea. Questo fatto, cheapparentemente sembra un fatto interno di

  • Senato della Repubblica ~ 29236 ~ V Legislatura

    578a SEDUTA (antimerid.) ASSEMBLEA- RESOCONTOSTENOGRAFICO 25 NOVEMBRE 1971

    poco momento, riveste una eccezionale gra-vità perchè significa che, al di fuori di unadiscussione sulla struttura del bilancio e sulsuo contenuto economico, questa Assemblea(la Camera dei deputati si è conservata ildiritto e il dovere di rispettare la Costituzio-ne) si è automuti,lata di uno .dei compiti piùessenziali e più consoni con le funzioni delParlamento dalle origini ai giorni nostri. Edè per questo che, senza richiami specifici, ilcollega che mi ha preceduto tentava di sur-rogare, attraverso un discorso generale, chein realtà non era tale, questa carenza cheormai si manifesta; tentava di surrogarlaattraverso la prospettazione di problemi set-toriali, financo del problema della classifica-zione dei vini, che non ha certo niente a chevedere con le strutture del bilancio conside-rate dal punto di vista economico-finanziario.Ma se non trattava della classificazione deivini in questa sede, non avrebbe potuto £arloin sede di discussione del bilancio dell'agri-coltura.

    Mi auguro che la Presidenza dell' Assem-blea si renda conto di questa aperta viola-zione della Carta costituzionale e del fattoche si sono messi i componenti dell'Assem-blea nella pratica impossibilità di svolgerela loro funzione che scaturisce dalla Cartacostituzionale. Mi auguro che si renda contodel mancato interesse dei componenti dellaAssemblea per la discussione generale delbilancio in funzione della impossibilità diprospettare i problemi particolari, concer-nenti i singoli dicasteri e soprattutto dellagioia e della felicità dei ministri della Repub-blica, che si sottraggono così al dovere di ve-nire a rispondere al Parlamento della ge-stione del loro dicastero.

    Questo è il quadro desolante della situa-zione che ho sentito il dovere di esporre eche coltiveremo poi con un'azione parlamen-tare per ottenere per lo meno che la Costi-tuzione sia rispettata dal Regolamento. In-fatti il Regolamento ha proiezione costitu-zionale, ma fino a questo momento il Rego-lamento, varato dall'Assemblea, non ha lapossibilità di cancellare o di modificare (odi dare un'interpretazione costituzionale di-storta o contrastante) le norme con cui laCostituzione stessa tesse un sottile procedi-

    mento legislativo che è dettato da esigenzedi carattere generale, ispirate alla tutela, nondi singoli interessi, ma di una funzione es-senziale.

    Ciò premesso, onorevoli colleghi, veniamoa esaminare brevemente la struttura di que-sto bilancio anomalo che si presenta questoanno ~ l'abbiamo già rilevato in altre occa-sioni ~ con un deficit formale di 3.163 mi-liardi. Ciò significa che si è raddoppiata,praticamente, la previsione, la prospettivadell'anno precedente. Ma se il deficit effet-tivo fosse di 3.163 miliardi, onorevoli col-leghi, potremmo anche riportare questocontenuto economico del bilancio alla situa-zione generale e trovarne una giustificazione.Ma, come sappiamo, il deficit del settorepubblico non è solo il deficit formale di bi-lancio perchè a questo bisogna aggiungere ildeficit delle altre componenti del settorepubblico: si arriva così a circa 10.000 mi-liardi, pari o di poco inferiori all' entità eco-nomica del bilancio statale fino ad oggi pro-spettato.

    Le ragioni sono di varia indole. Le esi-genze di spesa pubblica (sia all'interno delbilancio, sia per le spese extra-bilancio, siaper le aziende autonome, sia per gli enti pre.videnziali, sia poi per gli enti territoriali lo-cali: regioni, province, comuni) sono forte-mente aumentate, ed è aumentata la «rigi-dità}) incidendo su qualsiasi politica dibilancio.

    Per quanto concerne le entrate fiscali eparafiscali, oggi dalla rigidità di bilancio chefaceva tanta paura ai ministri della spesa edell'entrata negli esercizi passati, per dichia-razione dell'onorevole Preti siamo arrivatialla confessione di una « retromarcia » cioèdalla rigidità, al mancato progresso. Dallastagflation di una volta siamo arrivati adun arretramento su posizioni dalle quali nonè dato pvevedere, neanche con i moderni si-stemi di controllo, l'entità quantitativa delfenomenO' della contmziOlne del prelievo fisca-le. È da osservare che il prdievo fiscale perla moltiplicaziO'ne dei traffici, per l'aumentodella popolazione dovrebbe naturalmente in-crementarsi.

