SECONDO CONGRESSO NAZIONALE -...

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SECONDO CONGRESSO NAZIONALE DEL PARTITO SOCIALISTA ITALIANO Perugia 9, 10, 11 luglio 2010 1

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SECONDO CONGRESSO NAZIONALE DEL PARTITO SOCIALISTA ITALIANOPerugia 9, 10, 11 luglio 2010

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Il congresso è stato aperto da Claudia Bastianelli, della segreteria nazionale della FGS, che ha anche presieduto gran parte della prima sessione assieme a Pier Paolo Nenni. Dopo l'inno nazionale sullo schermo è passato un filmato,‘Paesaggio italiano’ realizzato da Gabriele Goretti e Danilo Gallipo, quindi il giovane attore Andrea Maurizi ha intepretato alcune riflessioni sul socialismo di George Orwell con il sottofondo dell'Internazionale nella versione unpluggedd di Alistair Hullet e Jimmy Gregory.Pierpaolo Nenni, nell' introdurre il congresso ha ricordato Leo Solari, Antonio Giolitti,Gino Giugni e Giuliano Vassalli tutti scomparsi negli ultimi due anni.E' poi salito al podio Aldo Potenza segretario regionale del partito umbro che ha porto il benvenuto dei socialisti umbri ai delegati.Successivamente la presidente della regione Katiuscia Marini e il sindaco di Perugia Wladimiro Boccali,rappresentanti delle istituzioni umbre, hanno salutato i congressisti con due brevi interventi.Prima della relazione del segretario, Nenni ha dato lettura del messaggio del Presidente della repubblica-''Il fondato richiamo alla nostra Costituzione quale imprescindibile punto di riferimento per lo sviluppo futuro dell'Italia si iscriveopportunamente nel sempre piu' diffuso convincimento della

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necessita' che ben mirate modifiche istituzionali ormai mature si definiscano attraverso un percorso condiviso nel rispetto dei principi fondamentali desumibilidall'intero impianto costituzionale''. Cosi' il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nel messaggio inviato al segretario del Partito Socialista Italiano, Riccardo Nencini, in risposta al saluto ricevuto in apertura del secondo Congresso nazionale.Il Capo dello Stato, nel messaggio, ha sottolineato ''il valore del lavoro come elemento fondativo della Repubblica e i connessi principi di giustizia sociale e di solidarieta', che trovano profonde radici nella tradizione e nel pensiero socialista, costituiscono ancor oggi, nel difficile momento attraversato dall'economia mondiale, linea guida essenziale per ogni azione di riforma e di sviluppo.In questo contesto, ritengo importante il vostro intendimento diriaffermare, ad ogni livello della societa' e in particolare per chiriveste funzioni pubbliche, l'esigenza di comportamenti improntati allasobrieta' e all'etica della responsabilita': e' quanto mai necessariocomprendere che il nostro Paese potra' imboccare una via di crescitasostenibile ed equilibrata quanto piu' l'attenzione agli interessiindividuali, settoriali e di corto respiro, lascera' il posto ad unalungimirante valutazione dell'interesse generale e visione del futuro''.

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Relazione di Riccardo Nencini

Chi eravamo, chi siamo

Nella nostra storia recente spesso ci siamo chiesti se il PSI dovesse continuare a vivere. Abbiamo risposto con una affermazione e per enderla possibile ci siamo affidati a tre diverse soluzioni:

• Unità Socialista e Costituente Socialista (1999-2008)• Alleanze elettorali sotto simboli e con nomi nuovi(1994-95-96-2001)• Ipotesi di un nuovo partito (RnP nel 2006 e Fed. nel 2004 e nel 2005)

Negli anni successivi al 1992 abbiamo rieletto socialisti in Parlamento confidando sulla 'rendita marginale', un concetto che Quesnay elaborò per le teorie economiche della Francia prerivoluzionaria: voglio quel terreno e, ancorché sia marginale, sono disposto a pagarlo perché mi è utile.

Il 2008 ha sconvolto la forma di organizzazione elettorale che aveva retto per tre lustri e l'ha sostituita con lo schema dei 'due giganti', un titanismo incompiuto che si rivelerà distorto – all'italiana – e che porterà al trionfo il centro-destra alleato con la Lega ed alla distruzione il centro-sinistra, oggi ostaggio di un neoradicalismo parolaio che lì si rafforza, che non è massimalismo ma soltanto antipolitica.

E' l'inferno in cui Veltroni ha precipitato la sinistra, novello Ugolino che rode il cranio dell'arcivescovo Ruggeri.

Il 2008 segna anche la fuoriuscita dei socialisti dal Parlamento, 120 anni dopo l'elezione di Andrea Costa.

Una doppia sconfitta, politica ed elettorale. L'1% dei voti raccolto in un assordante isolamento politico.

Tra il gennaio e l'aprile di due anni fa si materializza un terribile fantasma, peggiore di quello che apparve agli occhi di Nenni tra il 1924 e il 1925 – peggiore perché spogliato dalle vesti solenni della tragedia: tramonta per fallimento il progetto politico della Costituente Socialista e l'intero gruppo dirigente si dimette; il

bilancio economico è sano ma a zero; molti iscritti non rinnovano la loro adesione e troppi opportunisti cercano altrove la soluzione alle loro ambizioni, destra o sinistra non ha importanza, compreso i teorici ed i sostenitori di quella politica. Un esempio da non seguire quello di politici e intellettuali che tirano dritto di fronte allo specchio perché evidenzia le rughe. Il PSI è senza soldi, senza alleati e senza politica. Solo nella crisi peggiore che abbia investito la sinistra italiana ed europea.A Montecatini arrivammo così. Chi c'era ha salvato una storia ed un Partito – più o meno quello che accadde nel novembre del 1994 anche se allora c'era un manipolo di parlamentari - e lo ha fatto a condizione che il PSI non fosse soltanto testimonianza del passato ed il salvadanaio dei nostri ricordi. Non dobbiamo cadere nel vortice delle ossessioni che indussero il capitano Achab ad immolarsi nello scontro impari con la balena.E' il futuro ed è questa Italia la nostra storia presente. Il passato lasciatelo ai manuali di storia.Le iniziative di questi anni, la riapertura dell'Avanti della domenica e di Mondoperaio, un eccellente tesseramento e soprattutto i nostri eletti – circa 4.000 tra Comuni e Province e sedici nelle Regioni, un bel patrimonio - hanno fatto sì che il PSI continuasse a vivere.Superato il primo tratto della notte, dobbiamo chiederci come cambiare per restituire al PSI il posto che merita.Vanno fissate intanto due condizioni.I socialismi europei non sono immutabili come i dieci comandamenti, non sono tutti uguali e operano in terre che richiedono soluzioni differenti. Quando l’on. Castagnetti sostiene che ‘ la socialdemocrazia ha concluso la sua missione ’ si colloca – per dirla con il magnifico tedesco – tra ‘ gli ignoranti attivi ‘ (e a ricordarglielo, prima di noi, dovrebbe essere il Vice Presidente dell’Internazionale Socialista!).E’ una categoria cui si sono iscritti fino dagli anni ’70 democristiani intransigenti, comunisti nostrani e francesi, intellettuali avvezzi a frequentare il potere e financo i colonnelli greci. Tutti sorpresi, poi, da una vitalità entusiasmante.

Consiglierei infine di non abusare del termine ‘socialista’. Lo si usa spesso per definire la propria condizione quando si è collocati altrove, lontani dalla casa madre. Un modo per ricordare le radici dopo averle tagliate, sempre per nobili motivi naturalmente.

Pensate allo scontro violento tra il ministro Sacconi e la sindacalista Susanna Camusso su Pomigliano ed alla teoria di Salman Rushdie sull’elogio della contraddizione. Stesso partito per una vita, addirittura la stessa corrente, e da qualche anno un destino antitetico. Socialisti entrambi, dicono loro, ma con la memoria strappata dall’oblio oppure dalla mistificazione.La storia recente del ministro non è lontana da quella, tragica, dell'inflessibile Bombacci, il più fedele tra i discepoli della nuova religione. Ostico verso il testamento biologico (verrà domani Beppino Englaro a parlarne), demolitore senza scrupoli di qualsiasi idea nasca a sinistra, rinnovatore come si deve essere ma eccessivo nei peana all’indirizzo di Marchionne quando la Fiat vorrebbe elevare le norme applicate a Pomigliano a principi assoluti del diritto del lavoro. Compagni, attenti: il girocollo fa più vittime della cravatte.Ma neanche Susanna – e che la sua tenacia e la sua intelligenza le portino fortuna - dice la verità quando dichiara che ‘ la diaspora era già iniziata con Craxi ‘. L’unica diaspora che ricordo era quella esplosa nel PCI, diaspora di voti e di dirigenti (taluni vivi, vegeti e tuttora dirigenti del PD ma al tempo del Congresso di Bari – 1991 – pronti a sposare una causa diversa ).Entrambi trasformano la parola in una fisarmonica. Operazione che non si può fare salvo assimilare la parola ‘socialista’ al lampione che solletica i bisogni del cane.Noi non abbiamo l’esclusiva del nome ma potremmo dare qualche consiglio sotto forma di domanda: i socialisti possono stare nel PPE? I socialisti possono condividere un destino comune con Ciarrapico e con la sua collezione di cimeli mussoliniani? Troppa elasticità di pensiero...Meglio la banalità della coerenza. Meglio i fratelli Treves e Turati e le sorelle Modigliana e Bissolata di ‘Canale Mussolini’, lo Strega di quest’anno, e il colore con cui Pennacchi narra la sua storia, la storia negata in ‘Baaria’ dove i sindacalisti socialisti sono stati soppressi, prima dalla mafia e poi da Tornatore.

2. Questa Italia, questo mondo

Il 18 settembre 1806, nel fulgore dell’età napoleonica, Hegel consegna ai posteri una profezia: ‘ L’intera massa delle rappresentazioni che abbiamo avuto finora, le catene del mondo si sono dissolte e sprofondano ‘.

E’ la fotografia del nostro tempo. L’emblema di un profondo cambiamento.

- La globalizzazione ha spezzato la catena Stato-territorio-ricchezza, il circolo perfetto originatosi all’inizio della rivoluzione industriale e perfezionatosi in due secoli.- Si è avviata la ‘seconda’ globalizzazione, integrale rispetto alla prima. Nasce nel 2001 – l’11 dicembre 2001 – quando la Cina diventa membro del WTO. Il passaggio dal G7 al G20 è avvenuto in meno di una generazione: dalla triade dollaro/lingua inglese/democrazie occidentali detentrici dell’80% della ricchezza si è passati al cosmopolitismo economico - Cina-India-Brasile-paesi emergenti africani -, agli scogli su cui si sta infrangendo l’asse del potere politico americano, all’esplosione dell’informatica e della tecno-finanza. - La politica è morta, sopraffatta dal nulla o dalla finanza.

E' l'89 europeo il padre della rivoluzione. Oggi viviamo nelle scosse di assestamento finali e già sappiamo che nulla sarà come prima: moribondo il turbocapitalismo senza regole, tramontati gli antichi equilibri fissati sull’Atlantico, spazzata via l’autarchia dei piccoli e medi paesi (figuriamoci se ci sarà spazio per la Padania!).

Il nuovo ordine socio-politico che seguirà alla Terza Depressione richiederà Stati coesi e forti, più efficienti e meglio organizzati al loro interno, con un ‘comune sentire’ diffuso e vincoli di appartenenza alimentati da passione civica, ed una società della conoscenza aperta e vulnerabile alla scienza libera ed alle biotecnologie.

Potrebbe aver ragione il Presidente del Consiglio quando dice che l’Italia uscirà prima di altre nazioni dalla crisi ( grazie all’alto numero di case in proprietà, ai risparmi delle famiglie, al ‘nero’ come integrazione di stipendio, ad una bilancia dei pagamenti assai meno passiva di quelle di USA, Spagna, Francia e Inghilterra) ma Berlusconi dimentica che questa Italia non ha le condizioni strutturali per mantenersi nel nuovo ordine in una posizione di testa.‘ La crisi è alle spalle’ e Altan col suo ombrello direbbe: ‘Attenti al culo’.

Perchè?Perchè ‘ Nella repubblica dei cacicchi – è De Rita a parlare – l’unità politica dell’Italia si va sfarinando ’. E manca una cornice politica corale.Un’Italia stretta da tre deficit: di coesione sociale, di missione, di decisione. Crisi sociale, crisi economica, crisi politica.

A. Il potere si è parcellizzato. Potrebbe essere una virtù se fossimo una nazione perfetta ma non lo siamo. Sommiamo infatti divisioni a divisioni: Nord/Sud, ricchi/poveri, migranti/indigeni, inseriti per appartenenza/meritevoli per intelligenza, dirigenti/operai. Il localismo maturato nei confini nazionali non è diventato patria ma feudo.

La frammentazione è tra regioni e tra generazioni.Il PIL pro capite della Calabria è il 50% di quello della Lombardia. I costi della P.A., al contrario, primeggiano nel Sud. Metà della ricchezza è nelle mani del 10% della popolazione, affondano i più poveri e la classe media, artefice del secondo boom economico, si dibatte in una durevole fragilità, il segno più preoccupante del declino.

La riprova di un’Italia a coriandoli è nell’imbarazzo con cui si celebra il 150° dell’Unità. Comitati che si sciolgono e si riformano, coordinatori che si dimettono, finanziamenti tagliati. Eppure, nel nostro giro d'Italia, da Salemi a Teano, da Talamone a Marsala, abbiamo ricevuto attenzione ed applausi. Eravamo da soli, ma in compagnia della benedizione laica del Capo dello Stato.

La globalizzazione rafforza il desiderio di comunità. Più ci si apre, più si sente la necessità di marcare la distanza con il diverso, diffidenti e indifferenti.

Un giovane su quattro non ha lavoro e tra quelli che lo hanno, uno su due è precario.Esce tardi dalla famiglia (il 59% dei 18/34enni vive con la madre) e solo raramente partecipa alla vita pubblica associata.

L'Italia non è un paese per giovani!

Non c’è ricambio generazionale nei luoghi del potere economico, politico, finanziario. I figli dei professionisti subentrano spesso nello studio dei padri e la perseveranza dinastica blocca ogni movimento nella scala della gerarchia sociale. Si manifesta solo un miglioramento nell’accesso di laureate nei vertici della burocrazia statale. Poco ma meglio di niente.

L’Italia è invecchiata, nell’età dei suoi cittadini e nei brevetti che registriamo, indice di una creatività impoverita. E la burocrazia impera. Ieri come oggi. Chiedete a Filoteo Alberini, nato ad Orte nel marzo del 1865. Progettò il kinetografo nel 1894 e registrò l’invenzione ma il Ministero dell’Industria rilasciò il brevetto un anno dopo – un anno per mettere il bollo su un brevetto! – nel dicembre 1895, proprio nei giorni in cui i Lumiere proiettavano per la prima volta a Parigi ‘ L’arrivo di un treno alla stazione di La Ciotat’.Filoteo aveva inventato il cinema ma la gloria – e la velocità della burocrazia francese - premiarono i fratelli Lumiere.

E’ esplosa la disaffezione politica – astensione dal voto, crollo delle iscrizioni ai partiti, disinteresse e caduta della partecipazione civica - ed anche regioni ad alto tasso di ‘civismo’ (Toscana, Emilia R., Liguria, Lombardia) allontanano la loro sensibilità dai luoghi istituzionali.

B. Eurispes sostiene che l’Italia abbia smarrito la sua missione. Campa senza vivere. Un manipolo diffuso di piccole e medie imprese, un esercito dimezzato di gente che lavora regge un’architrave troppo onerosa per le sue sole forze mentre parte del paese resta in mano alla criminalità organizzata.Negli ultimi quindici anni l’Italia non è cresciuta: la ricchezza si è ridotta, i risparmi si sono impoveriti, molte imprese sono oggi meno competitive di ieri, gli investimenti in ricerca, istruzione e scienza sono stati tagliati. Abbiamo però certezza di due dati: la promessa riduzione delle tasse si è capovolta in aumento della pressione fiscale (Italia quinta in Europa con il 43,2%, oltre il 50% se consideriamo il sommerso); la spesa pubblica è cresciuta nel decennio del 4,6%. Il contrario di ciò che era stato giurato e firmato di fronte ad un solerte Bruno Vespa.

Naviga nel placido mare della fiducia la 'manovra Tremonti’.Con un colpo di telefono Emma Marcegaglia è riuscita dove regioni, comuni e province avevano fallito. Quattro minuti e ventotto secondi per riprendersi 2 miliardi di euro. Nel rapporto tempo-denaro, pesa più Emma di tutte le squadre di basket dell'NBA.Una manovra necessaria eppure iniqua perchè non ha ripartito i sacrifici secondo giustizia.Cominciamo, noi, intanto, a distinguerci.I legislatori del centro-sinistra nelle regioni applichino addizionali IRAP a banche ed assicurazioni, che possono pagarle, intensifichino la lotta all’evasione fiscale siglando protocolli di collaborazione con Guardia di Finanza, Comuni ed Agenzie delle Entrate – tra Valentino, il suo entourage, i ‘noti’ di San Marino e gli ignoti della lista Falciani siamo di fronte ad una evasione complessivamente superiore alla prima Tangentopoli - ed invochino la ‘tassa di scopo’ che i turisti dovranno sostenere. Ho una proposta da avanzare all'amico Bersani –... al compagno Bersani, che non si offende - e presto ne parlerò anche con Vendola. Socialisti, PD e SeL sostengano in Italia le misure avanzate dal PSE e condivise dalla Merkel e da Sarkozy: imposta sulle banche, tassa sulle transazioni finanziarie – tra il 2008 ed il 2009 i governi si sono comportati da socialisti con le banche e da liberisti con i cittadini -, controlli più severi dei derivati e dei soggetti speculativi, reddito minimo garantito vincolato alla formazione professionale oppure allo svolgimento di servizi vantaggiosi per la comunità .

C. Ma l'aspetto più grave della crisi politica italiana consiste nella sconfitta della speranza, oppressa dall’angoscia che è l’impronta del tempo. L’aspetto più eclatante consiste invece nella riscoperta del cesarismo locale. Mi riferisco a quella pletora di capi periferici che nel loro destino hanno infisso il gene di combattere, sempre e comunque, il potere politico centrale. Governatori e sindaci che le leggi dello Stato hanno reso intoccabili, eletti in Sicilia o espressione dell’indipendentismo sardo, dei movimenti autonomisti o delle aree pedemontane che faranno pagare caro il loro sostegno a questo o a quel candidato alle prossime elezioni politiche. L’aspetto ‘immateriale’ eppure clamoroso la debolezza delle istituzioni, logoratesi negli anni ’90 e mai profondamente riformate, lesionate da leggi elettorali di valore costituzionale (premier scelto

di fatto dagli elettori e non più dal Capo dello Stato) che si pretendono immutabili dentro una cornice di minacciata modifica della Carta senza affidarsi alla sovranità del popolo.L’aspetto ‘plateale’ della crisi politica italiana un bipolarismo a doppia imperfezione: la durevole assenza di una leadership a sinistra e il logoramento della leadership a destra; il ruolo centrale, in entrambi i poli, dei partiti medi alleati, in un caso per governare, nell’altro come incursori.Sarà più complicato affrontare in Italia la crisi della democrazia rappresentativa nata nell’800, il crollo dei votanti, il radicalismo esposto nelle piazze come il Santo in una Via Crucis, il declino delle assemblee elettive e la conseguente tendenza, alimentata anche a sinistra, a rifugiarsi nell’uomo del destino.Ci salva l'aspetto “giocoso”: Apicella elevato a poeta di corte. E dire che Mecenate aveva come cantore Virgilio.

Le correnti dei partiti di ieri sono diventate le fondazioni di oggi. Una quarantina, suddivise per partiti, per regioni, per istituzioni, per deputati, senatori ed eletti di ogni altro ordine e grado. A destra in particolare.Le difficoltà di Berlusconi non nascono dalla condotta di Fini. Nascono dalla forbice tra promesse, impegni mantenuti e leggi fatte o da fare in omaggio al Signore in un’Italia più debole e più insicura. La percezione netta, insomma, anche tra chi ha votato per il Popolo della Libertà, che gli interessi privati prevalgono sulla ragion di Stato.Anche Berlusconi ha ammesso, per la prima volta una settimana fa, che vi sono dei problemi e che le cose non vanno. Bontà sua.C’è solo da augurarsi che Fini scelga in fretta ma non lo farà.Mai visto il Presidente di una Assemblea Legislativa - terzo rispetto alle parti - muoversi come sta facendo lui, una dama sulla scacchiera. Ricordo la fermezza di Pertini, la dignità statuaria della Iotti, i foulards della Pivetti, la competenza pragmatica di Casini e, appunto, il movimentismo di Fini.

E’ la Lega a trovarsi a suo agio. Partito indigeno e nazionale, l’intero nord infeudato ed un leader al

di sopra delle contestazioni, l’unico. La Lega governa una delle terre più ricche del pianeta e quando parla di separazione non scherza. Si prepara e intanto si scinde dal suo passato: antisistema vent’anni fa, oggi è l’architrave del sistema ed il supremo difensore dell’ordine: non una parola che non sia stata una giustificazione sui tanti colpiti nella nuova tangentopoli. Dal cappio sollevato in Parlamento a partito che fa da ‘palo’ alla morte dell’etica della responsabilità. Una evoluzione sorprendente, altro rispetto alla durezza del Bossi conosciuto. E invece…mai fidarsi.La Lega ha due partiti: quello che governa il territorio, radicato, attento, attivo, e quello romano, con un eccellente Ministro degli Interni ed un palese conflitto di interessi tra Tremonti e Berlusconi.

Le tre crisi stanno generando un’Italia disarticolata, impaurita, sconnessa.Quando la poderosa macchina dell’economia, terminata la sua riorganizzazione, si sarà rimessa in cammino, al centro della scena resteranno solo Stati coesi ed efficienti, attrezzati per competere nella globalizzazione integrale. Le misure tampone non basteranno se non saranno accompagnate da senso dello Stato, dalla riforma delle istituzioni e del sistema fiscale e soprattutto da investimenti sulla ricerca ed a sostegno delle imprese.

In un quadro così debole il federalismo fiscale o sarà solidale o sarà dirompente. Se seguiamo, come consiglia Borghezio, ‘l’ordine naturale delle cose’, le fratture si faranno irreparabili. In latino la parola ‘Foedus’ ha due significati: brutto, orribile e patto, unione. Dipende dal legislatore stabilire il significato della riforma.

C'è da sperare che sia la politica la nostra zattera.Sarà la politica a riscrivere le regole di un nuovo e diverso capitalismo; sarà la politica a tracciare una Tabula mundi del diritto universale; e sarà ancora la politica, esiliata nel cuore degli anni '90, a riprendersi questa Italia senza né capo né coda. Sarà la politica a tracciare una visione della società e sarà su questo disegno che destra e sinistra divergeranno. Perché destra e sinistra non sono affatto tramontate e non sono affatto uguali.

La destra ha già scelto. Ha sposato la triade tremontiana ‘Dio,

patria, famiglia’ con una pervicace irresponsabilità pubblica della quale il caso Brancher è solo l'ultimo sigillo. E’ la sinistra ad essere in ritardo, un colpevole ritardo accentuatosi con la fine dell’ordine imposto sulle acque tra Reno e Danubio e con la debolezza degli Stati nazionali nei quali aveva riposto le sue certezze.La vita di ciascuno di noi non è più avvolta in una massa indistinta di donne e di uomini e le opinioni si formano libere da ideologie e secondo la centralità dell’individuo (dal juke-box si è passati all'i-pod). E’ morta la ragione positivista che ha sostenuto le plebi proletarie nel sogno delle magnifiche e progressive sorti del progresso. Lo stato sociale, realizzato nel cuore del Novecento anche grazie alla crescita del debito pubblico, manifesta ovunque una pericolosa fragilità.

La sinistra ha reagito al cambiamento senza aver saputo leggere la trasformazione radicale della società italiana. Ha preferito affrontare il tema in termini politologici. Seppellire l’Unione – e con l’Unione il suo ultimo Presidente del Consiglio – e sostituirla non con un asse riformista orientato verso l’Europa ma con un accordo spartitorio, libera interpretazione della 'strategia del predellino'. Un sistema maggioritario bipartitico imposto con la forza dei numeri per dividersi l’intero polo progressista. Via Prodi, fuori i socialisti, in minoranza miglioristi e socialdemocratici diessini.Ci ha pensato Silvio a mescolare le carte e a ridurre Veltroni e Bertinotti come il bradipo Sid nell' “Era glaciale”: afferrato il cocomero, gli sfugge di mano mentre si appresta a mangiarlo.Le sconfitte elettorali e il mancato decollo del bipartitismo cambiano anche la natura del P.D.Il Partito Democratico di Bersani non è più quello pensato in Campidoglio, la tardiva incarnazione del sogno berlingueriano del compromesso storico. Un sogno tramontato perché, nonostante la buona volontà di storici di parte e nonostante la capienza del Pantheon, De Gasperi e Togliatti non possono convivere, perché la battaglia di civiltà dei socialisti, del sen. Marino e dell'attuale segretario del PD a fianco di Beppino Englaro sono considerate apostasia da Fioroni, perché i film con Peppone e Don Camillo protagonisti, benché in bianco e nero, fanno ancora audience in Tv.

Il P.D. non deve crescere dentro la famiglia del socialismo europeo perchè glielo chiediamo noi. Deve farlo perchè quella è la strada maestra per sciogliere il nodo con la storia che l'89 ha portato in superficie e diventare così il cemento di una coalizione vincente. Se la legna che alimenta i bracieri del centro-destra si chiama paura, quella paura si batte con un progetto fatto di certezze e di passione. Certezza per la sicurezza personale, certezza di un lavoro e di un tetto sotto il quale vivere, certezza per la scuola dei figli, certezza che il treno o l’autobus arrivino in orario, certezza che l’ufficio pubblico sia veramente aperto al pubblico nell’orario previsto.Per battere la paura serve una 'forza tranquilla' che ancora non c'è e che può nascere dentro il futuro del socialismo liberale.

Presentiamo oggi il profilo di questa forza tracciando qui il PROGETTO PER L’ITALIA e chiediamo ai riformisti del fare di valutarlo con noi, di discuterlo, di emendarlo, di condividerlo.E’ il portolano per sciogliersi dalle consuetudini del passato e per rompere tradizioni che sono diventate corporativismi, scudo per i già protetti, racconti che ci piacciono perché rassicurano la società che ha più voce, la società organizzata, ma che sono il sigillo della disuguaglianza e della ingiustizia.I fattori decisivi attorno ai quali costruire il ritorno al governo sono il merito, l’inclusione, la responsabilità, l’identità e l’autorità.

Includere atipici e flessibili, quel “terzo popolo” che ha retto l’economia italiana nel vortice della crisi senza avvalersi di nessuna tutela. Uno su sei ha perso il posto lavoro e nessuno ha scioperato per ricordarlo. Afoni. Invisibili. Anche per il sindacato, organizzato ancora oggi secondo lo schema imposto dalla società industriale di massa. Quasi quattro milioni, in larga parte diplomati e laureati, senza pensione, senza ferie, in molti contratti senza diritto alla maternità. Meritano uno “Statuto dei Lavori” che li protegga?Includere significa considerare i cittadini non solo come produttori ma anche come consumatori, imporre la parità di genere, consentire ai migranti in regola con la legge di godere dei nostri stessi diritti.

Il Merito è il principale strumento per tendere alla giustizia sociale, stabilire una uguaglianza di opportunità e sconfiggere il familismo

amorale. Nei luoghi di lavoro non limitarsi a premiare solo l’anzianità ma riconoscere il talento, valutare le tante prestazioni che un uomo e una donna producono in una vita, promuovere eguaglianza e combattere l’egualitarismo. Riformare la riforma universitaria che ha istituito la laurea breve, inutile per accedere al mercato del lavoro, valutare la professionalità dei docenti universitari come stanno facendo alcuni atenei, apprezzare gli insegnanti delle scuole pubbliche e delle parificate ed agganciare indissolubilmente – come recita l’art. 34 della Costituzione – la scuola alla capacità ed all’impegno degli studenti, premiando i meritevoli e capaci. Il merito, infine, riguarda – eccome se li riguarda – amministratori e legislatori. La polemica di Tremonti verso alcune regioni sull’uso limitato dei fondi comunitari può essere considerata pungente ma ha un qualche fondamento. Leggere quanto hanno impegnato di quei fondi Sicilia, Calabria e Campania. Lo specchio dell’inefficienza! O dobbiamo ancora tacere per rispetto dei 'compagni che sbagliano', proprio noi che siamo stati gli unici ad uscire, nel 2007, dalla giunta campana?

