MATEMATICO StileLibero 01/2011

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Mina, la radio è rimasta accesa dall'ul timo dell'anno. In casa, posaceneri pieni e bottiglie vuote. Avanzi di cibo, tazzine sporche. Una giacca, in enl trata, dimenticata da quello che alla festa non conosceva nessuno. Mina, la radio continua a suonare il pezzo che piace a te, che a quindici anni, chiodo ed anfibi al Punkarrè, me l'hai fatta ascoltare per telefono, che io stavo a casa in punizione. “Farò l'avvocato, non il disperato, ma in un'altra vita”, cantavamo a squarl ciagola, da un capo all'altro del telel fono, bambine timide di un nordest incomunicabile. E poi, nove anni dopo, quando siamo diventate dottoresse in giurisprudenl za, abbiamo perso la voce. E ci siamo chieste, giovani praticanti in uno stul dio legale, in mezzo a codici e a pral tiche, dove avremmo dovuto lasciare il tempo di scrivere, i biglietti di Tonl delli, le città da guardare da un trel no. Se Cesare avrebbe potuto fumare la pipa nel nostro ufficio, nell'ora di ripetizione per riparare l'esame del mestiere di vivere. Ci siamo chieste se avremmo mai dovuto dichiarare al nostro dominus che dell'essere feml mine abbiamo imparato da un film della Breillat, nella scena in cui lui delimita con un rossetto la zona iml monda che ci rende bestie e madri. O che siamo rimaste interrotte per colpa di un amore, che ha incendiato tutte le nostre vite felici possibili e tutte le balere e i letti dove finire a divertirsi solo un poco, e le bocche degli uomil ni qualunque in cui nuotare in baci in odor di cloro. Mina, la radio è rimasta accesa dall'ull timo giorno dell'anno. Ci diciamo seml pre di aver sbagliato vita, tutta la vita. Ma stanotte, nel dormiveglia alcolico, disfatto, mi guardi con dolcezza e tal sti le ossa del bacino come la strega di Hansel e Gretel. Ma senza fame, o voglia di me. Sembri uscita da un quadro di Schiel le, mi dici. Quelli dove le donne non hanno vergol gna di restare a gambe aperte, penso. Quelli dove le donne, anche quelle che sbagliano vita tutta la vita, non hanno paura di essere guardate per quello che sono davvero. Rebecca Frasson il nordest oltre la crisi www.stileliberoweb.it anno III n. 1 gennaio 2011 Zona immonda e rossetto, e imparammo l'essere femmina L'UOMO NUOVO In un paese che arranca senza sussulti, in cui tutti tirano a campare pur di non tirare le cuoia, noi urliamo dal pulpito: "Svolta!". E sarà pure una svolta che avrà un senso: archivieremo il '900. Noi, di SL, un circolo di pidocchiosi, allevati a Nordest e operosità e poche ciàcoe. Del resto, se volessimo guardare i numeri precedenti, che altro sono stati se non un inesorabile e cinico e allegro e cazzone ed erotico funerale al vecchio mondo? Un requiem denso di rutti e poesia, di scoregl gie e visioni. Questo si meritava il '900, ed il Veneto del '900 in modo particolare: la celebrazione di una grande epopea, lo scherno di migliaia di contraddizioni. Nel '900 ci siamo nati, al '900 siamo sopravvissuti. Tante grazie. Ma ora siamo al 2011. Da qui, cercheremo di costruil re l con il rasoio dell'ironia e la leggerezl za dell'autoironia l il nostro beneamato Mondodue. Sarà un anno "politico". A modo nostro, da avanguardia frizzante di prosecco e calore. Partiamo dalla parola "formazione". La scuola. Il sapere. Come ci formiamo, per l chè ci formiamo, verso quale lavoro? Dil venta urgente un nuovo modello di scuola per il mondodueluomodue? Verso quale lavoro e per quale modello di sviluppo? La scuola arranca, nulla è più "matel matico". Ci si lamenta, scuola tagliata e controtagliata. Sembra un destino cinico, inevitabile. Ma ora basta, basta subire. Diamo un "senso" intenso ed ambizioso alla nostra ribellione. Non ci accontenl tiamo di difendere, di contrattare mezzo punticino percentuale di risorse in più. No. Perchè è l'idea di "scuola" che è fil nita a pezzi. E per rilanciare, per donare un nuovo "principio" alla Scuola abbiamo una sola strada: nutrirla di un nuovo prol getto. E tanto per essere ambiziosi, perl chè non fare della Scuola la palestra del "nuovo umanesimo globale"? Un nuovo umanesimo che andrà a spazzare il local lismo, il modello dell' “uomo locale”, che oggi teme la globalizzazione, e si chiude, alza muri, asserragliato dentro il bunker. Ed ha ragione, l' “uomo locale” ha ral gione ad avere paura, perchè è davvero insicuro al di là dei dati sulla criminalità e di quante telecamere ne sorvegliano lo scaccolìo. È insicura l'antropologia dell' “uomo locale” perchè vive, viviamo tutti, a prescindere dalle convizioni politiche, dentro un' “insicurezza” diffusa e genel ralizzata. È l'insicurezza di un cambial mento enorme, è l'insicurezza della crisi, della globalizzazione, della paura di una povertà di ritorno. Diamo un verso, una direzione, una fronl tiera. L'uomo nuovo nel mondo globale. L'uomo di nuovi saperi, di nuova sostel nibilità, di nuovo rapporto con la Natura, di nuova felicità. L'uomo nuovo, l'uomo della Rete, in grado di giocare una partita con gli altri uomini per gli uomini. Delirio del mito fondativo? Follia di rigenel razione fraterna? Certo. Ma nel tempo della morte di Dio e di ogni benldilDio, che altro dovremmo fare? Suvvia, sarà divertente ril creare un Mondo. Partendo dallo Zero di una lavagna. Sebastiano Rizzardi L'Uomo Tigre (sigla) l Riccardo Zara Foto e concept: Alberto Scapin Portami al cinema l Non voglio che Clara MONDO DUE cc

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StileLibero * il nordest oltre la crisi 01/2011 - MATEMATICO

