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SCUOLA SUPERIORE PER MEDIATORI LINGUISTICI “SAN DOMENICO” (Decreto Direttoriale 24 ottobre 2012 G. U. del 7 novembre 2012 n.260) TESI DI DIPLOMA DI MEDIATORE LINGUISTICO Management e Sviluppo del territorio Equipollente ai Diplomi di Laurea rilasciati dalle Università al termine dei Corsi afferenti alla classe L-12 LAUREA UNIVERSITARIA IN SCIENZE DELLA MEDIAZIONE LINGUISTICA TITOLO DELLA TESI: L’apprendimento delle lingue attraverso la musica RELATORE: Prof.ssa Adriana Bisirri CORRELATORI: Prof. Marco Saudella, Prof.ssa Ginevra Russomanno CANDIDATO: Barbara Berini ANNO ACCADEMICO 2019-2020

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SCUOLA SUPERIORE PER MEDIATORI

LINGUISTICI

“SAN DOMENICO” (Decreto Direttoriale 24 ottobre 2012 – G. U. del 7 novembre 2012 n.260)

TESI DI DIPLOMA

DI

MEDIATORE LINGUISTICO

Management e Sviluppo del territorio

Equipollente ai Diplomi di Laurea rilasciati dalle Università al termine dei Corsi afferenti

alla classe L-12

LAUREA UNIVERSITARIA

IN

SCIENZE DELLA MEDIAZIONE LINGUISTICA

TITOLO DELLA TESI: L’apprendimento delle lingue attraverso la musica

RELATORE: Prof.ssa Adriana Bisirri

CORRELATORI: Prof. Marco Saudella, Prof.ssa Ginevra Russomanno

CANDIDATO: Barbara Berini

ANNO ACCADEMICO

2019-2020

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SEZIONE IN LINGUA ITALIANA

INDICE

PREMESSA………………………………………………………………………1

INTRODUZIONE………………………………………………………………..2

CAPITOLO 1. Che cos’è la musica ……………………………………………..4

1.1 Definizione di musica…………………………………………………4

1.2 Effetti della musica sul nostro cervello – Effetto Mozart………………6

CAPITOLO 2. Che cos’è il linguaggio………………………………………....11

2.1 Definizione di linguaggio – Le dicotomie di Saussure………………..11

2.2 Linguaggio verbale e linguaggio musicale……………………………15

CAPITOLO 3. L’apprendimento……………………..………………………..21

3.1 Emozioni ed apprendimento………………………………………….21

3.1.1 Il ruolo delle emozioni nella memorizzazione………………25

3.1.2 Come le emozioni influenzano l’attenzione………………...28

3.1.3 Il ruolo delle emozioni nel processo di apprendimento……. 30

3.2 Apprendere da bambini………………………………………………32

3.2.1 L’universo sonoro nella vita prenatale……………………..32

3.2.2 Perché studiare musica fin da piccoli………………………34

3.2.3 L’influenza della musica nello sviluppo del linguaggio…...38

3.2.4 Perché cominciare presto con una lingua straniera………...42

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CAPITOLO 4. Didattica ed emozioni – Perché insegnare attraverso la

musica...……………………………………………………………………….....44

4.1 Ragioni affettive……………………………………………………...50

4.1.1 Atmosfera positiva e motivazione………………………….50

4.2 Ragioni linguistiche………………………………………………….52

4.2.1 Pronuncia e automatismo…………………………………..52

CAPITOLO 5. Apprendimento delle lingue straniere attraverso la musica – Il

Metodo Tomatis…………………………………………………………………55

CONCLUSIONE………………………………………………………………..60

RINGRAZIAMENTI………………………………………………………….127

BIBLIOGRAFIA………………………………………………………………128

SITOGRAFIA…………………………………………………………………130

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PREMESSA

La mia esperienza Erasmus a Monaco di Baviera stava quasi per giungere al

termine, così il mio gruppo ed io decidemmo di trascorrere una delle ultime sere al

parco. Con mia grande sorpresa vidi un bellissimo pianoforte bianco, che sembrava

soltanto aspettare qualcuno che gli desse voce. I miei amici sapevano che suonassi

il piano ormai dall’età di 5 anni, così mi chiesero di sedermi e cantare per loro la

canzone divenuta poi simbolo di quella fantastica esperienza: “Take me home,

country roads” di John Denver. Decisi di accontentarli, nonostante la mia timidezza,

poiché ricordavo le note, ma purtroppo non tutte le parole. Volevo tentare

comunque. Appoggiai le mani sui tasti, e cominciai a suonare. Senza nemmeno

accorgermene, le parole iniziarono ad uscire da sole dalla mia bocca. Dopo le note

finali, circondata dagli applausi dei miei amici, sorrisi di gioia per essere riuscita a

condividere con loro un momento così speciale, ma poi, tornando a casa, iniziai a

riflettere su quanto mi avesse aiutato il pianoforte nel ricordare tutte le parole.

Decisi allora di documentarmi e scoprirne di più, ed è proprio così che nasce la mia

tesi, intitolata “L’apprendimento delle lingue attraverso la musica”.

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INTRODUZIONE

È proprio su tale aspetto che ci si vuole soffermare, ovvero sul grande sostegno che

la musica, e più nello specifico le canzoni, possono fornire nel momento in cui si

decide di apprendere una nuova lingua.

Infatti, come tutti sappiamo, per imparare bene una lezione o preparare un esame

solitamente ci vuole un po’ di tempo, mentre basta ascoltare una canzone un paio

di volte per immortalare nella nostra mente il ritmo, la musica e anche le parole.

Mediante le varie ricerche svolte durante l’ultimo anno accademico presso la Scuola

Superiore per Mediatori Linguistici San Domenico è stato possibile rispondere

principalmente a tre quesiti: che cosa si intende per “musica”, quali sono le analogie

con il termine “linguaggio”, se e come essa può facilitare la memorizzazione,

l’attenzione e lo sviluppo cognitivo, soprattutto in relazione al processo di

apprendimento di una lingua straniera.

Nella prima parte dell’elaborato verrà spiegato il concetto di musica e gli effetti che

essa produce sul cervello umano. Successivamente, si cercherà di mettere questa in

relazione al concetto di linguaggio, analizzandone eventuali analogie.

La seconda parte si concentra invece sull’importanza delle emozioni durante i

processi di apprendimento linguistico e soprattutto su quanto esse contribuiscano

alla memorizzazione e ad un’attenzione maggiore del soggetto.

La terza parte è dedicata all’apprendimento musicale, che ha già inizio nella vita

prenatale, e nello specifico si vogliono approfondire gli effetti positivi della musica

nello sviluppo cognitivo del bambino, e quindi nello sviluppo del linguaggio. È

importante essere a conoscenza del precoce sviluppo uditivo del bambino per capire

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l’importanza della musica nella sua vita. Per questo motivo, si porrà dapprima

particolare attenzione su ciò che percepisce e apprende il feto nel grembo materno

e, successivamente, sul processo di apprendimento musicale che avviene dopo la

nascita, in particolare nei primi anni di vita, che risultano essere i più sensibili per

tale scopo, e sugli innumerevoli benefici che da esso possono derivare.

L’intento è quello di far incuriosire il lettore sugli incredibili effetti che possono

essere generati dall’utilizzo di uno strumento che è alla portata di tutti noi: la

musica. Si tratta di una grande risorsa, specialmente nel mondo dell’educazione e

della formazione personale dal punto di vista cognitivo e linguistico, ma è anche un

fondamentale ausilio per rendere più piacevole, ma soprattutto più efficace

l’insegnamento di una lingua straniera.

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1. Che cos’è la musica

Nel seguente capitolo si vuole tentare di fornire una possibile definizione del

termine “musica”, analizzando nello specifico la relazione che vi è tra essa e il

cervello umano.

1.1 Definizione di musica

Fornire una definizione univoca della musica risulta alquanto impossibile, poiché è

ciascuna epoca storica a definirne l’essenza.

Il musicologo Jad Abumrad è però riuscito a dare una spiegazione davvero chiara

ed esaustiva di ciò che è la musica. In fin dei conti, la musica è un linguaggio, è una

forma di comunicazione eccezionale ed è arte. A differenza però di una normale

lingua, come l’italiano o l’inglese, la musica ha la caratteristica di essere universale,

può essere ascoltata da chiunque e riesce a trasmettere innumerevoli emozioni e

sensazioni, sia essa provvista di un testo o meno. Quindi alla prima domanda che

Jad Abumrad si pone, ovvero “cos’è la musica”, egli risponde semplicemente che

la musica è il primo ed unico linguaggio universale.

Se ci fermiamo un istante, siamo perfettamente in grado di comprendere che la

musica è ovunque noi siamo, e possiamo riconoscerla ad esempio in una goccia che

cade, nel pianto di un bambino, nelle onde del mare; tutto questo è musica.

Indipendentemente dal genere musicale che si ascolta, la musica ci aiuta a creare

una nostra identità, dal rock al pop, dall’opera lirica alla canzone popolare, ogni

singolo genere unisce persone con le medesime caratteristiche.

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È proprio questo a renderla speciale, perché è in grado di unirci, di farci sorridere e

di confortarci qualora ne avessimo bisogno.

Un chiaro esempio è la situazione che stiamo vivendo oggi: l’Italia chiusa a casa

per via del coronavirus alza la testa e si affaccia dal balcone per cantare contro la

paura e infondere coraggio.

Le note solenni dell’Inno di Mameli hanno risuonato lungo tutta la penisola, in

quarantena forzata per scongiurare il rischio di contagio. L’epidemia stavolta è di

musica e coraggio, perché la musica, spesso, può salvare.

La musica fa parte della nostra cultura e senza di essa sarebbe difficile stare,

soprattutto al giorno d’oggi, dove, con i nuovi mezzi di comunicazione, a partire

dalla radio fino ad arrivare a youtube, la fruizione di musica è immediata e costante

nell’arco della giornata. Ci fa compagnia in macchina mentre stiamo andando al

lavoro e in palestra mentre ci alleniamo; ma la musica accompagna anche gli spot

pubblicitari prima del telegiornale, così come i film che guardiamo sul divano.

Insomma, la musica è radicata nelle nostre funzioni cognitive e motorie, ed è

implicata nel modo in cui costruiamo il nostro paesaggio sonoro.

Possiamo definire la musica come un’esperienza aggregativa perché “ogni volta

che degli esseri umani si riuniscono, per qualsiasi motivo, c’è anche la musica:

matrimoni, funerali, lauree, soldati in marcia verso il fronte, eventi sportivi negli

stadi, una notte di baldoria, la preghiera, una cena romantica, una mamma che

culla il suo bambino per addormentarlo e gli studenti del college che studiano con

la musica in sottofondo”.1

1 Levitin, 2008

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1.2 Effetti della musica sul nostro cervello – Effetto Mozart

La musica è potente come una droga. E non è uno scherzo! È stato infatti dimostrato

che lo stimolo musicale produce lo stesso effetto di una droga psicoattiva nel nostro

organismo, portandolo a rilasciare dopamina nel cervello.

Gli elementi che costituiscono la musica sono il ritmo, il tono, il battito, la

ripetizione, la frequenza, e la lirica. Tutte queste componenti arrivano al nostro

cervello, riuscendo a modulare i livelli di eccitazione, concentrazione e

rilassamento, agendo sull’attività elettrica del cervello, ma qual è esattamente il

viaggio dei suoni all’interno di esso?

Innanzitutto possiamo dire che ascoltare musica sia un’esperienza polisensoriale,

che va dalla semplice percezione sonora, tramite il sistema uditivo, ad una più

complessa esperienza emozionale. Distinguiamo allora due fasi: la fase dell’udire i

suoni come fenomeno periferico legato all’orecchio e al nervo acustico, e la fase

del sentire, dove il suono viene filtrato grazie al talamo, che consente il passaggio

dell’informazione fino al lobo temporale, in centri che si trovano proprio in

prossimità di quelli del linguaggio. È qui che finalmente si verifica il processo di

ascolto, con un coinvolgimento globale del nostro sistema nervoso e delle funzioni

psichiche ad esso connesse. Si dice che il suono musicale viene cioè

intellettualizzato.

Una volta elaborato il suono all’interno del nostro cervello, esso è in grado di

influenzare le nostre emozioni e agisce provocando diverse reazioni psicofisiche:

la musica può rievocare un evento, un’immagine, un periodo storico o un

particolare stato d’animo. La musica, infatti, non è solo un’attività artistica, ma

anche e soprattutto l’unica forma di comunicazione in grado di evocare e rinforzare

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le emozioni. Diversi studi hanno dimostrato che il motivo più comune per cui si

ascolta la musica è proprio quello di poter influire sulle emozioni, per modificarle,

per liberarle, per sintonizzarsi con il proprio stato emotivo. Grazie ad essa ci si

commuove, si sorride, ci si arrabbia: in altre parole, ci s’identifica con quanto

esprimono le note e le parole ad esse associate. Probabilmente, proprio

nell’autoidentificazione risiede il motivo principale per cui l’essere umano riesce a

provare emozioni di vario genere. A tal riguardo, in un articolo datato 1992, Tim

Murphey osserva che “Although our logic tells us that it is not possible that we are

being addressed directly, subconsciously (and perhaps illogically) we may receive

the messages as directed toward us”. La musica, dunque, e in questo caso le

canzoni, sebbene siano di per sé spersonalizzate e indirizzate ad un vasto pubblico,

possono essere recepite dall’ascoltatore come una rappresentazione della propria

vita, come se esse fossero state scritte propriamente per un soggetto in particolare.

Molto spesso, infatti, capita di ascoltare canzoni che sembrano rispecchiare

perfettamente momenti che abbiamo vissuto, o il nostro stato d’animo, ed è proprio

grazie a questo totale coinvolgimento che sono per noi fonte di ispirazione, di

coraggio, di forza interiore.

Come ben sappiamo esistono svariati generi e stili di musica che provocano

nell’individuo effetti talvolta molto diversi. Si tratta, naturalmente, di effetti

esclusivamente benefici, ed ecco perché non risulta corretta la convinzione che

ascoltare un solo genere musicale sia una buona abitudine. È, infatti, come se si

chiudesse la porta a tutto il resto. Concedendoci il piacere di spaziare, invece, è

possibile trarre maggiori benefici, in quanto ogni tipo di musica è in grado di donare

qualcosa.

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L’ascolto del jazz, per esempio, genera nella nostra mente sensazioni di benessere

come calma e relax. Sembra che questo sia tra i generi musicali più rilassanti per il

cervello, specie se insieme ai suoni caldi che lo contraddistinguono si combinano

quelli della natura. Questo perché il jazz è tra i generi musicali per cui la mente crea

onde alfa, ovvero quelle che hanno maggiore potere calmante.

Un vero e proprio antidepressivo, completamente privo di controindicazioni, è

il rap, genere musicale tanto amato dai giovanissimi. A questo risultato sono giunti

gli studiosi dell’Università di Cambridge. Grazie al suo ritmo, il rap è tra i generi

musicali che la mente recepisce come contrario a tutti i disturbi di tipo psichico.

Una bella dose di gioia, buonumore ed allegria proviene, invece, dall’ascolto

della musica country, grazie specialmente al suo estremo sapore popolare.

Un recente studio svolto dalla Humboldt State University ha dimostrato, invece,

come gli effetti benefici della musica metal si baserebbero sull’aumento

dell’autostima e della sensazione di appartenenza. Questo vale anche in tenera età,

per cui il metal è certamente tra i generi musicali che fanno più bene alla famiglia.

Tutti coloro che hanno partecipato allo studio hanno dimostrato che, a parità di

caratteristiche di vita con altre persone, loro sono certamente più sereni e privi di

sensi di colpa. Vere e proprie fonti energetiche sono il pop e il rock, perfetti per

dare il giusto carico alle giornate.

Altri effetti benefici derivano dall’ascolto della musica classica che sembra avere

carattere calmante e rilassante. Per esperienza diretta, infatti, non posso che

confermarlo; ogni volta che sento il bisogno di staccare il cervello, mi siedo allo

sgabello del mio pianoforte e comincio a suonare. E allora la mia mente inizia a

lasciarsi trasportare dalle note del Notturno di Chopin o della Sonata al chiaro di

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luna di Beethoven. E subito una sensazione di leggerezza prende il sopravvento,

tanto da farmi chiudere gli occhi e iniziare a sognare. Se dovessi associare

un’immagine alla musica classica, penserei sicuramente ad un prato verde, alle

foglie degli alberi danzanti al vento e al volo libero e spensierato degli uccelli in

cielo.

È stato infatti provato che la musica classica aiuti a combattere gli atti criminali.

Testata in diverse stazioni di Londra, ha contribuito a ridurre il numero di atti

vandalici, rapine ed aggressioni fisiche per una percentuale che va dal 25 al 37%.

Gli effetti della musica sull’individuo non sono, però, soltanto legati alle emozioni

che essa suscita. Parliamo per esempio del famoso Effetto Mozart, il quale

dimostra che la musica è strettamente connessa all’apprendimento e alla creatività.

In uno studio condotto nel 1993, due fisici2 dimostrarono come dei ragazzi avevano

raggiunto migliori risultati nei test di ragionamento ascoltando una particolare

sonata di Mozart: la famosa sonata K448 per piano, in grado di aumentare

temporaneamente di 8-9 punti il quoziente intellettivo degli ascoltatori.

Un altro esperimento, compiuto all’università di Montreal da Isabelle Peretz,

dimostrò, inoltre, alcune modificazioni indotte dalla musica su vari parametri

fisiologici, come la pressione del sangue, la frequenza cardiaca e la conduzione

elettrica della pelle. Non stupisce, infatti, che la musica sia spesso usata per

migliorare la performance e la concentrazione degli sportivi, che molto spesso si

isolano prima della partita e ascoltano la musica per ricevere tutta l’energia

necessaria per avere una performance ottimale.

2 Gordon Shaw e Frances Rauscher

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Un altro campo di particolare interesse è quello della sanità, dove si utilizza la

musica per migliorare, mantenere, o recuperare le funzioni cognitive, emozionali e

sociali, e per far rallentare la progressione di determinate malattie. La cosiddetta

musicoterapia si rivela particolarmente utile nel caso di pazienti affetti da disturbi

motori o da demenza e di bambini con capacità speciali: dal momento che attiva

quasi tutte le regioni del cervello, la musica serve soprattutto per recuperare attività

linguistiche e motorie.

Quando si produce o si ascolta musica si mettono in azione regioni del cervello

coinvolte nelle emozioni, nella conoscenza e nel movimento. La musicoterapia

favorisce la neuro-plasticità, compensando così i deficit delle regioni cerebrali

danneggiate. In generale, incoraggia le persone a muoversi, induce stati d'animo

positivi e aumenta l'eccitazione, tutti fattori che possono condurre il paziente alla

riabilitazione.

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2. Che cos’è il linguaggio

Un altro aspetto interessante riguarda sicuramente la relazione tra musica e

linguaggio.

Se nelle prime civiltà la musica era più legata alla scienza e alla religione, con il

passare degli anni essa diventa uno strumento di comunicazione delle proprie

sensazioni e della propria interiorità.

Con questa premessa, si analizzerà allora il termine “linguaggio”, per poi

evidenziare le analogie tra linguaggio verbale e linguaggio musicale.

2.1 Definizione di linguaggio - Le dicotomie di Saussure

Il linguaggio è una prerogativa assoluta dell’uomo: nessun altro essere vivente è

stato in grado nei secoli di sviluppare un così complesso codice linguistico come

quello umano.

Molto spesso il linguaggio viene confuso con la lingua, e per questo è importante

evidenziare che con il linguaggio umano intendiamo la capacità dell’uomo di

comunicare pensieri, sensazioni, stati d’animo, emozioni e di esprimersi per mezzo

di un codice complesso, cioè la lingua. La lingua è infatti un sistema di segni vocali,

un insieme di convenzioni morfologiche, fonetiche, sintattiche e lessicali che

regolano gli atti linguistici all’interno di ogni comunità.

Pertanto, l’italiano, l’inglese, il russo, il cinese e così via sono lingue e non

linguaggi.

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È possibile distinguere tre tipi di linguaggio:

Il linguaggio verbale

Il linguaggio paraverbale

Il linguaggio non verbale

Con linguaggio verbale intendiamo il contenuto, ovvero l’insieme delle parole,

tutto ciò che viene detto nel momento in cui avviene una conversazione. Il

linguaggio paraverbale si occupa invece del modo in cui tutto ciò viene detto, e

cura quindi aspetti come il tono, l’intensità, il volume e il ritmo. Infine, con

linguaggio non verbale intendiamo il linguaggio del corpo, quindi la mimica

facciale, la gestualità, lo sguardo, l’abbigliamento, la postura, ed incide per il 55%,

risultando quindi il più incisivo dei tre tipi di linguaggio. Infatti, il corpo ci manda

continuamente dei segnali che se riusciamo a decifrare ci permettono di

comprendere chi abbiamo davanti, e come disse Paul Watzlawick “non si può non

comunicare”3.

Al fine di spiegare il linguaggio e le sue componenti in maniera più esaustiva, vorrei

far riferimento ad una personalità che ho avuto il piacere di approfondire durante le

mie lezioni universitarie: il linguista svizzero Ferdinand de Saussure, considerato

uno dei fondatori della linguistica moderna e pioniere della semiologia, disciplina

che studia il segno, nella sua struttura e nel modo in cui viene interpretato.

Saussure, all’interno del suo “Cours de linguistique générale”, considerato la più

completa summa delle dottrine saussuriane, parla della lingua come di un sistema

di segni rappresentabile attraverso delle dicotomie, ovvero coppie di nozioni

3 Paul Watzlawick, Pragmatica della comunicazione umana

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opposte, di cui la più importante è langue/parole4. Si tratta di due parole

indissolubilmente collegate, che devono essere considerate come due aspetti

interdipendenti dello stesso fenomeno: il linguaggio.

Con il termine “parole” intendiamo l’aspetto individuale del linguaggio, ciò che fa

riferimento alla singola esecuzione. Si tratta dell’atto espressivo, della realizzazione

della lingua da parte di individui appartenenti alla massa parlante. Il punto di

partenza delle riflessioni di Saussure è l’acuta consapevolezza dell’individualità

assoluta e dell’irripetibilità della parole. Infatti, lo stesso vocabolo, anche se

ripetuto più volte nel discorso di una stessa persona, avrà sempre un’esecuzione

diversa: associazioni, risonanze emotive, inflessioni, sfumature diverse.

La langue rappresenta invece l’aspetto sociale del linguaggio, il sistema che è

comune a tutti, un insieme di significati e significanti condivisi. Infatti, affinché

l’emittente e il ricevente si capiscano e possano conversare, entrambi devono essere

padroni dello stesso linguaggio.

Un’altra importante dicotomia di cui ci parla Saussure è sincronia/diacronia.