Il governo della cosa pubblica, il comportamento degli amministratori, la condotta civica richiedono rigore e responsabilità. La responsabilità verso chi si trova nella condizione del bisogno non è solo quella che discende, con mano pubblica, dall’alto verso il basso. E’ sussidiarietà, mobilitazione di risorse aggiuntive (guardate all’accordo raggiunto dal sindacato con l'azienda Del Vecchio) per coprire nuovi rischi e favorire la nascita di una “welfare community” adeguata al nostro tempo.E’ la responsabilità individuale intesa come partecipazione. E’ la responsabilità che deve nutrire un partito sulle cui ceneri è stata costruita la Seconda Repubblica, lo scudo verso il male. Guardate un po’ com’è finita. Nella classifica sulla corruzione stilata da Transparency International, l’Italia è salita al 63° posto ed è in progressivo peggioramento: corruzione, sperperi di denaro pubblico, frodi comunitarie, ministri senza ministero, abusi di potere, festini bipartisan (in entrambi i sensi...), evasioni fiscali e contributive, illegalità diffusa, nessuno escluso, partiti e direttori di carcere inclusi.

Se il trasformismo facesse guadagnare abbuoni al Tour de France, l’On. Azzolini Antonio, autore degli emendamenti alla manovra che hanno fatto sobbalzare il Presidente, avrebbe spodestato Armstrong da un pezzo: militante del PDUP, poi dei Verdi, quindi del PCI che seguì dentro il PDS, un allungo verso il Partito Popolare e finalmente Parigi: nel PdL.Sostiene la Corte dei Conti che il peso di questa seconda tangentopoli è pari a 50/60 miliardi di euro annui.Non era impossibile prevederlo e noi l'avevamo previsto fin da quando, tra la XII e la XIII legislatura, ci venne negata l'istituzione di una Commissione Parlamentare d'Inchiesta. Le nostre prime campagne pubbliche verranno indette in autunno, saranno tre e si occuperanno di etica pubblica e di costi della politica: abbassamento delle indennità dei consiglieri regionali alla misura stabilita nel 1970 ( stessa attività, stessa indennità); leggi per rendere le lobby trasparenti, nelle regioni, nei comuni, in Parlamento; finanziamento pubblico solo ai partiti che siano in regola con la Costituzione.Se l’art. 49 della Carta lo avesse scritto Calamandrei, pochi tra i partiti di oggi avrebbero accesso al finanziamento pubblico.Ricopieremo le sue proposte e chiederemo ai Presidenti di Camera e Senato di inserirle tra le norme che regolano l’elargizione. In sintesi: certezza nel sistema di elezione del segretario e degli organismi dirigenti del partito; possibilità di iscriversi e opportunità di partecipare alla vita del partito senza altro vincolo che il rispetto della legge e dello statuto; discussione e approvazione del bilancio e del consuntivo ad ogni livello.Applicate questi criteri e l’erario pubblico risparmierà qualche milione di euro.Dimenticavo: c’è qualcuno tra i delegati che abbia costituito società con la moglie per ritirare finanziamenti pubblici destinati al partito o che, con quei denari pubblici, abbia acquistato abitazioni? Alzare una mano per favore che lo candidiamo d’ufficio alla segreteria.Viviamo da tre lustri in una traballante transizione che chiamano 'Seconda Repubblica', ostaggio di una più lunga, più larga e più onerosa questione morale perché la terapia prescelta nel cuore degli anni '90 è stata solo giudiziaria e non politica. Ma non ricordo un socialista – un solo socialista in questi anni– rinviato a giudizio o condannato per reati contro la pubblica amministrazione, per corruzione o per concussione.

Il rispetto della legge e l’osservanza del dettato costituzionale rappresentano il primo principio di autorità. Vale per tutti coloro che vivono dentro i confini dello Stato, anche per quanti si aggirano nei dintorni del Colle in cerca di notorietà ma senza argomenti. Hanno scritto che il PSI è il 'partito del Presidente'. Troppa grazia...Facciamo solo il nostro dovere di italiani.E da italiani sappiamo che non può esistere una differente interpretazione della norma, una disparità nel diritto nemmeno per le comunità straniere che si sono insediate in varie province italiane. La tendenza di certa sinistra e di certo cattolicesimo a sottovalutare reati e peccati oppure a riconoscere i diritti della comunità come superiori ai diritti della persona hanno consegnato pezzi d'Italia a sceriffi scelti con il voto libero e segreto. Ne sono esempio Prato, Sassuolo ed una schiera di comuni medio-piccoli disseminati tra la via Emilia e l'appennino toscano, neofiti nell'universo leghista. Mi chiedo: quando viene infibulata una ragazza somala restiamo in silenzio per rispetto della comunità di appartenenza? Quando le condizioni lavorative di un operaio cinese, e la sua retribuzione, non corrispondono a nessuno dei parametri previsti dalle nostre leggi, restiamo in silenzio per non creare attrito con la sua comunità? Ho sempre il timore che la nostra risposta sia in dissenso con chi ci sta politicamente vicino. Eppure la nostra risposta è quella di Ciampi Presidente: “Duri con chi delinque, buoni con chi rispetta la

legge.”

Uno dei campi in cui l’autorità si manifesta – quello del rapporto tra lo Stato, il cittadino ed i mezzi di informazione - strilla da settimane dai post it gialli. Tra i contestatori – tra i quali annovero anche il mio partito - non sono pochi quelli che hanno dimenticato come il potere statuale non possa violare i luoghi più sacri del privato. Perchè non è giusto e perché si cancellerebbe l’art. 15 della Carta. Il potere senza controlli, l'arbitrio, è stato narrato di recente in un magnifico film, ‘ Le vite degli altri’: la storia di un massacro di umanità nella Berlino dell’Est degli anni ’80. Dovremmo obbligare a vederlo chi grida ‘ Intercettateci tutti ‘. Infatti una cosa è limitare la libertà di stampa, altro è fare in modo che taluni magistrati non si muovano con troppa disinvoltura. Ha dichiarato in una intervista Gherardo Colombo che ‘la riservatezza va garantita ‘ e che ‘alcuni magistrati dovrebbero rivedere il loro rapporto con le regole ‘. Sottoscrivo ed applaudo.E sottoscrivo infine la proposta di riforma della giustizia – che del corretto esercizio dell'autorità è garante – che il ministro Alfano ha annunciato: separazione delle carriere e doppio CSM. La stessa proposta di legge che i socialisti Buemi, Crema, Del Bue, Di Gioia, Piazza ed altri presentarono nella legislatura conclusasi due anni fa.

L’esercizio primo dell’autorità spetta allo Stato. Laico. (Forse dovremo proporre la riforma dell'art. 1 della Carta. Prima di “fondata sul lavoro” e dopo “Repubblica democratica” aggiungere “laica”).L'autorità riposa, sempre, nelle mani dei cittadini. Scelgano i cittadini i loro rappresentanti in Parlamento dentro un sistema che dia centralità all'assemblea e riporti i tre poteri in equilibrio.

La sinistra deve conservare la sua tendenza cosmopolita dimenticando di essere l’erede del terzinternazionalismo e ricordandosi di essere soprattutto ‘nazionale’. Insomma, deve coltivare di più e meglio le identità territoriali, le storie minori, deve agganciarsi ai fatti quotidiani ed alle sensibilità che suscitano.Il legame con il territorio, la presenza nelle comunità intermedie è la strada maestra per cancellare le paure e costruire il futuro. Non basta eleggere 'Carlin' Petrini in un organismo di partito.

Bisogna che il partito diventi ‘glocal’ come lui.'Glocal' significa preparare una nuova generazione di amministratori municipali e legarli alla soddisfazione dei problemi quotidiani; significa educarli ad ascoltare i cittadini ed a coinvolgerli nel governo della comunità; significa contendere il terreno palmo a palmo dove la Lega va ogni giorno a sporcarsi le mani.

3. Fare l’Italia, rinnovare la sinistra

Senza un Progetto, il destino dell'Italia è vivacchiare.Rischiamo la fine dell’Italia del ‘500, piccoli stati in guerra tra di loro mentre Francia e Spagna e poi Inghilterra e Olanda dominano i mari con vele e cannoni. Il tempo in cui il Mediterraneo divenne un lago di nessuna importanza e l’Atlantico il centro di straordinari interessi internazionali.Un lungo purgatorio è alle porte se non si inaugura una fase politica nuova; una fase che questo governo, per ammissione dei suoi stessi componenti, non è in grado di aprire. Può garantire una stanca navigazione in prossimità della costa, non sostenere la sfida di riforme di civiltà.Il voto espresso due anni fa dagli italiani – il più favorevole per chi governa dal 1948 - è stato disatteso dalla maggioranza su tre fronti: l'unità della coalizione, la certezza della leadership, l'efficacia dell'esecutivo.Una condizione irrimediabile e pericolosa. Irrimediabile perché le tensioni economiche non si sono ancora attenuate e nemmeno Tremonti sa se questa manovra sarà l'ultima. Pericolosa perché Berlusconi predilige le elezioni anticipate, evento al quale il Presidente della Camera pensa con angoscia.L'intero vertice di maggioranza obbligato a vivere nel vago quando l'Italia avrebbe bisogno di certezze.Inutile girarci intorno.Servirebbe un GOVERNO ISTITUZIONALE ANTICRISI che coinvolgesse la maggioranza e le forze più responsabili dell’opposizione, unite da un patto per realizzare le riforme più urgenti, un programma minimo per condividere la prossima Finanziaria, per eleggere – tornando alla sovranità popolare - una Assemblea Costituente che non tocchi il Titolo I della Carta ma stabilisca se la Repubblica Italiana debba essere presidenziale o a centralità parlamentare, per costruire

coralmente il federalismo fiscale e per cambiare la legge elettorale. Come accadde nella Germania del 1966, fissata una nuova cornice statuale – quella che a noi piace chiamare 'Terza Repubblica' – la Grossekoalitionen condurrà l’Italia a nuove elezioni e avremo vincitori e vinti nel rispettivo legittimo riconoscimento.E’ ciò che serve per entrare nel mondo che bussa alla porta. Una fase transitoria necessaria per l’Italia e utile per la sinistra.

La coalizione che alcuni mesi fa si è presentata in Piazza del Popolo non è, da sola, la rappresentazione dell’Italia che vorrebbe giorni migliori.Assomiglia troppo alla nazionale di Lippi: squadra vecchia, deboli attese in omaggio al passato, un presente incerto. Manca un leader condiviso, manca un progetto da sottoporre agli italiani e, se Casini dice il vero ( ‘se devo marciare al fianco di PRC, di Di Pietro e magari della D’Addario, rispondo no grazie ‘), mancano anche i numeri per stare in campo.L'unica cosa che non manca sono i candidati alle primarie. Situazione imbarazzante perché è ignota l'alleanza e altrettanto ignote sono le regole con cui le primarie dovrebbero tenersi.Chi volesse vedere il bicchiere mezzo pieno potrebbe obiettare che le idee ci sono sempre state, che le elezioni, di questi tempi, sono un terno al lotto e che in Europa, quanto a candidature, ci si affida al leader del partito più rappresentativo.Ma noi non siamo così ottimisti. Lavoriamo per essere più ottimisti. Perchè agli italiani sia data una prospettiva che possano tranquillamente scegliere.Difficoltà economiche e malessere politico-istituzionale porteranno Di Pietro e la sinistra antagonista a radicalizzare le loro posizioni. Faranno delle aule parlamentari il proscenio del loro spettacolo, elevando, in compagnia di giovani e di consunti ex missini, l'urlo a disegno politico ed accarezzando il pelo all’ala massimalista del sindacato. Storia già vista. La strada maestra per correre incontro all’ennesima sconfitta. Buon viaggio! La storia d’Italia insegna che nelle fasi di rottura più acute, quelle in cui la contrapposizione riveste un carattere traumatico, la forte divisività favorisce la destra. Se il centro-sinistra non si presenta con un volto affidabile, cade. E’ già successo: nel 1948, nel 1994, nel 2008, e successe così anche tra il 1919 ed il 1922.

Va dunque tracciato un perimetro più attrattivo del centro-sinistra. Per poterlo fare, occorre però, e prioritariamente, far sapere chi siamo.So bene che questo ragionamento ha un diritto di cittadinanza intermittente, che è nelle corde di parte del PD – sicuramente in quelle di Bersani – e talvolta nei pensieri del Presidente della Puglia. Ma il chiodo va battuto ora. E con forza.La nostra famiglia è il socialismo europeo. Una famiglia dove vivono nonni ingombranti anche se noi preferiamo lavorare a fianco dei nipoti. Una famiglia con tradizioni da preservare e da allargare a nuove esperienze – e tra queste a S.E.L. - e che ha per carta d’identità il riformismo forte e l’innovazione.In nessuna delle grandi democrazie europee, la sinistra – cioè i socialisti, i laburisti o i socialdemocratici – è alleata con movimenti antagonisti e populisti, esattamente come la destra francese non governa con il Fronte lepenista. I verdi francesi di Cohn-Bendit sono ambientalisti seri e radicati esattamente come lo sono gli autonomisti spagnoli che sostengono Zapatero. La Catalogna non pensa affatto di dividersi dalla Corona.Magari l’Italia fosse Europa.Secondo questo schema, ed anche secondo noi, meglio Casini e Rutelli di Di Pietro, di Grillo e dei forcaioli che spazzano le piazze, che invocano il rispetto della Costituzione e poi pretendono che Napolitano diventi il vessillifero di una tifoseria, che si battono contro la censura – e fanno bene – ma si dimenticano di domandare a Santoro come si faccia a misurare la censura in euro. Il socialismo liberale, cari compagni, caro Pierluigi, ha vinto nel tempo ogni ipotesi di ‘terza via’. E’ caduto ed è risorto, ha accolto nel suo seno radicali come Mitterand e li ha fatti presidenti, cattolici riformatori come Jacques Delors e li ha posti alla guida dell'Europa, moderati come Strauss-Khan, si è aperto a movimenti figli del cattolicesimo democratico – è avvenuto in Italia con le ACLI e con il socialismo cristiano di Walter Tobagi, in Belgio, in Spagna; in Inghilterra e in Svizzera nel dialogo con la tradizione protestante -, ha eletto Pierre Carniti ed esuli delle dittature dell'est al Parlamento Europeo, annovera in mezzo continente sindaci e presidenti di regioni che al contempo sono donne e uomini di fede oppure eredi della tradizione liberaldemocratica.Quella grande casa è ancora oggi la casa materna.Non un pezzo di questa storia preclude al PD la possibilità di farne

parte, tanto più oggi che il ‘melting pot’ veltroniano – come lo chiama Marc Lazar - è fallito.Sciolto questo nodo, tutto diventerebbe più facile. Più facile liberarsi dall’abbraccio di radicalità ingombranti; più facile avere la disponibilità del nuovo partito della Nazione; più facile presentare agli italiani un racconto credibile, realistico e politicamente competitivo.Il nuovo centro-sinistra italiano nasce da qui.

Un ‘Patto per l’Italia’ sottoscritto da cattolici liberaldemocratici, da socialisti liberali, dalla sinistra delle 'fabbriche', da ambientalisti e radicali e da quelle liste civiche maturate al servizio del buongoverno delle città.C’è un’altra strada? E’ una strada praticabile la resurrezione della litigiosa Unione? O forse l'alleanza tra salotti buoni e kefiah è l’altra via? Sentieri che si perdono nel nulla del deserto ma in pochi hanno la perseveranza del Battista per resistere alla sete.

Un 'Patto per l'Italia' che trasformi le elezioni comunali del prossimo anno in occasione, nella prima delle opportunità. Né a Torino né a Napoli né a Bologna vi sono sindaci che possono ricandidarsi. A Milano, a Trieste ed a Palermo suggerisco di non ripresentare i candidati sconfitti quattro anni fa.Non si aspetti l’autunno per definire regole e programmi. Non consentiamo che le primarie da strumento per partecipare e per scegliere divengano una scala con pioli traballanti. Vanno capitalizzati i buoni risultati ottenuti in maggio in Sardegna, vanno ascoltate le esperienze civiche e fatte sedere allo stesso tavolo a cui ci sediamo noi e va preso l’impegno a conferire il diritto di voto ai sedicenni, almeno nei Consigli di Circoscrizione.Per farlo urge un luogo permanente di confronto e di elaborazione che i partiti aprano al volontariato, al mondo della conoscenza, al terzo popolo, alla società organizzata, alle partite IVA. Un luogo fisico ed un luogo virtuale dove gli italiani possano andare e dire la loro.

4. Un partito nuovo

Chi è qui, altrove non si sentirebbe a suo agio. Non sarebbe a casa. Ospite magari, servito e riverito. Ma senza l’accesso al frigo.E’ una buona ragione per continuare. La prima di molte. E se l’idea è ancora buona, conviene che vi sia un partito a rappresentarla. Non nel culto dell’identità solitaria, del ‘come eravamo’, ma accettando il pungolo di ciò che saremo, mescolandosi al futuro con il piglio degli eretici.

Il PSI diventerà, nei prossimi due anni, un partito di militanti e di campagne che condurremo con differenti compagni di viaggio.Un partito di militanti, di donne e di uomini che si iscrivono e di sostenitori di questa o di quella campagna pubblica perché, a dirla con Nenni, ‘ un fatto vale più di una montagna di ipotesi ‘.

Nove saranno le novità:- sedi riaperte almeno nei comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti, concesse anche a liste civiche compatibili con i

nostri obiettivi e fruibili da parte di associazioni di volontariato- ricorso alle ‘Primarie delle idee’ sia su grandi questioni nazionali sia su temi di rilievo locale. - Costituzione di ‘Consulte degli eletti’ in tutte le regioni ed a Roma.- Patti federativi con movimenti e partiti con i quali condividiamo un pezzo di futuro, riconfermando intanto il legame con l’Associazione Lib-Lab di Jim Cassano e di Beatrice Rangoni Machiavelli, con il Partito d’Azione e con il Partito dei Pensionati. E proponendo a laici, radicali e democratici, a SEL ed ai Verdi di Angelo Bonelli di riunirsi, ciascuno nella propria autonomia di partito, in una Convenzione che discuta le riforme che affronta il Parlamento. Un controparlamento luogo di azione politica aperto a tutti i soggetti riformisti nati in questa Italia.- Favoriremo l'apertura nelle grandi città di Club tematici che alimentino battaglie di civiltà.- Un Congresso annuale da convocare in una capitale del mondo. Il primo si terrà tra l’inverno e la prossima primavera a Gerusalemme e sarà dedicato alla libertà: libertà di convivere in pace, libertà dalla paura, la libertà delle idee. - Chiederemo a giuslavoristi, a esperti del diritto, a funzionari della pubblica amministrazione, ad avvocati socialisti di destinare almeno cinque ore delle 168 di cui si compone una settimana al servizio di quanti si trovano nella condizione del bisogno. In cento città, daremo vita entro il 2011 a cento S.O.S. Diritti, difensori civici che chi si scontra con la legge, chi non conosce la legge, chi non ha i mezzi per difendersi da un sopruso possa gratuitamente consultare. - Presto renderemo pubblica l’intesa con quei parlamentari – sono già una decina – disponibili a presentare in una delle due Camere quelle proposte di legge condivise che i socialisti prepareranno. Un’intesa che inaugura una forma particolare di sussidiarietà istituzionale e che intanto farà tornare in Parlamento qualche buona idea socialista.- Proseguiremo infine nel sodalizio con la Fondazione guidata da Gennaro Acquaviva per intensificare corsi di politica e di governo della cosa pubblica. I primi tre, conclusi da poco, sono stati un successo e ci invitano a proseguire fino a proporre di farne una 'scuola'. L’obiettivo è tornare tra la gente anche laddove non abbiamo

rappresentanza istituzionale, in particolare al Nord, e prepararsi alle prossime scadenze elettorali come fossimo da soli.

Dovremo essere come la Fiat 500: il più vecchio tra i partiti eppure il più giovane. Nella forma, nei contenuti da promuovere e nel modo con cui intendiamo sostenerli. Per trasformare il partito abbiamo bisogno di un Patto fondativo tra tutti i socialisti italiani. Un sodalizio fondato sul dare, come fossimo tornati ad un secolo fa.Un'intesa solida per vivere anche al di fuori della maggiore tra le istituzioni italiane, bombardandola di idee e di buoni comportamenti.Un patto fondato sull’autonomia, sul rinnovamento, sull’apertura, sull’impegno.

Sull’autonomia perché la politica socialista non nasce fuori dal PSI. E’ nell’eresia rispetto alle posizioni tenute dalla sinistra maggioritaria che l’Italia è cambiata, a partire dal primo centro-sinistra costruito dai due uomini bassi con il cappello, Nenni e Fanfani.Il PSI deve continuare a rappresentare quella eresia dentro un sistema politico tutt'altro che fissato. E aspettare. Autonomi nel centro-sinistra e pronti a discutere di alleanze, fino dal prossimo anno, anche con esperienze civiche territoriali e con partiti centristi che presentino programmi compatibili con i nostri.

Sul rinnovamento da praticare fino da domenica con la formazione del Consiglio Nazionale: dimagrimento e cambiamento, per poi proseguire questo cammino fino all’ultimo congresso provinciale nel prossimo autunno. Favorendo l'impegno del maggior numero di compagne e adottando, noi per primi, la valutazione per merito.Se necessario, ma non lo sarà, prevederemo anche una quota ‘anagrafica’ per abbattere le resistenze.Rinnovamento, infine, nel modo di farsi conoscere sul territorio: uso anche locale dell’Avanti della Domenica, un quotidiano on-line, una maggiore attenzione ai sistemi informatici per veicolare le nostre campagne.

Sull’apertura a chi vuole unirsi a noi, siano figli di un passato comune oppure nuove risorse. Non sempre è stato così. Anzi.

Talvolta sezioni aperte e domande di iscrizione nascoste nei cassetti. Già oggi sono presenti compagne e compagni che tornano dopo aver fatto esperienze diverse. Vogliamo metterci a discutere del loro colore dei capelli?

Sull’impegno, rigoroso, da intendere come servizio, a cominciare dalla coerenza che dobbiamo a noi stessi per dare concretezza agli impegni che prenderemo a Perugia.

L’unità è il quinto elemento. Non un accidente ma una condizione necessaria.Le 160 assemblee di comprensorio, provinciali e regionali hanno visto la partecipazione del 60% circa degli iscritti, tra i 16.000 e i 17.000 compagni che hanno condiviso il documento unitario, hanno eletto i 700 delegati nazionali e hanno dibattuto in un congresso aperto, così aperto che la candidatura a segretario di chi vi parla è stata presentata solo poco fa.L'impegno a mantenere unito il partito nelle sue diverse articolazioni territoriali va assunto pubblicamente, qui ed ora, miscelando con attenzione uno statuto di taglio federalista con una cornice politica che può essere soltanto nazionale.Contestate, criticate, opponetevi se, una volta eletto, il segretario dovesse mutare l'orizzonte strategico che il congresso si darà – finora non è successo: la ragione, non le chiacchiere, per la quale SeL è divenuta 'Sinistra Ecologia e Libertà' è stata la nostra opposizione a sciogliere il PSI - ma fate in modo che non prevalgano interessi locali, partigianerie, ambizioni senza la politica, anzi contro la politica. Come definire il caso di due europarlamentari che, armi e bagagli e in poche ore, si sono trasferiti dal Gruppo del PSE a partiti che in Europa aderiscono al PPE? Conversione sulla via di Damasco?

Dichiaro aperto il congresso del nuovo inizio.Lo testimoniate voi con la vostra passione ed i tanti ospiti che ci hanno raggiunto.Perugia, in questi tre giorni, sarà la città del 'Patto per l'Italia'. Abbiamo chiesto a tutti i leaders del centro-sinistra di essere con noi a discutere di diritti e di responsabilità, di economia, di riforma delle istituzioni, di strategie per costruire un'Italia migliore.

GLI INTERVENTI DEGLI OSPITI

Poul Nyrup Rasmussen (videomessaggio)

È un errore da parte di Silvio Berlusconi dire no a una tassa internazionale sulle transazioni finanziarie. È questa, in sintesi la critica che Poul Rasmussen rivolge a Silvio Berlusconi dal congresso del Psi al quale ha mandato il suo portavoce per leggere un intervento politico. “Sento Berlusconi chiamare 'ridicolà - afferma il presidente del Pse - una tassa internazionale sulle transazioni finanziarie. Come può dire una cosa del genere il premier responsabile dell'Italia, quando nello stesso momento propone un taglio nel settore pubblico di 24 miliardi di euro? Questo porterà alla perdita di migliaia di posti di lavoro, a tagli nella sicurezza sociale e al disastro per gli enti locali. È ovvio - conclude Rasmussen - che le

banche hanno speculato, come pure i fondi di investimento, ma qui sono le colpe della crisi, non nelle famiglie italiane anche se sono queste che oggi ne pagano il prezzo”.

Pierferdinando Casini

Pierferdinando Casini parla subito dopo un video messaggio del presidente del Pse, Rasmussen, per ribadire l’analisi di un bipolarismo italiano ‘avvelenato’, della necessità di cambiare la legge elettorale. “All’Italia dice - non serve il trasformismo”, un Casini che va a sedersi nella maggioranza di Berlusconi, “serve un armistizio tra le forze politiche responsabili che pensano di fare un tratto di strada assieme in una fase di emergenza del paese. E per questo la prima cosa sia costruire un’idea di riconciliazione nazionale. Non so se il ‘partito della nazione’ sarà il terzo polo so che dovrà parlare di riconciliazione nazionale”. Ma quello che fa partire una vera ovazione in sala è la stoccata a Veltroni. “Credo che Veltroni abbia tanti meriti – e tra i delegati parte la protesta e qualcuno grida ‘nessuno’ – ma che abbia scaricato il vostro partito e

caricato l’Idv è stato un atto di autolesionismo politico” e qui i socialisti si infiammano di mai dimenticata indignazione.

Pierluigi Bersani

Con un “compagni e compagne” Bersani risponde a Nencini e scalda subito la platea per affrontare subito il tema del rinnovamento della sinistra italiana ed europea. Torna la proposta di una piattaforma europea per affrontare la crisi, e ribadisce il sostegno alla

tassazione delle transazioni finanziarie ricordata anche da Rasmussen e bocciata da Berlusconi. “Questo Paese ha bisogno di riforme” abbiamo bisogno di credibilità, abbiamo bisogno di una piattaforma riformatrice, ci stiamo lavorando e ci piacerebbe lavorare insieme a voi. Penso al tema delle istituzioni, del fisco per spostare il carico tra chi paga e chi non paga, a una legge sui partiti perché la richiesta di Nencini è sacrosanta, alla scuola, il massimo dei disastri, alla legge elettorale, l’origine di tutti i guai, all’immigrazione, perché 50mila bambini che nascono ogni anno, non sono né emigrati né italiani, e dobbiamo dirgli chi sono”. Il segretario del Pd chiede che si costruisca “un patto di governo più serio rispetto al passato. Una piattaforma riformatrice, l’avvicinamento di tutte le forze che sono in Parlamento e fuori a cominciare da quelle più affini per un patto di governo. Possiamo avere, dice, anche un secondo cerchio di convergenze che possono non essere impegnate in una prospettiva di governo ma d’accordo su grandi temi come quelli costituzionali”. “Penso – conclude prima di passare il microfono a Ferrero - davvero di poter lavorare con voi”.

