secondo quaderno: gennaio 2009

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Quaderni della Scuola elementare di scrittura emiliana secondo quaderno gennaio 2009

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Sono qui raccolti alcuni degli esercizi che sono usciti dalla Scuola elementare di scrittura emiliana che si è tenuta a Bologna, alla libreria MODO infoshop Interno 4, tra il mese di settembre e il mese di dicembre dell'anno 2008.

Transcript of secondo quaderno: gennaio 2009

Quadernidella Scuola elementare

di scrittura emiliana

secondo quadernogennaio 2009

Sono qui raccolti alcuni degli esercizi che sono usciti cjalhi Scuola elementare ili scrittu-ra emiliana che si è tenuta a Bologna, alla libreria MODO infbshop lu te i no -1, tra il mesedi settembre e il mese di dicembre dell'anno 2008. Questo secondo quaderno succedea un primo quaderno uscito nel 2007 a cura dell'Arci di Reggio Umili», associamone pressola quale si sono tenuti, nel 2006, i primi corsi della Scuola elementare di .scrimini emil iana.

Scrivete quello che succedefiiori dalla vostra finestra

alle ore 15di giovedì 2 ottobre 2008.

Suona l'allarme dell'agenda elettronica; controllo e vedo lampeggiare un memo che miricorda il compito della Scuola di scrittura.

Subito alzo la testa per guardare fuori.Dico fuori perché mi trovo all'interno della cabina di pilotaggio di un Boeing 757 prove-niente da Tei Aviv parcheggiato sulla pista dell'aeroporto di Bergamo Orio al Serio.Il finestrino davanti inquadra la pista in due piccolissime metà.Chiedo al Comandante come faccia a vedere con un vetro così piccolo e lui mi rispondein inglese: "meno vedo meglio sto".

(Massimo Bianconi)

Ed è poi andata così, che tra una cosa e l'altra mi ero avvicinato alla finestra della cucinae allora, dalla via che c'ero, mi sono affacciato.

La finestra della cucina da sull'interno della corte. La corte è formata da quattro blocchidisposti a rettangolo, i lati più lunghi — uno è quello da cui affaccio — si fanno in una cin-quantina di passi. I blocchi sono alti tre piani più il piano terra, dove si aprono i varchi peruscire in strada o per accedere ai portoni dei civici. I mattoni hanno una colorazione pallida,i vani delle finestre sono incorniciati da un conglomerato bianco. C'è un piancito a grandilastre tutto intorno a ridosso dei blocchi. Al centro, innalzate di tre scalini, ci sono macchied'erba stinta separate da sentieri ortogonali e murctti bassi. Sul prato ci sono gli alberi - unadecina — e due panchine verdi, ci sono i fili per la bucata — forse il tocco pili retro — e unasiepe. Per il resro si vede il ciclo.Ho visto la padrona del gatto Bill! camminare lenta lenta e gobba sul piancito e fermarsiquasi sotto di me. L'ho sentita che diceva qualcosa a voce alta, poi ho capito che parlava conla Casrelli, che infatti è sbucata da sotto, da dove c'è il portone. Sono rimaste lì a parlare, lasignora Clara e la Castelli. Più in là, sulla destra, si stava avvicinando uno con un sacchettodella spesa. Mi sono voltato a guatdar l'ora sul muro ed erano le tre spaccate, mi sono af-facciato di nuovo. II tale col sacchetto della spesa aveva quasi raggiunto le due vecchiette. Aquel punto, con un sibilo ed un tuono, sopra di noi è passato il meteorite.

(Lotenzo Biagini)

T 'ultimo piano ha le imposte quasi sempre chiuse, al balcone non ci sono i fili delI j bucato e un vano finestra è stato perfino murato — perché mai murare una finestra?

Il vano rimane per giunta visibile perché è stato come tappato da un fondo nero che ha ilcolore opaco del bitume.Un'alta siepe ripara invece quel che immagino sia il loro terrazzo privato. La siepe è sem-pre piuttosto ordinata, le foglie verdi, tagliate con precisione. Non ho mai visto nessunopotarla, né innaffiarla.Al di sotto della siepe, lungo il cornicione squadrato, un arboscello alto due palmi. Deveessere spuntato da una breccia nel cemento. Sullo stesso cornicione vengono i colombi,uno dietro l'altro, uno identico all'altro. Qualche volta ho provato a colpirne uno, con iltappo di una birra o altro cosi: ho una pessima mira, e gli stronzi si alzano in volo e dopoaver descritto un intero giro dell'interno, tornano muti al punto di partenza.Stamattina una donna è uscita oltre la siepe a rincorrere un pallone. Tra il cornicione e ilvuoto c'è solo una rete metallica alta più o meno quanto lei. Dietro di lei è spuntato uncane, ha raggiunto il pallone prima della donna, l'ha stoppato col muso per terra e con lezampe divaricate è rimasto ad aspettare la sua padroncina. Non so niente di cani io, deveessere uno di quelli aggressivi. È molto atletico.Anche lei è atletica, ha delle belle gambe e nella sua tutina viola si muove veloce. Portaun cappello con la visiera, i capelli li ha raccolti sotto; s'indovinano biondi, per un paiodi ciocche sulla nuca.Quando la donna ha raggiunto il cane, ha divaricato anche lei leggermente le gambe, orail pallone sta lì in mezzo, sotto il muso del mastino, conteso. Quando lei lo calcia, lateral-mente, lui solleva il muso e poi s'avventa verso la rete metallica per recuperarlo. Lei fa lostesso, e il cane è nuovamente più veloce. Questa volta lo stop non gli riesce, e la ragazzapuò tornare a calciarlo una e due volte spedendolo verso la siepe oltre la quale scompaionoentrambi. Anche il sole è scomparso dietro le nuvole, sul davanzale il vento fa mulinarela cenere nella coppetta in cui ho spento la sigaretta. Tra qualche pomeriggio faranno cosìanche le foglie per strada.

Quando i due, la donna e il cane, tornano alla mia vista lei non ha più il suo cappellocon la visiera, una montagna di ricci biondi le cadono sulla giacca della tuta. Corre piùdi prima, e il cagnone più di lei. Ogni tanto la donna si blocca, il cane le si fa sotto, leiabbozza una finta, lui molleggia senza farsi ingannare. Un altro gran calcio e di nuovoappresso al pallone.Intanto il vento si è alzato di più, il pallone è leggero, la ragazza ha perso il controllo dellapalla, i capelli le vanno sul viso. Prima di vedere le prime gocce sui miei vetri, la ragazzascompare oltre la siepe. Il cane, con la sua stupida posa di marmo, resta lì un po' e poiscatta verso casa.Fanno appena in tempo, viene giù il temporale, il pallone va avanti e indietro spinto dalvento sul pavimento bagnato. La siepe ondeggia, e l'aria s'impregna d'acqua.

(Massimiliano Tagliente)

Due vasi, aì due lati del davanzale, entrambi contenenti delle piante secche. Eranoquelle piante tipiche da regalo natalizio un po' formale, adatte a quando non si sa

cosa regalare a delle signore, che hanno grandi foglie verdi che poi cambiano colore e di-ventano rosse, e allora si dice che sono fiorite. Non mi è molto chiara la faccenda, ma piùo meno è cosi. Si chiamano scelle di natale. L'anno passato ne ho ricevute due.Ora stanno lì, sul davanzale. Secche.All'inizio le innaffiavo: poi però me le sono dimenticate, anche se ogni volta che alzo losguardo le vedo.Strana dimenticanza.E comunque, pensavo di non toglierle, di lasciarle li, su quella finestra che non è propriouna finestra. Se penso a una finestra penso alla luce, all'aria, allo sguardo che si libera.Leon Battista Alberti usò la metafora della finestra aperta per spiegare meglio come il qua-dro costruito seguendo le regole prospettiche e i punti di fuga divenisse un mondo altro osostitutivo. Il mondo appunto deU'immagine e deirimmaginario, dell'evasione.Dalla mia finestra vedo dei tubi, un muro e un'altra finestra che da su un interno: è, inpratica, la negazione della finestra, è una non-finestra. Non arriva la luce, arrivano lepuzze dei tubi - delle strane puzze, simili a degli odori di cucina che non capisco bene dadove provengano - e lo sguardo rimane fermo.Anzi, rimbalza indietro.Guardare fuori da quella finestra non so se mi fa tanto bene.E la finestra del posto dove lavoro, tutti i giorni, diverse ore al giorno.Forse devo prendere dei provvedimenti.

(Simona Brighctti)

Scrivete una serie di ricordiche comincino con le parole

Mi ricordo.

Io mi ricordo i leoni ai Giardini MargheritaIo mi ricordo che Raimondi prima di accingersi a leggere Manzoni diceva: "ascoltiamo".

Io mi ricordo il latte crudo che ci portava il nonno e il tappo agganciato al collo del bot-tiglione che avevo paura a far scattare da solo.Io mi ricordo il suono del dialetto di montagna e quelle volte che mia madre lo parlavami sembrava un'altra persona.Io mi ricordo il primo Spalding di pelle tra le mani e il buco di un tarlo nell'incunabo-lo aperto in sala manoscritti e rari.10 mi ricordo che una volta non riuscivo a credere che la Virtus aveva perso a Cantù.

