SCUOLA SUPERIORE PER MEDIATORI LINGUISTICI “SAN …Le note solenni dell’Inno di Mameli hanno...
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SCUOLA SUPERIORE PER MEDIATORI
LINGUISTICI
“SAN DOMENICO” (Decreto Direttoriale 24 ottobre 2012 – G. U. del 7 novembre 2012 n.260)
TESI DI DIPLOMA
DI
MEDIATORE LINGUISTICO
Management e Sviluppo del territorio
Equipollente ai Diplomi di Laurea rilasciati dalle Università al termine dei Corsi afferenti
alla classe L-12
LAUREA UNIVERSITARIA
IN
SCIENZE DELLA MEDIAZIONE LINGUISTICA
TITOLO DELLA TESI: L’apprendimento delle lingue attraverso la musica
RELATORE: Prof.ssa Adriana Bisirri
CORRELATORI: Prof. Marco Saudella, Prof.ssa Ginevra Russomanno
CANDIDATO: Barbara Berini
ANNO ACCADEMICO
2019-2020
SEZIONE IN LINGUA ITALIANA
INDICE
PREMESSA………………………………………………………………………1
INTRODUZIONE………………………………………………………………..2
CAPITOLO 1. Che cos’è la musica ……………………………………………..4
1.1 Definizione di musica…………………………………………………4
1.2 Effetti della musica sul nostro cervello – Effetto Mozart………………6
CAPITOLO 2. Che cos’è il linguaggio………………………………………....11
2.1 Definizione di linguaggio – Le dicotomie di Saussure………………..11
2.2 Linguaggio verbale e linguaggio musicale……………………………15
CAPITOLO 3. L’apprendimento……………………..………………………..21
3.1 Emozioni ed apprendimento………………………………………….21
3.1.1 Il ruolo delle emozioni nella memorizzazione………………25
3.1.2 Come le emozioni influenzano l’attenzione………………...28
3.1.3 Il ruolo delle emozioni nel processo di apprendimento……. 30
3.2 Apprendere da bambini………………………………………………32
3.2.1 L’universo sonoro nella vita prenatale……………………..32
3.2.2 Perché studiare musica fin da piccoli………………………34
3.2.3 L’influenza della musica nello sviluppo del linguaggio…...38
3.2.4 Perché cominciare presto con una lingua straniera………...42
CAPITOLO 4. Didattica ed emozioni – Perché insegnare attraverso la
musica...……………………………………………………………………….....44
4.1 Ragioni affettive……………………………………………………...50
4.1.1 Atmosfera positiva e motivazione………………………….50
4.2 Ragioni linguistiche………………………………………………….52
4.2.1 Pronuncia e automatismo…………………………………..52
CAPITOLO 5. Apprendimento delle lingue straniere attraverso la musica – Il
Metodo Tomatis…………………………………………………………………55
CONCLUSIONE………………………………………………………………..60
RINGRAZIAMENTI………………………………………………………….127
BIBLIOGRAFIA………………………………………………………………128
SITOGRAFIA…………………………………………………………………130
1
PREMESSA
La mia esperienza Erasmus a Monaco di Baviera stava quasi per giungere al
termine, così il mio gruppo ed io decidemmo di trascorrere una delle ultime sere al
parco. Con mia grande sorpresa vidi un bellissimo pianoforte bianco, che sembrava
soltanto aspettare qualcuno che gli desse voce. I miei amici sapevano che suonassi
il piano ormai dall’età di 5 anni, così mi chiesero di sedermi e cantare per loro la
canzone divenuta poi simbolo di quella fantastica esperienza: “Take me home,
country roads” di John Denver. Decisi di accontentarli, nonostante la mia timidezza,
poiché ricordavo le note, ma purtroppo non tutte le parole. Volevo tentare
comunque. Appoggiai le mani sui tasti, e cominciai a suonare. Senza nemmeno
accorgermene, le parole iniziarono ad uscire da sole dalla mia bocca. Dopo le note
finali, circondata dagli applausi dei miei amici, sorrisi di gioia per essere riuscita a
condividere con loro un momento così speciale, ma poi, tornando a casa, iniziai a
riflettere su quanto mi avesse aiutato il pianoforte nel ricordare tutte le parole.
Decisi allora di documentarmi e scoprirne di più, ed è proprio così che nasce la mia
tesi, intitolata “L’apprendimento delle lingue attraverso la musica”.
2
INTRODUZIONE
È proprio su tale aspetto che ci si vuole soffermare, ovvero sul grande sostegno che
la musica, e più nello specifico le canzoni, possono fornire nel momento in cui si
decide di apprendere una nuova lingua.
Infatti, come tutti sappiamo, per imparare bene una lezione o preparare un esame
solitamente ci vuole un po’ di tempo, mentre basta ascoltare una canzone un paio
di volte per immortalare nella nostra mente il ritmo, la musica e anche le parole.
Mediante le varie ricerche svolte durante l’ultimo anno accademico presso la Scuola
Superiore per Mediatori Linguistici San Domenico è stato possibile rispondere
principalmente a tre quesiti: che cosa si intende per “musica”, quali sono le analogie
con il termine “linguaggio”, se e come essa può facilitare la memorizzazione,
l’attenzione e lo sviluppo cognitivo, soprattutto in relazione al processo di
apprendimento di una lingua straniera.
Nella prima parte dell’elaborato verrà spiegato il concetto di musica e gli effetti che
essa produce sul cervello umano. Successivamente, si cercherà di mettere questa in
relazione al concetto di linguaggio, analizzandone eventuali analogie.
La seconda parte si concentra invece sull’importanza delle emozioni durante i
processi di apprendimento linguistico e soprattutto su quanto esse contribuiscano
alla memorizzazione e ad un’attenzione maggiore del soggetto.
La terza parte è dedicata all’apprendimento musicale, che ha già inizio nella vita
prenatale, e nello specifico si vogliono approfondire gli effetti positivi della musica
nello sviluppo cognitivo del bambino, e quindi nello sviluppo del linguaggio. È
importante essere a conoscenza del precoce sviluppo uditivo del bambino per capire
3
l’importanza della musica nella sua vita. Per questo motivo, si porrà dapprima
particolare attenzione su ciò che percepisce e apprende il feto nel grembo materno
e, successivamente, sul processo di apprendimento musicale che avviene dopo la
nascita, in particolare nei primi anni di vita, che risultano essere i più sensibili per
tale scopo, e sugli innumerevoli benefici che da esso possono derivare.
L’intento è quello di far incuriosire il lettore sugli incredibili effetti che possono
essere generati dall’utilizzo di uno strumento che è alla portata di tutti noi: la
musica. Si tratta di una grande risorsa, specialmente nel mondo dell’educazione e
della formazione personale dal punto di vista cognitivo e linguistico, ma è anche un
fondamentale ausilio per rendere più piacevole, ma soprattutto più efficace
l’insegnamento di una lingua straniera.
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1. Che cos’è la musica
Nel seguente capitolo si vuole tentare di fornire una possibile definizione del
termine “musica”, analizzando nello specifico la relazione che vi è tra essa e il
cervello umano.
1.1 Definizione di musica
Fornire una definizione univoca della musica risulta alquanto impossibile, poiché è
ciascuna epoca storica a definirne l’essenza.
Il musicologo Jad Abumrad è però riuscito a dare una spiegazione davvero chiara
ed esaustiva di ciò che è la musica. In fin dei conti, la musica è un linguaggio, è una
forma di comunicazione eccezionale ed è arte. A differenza però di una normale
lingua, come l’italiano o l’inglese, la musica ha la caratteristica di essere universale,
può essere ascoltata da chiunque e riesce a trasmettere innumerevoli emozioni e
sensazioni, sia essa provvista di un testo o meno. Quindi alla prima domanda che
Jad Abumrad si pone, ovvero “cos’è la musica”, egli risponde semplicemente che
la musica è il primo ed unico linguaggio universale.
Se ci fermiamo un istante, siamo perfettamente in grado di comprendere che la
musica è ovunque noi siamo, e possiamo riconoscerla ad esempio in una goccia che
cade, nel pianto di un bambino, nelle onde del mare; tutto questo è musica.
Indipendentemente dal genere musicale che si ascolta, la musica ci aiuta a creare
una nostra identità, dal rock al pop, dall’opera lirica alla canzone popolare, ogni
singolo genere unisce persone con le medesime caratteristiche.
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È proprio questo a renderla speciale, perché è in grado di unirci, di farci sorridere e
di confortarci qualora ne avessimo bisogno.
Un chiaro esempio è la situazione che stiamo vivendo oggi: l’Italia chiusa a casa
per via del coronavirus alza la testa e si affaccia dal balcone per cantare contro la
paura e infondere coraggio.
Le note solenni dell’Inno di Mameli hanno risuonato lungo tutta la penisola, in
quarantena forzata per scongiurare il rischio di contagio. L’epidemia stavolta è di
musica e coraggio, perché la musica, spesso, può salvare.
La musica fa parte della nostra cultura e senza di essa sarebbe difficile stare,
soprattutto al giorno d’oggi, dove, con i nuovi mezzi di comunicazione, a partire
dalla radio fino ad arrivare a youtube, la fruizione di musica è immediata e costante
nell’arco della giornata. Ci fa compagnia in macchina mentre stiamo andando al
lavoro e in palestra mentre ci alleniamo; ma la musica accompagna anche gli spot
pubblicitari prima del telegiornale, così come i film che guardiamo sul divano.
Insomma, la musica è radicata nelle nostre funzioni cognitive e motorie, ed è
implicata nel modo in cui costruiamo il nostro paesaggio sonoro.
Possiamo definire la musica come un’esperienza aggregativa perché “ogni volta
che degli esseri umani si riuniscono, per qualsiasi motivo, c’è anche la musica:
matrimoni, funerali, lauree, soldati in marcia verso il fronte, eventi sportivi negli
stadi, una notte di baldoria, la preghiera, una cena romantica, una mamma che
culla il suo bambino per addormentarlo e gli studenti del college che studiano con
la musica in sottofondo”.1
1 Levitin, 2008
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1.2 Effetti della musica sul nostro cervello – Effetto Mozart
La musica è potente come una droga. E non è uno scherzo! È stato infatti dimostrato
che lo stimolo musicale produce lo stesso effetto di una droga psicoattiva nel nostro
organismo, portandolo a rilasciare dopamina nel cervello.
Gli elementi che costituiscono la musica sono il ritmo, il tono, il battito, la
ripetizione, la frequenza, e la lirica. Tutte queste componenti arrivano al nostro
cervello, riuscendo a modulare i livelli di eccitazione, concentrazione e
rilassamento, agendo sull’attività elettrica del cervello, ma qual è esattamente il
viaggio dei suoni all’interno di esso?
Innanzitutto possiamo dire che ascoltare musica sia un’esperienza polisensoriale,
che va dalla semplice percezione sonora, tramite il sistema uditivo, ad una più
complessa esperienza emozionale. Distinguiamo allora due fasi: la fase dell’udire i
suoni come fenomeno periferico legato all’orecchio e al nervo acustico, e la fase
del sentire, dove il suono viene filtrato grazie al talamo, che consente il passaggio
dell’informazione fino al lobo temporale, in centri che si trovano proprio in
prossimità di quelli del linguaggio. È qui che finalmente si verifica il processo di
ascolto, con un coinvolgimento globale del nostro sistema nervoso e delle funzioni
psichiche ad esso connesse. Si dice che il suono musicale viene cioè
intellettualizzato.
Una volta elaborato il suono all’interno del nostro cervello, esso è in grado di
influenzare le nostre emozioni e agisce provocando diverse reazioni psicofisiche:
la musica può rievocare un evento, un’immagine, un periodo storico o un
particolare stato d’animo. La musica, infatti, non è solo un’attività artistica, ma
anche e soprattutto l’unica forma di comunicazione in grado di evocare e rinforzare
7
le emozioni. Diversi studi hanno dimostrato che il motivo più comune per cui si
ascolta la musica è proprio quello di poter influire sulle emozioni, per modificarle,
per liberarle, per sintonizzarsi con il proprio stato emotivo. Grazie ad essa ci si
commuove, si sorride, ci si arrabbia: in altre parole, ci s’identifica con quanto
esprimono le note e le parole ad esse associate. Probabilmente, proprio
nell’autoidentificazione risiede il motivo principale per cui l’essere umano riesce a
provare emozioni di vario genere. A tal riguardo, in un articolo datato 1992, Tim
Murphey osserva che “Although our logic tells us that it is not possible that we are
being addressed directly, subconsciously (and perhaps illogically) we may receive
the messages as directed toward us”. La musica, dunque, e in questo caso le
canzoni, sebbene siano di per sé spersonalizzate e indirizzate ad un vasto pubblico,
possono essere recepite dall’ascoltatore come una rappresentazione della propria
vita, come se esse fossero state scritte propriamente per un soggetto in particolare.
Molto spesso, infatti, capita di ascoltare canzoni che sembrano rispecchiare
perfettamente momenti che abbiamo vissuto, o il nostro stato d’animo, ed è proprio
grazie a questo totale coinvolgimento che sono per noi fonte di ispirazione, di
coraggio, di forza interiore.
Come ben sappiamo esistono svariati generi e stili di musica che provocano
nell’individuo effetti talvolta molto diversi. Si tratta, naturalmente, di effetti
esclusivamente benefici, ed ecco perché non risulta corretta la convinzione che
ascoltare un solo genere musicale sia una buona abitudine. È, infatti, come se si
chiudesse la porta a tutto il resto. Concedendoci il piacere di spaziare, invece, è
possibile trarre maggiori benefici, in quanto ogni tipo di musica è in grado di donare
qualcosa.
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L’ascolto del jazz, per esempio, genera nella nostra mente sensazioni di benessere
come calma e relax. Sembra che questo sia tra i generi musicali più rilassanti per il
cervello, specie se insieme ai suoni caldi che lo contraddistinguono si combinano
quelli della natura. Questo perché il jazz è tra i generi musicali per cui la mente crea
onde alfa, ovvero quelle che hanno maggiore potere calmante.
Un vero e proprio antidepressivo, completamente privo di controindicazioni, è
il rap, genere musicale tanto amato dai giovanissimi. A questo risultato sono giunti
gli studiosi dell’Università di Cambridge. Grazie al suo ritmo, il rap è tra i generi
musicali che la mente recepisce come contrario a tutti i disturbi di tipo psichico.
Una bella dose di gioia, buonumore ed allegria proviene, invece, dall’ascolto
della musica country, grazie specialmente al suo estremo sapore popolare.
Un recente studio svolto dalla Humboldt State University ha dimostrato, invece,
come gli effetti benefici della musica metal si baserebbero sull’aumento
dell’autostima e della sensazione di appartenenza. Questo vale anche in tenera età,
per cui il metal è certamente tra i generi musicali che fanno più bene alla famiglia.
Tutti coloro che hanno partecipato allo studio hanno dimostrato che, a parità di
caratteristiche di vita con altre persone, loro sono certamente più sereni e privi di
sensi di colpa. Vere e proprie fonti energetiche sono il pop e il rock, perfetti per
dare il giusto carico alle giornate.
