Se le parole volano via come suonipresente della forza. Le perso-ne provenienti da culture orali,...

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Avvenire 04/10/2012 Page : A24 Copyright © Avvenire April 10, 2012 11:56 am / Powered by TECNAVIA / HIT-MP Copy Reduced to 65% from original to fit letter page DI WALTER ONG ominciamo da una verità basilare sulle parole. Le parole sono suoni. In senso stretto, non sono affatto "segni". "Segno" suggerisce "alla radice" qualcosa che si apprende attraverso la vista, dato che deriva dal latino si- gnum che indicava lo stendar- do portato dalle unità militari romane affinché fossero iden- tificate a colpo d’occhio. La pa- rola non è questo. Le parole ve- re non possono essere viste. Possono solo essere udite. Se sono in qualche modo un "se- gno", sono al tempo stesso qualcosa di fondamentalmente diverso. Se da un lato è vero che le parole sono necessarie per dire il significato dei segni, dall’altro non è così vero che i segni siano necessari per dire il significato delle parole. Possia- mo disegnare un suono? Pos- siamo fare un disegno per e- sprimere il senso di ogni singo- la parola in questo paragrafo? Ogni lingua umana si basa sul suono. Il pensiero umano è le- gato al mondo sonoro più che a ogni altro campo sensoriale. Persino le persone congenita- mente sorde imparano a pen- sare e a parlare entrando indi- rettamente nel mondo delle parole che risuonano intorno a loro, un mondo creato da per- sone che parlano e che sento- no. Raccogliamo le parole dalla pagina scritta o stampata at- traverso la vista, ma lo faccia- mo riconvertendole in suoni, oralmente o con la nostra im- maginazione. Le parole scritte e stampate sono parole solo in quanto noi sosteniamo che lo siano. In realtà, non sono altro che tracce che forniamo affin- ché ci suggeriscano suoni. Non sono affatto parole vere. Questo non significa che la scrittura e la stampa non siano di grande im- portanza. Danno alle parole un potenziale nuovo e meraviglioso. Senza di esse la civiltà non può avanzare. Que- sto è vero più che mai nella nostra era elettro- nica, in cui scrittura e stampa non solo ci cir- condano, ma cambiano ruolo entrando in relazioni complesse con altre modalità di comunicazione. Senza la scrittura e la stampa, ciò che si trova su questa pagina potreb- be raggiungere pochissime persone. Tuttavia, la scrittura e la stampa rimangono fenome- ni verbali secondari. Resta da C studiare in maniera ben più approfondita perché il nostro pensiero si leghi in modo tanto immediato e intimo al mondo del suono. I poemi omerici, che vengono da una cultura priva di scrittura, cantano di "parole alate". Le parole vola- no via. Questo non significa semplicemente che se ne van- no. Vuol dire anche che sono forti. Il volo richiede un’ener- gia straordinaria. E le "parole alate", quelle pronunciate, quelle reali, segnalano un’azio- ne piena di forza. Diversamen- te dagli altri campi sensoriali, il suono segnala sempre l’uso presente della forza. Le perso- ne provenienti da culture orali, come ancora esistono nelle re- gioni non tecnologiche del pia- neta, sanno bene che le parole hanno forza perché, quando pensano alle parole, di solito pensano a quelle reali, pro- nunciate. Lunghezze d’onda, diagrammi e impronte vocali sono, per la realtà del suono, solo analoghi visivi, anche se straordinariamente validi. Gra- zie a essi riusciamo a capire at- traverso la vista che cosa è il suono. Ma solo questo: il suo- no non è quello che si può rap- presentare. Il suono non può essere ridotto interamente a nessun altro campo sensoriale. Non c’è niente come il suono e non c’è niente neanche come le parole. Non esiste un modo per raffigurare pienamente la comunicazione verbale. Siamo così abituati ad associare le pa- role con la scrittura e con la stampa che il senso di molte affermazioni profonde può sfuggirci o arrivarci in modo debole. Quando il Vangelo se- condo Giovanni inizia con «Nel principio era la Parola, la Paro- la era con Dio, e la Parola era Dio», l’evangelista, anche se stava scrivendo, certamente non aveva in mente la parola scritta, e men che meno quella