    Onorevoli colleghi, dobbiamo porci questiproblemi e classificarli nel mondo economi-

  • Senato della Repubblica ~ 29237 ~ V Legislatura

    578a SEDUTA (antimerid.) ASSEMBLEA- RESOCONTOSTENOGRAFICO 25 NOVEMBRE 1971

    co e sociale in cui viviamo perchè una dimi-nuzione delle entrate previste in un momen-to in cui stagna la popolazione, in un mo-mento in cui stagnano i traffici, non sotto ilprofilo della congiuntura, ma sotto il profilodella naturale moltiplicazione, ha un signi-ficato. Ma una contrazione delle entrate fi-scali nel momento in cui si verifica la mol-tiplicazione della popolazione, dei rapportisottoposti a prelievo fiscale, nel momento incui, onorevoli colleghi, ci troviamo di fronteall'apertura delle frontiere e di conseguenzaall'aumento dei traffici internazionali, cioèal grande respiro del mercato mondiale, al-l'allargarsi delle frontiere per cui si passadal mercato dei sei al mercato degli otto senon al mercato dei dieci, e da questa posi-zione europea ad una dimensione mondiale,ad un mercato integrato di ambito mondia-le, ha un significato negativo.

    Ebbene, proprio in questo momento il Mi-nistro delle finanze informa che non solonon arriveremo alle previsioni di entrata,ma arriveremo ad un punto che non possia-mo neanche quantificare. Sta di fatto chedobbiamo rilevare e tener conto di un arre-tramento che è naturalmente deleterio perle previsioni di superamento del deficit. Nonpossiamo infatti non prevedere una notevoledilatazione del deficit prospettato. Le impo-ste sul patrimonio e sul reddito, le tasse su-gli affari, le imposte sulla produzione, suiconsumi e dogane, sui monopoli, sono inflessione, senza un segno che indichi comeil fenomeno possa essere vanificato da unainversione di tendenza.

    Quali le ragioni, onorevoli colleghi? La re-lazione del senatore Valsecchi inizia con unaelencazione di giudizi tratti da documentiufficiali e da atti parlamentari, una elenca-zione che non è completa perchè, ad esem-pio, ha tralasciato il Governatore della Ban-ca d'Italia che pure in questa materia ha 'rilasciato delle dichiarazioni veramente si-gnificative.

    V A L S E C C H I A T H OS, relatoreper la spesa sul disegno di legge n. 1861. Locito più avanti, in un altro testo.

    N E N C ION I . All'inizio, nella pro-spettazione, è partito da una situazione

    descritta in alcuni atti tralasciando, dico, ilgiudizio del Governatore della Banca d'Ita-lia che è più pertinente in quanto quest'ul-timo parte da una posizione essenzialmentee prevalentemente tecnica, anche se soffusadi contenuto politico.

    «La produzione ristagna in un contestodi acute tensioni sociali », così inizia il docu-mento programmatico preliminare che im-posta il programma economico nazionale1971-75, cioè non quel reperto archeologicorappresentato dal vecchio programma, mala premessa che dovrebbe essere viva e vivi-ficante del nuovo programma. E avrebbepotuto il senatore Valsecchi anche partiredal consuntivo del vecchio programma e nonlo ha fatto per ragioni politiche, per nonmostrare l'abisso che separa la previsionedel programma quinquennale approvato inquest'Aula per legge dall'amara conclusioneche la produzione ristagna in un contesto diacute tensioni sociali.

    « L'economia italiana attraversa una diffi-cile fase di ristagno nel suo processo di svi-luppo », è la puemessa della relazione pre-visionale e programmatica