Altri effetti benefici derivano dall’ascolto della musica classica che sembra avere
carattere calmante e rilassante. Per esperienza diretta, infatti, non posso che
confermarlo; ogni volta che sento il bisogno di staccare il cervello, mi siedo allo
sgabello del mio pianoforte e comincio a suonare. E allora la mia mente inizia a
lasciarsi trasportare dalle note del Notturno di Chopin o della Sonata al chiaro di
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luna di Beethoven. E subito una sensazione di leggerezza prende il sopravvento,
tanto da farmi chiudere gli occhi e iniziare a sognare. Se dovessi associare
un’immagine alla musica classica, penserei sicuramente ad un prato verde, alle
foglie degli alberi danzanti al vento e al volo libero e spensierato degli uccelli in
cielo.
È stato infatti provato che la musica classica aiuti a combattere gli atti criminali.
Testata in diverse stazioni di Londra, ha contribuito a ridurre il numero di atti
vandalici, rapine ed aggressioni fisiche per una percentuale che va dal 25 al 37%.
Gli effetti della musica sull’individuo non sono, però, soltanto legati alle emozioni
che essa suscita. Parliamo per esempio del famoso Effetto Mozart, il quale
dimostra che la musica è strettamente connessa all’apprendimento e alla creatività.
In uno studio condotto nel 1993, due fisici2 dimostrarono come dei ragazzi avevano
raggiunto migliori risultati nei test di ragionamento ascoltando una particolare
sonata di Mozart: la famosa sonata K448 per piano, in grado di aumentare
temporaneamente di 8-9 punti il quoziente intellettivo degli ascoltatori.
Un altro esperimento, compiuto all’università di Montreal da Isabelle Peretz,
dimostrò, inoltre, alcune modificazioni indotte dalla musica su vari parametri
fisiologici, come la pressione del sangue, la frequenza cardiaca e la conduzione
elettrica della pelle. Non stupisce, infatti, che la musica sia spesso usata per
migliorare la performance e la concentrazione degli sportivi, che molto spesso si
isolano prima della partita e ascoltano la musica per ricevere tutta l’energia
necessaria per avere una performance ottimale.
2 Gordon Shaw e Frances Rauscher
10
Un altro campo di particolare interesse è quello della sanità, dove si utilizza la
musica per migliorare, mantenere, o recuperare le funzioni cognitive, emozionali e
sociali, e per far rallentare la progressione di determinate malattie. La cosiddetta
musicoterapia si rivela particolarmente utile nel caso di pazienti affetti da disturbi
motori o da demenza e di bambini con capacità speciali: dal momento che attiva
quasi tutte le regioni del cervello, la musica serve soprattutto per recuperare attività
linguistiche e motorie.
Quando si produce o si ascolta musica si mettono in azione regioni del cervello
coinvolte nelle emozioni, nella conoscenza e nel movimento. La musicoterapia
favorisce la neuro-plasticità, compensando così i deficit delle regioni cerebrali
danneggiate. In generale, incoraggia le persone a muoversi, induce stati d'animo
positivi e aumenta l'eccitazione, tutti fattori che possono condurre il paziente alla
riabilitazione.
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2. Che cos’è il linguaggio
Un altro aspetto interessante riguarda sicuramente la relazione tra musica e
linguaggio.
Se nelle prime civiltà la musica era più legata alla scienza e alla religione, con il
passare degli anni essa diventa uno strumento di comunicazione delle proprie
sensazioni e della propria interiorità.
Con questa premessa, si analizzerà allora il termine “linguaggio”, per poi
evidenziare le analogie tra linguaggio verbale e linguaggio musicale.
2.1 Definizione di linguaggio - Le dicotomie di Saussure
Il linguaggio è una prerogativa assoluta dell’uomo: nessun altro essere vivente è
stato in grado nei secoli di sviluppare un così complesso codice linguistico come
quello umano.
Molto spesso il linguaggio viene confuso con la lingua, e per questo è importante
evidenziare che con il linguaggio umano intendiamo la capacità dell’uomo di
comunicare pensieri, sensazioni, stati d’animo, emozioni e di esprimersi per mezzo
di un codice complesso, cioè la lingua. La lingua è infatti un sistema di segni vocali,
un insieme di convenzioni morfologiche, fonetiche, sintattiche e lessicali che
regolano gli atti linguistici all’interno di ogni comunità.
Pertanto, l’italiano, l’inglese, il russo, il cinese e così via sono lingue e non
linguaggi.
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È possibile distinguere tre tipi di linguaggio:
Il linguaggio verbale
Il linguaggio paraverbale
Il linguaggio non verbale
Con linguaggio verbale intendiamo il contenuto, ovvero l’insieme delle parole,
tutto ciò che viene detto nel momento in cui avviene una conversazione. Il
linguaggio paraverbale si occupa invece del modo in cui tutto ciò viene detto, e
cura quindi aspetti come il tono, l’intensità, il volume e il ritmo. Infine, con
linguaggio non verbale intendiamo il linguaggio del corpo, quindi la mimica
facciale, la gestualità, lo sguardo, l’abbigliamento, la postura, ed incide per il 55%,
risultando quindi il più incisivo dei tre tipi di linguaggio. Infatti, il corpo ci manda
continuamente dei segnali che se riusciamo a decifrare ci permettono di
comprendere chi abbiamo davanti, e come disse Paul Watzlawick “non si può non
comunicare”3.
Al fine di spiegare il linguaggio e le sue componenti in maniera più esaustiva, vorrei
far riferimento ad una personalità che ho avuto il piacere di approfondire durante le
mie lezioni universitarie: il linguista svizzero Ferdinand de Saussure, considerato
uno dei fondatori della linguistica moderna e pioniere della semiologia, disciplina
che studia il segno, nella sua struttura e nel modo in cui viene interpretato.
Saussure, all’interno del suo “Cours de linguistique générale”, considerato la più
completa summa delle dottrine saussuriane, parla della lingua come di un sistema
di segni rappresentabile attraverso delle dicotomie, ovvero coppie di nozioni
3 Paul Watzlawick, Pragmatica della comunicazione umana
13
opposte, di cui la più importante è langue/parole4. Si tratta di due parole
indissolubilmente collegate, che devono essere considerate come due aspetti
interdipendenti dello stesso fenomeno: il linguaggio.
Con il termine “parole” intendiamo l’aspetto individuale del linguaggio, ciò che fa
riferimento alla singola esecuzione. Si tratta dell’atto espressivo, della realizzazione
della lingua da parte di individui appartenenti alla massa parlante. Il punto di
partenza delle riflessioni di Saussure è l’acuta consapevolezza dell’individualità
assoluta e dell’irripetibilità della parole. Infatti, lo stesso vocabolo, anche se
ripetuto più volte nel discorso di una stessa persona, avrà sempre un’esecuzione
diversa: associazioni, risonanze emotive, inflessioni, sfumature diverse.
La langue rappresenta invece l’aspetto sociale del linguaggio, il sistema che è
comune a tutti, un insieme di significati e significanti condivisi. Infatti, affinché
l’emittente e il ricevente si capiscano e possano conversare, entrambi devono essere
padroni dello stesso linguaggio.
Un’altra importante dicotomia di cui ci parla Saussure è sincronia/diacronia.
Nella lingua coesistono in contemporanea varie unità e strutture su un piano detto
“sincronico”. La linguistica sincronica studia la struttura della lingua in un
determinato momento. Infatti, assumere un punto di vista sincronico significa
studiare i fenomeni linguistici in un dato momento (non necessariamente nel
presente).
Il sistema della lingua si svolge attraverso il tempo; tale piano è detto “diacronico”.
La linguistica diacronica studia l’evoluzione della lingua nel tempo, la sua
dimensione storica. Infatti, assumere un punto di vista diacronico significa studiare
4 Lingua/parola
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i fenomeni linguistici attraverso il tempo, cioè attraverso lo sviluppo, l’evoluzione
di un linguaggio.
La langue è sincronica, ma la parole è connessa alla diacronia, infatti è alla base di
tutti i cambiamenti. In effetti, ogni individuo può proporre qualche innovazione, ma
questa innovazione diventerà un fatto di lingua solo quando sarà stata adottata dalla
collettività; soltanto allora verrà studiata da un punto di vista sincronico, in quanto
sarà entrata a far parte del sistema.
La langue e la parole sono quindi oggetto di due linguistiche diverse: la langue
(sistema) fa parte della linguistica sincronica, mentre la parole (realizzazione del
sistema) fa parte della linguistica diacronica.
Possiamo quindi capire che senza le singole realizzazioni (parole) non potrebbe
esistere neppure la lingua, quindi la parola presuppone la presenza della lingua e
viceversa.
Parliamo ora di una terza dicotomia, ovvero la dicotomia significato / significante.
Ferdinand de Saussure, nel suo Corso di linguistica generale, afferma che ogni
lingua è un sistema di segni ed ogni segno linguistico è un’entità psichica a due
facce, il significato e il significante, che unisce concetto e immagine acustica. Per
Saussure, il significato rappresenta l’entità assente, l’idea o la referenza del mondo,
mentre il significante rappresenta l’entità presente, fisica. La parola scritta o
pronunciata “albero” è il significante, mentre l’albero in sé è il significato. Se il
significato risiede fuori dalla lingua, il significante si trova invece all’interno.
Dopo aver fornito una definizione del termine “linguaggio”, che nella sua accezione
più estesa rappresenta un insieme di codici che trasmettono informazioni, un
15
sistema simbolico dotato di capacità espressiva e comunicativa, possiamo affermare
che la musica è un linguaggio?
2.2 Linguaggio verbale e linguaggio musicale
Per rispondere al precedente interrogativo, introduciamo innanzitutto la semiotica
musicale.
La semiotica musicale appare negli anni Settanta come l’applicazione della
linguistica alla musica e il suo compito è di studiare il segno musicale nella sua
struttura e nel rapporto che intrattiene con chi lo ascolta.
Per introdurre questa parte di lavoro, si richiama il celebre lavoro del musicologo e
compositore Deryck Cooke del 1959, The Language of Music, che può
rappresentare il punto di partenza nell’intenzione di rintracciare il significato di un
preciso segno musicale. Cooke utilizza l’espressione “termini musicali” per
intendere dei vocaboli rintracciabili in combinazioni di due o più note che formano
brevi frasi, che sono i termini di base del vocabolario musicale, e associa perciò a
determinate condotte musicali determinati significati.
Se vengono giustapposti, questi singoli “vocaboli” interagiscono tra loro: in un
andamento discendente in maggiore si avrà un sentimento passivo di gioia,
verranno accolti dei benefici e si proveranno conforto, consolazione e
rassicurazione, se poi questo percorso termina sulla tonica, considerato come il
punto di riposo, si avrà come la sensazione di essere tornati a casa.
16
Pertanto, la musica risulta essere un linguaggio non meno importante di quello
visivo, corporeo o verbale, in grado di esprimere idee, concetti, sentimenti propri
di ogni individuo.
Non a caso, Mauro Mancia (1998), considerato uno dei padri delle neuroscienze in
Italia, afferma che il linguaggio musicale è un linguaggio metaforico con potere
superiore a quello del parlato, in quanto è in diretta connessione con emozioni e
sentimenti. 5
Nello stesso ambito, il docente universitario Francesco Giannattasio (1994)
supporta l’idea che la musica intervenga laddove il linguaggio si rivela
insufficiente, per esprimere un campo della vita mentale che esula dalle
potenzialità della parola. A tal proposito, è comune a tutti l’idea che, molto spesso,
con una semplice canzone si può riuscire ad esprimere qualcosa che a parole non
saremmo in grado di fare.
Hanslick (1854), critico musicale e musicologo austriaco, aggiunge infatti che la
differenza tra musica e linguaggio consiste nel fatto che nel linguaggio il suono è
solo segno, cioè un mezzo per lo scopo di esprimere qualcosa di completamente
estraneo a questo mezzo; nella musica invece il suono ha un’importanza in sé. 6
Spesso si fa l’errore di collegare il messaggio di una canzone al solo contenuto del
testo, ma una parte del messaggio è sempre racchiusa in elementi diversi dal testo
e non è nemmeno indispensabile che esso ci sia perché una composizione musicale
abbia un significato. Basti pensare a tutte le opere di musica classica che, pur
essendo solo strumentali, hanno comunque un titolo, a riprova del fatto che
racchiudono anch’esse un concetto, e trasmettono ugualmente un’emozione,
5 Mauro Mancia, Psicoanalisi e musica. Riflessioni psicoanalitiche sul linguaggio musicale 6 Eduard Hanslick, Il bello musicale
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un’idea o un’immagine. Anzi, a volte, un componimento di soli strumenti potrebbe
essere persino più toccante, ci fa chiudere gli occhi e ci trasporta chissà dove. Per
esempio, mi viene subito in mente il pianista e compositore italiano Ludovico
Einaudi, di cui non ho potuto far a meno di imparare alcune composizioni, come
“Nuvole Bianche”, “Le Onde”, “Oltremare”, o “Primavera”, che fin dalle prime
note riescono a farci sognare, liberando la nostra immaginazione.
Il significato musicale ha infatti una duplice natura: il musicologo Richard
Middleton (1990) distingue la “significazione primaria”, che è interna alla musica
e che ha a che fare con la relazione tra le note e la struttura formale, dalla
“significazione secondaria” che riguarda proprio le emozioni e le immagini che la
musica stessa evoca.
Inoltre, dato che la musica è immediatamente “comprensibile”, a differenza del
testo di una canzone che è comunque scritto in una lingua non universale, possiamo
arrivare a concludere che questo mezzo di espressione, in quanto semplice
composizione strumentale, è in grado di trasmettere un messaggio, sotto forma di
emozioni, immediatamente conoscibile e interpretabile da tutti.
La musica ha accompagnato i popoli fin dall’antichità, quando ancora veniva
soltanto suonata o cantata, e tramandata a memoria. Poi, come avvenne qualche
secolo o millennio prima per la lingua parlata, l’uomo ha cercato di codificarla, per
ricordarla, trasmetterla e riprodurla. Vi sono diverse lingue musicali nel mondo, ma
quella universale prende il nome di “sistema tonale”, ovvero un insieme di regole
che riducono le quasi infinite combinazioni di suoni ottenibili con qualsiasi
strumento ad un sottoinsieme finito di esse che la nostra natura considera gradevoli
ed appaganti. Questo insieme di regole descrive quindi il linguaggio della musica,
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così come la grammatica descrive una lingua parlata. Possiamo quindi affermare
che i testi di teoria musicale sono un po’ come i testi di grammatica.
A supporto della similarità tra musica e linguaggio, Chomsky e Schenker,
rispettivamente linguista e musicologo, verso la seconda metà del 1900
sostenevano, il primo per la lingua e il secondo per la musica, che il comportamento
dell’essere umano possiede necessariamente, in primis, “la capacità di formare
delle rappresentazioni astratte”. Già da quest’affermazione è possibile intravedere
una base comune tra il linguaggio e la musica.
Numerose ricerche7 hanno dimostrato che la musica e il linguaggio hanno molte
caratteristiche in comune, sia dal punto di vista formale che comportamentale.
Entrambe sono peculiarità proprie dell’uomo, vengono ascoltate attraverso l’udito
ed espresse attraverso la voce, sia il linguaggio che la musica hanno la capacità di
formare illimitatamente delle sequenze sempre differenti, generalmente entrambi
sono raffigurati attraverso una rappresentazione scritta costituita da simboli grafici,
ed in entrambi i casi di tratta di un mezzo di comunicazione volto a trasmettere
messaggi di differenti tipologie.
Inoltre, i legami più stretti tra musica e linguaggio sono legati alla struttura
melodica di entrambe, infatti a seguito di varie ricerche è emerso che lingua e
musica costituiscono il loro quadro melodico in maniera analoga, ed entrambi
possiedono elementi come il ritmo, la durata e l’accento.