(Massimo Bianconi)

M i ricordo che mio padre mi tirava le orecchie, anche da grande, quando gli rispon-devo male; sapevo che una cosa del genere non succedeva a nessuna delle mie

amiche e credevo lui fosse un conservatore.Mi ricordo di quando andavo in discoteca, non più di dieci anni fa, e mi vestivo in modoallarmante; mi ricordo proprio bene quella voglia di dare dei baci a caso, che all'epoca sichiamava "andare con uno"; una cosa proprio da pervertiti, credo adesso. Io poi ho avutola mononucleosi e ho preso paura perché un tipo mi ha messo in testa che quella era lamalattia del bacio; mia mamma però ha montato su una storia del tutto credibile per cuirisultava che io l'avevo presa dal dentista.Mi ricordo la sicurezza con cui rispondevo alle interrogazioni alle superiori. Una sicurezzache non so da dove venisse, molto ingenua, completamente mia. Ricordo di averla persada qualche parte all'università, e ricordo anche di aver pensato che crescere non vuoi direper forza migliorare, e che la consapevolezza fa disastri.Poi mi ricordo un tipo sulla cinquantina. Mi sono ritrovata da sola con lui sul tardi, in unvagone del treno partito da Milano. Era sblusato e tutto vestito a righe, poco simpatico,11 parolone facile: "la melancolia", diceva, e anche che "prendeva coscienza". La luce eragialla, quella dei treni di notte, e smussava le forme di tutto. Lui guardava verso il fine-strino prima di dire ogni cosa: io seguivo il suo sguardo e Io vedevo riflesso e capivo chenon stava guardando fuori ma si specchiava. Parlava della sua storia d'amore, ed era fuoriluogo chiaramente, ma rispetto a quel tipo di sensibilità lui era completamente tonto.

(Maria Mazzoli)

M i ricordo una maglietta gialla con la scritta CIAO in tutte le direzioni come uncruciverba.

M! ricordo che mio fratello sparava pallini di stucco con la cerbottana.Mi ricordo l'ape arancione che avevo disegnato il primo giorno di scuola.Mi ricordo che la nonna ci faceva i grattacieli crack-nutella crack-nutella...Mi ricordo che il nonno mi portava in Setta con la vespa e io stavo in piedi davanti.Mi ricordo il mio cestino di vimini dell'asilo.Mi ricordo la Fulvia di papa.M! ricordo che in montagna mi portavo il secchiello e la paletta per fare i castelli di neve.Mi ricordo che il secchiello aveva disegnati tre elefanti colorati e l'uno era attaccato con laproboscide alla coda di quello davanti.Mi ricordo di tutte quelle sere che ho passato accucciata sul pavimento con gli occhiall'altezza della tastiera incantata dai movimenti delle sue mani e a specchiarmi nella laccanera del suo pianoforte a coda Yamaha modello C7.

(Nicoletta Bianconi)

Mi ricordo quelle voci tiepide come una coperta di lana.Mi ricordo la traduzione in italiano del nome della mia spiaggia preferita in Sardegna.

Mi ricordo come avevo pensato il canovaccio per finire certi racconti inconclusi.Mi ricordo che si poteva guardare Carosello prima di andare a dormire e c'era MinnieMinoprio che aveva una pettinatura che sembrava una parrucca.Mi ricordo che ho più ricordi in bianco e nero che a colori.Mi ricordo le prove tecniche di trasmissione.Mi ricordo di quando facevo ballare sui vinili di Gino Paoli gli omini della Lego.Mi ricordo di quando mi regalarono "Piccole donne" e "Piccole donne crescono".Mi ricordo la lettura di "Topolino" la domenica mattina succhiando le zollette di zucchero.Mi ricordo appena l'abbraccio con M. L'ho visto l'altra sera sempre più magrolino, chissàche sensazione potrebbe darmi cingergli di nuovo, completamente la vita?Mi ricordo di quando si facevano le partite a calciobalilla e non riuscivo quasi mai a vincere.Mi ricordo di quando in spiaggia si faceva la pista per le biglie tirando per i piedi unbimbo piccolo.Mi ricordo da quanto tempo non sentivo la parola "cuccio".Mi ricordo l'aroma dei gelati della Valle d'Aosta.Mi ricordo di "Passapaperino" e le altre conte.Mi ricordo di quando a 8 anni mia madre mi porrava ai Cineforum a vedere dei film nonsempre facilissimi.Mi ricordo di quando una volta a Natale a mio fratello regalarono la pista "Superotto" e ilmeccano e non mi ci faceva quasi mai giocare e a me piaceva un sacco.Mi ricordo il motorino della Peugeot con la sella lunga e la prima volta che sono andata ingiro col vespone piano piano e che poi quando mi sono trasferita a Bolognami facevano tutti dei gran "peli" perché ero troppo lenta.Mi ricordo di quando c'era l'austerity e si andava in giro con la bicicletta: la "Graziella"e con gli schettini.

Mi ricordo che alle elementari facevano con una specie di stilografica il vaccino controil vaiolo.Mi ricordo che adoro i telefoni a disco, di un tot di volte che ho buttato via l'insopporta-bile cellulare, una volta anche al Parco delPUccellina dato che lì a maggior ragione per menon ci stava a dire niente e non ce n'era bisogno.Mi ricordo di mio fratello e quelli della sua classe che portavano il cappello di pelo di volpe.Mi ricordo di un po' di album di figurine della Panini e dell'unico che ho finito, quellodi "Sandokan".Mi ricordo di quando bambina avevo l'influenza e ini mettevano le supposte di Unipluse non le gradivo per niente.Mi ricordo che mi piacevano ancora prima di avere la patente la Sinica 1100 e la Renault14 e non le ho mai possedute.Mi ricordo quando da adolescente si faceva il ballo della scopa e si stava per modo di direabbracciati al proprio partner a circa 40 cm di distanza l'uno dall'altro.Mi ricordo le gimcane in bicicletta a tutta birra in discesa e cadendo inesorabilmente ditutti i lividi alle ginocchia.Mi ricordo di quando m'appisolavo al mare e c'era qualche amico che mi voleva coinvol-gere al gioco del volano.Mi ricordo di quando abitavo a Recoaro Terme e andavo a scuola con la slitta e a colazioneci davano anche la grappa.Mi ricordo del registratore con le cassette e il microfono che è stato buttato via e una dellevolte io e mio h'arello facevamo finta di avere una nostra stazione radio registrando lenostre voci stilla cassetta. Poi, quando lui ha modificato la voce e si è sentito più grande,abbiamo smesso.Mi ricordo di quando si andava in Francia con l'A 112 e non c'era ancora l'autostradadopo la frontiera per andare a Marsiglia. Mia madre raccontava della "Cornice" doveGrace Kelly aveva girato "Caccia al ladro" e noi non aspettavamo altro che di andare acomprare le "Madeleine" e i "Sousemiel" biscotti e lecca lecca che in Italia non c'erano.Mi ricordo del referendum contro il nucleare e la caccia e di tutti gli adesivi che appicci-cavo sul muretto e il campanello del mio vicino di casa cacciatore.Mi ricordo della soddisfazione che provavo quando ho visto per la prima volta l'Odissea in TV.Mi ricordo i banchi di scuola con il contenitore secco per l'inchiostroMi ricordo di tutti i film di Nanni Moretti e delle simil clarks che poi mi son compratacon la paglietta messa da parte perché quelle originali costavano troppo e poi erano trop-po snob.Mi ricordo del nascondino tradizionale e quello che chiamavamo con i miei amichettiall'americana, dove uno si nascondeva e chi lo trovava si nascondeva con lui e cosi via.Mi ricordo del cubo di Rubik e che non mi ci impegnavo tanto e ce l'ho ancora e, comun-que, non [????] più di tre facce non sono mai riuscita a farle.Mi ricordo il minigolf, moscacieca, le penitenze, palla avvelenata, e il gioco dei film e deipersonaggi famosi.Mi ricordo di quando ho imparato il ping pong con la mossa ad effetto.Mi ricordo le prime lettute sulla difesa popolare nonviolenta e sul femminismo.

Mi ricordo il cestino della merenda di cui un po' mi vergognavo perché già da nuovo eraun po' rotto.Mi ricordo della Reflex e di quanto tempo c'ho messo a capire la differenza fra profonditàdi campo e tutte le altre regole.Mi ricordo della mia "Olivetti Lettera 32" che ancora preferisco al pc tanto è che facciopiù manutenzione a quella piuttosto che al portatile.Mi ricordo di Merckx di cui si diceva "l'uomo che uccise il ciclismo".Mi ricordo di quella volta che a Bologna c'è stata la cronometro del Giro d'Italia e Cipol-lini in via Indipendenza mi chiese dove era via Indipendenza.Mi ricordo di una bottegaia che faceva la raccolta dei punti "Miralanza".Mi ricordo di Provolino con Raffaele Pisu e che mi era più simpatico di TopogigioMi ricordo di quelle primavere che si faceva Kabò, cioè marinare la scuola in modenese,solo perché c'erano delle belle giornate di sole.Mi ricordo di Spazio 1999 e dei protagonisti che secondo me recitavano con i pigiami chemi mettevo per andare a letto.Mi ricordo di quella volta in vacanza in Toscana e con amici siamo andati in un centroHare Krisna e c'era un Budda con l'orologio d'oro.Mi ricordo che mio fratello a colazione prendeva l'Ovomaltina.Mi ricordo la spuma al cedro, i ghiaccioli rossi, al tamarindo, alla Coca Cola e che poi siè smesso per un po' di prenderli per via dei troppi coloranti.Mi ricordo di quando in casa mia è arrivato il telecomando.Mi ricordo la collezione di francobolli.Mi ricordo che mi piacevano molto i gettoni telefoniciMi ricordo un po' di belle versioni di My favorite things di John ColtraneMi ricordo delle 500 lire di carta continuamente stropicciate.Mi ricordo i trasferelli.Mi ricordo che mangiavo parecchie pastiglie Valda e le Zigulì.Mi ricordo quando lessi "II principe" di Machiavelli, Sartre e la De Beauvoir e che pensaiche forse ero troppo giovane e che mi potevo anche divertire diversamenteMi ricordo i telefilm: la Donna bionica, Agente Speciale, Attenti a quei due, AlfredHitchock presenta, la famiglia Addams, Charlie's Angels, Tre nipoti e un maggiordomo,Happy Days, Furia, George e Miltred, la famiglia Bradfor e quella Partridge, Ralph Su-permaxieroe, la Conquista del West.Mi ricordo anche Baretta e il suo pappagallo Fred.Mi ricordo l'occupazione dell'Università affamatissima con altri compagni e che poi èarrivato un tizio, mai visto prima, che ci ha portato due sporte della Coop piene di robada mangiare.Mi ricordo che per arrivare puntuale agli appuntamenti bisogna partire con un certoanticipo rispetto al momento dell'incontro.Mi ricordo la finale dei mondiali di calcio in Spagna nell'82 con Pertini e di quella replicafavolosa con la cronaca diretta radio-tv di Bruno Pizzul nello spettacolo di Futlan allostadio Dall'Ara di Bologna il 20 luglio del 2005: grande emozione collettiva.