  • Senato della Repubblica ~ 29238 ~ V Legislatura

    578a SEDUTA (antime,rid.) ASSEMBLEA ~ RESOCONTO STENOGRAFICO 25 NOVEMBRE 1971

    sarebbe stato veramente abnorme, sarebbestato contro il normale svolgersi dei proces~si economici un aumento del prelievo fisca~le. Per queste ragioni, che sono state de~sunte da documenti ufficiali, per quelledichiarazioni rese dal Ministro del tesoroe dal Governatore della Banca d'Italia, lasituazione non poteva che prospettarsi ne~gativa. Ed ecco un errore nella strutturadel bilancio che noi abbiamo sempre la-mentato: infatti quando si fanno le previ.sioni di spesa e di entrata, si tiene contodella previsione di reddito nazionale. Fattala previsione di aumento, si fanno dei cal~coli conseguenti per ottenere l'aumento teo-rico del prelievo fiscale. Qui è l' errore per~chè l'aumento del reddito nazionale è unaprospettiva, una premessa, una speranza,ma non è una valutazione fatta attraversorilevamenti con sistemi econometrici per~fetti o meno; cioè è un fatto politico. Ladichiarazione che riflette nella relazione pre~visionale e programmatica, l'aumento delreddito nazionale non è una previsione tec~nicamente extrapolata, è un atto politico;cioè risponde più ad una volontà politicaespressa che ad un calcolo. E quando poi siarriva alla realtà ci si accorge che non è unfatto politico, ma un fatto obiettivo.

    Pertanto siamo di fronte ad una situazio~ne recessiva, dovuta a molteplici cause, aduna economia cioè ormai inceppata, privadi dinamismo.

    Purtroppo, nella Europa dei sei, l'econo-mia italiana è guardata con sospetto. Si par~la ancora una volta (come parlarono otto odieci anni fa) di pericolo di contagio dell'in~flazione; oggi ci guardano con sospetto e cicollocano nel lazzaretto di osservazione per~chè temono il contagio dell' economia ita-liana che è parte integrante dell'Europa oggidei sei, domani speriamo dei dieci o quantomeno degli otto. E perchè questa situazio-ne? L'onorevole Ferrari-Aggradi, parlandt'l'anno scorso del fenomeno della stagflation,ebbe a dire che si dovevano individuare, perdirne le ragioni, le cause; perchè i nostriuomini politici (intendo parlare di quelli alGoverno) solitamente hanno ignorato le con-seguenze e hanno sempre ignorato le cause.Questa volta per quanto concerne la situa~

    zione economica non hanno potuto ignorarele conseguenze. Pertanto, 'Per la prima voltanella storia politica degli ultimi venticinqueanni, il Governo ufficialmente con in testa ilMinistro del bilancio e della programmazio-ne (che si auto definì il Ministro del bilancioe della preoccupazione economica) venne adire, seguito dal Presidente del Consiglio,che la situazione economica era «una navi~cella in un mare in tempesta che faceva ac~qua da tutte le parti ». Pertanto hanno rico~nosciuto le conseguenze, ma hanno taciutoancora le cause. Ancora una volta sono statireticentipO'ichè sarebbe stato opportuno ri~conoscere anche le cause.

    Ebbene, l'autunno scorso il Ministro deltesoro volle affacciare timidamente anchele cause e lo disse in occasione ~ se benricordo ~ della celebrazione della giornatamondiale del risparmio (non la recente mala precedente) che si è tenuta nel salonedell'economia lombarda a Milano, con gran~de concorso di elementi rappresentativi del~!'industria, del commercio, della finanza edel risparmio mondiale. Disse che ci trova~vamo di fronte ad un vuoto di offerta, ad unvuoto di risparmio e ad un vuoto di strut~tura; non disse un vuoto di governo, maquesta era sottinteso nelle premesse. E se~condo il Ministro del tesoro questo vuotodi risparmio doveva essere coperto liberan-do le risorse finanziarie non impiegate perla pubblica amministrazione, consentendoattraverso canali acconci che le risorse intal modo liberate affluissero agli investi~menti produttivi. Parlò poi in quest'Aula(ripetendo « il vuoto di offerta, il vuoto dirisparmio e il vuoto di struttura») di mobi-litazione dei fantasmi contabili che sono iresidui passivi. «Mobilitare i residui passi-vi »: è certamente pOlca comprensibile que~sta espressione. Nel suo significato può es-sere compresa ma, se si riporta poi aHa Ireal-tà, la mO'biHtazione dei fantasmi è ,sempreuna cosa molto problematica, che quantO' me-

    nO' attiene agh apprendisti stregO'ni: quandO'pO'i si mette in motO' il processo si induce in-flazione ma non si vedono conseguenze posi~tive della mobilitazione dei residui passivi.E il « vuoto di struttura }} veniva denunciatO'con enfasi. Si sapeva e si sentiva che l'appa~

  • Senato della Repubblicu ~ 29239 ~ V Legislatura

    578a SEDUTA (antimerid.) ASSEMBLEA- RESOCONTOSTENOGRAFICO 25 NOVEMBRE 1971

    rata pubblico reagiva lentamente e stanca-mente alle sollecitazioni di una nuova poli-tica economica.