stampata. Pensava alla parola umana come a un analogo del divino, ma anche alla parola u- mana così come arriva a noi in quanto suono vivo, vibrante, pieno di forza. Ma se la parola "parlata" dell’uomo evoca la Parola di Dio, al tempo stesso differisce profondamente da essa perché è evanescente. La parola dell’uomo è potente, ma è anche peritura, mentre «la Parola del Signore rimane in eterno». Tuttavia, la parola di Dio nella sua permanenza non è come la nostra scrittura, quanto piuttosto come il no- stro silenzio da cui le parole e- mergono e che rimane. Poiché la comunità dipende forte- mente dal linguaggio, alcune delle divisioni più profonde nell’umanità oggi esistono per il fatto che diversi gruppi par- lano lingue diverse. In molti paesi in via di sviluppo questo problema è enorme. I nigeria- ni, ad esempio, parlano molte lingue – non solo diversi dialet- ti, ma lingue differenti quanto l’inglese e il russo. Nessuno in questo grande paese – 56 mi- lioni di abitanti – può parlare con tutti i suoi compatrioti a meno che non usi una lingua straniera per sé, per gli altri o per entrambi. La Cina e innu- merevoli altri paesi hanno pro- blemi analoghi. Non importa quanto poco sia parlata: ogni lingua è un tesoro in se stessa, ma la nostra moltitudine di lin- gue crea grandi problemi. Ge- neralmente, le lingue più ric- che e più sensibili sono quelle che si sono "imbastardite" e "corrotte" con molti prestiti. Si è detto che poiché tutti si e- sprimono con le parole, tutti pensano di poterne parlare. La verità è che è molto difficile parlare delle parole e costruire significato. Spero che queste brevi considerazioni servano se non altro a dare un’idea del mistero delle parole, della loro ricchezza e della loro comples- sa relazione con la vita umana. (Traduzione di Sarah De Sanctis) «Il pensiero è legato al mondo sonoro più che a ogni altro senso. Persino le persone sorde imparano a pensare e a parlare attraverso le voci che risuonano intorno a loro» Se le parole volano via come suoni anticipazione Il linguaggio orale è superiore a quello scritto? Sì, perché porta con sé il mistero dell’essenziale. Un inedito del gesuita Ong, allievo di McLuhan TECNOLOGIA Le tecnologie dell’ascolto che cambiano la vita sociale Dall’hifi all’iPod ealle varie altre tecnologie dell’ascolto, ecco che il suono, non più quello delle parole, ma quello della musica, ti cambia la vita. E non solo. Cambia il nostro rapporto con gli oggetti e con il mondo. È questo che cerca di spiegare il saggio di Paolo Magaudda, «Oggetti da ascoltare. Hifi, iPod e consumo delle tecnologie musicali» edito dal Mulino (pp. 196, euro 19,00). Partendo da racconti in prima persona delle esperienze fatte con diversi "oggetti sonori" – dai dischi in vinile ai lettori digitali ai personal computer – il libro di Magaudda, che è sociologo dell’Universitàdi Padova, mostra come le implicazioni dell’uso di queste tecnologie contribuiscano a trasformare il nostro contesto sociale e relazionale quotidiano. Perché ascoltare musica è un’attività culturale strettamente legata all’uso di particolari dispositivi tecnologici come gli impianti hifi, i lettori cd e i riproduttori di musica digitale, ma è anche scrittura messa in musica, come l’antica lirica greca, la cui parola, ricorda Ong in questa pagina, è «alata». L’AUTORE Quando l’oralità mette alla prova il mondo Walter Ong (1912-2003), gesuita americano, antropologo e allievo del sociologo Marshall McLuhan, ha insegnato alla Saint Louis University, dedicando molti dei suoi studi alla storia delle culture e dei processi comunicativi. Le sue opere sono state tradotte in numerose lingue, anche in italiano: si ricordano, tra le altre, «Oralità e scrittura» (il Mulino, 1986), «Conversazione sul linguaggio» (Armando, 1993) e «Il sacro oltre lo scandalo. Hopkins, il sé e Dio» (Medusa, 2010). Il saggio di cui qui anticipiamo alcuni stralci esce sul prossimo numero della rivista “Lettera Internazionale”, e venne pubblicato da Ong nel 1972 sul “Saint Louis University Magazine”. Walter Ong Beato Angelico (1395-1455), «Annunciazione», (1434-1436) Museo Diocesano, Cortona (Foto Alinari)