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Mina, la radio è rimasta accesa dall'ultimo dell'anno. In casa, posaceneri pieni e bottiglie vuote. Avanzi di cibo, tazzine sporche. Una giacca, in enltrata, dimenticata da quello che alla festa non conosceva nessuno.Mina, la radio continua a suonare il pezzo che piace a te, che a quindici anni, chiodo ed anfibi al Punkarrè, me l'hai fatta ascoltare per telefono, che io stavo a casa in punizione. “Farò l'avvocato, non il disperato, ma

in un'altra vita”, cantavamo a squarlciagola, da un capo all'altro del telelfono, bambine timide di un nordest incomunicabile.E poi, nove anni dopo, quando siamo diventate dottoresse in giurisprudenlza, abbiamo perso la voce. E ci siamo chieste, giovani praticanti in uno stuldio legale, in mezzo a codici e a praltiche, dove avremmo dovuto lasciare il tempo di scrivere, i biglietti di Tonldelli, le città da guardare da un trel

no. Se Cesare avrebbe potuto fumare la pipa nel nostro ufficio, nell'ora di ripetizione per riparare l'esame del mestiere di vivere. Ci siamo chieste se avremmo mai dovuto dichiarare al nostro dominus che dell'essere femlmine abbiamo imparato da un film della Breillat, nella scena in cui lui delimita con un rossetto la zona imlmonda che ci rende bestie e madri. O che siamo rimaste interrotte per colpa di un amore, che ha incendiato tutte

le nostre vite felici possibili e tutte le balere e i letti dove finire a divertirsi solo un poco, e le bocche degli uomilni qualunque in cui nuotare in baci in odor di cloro. Mina, la radio è rimasta accesa dall'ulltimo giorno dell'anno. Ci diciamo semlpre di aver sbagliato vita, tutta la vita. Ma stanotte, nel dormiveglia alcolico, disfatto, mi guardi con dolcezza e talsti le ossa del bacino come la strega di Hansel e Gretel. Ma senza fame, o

voglia di me.Sembri uscita da un quadro di Schielle, mi dici.Quelli dove le donne non hanno vergolgna di restare a gambe aperte, penso. Quelli dove le donne, anche quelle che sbagliano vita tutta la vita, non hanno paura di essere guardate per quello che sono davvero.

Rebecca Frasson

il nordest oltre la crisiwww.stileliberoweb.itanno III n. 1 gennaio 2011

Zona immonda e rossetto, e imparammo l'essere femmina

L'UOMONUOVO

In un paese che arranca senza sussulti, in cui tutti tirano a campare pur di non tirare le cuoia, noi urliamo dal pulpito: "Svolta!". E sarà pure una svolta che avrà un senso: archivieremo il '900. Noi, di SL, un circolo di pidocchiosi, allevati a Nordest e operosità e poche ciàcoe. Del resto, se volessimo guardare i numeri precedenti, che altro sono stati se non un inesorabile e cinico e allegro e cazzone ed erotico funerale al vecchio mondo? Un requiem denso di rutti e poesia, di scoreglgie e visioni. Questo si meritava il '900, ed il Veneto del '900 in modo particolare: la celebrazione di una grande epopea, lo scherno di migliaia di contraddizioni. Nel '900 ci siamo nati, al '900 siamo sopravvissuti. Tante grazie. Ma ora siamo al 2011. Da qui, cercheremo di costruilre l con il rasoio dell'ironia e la leggerezlza dell'autoironia l il nostro beneamato Mondodue. Sarà un anno "politico". A modo nostro, da avanguardia frizzante di prosecco e calore. Partiamo dalla parola "formazione". La scuola. Il sapere. Come ci formiamo, perlchè ci formiamo, verso quale lavoro? Dilventa urgente un nuovo modello di scuola per il mondodueluomodue? Verso quale lavoro e per quale modello di sviluppo?La scuola arranca, nulla è più "matelmatico". Ci si lamenta, scuola tagliata e controtagliata. Sembra un destino cinico, inevitabile. Ma ora basta, basta subire. Diamo un "senso" intenso ed ambizioso alla nostra ribellione. Non ci accontenltiamo di difendere, di contrattare mezzo punticino percentuale di risorse in più. No. Perchè è l'idea di "scuola" che è filnita a pezzi. E per rilanciare, per donare un nuovo "principio" alla Scuola abbiamo una sola strada: nutrirla di un nuovo prolgetto. E tanto per essere ambiziosi, perlchè non fare della Scuola la palestra del "nuovo umanesimo globale"? Un nuovo umanesimo che andrà a spazzare il locallismo, il modello dell' “uomo locale”, che oggi teme la globalizzazione, e si chiude, alza muri, asserragliato dentro il bunker. Ed ha ragione, l' “uomo locale” ha ralgione ad avere paura, perchè è davvero insicuro al di là dei dati sulla criminalità e di quante telecamere ne sorvegliano lo scaccolìo. È insicura l'antropologia dell' “uomo locale” perchè vive, viviamo tutti, a prescindere dalle convizioni politiche, dentro un' “insicurezza” diffusa e genelralizzata. È l'insicurezza di un cambialmento enorme, è l'insicurezza della crisi, della globalizzazione, della paura di una povertà di ritorno.Diamo un verso, una direzione, una fronltiera. L'uomo nuovo nel mondo globale. L'uomo di nuovi saperi, di nuova sostelnibilità, di nuovo rapporto con la Natura, di nuova felicità. L'uomo nuovo, l'uomo della Rete, in grado di giocare una partita con gli altri uomini per gli uomini.Delirio del mito fondativo? Follia di rigenelrazione fraterna? Certo. Ma nel tempo della morte di Dio e di ogni benldilDio, che altro dovremmo fare? Suvvia, sarà divertente rilcreare un Mondo. Partendo dallo Zero di una lavagna.

Sebastiano Rizzardi

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TI CONCEDIAMO DI SCOPARE, MA NON DI ESSERE LIBERO

Direttore: Silvia BergaminEditing: Stilelibero TeamStampa: Graphico l Cittadella (PD)Contatti: [email protected]

Distribuito a mano

Mensile che tenta una nuova narra-zione da Nordest.In copertina. Foto: Alberto Scapin.Concept: Alberto Scapin. Foto interne: Davide Pellegrin, Giovan-ni Parolin, Anna Trento.Colonne sonore: Vittorio Mazzonetto, Francesco Parisotto.