Nella lingua coesistono in contemporanea varie unità e strutture su un piano detto

“sincronico”. La linguistica sincronica studia la struttura della lingua in un

determinato momento. Infatti, assumere un punto di vista sincronico significa

studiare i fenomeni linguistici in un dato momento (non necessariamente nel

presente).

Il sistema della lingua si svolge attraverso il tempo; tale piano è detto “diacronico”.

La linguistica diacronica studia l’evoluzione della lingua nel tempo, la sua

dimensione storica. Infatti, assumere un punto di vista diacronico significa studiare

4 Lingua/parola

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i fenomeni linguistici attraverso il tempo, cioè attraverso lo sviluppo, l’evoluzione

di un linguaggio.

La langue è sincronica, ma la parole è connessa alla diacronia, infatti è alla base di

tutti i cambiamenti. In effetti, ogni individuo può proporre qualche innovazione, ma

questa innovazione diventerà un fatto di lingua solo quando sarà stata adottata dalla

collettività; soltanto allora verrà studiata da un punto di vista sincronico, in quanto

sarà entrata a far parte del sistema.

La langue e la parole sono quindi oggetto di due linguistiche diverse: la langue

(sistema) fa parte della linguistica sincronica, mentre la parole (realizzazione del

sistema) fa parte della linguistica diacronica.

Possiamo quindi capire che senza le singole realizzazioni (parole) non potrebbe

esistere neppure la lingua, quindi la parola presuppone la presenza della lingua e

viceversa.

Parliamo ora di una terza dicotomia, ovvero la dicotomia significato / significante.

Ferdinand de Saussure, nel suo Corso di linguistica generale, afferma che ogni

lingua è un sistema di segni ed ogni segno linguistico è un’entità psichica a due

facce, il significato e il significante, che unisce concetto e immagine acustica. Per

Saussure, il significato rappresenta l’entità assente, l’idea o la referenza del mondo,

mentre il significante rappresenta l’entità presente, fisica. La parola scritta o

pronunciata “albero” è il significante, mentre l’albero in sé è il significato. Se il

significato risiede fuori dalla lingua, il significante si trova invece all’interno.

Dopo aver fornito una definizione del termine “linguaggio”, che nella sua accezione

più estesa rappresenta un insieme di codici che trasmettono informazioni, un

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sistema simbolico dotato di capacità espressiva e comunicativa, possiamo affermare

che la musica è un linguaggio?

2.2 Linguaggio verbale e linguaggio musicale

Per rispondere al precedente interrogativo, introduciamo innanzitutto la semiotica

musicale.

La semiotica musicale appare negli anni Settanta come l’applicazione della

linguistica alla musica e il suo compito è di studiare il segno musicale nella sua

struttura e nel rapporto che intrattiene con chi lo ascolta.

Per introdurre questa parte di lavoro, si richiama il celebre lavoro del musicologo e

compositore Deryck Cooke del 1959, The Language of Music, che può

rappresentare il punto di partenza nell’intenzione di rintracciare il significato di un

preciso segno musicale. Cooke utilizza l’espressione “termini musicali” per

intendere dei vocaboli rintracciabili in combinazioni di due o più note che formano

brevi frasi, che sono i termini di base del vocabolario musicale, e associa perciò a

determinate condotte musicali determinati significati.

Se vengono giustapposti, questi singoli “vocaboli” interagiscono tra loro: in un

andamento discendente in maggiore si avrà un sentimento passivo di gioia,

verranno accolti dei benefici e si proveranno conforto, consolazione e

rassicurazione, se poi questo percorso termina sulla tonica, considerato come il

punto di riposo, si avrà come la sensazione di essere tornati a casa.

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Pertanto, la musica risulta essere un linguaggio non meno importante di quello

visivo, corporeo o verbale, in grado di esprimere idee, concetti, sentimenti propri

di ogni individuo.

Non a caso, Mauro Mancia (1998), considerato uno dei padri delle neuroscienze in

Italia, afferma che il linguaggio musicale è un linguaggio metaforico con potere

superiore a quello del parlato, in quanto è in diretta connessione con emozioni e

sentimenti. 5

Nello stesso ambito, il docente universitario Francesco Giannattasio (1994)

supporta l’idea che la musica intervenga laddove il linguaggio si rivela

insufficiente, per esprimere un campo della vita mentale che esula dalle

potenzialità della parola. A tal proposito, è comune a tutti l’idea che, molto spesso,

con una semplice canzone si può riuscire ad esprimere qualcosa che a parole non

saremmo in grado di fare.

Hanslick (1854), critico musicale e musicologo austriaco, aggiunge infatti che la

differenza tra musica e linguaggio consiste nel fatto che nel linguaggio il suono è

solo segno, cioè un mezzo per lo scopo di esprimere qualcosa di completamente

estraneo a questo mezzo; nella musica invece il suono ha un’importanza in sé. 6

Spesso si fa l’errore di collegare il messaggio di una canzone al solo contenuto del

testo, ma una parte del messaggio è sempre racchiusa in elementi diversi dal testo

e non è nemmeno indispensabile che esso ci sia perché una composizione musicale

abbia un significato. Basti pensare a tutte le opere di musica classica che, pur

essendo solo strumentali, hanno comunque un titolo, a riprova del fatto che

racchiudono anch’esse un concetto, e trasmettono ugualmente un’emozione,

5 Mauro Mancia, Psicoanalisi e musica. Riflessioni psicoanalitiche sul linguaggio musicale 6 Eduard Hanslick, Il bello musicale

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un’idea o un’immagine. Anzi, a volte, un componimento di soli strumenti potrebbe

essere persino più toccante, ci fa chiudere gli occhi e ci trasporta chissà dove. Per

esempio, mi viene subito in mente il pianista e compositore italiano Ludovico

Einaudi, di cui non ho potuto far a meno di imparare alcune composizioni, come

“Nuvole Bianche”, “Le Onde”, “Oltremare”, o “Primavera”, che fin dalle prime

note riescono a farci sognare, liberando la nostra immaginazione.

Il significato musicale ha infatti una duplice natura: il musicologo Richard

Middleton (1990) distingue la “significazione primaria”, che è interna alla musica

e che ha a che fare con la relazione tra le note e la struttura formale, dalla

“significazione secondaria” che riguarda proprio le emozioni e le immagini che la

musica stessa evoca.

Inoltre, dato che la musica è immediatamente “comprensibile”, a differenza del

testo di una canzone che è comunque scritto in una lingua non universale, possiamo

arrivare a concludere che questo mezzo di espressione, in quanto semplice

composizione strumentale, è in grado di trasmettere un messaggio, sotto forma di

emozioni, immediatamente conoscibile e interpretabile da tutti.

La musica ha accompagnato i popoli fin dall’antichità, quando ancora veniva

soltanto suonata o cantata, e tramandata a memoria. Poi, come avvenne qualche

secolo o millennio prima per la lingua parlata, l’uomo ha cercato di codificarla, per

ricordarla, trasmetterla e riprodurla. Vi sono diverse lingue musicali nel mondo, ma

quella universale prende il nome di “sistema tonale”, ovvero un insieme di regole

che riducono le quasi infinite combinazioni di suoni ottenibili con qualsiasi

strumento ad un sottoinsieme finito di esse che la nostra natura considera gradevoli

ed appaganti. Questo insieme di regole descrive quindi il linguaggio della musica,

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così come la grammatica descrive una lingua parlata. Possiamo quindi affermare

che i testi di teoria musicale sono un po’ come i testi di grammatica.

A supporto della similarità tra musica e linguaggio, Chomsky e Schenker,

rispettivamente linguista e musicologo, verso la seconda metà del 1900

sostenevano, il primo per la lingua e il secondo per la musica, che il comportamento

dell’essere umano possiede necessariamente, in primis, “la capacità di formare

delle rappresentazioni astratte”. Già da quest’affermazione è possibile intravedere

una base comune tra il linguaggio e la musica.

Numerose ricerche7 hanno dimostrato che la musica e il linguaggio hanno molte

caratteristiche in comune, sia dal punto di vista formale che comportamentale.

Entrambe sono peculiarità proprie dell’uomo, vengono ascoltate attraverso l’udito

ed espresse attraverso la voce, sia il linguaggio che la musica hanno la capacità di

formare illimitatamente delle sequenze sempre differenti, generalmente entrambi

sono raffigurati attraverso una rappresentazione scritta costituita da simboli grafici,

ed in entrambi i casi di tratta di un mezzo di comunicazione volto a trasmettere

messaggi di differenti tipologie.

Inoltre, i legami più stretti tra musica e linguaggio sono legati alla struttura

melodica di entrambe, infatti a seguito di varie ricerche è emerso che lingua e

musica costituiscono il loro quadro melodico in maniera analoga, ed entrambi

possiedono elementi come il ritmo, la durata e l’accento.

Un altro punto similare lo possiamo trovare nella fonetica: la musica comprende

una serie di distinte note musicali, o toni, mentre la lingua parlata comprende un

flusso di fonemi collegati tra loro.

7 Karolyi, O. (2000). La grammatica della musica. Einaudi.

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Come per sentire la musica è necessario ascoltare le note individuali combinate al

loro stesso valore ritmico, allo stesso modo per comprendere una frase è necessaria

un’elaborazione di fonemi individuali associati con l’intonazione propria della

voce. Grazie a queste similarità di processo, il nostro cervello elabora la musica e

il linguaggio in maniera analoga.

Il ragionamento appena concluso ci fornisce quindi una prova di quanto la musica

sia un linguaggio. Non si tratta però di un semplice linguaggio, ma di un linguaggio

universale, ed è possibile individuare alcuni “argomenti” a supporto di questa tesi.

Innanzitutto, la musica è un linguaggio universale per il modo in cui viene scritta.

Il sistema moderno di rappresentazione su spartito si basa sulla rappresentazione di

alcune figure, identificanti le note, all’interno di una “griglia” costituita da 5 righe

e 4 spazi detta “pentagramma”. Senza entrare troppo nel dettaglio, la nota ha durata

diversa a seconda di come è disegnata, e raffigura un suono diverso a seconda di

dove è collocata all’interno del pentagramma. Quindi, considerato quanto è stato

appena detto, si può notare come il metodo di scrittura della musica su pentagramma

consista, nella sua totalità, nella rappresentazione grafica della composizione

musicale; in poche parole, la musica stessa viene scritta utilizzando un linguaggio

universale, quello grafico.

La musica ha, inoltre, la fantastica proprietà di unire i popoli. Se ci si ferma a

pensare un attimo a questo aspetto, si può restare stupiti da quanto una semplice

composizione musicale possa far identificare un popolo o essere ascoltata

contemporaneamente in posti molto distanti tra loro sulla Terra. A conferma di ciò,

basta pensare al fatto che ogni evento di importanza globale è accompagnato in

modo prepotente dalla musica e che anche quando un gruppo ristretto di persone

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vuole far festa, spesso tra le prime cose che fa accende la musica, come tentativo, a

volte attuato involontariamente, di rendere ancora più uniti tra loro i membri del

gruppo con cui si vuole festeggiare. La musica garantisce infatti la coesione sociale

e la sincronizzazione dell’umore dei componenti di un gruppo, favorendo così la

preparazione di azioni collettive.

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3. L’apprendimento

3.1 Emozioni ed apprendimento

A moltissime persone risulta del tutto facile ricordare i testi di centinaia di canzoni,

mentre può essere estremamente difficile memorizzare poesie, glossari, nomi di

luoghi, o la coniugazione dei verbi.

Infatti, chi frequenta la scuola o l’università sa benissimo che per imparare bene

una lezione o preparare un esame solitamente ci vuole un po’ di tempo, mentre basta

ascoltare una canzone un paio di volte per immortalare nella nostra mente il ritmo,

la musica e anche le parole.

Come mai avviene ciò nella nostra mente? Perché la musica sa farci ricordare le

cose?

Parliamo spesso del fatto che la nostra memoria lavora per immagini, e che è molto

più facile ricordare attraverso esse.

In questo caso però, anche se non ce ne rendiamo conto, c’è qualcos’altro che agisce

sul nostro cervello: le emozioni.

Il tema delle emozioni rappresenta indubbiamente uno dei più approfonditi nel

campo delle scienze umane, soprattutto da quando, grazie al contributo degli studi

sociologici e psicologici, si è iniziato a considerare le emozioni come la base del

comportamento individuale e sociale. Il loro apporto, infatti, si evidenzia nello

sviluppo intellettivo e culturale dell’individuo, così come nella gamma delle loro

funzioni in ambito neurofisiologico, affettivo, cognitivo e motivazionale.

Le emozioni regolano anche un altro aspetto della nostra vita: esse determinano tutti

i rapporti umani, permettendo di aprirsi al mondo e di entrare in relazione con gli

altri. Per questo, imparare a riconoscere le emozioni e prendere confidenza con esse

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significa essenzialmente imparare a mettersi in discussione, ad accettarsi, ad aprirsi

al confronto, e soprattutto a conoscere il mondo. Non a caso il termine “emozione”

deriva dal latino emotus, participio passato di emovere, ossia trasportare fuori,

smuovere, scuotere: l’emozione ci scuote.

Facendo ora riferimento a studi del settore più specifici, in psicologia, le emozioni

sono definite come uno stato complesso di sentimenti che si traducono in

cambiamenti fisici e psicologici che influenzano il pensiero e il comportamento.

Le emozioni hanno un ruolo importante nelle esperienze di vita di ciascuno di noi,

poiché in situazioni emotive, la mente elabora stimoli e controlla le reazioni. Le

emozioni, dunque, si trasformano nel movente che si pone alla base dei nostri

comportamenti; ogni nostra azione dipende dalle emozioni che proviamo e che

riceviamo dal mondo esterno. Esse fondano la nostra identità, determinando le

scelte e il pensiero, e influendo anche sulle nostre conoscenze.

Le emozioni sono reazioni a uno stimolo esterno, e sono in grado di provocare

cambiamenti a tre diversi livelli:

fisiologico: che comprende quindi fenomeni fisici in tutto il corpo

(cambiamenti della respirazione, della pressione arteriosa, del battito

cardiaco, tensione muscolare, o ancora influenza nella digestione,

dilatazione delle pupille e così via);

comportamentale: le emozioni determinano diverse espressioni facciali, la

postura, il tono della voce e spingono le reazioni (ad esempio, chiusura e

apertura, oppure attacco o fuga, oppure ancora tenerezza o aggressività, e

così via);

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psicologico: sensazione soggettiva, alterazione del controllo di sé e delle

proprie abilità cognitive.

Si può quindi affermare che ragione ed emozione non sono due poli opposti, ma al

contrario, sono strettamente collegate tra loro. Infatti, ogni funzione cognitiva

racchiude componenti emotive, ed ogni funzione emotiva componenti cognitive.

Pertanto, a differenza di quanto si possa pensare, non è solo con l’intelligenza e la

razionalità che si ha successo nell’apprendimento, perché un ruolo altrettanto

importante è svolto proprio dalle emozioni.

Queste contribuiscono al successo nell’apprendimento, all’interiorizzazione del

sapere e dei significati, al miglioramento dell’esperienza personale dell’adulto che

apprende, trasferisce e applica nel proprio ambito professionale i risultati di quando

appreso. Purtroppo, per molto tempo questo non è stato compreso e le emozioni

sono state bandite nelle scuole, perché non erano misurabili oggettivamente e

perché potevano intralciare l’attività didattica, condotta con procedure rigide,

rigorose e intransigenti. La tendenza dominante nel sistema di istruzione è stata a

lungo quella di prediligere principi lineari e curriculari, ignorando la complessità

degli esseri umani e la loro peculiarità, tralasciando quindi l’aspetto interiore

dell’individuo.

Oggi, grazie a numerosi studi, è stato invece dimostrato quanto sia importante

l’aspetto emotivo e affettivo nella comunicazione, nell’interazione sociale,

nell’apprendimento scolastico, perché si è finalmente capito che l’essere umano è

una totalità di razionalità ed emotività, e che in quest’ottica deve essere educato e

deve imparare ad apprendere.

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L’emozione influisce nel processo di apprendimento in quanto agisce come guida

nella presa di decisioni e nella formulazione delle idee. Lo psicologo sovietico Lev

Semënovič Vygotskij (1896-1934) sostiene infatti che “Lo stesso pensiero ha

origine non da un altro pensiero, ma dalla sfera delle motivazioni della nostra

coscienza, che contiene le nostre passioni e i nostri bisogni, i nostri interessi e

impulsi, i nostri atti e le nostre emozioni”8. Anche se non ce ne rendiamo conto,

infatti, siamo costantemente spinti ad agire sulla base di ciò che ci fa star bene, che

ci trasmette sensazioni positive, ed è per questo che ogni istante facciamo scelte,

seppur inconsapevolmente, sulla base delle emozioni derivanti da stimoli esterni.

Anche lo psicologo-filosofo-pedagogista Jean Piaget (1896-1980) rileva

l’importanza delle emozioni. Lo studioso svizzero, infatti, afferma che per lo

sviluppo armonico della personalità di chi deve apprendere è necessaria

un’interazione fra cognizione e affettività, per lo stretto parallelismo che esiste nel

pensiero umano tra il piano affettivo e intellettuale. Scrive Piaget ne “La nascita

dell’intelligenza nel fanciullo”: “A partire dal periodo pre-verbale esiste uno

stretto parallelismo fra lo sviluppo dell’affettività e quello delle funzioni

intellettuali, in quanto si tratta di due aspetti indissolubili di ogni azione: in ogni

condotta, infatti, le motivazioni e il dinamismo energetico dipendono

dall’affettività, mentre le tecniche e l’adeguamento dei mezzi impiegati

costituiscono l’aspetto cognitivo. Non esiste, quindi, un’azione puramente

intellettuale e neppure atti puramente affettivi, ma sempre e in ogni caso, sia nelle

condotte relative agli oggetti, sia in quelle relative alle persone, intervengono

entrambi gli elementi, giacché uno presuppone l’altro”9.

8 L. S. Vygotsky, Pensiero e linguaggio, Giunti, Firenze 1966 9 J. Piaget, La nascita dell’intelligenza nel fanciullo, trad. it., Giunti e Barbera, Firenze 1991

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3.1.1 Il ruolo delle emozioni nella memorizzazione

Quando qualcosa ci colpisce, lo ricordiamo istantaneamente, e ad ogni episodio che

abbiamo vissuto in prima persona, probabilmente siamo in grado di legare

un’emozione positiva o negativa molto forte.

Le emozioni giocano infatti un ruolo molto importante nel processo di

memorizzazione ed è quindi possibile affermare che la memorizzazione è facilitata

se l’individuo si sente emotivamente coinvolto. È proprio questo il collegamento

che conferisce alle emozioni un’importanza cruciale nell’apprendimento. Ciò è

possibile in quanto la forza dei ricordi dipende dal grado di attivazione emozionale

indotto dall’apprendimento, per cui esperienze vissute con una partecipazione

emotiva di livello medio-alto vengono catalogati nella nostra mente come

“importanti” (attraverso il coinvolgimento di strutture cerebrali che fanno parte del

sistema limbico, come l’amigdala e la corteccia orbito-frontale) ed hanno una buona

probabilità di venire successivamente ricordate.

La filosofia dell’imparare se si è coinvolti possiamo trovarla nella famosa frase

dell’inventore dei parafulmini, scrittore e politico del Settecento americano,

Benjamin Franklin: “Dimmi e io dimentico; mostrami e io ricordo;

coinvolgimi e io imparo”.

Ciascuno di noi può sicuramente ritrovarsi in queste parole, perché come ci insegna

l’esperienza, più siamo coinvolti da ciò che facciamo o da ciò che ci circonda, più

quell’istante rimarrà impresso nella nostra memoria. Momenti vissuti dalle stesse

persone, ad esempio, non per forza verranno ricordati allo stesso modo, proprio

perché ognuno sarà stato catturato diversamente dal punto di vista emotivo.

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Pertanto, utilizzare i nostri sensi per memorizzare ed apprendere è il metodo

migliore e più innovativo anche per imparare una lingua straniera. Infatti, più sono

i sensi coinvolti nell’esperienza e maggiore sarà il risultato e l’efficacia

dell’apprendimento rispetto a quando invece si impara soltanto leggendo e

ascoltando.

L’utilizzo di tutti i sensi per apprendere, memorizzando le informazioni, svolge un

ruolo fondamentale nell’apprendimento in quanto suscita emozioni e ricordi che si

sedimentano a lungo nella memoria, favorendo così la motivazione allo studio. Il

nostro cervello seleziona continuamente gli stimoli positivi e negativi e decide se

ricordare o dimenticare. Questo legame tra memoria ed emozioni è fortissimo

nell’apprendimento.

Nel 1946, un pedagogista e professore alla Ohio State University, Edgar Dale,

aveva introdotto il famoso cono dell’esperienza nel suo libro di testo dei metodi

audiovisivi nell’insegnamento. Il cono dell’apprendimento è un sistema di

classificazione dei vari tipi di esperienze di apprendimento, diviso tra le esperienze

concrete nella parte inferiore del cono e quelle astratte nella parte superiore.

Gli effetti dell’apprendimento producono il massimo risultato quando gli studenti

sono coinvolti negli obiettivi della lezione. Non si impara, non si comprende e non

si ricorda senza motivazione, e affinché gli alunni operino e pensino con interesse,

devono essere motivati. Facendo e capendo si ricorda, ma non si può fare e pensare

senza amare quello che si fa e si pensa.

Edgar Dale aveva intuito che la memoria è profondamente influenzata dalle proprie

esperienze, e tramite il cono dell’apprendimento ha mostrato che le relazioni tra

differenti tipi di materiali audiovisivi hanno un effetto diverso sull’apprendimento.

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Secondo Dale, dopo due settimane siamo in grado di ricordare il 10% di ciò che

leggiamo, il 20% di ciò che ascoltiamo, il 30% di ciò che vediamo, il 50% di ciò

che sentiamo e vediamo, il 70% di ciò che diciamo e il 90% di ciò che diciamo e

facciamo. Ciò sarebbe dovuto al fatto che il maggior coinvolgimento dell’individuo

avviene durante l’integrazione delle informazioni con il coinvolgimento motorio, e

questo facilita l’apprendimento. Quindi, la sola lettura permette di ricordare solo il

10% di ciò che leggiamo contro il 20% di quello che udiamo e che vediamo. Se

invece partecipiamo ad una discussione, riusciamo a ricordare il 70% delle

informazioni affrontate, mentre quando siamo noi a parlare e a dimostrare

ricordiamo fino al 90% di ciò che diciamo e facciamo.

Dunque, per ricordare è necessario associare ad uno stimolo verbale uno stimolo

visivo. Questo spiega perché dimentichiamo con facilità quello che leggiamo,

mentre invece ricordiamo bene le cose che diciamo e facciamo in prima persona, o

quando ci confrontiamo con altre persone. Perciò, per coinvolgere gli studenti in

ogni attività in classe, e rendere attivo l’apprendimento, gli studenti devono

coinvolgere tutti i loro sensi; metodo innovativo ed intuitivo soprattutto per

imparare una lingua straniera. Il concetto del “Learning by doing” innalza il livello

di coinvolgimento aumentando l’attenzione e la memorizzazione tramite

l’intelligenza emotiva degli alunni. In genere si attua con gruppi di studenti che

imparano attraverso la discussione, la riflessione e l’azione. Oltre a questo, può

essere coinvolto anche l’aspetto emotivo: stimoli nuovi, particolari, o carichi dal

punto di vista emotivo aumentano la probabilità di trattenere quell’informazione

anche per molto tempo.

