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Numero 1/2011 Una nuova rubrica per SegnoPer: Ac e mondo Non giochiamo troppo con i Social network di Chi ama educa DOSSIER Supplemento a Segno nel mondo n.02/2011. Poste Italiane S.p.A - Sped. in abb. post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art.1, comma 2, CNS/AC Roma

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Chi ama educa. Una nuova rubrica per SegnoPer: Ac emondo. Non giochiamo troppo con i Social network.

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Numero 1/2011

� Unanuova rubrica per SegnoPer: Ac emondo� Non giochiamo troppo con i Social network

di

Chi ama educaDOSSIER

SupplementoaSegnonelmondon.02/2011.PosteItalianeS.p.A-Sped.inabb.post.D.L.353/2003(conv.inL.27/02/2004n.46)art.1,comma2,CNS/ACRoma

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ttingendo a piene mani daldenso discorso di fine annodel presidente Giorgio Napo-

litano, dai tanti eventi che unisconomemoria e attualità, e, infine, da quelsenso di profonda unione che l’espe-rienza associativa suggerisce e favorisce,possiamo provare a trovare – tra tantepossibili – quattro parole attraverso lequali l’Ac può celebrare nei fatti, e non

retoricamente, l’unità d’Italia.La prima, neanche a dirlo, è giovani.Un’Ac che aiuta i giovani nella ricerca diun progetto di vita, nel sostenere unorizzonte di senso, che li radica in unacomunità e allo stesso tempo li aiuta adivenire cittadini del mondo, ecco,un’Ac così rende un grande servizio alpaese e alla sua unità oggi. Combatte lasolitudine, che è la premessa esistenzialedella fuga o del chiudersi in sé. Combat-te il disorientamento, non fornendo“ricette del successo”, ma ancorando lescelte ordinarie ai valori fondamentali,educando alla coerenza, alla costanza, almerito, all’onestà, alla solidarietà, allagiustizia, insomma all’idea che si possa-no “bonificare” i contesti sfavorevoli apartire dalla testimonianza personale ecomunitaria. Va da sé che in Ac la parolagiovani non si coniuga al singolare, madiventa il pretesto per esercitarci consempre maggiore credibilità in quel dia-logo tra le generazioni che pure ritenia-mo di poter offrire a tutti. Non solo:contro la retorica per cui ogni volta chesi parla di giovani si chiamano in causagli adulti “colpevoli”, l’Ac può essere

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Giovani, dono, territorio e gioia:quattro parole che l’Azione cattolica

coniuga nell’ordinarietà,per celebrare l’unità d’Italia

al di là di ogni retorica

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diMarco Iasevoli

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Fratellid’Italia

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esemplare anche nel riconoscere che gliadulti, prima ancora che essere destina-tari di pressanti richieste, sono bisogno-si e desiderosi – oggi più che mai – disostegno e strumenti. Ed è attraversoquesta strada di mutuo sostegno e corre-sponsabilità che diventa concreta l’at-tenzione comune, comunitaria e dove-rosa ai piccoli.La seconda parola è dono. Anche recen-temente, durante la V Giornata dellaprogettazione sociale, si è argomentatala necessità che nella “società delloscambio” ci siano baluardi di gratuità,servizio, generosità. Un’Ac totalmentegratuita e sgombra di interessi di ognitipo – nell’educazione, nella cultura, nelservizio agli ultimi, nell’attenzione allapolitica – rappresenta, insieme a tantealtre realtà dell’associazionismo, unoscandalo, una provocazione, un invitoaudace a recuperare l’essenziale dellavita sociale: la solidarietà e l’amicizia traindividui, territori e gruppi sociali.La terza parola è territorio. Lungi dainterpretazioni campanilistiche e locali-stiche, l’Ac, se radicata davvero nellecittà e nelle parrocchie, può rappresen-tare l’ancoraggio concreto ai luoghi

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dove le persone veramente vivono, par-lano, pensano, soffrono e gioiscono. Laterritorialità dell’esperienza associativapuò aiutare tutto il paese a ricordare chisono le persone reali, cosa c’è oltre lerappresentazioni mediatiche ed ideolo-giche. Rappresenta, insomma, quelrichiamo all’ordinarietà che sembrasfuggire a tanti. La presenza nel territo-rio, in Ac, piuttosto che essere un ele-mento di separazione e chiusura, puòdiventare l’infrastruttura su cui indivi-duare di nuovi comuni valori e comunesentire di tutti i cittadini.La quarta parola è gioia. È facile ritene-re – di questi tempi – la gioia come underivato sciocco dell’indifferenza aigravi problemi del Paese e delle diversegenerazioni. In realtà, la gioia dell’Acnasce dalla consapevolezza delle coseultime, del tenero abbraccio del Padreverso i suoi figli, abbraccio che si stringepiù forte quando si vivonomaggiori dif-ficoltà. È la gioia della “presenza sem-pre” del Signore in mezzo a noi, che lai-camente si traduce in una fiduciaresponsabile, nella capacità di vederesempre una luce oltre il buio. Anchequesto unisce. �

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Visto dall’Ac

1Fratelli d’ItaliadiMarco Iasevoli

DossierOrientamenti Pastorali

6Una speranza affidabiledi Paolo Trionfini

10Ilmeglio deve ancora venirediMaria Graziano

14Sei connesso?di Fabiana Martini

In dialogo

17Caro SegnoPer...

Filodiretto con l’assistente

18Educare è bellodi Domenico Sigalini

Ac emondo

22Allargare gli orizzontidi Stefania Sbriscia

Vita di Ac

24Chiamatisui sentieri della vitadi Salvatore Varraso

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SegnoPer n. 1 - 20111° supplemento a Segno nel Mondon.02/2011

Pubblicazionedell’Azione Cattolica Italiana

Reg. al Trib. di Roma n. ���46/�970del 0�/0�/�970

DDiirreettttoorree:: Franco MianoDDiirreettttoorree RReessppoonnssaabbiillee: Giovanni [email protected]:: Fabiana [email protected] rreeddaazziioonnee:: Gianni Di [email protected]

PPrrooggeettttoo ggrraaffiiccoo ee iimmppaaggiinnaazziioonnee: Giuliano D’Orsi

PPeerr llee ffoottoo: Archivio foto AC, Agenzia Olycom,

SIR, Romano Siciliani

CChhiiuussoo iinn rreeddaazziioonnee:: �5 gennaio �0��

EEddiittoorree:: Fondazione Apostolicam Actuositatem

DDiirreezziioonnee ee aammmmiinniissttrraazziioonnee::

Via Aurelia, 48� – 00�65 Roma

SegnoPer èè uunnaa ppuubbbblliiccaazziioonnee oonn lliinnee

www.azionecattolica.it

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TTeell.. 06.66���� (centr.) – Fax 06.66����60

AAbbbboonnaammeennttoo aa SSeeggnnoo nneell MMoonnddoo:: € �0

PPeerr vveerrssaammeennttii:: ccp n.78��6��6intestato a: Fondazione Apostolicam ActuositatemRiviste - Via Aurelia, 48� – 00�65 RomaFax 06.66�0�07(causale “Abbonamento a SegnoPer”)Banca: Credito Artigiano - sede di RomaIBAN: IT88R0�5��0��000000000��967cod. Bic Swift Art I I TM� intestato a:Fondazione Apostolicam ActuositatemVia Aurelia, 48� - 00�65 RomaEE..mmaaiill:: [email protected] vveerrddee:: 800.869��6

Pubblicazione associata all’USPI(Unione Stampa Periodica Italiana)

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5SegnoPer n.1/2011

26Il mondo insieme a tedi Daniela e MaurizioBellomaria

27Patto di solidarietàtra le generazionidi Nino Chirico

30Dal contatto alla relazionediNicola De Santis

32I bambini e il doloredi Carlotta Benedetti

34Sempre accantodiMartino Nardelli

36Con le mani in pastadi Elena Poser

38Con lo sguardo al futurodi Giuseppe Patta

40Seminare ragioni di vitae di speranzadi Vincenzo Lumia

Strumenti

42Sotto la lente la vitapubblica del nostro paesedi Fabio Mazzocchio

Fede in cammino

44Non da solidi Ugo Ughi

Assistenti in Ac

46L’arte educativaun dono per gli altridi Nicolò Tempesta

Agenda

50Progettiamo insieme il“bene comune”di Federica Cifelli

Segnalazioni

52La valigia dei dirittidiMatteo Scirè

sommario

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Sono ben 32 i punti di Educare alla vitabuona del Vangelo in cui ricorre la parolasperanza. Ciò apre orizzonti impensati e

strumenti nuovi per rilanciare concoraggio il servizio educativo

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l magistero di Benedetto XVIha particolarmente insistitosulla speranza, dedicandovi

anche l’enciclica Spe salvi. L’affinamen-to progressivo di questa virtù teologale èproceduto di pari passo, quasi a volerstabilire un nesso, con la riflessionesull’“emergenza educativa”, che ha pun-teggiato gli interventi del Papa, a partiredalla Lettera alla Diocesi e alla città diRoma sul compito urgente dell’educazione(21 gennaio 2008). In questo senso, gliOrientamenti pastorali della Chiesa ita-liana per il prossimo decennio hannocome fondamento il magistero di papaBenedetto, che – come è sottolineato insede di presentazione – «costituisce ilriferimento sicuro per il nostro cammi-no ecclesiale e una fonte di ispirazioneper la nostra proposta pastorale». L’an-coraggio permette così di collegare piùsolidamente la prospettiva educativamessa a fuoco alla speranza, che, nel-l’economia del documento, ha bentrentadue occorrenze.L’accostamento evoca le penetranti sug-gestioni di Charles Peguy, sviluppate neIl portico del mistero della seconda virtù,

secondo il quale la “Speranza”, parago-nata a una “sorella piccola”, precede lealtre due virtù teologali: «È lei, questapiccola, che spinge avanti ogni cosa.Perché la Fede non vede se non ciò cheè. E lei, lei vede ciò che sarà. La Caritànon ama se non ciò che è. E lei, lei amaciò che sarà». La declinazione nellaforma futura, infatti, indica l’orizzontedell’educazione, che è una scommessaaperta non su futuribili di comodo, masull’”oltre”. Come è specificato in ter-mini pregnanti al n. 5 di Educare allavita buona del Vangelo, l’«anima del-l’educazione» si radica in una «speranzaaffidabile». Attraverso questo richiamosi sgombra il campo dalla logica “fun-zionalista” che è sottesa a una moltepli-

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Educare “tra” e “con” generazioni diverse: una sfida possibile

Una speranzaaffidabile

di Paolo Trionfini

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cità di progetti educativi di segno diver-so, per concentrarsi sul genere specificodegli orientamenti pastorali, che siinscrivono nella scelta dell’evangelizza-zione compiuta dalla Chiesa italianadopo il Concilio Vaticano II, progressi-vamente dilatata nei documenti dei sin-goli decenni.Non a caso, in apertura di Educare allavita buona del Vangelo, è ripreso un pas-saggio della Nota pastorale seguita al IVConvegno della Chiesa italiana, celebra-to a Verona nel 2006, nel quale incisiva-mente si raffigura l’immagine di «unpopolo in cammino nella storia, posto aservizio della speranza dell’umanità inte-ra, con la multiforme vivacità di unacomunità ecclesiale animata da una sem-

pre più robusta coscienza missionaria».Alla luce di questa centratura, che assur-ge a chiave di volta dell’articolazionedegli orientamenti pastorali per il decen-nio, mi sembra che si possano individua-re alcuni atteggiamenti fondativi, attra-verso i quali il mondo adulto si può farcarico della trasmissione di senso e valorialle giovani generazioni, nell’ottica diun’«autentica educazione». Non si trat-ta, dunque, di stilare un prontuario auso del buon educatore, quanto piutto-sto di cogliere le premesse irrinunciabilisu cui si fonda la “vita buona”. Nel trat-teggiare questa tensione, può essere,allora, utile una lettura trasversale deldocumento, facendo emergere le parolechiave che più frequentemente ritorna-

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no, prima ancora che soffermarsi sullefigure e sui luoghi educativi.Innanzitutto, come, del resto è messo inluce nel capitolo 3, l’educazione presup-pone un «cammino di relazione», in uncoinvolgimento profondo, che non puòche sostenersi sulla fiducia. Solamentenell’amore, che in una logica di gratuitàsi fa dono, la relazione diventa eccentri-ca, permettendo alla persona di uscireda se stessa, in quanto pro-vocata.In secondo luogo, la dinamica educativasi sviluppa a partire da uno spazio dilibertà, che – come viene fatto notareacutamente in un passaggio intenso,sviluppato, comunque, in altre ventottosequenze – non «è un semplice punto dipartenza, ma un processo continuoverso il fine ultimo dell’uomo, cioè lasua pienezza nella verità dell’amore». Ildesiderio di libertà rappresenta, delresto, uno dei segni dei tempi più densiper l’incontro non sul senso comune,ma sull’”oltre” dei limiti e delle fragilitàche attraversano l’umano.Conseguentemente il processo educati-vo, per contrastare la «paura del futuro»che blocca la relazione, deve tendere anon sfuggire la «sete di significato, di

verità e diamore», cheabita l’universodelle generazioni

più giovani. L’educatore, quindi, è chia-mato a dare ragione della speranza che loanima, attraverso una testimonianza chenon è sospinta da un impulso volitivo,ma è incarnata nel vissuto quotidiano.L’educatore, per restare dentro alla meta-fora, non è chiamato, dunque, a vestire ipanni posticci del maestro, ma a viveregli abiti virtuosi del testimone. Su que-sto piano, la trasmissione del senso dellavita non avviene per via autoritativa, masi coniuga all’autorevolezza.Sotto questo cono di luce, la capacitàeducativa non può che crescere in unalogica comunionale. Al di là delle accen-tuazioni che negli Orientamenti pasto-rali di volta in volta sono riferite all’esi-genza di creare reti, di suscitare sinergie,di attivare collaborazioni tra le diverseagenzie chiamate in causa, il profilo del-l’educatore è restituito in pienezza sola-mente al di fuori della tentazione indi-vidualistica, che corrode le basi sullequali si dispiega ogni relazione.Infine, nel processo educativo, è coin-