Paolo Ferrero 

Il segretario di Rifondazione comunista, si è detto stupito dal fatto

che in Italia c'è un governo che rapidamente decide ed approva leggi, anche se queste risultano quotidianamente sciagurate, al contrario invece, c’è una opposizione lenta e disorganizzata che si limita ad un mero commento politico, e non ad una opposizione di popolo che affronti l'emergenza sociale nel paese. La riprova è nei fatti, sempre secondo Ferrero, in questi primi due anni di governo Berlusconi non si è mai deciso di organizzare una manifestazione di protesta congiunta, nemmeno contro la manovra finanziaria appena varata che è una vera e propria macelleria sociale. In ultimo il leader dei comunisti, ha ribadito la necessità di porre la parola fine al berlusconismo, auspicando una nuova coalizione, che abbia tra i propri principi la difesa della Costituzione, e tra le priorità la difesa del lavoro e la modifica della legge elettorale. Ferrero ha concluso, affermando sin da subito la non disponibilità per eventuali e futuri incarichi di governo, poiché il centrosinistra in passato non ha mantenuto i patti sul programma sottoscritto da Prodi e da tutta l’Unione, su temi come Pacs, tassazione su rendite finanziarie ecc, ma ha preferito difendere i poteri forti come: Confindustria, Vaticano, la plutocrazia e le assicurazioni.

Nichi Vendola (messaggio)

"C'è bisogno di una nuova moralità verso le istituzioni offese, di una nuova civiltà delle persone a cui è stato tolto il rispetto, di una nuova economia di fronte alla crisi globale che ci consegna gigantesche povertà da una parte e giganteschi arricchimenti dall'altra". È questo il contenuto del messaggio inviato dal presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, al congresso del Psi. "C'è bisogno - aggiunge il leader di Sinistra, Ecologia e Libertà - di una nuova politica che sia forma reale di democrazia, che spinga l'individuo ad uscire dall'angolo di quella 'sola moltitudinè in cui ora si ritrova e lo faccia diventare soggetto protagonista del proprio umano destino".

Mario Staderini

Il segretario del Partito radicale Mario Staderini dopo aver ringraziato Riccardo Nencini per l’invito, ha ricordato di aver rinnovato per anni la tessera socialista, e ha quindi posto il problema di come dare una alternativa all'Italia. Staderini ha poi ribadito come la Rosa nel Pugno sia stata nel 2005, la vera novità della politica italiana, ecco perchè fu ostracizzata dai poteri forti e privata illegittimamente di senatori come Ugo Intini e Marco Pannella, che avrebbero potuto aiutare in termini qualitativi l'allora governo Prodi. Un progetto, ha continuato Staderini, che si poneva come obiettivi la difesa dello Stato, delle libertà individuali e della qualità della democrazia e che, a differenza di tutti gli altri partiti polarizzati ed ideologici, riusciva a catalizzare su di sé consenso in

modo bipartisan. La Rnp potrebbe essere rilanciata insieme ai Verdi di Bonelli, ha puntualizzato il leader radicale, ma affinché ciò possa avvenire, occorre ritrovare un'intesa su temi ben precisi, ricominciando appunto dalla politica. La proposta radicale lanciata al congresso socialista è quella di ripartire insieme dal territorio, mediante iniziative popolari e referendum comunali.

Beppino Englaro

La battaglia sulla drammatica vicenda di Eluana Englaro “è un orgoglio di tutti noi socialisti” ed “è stato indegno per un paese civile non aver tenuto conto elle sentenze dei massimi organi giurisdizionali”. A dirlo Beppino Englaro nel corso del suo breve ma molto applaudito intervento al congresso.“Senza il contributo dei socialisti nel Friuli Venezia Giulia – ha aggiunto - non saremmo riusciti a portarla a termine”.

Francesco Rutelli

"La componente socialista potrebbe entrare senz'altro a far parte a pieno titolo del terzo polo". È questo l'invito rivolto da Francesco Rutelli al secondo congresso del Psi. Il leader dell'Api è stato molto applaudito dall'assise socialista. A margine dell'intervento i giornalisti gli hanno chiesto se si stia pensando ad un leader per il terzo polo. "È troppo presto. Credo - ha risposto Rutelli - che la legislatura non si interromperà in tempi rapidi. C'è il tempo per dar vita non solo ad un disegno politico ma anche per realizzare una convergenza di idee, di progetti e di programmi". Secondo l'ex vice premier "la questione più importante è la crisi economica, dalla natura molto grave. Nessuna candidatura politica per il terzo polo avrebbe senso se prima non si realizza una proposta per uscire dalla crisi. Il tempo che ci separa dalla fine della legislatura ha un valore per l'elaborazione politica, ma anche per far crescere un piano di risanamento e di rilancio dell'economia del nostro Paese". Quanto alla possibilità di un governo di emergenza o istituzionale, per Rutelli "sarebbe razionale". "Ma lo considero - ha concluso - estremamente improbabile perchè vedo più esasperazione e più contrapposizione tra i due poli esistenti. Non vedo alcuna probabilità

che si assumano la responsabilità di una grande scelta come questa. Non lo vedo da parte del governo in primo luogo, e mi sembra che anche tutti gli altri siano paralizzati".

Pino A. Quartana

“C'è una sovrapposizione di crisi diverse che gravano sull'Occidente” ha detto Pino Quartana segretario nazionale del Nuovo Partito d'Azione. “Tanti italiani scoprono il bluff ed il fallimento anche dell’uomo della Provvidenza, del ‘ghe pensi mi’. Ma il dramma vero è che mentre si sgonfia il soufflé del Cavaliere nero l’opposizione resta afasica, senza un progetto per l’Italia e senza un progetto per riprendersi il governo, senza un leader della coalizione e senza una coalizione”. “In questi ultimi due anni, dal vostro congresso di Montecatini in poi, noi abbiamo collaborato insieme a voi già in diverse occasioni”. “Al di là delle peculiarità dei nostri due partiti e dei motivi che ne rendono differenziate le identità culturali e politiche, credo che già questi temi siano sufficienti nella frammentazione del centrosinistra a giustificare un legame forte con voi, un legame che magari, come propone Nencini nella sua relazione, potrà essere formalizzato sotto forma di un Patto Federativo PSI-NPA”.

Angelo Bonelli

"Il Pd ha un atteggiamento da vecchio Pci: o sei annesso o vai per la tua strada". Lo afferma il leader dei Verdi, Angelo Bonelli, nel suo intervento al congresso del Psi. Bonelli propone di avviare "una costituente programmatica di coalizione". L'esponente verde è contrario ad individuare subito un leader: "Servono i programmi, diciamo no ad un berlusconismo di sinistra". Per Bonelli "con la legge elettorale vogliono cancellare storie politiche importanti di questo Paese come il socialismo e l'ambientalismo". Sui conduttori tv Bonelli è spietato: "Solo in Italia un conduttore tv, che dovrebbe essere imparziale, si fa promotore dell'entrata di una forza politica in maggioranza. Anche i cosiddetti talk show di sinistra invitano solo gli esponenti dei partiti maggiori. Viene imposto il silenzio a tutti gli altri. Questa non è democrazia". Sulla crisi Bonelli ha una ricetta: "Vanno ridotte le spese per acquistare armamenti. La Germania ha appena approvato una riduzione delle spese per gli armamenti di 9,3 miliardi. L'Italia vuole invece acquistare oltre 200 nuovi caccia bombardieri".

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IL DIBATTITO

Nel corso del dibattito sono intervenuti : Mariangela Saliola, Giuseppe Nazio, Pieraldo Ciucchi, Maria Squarcione, Nilo Arcudi, Mimmo Magistro, Walter Galbusera, Alberto Benzoni, Fiorenzo Grollino, Silvano Rometti, Alessandro Pietracci, Pier Virgilio Dastoli, Roberto Biscardini, Ugo Intini, Angelo Sollazzo, Mauro Del Bue, Mauro Gradi, Giuseppe Falconi, Beppino Vatrano, Gabriella Trogu, Daniele Priori, Viviano Giuliani, Massimiliano Romagnoli, Piccardo, Sanbucci, Rosella, Egidio Filippone, Oreste Pastorelli, Leonardo Criscuolo, Felice Besostri, Gianfranco Perulli, Felice Borgoglio, Riccardo Oliva, Franco Benaglia, Vincenzo Maraio, Antonio Ascenzi, Marco Vinicio Guasticchi, Mario Andreini, Gerardo Labellarte, Giovanna Miele, Bobo Craxi, Lello Di Gioia, Franco Bartolomei, Giovanni Crema, Santo Consonni, Massimo Carugno. Nino Gulisano, Vincenzo Clarizia, Riccardo Mantovani, Atlandide Di Tommaso, Enzo Ceremigna, Franco Giunchi, Sergio Vazzoler, Luigi Iorio, Gian Franco

Schietroma, Luigi Incarnato, Giovanni Crema, Luca Cefisi, Marco Di Lello, Giovanni Palillo, Franco Giunchi, Maria Rosaria Cuocolo

Giorgio Brero

Da questo Congresso credo che debba uscire una tattica a breve che ci permetta di rientrare in Parlamento nel caso che Berlusconi voglia ricorrere ad elezioni anticipate per liberarsi in un sol colpo del logoramento interno che alla lunga non reggerebbe e di Fini che uscirebbe ridimensionato da un voto che sarebbe una sorta di giudizio di Dio sul Premier, una battaglia da solo contro tutti con effetti mediatici di cui è capace. Accanto a questa una strategia di lungo respiro che preveda il rilancio delle idee e del Partito in una forma nuova, con un approccio più in sintonia con la società che evolve e cambia ogni giorno, cercando di vivere i problemi e le sofferenze della maggioranza degli italiani, dei giovani senza lavoro, di quelli che hanno un lavoro precario senza sicurezze per il futuro, che non sanno se avranno una pensione per poter vivere senza patemi la vecchiaia, degli anziani che hanno bisogno di assistenza, sempre più soli in un mondo per loro alieno che guardano con diffidenza, la solidarietà a tutti questi mondi paralleli che convivono con noi e che aspettano una nuova utopia che riesca ancora a scaldare i cuori.Questa nuova utopia può essere la nostra, un mix di valori universali e di nuovi interpreti che sappiano dare a questa missione un impulso nuovo e particolare, se questo è il testimone che passiamo alle nuove generazioni allora una luce in fondo al tunnel si potrà vedere e torneremo ad essere degni prosecutori di una storia che non può finire.

Massimo CarugnoIl nostro ruolo è rappresentare, alla sinistra del PD, (come negli anni ’80 eravamo a sinistra della DC,) il soggetto politico che si frappone come diaframma e punto di frizione col resto della sinistra cercando di intercettare il consenso di tutti gli italiani che non sono di

tradizione post comunista e che non si riconoscono nel PD. Ma oltre che parlare ai partiti del centrosinistra, bisogna parlare alla gente, bisogna parlare a quel grande partito del 40 % che non si esprime, bisogna chiedere quali sono i loro problemi e cercare di fornire delle risposte.A fianco ad una azione politica tradizionale è assolutamente necessario introdurre forme e strumenti di ispirazione militante e movimentista. E’ cosi strano dire che per fare questo bisogna tornare ai banchetti ? Fra tutte ce ne è una, di iniziativa, che particolarmente stuzzica la suggestione nostra e forse quella della comunità politica e sociale italiana.Il PSI dovrebbe rendersi promotore di un referendum per la abolizione della nomina dei parlamentari e la reintroduzione delle preferenze. Sarebbe una iniziativa che difficilmente non starebbe sotto i riflettori dei media e sarebbe difficile per chiunque spiegare perché non aderirvi.Per fare questo un partito, che non è presente nelle istituzioni centrali, ma lo è in quelle territoriali e periferiche, deve adeguare la sua organizzazione alla propria struttura. Noi oggi siamo il partito delle “rappresentanze amministrative e locali” e quindi l’organizzazione deve essere assolutamente periferica e decentrata. Un “decentramento democratico” perché dai territori viene il maggior impulso alla vita ed alla crescita del Partito.

Pieraldo Ciucchi

Quella del nostro Segretario è stata ieri una relazione che ci mette nella condizione di riprendere il cammino, con coraggio, forti di alcune convinzioni. Primo. Ci sono tutte le condizioni perché il PSI possa rafforzarsi e contare di più, e verrà il giorno in cui risulterà utile al paese averlo difeso. Secondo: nessuno può credere in noi, se noi per primi non siamo in grado di credere in noi stessi. Il nostro successo non è nelle mani di nessuno, se non nelle nostre. Terzo, la nostra autonomia, che oggi significa distinzione netta dalla sinistra antagonista, non implica né isolamento né vivere in un ghetto. Ma, al contrario,

capacità di dialogo con tutti, affrontando la politica con le nostre idee e le nostre forze. La via maestra per evitare il caos è la riforma della Costituzione attraverso una nuova Assemblea costituente. Una revisione costituzionale che risponda alla necessità di riscrivere il patto tra cittadini e stato alla luce delle nuove necessità. Per ora siamo stati inascoltati, ma adesso è arrivato il momento di batterci nuovamente. La raccolta di firme per arrivare all’elezione dell’Assemblea costituente attraverso una proposta di legge di iniziativa popolare deve essere ripresa. Bisogna trovare nuovi alleati, non stancandoci mai di ripeterci. Bisogna convincerci che da questa crisi dello stato usciranno vivi solo coloro che avranno avuto il coraggio di indicare la strada per uscirne. Nel vuoto generale i socialisti saranno quelli dell’Assemblea costituente, per la rottura dello schema attuale, per un paese normale, contro il giustizialismo e il populismo. Per riportare in alto i principi dello Stato laico, difesa dei diritti e delle libertà fondamentali perché si torni a coniugare davvero la valorizzazione dei meriti con la difesa dei bisogni.

Luigi Fasce

Prima di tutto un grato pensiero alla memoria di Aldo Capitini, perugino, il padre, assieme a Guido Calogero, del Manifesto Liberalsocialista ( il vero liberalsocialismo ! ) del 1941 ancora assolutamente di attualità. Per chi volesse conoscerlo meglio può vedere in www.circolocalogerocapitini.it. La relazione Nencini è ambigua. La scelta prioritaria di Nencini di una alleanza con PD e UDC è profondamente sbagliata perché colloca il nostro partito al centro mentre in Europa tutto il PSE è già riposizionato decisamente a sinistra. In alternativa a questa alleanza centrista, occorre un coraggioso progetto di riunire tutta la sinistra che voglia definirsi riformista. Il primo interlocutore del tutto naturale è dunque SEL. Occorre recuperare gli elettori di sinistra che vogliono lo stato sociale (laico e statale) vogliono i beni pubblici gestiti dal pubblico,

sono stufi delle privatizzazioni fatte dalla sinistra cosiddetta moderata, di governo, e della mano libera lasciata interamente alle multinazionali. Dunque la relazione di Nencini non mi convince, prevedo che farà perdere gli ultimi pezzi, non al socialismo, ma a questo partito.

Sandro Filosa

Il mio intervento prende in esame la situazione dei 17 milioni di pensionati italiani che da ben 10 anni non hanno aumenti sulla pensione, il 72% hanno una pensione inferiore ai mille euro e di questi oltre il 60% inferiore a 600 euro. Con l'ultima finanziaria avranno in dono dall'attuale governo una decurtazione di 74 euro al mese, lo studio è stato fatto da Federconsumatori e Adusbef che prevedono un aggravio annuo per ogni famiglia di 886 euro. Se si aggiungono gli aumenti delle tasse regionali e comunali si raggiungerà facilmente i cento euro in meno sulla già misera pensione. Ancora una volta la crisi la devono pagare i meno abbienti mentre gli amici liberi professionisti ecc.continueranno ad evadere le tasse grazie ad un sistema ridicolo. a questo punto è necessaria una precisazione: il lavoratore in attività paga le tasse anche sull'accantonamento per la pensione, perchè da pensionato viene nuovamente tassato sull'intera pensione? Questo significa che in Italia c'è chi paga due volte e chi niente, invito Riccardo ed il Consiglio Nazionale a discutere su questo tema ed a prendere le opportune iniziative.

Marco Beccantini

Ecco "L'odissea di Marco", quella che ha vissuto per raggiungere Perugia, dov'è in corso il congresso del Partito Socialista. Marco Beccantini, militante fiorentino costretto sulla sedia a rotelle, ha scelto il realismo di un filmato per descrivere cosa significa la vita di un diversamente abile che sceglie "di non restare in casa a guardare la televisione". E il video è stato proiettato durante i lavori congressualiAutobus con pedane difettose, marciapiedi dal gradino insuperabile, polizia ferroviaria che impedisce addirittura le riprese in stazione. Alla fine Marco ha desistito: per raggiungere il congresso di Perugia ha scelto la via più sicura, cioè l'automobile privata guidata da un amico.

"Serve un tavolo nazionale per discutere di barriere architettoniche - ha detto Beccantini fra gli applausi dei delegati -, noi dobbiamo essere ascoltati. E' una questione di mentalità"

http://tv.repubblica.it/italia/congresso-psi-com-e-difficile-arrivarci-se-sei-disabile/50337?video=&pagefrom=15

Gianfranco PerulliIl secondo congresso nazionale psi con la mozione di Riccardo Nencini sicolloca in una fase politica caratterizzata dalla piu' profonda crisi istituzionale ed econimoca dal dopoguerra ad oggi che fa giustamente chiedere al nostro segretario un governo anti crisi istituzionale. In questo quadro ancora una volta si pone la questione socialista come forza politica del centro sinistra;gli altri sono tutti ex socialisti. Infatti la questione socialista registra il fallimento della recente unificazione socialista e il problema della sopravvivenza di un ps autonomo che sirichiami integralmente ai valori del socialismo italiano. E' questioneaccademica o riflette una condizione politica seppurfortemente minoritaria?E' questione politica!La questione socialista e' infatti caratterizzata dall'interrogativo se abbia senso che in Italia sopravviva un partito socialista autonomo,espressione delle forze moderate della sinistra italiana,collocato in chiave dialogativa con le forze democratiche di centro,accettando cosi' l'avvenuta trasformazione del quadro politico e lacrisi della sinistra post-comunista.La questione socialista deve infatti fare i conti con una legge elettorale che penalizza i piccoli partiti e con chi,pur richiamandosi ai valori del socialismo europeo,ha creato un pd in crisi.Il problema e' quindi capire se esista ancora in Italia uno spazionaturale tra le forze politiche collocate a sinistra,in uno spazio cioe'che non e' ne' centro democratico ne' cattolico,spazio che sia cioe'riferibile con gli aggiornamenti necessari al pensiero socialista esocialdemocratico,non comunista e non cattolico,non liberale,ma caratterizzato da un suo peculiare contenuto che fa riferimento a una cultura progressista del lavoro e di giustizia sociale,ai diritti della persona,alla difesa dei diritti umani e dei deboli,alla difesa dei valoricostituzionali e antifascisti,alla difesa del libero mercato in economia con una presenza democratica dei partiti politici e dei sindacati accanto all'impresa che oggi non e' solo privata ma anche diffusamente pubblica.La questione socialista si pone quindi come interrogativo sulla sopravvivenza di un pensiero democratico moderatamente di sinistra

utile e capace di interpretare i bisogni diffusi,specie della crescente area delle nuove poverta',aperto al confronto politico dei nuovi scenari.Utile altresi' sul piano istituzionale a contribuire al decentramento dello stato centrale nelle forme del regionalismo istituzionale e della difesa dei comuni italiani.Oggi la fase costituzionale e istituzionale appare confusa e contraddittoria penalizzante per le autonomie locali sia sui poteri regolativi che fiscali,mentre va garantita una giusta evoluzione delsistema dal centro alla periferia.Se in passato il psi ha ideato e attuato nel nostro paese la fase storica della programmazione economica,oggi puo' favorire l'attuazione di un federalismo nobile in chiave di decentramento amministrativo,contribuendoalla gestione del patrimonio pubblico trasferito.Per concludere,la questione socialista non puo' quindi prescindere dallapiu' ampia questione del centro sinistra o meglio dei partiti che ad essosi richiamano,la cui crisi profonda in certi casi ha contraddistinto econtraddistingue l'attuale momento politico generale e il laboratoriopolitico in atto.Tale crisi identitaria accentua la necessita' di una ripresa dell'iniziativa socialista e democratica in italia,con un rinnovato entusiasmo che puo' preparare una grande alternativa di governo e di guidapolitica per il nostro paese,non solo riproponendo i valori esaltanti deipadri della storia socialista italiana,ma anche una aggiornata prospettivadi impegno,guardando con interesse alla formazione di un terzo polo e diassunzione di responsabilita' collettive.

Gianluca SolianiNelle tesi congressuali si accenna al tema di un nuovo modello di partito. Nelle mozioni proposte al Congresso Costituente si era teorizzato un partito “federativo e federale”, costituito da iscritti, associazioni e circoli, fondato sul “principio delle pari opportunità”, nel quale possa formarsi una nuova leva di quadri sulla base della capacità e dell'iniziativa politica, aperto a patti federativi (di cui pure si fa cenno nelle tesi di questo Congresso) con associazioni,

movimenti e partiti laici e di stampo liberaldemocratico.Se, da un lato, si coglie la genericità di tali schemi organizzativi, così come enunciati, giacchè non vengono contemporaneamente chiarite regole e modalità in virtù delle quali gli stessi possano essere attuati e funzionare, dall'altro, non può non avvertirsene la forte carica innovativa, e neppure non farsi prendere dalla suggestiva considerazione che più o meno tali schemi hanno concorso, sebbene in un passato ormai remoto, al rilancio del Partito Socialista d'oltr'Alpe. Si è così spinti a credere che, anche sulla messa a punto di un nuovo modello organizzativo / partecipativo, il Partito Socialista Italiano, da poco rifondato, si giochi il suo avvenire. Ancorchè le primarie ragioni dell'adesione al Partito si identifichino con la forte condivisione dei valori egualitari e liberali della tradizione socialista in Italia e in Europa, assunti quali criteri di organizzazione della società, si può convenire che, per incrementare il numero dei militanti, vada affermata e reclamizzata anche la possibilità, per ogni singolo militante, di esprimersi secondo la sensibilità, la capacità e la creatività che gli sono proprie, senza le limitazioni imposte da vecchi, burocratici moduli organizzativi, regolati secondo il principio gerarchico, nella logica dei quali l'iniziativa politica è appannaggio di pochi. Devono essere incentivati tutti quanti siano inclini ad interpretare dinamicamente la propria militanza (pur nel rispetto di essenziali regole di democrazia interna), volgendola, cioè, alla produzione di eventi che rivelino l'impronta della propria personalità e siano l'effetto e, altresì, lo stimolo dei propri talenti organizzativi.In tale prospettiva, in aggiunta a coloro (tra i quali mi annovero) la cui militanza è espressione di un inveterato attaccamento alla bandiera socialista, altre, e forse numerose, potrebbero essere le adesioni al Partito. La cosiddetta “forma partito” può costituire, se innovativa, volano di adesioni e di consensi.A questa linea di interpretazione della militanza sono congeniali circoli, forum tematici e comitati costituiti per affrontare problematiche sociali e ambientali, per rappresentare momenti e luoghi di socializzazione, ricreativi o di confronto culturale. Ad esempio: associazioni costituite per tutelare gli ammalati, i consumatori, l'ambiente; comitati civici sorti in difesa della salute

della popolazione, contro insediamenti variamente pericolosi, o per la salvaguardia dei valori architettonici e culturali o per combattere le discriminazioni a danno di minoranze; circoli culturali che promuovano incontri, dibattiti o altri eventi di richiamo, su materie di interesse generale, ma anche su tradizioni locali. Il tutto accompagnato da una incisiva attività di comunicazione mediante strumenti di vario genere.

Allo stato, tuttavia, è più facile (sebbene non del tutto semplice) elaborare nuove modalità di partecipazione politica che attuarle.Il rilievo vale sia con riferimento agli attuali iscritti e sia che si coltivi la speranza nell'adesione di nuovi militanti. I primi, forse, non vi sono (salve eccezioni) ancora inclini. Nuovi militanti non si intravedono, dato lo scarso appeal, in questo momento, del Partito. Ai dirigenti, sia nazionali che periferici, spetta il compito di dispensare motivazioni e stimoli alla partecipazione attiva alla vita del Partito. Con una partecipazione nei termini sopra delineati, oltre a potersi incrementare il numero dei militanti, sarà anche possibile individuare coloro che, per attitudini organizzative e, per così dire, propulsive, siano in grado e meritino di essere i nuovi dirigenti. Tanto più in questa difficile fase della vita del Movimento Socialista in Italia, i principali criteri per definire la responsabilità dirigenziali nel Partito, ad ogni livello, devono essere la capacità di promuovere e coordinare iniziative, l'attitudine a conoscere i problemi e a divulgarne le soluzioni, la capacità di motivare i Compagni e di organizzazione.Basilare spinta propulsiva per l'attuazione delle opportune modalità organizzative ed importanti stimoli motivazionali (volti ad incrementare la produttività politica dei militanti, nonché il loro numero e il numero dei consensi, in generale, in aree sociali e culturali che condividono i nostri valori) devono arrivare, in primis, dai dirigenti nazionali.Costoro dovranno essere più presenti ed incisivi nel confronto politico e rilanciare una linea autonomista che esalti le peculiarità del pensiero politico del Partito a fronte dell'attuale, assai modesto (in quanto privo di una rilevante forza d'ispirazione socialista) panorama della sinistra italiana.

In particolare, dovranno promuovere e coltivare, in luogo di (o in aggiunta a) isolate iniziative che, ancorchè lodevoli, sono inidonee a suscitare un significativo impatto mediatico, una duratura, sistematica e strenua campagna nazionale per l'affermazione di quei diritti civili che, ancora oggi, in Italia, vengono negati) e un'altra per il ritorno ad un sistema elettorale prevalentemente proporzionale (quale presidio di democrazia partecipata) e, poi, iniziative in campo sociale che rispecchino i capisaldi della cultura socialista. Il tutto, in modo che l'opinione pubblica comprenda che si tratta di campagne che solo i Socialisti sanno e possono coerentemente condurre.

E' necessario che il Partito Socialista Italiano si presenti alle competizioni elettorali col proprio simbolo, con fierezza e senza apprensione per i risultati, posto che: a) è ciò che, anzitutto, vogliono coloro che, per pura passione e fede, ancora militano nel Partito; b) il Partito potrà acquisire nuovi consensi soltanto proponendosi come soggetto autonomo, seppure in alleanza, che, prima di occuparsi dell'acquisizione di incarichi istituzionali (obiettivo, nondimeno, da perseguire), cerchi di suscitare, anche simbolicamente (potrà essere utile, al riguardo, lo stesso, auspicabile, miglioramento grafico del simbolo), il più ampio interesse per la propria vocazione a uniformare l'azione di governo ai principi di libertà, giustizia sociale e a quello (altrettanto virtuoso) di ragionevolezza.L'orgoglio per le nostre idee, non annacquato da timidezze e soggezione nei confronti di chicchessia, è una linfa che può dar vita al ritorno, tra i grandi partiti nazionali, del Partito Socialista Italiano, la cui mancanza e marginalità, in questi anni, ha costituito la grande anomalia per il nostro Paese.