    Ebbene, è passato un anno, si è celebrataancora una giornata del risparmio mondiale,questa volta in Campidoglio, con gli stessipersonaggi che non hanno potuto ad unanno di distanza che ripetere le stesse cose,malgrado la mobilitazione dei fantasmi con~tabili, malgrado la promessa copertura diquel vuoto di struttura e malgrado la mobi~litazione di tutte le risorse per coprire ilvuoto di offerta che era derivato dalla si~tuazione congiunturale, cioè da quella con-giuntura pallida ~ vi ricordate ~ che

    doveva essere irrobustita dai vari provvedi.menti che si sono espressi nella cronacaparlamentare con i vari decretoni o de-cretini.

    Noi osservammo ~ non per fare dell'umo-

    rismo in questa materia veramente pococongeniale con l'umorismo ~ che questi

    provvedimenti straordinari che promettonotutto e offrono delle prospettive rosee sonocredibili la prima volta perchè hanno delleconseguenze di carattere psicologico, sonomeno credibili la seconda volta, non sonopiù credibili la terza, la quarta o la quintavolta. Quando il Presidente del Consigliopresentò nel 1965 il primo decreto ne dicen-do che attraverso tale strumento si sarebberisolta l,a s,ituazione economica, tutti ci cre-dettero ed anche noi, di fronte a questopacchetto enorme, malgrado le nostre criti-che, sperammo che desse veramente unaspinta all'economia. Ma quando giungemmoal secondo decretone, d dOlmandammo chefine aNesse fatto i,l primo. Al terzo ci si, do-manda che fine hanno fattoiil primo ed HiS,econc1o. In realtà questi iproVlVedimenti cer-cano di ri,para:re a si1:1Uazioni mocmentarnee oa iridhieste fatte i'n sede !politica, sempre di~seri minatorie, di finanziamenti a determi-,nate ,imprese, Isempre a quelle imprese,sempr,e a quei titoLari, non con una visio-ne aperta ma con una visione discrimina-toria e (politica dO'VIuta runa volta aillie

  • Senato della Repubblica V Legislatura~ 29240 ~

    25 NOVEMBRE 1971578a SEDUTA (antimerid.) ASSEMBLEA ~ RESOCONTO STENOGRAFICO

    gine ad un mota circalare riduttiva che in~cida dapprima sulla massa salariale e quin~di sul patere d'acquista delle famiglie e paisu tutta il Paese.

    Onarevali calleghi, il vuata di damanda,in aggiunta a quanta abbiama detta in que-st'Aula, aggi si presenta carne saturaziane aquasi saturaziane del mercata interna dialcuni beni di cansuma durevale. Abbiamaavuta le dichiaraziani del presidente dellaRIAT Agnelli che ha iprevisto un rvuoto didomanda per quanta cancerne le automo~bili. Abbiama avuta dichiaraziani degli in~dustriali del cementa per quanta cancerneil vuato di damanda davuta alla crisi dellaedilizia e casì via. Tutta questo si ripercuotecan ondate successive sulla struttura ecana-mica e fa veramente franare le strutturepartanti della nastra ecanomia. Quella cheera un vuota di da manda tendenzialmentesettOlI'iale, si trasforma invece in un vuotodi damanda glabale, lata, can ripercussianiveramente gravi sull'aperatare-imprese e suquello che si chiama l'aperatore-famiglie,ciaè tutta il cantesta aperativa che dà vitapai ad un' ecanamia.

    Da qui il vuata degli investimenti, perchè,anarevoli calleghi ~ è inutile che mi sof-

    fermi ~ quanda si parte dal vuata pradut~tivo e dail vuoto di domanlda, Iè 'conseguenteil vuoto degli investimenti. Infatti anche laStata nan può buttare miliardi, sperperaremiliardi. L'investimenta è legittimo quandac'è una damanda e un cicla produttiva; quan~da vengona mena cicla produttiva e da~manda è logica che ne consegua anche ilvuata per quanta cancerne gli investimenti.