Non so se ce la faccio e dico il vero. Sono irrimediabilmente compromesso col secolo scorlso, compromesso in pensieri, parole, opere, ammissioni. Per mia colpa, mia grandissima colpa sono ancora impossibililtato a condividere anche una semplice emozione su questo trapasso figurato al “nuovo”, perché non lo voglio questo secolo così come ce lo stanno vendendo. O così come ce lo stiamo comprando. Luogo comune anche questa mia eterodossia e così mi tollgo i calzini, mi gratto il segno lasciato dall’elastico degli stessi giusto sotto il ginocchio e con faccia da punto interrolgativo guardo fuori dalla porta di casa. Per sicurezza stappo una ceres che non si sa mai. “Radunarsi” diceva qualcuno del secolo scorso: parola belnedetta, sottende uno stato spirituale che il nuovo secolo rigetta. Seguo le volte di uno stormo di piccioni, li fotografo a bassa quota mentre sfiorano le macchine parcheggiate qui davanti, a passaggio ultimato registro una cagata collettiva sopra il cofano della mia jeep ma non mi incazzo; impavido getto lo sguardo oltre la sielpe ed intercetto il figlio del vicino, un bubba di un metro d’altezza per 60 kg di briolsche. Sfreccia in bici con dito medio spiegato a 3 metri dalla mia postazione. In principio mi guardo alle spalle e da far mio sono pronto alla battaglia ma dal lato opposto della stralda gli si fa incontro la madre fanculizzata… due indizi fanno una prova e a quanto sembra oggi non è giornata da poesie. Torno a volare basso ma non meno dei

Cà Onorai, mezzanotte meno un quarto. Dietro la porta di servilzio, a fianco delle toilettes in un magazzino di materiale elettrico, si sta armamentando. Sembra un normale capannone. E invece no. Sotto, un caveaux adibito ad espelrimenti governativi. I proprietari del capannone ovviamente non sanno nulla. Non si sono nemlmeno accorti di nulla: talmente affaccendati a comprare la roba, mettere a posto la roba e vendere la roba entro la fine dell’anno, non vedono niente. Secondo le buone usanze. In giro per le case inizia la pittorelsca prassi del conto alla rovescia per l’anno nuovo. Tutti felici, tutti pieni. Si fanno posto per il proseclco; c’è sempre posto per un bianlco. È il momento dell’augurio colllettivo, sonante, fragoroso. Suvvia,

almeno una volta l’anno facciamolci gli auguri senza pensarci troppo. Pensarci poi. Troppa fatica.Nel caveaux, tre menti della scienlza stanno per cambiare la storia. Un mese esatto prima infatti, il consilglio dei ministri aveva deliberato in gran segreto di voler procedere con un esperimento pericolosissilmo: creare l’oltreuomo. Un specie nuova, più avanzata di uomo: l’uolmo del terzo millennio. “Consentiltemi” disse il Presidente, ritto in piedi e petto in fuori, ai sottoposti: “Onorevoli colleghi l’uomo d’oggi non va. Non è competitivo. Lavora poco, esporta meno. Troppo tempo libero! Di questo passo le nazioni emergenti ci sommergeranno siculramente. Inoltre troppa informaziolne! Così perde un sacco di tempo a rivendicare diritti, di cosa poi?! No no, l’oltreuomo dovrà vedere e

leggere solo rotocalchi e spettacollo, che lo mettono calmo. E poi, quanti problemi con la giustizia. C’è troppa giustizia! L’oltreuomo avrà la giustizia inserita di serie: se vuole fare una cosa, scatterà in automatico la giustizia. Fa ciò che vuole fare, e ciò che fa è automatilcamente giusto. Ma che bella idea ho avuto? E poi, quanta scuola! A che serve? Socrate, Aristotele, Leolpardi. La poesia? Puah! Ghe pensi mi! Avranno solo due materie: eulrologia, così imparano che cosa fa girare il mondo; e scopatologia, che è meglio insegnargli da piccoli. Sì, è vero, questa è un mio pallino, ma tonificherà bene l’oltreuomo, veldrete. Etica? Perché perdere temlpo ad insegnare senso civico... Con l’etica non si lottizza. No no, valà, l’oltreuomo non avrà più incorpolrato l’etica. Sarà almorale. Sì, sì:

eccolo l’oltreuomo. Sì, sì..!!”. I tre scienziati avevano ricevuto una missiva sigillata, contenente il dilscorso del presidente. L’oltreuomo doveva essere pronto allo scoccare del nuovo anno, altrimenti il minilstro dell’economia avrebbe tagliato i fondi. Il luogo dell’esperimento, un insospettabile paesino di prolvincia nel profondo nord.La Cornelia, un’anziana sensitilva molto conosciuta a Cà Onorai, era tutta agitata quell’ultima notte d’anno. Non riuscendo a prendere sonno, si alzò e andando alla finelstra scostò la tenda. E gli sembrò di vedere, tra i botti dei petardi, lo spettro di Friedrich Nietzsche, con una falce in mano, scomparire dentro il capannone davanti casa.

Luigi Villanova

People are strange l Doors

Cahiers l Paul Valery

COMBATTERE QUANDO SERVE E SOLO CONTRO I PIÙ FORTIHo già vissuto la fine di un selcolo. Nelle parole e nei gesti di mio nonno, classe 1892. Nelle sue parole misurate, nei suoi gelsti d’altri tempi (altri per il ‘900). Ho già vissuto il secolo breve, nelle mani e nella vita che mi ha consegnato mio padre, cha ha attraversato il secolo breve senza vederne la fine ed ha conltribuito con i suoi calli e il suo mal di schiena, al boom econolmico, al PIL, al benessere e alle bolle speculative. Ho già vissuto la morte delle ideologie, sepollte sotto i frantumi sovietici del muro di Berlino, e la conseguenlte euforia per un democratico sol dell’avvenire, tramutatosi presto da democratico a drammatico. Ho sbattuto il grugno definitivalmente contro la rinuncia ai diritti fondamentali di noi ventenni delgli anni ’90, barattati da noi steslsi con inconsapevole familismo amorale per una flessibilità facile da accettare, ma assai difficile da dimenticare. Ho clamorosamenlte assistito alla messa al bando dei sogni ed alla creazione della paura e dell’incertezza, abbraclciate con macabro calore dalle generazioni dopo la mia. Da solo abbraccio due secoli ormai. Ho completato anni di studi e letto centinaia di libri. Ho collezionato