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arlando dell’angelo, esoprattutto del suoparlare, il grande Mi-

chel de Certeau scriveva: «Ilcontenuto non è l’essen-ziale del messaggio angeli-co: esso è già conosciuto;ripete, sovente, un versettodella Scrittura, un articolodi fede o una verità ricevu-ta. L’intervento angelicotrasforma questo enuncia-to comune in un atto di pa-rola che ti è rivolto, singo-larmente, qui e ora. La no-vità consiste non in corre-zioni o supplementi di as-serzioni ancora sconosciu-te, ma nel fatto che l’asser-zione mantenuta è parlata,

e dunqueche c’è pa-

rola. L’angelo dice che c’èdel dire (...) Il messaggio èl’enunciazione stessa» (Ilparlare angelico, Olschki e-ditore). È un’esperienza co-mune: nel leggere le SacreScritture, ma a ben vedereanche Dante o Saramago, ein fondo anche un sempli-ce quotidiano, si rischiasempre di porsi al di fuoridi ciò che si sta leggendo,assumendo il più delle vol-te la posizione dello spetta-tore che dall’esterno assi-ste, impassibile e calmo, aciò che non lo coinvolgemai personalmente. Tale e-sperienza è talmente co-mune che è stata addirittu-

ra identificata – interessan-te rinvio ai "quotidiani"–con la stessa esperienzaquotidiana, con ciò che si èdefinito il «confuso quoti-diano»: «Il quotidiano è ilmovimento con cui l’uomosi tiene come a sua insapu-ta nell’anonimato umano(...) L’uomo della strada èfondamentalmente irre-sponsabile: ha sempre vi-sto tutto ma non è testimo-ne di nulla; sa tutto ma nonpuò risponderne, non perviltà ma per leggerezza:non è veramente presente(...) È indifferente e curioso,indaffarato e ozioso, insta-bile, immobile» (M. Blan-chot, L’infinito intratteni-mento).

L’angelo, il cui messaggio èl’enunciazione stessa, è lamemoria o la profezia di u-na rottura dell’indifferen-ziato quotidiano o del quo-tidiano come indifferenzia-to; la sua parola, osservavade Certeau, si rivolge a te,solo a te, singolarmente ate, qui ed ora, ed in tal sen-so egli si costituisce come illuogo in cui emerge conforza il privilegio della rela-zione (enunciazione) sullaproposizione (enunciato).Nell’atto di rivolgersi a te ticostituisce come soggetti-vità, come io, chiamato arispondere; in un certosenso prima ancora diquanto comunica, già ti i-stituisce come colui che in

grado di rispondere: sel’angelo ti parla allora sei i-stituito come capace di ri-spondere in prima perso-na, sebbene poi sia semprepossibile decidere di nonrispondere affatto. «Di con-seguenza – continua deCerteau – è angelico ciòche, di un discorso, di uncorpo o di un paesaggio, èparlante; ciò che "tocca"come una parola che mi èrivolta in quest’istante; maanche ciò, che di una ve-rità, non è appropriabile,nella misura in cui essa è ildire dell’altro e non un’as-serzione sottoposta a veri-fica. Se dice qualcosa, l’an-gelo lo enuncia in quanto ècredibile, o in altri termini,

in quanto è parola (...) Il"dire" non dipende dai va-lori di verità». Dunque, co-me scrivere «A/angelo, conla maiuscola o con la mi-nuscola? Ecco una veraquestione oziosa; se infatti«l’angelo è l’inaspettatoche si mette a parlare, (allo-ra) qualunque persona oqualunque cosa può assu-mere all’improvviso la figu-ra angelica (...) Da ciò il nu-mero – delle "miriadi" –che caratterizza questo e-vento singolare. Chi è ilmio angelo? Chi, all’im-provviso «mi parla». Tu, for-se, o quella luce, o questosguardo di una passante».È «angelo» tutto ciò e tutticoloro che, parlandomi e