Riccardo MantovaniCompagni, in questo congresso credo vivamente, credo nella possibilità di dare una svolta al nostro percorso, una svolta in termini di idee, temi principali e consenso. Una “ristrutturazione” della casa, se così si può chiamare, si comincia a fare dalla verifica delle fondamenta; le

nostre, fondamenta, sono solide e se pur io sia giovane, credo siano state, e credo anche siano, una delle più importanti se non le più importanti, che hanno contribuito a segnare con forza, e con decisione, il contesto storico – politico italiano degli ultimi decenni; questo grazie ai suoi quasi 120 anni di storia compagni. Fatta questa doverosa e sincera premessa che ha reso omaggio un attimo alla nostra memoria storica, credo che altrettanto sinceramente si debba fare un’analisi complessiva, globale, di quello che sono le vicessitudini odierne all’interno del nostro partito. Veniamo da una serie di importanti appuntamenti politico elettorali che nella gran parte dei casi hanno visto disattese le nostre speranze di militanti e dirigenti; speranza di ricomparsa sulla scena politica nazionale: DISATTESA. Un po’ meglio, ma neanche tanto, è andata nelle elezioni regionali e locali in cui si è deciso di puntare su persone con qualità, competenze e appeal che a questo livello sono state riconosciute. Vi porto un esempio breve breve. Badia Polesine, comune di 10.000 anime, ha registrato una presenza socialista in comune, in maggioranza, dopo 20 anni di assenza proprio nel 2009! Questo grazie alla volontà di cambiamento e di ritorno a parlare alla gente, il ritorno alla piazza; siamo stati premiati con l’alezione a consigliere di un giovane 23 enne! Proprio da qui, compagni, vorrei che il partito riprendesse il proprio cammino; dalle persone, dalle loro idee, dalle loro conoscenze e competenze e credetemi, ce ne sono ancora tante. Basterebbe stimolarle, creando loro condizioni e situazioni perché gli spazi comincino a prenderseli, e non comincino a fuggire o a sconfortarsi a causa di personaggi interni al partito che ancora vogliono cavalcare l’onda di un qualcosa che non c’è più! L’ Ipotetica ONDA CARI COMPAGNI NON C’E’ PIU’ PER VOI! Per voi credo sia più giusto, ma questa è una modesta mia proposta, creare degli spazi alternativi, spazi che vedano le vostre figure valorizzate andando a supportare i nuovi volti, le nuove generazioni. Questo, è il vero patto tra generazioni interno al partito! Altrimenti il rischio che si corre è quello di diventare referenti di se stessi, che per qualcuno potrebbe anche essere un punto di arrivo, ma per altri credo diventi una sorte di girone dantesco dell’inferno! Concludo qui il mio intervento compagni esortando tutti noi a vivere nuovamente la nostra attività politica con un po’ più di spirito di sacrificio, umiltà e dedizione, il tutto facendo si che sia un “servizio” che noi tutti diamo, per un arco di tempo limitato, al nostro paese, alla nostra comunità, alla nostra gente. Solo così i giovani potranno

riaffezionarsi alla politica ed a quelli che sono i valori che essa rappresenta: Libertà di espressione, democrazia vera e merito!

Maria Squarcione«OCCUPIAMOCI DI FUTURO» è il titolo che sintetizza il nostro dibattito congressuale ed è un titolo che personalmente mi entusiasma. Ma per sviluppare questa nostra ispirazione sul futuro, bisognerà occuparsi di PRESENTE: ci proverò, consapevole però che si tratta, nello stesso tempo, di un’operazione facile e difficile. E’ facile perché articolare un ragionamento sull’analisi di tutti i temi irrisolti e le questioni aperte della politica italiana è forse un’operazione un po’ lunga, ma piuttosto semplice. Le questioni sono tutte là, all’ordine del giorno dei dibattiti televisivi o delle denunce dei partiti d’opposizione o di semplici cittadini.E spesso questi temi sono lì da anni e in molti casi non hanno ancora trovato una soluzione soddisfacente. Farò un esempio per tutti: la parità, o meglio, la disparità di genere. “È tempo di donne” ho detto e scritto recentemente. Già, sarebbe tempo di donne, ormai; sarebbe il tempo in cui le donne, fuori da ogni logica di quota, crescessero in importanza nella società. Sarebbe ormai tempo che tutti i soffitti di cristallo o vetro vengano sfondati; che l’uguaglianza e la parità tra i generi, sancita dalla Costituzione, non fosse, nei fatti, disattesa dalla Nazione; sarebbe tempo ormai che questo 46% di occupazione femminile – che ci rende simili solo al Messico e alla Turchia, secondo le stime dell’OCSE – si adeguasse a quel 60% che è la media europea e l’obbiettivo posto dalla strategia di Lisbona. Raramente tema è stato più dibattuto a livello nazionale e internazionale, sul piano teorico e su quello politico; eppure questa, che è una questione che risponde ad un elementare principio di giustizia – peraltro sancito dall’art.3 e dall’art. 37 della nostra Costituzione, che, tra l’altro, riconosce il valore sociale della maternità – non riesce a trovare soluzione. È così difficile – chiedo – che un partito laico, progressista, socialista, si faccia carico con una parola d’ordine chiara, inequivocabile, esplicita della soluzione del problema? E non per un fatto di benevola condiscendenza, ma per rimettere in moto una società vecchia, come quella italiana, che va appunto a due velocità,

quella degli uomini e quella delle donne. Da anni l'Italia cresce poco o nulla. Cresce poco dal punto di vista economico e cresce ancora meno dal punto di vista demografico (soprattutto se escludiamo l'immigrazione). I due fenomeni sono già adesso collegati. Ma lo saranno ancora di più in futuro: una società "vecchia" non ha i muscoli per correre, non ha il fiato per tenere il passo con società più giovani e dinamiche. Per rilanciare la crescita dell'Italia si possono e si devono fare molte cose: liberalizzazioni, mercati più efficienti, un fisco più leggero per imprese e lavoratori, più incentivi per ricerca e innovazione, più sostegno per i figli e così via. Ma "far largo alle donne", dare più spazio alle loro aspirazioni, ai loro talenti, ai loro bisogni farà ripartire l’Italia e la farà tornare a crescere e a crescere bene. E questo non lo dice Maria Squarcione, ma lo dimostra l’esperienza di società avanzate, come quella nipponica e statunitense, che promuovendo un’agenda di cambiamenti strutturali che rilanciano l’occupazione femminile, la cosiddetta “womenomics”, ha prodotto una serie di risultati economici estremamente soddisfacenti: l’emersione di nuovi talenti e quindi un arricchimento esperienziale per tutti; l’aumento dei consumi “rosa”, cioè la conquista di nuove fette di mercato; la creazione di un volano per lo sviluppo dell’artigianato terziario (cioè tutti quei servizi alla persona che, in Francia, hanno trovato la loro cornice politica in un “Piano dei servizi alla persona” che ha condotto quella nazione, in pochi anni, ad essere la prima in Europa per natalità). Anche noi abbiamo un piano sociale nazionale, ma mentre nel resto d’Europa, più le donne lavorano, più si sentono soddisfatte e più le famiglie sono stabili, più cresce la natalità, in Italia, più le donne lavorano, meno fanno figli, meno sono messe nella condizione di farne. Allora, “occuparsi di futuro”, visto che dichiariamo di volercene occupare, COINCIDE CON UNA CAPACITA’ PROGETTUALE ADULTA E CONSAPEVOLE e con l’idea che questo partito è innanzitutto il PARTITO DELLA SOCIETA’ TUTTA INTERA, di un’idea di SOCIETA’ UNITA – e non divisa dall’appartenenza al genere o a una regione del Nord o del Sud – RAZIONALE, dove il merito sia misurabile, sia un criterio di concretezza e di metodo e non un vuoto clichè che si ripete per propaganda; EFFICIENTE, dove siano banditi gli sprechi della Pubblica Amministrazione, come l’iniquità di un sistema giudiziario da riformare.Anche se abbiamo deciso di occuparci di futuro, spesso questo partito parla al PD, al passato o a se stesso. Ora, parlare al PD,

valutando le risposte che il suo segretario a questo congresso NON ha dato, forse non serve ancora a molto; parlare al passato è utile nei termini dell’attivazione di un sistema identitario di rispecchiamento; parlare a noi stessi, sarebbe utile qualora da questo congresso esca non solo una dichiarazione d’intenti – “occupiamoci di futuro” – ma un chiaro impegno fattivo che finalmente prefiguri un’idea di NAZIONE LAICA, UNITA, un’idea di SOCIALISMO RAZIONALE. È questo che ci aiuterà a conquistare consenso e voti. Perché sono convinta che in questo momento i socialisti vogliano esserci, contare, vincere, realizzare insomma la propria UTOPIA. Certo. È una sfida. Personalmente mi auguro di vincerla con voi.

Mariangela SaliolaOGGi il psi E’ PICCOLO E SMEMBRATO. per farlo tornare IN AUGE LA STRADA E’ LUNGA E TORTUOSA. facciamo un passo indietro e capiamo cosa è cambiato. il ps forte del suo riformismo in grado di cogliere i mutamenti della società,interpretarli e saper dare risposte concrete oggi non e’ più in grado di farlo. il partito ha perso la sua funzione principale ossia quella di tramite tra i cittadini e le istituzioni. Manca l’ascolto il contatto diretto. se il partito fosse capace di esprimersi con chiarezza su un vero progetto di regolamentazione del mercato abbastanza forte da integrare ecologia, politica internazionale ,le correnti minoritarie che portano alla paralisi sparirebbero. questo partito resta invece nell’esitazione e nel dubbio e .la lotta interna tra fazioni non farà mai emergere una vera leadership e senza una vera leadership il psi è desinato alla deriva. abbiamo pensato solo a rimanere in sella gestendo il consenso e abbiamo perso la nostra propensione ad offrire risposte concrete ai problemi più immediati. sostegno economico e infrastrutturale alle famiglie. investiamo nella green economy perché porta ad un ammodernamento industriale, competizione economica, potenziamento della ricerca con un ruolo centrale del capitale umano e questo farà si che la lotta per i diritti civili e sociali sia più incisiva.

Alessandro Michelozzi Care Compagne, cari Compagni.

Provengo da Prato. Terza città del Centro Italia. Uno dei distretti manifatturieri più rilevanti del Paese. Cresciuta vorticosamente nel dopo guerra. Capace di accogliere decine di migliaia di persone da molte parte d’Italia e in particolare dal Sud. Prato conosce una prima battuta di arresto negli anni ottanta, si riprende e riparte veloce quanto prima per poi precipitare, appena dopo l’inizio del terzo millennio, lungo una china ripida che pare non finire mai. Una crisi profonda e strutturale le cui cause sono spesso ricercate e indicate fuori dal sistema e che invece allignano, per la gran parte, proprio dentro il sistema stesso. Un sistema di medie, piccole e piccolissime imprese, industriali e artigiane, che hanno fondato la loro forza sulla flessibilità degli orari di lavoro e sul “nero” per lo più necessario a far quadrare i conti dei terzisti. Un sistema con scarsa responsabilità industriale dove le società di vendita dei tessuti e dei filati pratesi hanno investito solo, e anche lì in maniera insufficiente, sulla realizzazione dei campionari e la loro promozione lasciando all’indotto l’onere della manutenzione e dell’evoluzione dei processi industriali. Onere insostenibile a causa dell’eccessivo frazionamento e del nanismo delle imprese e di tariffe troppo compresse che hanno finito per strangolare intere generazioni di lavorazioni conto-terzi. Il comportamento degli imprenditori pratesi, in particolar modo delle seconde e terze generazioni, è stato di drenare ricavi dal manifatturiero e di spostarli sulla realizzazione e gestione dei patrimoni. I pratesi hanno costruito principalmente in Versilia e nell’Europa dell’Est e hanno realizzato chilometri e chilometri di capannoni industriali nell’immediata periferia della città di Prato. Edifici vuoti e inutilizzati che hanno sottratto energia vitale al comparto manifatturiero che ha così rinunciato ad evolversi.Sono mancati investimenti per la qualificazione dei processi di produzione, di ricerca e sviluppo, di promozione e penetrazione commerciale sui mercati internazionali. Si è rinunciato ad accrescere la cultura e le competenze d’impresa e soprattutto si è trascurata l’opportunità di occupare e conquistare pezzi importanti della filiera tessile fino alla distribuzione del capo finito al consumatore finale.La politica ha assistito senza capire quanto stava accadendo. Cieca anche di fronte a numeri impressionanti. Duemila imprese tessili

chiuse tra il 2001 e il 2009 sostituite da altrettante imprese di costruzioni e immobiliari. Oltre ventimila i posti di lavoro persi dal manifatturiero che hanno rigenerato un’occupazione anomala, fatta di partite iva e di salari dimezzati che nascondono, in parte, un’economia sommersa di contingente sopravvivenza e non certo di sviluppo.Una politica che di fronte alle richieste di concessione edilizia non ha mai chiesto un piano industriale, non ha mai domandato quanta occupazione sarebbe stata garantita e per quanto tempo. Eppure sarebbe bastata anche solo questa semplice azione di controllo per contrastare lo scempio del distretto industriale pratese.Eppure sarebbe bastato fare da regia tra l’Europa e Prato, attraverso i diversi livelli istituzionali, per realizzare contesti favorevoli alla crescita di una nuova ed energica cultura d’impresa coniugando Scuola, Università, formazione, ricerca e sviluppo perché la vivacità e la creatività d’intrapresa è già nel dna dei pratesi e vorrei dire degli italiani tutti. Le sciagure collaterali sono tutte conseguenti al crollo del sistema economico portante . La contrazione drammatica dei redditi. L’aumento dell’indebitamento delle famiglie. Il blocco della mobilità sociale. La mancata integrazione di un’immigrazione extracomunitaria sempre più consistente e problematica. L’insufficienza del sistema socio sanitario. La crescita degli episodi di violenza e d’intolleranza. La percezione crescente d’insicurezza personale che si collega strettamente alla pura del domani.Poi c’è il fenomeno parallelo. La questione cinese. Ventimila persone regolari, forse altrettante illegali, hanno occupato sistematicamente pezzi di città e costituito un distretto economico parallelo.Esso sviluppa ormai oltre 1300 milioni di euro all’anno con un tasso di crescita di almeno 10 punti anno su anno. Ovviamente per molta parte a nero.Un sistema economico chiuso e controllato per la maggior parte da alcune famiglie riconducibili alla mafia cinese che tratta merci e persone alla stessa maniera.Il mercato immobiliare e della compra-vendita d’imprese e attività commerciali è stato drogato dalle loro strategie di conquista. Ormai oltre il 90% della prima area industriale pratese è sotto il loro diretto

controllo.La comunità cinese comincia adesso a interrogarsi sulle strategie d’integrazione, sul rispetto delle regole, su come inserire le seconde generazioni nate in Italia. Le difficoltà sono molteplici e gli interessi contrastanti.La politica è stata di nuovo assente.E’ qui, nel cuore della Toscana e della sinistra di governo, che fallisce la politica e mostra tutta la propria inadeguatezza e impreparazione.E’ qui che prevale la destra ma perché è la sinistra a perdere. A perdere innanzitutto il contatto con la realtà del proprio territorio tronfia com’è della propria posizione dominante e ingessata com’è da interessi trasversali, ispessiti e incancreniti da decenni di gestione del potere.Parlo di Prato perché è la mia città e perché la trovo paradigmatica e perché non è diversa dal tessuto industriale e sociale del Paese. Anzi, in essa si sono mescolati molti dei peggiori ingredienti della nostra penisola insieme a quell’operosità creativa che offre ancora uno sbocco, una speranza. Ma ci vuole la politica che non si deve innamorare delle semplificazioni e deve invece guardare alla realtà per quella che è e a essa dare risposta. Non basta accomodarsi sulle definizione macroeconomiche che fanno, un po’ artatamente, della “finanziarizzazione” della economia il mostro contro il quale scagliarsi.Peraltro il sistema Paese risente solo in parte di quel fenomeno che ha condizionato soprattutto le società quotate o le grandi imprese internazionali bancarie, assicurative e finanziarie. Le medie e piccole imprese italiane che si muovono in un sotto sistema economico che, in parte, è anche sommerso hanno risentito indirettamente dei grandi sconvolgimenti finanziari. Se ne sono accorte soprattutto dalla difficoltà di accesso al credito e dal crollo della domanda complessiva che ha condannato molte piccole imprese alla chiusura.Questo è anche uno dei veri motivi per cui l’Italia sembra più pronta di altri a riprendersi dalla crisi. Il Governo non ha certo molti meriti

visto che sta comprimendo progressivamente la domanda interna riducendo la capacità di spesa dei cittadini (tagliando salari e pensioni e aumentando direttamente e indirettamente i costi dei servizi) e non sta facendo nulla per rilanciare le piccole e medie imprese che sono il vero motore economico del Paese.Dai casi Prato che ritroviamo in ogni luogo dello stivale parte la sfida della nuova sinistra italiana.Una sinistra che deve riproporre la Carta custode di quella griglia di valori laici di riferimento intorno alla quale ricostruire il Paese e il tessuto delle relazioni sociali.Una sinistra che ha il compito di riempire la politica e di dare un senso e un orientamento ai comportamenti dei singoli e delle comunità verso un punto, un obiettivo comune e comunitario dove realizzare una condizione di equilibrio e di sviluppo, tranquillo e affidabile, che non lasci indietro nessuno.Il nostro Congresso è stato un momento quasi perfetto d’incontro della sinistra italiana e di verifica dell’interlocuzione con le forze moderate del Paese.Il messaggio del Presidente della Repubblica ha nobilitato e ha reso quasi istituzionale questo momento.La profonda crisi del sistema politico ha trovato nel nostro Congresso la sua prima occasione di ripensamento e confronto.A questo punto sta al nostro Segretario portare avanti gli impegni assunti con il Congresso e con le forze politiche che hanno dato il loro contributo al disegno di una diversa prospettiva.Guai se adesso abbassiamo la guardia. Guai se adesso ci rinchiudiamo nel silenzio in attesa di un cenno o di uno sguardo del più grosso, e non grande, partito del centro sinistra.Dobbiamo muoverci con libertà e autonomia lungo la strada indicata dal Congresso di costruzione di una forza o di una aggregazione della sinistra intorno ai valori e ai fondamenti programmatici del PSE. Dunque un’espressione politica della sinistra riconoscibile ed europea che contribuisca alla realizzazione di una coalizione elettorale ampia e alla definizione, nel contempo, di una formula di governo più ristretta omogenea e compatibile con le forze più

moderate del Paese.Per questo abbiamo bisogno di mani libere e di una testa senza catene, capace di ricucire rapporti con tutte le forze della sinistra italiana e di superare ogni dissidio e frizione particolare.Abbiamo anche bisogno di mantenere alto il grado di elaborazione politica dentro il Partito e nei territori. Di motivare politicamente le compagne e i compagni. Qualcuno l’ha definito il partito del congresso. Io preferisco definirlo un partito normalmente vivo.Noi socialisti siamo stati vittime del pregiudizio per molto tempo. Perugia segna una forte discontinuità con il nostro recente passato. Lo dimostrano le presenze dei capi di partito e i messaggi che ci sono giunti e soprattutto i contenuti espressi da ogni parte politica e istituzionale. Siamo tornati a svolgere, quasi inaspettatamente, un ruolo di cerniera. Non usiamo noi adesso l’arma del pregiudizio e soprattutto non molliamo.Chiudo parafrasando Calamandrei che è stato citato da Riccardo nella sua relazione introduttiva.Lo faccio in maniera blasfema perché Calamandrei si riferiva alla sacra Carta Costituzionale e invece io mi riferisco alla Relazione del Segretario.La Relazione che rilancia e posiziona il Partito non è altro che un pezzo di carta: la lascio cadere e non si muove. Sta a tutti noi dargli gambe, testa e cuore.

Norberto Fragiacomo

Un fantasma si aggira(va) per l’ampio auditorium dell’hotel perugino sede del secondo congresso nazionale del Partito Socialista Italiano – un congresso, sia detto tra parentesi, che più che costituire un’occasione di incontro e dibattito si è risolto, di fatto, in un megaspot pubblicitario. Della serie: il Partito è vivo e vegeto, è unito; ma soprattutto è pronto, nell’ipotesi di stipula di un “patto per l’Italia” tra forze moderate, a fare fino in fondo la sua parte.Ospiti di prestigio si sono succeduti sul palco – da Casini a Bersani,

da Ferrero a Rutelli – suscitando applausi o mugugni: ma non erano loro le vere star, e neppure Beppino Englaro, che ha commosso gli ospiti con la sua testimonianza dolente. Protagonista è stato solo in parte il segretario Nencini, che pure ha sfoggiato un’oratoria brillante, arricchita da frasi ad effetto; e meno di tutti sono stati protagonisti i delegati, confinati a parlare in orari impossibili, davanti a sedie vuote e visi addormentati.Di proposte ne sono state avanzate, questo è vero: ma quella di una tassa sulle transazioni finanziarie non è nemmeno farina del nostro sacco, essendo stata formulata, anni fa, dalla sinistra c.d. radicale, tra i frizzi e i lazzi dei moderati. Meglio allora il mea culpa di Bersani (“spesso si sono addolcite ricette altrui”), ed il suo slogan “ci vuole un’Europa unita e keynesiana”: ne sentiamo il bisogno, oggi più che mai.Chi ha vinto, dunque? Ha vinto Lui, il convitato di pietra seduto al tavolo della segreteria. Lui, l’esule di Hammamet (per altri, semplicemente il latitante), Bettino Craxi.Non solo e non tanto per i battimani che scrosciavano ogni volta che veniva pronunciato il suo nome, o per la difesa della sua politica, e della sua persona su cui non pochi interventi si sono incentrati.Ha vinto perché, ad un decennio dalla morte, sono stati il suo pensiero, le sue convinzioni ad ispirare la mozione congressuale di un partito ancora in larga parte craxiano.Chi scrive aveva preparato un discorso che proprio della mozione criticava alcuni passaggi. Meglio quasi non averlo pronunciato (rinuncia dovuta alla stanchezza, sia chiaro, non ad un ripensamento!): agli orecchi di molti sarebbe suonato come una provocazione.Cosa avrei detto, dinanzi ad una platea assonnata o furibonda? Che l’unità del partito può e deve essere il primo passo verso la formazione di una grande forza di sinistra, che metta insieme socialisti, comunisti e anarchici; che è ora di buttare nel cestino formule ambigue come lib lab, e di smetterla una buona volta di riempirsi la bocca col Socialismo liberale, che delle due l’una: o è un imbroglio – perché per certuni l’aggettivo ha sempre contato di più del sostantivo – o è una proposta incompleta, esangue, intimamente

contraddittoria. Gli ircocervi pascolano nei campi della fantasia, e, mentre si avverano le profezie di Marx e Lenin, affidarsi in toto al pur grande Rosselli (o, peggio ancora, al confuso Proudhoun), mi pare il colmo dell’insensatezza.Avrei soggiunto che il Socialismo deve essere autenticamente democratico – deve cioè mirare ad istituire una democrazia diretta, con vincolo di mandato per gli eletti; che la nuova società egualitaria non può essere costruita in seno al liberalcapitalismo, allergico alle regole e alla giustizia distributiva, ma sulla sua negazione; e che un Partito Socialista degno di questo nome deve puntare ad un cambiamento epocale, unico antidoto alla miseria diffusa che, distrutto lo Stato sociale, le istituzioni ed i poteri economici si apprestano a regalarci.In otto paginette, insomma, avrei contraddetto tutte le idee forza e i principi della “rivoluzione craxiana”: un Socialismo esclusivamente riformista, in cui capitale e lavoro si incontrano e vanno d’accordo; il ripudio di Marx, visto come il padre di un’ideologia totalitaria, e il “lancio” di Proudhoun; l’orrore per rivoluzioni e rivoluzionari; la rivalutazione della Patria (ecco spiegato l’Inno di Mameli al posto de l’Internazionale!) rispetto all’internazionalismo; la scelta di campo “senza se e senza ma” per l’Occidente liberale e consumista. Senza contare l’ossessione anticomunista, che precede – e di molto – Tangentopoli, ed è a tutt’oggi largamente diffusa.Con questa realtà, con questa tradizione ancora fortissima non avevo fatto i conti, nello scrivere il mio intervento.Credo però che, rispetto agli anni ’70-’80, la situazione interna ed internazionale, quella economica soprattutto, siano cambiate non poco; e credo pertanto che talune impostazioni, forse valide allora, vadano rimeditate.Continuerò quindi a riflettere e a far riflettere, nella speranza che, presto o tardi, il Partito Socialista si convinca a mettere la parola fine a questo capitolo della sua storia, e ne cominci un altro.Se fosse ancora in vita, Bettino Craxi che, ad onta degli errori commessi, è stato un vero statista e un uomo coraggioso, non si accontenterebbe di vincere il congresso di un partito all’uno per cento: cercherebbe, per il futuro, strade nuove.Al sottoscritto, oggi, basterebbe un più modesto sentiero.

Riccardo Oliva

concordo con l’intervento del compagno Nencini, spingiamo sulla visione di una sinistra rinnovata e allargata.Vorrei prendere lo slancio dalla sua relazione per tuffarmi in un sogno: il progetto di un’ Italia diversa. In questa immaginifica realtà il compagno Martelli ha perfettamente ragione a dire che Berlusconi ci ha derubato di quattro milioni di voti socialisti e sempre in questo sogno quegli elettori tornano con noi perché noi gli parliamo di un sogno in 3D. Le 3d a cui mi riferisco sono: DIRITTI DOVERI e soprattutto DIGNITA’.E non c’è stata forse la mancanza del concetto primario della Dignità in quello che è stato fatto a Pomigliano d’Arco? Non c’è forse mancanza di una concezione dignitosa del lavoro nel rendere precari e insicuri milioni di persone ogni giorno? In questa visione il Partito ricomincia dai comuni a costruire una nuova Italia. E come lo fa?Lo fa usando i suoi pilastri: Libertà, Eguaglianza nelle condizioni di partenza, Merito e Giustizia Sociale. E questi capisaldi vengono utilizzati per progettare uno Statuto delle Collettività, dove si fotografano i diritti e i servizi essenziali di una comunità, per far prendere il volo ad un federalismo socialista.In questa Italia migliore non è il Presidente di un ente che ricatta l’assemblea degli eletti con la possibilità di andare ad elezione sciogliendola, ma è l’assemblea che indirizza il lavoro del presidente, costringendolo a non sforare e a non tradire lo Statuto delle Collettività.Ma non solo! Si creano delle Autorità di Garanzia dal basso che coinvolgono i cittadini ancora di più nel controllo della Cosa Pubblica, in nome di un principio di trasparenza che è punto centrale per la realizzazione di un sistema democratico maturo.In questa visione non ci sono solo consumatori, ma soprattutto cittadini, consapevoli dei loro diritti, istruiti al meglio e sicuri che l’istruzione ricevuta sarà in grado di garantire loro un futuro migliore

e di riflesso anche al Paese nella sua interezza.Perché se non garantiamo questo io non so trovare una risposta al perché un ragazzo dovrebbe continuare gli studi prima all’università poi con un master, per poi andare a fare un lavoro che poteva fare benissimo con una buona istruzione superiore o per vedersi addirittura scartato alle selezioni per un lavoro con la frase:”Ci dispiace lei è troppo qualificato!”, che tradotto in parole meno oscure varrebbe a dire:”Lei mi costerebbe troppo, perché ha studiato troppo e vorrebbe ambire a crescere e io questo non me lo posso permettere!”. C’è qualcosa di perverso in tutto questo. In questa Italia da sogno non ci sarebbero più Capipopolo, perché non servirebbero, ma un popolo che si riconosce nelle idee riformiste e di miglioramento graduale che vengono proposte.Ma qua l’immagine si allarga e si vede un’Europa finalmente politica e non più solo incentrata su di una ideologia Capitalistica antiquata e dannosa, ma su una nuova concezione di umanità incentrata sui principi del liberalsocialismo. In questo sogno non sono i paesi come l’Italia a dover abbassare i propri livelli standard di diritti, ma sono i paesi entrati da poco nell’unione Europea a dover progressivamente alzare i loro, perché non è concepibile che spariscano delle conquiste fondamentali , frutto di lotte dure ma giuste, come se fossero neve al sole in nome di un principio e di un’idea che ha svincolato l’economia dall’uomo e l’ha resa non più strumento di crescita, ma sistema indipendente con una logica interna che ha espunto dal proprio vocabolario il concetto di progresso per l’uomo e dell’uomo. Quello che ho provato a proporre è un paese nuovo riformista, meritocratico giusto, insomma ho il sogno di un paese finalmente SOCIALISTA!!!Sempre Avanti!!!