(Barbata Schiavina)

M i ricordo del finto cestino di fiori del mio vestito da cappuccetto rosso, che sotto alpanno verde con le margherite di ogni colore cucite sopra, era pieno di caramelle.

Mi ricordo di quanto mi batteva il cuore ogni volta che il giudice di gara mi chiamava eallora potevo avvicinarmi al blocco di partenza vicino al bordo della piscina e aspettare ilrìschio che sarebbe giunto a breve; poi, salire sopra al blocco e partire al VIA, che a volteera il suono di una tromba, a volte era uno sparo, a volte era un altro fischio, soffiato piùforte però.Mi ricordo che mio nonno una volta partì per la Russia.Mi ricordo sempre troppo tardi che certe cose non le devo mangiare, che poi mi vienemal di pancia.Mi ricordo che andavo a studiare al parco con il mio cane Otto, a cui ripetevo tutto adalta voce mentre lui mi guardava. Era un cane intelligente.Mi ricordo di quando credevo che poi le cose si sarebbero riaggiustate e tutto sarebbetornato come prima.Mi ricordo che per un periodo avevo diversi omarini che mi cercavano e io mi sentivo unpo' come il premio del calcinculo.Mi ricordo i baffi di mio padre, lunghi, neri, portati alla Frank Zappa.Mi ricordo il quadro svedese nella palestra di scuola: era sempre lì, immobile, attaccato almuro, nessuno sapeva come usarlo.Mi ricordo i leoni dei Giardini Margherita, facevano una gran puzza e una gran pena.Mi ricordo di Leroy di Saranno famosi e di Orzowei.Mi ricordo che quando andavo al cinema da piccola con la mia famiglia, loro si sedevanotutti insieme, mio padre, mia madre, mio fratello e mia sorella, mentre io invece andavosempre qualche fila più avanti, da sola.Mi ricordo che una volta mi hanno portato a pescare, a Molinella; presi due anguille eogni volta feci dei gran urli per lo schifo che mi facevano. Non mi hanno più portato.Mi ricordo che quando i miei andavano via rimaneva mia nonna con noi a casa e la sera lafacevamo sempre arrabbiare, ci nascondevamo e poi uscivamo fuori e cantavamo sempretoschi la frutta spiritosa.

Mi ricordo le mattine che andavo ad allenarmi alle sei, mio padre mi svegliava e io, pienadi freddo e di sonno, mi mettevo jeans e maglione senza togliermi il pigiama.Mi ricordo che mio nonno, quello della Russia, ha lavorato in un'armeria che poi è diven-tata tristemente famosa, l'armeria, perché è dove andavano quelli della "uno bianca".Mi ricordo che mio nonno, sempre quello della Russia, mi diceva che lui era un socialista,ma di quelli veri, dei primi.

Mi ricordo il 45, l'autobus su due piani che prendevo sempre per tornare a casa da nuoto.Mi ricordo che quando discussi la tesi di laurea il fotografo che era lì ci rimase male perchénon c'era nessuno e mi chiese che cosa avevo fatto.Mi ricordo che per un periodo ho fatto aerobica e a lezione ero l'unica che non avevocalzetti, body, calzamaglia, fascia e polsino tutto coordinato, da cambiare ogni giorno: illunedì il completo tutto verde, il martedì a fiori, il giovedì rosso a righe viola e il sabatoalla lezione del mattino, il completo tigrato. Io indossavo sempre la tuta grigia e alternavole magliette, bianca e nera.

Mi ricordo che mia nonna, la mamma di mia mamma che io ho visto solo nella foto sullatomba alla Certosa, era figlia di N.N.

(Simona Brighetti)

M i ricordo quando a due anni e mezzo mi sono incrinata un braccio, cioè, non è chemi ricordo il fatto in se, ma un mio pensiero, il primo che io mi rammenti di aver

avuto. Ed era un pensiero assolutamente incazzato. Il primo pensiero che mi ricordo diaver avuto è un pensiero di un'incazzatura bestiale. Ma sarebbe lungo da raccontare...Mi ricordo le figurine dei calciatori, con quella del Torino che aveva la fascetta nera pervia di quell'aereo caduto a Superga.Mi ricordo i rettangolini di cioccolata Ferrerò che noi chiamavamo formaggini di cioc-colata.Mi ricordo... mi ricordo quella volta che noi due siamo usciti da Wolf e abbiamo vistoche nevicava.Mi ricordo quando a Bologna c'erano i tram e una signora distratta c'è finita sotto conuna gamba. La destra, mi sembra.Mi ricordo che, avrò avuto sei anni, una sera alla radio hanno trasmesso un avviso per unasignora sconosciuta che aveva comprato scatole di salmone avariato: sono andata avantiun sacco di tempo ad aver paura di notte delle parole "sconosciuta" e "salmone".Mi ricordo che io l'hula hop non riuscivo mai a farlo girare.Mi ricordo quando si diceva sempre "a monte".Mi ricordo quando il Corriere dei piccoli costava 25 lire, che poi una volta me lo hamangiato un daino dei Giardini Margherita.Mi ricordo... mi ricordo di una volta che avevo otto o nove anni e eravamo andati sulmonte di San Luca a fregare le ciliegie. E io non sono stata veloce a scappare e mi habeccato il contadino che era siciliano e ha chiamato i carabinieri e intanto mi diceva ladraladra ladra da noi non si fa.Mi ricordo il cortile di mia nonna in via Bentivogli che mi sembrava enorme e adessoci hanno fatto un museo all'aperto e io penso che per intere estati ho giocato sopra deireperti archeologici e questa cosa mi fa molta impressione.Mi ricordo che a vedere Love Story ero runica femmina che non piangeva.Mi ricordo... mi ricordo mio padre che leggeva II sergente nella neve e piangeva senzarumore.Mi ricordo che mio figlio a tre anni quando c'era in TV la pubblicità della Galbani siarrabbiava moltissimo e urlava con tutto il fiato: non vuoi dire fiducia, ma cannuccia. Inquesti giorni ci ho ripensato e ho dedotto che mio figlio era un preveggente. Anche senon ho mai capito cosa intendesse per "cannuccia".Mi ricordo altre cose che non vorrei ricordare. Ma me le ricordo.

(Milvia Comastri)

Registrate un discorso oralee sbobinatelo.

Mi chiamo Terzo Bortolani, sono di Grizzana Morandi, c'ho 87 anni, sono del 21,la classe di ferro, di quelli che sono andati in Russia, anche se poi io mica ci sono

andato, ero il terzo di tre fratelli. Loro si che ci sono andati in guerra, ma non sono piùtornati. Primo, è morto in Africa, per mano degli inglesi; Secondo, è morto in Jugoslaviaammazzato dai titini, i partigiani di Tito, quando eravamo ancora alleati dei tedeschi,prima dell'otto di settembre. I miei lavoravano a giornata i féven i brazzant (facevano ibraccianti) Me, a nov an a son andé a bottega (Io a nove anni sono andato a bottega). Ai0 fat d'incòsa, al manvel, al carpentìr, al sbianchizén (Ho fatto di tutto, il muratore, ilcarpentiere, l'imbianchino). Dato che siccome non mi piaceva di lavorare sotto padrone,sono andato a bottega da mi zio ch'ai feva al frab (che faceva il fabbro). 1 andéven tottda mi /.io (Ci andavano tutti da mio zio), finanche i padroni. I vleven (Volevano) essere-serviti per primi e pagavano per ultimi, piò i avéven i sold piò i éren grece (più avevano1 soldi più erano tirchi). Lavorare il ferro non è mica una cosa da tutti, bisogna saperloprendere, un po' come con le donne, che bisogna essere buoni di prenderle. Finché Fécheld (finché è caldo) lo modelli come più ti piace e così è per le donne, ci devi stare ad-dosso. Quando il ferro diventa freddo è finita, va per conto suo, e così sono le donne, sele fai raffreddare se ne vanno per conto loro. Le martellate vanno date con giudizio, brìsaalla dio boia (mica come capita) e così è per la donna. T'ia pu picèr (La puoi picchiare)ma devi stare in campana e lasciarla intera. Io con le donne non ci sapevo fare, non è micacome al de d in cù (al giorno d'oggi). Ogni volta quando ne incontravo una attraversavola strada perché mi vergognavo e mi zio se ne accorgeva perché al de dapp (1 giorno dopo)a pensarci picchiavo il ferro più forte e capiva che mi era andata a buca. Poi mi sono fi-danzato colla Pina, che era bella ma nessuno la voleva perché c'aveva una gamba più corta,ma l'era tante bona (era tanto buona) che l'ho sposata dopo sei mesi, c'avevo ventisei annie lei ce ne aveva ventuno. A san sté insamm quarant'an, e an l'ho mai picé ( Siamo statiinsieme quaranta anni e non l'ho mai picchiata). Ci volevamo bene.