rivolgendosi a me, mi ri-svegliano alla mia singola-rità, mi richiamano allamia unicità insostituibile:laddove io tendo a confon-dermi, o laddove sono sol-lecitato a confonderminell’anonimato della spe-cie o del consumo, l’angelomi chiama per nome e mimantiene in vita come«nome proprio». Da questopunto di vista, l’hanno sot-tolineato molti studiosi, inparticolare Romano Guar-dini, l’angelo possiede e-sattamente la scienza in-terdetta all’uomo, quelladel singolare. Eppure, per-ché non osare pensare chequalcosa di simile emergecon insistenza anche in

quella esperienza artisticae religiosa, in quell’espe-rienza dell’amore e dell’a-micizia, dell’accoglienza edell’ospitalità, all’internodelle quali non si può maientrare se non in primapersona? Forse la tradizio-ne non si è sbagliata quan-do, a proposito degli ange-li, ha cercato di numerarela folla innumerabile deilocutori: Serafini, Cherubi-ni, Troni, Dominazioni,Virtù, Potestà, Arcangeli,eccetera.Gli angeli sono ovunque,vicini, parlanti, presentitutti giorni della settimana,ed anche se non sono An-geli sono sempre angeli.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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L’angelo mi parla ed ecco che mi riconosco come persona

L’Umbria celebral’ingegno pittoricodi Luca SignorelliÈ dedicata a Luca Signorelli lamostra in più sedi dal 22 aprile: aPerugia, Orvieto e Città di Castellofino al 26 agosto. Luca Signorelli(Cortona 1450 ca -1523), uno deipiù importanti maestri delRinascimento, un artista «deingegno et spirto pelegrino», comelo definì Giovanni Santi, il padre diRaffaello, lungamente attivo inItalia centrale dal 1470 al 1523. Lamostra presenta oltre 100 opere, dicui 66 del pittore cortonese, siarticola in tre sedi espositive: aPerugia nella Galleria Nazionaledell’Umbria, a Orvieto nel Duomo,nel Museo dell’Opera e nellachiesa dei Santi Apostoli, a Città diCastello nella PinacotecaComunale. Curata da Fabio DeChirico, Vittoria Garibaldi, TomHenry e Francesco FedericoMancini, l’organizzazionedell’evento è affidata a Civita.(Info: www.mostrasignorelli.it).

Dall’antico al ’700le collezioni Zerie Santarelli a Roma

Alla Fondazione Roma dal 15aprile all’1 luglio la mostra«Sculture» dalle CollezioniSantarelli e Zeri, dedicata a dueesponenti del collezionismoitaliano, Federico Zeri, criticod’arte, e la famiglia Santarelli.Entrambe le collezioni, pur nonincrociando mai le proprie strade,contengono opere glittiche esculture dall’Età Imperiale sino al‘700, con un particolare interesseper la storia di Roma. L’importanzadell’antichità classica è cruciale,quale periodo che ha ispiratoartisti di diverse epoche, chehanno fatto di quella lezione lacifra stilistica da cui svilupparenuovi linguaggi espressivi. Qui sirappresentano gli interessi sullascultura di Federico Zeri, condivisidalla Fondazione Santarelliistituita dai figli nel ricordo deigenitori Dino ed Ernesta.