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L’educatore, quindi,è chiamato a dareragione della speranzache lo anima,attraverso unatestimonianza che nonè sospinta da unimpulso volitivo,ma è incarnata nelvissuto quotidiano

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volto profondamente il senso di respon-sabilità, richiamato nel testo indiretta-mente o esplicitamente ventisei volte,che procede, per così dire, sia comeassunzione, sia come richiesta: l’educa-zione, cioè, presuppone la cura dell’al-tro, per farlo maturare. Nel suo signifi-

cato etimologico, il termine rimanda auna risposta, che è il senso ultimo dellavocazione: a questo livello, si gioca, indefinitiva, la passione educativa, che,proprio perché si apre sull’«altro», parteda una «speranza affidabile» e al con-tempo genera speranza. �

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RRaaggaazzzziiLa persona di Gesù, con la sua parola e i suoi gesti di salvezza, è la speranzadel mondo. Lo è per ogni uomo e ogni donna e lo è per ogni bambino e ragaz-zo che si affaccia alla vita. Per questo l’Azione Cattolica assume la sfida diannunciare e testimoniare anche ai più piccoli la speranza salvifica che vienedalla Pasqua di Gesù Cristo, condividendo l’impegno di tutta la comunità cri-stiana.

GGiioovvaanniiL’incontro con Gesù è l’esperienza fondamentale di ogni credente, da cui ha iniziouna vita cristiana autentica. Questa proposta formativa ha per fine ultimo che cia-scuno, e quindi anche ogni giovane e giovanissimo, possa incontrare Gesù o, meglio, si lasci incontrare dal Risorto.

AAdduullttiiL’Azione Cattolica che abbiamo a cuore e in cui crediamo è un’esperienza associativa immersa nella storia quoti-diana delle donne e degli uomini, partecipe, con la Chiesa, delle “gioie, speranze, tristezze e angosce degli uomi-ni d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono” (cf Gaudium et Spes, �) e impegnata nell’annuncioe nella testimonianza di Gesù Cristo Risorto, Speranza del mondo.

(da Sentieri di speranza. Linee guida per gli itinerari formativi)

Il compito educativo dell’Azione cattolica

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Chi ama si pone con serietà di frontealle trasformazioni in atto,

affrontando i nodi della culturacontemporanea e cercando di

trasformarli in opportunità educative

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onsiderando le trasformazioniavvenute nella società, alcuniaspetti, rilevanti dal punto di

vista antropologico, influiscono inmodo particolare sul processo educati-vo: l’eclissi del senso di Dio e l’offuscarsidella dimensione dell’interiorità, l’in-certa formazione dell’identità personalein un contesto plurale e frammentato, ledifficoltà di dialogo tra le generazioni, laseparazione tra intelligenza e affettivi-tà...» (n.9 Op. Educare alla vita buonadel Vangelo ).Negli Orientamenti pastorali dell’epi-scopato italiano per il decennio 2010-2020 siamo invitati a comprendere e adaffrontare questi nodi, trasformandoliin opportunità educative. Parola d’ordi-ne: “Non spegnere la speranza!”, che pernoi adulti non significa essere ingenui ociechi di fronte alla durezza della vita,ma è avere la certezza che la sua Parolas’incarna qui ed ora, che “siamo nelmondo ma non del mondo” e, dunque,il meglio deve ancora venire... ma locostruiamo sull’oggi.La sfida che si presenta all’educatore dioggi, dunque, consiste nell’accogliere e

riconoscere i modelli ricevuti e contem-poraneamente affrontare la sfida di deli-neare nuove forme. Come può fare?Proviamo a elencare in maniera asiste-matica alcune acquisizioni del nostrovivere associativo di sempre, aggiornatealla luce delle nostre recenti iniziative epubblicazioni sul tema.In che modo un educatore è interpellatodalle trasformazioni concernenti inuclei familiari, come, ad esempio, lavariazione dei ritmi di vita dei genitori,spesso occupati entrambi nel lavoro?Come accoglie la trasformazione dellefunzioni e dei ruoli maschili e femmini-li, che sta modificando le forme dicomunicazione e di cura all’internodelle famiglie? Come valorizza il positi-vo estendersi di una concezione demo-cratica delle relazioni, che chiede di tro-vare un nuovo equilibrio tra la trasmis-sione dei significati e delle regole e ilrispetto della soggettività delle nuovegenerazioni? Come si confronta con ilcrescente pluralismo culturale, chepone costantemente a confronto conce-zioni diverse della vita? Come affrontala frammentazione sociale e la diminu-

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Il meglio deveancora venire

diMaria Graziano

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zione del senso di coesione, che sembra-no portare con sé un indebolimentodella condivisione sui valori comuni,che dovrebbero sostenere ogni azioneeducativa?«Chi ama educa, perché è l’amore diDio che non smette mai di sostenere lavita e di alimentare e plasmare il cuoredi ogni uomo» (F. Miano, Chi ama

educa, Ave 2010).Un educatore “che ama” si pone conserietà di fronte alla comprensione delletrasformazioni in atto e contempora-neamente esercita con passione e auten-ticità il proprio compito educativo,congiungendo l’intelligenza dei cam-biamenti con l’esercizio attivo dell’at-tenzione, della cura, della promozione.

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Egli affina le proprie capa-cità, evitando non solo lestrade della fuga e dellarinuncia, ma anche quelladella semplice replica di ciòche si è vissuto; trova unrinnovato equilibrio fraaspetti decisivi, come la tra-smissione dei significati delvivere e la promozione dellaloro appropriazione daparte delle persone; attua una relazioneautorevole, aperta, dialogante; rispettale attitudini e le aspirazioni delle nuovegenerazioni. È consapevole che l’eserci-zio concreto della responsabilità educa-tiva da parte della famiglia e degli altrisoggetti educanti (scuola, comunità

ecclesiale, realtà delterritorio, mass-media...) non è sol-tanto questione dibuona volontà ebuone intenzioni;non è un fatto sin-golo che riguarda isingoli, ma èun’azione che chie-de il concorso coor-

dinato di molti, che concorre al bene diogni persona ed insieme al bene ditutti... della serie «come non si cresce dasoli, difficilmente si può educare dasoli» (in Educare, impegno di tutti a curadi Pierpaolo Triani, Ave 2010).Combatte l’indebolimento della fiducia

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Con le tre ultime pubblicazioniedite dall’Ave dedicateal tema dell’educazione,l’Ac è in prima fila nel rispondereall’impegno richiestoda tutta la Chiesa italiana

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reciproca nel lavoro educativo, a volteevidente nel rapporto scuola-famiglia, eopera per accrescere forme di collabora-zione, per ricostruire nuove “alleanzeeducative” (dal Discorso del SommoPontefice Benedetto XVI alla 59°Assemblea Generale della Cei, 28 mag-gio 2009, in Educare alla vita buona delVangelo, Op cap. quarto), per sostenereil tessuto relazionale delle famiglie, lapropria e l’altrui.L’azione educativa gli richiede sceltevaloriali vissute in prima persona, dellaserie “nulla passa se non ti trapassa...”,altrimenti i ragazzi la percepisconocome “subita” e ridotta a una regola-mentazione.L’educatore appassionato chiede soste-gno, perché sa che la routine dei giorni,i problemi, le fatiche, le ferite, i conflit-ti... lo sottopongono alla possibilitàconcreta della demotivazione e del-l’esaurimento delle energie: spazi etempi di vita diversi rispetto alle genera-zioni precedenti non possono non inci-dere sulla gestione dei processi educati-vi. Gli educatori seri chiedono luoghi incui condividere le proprie domande e lepreoccupazioni, in cui ricaricare le pro-prie energie, in cui acquisire sia catego-rie che aiutino a leggere più analitica-mente la propria esistenza ed esperien-za, sia indicazioni che permettanomodificare in meglio la propria azione.Il sostegno all’impegno educativo sem-bra inseparabile da un sostegno più dif-fuso, fatto di relazioni, amicizie, spazi e

tempi elettivi, percorsi formativi, chepermettano agli adulti di continuare acoltivare la propria vita (in Educare,impegno di tutti a cura di PierpaoloTriani, Ave 2010).Un educatore attento riconosce il vuotointeriore che produce frustrazione eattivismo invece che azione educativa;dice i “sì”, ma sa dire anche i “no”. Èconsapevole che ogni “sì” comportatanti “no”e che l’incapacità di dire dei“no” rende fragile il “sì”... Se ha trovatola “perla preziosa” della sua esistenza,sperimenta che può rinunciare a tutto ilresto e che l’energia nel compiere taliscelte dipende da quanto egli investe,dunque, su un’intensa vita di fede; solocosì può declinare l’impegno educativo,permettendo ai figli di sperimentarenella quotidianità – fatta di riti, gesti,parole, segni, scoperte, giudizi, regole,scelte, eventi... – la forza e la bellezza delVangelo, mostrando, concretamente,come la sequela di Gesù permetta divivere la propria umanità senza sterilimortificazioni, ma con libertà e profon-dità, scoprendosi figli e fratelli, salvati,amati, perdonati.Così il desiderio di aiutare le persone avivere con profondità, nell’apertura albene, al vero, al bello si coniuga nel-l’educatore con il desiderio che ogniuomo possa incontrare l’annuncio delVangelo nella propria vita e possacoscientemente scegliere di vivere allapresenza del Signore e nella logica deldono di sé. �

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witter e Facebook al posto dicaffelatte e biscotti durante lacolazione del mattino: se que-

st’immagine, usata da un’agenzia disondaggi statunitense per descrivere leabitudini degli americani nel 2008, visembra eccessiva, probabilmente aveteda un pezzo superato la mezza età. Per-ché in realtà, se provassimo a fareun’analisi dei suoni che si registranonelle nostre case subito dopo il risveglio,ma anche un attimo prima di chiuderegli occhi per il riposo notturno, ci accor-geremmo di come le nuove tecnologiehanno cambiato, per certi versi stravol-to, la nostra vita, e in che modo hannoimpostato quella dei nostri figli, i cosìdetti nativi digitali. Quelli che vivonoperennemente connessi e la cui princi-pale preoccupazione, quando devonocambiare luogo, è sapere se ci saràcampo. Quelli che manovrano i disposi-tivi tecnici con mirabile abilità e oppor-tunismo (nel senso che non voglionosapere come funzionano i vari mezzi,ma basta che funzionino), hanno per-corsi mentali nuovi, esigono risposteimmediate, svolgono molte attività

simultaneamente, a scuola si annoiano,rischiano la crisi di astinenza e a voltedalla rete non riescono proprio a stac-carsi. A questi giovani, che frequentanole nostre case, le nostre parrocchie e inostri gruppi, la comunità cristianaguarda con particolare interesse e unpizzico di preoccupazione.Nel 2009 Benedetto XVI ha dedicato ilMessaggio per la Giornata mondialedelle Comunicazioni sociali proprio allenuove tecnologie digitali, a cui ricono-sce una straordinaria potenzialità,quando vengono usate per favorire lacomprensione e la solidarietà umane.Anche i nostri vescovi negli Orienta-menti pastorali Educare alla vita buonadel Vangelo rilevano il ruolo sempre piùconsiderevole nei processi educativi enon esitano ad affermare che «le tradi-zionali agenzie educative sono state ingran parte soppiantate dal flusso media-tico». Il Papa torna nuovamente sull’ar-gomento pure quest’anno, sempre nelMessaggio per la Giornata mondialedelle Comunicazioni sociali, intitolatoVerità, annuncio e autenticità di vita nel-l’era digitale, dove afferma che «le nuove

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La tecnologia digitale ha cambiatola nostra vita: come sopravvivere

senza abdicare al ruolo educativo?Questa è la sfida forse più grossa

che il nostro tempo ci pone

Sei connesso?di Fabiana Martini

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tecnologie non stanno cambiando soloil modo di comunicare, ma la comuni-cazione in se stessa, per cui si può affer-mare che si è di fronte a una vasta tra-sformazione culturale. Con tale mododi diffondere informazioni e conoscen-ze, sta nascendo un nuovo modo diapprendere e di pensare, con inediteopportunità di stabilire relazioni e dicostruire comunione». Da sistematica eorganica – sostiene il professore emerito

di Teoria dell’Informazione GiuseppeO. Longo – la cultura diviene pletoricae parcellizzata, si alimenta dell’enormecapacità delle banche di dati e dell’illi-mitata velocità degli elaboratori: nonpiù apprendere, ma documentarsi, nonpiù studiare ma consultare, non piùorganizzare il sapere intorno a concetti eidee di fondo, ma accumulare dati rela-tivi a parole chiave, passando con disin-voltura da una tessera all’altra dello ster-