Nuovo secolo? Per sicurezza mistappo una ceres

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esami universitari e tesi di laurea. Ma nulla può rimpiazzare i gesti e il tempo passato con chi mi ha insegnato a non avere paura.Che la formazione del nuovo milllennio sia trasformazione. Che il sapere tecnico diventi consapelvolezza umana ed umanistica. Che l’egemonia culturale antilsolidale, demagogica e terrorista si sveli per ciò che è veramente, e cioè un misero espediente del potere decaduto per rimanelre avvinghiato alle caviglie del

mondo. E la paura, il terrore e l’incertezza inconsciamente aslsimilate e scientemente iniettate nelle menti e nelle vite dei ralgazzi del tremila vengano spazlzate vie da splendide, terrene ed irrealizzabili utopie. Perché vivere con paura vuol dire non agire, mentre credere alle utopie irrealizzabili aiuta a camminare avanti e a non tornare indietro.Formazione significa armarsi dell’arma più micidiale, pacifica ed invincibile: la conoscenza.

Essere consapevoli del proprio percorso e della propria storia silgnifica essere immuni alle perioldiche narcolessie della ragione, ed agli inganni di chi non vuole cedere il passo a chi se lo merita.Credere in se stessi. Disobbedire sempre.Combattere solo quando serve, ma solo contro quelli più forti di noi.

Davide Boldrin

Bad Religion – 21st century digital boy

Giov

anni

Par

olin

cc

Davi

de P

elle

grin

cc

piccioni cacaioli di cui sopra:ieri a 35 anni mi sono iscritto a faccialibro. Dopo 500.000.000 di pirla mi sono detto che dovevo esserlci anch’io. Le ammucchiate mi sono sempre piaciute, la seduzione delle maggioranze, fanculo la privacy sputtanata e che non potrò più cancelllare il mio profilo a meno che non mi metta ad incitare nalzifascismi o qualche crimine contro l’umanità. Vuoi mettere il gusto di dire a tutti che mulsica mi piace, scassare mezzo mondo con il mio ultimo libro preferito, condividere il video –sicuramente rarissimo prima dell’avvento del digitalel di un’intero atto teatrale sulla Transnitria? Ma sopra a tutto è finalmenlte diventato realtà quello che fino a due anni fa era il sogno che mi faceva eiaculare inconlsapevolmente la notte e che la mutandina peccaminosa mi ricordava tutto il giorno: ritrovare i compagni della 1B.Bestemmio contro dei cani, mi volgo al volgo e salvo le aplparenze.

The rocknroller

Giov

anni

Par

olin

cc

Venerdì 4 marzo, reading di STILELIBERO all'ex chiesa delle Granze di Camin. Grazie a Teatrocontinuo per l'opportunità.

IRREPARABILI 2011Rassegna di Teatro, Musi-ca e DanzaTeatro Sanclemente, via Messico 304 Granze di Camin (Z. I. Padova)Teatrocontinuo in collabo-razione con Abracalam

Quarta edizione della ras-segna teatrale organizzata da Teatrocontinuo in colla-borazione con Abracalam nella prestigiosa cornice di Sanclemente ex chiesa delle Granze di Camin, un edificio storico del 1100.

Sabato 5 febbraio ore 21HANNAH omaggio ad Hanlnah Arendt di e con Cristina Minoja (Abracalam, PD)Il violino di Joseph memol

rie musicali dalla Shoah.

Domenica 6 Febbraio ore 17 Shiv-Shakti spettacolo di danza tradizionale indialna stile Kathak con Arjun Mishra (Guru Kathak), Rolsella Fanelli e Anuj Mishra (Danzatori Kathak), Vikas Mishra (Tabla)

Sabato 12 febbraio ore 21Giganti- viaggio in utopia di Teatrocontinuo (PD) e

Tarantàs (TN)Palazzo Ducale - Itinerari simbolici nel palazzo dei Dogi presentazione del lilbro di Federico Moro (VE)

Sabato 19 febbraio ore 21La Morte di Ettore Lettulra scenica del canto XXII dell’Iliade traduzione in prosa di Maria Grazia Ciani con Guido Rigatti e il gruplpo Aria l ensemble di voci femminili e violoncelli.

Sabato 26 febbraio ore 21ManiKorf Tv - "Perché non possiamo una volta fermarci ad applaudire un albero in fiore?" (Pinuccio Sciola). Operetta contemlporanea a cura di KORF (Sp) con Elena Colucci, Tingis, ManUel Bozzo.

Venerdì 4 marzo ore 21Reading di STILELIBERO: parole, musica, testi. Info: www.stileliberoweb.it

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stabile, di particolare, in fonldo siete così nobili in ragione, infiniti in capacità e simili ad angeli nell’agire, a me nell’inltendere: così direbbe un Dio. E anche se siete tutti molto silmili nelle fattezze avete un marlchio invisibile e personalizzato non contraffatto, è l’unica cosa griffata che ogni uomo possielde, è un intreccio perfetto che neppure la raffinata Chanel avrebbe saputo creare.È ciò che siete. Potenziali artilsti nel gioco chiamato vita.Il primo goal però va alla natulra: il respiro e il battito cardiaco sono involontari e automatici e la sopravvivenza la dobbiamo a qualcun altro, ma poi la palla ci viene sbattuta in faccia più o meno pesantemente, dipende dal karma, dicono.Vediamo cosa sapete fare adesl

so, vediamo se sapete essere creatori che permeano sé steslsi nella propria Grande Opera. Una volta chiamavano Alchimia questa scultura.E’ un percorso che ha del malgico: così semplice da non penlsarci. Infatti non ci pensiamo. Ci lasciamo passivamente amlmaestrare da tutto ciò che ci circonda e viviamo e moriamo con la forma cubica di un marlmo non scolpito. Ci appoggiamo uno sopra l’altro indistintamente, masso contro masso a costruire un circuito esterno fatto di ruoli sociali e condizionamenti.Forse è quando il nulla si malschera da uomo che l’uomo falllisce.