Un altro punto similare lo possiamo trovare nella fonetica: la musica comprende
una serie di distinte note musicali, o toni, mentre la lingua parlata comprende un
flusso di fonemi collegati tra loro.
7 Karolyi, O. (2000). La grammatica della musica. Einaudi.
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Come per sentire la musica è necessario ascoltare le note individuali combinate al
loro stesso valore ritmico, allo stesso modo per comprendere una frase è necessaria
un’elaborazione di fonemi individuali associati con l’intonazione propria della
voce. Grazie a queste similarità di processo, il nostro cervello elabora la musica e
il linguaggio in maniera analoga.
Il ragionamento appena concluso ci fornisce quindi una prova di quanto la musica
sia un linguaggio. Non si tratta però di un semplice linguaggio, ma di un linguaggio
universale, ed è possibile individuare alcuni “argomenti” a supporto di questa tesi.
Innanzitutto, la musica è un linguaggio universale per il modo in cui viene scritta.
Il sistema moderno di rappresentazione su spartito si basa sulla rappresentazione di
alcune figure, identificanti le note, all’interno di una “griglia” costituita da 5 righe
e 4 spazi detta “pentagramma”. Senza entrare troppo nel dettaglio, la nota ha durata
diversa a seconda di come è disegnata, e raffigura un suono diverso a seconda di
dove è collocata all’interno del pentagramma. Quindi, considerato quanto è stato
appena detto, si può notare come il metodo di scrittura della musica su pentagramma
consista, nella sua totalità, nella rappresentazione grafica della composizione
musicale; in poche parole, la musica stessa viene scritta utilizzando un linguaggio
universale, quello grafico.
La musica ha, inoltre, la fantastica proprietà di unire i popoli. Se ci si ferma a
pensare un attimo a questo aspetto, si può restare stupiti da quanto una semplice
composizione musicale possa far identificare un popolo o essere ascoltata
contemporaneamente in posti molto distanti tra loro sulla Terra. A conferma di ciò,
basta pensare al fatto che ogni evento di importanza globale è accompagnato in
modo prepotente dalla musica e che anche quando un gruppo ristretto di persone
20
vuole far festa, spesso tra le prime cose che fa accende la musica, come tentativo, a
volte attuato involontariamente, di rendere ancora più uniti tra loro i membri del
gruppo con cui si vuole festeggiare. La musica garantisce infatti la coesione sociale
e la sincronizzazione dell’umore dei componenti di un gruppo, favorendo così la
preparazione di azioni collettive.
21
3. L’apprendimento
3.1 Emozioni ed apprendimento
A moltissime persone risulta del tutto facile ricordare i testi di centinaia di canzoni,
mentre può essere estremamente difficile memorizzare poesie, glossari, nomi di
luoghi, o la coniugazione dei verbi.
Infatti, chi frequenta la scuola o l’università sa benissimo che per imparare bene
una lezione o preparare un esame solitamente ci vuole un po’ di tempo, mentre basta
ascoltare una canzone un paio di volte per immortalare nella nostra mente il ritmo,
la musica e anche le parole.
Come mai avviene ciò nella nostra mente? Perché la musica sa farci ricordare le
cose?
Parliamo spesso del fatto che la nostra memoria lavora per immagini, e che è molto
più facile ricordare attraverso esse.
In questo caso però, anche se non ce ne rendiamo conto, c’è qualcos’altro che agisce
sul nostro cervello: le emozioni.
Il tema delle emozioni rappresenta indubbiamente uno dei più approfonditi nel
campo delle scienze umane, soprattutto da quando, grazie al contributo degli studi
sociologici e psicologici, si è iniziato a considerare le emozioni come la base del
comportamento individuale e sociale. Il loro apporto, infatti, si evidenzia nello
sviluppo intellettivo e culturale dell’individuo, così come nella gamma delle loro
funzioni in ambito neurofisiologico, affettivo, cognitivo e motivazionale.
Le emozioni regolano anche un altro aspetto della nostra vita: esse determinano tutti
i rapporti umani, permettendo di aprirsi al mondo e di entrare in relazione con gli
altri. Per questo, imparare a riconoscere le emozioni e prendere confidenza con esse
22
significa essenzialmente imparare a mettersi in discussione, ad accettarsi, ad aprirsi
al confronto, e soprattutto a conoscere il mondo. Non a caso il termine “emozione”
deriva dal latino emotus, participio passato di emovere, ossia trasportare fuori,
smuovere, scuotere: l’emozione ci scuote.
Facendo ora riferimento a studi del settore più specifici, in psicologia, le emozioni
sono definite come uno stato complesso di sentimenti che si traducono in
cambiamenti fisici e psicologici che influenzano il pensiero e il comportamento.
Le emozioni hanno un ruolo importante nelle esperienze di vita di ciascuno di noi,
poiché in situazioni emotive, la mente elabora stimoli e controlla le reazioni. Le
emozioni, dunque, si trasformano nel movente che si pone alla base dei nostri
comportamenti; ogni nostra azione dipende dalle emozioni che proviamo e che
riceviamo dal mondo esterno. Esse fondano la nostra identità, determinando le
scelte e il pensiero, e influendo anche sulle nostre conoscenze.
Le emozioni sono reazioni a uno stimolo esterno, e sono in grado di provocare
cambiamenti a tre diversi livelli:
fisiologico: che comprende quindi fenomeni fisici in tutto il corpo
(cambiamenti della respirazione, della pressione arteriosa, del battito
cardiaco, tensione muscolare, o ancora influenza nella digestione,
dilatazione delle pupille e così via);
comportamentale: le emozioni determinano diverse espressioni facciali, la
postura, il tono della voce e spingono le reazioni (ad esempio, chiusura e
apertura, oppure attacco o fuga, oppure ancora tenerezza o aggressività, e
così via);
23
psicologico: sensazione soggettiva, alterazione del controllo di sé e delle
proprie abilità cognitive.
Si può quindi affermare che ragione ed emozione non sono due poli opposti, ma al
contrario, sono strettamente collegate tra loro. Infatti, ogni funzione cognitiva
racchiude componenti emotive, ed ogni funzione emotiva componenti cognitive.
Pertanto, a differenza di quanto si possa pensare, non è solo con l’intelligenza e la
razionalità che si ha successo nell’apprendimento, perché un ruolo altrettanto
importante è svolto proprio dalle emozioni.
Queste contribuiscono al successo nell’apprendimento, all’interiorizzazione del
sapere e dei significati, al miglioramento dell’esperienza personale dell’adulto che
apprende, trasferisce e applica nel proprio ambito professionale i risultati di quando
appreso. Purtroppo, per molto tempo questo non è stato compreso e le emozioni
sono state bandite nelle scuole, perché non erano misurabili oggettivamente e
perché potevano intralciare l’attività didattica, condotta con procedure rigide,
rigorose e intransigenti. La tendenza dominante nel sistema di istruzione è stata a
lungo quella di prediligere principi lineari e curriculari, ignorando la complessità
degli esseri umani e la loro peculiarità, tralasciando quindi l’aspetto interiore
dell’individuo.
Oggi, grazie a numerosi studi, è stato invece dimostrato quanto sia importante
l’aspetto emotivo e affettivo nella comunicazione, nell’interazione sociale,
nell’apprendimento scolastico, perché si è finalmente capito che l’essere umano è
una totalità di razionalità ed emotività, e che in quest’ottica deve essere educato e
deve imparare ad apprendere.
24
L’emozione influisce nel processo di apprendimento in quanto agisce come guida
nella presa di decisioni e nella formulazione delle idee. Lo psicologo sovietico Lev
Semënovič Vygotskij (1896-1934) sostiene infatti che “Lo stesso pensiero ha
origine non da un altro pensiero, ma dalla sfera delle motivazioni della nostra
coscienza, che contiene le nostre passioni e i nostri bisogni, i nostri interessi e
impulsi, i nostri atti e le nostre emozioni”8. Anche se non ce ne rendiamo conto,
infatti, siamo costantemente spinti ad agire sulla base di ciò che ci fa star bene, che
ci trasmette sensazioni positive, ed è per questo che ogni istante facciamo scelte,
seppur inconsapevolmente, sulla base delle emozioni derivanti da stimoli esterni.
Anche lo psicologo-filosofo-pedagogista Jean Piaget (1896-1980) rileva
l’importanza delle emozioni. Lo studioso svizzero, infatti, afferma che per lo
sviluppo armonico della personalità di chi deve apprendere è necessaria
un’interazione fra cognizione e affettività, per lo stretto parallelismo che esiste nel
pensiero umano tra il piano affettivo e intellettuale. Scrive Piaget ne “La nascita
dell’intelligenza nel fanciullo”: “A partire dal periodo pre-verbale esiste uno
stretto parallelismo fra lo sviluppo dell’affettività e quello delle funzioni
intellettuali, in quanto si tratta di due aspetti indissolubili di ogni azione: in ogni
condotta, infatti, le motivazioni e il dinamismo energetico dipendono
dall’affettività, mentre le tecniche e l’adeguamento dei mezzi impiegati
costituiscono l’aspetto cognitivo. Non esiste, quindi, un’azione puramente
intellettuale e neppure atti puramente affettivi, ma sempre e in ogni caso, sia nelle
condotte relative agli oggetti, sia in quelle relative alle persone, intervengono
entrambi gli elementi, giacché uno presuppone l’altro”9.
8 L. S. Vygotsky, Pensiero e linguaggio, Giunti, Firenze 1966 9 J. Piaget, La nascita dell’intelligenza nel fanciullo, trad. it., Giunti e Barbera, Firenze 1991
25
3.1.1 Il ruolo delle emozioni nella memorizzazione
Quando qualcosa ci colpisce, lo ricordiamo istantaneamente, e ad ogni episodio che
abbiamo vissuto in prima persona, probabilmente siamo in grado di legare
un’emozione positiva o negativa molto forte.
Le emozioni giocano infatti un ruolo molto importante nel processo di
memorizzazione ed è quindi possibile affermare che la memorizzazione è facilitata
se l’individuo si sente emotivamente coinvolto. È proprio questo il collegamento
che conferisce alle emozioni un’importanza cruciale nell’apprendimento. Ciò è
possibile in quanto la forza dei ricordi dipende dal grado di attivazione emozionale
indotto dall’apprendimento, per cui esperienze vissute con una partecipazione
emotiva di livello medio-alto vengono catalogati nella nostra mente come
“importanti” (attraverso il coinvolgimento di strutture cerebrali che fanno parte del
sistema limbico, come l’amigdala e la corteccia orbito-frontale) ed hanno una buona
probabilità di venire successivamente ricordate.
La filosofia dell’imparare se si è coinvolti possiamo trovarla nella famosa frase
dell’inventore dei parafulmini, scrittore e politico del Settecento americano,
Benjamin Franklin: “Dimmi e io dimentico; mostrami e io ricordo;
coinvolgimi e io imparo”.
Ciascuno di noi può sicuramente ritrovarsi in queste parole, perché come ci insegna
l’esperienza, più siamo coinvolti da ciò che facciamo o da ciò che ci circonda, più
quell’istante rimarrà impresso nella nostra memoria. Momenti vissuti dalle stesse
persone, ad esempio, non per forza verranno ricordati allo stesso modo, proprio
perché ognuno sarà stato catturato diversamente dal punto di vista emotivo.
26
Pertanto, utilizzare i nostri sensi per memorizzare ed apprendere è il metodo
migliore e più innovativo anche per imparare una lingua straniera. Infatti, più sono
i sensi coinvolti nell’esperienza e maggiore sarà il risultato e l’efficacia
dell’apprendimento rispetto a quando invece si impara soltanto leggendo e
ascoltando.
L’utilizzo di tutti i sensi per apprendere, memorizzando le informazioni, svolge un
ruolo fondamentale nell’apprendimento in quanto suscita emozioni e ricordi che si
sedimentano a lungo nella memoria, favorendo così la motivazione allo studio. Il
nostro cervello seleziona continuamente gli stimoli positivi e negativi e decide se
ricordare o dimenticare. Questo legame tra memoria ed emozioni è fortissimo
nell’apprendimento.
Nel 1946, un pedagogista e professore alla Ohio State University, Edgar Dale,
aveva introdotto il famoso cono dell’esperienza nel suo libro di testo dei metodi
audiovisivi nell’insegnamento. Il cono dell’apprendimento è un sistema di
classificazione dei vari tipi di esperienze di apprendimento, diviso tra le esperienze
concrete nella parte inferiore del cono e quelle astratte nella parte superiore.
Gli effetti dell’apprendimento producono il massimo risultato quando gli studenti
sono coinvolti negli obiettivi della lezione. Non si impara, non si comprende e non
si ricorda senza motivazione, e affinché gli alunni operino e pensino con interesse,
devono essere motivati. Facendo e capendo si ricorda, ma non si può fare e pensare
senza amare quello che si fa e si pensa.
Edgar Dale aveva intuito che la memoria è profondamente influenzata dalle proprie
esperienze, e tramite il cono dell’apprendimento ha mostrato che le relazioni tra
differenti tipi di materiali audiovisivi hanno un effetto diverso sull’apprendimento.
27
Secondo Dale, dopo due settimane siamo in grado di ricordare il 10% di ciò che
leggiamo, il 20% di ciò che ascoltiamo, il 30% di ciò che vediamo, il 50% di ciò
che sentiamo e vediamo, il 70% di ciò che diciamo e il 90% di ciò che diciamo e
facciamo. Ciò sarebbe dovuto al fatto che il maggior coinvolgimento dell’individuo
avviene durante l’integrazione delle informazioni con il coinvolgimento motorio, e
questo facilita l’apprendimento. Quindi, la sola lettura permette di ricordare solo il
10% di ciò che leggiamo contro il 20% di quello che udiamo e che vediamo. Se
invece partecipiamo ad una discussione, riusciamo a ricordare il 70% delle
informazioni affrontate, mentre quando siamo noi a parlare e a dimostrare
ricordiamo fino al 90% di ciò che diciamo e facciamo.
Dunque, per ricordare è necessario associare ad uno stimolo verbale uno stimolo
visivo. Questo spiega perché dimentichiamo con facilità quello che leggiamo,
mentre invece ricordiamo bene le cose che diciamo e facciamo in prima persona, o
quando ci confrontiamo con altre persone. Perciò, per coinvolgere gli studenti in
ogni attività in classe, e rendere attivo l’apprendimento, gli studenti devono
coinvolgere tutti i loro sensi; metodo innovativo ed intuitivo soprattutto per
imparare una lingua straniera. Il concetto del “Learning by doing” innalza il livello
di coinvolgimento aumentando l’attenzione e la memorizzazione tramite
l’intelligenza emotiva degli alunni. In genere si attua con gruppi di studenti che
imparano attraverso la discussione, la riflessione e l’azione. Oltre a questo, può
essere coinvolto anche l’aspetto emotivo: stimoli nuovi, particolari, o carichi dal
punto di vista emotivo aumentano la probabilità di trattenere quell’informazione
anche per molto tempo.
28
Il cono dell’apprendimento di Edgar Dale dimostra l’importanza dell’esperienza ai
fini dello studio. Perciò, una poesia letta un paio di volte in modo impersonale avrà
meno possibilità di essere ricordata rispetto al testo di una canzone, di un’esperienza
reale, o di una presentazione sensoriale.
Gli studenti memorizzano e apprendono maggiori informazioni da quello che fanno,
in contrapposizione a ciò che viene sentito dire, letto o osservato. L’apprendimento,
dunque, dovrebbe essere attivo e non passivo.