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minato mosaico del web. Quantoall’inedita opportunità di stabilire rela-zioni e di costruire comunione, già dueanni fa papa Benedetto aveva sottoli-neato l’enorme potenziale rappresenta-to da questi mezzi nel favorire la con-nessione, la comunicazione e la com-prensione tra individui e comunità,mentre la Conferenza episcopale italia-na ribadisce che «la tecnologia digitale,superando la distanza spaziale, moltipli-ca a dismisura la rete dei contatti e lapossibilità di informarsi, di parteciparee di condividere, anche se – aggiungono– rischia di far perdere il senso di prossi-mità e di rendere più superficiali i rap-porti». Insomma, i rischi indubbiamen-te ci sono, ed il principale è costituitodal fatto che la connessione in rete cisradica dalla realtà circostante e ci portaa vivere una vita virtuale. Il problema,però, sostiene il gesuita padre AntonioSpadaro, redattore de La Civiltà Cattoli-ca, non è negli strumenti in quanto tali,che non vanno demonizzati, né nell’am-biente virtuale in quanto tale, ma piut-tosto nel modo errato di viverlo, di “abi-tarlo”, perché s’intende il virtuale come

se fosse qualcosa di separato, di staccatodal reale. In realtà il termine virtuale,anche nel significato proprio della parola,significa potenziale: la rete potenzia ilreale. Per fare un esempio: se ho degliamici, che ho conosciuto nella vita reale eche vivono altrove, posso mantenere conloro contatti vitali grazie alla rete, la qualedunque permette di potenziare la capaci-tà di relazione delle persone. Bisogna gio-care molto sull’educazione a vivere il vir-tuale non come un’evasione dal reale, macome un potenziamento positivo dellarealtà. Senza dimenticare che la Rete,prima di essere qualcosa da giudicare, èun fatto, una realtà, che risponde a biso-gni, come quello di relazione e comunica-zione, che l’uomo vive da sempre.Pertanto, come affermano i vescovi,«l’impegno educativo sul versante dellanuova cultura mediatica dovrà costitui-re negli anni a venire un ambito privile-giato per la missione della Chiesa», per-ché solo un’approfondita conoscenza diquesti mezzi può favorire un loro ade-guato utilizzo. Anche su queste colonnenon mancherà un contributo in questadirezione. �

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dossier ORIENTAMEN

TIPA

STO

RALI

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iviamo in un tempo in cuicomunicare è diventata la parolad’ordine, la chiave che apre ogni

porta, il presupposto di ogni riconosci-mento; eppure, nonostante la nostra vitasia intasata dalle mail e il bip degli sms siadiventato la colonna sonora delle nostregiornate, spesso abbiamo l’impressioneche più che comunicare, condividere, met-tere in circolo, ci si limiti a trasmettereinformazioni, dati, mentre è quanto maiurgente ricominciare a pensare e a con-frontarsi, innescare percorsi di partecipa-zione. Però ci mancano i luoghi e soprat-tutto il tempo, talvolta anche l’occasione.E così finiamo, come direbbe EdoardoBennato, per scandire gli stessi slogan tuttiinsieme, slogan al posto delle idee.Poiché crediamo che sia importante, sem-pre parafrasando il cantautore napoleta-no, ritrovare il tempo per pensare e percapire, per fermarsi e interrogarsi sul sensodella nostra esistenza e su come trasmet-terlo ai più giovani, attraverso SegnoPervorremmo offrire questo spazio e que-st’opportunità; il tempo, invece, lo dovre-te trovare voi.L’invito è a confrontarsi sugli spunti che

vengono offerti e che interpellano ilnostro servizio di educatori: cosa mi hacolpito di più? Cosa mi ha suscitato? Cosanon mi trova d’accordo? Quale esperienzasignificativa potrei raccontare? Quale falli-mento o dolore vorrei condividere?Tanto per fare degli esempi concreti: leg-gendo il numero che ho tra le mani, inparticolare (ma non solo) i contributi deldossier, cos’ho da dire? La speranza è dav-vero ciò che alimenta e orienta il mioaccompagnare le persone che mi sonostate affidate? Vivo le profonde trasforma-zioni che hanno investito e stanno conti-nuando ad investire la nostra società solocome un problema, un ostacolo, oppureanche e in primo luogo come domande ebisogni che mi interpellano? Il mio rap-porto con la rete è di mero pregiudiziooppure cerco di trarre il meglio da questanuova risorsa? E chi più ne ha più nemetta.Scrivete, scrivete, scrivete.Per posta (Caro SegnoPer, via Aurelia 481,00165 Roma), per fax (06 6620207) o pere-mail ([email protected]).Non vediamo l’ora di fare quattro chiac-chiere con voi. A presto!

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In dialogo

CaroSegnoPer...

di Fabiana Martini

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Un invito a dialogare sui temi propostidalla rivista che interpellano il nostroservizio educativo. Per non limitarci

a organizzare, ma riuscirea ritrovare il tempo per pensare

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ducare è sempre un’avventurameravigliosa, perché è un rap-porto umano in cui le persone

si affidano l’una all’altra per camminareassieme nella vita, mettendo ciascuno adisposizione dell’altro le proprie ragionidi vita e i propri sogni, la propria espe-rienza e la propria ricerca di nuovemete, l’intuizione del nuovo e la saggez-

za dell’antico. Ognidialogo educativo ini-zia così: tu sei impor-tante e significativo perme e io desidero esseresignificativo per te.Questo mondo è tuo.È tuo il cielo, la terra,la vita, la gioia e la fati-ca: assieme la vogliamovivere e donare a tutti.Inizia così quel cammi-no necessario dicostruzione della pro-pria vera identità. Noinon siamo definiti danoi stessi, ma da un tue da un noi, ci suggeri-sce papa Benedetto

quando parla dell’educazione. È bellouscire dai nostri loculi in cui siamoingabbiati dal nostro egoismo, da tuttele nostre autocentrature che ci rendonoinfelici e prenderci per mano. È la manocallosa del papà che dà sicurezza allamanina del figlio; è la mano dell’amicocon cui si possono costruire avventure escoperte; è la mano dell’adulto chestringe un patto col giovane per crescereverso nuovi mondi e irradiarli di nuovaluce e di nuove attese. Nel Vangelo pos-siamo spesso vedere Gesù che prendeper mano, che accompagna, che fa rivi-vere, che rende luce e vista, che sanamalattie, che dà coraggio. L’educazioneè una mano vicendevole che ci diamo eche il prete assistente offre a ragazzi, gio-vani e adulti per comunicare la tenerez-za e la potenza della mano di Gesù, rice-vendone in cambio la dolcezza e il soffiodello Spirito che in ogni persona giàabita e si irradia, illumina e apre, dàforza e consolazione.Tra queste mani che si stringono passaun’umana accoglienza, ma anche ildono determinante della fede. Il presbi-tero, mentre educa e viene educato, si fa

L’educazione è una mano vicendevoleche ci diamo e che il prete assistenteoffre a ragazzi, giovani e adulti per

comunicare la tenerezza e la potenzadella mano di Gesù

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diDomenico Sigalini

Educareè bello

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responsabile della comunicazione dellafede, della grazia di Dio attraverso isacramenti, del suo perdono, dellacomunione intima e profonda del corpospezzato e del sangue versato. Soprattut-to tra quelle mani inscrive la mano diGesù, la sua potente umanità che rivelae incarna la paternità di Dio. Così cheGesù apre ogni persona a un umanesi-mo integrale (cfr n. 5). Questa mano diGesù, che il prete assistente intrecciacon le mani di tutti, non è solo un esem-pio da contemplare o un amico da imi-

tare, ma la consistenza stessa della vitapiena dell’uomo, la sua radice, il suofine.L’Azione cattolica non per niente offreun progetto formativo che ha comescopo di conformarci a Cristo. Gesù èl’educatore insuperabile, che si portadentro il segreto della vita, della libertà.Lui è la pienezza dell’umanità, è l’uomoriuscito, lui ha preso sul serio tutto ilnostro vario mondo delle relazioni e lesa stabilire con ciascuno di noi, le rinno-va e le santifica, le purifica e le educa. «Il

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Le “mani” accoglienti dei volontari durante il recente incontro dell’Ac con il Papa

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nostro guardare a Cristo e il nostro ren-derci disponibili e docili allo Spiritonella Chiesa sta al cuore della nostraintera esperienza umana tanto quantodell’esercizio di ogni tipo di responsabi-lità educativa. Non c’è per noi un mododiverso di guardare alla persona umanafuori del modello che per noi rappresen-ta Cristo e della luce con cui la sua pre-senza permette di comprenderla; e que-sto perché la consistenza umana nellasua dimensione creaturale è già nella suacostituzione originaria incentrata suCristo. Cristo non è solo o soprattuttoun modello, ma la radice dell’essereumano e la sua realizzazione. Noi cre-denti dovremmo diventare sempre più iconvinti conoscitori, sostenitori e pro-pugnatori di questo umanesimo inte-grale e trascendente che trova in Cristol’origine e il compimento (cfr interven-to di mons. Crociata al consiglio nazio-nale dell’Azione cattolica).Questa forza è necessaria per andarecontrocorrente, per avere chiaro che inAc non si può vivere di adattamenti alribasso, di accondiscendenza a tutte lemode, di verità votate a maggioranza, di

prudenze paurose. Occorre avere chiaraidentità da raggiungere e un buon cam-mino per perseguire gli scopi. È necessa-ria per ascoltare molto e per proporreciò che è essenziale a tutte le età e intutte le molteplici condizioni di fede.La strada ci viene indicata dalla Parolaletta e meditata, proclamata e attuata. Èpercorsa in una semplice regola perso-

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nale, che l’assistente insegna a praticare,è sostenuta dall’esperienza del perdonoper le tante fragilità. La confessioneregolare è di grande aiuto per affrontaree non farci tarpare le ali de nessuna fra-gilità.La vita di associazione non ci permettedi vivere di rendita, esige di continuare acamminare spiritualmente, avendo per

obiettivo la santità, eper questo affiancasempre all’educatoreil prete assistente.Ogni membro del-l’Azione cattolicaallora viene educato

anche ad amare e vivere la Chiesa.Se la Chiesa vive in una emergenza edu-cativa, l’Ac deve offrire educatori prepa-rati e generosi;se la Chiesa fa la scelta della missione,l’Ac deve essere costituita da annuncia-tori coraggiosi;se la Chiesa è immersa in prove estremedi fedeltà, l’Ac dev’essere fatta da testi-moni fino al dono della vita;se la Chiesa è tentata di adattamento,l’Ac dev’essere un nido di rivoluzionaridi Dio; se la Chiesa è assediata da relativismo emessa all’angolo del pensiero e dellacultura, l’Ac deve allargare alla fedetutto lo spazio dell’intelligenza e delpensiero, della cultura colta e di quellapopolare;se la Chiesa chiama a vette di santità, l’Acle deve percorrere senza paura, abbando-nata alla misericordia di Dio. �

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La vita diassociazione nonci permette divivere di rendita,esige di continuarea camminarespiritualmente,avendo perobiettivo la santità,e per questoaffianca sempreall’educatore ilprete assistente

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Ac e mondo

L’apertura internazionale in Ac non èmai mancata: per rilanciarla è in arrivo

un sussidio che presenta il nuovoprogetto Da Gerusalemme... fino agli

estremi confini della terra

di Stefania Sbriscia

Allargaregli orizzonti

o scorso settembre in Anconadurante i lavori del convegnonazionale dei presidenti e assi-

stenti diocesani è stato presentato il pro-getto Da Gerusalemme... fino agli estremiconfini della terra. Tramite la scelta pro-gettuale l’Ac rilancia con convinzioneed entusiasmo una caratteristica, quelladell’apertura internazionale, che dasempre contraddistingue l’esperienzaassociativa. Il progetto nasce dunque dauna storia che ci precede e ci spingeavanti, da un presente stimolante (circauna trentina di associazioni diocesanevivono esperienze di amicizia con altreChiese sorelle) e da un sogno che cimuove in questo cammino assembleare.«Avere il respiro del mondo. A questoconduce la relazione con Gesù. Allarga-re gli orizzonti, lasciare che il mondoentri nella nostra vita di ogni giorno, èla costante tensione che deve attraversa-re la nostra vita personale, familiare,associativa. Aiutarci insieme a vincere ilrischio del ripiegamento su se stessi o sulproprio piccolo mondo. Lo stile alterna-tivo di cui i cristiani devono essere capa-ci è uno stile di apertura illimitata del

cuore e della mente contro le spinteinsistenti a rimanere blindati nellepaure, aggrappati alla difesa dei propriinteressi, appiattiti sulla superficialità disentimenti ed emozioni a buon merca-to, garantiti nel fondamentalismo dellecertezze, il Signore ci chiede di far entra-re il mondo, la vita del mondo, il desi-derio del cuore dell’uomo e di ogniuomo nella nostra vita, per imparare adamare come lui ci ama, senza riserve»(Franco Miano). L’Ac si lascia interpel-lare dalle sfide poste dal contesto inter-nazionale ed attiva percorsi in coerenzacon lo stile di prossimità e fedeltà. Sulleorme degli apostoli ogni aderente sisente invitato ad oltrepassare i “confini”del proprio ambiente geografico e cul-turale per assaporare l’universalità dellafraternità e dell’amicizia. Sono tresostanzialmente le sfide che l’Ac intendeaccogliere e altrettanti gli ambiti diimpegno con cui tenterà di offrire rispo-ste e proposte.La prima sfida è quella educativa. Aprirsia chi è diverso da noi per cultura, lin-gua, nazionalità significa innanzituttovoler creare relazioni improntate al dia-

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logo, al rispetto e all’accoglienza,costruendo occasioni di incontro e nondi “scontro di civiltà”, a cominciare dalnostro paese e dall’Europa, casa comu-ne. Ciò presuppone innanzitutto ilsuperamento della pigrizia e della chiu-sura per assumere l’atteggiamento delviandante o del pellegrino.La seconda sfida è culturale e interpella lanostra mentalità di cristiani al tempodella globalizzazione. Il contesto localesempre più caratterizzato dalla multiet-nicità e il mondo “villaggio globale”interrogano il nostro modo di pensare edi agire e ci spingono a considerarne irisvolti e le conseguenze, i rischi e lepotenzialità, gli interessi e le ingiustizie.E questa è la terza sfida che ci aspetta.L’attenzione alla dimensione interna-zionale dovrà cioè sempre di più entrarenell’ordinarietà della vita associativa,evitando il rischio di apparire un impe-gno per pochi coraggiosi o temerari. La

continuità dei percorsi e delle esperien-ze è condizione di fondo per la realizza-zione del progetto: il legame che si creacon la realtà ecclesiale che andiamo adincontrare può anche nascere da unasituazione di emergenza, ma va poi col-tivato e custodito secondo quello stile diferialità e fedeltà che caratterizza l’asso-ciazione.