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Il cono dell’apprendimento di Edgar Dale dimostra l’importanza dell’esperienza ai

fini dello studio. Perciò, una poesia letta un paio di volte in modo impersonale avrà

meno possibilità di essere ricordata rispetto al testo di una canzone, di un’esperienza

reale, o di una presentazione sensoriale.

Gli studenti memorizzano e apprendono maggiori informazioni da quello che fanno,

in contrapposizione a ciò che viene sentito dire, letto o osservato. L’apprendimento,

dunque, dovrebbe essere attivo e non passivo.

In breve, il cono dell’apprendimento rappresenta un modello che incorpora diverse

teorie relative ai processi di progettazione e di apprendimento didattico. I metodi

più efficaci si trovano in fondo al cono di Dale, e risultano essere: coinvolgere e

fare esperienze di apprendimento dirette, come ad esempio il “fare da sé”.

3.1.2. Come le emozioni influenzano l’attenzione

La capacità degli alunni di prestare attenzione è senza dubbio uno dei pilastri su cui

si basa l’apprendimento, ed in particolare quello linguistico. Se infatti si ascolta una

lezione ma si è completamente distratti, sarà come non avervi partecipato, in quanto

il cervello non avrà immagazzinato alcuna informazione. Nel tentativo di fornirne

una definizione del termine “attenzione”, lo psicologo americano William James

nel 1890 ha affermato che “Everyone knows what attention is. It is the taking

possession by the mind in clear and vivid form, of one out of what seem several

simultaneously possible objects or trains of thought... It implies withdrawal from

some things in order to deal effectively with others and is a condition which has a

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real opposite in the confused, dazed, scatterbrained state”10. Ne consegue quindi

che l’attenzione sarebbe quel fenomeno per mezzo del quale elaboriamo

attivamente una quota limitata di informazioni, a partire dall’enorme quantità di

stimoli di cui veniamo a disporre attraverso i sensi o i ricordi.

Considerato l’elevato numero di stimoli presenti nell’ambiente esterno che vengono

ricevuti dal sistema cognitivo, è infatti necessario che avvenga nel cervello una

selezione delle informazioni in entrata.

Pertanto, risulta evidente l’importanza dell’attenzione all’interno di un ambiente di

apprendimento come la scuola, dove vengono presentati continui stimoli da parte

dell’insegnante: affinché colgano i giusti input durante l’intera ora, è fondamentale

che il livello di attenzione degli studenti sia alto e sostenuto nel tempo. La presenza

del focus attentivo su determinati stimoli che interessano l’individuo provoca

l’innalzamento del livello di attenzione che, di conseguenza, implica l’inizio di

processi mnestici come la memorizzazione: ci ricordiamo maggiormente ciò a cui

abbiamo prestato attenzione, e che di conseguenza abbiamo capito sicuramente

meglio. Molte ricerche rivelano che vi sia una tendenza a prestare maggiore

attenzione agli eventi congrui con il nostro stato emotivo e, di conseguenza, ad

apprendere più facilmente le informazioni in sintonia con le nostre emozioni.

Dunque, lo stato emotivo può influenzare i processi cognitivi della memoria,

dell’attenzione e dell’apprendimento, sia filtrando soltanto le informazioni

correlate alle emozioni provate in quell’istate, sia promuovendo l’accesso a ricordi

congrui all’umore del momento.

10 William James. The Principles of Psychology

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Le emozioni, precisamente, attraggono l’attenzione. Un evento emotivamente

intenso, che abbiamo vissuto o che sperimentiamo nella nostra mente grazie alla

potenza della visualizzazione, viene memorizzato e provoca effetti positivi ben più

incisivi di qualunque altro avvenimento vissuto o visualizzato senza alcun

coinvolgimento emotivo.

3.1.3. Il ruolo delle emozioni nel processo di apprendimento

Come abbiamo appena detto, riusciamo ad apprendere meglio quando siamo

emotivamente coinvolti.

Tra i molteplici studi nel settore, particolarmente interessante è quello dello

psicologo e accademico statunitense Howard Gardner (1943 –).

Gardner dà molta importanza alle emozioni che prova colui che apprende durante

un percorso di studio: lo studente che scopre con entusiasmo un mondo nuovo ed è

stimolato nella sua curiosità, apprenderà con maggior successo e con minore fatica

rispetto a un compito imposto che considera privo di interesse. Ciò accade perché

ognuno di noi viene rapito maggiormente da ciò che rispecchia i propri interessi, le

proprie passioni, le proprie aspettative. L’accademico statunitense sostiene, infatti,

che se si vuole che certe conoscenze siano interiorizzate e successivamente usate,

devono essere immesse in un contesto capace di suscitare emozioni. Al contrario,

le esperienze prive di richiami emozionali saranno scarsamente coinvolgenti e ben

presto cadranno nell’oblio, ci abbandoneranno automaticamente senza lasciare

alcuna rappresentazione mentale.

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Anche altri scienziati sociali si sono occupati della relazione tra apprendimento ed

emozioni, come lo psicologo sovietico Lev Semënovič Vygotskij, già menzionato

in precedenza, e lo psicopedagogista Benjamin Samuel Bloom (1913-1999).

Secondo Vygotskij, l’apprendimento non è mero condizionamento e assimilazione

passiva di contenuti, ma per la forte componente di attivazione emotivo-cognitiva

“rappresenta una sfida e un’avventura che implica un atto di fiducia che consiste

nel coraggio di tuffarsi nell’incerto e nell’ignoto”11, perché il successo o

l’insuccesso scolastico, ma anche alcune forme di disagio sociale, stati d’ansia,

problemi di autostima e insicurezza, dipendono dalle prime esperienze di

apprendimento e devono assolutamente essere presi in considerazione dal docente.

Samuel Bloom ritiene invece che esista uno stretto rapporto tra affettività,

motivazione e apprendimento, poiché le variabili affettive e motivazionali

esercitano un’azione rilevante nei processi di conoscenza, comprensione e

socializzazione che avvengono nell’ambiente scolastico.

È sicuramente più facile apprendere quando si provano emozioni positive. Le

nozioni si fissano infatti nel cervello insieme alle emozioni. Imparando con

curiosità e gioia, la lezione si incide nella memoria. Al contrario, imparando con

noia, paura, ansia, pressione, si attiva l’allerta: l’unica volontà sarà di cancellare

quel momento dalla memoria e la reazione istintiva della mente sarà “scappa da qui

che ti fai male”. Ciò accade perché la mente è programmata per difendersi dalle

esperienze e dai ricordi dolorosi, perciò le emozioni negative condizionano la

capacità di studio, rendendo l’apprendimento meno efficace e duraturo.

11 L. S. Vygotskij, Il processo cognitivo

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3.2 Apprendere da bambini

3.2.1 L’universo sonoro nella vita prenatale

Non tutti ne sono a conoscenza ma, nei bambini, l’apprendimento inizia ancor

prima della loro nascita, specialmente quello sonoro. L’udito, infatti, è il primo dei

cinque sensi che si sviluppa nel feto. Gli studiosi affermano che l’orecchio è quasi

totalmente formato a partire dal quarto mese e mezzo di gestazione ed è

straordinario pensare che già da così piccolo, con tutti gli organi ancora da formare,

il feto inizi a sentire la voce della sua mamma, che riconoscerà alla nascita.

Il feto quindi, con lo sviluppo dell’udito, inizia già a percepire e apprezzare la

musica, ma in primis è la madre che, ascoltando musica in gravidanza, ne ricava un

momento di benessere e serenità che, ovviamente, sente anche il bambino e lo fa

stare bene. Andrea Apostoli, presidente dell’A.I.G.A.M. (Associazione Italiana

Gordon per l’apprendimento Musicale), associazione che si occupa di sviluppare e

far conoscere la Teoria di E. Gordon di cui vi parlerò in seguito, durante

un’intervista afferma che: “Riguardo il bambino dobbiamo ricordare che

l’apprendimento musicale inizia nell’utero. Come per il linguaggio, per il quale le

ricerche hanno stabilito che è in gravidanza che il bambino già sviluppa i

collegamenti sinaptici nel cervello atti a prepararlo a parlare, così per la musica

si porranno le basi in tale periodo. Più saranno ricche le esperienze sensoriali che

gli offriremo già nell’utero, più lo predisporremo a tale apprendimento.”

Spesso viene consigliato alle donne in gravidanza di cantare al proprio bambino per

utilizzare il loro canto anche dopo la nascita come strumento per tranquillizzare il

piccolo e ricordargli il benessere provato nella vita intrauterina. La musica, per

l’appunto, per le sue peculiarità acustiche e simboliche, diventa una vera e propria

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ricerca delle sensazioni che sono state provate nel ventre materno.

È stato provato attraverso numerose ricerche12 che il feto ha delle reazioni rispetto

ai suoni e alla musica anche quando è ancora nel grembo della madre, quali la

variazione del battito del cuore e movimenti del corpo. Inoltre, ascoltare musica,

specialmente in un periodo così delicato, stimola la produzione di endorfine, ovvero

un gruppo di sostanze fisiologiche che attenuano il dolore, per di più, rallentando il

ritmo del battito cardiaco, portano ad un senso di beneficio nel sistema nervoso

dell’individuo.

Uno studio innovativo pubblicato su “Proceedings of the National Academy of

Sciences” a cura dell’Istituto di Scienze comportamentali dell’Università di

Helsinki in un’ampia collaborazione di istituti finlandesi, olandesi e danesi ha

riportato che le sonorità percepite dal feto possono influenzare lo sviluppo del

cervello del bambino e di conseguenza le future abilità linguistiche. È stato inoltre

dimostrato che il cervello del bambino in fase fetale è in grado di apprendere e, se

stimolato, subisce delle mutazioni dal punto di vista strutturale e proprio delle

connessioni neuronali che possono influenzare lo sviluppo del linguaggio durante

l’infanzia. Numerosi esperimenti e ricerche hanno provato ciò che in molti

sostenevano, ossia che lo studio della musica fin dai primi anni di vita riporta un

notevole miglioramento nello sviluppo cognitivo, ma anche affettivo e motorio.

Già Maria Montessori, in qualità di pedagogista ed educatrice, era “convinta che la

musica aiuti e potenzi la capacità di concentrazione e aggiunga un nuovo elemento

alla conquista dell'ordine interiore e dell'equilibrio psichico del bambino”13.

12 Emile Jacques Dalcroze. Il ritmo, la musica e l’educazione. 13 Maria Montessori, Manuale di Pedagogia Scientifica, 1935

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3.2.2 Perché studiare musica fin da piccoli

Per conoscere i vantaggi dello studio della musica potremmo citare Rosa Agazzi,

pedagogista e non solo, la quale attribuì grande importanza al canto dei bambini in

quanto contribuente all’apprendimento linguistico e motorio nei fanciulli. È stato

quindi provato svariate volte che lo studio della musica porterebbe ad un

miglioramento proprio nello sviluppo cerebrale, in particolare se intrapreso tra i sei

e gli otto anni, periodo d’età definito da vari ricercatori come “finestra sensibile”

perché, come spiega la psicologa Virginia Penhune: “Imparare a suonare uno

strumento richiede un buon coordinamento fra le mani e gli stimoli visivi e uditivi,

(…) probabilmente iniziare intorno ai sette anni necessita della costruzione di una

struttura cerebrale adeguata, ottenuta potenziando le connessioni fra aree motorie

e sensoriali del cervello in un’età in cui l’anatomia è ancora sensibile ai possibili

cambiamenti di struttura, in cui c’è una maggiore malleabilità del sistema”.

La Concordia University di Montreal ha condotto una ricerca con la quale fu

confermato che imparare a suonare uno strumento nel periodo dell’infanzia

faciliterebbe la conquista di abilità motorie soprattutto per quanto riguarda la

coordinazione e la scioltezza. Durante questo famoso studio sono stati sottoposti ad

una particolare risonanza del cervello 36 musicisti di età adulta durante lo

svolgimento di un test motorio. Metà dei partecipanti avevano iniziato a suonare

prima degli otto anni, l’altra metà più tardi. Dalle risonanze è emerso che coloro

che avevano iniziato presto a studiare musica avevano maturato un numero

maggiore di connessioni cerebrali. I ricercatori hanno poi reso lo studio ancora più

accurato, assicurandosi che i sottoposti si fossero dedicati all’attività per lo stesso

periodo di tempo, ed è emerso, ancora una volta, che i musicisti che avevano

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iniziato prima dei sette anni avevano un sistema cerebrale più sviluppato con una

quantità maggiore di sostanza bianca nel corpo calloso, che mette in connessione i

due emisferi, con risultato il potenziamento delle attività motorie. Queste sono

solamente alcune delle tante testimonianze dell’eccezionale influenza che può avere

la musica sullo sviluppo cerebrale del bambino.

Con delle semplici percentuali possiamo capire quanto è importante che

l’educazione musicale inizi il prima possibile nel bambino, infatti ogni neonato

viene alla luce con un potenziale musicale innato: circa il 68% dei bambini appena

nati ha un potenziale musicale medio, il 16% ha un potenziale più alto rispetto alla

media mentre l’altro 16% ha un potenziale musicale al di sotto della media. È chiaro

che la predisposizione alla musicalità varia da bambino a bambino, ma è altrettanto

evidente che un’alta percentuale possiede un potenziale medio che sarebbe, senza

alcun dubbio, maggiore rispetto agli stimoli musicali ai quali i bambini sono

generalmente sottoposti. Questa inferiore esposizione rispetto alle possibilità reali

dei bambini comporta una diminuzione dell’attitudine alla musicalità. Un adeguato

avanzamento alla musica potrà poi risollevare il potenziale musicale del bambino,

ma mai tornerà al livello innato. Pochi ne sono a conoscenza, ma attorno ai nove

anni di vita, concludendosi la maturazione cerebrale, non è più possibile influenzare

le potenzialità musicali del bambino. Proprio per questo motivo dobbiamo

sottolineare l’importanza di iniziare il percorso di educazione musicale già in età

neonatale, se non addirittura prenatale.

Si vuole ora parlare di un ricercatore e grande studioso degli Stati Uniti, Edwin E.

Gordon, già citato in precedenza, il quale, attraverso numerose ricerche, ha scoperto

che una buona educazione musicale consente di sviluppare altri aspetti come la

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comunicazione dei sentimenti e delle emozioni, facilita la concentrazione, favorisce

le capacità cognitive e sociali, può prevenire i problemi legati al linguaggio, facilita

la percezione tattile e cinestetica e influisce sull’apprendimento della sintassi e della

prosodia. Lo studioso, infatti, sostiene che l’apprendimento musicale avvenga in

modo analogo a quello linguistico: entrambi vengono proposti ai bambini

inizialmente in maniera indiretta e poi in maniera diretta. Quindi, anche

musicalmente parlando, il bambino apprende in modo spontaneo tramite il processo

di imitazione e interazione, e ciò conferma il fatto che la musica sia un vero e

proprio linguaggio.

Nella teoria dell’apprendimento musicale di Gordon possiamo vedere che il

bambino transita da una prima fase chiamata di “acculturamento”, che avviene a

circa 2-4 anni, nella quale si effettua “l’assorbimento”, ossia il piccolo come una

spugna raccoglie e immagazzina tutti gli input auditivi che riceve, ad una seconda

fase, di “imitazione”, che avviene circa dai 2 ai 5 anni, durante la quale il piccolo

ha un’interazione consapevole con l’ambiente circostante e abbandona i vecchi

modi di comportamento, imitando sempre con più precisione i pattern musicali ai

quali viene sottoposto. L’ultima fase è chiamata “assimilazione” e va dai 3 ai 6 anni,

in cui il bambino consegue un’interazione cosciente con l’ambiente, percepisce sé

stesso ed arriva ad una buona coordinazione tra canto, respiro e movimenti. Queste

tre fasi portano il bambino a pensare musicalmente.

Un altro grande contributo nello studio dell’apprendimento musicale lo ha dato

Beth Bolton, professoressa e preside della “Facoltà di Music Education and

Therapy” dell’università di Philadelphia, dopo aver lavorato a fianco di Edwin E.

Gordon per molti anni. Ha insegnato per 17 anni, dopo i quali ha deciso di

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approfondire il suo metodo di insegnamento. In un’intervista che le è stata fatta

durante un soggiorno in Italia, Bolton ha voluto, ancora una volta, sottolineare

l’importanza di un’educazione musicale nel bambino sia per sé come individuo che

per la sua famiglia, ma anche per la cultura stessa. La musica è un vero e proprio

modo di comunicare ed è essenziale che al giorno d’oggi i bambini acquisiscano

tutte le capacità comunicative possibili. Essendo così importante nella società la

comunicazione, ritiene che dando un’adeguata educazione comunicativa musicale

si arricchisca la società stessa e che contribuirà nella vita del bambino e soprattutto

nelle sue relazioni presenti e future. La dottoressa ricorda come i bambini, ancor

prima di apprendere il linguaggio, abbiano la capacità di elaborare aspetti della

lingua stessa molto complessi già dai primi mesi di vita. Beth Bolton rivolgendosi

alla musica come vero e proprio linguaggio afferma:

“Se si guarda alla musica come ad un altro tipo di linguaggio perché è una

stimolazione uditiva del bambino, perché ha un'organizzazione, ha una sintassi

simile alla lingua, la musica per la prima infanzia fornisce al bambino

un'opportunità di imparare un modo diverso di elaborare informazioni uditive che

può contribuire alla crescita del cervello in termini di elaborazione audio orale,

che può contribuire alla sua vita in termini di arricchimento; la musica è un modo

per comunicare, e può invero assistere lo sviluppo del linguaggio”14.

14 Intervista a Beth Bolton: https://www.youtube.com/watch?v=_ja18DNtqi0

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3.2.3 L’influenza della musica nello sviluppo del linguaggio

Come abbiamo già detto, l’apprendimento musicale e quello linguistico sono

strettamente interconnessi. Ancora ricordo la mia prima lezione di pianoforte,

quando avevo appena 5 anni e imparai la mia prima canzoncina: “Fra’ Martino

Campanaro”. La mia maestra iniziò a leggere le note scritte sul pentagramma

cantandole. Allora pensavo che fosse soltanto un suo modo per introdurmi nel

mondo della musica con il sorriso, ma ad oggi, se ripenso a quel componimento, la

mia mente inizia automaticamente a cantare quella sequenza di note. Anche quando

insegnai questa canzone alla mia cuginetta, mi venne naturale intonare le note,

anziché leggerle semplicemente. È chiaro che quel metodo che a 5 anni ritenevo

soltanto piacevole, ad oggi si è rivelato uno strumento ben più potente, che ha

impresso per sempre quelle note nella mia mente.

Per dimostrare ancora una volta questo legame tra musica e linguaggio, possiamo

citare uno studio fatto dal Centro per Neuroscienze Cognitive dell’Università di

Torku, in Finlandia, il quale aveva lo scopo di studiare nei bambini la relazione tra

le capacità musicali e le abilità nella pronuncia di parole di una lingua straniera. In

questo studio i ricercatori hanno esaminato l’eventuale capacità di alcuni bambini

con una buona conoscenza di una seconda lingua di rappresentare più velocemente

le caratteristiche di un suono musicale rispetto a bambini meno abili. Ne risultò che

i bambini che possedevano maggiori abilità rispetto alla conoscenza della lingua

straniera avevano anche migliori performance musicali. Questo studio, come molti

altri, ci suggerisce nuovamente che l’apprendimento linguistico e quello musicale

potrebbero basarsi su meccanismi neurali comuni.

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È stato dimostrato da numerose altre ricerche come linguaggio e musica siano

costituiti da strutture sequenziali basate su regole della sintassi. Gli studiosi hanno

confermato il fatto che i bambini che riscontrano delle difficoltà nel linguaggio

mostrano altrettante difficoltà nel processamento della sintassi musicale; è quindi

evidente come essi, apparentemente differenti, in realtà siano più simili di quanto

si possa pensare. Proprio per questo motivo, molti esperimenti hanno confermato

l’influenza positiva dell’istruzione musicale nel processamento del linguaggio,

definendolo quindi un’abilità strettamente correlata alla formazione musicale.

Un importante studio guidato dalla direttrice del Laboratorio di neuroscienze

uditive Nina Kraus e un gruppo di ricercatori della Northwestern University,

attraverso test proposti ad un centinaio di studenti delle scuole superiori, ha

confermato la stretta relazione tra capacità di linguaggio, senso del ritmo e musica.

Gli studiosi dimostrarono per la prima volta l’esistenza di un collegamento

neourobiologico tra capacità di tenere il ritmo e quella di codificare i suoni della

lingua parlata, con significative ricadute, per quanto è possibile prevedere, sulla

capacità di lettura. Da questo esperimento venne rilevato che i bambini che si

dimostravano migliori nel mantenere il ritmo erano anche quelli che pronunciavano

le sillabe nel miglior modo. Spiega Kraus: “Questa correlazione ha una precisa

base neurobiologica. Le onde cerebrali che misuriamo con l’elettrocefalogramma

hanno origine da un centro cerebrale di elaborazione delle informazioni uditive

con connessioni reciproche con i centri motori. Quindi un’attività che richiede

coordinazione dell’udito e del movimento, probabilmente, è collegata a una solida

e accurata comunicazione tra diverse regioni cerebrali.”

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I ricercatori sono giunti alla conclusione di quanto sia utile un’istruzione di tipo

musicale nei bambini, con un’attenzione speciale per il ritmo, in modo da aiutare il

sistema uditivo a diventare più efficiente, cosicché il bambino possa arrivare a delle

associazioni suono-significato più solide, che risultano fondamentali sia per

l’apprendimento in genere che per la capacità di lettura.

Inoltre, nell’apprendimento del linguaggio è risultato alquanto efficace utilizzare

canti e filastrocche, poiché permettono l’utilizzo di strategie per ridurre la

complessità e la difficoltà delle strutture percepite. Tali sistemi sono delle vere e

proprie strutture sonore costituite da una segmentazione evidente, a differenza di

un testo in prosa. A tal proposito, non posso far a meno di ricordare la filastrocca

grazie alla quale ho imparato e memorizzato l’alfabeto tedesco, e che, ancora oggi,

risuona nella mia memoria: “ABC - Das Alphabetlied”.

Mutter hör nur, was ich kann,

pass gut auf, ich fang jetzt an:

A B C D E F G

H I J K L M N O P,

Q R S T U V

W X Ypsilon und Zett,

fertig ist mein Alphabet,

hör doch nur wie leicht das geht.