Rossella Menegatti Oro

Adorava correre. Sentiva l’adrenalina crescerle denltro ogni volta che premeva su quel pedale. Non era una spericolata, si sarebbe perlsa lo spettacolo se si fosse improvvisata una fast and furious. E poi non aveva tutta questa fretta. Non le mancava il tempo. La meta era lontana, ma guai a non godersi il viaggio. Era avida. Avida di sapere, di conoscelre, di diventare, di essere. Ed era curiosa. Curiosa di arrivare, di capire, di scolprire che cosa la stesse aspettando al di là di quel viaggio. Frena di colpo. Non riconosce quello che vede. Il suo orientamento cominlcia a vacillare. Eppure ne era sicura. Eppure, aveva ascoltato le indicazioni suglgeritele.Viene presentata come una tuttologa, si adagia comoldamente su una poltroncina candida, in uno studio pielno di fiori, di colori e profulmi, di gente che applaude seguendo il ritmo del greglge. È lì seduta, dinanzi a lei

una popperosa giornalista/conduttrice con la quale si diletta a discutere di nienltologia. Non era esattamenlte questa la sua meta, né questa la ragione del suo viaggio. Osa protestare, si permette di chiedere spielgazioni. Sorridendo, quallcuno le risponde: “Ma tu, cosa credevi di fare?”. Rilmane per qualche secondo a bocca aperta, ripercorre mentalmente il viaggio a ritroso e si domanda quale passaggio le sia sfuggito, quale suggerimento non ablbia ascoltato, quale indicalzione non abbia letto con la dovuta attenzione. L’entulsiasmo era stato il suo Virlgilio e lei una Dante un tanltino ingenua. Si libera dalle grinfie della poltroncina, si congeda cortesemente dallla popperosa giornalista/conduttrice, corre verso la macchina... che sollievo... c’è ancora un bel po’ di benzina.

Francesca Grego

La scuola del nuovo mondo non ‘arma’ i giovani contro un futulro pericoloso, perché le passioni tristi sono una costruzione, non il reale stesso. La scuola del nuovo mondo non chiede ai suoi stuldenti di essere ‘forti’ o ‘deboli’, ma accetta e accoglie le fragilità della vita nel riconoscimento dell

la molteplicità della persona. Alla ricerca della gioia di sè. La scuolla del nuovo mondo non risponde alla sua crisi con la stessa suglgestione del Mercato. Una scuola così, sarà più colorata. Bella.

Paolo Tognon

Formare, cioè dare forma. Diventare come un creatore che plasma ciò che ha a dispolsizione, generando qualcosa da qualcos’altro. Inventare opere d’arte armoniose, espressive, forse utili o magari uniche, come l’uomo. Comunque, tral

sformare.In principio ci viene assegnalto un corpo nudo, piccolo e scivoloso, quasi invertebrato, non autosufficiente, che strilla, vuole essere nutrito e produce incessantemente scorie.Sviluppatevi in qualcosa di più

Si sa che il comandamento centrale del cristianesimo è l’amore. La formula tramandata è “ama il prossimo tuo come te stesso”. Chi ha fatto catechilsmo da piccolo ce l’ha scolpilta nella memoria, chi non l’ha fatto ne subisce sicuramente un minimo di suggestione. Già molti teologi e scrittori si sono soffermati sul soppesarne detltagliatamente tutte le implilcazioni per l’etica personale, mettendo la giusta attenzione anche sulla parte che comanda l’amore per se stessi. Perché rilproporre questo comandamento ora, così, sulle righe di Stilelilbero? Perché pare essercene un gran bisogno, a partire da me stesso. Pare poter davvero colstituire di nuovo il fondamento di una nuova (antica) morale. Se non amo me stesso, nel senlso profondo di ciò che significa questo amore, non riuscirò mai a essere morale. Perché se la

mia morale non è ispirata da un criterio di esperienza, la quale mi ha fatto certo che solo con l’amore io posso sanare difetti, vizi, mancanze, azioni dolose, sentimenti distruttivi e consulmatori, io non riuscirò mai a inlformare il mio agire dello spirito della libertà e della tolleranza. L’amore viene prima della colnoscenza. E’ evidente che io faticherò ad amare quello che non conosco ma se non c’è una base in me, per così dire già una propensione, non muoverò mai un passo nella direzione della conoscenza, perché impelgnarsi nella conoscenza (di un sapere, di una materia, di una persona…), sopportarne la fatilca e lo sforzo, significa essere già disposti ad amarla. L’amore poi viene prima del perdono. Non riesco a perdonare le offelse, a sopportare le limitazioni al mio volere causate da altri, le carenze altrui se non ho una

base disposta all’amore. L’amore viene prima della colstrizione: non posso accettare di limitare la libertà altrui oplpure non posso evitare che si trasformi in angheria, in torltura, in sadismo, se il divieto, l’obbligo che impongo non è ispirato dall’amore. Tutto questo per dire che è inultile pensare a grandi architettulre politiche e istituzionali, legilslative e sociali se l’individuo, la persona, io per primo non abbiamo costruito le basi, la solida roccia su cui tutto quelsto può attecchire. E la base è l’amore. Non si tratta di un imperativo hippy a un vago senlso di ebetudine permissiva, sia chiaro. Si tratta di un impegno da giganti, da condottieri pronti a sfoderare la spada e guardare in faccia il diavolo, è un’etica da guerrieri seri e profondi, armati per affrontare la sfida più grande. Al di là della fonte

della citazione, si tratta di una proposta assolutamente laica, come può esserlo qualsiasi cosa che fa appello all’essere uomo nella sua originarietà, che chiami l’uomo a essere profondamente consapevole di ciò che è, senza chiedergli di credere a favole, miti, o dedulzioni logiche. L’amore però non si muoverà mai se prima io non l’ho diretto verso me stesso e non gli ho presentato l’oggetlto su cui dirigersi. L’oggetto o, per meglio dire, il soggetto. Ma intero, senza nascondergli dei pezzi. Se non riesco ad amarmi veramente per quello che provo, per quello che sono, per quello che ho fatto e non ho fatto, ogni sogno democratico e liberale sarà ispirato al risentimento e alla proiezione del male nell’avlversario.