Uno strumento utile in arrivoDurante il cammino assembleare giun-gerà alle associazioni diocesane un sussi-dio che presenta il progetto in questionee soprattutto offre ai responsabili asso-ciativi utili contributi di idee e di espe-rienze per iniziare a camminare sui per-corsi di un’Ac che ama il mondo. Asso-ciazioni parrocchiali e diocesane diragazzi, giovani e adulti capaci di supe-rare le distanze geografiche e culturali edisposti a conoscere, accogliere e condi-videre i doni che ciascuna persona, cia-scun paese, ciascuna Chiesa sorella haricevuto da Dio che è Padre di tutti.Nella reciprocità delle differenze condi-vise il legame associativo cresce e ritrovala sua peculiarità.�

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Ac e mondo«E oltre che iscritti all’Azione Cattolica, siate

esperti di Cattolicità Attiva: capaci, cioè, diaccoglienze ecumeniche, provocatori di solida-rietà planetarie, missionari “fino agli estremiconfini”, profeti di giustizia e di pace».

Don Tonino Bello

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vita di Ac

l Laboratorio nazionale dellaformazione, in collaborazionecon la delegazione regionale

della Puglia, ha organizzato un moduloformativo per responsabili associativi suL’Ac diocesana e le sue strutture, nellosplendido scenario di un week endmediterraneo di fine estate, presso ilcentro di spiritualità Madonna dellaNova a Ostuni (Br).È provocatorio discutere su questo temain una regione dove l’associazione èancora fortemente radicata nel territo-rio, integrata a pieno titolo nel tessutoecclesiale, meno in quello socio-politi-co? Certamente lo è, ma non nel sensoeffettivo del termine, bensì nel senso diuna pro-vocazione, cioè di una “chia-mata per”. Ogni socio e responsabile diAc si deve sentire pro-vocato, chiamatoal servizio a favore degli altri lungo i sen-tieri di questo mondo con il Vangelonella bisaccia, le scarpe della volontà el’intelligenza del cuore e delle mani.È bello e dà gioia ritrovarsi numerosi neisentieri della Chiesa e delle città diPuglia. Mai però è scontato o superfluoriflettere sull’identità laicale associativa,

soprattutto con coloro con cui si condi-vide o si inizia la fatica del cammino: chisiamo, da dove veniamo, quali sono leragioni della nostra speranza, quale lameta finale. Una “foresta di persone”innaffiata dallo Spirito che sente il biso-gno di ascoltare e ringraziare Colui chese ne prende cura, per comprenderecome trovare forza e nutrimento percrescere e “diventare saldi nella fede”.In questo contesto Vittorio Rapetti (giàconsigliere nazionale) ha voluto condi-videre alcune riflessioni, frutto della sualunga, fedele e feconda storia associati-va, su Identità e competenze del responsa-bile di Ac. Riconosciamo che occorrevivere l’Azione cattolica come dono,fare un profondo discernimento sia del-l’articolo 3 dello Statuto che del significa-to della responsabilità. Restano basilarila vocazione alla santità, la comprensio-ne di sé e del proprio tempo, il nessoinscindibile tra maturità umana e ricer-ca spirituale, l’esercizio delle virtù e lacura di sé. Parafrasando le parole di unafamosa canzone ed il comune gergo cal-cistico, il responsabile associativo hauna “vita da mediano”. Un ruolo neglet-

A Ostuni in Puglia un moduloformativo per responsabili associativi

sul tema L’Ac diocesana e le suestrutture. L’identità associativa va

sempre rafforzata

di Salvatore Varraso

Chiamatisui sentieridella vita

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to, perché faticoso, ma essenziale perchéil mediano è colui che conosce la strut-tura della squadra, gli obiettivi, tesserelazioni e sceglie priorità. Non è ungoleador, ma ha il senso forte dellademocrazia e per questo ama il suoruolo.Titti Amore (consigliere nazionale epresidente diocesano di Napoli), concompetenza e passione ci ha aiutato ariscoprire la struttura dell’Associazione,presupposto necessario per la progetta-zione parrocchiale e diocesana, primache regionale e nazionale. Ognuno dinoi si è rivisto nei suoi tratti di vita asso-ciativa.Lo stile laboratoriale ha favorito la

conoscenza concreta e condivisa deinostri vissuti personali e dei progettiassociativi. Infine Daniele Moretto,della Comunità di Bose, commentandoi capitoli 12 e 13 della Lettera di SanPaolo ai Corinzi, ha chiaramente indi-cato la carità cristiana come timbro ine-ludibile della voce del Vangelo a cui,come ogni cristiano, la nostra associa-zione è chiamata ad “accordarsi”. Lacelebrazione Eucaristica conclusiva conmons. Rocco Talucci, arcivescovo diBrindisi-Ostuni, don Nicolò Tempesta(assistente nazionale Msac) e don Nico-la Laricchia (assistente regionale) è statatestimonianza del legame tra Associa-zione e Chiesa locale.Abbiamo vissuto un momento didiscernimento e di gioia, esperienza divita e pratica di quella fraternità che ciinterroga sempre più in un mondo glo-calizzato e che ci chiama a testimoniarecome «alla nostra esistenza il Vangelonon offre solo il cielo, ma anche laterra... come dimora in cui vivere ilmistero del Regno in modo appassiona-to ed entusiasmante» (D. Negro, arcive-scovo di Otranto, Con Maria in ascoltodella Parola).�

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vita di Ac

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n un quadro generale di rin-novato impegno educativo, inuna società dei “contatti” e

delle “relazioni liquide”, che fa fatica acostruire legami e relazioni significativee durature, crediamo che l’educazioneall’affettività occupi un posto di parti-colare rilievo.Proprio questa convinzione ha portatol’Area Famiglia e vita dell’Azione cat-tolica italiana, insieme alla diocesi diTerni, Narni e Amelia, a proporre, inoccasione delle festività di san Valenti-no, uno spazio di riflessione e di proget-tazione, per giovani fidanzati, indis-pensabile alla crescita umana e cristianadel loro amore. Il seminario di quest’anno, dal titolo Ilmondo insieme a te, si prefigge di aiutarei giovani innamorati a riflettere sulsenso, sul significato del loro stareinsieme e sul rischio derivante da unapossibile concezione privatistica eintimistica del loro rapporto. Ogni iso-lamento infatti, prima o poi, porta sem-pre all’asfissia e alla morte.Nessuna coppia può mai considerarsi“un’isola” autosufficiente in tutto e per

tutto. In analogiaal cuore e ai pol-moni, essa puòesprimere almeglio la sua vital-ità solo attraversoun sano equilibriotra momenti dicalda intimità e diapertura almondo.Occorre dunqueaiutare le giovanigenerazioni, spessogenerose ma anchedisorientate edeluse, a non cade-

re nell’apparente e seducente trappoladel privatismo, ma a impegnarsi insie-me nel raggiungimento del Bene comu-ne; ricordare loro che non ci si sposamai solo per se stessi. Il matrimonio,infatti, oltre a essere una risposta allachiamata vocazionale del Signore, è inse un evento sociale che chiama la cop-pia a testimoniare la sua responsabilità eil suo impegno nella comunità cristianae nella società civile. �

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A Terni dall’11 al 13 febbraio ifidanzati e gli animatori dei percorsi di

formazione al matrimonios’incontreranno per riflettere sul sensoe il significato del loro stare insieme

diDaniela e Maurizio Bellomaria

Il mondoinsieme a te

Il matrimonio, infatti,oltre a essere unarisposta allachiamatavocazionale delSignore, è in se unevento sociale chechiama la coppia atestimoniare la suaresponsabilità e il suoimpegno nellacomunità cristiana enella società civile

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vita di Ac

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L’associazione come luogod’incontro tra generazioni, chiamate

a stringere un patto di solidarietàper tracciare le linee di uno

sviluppo sostenibile

Patto disolidarietà trale generazioni

diNino Chirico

uando i giovani denuncianoun vuoto e sollecitano rispostesanno bene di non poter chie-

dere un futuro di certezze, magari garan-tite dallo Stato, ma di aver piuttostodiritto a un futuro di possibilità reali, diopportunità cui accedere nell’eguaglian-za dei punti di partenza». Così il nostroPresidente della Repubblica si è rivolto atutti gli italiani durante il consuetodiscorso di fine anno. Un discorso dedi-cato in particolar modo ai giovani, «per-ché – dice ancora Giorgio Napolitano – iproblemi che essi sentono e si pongonoper il futuro sono gli stessi che si pongo-no per il futuro dell’Italia».Nelle parole del Presidente traspare tuttala preoccupazione per la situazione in cuiversa oggi il nostro paese e nella quale èsempre più difficile resistere alle intem-perie di un mondo economico andato incrisi ormai da qualche anno.La preoccupazione, di conseguenza, èper un mercato del lavoro fragile, chenon consente, soprattutto ai giovani, divivere serenamente il tempo delle scelte,quel tempo nel quale ognuno cerca ditradurre in quotidianità concreta un

futuro a lungo desiderato e inseguito.È evidente che il nostro sistema paese nonha attuato a oggi strategie coraggiose diindirizzo, tali da proporre soluzioni effi-caci, tali da dare risposte convincenti nonsolo a chi cerca di costruire chance nuove,ma neanche a chi, con tanta fatica, cercaalmeno di mantenere l’esistente.In balìa di questa confusione noi giovanirischiamo di essere solo una terra dimezzo o, peggio, una generazione che haormai “perso il treno”.Ma non è – e non deve essere – così! Oggipiù che mai siamo chiamati a essere testi-moni di speranza, a vivere con coraggio iltempo che ci è stato donato, assumendoscelte profetiche per noi e per gli altri.L’esperienza associativa diventa allora undono prezioso: i nostri gruppi giovanisono certamente luoghi di discernimen-to vocazionale, ma proprio per questodevono anche essere occasione di vici-nanza, sostegno concreto alle scelte chene derivano.Il rischio più grande che si corre è pro-prio quello di trovarsi soli, soli nellesituazioni difficili, soli soprattutto difronte alle scelte. Vivere, quindi, relazio-

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vita di Ac

ni autentiche di comunione è un antido-to potente contro questa solitudine.La vita ordinaria del gruppo deve certa-mente essere palestra di vita, deve spri-gionare quel potenziale che per sua natu-ra contiene. Spesso diamo per scontatitanti (troppi?) doni che in Ac scopriamoe che facciamo crescere; sono risorseimportanti, per noi e per il territorio cheabitiamo. Quanti nostri incontri sonoesercizio di comprensione dei problemi edi individuazione di risposte mirate (tra-duzione laica del discernimento comuni-tario)? Saper ascoltare, dialogare, acco-gliere e avanzare proposte, organizzarsiper realizzarle, non sono forse un allenar-si alla progettualità, ad essere innovativi,a mettere in moto quella creatività pro-pria dei giovani? Quanta consapevolezzac’è di questo?Certamente essere giovani di Ac consentedi acquisire un metodo, anzi, con un ter-mine contemporaneo, un know-how pre-zioso: “lavorare” in gruppo diventa ancheesperienza che forma a un mondo del lavo-ro per il quale questa è spesso una esigenzaimprescindibile, soprattutto quando ènecessario aggregarsi intorno ad un’idea, aun progetto che diventa occasione di svi-

luppo sociale ed economico.C’è un’altra caratteristica specifica ditutta la nostra associazione che, anche inriferimento al tema del lavoro, soprattut-to ai giorni nostri, assume un valore spe-cifico ed è l’intergenerazionalità: la sfidadel futuro si può affrontare in ordinesparso – come pare stia avvenendo oggi –,