In breve, il cono dell’apprendimento rappresenta un modello che incorpora diverse
teorie relative ai processi di progettazione e di apprendimento didattico. I metodi
più efficaci si trovano in fondo al cono di Dale, e risultano essere: coinvolgere e
fare esperienze di apprendimento dirette, come ad esempio il “fare da sé”.
3.1.2. Come le emozioni influenzano l’attenzione
La capacità degli alunni di prestare attenzione è senza dubbio uno dei pilastri su cui
si basa l’apprendimento, ed in particolare quello linguistico. Se infatti si ascolta una
lezione ma si è completamente distratti, sarà come non avervi partecipato, in quanto
il cervello non avrà immagazzinato alcuna informazione. Nel tentativo di fornirne
una definizione del termine “attenzione”, lo psicologo americano William James
nel 1890 ha affermato che “Everyone knows what attention is. It is the taking
possession by the mind in clear and vivid form, of one out of what seem several
simultaneously possible objects or trains of thought... It implies withdrawal from
some things in order to deal effectively with others and is a condition which has a
29
real opposite in the confused, dazed, scatterbrained state”10. Ne consegue quindi
che l’attenzione sarebbe quel fenomeno per mezzo del quale elaboriamo
attivamente una quota limitata di informazioni, a partire dall’enorme quantità di
stimoli di cui veniamo a disporre attraverso i sensi o i ricordi.
Considerato l’elevato numero di stimoli presenti nell’ambiente esterno che vengono
ricevuti dal sistema cognitivo, è infatti necessario che avvenga nel cervello una
selezione delle informazioni in entrata.
Pertanto, risulta evidente l’importanza dell’attenzione all’interno di un ambiente di
apprendimento come la scuola, dove vengono presentati continui stimoli da parte
dell’insegnante: affinché colgano i giusti input durante l’intera ora, è fondamentale
che il livello di attenzione degli studenti sia alto e sostenuto nel tempo. La presenza
del focus attentivo su determinati stimoli che interessano l’individuo provoca
l’innalzamento del livello di attenzione che, di conseguenza, implica l’inizio di
processi mnestici come la memorizzazione: ci ricordiamo maggiormente ciò a cui
abbiamo prestato attenzione, e che di conseguenza abbiamo capito sicuramente
meglio. Molte ricerche rivelano che vi sia una tendenza a prestare maggiore
attenzione agli eventi congrui con il nostro stato emotivo e, di conseguenza, ad
apprendere più facilmente le informazioni in sintonia con le nostre emozioni.
Dunque, lo stato emotivo può influenzare i processi cognitivi della memoria,
dell’attenzione e dell’apprendimento, sia filtrando soltanto le informazioni
correlate alle emozioni provate in quell’istate, sia promuovendo l’accesso a ricordi
congrui all’umore del momento.
10 William James. The Principles of Psychology
30
Le emozioni, precisamente, attraggono l’attenzione. Un evento emotivamente
intenso, che abbiamo vissuto o che sperimentiamo nella nostra mente grazie alla
potenza della visualizzazione, viene memorizzato e provoca effetti positivi ben più
incisivi di qualunque altro avvenimento vissuto o visualizzato senza alcun
coinvolgimento emotivo.
3.1.3. Il ruolo delle emozioni nel processo di apprendimento
Come abbiamo appena detto, riusciamo ad apprendere meglio quando siamo
emotivamente coinvolti.
Tra i molteplici studi nel settore, particolarmente interessante è quello dello
psicologo e accademico statunitense Howard Gardner (1943 –).
Gardner dà molta importanza alle emozioni che prova colui che apprende durante
un percorso di studio: lo studente che scopre con entusiasmo un mondo nuovo ed è
stimolato nella sua curiosità, apprenderà con maggior successo e con minore fatica
rispetto a un compito imposto che considera privo di interesse. Ciò accade perché
ognuno di noi viene rapito maggiormente da ciò che rispecchia i propri interessi, le
proprie passioni, le proprie aspettative. L’accademico statunitense sostiene, infatti,
che se si vuole che certe conoscenze siano interiorizzate e successivamente usate,
devono essere immesse in un contesto capace di suscitare emozioni. Al contrario,
le esperienze prive di richiami emozionali saranno scarsamente coinvolgenti e ben
presto cadranno nell’oblio, ci abbandoneranno automaticamente senza lasciare
alcuna rappresentazione mentale.
31
Anche altri scienziati sociali si sono occupati della relazione tra apprendimento ed
emozioni, come lo psicologo sovietico Lev Semënovič Vygotskij, già menzionato
in precedenza, e lo psicopedagogista Benjamin Samuel Bloom (1913-1999).
Secondo Vygotskij, l’apprendimento non è mero condizionamento e assimilazione
passiva di contenuti, ma per la forte componente di attivazione emotivo-cognitiva
“rappresenta una sfida e un’avventura che implica un atto di fiducia che consiste
nel coraggio di tuffarsi nell’incerto e nell’ignoto”11, perché il successo o
l’insuccesso scolastico, ma anche alcune forme di disagio sociale, stati d’ansia,
problemi di autostima e insicurezza, dipendono dalle prime esperienze di
apprendimento e devono assolutamente essere presi in considerazione dal docente.
Samuel Bloom ritiene invece che esista uno stretto rapporto tra affettività,
motivazione e apprendimento, poiché le variabili affettive e motivazionali
esercitano un’azione rilevante nei processi di conoscenza, comprensione e
socializzazione che avvengono nell’ambiente scolastico.
È sicuramente più facile apprendere quando si provano emozioni positive. Le
nozioni si fissano infatti nel cervello insieme alle emozioni. Imparando con
curiosità e gioia, la lezione si incide nella memoria. Al contrario, imparando con
noia, paura, ansia, pressione, si attiva l’allerta: l’unica volontà sarà di cancellare
quel momento dalla memoria e la reazione istintiva della mente sarà “scappa da qui
che ti fai male”. Ciò accade perché la mente è programmata per difendersi dalle
esperienze e dai ricordi dolorosi, perciò le emozioni negative condizionano la
capacità di studio, rendendo l’apprendimento meno efficace e duraturo.
11 L. S. Vygotskij, Il processo cognitivo
32
3.2 Apprendere da bambini
3.2.1 L’universo sonoro nella vita prenatale
Non tutti ne sono a conoscenza ma, nei bambini, l’apprendimento inizia ancor
prima della loro nascita, specialmente quello sonoro. L’udito, infatti, è il primo dei
cinque sensi che si sviluppa nel feto. Gli studiosi affermano che l’orecchio è quasi
totalmente formato a partire dal quarto mese e mezzo di gestazione ed è
straordinario pensare che già da così piccolo, con tutti gli organi ancora da formare,
il feto inizi a sentire la voce della sua mamma, che riconoscerà alla nascita.
Il feto quindi, con lo sviluppo dell’udito, inizia già a percepire e apprezzare la
musica, ma in primis è la madre che, ascoltando musica in gravidanza, ne ricava un
momento di benessere e serenità che, ovviamente, sente anche il bambino e lo fa
stare bene. Andrea Apostoli, presidente dell’A.I.G.A.M. (Associazione Italiana
Gordon per l’apprendimento Musicale), associazione che si occupa di sviluppare e
far conoscere la Teoria di E. Gordon di cui vi parlerò in seguito, durante
un’intervista afferma che: “Riguardo il bambino dobbiamo ricordare che
l’apprendimento musicale inizia nell’utero. Come per il linguaggio, per il quale le
ricerche hanno stabilito che è in gravidanza che il bambino già sviluppa i
collegamenti sinaptici nel cervello atti a prepararlo a parlare, così per la musica
si porranno le basi in tale periodo. Più saranno ricche le esperienze sensoriali che
gli offriremo già nell’utero, più lo predisporremo a tale apprendimento.”
Spesso viene consigliato alle donne in gravidanza di cantare al proprio bambino per
utilizzare il loro canto anche dopo la nascita come strumento per tranquillizzare il
piccolo e ricordargli il benessere provato nella vita intrauterina. La musica, per
l’appunto, per le sue peculiarità acustiche e simboliche, diventa una vera e propria
33
ricerca delle sensazioni che sono state provate nel ventre materno.
È stato provato attraverso numerose ricerche12 che il feto ha delle reazioni rispetto
ai suoni e alla musica anche quando è ancora nel grembo della madre, quali la
variazione del battito del cuore e movimenti del corpo. Inoltre, ascoltare musica,
specialmente in un periodo così delicato, stimola la produzione di endorfine, ovvero
un gruppo di sostanze fisiologiche che attenuano il dolore, per di più, rallentando il
ritmo del battito cardiaco, portano ad un senso di beneficio nel sistema nervoso
dell’individuo.
Uno studio innovativo pubblicato su “Proceedings of the National Academy of
Sciences” a cura dell’Istituto di Scienze comportamentali dell’Università di
Helsinki in un’ampia collaborazione di istituti finlandesi, olandesi e danesi ha
riportato che le sonorità percepite dal feto possono influenzare lo sviluppo del
cervello del bambino e di conseguenza le future abilità linguistiche. È stato inoltre
dimostrato che il cervello del bambino in fase fetale è in grado di apprendere e, se
stimolato, subisce delle mutazioni dal punto di vista strutturale e proprio delle
connessioni neuronali che possono influenzare lo sviluppo del linguaggio durante
l’infanzia. Numerosi esperimenti e ricerche hanno provato ciò che in molti
sostenevano, ossia che lo studio della musica fin dai primi anni di vita riporta un
notevole miglioramento nello sviluppo cognitivo, ma anche affettivo e motorio.
Già Maria Montessori, in qualità di pedagogista ed educatrice, era “convinta che la
musica aiuti e potenzi la capacità di concentrazione e aggiunga un nuovo elemento
alla conquista dell'ordine interiore e dell'equilibrio psichico del bambino”13.
12 Emile Jacques Dalcroze. Il ritmo, la musica e l’educazione. 13 Maria Montessori, Manuale di Pedagogia Scientifica, 1935
34
3.2.2 Perché studiare musica fin da piccoli
Per conoscere i vantaggi dello studio della musica potremmo citare Rosa Agazzi,
pedagogista e non solo, la quale attribuì grande importanza al canto dei bambini in
quanto contribuente all’apprendimento linguistico e motorio nei fanciulli. È stato
quindi provato svariate volte che lo studio della musica porterebbe ad un
miglioramento proprio nello sviluppo cerebrale, in particolare se intrapreso tra i sei
e gli otto anni, periodo d’età definito da vari ricercatori come “finestra sensibile”
perché, come spiega la psicologa Virginia Penhune: “Imparare a suonare uno
strumento richiede un buon coordinamento fra le mani e gli stimoli visivi e uditivi,
(…) probabilmente iniziare intorno ai sette anni necessita della costruzione di una
struttura cerebrale adeguata, ottenuta potenziando le connessioni fra aree motorie
e sensoriali del cervello in un’età in cui l’anatomia è ancora sensibile ai possibili
cambiamenti di struttura, in cui c’è una maggiore malleabilità del sistema”.
La Concordia University di Montreal ha condotto una ricerca con la quale fu
confermato che imparare a suonare uno strumento nel periodo dell’infanzia
faciliterebbe la conquista di abilità motorie soprattutto per quanto riguarda la
coordinazione e la scioltezza. Durante questo famoso studio sono stati sottoposti ad
una particolare risonanza del cervello 36 musicisti di età adulta durante lo
svolgimento di un test motorio. Metà dei partecipanti avevano iniziato a suonare
prima degli otto anni, l’altra metà più tardi. Dalle risonanze è emerso che coloro
che avevano iniziato presto a studiare musica avevano maturato un numero
maggiore di connessioni cerebrali. I ricercatori hanno poi reso lo studio ancora più
accurato, assicurandosi che i sottoposti si fossero dedicati all’attività per lo stesso
periodo di tempo, ed è emerso, ancora una volta, che i musicisti che avevano
35
iniziato prima dei sette anni avevano un sistema cerebrale più sviluppato con una
quantità maggiore di sostanza bianca nel corpo calloso, che mette in connessione i
due emisferi, con risultato il potenziamento delle attività motorie. Queste sono
solamente alcune delle tante testimonianze dell’eccezionale influenza che può avere
la musica sullo sviluppo cerebrale del bambino.
Con delle semplici percentuali possiamo capire quanto è importante che
l’educazione musicale inizi il prima possibile nel bambino, infatti ogni neonato
viene alla luce con un potenziale musicale innato: circa il 68% dei bambini appena
nati ha un potenziale musicale medio, il 16% ha un potenziale più alto rispetto alla
media mentre l’altro 16% ha un potenziale musicale al di sotto della media. È chiaro
che la predisposizione alla musicalità varia da bambino a bambino, ma è altrettanto
evidente che un’alta percentuale possiede un potenziale medio che sarebbe, senza
alcun dubbio, maggiore rispetto agli stimoli musicali ai quali i bambini sono
generalmente sottoposti. Questa inferiore esposizione rispetto alle possibilità reali
dei bambini comporta una diminuzione dell’attitudine alla musicalità. Un adeguato
avanzamento alla musica potrà poi risollevare il potenziale musicale del bambino,
ma mai tornerà al livello innato. Pochi ne sono a conoscenza, ma attorno ai nove
anni di vita, concludendosi la maturazione cerebrale, non è più possibile influenzare
le potenzialità musicali del bambino. Proprio per questo motivo dobbiamo
sottolineare l’importanza di iniziare il percorso di educazione musicale già in età
neonatale, se non addirittura prenatale.
Si vuole ora parlare di un ricercatore e grande studioso degli Stati Uniti, Edwin E.
Gordon, già citato in precedenza, il quale, attraverso numerose ricerche, ha scoperto
che una buona educazione musicale consente di sviluppare altri aspetti come la
36
comunicazione dei sentimenti e delle emozioni, facilita la concentrazione, favorisce
le capacità cognitive e sociali, può prevenire i problemi legati al linguaggio, facilita
la percezione tattile e cinestetica e influisce sull’apprendimento della sintassi e della
prosodia. Lo studioso, infatti, sostiene che l’apprendimento musicale avvenga in
modo analogo a quello linguistico: entrambi vengono proposti ai bambini
inizialmente in maniera indiretta e poi in maniera diretta. Quindi, anche
musicalmente parlando, il bambino apprende in modo spontaneo tramite il processo
di imitazione e interazione, e ciò conferma il fatto che la musica sia un vero e
proprio linguaggio.
Nella teoria dell’apprendimento musicale di Gordon possiamo vedere che il
bambino transita da una prima fase chiamata di “acculturamento”, che avviene a
circa 2-4 anni, nella quale si effettua “l’assorbimento”, ossia il piccolo come una
spugna raccoglie e immagazzina tutti gli input auditivi che riceve, ad una seconda
fase, di “imitazione”, che avviene circa dai 2 ai 5 anni, durante la quale il piccolo
ha un’interazione consapevole con l’ambiente circostante e abbandona i vecchi
modi di comportamento, imitando sempre con più precisione i pattern musicali ai
quali viene sottoposto. L’ultima fase è chiamata “assimilazione” e va dai 3 ai 6 anni,
in cui il bambino consegue un’interazione cosciente con l’ambiente, percepisce sé
stesso ed arriva ad una buona coordinazione tra canto, respiro e movimenti. Queste
tre fasi portano il bambino a pensare musicalmente.