Das war unser Alphabet, hör noch einmal, wie es geht:

A B C D E F G

H I J K L M N O P,

Q R S T U V

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W X Ypsilon und Zett,

fertig ist mein Alphabet,

hör doch nur wie leicht das geht.

A B C D E F G

H I J K L M N O P,

Q R S T U V

W X Ypsilon und Zett.

Sono molti, infatti, gli studiosi che hanno dichiarato positiva l’influenza delle

canzoni nell’apprendimento e nella lettura, e che hanno sottolineato l’importanza

di favorire l’apprendimento attraverso la motivazione intrinseca, ovvero quel tipo

di motivazione che viene direttamente dall’individuo, dal suo piacere e dalla sua

curiosità, che facilmente una canzone riesce a provocare.

Le canzoni sono molto utili nella lettura, non solo per la motivazione che

scaturiscono, ma anche perché mettono in funzione entrambi gli emisferi del

cervello, esponendolo alla musica e alle parole nello stesso momento.

Inoltre, l’utilizzo di canzoni permette agli stessi insegnanti di coinvolgere tutti i

bambini indipendentemente dalla loro personale forma di intelligenza e soprattutto

di insegnare con divertimento.

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3.2.4 Perché cominciare presto con una lingua straniera

In questi ultimi anni è stato provato più e più volte, anche a seguito di un elevato

numero di studi ed esperimenti15 di neuro e psicolinguisti, che l’apprendimento

precoce di una lingua straniera sia molto più efficace e produttivo di un

apprendimento tardivo.

È stato confermato che prima i bambini vengono esposti alla lingua straniera e

maggiori possibilità hanno di parlarla e apprenderla correttamente; in questo modo

per loro risulterà naturale capire e parlare la lingua. Soprattutto negli ultimi anni si

è sviluppata la consapevolezza dell’importanza di inserire la lingua straniera nei

piani didattici in tenera età, a seguito anche di un recente studio che rivela che i

bambini hanno le abilità di imparare ogni lingua, e proprio per questo motivo è

molto importante stimolarli fin da piccoli. Un’ottima opportunità sarebbe

sicuramente iscrivere i propri bambini ad un asilo nido bilingue, per far sì che ogni

giorno siano appunto stimolati nell’apprendimento di almeno due lingue.

La linguista Patricia Khul documenta la trasformazione che avviene tra gli otto e i

dieci mesi di età, nel momento in cui i bambini imparano ad “elaborare statistiche”

sulla lingua alla quale sono esposti, cominciando già a determinare quali suoni sono

linguisticamente significativi e quali no. Quando sono esposti ad una nuova lingua

per la prima volta, i bambini apprenderanno foneticamente da un essere umano

interattivo, non da una sorgente senza vita come fonti audio o televisione, anche se

le informazioni acustiche sono le stesse in entrambe le situazioni. Molti genitori

ritengono che si possa iniziare ad insegnare una nuova lingua al proprio figlio solo

15 Cristini C., Ghilardi A., (a cura di), Sentire e pensare. Emozioni e apprendimento fra mente e

cervello, Springer, Milano 2009.

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dopo i tre anni perché hanno paura che il bambino possa confondersi o di sfavorire

la lingua madre, ma questi sono pregiudizi e timori infondati. Gli adulti, infatti,

nell’ascolto sono vincolati dal loro bagaglio culturale, ma a pochi mesi i bambini

possono distinguere qualsiasi suono di qualsiasi lingua.

Inoltre, i ricercatori in campo linguistico affermano che i neonati prestano maggiore

attenzione alle novità, cioè sono naturalmente attratti da lingue nuove, che ascoltano

meno. È importante capire che anche quando un neonato sembra solo aver bisogno

di mangiare e dormire, in realtà ha in corso una complessa attività cerebrale.

Dunque, già da quando il bambino ha solo pochi mesi o pochi giorni, ascoltare due

lingue invece di una è per lui una ricchezza, non solo linguistica, ma anche

cerebrale.

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4. Didattica ed emozioni – Perché insegnare attraverso la musica

Prima di tutto cerchiamo di definire cosa si intende per didattica. Con il termine

didattica ci si riferisce sia all’attività di chi insegna, sia alla riflessione e alla

progettazione operativa relative all’insegnamento, alla definizione di orientamenti,

condizioni, modalità operative che si ritiene possano assicurarne l’efficacia

formativa.

Se adeguatamente valorizzate dalla didattica, le emozioni possono trasformarsi in

risorsa, al pari del contenuto dell’azione formativa, perché lo studente non solo

pensa ed elabora, ma “sente” e partecipa. Se l’insegnante le mette in risalto,

inglobandole nella pianificazione di un intervento didattico, può farle diventare una

leva formidabile per la didattica, contribuendo a uno sviluppo che tenga presenti

contemporaneamente e in maniera equilibrata l’aspetto razionale, emozionale e

cognitivo.

Per mettere in atto un’educazione emotiva, è fondamentale avere come obiettivo

primario l’esistenza del bambino nella sua totalità. Ciò comprende lo sviluppo

sociale della persona, dimensione che si occupa dello sviluppo emotivo e

dell’efficacia delle relazioni del bambino con gli altri.

Dalle considerazioni esposte sinora, ne consegue che la didattica, per essere

efficace, deve includere la dimensione emozionale nei suoi processi, ponendo

massima attenzione allo spazio interiore, alla valorizzazione di ogni forma di

diversità e alla formazione di essere umani completi in un clima di libera

espressione.

Emozionare ed emozionarsi rende la formazione più vicina alle persone, ne

potenzia gli stratagemmi, le pratiche, gli orientamenti. La circolazione di emozioni

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positive genera ulteriori emozioni positive, ed essere consapevoli di tale processo

significa avviare un percorso verso la valorizzazione delle emozioni e la massima

attenzione alle persone in formazione e al loro apprendimento. È infatti importante

e necessario imparare a sollecitare le emozioni positive e a gestire ed arginare

quelle negative, con l’obiettivo di potenziare le performance formative in termini

di coinvolgimento e di efficacia.

Anche in assenza di eventi eclatanti, l’elemento emotivo sussiste sempre: se i

discenti esprimono indifferenza, non dobbiamo dimenticare che si tratta comunque

di un’emozione. Però per questo è necessario che i formatori siano preparati a

gestire prima le proprie e poi le altrui emozioni, almeno a livello di consapevolezza

degli ambiti che le emozioni coprono. Conoscendo le reazioni di se stessi e degli

altri si può lavorare richiamando in causa le emozioni senza il rischio di

addentrarsi in circuiti “pericolosi” che possono scatenare dinamiche personali o

interpersonali di esclusiva competenza e capacità di gestione degli esperti in

psicologia. Gestire le emozioni ed evitarne i rischi non vuole infatti dire

trasformarsi in psicologo, bensì sapere entro quali confini potersi muovere senza

operare danni, questo sì che è auspicabile16.

Questo passaggio del saggio “Le emozioni: Patrimonio della persona e risorsa per

la formazione” di Ambra Stefanini, dottoressa di Ricerca in Scienze Pedagogiche,

dell’Educazione e della Formazione presso l’Università degli Studi di Padova,

racchiude benissimo la tesi che l’emozione deve essere propedeutica e

sedimentatrice dell’apprendimento, quindi deve essere inglobata nella didattica.

16Ambra Stefanini, Le emozioni: Patrimonio della persona e risorsa per la formazione

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È proprio per questo che una didattica emotiva diventa un’occasione per ampliare

il ruolo della scuola a totale beneficio degli studenti. Una scuola che fa entrare le

emozioni in classe, che “approfitta” della loro naturale presenza, diventa

un’istituzione che si impegna su un fronte ampio, in cui gli obiettivi diventano di

tipo generale perché non riguardano solo l’istruzione in senso classico, ma anche e

soprattutto la formazione umana.

Infatti, l’educazione scolastica non deve mirare a dare una quantità sempre

maggiore di conoscenze. Si deve orientare invece al benessere emotivo dello

studente, creando ambienti di apprendimento sereni, in grado di stimolare emozioni

positive: sono queste il terreno più fertile per costruire qualsiasi forma di

apprendimento. L’insegnante deve trovare un equilibrio tra la capacità di

trasmettere specifiche conoscenze e la competenza emotiva, la capacità cioè di

insegnare stimolando emozioni positive negli allievi e reprimendo qualsiasi forma

d’ansia, di timore, o di preoccupazione.

Trasformare le emozioni in risorsa consente all’insegnante di disporre di una serie

di vantaggi preziosi in termini di stimolo per l’apprendimento (ma anche per

l’insegnamento), sintonia nella relazione insegnante-allievo, comunicazione più

profonda, lavoro più significativo. Elementi, questi, che potenziano il

coinvolgimento dell’alunno, creano una partecipazione attiva e collaborativa,

creano un clima di gruppo favorevole all’apprendimento e allo sviluppo di

relazioni.

Lasciare le emozioni fuori dalla formazione significherebbe “svuotare” la classe e

renderla un luogo asettico e “freddo”, in cui le relazioni diventano impersonali e i

contenuti didattici “una minestra da ingerire per forza”.

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A far entrare in gioco le emozioni a scuola, rendendole uno strumento facilitatore

per l’apprendimento, possono essere, ancora, l’interesse, le situazioni in cui si

stimolano la curiosità, la sfera dei desideri, delle aspettative, cercando contatti con

l’esperienza e la vita personale degli amici di classe e dell’insegnante.

Questo, attenzione, non vuol dire per l’insegnante porre enfasi sul fatto emozionale

ed estremizzarlo, abolendo il confine tra formatore e allievo. Significa, invece,

coinvolgere, valorizzare il singolo, che insieme agli altri crea un gruppo, invitare

alla partecipazione attiva. E questo utilizzando anche altri strumenti diversi dai libri

e dalla lezione classica, per esempio foto, filmati, musica, ballo, teatro, racconti,

attività umoristica, sport, lavoro di gruppo, ma anche “uscite” e visite guidate e così

via, elementi che diventano utili strumenti di coinvolgimento e di partecipazione,

generatori a loro volta di emozioni.

Ogni relazione educativa tra insegnante e alunno deve essere infatti incontro e

scambio, partecipazione e alleanza, fiducia e stima, dialogo e comprensione, e in

questo clima le emozioni non possono essere tralasciate.

Riepilogando quanto detto finora in questo percorso di riflessione, si può

pacificamente asserire che le emozioni giocano un ruolo fondamentale nella

didattica, diventando una risorsa importante per la formazione. Lasciando spazio

alle emozioni durante la formazione, questa diventa più efficace, più vicina alla

persona, più profonda e più significativa.

Abbiamo visto che tanti sono gli effetti positivi delle emozioni nella didattica:

creano desiderio di partecipazione attiva, generano coinvolgimento, impegno,

fiducia, riproducono in classe un clima collaborativo e disteso, aumentano

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l’interscambio costruttivo, creano un gruppo-classe, consentendo alle relazioni di

svilupparsi in un clima favorevole.

La costruzione di un clima umano positivo, con tutte le emozioni che appartengono

alla persona, è un elemento fondamentale per favorire l’apprendimento e garantire

in classe un buon equilibrio psicologico e un’identità positiva a favore degli

studenti. In questa maniera l’attivazione dei processi cognitivi è fortemente

incentivata e la formazione diventa autentica.

Se finora abbiamo parlato del ruolo indispensabile rivestito dalle emozioni nella

didattica, concentriamoci ora su uno dei migliori generatori di emozioni di cui

potersi servire all’interno di un ambiente scolastico: la musica.

È comune a tutti quanto un testo accompagnato da musica rimanga più impresso

nella memoria rispetto ad un testo in prosa ed è altrettanto comune come i bambini

stessi siano facilitati da tale pratica nel ricordare. Una delle ragioni di questo

risultato è che, come abbiamo già detto in precedenza, si ricorda meglio quando ciò

che dobbiamo imparare ha un forte impatto su noi stessi. È proprio per questo

motivo che la musica rappresenta uno dei migliori strumenti per apprendere nuovi

vocaboli, o meglio, nel nostro caso, una nuova lingua straniera, in quanto capace di

esprimere emozioni che gli ascoltatori percepiscono, riconoscono, o da cui vengono

emotivamente toccati.

Le frasi e le parole accompagnate dalla musica vengono ricordate con meno

difficoltà e sono apprese più velocemente poiché “le aree cerebrali deputate dalla

musica (…) sono adiacenti e diverse rispetto a quelle del linguaggio, ma i percorsi

modulari seguono vie simili e, in parte, comunicanti”17. Inoltre, per quanto riguarda

17 E. Maule, S. Cavagnoli, S. Lucchetti, Musica e apprendimento linguistico.

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la memoria, anche il lobo superiore temporale destro del cervello quando elabora la

melodia opera un’attività importante per l’associazione di musica e lingua. È

sicuramente stato provato da tutti quanto i testi e le melodie imparati nell’infanzia

poi rimangono inglobati in modo permanente nella nostra memoria. Numerosi

studiosi, in particolare neuroscienziati e psicologi, sostengono che nel contesto

semantico la musica è implicata in modo particolare nella memoria a lungo termine

e a quella episodica, infatti essa risulta estremamente valida nel recupero di ricordi,

consci e inconsci, riportando al presente il momento stesso, il contesto proprio nel

quale è stata appresa quella melodia.

La musica unisce parole e intere frasi e aggiunge forza ed efficacia attirando

l’attenzione degli ascoltatori.

Gli educatori e gli insegnanti sono soliti raccontare storie, fiabe e poesie in musica,

poiché si tratta di una metodologia molto efficace per apprendere nuovi vocaboli e

per comprendere meglio il testo, confrontandosi in maniera interattiva con esso.

Una metodologia che sappia far comprendere agli insegnanti della scuola e di ogni

tipo di comunità quanto sia necessario, emozionante e stimolante far ricreare,

interpretare e rivivere il linguaggio naturale e ambientale attraverso una divertente

ricerca e l’uso mirato di adeguati materiali che possono sonorizzare racconti, favole

e attività teatrali, è senz’altro l’ideale per portare gioiosamente le scolaresche a

comprendere ogni conseguente linguaggio non solo musicale, ma anche verbale,

grafico e pittorico.

È molto utile sonorizzare i testi poiché questa modalità permette di selezionare le

parti più importanti, comprendere il significato globale del testo e adottare nuovi

termini.

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Con la ripetizione di questi testi predisposti, il linguaggio viene sempre più

consolidato e la memorizzazione è facilitata rispetto ad un testo in prosa senza un

ritmo musicale. È evidente che i testi utilizzati devono essere semplici, con varie

ripetizioni e le frasi non devono essere troppo complesse, ma piuttosto essenziali e

concrete per permettere una migliore comprensione, e soprattutto memorizzazione.

4.1 Ragioni affettive

4.1.1 Atmosfera positiva e motivazione

Per i bambini molto piccoli il metodo migliore per apprendere una lingua straniera

è attraverso un processo naturale, spronati in maniera spontanea a parlare e pensare

nella lingua straniera. Ciò ha sicuramente la priorità sulla grammatica, la sintassi e

quindi la struttura formale della lingua.

E allora, quale potrebbe essere uno dei metodi migliori per insegnare a un bambino

una lingua straniera, se non il gioco e le attività musicali?

Sono proprio questi, infatti, gli strumenti in grado di far nascere il sorriso sul volto

di ogni bambino, di creare attorno a loro un’atmosfera positiva e rilassata, e

soprattutto, di predisporli ad attività formative.

Infatti, è stata ormai consolidata la convinzione che insegnare ai bambini una lingua

straniera con attività musicali stimoli l’apprendimento linguistico vero e proprio. È

necessario mettere i bambini a proprio agio durante tale processo, per esempio

servendosi di attività e giochi caratterizzati dal movimento, dalla musica, ma

soprattutto dall’aspetto ludico, fattore assolutamente necessario per rendere

l’apprendimento della lingua piacevole e per motivare i bambini stessi. La musica

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e il movimento rendono l’apprendimento della lingua straniera interessante,

eccitante, ma soprattutto risulta un metodo efficace, in quanto la loro cooperazione

aumenta lo sviluppo cognitivo, poiché, come già sappiamo, la musica stimola

l’apprendimento linguistico, mentre il movimento fortifica la conservazione delle

informazioni. L’impiego di una risposta fisica, infatti, aumenta notevolmente le

abilità del bambino di ricordare le informazioni apprese, e grazie ad attività legate

alla danza e alla musica si stimola l’intelligenza linguistica del bambino utilizzando

la lingua straniera sia come mezzo che come fine; in tal modo viene assimilata la

lingua in modo trasversale (tramite la musica e il movimento) ma soprattutto

divertente (con giochi e attività musicali).

Pertanto, il binomio musica e lingua è ormai inseparabile ed è per questo che oggi

la musica è parte integrante dell’insegnamento della lingua straniera.

Ancora molti sono gli effetti positivi dell’impiego delle canzoni, le quali, infatti, si

dimostrano capaci di creare condizioni di tranquillità psicoemotiva e soprattutto una

situazione meno ansiogena in classe. Data una tale disposizione psicoemotiva

dell’ambiente di apprendimento, l’acquisizione linguistica può avere luogo anche

mediante una volontà di apprendimento autodiretta, la quale è destinata a crescere

e a mantenersi salda, se propriamente mantenuta.

Le canzoni costituiscono inoltre un elemento di variazione rispetto alle consuete

attività didattiche proposte in classe. Tale considerazione acquista un significato

motivazionale positivo nella misura in cui si evidenzia il ruolo svolto dai materiali

e dalle attività proposte dal docente, ricorsi che non solo hanno il compito di guidare

l’azione didattica in corso d’opera, ma rappresentano altresì uno strumento

potenzialmente stimolante che conduce gli studenti alla voglia di scoprire,

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alimentando in essi il piacere della varietà ed evitando che decada il piacere di

apprendere.

4.2 Ragioni linguistiche

4.2.1 Pronuncia e automatismo

Questi “giochi-esercizi” vengono utilizzati frequentemente nei nidi e nelle scuole

dell’infanzia poiché portano i bambini ad ascoltarsi l’uno con l’altro, promuovono

l’attenzione della corretta pronuncia dei vocaboli, facilitano l’acquisizione di nuovi

vocaboli e di nuove frasi da inserire nel dialogo comune e, inoltre, favoriscono un

linguaggio più sciolto e scorrevole.

Le canzoni incentivano, soprattutto nel caso delle lingue straniere, la dimensione

fonetica, la quale ricopre un ruolo sicuramente importante per la comunicazione.

Affinché la comunicazione possa essere quanto più scorrevole possibile, è

necessario che il discente conosca e domini la fonetica della lingua straniera,

continuando a esercitarla e a perfezionarla nel corso del tempo. A questo proposito,

le canzoni offrono un vantaggio didattico, in primis perché consentono al discente

di assimilare e di riprodurre determinati suoni, spesso differenti dalla propria lingua

madre, i quali si ripetono sovente nella disposizione rimica del testo.

Le canzoni permettono di esplorare aspetti sociolinguistici, in quanto portano insite

delle caratteristiche che riflettono il luogo geografico di provenienza di un cantante

o di un gruppo musicale, e che si traducono in termini di fenomeni linguistici propri

di una determinata varietà diatopica della lingua, quali l’accento e le varie

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differenze nella fonetica. Ciò considerato, si concretizza, con le canzoni, la

possibilità per il docente di portare gli studenti ad analizzare le differenti pronunce

legate al luogo di provenienza del cantante.

L’utilizzo della musica, inoltre, aumenta anche la capacità di ascolto e accresce la

consapevolezza fonologica, motivo per cui innumerevoli studi suggeriscono di

proporre ai bambini un’educazione di tipo musicale.

A seguito di alcuni test fatti a bambini frequentanti la prima elementare sia sulla

consapevolezza fonologica che su quella riguardante i toni musicali, è stata

individuata un’alta connessione tra esse. In sostanza, come già evidenziato in

precedenza, è possibile individuare un elevato numero di caratteristiche comuni tra

il linguaggio verbale e linguaggio musicale, e proprio per questo motivo è evidente

che possono essere di rinforzo l’uno all’altro nel loro sviluppo.

Le canzoni, allo stesso tempo, consentono di lavorare sulla prosodia. Nel linguaggio

parlato, il termine “prosodia” fa riferimento alla modulazione, all’intonazione che

si dà ad una parola nel pronunciarla. Si tratta quindi della pronuncia di una parola

secondo la quantità, breve o lunga, delle sillabe. Da tale definizione derivano i tratti

prosodici della lingua, i quali sono presenti, in una certa misura, anche nella

canzone, e svolgono un ruolo importante nella costruzione del significato. I tratti in

questione sono: intensità, durata, intonazione e timbro.

Inoltre, grazie ad alcune peculiarità presenti nelle canzoni, queste possono aiutare

a fissare nella memoria delle strutture linguistiche sul piano sintattico, nonché sul

piano lessicale e semantico. Infatti, la ricorsività dei versi, del ritornello e delle

rime, insieme sottolineati dal ritmo, contribuiscono alla formazione di uno schema

ciclico e quindi ripetitivo, che ne facilita la memorizzazione.

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Quante volte capita di avere in testa il ritornello di una canzone, e di continuare a

cantarlo finché qualcuno non preghi di smetterla?!

Tali ripetizioni favoriscono l’automatismo da parte dei discenti, ovvero una

reazione ad uno stimolo che si verifica rapidamente e senza pensare, e riguarda

soprattutto le strutture tipiche della lingua straniera.

Infine, le canzoni sono dei veri e propri bacini di parole ed espressioni idiomatiche.

Spesso infatti, al loro interno, sono presenti alcuni tratti linguistici legati alla cultura

e caratteristiche che riportano l’autenticità della lingua di tutti i giorni. Tali

espressioni si rendono, in parte, portatrici dell’identità culturale della lingua stessa,

in quanto rappresentano delle idee imprescindibili, antecedenti alle parole, e le quali

si sono poi concretate nelle espressioni idiomatiche.

Grazie alle canzoni, i discenti possono essere facilitati nella memorizzazione e nella

piena comprensione di tali espressioni, e possono altresì affrontare il tema

dell’identità culturale presente in ciascun idioma, nella considerazione che ogni

lingua, proprio come ciascuno dei suoi parlanti, ha una sua identità, una sua

personalità, una sua anima. Insegnare o apprendere una lingua, come mi hanno

ricordato i miei professori fin dal primo giorno di università, non significa insegnare

o apprendere semplicemente il modo di parlarla e di scriverla, ma tentare invece di

trasmettere o assimilare proprio quell’identità, quella personalità, quell’anima.

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5. Apprendimento delle lingue straniere attraverso la musica – Il Metodo

Tomatis

Alfred Tomatis, grande studioso e medico, dedicò gran parte della sua vita allo

studio dell’orecchio e alla sua importanza nell’apprendimento linguistico e

musicale.