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ma la si vince solo se le diverse generazio-ni stringono un patto forte di solidarietàper tracciare percorsi di sviluppo sosteni-bile. In questo l’Ac tutta, dal centronazionale fino al singolo gruppo parroc-chiale, deve incentivare l’incontro tra gio-vani e adulti, tra lavoratori e studenti;occorre uno scambio continuo tra chi si

trova in fasi della vita differenti, tra chi hagià acquisito competenze specifiche e chista scegliendo quali acquisire, tra chi rac-conta l’esistente e chi immagina il nuovo.Infine, ovviamente, il problema non èsolo quello della quantità di lavoro neces-saria, ma anche e soprattutto quello dellaqualità del lavoro da garantire: un lavorogiusto, che rispetti la dignità di chi locompie e che sia eticamente corretto.Anche questa è un’attenzione educativache la nostra associazione deve mantene-re costante nei percorsi formativi propo-sti, declinando in maniera specifica illegame tra fede e vita.L’Azione cattolica non inizia certo oggiad affrontare le sfide che il mondo con-temporaneo porta con sé: per sua natural’Ac, con la Chiesa tutta, sta sempreaccanto a ciò è “genuinamente umano”.Proprio per questo sembra opportunoanche per la nostra associazione accoglie-re con rinnovato impegno l’invito che ilPresidente Napolitano, nella parte con-clusiva del suo intervento, ha rivolto atutto il paese: «investire sui giovani,scommettere sui giovani, chiamarli a farela propria parte e dare loro adeguateopportunità».�

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acebook ergo sum: direbbe ilfilosofo dei tempi moderni seavesse l’occasione di incontra-

re anche solo per un pomeriggio ungruppo di adolescenti del 2011.L’uso dei social network diventa semprepiù diffuso tra le giovani generazioni.Gli spazi vissuti non si limitano solo almuretto del quartiere: negli ultimi anninascono nuove piazze in cui i giovani esoprattutto i giovanissimi incontranogli amici, condividono pensieri, comu-nicano le esperienze di ogni giorno. Inprincipio fu la chat di Messenger chepermetteva di creare dei blog (spaces);successivamente i social network si sonomoltiplicati differenziandosi, a secondadelle funzioni, per target di utenti. Que-sti spazi si configurano quindi come deiluoghi di incontro virtuali che espando-no la possibilità di comunicare, pubbli-care immagini, condividere link, musi-ca o video. Secondo il 43° rapportoannuale del Censis il 90,3% dei giovanitra i 14 e i 29 anni usa Facebook. Unnumero sempre maggiore di adolescentiè convinto che i social network sianoutili sia per mantenere il contatto con

gli amici di sempre come con quelli lon-tani, sia per fare nuove conoscenze.Un educatore che voglia camminare alfianco dei giovanissimi (ma anche deigiovani!) non può prescindere da questadimensione comunicativa e relazionale:questo non vuol dire che ci si debba perforza iscrivere tutti a Facebook o aNetlog (il social network più diffuso tragli adolescenti), ma bisogna provare adosservare e interpretare uno stile comu-nicativo che è ormai entrato nelle abitu-dini delle giovani generazioni.Una prima attenzione potrebbe esserequella di accompagnare i giovanissimi aun uso consapevole della rete: secondoun’indagine del Safer internet day2010, la Giornata europea della sicurez-za in rete, emerge che i giovani come igenitori non hanno sufficiente consape-volezza dei pericoli che si incontrano suinternet. Le piazze virtuali, infatti,danno spesso occasione a malintenzio-nati di aprire fronti pericolosi di contat-to; bisognerebbe quindi evitare di con-dividere dati o riferimenti particolar-mente sensibili come l’indirizzo, ilnumero di telefono, la scuola frequenta-

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vita di Ac

Chi educa i giovani oggi non puòprescindere dai social network. Facendoattenzione a mettere sempre al centro ilrapporto personale diretto, insostituibile

per crescere nella fraternità

diNicola De Santis

Dal contattoalla relazione

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ta... La stessa indagine ci dice che quasidue terzi dei teenager europei sono staticontattati online da sconosciuti, unapercentuale che sale al 73% in Italia. Èbene quindi accompagnare i ragazzi aduna scelta delle informazioni personalida condividere e metterli in guardiadalla relazione con i cosiddetti falsi pro-fili, ovvero persone che dichiaranoun’età, sesso, identità diversi dalla realtà:è importante che si abbia sempre la sicu-rezza di sapere con chi ci si sta relazio-nando.Se è vero che la rete presenta alcuni peri-coli per gli adolescenti, non si può nega-re che sia una grande opportunità dicomunicazione che l’educatore puòanche sfruttare per annodare sempremeglio la rete associativa. Sono semprepiù frequenti i gruppi su Facebook checollegano giovanissimi o giovani; sonouno strumento utile soprattutto per chi,per motivi di studio o lavoro, si trovadistante dal proprio gruppo parrocchia-le. La rete può diventare quindi l’occa-sione per ricordare gli appuntamenti,condividere il materiale o scambiarsi leimpressioni sull’esperienza associativa.Quando poi l’educatore è particolar-mente esperto nell’uso di questi stru-menti, può anche sfruttare i social net-work per condividere dei link di interes-se per il gruppo: dalle notizie di attualitàalle meditazioni bibliche, non c’è uncanale che non sia valido per mettere incircolazione idee, proposte formative,input di riflessione.

L’ultima attenzio-ne è invece quellapiù importante;l’uso troppo fre-quente dei socialnetwork fa sì chemoltissimi adole-scenti passinodiverse ore delp o m e r i g g i o

davanti al pc. Questa abitudine potreb-be confondere la rete virtuale con i rap-porti tra amici. È importante che siacostante l’attenzione nel mettere al cen-tro la relazione personale diretta, unica einsostituibile per crescere nella fraterni-tà. Un’amicizia virtuale non potrà maisostituire una chiacchierata con unamico, una partita di calcio nel campet-to della parrocchia, un gelato con i com-pagni di classe. Un rapporto “a tempo”(perché quando sei stanco di un contat-to basta spegnere il pc) come quellocostruito online è sicuramente più facileda gestire perché non è impegnativo, maè meno umano e reale. La sfida perl’educatore che vuole svolgere il suo ser-vizio anche nei luoghi virtuali è alloraquella di accompagnare i giovani esoprattutto i giovanissimi nel delicatopassaggio che va dal contatto alla rela-zione; un percorso che valorizza gli spazivirtuali come strumento per ‘fare rete’tra persone distanti ma non rinuncia inalcun modo alle relazioni che crescono,piuttosto che nelle piazze virtuali, inquelle delle nostre città. �

L’uso troppofrequente dei socialnetwork fa sì chemoltissimiadolescenti passinodiverse ore delpomeriggio davanti alpc. Questa abitudinepotrebbe confonderela rete virtuale con irapporti tra amici

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li Orientamenti pastorali dellaChiesa italiana per il prossimodecennio parlano anche della

fragilità umana, del dolore, della soffe-renza, segno non indifferente che questoaspetto tocca sempre da vicino la vita diciascuno di noi. Si legge infatti: «L’espe-rienza della fragilità umana si manifestain tanti modi e in tutte le età, ed è essastessa, in certo modo, una “scuola” dacui imparare, in quanto mette a nudo ilimiti di ciascuno. Per queste ragioni iltema della fragilità entra a pieno titolonella dinamica del rapporto educativo,nella formazione e nella ricerca delsenso, nelle relazioni di aiuto e di accom-pagnamento. Pur nella particolarità ditali situazioni, che non si lasciano rin-chiudere in schemi e programmi, nonpossono mancare nelle proposte forma-tive la contemplazione della croce diGesù, il confronto con le domandesuscitate dalla sofferenza e dal dolore,l’esperienza dell’accompagnamentodelle persone nei passaggi più difficili, latestimonianza della prossimità, così dacostruire un vero e proprio cammino dieducazione alla speranza» (Evbv 54b).

Anche i bambini e i ragazzi quindisono chiamati alle volte a vivere la fra-gilità e la sofferenza, ad affrontare ildolore, che spesso gli adulti cercano diallontanare dal loro mondo. Molto dif-fuso è infatti l’atteggiamento del“silenzio” di fronte ad argomenti diffi-cili da affrontare: la morte, il dolore, lamalattia, la prova. Al contrario, unrapporto educativo sano, reale e leale,capace davvero di mettere i ragazzi alcentro, passa anche attraverso questiargomenti: non per banalizzarli “tantonon capiterà di certo a noi”, ma peraiutare i bambini e i ragazzi a essereconsapevoli del fatto che la fragilità èparte integrante dell’essere uomini enon può essere cancellata con un colpodi spugna.Il dolore innocente – è vero – resta unmistero, di fronte al quale ciascuno dinoi si è chiesto “perché”; eppure di fron-te al mistero non può venire meno lasperanza e l’impegno alla luce delleparole di Gesù: «Qualunque cosa avretefatto a uno di questi miei fratelli piùpiccoli...». Si tratta di avere, come edu-catori, uno sguardo su tutta la comp-

Anche nelle proposte formative per ipiù piccoli non deve mancare la

contemplazione della croce di Gesù e ilconfronto con le domande suscitate

dalla sofferenza e dalla morte

diCarlotta Benedetti

I bambinie il dolore

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lessità della vita dell’infanzia, anche neisuoi momenti negativi, e un’attenzioneforte alle problematiche della famiglia.Come testimone straordinaria dellacapacità dei piccoli di affrontare il

dolore ci vienesubito in mente,come esempio pergrandi e piccoli,Antonietta Meo,Nennolina, la picco-la acierrina romanamorta a soli sei annie mezzo, ma capace,tra grandi sofferen-ze, di affidarsi al Sig-nore: il sapersi iden-tificare, da partedella piccola Nen-nolina, con la sof-ferenza di Gesù e ilvivere in simbiosicon la croce diCristo hanno costi-tuito per lei unamarcia in più. Sul-l’esempio di Nenno-lina sono due lestrade per la nostra

associazione e per la Chiesa tutta: da unlato educare i ragazzi e noi stessi a viverela sofferenza; dall’altro sviluppare ilrispetto del bambino sofferente, rimet-tendo sempre al centro la persona. �

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Nennolina, la piccola acierrina romana morta a soli sei anni e mezzo

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a diffusione ormai capillare dialcune specifiche tecnologie estrumenti di comunicazione

certamente pone delle questioni di diffici-le soluzione, su cui spesso vengono inter-rogati esperti, psicologi, sociologi, filosofi.La questione, però, viaggia ad una velocitàtale che il pensiero e la “scienza” difficil-mente riescono a tenerne il passo.Una delle questioni dirimenti è lo scon-finato mondo di internet, che è diventa-to a tutti gli effetti uno strumento dicomunicazione di massa, se si conside-rano i numeri di “connessioni” che larete ha raggiunto. Internet rappresentaun territorio sconfinato di conoscenza,di connessioni del sapere, di riavvicina-mento di dimensioni come “spazio” e“tempo” che nella rete perdono di signi-ficato o ne assumono di nuovi. I nostribambini, già da molto piccoli, hanno adisposizione un pc, sanno come accen-derlo, conoscono alcuni comandi essen-ziali e crescendo imparano ad usarlo inmodo raffinato e abile, superando spes-so i loro mentori (genitori o insegnan-ti). Inutile dire quanti e quali rischi unostrumento così vasto possa rappresenta-

re per un bambino che autonomamentene gestisca l’uso.Solo fino a qualche anno fa il dibattitoera tutto incentrato sulla tv, strumentodi massa “storico”, sui suoi contenuti,sui rischi di un suo utilizzo non monito-rato da parte di bambini e ragazzi. Oggiverrebbe da dire che la tv ha un’offertacosì “limitata” di fronte alla sconfinatepossibilità della rete che sembra quasinon rappresentare più un vero rischio.Sarebbe opportuno, però, orientare ildibattito su altri piani che sappianodisegnare in modo chiaro le risorse chequesti strumenti e le innovazioni tecno-logiche nascondono. Troppo spesso l’at-teggiamento d’attacco deriva da unascarsa conoscenza diretta dei mezzi(media), causa anche di un controlloscarso o messo in atto male.Una delle sfide delle nuove tecnologie èproprio la conoscenza. In genere si con-sidera, in un rapporto educativo, la per-sona adulta “esperta” di alcune questio-ni (relazioni, emozioni, regole, divieti),che a suo modo e secondo la sua perso-nale esperienza trasmette alla generazio-ne più giovane. Nel campo delle nuove

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Di fronte allo sconfinato mondo diinternet, al quale anche i più piccoli hannoaccesso, occorre crescere in competenzaper mantenere alta l’attenzione ai rischi

che la rete spesso nasconde

Sempreaccanto

diMartino Nardelli

L

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tecnologie, spesso, manca questo assun-to, poiché la generazione più adulta,spesso, è meno esperta della più giova-ne, quindi rischia di commettere errori,che nel campo educativo rischiano disvalutare la relazione stessa.Un importante punto di partenzapotrebbe essere rappresentato dalla con-divisione di conoscenza tra generazioni,momento di confronto e al tempo stes-so di “controllo” (senza eccessi e parano-ie!), così importante per una crescita

sana ed equilibrata.Al tempo delle nuove tecnologie (sem-pre più nuove e sofisticate) si dovrebbe-ro declinare espressioni come “nuovaeducazione” che accolga in sé i miglioriassunti che vengono dal passato, dallapropria esperienza, dalla buone prassi,ma che sappia accogliere i “nuovimondi” di cui si deve fare esperienza, incui la relazione educativa può essereribaltata, al fine di condividerne laconoscenza.�

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artecipazione costante e sem-pre attenta al dibattito stu-dentesco, cura delle relazioni

e testimonianza cristiana fra i banchi discuola, orientamenti culturali e impe-gno sociale. Tre attenzioni. Tre necessi-tà. Usando un “parolone” che potrebbesembrare allarmante (e forse lo è, il dub-bio è lecito): tre urgenze. Forse (e piùsemplicemente) sono tre caratteristichefondamentali del Msac (non le sole,però), che ci ricordano continuamentela nostra specificità, la nostra missione.Ogni tanto occorre riportarle allamente: per riconfermarle, per farle pro-prie, per assumerle come impegno, per-ché ogni periodo ha esigenze e necessitàdiverse. E quale momento migliore senon l’inizio dell’anno nuovo, per sotto-linearle ancora una volta? Procediamodunque per ordine.Il dibattito studentesco. Ci ricorda chisiamo: un movimento che si rivolge aglistudenti, che mette al centro la scuola,ne scopre le possibilità, scovandone lepotenzialità, abitandone gli spazi, maanche mettendone in risalto i punti diforza e quelli di debolezza. Ci rimboc-

chiamo le maniche con la speranza cheil nostro impegno nelle scuole riesca adiventare sempre più concreto. Infatti,oltre ad affrontare i temi della rappre-sentanza e della partecipazione (vitali eimportantissimi per il Msac), l’impe-

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vita di Ac

P

In vista del congresso di aprile il Msacribadisce le tre attenzioni più urgenti

da mettere in agenda: la centralità dellascuola, la testimonianza come stile di

presenza, l’impegno nel territorio

Con le maniin pasta

di Elena Poser

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gno che intendiamo assumerci è quellodi riuscire a maturare, come circolo, maanche singolarmente, una conoscenzaapprofondita della legislazione scolasti-ca con l’auspicio di riuscire a portare uncontributo davvero competente aldibattito sulle riforme che riguardanola scuola... la nostra scuola! Dopotuttoè la nostra professione: siamo studenti,ce lo ricorda anche la nostra carta diidentità.Testimoni fra i banchi di scuola. È innan-zitutto una responsabilità. Una granderesponsabilità che si traduce in uno stiledi relazione che ci esercita nella difficilearte di mettere da parte noi stessi, permettere avanti le necessità dell’altro.Allargare l’orizzonte dello sguardo aiproblemi dell’altro: è questo il compitodel cristiano. Non si vive la fede da soli enon si incontra il Signore se non nell’al-tro. Per questa ragione servono studentiin grado di farsi compagni di strada, chesiano coerenti: è questo il modo, lo“stile”, che ci consente di essere degnitestimoni del Vangelo a scuola. A scuolanon sono le relazioni che instauriamocon gli altri che ci consentono di supe-rare l’anno, ma è attraverso di esse chepossiamo vivere davvero, in pienezza, ladimensione di comunità che è rappre-sentata dalla scuola stessa.Orientamenti culturali e impegno sociale.Da sempre il movimento coltiva conpassione progetti di convivenza civile,di consumo critico, di riflessione suidiritti umani, sull’immigrazione, sul-

l’etica, sulla cooperazione internaziona-le alla pace. Questi temi sono in gradodi ridare slancio ai nostri sogni per lecittà. La missione che spetta a tutti noimsacchini è coltivare come circolo unimpegno sociale, per il territorio, per lacittadinanza, cercando di sollecitare erisvegliare nei compagni di scuola lavocazione al servizio e allargando gliorizzonti oltre il nostro banco, oltre lefinestre delle nostre scuole... allargandocioè gli spazi di gratuità. Siamo chiama-ti a essere sale e a mettere sale anchesulle nostre giornate, provocandoci adun impegno più grande. Dopotutto imsacchini sono abituati ad avere sem-pre le mani in pasta!Questi “nodi” della vita msacchina sonosolo un assaggio della proposta del Msace sono solo alcuni fra i tanti spunti diriflessione presentati nella bozza deldocumento congressuale nazionale cheè stato inviato a tutti i circoli Msac per-ché possa essere letto, riflettuto e soprat-tutto modificato. Ogni circolo è infattiinvitato a proporre correzioni, tagli,aggiunte, e la speranza è che la proposi-zione dei pareri sia per le diocesi unmomento di riflessione condiviso, incui tutti sentano la responsabilità dicontribuire alla vita del movimentonazionale. Quella inviata, infatti, non èche una prima bozza di quello chediventerà, con il XIV congresso nazio-nale del Msac (Roma, 8-10 Aprile), ildocumento congressuale del triennio2011-2014. �

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l documento congressuale èstato l’occasione per fare sin-tesi di questi ultimi trienni,

guardando al futuro del Movimento. Èstato pensato e scritto ripercorrendo letante esperienze svolte e quelle in can-tiere e ripercorrendo eventi ed emozionifatti di persone, di volti, di bisogni enecessità, ma anche dell’immensa ric-chezza di cui ognuno di noi è portatore.Tutto questo, però, con lo sguardorivolto verso il futuro, essendo oraimportante che ogni singolo momentodiventi elemento portante per il Movi-mento che verrà.Da questa “sfida” è nata la necessità diun documento aperto, perché calatonella realtà sociale (e quindi suscettibiledi integrazioni meglio rispondenti alledinamiche in atto), e, ancora, che fossedestinato non solo agli “addetti ai lavo-ri”, ma anche a quanti, pur non aderential Mlac, ritengano oggi necessario, piùche mai, che l’Ac si spenda per e nelmondo del lavoro. Di qui anche la stessastruttura del documento che, voluta-mente breve e schematico, si componedi quattro parti.

Alla prima, dedicata al contesto di rife-rimento (e, inevitabilmente, alla dram-matica attualità di una crisi economicache è ormai anche crisi sociale, di pen-siero e di fiducia), seguono immediata-mente le prospettive:per l’uomo, perché «occorre riscoprire efar riscoprire la valenza vocazionale dellavoro, che si coniuga in un tutto armo-nico all’idea di uno sviluppo economicoe sociale capace di mettere al centro lapersona, le sue prospettive e le sue esi-genze, le capacità ed aspirazioni»per lo stesso movimento Lavoratori,affinché persegua l’innovativa finalità dipromuovere una pastorale di evangeliz-zazione rivolta ai lavoratori credenti enon: non soltanto, quindi, agli iscritti inAc, ma a tutti «coloro che vogliono sco-prire la bellezza della carità di cui GesùCristo è portatore».A seguire, quindi, le proposte: veripunti programmatici che contemplano,anzitutto, la necessità dell’incontro eascolto con i giovani e meno giovani chevivono situazioni di precarietà, di man-canza del lavoro o cattiva occupazione,ma anche, parallelamente, del dialogo

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In vista dell’appuntamento di aprile ilMlac ha preparato un documento

congressuale aperto, che parli a tuttal’Ac e contribuisca ad accrescere la

sensibilità verso il mondo del lavoro

Con lo sguardoal futuro

diGiuseppe Patta

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con i datori di lavoro e le istituzioni.Proposte che vedono un Movimentoche lavora all’interno dell’Ac e in strettacomunione di intenti con i settori Gio-vani e Adulti, affinché sia più forte lasensibilità per il mondo del lavoro e laconsapevolezza delle enormi potenziali-tà di un’associazione come la nostra,così radicata nel territorio e così apertaal confronto tra i più disparati cetisociali e culturali, con quello spirito

missionario che da sempre caratterizzaogni singola associazione parrocchiale ediocesana.Perché l’emergenza educativa coinvolgee chiama in prima linea l’Ac, che dasempre è impegnata più di ogni altrarealtà ecclesiale in tale contesto, e, conaltrettanta forza, richiede al movimentoLavoratori un contributo di idee edintenti sia all’Azione cattolica che atutta la Chiesa italiana. �

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ent’anni fa nasceva il Movi-mento di Impegno educativodi Azione cattolica, quale

segno e strumento dell’Ac per esprimere«un supplemento di attenzione al pro-blema educativo e una disponibilità aun servizio rispondente ai profondibisogni educativi del nostro tempo»(cfr. Documento normativo Mieac).L’elemento, pertanto, che ha caratteriz-zato il Mieac sin dalla sua costituzione eche ne sottolinea la specificità nel piùampio contesto associativo appare evi-dente quando l’Azione cattolica conside-ra la formazione non soltanto per i suoiaderenti, ma come una finalità pastorale,missionaria: l’Ac per un servizio educati-vo nella Chiesa e nella società.Il Mieac, quindi, trova la sua primaragion d’essere proprio in tale dimensio-ne missionaria dell’intera associazione;esso non è per se stesso: è per la comuni-tà, nel territorio, e opera per la centralitàdell’opera educativa, mosso dalla con-vinzione che una nuova e adeguata azio-ne evangelizzatrice, capace di proporreragioni di Vita e di Speranza, debbainnanzitutto consistere in un costante

impegno educativo nella comunitàecclesiale e di essa nella società.Il Vangelo della carità esige il servizioeducativo, perché l’educazione autenti-ca è un’eminente forma di amore, direlazione, di comunicazione e dà futuroall’amore in quanto aiuta chi è nuovoalla vita a vivere in pienezza, con proget-tualità e consapevolezza, la propria esi-stenza, da protagonista, secondo lavocazione ricevuta. Chi ama veramenteeduca e l’educazione è garanzia di veroamore perché genera capacità di orien-tamento e di scelta, spirito critico, sensodi responsabilità, coerenza tra fini emezzi, ricerca del bene comune, altatensione morale, forte passione per l’uo-mo e i suoi destini, volontà di compe-tenza e di servizio.Ma se educare è un atto d’amore, comedare “sostanza” a questo convincimentoperché non resti una affermazione retori-ca o vuoto sentimento? Da questo inter-rogativo si snoda il filo rosso che ha carat-terizzato nel tempo e contraddistingueancor oggi i percorsi del Movimento.Innanzitutto la consapevolezza dellanecessità di recuperare un’etica della

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Spegne venti candeline il Mieac, unostrumento nato per promuovere il

servizio educativo non solo all’internodell’associazione ma anche e in primo

luogo nella Chiesa e nella società

Seminareragioni di vitae di speranza

di Vincenzo Lumia

V

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responsabilità educativa degli adulti neiconfronti delle nuove generazioni. Prin-cipi, proclami e propositi si riscontranoad iosa, ma onestà vuole che tutti rico-nosciamo la difficoltà da parte dei nostriragazzi di riscontrare nei comportamen-ti, negli atteggiamenti, negli stili di vitadi noi adulti (genitori, insegnanti,amministratori, politici, catechisti...) ivalori e gli insegnamenti che a essi gene-rosamente somministriamo.Inoltre, la necessità di un improrogabilee reale investimento in campo educati-vo. Risorse, politiche, strutture, servizi,qualitativamente e quantitativamenteverificabili, sono la cartina di tornasoledi una sincera volontà di dare priorità einvestire nel campo educativo.L’educazione non può essere considera-ta nell’ottica dell’emergenza: interventiepisodici e settoriali che si attivano afronte di gravi problemi che “improvvi-samente” scoppiano nella società; né unfatto individualistico di alcuni “volon-tari”, né un appalto da assegnare a parti-colari agenzie, sovraccaricandole dicompetenze e incombenze.Educazione dice progetto globale, inve-stimento, capacità di futuro dell’interacollettività. La sfida è quella di dimostra-re nei fatti che comunità aperte, acco-glienti, solidali non solo sono possibili,ma vanno edificate attraverso un quoti-diano esercizio di cittadinanza attiva e dipartecipazione democratica, avendo afondamento la centralità della persona ela difesa degli ultimi e dei deboli.