Enrico Scapin

CHE PALLE LA MERITOCRAZIA BLABLABLA DARE "SENSO" AL SAPERE:LA FORMAZIONE NELL'ERA 2.0

L'amore viene prima della conoscenza

L'avvento del World Wide Web, cioè l'insieme di inlformazioni che viaggia sulla rete Internet, ha cambiato profondamente le modalità di produzione e distribuziolne dei saperi; di conseguenlza, il modello formativo tradizionale che organizza l'esperienza scolastica (in soldoni) come travaso di conoscenza da docente a studente non funziona più. Fine. Stop.Se col mio smartphone posso fotografare un testo in greco o una espressione algebrica o un quadro e ricevere, in pochi secondi, la traduzione, il rilsultato o vita–morte–miracoli dell'autore, del movimento artistico di cui ha fatto parte, del mondo in cui è vissuto, è molto difficile che poi io impieghi volentieri energie mentali e tempo per acquilsire le stesse informazioni durante lunghe mattinate invernali su banchi scomodi o tramite impegnative sedute pomeridiane su testi volumilnosi. Dunque che si fa? Bisogna cambiare. C'è un modo stulpido e inutile di cambiare il sistema formativo, che pegl

giora, se possibile, quello esistente, è quello delle “tre I”: se la “vecchia conoscenlza” non serve più a nulla, sostituiamola con la “nuova conoscenza” e tutto andrà a posto. Sbagliato, cazzo. E' come cambiare le lampadine se si è bruciato l'impianto elettrico. Butti via roba che funziona e non risolvi il prolblema.Il punto nodale è il rapporlto tra essere umano e colnoscenza, che non può prelscindere dal contesto in cui l'essere umano vive. Se la conoscenza è estremamente disponibile, tutti gli sforzi del sistema formativo devono essere concentrati a lavorare intorno alla conoscenza, più che su di essa, a strutturarne l'accesso, a motivarlo. In brelve, il sistema formativo deve lavorare sul senso del padrolneggiare i saperi, assistendo chi sta imparando nell'immalginare, concepire quel futuro migliore che è l'unico vero fine della formazione. Sarebbe una rivoluzione, per questo nessuno lo fa.

The Lover

There is a light that never goes out l The Smiths

IN PRINCIPIO ERA UN CORPO NUDO

Also Sprach Zarathustra l Richard Strauss

Anna

Tre

nto

Life in Technicolor l Coldplay

STILELIBERO – nonostante escort e pompini – cambia pelrimetro di gioco e nasconde la palla. Ci chiede di riflettere su scuola e formazione. Sfacciati come sempre, dopo un respiro profondo, fondiamo la scuola del mondo nuovo. Oltre le rivendicalzione sindacali. Oltre i diritti perlduti. Oltre le sacrosante proteste contro i tagli. Per ricostruire da zero, bisogna distruggere gli ultilmi miti rimasti. Se no che ‘svollta’ sarebbe? Le indagini Ocse si presentano come un testo sacro del dibattito sull’ultima illusione di qualità e ricchezza: la meritolcrazia. Eppure. Senza il ‘contrilbuto’ delle scuole private l’Italia scalerebbe di almeno dieci posilzioni le classifiche. Quelle stesse scuole – alla faccia della meriltocrazia blablabla l ogni anno ricevono piogge di soldi. L’Ocse – per sua natura – non ha nullla a che fare con nessun tipo di finalità pedagogica. Quindi? Lo

diceva già Calamandrei: la scuolla è un vero e proprio organo colstituzionale, è il luogo nel quale si produce il sangue in quell’orlganismo che è la società. Si, il sangue. Nulla a che spartire con l’oggettività – ancora tutta da dilmostrare l delle classifiche interlnazionali. Come sarà la società del 2030? Questa la domanda per poter pensare la formazione nel futuro. Troppo ambiziosa la sfida? Forse. Ma è l’unica possilbile. Pochi l nemmeno professori molto capaci l si sono accorti del passaggio di un’orda che segna una mutazione antropologica, un passaggio d’epoca, uno straplpo che sconvolge paradigmi e sicurezze. Io – barbaro – dico: bene, da qui si ricomincia. La scuola deve rispondere alle conltemporanee domande di senso: la nuova individualità che si va affermando ha la forza per reglgere lo spazio di libertà e di sollitudine che le è stato concesso?

Tra poppe enientologia

Show me love l Robin SDream about me l Moby

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Davi

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elle

grin

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Page 4: MATEMATICO StileLibero 01/2011

“Maestro? Che vuol dire maelstro?” l aveva ringhiato il preside l “Ma lei lo sa, caro, mio che non ci sono più maestri? Noi abbiamo bisogno di esperti, non di maelstri!”La replica gli era apparsa in menl

te nitida e colorata.Come un disegno di Stan Lee.“Eh già. E abbiamo bisogno di puttane. Mica di amanti!”.

Stefano Bud Andrian

In capo a qualche mese si erano riuniti ed organizzalti, erano andati a parlare col preside. Che l'aveva chiamato per un rimbrotto bonario trasformatosi ben presto in un crescendo rossiniano. Concluso da quella domanda insulsa.Il ragazzo che insegnalva ci aveva pensato su qualche secondo e poi se n'era uscito con un “vorlrei essere solo un bravo maestro”. Una risposta semplice. Magari non d'effetto. Ma onesta.Una risposta che aveva suscitato un inaspettato scalpore.

“Ma lei, caro mio, cosa crede di eslsere venuto a fare?” L'unica risposta che gli veniva alle labbra era anche quella sicuramente sbagliata. La situazione si trascinava già da un po'. Non si erano mai presi, il giovane insegnante e il vecchio preside; una distanza intellettuale degna dei racconti di Asimov. E si che non gli pareva di fare nulla di strano, in realtà. Entrava in classe, faceva l'appello, spiegava, interrolgava. Aveva imparato il mestiere quand'era alunno, più che negli anni di SSIS o durante le supplenze randagie degli esordi.La prima volta che era entrato in classe era stato tentato di ripetere le gesta del professor Keating, ma l'aula sorda e grigia che si era trovalto davanti aveva raffreddato rapidalmente i suoi ardori. Aveva impostato il suo lavoro come un minatore del Klondike, invece: con pazienza e fatica. Fino al miracolo, al ritrovamento della vena d'oro.Era nato tutto da una domanda.