DI WALTER ONG

ominciamo da una veritàbasilare sulle parole. Leparole sono suoni. In

senso stretto, non sono affatto"segni". "Segno" suggerisce"alla radice" qualcosa che siapprende attraverso la vista,dato che deriva dal latino si-gnum che indicava lo stendar-do portato dalle unità militariromane affinché fossero iden-tificate a colpo d’occhio. La pa-rola non è questo. Le parole ve-re non possono essere viste.Possono solo essere udite. Sesono in qualche modo un "se-gno", sono al tempo stessoqualcosa di fondamentalmentediverso. Se da un lato è veroche le parole sono necessarieper dire il significato dei segni,dall’altro non è così vero che isegni siano necessari per dire ilsignificato delle parole. Possia-mo disegnare un suono? Pos-siamo fare un disegno per e-sprimere il senso di ogni singo-la parola in questo paragrafo?Ogni lingua umana si basa sulsuono. Il pensiero umano è le-gato al mondo sonoro più chea ogni altro campo sensoriale.Persino le persone congenita-mente sorde imparano a pen-sare e a parlare entrando indi-rettamente nel mondo delleparole che risuonano intorno aloro, un mondo creato da per-sone che parlano e che sento-no. Raccogliamo le parole dallapagina scritta o stampata at-traverso la vista, ma lo faccia-mo riconvertendole in suoni,oralmente o con la nostra im-maginazione. Le parole scrittee stampate sono parole solo inquanto noi sosteniamo che losiano. In realtà, non sono altroche tracce che forniamo affin-ché ci suggeriscano suoni. Nonsono affatto parole vere. Questo non significa che lascrittura e la stampanon siano di grande im-portanza. Danno alleparole un potenzialenuovo e meraviglioso.Senza di esse la civiltànon può avanzare. Que-sto è vero più che mainella nostra era elettro-nica, in cui scrittura estampa non solo ci cir-condano, ma cambianoruolo entrando in relazionicomplesse con altre modalitàdi comunicazione. Senza lascrittura e la stampa, ciò che sitrova su questa pagina potreb-be raggiungere pochissimepersone. Tuttavia, la scrittura ela stampa rimangono fenome-ni verbali secondari. Resta da

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studiare in maniera ben piùapprofondita perché il nostropensiero si leghi in modo tantoimmediato e intimo al mondodel suono. I poemi omerici,che vengono da una culturapriva di scrittura, cantano di"parole alate". Le parole vola-no via. Questo non significa

semplicemente che se ne van-no. Vuol dire anche che sonoforti. Il volo richiede un’ener-gia straordinaria. E le "parolealate", quelle pronunciate,quelle reali, segnalano un’azio-ne piena di forza. Diversamen-te dagli altri campi sensoriali, ilsuono segnala sempre l’usopresente della forza. Le perso-ne provenienti da culture orali,come ancora esistono nelle re-gioni non tecnologiche del pia-neta, sanno bene che le parolehanno forza perché, quandopensano alle parole, di solitopensano a quelle reali, pro-nunciate. Lunghezze d’onda,diagrammi e impronte vocalisono, per la realtà del suono,solo analoghi visivi, anche sestraordinariamente validi. Gra-zie a essi riusciamo a capire at-traverso la vista che cosa è ilsuono. Ma solo questo: il suo-no non è quello che si può rap-presentare. Il suono non puòessere ridotto interamente anessun altro campo sensoriale.Non c’è niente come il suono enon c’è niente neanche comele parole. Non esiste un modoper raffigurare pienamente lacomunicazione verbale. Siamocosì abituati ad associare le pa-role con la scrittura e con lastampa che il senso di molteaffermazioni profonde puòsfuggirci o arrivarci in mododebole. Quando il Vangelo se-condo Giovanni inizia con «Nelprincipio era la Parola, la Paro-la era con Dio, e la Parola era

Dio», l’evangelista, anche sestava scrivendo, certamentenon aveva in mente la parolascritta, e men che meno quellastampata. Pensava alla parolaumana come a un analogo deldivino, ma anche alla parola u-mana così come arriva a noi inquanto suono vivo, vibrante,pieno di forza. Ma se la parola"parlata" dell’uomo evoca laParola di Dio, al tempo stessodifferisce profondamente daessa perché è evanescente. Laparola dell’uomo è potente,ma è anche peritura, mentre«la Parola del Signore rimanein eterno». Tuttavia, la paroladi Dio nella sua permanenzanon è come la nostra scrittura,quanto piuttosto come il no-

stro silenzio da cui le parole e-mergono e che rimane. Poichéla comunità dipende forte-mente dal linguaggio, alcunedelle divisioni più profondenell’umanità oggi esistono peril fatto che diversi gruppi par-lano lingue diverse. In moltipaesi in via di sviluppo questoproblema è enorme. I nigeria-ni, ad esempio, parlano moltelingue – non solo diversi dialet-ti, ma lingue differenti quantol’inglese e il russo. Nessuno inquesto grande paese – 56 mi-lioni di abitanti – può parlarecon tutti i suoi compatrioti ameno che non usi una linguastraniera per sé, per gli altri oper entrambi. La Cina e innu-merevoli altri paesi hanno pro-blemi analoghi. Non importa

quanto poco sia parlata: ognilingua è un tesoro in se stessa,ma la nostra moltitudine di lin-gue crea grandi problemi. Ge-neralmente, le lingue più ric-che e più sensibili sono quelleche si sono "imbastardite" e"corrotte" con molti prestiti. Siè detto che poiché tutti si e-sprimono con le parole, tuttipensano di poterne parlare. Laverità è che è molto difficileparlare delle parole e costruiresignificato. Spero che questebrevi considerazioni servanose non altro a dare un’idea delmistero delle parole, della lororicchezza e della loro comples-sa relazione con la vita umana. (Traduzione di Sarah DeSanctis)