La nostra deve tornare a essere la stagio-ne della semina, della bonifica del terre-no... troppe male piante lo infestano:corruzione, malaffare, amoralità,immoralità, gestione arrogante delpotere, prevaricazione sui meno garan-titi. Tutte spine che vanno estirpatedalle radici, con determinazione, senzacompromessi e ambiguità, affinché ilseme buono possa tornare a germoglia-re, fiorire rigogliosamente e dare fruttiduraturi.All’educazione e a ogni educatore ilcompito di seminare ragioni di vita e disperanza, di senso, di impegno respon-sabile e progettuale... senza cedimenti escoraggiamenti, sapendo andare controcorrente per smascherare tutto ciò checrea omologazione e conformismo.Alla pseudocultura degli slogan, deiluoghi comuni, dell’immagine va con-trapposta la cultura della consapevolez-za e dell’auto-progettualità: conoscere,discernere, operare sono le buone prati-che che adulti e giovani “insieme” deb-bono saper compiere attraverso i com-portamenti quotidiani e le scelte esi-stenziali, sociali, politiche.È questa la strada che il Mieac intendecontinuare a percorrere, dando un feria-le contributo volto a favorire, moltipli-care le occasioni e i “luoghi” della consa-pevolezza, della compagnia, della com-petenza perché da “adulti educatori” cisi adoperi con amore, libertà e spirito diservizio evangelici per il rinnovamentodella società. �

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Istituto dell’Azione cattolicaper lo studio dei problemisociali e politici “Vittorio

Bachelet” è una Fondazione istituita allafine degli anni ‘80 in ricordo del presi-dente Bachelet, ucciso dalle BrigateRosse il 12 febbraio 1980. Si tratta diuno strumento volto a dare un contri-buto alla formazione sociale dei laiciattraverso la riflessione sui fondamentietici e culturali dell’azione politica, sullequestioni economico-sociali, sui nodigiuridici e sulle regole della vita demo-cratica.L’Istituto propone un approfondimen-to, alla luce della Dottrina sociale dellaChiesa, della vita pubblica del nostropaese, per mezzo dell’elaborazione distudi, la promozione di ricerche, le pub-blicazioni di volumi, l’organizzazione diconvegni e seminari. Si impegna, inol-tre, a mantenere viva l’eredità di pensie-ro e l’esemplarità della testimonianzacristiana di Vittorio Bachelet. Egli findagli anni giovanili coltivò con passionee spirito di partecipazione un significa-tivo interesse per la città dell’uomo.Concepì la sua vocazione laicale come

un radicale impegno per la vita dellaChiesa e per la declinazione dei valoricristiani nella realtà temporale.Vittorio fu davvero uomo di speranza.Appartenne sia a quella generazione digiovani uomini che, passando per glianni bui della dittatura fascista, sepperodare con creatività e intelligenza uncontributo significativo alla ricostruzio-ne del paese, sia all’importante stagioneche porterà al Concilio Vaticano II. Dagiovane si impegnò nella Fuci, di cuidiresse il periodico; fu poi studioso rigo-roso e docente universitario riconosciu-to (fondamentali i suoi studi sulla pub-blica amministrazione e sui principi diattuazione della Carta costituzionale;grande interprete del Vaticano II neglianni alla presidenza nazionale dell’Ac(1964-1973); saggio vice presidente delConsiglio superiore della magistratura(1976-1980). Ricordato, da quantil’hanno conosciuto, come persona dalcarattere mite, che non faceva però maimancare la fermezza nelle scelte, l’ope-rosità nella vita, lo sguardo sereno sulmondo.L’Istituto nel corso degli anni, alla luce

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L’Istituto per lo studio dei problemisociali e politici “Vittorio Bachelet” è

uno spazio partecipativo perdiscernere i segni di un mondo sociale

in continuo mutamento

Sottolalentelavitapubblicadelnostropaese

di Fabio Mazzocchio

L’

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di questa testimonianza credente, hadato vita a numerose iniziative. Tra lepiù recenti, l’“Osservatorio sulle rifor-me”: un gruppo di ricerca che analizza estudia con sistematicità il dibattito sulleproposte più significative di riforma del-l’ordinamento statale e dei settori chiavedella vita pubblica (giustizia, università,informazione, forma di stato e di gover-no, etc.). Indagini che vengono periodi-camente pubblicate e diffuse attraversodossier (reperibili alla pagina internetwww2.azionecattolica.it/bachelet). Trale attività – oltre all’annuale Convegnodi febbraio e ai seminari periodici – sisegnala la pubblicazione, avvenuta nel2005, dei due poderosi volumi che rac-

colgono gli scritti ecclesiali e civili diBachelet (editi dall’Ave) e il libro-dvdVittorio Bachelet. Testimone dellasperanza.Confrontandosi, da un lato, con ilmondo della riflessione accademica e,dall’altro, con il dibattito pubblico,l’Istituto prova dunque a essere unluogo di riflessione e formazione socia-le. Il servizio al bene comune, in uncontesto come il nostro segnato da fra-gilità economiche, politiche e etiche,diviene esercizio di responsabilità per lastoria dell’uomo di oggi. Uno spaziopartecipativo a servizio dell’Associazio-ne per discernere i segni di un mondosociale in continuomutamento. �

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Montecitorio, la Camera dei deputati

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ducare alla vita buona del Van-gelo è il titolo degli Orienta-menti pastorali per il decen-

nio. È così indicata alle comunità cri-stiane la direzione da prendere per illoro servizio educativo: aiutare le perso-ne, aiutarsi reciprocamente, impegnarsipersonalmente, creare il clima adatto,per vivere e sviluppare una vita bella,gioiosa, significativa, così come vieneproposta da Gesù, dal suo esempio e dalsuo insegnamento.Punto di partenza è l’incontro con ilSignore, come accadde ad Andrea eall’altro discepolo, dopo che furonoindirizzati a Gesù dalla gioiosa e chiaratestimonianza di Giovanni Battista.Punto di arrivo è la pienezza della vitaumana, la perfetta felicità, il completosuccesso, che si compirà nel momentoin cui il Signore Gesù assegnerà definiti-vamente a ciascuno il posto preparatonella casa del Padre suo.Nel mezzo sta il cammino della vita: unpercorso non facile, spesso accidentato,eppure possibile e bello, purché non siabbia la pretesa di compierlo in solita-rio. Soltanto insieme, come ricorda lo

slogan dell’Ac per questo triennio, siprocede nell’itinerario della santità, cioèdella perfetta realizzazione di sé secondoil progetto di Dio.L’andare insieme non corrisponde acamminare intruppati, senza personali-tà e a libertà limitata; al contrario, èl’unico modo per procedere sotto laspinta dell’amore e con sufficiente sicu-rezza.L’Ac, mentre propone itinerari formati-vi comuni ed esperienze vive e coinvol-genti di gruppo, chiede ad ognuno diimparare a prendere in mano la propriavita, ad amarla, a educarla, a farla cre-scere verso la piena maturità di Cristo,«finché Cristo non sia formato in cia-scuno di noi».In questo processo di ricerca e di impe-gno personale può svolgere un ruolo diparticolare importanza l’accompagna-mento spirituale, che il Progetto formati-vo descrive come rapporto interperso-nale con chi, fratello o sorella nella fede,ha la capacità e la maturità di mettersiaccanto per aiutare nel discernimentodel disegno di Dio sulla propria vita.«La tradizione cristiana ha dato a questo

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di Ugo Ughi

Lasciarsi aiutare da chi ha giàcompiuto nella vita di fede passisignificativi per procedere nel

cammino della santità e così crescereumanamente e spiritualmente

E

Nondasoli

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dialogo il nome di direzione spirituale;noi preferiamo il termine di accompa-gnamento spirituale, per sottolineare lalibertà e la fiducia di un rapporto in cuisi sceglie di lasciarsi aiutare da una per-sona che ha già compiuto nella vita difede passi significativi» (Progetto for-mativo).Al prete assistente è riconosciuta unaparticolare qualifica per svolgere questoservizio, con il conforto e l’incoraggia-mento degli Orientamenti pastorali deldecennio trascorso, che invitano i pre-

sbiteri a farsene carico: «Nelle comunitàsi avverte un accresciuto bisogno di ini-ziatori e accompagnatori nella vita spiri-tuale: i presbiteri devono valorizzaresempre più la loro missione di padrinella fede e di guide nella vita secondo loSpirito» (n. 53).I primi a essere invitati a usufruire ditale presenza e aiuto sono i responsabiliassociativi ed educativi, solerti compagnidi viaggio dell’associazione e dei gruppi.A loro si richiede non già di essere per-sone arrivate, ma persone che giornoper giorno cercano di crescere umana-mente e spiritualmente. In questo loropercorso di maturazione, mentre svol-gono il compito di accompagnatori,hanno essi stessi bisogno di farsi accom-pagnare.È bene che ciascuno si interroghi sullapropria disponibilità a cercare, ad acco-gliere e a seguire una buona guida spiri-tuale.Agli assistenti, che si spera abbiano unloro padre spirituale, viene chiesto direndersi sempre più disponibili a stareaccanto alle persone nella ricerca e nel-l’impegno a vivere con libertà e congioia secondo lo Spirito. �

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l numero 12 degli Orienta-menti pastorali Educare allavita buona del Vangelo segna

quasi una tappa obbligata e ci ricordache educare in un mondo che cambiasignifica principalmente legare «l’edu-cazione ai rapporti tra le generazioni,anzitutto all’interno della famiglia,quindi nelle relazioni sociali. Molte dif-ficoltà sperimentate oggi nell’ambitoeducativo sono riconducibili al fatto chele diverse generazioni vivono spesso inmondi separati ed estranei [...] All’im-poverimento e alla frammentazionedelle relazioni si aggiunge il modo concui avviene la trasmissione da una gene-razione all’altra. I giovani si trovanospesso a confronto con figure adultedemotivate...» (n.12).È come andare in montagna e, necessa-riamente, passare proprio da quella cre-sta rocciosa e ripida che ci permette ilcoraggio dei passi e la ricchezza del cam-mino. Nell’attuale contesto sociale nonpossiamo non dire che educare è diffici-le, ma ci viene anche naturale pensareall’educazione come a una partita dagiocarsi tra adulti. Per questo più che di

emergenza educativa, forse è più giustoparlare di emergenza educatori, in primisla famiglia! L’emergenza oggi è prima ditutto dei “grandi”, i quali si ritrovanospesso in un vuoto di valori, in un disa-gio esistenziale, che li rende incapaci diessere punti di riferimento e di educare.Perciò la principale sfida educativa,oggi, è quella di formare i formatori.Ciò esige come primo passo una presadi coscienza della propria linea d’ombrada varcare così come direbbe Jovanotti:«La linea d’ombra/ la nebbia che io vedo a

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di Nicolò Tempesta

La fatica oggi è prima di tutto degliadulti, i quali si ritrovano spesso in un

vuoto di valori, in un disagioesistenziale, che li rende incapaci di

essere punti di riferimento e di educare

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L’arteeducativaundonoperglialtri

Gli adulti diAc con il Papa a Loreto nel 2004

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me davanti per la prima volta nella vitamia mi trovo/a saper quello che lascio enon saper immaginar quello che trovo//mioffrono un incarico di responsabilità/ por-tare questa nave verso una rotta che nessu-no sa// è la mia età a mezz’aria in questacondizione di stabilità precaria...».Prima o poi ciascuno di noi si trova difronte alla “linea d’ombra”. Scopriamoche la nostra vita la costruiamo con lenostre scelte, assumendoci le nostreresponsabilità, spendendoci nella realiz-zazione dei nostri sogni. A questo punto

della vita come educatori ci rendiamoconto che siamo sospesi tra il timore e ilfascino. Prediligere il dialogo intergene-razionale, di cui l’Azione cattolica cioffre un esempio concreto nei percorsiformativi nelle nostre parrocchie, signi-fica innanzitutto saper educare-per, faredell’educazione un dono.Negli adulti spesso si nota da una partela paura di essere coloro che guidano,che “coprono le spalle”, e dall’altra parteil fascino di poter iniziare a essere prota-gonisti della propria vita, d’impegnarsiper costruire un mondo migliore, dicercare il bene per tutti e rendere l’etàadulta un dono: ecco come varcare lapropria linea d’ombra.Mi viene inmente la nota composizionedi Khalil Gibran intitolata I figli, trattadalla raccolta Il Profeta e dedicataall’esperienza dell’essere genitore. Pro-babilmente il poeta si è ispirato al Salmo127 che paragona i figli alle frecce nellafaretra. «Come frecce in mano a un eroesono i figli della giovinezza. Beato l’uo-mo che ne ha piena la farètra». Pensoche quanto egli scrive possa avere unaqualche applicazione anche al nostrocaso:

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Educare per noi significa imparare (o re-imparare) a narrare la bella notizia delVangelo che ha un volto, un nome, unastoria, il volto il nome e la storia di Gesùdi Nazareth; vuole dire rendere l’arteeducativa un dono per gli altri.

«In epoche remote visse il Grande Pro-feta. Egli vagò nel mondo lasciando unatraccia di sé negli sguardi di chiunque loascoltò. Anche oggi lo si può incontrare:le persone che lo conobbero hannoannunciato il suo sguardo ad altre per-sone come fosse la prima volta: nei loroocchi ci sono gli occhi del profeta».

Questa antica leggenda persiana, riferita-ci dallo scrittore argentino Jorge LuisBorges, può aiutarci a entrare nell’affasci-nante mondo dell’educazione comeannuncio di Gesù di Nazareth. In effettiper noi adulti educare può significareoggi imparare a raccontare ciò che dibello mi è accaduto. Per questo l’adultoche educa è innanzitutto un testimone.Una via da cui non si può prescindere peril dialogo intergenerazionale è certamen-te la testimonianza. Ci sembra di riascol-tare il “manifesto della testimonianza” diEvangelii Nuntiandi di Paolo VI: «L’uo-mo contemporaneo ascolta più volentie-ri i testimoni che i maestri... o se ascolta imaestri lo fa perché sono dei testimoni».È dunque mediante la sua condotta,mediante la sua vita, che la Chiesa evan-gelizzerà innanzitutto il mondo, vale adire mediante la sua testimonianza vissu-ta di fedeltà al Signore Gesù, di povertà edi distacco, di libertà di fronte ai poteri diquesto mondo, in una parola, di santità»(n.41). Mi piace pensare in questomomento al verbo evangelizzare comesinonimo del verbo educare e ritornareall’esperienza entusiasmante di ciascunodi noi nelle proprie comunità parroc-

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I vostri figli non sono figli vostri...Essi vengono attraverso di voi, ma non da voi,e benché vivano con voi non vi appartengono.Potete donare loro amore ma non i vostri pensieri:essi hanno i loro pensieri.Poteteoffrirerifugioai lorocorpimanonalle loroanime:esse abitano la casa del domani,che non vi sarà concesso visitare neppure in sogno.Potete tentare di essere simili a loro,ma non farli simili a voi:la vita procede e non s’attarda sul passato.Voi siete gli archi da cui i figli, come frecce vive,sono scoccate in avanti...