(Pasquale Vollo)

Sbobinatura n.l: BonviciniMercoledì 8 ottobre 2008. Inizio registrazione (abusiva) ore 11,12 termine ore 11,20.

Autobus 28 (percorso da Via Novelli a Via Irnerio)Maschio di età indefinibile (dai 45 ai 60) statura media corporatura gracile berretto rossodella CGIL in testa felpa azzurra con scritta blu Mobilificio Sfanchini pantaloni verde mili-tare con una grande tasca sul ginocchio sinistro da cui sbuca un garofano di plastica.Corrisponde al cognome di Bonvicini, se ne ignora il nome di battesimo.

E' che nella mia vitti io sono stato sempre sfidato... se te non ci credi domandalo a Tremalnaic,che lui mi conosce da quando ero piccolo perché c'aveva il podere vicino a casa mia, che i miei

facevano i braccianti dai suoi. A scuola andeva acsè mei che quella stronza d'ia mastra amciameva quel somaro di Bonvicini e dopo che ho avuto l'operazione non ci sono più andato.

Mio babbo... (frase incomprensibile, perché coperta dalla sirena di una autoambulanza^...e dopo a lavorare non mi ci voleva nessuno. Te, Fantuzzi, fai presto a dire che il lavoro si trovama io non la trovo mai.

(l'uomo tace e si gira il berretto sulla testa, portando la visiera sulla nuca. Rumore di traf-fico, l'avvcrtitore elettronico dice: prossima fermata Porta San Donato)Te mica ci sei stato in mezzo ai matti.

(si interrompe ancora. Riprende.)E io sono vecchio e l'assistenta sociale quando viene mi dice Bonvicini stai buono.

(un'altra pausa)Ma te l'hai più vista la Rosa? Io no, e la Simona l'ho vista quando sono uscito da là, che miè venuta a prendere lei, e dopo non l'ho più vista. Però era diventata grande, che quando l'ho

vista e ho dovuto pensare se era lei. (risata)(Tace)La prossima è la mia. Vado da Tremalnaic. At salut, Fantuzzi.

Il brano registrato e poi sbobinato non è un dialogo, ma un monologo, poiché i! nomi-nato Fantuzzi non era presente. Durante il ttagitto gli altri passeggeri hanno distolto losguardo o si sono allontanati dal soggetto. Alcuni, dopo che il Bonvicini è sceso, si sonoguatdati fra loro scuotendo la testa.Nastro sbobinato giovedì 9 ottobre alle ore 2, 25 di notte.Bologna, 19 ottobre 2008 ore 16,04

(Milvia Comastri)

Scrivete un elenco di coseche avete dimenticato.

M i sono dimenticata di come si usa l'immaginazione e la fantasia per inventarsidelle storie.

Ecco, l'ho detto, forse è un po' forte, drastico, tant'è...Questo compito mi ha messo un po' in difficoltà: è una settimana che penso a cosa nonmi ricordo più, a cosa mi sono dimenticata e non mi viene in mente niente, se non chenon mi ricordo più come si fanno le equazioni e tutte quelle altre cose di matematicacomplicate che l'altro giorno vedevo fare a mia nipote, quella grande che va al liceo.Visto che non mi veniva in mente niente di decente ho pensato che era la volta buona chemi inventavo qualcosa, qualcosa di verosimile, più o meno possibile, perché il compitolo volevo fare, mi scocciava arrivare lì al mio turno e dire, mi dispiace non sono riuscita,troppi impegni etc etc, bla bla bla. Per un po' mi sono risollevata, pensavo di aver trovatola strada, bastava inventarsi una cosa poi... poi ho capito che non mi veniva in mentenulla, ho pensato a diverse cose, ma... niente, poca roba. Ecco che allora ho pensato chemi sono dimenticata di come si fa lavorare l'immaginazione. Ho dimenticato di comeci si inventa delle storie. Forse, non l'ho mai tanto avuta questa capacità e sicuramentequel poco che avevo si è esaurito, anche se a volte mentre vado al parco con mio nipotee lo carico in schiena per un pezzette di strada, lui mi chiede di raccontargli una storia eallora comincio, magari partendo da una cosa che vedo lì davanti come un albero o deifiori gialli o dei soffioni e allora mi vengono delle storie che mi sembrano belle, ancheun po' bizzarre, anche se a volte lui, mio nipote, mi interrompe e mi propone l'arrivo nelbel mezzo della storia di un Power Ranger, e io dopo lì faccio un po' farica, perché questiPower Ranger non mi piacciono tanto.

(Simona Brighetti)

LE COSE CHE LEI AVEVA DIMENTICATO.A 1 risveglio scattò la trappola: la luce, scorrendo aldilà della sua finestra, lo assalì e gli

-/^sollevò le palpebre, come se fossero state lenzuola; l'alcol, il cantiere di acidi e bollori,gli scorticava oramai il fondo vivo dello stomaco vacante, mentre al cospetto delle pieghedella biancheria lui, destato, poteva avvertire le martellate sulla testa e l'uniforme propa-garsi di ogni circolare vibrazione.Tutto questo dolore gli illuminò i sensi, e tutte le conclusioni in cui la notte prima glipareva di aver trovato pace, svanirono per effetto di una indomabile ribellione del cuore.Una amnesia, ecco cos'è stato si diceva il commissario e lei s'è dimenticata di amarmi. Hadimenticato, deve aver senz'altro dimenticato... altrimenti non si arrivava a 'sto punto.Ma aveva rimosso tutto alla fine, oppure da sempre aveva assorbito solo in superficie?

Cazzo!Lui poteva scoprirlo? Poteva vivere senza saperlo?Una amnesia, ecco cos'era stato. Una amnesia, però colpevole, e indotta dal disamore, sì.Ecco cos'era stato, il disamore.Lei aveva dimenticato. Cosa aveva dimenticato?Aveva dimenticato la brina sul parabrezza le mattine d'inverno, quando uscivano insiemealle sette e mezza e lui la lasciava sul piazzale del comune.Aveva dimenticato il tumore dei piedi scalzi sul parquet la sera, che si rimaneva sul divanoaspettando il Cine-giovedi.Aveva dimenticato la domenica pomeriggio in libreria, e che si tornava a casa per le ottocon le buste piene.Aveva dimenticato di quando l'estate, dopo pranzo, si spogliavano e si addormentavanocercando un po' di fresco agli angoli opposti del letto.Aveva dimenticato di essersi atrampicata su uno di quegli enormi scogli di Santa Mariaper incidere due lettete e una stella.Aveva dimenticato che proprio lei, per un anno intero, lo aveva svegliato a notte fonda perfarsi promettere che non l'avrebbe mai lasciata.Cos'altro aveva dimenticato? C'era bisogna di farne un elenco? A lui bastava guardarsiintorno; ogni pezzo di realtà recava un'impronta di abbandono: le Marlboro - fumate suldavanzale; la stampa di Dalì - appesa controvoglia; un orecchino spaiato nel terzo cassetto- da buttare; qualche libro sul comodino - comprati e mai iniziati; l'ombrello dietro laporta - richiuso sette mesi fa l'ultima volta; un orribile pupazzo di Das sulla scansia delcorridoio e come fare a dirle: guarda che non hai dieci anni!Potenza della memoria, maleficio della memoria, crudelrà della memoria. Falanga si cre-deva un insensibile e non aveva mai saputo di poter ticordate così tanto. Ora gli parevache ciascuna cosa ricordata da lui corrispondesse a qualcosa da lei dimenticata. E questamontagna di cose a metà, totte, false, gli pareva di doverle per forza sistemare da qualcheparte dentro casa sua, sebbene non sapesse proprio dove mettetle.Lenora, ad ogni frammento rievocato, dava intanto un passo e un colpo di tacco sotto ilportico allontanandosi dal suo passato.

(Massimiliano Tagliente)

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Descrivetevi in cinque righe.

Mi fai pensare ad una lumaca da snidare con le pinzette. Una volta mi sono sentita direcosì da una persona che mi faceva anche il gesto delle dita con le pinzette in mano. A mefaceva un po' impressione, perché mi sentivo veramente una lumaca, timida e tremante.Poi ho letto un libro che si intitola "La lumaca testarda" e ho scoperto che le lumachesono degli organismi incredibilmente resistenti, che se proprio non le schiacci di prepo-tenza non muoiono. Altro che pinzette.

(Giorgia Vezzani)

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Scegliete una parolache vi piace e spiegate perché.

Una parola a cui voglio molto bene è "moroso", detta da un romagnolo con le labbra

ben arrotondate.

Mia mamma ha sempre avuto un uomo, che non era mio padre e lo chiamava "il mio

moroso" (tranne quando voleva essere formale, allora era "il mio compagno"), ma quando

lo dicevo io "il moroso della mia mamma", facevo ridere tutti.

Poi mi son fatta anch'io un sacco di morosi, anche se la parola aveva perduto appealtra. le

mie coetanee, che preferivano avere il tipo o il ragazzo, "il mi orno" dicevano le toscane

all'università.