Imparare una nuova lingua straniera può sembrare molto spesso uno scoglio

insormontabile, ma ci siamo mai chieste perché? Cosa rende una lingua diversa

dalla nostra così difficile? Tomatis ha fornito una risposta a questa domanda,

affermando che la difficoltà di base è data dal fatto che ogni lingua diversa da quella

di appartenenza contiene suoni che l’orecchio non è abituato a percepire, proprio

perché non sono contenuti nella lingua madre. Ogni lingua, infatti, è costituita da

suoni differenti dalle altre, ed è proprio per questo che non è sempre così semplice

impararne una nuova. I suoni che caratterizzano le lingue sono chiamati “fonemi”

e stanno alla base delle parole, e costituiscono la rappresentazione grafica di un

determinato suono. Insegnare una seconda lingua non è per niente un’attività

semplice, ma si fonda sulla cooperazione di più teorie, pratiche e discipline che ne

permettono un buon apprendimento. Alfred Tomatis, nella sua lunga carriera,

ricercò le cause secondo le quali alcune persone hanno difficoltà nell’imparare delle

lingue straniere. Dopo numerosi esperimenti e ricerche creò un suo metodo,

denominato, per l’appunto, “Metodo Tomatis”, il quale detiene la funzione di

allenare l’orecchio dello studente prima di iniziare a imparare una lingua. Come

risultato, egli sarà capace di apprendere con maggiore facilità e velocità, oppure, se

la persona parla già la lingua, il metodo può migliorargli la pronuncia in maniera

davvero significativa.

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La legge basilare del dottor Tomatis è molto nota e dice: “Non possiamo riprodurre

un suono che non udiamo”. Tale affermazione sembra non avere alcun nesso con

la difficoltà di apprendimento delle lingue straniere, ma non è così. In primis è

necessario evidenziare alcune delle differenze che vi sono tra le lingue.

Ricollegandoci all’analogia che vi è tra lingua e musica è possibile spiegare le

differenze tra le lingue con le differenze tra strumenti. Infatti, come è nota la

differenza che c’è tra il suono del pianoforte rispetto a quello di un violino, o se

vogliamo, di una chitarra, allo stesso modo è possibile percepire come l’italiano

parlato da una persona inglese o francese, per esempio, non suoni come l’italiano

parlato da uno stesso italiano. La diversa sonorità del pianoforte rispetto al violino

dipende, tra le varie ragioni, dalla produzione di armonici differenti, data dalla

diversa grandezza e forma delle casse di risonanza che permettono la produzione

del suono stesso. Allo stesso modo, ciò che differisce da una lingua all’altra sono

gli armonici. Per esempio, “la lingua inglese utilizza molti suoni ad alta frequenza,

che vanno dai 2000 ai 12,000 Hertz”, possiamo notarlo molto bene nelle parole con

le S (SeSSionS) o con TH (THanks); al contrario, la lingua francese di rado utilizza

queste frequenze. Perché la stessa lingua può suonare diversamente? Per spiegarlo

dobbiamo tornare al nostro esempio del pianoforte e del violino: come essi suonano

in maniera differente a causa della diversità delle loro casse di risonanza, allo stesso

modo l’inglese è differente dall’italiano o da una qualsiasi altra lingua poiché

produce armonici differenti, e ciò è dato dal fatto che i toni vengono generati dalle

corde vocali per poi passare dalle cavità orali, nelle quali si formano gli armonici.

La bocca funge da cassa di risonanza e, molto importante, è divisa in due dalla

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lingua, la quale determina gli stessi armonici. Ne consegue, dunque, che è proprio

la posizione della lingua che porta alle differenze tra le lingue.

Il concetto da dedurre da quanto detto precedentemente è che la maggior parte delle

lingue usa set di armonici diversi.

Le nostre orecchie, a forza di ascoltare noi stessi e le persone che ci circondano,

sono sintonizzati maggiormente sulle frequenze della nostra lingua madre. Ecco

perché sentiremo sempre dire, magari da qualcuno appena tornato da un’esperienza

all’estero più o meno lunga, che superato il periodo iniziale, poi ci si sente

perfettamente in sintonia con la nuova lingua.

Dopo vari studi ed esperimenti, Tomatis trovò la metodologia adatta per allenare

l’orecchio alle diverse frequenze, in modo da facilitare l’apprendimento della lingua

straniera. Quindi, ciò che di importante Tomatis ci fa capire è proprio che il suo

metodo si basa sull’allenamento dell’orecchio, in particolare dei suoi muscoli, per

focalizzarsi su suoni non appartenenti alla lingua madre. Ciò che dobbiamo fare è

quindi immergerci completamente nella nuova lingua, e la musica, le canzoni,

possono aiutarci nel corso di questo processo, rendendolo soprattutto più piacevole.

A tal proposito, la memoria mi rimanda ad una sera, durante la mia esperienza

Erasmus, trascorsa con gli amici alla Hofbräuhaus di Monaco, una delle birrerie più

famose al mondo, la cui tradizione voleva che ognuno seguisse la banda di musicisti

e intonasse cori tedeschi. Rimasi così affascinata dal calore trasmesso da quei cori,

che decisi di impararli.

Da quel giorno pensai che se il tedesco era una lingua difficile da comprendere e da

parlare, le cose sarebbero potute cambiare proprio grazie alla musica. Iniziai ad

ascoltare sempre più brani, a leggerli ad alta voce, imitando la pronuncia del

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cantante, migliorando di giorno in giorno la mia capacità di ascolto, di lettura, di

comprensione del testo e, perché no, l’abilità di traduzione.

Dopo poco tempo tornai in quella birreria, ma questa volta facevo parte anch’io del

coro, e allora tutti insieme, all’unisono… “Ein Prosit, ein Prosit, der Gemütlichkeit

[…]”.

Per spiegare meglio come la musica può facilitare il percorso di allenamento

dell’orecchio e di apprendimento di una lingua straniera, torniamo allo sviluppo del

bambino, in particolare quello cerebrale.

Il cervello si sviluppa lungo il corso della vita e fino ai cinque anni i due emisferi

cerebrali risultano equivalenti, per poi, ognuno di essi, dominare degli ambiti

precisi. L’emisfero sinistro dominerà le competenze logico verbali, quindi il

linguaggio, mentre l’emisfero destro sarà a capo dei linguaggi cosiddetti non

verbali, ovvero le arti, la creatività, le attività ludiche e le emozioni. Tuttavia,

numerosi scienziati hanno stabilito che apprendere una lingua è una procedura

talmente complessa che non si limita a un solo emisfero del cervello, ma consiste

nello scambio di informazioni tra l’emisfero sinistro e quello destro. Nulla di

sorprendente, se consideriamo l’elevato numero di elementi che compongono una

singola lingua. Il passaggio delle informazioni tra i due emisferi avviene grazie ai

neuroni, che mantengono tale scambio continuo e velocissimo. Nel momento in cui

si ascolta la musica per apprendere una lingua, quest’attività combinata dei due

emisferi viene talmente intensificata da favorire la formazione di nuovi neuroni e

di nuovi collegamenti neurali, creando così una maggiore elasticità mentale e un

cervello più sviluppato.

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Ciò rafforza quindi la convinzione empirica che imparare una lingua attraverso la

musica è facilitante, oltre che motivante, ma soprattutto, che è proprio lasciandoci

trasportare da essa e dalle emozioni che ne derivano che possiamo far emergere la

parte migliore di noi stessi.

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CONCLUSIONE

Come ho già raccontato, suono il pianoforte ormai da molti anni, ma nonostante

questo non l’ho mai abbandonato perché ogni volta riesce a regalarmi grandi

emozioni; è per questo che la musica rappresenta una delle mie più grandi passioni.

Oltre a questo, però, la musica mi ha dato molto altro. Grazie alle canzoni ci sono

parole, e soprattutto frasi idiomatiche, che ormai rimarranno per sempre impresse

nella mia mente, e so che se ho migliorato le mie capacità linguistiche in inglese, in

francese o in tedesco è sicuramente anche grazie a loro, perché come ho voluto

sottolineare più volte, la musica ha il potere di colpire molte emozioni umane e

presenta delle caratteristiche melodiche che si incrociano alla linguistica.

L’elaborato è stato quindi sviluppato con lo scopo di riportare alla luce le

componenti positive ma nascoste che la musica possiede e delle quali si può

beneficiare per apprendere correttamente e in modo più rapido una lingua, perché

quando musica e lingua straniera si incontrano, il nostro cervello unisce le

informazioni come in un puzzle. Il cervello, infatti, viene catturato dalle melodie e

dal ritmo che rendono facilmente memorizzabili determinate espressioni della

lingua cantata, ed è per questo motivo che imparare una lingua attraverso brani

musicali risulta essere uno dei modi più semplici, divertenti ed efficaci.

La musica favorisce determinate funzioni cognitive, rendendo possibile nell’uomo

lo sviluppo di un pensiero flessibile, intuitivo e creativo, e quindi la crescita

personale. Sono molteplici, però, anche gli effetti positivi generati sul benessere

interiore, sul nostro umore. Meglio di qualsiasi altro linguaggio riesce a trasmettere

profonde emozioni, rendendo dei semplici momenti unici e indimenticabili e

mostrando un mondo pieno di colori e di sfumature, ed è proprio questo ciò che

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riesce a farmi vivere il mio pianoforte, per esempio sulle note di Einaudi, di

Beethoven o di Chopin, che non solo mi estraniano dal mondo quando ne ho

bisogno, ma mi hanno anche accompagnato nella preparazione di molti esami,

aumentando notevolmente il mio livello di concentrazione.

Alla luce di quanto detto e approfondito, nutro la speranza che si possa lasciare più

spazio alla musica nel mondo dell’apprendimento linguistico. Ma non solo, con

questo breve elaborato si vorrebbe far nascere nel lettore la curiosità nei confronti

della musica e delle sue potenzialità inespresse, non solo durante l’infanzia, ma

nell’intero corso della vita.

Come espresso più volte, quello musicale può essere definito un vero e proprio

linguaggio, anzi, qualcosa di più: un linguaggio universale, e ciò significa che

possiede il dono di unire chiunque in questa Terra, di coinvolgerci indistintamente.

Grazie alla musica possiamo sentirci più vicini gli uni agli altri, perché del resto,

come disse lo scrittore francese Marcel Proust, “La musica è forse l’unico esempio

di quello che avrebbe potuto essere - se non ci fosse stata l’invenzione del

linguaggio, la formazione delle parole, l’analisi delle idee - la comunicazione delle

anime”18.

18 Marcel Proust, La prigioniera

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SEZIONE IN LINGUA INGLESE

TABLE OF CONTENTS

PRESS…………………………………………………………………………...64

INTRODUCTION………………………………………………………………65

CHAPTER 1. What is music?……………………....…………………..………67

1.1 Definition of music…………………………………………………..67

1.2 Effects of music on our brain – The Mozart Effect…………………...68

CHAPTER 2. What is language?.……………………………………................71

2.1 Definition of language - Saussure's dichotomies ……………………..71

2.2 Verbal language and musical language……………………………….73

CHAPTER 3. Learning……………………..…………………………………..77

3.1 Emotions and learning………………………………………………..77

3.1.1 The role of emotions in memorization ……………………...79

3.1.2 How emotions influence attention.........................................81

3.1.3 The role of emotions in the learning process………………82

3.2 Learning as children………………………………………………….84

3.2.1 The sound universe in prenatal life………………………...84

3.2.2 Why learn music from an early age………………………..85

3.2.3 The influence of music on language development................86

3.2.4 Why learn a foreign language since childhood…………….89

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CHAPTER 4. Didactics and emotions – Why teach through music…………..91

4.1 Affective reasons………………………………………………....…..93

4.1.1 Positive atmosphere and motivation……………………….93

4.2 Linguistic reasons…………………………………………………….94

4.2.1 Pronunciation and automaticity…………………………….94

CHAPTER 5. Learning foreign languages through music – The Tomatis

Method…………………………………………………………………………..96

CONCLUSION………………………………………………………………….99

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PRESS

My Erasmus experience in Munich was almost coming to the end, so my group and

I decided to spend one of the last evenings in the park. To my surprise I saw a

beautiful white piano, which seemed to be just waiting for someone to give it a

voice. My friends knew that I had been playing the piano since I was 5 years old,

so they asked me to sit down and sing for them the song that became a symbol of

that fantastic experience: "Take me home, country roads" by John Denver. I decided

to try anyway, even though I couldn't remember all the words. I put my hands on

the keys, and started to play. Without even realizing it, the words started coming

out of my mouth. After the final notes, I smiled with joy at being able to share such

a special moment with my friends, but then, on the way home, I began to think

about how much the piano had helped me to remember all the words. So I decided

to document myself and discover more, and that's how my thesis, entitled "Learning

Languages through Music", came about.

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INTRODUCTION

It is precisely on this aspect that I want to focus on, that is the great support that

music, and more specifically songs, can provide when learning a new language.

In fact, as we all know, learning a lesson or preparing an exam usually takes a little

time, while just listen to a song a couple of times to capture in our minds the rhythm,

the music and also the words.

Through the research carried out during the last academic year at the Scuola

Superiore per Mediatori Linguistici San Domenico it was possible to answer mainly

three questions: what is meant by "music", what are the analogies with the term

"language", if and how it can facilitate memorization, attention and cognitive

development, especially in relation to the process of learning a foreign language.

In the first part of the thesis will explain the concept of music and its effects on the

human brain. Subsequently, I will try to put this in relation to the concept of

language, analysing possible analogies.

The second part focuses instead on the importance of emotions during language

learning processes and how they contribute to the memorization and greater

attention of the subject.

The third part is dedicated to music learning, which from birth, especially in the

first years of life, are the most sensitive for this purpose, and will deepen the

positive effects of music in the cognitive development of the child, and therefore in

the development of language.

The intention is to make the reader curious about the incredible effects that can be

generated by an instrument available to all of us: music. It is a great resource,

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especially in the world of education and personal training from the cognitive and

linguistic point of view, and for this reason can make the teaching of a foreign

language more effective.

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1. What is music?

In the following chapter I want to try to provide a possible definition of the term

"music", specifically analysing the relationship between it and the human brain.

1.1 Definition of music

Providing a univocal definition of music is quite impossible, since each historical

era defines its essence.

The musicologist Jad Abumrad has however managed to give a really clear and

exhaustive explanation of what music is. He states that it is a language, an

exceptional form of communication, which, however, unlike a normal language

such as Italian or English, has the characteristic of being universal, can be heard by

anyone and is able to convey countless emotions and sensations.

Music is everywhere we are, and we can recognize it for example in a drop that

falls, in the cry of a child, in the waves of the sea. However, what makes it really

special is that it is able to join one another, to make us smile and to comfort us if

we need it.

A clear example is the situation that we are living today: Italy closed at home

because of the coronavirus raises its head and looks out from the balcony to sing

against fear and inspire courage. The solemn notes of Mameli's Hymn have

resonated all over the peninsula, because music, often, can save us.

We can define music as an aggregative experience because "whenever humans

come together for any reason, music is there: weddings, funerals, graduation from

college, men marching off to war, stadium sporting events, a night on the town,

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prayer, a romantic dinner, mothers rocking their infants to sleep ... music is a part

of the fabric of everyday life."19.

1.2 Effects of music on our brain – The Mozart Effect

Music is as powerful as a drug. And it's no joke! In fact, it has been shown that the

musical stimulus produces the same effect as a psychoactive drug in our body,

causing it to release dopamine into the brain.

First of all, we can say that listening to music is a multi-sensory experience, ranging

from simple sound perception, through the auditory system, to a more complex

emotional experience. In fact, once processed the sound inside our brain, it is able

to influence our emotions and acts causing different psychophysical reactions:

music can evoke an event, an image, a historical period or a particular mood. Music,

in fact, is not only an artistic activity, but also and above all the only form of

communication able to evoke and reinforce emotions. Thanks to it you are moved,

you smile, you get angry: in other words, you identify with what the notes and the

words associated with them express. Probably, precisely in self-identification lies

the main reason why the human being is able to feel emotions of various kinds. In

this regard, in an article dated 1992, Tim Murphey notes that "Although our logic

tells us that it is not possible that we are being addressed directly, subconsciously

(and perhaps illogically) we may receive the messages as directed toward us".

Music, therefore, and in this case songs, although in themselves are depersonalized

19 Daniel Levitin, 2008

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and addressed to a wide audience, can be perceived by the listener as a

representation of his or her own life, as if they had been written specifically for a

particular subject.

As we all know, there are many different genres and styles of music that cause

sometimes very different effects on the individual.

Listening to jazz, for example, generates in our mind feelings of well-being such

as calm and relaxation. A real antidepressant is instead rap, which thanks to its

rhythm is among the musical genres that the mind perceives as contrary to all

psychic disorders. A good dose of joy, good humour and cheerfulness comes,

instead, from listening to country music. A recent study carried out by Humboldt

State University has shown, instead, how the beneficial effects of metal music

would be based on increasing self-esteem and the feeling of belonging. Real energy

sources are pop and rock, perfect to give the right load to the days. Other beneficial

effects come from listening to classical music that seems to have a calming and

relaxing character. From direct experience, in fact, I can only confirm it; every time

I feel the need to disconnect my brain, I sit on the stool of my piano and start

playing. My mind begins to get carried away by the notes of Chopin's Nocturne or

Beethoven's Moonlight Sonata, and immediately a feeling of lightness takes over,

so much so that I close my eyes and start dreaming.

In fact, classical music has been proven to help combat criminal acts. Tested in

various stations in London, it has helped to reduce the number of vandalism,

robbery and physical assault by a percentage ranging from 25 to 37%.

However, the effects of music on the individual are not only linked to the emotions

it arouses. Let's talk for example about the famous Mozart Effect, which shows

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that music is closely related to learning and creativity. In a study conducted in 1993,

two physicists20 showed that young people had achieved better results in reasoning

tests by listening to a particular Mozart sonata: the famous K448 piano sonata,

which temporarily increased the listener's IQ by 8-9 points.

Another experiment, carried out at the University of Montreal by Isabelle Peretz,

also demonstrated some modifications induced by music on various physiological

parameters, such as blood pressure, heart rate and electrical conduction of the skin.

Another field of particular interest is health care, where music is used to improve,

maintain, or recover cognitive, emotional, and social functions, and to slow down

the progression of certain diseases. The so-called musicotherapy is particularly

useful in the case of patients suffering from motor or dementia disorders and

children with special abilities: since it activates almost all regions of the brain,

music is mainly used to recover linguistic and motor activities.

20 Gordon Shaw and Frances Rauscher

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2. What is language?

Another interesting aspect certainly concerns the relationship between music and

language.

If in the early civilizations music was more linked to science and religion, as years

go by it became an instrument of communication of one's feelings and one's

interiority.

With this premise, I will then analyse the term "language", and then highlight the

analogies between verbal language and musical language.

2.1 Definition of language - Saussure's dichotomies

Very often we confuse the two terms “communication” and “language”, and for this

reason it is important to point out that by human communication we mean man's

ability to communicate thoughts, feelings, moods, emotions and to express himself

through a complex code, that is language. Language is in fact a system of vocal

signs, a set of morphological, phonetic, syntactic and lexical conventions that

regulate linguistic acts within each community.

It is possible to distinguish three types of communication:

Verbal communication

The paraverbal communication

Nonverbal communication

By verbal communication we mean the content, i.e. the set of words, everything

that is said when a conversation takes place. On the other hand, the paraverbal

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communication deals with the way all this is said, and therefore takes care of aspects

such as tone, intensity, volume and rhythm. Finally, by nonverbal communication

we mean body language, i.e. facial mimicry, gesture, gaze, clothing, posture, which

is the most incisive of the three types of communication.

In order to explain communication and its components in a more exhaustive way, I

would like to refer to a personality that I had the pleasure to deepen during my

university lectures: the Swiss linguist Ferdinand de Saussure, considered one of the

founders of modern linguistics and pioneer of semiology, a discipline that studies

the sign, in its structure and in the way it is interpreted.

Saussure, in his book “Course in General Linguistics”, considered the most

complete summa of Saussure doctrines, speaks of language as a system of signs that

can be represented through dichotomies, i.e. pairs of opposite notions, the most

important of which is the langue/parole21dichotomy. They are two inextricably

linked words, which must be considered as two interdependent aspects of the same

phenomenon: communication.

By the term "parole” we mean the concrete use of the language, the individual

aspect of language, which refers to the individual execution. It is the expressive act,

the external manifestation of langue by individuals belonging to the speaking mass.

La langue, instead, is the whole system of language, the system that is common to

all, that precedes and makes speech possible, is a set of shared meanings and

signifiers.

Another important dichotomy described by Saussure is the synchrony/diachhrony

dichotomy. Synchronic linguistic studies the structure of language at a given time.

21 Language/speech

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Diachronic linguistic studies the evolution of language over time, its historical

dimension.

La langue is synchronic, but la parole is connected to the diachrony, because it is

the basis of all changes. In fact, it is precisely the adoption of new words by the

entire community that changes the language, that is, the system.

We can therefore understand that without the individual realizations (parole)

language could not exist either, so the word presupposes the presence of language

and vice versa.

Now, let me talk about a third dichotomy, that is the signifier/signified dichotomy.

Ferdinand de Saussure states that every language is a system of signs and every

linguistic sign is a psychic entity with two faces, the signifier and the signified,

which unites concept and acoustic image. According to Saussure, the signified

represents the absent entity, the idea or meaning of the world, while the signifier

represents the present, physical entity in the world.

After providing a definition of the term "language", which in its broadest sense

represents a set of codes that transmit information, a symbolic system with

expressive and communicative capacity, can we say that music is a language?

2.2 Verbal language and musical language

To answer the previous question, we recall the famous work of the musicologist

and composer Deryck Cooke of 1959, "The Language of Music". Cooke uses the

expression "musical terms" to refer to words that can be found in combinations of

two or more notes that form short sentences, which are the basic terms of musical

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vocabulary, and therefore associates certain meanings to certain musical

compositions. If they are juxtaposed, these single "vocabulary" interact with each

other: in a greater downward trend you will have a passive feeling of joy, benefits

will be welcomed and you will feel comfort, consolation and reassurance, if then

this path ends on the tonic, considered as the resting point, you will have the feeling

of having returned home.

Therefore, music turns out to be a language no less important than the visual, bodily

or verbal one, able to express ideas, concepts, feelings of each individual.

It is no coincidence that Mauro Mancia (1998), considered one of the fathers of

neuroscience in Italy, states that musical language is a metaphorical language with

a higher power than the spoken one, because it is in direct connection with emotions

and feelings.22

In the same field, the university professor Francesco Giannattasio (1994) supports

the idea that music intervenes where language proves insufficient, to express a field

of mental life that goes beyond the potential of speech.

Often, the mistake is made of linking the message of a song to the content of the

lyrics alone, but a part of the message is always enclosed in elements other than the

lyrics, which is not even indispensable for a musical composition to have a

meaning. Just think of all the works of classical music that, even if they are only

instrumental, still have a title, which proves that they also contain a concept and

convey an emotion, an idea or an image. For example, I immediately remember the

Italian pianist and composer Ludovico Einaudi, whose compositions I couldn't help

22 Mauro Mancia, Psicoanalisi e musica. Riflessioni psicoanalitiche sul linguaggio musicale

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but learn, such as "Nuvole Bianche", "Le Onde", "Oltremare", or "Primavera",

which from the very first notes manage to make us dream, freeing our imagination.