    Pertanta vedi ama can piacere ad esempioed anche con preaccupaziane i tentativi fattinel settare delle partecipaziani statali. Inquesti giarni il ministra Piccali ha fatta lasua espasiziane alla Cammissione industriae ci auguriamo, anche se siama sicuri chenan sarà casì, che sia veramente la spintache passa ripartare attraverso gli investi-menti ad un cicla praduttiva, nella speranzache la damanda riprenda il suo corsa. E c'èin mezzo però il vuota di respansabilità sin~dacale. E questo è quella che veramente siaggiunge. Non è un fenomena italiana sala~mente, ma in Italia purtroppa la situaziane

    è maggiarmente sentita. In un dacumentadella Comunità europea, nella valutazionedella situazione ecanomica si dice: {{ Intutti i Paesi industrializzati il ritma dell'in~flazione e delle apprensiani che esso inge~nera fanno tornare d'attualità la paliticadei redditi. A prescindere dalle divergenzeche suscitano la canceziane e i mezzi di talepolitica, si fa presente che questa è l'unicomezza per pater ovviare ad una situazianedi irrespansabilità sindacale che ha dei ri~flessi nella praduzione in alcuni Paesi »; canuna allusiane precisa, circa stanziata allasituazione italiana.

    Onarevali calleghi, vi è un'altra situazianeche a mio avviso pesa enarmemente sullasituazione generale. Il ministra Giolitti, nellesue ormai mensili cansuetudini di resacantaalIa stampa e nelle sue interviste ha fattapresente un certa turbamenta per la situa~ziane nell'andamenta dei rapparti tra laStata e le regioni in ma da particalare perquanta cancerne la programmaziane ecana~mica, esprimenda però nell'ultima intervistauna certa speranza chè vi sana degli indiciohe mostrano che questo avvia, sf1p,pU'J:1efa~ticosa, fa prevedere che tutto si svolgerà nelmigliore dei madi.

    Onorevali calleghi, come già abbiama det~to in quest'Aula, ripetiama che saremmolieti di esserci sbagliati nella nastra azionecontra la rifarma che ha vista in primo pia-no le regiani. Purtroppa gli elementi che ab-biama ci canfortano in questa nostra batta~glia. E la situazione non è casì rosea come ilMinistra del bilancia ha voluta praspettare,ma è veramente pesante.

    Un recente dacumento, la relaziane delPresidente della giunta sulle consultazianidegli organi della pragrammaziane nazianalecon i presidenti delle regi ani in ardine alnuoiVO piano nazio.nrule, tproiprio del 18 no~Viembre 1971, è veramente runa campana amorte. Qui, anarevoli colleghi, si sta crean-do un rapparto non tanta fra lo Stata e lesingole regioni ma tra lo Stato da unaparte e uno Stato federale dall'altra; cioèveramente un fenomeno che noi avevamoprevisto e che si sta verificanda puntual-mente: le regiani si accordano tra di loroe lo Stato si trova di frante non la singola

  • Senato della Repubblica ~ 29241 ~ V Legislatura

    578a SEDUTA (antimerid.) ASSEMBLEA ~ RESOCONTO STENOGRAFICO 25 NOVEMBRE 1971

    regione ma uno Stato federale che dice:{( lo Stato sono io ».

    Bassetti, ohe è ill presildente deLla giiU'TIJtar~gionale ilombar.da, ha fatto presente ohe ipresidenti delle giunte regionali sono d'ac~corda su determinati principi: primo, che

    'Le regioni{( non sono di'Spon~bili ~ notate

    bene ~ per una collaborazione subalternae pertanto sono disposte ad assumersi re~sponsabilità e impegni soltanto se ~ altri~

    menti fanno la guerra: vorvei chiari,re! ~

    chiamate a 'Contribuire alla programmazionein tutte le sue fasi dal momento della pmpa~razione ,del1e linee di orientamento del pianoa queHo della sua gestione; che in ogni caso,pur non ritenendosi impegnate allo stato at~tuale ~ pertanto sono degli Stati al di fuoridello StatO' ~ le regioni aooettavano le pro~

    poste nel frattempo comunicate dal Mini~stro che prevedevano l'iistituzione di 7 com~missioni generali oltre a una ottava di sin-tesi, incaricate di esprimere pareri sulle sin-gole parti del documento programmatico. Inciascuna di tali commissioni, composte me~diamente da una ventina di esperti, in partedirettamente nominati dal Ministero e inparte designati da associazioni o categorie,le regioni sono presenti con tre esperti daloro designati ».