Ma io dentro di me ho sempre pensato solo al mio moroso.

Che poi ha quel risvolto agghiacciante, la parola, di qualcuno che sia anche in debito, che

ci sian di mezzo dei soldi, una tassa non pagata, le rate del mutuo, l'insolvenza, l'angoscia

del moroso.

Immagino la morosità alternativamente, come lo stato estatico di adorazione del proprio

moroso.

(Maria Mazzoli)

N INNI : è un modo bolognese di chiamare i bimbi ed è il modo in cui mi chiamava

la mia nonna. Oggi a chiamarmi così è rimasta solo la signora Luisa del bar Mengoli

e a volte vado lì solo per sentirmi dire ciao ninni.

Ha un suono questa parola come di campanelli, un suono colorato e tenero. Appartiene

al modo di parlare che c'è fra una nonna e un bimbo. Se mentre mi sgridava la nonna mi

chiamava così sapevo che non era una sgridata vera, una sgridata seria. Era comunque una

carezza. Ninni è una parola che non si sente quasi più e io vorrei tenerla viva.

Penso che riconoscerò l'uomo giusto per me se in un momento qualunque distrattamen-

te, anche durante una discussione mi dira' Oh ninni!

(Nicoletta Bianconi)

BALALAICA: Parola che scivola bene come ciottoli sopiti su un sentiero di brina.

Un pergolato sbarazzino di glicini, siepi aggrumate con brio su un manto d'erica.

Distese d'incanto e tenere magie e poi, un'armonia triangolare.

(Barbara Schiavina)

SE: Se qualcuno mi chiedesse che parola preferisco

tra millanta e più milioni di miliardi,

e se quindi mi trovassi a ruminare sul dilemma:

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qual è mai la mia parola preferita?e se allora tra i cataloghi e le pletore di verbi

cominciassi a setacciare e rimestare,se per giorni e notti insonni rappezzassi tra di loro

suoni e sillabe, vocali e accentazioni,e se, per provarle tutte, con solerzia compulsassi

dizionarì d'altre lingue e d'altri climi,e se infine quest'impresa mi portasse a conclusione,

se la cernita mi desse un tisultato,proverei soddisfazione?

Ma se invece mi domando non "che cosa?", bensì "come?",se non bado a forma e specie, ma al concetto,

se rifletto sull'oggetto di ricerca postulandoch'esso sia non già parola, ma strumento,

se con molta gratitudine ricalco le vestigiadi chi seppe unire il cuore alla ragione,

se perciò voglio esser logico, o se voglio fare il matto(per esempio: se la morte non esiste?),

e se è vero che ogni storia, per fugace ch'essa sìa, dif-ficilmente resta senza una morale,

ecco dunque la risposta: se qualcuno vuole direciò che non si può vedere, questa è certo

tra le prime da imparare.(I.oren/.o Biagini)

SEMBRA: La parola che mi sembra che mi piaccia di più è la parola sembra.Mi sembra che mi piaccia di più perche quando la dico mi porrà in un posto tranquillo.

Con poco rumore.Dove anche il suono della parola sembra, sembra attutilo, con un breve momento diesuberanza nel mezzo e con l'ultima lettcta, la a, che sembra che rotoli giù per conto suo.Con poco rumore.Se poi la parola sembra non ci fosse, non potrei neanche dire: mi sembra.Sono sicura che tante frasi non potrei mai dirle, senza prima dire mi sembra.Ad esempio mi sembra che non potrei mai dire che via Indipendenza è una sttada sgarbata.Invece, mi sembra che via Indipendenza sia una strada sgarbata, mi sembra di poterlo dire.

(Giorgia Vezzani)

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Descrivete una persona,o una categoria di persone,

come se appartenessero a dellespecie sconosciute.

Era complicato. Come si fa a spiegare?Un uomo anche particolare nell'approccio alla guida delle automobili.

La patente l'aveva presa a trentacinque anni. Ci aveva messo quasi due anni ad abituarsi aguidare senza troppi traumi l'utilitaria di famiglia.Quando cambiarono macchina, si prese un pomeriggio di ricognizione per andare ad im-parare, come da manuale, il complesso uso dei tergicristalli, delle luci di posizione, dellafrizione bestiale, clacson eccetera perché diceva "cazzo succede se inizia a piovere e sono instrada?" Panico totale: schiacci di tutto, non parte niente prendi a morsi il volante, piantila macchina, scappi nei campi, perché cosa altro puoi fare? Quel pomeriggio non filò deltutto liscio poiché arrivato a casa della famiglia (la macchina non era di sua proprietà) siera dimenticato le chiavi della casa paterna dalla sua "compagna filarina".II giorno era piovoso, i suoi genitori non c'erano, erano fuori per commissioni.La prova di guida era di fondamentale importanza perché il giorno seguente era stato pro-grammato un trasferimento importante: circa 50 km andata/ritorno nell'arco di quasi 8 ore.Non gli piaceva pensare a se stesso come ad un imbranato, eppure aveva anche la capacitàdi ridere di certe sue peculiarità.Talvolta, gli bastava, poi, una parola gentile e un po' d'ironia, miscelata ad una buonadose di comprensione per fargli placare l'umore.Inoltre per essere tranquillo aveva bisogno di una quotidianità scandita da ritmi impostida istituzioni esterne come il lavoro impiegatizio sennò rischiava di chiudersi in una sortadi dissociazione fra se e il mondo.Il piccolo viaggio, fondamentale di quella domenica di novembre fu sufficiente ad attri-buirgli l'appellativo di Nuvolari.Anche quando non era affatto necessario, soprattutto in prossimità delle rotonde, usavasgasare di brutto e con piena soddisfazione partiva in seconda agli stop non concependola prima. Cercava di domare il mezzo nel terrore che potesse spegnersi il motore e "por-camadonnava" contro l'umanità oscena che si trovava in strada, della quale non capiva laragione per cui fosse in strada e, così, nemmeno la sua di motivazione, e si prefigurava undestino atroce fatto di scocciature e sicuri disastri.

Una volta, per fare una di quelle che si chiamavano "gita fuori porta", per 6 km circa si eracompletamente disorientato e non riusciva a ritrovare la strada per rientrare in città.Ripeteva ossessivamente "Davero? Sì, sì!" e la via d'uscita che gli venne in mente fu quelladi seguire una minuscola auto che gli stava davanti, confidando che lo avrebbe ricondottoverso Bologna.Nella sua peggiore delle ipotesi aveva calcolato che se il guidatore non si fosse direrto doveinteressava a lui ma, viceversa, a casa propria, si sarebbe fermato lì, in sosta, a dormire,parcheggiato nella sua auto e si sarebbe rimesso in cammino soltanto il mattino seguentecol favore della luce.Era miope e astigmatico ma, non era esclusivamente quello che lo spaventava nel con-durre l'automobile: s'immaginava situazioni di allarme, pericoli, incidenti, aggressioni emolteplici disgrazie che ovviamente, a parer suo, lo avrebbero bersagliato e se le ripetevalogorroicamente con lo scopo di esotcizzarle.Era tendenzialmente un uomo domestico: amava soprattutto starsene sul divano a legge-re, si lavava i piedi perché non trasudassero e poi gli piaceva indossare di nuovo gli stessicalzini con cui aveva fatto un po' di ginnastica.

(Barbara Schiavina)

Ecco, adesso che ci penso, che mi chiedo come faccio a spiegare qualcosa che potrebbeturbare anime troppo sensibili, che non vogliono sentire pronunciare certi termini o

che non vogliono che si parli in un certo modo, ebbene, a queste anime candide e bellegli spiego le cose, così come stanno.Mica semplice, vedi, è facile per gli altri, che non sanno, per chi non li conosce o ancheper chi ci resta solo pochi minuti, è facile per loro chiedere, chiedere e sempre chiedere epretendere. Venite alle sette della mattina, l 'inferno troverete.Sono come polli in batteria, da ingrassare, ma non li devi mica uccidere, i soldi si fannolasciandoli il più possibile in vita.E la mattina li svegli, cioè gli rompi i coglioni; le coperte, via; la maglietta, via; la tuta, via;il pannolone, via; Acqua, sapone, no, sapone no, salviette; apri le gambe, girati su di unfianco, girati sull'altro; pannolone pulito, mutande a rete; calze, pantaloni, scarpe, maglia;tirala su a sedere; carrozzina, et voila un bel salterello e si siede; la faccia, manca la faccia;tutto a posto, portala di là. No, aspetta, la devo pettinare.Nooo!, non ci posso credere, Guarda quella, è piena, guarda le mani, nere sono. Anche lesponde, il muro, dappertutto ce n'è. Ha lavorato stanotte, che cazzo gli hanno dato perridursi così.Merda, e adesso chi è che suona. Vai a vedere, ti aspetto.Ogni giorno è così: li svegli, li afferri, li lavi, li vesti, li alzi, li nutrì, li spogli, li rivesti, livisiti, li rivisiti, li ispezioni, li controlli, li sgridi, li minacci, li coccoli, gli parli, già, gliparli, e quando?Non mangia e non beve? Sia mai! E via di sondino. A letto? Sia mai! No, a letto propriono, anche da morti debbono stare alzati. Si macchia, si sporca? lo svesti e lo rivesti, glirompi ancora i coglioni per la gioia dei parenti, dei capi e capetti.Da quella di prima, andiamo da quella che ha fatto una boazza. Merda, come è conciata!;