Middleton (1990) distinguishes the "primary signification", which is internal to the

music and which has to do with the relationship between the notes and the formal

structure, from the "secondary signification" which concerns precisely the emotions

and images that the music itself evokes.

There are different musical languages in the world, but the universal one is called

"tonal system", that is a set of rules that reduce the almost infinite combinations of

sounds that can be obtained with any instrument to a finite subset of them that our

nature considers pleasant and satisfying. This set of rules therefore describes the

language of music, just as grammar describes a spoken language.

Numerous studies23 have shown that music and language have many characteristics

in common, both from a formal and behavioural point of view. Both are

particularities peculiar to man, they are heard through hearing and expressed

through voice, both language and music have the ability to form endlessly different

sequences, generally both are represented through a written representation

consisting of graphic symbols, and in both cases it’s about means of communication

aimed at transmitting messages of different types.

Another similar point can be found in phonetics: music includes a series of distinct

musical notes, or tones, while the spoken language includes a flow of phonemes

connected to each other.

Just as in order to hear music it is necessary to listen to the individual notes

combined at their own rhythmic value, in the same way it is necessary to process

23 Karolyi, O. (2000). La grammatica della musica. Einaudi.

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individual phonemes associated with the pitch of the voice to understand a sentence.

Thanks to these process similarities, our brain processes music and language in a

similar way.

The reasoning just concluded therefore provides direct evidence of how much

music is a real language.

However, it is not a simple language, but a universal language.

Music is a universal language because of the way it is written, i.e. using a universal

language, the graphic language. Music also has the fantastic property of uniting

peoples. If you just think for a moment about this aspect, you may be amazed at

how much a simple musical composition can make a people identify or be heard at

the same time in very distant places on Earth. When we are in a group, almost

immediately, albeit involuntarily, we turn the music on, to make the members of

the group even more united. In fact, music guarantees social cohesion and the

synchronization of the mood of the members of a group, thus favouring the

preparation of collective actions.

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3. Learning

3.1 Emotions and learning

Those who attend school or university know very well that it usually takes a while

to learn a lesson well or prepare for an exam, while just listen to a song a couple of

times to capture in our minds the rhythm, the music and even the words.

Why does this happen in our minds? Why music can make us remember things?

We often talk about the fact that our memory works through images, and that it is

much easier to remember through them.

However, in this case, even if we don't realize it, there is something else that acts

on our brain: emotions.

The theme of emotions undoubtedly represents one of the most in-depth studies in

the human sciences, especially since we have begun to consider emotions as the

basis of individual and social behaviour, thanks to the contribution of sociological

and psychological studies. Their contribution, in fact, is evident in the intellectual

and cultural development of the individual, as well as in the range of their functions

in the neurophysiological, affective, cognitive and motivational fields.

Emotions play an important role in the life experiences of each of us, as they

represent the motive behind our behaviour. All our actions depend on the emotions

we feel and receive from the outside world. They form the basis of our identity,

determining our choices and thinking, and also influencing our knowledge.

Emotions are reactions to an external stimulus, and are able to cause changes at

three different levels:

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physiological: which includes physical phenomena throughout the body

(changes in breathing, blood pressure, heartbeat, muscle tension, influence

in digestion, pupil dilation and so on);

behavioural: emotions determine different facial expressions, posture, tone

of voice and above all certain reactions instead of others;

psychological: subjective sensation, alteration of self-control and cognitive

abilities.

It can therefore be said that reason and emotion are not two opposite poles, but on

the contrary, they are closely connected.

Therefore, unlike what one might think, it is not only with intelligence and

rationality that one succeeds in learning, because an equally important role is played

by emotions.

These contribute to learning success, to the internalisation of knowledge and

meanings, to the improvement of the personal experience of the adult who learns,

transfers and applies the results of what he or she has learnt in his or her professional

environment.

Unfortunately, this was not understood for a long time and emotions were banned

in schools, because they were not objectively measurable and because they could

hinder the way of teaching, but today, thanks to numerous studies, it has been

demonstrated how important the emotional and affective aspect is in

communication, in social interaction, in school learning, because it has finally been

understood that the human being is a totality of rationality and emotionality, and

that in this perspective he must be educated and must learn to learn.

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In this regard, the psychologist-philosopher-pedagogist Jean Piaget (1896-1980),

noting the importance of emotions, states that for the harmonious development of

the personality of those who learn, an interaction between cognition and affectivity

is necessary, because of the close parallelism that exists in human thought between

the affective and intellectual levels. Piaget explains in "The Origins of Intelligence

in Children"24 that starting from the pre-verbal period there is a close parallelism

between the development of affectivity and the development of intellectual

functions, since these are two indissoluble aspects of every action: in every

behaviour, in fact, motivations and energetic dynamism depend on affectivity,

while techniques and the adaptation of the means used constitute the cognitive

aspect. There is no purely intellectual action, nor purely affective acts, but always

and in any case, both in the conduct relating to objects and in that relating to people,

both elements intervene, since one presupposes the other.

3.1.1 The role of emotions in memorization

When something astonishes us, we remember it instantly, and with every episode

we have experienced first-hand, we are probably able to link a very strong positive

or negative emotion.

Emotions play a very important role in the memorization process and it is therefore

possible to say that memorization is facilitated if the individual feels emotionally

involved. It is precisely this connection that gives emotions a crucial importance in

24 New York: International University Press, 1952

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learning. This is possible because the strength of memories depends on the degree

of emotional activation induced by learning, so experiences lived with a medium-

high level of emotional participation are catalogued in our mind as "important" and

have a good chance of being later remembered.

Using our senses to memorize and learn is the best and most innovative method also

to learn a foreign language. In fact, the more senses are involved in the experience,

the more effective the learning will be compared to learning only by reading and

listening.

The use of all the senses to learn, memorizing information, plays a fundamental role

in learning as it arouses emotions and memories that settle long in the memory, thus

promoting motivation to study. Our brain continuously selects positive and negative

stimuli and decides whether to remember or forget. This link between memory and

emotions is very strong in learning.

You do not learn, do not understand and do not remember without motivation, and

for pupils to work and think with interest, they must be motivated.

We can remember by doing and understanding, but we cannot do and think without

loving what we do and think.

Edgar Dale, an educator and professor at Ohio State University, sensed that memory

is deeply influenced by his own experiences, and he also believed that after two

weeks we are able to remember 10% of what we read, 20% of what we hear, 30%

of what we see, 50% of what we hear and see, 70% of what we say and 90% of

what we say and do. This would be due to the fact that the greater involvement of

the individual occurs during the integration of information with motor involvement,

and this facilitates learning.

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Therefore, in order to involve students in every activity in the classroom and make

learning active, students must involve all their senses. It is an innovative and

intuitive method specially to learn a foreign language. The concept of "Learning by

doing" raises the level of involvement by increasing attention and memorization

through pupils' emotional intelligence.

Pupils memorize and learn more information from what they do, as opposed to what

is heard, read or observed. Learning, therefore, should be active and not passive.

3.1.2. How emotions influence attention

The ability of pupils to pay attention is undoubtedly one of the pillars on which

learning, and in particular language learning, is based. In fact, if we listen to a lesson

but are completely distracted, it will be like not having participated in it, because

the brain will not have stored any information. In an attempt to provide a definition

of the term "attention", the American psychologist William James in 1890 stated

that "Everyone knows what attention is. It is the taking possession by the mind in

clear and vivid form, of one out of what seem several simultaneously possible

objects or trains of thought... It implies withdrawal from some things in order to

deal effectively with others and is a condition which has a real opposite in the

confused, dazed, scatter-brained state"25. Therefore, attention would then be that

phenomenon by means of which we actively process a limited amount of

25 William James. The Principles of Psychology

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information, starting from the enormous quantity of stimuli we get through the

senses or memories.

Therefore, it is evident the importance of attention within a learning environment

such as school, where continuous stimuli are presented by the teacher: in order to

capture the right input during the whole hour, it is essential that the level of attention

of the students is high and sustained over time. Many research reveals that there is

a tendency to pay more attention to events that are appropriate to our emotional

state and, consequently, to learn information in tune with our emotions more easily.

Thus, the emotional state can influence the cognitive processes of memory,

attention and learning.

Emotions, precisely, attract attention. An emotionally intense event, which we have

lived or experience in our mind thanks to the power of visualization, is memorized

and has far more positive effects than any other event experienced or visualized

without any emotional involvement.

3.1.3. The role of emotions in the learning process

As we just said, we learn better when we're emotionally involved.

Among the many studies in the field, particularly interesting is that of the American

psychologist and academic Howard Gardner (1943 -).

Gardner gives a lot of importance to the emotions that the learner feels during a

course of study: the student who discovers a new world with enthusiasm and is

stimulated in his curiosity, will learn more successfully and with less effort than an

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imposed task that he considers uninteresting. This happens because each of us is

kidnapped more by what reflects our interests, our passions, our expectations. The

American academic claims, in fact, that if certain knowledge is to be internalized

and subsequently used, it must be placed in a context capable of arousing emotions.

On the contrary, experiences without emotional appeal will be scarcely involving

and will soon fall into oblivion, they will automatically abandon us without leaving

any mental representation.

Other social scientists have also dealt with the relationship between learning and

emotions, such as the psycopedagogist Benjamin Samuel Bloom (1913-1999).

He believes in a close relationship between affectivity, motivation and learning,

since affective and motivational variables exert a relevant action in the processes of

knowledge, understanding and socialization that take place in the school

environment.

It is certainly easier to learn when we feel positive emotions. In fact, notions are

fixed in the brain together with emotions. By learning with curiosity and joy, the

lesson is engraved in the memory. On the contrary, learning with boredom, fear,

anxiety, pressure, the alert is activated, and the only will is to erase that moment

from memory. This happens because the mind is programmed to defend itself from

painful experiences and memories, so negative emotions condition the ability to

study, making learning less effective and lasting.

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3.2 Learning as children

3.2.1 The sound universe in prenatal life

Not everyone is aware of this but, in children learning begins even before their birth,

especially sound learning. Hearing, in fact, is the first of the five senses that

develops in the foetus.

The foetus, therefore, with the development of hearing, already begins to perceive

and appreciate music, but first of all it is the mother who, listening to music during

pregnancy, gets a moment of well-being and serenity that, of course, also feels the

baby and makes him feel good.

Andrea Apostoli, president of the Gordon Institute for Music Learning (GIML), an

institute that deals with developing and making known the Theory of E. Gordon

that I will talk about later, during an interview explain that with regard to the child,

we must remember that musical learning begins in the womb. Just as for language,

for which research has established that it is during pregnancy that the child already

develops synaptic connections in the brain to prepare him to speak, so for music the

foundations will be laid in that period. The richer the sensory experiences that we

will offer him in utero are, the more we will predispose him to such learning.

It has been proven through extensive research26 that the foetus has reactions to

sounds and music even when it is still in the mother's womb, such as changes in

heartbeat and body movements.

An innovative study published in "Proceedings of the National Academy of

Sciences" by the Institute of Behavioural Sciences of the University of Helsinki in

an extensive collaboration of Finnish, Dutch and Danish institutes has reported that

26 Emile Jacques Dalcroze. Il ritmo, la musica e l’educazione.

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sounds perceived by the foetus can influence the development of the child's brain

and consequently future language skills. It has also been shown that the foetal brain

is able to learn and, if stimulated, undergoes structural and proper mutations of

neuronal connections that can influence language development during childhood.

3.2.2 Why learn music from an early age

To know the advantages of studying music we could mention Rosa Agazzi,

pedagogist and not only, who attached great importance to children's singing as a

contributor to language and motor learning in children. It has therefore been proven

several times that the study of music would lead to an improvement in brain

development, particularly if undertaken between the ages of six and eight, an age

period defined by various researchers as "sensitive window".

Concordia University in Montreal conducted research which confirmed that

learning to play an instrument in childhood would facilitate the acquisition of motor

skills, especially in terms of coordination and fluency. During this famous study 36

adult musicians underwent a particular brain resonance during a motor test. Half of

the participants had started playing before the age of eight, the other half later. The

resonances showed that those who had started studying music early had matured

more brain connections.

Few are aware of this, but around the age of nine, once the brain has matured, it is

no longer possible to influence the musical potential of the child. Precisely for this

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reason we must emphasize the importance of starting the musical education path

already in neonatal, if not even prenatal age.

Now I want to talk about a researcher and great scholar of the United States, Edwin

E. Gordon, already mentioned above, who, through numerous studies, has

discovered that a good musical education allows to develop other aspects such as

the communication of feelings and emotions, facilitates concentration, promotes

cognitive and social skills, can prevent problems related to language, facilitates

tactile and kinaesthetic perception and influences the learning of syntax and

prosody. Gordon, in fact, maintains that musical learning takes place in a similar

way to linguistic learning: both are proposed to children initially indirectly and then

directly. Therefore, even musically speaking, the child learns spontaneously

through the process of imitation and interaction, and this confirms the fact that

music is a real language.

3.2.3 The influence of music on language development

As we have already said, music and language learning are closely interlinked. I still

remember my first piano lesson, when I was just 5 years old and I learned my first

little song: "Fra' Martino Campanaro". My teacher started singing the notes written

on the pentagram, instead of reading them. At the time I thought it was just her way

to introduce me into the world of music with a smile, but to this day, if I think back

to that composition, my mind automatically starts singing that sequence of notes.

Even when I taught this song to my little cousin, it was natural for me to sing the

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notes instead of just reading them. It's clear that that method, which when I was 5

years old I thought was only pleasant, has now turned out to be a much more

powerful instrument, which has forever imprinted those notes in my mind.

To demonstrate once again this link between music and language, we can mention

a study made by the Centre for Cognitive Neuroscience at the University of Torku,

Finland, which aimed to study in children the relationship between musical skills

and the pronunciation of words in a foreign language. As a result, children who

possessed more skills than knowledge of the foreign language also had better

musical performances. This study, like many others, again suggests that language

and music learning could be based on common neural mechanisms.

Other research has shown that language and music are made up of sequential

structures based on syntax rules. Scholars have confirmed the fact that children who

experience difficulties in language show just as many difficulties in the processing

of musical syntax; it is therefore evident that they, apparently different, are actually

more similar than one might think. Precisely for this reason, many experiments have

confirmed the positive influence of musical education in the processing of

language, thus defining it as a skill closely related to musical training.

An important study led by the director of the Laboratory of Auditory Neuroscience

Nina Kraus and a group of researchers at North-western University, through tests

proposed to a hundred high school students, confirmed the close relationship

between language ability, sense of rhythm and music. From this experiment it was

found that the children who were better at keeping the rhythm were also those who

pronounced the syllables in the best way.

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The researchers came to the conclusion of how useful a musical education in

children is, with a special focus on rhythm, to help the auditory system become

more efficient, so that the child can achieve more solid sound-meaning associations,

which are fundamental for both learning and reading skills.

In addition, the use of songs and nursery rhymes in language learning has proven

to be quite effective, as they allow the use of strategies to reduce the complexity

and difficulty of perceived structures. Such systems are real sound structures

consisting of an evident segmentation, unlike a prose text. In this regard, I cannot

help but recall the nursery rhyme thanks to which I learned and memorized the

German alphabet, and which still resonates in my memory today: "ABC - Das

Alphabetlied".

Mutter hör nur, was ich kann,

pass gut auf, ich fang jetzt an:

A B C D E F G

H I J K L M N O P,

Q R S T U V

W X Ypsilon und Zett,

fertig ist mein Alphabet,

hör doch nur wie leicht das geht.

Das war unser Alphabet, hör noch einmal, wie es geht:

A B C D E F G

H I J K L M N O P,

Q R S T U V

W X Ypsilon und Zett,

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fertig ist mein Alphabet,

hör doch nur wie leicht das geht.

A B C D E F G

H I J K L M N O P,

Q R S T U V

W X Ypsilon und Zett.

In fact, there are many scholars who have declared the influence of songs in learning

and reading positive, and who have stressed the importance of fostering learning

through intrinsic motivation, that is the kind of motivation that comes directly from

the individual, from his pleasure and curiosity, that a song can easily provoke.

Songs are very useful in reading, not only because of the motivation they trigger,

but also because they put both hemispheres of the brain into operation, exposing it

to music and words at the same time.

3.2.4 Why learn a foreign language since childhood

In recent years it has been proven over and over again, also as a result of a large

number of studies and experiments27 by neuro and psycholinguists, that early

learning of a foreign language is much more effective and efficient than late

learning.

27 Cristini C., Ghilardi A., (a cura di), Sentire e pensare. Emozioni e apprendimento fra mente e

cervello, Springer, Milano 2009.

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It has been confirmed that the earlier children are exposed to the foreign language,

the better the chances they have of speaking and learning it correctly, the more

natural it is for them to understand and speak the language.

Many parents believe that one can only start teaching a new language to their child

after the age of three because they are afraid that the child will become confused or

disadvantaged in the mother tongue, but these are unfounded prejudices and fears.

Adults, in fact, are bound by their cultural background when listening, but at just a

few months old children can distinguish any sound of any language.

Furthermore, language researchers say that new-borns pay more attention to

novelties, i.e. they are naturally attracted to new languages, which they listen to

less. Therefore, even when the child is only a few months or a few days old,

listening to two languages instead of one is for him a not only linguistic, but also

cerebral wealth.

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4. Didactics and emotions - Why teach through music

First of all, let's try to define what is meant by didactics. The term didactics refers

both to the activity of the teacher and to the reflection and operational planning

related to the teaching, to the definition of guidelines, conditions, operating

methods that we believe can ensure training effectiveness.

If adequately enhanced by teaching, emotions can become a resource, as well as the

content of the training action, because the student not only thinks and elaborates,

but "feels" and participates.

In order to carry out an emotional education, it is fundamental to have the existence

of the child as a whole as a primary objective. This includes the social development

of the person, a dimension that deals with the emotional development and the

effectiveness of the child's relationships with others.

From the considerations set out so far, it follows that teaching, in order to be

effective, must include the emotional dimension in its processes, paying maximum

attention to the inner space of the individual.

Emotion and excitement make the training closer to people, strengthen their

stratagems, practices, orientations. The circulation of positive emotions generates

further positive emotions, and being aware of this process means to start a path

towards the enhancement of emotions and the maximum attention to people in

training and their learning.

This passage from the essay "Emotions: Patrimony of the person and resource for

training" by Ambra Stefanini, PhD in Pedagogical, Educational and Training

Sciences at the University of Padua, well encapsulates the thesis that emotion must

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be propaedeutic and sedimentary of learning, so it must be incorporated into

teaching.

School education must in fact be oriented towards the emotional wellbeing of the

student, creating serene learning environments capable of stimulating positive

emotions: these are the most fertile ground for building any form of learning. The

teacher must therefore involve, enhance the individual, who together with others

creates a group, and invite active participation, also using tools other than books,

such as films, music, beauty, stories, sports, group work, but also outings and

guided tours.

Summing up what has been said so far in this path of reflection, we can assert that

emotions play a fundamental role in teaching, becoming an important resource for

training. Leaving room for emotions during training, it becomes more effective,

closer to the person, deeper and more meaningful.

If I have focused on this aspect so far, l am now introducing one of the best

generators of emotions that can be used in a school environment: music.

It is common for all to see how much more a text accompanied by music remains

in the memory than a text in prose, and it is equally common how children

themselves are facilitated by this practice in remembering. One of the reasons for

this is that, as we have said before, we remember better when what we have to learn

has a strong impact on ourselves. This is the reason why music is one of the best

tools for learning new words, or rather, in our case, a new foreign language, as it is

able to express emotions that listeners perceive, recognize, or are emotionally

touched by. Moreover, with the repetition of sonorous texts, the language is

increasingly consolidated and memorization is facilitated compared to a prose text

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without a musical rhythm. It is clear that the lyrics used must be simple, with

various repetitions and the sentences must not be too complex, but rather essential

and concrete to allow a better understanding, and above all memorization.

4.1 Affective reasons

4.1.1 Positive atmosphere and motivation

For very young children the best way to learn a foreign language is through a natural

process, spontaneously encouraged to speak and think in the foreign language. This

certainly has priority over grammar, syntax and thus the formal structure of the

language.

So, what could be one of the best methods to teach a child a foreign language, if not

play and musical activities?

These are precisely the tools capable of creating a smile on each child's face, of

creating a positive and relaxed atmosphere around them, and above all, of

predisposing them to educational activities.

In fact, the belief that teaching children a foreign language with musical activities

stimulates real language learning has now been consolidated. It is necessary to put

the children at ease during this process, for example by using activities and games

characterized by movement, music, but above all by the playful aspect, which is

absolutely necessary to make language learning enjoyable and to motivate the

children themselves. Music and movement make foreign language learning

interesting, exciting, but above all it is an effective method, as their cooperation

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increases cognitive development, since, as we already know, music stimulates

language learning, while movement strengthens information retention.

There are still many positive effects of the use of songs, which, in fact, prove

capable of creating conditions of psycho-emotional tranquillity and, above all, a

less anxious situation in the classroom. Given such a psycho-emotional disposition

of the learning environment, language acquisition can also take place through a self-

directed willingness to learn, which is destined to grow and remain firm, if properly

maintained.

The songs also represent an element of variation compared to the usual didactic

activities proposed in the classroom, thus favouring motivation and stimulating the

students' desire to discover, nourishing in them the pleasure of variety and

preventing the pleasure of learning from decaying.

4.2 Linguistic reasons

4.2.1 Pronunciation and automaticity

The songs encourage, especially in the case of foreign languages, the phonetic

dimension, which certainly plays an important role in communication. In order for

communication to be as smooth as possible, it is necessary for the learner to know

and master the phonetics of the foreign language, continuing to practice and perfect

it. In this regard, the songs offer a didactic advantage, primarily because they allow

the learner to assimilate and reproduce certain sounds, often different from his or

her mother tongue, which are often repeated in the lyrics.

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In addition, the songs make it possible to work on prosody. In spoken language, the

term "prosody" refers to the modulation, intonation that is given to a word when

pronouncing it, and the traits in question are: intensity, duration, intonation and

timbre.

Moreover, thanks to some peculiarities present in songs, they can help to fix in the

memory some linguistic structures on the syntactical, lexical and semantic level. In

fact, the recursion of the verses, chorus and rhymes, together underlined by rhythm,

contribute to the formation of a cyclic and repetitive pattern, which facilitates their

memorization. Such repetitions favour automaticity on the part of the learners, i.e.

a reaction to a stimulus that occurs rapidly and without thinking, and concerns

above all the typical structures of the foreign language.

Finally, the songs are real basins of words and idiomatic expressions. In fact, at

their inside, we can often find some linguistic traits related to culture and

characteristics that bring back the authenticity of everyday language.