    In un ondine del rgiorno la commissioneconsult1va interrergionale (pertanto !lo StatofederaLe) {( invita ill Ministro del bilancio edella programmazione economica a soste~nere in sede di Governo una rielaborazione~ non modifica ~ ,dei decreti delegati che

    tenga effettivamente conto delle esigenze del-la programmazione economica a livdloregio~naIe e nazionale, sia attraverso il trasferi-mento per blocchi di competenze organichedefinite, sia attraverso disposizioni che ri~servino l'esercizio della funzione di indirizzoe di coordinamento da parte del Governoa livello di sua responsabilità collegi aIe an~zichè affidare tale funzione ai singoli mini~stri settoriali. Esprime l'avviso che il finan~ziamento delle regioni ~ sempre uno Statocontro l'altro Stato ~ a completamento del-

    le entrate derivanti dai tributi propri e dalfondo comune di cui all'articolo 8 della legge281, debba realizzarsi, anzichè attraverso fon~di 'settoriali, attraverso un fondo di sviluppo,

    da impostare ed amministrare unitariamentee con la necessaria flessibilità e da destinarealle spEse d'investimento, quale deve essereil fondo previsto dall'articolo 9 della legge ».

    In questi documenti, onorevoli colleghi, siritrovano frasi di questo genere: {( Le regionisono infatti convinte» ~ che significa che

    le regioni sono convinte? ~ {( specie dopol'avvenuta presa di coscienza e la sensibilitàmanifestata dal Parlamento con i pareri cheva esprimendo, che i problemi nascono dalrecepimento delle istanze regionalistiche daparte del Governo. Per questo è importanteche l'organo più rappresentativo della pro-grammazione, cioè il Ministero del bilancioe della programmazione economica, sia par-tecipe delle nostre preoccupazioni al mo~mento della emanazione effettiva, da partedel Govemo, dei decreti delegati ».

    Per non tediarvi troppo, vi leggo soltantoquella che è la conclusione di tutto questo:« . . . !'importanza del lavoro svolto, la con~ferma del fatto che un sano regionalismonon significa nè panregionalismo nè contestazione di un'esigenza di raccordo e di sin-tesi a livello superiore. La necessità di undibattito anche fortemente dialettica per ilsuperamento degli attuali schemi centralistipresenti nell'organizzazione ministeri aIe ètutt'altro che finita se è vero che a questofine non è bastata la Costituzione e nem-meno basta la volontà che, grazie all'alleanzache le regioni hanno saputo stabilire colParlamento, il Parlamento oggi esprime. Evi-dentemente non basta neanche la spinta del-la programmazione perchè siamo ben lon-tani dal poter dire definitivamente acquisitii risultati che stiamo conseguendo ». Per-tanto è la guerra dello Stato federalisticocontro lo Stato centralizzato. Il centro nonsi trova di fronte la periferia, cioè una re-gione, ma si trova di fronte un altro StatopiÙ potente perchè è lo Stato.comunità, men-tre lo Stato centrale è lo Stato-apparato.

    Ho detto tutto questo, onorevoli colleghi,perchè il ministro Giolitti ha accusato il col-po (e non poteva non accusarlo) nella suaconferenza stampa del15 novembre; e lo haaccusato prima lamentando quelle deficien~ze che ho lamentato io e successivamentedicendo che il CIPE si è occupato del tema

  • Senato della Repubblic{; ~ 29242 ~ V Legislatura

    578a SEDUTA (antimerid.) ASSEMBLEA- RESOCONTO STENOGRAFICO 2S NOVEMBRE 1971

    della ripresa economica e prenderà dei prov-vedimenti (di quali provvedimenti non sipada). IiI Ministro !ha affermata: «Credo dipoter valutare quest'ardine di grandezza» ~

    cioè d~~lii interventi intorno ai 1.200 mi-liardi; e con quel deficit che abbiamo vistonon so a cosa possano servire ~ « conside-

    rando il volume di spesa che abbiamo esami-nato e sul quale abbiamo esercitato la nostraa,zione nel settore dell'edillizia, nel settoredelle autostrade, nel settore dell' edHizia sa-nitaria. rSia clhiruro ,ohe questo man significaohe noi abibiamo operato direttalIDente sUlIvoluime di spesa per investiJmenti di questadimensione, ma che il terreno aLqUaJlie abbia-mo alpprlircato ,lia nostra ['icqgnizione ha que~ste dii'mensioni ». Prima aveva detto: interve-niamo eOThquesta spesa di 1.200 miHrardi;poi ha detto: guardate bene che anclhe questi1.200 miliardi sono come i fantasmi, sonocome i residui passivi; non credeteci troppoperchè noi abbiamo operato per investimentidi questa dimensione, ma il terreno al qualeabbiamO' applicato la nostra ricognizione haqueste dimensioni espresse in ordine di volu~me di spesa pubblica, sulla quale abbiamo 'ri~tenuto di poter esercitaJ1e quest'aZJione solle~citatrice. Pertrunto siamo di f