doppio guanto, ci vuole il doppio guanto, prendi le forbici; la barella, la barella presto,questo è un bagno d'emergenza. Via, al box doccia. Sfila la maglietta, cazzo non viene, èappiccicata alla pelle, è piena di piscio. Le forbici, tagliala con le forbici; via la tuta, tagliale mutande a rete elasticizzate, il pannolone, via, no, aspetta è pieno, fai piano, altrimentiesce di fuori, ma cosa le hanno dato da mangiare? Apri la finestra, non del tutto, a vasistas,se no si becca un accidenti. Gettale l'acqua calda, così si riscalda; attento a non bruciarla,regolala bene. E vai, metti il sapone nella spugna, dammi lo shampoo; fai piano, non stro-finare, che vuoi, portarle via la pelle? Lava per bene, tutto il corpo: piedi, gambe, tronco,braccia, mani, testa, orecchie, viso, davanti e di dietro ( pur di non nominarli sti benedettigenitali!). Dai metti la doccia li, tra le gambe, mica ci vorrai affondare le mani, prima devisgrossare e poi ci vai delicato, c'era il mondo li in mezzo. Cazzo, a questi gli danno sempreda mangiare e da bere: cibo, acqua, medicine, cibo acqua e medicine, sempre così; mine-strina purè e omogeneizzato a rotta di collo, non mancano mai nel menù. Tampona perasciugare, non strofinare la pelle, in mano ti rimane se no! Merda, guarda che buco, sem-bra una caverna, lavato bene è lavato bene, ora lo medicheranno, chiamali che vengono: evia di creme e pomate varie, garze e cerotti. Bene, ora è a posto; i capelli, pettina i capellise no sembra che non le abbiamo fatto nulla. Fare i capelli è la cosa più importante, fattiquelli, hai fatto tutto, sembrano nuovi. Coprila col lenzuolo, dai andiamo. Via dal boxdoccia, ritorno alla camera zigzagando tra alcuni che sono in mezzo al corridoio. Spostail letto, no, non il suo, l'altro, se no non ci passiamo, sembra la stanza di Cenerentola perquanto è piccola. La barella, attaccata al letto, più alta del letto; dai falla scivolare sul letto,ops, atterrata; copiila, le sponde su, tirale su; lo schienale, tiralo su, che respira meglio,anche il bacino. Tutto a posto, missione compiuta, la 101 ha fatto il bagno.Ora mi prendo il caffè, ci prendiamo un caffè, ce lo meritiamo, andiamo alla macchinettae non si parla di lavoro per cinque minuti. Cazzo, suona il campanello, vai a vedere chi è.La 101?, ma non è quella che ha fatto il bagno?, che cazzo vorrà; l'acqua ce l'ha, il campa-nello pure, e ha suonato. Vado a vedere io.Non ci posso credere!, senti che puzza, speriamo sia aria. Nooo! È piena di nuovo!

(Pasquale Vollo)

Prendete (o scrivete) un testoe sostituite, dentro quel testo,

una parola con un'altrache non ha niente a che fare

con quel testo.

NIENTE BAMBINI AI SUONATORI DI FISARMONICAT ONDRA— Gli hanno vietato tutti i locali pubblici, pub inclusi. Adesso un nuovo di-Ji /vieto colpisce i fisarmonicisti: quello di adottare un bambino. Chi ha la passione dellafisarmonica non potrà più candidarsi a riceverne uno dalle agenzie di affidamento. Perora la decisione è stata presa soltanto da un comune ai sobborghi di Londra, Redbridge,i cui amministratori l'hanno approvata all'unanimità. Ma altri potrebbero ora seguirnel'esempio. Intento della norma, che entrerà in vigore nel 2012, è proteggere i bambini da-gli effetti dannosi del suono della fisarmonica. "Ci rendiamo conto che è un tema moltodelicato, ha dichiarato Michael Stark, consigliere della municipalità di Redbridge addettoall'infanzia", perché alcune persone considereranno questa legge come un'intrusione nellelibertà individuali del cittadino. Ma d'altra parte sappiamo anche che la fisarmonica au-menta il rischio di gravi malattie per i bambini". L'iniziativa è partita alla luce degli ultimistudi scientifici secondo cui il suono della fisarmonica è causa di malattie degenerativedell' orecchio medio, turbe cognitive e disturbi dell'apprendimento, ai quali i bambinisono esposti per via della debolezza del loro sistema immunitario e della sensibilità delloro giovane apparato uditivo.La lobby della fisarmonica non è d'accordo e protesta vigorosamente. "Questo è solo unulteriore tentativo di isolare i fisarmonicisti dal resto della società, afferma un portavocedi Fisa, gruppo per la difesa dei diritti dei fisarmonicisti.Anche l'Associazione Genitori Adottivi ha qualche perplessità: "Comprendiamo che lacreazione di un ambiente libero dal suono della fisarmonica sia a vantaggio dei bambini,dice un comunicato, "ma non siamo d'accordo che il divieto vada applicato sempre ecomunque a tutti i fisarmonicisti".

(Mirella Giordani)

Ho portato la giraffa da Ernesto, perdeva del liquido da sotto... non so... io non mene intendo di giraffe. . . era un olio nero... boh!?

La mia non è una giraffa tanto costosa, che in verità me l'ha regalata mio padre qualcheanno fa: mi ricordo che andammo insieme al negozio, ce n'erano così tante... io ne volevouna nera ma erano rimaste solo grigie... ma sì, pensai, una giraffa grigia fa sempre la suafigura.

E incredibile quanto costi oggi mantenere una giraffa: le tasse, l'assicurazione, che io vivoin una città dove assicurare una giraffa costa di più, perché capita che ci siano più scontritra giraffe che altrove.Comunque la giraffa è proprio una bella invenzione, la prendi quando vuoi, vai dovevuoi, quando vuoi... ti merri lì sulla tua giraffa, un po' di musichina, ora ci mettono pureil compact-disc, non la fai correre troppo.Comunque Ernesto mi ha chiesto 120 euro, mi ha detto che gli ha dovuto fare una cosa...non lo so. Gli ho chiesto che gliene pareva della mia giraffa, mi ha detto sì, dai, non èuna giraffa che va male, per gli anni che ha. Gli ho detto che voglio tenerla almeno altriquattro cinque anni e lui mi ha detto boh, non lo so, una volta le giraffe, specie quelleche venivano dalla Germania... quelle erano giraffe che duravano... Ora lo fanno a posta— ha detto Ernesto — è il mercato della giraffa, ogni 5-7 anni ognuno dovrebbe avere unagiraffa nuova.Certo che — mi diceva lui — ora che arrivano le giraffe cinesi e indiane... si son messi purelà a girare in giraffa, che non sembra ma è un bel problema, perché una giraffa beve untot, e scarica un tot di rifiuti, che ora che due miliardi di cinesi se ne vanno il week-endin giraffa... allora ti voglio.Oh, la giraffa, io non sono un fanatico, cioè a me la giraffa piace semplice, una cosanormale, che non posso starci appresso con tutti quegli optional che gli puoi metteresu — campanelli, adesivi, alettoni... Mentre ci son quelli che oh! son malari per le giraffe,corrono come pantere, le portano sempre a lavare, se le accarezzano... e certi le lascianoa posta in doppia fila per farsela guardare dagli altri. Specialmente per le donne, che pareche se hai una bella giraffa, bella grossa, allora le donne — alcune donne, va be' — allora ticascano ai piedi.Io no, no no, non sono un fanatico io... le corse delle giraffe io non me le vedo neppure,cioè giusto le partenze che le giraffe son tutte lì pronte a schizzate avanti... e poi il restodella corsa mi concilia il sonno, nonostante il frastuono...Comunque la giraffa gliel'ho lasciata a Ernesto, 120 euro... che è un periodo che ci paga-no in ritardo e mi sa che è meglio pensare prima alla spesa e poi alla giraffa.

(Massimiliano Tagliente)

Scrivete quello che volete.

IL TORO

Evenne l'inverno e portò con sé tante e tali cose che nessuno di noi immaginava. Miamadre stendeva il bucato, vide le nuvole addensarsi tra le due colline che si baciano

di fronte alla nostra casa, dopo il vialctto, oltre il cancello. Mi disse che quelle nuvole nonportavano nulla di buono. Lo stesso giorno prima che venisse notte, il toro nero che ab-biamo nella stalla ruppe il ginocchio di mio padre e le altre ossa che abbiamo nella gamba.Quell'inverno, erano da poco iniziati gli anni ottanta e ancora ci ricordavamo le pallottolenella capitale e si sparava un po' ovunque, fu mia madre a occuparsi della casa. Mio padreinvece no, lui me lo ricordo nel letto, impotente. Giurò che l'avrebbe ucciso a quel toro,al nostro toro. Fu mia madre a fermare la foga di mio padre che, febbricitante, si dirigevacome meglio poteva dabbasso, verso la stalla, il fucile imbracciato e uno sguardo che dasolo avrebbe ucciso non un toro, ma tutta una mandria intera. Mia madre vendette laporchetta in città, lo fece al posto di mio padre e lui invece di farle i complimenti per illavoro svolto, cadde nello sconforto. Lui, la gamba rotta, lo tenne fermo fino a quandol'albero oltre il cancello non cacciò i germogli. Mi trovai a fare la spola dalla camera deimiei e la stalla. Portavo colazioni, pranzi e cene a mio padre che per spirito di ribellionedecise di non radersi più e la sua barba imbiancava e cresceva. Al toro nero portavo ilfieno, ma anche lui sembrava risentito. Non vedere il suo padrone che lo chiamava convoce autoritaria lo aveva gettato in uno stato di prostrazione. Furono gli occhi del toronero a dirmi che la primavera stava arrivando, si riempirono di grosse lacrime e si lasciòmorire, non toccò più cibo e le mucche reclamavano senza ottenere alcunché. Mio padresi riebbe, andò nella stalla- io aspettavo sulla porta, avevo tra le mani un sacchetto, unareticella piena di biglie colorate- salutò il suo toro nero oramai diventato un mucchiod'ossa. Lo sguardo tra il toro nero e mio padre fu prolungato e straordinariamente lentocome se..., come se la vita intera fosse racchiusa tra i loro occhi. Il giorno dopo, il toronero era morto, la primavera arrivata e mio padre seduto sulla sedia di legno mostrava amia madre le spalle più cascanti che avesse mai potuto portare, mentre lei, mia madre loabbracciava standosene in piedi e in silenzio.