Pino Nazio

La crisi del berlusconismo impone ai socialisti maggiori responsabilità nel lavorare per costruire una Italia diversa. Si sta

concludendo in modo inglorioso un ciclo iniziato più di 16 anni fa, quando Berlusconi è salito per la prima volta a palazzo Chigi (e guidato i governi con maggioranze bulgare e più lunghi della storia della Repubblica). Al declino economico, alla minore coesione sociale, si aggiunge la limitazione della libertà dei cittadini a ricevere una informazione pluralista, a far valere i propri diritti sui luoghi di lavoro, ai giovani di costruirsi un futuro. Senza parlare delle promesse di riforme e riduzione delle tasse mai mantenute. Qualcuno ha elogiato il ministro Maroni, ma senza tener conto del suo operato. Il prezzo per la diminuzione degli sbarchi di clandestini sono i campi di concentramento in Libia mentre si registrano il 10% di immigrati clandestini in più. Hanno bloccato il Paese sulla sicurezza che avrebbero portato le ronde e si scopre che in tutta Italia i cittadini che si sono iscritti sono stati 6. Mentre la gente dell’Aquila che protesta viene manganellata, il ministro non dice una parola sui tagli che subiscono le forze dell’ordine e lascia al loro posto i dirigenti della polizia condannati per le violenze al G8 di Genova. Poi la legge sulle intercettazioni che priva i magistrati di un importante strumento d’indagine: una cosa è il deprecabile giustizialismo, un’altra è l’impunità delle organizzazioni criminali e della casta.

Felice Borgoglio

Il congresso si svolge in un momento di crisi internazionale,che coinvolge in particolare l’economia europea e ci costringe ad affrontare alcuni nodi strutturali ed ad attuare una politica di riforme indispensabile per affrontare i profondi cambiamenti avvenuti in questi anni.Da questa crisi si esce solo se saremo capaci di realizzare una nuova nazione europea,o l’Europa diventa stato o altrimenti,si ritorna alla frammentazione del passato con la fine dell’euro,ed un declino irreversibile per incapacità di competere con i nuovi protagonisti dell’economia mondiale,non può esistere una moneta senza stato,non può esistere uno stato senza moneta,noi siamo in questa situazione paradossale di avere una moneta senza stato e degli stati senza moneta.La nascita di un governo dell’ Europa,è la priorità per affrontare la

crisi,e mettere in atto una politica sinergica in grado di realizzare economie di scala,e attuare politiche di sviluppo che hanno bisogno di piani europei.In questo contesto si possono poi realizzare le politiche regionali,che coinvolgono i diversi stati,nel caso nostro è estremamente urgente ristrutture la spesa pubblica,riducendo la spesa corrente ed incrementare quella per investimenti,onde recuperare il ritardo infrastrutturale e rendere piu competitivo il nostro paese,va ridotta la frammentazione amministrativa,otto mila comuni non hanno piu senso e non sono in grado di offrire una discreta qualità di servizi.Il quadro politico si va deteriorando,ma rimanendo sulla scena politica Berlusconi,questa lunga transizione non finirà,il nostro compito è tenere in vita il soggetto politico socialista in grado di definire una prospettiva,post-berlusconiana,in grado di parlare all’area laico-socialista,che in questi anni ha fatto prevalere il risentimento, e si è fatta attrarre dalle sirene berlusconiane,non ci puo essere pregiudizi su chi ha fatto scelte diverse,ma un serrato confronto per evidenziare il fatto e le contraddizioni di stare in uno schieramento di centro-destra e continuare a definirsi socialisti.Rafforzare la nostra vocazione europea e definire il progetto per l’Italia è la sfida che ci attende,a noi spetta il compito di non deludere la migliore tradizione socialista.

Vincenzo IacovissiPiù che positivo l’esito del 2° Congresso nazionale del Partito per la comunità dei giovani socialisti. Dalla 3 giorni di Perugia, infatti, la Fgs esce rafforzata al proprio interno e, soprattutto, riceve una cospicua visibilità negli organismi dirigenti. Tra i successi più rilevanti, si annoverano, senza dubbio, l’elezione di una significativa delegazione della Fgs nell’ambito del Consiglio nazionale del Partito, e l’approvazione, a larghissima maggioranza, di un ordine del giorno generazionale che impegnerà nel prossimo futuro il gruppo dirigente socialista ad una modifica statutaria finalizzata ad estendere sempre più la presenza di under 40 nelle strutture decisionali, ad ogni livello. Ma è sul piano della prospettiva politica che la piattaforma dei giovani socialisti risulta valorizzata, in quanto, dalla relazione del segretario Nencini – così come dagli interventi del Presidente dei Verdi, Bonelli, e del Segretario dei Radicali, Staderini – si evince la volontà di dar vita ad una cooperazione rafforzata fra le forze laiche, socialiste, ambientaliste e riformiste del nostro Paese, in linea con quanto sostenuto dalla Fgs sin dalla Conferenza nazionale tenuta lo scorso 15 maggio a Roma. Ancora una tappa importante verso la costruzione del socialismo di oggi e di domani. Sempre Avanti.

Luigi Iorio

Care compagne,cari compagnispero che a voi piaccia sentirvi essere chiamati ancora così. Volevo innanzitutto ringraziare le giovani compagne ed i giovani compagni della federazione regionale umbra per quanto fatto in termini organizzativi in questi giorni,ed un ulteriore ringraziamento vorrei rivolgerlo anche a tutti i delegati che hanno sostenuto il nostro documento integrativo,che rappresentano in termini percentuali oltre il 10 % della platea congressuale. All'indomani della presentazione del documento unitario della segreteria del partito, come federazione dei giovani socialisti,abbiamo deciso insieme a molti dirigenti under 40 di presentare un documento integrativo,questo non perchè non condividevamo il documento a sostegno di Riccardo Nencini,e nemmeno per mera tattica politica,ma perchè crediamo che il problema lavoro per la nostra generazione è fondamentale è lo è soprattutto in questo momento di crisi economica e sociale. Sandro Pertini amava ricordare che “non

c’è uguaglianza sociale senza libertà e viceversa non c’è libertà senza uguaglianza sociale”. Dello stesso parere era Norberto Bobbio che vedeva nel connubio diritti sociali e libertà la nuova frontiera dei socialismi moderni .Ecco noi crediamo che le nuove generazioni sono lontane da questi due principi indissolubili. La nostra generazione che è quella dei precari, dei non garantiti, degli sfruttati, degli emarginati, dei ricattati che,difficilmente potrà vivere in una società uguale dove vengono difesi i deboli a scapito delle corporazioni e dei poteri forti. Ci riconosciamo in pieno nella dedica fatta da Elio Germano che, nel ritirare la Palma d’Oro, come miglior attore, all’ultimo festival di Cannes, ha voluto dedicare il suo premio “all’Italia e agli italiani che da sempre fanno di tutto per rendere il nostro un paese migliore, nonostante la loro classe dirigente”. una classe dirigente ormai non più scelta dagli elettori su base meritocratica,ma bensì cooptata mediante una legge elettorale che ha detta di chi l ha scritta è una porcata. Un parlamento di nominati insomma, di cortigiani non è chiaramente in grado di esprimersi su nulla se non prima di aver interpellato i rispettivi segretari di partito .Ecco bisogna prendere atto che l’attuale legge elettorale è uno dei mali di questo pese. Venti anni fa di questi tempi iniziava la fine dei regimi comunisti. Finiva una lunga fase storica, la guerra fredda, che ha caratterizzato anche negli aspetti minimali la vita di milioni di persone. L’abbattimento del Muro di Berlino, la notte del 9 novembre 1989, segnava l’inizio di una stagione caratterizzata da speranze ferme e determinate, almeno nelle enunciazioni, di realizzare un nuovo modello di vita. Ci fu chi, come il politologo Francis Fukuyama, si spinse a teorizzare la “fine della storia” intesa come raggiungimento della condizione ottimale di definitiva affermazione della democrazia e del suo corrispettivo economico rappresentato da uno sviluppo garantito dal modello capitalista, tesi espressa nell’omonimo saggio del 1992. La risolutiva sconfitta dei modelli totalitari e la loro trasformazione nel liberalismo democratico avrebbero permesso all’uomo di raggiungere definitivamente una condizione ottimale. Quel che è accaduto dal 1989 a oggi, è molto diverso, e quelle che erano speranze condivise, sono nella migliore delle ipotesi rimaste lettera morta. Globalmente la crisi economica iniziata nell’estate del 2008 ha determinato e determinerà una serie di costi sociali ed economici molto duri da affrontare, tali costi però nel Belpaese sono aggravati dal consolidamento di un

atteggiamento che vede nelle classi dirigenti preferire la difesa delle rendite acquisite e dei privilegi presenti, piuttosto che investire nel futuro,nella ricerca nell’innovazione con conseguente fughe dei migliori cervelli in altre nazioni rappresentato dai giovani Che la cosiddetta questione generazionale in Italia esista e stia producendo effetti, non è più una vulgata. Tutto ciò è la constatazione del fatto che i giovani sono nel nostro paese una risorsa poco utilizzata,e nella migliore delle ipotesi quasi ignorati. Nello specifico i giovani italiani sono quelli che: hanno i salari d’ingresso più bassi d’Europa,salari che negli anni 70 erano i più alti d’Europa,ecco perche siamo la generazione x la 1° generazione che vivrà una condizione di vita peggiore dei propri genitori,che oggi sono il più importante ammortizzatore sociale per noi giovane generazione,e chissà quanti di voi oggi presente

qui ha dei figli a carico disoccupati,mal retribuiti .La flessibilità del mercato del lavoro, introdotta in Italia negli anni novanta come risposta alle esigenze di produttività nazionale, è presto diventata precarietà, lasciando una parte della forza lavoro ai margini, priva di certezze previdenziali, ma soprattutto impossibilitata a progettare il proprio futuro a medio - lungo termine. La causa è l’assenza di minime misure di sostegno al reddito per i periodi di non occupazione. Più volte questa generazione di giovani ha trovato molteplici definizioni:generazione X, generazione mille euro, generazione né studia né lavora, (dallo spagnolo: ni estudia ni trabaja).Tali fenomenologie aiutano a percepire la perdita di speranza nel poter migliorare la propria condizione. Nell’ultimo Rapporto Italia pubblicato dall’Eurispes l’analisi per classi d’età di quanti considerino un problema la precarietà nei rapporti di lavoro è la seguente: il 33,5% per quelli di età compresa tra i 24 ed i 35 anni, e del 22,8% di quelli tra i 34 ed i 44 anni, percezione questa che passa in secondo piano per coloro d’età superiore ai 45 anni, a fronte di una maggiore attenzione verso la mancanza di lavoro. Un altro aspetto fortemente condizionante è quello del sostanziale blocco dell’ascensore sociale: il 43.9% dei padri architetti ha un figlio laureato in architettura, il 42% di quelli laureati in giurisprudenza ha un figlio col medesimo titolo di studio, così come il 40.8% dei farmacisti ha figli appartenenti alla stessa categoria, percentuali simili si registrano per ingegneri e medici. In questa 3 giorni di congresso abbiamo ascoltato Casini,Bersani,Rutelli. Vi dico

la verità gli ho sentiti fare male il mea culpa: sulla legge elettorale pessima,essere preoccupati dell’attuale situazione economica del paese e del debito pubblico,ma io una domanda l’avrei voluta fare ad i tre leader politici: ma in questi venti anni dove eravate???? A me risulta in parlamento. Inoltre siamo sempre in attesa che l’udc si pronunci sugli ultimi scandali finanziari legati al vaticano e Bersani ci dica se, e quando, scaricherà Di Pietro. Non vivendo in politica di sola tattica,il compito di noi giovani non dovrà essere quello di parlare di alleanze di alchimie,o scimmiottare gli attuali dirigenti politici, noi però una cosa la diciamo, ripartiamo dal socialismo dei cittadini, e ricominciamo a parlare tra la gente e con la gente. Prima la politica e poi le alleanze, con chi avrà nei prossimi tre anni condiviso un percorso politico insieme: capace di mescolare uno spirito partigiano, in difesa della costituzione,delle istituzione e dell’unità d’Italia messo in discussione dal miglior alleato di questo governo,la lega,un governo commissariato dal ministro Tremonti ed ostaggio della lega che è al tempo stesso partito di governo a Roma ma di protesta nei territori,ma anche chi condividerà con noi lungimiranza e volontà di guardare al futuro parlando un linguaggio nuovo al paese. Bene compagni ripartiamo dalla politica cerchiamo insieme ad altre forze politiche movimenti ecc. di affermare battaglie sulla legalità, sulla trasparenza, sull’abbattimento delle corporazione e degli ordini sul miglioramento della condizione di vita delle nuove generazioni,schieriamoci in difesa delle comunità carcerarie che spesso vivono in una condizione di sovraffollamento ed in condizioni di vita fuori dal normale,facciamo capire ai lavoratori o ai nostri genitori che dovranno andare in pensione qualche anno dopo del previsto, perché altrimenti non ci sarà una nostra copertura previdenziale futura. Per addivenire a tutto ciò, siamo convinti che i nostri migliori compagni di viaggio potrebbero essere i compagni radicali e tutti quelli che si rivedono in un polo laico liberale e socialista ed ambientalisti. Per affrontare queste battaglie politiche prima che un candidato premier,e prima di una colazione occorre un partito. Noi lo abbiamo ed orgogliosamente siamo a sinistra da oltre un secolo, e tutti insieme abbiamo il dovere di migliorarlo. Noi crediamo in un partito con regole certe nel quale vige la democrazia,ma crediamo anche in un partito fatto da giovani e donne che tanto hanno dato in termini di impegno fino ad oggi, e molto hanno da dare,ecco perché abbiamo presentato un ordine del giorno nel quale chiediamo che 1/3 degli organismi sia fatto da

under 35 di ambo i sessi. Lo abbiamo fatto perché è nostro dovere crederci, ma anche perche nella sua relazione molto convintamente lo ha proposto anche il nostro segretario Riccardo Nencini. Auguri e buon lavoro Riccardo,ti auguriamo che i prossimi due anni siano forieri di successi per il nostro partito. Nel mio primo libro di Ugo Intini – a cui va tutto il nostro ringraziamento come quotidianamente sostiene la comunità socialista - che lessi nella prefazione vi era narrato un episodio che accade tra napoleone ed un suo sottoufficiale durante la battaglia persa di Waterloo. Quando quasi al a battaglia perduta, tutto era già perduto, Napoleone vide suo valoroso soldato battersi in maniera valorosa ed allora gli chiese: la battaglia è quasi persa perché continui a batterti in questo modo,lo fai per il tuo generale? ed il soldato rispose no,Napoleone allora incalzò,allora lo fai per tuo Re? ed il soldato nuovamente rispose di no, ed allora perche lo fai?domandò nuovamente il generale,il soldato o rispose per TIGNA. Ecco compagni insieme da quasi vent’anni percorriamo insieme strade impervie e difficili,ma se a noi giovani socialisti ci chiedete il perché siamo orgogliosi di appartenere a questa tradizione,a questa storia, vi risponderemo in due modi : perche l’Italia ha bisogno di una forza socialista,ma soprattutto per tigna, nei del populismo,a demagogia e la menzogna .Compagni Coraggio, coraggio, coraggio. Buon lavoro.

Luca Cefisi

Ho sempre pensato che un congresso non debba essere un torneo oratorio, non voglio quindi intervenire su ogni possibile tema, mi interessa discuterne uno solo, che però, mi pare, contiene tutti gli altri: la crisi mondiale, economica e finanziaria, l’austerità di Tremonti, che però ha rimesso in gioco le ragioni dei socialisti. Dopo un quindicennio di “seconda repubblica”, di dibattito politico autoreferente, su temi come l’ennesima riforma elettorale o i cosiddetti “costi della politica”, la forza della realtà irrompe e costringe la politica a ritornare a parlare di economia, di società. Si è costretti a tornare a discutere di povertà, di reddito, di disoccupazione, insomma di cose serie. Altro che “fine della storia”, vi ricordate la fanfara di gioia dopo la fine del comunismo, subito ridotta al tamburino del “pensiero unico”, mercato e liberalismo come unico orizzonte possibile ? Gli anni 90 del pensiero unico neoliberale e oggi Tremonti: il marxismo-leninismo-trmeontismo che

ci mette tutti nella pattumiera della storia ! Una visione davvero autoritaria, perchè questa destra non ha solo la libidine dell’austerità (per la gente normale), ma anche della libertà per i pochi, del controllo autoritario, della riduzione dei diritti per i molti che non contano, perchè è una destra degli interessi di parte e di classe. Al contrario, l’austerità si può discutere, la visione dei Tremonti non è l’unica che c’è al mondo, se ne possono avere altre, se non c’è questo scompare la politica, scompare la democrazia, scompare il nostro ruolo. Ma se c’è la possibilità di un’alternativa, di una diversa opinione, allora il nostro ruolo c’è, eccome !

E allora diciamo che quest’austerità non possiamo permettercela, anche e soprattutto, perchè minaccia la nostra idea della qualità della vita, di una società decente: quelli che la retorica aggressiva della nuova destra chiama i “privilegi”, cioè i salari decenti, le ferie, le pensioni, la sanità, le limitazioni agli orari di lavoro. Sono diventati “privilegi” rispetto al lavoro precario, le cui condizioni da eccezionali diventano semplicemente “non-privilegiate”, cioè normali. Questo che è un attacco ideologico, si può e si deve combattere, prima era contro i “pigri”, i “terroni”, si è esteso alla classe operaia e impiegatizia, con l’accusa di “fannulloni”, ormai ufficialmente sancita verso i dipendenti pubblici, e che si estende verso gli operai dell’industria che recalcitrano all’indurimento delle condizioni di produzione, e agli insegnanti e persino ai docenti universitari precarizzati e sottopagati, con un’inedita proletarizzazione del lavoro intellettuale. E’ insomma l’attacco alla società europea, al modello socialdemocratico, così come si è costuito nel cinquantennio successivo alla seconda guerra mondiale, con le sue articolazioni e le sue garanzie. Qui noi troviamo non solo gli avversari ma anche gli alleati: ci sono le ragioni di un’alleanza con l’amministrazione Obama, anche la “promessa americana”, cioè la prospettiva di un benessere crescente e diffuso, è in pericolo, tanto quanto la tradizione europea di sicurezza sociale, senza politiche di stimolo all’occupazione e ai consumi. Quello che noi socialisti dobbiamo chiedere e pretendere, per evitare che l’austerità diventi una cronica recessione.

In questo, abbiamo l’anomalìa italiana. Il governo italiano è in parte

in linea con le destre europee, in parte è peculiare e provinciale, perchè su misure sul clima e misure di politica economica arriva a scontrarsi con Sarkozy e Merkel ! Nella crisi europea, c’è la crisi italiana: il maggiore problema d’immagine del nostro paese, storicamente, è quello che si identifica, visto dall’estero, con la mafia e la corruzione, e se in tutto il mondo i ministri inquisiti si dimettono, soltanto in Italia si fa ministro un inquisito (Brancher). Qui c’è tutto il paradosso di “mani pulite”: se ogni atto politico è sottoposto al vaglio giudiziario, allora il parametro del giusto e sbagliato in politica lo stabiliscono i tribunali, ma questo è valido per il privato cittadino, per il politico dovrebbero valere criteri politici e morali distinti, e più esigenti, di quelli giudiziari: non si devono aspettare i tre gradi di giudizio per dare le dimissioni…

Questa destra non è una destra europea, non è dignitosa, non è come la destra di Sarkozy che accetta di perdere per non allearsi a Le Pen, mentre questi senza pudore imbarcano di tutto, Mussolini, Bossi, Storace, pure gli skinheads di Forza Nuova… Non è una destra europea, così come non c’è ancora la sinsitra europea, socialdemocratica e riformista, che noi vogliamo. Noi crediamo che questa sia la sola sinistra che può vincere, non una sinistra subalterna che insegue il centro, ma che con i suopi valori di laicità, modernità, giustizia convince il centro, lo convince che questa volta votare per l’alternativa conviene. Diversamente dal modello del Pd di Veltroni, che essendo speculare alla destra finiva per essere subalterno alla destra.

Noi siamo un piccolo partito, ce lo ricordiamo continuamente, ma siamo un partito ambizioso, che vive di grandi progetti o non vive. La nostra autonomia non è settarismo: in verità, in Italia e in Europa, i socialisti vivono del rapporto con una sinsitra più ampia. Certamente la sinistra è debole senza i socialisti, questa è la lezione italiana, ma è vero anche il contrario: quando la sinistra è più forte, lo sono anche i socialisti, quando è più debole, sono deboli i socialisti. Per uscire da questo serpente che si morde la coda, abbiamo bisogno assieme di autonomia e di capacità di coalizione.L’autonomia socialista non è quindi chiusura verso le altre esperienze di centrosinistra, ma precondizione per la migliore

solidarietà con esse. Una coalizione di centrosinistra deve essere messa in campo, che sia ricca delle sue differenze, dei Bonelli, dei Vendola, dei Radicali…Abbiamo sempre perso, e non tanto per colpa nsotra!, perchè, dalla Rosa nel Pugno a Sinistra e Libertà, si è cercato di fare dei partitini, quando c’era invece bisogno di federare soggetti diversi, non di accentrarli in micro-partiti. C’è invece bisogno di coalizioni tra diversi, in politica, come c’è bisogno di coalizioni tra diversi nella società, un’ampia coalizione di idee, di interessi, di gruppi, così si vincono le elezioni.Ultima cosa: i socialisti sono qui. Sono nauseato dall banda degli ex-socialisti, Brunetta, Sacconi, ecc, che si dicono socialisti e poi sono i più a destra di tutti. Ma com’è possibile che un Gianfranco Fini denuncia le tentazioni razziste nella maggioranza e loro non se ne preoccupano, com’è possibile che Sacconi affermi che le rendite non vanno tassate ? I socialisti sono qui, sono coloro che difendono le ragioni della gente, che non sono a stipendio di nessuno, che conducono con sacrificio la loro battaglia politica.

Alessandro Pietracci

Vorrei porre la domanda: "Perchè nella seconda Repubblica il centrosinistra -e dunque non soltanto noi socialisti- rimedia continue sconfitte al Nord (ad eccezione del Trentino e della Liguria) ?Su questo tema mi tornano in mente le parole del sindaco di Torino Segio Chiamparino: "Noi del PD non sappiamo cosa dire alle donne, ai lavoratori, agli imprenditori, alle categorie economiche e sociali, agli anziani, ai giovani". Purtroppo neanche noi socialisti riusciamo a parlare alla gente. Ma diversamente dal PD che non parla perchè non sa o non vuole, noi non possiamo perchè stampa e Tv ci impongono un bavaglio insopportabile ancor più ingiusto di quello che il governo Berlusconi vorrebbe porre su tutta la stampa. E allora in questo Nord, noi socialisti consapevoli della insufficienza della nostra forza ma orgogliosi della storia, della cultura, dei valori del socialismo italiano ed europeo, dobbiamo impegnarci per aggregare l'intera area laica, riformista, liberale, radicale e della sinistra democratica, costruendo dunque una nuova aggregazione a livello locale, mantenendo

ciascuno il proprio riferimento nazionale e internazionale.

Oreste Pastorelli

Care compagne, cari compagni,il congresso di un partito è prioritariamente un’occasione di

autocoscienza collettiva, ed in questo senso il luogo dove porsi la

domanda fondamentale circa la tenuta o meno delle ragioni storiche

e sociali della propria organizzazione politica.

Sulla fine del Socialismo si è affermato nel mondo un modello

neoliberista che oggi approda al suo più evidente punto di rottura,

ed in Italia è nato un Partito Democratico che rischia di risolversi in

una pura enunciazione formale.

È vero che nel panorama europeo i partiti socialisti vivono una

stagione di declino, ma ciò va considerato come un dato

congiunturale e non strutturale, se è vero com’è vero che

oltreoceano l’avvento di Obama, sul piano programmatico e

strategico, con la riforma della sanità, con il sostegno all’istruzione,

con l’orizzonte di un nuovo modello di sviluppo fondato sulla “green

economy”(economia verde), non disegna altro che un processo di

“socialistizzazione” dell’America democratica e liberale ma, anche,

cinicamente liberista.

In Italia, a seguito della caduta del Comunismo mondiale e della

traumatica fine della prima Repubblica, ciò che per noi socialisti

rappresentava l’essenza specifica ed esclusiva, quel riformismo

oggetto di universale e concentrico assalto, oggi appare comune

patrimonio dell’intero quadro politico nazionale, con la contestuale

marginalizzazione della forza socialista, sua autentica matrice.

Alla luce di ciò, è lecito chiedersi se esista ancora uno spazio per

un’organizzata formazione socialista.

Al di là delle apparenze, personalmente ritengo di sì, fondando il mio

convincimento sulla base di una semplice analisi.

A Destra ciò che viene definito riformismo, tra leggi “ad personam” e

misure che vanno da manovre economiche inique, alla devastazione

della scuola in partcolar modo pubblica, fino ad ipotesi di riforme

istituzionali pericolose, di fatto incarna un esatto controriformismo.

La natura del riformismo sta nel rappresentarsi graduale, temperato

nel metodo e radicale nel merito, in direzione di un forte orizzonte

strategico di profondo cambiamento strutturale.

L’attuale Centro-Sinistra italiano, sintetizzato dal P.D., si caratterizza

radicale nel metodo, in un ossessivo antiberlusconismo ed

assolutamente inconsistente nel merito, privo di sostanziale

progettualità alternativa che lo possa accreditare agli occhi della

maggioranza degli italiani come vettore di cambiamento.

In questo scenario bipolare, tra il male controriformista del Centro-

Destra ed il nulla antiriformista del Centro-Sinistra, naturalmente

prevale il primo, posto che il nulla fa più paura del male, tuttavia lo

spazio politico-culturale per gli autentici riformisti non solo c’è ma

reclama di essere occupato.

In rapporto a ciò il rilancio del Partito Socialista Italiano non può

che avere tale missione.

D’altra parte, il declino del Socialismo Europeo non va collegato al

superamento delle ragioni e dei valori che lo hanno generato, bensì

alle categorie, al linguaggio, alle risposte che vanno aggiornati,

adattandoli alle nuove problematiche ed alle nuove istanze delle

società contemporanee.

Tutto ciò va prodotto, a mio avviso, attraverso proposte radicali che

incidano strutturalmente, principalmente nell’assetto socio-

economico attuale.

Nella tesi congressuale e nelle sue integrazioni i temi trattati sono

stati molti e per certi aspetti di classico riferimento socialista e

riformista, al tempo stesso i compagni in tale occasione hanno

avuto ed avranno l’opportunità di investire ampi e dettagliati capitoli

programmatici.

Da parte mia intendo privilegiare, rapidamente, tre sfere decisive ed

interconnesse in cui si gioca, a mio avviso, la nuova credibilità del

moderno riformismo.

Innanzitutto la dimensione della politica economica.

A fronte della tremenda crisi che si è verificata a livello

internazionale, una cultura autenticamente liberalsocialista non può

non rimarcare la totale inadeguatezza della risposta italiana a tale

situazione.

Da un lato si procede ad una sgangherata, ancorchè doverosa,

azione di rigore nei conti pubblici e di squilibrato restringimento

della sfera pubblica nel comparto economico e lavorativo.

Su ciò bisogna necessariamente incidere ed intervenire esercitando

azioni di riformismo vero.

Il secondo aspetto che voglio toccare è quello della formazione.

Una cultura modernamente riformista punta a modificare la società

e le istituzioni “dal basso”, operando sulle conoscenze e sulle

coscienze.

Le conoscenze fanno progredire la società, le coscienze la rendono

giusta.

Tutto ciò è fattibile esclusivamente operando a sostegno

dell’istruzione, particolarmente pubblica, attraverso la formazione di

cittadini e consumatori al più alto grado di consapevolezza e

responsabilità.

Quella dell’istruzione è stata sempre una bandiera del Socialismo

democratico e liberale moderno, oggi, con Obama, è divenuta

bandiera universale.

Il Presidente americano per fronteggiare la crisi economica, nel

pacchetto di misure strategiche, ha programmato il rafforzamento

del comparto scolastico, in Italia, viceversa, si è pensato bene di

marciare in senso diametralmente opposto.

L’ultimo tema, distinto ma collegato ai precedenti, è quello

ambientale.

Anche in tal caso il Presidente Obama sta rappresentando la nave

ammiraglia del percorso della storia.

Con la teorizzazione della Green Economy (economia verde), ha

individuato contemporaneamente la strada della ripresa economica

e della modifica del modello di sviluppo, rivolto al recupero

dell’economia reale e proiettato verso una migliore razionalizzazione

delle risorse quale fondamento per la loro redistribuzione.

Il moderno riformismo non può trascurare ciò, indirizzandosi, tra

l’altro, al sano recupero, in opposizione alle degenerazioni della

Lega, dell’idea moderna di un virtuoso territorialismo, e non è più

rinviabile, in tal senso, la forte proposta riformista dell’introduzione

nelle scuole della disciplina dell’educazione ambientale.