«Il pensiero è legato al mondosonoro più che a ogni altrosenso. Persino le personesorde imparano a pensaree a parlare attraverso le vociche risuonano intorno a loro»

APPUNTAMENTO

RESURREZIONE DI FAZZINI! Antonio Paolucci, direttore deiMusei Vaticani, presenterà ilrestauro conservativo de «LaResurrezione» di Pericle Fazzini inVaticano e nell’occasione saràpresentato il volume«Resurrezione - Fucina di Fede»giovedì 12 aprile alle ore 12.00 nelfoyer dell’Aula delle UdienzeGenerali Paolo VI (Sala Nervi) inVaticano. Partecipano monsignorPaolo De Nicolò, reggente dellaCasa Pontificia. CarmineGambardella, preside della Facoltàdi architettura Luigi VanvitelliSeconda Università degli Studi diNapoli, Saverio Carillo, curatorescientifico del volume«Resurrezione - Fucina di Fede»,Gianluigi Linchi, responsabile delProgetto editoriale, Antonio DelGiudice responsabile del restauro,Marco Tosatti, vaticanista.

Se le parolevolano via

come suoni

anticipazioneIl linguaggio orale èsuperiore a quello scritto?Sì, perché porta con séil mistero dell’essenziale.Un inedito del gesuitaOng, allievo di McLuhan

CULTURAE SOCIETÀ

di Silvano Petrosino

osare pensare

24MARTEDÌ10 APRILE 2012

Un dipinto di L. Signorelli

TECNOLOGIA

Le tecnologie dell’ascolto che cambiano la vita socialeDall’hifi all’iPod ealle varie altre tecnologie dell’ascolto, ecco che ilsuono, non più quello delle parole, ma quello della musica, ti cambia lavita. E non solo. Cambia il nostro rapporto con gli oggetti e con ilmondo. È questo che cerca di spiegare il saggio di Paolo Magaudda,«Oggetti da ascoltare. Hifi, iPod e consumo delle tecnologie musicali»edito dal Mulino (pp. 196, euro 19,00). Partendo da racconti in primapersona delle esperienze fatte con diversi "oggetti sonori" – dai dischiin vinile ai lettori digitali ai personal computer – il libro di Magaudda,che è sociologo dell’Universitàdi Padova, mostra come le implicazionidell’uso di queste tecnologie contribuiscano a trasformare il nostrocontesto sociale e relazionale quotidiano. Perché ascoltare musica èun’attività culturale strettamente legata all’uso di particolari dispositivitecnologici come gli impianti hifi, i lettori cd e i riproduttori di musicadigitale, ma è anche scrittura messa in musica, come l’antica lirica greca,la cui parola, ricorda Ong in questa pagina, è «alata».

L’AUTORE

Quando l’oralità mette alla prova il mondoWalter Ong (1912-2003), gesuita americano,antropologo e allievo del sociologo MarshallMcLuhan, ha insegnato alla Saint Louis University,dedicando molti dei suoi studi alla storia delleculture e dei processi comunicativi. Le sue operesono state tradotte in numerose lingue, anche initaliano: si ricordano, tra le altre, «Oralità escrittura» (il Mulino, 1986), «Conversazione sullinguaggio» (Armando, 1993) e «Il sacro oltre loscandalo. Hopkins, il sé e Dio» (Medusa, 2010). Ilsaggio di cui qui anticipiamo alcuni stralci escesul prossimo numero della rivista “LetteraInternazionale”, e venne pubblicato da Ong nel1972 sul “Saint Louis University Magazine”.Walter Ong

Beato Angelico (1395-1455), «Annunciazione», (1434-1436) Museo Diocesano, Cortona (Foto Alinari)