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5. Learning foreign languages through music - The Tomatis Method

Learning a new foreign language can often seem like an insurmountable obstacle,

but have you ever wondered why? What makes a language different from ours so

difficult? The doctor and researcher Alfred Tomatis provided an answer to this

question, stating that the basic difficulty is that every language other than its own

contains sounds that the ear is not used to perceiving, precisely because they are not

contained in the mother tongue.

After numerous experiments and research, he created his own method, called the

"Tomatis Method", which has the function of training the student's ear before

starting to learn a language.

In fact, Dr. Tomatis' basic law is well known and says: "We cannot reproduce a

sound that we do not hear". This statement seems to have no connection with the

difficulty of learning foreign languages, but it does not.

First of all, it is necessary to highlight some of the differences that there are between

languages, and by reconnecting to the analogy that there is between language and

music it is possible to explain the differences between languages with the

differences between instruments. In fact, as the difference between the sound of the

piano and that of a violin or guitar is known, in the same way it is possible to

perceive how the Italian spoken by an English or French person, for example, does

not sound like the Italian spoken by the same Italian.

As for musical instruments, what differs from one language to another are the

harmonics, in fact, as each instrument plays differently because of the diversity of

their resonance boxes, in the same way English is different from Italian or any other

language because it produces different harmonics.

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Our ears, by dint of listening to ourselves and the people around us, are more tuned

to the frequencies of our mother tongue, and in this way all the other languages will

seem difficult to reproduce, precisely because most languages use different sets of

harmonics.

After various studies and experiments, however, Tomatis found the right

methodology to train the ear to the different frequencies, in order to facilitate the

learning of the foreign language. What he teaches us is to completely immerse

ourselves in the new language, and music and songs can help us in this process,

making it especially more enjoyable.

In this regard, my memory reminds me of an evening, during my Erasmus

experience, spent with friends at the Hofbräuhaus in Munich, one of the most

famous breweries in the world, whose tradition was for everyone to follow the band

of musicians and sing German choirs. I was so fascinated by the warmth of those

choirs that I decided to learn them.

From that day on, I thought that if German was a language difficult to understand

and speak, things could change thanks to music. I began to listen to more and more

songs, to read them aloud, imitating the singer's pronunciation, improving day by

day my ability to listen, to read, to understand the text and, why not, to translate.

After a short time, I returned to the brewery, but this time I was part of the choir

too, and so all together, in unison... "Ein Prosit, ein Prosit, der Gemütlichkeit [...]".

To better explain how music can facilitate the training of the ear and the learning

of a foreign language, let's go back to the development of the child, particularly the

cerebral one.

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The brain develops over the course of life and until the age of five the two cerebral

hemispheres are equivalent, and then each of them dominate specific areas. The left

hemisphere will dominate the verbal logic skills, therefore the language, while the

right hemisphere will be at the head of the so-called non-verbal languages, i.e. the

arts, creativity, play activities and emotions. However, many scientists have

established that learning a language is such a complex procedure that it is not

limited to a single hemisphere of the brain, but consists in the exchange of

information between the left and right hemispheres. The passage of information

between the two hemispheres takes place thanks to neurons, which keep this

exchange continuous and very fast. When listening to music to learn a language,

this combined activity of the two hemispheres is so intensified that new neurons

and new neural connections are formed, thus creating a greater mental elasticity and

a more developed brain.

This therefore reinforces the empirical belief that learning a language through music

is facilitating, as well as motivating, but above all, that it is precisely by letting

ourselves be carried away by it and the resulting emotions that we can bring out the

best in ourselves.

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CONCLUSION

As I have already said, I have been playing the piano for many years now, but

despite this I have never quit it, because every time it manages to give me great

emotions, for example on the notes of Einaudi, Beethoven or Chopin, which not

only estrange me from the world when I need, but have also accompanied me in the

preparation of many exams, greatly increasing my level of concentration.

However, apart from that, music has given me much more. Thanks to the songs

there are words, and especially idiomatic phrases, that will now remain forever

imprinted in my mind, and I know that if I have improved my language skills in

English, French or German it is surely also thanks to them, because as I wanted to

emphasize several times, music has the power to affect many human emotions and

has melodic characteristics that cross with linguistics.

The work has been developed with the aim of bringing to light the positive but

hidden components that music possesses and from which one can benefit in order

to learn a language correctly and more quickly, because when music and foreign

language meet, our brain unites the information like a puzzle. The brain, in fact, is

captured by the melodies and rhythm that make it easy to memorize certain

expressions of the sung language, which is why learning a language through music

is one of the easiest, fun and effective ways to learn a language.

In the light of the above, I hope that we will leave more room for music in the world

of language learning, but also throughout life, because music is a universal

language, and this means that it has the gift to unite everyone in this Earth, to

involve us indiscriminately.

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Thanks to it we can feel closer to each other, because, after all, as the French writer

Marcel Proust said, “I wondered whether music might not be the unique example

of what might have been - if the invention of language, the formation of words, the

analysis of ideas had not intervened - the means of communication between

souls.”28

28 Marcel Proust, The Captive & The Fugitive

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SEZIONE IN LINGUA TEDESCA

INHALTSVERZEICHNIS

VORWORT……………………………………………………………………103

EINLEITUNG………………………………………………………………....104

KAPITEL 1. Was ist Musik? ………………………………....……………….105

1.1 Definition von Musik……………………………………………….105

1.2 Wie Musik auf unser Gehirn wirken kann: Der Mozart-Effekt…...…106

KAPITEL 2. Was ist Sprache?......................................................................... 107

2.1 Definition von Sprache – Die Dichotomien von Saussure…...………107

2.2 Verbale Sprache und Musiksprache…………………………………109

KAPITEL 3. Der Lernprozess……………………..………………………….112

3.1 Lernprozess und Emotionen………..……………………………….112

3.1.1 Die Rolle der Emotionen beim Auswendiglernen…………113

3.1.2 Wie Emotionen die Aufmerksamkeit beeinflussen…….….114

3.1.3 Die Rolle der Emotionen im Lernprozess…………………114

3.2 Lernen in der Kindheit……………………………………………...115

3.2.1 Das Klanguniversum im vorgeburtlichen Leben…………115

3.2.2 Warum sollte man Musik schon in der Kindheit lernen….116

3.2.3 Der Einfluss der Musik auf die Sprechentwicklung……...117

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3.2.4 Warum sollte man schon als Kleinkind eine Fremdsprache

lernen……………………………………………………………118

KAPITEL 4. Didaktik und Emotionen – Musik im Unterricht……………...120

4.1 Emotionale Gründe………………………………………………….121

4.1.1 Positive Atmosphäre und Motivation…………..…………121

4.2 Sprachliche Gründe ………………………………………………...122

4.2.1 Aussprache und Automatismus …………………………..122

KAPITEL 5. Fremdsprachenlernen durch Musik – Die Tomatis-Methode..124

SCHLUSSFOLGERUNG……………………………………………………..126

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VORWORT

Meine Erasmus-Erfahrung in München war fast vorbei, also beschlossen meine

Gruppe und ich, einen der letzten Abende im Park zu verbringen. Zu meiner

Überraschung sah ich ein wunderschönes weißes Klavier. Meine Freunde wussten,

dass ich seit meinem fünften Lebensjahr Klavier spielte, und so baten sie mich,

mich hinzusetzen und für sie das Lied zu singen, das zu dem Symbol dieser

fantastischen Erfahrung wurde: „Take me home, country roads" von John Denver.

Ich beschloss, es trotzdem zu versuchen, auch wenn ich mich nicht mehr an alle

Worte erinnern konnte. Also begann ich zu spielen. Ohne es zu merken, flossen die

Worte aus meinem Mund, und ich begann darüber nachzudenken, wie sehr das

Klavier mir geholfen hatte, mich daran zu erinnern. Also beschloss ich, mich weiter

zu informieren und mehr herauszufinden und so entstand meine Diplomarbeit

„Fremdsprachen lernen durch Musik".

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EINLEITUNG

Der Aspekt auf den wir uns konzentrieren wollen ist die bedeutsame Unterstützung,

die die Musik, im besonderen Fall die Lieder, beim Erlernen einer neuen Sprache

bieten kann.

Wie bekannt, braucht man in der Tat einige Zeit, um einen Unterrichtsfach gut zu

lernen oder eine Prüfung vorzubereiten, während man sich das Rhythmus, die

Musik und die Worte eines Liedes schon beim zweiten Mal Anhören aneignet.

Im ersten Teil dieses Schreibens werden das Konzept der Musik und ihre

Auswirkungen auf das menschliche Gehirn erläutert. Daraufhin, werden die

Auswirkungen der Musik auf das menschliche Gehirn mit dem Begriff der Sprache

in Beziehung gesetzt, indem alle Analogien analysiert werden.

Der zweite Teil konzentriert sich stattdessen auf die Bedeutung von Emotionen

während des Sprachlernprozesses und darauf, wie diese zum Auswendiglernen und

zu einer größeren Aufmerksamkeit des Themas beitragen.

Der dritte Teil widmet sich dem Erlernen von Musik, insbesondere in der Phase den

ersten Lebensjahren, die für diesen Zweck am empfindlichsten ist, und vertieft die

positiven Auswirkungen der Musik auf die kognitive Entwicklung des Kindes und

damit auf die Sprachentwicklung.

Damit soll der Leser neugierig auf die unglaubliche Wirkung der Musik gemacht

werden. Musik ist eine einflussreiche Ressource, insbesondere in der Welt der

Bildung und der persönlichen Ausbildung aus kognitiver und sprachlicher Sicht,

und kann daher den Fremdsprachenunterricht effektiver machen.

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1. Was ist Musik?

Im folgenden Kapitel wird eine mögliche Definition des Begriffs „Musik"

angeboten, indem die Beziehung zwischen dem Begriff und dem menschlichen

Gehirn im Besonderen analysiert wird.

1.1 Definition von Musik

Es ist nahezu unmöglich, eine eindeutige Definition von Musik vorzugeben, da jede

historische Epoche ihre Züge definiert.

Dem Musikwissenschaftler Jad Abumrad ist es jedoch gelungen, eine klare und

erschöpfende Erklärung dessen zu geben, was Musik bedeutet. Er stellt fest, dass

es sich um eine Sprache, eine außergewöhnliche Form der Kommunikation handelt,

die jedoch im Gegensatz zu einer „normalen“ Sprache wie Italienisch oder Englisch

die Eigenschaft hat, universell zu sein, von jedem gehört werden kann und in der

Lage ist, unzählige Emotionen und Empfindungen zu vermitteln.

Musik ist in unseren kognitiven und motorischen Funktionen verwurzelt und sie ist

an der Art und Weise beteiligt, wie wir unsere Klanglandschaft aufbauen. Was sie

jedoch durchaus besonders macht, ist, dass sie Menschen zum Lächeln bringen und

trösten kann und in der Lage ist, Mensch miteinander zu verbinden.

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1.2 Wie Musik auf unser Gehirn wirken kann: Der Mozart-Effekt

Musik ist so stark wie eine harte Droge. Und das ist kein Witz! Tatsächlich hat sich

gezeigt, dass der musikalische Reiz in unserem Körper die gleiche Wirkung hat wie

eine psychoaktive Droge, die Dopamin im Gehirn freisetzt.

In der Tat, ist der Ton, sobald er in unserem Gehirn verarbeitet wird, in der Lage,

unsere Emotionen und Handlungen zu beeinflussen und verschiedene

psychophysische Reaktionen auszulösen. Dank der Musik sind wir bewegt, wir

lächeln, wir ärgern uns: Mit anderen Worten, wir identifizieren uns mit dem, was

die Noten und die mit ihnen verbundenen Worte ausdrücken. Wie bekannt, gibt es

verschiedene Musikgattungen und -stile, die manchmal sehr unterschiedliche

Wirkungen beim Einzelnen hervorrufen, aber die Wirkung von Musik auf den

Einzelnen hängt nicht nur mit den Emotionen zusammen, die sie weckt. Hierzu ist

der berühmte Mozart-Effekt ein passendes Beispiel, der zeigt, dass Musik eng mit

Lernen und Kreativität verbunden ist. In einer 1993 durchgeführten Studie zeigten

zwei Physiker29, dass junge Menschen bei Argumentationstests bessere Ergebnisse

erzielt hatten, wenn sie vorab eine bestimmte Mozart-Sonate gehört hatten.

Die berühmte Klaviersonate K448 erhöhte den IQ des Hörers vorübergehend um 8-

9 Punkte.

Ein weiterer Bereich von besonderem Interesse ist die Gesundheitsfürsorge, wo

Musik zur Verbesserung, Erhaltung oder Wiederherstellung kognitiver,

emotionaler und sozialer Funktionen sowie zur Verlangsamung des Fortschreitens

bestimmter Krankheiten eingesetzt wird.

29 Gordon Shaw und Frances Rauscher

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2. Was ist Sprache?

War die Musik in den frühen Zeiten mehr mit Wissenschaft und Religion

verbunden, so wurde sie im Laufe der Jahre zu einem Kommunikationsmittel der

eigenen Gefühle und der eigenen Innerlichkeit.

Unter dieser Voraussetzung wird der Begriff „Sprache" analysiert und daraufhin

die Ähnlichkeiten zwischen verbaler und musikalischer Sprache hervorgehoben.

2.1 Definition von Sprache - Die Dichotomien von Saussure

Sehr oft wird das Sprechen mit Sprache verwechselt, und aus diesem Grund ist es

wichtig, darauf hinzuweisen, dass mit dem menschlichen Sprechen die Fähigkeit

des Menschen gemeint ist, Gedanken, Gefühle, Stimmungen mitzuteilen und sich

durch einen komplexen Code, d.h. durch Sprache, auszudrücken. Sprache ist in der

Tat ein System von Zeichen, eine Reihe von morphologischen, phonetischen,

syntaktischen und lexikalischen Konventionen, die die sprachlichen Handlungen

innerhalb jeder Gemeinschaft regeln.

Es lassen sich drei Arten von Sprechakten unterscheiden:

Verbaler Sprechakt: der Inhalt eines Gesprächs;

Paraverbaler Sprechakt: die Art und Weise, wie der Inhalt ausgedrückt

wird;

Nonverbaler Sprechakt: die Körpersprache.

Um die Sprache und ihre Bestandteile ausführlicher zu erklären, möchte ich auf die

Theorie einer Persönlichkeit verweisen, die ich während meiner Vorlesungen an

der Universität vertiefen durfte: Den Schweizer Sprachwissenschaftler Ferdinand

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de Saussure, der als einer der Begründer der modernen Linguistik und Wegbereiter

der Semiologie gilt, einer Disziplin, die das Zeichen in seiner Struktur und in der

Art seiner Interpretation untersucht.

In seinem „Cours de linguistique générale", der als die vollständigste Summa der

Saussurianischen Theorien gilt, spricht Saussure von Sprache als einem System von

Zeichen, das durch Dichotomien, d.h. gegensätzliche Begriffspaare, dargestellt

werden kann. Seines Erachtens ist Langue / Parole30 das wichtigste gegensätzliche

Begriffspaar. Es sind zwei untrennbar miteinander verbundene Wörter, die als zwei

voneinander abhängige Aspekte desselben Phänomens betrachtet werden müssen:

Sprache.

Mit dem Begriff parole meinen wir den individuellen Aspekt der Sprache, was sich

auf die individuelle Formulierung der Sprache bezieht. Es handelt sich um den

expressiven Akt und die Verwirklichung der Sprache durch Individuen, die der

sprechenden Masse angehören.

Die langue repräsentiert stattdessen den sozialen Aspekt der Sprache, dass für alle

Sprechenden gemeinsame System, und zwar eine Reihe von gemeinsamen

Bedeutungen und Signifikanten.

Eine weitere wichtige Dichotomie, von der Saussure spricht, ist die

Synchronie/Diachronie. Die synchrone Linguistik untersucht die Struktur der

Sprache zu einem bestimmten Zeitpunkt. Die diachrone Linguistik untersucht die

Entwicklung der Sprache im Laufe der Zeit, ihre historische Dimension.

Die langue ist synchron, aber die parole ist mit der Diachronie verbunden welche,

tatsächlich Grundlage aller Veränderungen ist. Es gerade die Annahme neuer

30 Sprache / Wörter

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Wörter durch die gesamte Gemeinschaft, die die Sprache, d.h. das System,

verändert.

Daher wird es verständlich, dass ohne die einzelnen Wörter (parole) auch die

Sprache nicht existieren könnte, so dass das Wort das Vorhandensein von Sprache

voraussetzt und umgekehrt.

Lassen Sie uns nun über eine dritte Dichotomie sprechen, nämlich die Dichotomie

signifie/ signifiant (Bedeutung / Signifikant).

Ferdinand de Saussure stellt fest, dass jede Sprache ein Zeichensystem und jedes

sprachliche Zeichen eine zweiseitige psychische Einheit ist Bedeutung und

Signifikant, die das Vorstellungsbild und das Bezeichnende vereinen. Laut

Saussure, repräsentiert das signifie das abwesende Wesen, die Idee oder den Bezug

zur Welt, während das signifiant das gegenwärtige, physische Wesen repräsentiert.

Nachdem eine Definition des Begriffs „Sprache" angeboten wurde, kann man

behaupten, dass Musik eine Sprache sei?

2.2 Verbale Sprache und Musiksprache

Zur Beantwortung der o.g. Frage, wird auf das berühmte Werk des

Musikwissenschaftlers und Komponisten Deryck Cooke, aus dem Jahr 1959, „Die

Sprache der Musik" Bezug genommen. Cooke verwendet den Ausdruck

„musikalische Begriffe" für Wörter, die in Kombinationen von zwei oder mehr

Noten gefunden werden können, die kurze Sätze bilden, welche die Grundbegriffe

des musikalischen Vokabulars sind, und assoziiert daher bestimmte Bedeutungen

mit einem bestimmten musikalischen Verhalten.

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Werden sie nebeneinandergestellt, interagieren diese einzelnen „Wörter"

miteinander und lösen unterschiedliche Gefühle aus. Daher erweist sich die Musik

als eine Sprache nicht weniger wichtig als die visuelle, körperliche oder verbale

Sprache, die in der Lage ist, Ideen, Konzepte, Gefühle auszudrücken, die jedem

Einzelnen eigen sind.

Es ist kein Zufall, dass der Universitätsprofessor Francesco Giannattasio (1994) die

These verfechtet, dass Musik dort eingreift, wo die Sprache sich als unzureichend

erweist, um einen Bereich des geistigen Lebens auszudrücken, der über das

Potenzial des Wortes hinausgeht.

Zahlreiche Studien31 haben gezeigt, dass Musik und Sprache viele

Gemeinsamkeiten aufweisen, sowohl in formaler Hinsicht als auch in Bezug auf

das Verhalten. Beide sind dem Menschen eigen, sie werden durch das Gehör

empfunden und durch die Stimme ausgedrückt. Sowohl Sprache als auch Musik

haben die Fähigkeit, unendlich viele verschiedene Sequenzen zu bilden. Im

Allgemeinen werden beide durch eine schriftliche Darstellung aus grafischen

Symbolen dargestellt, und in beiden Fällen handelt es sich um ein

Kommunikationsmittel, das auf die Übermittlung von Botschaften

unterschiedlicher Art abzielt.

Darüber hinaus ist es wie beim Hören von Musik notwendig, einzelne Noten in

Verbindung mit ihrem eigenen rhythmischen Wert zu hören, genauso wie man zum

Verständnis eines Satzes einzelne Phoneme ausarbeiten muss, die mit der Tonhöhe

der Stimme verbunden sind. Dank dieser Prozessähnlichkeiten verarbeitet unser

Gehirn Musik und Sprache auf ähnliche Weise.

31 Karolyi, O. (2000). La grammatica della musica. Einaudi.

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Die soeben abgeschlossene Argumentation liefert uns also einen Beweis dafür, dass

Musik als eine Sprache angenommen werden kann.

Sie ist jedoch keine einfache Sprache, sondern eine universelle Sprache, sowohl

wegen deren schriftlichen Fixierung im Notentext, als auch wegen deren

sondergleichen Eigenschaft, Völker vereinen zu können und gleichzeitig an sehr

weit entfernten Orten auf der Erde gehört zu werden.

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3. Der Lernprozess

3.1 Lernprozess und Emotionen

Diejenigen, die eine Schule oder Universität besuchen, wissen sehr gut, dass man

in der Tat einige Zeit braucht, um einen Unterrichtsfach gut zu lernen oder eine

Prüfung vorzubereiten, während man sich das Rhythmus, die Musik und die Worte

eines Liedes schon beim zweiten Mal Anhören aneignet.

Aber wie kommt es, dass Musik uns dazu bringen kann, uns an Dinge und

Ereignisse zu erinnern?

Man hört oft, dass unser Gedächtnis durch Bilder funktioniert und dass es viel

einfacher ist, sich durch diese an etwas zu erinnern.

Aber in diesem Fall gibt es, auch wenn wir uns dessen nicht bewusst sind, noch

etwas anderes, das auf unser Gehirn einwirkt: Emotionen.

Emotionen spielen in den Lebenserfahrungen eines jeden von uns eine wichtige

Rolle, da sie den Beweggrund für unser Verhalten darstellen. Die Gesamtheit

unserer Handlungen hängt von den Emotionen ab, die wir fühlen und von der

Außenwelt empfangen. Sie bilden die Grundlage unserer Identität, bestimmen

unsere Entscheidungen und unser Denken und beeinflussen auch unser Wissen.

Heutzutage hat sich dank zahlreicher Studien gezeigt, wie wichtig der emotionale

und affektive Aspekt in der Kommunikation, in der sozialen Interaktion, im

schulischen Lernen ist, weil man endlich verstanden hat, dass der Mensch eine

Gesamtheit von Rationalität und Emotionalität ist, und dass seine Erziehung und

sein Lernprozess in Bezug darauf erfolgen müssen.

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3.1.1 Die Rolle der Emotionen beim Auswendiglernen

Emotionen spielen beim Auswendiglernen eine sehr wichtige Rolle, und daher kann

man sagen, dass das Auswendiglernen erleichtert wird, wenn sich die Person

emotional beteiligt fühlt. Gerade diese Verbindung verleiht den Emotionen eine

entscheidende Bedeutung beim Lernen. Dies ist möglich, weil die Stärke der

Erinnerungen vom Grad der durch das Lernen induzierten emotionalen Aktivierung

abhängt, so dass Erfahrungen, die mit einem mittleren bis hohen Grad an

emotionaler Beteiligung gelebt werden, in unserem Bewusstsein als „wichtig"

katalogisiert werden und gute Chancen haben, später erinnert zu werden.

Der Einsatz aller Sinne beim Auswendiglernen von Informationen spielt eine

grundlegende Rolle beim Lernen, da er Emotionen und Erinnerungen weckt, die

sich lange im Gedächtnis verankern und so die Lernmotivation fördern. Deshalb ist

der Einsatz unserer Sinne zum Auswendiglernen und Lernen der beste und

innovativste Weg, auch eine Fremdsprache zu erlernen.