(Giuseppe Merico)

I FATTI

Sono scoppiato a piangere senza un motivo. La sala d'aspetto del mio medico è im-polverata, c'è una vasca di pesci tropicali senza pesci tropicali, la poca acqua che c'è è

gialla e se ti avvicini puzza. La signora che mi sta di fronte ha evidenti problemi di venevaricose, il signore che le sta accanto soffre di ipertensione, lo si vede dalla faccia. C'èsilenzio, qualcuno tossisce, qualcun'altro sfoglia patetiche riviste di gossip. Quando sonoscoppiato in un pianto ininterrotto, come si è visto in seguito, nessuno è venuto a chie-

dermi cosa avessi. Mi hanno guardato strano, la signora con i problemi di vene varicoseforse avrebbe voluto fare qualcosa per aiutarmi, ma poi ci ha ripensato. Quando è uscitoil medico per far entrare il paziente successivo, io non c'ero già più. Ho percorso la stradain fretta, piangendo. Anche i passanti non ci facevano molto caso, evidentemente eranoabituati a vedere persone che piangono. Si piange a questo mondo, ed è un bene, mi hadetto il mio psicoterapeuta. Piangendo infatti sono andato da lui, non si aspettava divedermi. E' un bell'uomo, elegante anche se non veste in modo eccessivamente elegante.10 penso sia elegante dentro. Dev'essere del capricorno, per questo è elegante. Elegantedentro e fuori. Proprio un tipo elegante. Quando io glielo dico che è elegante, lui faspallucce. Non dev'essere tanto d'accordo sul fatto che è elegante, anche se una volta l'hodetto alla sua segretaria, sa che è proprio elegante il dottore e lei, anche lei, era d'accordocon me. Dunque siamo in due a pensare che sia elegante, io e la sua segretaria che anchelei è elegante, ma un po' meno del dottore che secondo me è elegantissimo. Si piange aquesto mondo mi ha detto e ho fatto spallucce così come lui fa spallucce quando gli dicoche è elegante. La realtà dei fatti è questa dunque: II mio medico ha uno squallido studiocon i pesci tropicali senza pesci tropicali, i suoi pazienti e anche i passanti non fanno nullase vedono qualcuno piangere, il mio psicoterapeuta è elegante, anzi no, elegantissimo e iosono uno che piange e questi sono i fatti.

(Giuseppe Merico)

La zanzara stamattina è arrivata alle 8.40. Come ogni mattina. Da quasi quarant'anni.Silenziosa ha sorvolato l'ambiente che sta intorno, dapprima la sua postazione poi le

altre. Occhi tondi rapidi si muovono in orizzontale su superfici pulite, pile di carta, piega-ture di fogli, cartelline portadocumenti ingiallite, telefoni con display azzurregnoli, altrioggetti di quotidiano utilizzo. Frulla con arti lunghi ed esili, e le ali coperte di squamelungo le nervature. Zzz...zzz... qui la pulce non ha caricato di fogli il fax, così quando poivengono fuori tutti insieme, lei, la pulce, non si raccapezza e si dispera - "com'è faticosostare dietro a tante richieste" - piagnucolerà. La pulce è stata ammaestrata alla fine deglianni 70, quando si formavano le Regioni. Poi matrimonio, ripetute maternità l'hannotalmente assorbita che ha perso l'interesse per formazione continua, che già riuscire afarla scrivere su un computer anziché sulla macchina da scrivere, è stato un successone.Zzz...zzz... lì la farfalla ha preparato la documentazione per gli impegni della prossimasettimana che sono calendarizzati ma non confermati. Non se lo vuole mettere in testa,ma l'ultima parola sugli impegni d'agenda dell'intramontabile è mia, solo mia. E poi michiedo come fa ad essere sempre pronta e soprattutto quando trova il tempo per farlo,svolazzante di piano in piano, dall'archivio sotterraneo, al primo piano, dal quarto — e lì locapisco , c'è il punto ristoro - , all'ultimo, l'ottavo. Conosce tutti e tutti la conoscono. In-stancabile chiacchierona, ha argomentazioni per l'usciere, la portinaia, la guardia giurata,11 facchino, la neoassunta, il dirigente tesponsabile, la professional, la tutor, il consulentelegale, etc. etc., insomma per tutti quelli che rimangono abbagliati dalle tinte sgargiantidelle sue parole. E se rimane indietro con i suoi compiti, colora a tinte forti le sue scuseche sembrano credibili. Zzz...zzz... un'occhiata alla scrivania della cavalletta gigante. Nonc'è né una pratica in sospeso, né un granello di polvere, anche la donna delle pulizie avrà

avuto una marchetta da chiedergli. Era una cavalletta qualunque, prima. E' una cavallettagigante, ora, dopo tre legislature. Senza nessuna consapevolezza che il livello di interesseci deve essere, ma fino ad un certo punto, e superato quello diventa oppottunismo. Or-mai non fa più niente che abbia un limite, ricatta e sfrutta le situazioni. Ne esce semprea testa alta. Divora la fatica degli altri insetti. Del grillo in particolare. Un vecchio grilloparlante che si lamenta da sempre ma che da sempre rispetta le scadenze di sindacatoispettivo. Con lucidità e trasparenza, il grillo adotta da sempre azioni coetenti, tate petl'ambiente incongtuente in cui opera. Zzz...zzz... per ultimo la zanzara controlla il tronodello scarabeo sacro, intoccabile e di centrosinistra. Tutto luccica. Poche pratiche, pocatecnologia regnano in un ambiente di pura rappresentanza. Ambiente di rappresentanza epute asettico, specie da quando ci tormentano le cimici. Invisibili ma necessarie, di questitempi. Inutili dico io, tanto poi le cose si fanno lo stesso. Zzz...zzz...e ancora zzz...zzz...oggi la zanzara è incazzata, è incazzata come una tigte. Oggi pulce, farfalla, cavalletta,grillo, questi piccoli animali invertebrati si sono coallzzati contro la zanzara. La decisioneè presa e non si torna indietro. Lotta alla zanzara. Facciamoci in 4. Solo un interventocollettivo può portare a risultati concreti: ridurre al minimo possibile la presenza di questainsoppottabile zanzata, e di conseguenza ridurre al minimo possibile la possibilità di con-tagio di irritabilità e stizza. Evitiamo il ristagno di caffè su bicchierini e razzine, la zanzarane va ghiotta e un eccessivo consumo la rende particolarmente fastidiosa. Trattamentiinsetticida per tastiere, mouse, matite, gomme, biro, trattopen, lampostil, cucitrici, leva-punti, nastro-adesivo, nastto-coprente, bianchetto, timbri, tagliacarte, etichette, carpette,cartelline, post-it, e altri oggetti di ordinario consumo. Le irritazioni persistenti e dolo-rose degli ultimi anni, provocate dalle sue punture, rendono indispensabile l'utilizzo direpellenti, e lì dobbiamo scrupolosamente rispettare dosi e modalità indicate sui fogliettiillustrativi, in fondo siamo degli insettucoli anche noi. Insettucci! insignificanti e puresenza gloria. Senza preavviso da parte di nessuna delle sue api sentinella, si materializzadavanti la nostra zanzara l'ape regina in persona. Chiede urgente richiesta d'incontro conl'intramontabile, con lo scarabeo sacro, per una faccenda delicata e d'ordine pubblico.La zanzara annuisce, ritaglia 10 minuti a margine dell'incontro con le associazioni dicategoria e della grande distribuzione dopo le 10 di oggi. L'ape regina soddisfatta viraall'indietro, la zanzara la raggiunge, le spalanca la porta, poi s'inchina, s'inciampa, l'aperegina le sbatte praticamente la porta in faccia, e lei, la nostra zanzara finisce in mezzo.Cade. Stecchita. Esanime. Inutile l'intervento del 118.

(Alessandra Scrofani)

Dopocena sono andata dalla Cinzia. La Cinzia era stesa sull'amaca in salotto, conil mal di pancia, pet colpa di un virus che ha preso venticinque anni fa in India.