Un altro grande contributo nello studio dell’apprendimento musicale lo ha dato
Beth Bolton, professoressa e preside della “Facoltà di Music Education and
Therapy” dell’università di Philadelphia, dopo aver lavorato a fianco di Edwin E.
Gordon per molti anni. Ha insegnato per 17 anni, dopo i quali ha deciso di
37
approfondire il suo metodo di insegnamento. In un’intervista che le è stata fatta
durante un soggiorno in Italia, Bolton ha voluto, ancora una volta, sottolineare
l’importanza di un’educazione musicale nel bambino sia per sé come individuo che
per la sua famiglia, ma anche per la cultura stessa. La musica è un vero e proprio
modo di comunicare ed è essenziale che al giorno d’oggi i bambini acquisiscano
tutte le capacità comunicative possibili. Essendo così importante nella società la
comunicazione, ritiene che dando un’adeguata educazione comunicativa musicale
si arricchisca la società stessa e che contribuirà nella vita del bambino e soprattutto
nelle sue relazioni presenti e future. La dottoressa ricorda come i bambini, ancor
prima di apprendere il linguaggio, abbiano la capacità di elaborare aspetti della
lingua stessa molto complessi già dai primi mesi di vita. Beth Bolton rivolgendosi
alla musica come vero e proprio linguaggio afferma:
“Se si guarda alla musica come ad un altro tipo di linguaggio perché è una
stimolazione uditiva del bambino, perché ha un'organizzazione, ha una sintassi
simile alla lingua, la musica per la prima infanzia fornisce al bambino
un'opportunità di imparare un modo diverso di elaborare informazioni uditive che
può contribuire alla crescita del cervello in termini di elaborazione audio orale,
che può contribuire alla sua vita in termini di arricchimento; la musica è un modo
per comunicare, e può invero assistere lo sviluppo del linguaggio”14.
14 Intervista a Beth Bolton: https://www.youtube.com/watch?v=_ja18DNtqi0
38
3.2.3 L’influenza della musica nello sviluppo del linguaggio
Come abbiamo già detto, l’apprendimento musicale e quello linguistico sono
strettamente interconnessi. Ancora ricordo la mia prima lezione di pianoforte,
quando avevo appena 5 anni e imparai la mia prima canzoncina: “Fra’ Martino
Campanaro”. La mia maestra iniziò a leggere le note scritte sul pentagramma
cantandole. Allora pensavo che fosse soltanto un suo modo per introdurmi nel
mondo della musica con il sorriso, ma ad oggi, se ripenso a quel componimento, la
mia mente inizia automaticamente a cantare quella sequenza di note. Anche quando
insegnai questa canzone alla mia cuginetta, mi venne naturale intonare le note,
anziché leggerle semplicemente. È chiaro che quel metodo che a 5 anni ritenevo
soltanto piacevole, ad oggi si è rivelato uno strumento ben più potente, che ha
impresso per sempre quelle note nella mia mente.
Per dimostrare ancora una volta questo legame tra musica e linguaggio, possiamo
citare uno studio fatto dal Centro per Neuroscienze Cognitive dell’Università di
Torku, in Finlandia, il quale aveva lo scopo di studiare nei bambini la relazione tra
le capacità musicali e le abilità nella pronuncia di parole di una lingua straniera. In
questo studio i ricercatori hanno esaminato l’eventuale capacità di alcuni bambini
con una buona conoscenza di una seconda lingua di rappresentare più velocemente
le caratteristiche di un suono musicale rispetto a bambini meno abili. Ne risultò che
i bambini che possedevano maggiori abilità rispetto alla conoscenza della lingua
straniera avevano anche migliori performance musicali. Questo studio, come molti
altri, ci suggerisce nuovamente che l’apprendimento linguistico e quello musicale
potrebbero basarsi su meccanismi neurali comuni.
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È stato dimostrato da numerose altre ricerche come linguaggio e musica siano
costituiti da strutture sequenziali basate su regole della sintassi. Gli studiosi hanno
confermato il fatto che i bambini che riscontrano delle difficoltà nel linguaggio
mostrano altrettante difficoltà nel processamento della sintassi musicale; è quindi
evidente come essi, apparentemente differenti, in realtà siano più simili di quanto
si possa pensare. Proprio per questo motivo, molti esperimenti hanno confermato
l’influenza positiva dell’istruzione musicale nel processamento del linguaggio,
definendolo quindi un’abilità strettamente correlata alla formazione musicale.
Un importante studio guidato dalla direttrice del Laboratorio di neuroscienze
uditive Nina Kraus e un gruppo di ricercatori della Northwestern University,
attraverso test proposti ad un centinaio di studenti delle scuole superiori, ha
confermato la stretta relazione tra capacità di linguaggio, senso del ritmo e musica.
Gli studiosi dimostrarono per la prima volta l’esistenza di un collegamento
neourobiologico tra capacità di tenere il ritmo e quella di codificare i suoni della
lingua parlata, con significative ricadute, per quanto è possibile prevedere, sulla
capacità di lettura. Da questo esperimento venne rilevato che i bambini che si
dimostravano migliori nel mantenere il ritmo erano anche quelli che pronunciavano
le sillabe nel miglior modo. Spiega Kraus: “Questa correlazione ha una precisa
base neurobiologica. Le onde cerebrali che misuriamo con l’elettrocefalogramma
hanno origine da un centro cerebrale di elaborazione delle informazioni uditive
con connessioni reciproche con i centri motori. Quindi un’attività che richiede
coordinazione dell’udito e del movimento, probabilmente, è collegata a una solida
e accurata comunicazione tra diverse regioni cerebrali.”
40
I ricercatori sono giunti alla conclusione di quanto sia utile un’istruzione di tipo
musicale nei bambini, con un’attenzione speciale per il ritmo, in modo da aiutare il
sistema uditivo a diventare più efficiente, cosicché il bambino possa arrivare a delle
associazioni suono-significato più solide, che risultano fondamentali sia per
l’apprendimento in genere che per la capacità di lettura.
Inoltre, nell’apprendimento del linguaggio è risultato alquanto efficace utilizzare
canti e filastrocche, poiché permettono l’utilizzo di strategie per ridurre la
complessità e la difficoltà delle strutture percepite. Tali sistemi sono delle vere e
proprie strutture sonore costituite da una segmentazione evidente, a differenza di
un testo in prosa. A tal proposito, non posso far a meno di ricordare la filastrocca
grazie alla quale ho imparato e memorizzato l’alfabeto tedesco, e che, ancora oggi,
risuona nella mia memoria: “ABC - Das Alphabetlied”.
Mutter hör nur, was ich kann,
pass gut auf, ich fang jetzt an:
A B C D E F G
H I J K L M N O P,
Q R S T U V
W X Ypsilon und Zett,
fertig ist mein Alphabet,
hör doch nur wie leicht das geht.
Das war unser Alphabet, hör noch einmal, wie es geht:
A B C D E F G
H I J K L M N O P,
Q R S T U V
41
W X Ypsilon und Zett,
fertig ist mein Alphabet,
hör doch nur wie leicht das geht.
A B C D E F G
H I J K L M N O P,
Q R S T U V
W X Ypsilon und Zett.
Sono molti, infatti, gli studiosi che hanno dichiarato positiva l’influenza delle
canzoni nell’apprendimento e nella lettura, e che hanno sottolineato l’importanza
di favorire l’apprendimento attraverso la motivazione intrinseca, ovvero quel tipo
di motivazione che viene direttamente dall’individuo, dal suo piacere e dalla sua
curiosità, che facilmente una canzone riesce a provocare.
Le canzoni sono molto utili nella lettura, non solo per la motivazione che
scaturiscono, ma anche perché mettono in funzione entrambi gli emisferi del
cervello, esponendolo alla musica e alle parole nello stesso momento.
Inoltre, l’utilizzo di canzoni permette agli stessi insegnanti di coinvolgere tutti i
bambini indipendentemente dalla loro personale forma di intelligenza e soprattutto
di insegnare con divertimento.
42
3.2.4 Perché cominciare presto con una lingua straniera
In questi ultimi anni è stato provato più e più volte, anche a seguito di un elevato
numero di studi ed esperimenti15 di neuro e psicolinguisti, che l’apprendimento
precoce di una lingua straniera sia molto più efficace e produttivo di un
apprendimento tardivo.
È stato confermato che prima i bambini vengono esposti alla lingua straniera e
maggiori possibilità hanno di parlarla e apprenderla correttamente; in questo modo
per loro risulterà naturale capire e parlare la lingua. Soprattutto negli ultimi anni si
è sviluppata la consapevolezza dell’importanza di inserire la lingua straniera nei
piani didattici in tenera età, a seguito anche di un recente studio che rivela che i
bambini hanno le abilità di imparare ogni lingua, e proprio per questo motivo è
molto importante stimolarli fin da piccoli. Un’ottima opportunità sarebbe
sicuramente iscrivere i propri bambini ad un asilo nido bilingue, per far sì che ogni
giorno siano appunto stimolati nell’apprendimento di almeno due lingue.
La linguista Patricia Khul documenta la trasformazione che avviene tra gli otto e i
dieci mesi di età, nel momento in cui i bambini imparano ad “elaborare statistiche”
sulla lingua alla quale sono esposti, cominciando già a determinare quali suoni sono
linguisticamente significativi e quali no. Quando sono esposti ad una nuova lingua
per la prima volta, i bambini apprenderanno foneticamente da un essere umano
interattivo, non da una sorgente senza vita come fonti audio o televisione, anche se
le informazioni acustiche sono le stesse in entrambe le situazioni. Molti genitori
ritengono che si possa iniziare ad insegnare una nuova lingua al proprio figlio solo
15 Cristini C., Ghilardi A., (a cura di), Sentire e pensare. Emozioni e apprendimento fra mente e
cervello, Springer, Milano 2009.
43
dopo i tre anni perché hanno paura che il bambino possa confondersi o di sfavorire
la lingua madre, ma questi sono pregiudizi e timori infondati. Gli adulti, infatti,
nell’ascolto sono vincolati dal loro bagaglio culturale, ma a pochi mesi i bambini
possono distinguere qualsiasi suono di qualsiasi lingua.
Inoltre, i ricercatori in campo linguistico affermano che i neonati prestano maggiore
attenzione alle novità, cioè sono naturalmente attratti da lingue nuove, che ascoltano
meno. È importante capire che anche quando un neonato sembra solo aver bisogno
di mangiare e dormire, in realtà ha in corso una complessa attività cerebrale.
Dunque, già da quando il bambino ha solo pochi mesi o pochi giorni, ascoltare due
lingue invece di una è per lui una ricchezza, non solo linguistica, ma anche
cerebrale.
44
4. Didattica ed emozioni – Perché insegnare attraverso la musica
Prima di tutto cerchiamo di definire cosa si intende per didattica. Con il termine
didattica ci si riferisce sia all’attività di chi insegna, sia alla riflessione e alla
progettazione operativa relative all’insegnamento, alla definizione di orientamenti,
condizioni, modalità operative che si ritiene possano assicurarne l’efficacia
formativa.
Se adeguatamente valorizzate dalla didattica, le emozioni possono trasformarsi in
risorsa, al pari del contenuto dell’azione formativa, perché lo studente non solo
pensa ed elabora, ma “sente” e partecipa. Se l’insegnante le mette in risalto,
inglobandole nella pianificazione di un intervento didattico, può farle diventare una
leva formidabile per la didattica, contribuendo a uno sviluppo che tenga presenti
contemporaneamente e in maniera equilibrata l’aspetto razionale, emozionale e
cognitivo.
Per mettere in atto un’educazione emotiva, è fondamentale avere come obiettivo
primario l’esistenza del bambino nella sua totalità. Ciò comprende lo sviluppo
sociale della persona, dimensione che si occupa dello sviluppo emotivo e
dell’efficacia delle relazioni del bambino con gli altri.
Dalle considerazioni esposte sinora, ne consegue che la didattica, per essere
efficace, deve includere la dimensione emozionale nei suoi processi, ponendo
massima attenzione allo spazio interiore, alla valorizzazione di ogni forma di
diversità e alla formazione di essere umani completi in un clima di libera
espressione.
Emozionare ed emozionarsi rende la formazione più vicina alle persone, ne
potenzia gli stratagemmi, le pratiche, gli orientamenti. La circolazione di emozioni
45
positive genera ulteriori emozioni positive, ed essere consapevoli di tale processo
significa avviare un percorso verso la valorizzazione delle emozioni e la massima
attenzione alle persone in formazione e al loro apprendimento. È infatti importante
e necessario imparare a sollecitare le emozioni positive e a gestire ed arginare
quelle negative, con l’obiettivo di potenziare le performance formative in termini
di coinvolgimento e di efficacia.
Anche in assenza di eventi eclatanti, l’elemento emotivo sussiste sempre: se i
discenti esprimono indifferenza, non dobbiamo dimenticare che si tratta comunque
di un’emozione. Però per questo è necessario che i formatori siano preparati a
gestire prima le proprie e poi le altrui emozioni, almeno a livello di consapevolezza
degli ambiti che le emozioni coprono. Conoscendo le reazioni di se stessi e degli
altri si può lavorare richiamando in causa le emozioni senza il rischio di
addentrarsi in circuiti “pericolosi” che possono scatenare dinamiche personali o
interpersonali di esclusiva competenza e capacità di gestione degli esperti in
psicologia. Gestire le emozioni ed evitarne i rischi non vuole infatti dire
trasformarsi in psicologo, bensì sapere entro quali confini potersi muovere senza
operare danni, questo sì che è auspicabile16.
Questo passaggio del saggio “Le emozioni: Patrimonio della persona e risorsa per
la formazione” di Ambra Stefanini, dottoressa di Ricerca in Scienze Pedagogiche,
dell’Educazione e della Formazione presso l’Università degli Studi di Padova,
racchiude benissimo la tesi che l’emozione deve essere propedeutica e
sedimentatrice dell’apprendimento, quindi deve essere inglobata nella didattica.
16Ambra Stefanini, Le emozioni: Patrimonio della persona e risorsa per la formazione
46
È proprio per questo che una didattica emotiva diventa un’occasione per ampliare
il ruolo della scuola a totale beneficio degli studenti. Una scuola che fa entrare le
emozioni in classe, che “approfitta” della loro naturale presenza, diventa
un’istituzione che si impegna su un fronte ampio, in cui gli obiettivi diventano di
tipo generale perché non riguardano solo l’istruzione in senso classico, ma anche e
soprattutto la formazione umana.
Infatti, l’educazione scolastica non deve mirare a dare una quantità sempre
maggiore di conoscenze. Si deve orientare invece al benessere emotivo dello
studente, creando ambienti di apprendimento sereni, in grado di stimolare emozioni
positive: sono queste il terreno più fertile per costruire qualsiasi forma di
apprendimento. L’insegnante deve trovare un equilibrio tra la capacità di
trasmettere specifiche conoscenze e la competenza emotiva, la capacità cioè di
insegnare stimolando emozioni positive negli allievi e reprimendo qualsiasi forma
d’ansia, di timore, o di preoccupazione.
Trasformare le emozioni in risorsa consente all’insegnante di disporre di una serie
di vantaggi preziosi in termini di stimolo per l’apprendimento (ma anche per
l’insegnamento), sintonia nella relazione insegnante-allievo, comunicazione più
profonda, lavoro più significativo. Elementi, questi, che potenziano il
coinvolgimento dell’alunno, creano una partecipazione attiva e collaborativa,
creano un clima di gruppo favorevole all’apprendimento e allo sviluppo di
relazioni.