“Senti un po', Caliguri... Ma selcondo te... perché Colombo scopre l'America?”. Aveva avuto di ritorno una risposta quasi offesa: “Come perché? Che razza di domanda è? Senta... Mi chieda pure quando è partito da Portos, come si chiamava il cuoco della Santa Nina... ma che vuole che ne sappia io di perché un gelnoano del cazzo ha attraversato un oceano solo per scoprire di aver sbagliato strada!”. Questa epifania aveva aperto la stralda ad un gioco che li aveva coinvolti pian piano in discussioni infinite, nel tentativo di capire i motivi che avevano spinto Cesare a passare il Rubicone, o ad immaginare la paulra dei fanti tedeschi sul fronte della Somme.Durante i colloqui con i genitori cercava di spiegare che era inutile imparare cosa, se non si riusciva a capire perché. Ma niente. Quelli erano preoccupati dal fatto che i loro pargoli non sapevano rispondelre alle domande di Gerry Scotti.

CHI CHE NO GA TESTA, GA GAMBE

I MAESTRI SONO MORTI, RESTANO SOLO GLI ESPERTI. E ABBIAMO BISOGNO DI PUTTANE. MICA DI AMANTI.

Il diametrodel capezzolo

Va tutto bene. Perché, se anlche negli angoli più remoti gli specialisti dell’istruzione sminuzzano e condiscono con cura il sapere (e i giovalni, sempre meno composti, con ligio dovere, annuendo, se ne nutrono), l’Infinita Interpretazione rimane colmunque prerogativa delle piazze, della strada. Qui risiedono, infatti, le due più antiche possibilità del conoscere: l’errore – che avlviene sempre nel mondo – e l’incontro. Concediti, una volta tanto, all’affabile mallizia del fraintendimento, potresti ritrovarti fra le mani una fede inconsueta: con la miseria delle ceneri rimaste si può ancora dare forma ai propri sogni, stavolta senlza illusioni. Se poi la tua sensualità è più propensa al faccia a faccia che non alla masturbazione, prendi fiato – coraggio – ed apriti di fronte ad uno sconosciulto. Se noti nel suo sguardo un non so che di familialre, poggia tutto sul piatto dell’ipotetica bilancia che ti sta di fronte: magari sarà

Lo scorso giovedì 14 settembre 2034, Massimiliano, come ogni giorno, stava camminando. Tre ore, prescrizione medica. Nel polmeriggio avrebbe tenuto il discorso per l’inaugurazione dell’anno aclcademico della Libera Università della Prevenzione Cognitiva (UPC). Camminando nella mezzacampalgnamezzopaese, sul limitare della zona industriale, cercava di ricorldare una parola che da tre ore gli sfuggiva. Una parola che avrebbe dovuto usare nel suo discorso, nel pomeriggio. In qualità di presidenlte delle locale associazione anziani Anni Futuri gli capitava spesso di essere chiamato a pronunciare il discorso di avvio dell’anno. A vollte chiedeva a qualche personalità di intervenire, vecchie conoscenze degli anni fulminanti della sua carlriera politica giovanile. Trent’anlni fa era stato una delle giovani espressioni della nuova classe dirilgente, ariete di un movimento che aveva rivoluzionato la politica. Sanlgue vivo che scorreva. Battaglie sui fogli di giornale che, a quel tempo, ancora si leggevano nei bar. Tutti i giorni un comunicato stampa, una polemica, un nemico. Una ordinanlza per battaglie tanto inutili quanto piene di senso e consenso. Massilmiliano aveva praticato con somma perizia una delle sue più spiccate qualità di allora. Sicuro come chi sa di avere ragione e consenso avelva sviluppato l’arte del dileggio e della cattiveria verso gli avversalri politici. Era qualcosa di più di un generica polemica politica. Era la forza dei nuovi vincenti, di chi aveva subito per decenni l’onta di

un giudizio di minorità culturale, e che se ne era liberato, con fatica, sputando sangue e sentenze.Come quasi tutte le mattine da buon settantenne attento e rigorolso, stava passeggiando a passo non blando. Era una delle prescrizioni del suo medico neurocognitivo. Azioni di prevenzione alla degelnerazione cognitiva. Al corso oblbligatorio per gli over sessanta gli avevano fatto il programma delle sue attività personalizzate: solo chi documentava lo svolgimento delle attività era ammesso gratuitamenlte alle cure sanitarie in caso di bisogno. Il nuovo welfare sanitario europeo.Nel campo dei Programmi di Stilmolazione Cognitiva (PSC), le aslsociazioni del quarto settore (come era chiamato il settore che si oclcupava principalmente di attività di prevenzione) erano un pilastro fondamentale. Ricevevano colspicui finanziamenti pubblici per l’organizzazione e la gestione delle attività, secondo rigorosi protocolli del ministero della salute. Le veclchie Università della terza età nate cinquanta anni fa, negli anni ’90, per occupare il tempo vuoto dei pensionati e offrire scuola e culltura ad una generazione che forse non l’aveva potuta avere, si erano trasformate radicalmente. Una vollta infatti la partecipazione era vollontaria te se co gero zovane mi la vaca me ga magnà i libri, in staea al filò. Ora l’endemica e rapidissima diffusione delle malattie neurologilche senili di demenza degenerativa aveva trasformato molte cose. Era oramai dimostrato scientificamenl

te che insieme ai farmaci, i diversi training cognitivi, rappresentavano l’intervento migliore per rallentare i peggiori esiti di una condizione che colpiva oramai più del seslsanta per cento della popolazione sopra i sessantacinque anni. Come negli anni ‘60 e ‘70 del novecenlto le campagne di vaccinazione avevano combattuto le malattie infettive dei piccoli, ora i training cognitivi obbligatori combattevano il giungere delle demenze dei veclchi. Erano lontani ormai i tempi in cui il sistema sanitario nazionale era quasi esclusivamente centrato sugli interventi di cura e guarigiolne. Soprattutto dopo la grave crilsi degli anni ’20 era emersa una strutturale insufficienza delle risorlse pubbliche e buona parte degli interventi pubblici finanziati erano quelli di prevenzione. Per molte nuove malattie le cure erano costol