Solo questo linguaggio, a mio avviso, può mettere in contatto il

nuovo socialismo con le nuove generazioni, solo così si può essere

protagonisti nella costruzione della società dell’oggi e del domani.

Questo quadro tracciato ha bisogno di due coordinate, e due

precondizioni che la politica oggi suggerisce ai socialisti.

Una unità del partito ed una sua ritrovata autonomia.

Per ciò che riguarda l’unità non credo ci sia bisogno di motivarne

l’esigenza, sottolineando esclusivamente la inderogabile necessità

di concentrarsi sul rafforzamento delle strutture territoriali, sul loro

coinvolgimento nelle elaborazioni e decisioni del partito e quindi in

uno stretto rapporto porto strutturale e funzionale tra centro e

periferia.

Un nuovo partito, in sostanza, articolatamente unito, senza

“amministratori delegati” né anarchismo territoriale.

Più complesso è il discorso relativo al rilancio dell’autonomia

socialista.

Naturalmente, nell’attuale topografia politica la collocazione del

nostro partito è fortemente vincolata, tuttavia l’attuale Centro-

Sinistra rappresentato dal Partito Democratico così com’è, in

ragione delle argomentazioni suddette, mostra un’inadeguatezza

assoluta.

In forza della piattaforma politica esposta, la rimodulazione

dell’autonomia socialista va declinata in termini di azione volta a

decostruire prima e ricostruire poi lo schieramento di Centro-

Sinistra.

Un nuovo Centro-Sinistra cementato da una convergenza intorno ad

un progetto politico chiaro, fresco ed autenticamente riformista, che

persegua i contenuti e non la demagogia, il populismo, il moralismo

ed il giustizialismo, che non restringa il campo potenziale di

convergenza politica e che inizi a ragionare senza pregiudizi

sull’individuazione di una forte, riconoscibile ed autorevole

Leadership.

L’alternativa all’attuale compagine governativa ritengo passi

attraverso ciò, attraverso il ritrovato vitalismo di un Partito

Socialista che, unito e dinamicamente autonomo, abbia ancora un

importante compito da svolgere nell’Italia attuale e futura.

Angelo Sollazzo

Il congresso unitario del Partito costituisce un importante successo per il rilancio politico ed organizzativo del Partito.Se Montecatini fu il Congresso della divisione e della sconfitta, Perugia rappresenta un nuovo inizio nella vita del Partito e può individuare un progetto politico socialista di cui si sente assoluto bisogno.L’eredità ricevuta a Montecatini era la peggiore che si potesse aspettare. Un partito lacerato, nessuna proposta politica accettabile, un gruppo dirigente in fuga e di chiara inadeguatezza.I due anni successivi sono stati anche caratterizzati da una serie di eventi politici e personali che non hanno aiutato la volontà della nuova dirigenza a rinnovare profondamente la politica ed il ruolo del Partito.Due appuntamenti elettorali ravvicinati , europee e regionali, un grave incidente stradale occorso al Segretario, hanno pesato non poco su un Partito reduce da una sconfitta elettorale di macrodimensioni ,che lo aveva ridotto allo 0,9 per cento.

Quando si parla dell’oggi , non si può ignorare quanto successo ieri e se vi sono state responsabilità, le stesse vanno distribuite senza far finta di nulla.Non una caccia alle streghe che, in queste condizioni , non servirebbe a nessuno, ma un’analisi seria e corretta per evitare il ripetersi degli errori del passato.Non si possono impunemente sperimentare in 15 anni numerosi tipi di alleanze ed assegnare la colpa della grave sconfitta al destino cinico e baro.Da Dini a Segni, dal Girasole alla Rosa nel Pugni, i socialisti, per troppi anni, hanno evitato di presentarsi con il loro nome ed il loro simbolo.Nell’elettorato si era creato una sorta di disamoramento. Senza il simbolo sulla scheda per 15 anni, anche il fideismo elettorale più forte comincia a vacillare.Gli errori commessi, da sperare in buona fede, la incapacità di quel gruppo dirigente, sicuramente non accettato dalla base, sono aspetti della vicenda politica socialista che ci devono permettere, per il futuro, di evitare posizioni e comportamenti utili solo per il gruppetto ristretto ovvero per la cooperativa dei propri amici.Il congresso di Perugia su ciò deve essere chiaro. Il Partito si presenterà alle prossime elezioni con il proprio simbolo, rafforzerà la propria collocazione nella sinistra italiana, tornerà ad essere il partito dei lavoratori, come si addice ad un partito che si chiama socialista ed eviterà di essere una forza politica di nicchia, che nel recente passato ci ha arrecato non pochi danni.I diritti civili sono importanti, ma lo sono ancora di più quelli sociali.A una dura lotta per l’occupazione e una per le unioni di fatto preferisco la prima.Anche nel lontano passato il PSI si caratterizzò per le sue battaglie per l’affermazione di alcuni sacrosanti diritti quali il divorzio , l’aborto , ed altri ancora.Nel contempo, però , realizzava importanti riforme sociali , lo statuto dei lavoratori, la scuola pubblica per tutti, la riforma sanitaria, la programmazione economica, le Partecipazioni statali per affrontare la disoccupazione, ed altre ancora.

Quindi partito del lavoro e non partito di nicchia.Un partito non può esistere senza un progetto politico che parli al popolo.Solo dopo, attorno all’idea di Stato, si può procedere all’organizzazione.Ma il consenso non lo si raggiunge solo proponendosi al livello elettorale.In Francia la SFIO di Guy Mollet era un partito socialista extraparlamentare che elaborò un progetto per il Paese tanto innovativo e funzionale che portò Mitterand a Presidente dei francesi.Quindi prima elaborare, progettare e studiare , poi chiedere il consenso.Le manie di elezioni dei propri uomini ad ogni costo , senza un progetto, ha sempre portato disastri elettorali.E’ fallito il primum vivere, è arrivato il momento di parlare alla gente.Certamente con tutte le difficoltà ricordate, il Partito ha tentato di sopperire a tali carenze.Da Montecatini ad oggi una serie di iniziative ci hanno consentito di riannodare qualche filo.Dalla Conferenza di Organizzazione di Napoli a quella su Programma, dall’attenzione all’universo femminile con il rilancio della Lega delle Donne per il Socialismo , a quella verso i cattolici con la nascita dell’ASCI, al Convegno Nazionale sulle Acque a Cosenza, alla Festa dell’Avanti a Roma, al Convegno sul socialismo nell’economia politica di Roma, a tanti altri eventi nel corso degli ultimi ventiquattro mesi.Insomma di iniziative ne sono state fatte anche se spesso nel silenzio e nel disinteressamento della stampa. Abbiamo un problema serio di visibilità ma ci dobbiamo, anche, chiedere il perché.I socialisti danno fastidio a destra come a sinistra, una ripresa in grande stile dei nostri temi creerebbe problemi nell’elettorato del PD ed in quello del PDL.I nostri circa sei milioni di elettori hanno potuto rifugiarsi

nell’astensionismo, scegliere il meno peggio nei due schieramenti, ma una nuova forte proposta basata sugli ideali del socialismo democratico, nell’attuale profonda crisi che ha colpito il capitalismo, li potrebbe ricondurre nella casa comune.Quindi anche se le cose non vanno come avremmo voluto, è necessario rimboccarsi le maniche, perche siamo veramente al nostro nuovo inizio.

Roberto Biscardini

Due anni fa, con il congresso di Montecatini, abbiamo salvato il partito in un momento delicato della politica dei socialisti italiani. Eravamo rimasti senza gruppo dirigente ed eravamo circondati da coloro che non credevano più nella possibilità di riorganizzare il partito.Ci siamo rimboccati le maniche, con entusiasmo abbiamo ripreso il cammino. Pensando di avere davanti a noi un anno di lavoro per affrontare le elezioni europee del 2009 con il nostro simbolo. Vedevamo lì l’occasione della rivincita.Ma così come Veltroni tentò di ucciderci nel 2008, così Franceschini ha voluto la modifica della legge elettorale per le europee e ha interrotto un percorso che avevamo iniziato con coraggio riprendendo la pubblicazione di Mondoperaio, iniziando con Vieste il confronto sulle proposte programmatiche sfociate nei 4 progetti di legge di iniziativa popolare, fino alla conferenza programmatica di qualche mese fa. Ma la modifica della legge elettorale delle europee cambia quindi il corso della nostra iniziativa. Nasce in quell’occasione l’alleanza elettorale di Sinistra e Libertà, che dopo le europee abbiamo tentato di difendere come alleanza elettorale per le future scadenze.Purtroppo anche questo obiettivo non andò in porto come volevamo: ci è stato posto il problema di trasformare quella alleanza in un nuovo partito. Ma a questa richiesta abbiamo giustamente risposto con un secco NO.Abbiamo detto: il PSI non è scioglibile, alcuni di noi in modo più forte altri con voce più flebile, ma alla fine è finita fortunatamente così.Nencini non fa il vice di Vendola ed oggi siamo qui non a celebrare la confluenza in un altro partito, ma a celebrare, visto che siamo tornati al vecchio nome, il 48° Congresso del PSI.Certo, in mezzo a mille difficoltà abbiamo fatto il massimo.Tutto bene quindi? NO assolutamente NO.Non va tutto bene e mi sembra strano che qualcuno lo possa pensare.Non coglieremmo il malessere diffuso tra i compagni. Non troveremmo i motivi per uno salto di qualità ormai assolutamente essenziale.La parola magica di questo congresso è, dal mio punto di vista, RICOSTRUZIONE DEL PSI, ricostruzione di una forza socialista in Italia, ricostruzione di una cultura socialista. Una prospettiva che si può perseguire, perchè ci sono tutte le condizioni perché ciò avvenga, sia per ragioni strutturali che per ragioni politiche.La ricostruzione del Partito, che pur non avverrà in tempi brevi, è un obiettivo possibile prima di tutto per ragioni esterne.

La prima riguarda la crisi economica, che non si è assolutamente esaurita. Essa metterà al centro nei prossimi mesi la politica, aprendo conflitti tra politiche di sinistra e di destra, politiche riformiste e massimaliste. Porterà i socialisti, se lo vorranno, al centro dello scontro dei conflitti sociali e di libertà.La crisi economica in tutto il mondo mette in campo la politica.La politica può mettere in campo i socialisti anche in Italia.Basta affrontare il tema di chi paga la crisi, di quale ruolo deve avere lo Stato, di cosa

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significa rigore, di come si garantisce una politica dei servizi pubblici, di come si affrontano i problemi del lavoro, di come si coniuga questione sociale e diritti e libertà, per capire quanto spazio politico abbiamo davanti a noi. La crisi obbliga inoltre a rapportarci in modo diverso all’Europa e al processo di rinnovamento e rafforzamento delle forze socialiste europee.Pone a tutti il problema di guardare con molto più puntualità ai problemi del paese, anche nelle diversità esistenti tra le sue grandi aree geografiche ed economiche: il Nord, il Centro e il Sud.Anche sulla base di questa attenzione, dovremmo organizzare io partito.

La seconda ragione riguarda il sistema politico che non è assolutamente assestato sull'attuale modello bipolare. Il sistema politico italiano è destinato a cambiare e noi vogliamo essere in piedi al momento del cambiamento.Vogliamo partecipare alla costruzione della Terza Repubblica ed essere un partito della nuova Costituente. Per modificare la Carta Costituzionale anche nella sua prima parte, così come il progetto di legge di iniziativa popolare indicava.A settembre conosceremo le mosse con le quali il centrodestra tenterà di uscire dalla crisi di governo nella quale di fatto si è infilato. Dovrà verificare se ci sono le condizioni per salvare la maggioranza su nuovi equilibri e come presentarsi alle prossime elezioni. Alcune cose però sono già chiare. Il centrodestra che abbiamo fin qui conosciuto non regge più. Da questa situazione non si esce né con il rafforzamento del bipartitismo né con il rafforzamento del sistema bipolare. La nostra profezia congressuale che il sistema politico bloccato manifestasse segni di crisi e i che due partiti maggiori, PDL e PD, corressero il rischio della frantumazione, si sta materializzando prima di quanto di potesse prevedere. Così come abbiamo più volte detto, siamo nel bel mezzo di una crisi sistemica sempre più chiara, sia sul piano istituzionale, come su quello economico e morale.Abbiamo di fronte a noi le maceri della Seconda Repubblica, e sempre più cittadini, compreso qualche noto commentatore, incomincia ad invocare più politica per ritornare ad una normalità democratica.Questo è lo straordinario spazio politico nel quel possiamo di nuovo tornare ad essere utili.Stiamo entrando nella rivoluzione che da anni abbiamo in qualche modo auspicato e non dobbiamo lasciarci sfuggire questa occasione. Mollare adesso sarebbe un errore imperdonabile.Questo Congresso, assolutamente straordinario anche se ordinario, deve cogliere questa grande novità: dopo sedici anni, possiamo ricostruire il PSI perché ci sono le condizioni per farlo.Bisogna avere consapevolezza che le carte da giocare ci sono, bisogna avere il coraggio di giocarle.

Intanto una cosa è certa anche in Italia come nel resto del mondo, la sinistra senza il socialismo non c’è. Senza una forza politica socialista più consistente non può nascere un’area più vasta di sinistra laica, garantista, riformista e libertaria, capace di dare forma ad una nuova alleanza vincente nel Paese.

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Certo la costruzione di una nuova forza del socialismo in Italia si potrebbe fare più rapidamente in compagnia di altri, se trovassero le ragioni di credere nel socialismo. La faremo da soli, con tempi più lunghi, se non troveremo altri compagni di viaggio.Per questo il PSI ha bisogno in primo luogo di essere un partito vivo. Ha bisogno di un gruppo dirigente che si impegna a livello nazionale come a livello locale a impiantare una nuova organizzazione e produrre idee forti.Inutile disperdersi in tanti rivoli, solo così ci conquistiamo una visibilità che oggi nessuno ci ha ancora concesso.

Il PSI ha però bisogno di allargare la comunità di persone che in questo progetto ci credano davvero. Che si impegnino su una battaglia di medio e lungo periodo, ben oltre la data delle prossime elezioni politiche (la nostra storia non può finire lì), che guardino al futuro e lavorino per le generazioni più giovani.D’altra parte il solo terreno sul quale è ancora possibile reimpiantare un partito che possa mettere radici durevoli é il terreno della “convinzione”, uscendo dall’equivoco secondo cui non ci sarebbe più né spazio né prospettiva.

Un partito che assegna la possibilità di crescere alla sua autonomia e alla difesa prioritaria della laicità. Questo è il primo chiarimento che il congresso deve fare. Richiamando alla coerenza tutti coloro che confermano l’adesione al partito e si assumono responsabilità ad ogni livello.Per questo, come ho già avuto modo di dire, mi limito ad indicare tre obiettivi di lavoro sui quali concentrare la nostra attenzione.

- Primo, bisogna contare sulla nostra capacità di innovazione nella produzione delle idee e di ritornare nel vivo dello scontro politico., avendo un idea di come vogliamo che sia e possa essere questo paese tra qualche anno.

- Secondo, a sinistra bisogna essere assolutamente chiari, in primo luogo con il PD. Al di là delle esigenze elettorali di coalizione, nella quale comunque ci si sta in modo autonomo, è il momento di entrare con decisione nella diaspora politica del centrosinistra. Caratterizzando, forzando, marcando lo spartiacque tra noi e loro (Bersani è venuto qui a dirci che vorrebbe lavorare con noi. Anche noi vorremmo lavorare con lui sul territorio se i suoi compagni lo volessero. Ma comunque, per chiarezza, noi siamo intenzionati a lavorare con tutti).I socialisti non possono sottovalutare la responsabilità del PD, per aver fatto passare l’idea dell’esclusione e della fine del socialismo in Italia come in Europa. Quindi nei confronti del PD si deve esprimere la nostra contrarietà ogni qualvolta ci si trovi di fronte a manifestazioni di tipo giustizialista e ad ogni tentativo di rinascita del cattocomunismo. In altre parole saremo contrari al PD ogni qualvolta manifesti posizioni estranee alla tradizione socialista.

- Terzo, dobbiamo dare senso politico ed essere chiari rispetto alle prossime scadenze elettorali nazionali. Quando si assume la decisione congressuale di presentare la lista socialista alle prossime elezioni politiche del 2013, così come è scritto nel documento

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congressuale unitario, non lo si fa per ragioni nostalgiche, ma si indica un percorso di lavoro su cui impegnare tutte le energie disponibili per raggiungere quell’obiettivo. Garantendo peraltro, non ad un gruppo dirigente ristretto, ma ai territori la possibilità di giocarsi alla pari la carta di ritornare in parlamento. Ma se ci fossero elezioni anticipate? Se l’attuale maggioranza dovesse implodere? Vedremo. Ma intanto il Congresso dovrebbe vincolare il Partito a dire no a confluenze in altri simboli. No a candidati socialisti nelle liste del PD o in SEL. No ad alleanze in cui non sia visibile la nostra presenza o il nostro simbolo. Almeno questo non pregiudicherebbe il lavoro per la “ricostruzione socialista” che dal domani siamo impegnati ad avviare.

Come avete visto ho scelto di parlare soprattutto di noi e di quelle prospettive socialiste che possiamo costruire contando sulla nostra intelligenza, sulla nostra volontà e sulle nostre forze.Un partito più sicuro di sè, che non aspetta un salvatore esterno per andare avanti o per andare in Parlamento.Una comunità socialista che a Roma come sul tutto il territorio lavora perché ci crede.Una posizione che, in assoluta autonomia, ci consente di tornare in gioco, di parlare con tutti, di riaprire rapporti politici nuovi, di rafforzare quelli vecchi, riaprire rapporti con il sindacato, di riaprire rapporti con la stampa e non essere isolati.Si è isolati se stiamo fermi ad aspettare che qualcuno raccatti qualcuno.Se siamo convinti di questo dato di fatto, oggettivo, dopo anni e anni questo è un congresso che può segnare l’inizio di una svolta. A condizione che nel nostro lavoro ci sia un’assoluto bisogno di discontinuità, anche organizzativa, che riguarda tutti nessuno escluso.Tra un anno potremo riconvocare un’assise organizzativa o programmatica, fare il bilancio del lavoro svolto, delle cose fatte e dei successi realizzati. Potremo aggiustare ciò che ancora ci sarà da aggiustare, aggiorneremo il PATTO tra il gruppo dirigente e tutti gli iscritti. Verificheremo se saremo riusciti ad aprire un rapporto nuovo con l’area larga del socialismo italiano, quella che si annida nella delusione di chi è andato a destra e di chi è andato a sinistra, inutilmente. Un’area tutta da costruire, un’area di ex socialisti, di simpatizzanti, di giovani che spesso, per mille ragioni, per miopia, sottovalutiamo.Il Patto, di cui ha parlato anche Nencini, implica che ciascuno si assuma le specifiche responsabilità. Cose concrete da fare. Giocandosi la “vita”, se necessario. E poi si tirano i conti.La ricostruzione del PSI non è impossibile e per questo progetto, molti di noi vogliono lavorare.

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Ugo Intini

Esattamente due anni fa,al congresso di Montecatini,dicevo. “La politica non è una professione che può durare tutta la vita. Lavorerò con entusiasmo,da militante,per chiunque sarà chiamato a dirigere il partito”.La politica non è una professione. E si può continuare a farla in modo diverso,senza ruoli formali. Cercando di ragionare con i compagni e scrivere libri che abbiano anche un obbiettivo politico immediato. L’ho fatto e vi ringrazio di avere tenuto in piedi con sacrificio,con pragmatismo,la organizzazione del partito. Perché senza la struttura di un Partito,le idee non hanno voce,né luoghi dove la voce possa essere ascoltata.

Scusate se citerò i miei ultimi libri. Lo faccio per dimostrare che destra e sinistra non sono la stessa cosa,che i socialisti hanno capito prima ciò che stava accadendo nel mondo. Nei miei libri sono stato soltanto un semplificatore e un propagandista delle loro idee.

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Nel 1995,ho scritto “La democrazia virtuale”. In effetti,con la crisi della politica tradizionale e dei Partiti,con l’esplosione del potere mediatico,la democrazia ha cominciato a esercitarsi non sulla realtà vera,ma sulla realtà distorta,virtuale,rappresentata dai media dominanti. La carta elettorale vincente non è stata più il programma dei partiti e la loro storia,ma l’appeal mediatico-televisivo dei leader. L’Italia è stata un caso limite. Berlusconi ha vinto perché è un venditore televisivo più abile degli altri. Così bravo da vendere anche se il prodotto non ce l’ha. Guardando la televisione all’inizio del 2008,gli elettori ad esempio hanno creduto che il problema dell’Italia non fosse la catastrofica crisi economica alle porte,ma gli stupri compiuti dagli immigrati. La democrazia vera,che per decenni ha fatto crescere la democrazia e il Paese,è stata sostituita dalla democrazia virtuale. E lo è sempre più,con dibattiti che riguardano non fatti reali,ma fatti mediatici. Un piccolo esempio. Ricordate le furibonde polemiche sulle “ronde”? Le avete mai viste nella realtà? No. Era un dibattito sulla realtà virtuale. Era la democrazia virtuale.

Nel 2001,ho scritto “La privatizzazione della politica”. I potentati economici non si sono accontentati di aver privatizzato l’economia. No. Hanno voluto delegittimare e cancellare i Partiti,assumendo il potere economico direttamente,senza nemmeno più la intermediazione della politica,hanno voluto in definitiva anche la “privatizzazione della politica”. Ancora una volta,l’Italia è un caso limite. L’uomo più ricco del Paese è diventato il suo capo politico. Se deve individuare il miglior ministro dell’Economia possibile d’altronde,a chi pensa innanzitutto? Alla presidente della Confindustria,naturalmente.

La privatizzazione della politica ha cancellato qualunque possibilità di imporre regole e condizionamenti al liberismo sfrenato degli anni 2000. Certo non condizionamenti che creassero dei limiti alla ingiustizia sociale crescente. Citavo l’ex vice presidente della banca federale americana Alan Blinder:”la caratteristica principale di questo periodo storico è stata lo spostamento senza precedenti di denaro e di potere dal lavoro verso il capitale,dal basso verso l’alto della piramide sociale”. E la sinistra ex comunista,in Italia,stava a guardare.

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Soprattutto non hanno voluto più condizionamenti che creassero dei limiti allo strapotere della finanza senza frontiere,quella che chiamavo la “internazionale capitalista” e che,come già allora si poteva facilmente prevedere,avrebbe portato al disastro. Scrivevo. “La barca dell’economia mondiale procede squilibrata. Ha a bordo un elefante,che si muove disordinatamente e rischia continuamente di capovolgerla. L’elefante si chiama finanza globale e il suo corpo è costituito prevalentemente dai titoli derivati. Sta sostituendo l’economia reale con una economia di carta. Questa economia di carta,come un tessuto canceroso,raddoppia ogni due anni,rischiando di soffocare l’economia reale. Anche perché alla carta non corrisponde la sostanza. Richiederà un cambio di mentalità condurre i governi a intervenire. L’unica questione è se questo cambio di mentalità avverrà prima o dopo il crollo del sistema”. Purtroppo,è avvenuto(se è avvenuto)dopo il crollo del sistema. Non ero un veggente,ero un socialista che leggeva e riassumeva i libri dei socialisti.

Nel 2000 ho scritto “La politica globale”. Di fronte allo strapotere della finanza globale,senza frontiere,occorreva una politica non intrappolata negli anacronistici,ridicoli confini nazionali,bensì altrettanto “senza frontiere”:occorreva una politica capace di dettare regole globali,come la finanza. L’orizzonte minimo,il primo passo, era una politica economica unitaria almeno europea. Nessuna moneta nella storia dell’umanità,dicevo,è mai stata appesa al nulla. Ha bisogno di essere agganciata a una politica comune. Spero non troppo tardi,si sta oggi parlando esattamente di questo. Di una politica globale. Di regole globali dettate dalla politica. Di un salto di qualità verso l’unità non solo monetaria,ma politica dell’Europa.

Sinistra e destra,dunque,non sono uguali. La destra ha cavalcato il liberismo sfrenato che ha condotto l’economia mondiale al disastro. Gli economisti e gli opinion leader saccenti hanno colpevolizzato per anni sui grandi giornali i pensionati e i salariati, hanno fatto la lezione e la morLE AGLI Stati E alla politica, senza accorgersi che nel frattempo,davanti al loro naso,i finanzieri stavano rubando

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milioni di miliardi. E continuano. Per anni hanno trasformato in oracoli le agenzie di rating private americane,che bacchettavano i governi per la loro spesa sociale. Intanto garantivano spudoratamente la solidità delle società finanziarie sull’orlo della bancarotta,inducendo i pensionati e la povera gente ad affidare loro i risparmi di una vita che si sarebbero liquefatti. Non sono parole grosse. E’ la nuda verità. Una banda di finanzieri irresponsabili ha distrutto il lavoro e il sacrificio di una generazione. Parafrasando Churchill alla rovescia,si potrebbe dire:”mai così tanti hanno sofferto tanto per colpa di così pochi” Che continuano. Perché mordono adesso la mano che li ha soccorsi. Sono stati salvati dalla bancarotta con i soldi degli Stati. Dopo avere privatizzato i profitti per decenni, strepitato contro ’interventi pubblici e pubblicizzazioni, hanno pubblicizzato le perdite. Adesso usano quegli stessi soldi per speculare al ribasso contro i loro titoli e per mandare in bancarotta gli Stati più deboli,cominciando dalla Grecia. E magari finendo con l’Italia.

Purtroppo,assistiamo a un paradosso. Gli avversari storici del socialismo sono stati il comunismo e il capitalismo sfrenato. Nel 1989 è fallito il comunismo. Nel 2008,con la catastrofe partita da Wall Street, è fallito il capitalismo senza regole. Tutti lo riconoscono. Ma il socialismo democratico non ha vinto. Anzi. In Italia è stato addirittura cancellato.

Nella catastrofica emergenza del momento,Tremonti taglia alla disperata. Nell’immediato,non c’è alternativa. Ma non puo’ essere emergenza perenne. Bisogna guardare non alle pagliuzze,bensì alla trave,che è l’evasione fiscale. In Italia l’economia in nero raggiunge probabilmente il 30 per cento contro il 10 per cento dei Paesi civili. Ciò significa che ogni tre anni e quattro mesi l’intero prodotto nazionale lordo di un anno sparisce inghiottito da un buco nero. E’ come se ogni tre anni e 4 mesi,agli effetti del fisco e della comunità,60 milioni di italiani chiudessero bottega e andassero in vacanza ai tropici per un anno intero.

Questa è la trave che c’è. L’altra trave,che arriverà,è il federalismo alla leghista. Di fronte a una crisi drammatica,ci vorrebbero unità

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nazionale,solidarietà,prudenza. Si vuole invece dividere l’Italia. E si vuole un salto nel buio senza valutare l’esperienza già fatta. Che è sul piano della spesa un fallimento. Diciamo la verità. Le Regioni hanno moltiplicato la spesa pubblica. Contrariamente alle promesse,i loro palazzi si sono riempiti di burocrati e portaborse,ma i Palazzi dei ministeri centralizzati non si sono svuotati. Il federalismo alla leghista sarà un disastro simile moltiplicato al cubo. Senza renderci conto del ridicolo,abbiamo chiamato governatore il presidente del Molise,come se fosse la California(ovvero la quinta economia del mondo). Presto,lo chiameremo capo di uno Stato federale. La Germania federale chiama i responsabili delle sue regioni presidenti e li ridurrà per risparmiare da 16 a 8. Noi li chiamiamo governatori e continuiamo ad averne 21.

Veniamo a noi. Primum vivere,diciamo spesso. Ma lo diciamo per noi stessi o perché pensiamo di poter essere utili all’Italia? Una risposta semplice. Siamo l’unico partito che ha legami nel tempo e nello spazio. Nel tempo,perché siamo i continuatori di una storia gloriosa. Nello spazio,perché siamo inseriti al cento per cento,noi soli,nella grande famiglia del socialismo internazionale. Per questo abbiamo capito e possiamo aiutare una sinistra senza bussola e senza radici a capire. Per questo siamo utili all’Italia. Per questo possiamo e dobbiamo dire quello che una sinistra muta non dice.