Lasciare le emozioni fuori dalla formazione significherebbe “svuotare” la classe e
renderla un luogo asettico e “freddo”, in cui le relazioni diventano impersonali e i
contenuti didattici “una minestra da ingerire per forza”.
47
A far entrare in gioco le emozioni a scuola, rendendole uno strumento facilitatore
per l’apprendimento, possono essere, ancora, l’interesse, le situazioni in cui si
stimolano la curiosità, la sfera dei desideri, delle aspettative, cercando contatti con
l’esperienza e la vita personale degli amici di classe e dell’insegnante.
Questo, attenzione, non vuol dire per l’insegnante porre enfasi sul fatto emozionale
ed estremizzarlo, abolendo il confine tra formatore e allievo. Significa, invece,
coinvolgere, valorizzare il singolo, che insieme agli altri crea un gruppo, invitare
alla partecipazione attiva. E questo utilizzando anche altri strumenti diversi dai libri
e dalla lezione classica, per esempio foto, filmati, musica, ballo, teatro, racconti,
attività umoristica, sport, lavoro di gruppo, ma anche “uscite” e visite guidate e così
via, elementi che diventano utili strumenti di coinvolgimento e di partecipazione,
generatori a loro volta di emozioni.
Ogni relazione educativa tra insegnante e alunno deve essere infatti incontro e
scambio, partecipazione e alleanza, fiducia e stima, dialogo e comprensione, e in
questo clima le emozioni non possono essere tralasciate.
Riepilogando quanto detto finora in questo percorso di riflessione, si può
pacificamente asserire che le emozioni giocano un ruolo fondamentale nella
didattica, diventando una risorsa importante per la formazione. Lasciando spazio
alle emozioni durante la formazione, questa diventa più efficace, più vicina alla
persona, più profonda e più significativa.
Abbiamo visto che tanti sono gli effetti positivi delle emozioni nella didattica:
creano desiderio di partecipazione attiva, generano coinvolgimento, impegno,
fiducia, riproducono in classe un clima collaborativo e disteso, aumentano
48
l’interscambio costruttivo, creano un gruppo-classe, consentendo alle relazioni di
svilupparsi in un clima favorevole.
La costruzione di un clima umano positivo, con tutte le emozioni che appartengono
alla persona, è un elemento fondamentale per favorire l’apprendimento e garantire
in classe un buon equilibrio psicologico e un’identità positiva a favore degli
studenti. In questa maniera l’attivazione dei processi cognitivi è fortemente
incentivata e la formazione diventa autentica.
Se finora abbiamo parlato del ruolo indispensabile rivestito dalle emozioni nella
didattica, concentriamoci ora su uno dei migliori generatori di emozioni di cui
potersi servire all’interno di un ambiente scolastico: la musica.
È comune a tutti quanto un testo accompagnato da musica rimanga più impresso
nella memoria rispetto ad un testo in prosa ed è altrettanto comune come i bambini
stessi siano facilitati da tale pratica nel ricordare. Una delle ragioni di questo
risultato è che, come abbiamo già detto in precedenza, si ricorda meglio quando ciò
che dobbiamo imparare ha un forte impatto su noi stessi. È proprio per questo
motivo che la musica rappresenta uno dei migliori strumenti per apprendere nuovi
vocaboli, o meglio, nel nostro caso, una nuova lingua straniera, in quanto capace di
esprimere emozioni che gli ascoltatori percepiscono, riconoscono, o da cui vengono
emotivamente toccati.
Le frasi e le parole accompagnate dalla musica vengono ricordate con meno
difficoltà e sono apprese più velocemente poiché “le aree cerebrali deputate dalla
musica (…) sono adiacenti e diverse rispetto a quelle del linguaggio, ma i percorsi
modulari seguono vie simili e, in parte, comunicanti”17. Inoltre, per quanto riguarda
17 E. Maule, S. Cavagnoli, S. Lucchetti, Musica e apprendimento linguistico.
49
la memoria, anche il lobo superiore temporale destro del cervello quando elabora la
melodia opera un’attività importante per l’associazione di musica e lingua. È
sicuramente stato provato da tutti quanto i testi e le melodie imparati nell’infanzia
poi rimangono inglobati in modo permanente nella nostra memoria. Numerosi
studiosi, in particolare neuroscienziati e psicologi, sostengono che nel contesto
semantico la musica è implicata in modo particolare nella memoria a lungo termine
e a quella episodica, infatti essa risulta estremamente valida nel recupero di ricordi,
consci e inconsci, riportando al presente il momento stesso, il contesto proprio nel
quale è stata appresa quella melodia.
La musica unisce parole e intere frasi e aggiunge forza ed efficacia attirando
l’attenzione degli ascoltatori.
Gli educatori e gli insegnanti sono soliti raccontare storie, fiabe e poesie in musica,
poiché si tratta di una metodologia molto efficace per apprendere nuovi vocaboli e
per comprendere meglio il testo, confrontandosi in maniera interattiva con esso.
Una metodologia che sappia far comprendere agli insegnanti della scuola e di ogni
tipo di comunità quanto sia necessario, emozionante e stimolante far ricreare,
interpretare e rivivere il linguaggio naturale e ambientale attraverso una divertente
ricerca e l’uso mirato di adeguati materiali che possono sonorizzare racconti, favole
e attività teatrali, è senz’altro l’ideale per portare gioiosamente le scolaresche a
comprendere ogni conseguente linguaggio non solo musicale, ma anche verbale,
grafico e pittorico.
È molto utile sonorizzare i testi poiché questa modalità permette di selezionare le
parti più importanti, comprendere il significato globale del testo e adottare nuovi
termini.
50
Con la ripetizione di questi testi predisposti, il linguaggio viene sempre più
consolidato e la memorizzazione è facilitata rispetto ad un testo in prosa senza un
ritmo musicale. È evidente che i testi utilizzati devono essere semplici, con varie
ripetizioni e le frasi non devono essere troppo complesse, ma piuttosto essenziali e
concrete per permettere una migliore comprensione, e soprattutto memorizzazione.
4.1 Ragioni affettive
4.1.1 Atmosfera positiva e motivazione
Per i bambini molto piccoli il metodo migliore per apprendere una lingua straniera
è attraverso un processo naturale, spronati in maniera spontanea a parlare e pensare
nella lingua straniera. Ciò ha sicuramente la priorità sulla grammatica, la sintassi e
quindi la struttura formale della lingua.
E allora, quale potrebbe essere uno dei metodi migliori per insegnare a un bambino
una lingua straniera, se non il gioco e le attività musicali?
Sono proprio questi, infatti, gli strumenti in grado di far nascere il sorriso sul volto
di ogni bambino, di creare attorno a loro un’atmosfera positiva e rilassata, e
soprattutto, di predisporli ad attività formative.
Infatti, è stata ormai consolidata la convinzione che insegnare ai bambini una lingua
straniera con attività musicali stimoli l’apprendimento linguistico vero e proprio. È
necessario mettere i bambini a proprio agio durante tale processo, per esempio
servendosi di attività e giochi caratterizzati dal movimento, dalla musica, ma
soprattutto dall’aspetto ludico, fattore assolutamente necessario per rendere
l’apprendimento della lingua piacevole e per motivare i bambini stessi. La musica
51
e il movimento rendono l’apprendimento della lingua straniera interessante,
eccitante, ma soprattutto risulta un metodo efficace, in quanto la loro cooperazione
aumenta lo sviluppo cognitivo, poiché, come già sappiamo, la musica stimola
l’apprendimento linguistico, mentre il movimento fortifica la conservazione delle
informazioni. L’impiego di una risposta fisica, infatti, aumenta notevolmente le
abilità del bambino di ricordare le informazioni apprese, e grazie ad attività legate
alla danza e alla musica si stimola l’intelligenza linguistica del bambino utilizzando
la lingua straniera sia come mezzo che come fine; in tal modo viene assimilata la
lingua in modo trasversale (tramite la musica e il movimento) ma soprattutto
divertente (con giochi e attività musicali).
Pertanto, il binomio musica e lingua è ormai inseparabile ed è per questo che oggi
la musica è parte integrante dell’insegnamento della lingua straniera.
Ancora molti sono gli effetti positivi dell’impiego delle canzoni, le quali, infatti, si
dimostrano capaci di creare condizioni di tranquillità psicoemotiva e soprattutto una
situazione meno ansiogena in classe. Data una tale disposizione psicoemotiva
dell’ambiente di apprendimento, l’acquisizione linguistica può avere luogo anche
mediante una volontà di apprendimento autodiretta, la quale è destinata a crescere
e a mantenersi salda, se propriamente mantenuta.
Le canzoni costituiscono inoltre un elemento di variazione rispetto alle consuete
attività didattiche proposte in classe. Tale considerazione acquista un significato
motivazionale positivo nella misura in cui si evidenzia il ruolo svolto dai materiali
e dalle attività proposte dal docente, ricorsi che non solo hanno il compito di guidare
l’azione didattica in corso d’opera, ma rappresentano altresì uno strumento
potenzialmente stimolante che conduce gli studenti alla voglia di scoprire,
52
alimentando in essi il piacere della varietà ed evitando che decada il piacere di
apprendere.
4.2 Ragioni linguistiche
4.2.1 Pronuncia e automatismo
Questi “giochi-esercizi” vengono utilizzati frequentemente nei nidi e nelle scuole
dell’infanzia poiché portano i bambini ad ascoltarsi l’uno con l’altro, promuovono
l’attenzione della corretta pronuncia dei vocaboli, facilitano l’acquisizione di nuovi
vocaboli e di nuove frasi da inserire nel dialogo comune e, inoltre, favoriscono un
linguaggio più sciolto e scorrevole.
Le canzoni incentivano, soprattutto nel caso delle lingue straniere, la dimensione
fonetica, la quale ricopre un ruolo sicuramente importante per la comunicazione.
Affinché la comunicazione possa essere quanto più scorrevole possibile, è
necessario che il discente conosca e domini la fonetica della lingua straniera,
continuando a esercitarla e a perfezionarla nel corso del tempo. A questo proposito,
le canzoni offrono un vantaggio didattico, in primis perché consentono al discente
di assimilare e di riprodurre determinati suoni, spesso differenti dalla propria lingua
madre, i quali si ripetono sovente nella disposizione rimica del testo.
Le canzoni permettono di esplorare aspetti sociolinguistici, in quanto portano insite
delle caratteristiche che riflettono il luogo geografico di provenienza di un cantante
o di un gruppo musicale, e che si traducono in termini di fenomeni linguistici propri
di una determinata varietà diatopica della lingua, quali l’accento e le varie
53
differenze nella fonetica. Ciò considerato, si concretizza, con le canzoni, la
possibilità per il docente di portare gli studenti ad analizzare le differenti pronunce
legate al luogo di provenienza del cantante.
L’utilizzo della musica, inoltre, aumenta anche la capacità di ascolto e accresce la
consapevolezza fonologica, motivo per cui innumerevoli studi suggeriscono di
proporre ai bambini un’educazione di tipo musicale.
A seguito di alcuni test fatti a bambini frequentanti la prima elementare sia sulla
consapevolezza fonologica che su quella riguardante i toni musicali, è stata
individuata un’alta connessione tra esse. In sostanza, come già evidenziato in
precedenza, è possibile individuare un elevato numero di caratteristiche comuni tra
il linguaggio verbale e linguaggio musicale, e proprio per questo motivo è evidente
che possono essere di rinforzo l’uno all’altro nel loro sviluppo.
Le canzoni, allo stesso tempo, consentono di lavorare sulla prosodia. Nel linguaggio
parlato, il termine “prosodia” fa riferimento alla modulazione, all’intonazione che
si dà ad una parola nel pronunciarla. Si tratta quindi della pronuncia di una parola
secondo la quantità, breve o lunga, delle sillabe. Da tale definizione derivano i tratti
prosodici della lingua, i quali sono presenti, in una certa misura, anche nella
canzone, e svolgono un ruolo importante nella costruzione del significato. I tratti in
questione sono: intensità, durata, intonazione e timbro.
Inoltre, grazie ad alcune peculiarità presenti nelle canzoni, queste possono aiutare
a fissare nella memoria delle strutture linguistiche sul piano sintattico, nonché sul
piano lessicale e semantico. Infatti, la ricorsività dei versi, del ritornello e delle
rime, insieme sottolineati dal ritmo, contribuiscono alla formazione di uno schema
ciclico e quindi ripetitivo, che ne facilita la memorizzazione.
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Quante volte capita di avere in testa il ritornello di una canzone, e di continuare a
cantarlo finché qualcuno non preghi di smetterla?!
Tali ripetizioni favoriscono l’automatismo da parte dei discenti, ovvero una
reazione ad uno stimolo che si verifica rapidamente e senza pensare, e riguarda
soprattutto le strutture tipiche della lingua straniera.
Infine, le canzoni sono dei veri e propri bacini di parole ed espressioni idiomatiche.
Spesso infatti, al loro interno, sono presenti alcuni tratti linguistici legati alla cultura
e caratteristiche che riportano l’autenticità della lingua di tutti i giorni. Tali
espressioni si rendono, in parte, portatrici dell’identità culturale della lingua stessa,
in quanto rappresentano delle idee imprescindibili, antecedenti alle parole, e le quali
si sono poi concretate nelle espressioni idiomatiche.
Grazie alle canzoni, i discenti possono essere facilitati nella memorizzazione e nella
piena comprensione di tali espressioni, e possono altresì affrontare il tema
dell’identità culturale presente in ciascun idioma, nella considerazione che ogni
lingua, proprio come ciascuno dei suoi parlanti, ha una sua identità, una sua
personalità, una sua anima. Insegnare o apprendere una lingua, come mi hanno
ricordato i miei professori fin dal primo giorno di università, non significa insegnare
o apprendere semplicemente il modo di parlarla e di scriverla, ma tentare invece di
trasmettere o assimilare proprio quell’identità, quella personalità, quell’anima.
55
5. Apprendimento delle lingue straniere attraverso la musica – Il Metodo
Tomatis
Alfred Tomatis, grande studioso e medico, dedicò gran parte della sua vita allo
studio dell’orecchio e alla sua importanza nell’apprendimento linguistico e
musicale.
Imparare una nuova lingua straniera può sembrare molto spesso uno scoglio
insormontabile, ma ci siamo mai chieste perché? Cosa rende una lingua diversa
dalla nostra così difficile? Tomatis ha fornito una risposta a questa domanda,
affermando che la difficoltà di base è data dal fatto che ogni lingua diversa da quella
di appartenenza contiene suoni che l’orecchio non è abituato a percepire, proprio
perché non sono contenuti nella lingua madre. Ogni lingua, infatti, è costituita da
suoni differenti dalle altre, ed è proprio per questo che non è sempre così semplice
impararne una nuova. I suoni che caratterizzano le lingue sono chiamati “fonemi”
e stanno alla base delle parole, e costituiscono la rappresentazione grafica di un
determinato suono. Insegnare una seconda lingua non è per niente un’attività
semplice, ma si fonda sulla cooperazione di più teorie, pratiche e discipline che ne
permettono un buon apprendimento. Alfred Tomatis, nella sua lunga carriera,
ricercò le cause secondo le quali alcune persone hanno difficoltà nell’imparare delle
lingue straniere. Dopo numerosi esperimenti e ricerche creò un suo metodo,
denominato, per l’appunto, “Metodo Tomatis”, il quale detiene la funzione di
allenare l’orecchio dello studente prima di iniziare a imparare una lingua. Come
risultato, egli sarà capace di apprendere con maggiore facilità e velocità, oppure, se
la persona parla già la lingua, il metodo può migliorargli la pronuncia in maniera
davvero significativa.