sissime o ancora oggetto di ricerca spinta. E dunque ne andava ridotlta l’incidenza e la durata facendolle insorgere il più tardi possibile. Il governo aveva appena pubblicato i dati: in cinque anni queste nuove strategie avevano fatto risparmiare un punto del PIL.Massimiliano come presidente e direttore della Anni Futuri coorldinava tutte le attività accademilche dell’UPC, conosceva bene la materia. Ma le conosceva anche direttamente, come utente delstinatario. Anche lui aveva nella sua scheda sanitaria registrata la frequenza ai programmi cogniltivi, comportamentalilmotori ed emotivolmotivazionali. E, come a tutti, anche lui aveva apprelso competenze dal sapore triste: quelle relative all’autodiagnosi. Come greci antichi che sapevano la potenza della tragedia e del suo

racconto, sapevano riconoscere i segni d’esordio e progressivi delle diverse malattie degenerative. Utilli all’attivazione delle attività più adeguate per rallentarle un po’. I giovani ricercatori di sociologia dilscutevano da tempo il destino di questa strana generazione: i nati nel post miracolo economico degli anni ’60 anni che avevano pretelso ed imparato ad essere persone, soggetti che cercavano la realizlzazione di sé e che avevano fatto diventare tutto ciò il mainstream di un’intera epoca. I diritti individualli, la differenza della condizione femminile, la liberazione sessuale praticata, i diritti dei soggetti aplpartenenti a minoranze. A quella generazione per prima era toccato in sorte, da vecchia, di coabitare con la condizione diffusa della prolgressiva perdita di sé, il non essere più padroni di se stessi, perdere memoria, desideri, conoscenze, qualità personali. Perdere tutto quello che avevano saputo essere. Dimenticarsi, cancellare, non delcifrare e riconoscere affetti, amori, figli, mogli, amanti, mariti, amici. Qualcuno al corso di dialetto imlparò una vecchia espressione me par de essere uno che ghe manca l’ultimo boio.Massimiliano pensava a tutto quelsto quella mattina nella sua lunga, consueta camminata obbligatoria. Infastidito nel non riuscire ricordalre quella parola. Ne aveva la prelcisa sensazione ma non riusciva a tirarla fuori. Poi nel pomeriggio davanti ai suoi soci, mentre pronunciava il discorso sul programma annuale

delle attività di Anni Futuri, leslse quel punto in cui spiegava la recente ordinanza dell’Agenzia Sanitaria Territoriale che vietava alle sagre di paese le carni grasse e tutti gli alimenti con indici di rischio altro. Alla parola ordinan-za ebbe una inaspettata reazione emotiva, come un misto di memolria dolente e spossatezza. Interlruppe il suo discorso quasi scoslso. Pochi secondi. Tutti i presenti conoscevamo i tempi di reazione e di recupero di questi eventi. Poltenza dei training. A Massimilialno scese una lacrima, un prurito quasi fastidioso tra i ricami delle sue rughe. Erano anche per lui i primi sintomi della fase due. Ecco la parola che aveva cercato inutillmente tutta la mattina nella sua mente: ordinanza.Alla fine della cerimonia Mohalmed, il giovane e bravo neuroplsicologo cognitivo che l'Agenzia Sanitaria Territoriale aveva affidato all’associazione avvicinò Massilmiliano. Entrambi sapevano bene che quegli eventi devono al più presto essere rielaborati per tenelre allenate le tracce neuronali. Dai dimmi le tue risonanze cognitive di quello che è successo disse il dottor Mohamed. Assa stare Mo-hamed, ze difisie spiegarte, no te geri ancora nato ti rispose Massilmiliano con un dialetto lontano. Poi, mesto Meglio che vada a fare altre due ore di camminata, te se come che a ze, chi che no ga testa, ga gambe.

Gualtiero Rossi

CHI MANGIA LA VERA MERDA?

Tutti questi merdosi spocchiosetti di STILELIBERO, e tutte queste ragazzine pretestuose letterate, posso-no smenarmela con le loro sofisticate narrazioni, le loro fughe in avanti e le loro ansie di rivoluzione, ma

devono capire una cosa, e che cazzo! Che possia-mo avere le migliori idee, ma alla scuola dei miei porchi bambini non c'hanno la carta per fare le fotocopie, neppure per pulirsi il culo, e le mae-stre mandano a casa avvisi in Times New Roman 8, 6 avvisi per ogni foglio A4 tagliati a strisce; che l'aula di informatica c'ha 6 computer, e ne dovrebbe avere 15, e la stampante non funziona. E poi: quando un insegnante è ammalato, non si chiama un supplente, si tappano i buchi, tutti in atrio, 100 persone in atrio; e ci sono supplenti che avanzano lo stipendio di novembre e dicem-

bre, e non sanno che santi invocare, e il Preside si dispera "fatemi causa", poi inizia la trafila, e prima i sindacati confederali, e poi i Cobas, e poi chissà che qualcosa succeda. Ragazzi, io c'ho a cuore 'ste maestre, sono loro che si ciucciano la puzza di questo tempo, magari qualcuna sarebbe meglio cambiasse mestiere, ma la gran maggioranza si fa un culo tanto, abbassa la cresta, porta pazienza, confida in tempi e stipendi migliori. Che volete che vi dica: basta piangere, basta subire genitori cretini e protettivi, basta essere presi per la gola, ribellatevi! Meritate di meglio!

Le guerre del “porsèo” Libero

About a girl l Nirvana

Zero l Smashing Pumpkins

Brass in Pocket l The PretendersI. Némirovsky, “Due”, Adelphi

domani, ma di sicuro, per vie traverse, qualcosa torlnerà. Non sei ancora conltento, è “la persona giulsta”? Affidati alla bontà del caso: ti consilglio di portare

sempre un mazzo di carte nella borsa. Azzarda. Una “cavacamisa” o la giochi adesso o mai più. Potresti perdere, e allora rimarresti nella pace tranquilla dellla tua nullità, come invece potresti spuntarla oltre ogni più rosea aspettativa. In un vicolo buio, meglio in una camera a nolo in fretta e fulria, uomo o donna, le bocche a pochi centimetri: “Che si fa?”. Domanda sciocca, se è andata bene sarà il più vivo tra tutti gli scambi: non ti preoccupare, lasciati alle spalle le ideologie e impara anche a tradire, che l’amicilzia sorride davanti alla paslsione. Non chiedere nulla di più, goditi il momento e se ti è parso intenso lascia un contatto.Dormici sopra.Se è anche un tuo vizio, quando accendi una silgaretta ricorda che ha il diametro di un capezzolo e che quelle ceneri sono le tue.

Christian Manuel Zanon

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