Dall’egemonia culturale comunista siamo passati all’egemonia culturale (culturale si fa per dire)della destra. Di fronte alla egemonia,si considera normale ciò che non lo è. Si perde spirito critico.

Il New York Times,recentemente,spiegava che la “tragedia greca”(così l’ha definita)ha una origine profonda:la mancanza di competitività dovuta al familismo,al fatto che la ricchezza,il potere,la professione, si trasmette ad Atene di padre in figlio,senza attenzione al merito,senza mobilità sociale. La tragedia non greca,ma italiana, è la stessa. La Marcegaglia,Elkann,il giovane Berlusconi,sono i capi della Confindustria,della Fiat,di un impero mediatico,perché sono figli e nipoti. Una sinistra senza

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bussola,quando vuole apparire moderna,segue. Sino al ridicolo. Candida capilista nel Nord i figli di Colaninno e Calearo. Bossi,nel suo piccolo,fa fare il consigliere regionale alla trota ventitreenne,cattivo scolaro. E nel frattempo,tutti predicano sul merito. Ci sarebbe da ridere. Ma c’è da piangere per i giovani. Perché il nuovo feudalismo(nuovo feudalismo,di questo si tratta)toglie loro le speranze che la mia generazione ha avuto. L’alleanza tra meriti e bisogni,come dicevano un tempo i socialisti,è diventata impossibile,per il semplice motivo che mancano i meriti.

La casta non è la politica. E’ quella dei ricchi e dei figli dei ricchi. E’ l’ABC che una sinistra imbarbarita ha dimenticato.

Le risorse mancano non perché i consiglieri comunali prendono il gettone di presenza. Mancano perché Briatore vive in Italia su uno yacht domiciliato nelle isole Cayman e non paga le tasse in Italia perchè risulta abitante a Londra. Così come Marchionne,che lavora alla Fiat, risulta abitante in Svizzera. E se la prende anche lui con la politica. La lotta di classe era un errore,ma la lotta alla casta politica è un surrogato ridicolo,che serve a distrarre l’opinione pubblica indirizzandola verso un colpevole che,quando le cose vanno male,si deve pur trovare. Non basta nemmeno più. I colpevoli da additare si moltiplicano,si moltiplicano le lotte di tutti contro tutti. E si affaccia di peggio. La lotta non di classe,ma di classi. Di classi di età. I giovani contro i vecchi. E viceversa.

Ma come fa la sinistra imbarbarita a non vedere,a accodarsi,a seguire la moda? Un tempo,i mazzieri intimidivano i Parlamenti e la politica democratica. Oggi i giornali dei potenti agiscono da mazzieri,delegittimando la politica e il Parlamento. Eppure senza la politica(e ce ne accorgiamo da quando non c’è più)i poveri diventano più poveri,i ricchi più ricchi,e più arroganti.

Diciamo queste cose noi,perché non le dice più nessuno. Difendiamo noi la dignità della politica,non questa,certo,quella vera,perché siamo discendenti di una politica gloriosa. Aggiungiamo allora ciò che ormai molti pensano,ma nessuno osa ripetere in pubblico. Ce lo

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vengono a dire sottovoce fermandoci per strada. Si stava meglio quando si stava peggio. Quando c’erano i socialisti,i democristiani,anche i comunisti, i dirigenti di partito veri. Ormai è passato quasi un ventennio dalla finta rivoluzione di Mani Pulite. Come nel ventennio fascista,gli italiani sono diventati meno ricchi,meno liberi,hanno meno speranze. Come potremmo chiamare il ventennio della antipolitica,coltivata a destra(e non stupisce),ma anche a sinistra(da una sinistra senza più bussola)? Potremmo chiamarlo il ventennio perduto. Il ventennio perduto. Nel quale i giovani hanno perduto anche la fiducia. In tutto e in tutti. E nel futuro. Nel quale non uno solo dei problemi veri è stato affrontato,mentre tra le risse su temi inconcludenti(unici al mondo) il Paese affonda.

C’era la corruzione nell’Italia dei Partiti?Si. Ma meno di ora. Si diceva “frati ricchi,convento povero”,rimproverando i dirigenti che prendevano per sé più che per il convento,ovvero il Partito. Adesso prendono solo per sé,spudoratamente,perché il convento non c’è più.

Primum vivere,abbiamo detto. Poi filosofare,per dire ad alta voce ciò che è giusto. Si. Ma bisogna anche fare,per noi e per l’Italia.

Prima ho parlato da militante di sinistra,forse anche troppo. Penso dunque che si debba stara a sinistra. Anche se questa sinistra è ammalata dalla nascita. Qual è la malattia? La sinistra ex PCI ha esitato a riconoscere come avesse vinto il socialismo democratico rispetto al comunismo,perché ciò poteva apparire un dar ragione al partito socialista italiano o un gettarsi in braccio a Craxi”. Non lo dico io. Lo ha scritto Napolitano,che deve essere per noi un costante punto di riferimento.

Non solo. “Il timore di essere accusati di cedimento a politiche moderate ha spinto la sinistra ex PCI a indulgere al movimentismo. Con movimentismo si intende la pratica di sopravvalutare, idoleggiare,assumere acriticamente come punti di riferimento movimenti di varia natura che si manifestino più o meno

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spontaneamente nella società”. Ancora lo ha scritto Napolitano. Ecco. Così si spiega la suicida,ridicola sudditanza di una parte decisiva del PD ai dipietristi,ai girotondini,ai Santoro, che gridando più forte fanno la morale per gli altri e i miliardi per sé. Adesso soffrono la concorrenza di Grillo. C’è sempre un buffone più buffone che ti sbeffeggia. Sono loro i testimonial di Berlusconi. Di Pietro è il testimonial del fatto che esiste,si,una parte della magistratura politicizzata. Santoro è il testimonial del fatto che esistono,si,giornalisti politicizzati e faziosi. Giornalisti picchiatori di sinistra,per la verità imitati e superati dai picchiatori Berlusconiani. Tutti insieme, hanno reso il giornalismo italiano il più fazioso e ridicolo del mondo.

Siamo in questa sinistra,ma per andare dove? Al congresso del 2008,a Montecatini,dicevo. “Tutte le emergenze si sono aggravate e moltiplicate. Forse il meglio della sinistra e il meglio del centro devono trovare una intesa. Affrontare insieme le emergenze con uno sforzo di unità nazionale. Consiglio di restare leali al centro sinistra,ma di cominciare a tessere la tela dell’unità nazionale. Forse ancora una volta,come è accaduto puntualmente da decenni,i fatti ci daranno ragione. Anche se oggi tutto sembra congiurare contro questo disegno”. Si. Tutto sembrava congiurare,era una proposta assolutamente isolata,da visionario. Adesso lo è meno. Di fronte a una crisi economica drammatica,le voci a favore di un passaggio di unità nazionale si cominciano ad alzare. A cominciare da quella di Casini,con il quale dobbiamo perciò mantenere un rapporto speciale.

Ancora una volta,in questa prospettiva,ho scritto un libro:”Un bambino e la storia”. Appena uscito. La tesi è la seguente. L’Italia è l’unico grande partito senza una storia condivisa. La ferita della guerra civile 43-45 è rimasta aperta. Le ferite si sono spostate avanti nel tempo,perché Mani Pulite e la caduta della prima Repubblica sono un ricordo che lacera gli italiani. Le ferite si sono spostate anche indietro nel tempo. Perché nel 150° anniversario dell’unità d’Italia, la Lega contesta addirittura il Risorgimento e l’unità stessa. Senza una storia e un passato condiviso,un Paese non ha futuro,bisogna aprire un dialogo per isolare gli estremismi intorno

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a questi tre passaggi cruciali e a queste tre ferite e per ricostruire pertanto una storia condivisa. Il Secolo d’Italia finiano,non per caso,ha dedicato quattro pagine al mio libro. Ragioniamoci un momento. Una storia condivisa sulla guerra civile emargina il fascismo. Su Mani Pulite emargina il dipietrismo. Sul Risorgimento emargina il leghismo. Ecco. Siamo arrivati al punto.

Questo bipolarismo può essere superato da un momentaneo passaggio di unità nazionale. Lo ha detto ieri Nencini e condivido pienamente. Lo hanno detto altri. E’ la linea giusta che consiglio al Congresso di scegliere.

Questo bipolarismo fa bene all’Italia? No. Il bipolarismo infatti funziona nei Paesi normali,dove in ciascun Polo l’area dell’estremismo e della pazzia è assolutamente ininfluente. Fa del male, e non funziona,in Italia,dove dipietrismo da una parte,leghismo dall’altra sono non soltanto determinanti,ma addirittura traenti. Mettono in pericolo l’uno lo Stato di diritto,e l’altro l’unità nazionale. Trasformano il bipolarismo all’italiana in una guerra civile strisciante,nel cui fumo e fragore non si vede,né si ascolta,né si risolve uno solo dei problemi reali.

Questo bipolarismo fa bene alla democrazia? No. Perché sempre più i cittadini si allontanano dalla democrazia. Non perché sono disinteressati o spoliticizzati(come avviene normalmente negli altri Paesi),ma al contrario,perché sono troppo politicizzati e sofisticati per accettare questa o quella disgustosa minestra. Molti preferiscono buttarsi dalla finestra,ovvero non votare. Molti mangiano con il naso turato. Molti votano per partiti destinati a non prendere seggi. Ormai,diciamo la verità,la maggioranza degli italiani non è o non si sente più rappresentata.

Questo bipolarismo fa bene alla sinistra? No. Perché con questo schema bipolare non vincerà mai. E’ intrappolata. Non può stare ormai senza Di Pietro(il serpente che si è allevata in seno),perché i suoi numeri sono indispensabili. Non può vincere con Di Pietro,perché alleata con lui non attirerà mai i voti moderati del

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centro,degli ex socialisti e degli ex democristiani.

Non chiedo neppure se questo bipolarismo faccia bene ai socialisti. Ha distrutto il nostro partito. Lo ha distrutto perché gli elettori socialisti stanno un po’ a casa,un po’ di qua(perché non sopportano la peggiore destra europea) e un po’ di là(perché non sopportano l’arroganza dipietrista ed ex comunista).

Ecco dunque la mia conclusione. Il ventennio perduto sta per finire,ha iniziato la sua agonia. Non possiamo permetterci di prolungarla,o addirittura di cercare una finta svolta con la fuga in avanti e il salto nel buio del federalismo,perché l’Italia si sta disgregando: economicamente,moralmente e anche geograficamente. Chiudiamo il capitolo sciagurato e apriamone uno nuovo,facendo maturare un governo di unità. Un governo di unità sino a che siamo in tempo. Non deve essere una furbizia tattica contro Berlusconi, Deve essere un grande progetto strategico aperto a tutti. Un governo di unità vera,di salvezza e rinascita nazionale. Un nuovo risorgimento nel 150° anniversario del primo.

Bobo Craxi

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Carissime compagne e compagni,

il Congresso socialista si svolge in un momento delicato per il Paese, complicato per la sinistra, difficile per i socialisti. Eppure, è mia convinzione, e mi sembra, dalle prime battute, anche quella del Congresso, che nonostante la notte difficile che attraversiamo da diverso tempo, esiste, per noi socialisti, la nostra storia, le nostre idee rinnovate e riqualificate, non soltanto lo spazio politico ma il posto di responsabilità che ci spetta nella vita italiana per cambiare lo stato delle cose, per sospingere l’Italia fuori da questa lunga crisi, per contribuire a stabilizzare la vita democratica in un senso più compiuto e moderno, restituendo alla politica il suo ruolo tradizionale attraverso un consenso più largo e motivato fra i cittadini.Ci attende un duro lavoro, di riflessione e di azione politica, ma traggo sempre di più la convinzione, dalla crisi del sistema politico italiano e dall’incapacità ormai quasi patologica di riuscire a governare le nuove complesse sfide del nostro tempo, che solo una forza di antiche tradizioni che ha maturato l’esperienza delle molteplici sconfitte e della solitudine politica possa contribuire a restituire alla democrazia e alla sinistra italiana uno slancio vitale fondato sulla solida radice costituita dalla lunga tradizione socialista italiana. Noi, per parte nostra, dobbiamo contribuire a riscoprire questa possibilità sapendo partorire nuove idee, nuovi presupposti politici e programmatici che ridiano slancio non solo al socialismo democratico, ma all’intera sinistra presa nel suo insieme. Riorganizzare una posizione politica è indispensabile per rigenerare anche una forza organizzata. E se il ‘primum vivere’ è stata la condizione indispensabile e necessaria nella storia più recente dei socialisti italiani, oggi, ripensare alla nostra funzione politica, al rinnovamento e all’adeguamento delle nostre idee diventa il punto e la base di ripartenza dell’azione politica dei socialisti italiani.Occorre sostituire al proverbiale “chi eravamo” o, peggio, “come eravamo” un necessario “chi siamo?” e in che modo intendiamo e pensiamo possibile fare di più e meglio per l’Italia di oggi, sfuggendo la retorica delle diagnosi impietose che non lasciano spazio a un destino migliore e a una speranza, ma contribuendo a migliorare la

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qualità della politica, dei suoi programmi, dei suoi obiettivi e dei suoi sinceri convincimenti.Noi siamo agganciati al destino della vecchia Europa. Ed è al modello delle esperienze invecchiate, ma presenti, delle socialdemocrazie europee rinnovate che si riferisce il nostro orizzonte.Alla fine degli anni ‘80 e all’inizio dei ‘90 del secolo scorso, tutta l’esperienza della socialdemocrazia si è rivolta alla ricerca di un adeguamento spinto ai confini del superamento delle vetuste esperienze ideologiche del socialismo, puntando a una possibile via di mezzo o ‘terza via’ che fosse sintesi del pensiero socialista e liberale.

Oggi, in tempi post-ideologici, i ceti più deboli abbandonano il terreno della sinistra, sospinti dal richiamo del mercato. E la paura e l’insicurezza trovano un porto insicuro, ma certo, nel grande bacino accogliente della destra conservatrice, populista, paternalista.Oggi, lo sforzo che viene richiesto a chi si dichiara di sinistra è quello di svolgere sino in fondo il compito della sinistra, che resta quello di tutela e salvaguardia delle conquiste sociali, di tutela non dei ceti improduttivi e parassitari, ma delle vecchie e nuove povertà, che sono riaffiorate con evidenza nel corso della recente crisi finanziaria mondiale.C’è un problema di moralità del mercato, c’è un problema di equità e c’è una nuova grande richiesta di giustizia sociale, o di giustizia in senso lato.C’è un problema di lotta alle iniquità nel nostro Paese, ma c’è e resta sullo sfondo anche un problema di riequilibrio e di riduzione del divario della distanza economica sociale fra il nord ed il sud del mondo.C’è un problema che riguarda la nostra capacità di ripensare il nostro modello di sviluppo, la possibilità di compenetrare la necessità delle società avanzate di mantenere il loro benessere e, al contempo, di consentire l’avanzamento e il progresso dei Paesi terzi, che rischia di essere un utopìa in presenza di risorse scarse che non basteranno per tutti .E se trionfa l’economia muore, come sta morendo, la società, la

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qualità della vita a cui siamo stati abituati, sommersi dall’evidente sproporzionato fabbisogno di beni non indispensabili, di modelli sociali non più sostenibili, di società frantumate e parcellizzate non più governabili da sistemi e schemi rigidi, immodificabili e immutabili.L’Italia, nella sua crisi, ha le straordinarie risorse per invertire la logica e la tendenza al ‘declinismo’ votato all’egoismo di uno sviluppo che rinchiude tanti ceti sociali nella paura e nel rancore.Della paura e della speranza, tante volte declamate dal nostro ministro dell’Economia, resta solo la paura senza speranza: la paura che egli stesso alimenta nascondendo le verità della nostra situazione e dalle punizioni che ha inteso infliggere ora ai ceti medi, ora agli amministratori inadempienti, favorendo una inutile colpevolizzazione dal vago sapore razzista nei confronti delle regioni del sud. La classe dirigente italiana, certamente, non è la sola protagonista di questa irresponsabile condotta: la crisi mondiale esigeva risposte mondiali e l’ultima riunione del cosiddetto G20, nonostante tutte le dichiarazioni ipocrite, non è servita a nulla.Le banche, le grandi protagoniste negative di questa catastrofe, potranno continuare ad agire indisturbate, senza regole, speculando come è avvenuto sino a oggi.I ‘grandi’ della Terra, rifiutando imposizioni sul loro tasso di cambio, sulla loro politica di esportazione e sul controllo delle loro piazze finanziarie, hanno ottenuto di poter crescere e prosperare come prima, mentre gli europei, deboli, si sono lasciati imporre regole contabili che strozzeranno le loro economie, riducendo la loro capacità di ripresa, eventualità che potrebbe minare tutti gli sforzi di riduzione dei deficit di bilancio.Un’altra crisi finanziaria è dietro l’angolo e la democrazia deve cedere ancora una volta il passo al mercato. Soprattutto, a un mercato senza regole e senza scrupoli: se fossimo in un Paese responsabile, nell’agenda di Governo entrerebbe, come priorità, assieme alla necessaria revisione dei conti pubblici, dei suoi sprechi e delle sue illogicità, anche la nostra visione futura dello sviluppo, dell’allargamento del nostro orizzonte economico e sociale, sapendoci aprire e sviluppando la nostra crescita , il nostro sapere, la nostra flessibilità produttiva verso i mercati e gli orizzonti a noi

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più affini. Riscopriremmo il vanto storico dell’Italia, delle sue mille agricolture oggi cancellate da una standardizzazione uniforme e da un’industria alimentare che deprime la necessaria valorizzazione della biodiversità, del recupero del gusto e della qualità nella produzione dei beni di consumo, nel presidio del territorio e nella cura del paesaggio.Man mano che gli oggetti prodotti industrialmente scadranno ai nostri occhi, il valore andrà a rifugiarsi in tutto ciò che non è riproducibile industrialmente: la bellezza, l’arte, la natura incontaminata, i monumenti del passato, il cibo genuino, la tradizione e la stessa convivialità.Con il nostro immenso patrimonio artistico, culturale e letterario, l’Italia ambirebbe a essere l’Atene dei giorni nostri. l’impoverimento e l’imbarbarimento della nostra attuale civiltà, lo scadimento del livello dell’offerta culturale, l’inadeguatezza delle classi dirigenti che hanno governato per un quindicennio il nostro Paese hanno consegnato, a noi e alle future generazioni, solo la paura, cancellando la possibilità della speranza.E come è possibile autorizzare la speranza in un Paese in cui un giovane su tre non lavora (e non studia) e otto su dieci sono presenti sul mercato del lavoro con contratti diversi e mai a tempo determinato? Dove soltanto 1800 ragazzi hanno avuto accesso al bonus per i precari concesso dal Governo? Dove le donne divenute mamme hanno dovuto abbandonare il loro lavoro a tempo determinato volontariamente? Dove, e lo scrivono e lo dicono in pochi, molti giovani di Pomigliano hanno votato, a stragrande maggioranza, per un ‘no’ non al lavoro, ma a una tipologia contrattuale che consumava decenni di relazioni sindacali in nome di una competitività che, stringi stringi, porta alla fame e a una nuova odiosa forma di sfruttamento.Ho sentito che qualcuno si è permesso un paragone azzardato, improprio, fra il referendum di Pomigliano e quello sulla scala mobile. Quello dell’84 fu un accordo relativo a una manovra economica di Governo che non ledeva le relazioni sindacali e sviluppava una nuova politica del costo del lavoro. Qui, in assenza di Governo, si è lasciata dilagare una concezione cinese o giapponese delle relazioni sindacali. Altro che Festa degli innamorati di San Valentino: qui ci troviamo di fronte a una strage.

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La crisi economica si accompagna alla crisi politica. Non è la crisi di questa maggioranza politica: quella c’è, è evidente, e senza la corazza rigida del bipolarismo coatto avrebbe già avuto uno sbocco procedurale obbligato.La frantumazione del Partito di maggioranza relativa e il ricorso ossessivo alla fiducia parlamentare hanno trasformato l’azione di questo Governo, né più e né meno in quella di un esecutivo che governa per ordinaria amministrazione. La crisi è nella politica che non c’è, questione che oramai, con colpevole ritardo, denunciano anche gli opinionisti più illustri sui giornali più autorevoli.

Oggi, devono fare marcia indietro: la scomparsa dei Partiti nella società italiana non solo ha impoverito la nostra democrazia, ma ha impedito un flusso di ricambio di una classe dirigente che fosse formata entro un perimetro di regole, interne ed esterne, accettabili perché fondate sul patto fra gli iscritti, sulla fedeltà alle idee, ai valori, ai programmi.A questa incapacità di costruire il nuovo, si sono aggiunte le degenerazioni del nuovo sistema, della società politica e la società cosiddetta civile.“La malinconica conclusione”, scrive Sergio romano, “è che Tangentopoli non è finita, perché nessuno dei tre grandi protagonisti della politica italiana, Governo, magistratura e opposizione, fa il suo mestiere. Il Governo perché si difende con mezzi impropri e fornisce degli alibi alla magistratura. Quest’ultima sembra avere fatto della lotta contro Berlusconi la ragione della propria esistenza, mentre l’opposizione, rinunciando ad avere una politica giudiziaria convincente, la lascia fare ai magistrati”.Ai socialisti resta l’amara consolazione di aver sempre segnalato, inascoltati, i rischi dell’avventura e della conseguente paralisi che avrebbe creato un cambiamento che non si fondasse su basi solide e convincenti.Per molti di noi sono stati anni di battaglia vera, condotta anche nella consapevolezza delle nostre responsabilità, dei nostri ritardi e dei nostri errori. Ma quando vediamo cadere uno dopo l’altro i miti della cosiddetta diversità morale che appartenevano al mondo comunista e ai suoi epigoni, quando vediamo che l’eroe di ‘Mani

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Pulite’ come Paperon de’ Paperoni fa il bagno nei suoi rimborsi elettorali e nelle sedi procurate da Anemone, ci vien proprio da pensare che con noi la Storia, che fu ingiusta, ci riconsegna, oggi, una giusta ragione.Questa non è sufficiente per fare una politica. Nel giro di pochi anni, dall’euforia di una ritrovata unità e dal ritrovato ruolo di una certa consistenza e di responsabilità politica al sostegno e nel Governo del Paese siamo passati a una condizione mai conosciuta nella nostra storia, fatta salva la parentesi del regime fascista, di forza extra-istituzionale. Dalle indebite euforie del ritrovato protagonismo politico siamo passati a una lenta erosione del nostro elettorato, ad abbandoni politici in qualche caso molto poco nobili, a una vita difficile e travagliata. Non tutto è andato per il meglio: si poteva e si può sempre fare di più. Ma anche la scomparsa o la debolezza del Partito socialista in Italia non è solo la responsabilità di chi il Partito lo anima, ma anche la spia del decadimento culturale del nostro Paese.I socialisti che sono andati a cercar fortuna altrove si trovano a dover far fronte al declino dell’ipotesi bipartitica che è stata messa in campo.C’è poco da fare, i socialisti che stanno nel Popolo delle Libertà incominciano a farmi pena: qual è il senso socialista della loro missione? E quali posizioni politiche sono costretti a sostenere da anni, in coerenza con la nostra passata esperienza? Il problema è che i socialisti non possono stare con chi rappresenta oggi, nel Paese, non più la medicina, ma la malattia da cui dobbiamo guarire.Come?Essere protagonisti dell’alternativa senza essere velleitari significa non rinunciare né alle esperienze delle alleanze maturate . L’offerta e la prospettiva di un Patto è giusta financo generosa, dobbiamo insistere nella sua costruzione perché gli interlocutori sollecitati hanno eluso le risposte. A me non piace dare pagelle però ieri Bersani ha meritato 6 e Casini 8. E’l’interlocutore di sinistra che dovrebbe interessarci di più.Il partito democratico di bersani non è quello di Veltroni, ma il suo spostamento su posizioni neo-laburiste apre si un terreno di

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confronto , ma chiude uno spazio politico di autonomia socialista.Ed è altronde la questione socialista irrisolta ed indiscussa che consente la doppiezza antica di una piena adesione al manifesto dei principi ed ora delle idee socialiste in Europa ed un rifiuto della dimensione identitaria e politica in Italia, un rifiuto che spesso si trasforma in un fastidio ed un’allergia antica dura a far passare nel corpo militante ed anche in parte di quello dirigente.Io vedo un partito Socialista alleato al Pd che non sta né alla sua destra né tantomeno alla sua sinistra ma più avanti di lui e che compete nella elaborazione delle idee e dei programmi, nell’impostazione politica che è apparsa troppo spesso schiacciata ed anchilosata dinnanzi alle offensive del Partito di Repubblica, al Partito Di Di Pietro e di tutti i miasmi ai limiti dell’eversione che abitano la costellazione dell’opposizione di sinistra a Berlusconi. Noi rimaniamo fermi nella nostra impostazione politica identitaria ma non immobili. Perché dobbiamo essere convinti che il baricentro della politica dei prossimi anni ci incoraggia a pensare ed a immaginare che i nuovi movimenti nella società si riapproprieranno delle idee del novecento che ancora circolano in europa Questo significa che il dialogo, il confronto ed anche la convergenza anche con altre esperienze della galassia politica che si oppone al centro destra.

Ognuno predisponga la propria task force politica e programmatica per costruire una alternativa che non si realizza attraverso solo attraverso le alchimie tattiche e le alleanze ma attraverso una lunga seria riflessione politica e programmatica.Non dobbiamo certo scoraggiare chi si è messo in marcia o chi ha approntato le sue fabbriche di idee quando esse sono realizzabili.Io non sento affatto il bisogno di sottovalutare l’impatto politico che ha suscitato anche la parabola di niki Vendola, non sento il bisogno di costruire una nuova forza politica con lui ed i suoi compagni, ma vedo che in quell’esperienza brilla ancora la passione politica civile autentica, una ricerca del senso della missione della politica , e in questi tempi così aridi non è poco.Costruire un’alternativa laica , socialista , riformista vuol dire che il partito socialista non cerca casa né si crogiuola nell’orgoglio del suo

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passato chiuso nella sua solitudine.Ma che il PSI può e deve ridiventare una casa aperta al confronto politico e programmatico , aperta al dialogo con tutti coloro che definendosi socialisti anche quando sbarcati altrove intendono restituire il ruolo politico che ci spetta nel futuro democratico dell’Italia.Nella nuova alleanza riformista non c’è posto per i perditempo e per chi è alla ricerca di una ribalta. Il destino dell’Italia ci riguarda e noi socialisti dobbiamo essere nuovamente all’altezza del compito che ci ha assegnato la nostra storia.Ho concluso.Qualche settimana fa sono stato invitatoAssieme a Nencini a salemi invitati dall’amico Sgarbi a celebrare la nascita della prima “Capitale d’Italia” proclamata dal generale Garibaldi.Mi ha fatto piacere esserci e che fossimo gli unici uomini politici eredi della tradizione risorgimentale e repubblica ad essere invitati. ( detaglio che non sarà sfuggito a Riccardo che è un brillante saggista storico).Il mio pensiero è corso quando risalii la valle del belice con mio padre Bettino craxi che di Garibaldi era un cultore e che dell’Unità d’Italia fu uno strenuo difensore.Ho avuto modo di ringraziare il presidente Napolitano per la sua lettera ricca di significato politico inviata in occasione del decimo anniversario della scomparsa.Voglio cogliere l’occasione per ringraziare il segretario ed il Congresso tutto per quella commovente visita al cimitero di Hammamet.E per quelle bandiere rosse innalzate e riconosciute come le “bandiere del Partito di mio marito” da mia madre Anna.Il Socialismo democratico e riformista non è solo una bandiera da sventolare o un’antica fede da conservare. Ma un metodo, una dottrina , una realtà che vive e deve rivivere nella realtà di oggi, questo naturalmente continua a dipendere da noi.Il Congresso di Perugia indica che stiamo su una buona strada.