56
La legge basilare del dottor Tomatis è molto nota e dice: “Non possiamo riprodurre
un suono che non udiamo”. Tale affermazione sembra non avere alcun nesso con
la difficoltà di apprendimento delle lingue straniere, ma non è così. In primis è
necessario evidenziare alcune delle differenze che vi sono tra le lingue.
Ricollegandoci all’analogia che vi è tra lingua e musica è possibile spiegare le
differenze tra le lingue con le differenze tra strumenti. Infatti, come è nota la
differenza che c’è tra il suono del pianoforte rispetto a quello di un violino, o se
vogliamo, di una chitarra, allo stesso modo è possibile percepire come l’italiano
parlato da una persona inglese o francese, per esempio, non suoni come l’italiano
parlato da uno stesso italiano. La diversa sonorità del pianoforte rispetto al violino
dipende, tra le varie ragioni, dalla produzione di armonici differenti, data dalla
diversa grandezza e forma delle casse di risonanza che permettono la produzione
del suono stesso. Allo stesso modo, ciò che differisce da una lingua all’altra sono
gli armonici. Per esempio, “la lingua inglese utilizza molti suoni ad alta frequenza,
che vanno dai 2000 ai 12,000 Hertz”, possiamo notarlo molto bene nelle parole con
le S (SeSSionS) o con TH (THanks); al contrario, la lingua francese di rado utilizza
queste frequenze. Perché la stessa lingua può suonare diversamente? Per spiegarlo
dobbiamo tornare al nostro esempio del pianoforte e del violino: come essi suonano
in maniera differente a causa della diversità delle loro casse di risonanza, allo stesso
modo l’inglese è differente dall’italiano o da una qualsiasi altra lingua poiché
produce armonici differenti, e ciò è dato dal fatto che i toni vengono generati dalle
corde vocali per poi passare dalle cavità orali, nelle quali si formano gli armonici.
La bocca funge da cassa di risonanza e, molto importante, è divisa in due dalla
57
lingua, la quale determina gli stessi armonici. Ne consegue, dunque, che è proprio
la posizione della lingua che porta alle differenze tra le lingue.
Il concetto da dedurre da quanto detto precedentemente è che la maggior parte delle
lingue usa set di armonici diversi.
Le nostre orecchie, a forza di ascoltare noi stessi e le persone che ci circondano,
sono sintonizzati maggiormente sulle frequenze della nostra lingua madre. Ecco
perché sentiremo sempre dire, magari da qualcuno appena tornato da un’esperienza
all’estero più o meno lunga, che superato il periodo iniziale, poi ci si sente
perfettamente in sintonia con la nuova lingua.
Dopo vari studi ed esperimenti, Tomatis trovò la metodologia adatta per allenare
l’orecchio alle diverse frequenze, in modo da facilitare l’apprendimento della lingua
straniera. Quindi, ciò che di importante Tomatis ci fa capire è proprio che il suo
metodo si basa sull’allenamento dell’orecchio, in particolare dei suoi muscoli, per
focalizzarsi su suoni non appartenenti alla lingua madre. Ciò che dobbiamo fare è
quindi immergerci completamente nella nuova lingua, e la musica, le canzoni,
possono aiutarci nel corso di questo processo, rendendolo soprattutto più piacevole.
A tal proposito, la memoria mi rimanda ad una sera, durante la mia esperienza
Erasmus, trascorsa con gli amici alla Hofbräuhaus di Monaco, una delle birrerie più
famose al mondo, la cui tradizione voleva che ognuno seguisse la banda di musicisti
e intonasse cori tedeschi. Rimasi così affascinata dal calore trasmesso da quei cori,
che decisi di impararli.
Da quel giorno pensai che se il tedesco era una lingua difficile da comprendere e da
parlare, le cose sarebbero potute cambiare proprio grazie alla musica. Iniziai ad
ascoltare sempre più brani, a leggerli ad alta voce, imitando la pronuncia del
58
cantante, migliorando di giorno in giorno la mia capacità di ascolto, di lettura, di
comprensione del testo e, perché no, l’abilità di traduzione.
Dopo poco tempo tornai in quella birreria, ma questa volta facevo parte anch’io del
coro, e allora tutti insieme, all’unisono… “Ein Prosit, ein Prosit, der Gemütlichkeit
[…]”.
Per spiegare meglio come la musica può facilitare il percorso di allenamento
dell’orecchio e di apprendimento di una lingua straniera, torniamo allo sviluppo del
bambino, in particolare quello cerebrale.
Il cervello si sviluppa lungo il corso della vita e fino ai cinque anni i due emisferi
cerebrali risultano equivalenti, per poi, ognuno di essi, dominare degli ambiti
precisi. L’emisfero sinistro dominerà le competenze logico verbali, quindi il
linguaggio, mentre l’emisfero destro sarà a capo dei linguaggi cosiddetti non
verbali, ovvero le arti, la creatività, le attività ludiche e le emozioni. Tuttavia,
numerosi scienziati hanno stabilito che apprendere una lingua è una procedura
talmente complessa che non si limita a un solo emisfero del cervello, ma consiste
nello scambio di informazioni tra l’emisfero sinistro e quello destro. Nulla di
sorprendente, se consideriamo l’elevato numero di elementi che compongono una
singola lingua. Il passaggio delle informazioni tra i due emisferi avviene grazie ai
neuroni, che mantengono tale scambio continuo e velocissimo. Nel momento in cui
si ascolta la musica per apprendere una lingua, quest’attività combinata dei due
emisferi viene talmente intensificata da favorire la formazione di nuovi neuroni e
di nuovi collegamenti neurali, creando così una maggiore elasticità mentale e un
cervello più sviluppato.
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Ciò rafforza quindi la convinzione empirica che imparare una lingua attraverso la
musica è facilitante, oltre che motivante, ma soprattutto, che è proprio lasciandoci
trasportare da essa e dalle emozioni che ne derivano che possiamo far emergere la
parte migliore di noi stessi.
60
CONCLUSIONE
Come ho già raccontato, suono il pianoforte ormai da molti anni, ma nonostante
questo non l’ho mai abbandonato perché ogni volta riesce a regalarmi grandi
emozioni; è per questo che la musica rappresenta una delle mie più grandi passioni.
Oltre a questo, però, la musica mi ha dato molto altro. Grazie alle canzoni ci sono
parole, e soprattutto frasi idiomatiche, che ormai rimarranno per sempre impresse
nella mia mente, e so che se ho migliorato le mie capacità linguistiche in inglese, in
francese o in tedesco è sicuramente anche grazie a loro, perché come ho voluto
sottolineare più volte, la musica ha il potere di colpire molte emozioni umane e
presenta delle caratteristiche melodiche che si incrociano alla linguistica.
L’elaborato è stato quindi sviluppato con lo scopo di riportare alla luce le
componenti positive ma nascoste che la musica possiede e delle quali si può
beneficiare per apprendere correttamente e in modo più rapido una lingua, perché
quando musica e lingua straniera si incontrano, il nostro cervello unisce le
informazioni come in un puzzle. Il cervello, infatti, viene catturato dalle melodie e
dal ritmo che rendono facilmente memorizzabili determinate espressioni della
lingua cantata, ed è per questo motivo che imparare una lingua attraverso brani
musicali risulta essere uno dei modi più semplici, divertenti ed efficaci.
La musica favorisce determinate funzioni cognitive, rendendo possibile nell’uomo
lo sviluppo di un pensiero flessibile, intuitivo e creativo, e quindi la crescita
personale. Sono molteplici, però, anche gli effetti positivi generati sul benessere
interiore, sul nostro umore. Meglio di qualsiasi altro linguaggio riesce a trasmettere
profonde emozioni, rendendo dei semplici momenti unici e indimenticabili e
mostrando un mondo pieno di colori e di sfumature, ed è proprio questo ciò che
61
riesce a farmi vivere il mio pianoforte, per esempio sulle note di Einaudi, di
Beethoven o di Chopin, che non solo mi estraniano dal mondo quando ne ho
bisogno, ma mi hanno anche accompagnato nella preparazione di molti esami,
aumentando notevolmente il mio livello di concentrazione.
Alla luce di quanto detto e approfondito, nutro la speranza che si possa lasciare più
spazio alla musica nel mondo dell’apprendimento linguistico. Ma non solo, con
questo breve elaborato si vorrebbe far nascere nel lettore la curiosità nei confronti
della musica e delle sue potenzialità inespresse, non solo durante l’infanzia, ma
nell’intero corso della vita.
Come espresso più volte, quello musicale può essere definito un vero e proprio
linguaggio, anzi, qualcosa di più: un linguaggio universale, e ciò significa che
possiede il dono di unire chiunque in questa Terra, di coinvolgerci indistintamente.
Grazie alla musica possiamo sentirci più vicini gli uni agli altri, perché del resto,
come disse lo scrittore francese Marcel Proust, “La musica è forse l’unico esempio
di quello che avrebbe potuto essere - se non ci fosse stata l’invenzione del
linguaggio, la formazione delle parole, l’analisi delle idee - la comunicazione delle
anime”18.
18 Marcel Proust, La prigioniera
62
SEZIONE IN LINGUA INGLESE
TABLE OF CONTENTS
PRESS…………………………………………………………………………...64
INTRODUCTION………………………………………………………………65
CHAPTER 1. What is music?……………………....…………………..………67
1.1 Definition of music…………………………………………………..67
1.2 Effects of music on our brain – The Mozart Effect…………………...68
CHAPTER 2. What is language?.……………………………………................71
2.1 Definition of language - Saussure's dichotomies ……………………..71
2.2 Verbal language and musical language……………………………….73
CHAPTER 3. Learning……………………..…………………………………..77
3.1 Emotions and learning………………………………………………..77
3.1.1 The role of emotions in memorization ……………………...79
3.1.2 How emotions influence attention.........................................81
3.1.3 The role of emotions in the learning process………………82
3.2 Learning as children………………………………………………….84
3.2.1 The sound universe in prenatal life………………………...84
3.2.2 Why learn music from an early age………………………..85
3.2.3 The influence of music on language development................86
3.2.4 Why learn a foreign language since childhood…………….89
63
CHAPTER 4. Didactics and emotions – Why teach through music…………..91
4.1 Affective reasons………………………………………………....…..93
4.1.1 Positive atmosphere and motivation……………………….93
4.2 Linguistic reasons…………………………………………………….94
4.2.1 Pronunciation and automaticity…………………………….94
CHAPTER 5. Learning foreign languages through music – The Tomatis
Method…………………………………………………………………………..96
CONCLUSION………………………………………………………………….99
64
PRESS
My Erasmus experience in Munich was almost coming to the end, so my group and
I decided to spend one of the last evenings in the park. To my surprise I saw a
beautiful white piano, which seemed to be just waiting for someone to give it a
voice. My friends knew that I had been playing the piano since I was 5 years old,
so they asked me to sit down and sing for them the song that became a symbol of
that fantastic experience: "Take me home, country roads" by John Denver. I decided
to try anyway, even though I couldn't remember all the words. I put my hands on
the keys, and started to play. Without even realizing it, the words started coming
out of my mouth. After the final notes, I smiled with joy at being able to share such
a special moment with my friends, but then, on the way home, I began to think
about how much the piano had helped me to remember all the words. So I decided
to document myself and discover more, and that's how my thesis, entitled "Learning
Languages through Music", came about.
65
INTRODUCTION
It is precisely on this aspect that I want to focus on, that is the great support that
music, and more specifically songs, can provide when learning a new language.
In fact, as we all know, learning a lesson or preparing an exam usually takes a little
time, while just listen to a song a couple of times to capture in our minds the rhythm,
the music and also the words.
Through the research carried out during the last academic year at the Scuola
Superiore per Mediatori Linguistici San Domenico it was possible to answer mainly
three questions: what is meant by "music", what are the analogies with the term
"language", if and how it can facilitate memorization, attention and cognitive
development, especially in relation to the process of learning a foreign language.
In the first part of the thesis will explain the concept of music and its effects on the
human brain. Subsequently, I will try to put this in relation to the concept of
language, analysing possible analogies.
The second part focuses instead on the importance of emotions during language
learning processes and how they contribute to the memorization and greater
attention of the subject.
The third part is dedicated to music learning, which from birth, especially in the
first years of life, are the most sensitive for this purpose, and will deepen the
positive effects of music in the cognitive development of the child, and therefore in
the development of language.
The intention is to make the reader curious about the incredible effects that can be
generated by an instrument available to all of us: music. It is a great resource,
66
especially in the world of education and personal training from the cognitive and
linguistic point of view, and for this reason can make the teaching of a foreign
language more effective.
67
1. What is music?
In the following chapter I want to try to provide a possible definition of the term
"music", specifically analysing the relationship between it and the human brain.
1.1 Definition of music
Providing a univocal definition of music is quite impossible, since each historical
era defines its essence.
The musicologist Jad Abumrad has however managed to give a really clear and
exhaustive explanation of what music is. He states that it is a language, an
exceptional form of communication, which, however, unlike a normal language
such as Italian or English, has the characteristic of being universal, can be heard by
anyone and is able to convey countless emotions and sensations.
Music is everywhere we are, and we can recognize it for example in a drop that
falls, in the cry of a child, in the waves of the sea. However, what makes it really
special is that it is able to join one another, to make us smile and to comfort us if
we need it.
A clear example is the situation that we are living today: Italy closed at home
because of the coronavirus raises its head and looks out from the balcony to sing
against fear and inspire courage. The solemn notes of Mameli's Hymn have
resonated all over the peninsula, because music, often, can save us.
We can define music as an aggregative experience because "whenever humans
come together for any reason, music is there: weddings, funerals, graduation from
college, men marching off to war, stadium sporting events, a night on the town,
68
prayer, a romantic dinner, mothers rocking their infants to sleep ... music is a part
of the fabric of everyday life."19.
1.2 Effects of music on our brain – The Mozart Effect
Music is as powerful as a drug. And it's no joke! In fact, it has been shown that the
musical stimulus produces the same effect as a psychoactive drug in our body,
causing it to release dopamine into the brain.
First of all, we can say that listening to music is a multi-sensory experience, ranging
from simple sound perception, through the auditory system, to a more complex
emotional experience. In fact, once processed the sound inside our brain, it is able
to influence our emotions and acts causing different psychophysical reactions:
music can evoke an event, an image, a historical period or a particular mood. Music,
in fact, is not only an artistic activity, but also and above all the only form of
communication able to evoke and reinforce emotions. Thanks to it you are moved,
you smile, you get angry: in other words, you identify with what the notes and the
words associated with them express. Probably, precisely in self-identification lies
the main reason why the human being is able to feel emotions of various kinds. In
this regard, in an article dated 1992, Tim Murphey notes that "Although our logic
tells us that it is not possible that we are being addressed directly, subconsciously
(and perhaps illogically) we may receive the messages as directed toward us".
Music, therefore, and in this case songs, although in themselves are depersonalized
19 Daniel Levitin, 2008
69
and addressed to a wide audience, can be perceived by the listener as a
representation of his or her own life, as if they had been written specifically for a
particular subject.
As we all know, there are many different genres and styles of music that cause
sometimes very different effects on the individual.