Mangia solo il riso con l'uvetta e beve delle tisane di semi di finocchio. Si alza ogni ventiminuti pet fare la pipì. Dopo un po' che chiacchieravamo mi ha raccontato di una suaamica dottoressa, Rossana si chiama, quel che si dice un tipo quadrato, razionale, ma condelle sttanezze insospettabili. Ad esempio, quando si presenta a te pet la prima volta tida del Tu, ma quando ormai ti conosce, da un pezzo, da molti anni, improvvisamenteinizia a darti del Lei. La Cinzia ha detto che se ne è accorta una mattina che sono andate

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a fare colazione insieme al bar. La Rossana ha detto alla Cinzia, Lei cosa prende? - Lei chi?Un cappuccino, ha risposto la Cinzia, che subito non ci ha fatto molto caso, poi però laRossana ha continuato a darle del Lei, serissima, Vuole il croissant con la crema o quellointegrale al miele?Così, di punto in bianco. Come se niente fosse, dopo quindici anni di Tu ha iniziato adarle del Lei. Alla Cinzia le scappava da ridere, ma non sapeva come fare, perché lei laconosce bene la dottoressa, la dottoressa non ha il senso dell'umorismo, la dottoressa èmolto seria, è un tipo quadrato e razionale, non le piace che si rida di lei.Poi la Cinzia mi ha anche raccontato, che subito dopo l'università le compagne della Ros-sana, che erano devote a Saibaba, gli avevano scritto una lettera chiedendogli di avverareil sogno della dottoressa, allora laureanda, cioè di realizzarsi come medico della mutua edi avere un ambulatorio pieno di pazienti. Le compagne della dottoressa, molto devote aSaibaba, l'avevano fatto apposta, per dimostrare alla Rossana, che non credeva minima-mente nei poteri soprannaturali, che invece il potere soprannaturale, eccome se esiste.Che raccontavano, le compagne di università della dottoressa, che Saibaba faceva delleapparizioni pubbliche dove aggregava la materia, cioè creava. Cosi. Dal nulla. Producevadelle cose, degli oggetti, da una specie di cenere magica e durante queste apparizionipubbliche, se eri fortunato, potevi allungare a Saibaba un foglietto o una lettera con soprascritta una richiesta di grazia, oppure un desiderio. E la Cinzia mi ha raccontato, che leamiche della dottoresse poi, sono andate in India per davvero e sono riuscite a consegnareproprio nelle mani di Saibaba, proprio quella lettera là, la lettera col desiderio della dot-toressa di avere tanti mutuati.E poi com'è finita? ho chiesto alla Cinzia, che si era fermata per versarsi un altro po' ditisana.Eh... ha detto la Cinzia, la Rossana poi si è arrabbiata tantissimo con le sue compagnedi università, perché va bene lavorare, ma svenarsi di lavoro che non riesci neanche piùa respirare, è un altro discorso, che non riusciva mica a spiegarsi, la Rossana, il perché ditutti quei mutuati.Dopo, quando le sue compagne, fierissime, le hanno spiegato cos'era successo la Rossanasi è arrabbiata tantissimo e non le ha neppure più volute frequentare. Anche adesso,quando è molto atrabbiata per qualsiasi motivo, le viene una gran agitazione e si mettead urlare che è tutta colpa di Saibaba.

(Giorgia Vezzani)

No, che non l'ho vista la televisione ieri sera. Lo sai che da quando il povero Toninonon c'è più, dormo quando va bene, una notte sì e due no. Ieri notte si vede che era

quella buona. Pensa te, ero ancora dietro che lavavo quei due piatti che mi è venuto unsonno, ma un sonno, che mi è toccato piantar lì tutto e andare a letto.Mocché bella dormita, magari! Figurati te che mentre ero lì che sognavo di andare su peri Bregoli, e doveva proprio essere Pasqua perché c'era pieno di viole, sento una biciclettache scampanella. Era uno con la rnuntunbaìc che veniva giù a scheggia e a momenti mimette sotto.E allora mi sono svegliata, ma non era mica il campanello di una bicicletta, era quello

della porta. E sai che ora era? Le quattro e mezzo erano.Chi aveva suonato? Figurati te, uno che dentro al citofono diceva: Sono Cico, apri, apri,che qui fuori fa un gran freddo! Sono Cico!No, che non ho aperto, son mica matta aprire a quell'ora lì a uno che non l'ho mai ne-anche sentito nominare. Però c'è stato un invornito di condomino, non so chi, che gliha dato il tiro e io credevo che dovesse andare da lui questo Cico. E invece dopo un po'ho sentito l'ascensore che si fermava propio qui davanti alla mia porta e poi dopo hannobussato due o tre volte.Oi ben, che era Cico! L'ho guardato dallo spioncino!Com'era? Un ragazzo che non avevo mica mai visto, alto, ben messo mi è parso, però miè venuto da pensare, ma questo qui chissà se è ubriaco o se è fatto.No, non ho detto matto, ho detto fat-to. Magari aveva fatto l'aerosol con la coca, haicapito?Mecche la bibita, la cocaina!Cosa vuoi, che abbia aperto? No, che non ho aperto. Se ci fosse stato ancora Tonino sìche avrei aperto, che con lui non avevo paura di niente, sarei andata anche all'inferno colmio Tonino.Come hai detto? Che invece ce l'ho lasciato andate da solo?Ben, ma secondo te, cosa dovevo fare? Dovevo farmi dar fuoco sulla pira come le vedoveindiane?E poi stanimi bene a sentire. Tonino sarà anche stato un mangiapreti sfegatato ma etàbuono come un pezzo di pane, era. E se nell'altro mondo ci fosse la giustizia che in que-sto brutto mondo qui non c'è, Tonino adesso starebbe in paradiso, te lo dico io. Sempreche ci fosse il paradiso.Sìssì, non volevi, mo intanto l'hai detto.Com'è finita con Cico? L'ho sentito andare su è giù per un gran pezzo con l'ascensoree a tutti i piani bussava e suonava i campanelli e diceva aprite aprite! ma nessuno,propio nessuno, che abbia non dico aperto, mo nemmeno dato una voce. Neanche Ta-rabusi, che pare Camera, ha messo fuori il naso. Neanche il maresciallo... sì, quello cheracconta sempre di tutti i delinquenti da lui catturati con grande sprezzo del pericolo...sé, addio!Alla fine sono tornata a letto, ma non son mica stata più buona di dormire. Intanto,siccome tutti si erano svegliati, era partita la sinfonia degli sciacquoni al gran completo,che gli sciacquoni del mio condominio tutte le volte che tiri l'acqua non si contentanodi scrosciare, ma fanno anche un uhuhuhuhuhuh lungo lungo che sembrano dellebestie che fanno dei versi. Pare che dipenda dall'aria che mettono dentro nell'acqua, checosì si gonfia e se ne consuma meno di acqua.E poi, dopo un pezzo è tornato il silenzio, ma, ti dirò, io avevo il pensiero che non avevosentito il portone chiudersi, che quell'accidenti quando si chiude fa un botto come unacannonata. Che a me mi tremano sempre tutti i vetri e non so quante volte ce l'ho giàdetto a... coso, all'amministratore: quando i miei vetri si son rotti, me li paga poi lei?Come, cosa c'entra il portone? Il portone c'entra, perché se il pottone non si età chiusovuoi dire che Cico, dopo che era venuto dentro non era più andato fuori e era ancora lì

clii: girava per le scale.l:. se gli fosse venuta una gran tigna perché nessuno gli dava retta? E se gli fosse saltato inniente di dar fuoco alla casa alla zitta e cheta, magari cominciandopropìo dalla mia porta?Oi, son fatti che succedono, sai! Li chiamano actus... ractus, una cosa così. E con quelpensiero lì che mi frullava nella testa, figurati te se son riuscita a dormire.Ben, per finire, proprio cinque minuti fa ha suonato il maresciallo che ha detto: stamat-tina non c'era più, ma stanotte Cico ha dormito nell'ascensore, che lui, il maresciallo,aveva fiutato le tracce.Le ha chiamate le tracce, ma poi dopo quello che aveva sentito era solo una gran puzzadi vino.

(Mirella Giordani)

Scrivete una cosa dove siincrocino due registri.

Se l'Umbria è il "polmone verde" dell'Italia il Molise può a buon diritto essere considerato"la milza" del nostro Paese. Non certo per la sua inutilità quanto perche il Molise, come lamilza, è situato proprio nella porzione sovramesocolica della cavità addominale. Grazie aquesta invidiabile collocazione geografica il Molise è in grado di offrire molto ai turisti chedecidono di visitarlo: 15 chilometri di costa (in gran parte incontaminata), ben 2 vetteche si stagliano oltre i 920 metri di altitudine (con impianti sciistici aperti, negli stagionibuone, fino a 3 giorni l'anno), una tradizione culturale che non ha niente da invidiarea quella di altre regioni europee (per questo motivo il Molise è considerato una sorta diMitteleuropa in miniatura tanto che il famoso scrittore tedesco "lliomas Mann meditòa lungo, prima di optare per l'Hotel des Bains del Lido di Venezia, di ambientare il suoromanzo "La Morte a Venezia" presso l'Hotel "La Conchiglia" di Campobasso Marina),antichi borghi come Larino (fondata dai romani che subito però ebbero un ripensamentoradendola al suolo), cosmopolite ed affascinanti città d'arte come Isernia (presso il locale"Museo Civico" sono conservati un autografo, in attesa di autentificazione, di MimmoRotella ed una crosta giovanile di Mario Schifano), inusuali percorsi naturalistici lungo icanyon scavati nel corso dei secoli dall'impetuoso fiume Biferno. Discorso a parte meritail ricco patrimonio enogastronomico: basti pensare ai gustosi "strigoli con il Cilifone", ilRe dei formaggi molisani o ai "piccillad", gli appcttitosi ravioli ripieni di amarena e cotti,dopo accurata imburratura, nei tradizionali forni a legna.Molise: una regione che avrebbe molto da offrire, se solo qualcuno glielo chiedesse.

(Pietro Farà)

Massimiliano TaglientePietro Farà

Simona BrighettiMassimo BianconiNicoletta Bianconi

Lorenzo BiaginiPasquale Vollo

Milvia ComastriMirella Giordani

Alessandra ScrofaniMaria Mazzoli

Giuseppe MericoGiorgia Vezzani

Barbara Schiavina

[email protected]