Edgar Dale, Pädagoge und Professor an der Ohio State University, spürte, dass das

Gedächtnis zutiefst von seinen eigenen Erfahrungen beeinflusst wird. Dale war

überzeugt, dass nur durch die Einbeziehung aller Sinne, hätten die Studenten in jede

Aktivität im Unterricht einbezogen werden können. Das Lernen sollte also aktiv

und nicht passiv sein.

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3.1.2. Wie Emotionen die Aufmerksamkeit beeinflussen

Die Fähigkeit der Schülerinnen und Schüler, aufmerksam zu sein, ist zweifellos

eine der Säulen, auf die sich das Lernen und insbesondere das Erlernen von

Sprachen stützt. Wenn Sie im Unterricht völlig abgelenkt sind, ist es in der Tat so,

als hätten Sie nicht daran teilgenommen, weil das Gehirn keine Informationen

gespeichert hat.

Daher ist die Bedeutung der Aufmerksamkeit in einer Lernumgebung wie die

Schule, in der kontinuierliche Reize vom Lehrer ausgelöst werden, offensichtlich.

Verschiedene Forschungen zeigen, dass die Tendenz besteht, Ereignissen, die

unserem emotionalen Zustand angemessen sind, mehr Aufmerksamkeit zu

schenken und infolgedessen Informationen leichter im Einklang mit unseren

Emotionen zu erlernen. So kann der emotionale Zustand die kognitiven Prozesse

des Gedächtnisses, der Aufmerksamkeit und des Lernens beeinflussen.

Gerade Emotionen erregen Aufmerksamkeit. Ein emotional intensives Ereignis

wird verinnerlicht und hat weitaus mehr positive Auswirkungen als jedes andere

Ereignis, das ohne jegliche emotionale Beteiligung erlebt wird.

3.1.3. Die Rolle der Emotionen im Lernprozess

Wie vorab analysiert, lernt man am besten, wenn man emotional beteiligt ist.

Unter den vielen Studien dieses Forschungsgebietes, ist die des amerikanischen

Psychologen und Akademikers Howard Gardner (1943) besonders interessant.

Gardner legt großen Wert auf die Emotionen, die der Lernende während des

Studiums empfindet: Der Student, der mit Begeisterung eine neue Welt entdeckt

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und in seiner Neugierde angeregt wird, lernt erfolgreicher und mit weniger

Aufwand als eine ihm auferlegte Aufgabe, die er für uninteressant hält. Dies

geschieht, weil jeder von uns mehr von dem entführt wird, was unsere Interessen,

unsere Leidenschaften, unsere Erwartungen widerspiegelt. Der amerikanische

Akademiker behauptet in der Tat, dass bestimmte Kenntnisse, wenn sie

verinnerlicht und anschließend genutzt werden sollen, in einen Kontext gestellt

werden müssen, der in der Lage ist, Emotionen, insbesondere positive Emotionen,

zu wecken.

3.2 Lernen in der Kindheit

3.2.1 Das Klanguniversum im vorgeburtlichen Leben

Nicht alle sind sich dessen bewusst, aber bei Kindern beginnt das Lernen bereits

vor der Geburt, insbesondere das Lernen von Klängen. Das Gehör ist in der Tat der

erste der fünf Sinne, der sich beim Fötus entwickelt.

Es ist durch zahlreiche Forschungen32 bewiesen, dass der Fötus bereits im

Mutterleib Reaktionen auf Geräusche und Musik hat, wie zum Beispiel die

Variation des Herzschlags und der Körperbewegungen.

Eine innovative Studie, die in den „Proceedings of the National Academy of

Sciences" vom Institut für Verhaltenswissenschaften der Universität Helsinki in

einer umfangreichen Zusammenarbeit finnischer, niederländischer und dänischer

Institute veröffentlicht wurde, hat berichtet, dass vom Fötus wahrgenommene

32 Emile Jacques Dalcroze. Il ritmo, la musica e l’educazione.

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Geräusche die Entwicklung des kindlichen Gehirns und damit die zukünftigen

Sprachfähigkeiten beeinflussen können. Es hat sich auch gezeigt, dass das fetale

Gehirn lernfähig ist und, wenn stimuliert, strukturelle und richtige Mutationen der

neuronalen Verbindungen erfährt, die die Sprachentwicklung während der Kindheit

beeinflussen können.

3.2.2 Warum sollte man Musik schon in der Kindheit lernen?

Es ist mehrfach bewiesen worden, dass das Studium der Musik zu einer

Verbesserung der Gehirnentwicklung führen würde, insbesondere wenn es im Alter

zwischen sechs und acht Jahren durchgeführt wird. Tatsächlich sind sich nur

wenige Menschen dessen bewusst, aber etwa im Alter von neun Lebensjahren,

wenn die Hirnreifung abgeschlossen ist, ist es nicht mehr möglich, das musikalische

Potenzial des Kindes zu beeinflussen. Genau aus diesem Grund muss man betonen,

wie wichtig es ist, die musikalische Erziehung bereits im Neugeborenen-, wenn

nicht sogar im vorgeburtlichen Alter zu beginnen.

Der Forscher und große Gelehrte der Vereinigten Staaten Edwin E. Gordon hat

durch zahlreiche Forschungen herausgefunden, dass eine gute musikalische

Ausbildung es ermöglicht, Aspekte wie die Kommunikation von Gefühlen und

Emotionen zu entwickeln, die Konzentration zu erleichtern, kognitive und soziale

Fähigkeiten zu fördern, Sprachprobleme zu verhindern, die taktile und

kinästhetische Wahrnehmung zu erleichtern und das Erlernen von Syntax und

Prosodie zu beeinflussen.

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3.2.3 Der Einfluss der Musik auf die Sprachentwicklung

Wie schon erwähnt, sind Musik und Sprachenlernen eng miteinander verbunden.

Um diese Verbindung zwischen Musik und Sprache noch einmal aufzuzeigen, kann

auf eine Studie des Zentrums für kognitive Neurowissenschaften an der Universität

von Torku, Finnland, Bezug genommen werden, die darauf abzielte, bei Kindern

die Beziehung zwischen musikalischen Fähigkeiten und der Aussprache von

Wörtern in einer Fremdsprache zu untersuchen. Infolgedessen hatten Kinder, die

mehr Fähigkeiten in den Fremdsprachenkenntnissen besaßen, auch bessere

musikalische Leistungen. Diese Studie deutet, wie viele andere, erneut darauf hin,

dass das Erlernen von Sprache und Musik auf gemeinsamen neuronalen

Mechanismen beruhen könnte. Genau aus diesem Grund haben viele Experimente

den positiven Einfluss der Musikerziehung auf die Sprachverarbeitung bestätigt

und sie damit als eine eng mit der Musikerziehung verbundene Fähigkeit definiert.

Forscher sind zu der Schlussfolgerung gekommen, wie nützlich Musikerziehung

bei Kindern ist. Diese sollte besonderen Schwerpunkt auf dem Rhythmus legen,

damit das Hörsystem effizienter werden kann und das Kind zu solideren

klanglichen Assoziationen gelangen kann, die sowohl für das Lernen im

Allgemeinen als auch für die Lesefähigkeit grundlegend sind.

Darüber hinaus hat sich die Verwendung von Liedern und Kinderreimen beim

Sprachenlernen als recht effektiv erwiesen, da sie den Einsatz von Strategien zur

Verringerung der Komplexität und Schwierigkeit wahrgenommener Strukturen

ermöglichen.

Tatsächlich haben viele Gelehrte den Einfluss von Liedern auf das Lernen und

Lesen als positiv erklärt und betont, wie wichtig es ist, das Lernen durch intrinsische

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Motivation zu fördern, d.h. die Art von Motivation, die direkt vom Individuum

ausgeht, von seiner Freude und Neugier, die ein Lied leicht hervorrufen kann.

Lieder sind beim Lesen sehr nützlich, nicht nur wegen der Motivation, die sie

auslösen, sondern auch, weil sie beide Gehirnhälften in Betrieb setzen und das

Gehirn gleichzeitig Musik und Worten aussetzen.

3.2.4 Warum sollte man schon als Kleinkind eine

Fremdsprache lernen

In den letzten Jahren hat sich, auch als Ergebnis einer Vielzahl von Studien und

Experimenten33 von Neuro- und Psycholinguisten, immer wieder gezeigt, dass das

frühe Erlernen einer Fremdsprache viel effektiver und effizienter ist als das späte

Lernen.

Es hat sich bestätigt, dass die Chancen der Kinder, die Fremdsprache richtig zu

sprechen und zu lernen, umso größer sind, je früher sie der Fremdsprache ausgesetzt

sind.

Viele Eltern glauben, dass man erst nach dem dritten Lebensjahr damit beginnen

kann, ihrem Kind eine neue Sprache beizubringen, weil sie befürchten, dass das

Kind in der Muttersprache verwirrt oder benachteiligt wird, aber das sind

unbegründete Vorurteile und Ängste. Tatsächlich sind Erwachsene beim Anhören

einer Sprache an ihren kulturellen Hintergrund gebunden, während Kinder in den

ersten Lebensmonaten bereits jeden Laut jeder Sprache unterscheiden können.

33 Cristini C., Ghilardi A., (a cura di), Sentire e pensare. Emozioni e apprendimento fra mente e

cervello, Springer, Milano 2009.

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Darüber hinaus behaupten Sprachforscher, dass Neugeborene den Neuheiten mehr

Aufmerksamkeit schenken, d.h. sie werden von Natur aus von neuen Sprachen

angezogen, die sie weniger hören. Deshalb ist es für ein Kind, auch wenn es erst

einige Monate oder Tage alt ist, zwei Sprachen statt einer zu hören, ein echter

Vorteil, nicht nur sprachlich, sondern auch geistig.

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4. Didaktik und Emotionen – Musik im Unterricht

Versuchen wir zunächst einmal zu definieren, was unter Didaktik zu verstehen ist.

Der Begriff Didaktik bezieht sich sowohl auf die Tätigkeit des Lehrers als auch auf

die Überlegung und operative Planung im Zusammenhang mit dem Unterricht, auf

die Definition von Richtlinien, Bedingungen, Arbeitsmethoden, die unserer

Meinung nach die Wirksamkeit der Ausbildung gewährleisten können.

Wenn diese durch den Unterricht angemessen verstärkt werden, können Emotionen

zu einer Ressource werden, welche das gesamte pädagogische Handeln beinhalten

kann, denn der Schüler/die Schülerin denkt und erarbeitet nicht nur, sondern „fühlt"

und nimmt teil.

Um eine emotionale Erziehung durchführen zu können, ist es von grundlegender

Bedeutung, die Existenz des Kindes als Ganzes als vorrangiges Ziel zu haben. Dazu

gehört die soziale Entwicklung der Person, eine Dimension, die sich mit der

emotionalen Entwicklung und der Wirksamkeit der Beziehungen des Kindes zu

anderen Menschen befasst.

Aus den bisherigen Überlegungen folgt, dass die Didaktik die emotionale

Dimension in seine Prozesse einbeziehen muss, um wirksam zu sein. Dabei muss

sie dem inneren Raum des Individuums maximale Aufmerksamkeit schenken.

Die Schulbildung muss in der Tat auf das emotionale Wohlbefinden des Schülers

ausgerichtet sein und ein ruhiges Lernumfeld schaffen, das in der Lage ist, positive

Emotionen zu stimulieren: Dies ist der fruchtbarste Boden für den Aufbau jeder

Form des Lernens.

Wenn man also während des Unterrichts Raum für Emotionen lässt, wirkt das

Gelernte effektiver, näher an der Person, tiefer und bedeutungsvoller.

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Bisher wurden die positiven Aspekte der Emotionen auf das Lernen begründet,

folgend wird einer der besten Erzeuger von Emotionen vorgestellt, der in einem

schulischen Umfeld eingesetzt werden kann: die Musik.

Wie bekannt, bleibt ein von Musik begleiteter Text viel mehr im Gedächtnis als ein

Prosatext, und dass Kinder selbst durch diese Praxis beim Erinnern erleichtert

werden. Einer der Gründe dafür ist, dass wir uns, wie schon beschrieben, besser

erinnern, wenn das, was wir lernen müssen, einen starken Einfluss auf uns selbst

hat. Genau aus diesem Grund ist Musik eines der besten Werkzeuge zum Erlernen

neuer Wörter, oder besser gesagt, einer neuen Fremdsprache, da sie in der Lage ist,

Emotionen auszudrücken, die die Zuhörer wahrnehmen, erkennen oder von denen

sie emotional berührt werden. Darüber hinaus wird durch die Wiederholung von

klangvollen Texten die Sprache zunehmend gefestigt und das Auswendiglernen im

Vergleich zu einem Prosatext ohne musikalischen Rhythmus erleichtert.

4.1 Emotionale Gründe

4.1.1 Positive Atmosphäre und Motivation

Für Kinder ist der beste Weg, eine Fremdsprache zu lernen, ein natürlicher Prozess,

der spontan zum Sprechen und Denken in der Fremdsprache ermutigt. Welche

könnte also eine der besten Methoden sein, einem Kind eine Fremdsprache

beizubringen, wenn nicht spielerische und musikalische Aktivitäten?

Es sind genau diese Hilfsmittel, die jedem Kind ein Lächeln ins Gesicht zaubern,

eine positive und entspannte Atmosphäre um es herum schaffen und es vor allem

auf pädagogische Aktivitäten vorbereiten können.

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Tatsächlich hat sich die Überzeugung gefestigt, dass das Unterrichten von Kindern

in einer Fremdsprache mit musikalischen Aktivitäten das wirkliche Sprachenlernen

stimuliert. Es ist notwendig, die Kinder während dieses Prozesses zu beruhigen,

z.B. durch Aktivitäten und Spiele, die sich durch Bewegung, Musik, aber vor allem

durch den spielerischen Aspekt auszeichnen, was absolut notwendig ist, um das

Sprachenlernen angenehm zu gestalten und die Kinder selbst zu motivieren. Musik

und Bewegung machen das Erlernen der Fremdsprache interessant, spannend, vor

allem aber ist es eine effektive Methode, da ihre Zusammenarbeit die kognitive

Entwicklung fördert.

Es gibt immer noch viele positive Auswirkungen der Verwendung von Liedern, die

sich in der Tat als fähig erweisen, Bedingungen psycho-emotionaler Ruhe zu

schaffen, dank derer der Spracherwerb auch durch eine selbstgesteuerte

Lernbereitschaft erfolgen kann, die dazu bestimmt ist, zu wachsen und fest zu

bleiben, wenn sie richtig gepflegt wird.

4.2 Sprachliche Gründe

4.2.1 Aussprache und Automatismus

Die Lieder fördern, besonders bei Fremdsprachen, die phonetische Dimension, die

bei der Kommunikation sicherlich eine wichtige Rolle spielt. Die Lieder

ermöglichen es den Lernenden, bestimmte Laute, die sich oft von ihrer

Muttersprache unterscheiden, zu lernen und wiederzugeben.

Die Lieder ermöglichen es auch, an der Prosodie zu arbeiten, d.h. an der Intonation,

die einem Wort bei der Aussprache gegeben wird.

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Darüber hinaus trägt die Rekursivität der Verse, des Refrains und der Reime,

zusammen betont durch den Rhythmus, zur Bildung eines zyklischen und daher

sich wiederholenden Musters bei, was das Auswendiglernen und in der Folge den

Automatismus durch die Lernenden erleichtert. Schließlich findet man in Liedern

eine Vielfalt an Worten und idiomatischen Ausdrücken, die für jede Kultur typisch

sind.

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5. Fremdsprachenlernen durch Musik - Die Tomatis-Methode

Das Erlernen einer neuen Fremdsprache mag oft wie ein unüberwindbares

Hindernis erscheinen, aber was macht eine Sprache, die sich von unserer

unterscheidet, so schwierig?

Alfred Tomatis, ein anerkannter Gelehrter und Arzt, gab eine Antwort auf diese

Frage und stellte fest, dass die grundlegende Schwierigkeit darin besteht, dass jede

andere Sprache Laute enthält, die das Ohr nicht gewohnt ist, wahrzunehmen, eben

weil sie nicht in der Muttersprache enthalten sind.

Nach zahlreichen Experimenten und Forschungen schuf er seine eigene Methode,

die so genannte „Tomatis-Methode", die die Funktion hat, das Ohr des Schülers zu

trainieren, bevor er mit dem Erlernen einer Sprache beginnt.

Tatsächlich ist das Grundgesetz von Dr. Tomatis gut bekannt und besagt: „Wir

können keinen Ton wiedergeben, den wir nicht hören".

Unsere Ohren sind durch das Hören auf uns selbst und die Menschen um uns herum

mehr auf die Frequenzen unserer Muttersprache abgestimmt, und auf diese Weise

werden alle anderen Sprachen schwer reproduzierbar erscheinen, da die meisten

Sprachen unterschiedliche Töne verwenden.

Nach verschiedenen Studien und Experimenten fand Tomatis jedoch die richtige

Methode, um das Ohr für die verschiedenen Frequenzen zu trainieren, um das

Erlernen der Fremdsprache zu erleichtern. Er lehrt man solle ganz in die neue

Sprache einzutauchen. Dabei könnten Musik und Lieder helfen und den

Lernprozess besonders angenehm machen.

In dieser Hinsicht erinnert mich meine Erinnerung an einen Abend während meines

Erasmus-Erlebnisses, den ich mit Freunden im Hofbräuhaus in München

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verbrachte, einer der berühmtesten Brauereien der Welt, deren Tradition es war,

dass jeder der Musikkapelle folgte und deutsche Chöre sang. Ich war so fasziniert

von der Wärme dieser Chöre, dass ich beschloss, sie zu lernen.

Von diesem Tag an dachte ich, wenn Deutsch eine Sprache ist, die schwer zu

verstehen und zu sprechen ist, dann könnten sich die Dinge dank der Musik ändern.

Ich begann, mir immer mehr Lieder anzuhören, sie laut vorzulesen, die Aussprache

des Sängers zu imitieren, und verbesserte von Tag zu Tag meine Fähigkeit,

zuzuhören, zu lesen, den Text zu verstehen und, warum nicht, zu übersetzen.

Um besser zu erklären, wie Musik die Ausbildung des Gehörs und das Erlernen

einer Fremdsprache erleichtern kann, wollen wir auf die Entwicklung des Kindes,

insbesondere des Gehirns, zurückkommen.

Das Gehirn entwickelt sich im Laufe des Lebens: Bis zum Alter von fünf Jahren

sind die beiden Hirnhälften gleichwertig, dann dominiert jede von ihnen bestimmte

Bereiche. Viele Wissenschaftler haben jedoch festgestellt, dass das Erlernen einer

Sprache ein so komplexer Vorgang ist, dass er nicht auf eine einzige Gehirnhälfte

beschränkt ist, sondern aus dem Informationsaustausch zwischen der linken und der

rechten Hemisphäre besteht. Wenn Sie Musik hören, um eine Sprache zu lernen,

wird diese kombinierte Aktivität der beiden Hemisphären so intensiviert, dass neue

Neuronen und neue neuronale Verbindungen gebildet werden, wodurch ein

elastischerer Verstand und ein besser entwickeltes Gehirn entstehen.

Dies bestärkt die empirische Überzeugung, dass das Erlernen einer Sprache durch

Musik sowohl erleichternd als auch motivierend wirkt.

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SCHLUSSFOLGERUNG

Wie ich bereits erzählt habe, spiele ich schon seit vielen Jahren Klavier, aber was

mich immer noch an ihn bindet, ist, dass es ihm jedes Mal gelingt, mir große

Emotionen zu vermitteln, die mich nicht nur von der Welt entfremden, wenn ich sie

brauche, sondern mich auch bei der Vorbereitung vieler Prüfungen begleitet haben.

Darüber hinaus hat mir die Musik aber noch viel mehr gegeben, und wenn ich meine

Sprachkenntnisse in Englisch, Französisch oder Deutsch verbessert habe, dann ist

das sicher auch ihr Verdienst, denn Musik hat, wie ich schon oft betont habe, die

Kraft, viele menschliche Emotionen zu beeinflussen, und sie hat melodische

Eigenschaften, die sich mit der Linguistik verflechten.

Diese Diplomarbeit wurde daher mit dem Ziel entwickelt, die positiven, aber

verborgenen Komponenten der Musik ans Licht zu bringen, von denen man

profitieren kann, um eine Sprache richtig und schneller zu lernen. Denn wenn

Musik und Fremdsprache sich treffen, vereint unser Gehirn die Informationen wie

ein Puzzle. Das Gehirn wird in der Tat von den Melodien und dem Rhythmus

erfasst, die es leichter machen, sich bestimmte Ausdrücke der gesungenen Sprache

einzuprägen, weshalb das Erlernen einer Sprache durch Musik eine der einfachsten,

unterhaltsamsten und effektivsten Möglichkeiten ist, eine Sprache zu erlernen.

Im Lichte dessen, was gesagt und vertieft wurde, hoffe ich, dass wir der Musik in

der Welt des Sprachenlernens, aber auch während des ganzen Lebens, mehr Raum

lassen können, denn Musik ist eine universelle Sprache, und das bedeutet, dass sie

die Gabe hat, alle Menschen auf dieser Erde zu vereinen und uns unterschiedslos

einzubeziehen.

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RINGRAZIAMENTI

Vorrei ringraziare la mia relatrice di tesi Adriana Bisirri per avermi guidato nella

fase più importante del mio percorso universitario ed avermi trasmesso

l’entusiasmo per affrontare un futuro lavorativo.

Un sentito grazie al mio professore e correlatore Marco Saudella, i cui mirati

consigli hanno contribuito alla mia crescita e soprattutto alla mia formazione.

Un grazie speciale alla mia professoressa e correlatrice Ginevra Russomanno per

avermi regalato il suo supporto costante durante questi tre anni trascorsi insieme.

Ringrazio la mia università e ogni professore che mi ha accompagnato in questo

percorso per aver alimentato ogni giorno di più la passione per i miei studi.

A Martina, Marianna, Silvia, Veronica, Laura e Carlotta, diventate per me un punto

di riferimento durante questa esperienza vissuta insieme e la cui complicità è stata

per me fondamentale.

Ai miei amici di sempre, pronti ad abbracciarmi ad ogni ritorno da Roma.

Ad Alessia e Alessia, il mio porto sicuro.

A Leo, con il quale ho condiviso ogni singolo giorno di questa parte della mia vita,

che ha saputo sostenermi ed incoraggiarmi quando ne avevo bisogno, e con il quale

ho amato la magnifica Roma.

Ma soprattutto, alla mia famiglia, a mamma, papà e Jacopo, alle mie nonne, ai miei

zii, che, seppur distanti, sono stati sempre al mio fianco, pronti a risollevare il mio

morale e ad accompagnarmi verso questo importante traguardo.

A loro, senza i quali oggi non sarei qui, e a tutti voi, infinitamente grazie.

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