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Gian Franco Schietroma

Occorre introdurre anche in Italia la flex-security, una riforma socialista che ha notevolmente ridotto la disoccupazione in altri paesi europei.È necessario rilanciare la proposta socialista di estendere alle elezioni nazionali il sistema elettorale delle comunali, che ha dimostrato di garantire bene sia la governabilità, sia la rappresentatività, sia il rispetto dell’elettore con la possibilità di esprimere preferenze.Ben venga la separazione delle carriere tra magistrati inquirenti e giudicanti purchè questo non sia il mezzo per arrivare poi ad assoggettare il P.M. al potere politico perché, se è assolutamente inaccettabile l’interferenza della magistratura nell’attività politica, altrettanto inaccettabile è l’interferenza della politica nell’attività giudiziaria.Se il centro-sinistra vuole tornare ad essere vincente, l’unica soluzione possibile, con l’attuale legge elettorale, è quella di un “Nuovo Ulivo”, superando l’esperienza del PD, e creando, nel centro-sinistra, un forte partito socialista democratico, aderente al PSE e all’Internazionale Socialista, e, nello stesso tempo, dando vita ad un forte partito popolare dei cattolici democratici. Dunque occorre un

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nuovo centro-sinistra con questi due partiti principali, non trascurando ovviamente il ruolo di Sel, dei Radicali, dei Verdi, dell’Idv e della Federazione della Sinistra, tutti certamente importanti per il successo della coalizione.Quanto alla prospettiva politica del nostro partito, è evidente che essa non può essere rappresentata né dalla confluenza in Sel né da un approdo nel PD e nemmeno da una difesa dell’identità socialista che sia fine a se stessa. La nostra prospettiva è, senza alcun dubbio, quella di partecipare alla costruzione in Italia di quello che c’è in tutti gli altri paesi d’Europa, e cioè di un forte partito socialista democratico, decisamente impegnato sui temi della solidarietà, dello sviluppo e dell’innovazione. Tale prospettiva è certamente raggiungibile nell’ambito di un centro-sinistra che decida di ristrutturarsi, superando l’esperienza negativa del PD, che ha portato ad una serie continua di sconfitte elettorali.

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Marco Di Lello

La crisi renderà il nostro paese ancora peggiore più diseguale, più ingiusto. Berlusconi in questi mesi voleva convincerci che la crisi non ci fosse. La triste realtà è che c’è e che a pagarla sono sempre gli stessi: i meno garantiti e i più deboli. La pagano i pendolari, costretti a fare i conti con i tagli al trasporto pubblico locale e gli aumenti delle tariffe autostradali; la pagano i lavoratori, costretti come a Pomigliano a scegliere tra diritti e lavoro; la pagano gli invalidi con l’innalzamento all’85% per l’ottenimento dell’assegno; la pagano i cittadini del Mezzogiorno, costretti a fare i conti con aumenti dell’Irap ed Irpef, una strage di quello che sarà il

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federalismo leghista, né responsabile né solidale, semplicemente egoista; non la pagano le banche, né la paga la chiesa, che ancora ha i suoi immobili esenti dall’Ici, e dello sconto del 50% dell’Irpef. Due anni di governo Berlusconi hanno reso questo paese meno libero, nel lavoro, nell’esercizio del voto, con milioni di elettori privi di rappresentanza; nell’informazione che una legge bavaglio si preoccupa di comprimere e anche nell’economia dove con la legislazione in deroga ha drogato ogni forma di concorrenza. C’è solo una libertà in più, quella di delinquere, grazie all’immunità dello scudo per i potenti e del condono per i furbi e se sei mafioso, la qualifica di “eroe”. D’altra parte in galera ci vanno solo i poveracci, noi ci illudiamo di avere abolito la pena di morte ma poi consentiamo un sistema carcerario che produce oltre 60 suicidi l’anno. Perciò serve la sinistra, perciò serve un più grande partito socialista, che sia il partito del merito, della solidarietà, il partito in un paese di “figli di” che sia dei figli di enne enne. Il partito delle libertà, il partito dell’ecologia, il partito dell’innovazione e soprattutto il partito della speranza. La sinistra ha perso infatti quando ha smesso di alimentare “il sogno”, il sogno che se nasci figlio di operaio non per forza dovrai fare l’operaio; il sogno che si possa avere un lavoro senza dover invecchiare a fianco ad un telefono aspettando la chiamata; il sogno che una donna non debba scegliere tra esser madre e lavoratrice, o che possa far carriera anche se non è carina e disponibile; il sogno di poter invecchiare che c’è chi si occuperà di te, che se nasci diversamente abile puoi essere ugualmente utile; che se sei omosessuale non corri il rischio di essere menato perché cammini per strada mano nella mano; il sogno che se convivi per vent’anni con la persona che ami non hai bisogno di un “contratto” per avere i diritti; il sogno che se paghi le tasse non sei “un pirla” per ridare speranza a un nostro popolo. Questa è la nostra missione.In Italia e in Europa in questi anni abbiamo visto una sinistra senz’anima, venduta sull’altare della governabilità a tutti i costi che ha teorizzato la aziendalizzazione del welfare, una sinistra arrogante, cialtrona, presuntuosa, che nei mesi scorsi in nome di alchimie politiche, pretendeva di scegliere nel buio di una stanza romana chi dovesse governare la Puglia. Noi abbiamo oggi l’ambizione di contribuire a ricostruire la sinistra, nuova e diversa. La sinistra delle idee e del fare, delle libertà e delle opportunità, dei

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meriti e delle tutele, ma la sinistra non si ricostruire in laboratorio con un po’ di Pd, due terzi di Sel, ed una spruzzata verde; non la si ricostruisce sommando pezzi di gruppi dirigenti, la si ricostruisce con i valori. Berlusconi ha infatti vinto imponendo il suo modello culturale fondato sull’egoismo che è figlio della paura.Noi possiamo vincere imponendo il modello della solidarietà. Vale per il Paese e vale per noi. Dal ’93 in poi non sempre c’è stata tra di noi e tra i vecchi dirigenti. Ce ne è uno solo che ha passato questi anni a sostenerci, aiutarci e consigliarci: è Ugo Intini, grazie Ugo!Per quanto mi riguarda questi due anni di lavoro con Riccardo e la Segreteria è stato un privilegio e di questo li ringrazio.A Montecatini sapevamo di avere iniziato una lunga marcia di cui Perugia è solo una tappa, ma la strada è ancora lunga. Ma come ci ha insegnato Mao: “Un lungo cammino comincia con un piccolo passo”, e questo congresso è un piccolo passo per rendere vivo e attuale il socialismo. Per farlo dovremo dar vita ad un nuovo modello di partito. Investire sui giovani, dare spazio a nuove forme di aggregazione, per rendere le nostre sezioni più attraenti, farne luoghi “del fare” anziché “del parlare”, così come dobbiamo recuperare una sintonia con il Nord del Paese, perché finché saremo residuali lì, resteremo un partito di nicchia e noi non vogliamo diventare una fondazione culturale.Convinti che il socialismo non sia da museo, ma dovremo riuscire a renderlo attuale. Non esiste il socialismo in “purezza”. C’è quello italiano, c’è quello francese, quello anglosassone, quello del nord Europa, poi c’è quello europeo e internazionale, frutto della contaminazione delle diverse elaborazioni. C’è quello del Novecento.Ora dobbiamo elaborare quello del secolo nuovo e per questo serviranno nuove energie, con punti di vista ed esperienze anche diversi dalle nostre. Dovremo ripensarlo il socialismo, contaminarlo, dotarlo un nuovo vocabolario, farne il muro culturale su cui poggiare i nuovi e diversi bisogni perché nuova e diversa è la società in cui viviamo. Solo così la nostra storia potrà continuare, solo così avremo davvero reso omaggio alla nostra storia. Una storia bellissima, una storia socialista!

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LA REPLICA DI RICCARDO NENCINI

Mi riesce difficile vedere Stefania nei panni di quei fotografi di Stalin che correggevano le foto. C’erano Trotzsky Lenin e Stalin assieme, poi caduto in disgrazia Trotzsky, in quelle stesse foto restavano solo Lenin e Stalin”. Inizia così con una risposta all’intervento polemico pubblicato sul Corriere dell’Umbria, la replica del segretario Riccardo Nencini davanti ai delegati nella giornata finale del 2° congresso del Psi.Questa - prosegue - è una correzione che Stefania non avrebbe dovuto fare.Avevamo davanti a noi una scelta: mantenere il silenzio sulle parole di Stefania Craxi o ricordare la bandiera consegnata alla madre, Anna Craxi, ad Hammamet il gennaio scorso.Non possiamo concedere che una questione personale, familiare,

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divenga la posizione di un sottosegretario di governo.Mi ricordo bene cosa è successo in quegli anni perché ne sono stato testimone.Mi ricordo, ad esempio, che un autista portò due compagni toscani a Roma da Occhetto che allora dirigeva il polo progressista, la ‘gioiosa macchina da guerra’ in vista delle elezioni del 94. Ero giovane parlamentare eletto due anni prima e non avevo avvisi di garanzia. La dizione con cui venne rifiutata la mia candidatura fu perché ‘craxiano’Mi ricordo altri fatti. A Milano nel marzo del 1999. C’ero io e c’erano anche Pia locatelli, Claudio Martelli, Roberfto Biscardini, Enrico Boselli e anche Roberto Villetti. In quattro giorni a Milano si tennero due riunioni importanti. Prima la riunione del gruppo parlamentare del Pse e poi il congresso del PseScrive Paolo Franchi sul Corriere della sera del 2 marzo 1999, titolo, L’ombra di Bettino:“Dunque, - scrive Paolo Franchi - per i leader attuali del socialismo europeo il problema Craxi, sempre che davvero esista, e’ un problema tutto italiano, che non deve riguardare in alcun modo il Pse. E per i Democratici di sinistra, piccati perché Enrico Boselli ha voluto sollevare la questione al congresso di Milano, quella di Bettino Craxi Mi riesce difficile vedere Stefania nei panni di quei fotografi di Stalin che correggevano le foto. C’erano Trotzsky Lenin e Stalin assieme, poi caduto in disgrazia Trotzsky, in quelle stesse foto restavano solo Lenin e Stalin”. Inizia così con una risposta all’intervento polemico pubblicato sul Corriere dell’Umbria, la replica del segretario Riccardo Nencini davanti ai delegati nella giornata finale del 2° congresso del Psi.Questa - prosegue - è una correzione che Stefania non avrebbe dovuto fare.Avevamo davanti a noi una scelta: mantenere il silenzio sulle parole di Stefania Craxi o ricordare la bandiera consegnata alla madre, Anna Craxi, ad Hammamet il gennaio scorso.Non possiamo concedere che una questione personale, familiare, divenga la posizione di un sottosegretario di governo.Mi ricordo bene cosa è successo in quegli anni perché ne sono stato testimone.Mi ricordo, ad esempio, che un autista portò due compagni toscani a Roma da Occhetto che allora dirigeva il polo progressista, la ‘gioiosa

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macchina da guerra’ in vista delle elezioni del 94. Ero giovane parlamentare eletto due anni prima e non avevo avvisi di garanzia. La dizione con cui venne rifiutata la mia candidatura fu perché ‘craxiano’Mi ricordo altri fatti. A Milano nel marzo del 1999. C’ero io e c’erano anche Pia locatelli, Claudio Martelli, Roberfto Biscardini, Enrico Boselli e anche Roberto Villetti. In quattro giorni a Milano si tennero due riunioni importanti. Prima la riunione del gruppo parlamentare del Pse e poi il congresso del PseScrive Paolo Franchi sul Corriere della sera del 2 marzo 1999, titolo, L’ombra di Bettino:“Dunque, - scrive Paolo Franchi - per i leader attuali del socialismo europeo il problema Craxi, sempre che davvero esista, e’ un problema tutto italiano, che non deve riguardare in alcun modo il Pse. E per i Democratici di sinistra, piccati perché Enrico Boselli ha voluto sollevare la questione al congresso di Milano, quella di Bettino Craxi è solo una brutta vicenda del passato: a che vale rivangarla davanti ai potenti socialisti d’ Europa, quando, dice Massimo D’ Alema, Craxi “è stato condannato senza appello dalla storia”? Nessuna delle due proposizioni suona, a dire il vero, del tutto convincente. E non certo perché Craxi sia meritevole di particolari solidarietà . Sottraendosi a giudici e giudizi, l’ ex segretario del Psi si è messo automaticamente dalla parte del torto, (…).Se è solo del Duemila che dobbiamo occuparci, viene da chiedersi, tra l’ altro, come mai i Ds abbiano sentito il bisogno di piazzare un bel convegno sul socialista liberale Carlo Rosselli (lo stesso Rosselli che Palmiro Togliatti defini’ un “fascista dissidente”) proprio alla vigilia del congresso milanese del Pse”.Così Paolo Franchi perché, cari compagni, non bisogna scherzare  mai con la storia, perché la storia vi presenta sempre il conto e svela i bugiardi.La questione di Bettino Craxi venne sollevata e sul serio tra il ’94 e il ’99. Ma ora passiamo a noi.Abbiamo fatto un buon congresso. Dobbiamo ricordare che cosa eravamo a Montecatini, perché se non ricordiamo ciò che eravamo non possiamo capire il presente.Questo è l’unico congresso degli ultimi anni in cui cono venuti tutti i leader del centrosinistra e hanno parlato. Ultimo stamattina Bonelli.Non sono stati solo affettuosi con noi ma hanno delineato un perimetro per il centrosinistra.

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Se avessi saputo prima quello che ho letto oggi sui giornali ieri avrei detto a Casini, invitato a cena a casa sua con Berlusconi, che Vespa è un ottimo giornalista, ma un pessimo notaio.La cena non poteva andare meglio di come è andata.Il centrosinistra che immaginiamo invece è anche quello di cui hanno parlato i nostri ospiti.Mario Staderini, per esempio, che ci ha proposto di portare avanti assieme alcuni temi su cui siamo d’accordo.

Grazie signor PresidenteRutelli che ci ha proposto anche di costruire con lui un ‘terzo polo’.Gim Cassano e gli amici liberali. Angelo Bonelli che ci ha proposto di fare una convenzione dei partiti che non stanno in Parlamento per lavorare su alcuni obiettivi che condividiamo.Paolo Ferrero, che è stato di una correttezza estrema, dicendo che non è disponibile a costruire uno schieramento di governo aperto al centro, ma che è pronto ad aiutarci a difendere temi essenziali come quelli della Costituzione.Ha assunto un impegno Bersani e noi faremo in modo di ricordarglielo.Non è venuta Sel, ma era stata invitataDobbiamo oggi salutare la stessa persona che andammo a salutare due anni fa subito dopo il nostro congresso: il presidente Napolitano. Dobbiamo ringraziarlo per il messaggio che ci ha inviato e che ieri è servito ad aprire i più importanti siti web di informazione e che oggi era in tutti i quotidiani. Queste cose non avvengono per caso. Se ci dice che facciamo bene a inaugurare un congresso sui temi della sobrietà e dell’etica della responsabilità, che le riforme devono essere condivise, dobbiamo dire grazie presidente.Parliamo ora di quello che il nostro partito può fare.Non possiamo farlo in Parlamento ma possiamo farlo nelle regioni dove abbiamo eletto tanti compagni. Lo possiamo dire a Bersani e chiedergli se Chiamparino ed Errani siano o no nello stesso partito. Chiamparino firma un accordo che non ha dato nulla ai comuni. Errani propone due minuti dopo alle regioni di restituire le deleghe al governo, un’azione di una violenza terribile. Ma il fronte delle regioni è già rotto.Io suggerisco. Visto che l’Irap è una tassa delle regioni e non tutti hanno applicato aumenti, là dove siamo presenti dobbiamo proporre

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che chi ha di più, paghi di piùI consiglieri socialisti devono proporre un’addizionale Irap per banche e assicurazioni.Ricordo che la lotta alll’evasione fiscale si fa anche da questa frontiera, nei comuni e nelle regioni dove abbiamo oggi circa 4mila amministratori locali.Per quanto riguarda le questioni del centrosinistra. Nonostante la crisi della maggioranza non c’è un sondaggio che segnali uno zero virgola in più per il centrosinistra. Siamo in condizioni ottimali, irripetibili; migliori di queste non arriveranno più.Se guardate alla Francia, vedrete che alle ultime elezioni amministrative la sinistra ha vinto in tutte le regioni meno che in Alsazia, una regione che si può paragonare al nostro Veneto, che più bianca non si può, eppure Sarkozy non ha avuto tutti gli impicci del governo e della maggioranza italiana.Se le cose non vanno ci deve essere qualcosa in casa nostra.Se c’è un centrosinistra organizzato così come è organizzato non ha diritto di cittadinanza in Italia. Noi ci stiamo come partito che sta a sinistra. Centrosinistra per noi non vuol dire che noi andiamo nel Partito della nazione ma è stato delineato un perimetro politico in cui il centrosinistra comincia e finisce.

Un governo anticrisiVi leggo alcune dichiarazioni di oggi come quella che dice che “Bocchino parla con lingua biforcuta”. C’è poi l’intervista di Schifani al Corriere della Sera e un Bossi che dice “noi siamo veri nemici di Casini”. Un bel Casino!E questa è solo la domenica mattina, con un Parlamento chiuso, ed è la metà di luglio.In questa situazione mi sembra che abbiamo ragione quando proponiamo un governo anticrisi che dia una risposta ai problemi del’Italia.Berlusconi mi sembra un po’ come Bertoldo, intelligente, troppo furbo, alla ricerca di un albero a cui impiccarsi perché erano tutti troppo corti. Bene, Non è detto che l’albero prima o poi in questa situazione e con questi alleati non si trovi.Veniamo al nostro partito.E’ stato detto che si deve parlare di meno di noi e di più delle cose che facciamo.La verità è che noi abbiamo in testa almeno otto formazioni diverse

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di governo. Invece abbiamo qualche problema in più ad attaccare i manifesti.Il progetto per l’Italia che abbiamo delineato ha dei contenuti. Dalla conferenza di Rimini quasi trent’anni fa abbiamo continuato a saccheggiare quei contenuti.Oggi la prima cosa da fare è dotarsi di una carta che serva a orientare idealmente i socialisti.Il tema di come la sinistra deve interpretare il problema della sicurezza per i cittadini è sicuramente importante.L’autonomia non è mai stata in discussione. Qualcuno dice o scrive ‘Nencini porta il partito di qui e di là’. Bisogna vedere i fatti, non il gossip.La questione è piuttosto come noi gestiamo la nostra autonomia politica. Non basta dirlo; questo è l’unico modo di non esserloAbbiamo proposto delle campagne. Per esempio dico che dobbiamo tenere la prima segreteria nella piazza principale dell’Aquila, dove ancora ci sono le macerie e i ponteggi che avevo visto quando sono andato un anno fa.

Ripensare questa sinistraDobbiamo ripensare prioritariamente a una sinistra per rifare del centrosinistra una forza tranquilla.Il peso che l’ala populista esercita su questa sinistra, è la miglior assicurazione per il capo del governo. Di Pietro ha praticamente lo stesso spazio in Tv che aveva Bertinotti.Bersani ha preso con noi degli impegni.Un tavolo per le prossime elezioni. Difatti il prossimo voto nei comuni sarà una specie di voto nazionale. Per la costruzione di ipotesi di lavoro sulle misure per una manovra economica alternativa dobbiamo utilizzare come base il testo del Pse. Lo si può scaricare dal sito web del Pse, se serve, e spedirlo a largo del Nazareno.Tramontata l’ipotesi di un bipartitismo maggioritario dobbiamo sapere come sostituirlo in vista delle elezioni municipali del prossimo anno.Il nostro partito ha bisogno di organismi più snelli, più giovani. E qui voglio rendere un omaggio al comportamento di Ugo Intini. Ugo è un compagno che ti telefona e ti dice: ci sono le elezioni a Ragusa. Se hai bisogno, se non ci va nessuno, ci vado io. Questo è il modo migliore di mettersi al servizio del partito, di

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difendere l’autonomia del partito. Chi lo dice e poi non fa nulla, continui a dirlo a casa sua e non venga ai congressi.Ci serve più calvinismo, più fare. Dobbiamo mandare un gazebo a tutte le federazioni che non ce l’hanno. Certo poi i gazebo vanno aperti, ma è facile montarli come le tende canadesi.Maggiore solidarietà tra di noi. Rispettare di più le regole. Una sinistra delle idee, ma anche del fare.Ricordiamoci del partito d’azione. Qualcuno disse che dopo l’ultima riunione tutti uscirono dalla stanza e nessuno spense la luce.

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VOTAZIONI

Venerdì 10 luglio Riccardo Nencini è stato confermato segretario a larga maggioranza con voto a scrutinio palese. 11 sono stati i voti contrari e 4 gli astenuti.

Documento politico congressuale

I delegati al Congresso del PSI, riuniti in Perugia:approvano la relazione del segretario Riccardo Nencini;si impegnano a proseguire la loro azione per tenere viva e attuale la prospettiva storica dei valori del socialismo riformista italiano ed europeo, espressi nella famiglia europea del Pse e nell’Internazionale

socialista, che sono ancora più centrali oggi, quando l’economia globalizzata e la crisi economica e finanziaria ad essa interconnessa rendono ancor più evidente la necessità di nuove forme di governo dell’economia e della finanza, coordinate a livello europeo e mondiale, che richiedono anche partiti sempre più europei.Notano come nell’ambito della crisi mondiale, esista una peculiare crisi italiana, dovuta alla delusione per la pessima prova mostrata dalla cosiddetta “seconda repubblica”, nata all’insegna di un progetto politico senza basi culturali condivise e senza una vera riforma costituzionale, con il conseguente inaridimento del pensiero politico e del ruolo dei partiti, fino alla scomparsa di un progetto di società futura. In questo contesto, il disorientamento che ne è seguito ha ulteriormente sostenuto il processo di delegittimazione della politica, assieme all’inefficienza della burocrazia e dei servizi pubblici, che sono pretesto per la rivolta fiscale. E’ cresciuto il qualunquismo e sono scesi in campo poteri alternativi, a cominciare da quelli mediatici ed economici, che hanno alterato le normali procedure democratiche.dichiarano la necessità sempre più urgente che il Paese riprenda il passo della politica europea, riportando al centro dell’agenda pubblica, oggi bloccata da questioni morali e giudiziarie che imbarbariscono il clima e disperdono energie, da polemiche mediatiche e da manovre politiche fini a sè stesse, le questioni davvero essenziali per i cittadini, quali lo sviluppo della sicurezza sociale, dell’occupazione, della tutela ambientale e dei diritti. Ritengono urgente porre le basi di un nuovo welfare italiano, fondato sulla cittadinanza, non sulle corporazioni, i gruppi d’interesse, l’appartenenza regionale o familiare; occorre un reddito di cittadinanza, un salario minimo stabilito per legge, nuove politiche attive e universali per l’occupazione, una riforma fiscale che privilegi il lavoro rispetto alla rendita, per una maggiore giustizia sociale in un’Italia che è sempre più ingiusta e ineguale;Ricordano che altrettanto importante è la modernizzazione del paese, le sue infrastrutture, favorendo la ricerca, lo sviluppo ecologicamente sostenibile, le fonti rinnovabili, e la diffusione delle reti telematiche e delle reti ferroviarie locali e metropolitane, poichè le infrastutture di movimento delle persone, delle merci e delle informazioni devono essere diffuse sul territorio e giungere ovunque;

CREDONO quindi che occorra rinnovare e rilanciare il progetto nazionale, costituzionale e repubblicano, riformando lo Stato, offrendo agli italiani e

alle italiane nuova fiducia e nuovo ottimismo, ridefinendo l’identità nazionale con la riforma della cittadinanza e l’integrazione degli immigrati, un regionalismo solidale, un’idea d’Italia alta e non provinciale, anche come attore di pace, sicurezza e sviluppo nel Mediterraneo;CHE OCCORRA stabilire su nuove basi la solidarietà tra le diverse regioni, ricordando l’attualità di una questione meridionale, e assumendo con serietà e senza demagogìe una questione settentrionale che riguarda la necessità delle aree più produttive del Paese di fronteggiare il mercato unico europeo e la globalizzazione: è questa difficoltà di fronte alle sfide della modernità che ha prodotto fenomeni regressivi nel nostro Nord;DICHIARANO che è anche indispensabile mettere in campo al più presto un’alternativa riformista a questo governo Berlusconi; appare urgente che le forze del centrosinistra si dotino di una coalizione alternativa al Pdl, riconoscendo una volta per tutte che il Partito democratico non è di per sè sufficiente a rappresentare l’alternativa, e sembra anzi inadeguato a costruirla; non è infatti sufficiente contare sulle divisioni del centrodestra; l’alternativa riformista deve nascere da un programma proprio, e da scelte chiare; l’appello al voto di centro non significa rinunciare ai nostri valori e contenuti sociali, laici, di progresso, bensì significa conquistare il consenso degli elettori che oggi si astengono, o sono incerti, convincerli che esiste un’alternativa credibile alle politiche che oggi vengono portate avanti, e persuaderli che il voto alle proposte del centrosinistra è davvero nel loro interesse.RIBADISCONO l’impegno, assieme a quello per la giustizia sociale, a difendere ed ampliare le libertà individuali, la laicità delle istituzioni, i diritti civili e la libera scelta affettiva, familiare, personale in ogni campo.

Il PSI afferma la sua autonomia, intesa come condizione per la migliore espressione della propria originalità nell’ambito di una coalizione più ampia. I socialisti sanno che il PSI è forte quanto più è forte la sinistra, che è come il mare in cui i socialisti navigano: il PSI è debole quanto più è debole nella società e nella politica uno schieramento riformista e di progresso. L’autonomia socialista non è quindi chiusura verso le altre esperienze di centrosinistra, ma precondizione per la migliore solidarietà con esse. In quest’ambito, di fronte alla necessaria collaborazione con il PD, appare di grandissimo valore coordinare le forze del centro-sinistra che portano un proprio messaggio originale e aggiuntivo rispetto a quello del PD, a partire da quelle di Sinistra Ecologia e Libertà, dei Verdi, dei Radicali, del variegato universo laico, e ricercando poi un’alleanza con quelle di tradizione cattolica democratica.

Il centrosinistra che vogliamo non può emergere solo dall’ingegneria istituzionale o elettorale ma dalla rappresentanza di valori e interessi. Oltre all’alleanza politica, ritorna imprescindibile quella sociale: sindacati, nuovi soggetti economici e sociali, lavoratori precari e nuove professioni, associazioni della società civile e dei consumatori. Il Partito Socialista Italiano non è e non sarà mai un partito interessato a difendere uno spazio di potere: è indispensabile, per la nostra stessa esistenza, essere all’altezza dei nostri ideali. Siamo un partito che pensa in grande, che vuole parlare a tutti gli italiani e le italiane, che si impegna per il bene comune e non per l’interesse di parte. Un partito che è consapevole di dover rappresentare meglio al suo interno le differenze, a partire dalla differenza di genere, la differenza giovanile, le nuove identità culturali di un’Italia terra di migrazioni. Sin da oggi, ci impegnamo ad essere un partito ancora più aperto, in ascolto e in ricerca.

Perugia 11 luglio 2010Il documento è stato approvato con 2 astenuti

ELEZIONE DEGLI ORGANI DIRIGENTI

La proposta presentata dalla Commissione verifica dei poteri per l'elezione del Consiglio Nazionale è stata approvata 4 voti contrari e 1 astenuto.La proposta per l'elezione della Commissione Nazionale di Garanzia e del collegio dei revisori dei conti è stata approvata con 4 voti contrari.

ORDINI DEL GIORNO APPROVATI

Odg presentato da Anna Falconeapprovato con 1 astenuto

Odg presentato da Maria Rosaria Manieriapprovato all'unanimità

Odg presentato dalla FGS (Luigi Iorio)approvato con 7 voti contrari e 4 astenuti I DELEGATI, SU PROPOSTA DELLA PRESIDENZA DEL CONGRESSO, HANNO DELIBERATO CHE L' ODG DELLA FGS E IL DOCUMENTO PRESENTATO DA GRADI E ALTRI SIANO INVIATI PER COMPETENZA AL CONSIGLIO NAZIONALE.

Speciale a cura di Emanuele Pecheux e Roberto Rossi