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chiali: vere e proprie palestre di dialogotra grandi e piccoli, giovani e adulti, vec-chi e bambini. Abbiamo parlato poco diuna parrocchia missionaria, ma l’abbia-mo vissuta naturalmente senza non trop-pi problemi: «Occorre incrementare ladimensione dell’accoglienza, caratteristi-ca di sempre delle nostre parrocchie: tuttidevono trovare nella parrocchia unaporta aperta nei momenti difficili o gio-iosi della vita. L’accoglienza, cordiale egratuita, è la condizione prima di ognievangelizzazione. Su di essa deve inne-starsi l’annuncio, fatto di parola amiche-vole e, in tempi e modi opportuni, diesplicita presentazione diCristo, Salvato-re del mondo. Per l’evangelizzazione èessenziale la comunicazione della fede dacredente a credente, da persona a perso-na» (Il volto missionario delle parrocchie inunmondo che cambia, n. 6).Ricorro al repertorio vivace dei raccontichassidici con questa storia riguardanteun maestro rabbinico per riuscire appe-na a saper coniugare il verbo educarecon dialogare, specialmente quando ildialogo è intergenerazionale e ci ricordal’amore per i nostri gruppi giovanili. Lastoria si riferisce al testo di Deuterono-

mio 6,4-7: «Ascol-ta, Israele: Il Signo-re è il nostro Dio,unico è il Signore.

Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tuttoil cuore, con tutta l’anima e con tutte leforze. Questi precetti che oggi ti do, tistiano fissi nel cuore. Li ripeterai ai tuoifigli, ne parlerai quando ti troverai incasa tua, quando camminerai per via,quando ti coricherai e quando ti alze-rai». Ecco, dunque, il racconto: «Quan-do Abraham Mordechai, l’ultimo figliodel Rabbi di Ger, morì, un chassid cercòdi confortarlo con le parole di Giobbe:“Il Signore ha dato, il Signore ha tolto,sia benedetto il nome del Signore”(Giob 1,21). Il Rabbi di Ger rispose: “Ilmio dolore non dipende dal fatto chemio figlio è passato alla vita eterna, dalmomento che questa era la volontà diDio. Il mio dolore nasce dal sapere ched’ora in poi mi mancherà la possibilitàdi adempiere la parola:Questi comanda-menti che io ti do, li ripeterai ai tuoifigli”». Prenda anche a noi un doloresimile a quello del Rabbi di Ger quandonon riusciamo a essere educatori per glialtri e non soltanto con gli altri. �

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Prenda anche a noiun dolore simile aquello del Rabbi diGer quando nonriusciamo a essereeducatori per gli altrie non soltantocon gli altri

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etta uno sguardo lungo sulfuturo del Movimento e nonsolo il convegno dei presiden-

ti Meic (Movimento ecclesiale di impe-gno culturale) che apre gli appuntamen-ti di febbraio, sabato 5 e domenica 6 allaDomus Mariae. Il tema: Progettiamoinsieme il futuro. Negli stessi giorni siconclude anche l’incontro dell’equipenazionale del Movimento studenti diAc, da giovedì 3 a domenica 6, mentrevenerdì 4 la sede nazionale dell’associa-zione ospita la riunione del Collegioassistenti e l’incontro della Presidenza.Fissata per venerdì 11, invece, l’assem-blea della Fondazione Pio XI, promos-sa nel 2007 da Forum internazionale diAc, Azione cattolica italiana e alcunediocesi e congregazioni per far conosce-re santi, beati e testimoni che incoraggi-no a vivere l’Ac come scuola di santità.Contribuire alla formazione dei laici nelcampo sociale e politico, percorrendo ildoppio binario della dottrina socialedella Chiesa e della cultura politica:questo invece l’obiettivo dell’IstitutoBachelet, uno strumento che l’Azionecattolica si è data nel 1988 per mante-

nere viva l’eredità di pensiero di Vitto-rio Bachelet, il presidente della “sceltareligiosa”. Proprio nell’anniversariodella sua morte, avvenuta per manodelle Brigate Rosse il 12 febbraio del1980, l’Istituto organizza ogni anno unconvegno di studio. L’appuntamentoper l’edizione numero 31 è venerdì 11 esabato 12 febbraio. Subito dopo, lunedì14, prenderà il via la Settimana sociale,dedicata al tema La missione per il nostrotempo. Un’occasione in cui tutta l’asso-ciazione è chiamata a porre l’attenzionesul bene comune come stile evangelico,cercando occasioni di dialogo con lacomunità ecclesiale e con il mondo civi-le. Soprattutto quest’anno che l’Italiacelebra i 150 anni dell’unità.Si svolge da venerdì 11 a domenica 13anche l’incontro per fidanzati Disegnidi affettività, organizzato a Terni dal-l’area Famiglia e vita, mentre sabato 12e domenica 13 si riunisce a Roma ilLaboratorio di progettazione associati-va del settore Adulti. Il giorno dopo,lunedì 14, alla DomusMariae, prende ilvia il convegno degli assistenti, che siconcluderà giovedì 17; venerdì 18,

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di Federica Cifelli

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Progettiamoinsiemeil“benecomune”

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ancora, riunione dell’Ufficio centraleAcr, fino a domenica 20, mentre sabato19 sono in programma due appunta-menti del settore Giovani: l’incontrodella Commissione affettività e quellodella Commissione testo, fino a dome-nica 20. Sempre la Domus Mariae ospi-ta anche l’incontro mondiale della Jeci,il coordinamento delle associazioni distudenti cattolici nel mondo, da giovedì24 a domenica 27 febbraio; quindi, peril Msac, nuovo appuntamento da giove-dì 3 a domenica 6 marzo per la riunionedell’equipe nazionale. Per il Meic invecesabato 13 e domenica 14 sono i giorni

del Consiglionazionale, a Roma,alla DomusMariae.Non mancano,nell’agenda di que-ste settimane,anche gli incontriistituzionali del-l’associazione. Acominciare dalleriunioni della Pre-sidenza, fissate per

il 4, l’11, il 18 e il 25 marzo in sedenazionale, dove venerdì 11 alle 10.30 sisvolge anche la riunione del Collegioassistenti. Per il Consiglio nazionaleinvece l’appuntamento è alla DomusMariae, in Aula Barelli, sabato 19 edomenica 20 marzo. Quindi, venerdì25 e sabato 26marzo, ancora un appun-tamento per l’Ufficio centrale dell’Acr,che tornerà a riunirsi anche venerdì 8 esabato 9 aprile. Prendono il via venerdì8, infine, anche i due Congressi nazio-nali del Movimento studenti e delMovimento lavoratori, entrambi allaXIV edizione. �

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L’home page del portale diAc

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La bellezza del somaro

Doveva essere un fine settimana spensieratoquello di Marcello (Sergio Castellitto) e Marina

(Laura Morante), da trascorrere insieme agli amicinella casa di campagna in Toscana quando Rosa, lafiglia diciassettenne, presenta ai suoi la persona dicui si è invaghita: Armando (Enzo Jannacci), unuomo di cinquan-t’anni più an-ziano.La scoperta mettealla prova le con-vinzioni progres-siste dei genitorie costringe i pro-tagonisti del filma fare i conti conle loro fragilitàesistenziali. Neviene fuori unracconto diver-tente, in cui gliadulti si dimo-strano incapaci disvolgere i ruoliche ricoprono in modo credibile e autentico. Come,ad esempio, il tentativo dei due protagonisti disostituire al rapporto genitoriale con la loro figliaun rapporto d’amicizia.Ed è proprio su questo scarto che Sergio Castellitto,alla sua terza esperienza come regista, e MargaretMazzantini, autrice del soggetto e della sceneggia-tura, dipingono un affresco in chiave comica dellacondizione dell’adulto che spinge il pubblico a sor-ridere e riflettere.�

Lavaligiadeidiritti

di Matteo Scirè VEDERE

da vedereAdulti in crisi di identità ne Labellezza del somaro

da scartareDue kit multimediali pronti perl’uso: quello della Caritas Ita-liana e Cem-Mondialità e diAmnesty Kids

da leggereLa versione aggiornata delcapolavoro di Tullio De Mauroe due consigli su una Culturaglocale che ci ingloba semprepiù

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MULTIMEDIA

www.amnestykids.it

Amnesty Kids è un progetto di educazione ai diritti umanirivolto agli studenti del secondo ciclo della scuola prima-

ria e a quelli della scuola secondaria di primo grado. A ogniclasse che aderisce al progetto Amnesty consegna un kit di-dattico composto da un quaderno operativo denominato Lavaligia dei diritti, schede metodologiche e di approfondi-mento dei temi trattati, un calendario dei diritti umani etanto altro materiale. La metodologia è quella del gioco e dellaboratorio per far sperimentare praticamente i temi del-l’identità e delle differenze, della responsabilità, del conflittoe del dialogo, della discriminazione e del rispetto della per-sona.In questo modo bambini e ragazzi acquisiscono competenze e abilità sociali per leggere la realtà eagire in modo consapevole e responsabile secondo i principi della pace, della giustizia e della soli-darietà. �

Zero Poverty

Zero poverty. Agisci ora. Così si chiama il kit multimediale realizzatoda Caritas Italiana in collaborazione con Cem-Mondialità. Un pac-

chetto di strumenti predisposto in occasione dell’Anno europeo dellalotta alla povertà e all’esclusione sociale (2010) e dell’Anno europeoper il volontariato (2011).Il kit, che si configura come strumento di animazione sui temi dellapovertà, della cittadinanza attiva e del volontariato, si compone di unaguida didattica, di un quaderno e di un dvd.La guida fornisce agli educatori e ai formatori suggerimenti e percorsiper rapportarsi con i ragazzi e i giovani nati nell’era digitale, i “digitalnatives”. Il quaderno propone quattro itinerari tematici sulle seguenti problematiche: povertà edesclusione sociale, volontariato e lotta alla povertà, povertà ed Europa, cittadinanza attiva e lottaalla povertà. Quattro piste di lavoro per aiutare i ragazzi a riconoscere il diritto a una vita dignito-sa e a combattere la povertà.Il dvd contiene schede su narrazioni, giochi e animazioni, teatro, film, musica, parole delle fedi,documenti del magistero ecclesiale. Trecento opzioni multimediali da utilizzare in relazione allediverse esigenze formative ed educative. �

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La cultura degli italiani

Acinque anni di distanza dall’uscita della prima edizione Tul-lio De Mauro ci ripropone una versione aggiornata de La cul-

tura degli italiani, con un capitolo in più che verifica le argo-mentazioni sostenute dal famoso linguista. Il libro, edito dallacasa editrice Laterza e curato da Francesco Erbani, racconta lostato di salute culturale del nostro paese.Per De Mauro la classe intellettuale in Italia, prestigiosa e auto-revole, ha sempre occupato posizioni di nicchia e autoreferen-ziale, mentre la classe dirigente ha sempre dimostrato pocaattenzione alle politiche dell’istruzione, della formazione edella promozione culturale. È così che la televisione ha ricoper-to il ruolo di principale agente della formazione di un’identità popolare, non solo linguistica. Datutto questo dipendono il grado di alfabetizzazione degli italiani e il livello delle loro competenzee abilità che definiscono il modo di pensare e di essere della persona. Un tema di grande interessesu cui è importante riflettere per scoprire i limiti e le potenzialità di una popolazione occidentalealle prese con le sfide quotidiane della società della conoscenza. �

Futuro Glocale

L’8 settembre del 2000 i rappresentanti dei 191 stati membri dell’Onusi riunivano a New York per firmare la Dichiarazione del Millennio, con

la quale si impegnavano a sradicare la povertà estrema e la fame, a ga-rantire l’educazione primaria universale, a promuovere la parità dei sessie l’autonomia delle donne, a ridurre la mortalità infantile, a migliorare lasalute materna, a combattere l’Hiv/Aids e altre malattie, a garantire la so-stenibilità ambientale, a sviluppare un partenariato mondiale per lo svi-luppo.Erano questi gli obiettivi da raggiungere entro il 2015 e per i quali ognipaese si assumeva la propria parte di responsabilità. Finalmente prendevapiede una coscienza glocale, in cui i problemi del pianeta riguardano tutti enon soltanto coloro che li vivevano sulla propria pelle. Si gettavano in tal modo le basi per unagovernance socio-economica condivisa. È proprio questo il tema affrontato nel libro di VincenzoPira, edito dalla casa editrice “la Meridiana”. L’autore spiega in modo molto chiaro ed esaustivol’importanza della cooperazione e il ruolo da protagonisti degli attori locali. Quest’ultimi sono iprincipali agenti per la costruzioni di reti di sviluppo e solidarietà capaci di ottenere risultatipositivi e duraturi, in grado di sopportare la forza d’urto delle decisioni prese dall’alta finanza odalla politica internazional �

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La strada è lunga,ma non esiste che un solo mezzoper sapere dove può condurre,proseguire il cammino.

(don Tonino Bello)