Listening to jazz, for example, generates in our mind feelings of well-being such
as calm and relaxation. A real antidepressant is instead rap, which thanks to its
rhythm is among the musical genres that the mind perceives as contrary to all
psychic disorders. A good dose of joy, good humour and cheerfulness comes,
instead, from listening to country music. A recent study carried out by Humboldt
State University has shown, instead, how the beneficial effects of metal music
would be based on increasing self-esteem and the feeling of belonging. Real energy
sources are pop and rock, perfect to give the right load to the days. Other beneficial
effects come from listening to classical music that seems to have a calming and
relaxing character. From direct experience, in fact, I can only confirm it; every time
I feel the need to disconnect my brain, I sit on the stool of my piano and start
playing. My mind begins to get carried away by the notes of Chopin's Nocturne or
Beethoven's Moonlight Sonata, and immediately a feeling of lightness takes over,
so much so that I close my eyes and start dreaming.
In fact, classical music has been proven to help combat criminal acts. Tested in
various stations in London, it has helped to reduce the number of vandalism,
robbery and physical assault by a percentage ranging from 25 to 37%.
However, the effects of music on the individual are not only linked to the emotions
it arouses. Let's talk for example about the famous Mozart Effect, which shows
70
that music is closely related to learning and creativity. In a study conducted in 1993,
two physicists20 showed that young people had achieved better results in reasoning
tests by listening to a particular Mozart sonata: the famous K448 piano sonata,
which temporarily increased the listener's IQ by 8-9 points.
Another experiment, carried out at the University of Montreal by Isabelle Peretz,
also demonstrated some modifications induced by music on various physiological
parameters, such as blood pressure, heart rate and electrical conduction of the skin.
Another field of particular interest is health care, where music is used to improve,
maintain, or recover cognitive, emotional, and social functions, and to slow down
the progression of certain diseases. The so-called musicotherapy is particularly
useful in the case of patients suffering from motor or dementia disorders and
children with special abilities: since it activates almost all regions of the brain,
music is mainly used to recover linguistic and motor activities.
20 Gordon Shaw and Frances Rauscher
71
2. What is language?
Another interesting aspect certainly concerns the relationship between music and
language.
If in the early civilizations music was more linked to science and religion, as years
go by it became an instrument of communication of one's feelings and one's
interiority.
With this premise, I will then analyse the term "language", and then highlight the
analogies between verbal language and musical language.
2.1 Definition of language - Saussure's dichotomies
Very often we confuse the two terms “communication” and “language”, and for this
reason it is important to point out that by human communication we mean man's
ability to communicate thoughts, feelings, moods, emotions and to express himself
through a complex code, that is language. Language is in fact a system of vocal
signs, a set of morphological, phonetic, syntactic and lexical conventions that
regulate linguistic acts within each community.
It is possible to distinguish three types of communication:
Verbal communication
The paraverbal communication
Nonverbal communication
By verbal communication we mean the content, i.e. the set of words, everything
that is said when a conversation takes place. On the other hand, the paraverbal
72
communication deals with the way all this is said, and therefore takes care of aspects
such as tone, intensity, volume and rhythm. Finally, by nonverbal communication
we mean body language, i.e. facial mimicry, gesture, gaze, clothing, posture, which
is the most incisive of the three types of communication.
In order to explain communication and its components in a more exhaustive way, I
would like to refer to a personality that I had the pleasure to deepen during my
university lectures: the Swiss linguist Ferdinand de Saussure, considered one of the
founders of modern linguistics and pioneer of semiology, a discipline that studies
the sign, in its structure and in the way it is interpreted.
Saussure, in his book “Course in General Linguistics”, considered the most
complete summa of Saussure doctrines, speaks of language as a system of signs that
can be represented through dichotomies, i.e. pairs of opposite notions, the most
important of which is the langue/parole21dichotomy. They are two inextricably
linked words, which must be considered as two interdependent aspects of the same
phenomenon: communication.
By the term "parole” we mean the concrete use of the language, the individual
aspect of language, which refers to the individual execution. It is the expressive act,
the external manifestation of langue by individuals belonging to the speaking mass.
La langue, instead, is the whole system of language, the system that is common to
all, that precedes and makes speech possible, is a set of shared meanings and
signifiers.
Another important dichotomy described by Saussure is the synchrony/diachhrony
dichotomy. Synchronic linguistic studies the structure of language at a given time.
21 Language/speech
73
Diachronic linguistic studies the evolution of language over time, its historical
dimension.
La langue is synchronic, but la parole is connected to the diachrony, because it is
the basis of all changes. In fact, it is precisely the adoption of new words by the
entire community that changes the language, that is, the system.
We can therefore understand that without the individual realizations (parole)
language could not exist either, so the word presupposes the presence of language
and vice versa.
Now, let me talk about a third dichotomy, that is the signifier/signified dichotomy.
Ferdinand de Saussure states that every language is a system of signs and every
linguistic sign is a psychic entity with two faces, the signifier and the signified,
which unites concept and acoustic image. According to Saussure, the signified
represents the absent entity, the idea or meaning of the world, while the signifier
represents the present, physical entity in the world.
After providing a definition of the term "language", which in its broadest sense
represents a set of codes that transmit information, a symbolic system with
expressive and communicative capacity, can we say that music is a language?
2.2 Verbal language and musical language
To answer the previous question, we recall the famous work of the musicologist
and composer Deryck Cooke of 1959, "The Language of Music". Cooke uses the
expression "musical terms" to refer to words that can be found in combinations of
two or more notes that form short sentences, which are the basic terms of musical
74
vocabulary, and therefore associates certain meanings to certain musical
compositions. If they are juxtaposed, these single "vocabulary" interact with each
other: in a greater downward trend you will have a passive feeling of joy, benefits
will be welcomed and you will feel comfort, consolation and reassurance, if then
this path ends on the tonic, considered as the resting point, you will have the feeling
of having returned home.
Therefore, music turns out to be a language no less important than the visual, bodily
or verbal one, able to express ideas, concepts, feelings of each individual.
It is no coincidence that Mauro Mancia (1998), considered one of the fathers of
neuroscience in Italy, states that musical language is a metaphorical language with
a higher power than the spoken one, because it is in direct connection with emotions
and feelings.22
In the same field, the university professor Francesco Giannattasio (1994) supports
the idea that music intervenes where language proves insufficient, to express a field
of mental life that goes beyond the potential of speech.
Often, the mistake is made of linking the message of a song to the content of the
lyrics alone, but a part of the message is always enclosed in elements other than the
lyrics, which is not even indispensable for a musical composition to have a
meaning. Just think of all the works of classical music that, even if they are only
instrumental, still have a title, which proves that they also contain a concept and
convey an emotion, an idea or an image. For example, I immediately remember the
Italian pianist and composer Ludovico Einaudi, whose compositions I couldn't help
22 Mauro Mancia, Psicoanalisi e musica. Riflessioni psicoanalitiche sul linguaggio musicale
75
but learn, such as "Nuvole Bianche", "Le Onde", "Oltremare", or "Primavera",
which from the very first notes manage to make us dream, freeing our imagination.
Middleton (1990) distinguishes the "primary signification", which is internal to the
music and which has to do with the relationship between the notes and the formal
structure, from the "secondary signification" which concerns precisely the emotions
and images that the music itself evokes.
There are different musical languages in the world, but the universal one is called
"tonal system", that is a set of rules that reduce the almost infinite combinations of
sounds that can be obtained with any instrument to a finite subset of them that our
nature considers pleasant and satisfying. This set of rules therefore describes the
language of music, just as grammar describes a spoken language.
Numerous studies23 have shown that music and language have many characteristics
in common, both from a formal and behavioural point of view. Both are
particularities peculiar to man, they are heard through hearing and expressed
through voice, both language and music have the ability to form endlessly different
sequences, generally both are represented through a written representation
consisting of graphic symbols, and in both cases it’s about means of communication
aimed at transmitting messages of different types.
Another similar point can be found in phonetics: music includes a series of distinct
musical notes, or tones, while the spoken language includes a flow of phonemes
connected to each other.
Just as in order to hear music it is necessary to listen to the individual notes
combined at their own rhythmic value, in the same way it is necessary to process
23 Karolyi, O. (2000). La grammatica della musica. Einaudi.
76
individual phonemes associated with the pitch of the voice to understand a sentence.
Thanks to these process similarities, our brain processes music and language in a
similar way.
The reasoning just concluded therefore provides direct evidence of how much
music is a real language.
However, it is not a simple language, but a universal language.
Music is a universal language because of the way it is written, i.e. using a universal
language, the graphic language. Music also has the fantastic property of uniting
peoples. If you just think for a moment about this aspect, you may be amazed at
how much a simple musical composition can make a people identify or be heard at
the same time in very distant places on Earth. When we are in a group, almost
immediately, albeit involuntarily, we turn the music on, to make the members of
the group even more united. In fact, music guarantees social cohesion and the
synchronization of the mood of the members of a group, thus favouring the
preparation of collective actions.
77
3. Learning
3.1 Emotions and learning
Those who attend school or university know very well that it usually takes a while
to learn a lesson well or prepare for an exam, while just listen to a song a couple of
times to capture in our minds the rhythm, the music and even the words.
Why does this happen in our minds? Why music can make us remember things?
We often talk about the fact that our memory works through images, and that it is
much easier to remember through them.
However, in this case, even if we don't realize it, there is something else that acts
on our brain: emotions.
The theme of emotions undoubtedly represents one of the most in-depth studies in
the human sciences, especially since we have begun to consider emotions as the
basis of individual and social behaviour, thanks to the contribution of sociological
and psychological studies. Their contribution, in fact, is evident in the intellectual
and cultural development of the individual, as well as in the range of their functions
in the neurophysiological, affective, cognitive and motivational fields.
Emotions play an important role in the life experiences of each of us, as they
represent the motive behind our behaviour. All our actions depend on the emotions
we feel and receive from the outside world. They form the basis of our identity,
determining our choices and thinking, and also influencing our knowledge.
Emotions are reactions to an external stimulus, and are able to cause changes at
three different levels:
78
physiological: which includes physical phenomena throughout the body
(changes in breathing, blood pressure, heartbeat, muscle tension, influence
in digestion, pupil dilation and so on);
behavioural: emotions determine different facial expressions, posture, tone
of voice and above all certain reactions instead of others;
psychological: subjective sensation, alteration of self-control and cognitive
abilities.
It can therefore be said that reason and emotion are not two opposite poles, but on
the contrary, they are closely connected.
Therefore, unlike what one might think, it is not only with intelligence and
rationality that one succeeds in learning, because an equally important role is played
by emotions.
These contribute to learning success, to the internalisation of knowledge and
meanings, to the improvement of the personal experience of the adult who learns,
transfers and applies the results of what he or she has learnt in his or her professional
environment.
Unfortunately, this was not understood for a long time and emotions were banned
in schools, because they were not objectively measurable and because they could
hinder the way of teaching, but today, thanks to numerous studies, it has been
demonstrated how important the emotional and affective aspect is in
communication, in social interaction, in school learning, because it has finally been
understood that the human being is a totality of rationality and emotionality, and
that in this perspective he must be educated and must learn to learn.
79
In this regard, the psychologist-philosopher-pedagogist Jean Piaget (1896-1980),
noting the importance of emotions, states that for the harmonious development of
the personality of those who learn, an interaction between cognition and affectivity
is necessary, because of the close parallelism that exists in human thought between
the affective and intellectual levels. Piaget explains in "The Origins of Intelligence
in Children"24 that starting from the pre-verbal period there is a close parallelism
between the development of affectivity and the development of intellectual
functions, since these are two indissoluble aspects of every action: in every
behaviour, in fact, motivations and energetic dynamism depend on affectivity,
while techniques and the adaptation of the means used constitute the cognitive
aspect. There is no purely intellectual action, nor purely affective acts, but always
and in any case, both in the conduct relating to objects and in that relating to people,
both elements intervene, since one presupposes the other.
3.1.1 The role of emotions in memorization
When something astonishes us, we remember it instantly, and with every episode
we have experienced first-hand, we are probably able to link a very strong positive
or negative emotion.
Emotions play a very important role in the memorization process and it is therefore
possible to say that memorization is facilitated if the individual feels emotionally
involved. It is precisely this connection that gives emotions a crucial importance in
24 New York: International University Press, 1952
80
learning. This is possible because the strength of memories depends on the degree
of emotional activation induced by learning, so experiences lived with a medium-
high level of emotional participation are catalogued in our mind as "important" and
have a good chance of being later remembered.
Using our senses to memorize and learn is the best and most innovative method also
to learn a foreign language. In fact, the more senses are involved in the experience,
the more effective the learning will be compared to learning only by reading and
listening.
The use of all the senses to learn, memorizing information, plays a fundamental role
in learning as it arouses emotions and memories that settle long in the memory, thus
promoting motivation to study. Our brain continuously selects positive and negative
stimuli and decides whether to remember or forget. This link between memory and
emotions is very strong in learning.
You do not learn, do not understand and do not remember without motivation, and
for pupils to work and think with interest, they must be motivated.
We can remember by doing and understanding, but we cannot do and think without
loving what we do and think.
Edgar Dale, an educator and professor at Ohio State University, sensed that memory
is deeply influenced by his own experiences, and he also believed that after two
weeks we are able to remember 10% of what we read, 20% of what we hear, 30%
of what we see, 50% of what we hear and see, 70% of what we say and 90% of
what we say and do. This would be due to the fact that the greater involvement of
the individual occurs during the integration of information with motor involvement,
and this facilitates learning.
81
Therefore, in order to involve students in every activity in the classroom and make
learning active, students must involve all their senses. It is an innovative and
intuitive method specially to learn a foreign language. The concept of "Learning by
doing" raises the level of involvement by increasing attention and memorization
through pupils' emotional intelligence.
Pupils memorize and learn more information from what they do, as opposed to what
is heard, read or observed. Learning, therefore, should be active and not passive.
3.1.2. How emotions influence attention
The ability of pupils to pay attention is undoubtedly one of the pillars on which
learning, and in particular language learning, is based. In fact, if we listen to a lesson
but are completely distracted, it will be like not having participated in it, because
the brain will not have stored any information. In an attempt to provide a definition
of the term "attention", the American psychologist William James in 1890 stated
that "Everyone knows what attention is. It is the taking possession by the mind in
clear and vivid form, of one out of what seem several simultaneously possible
objects or trains of thought... It implies withdrawal from some things in order to
deal effectively with others and is a condition which has a real opposite in the
confused, dazed, scatter-brained state"25. Therefore, attention would then be that
phenomenon by means of which we actively process a limited amount of
25 William James. The Principles of Psychology
82
information, starting from the enormous quantity of stimuli we get through the
senses or memories.
Therefore, it is evident the importance of attention within a learning environment
such as school, where continuous stimuli are presented by the teacher: in order to
capture the right input during the whole hour, it is essential that the level of attention
of the students is high and sustained over time. Many research reveals that there is
a tendency to pay more attention to events that are appropriate to our emotional
state and, consequently, to learn information in tune with our emotions more easily.
Thus, the emotional state can influence the cognitive processes of memory,
attention and learning.
Emotions, precisely, attract attention. An emotionally intense event, which we have
lived or experience in our mind thanks to the power of visualization, is memorized
and has far more positive effects than any other event experienced or visualized
without any emotional involvement.
3.1.3. The role of emotions in the learning process
As we just said, we learn better when we're emotionally involved.
Among the many studies in the field, particularly interesting is that of the American
psychologist and academic Howard Gardner (1943 -).
Gardner gives a lot of importance to the emotions that the learner feels during a
course of study: the student who discovers a new world with enthusiasm and is
stimulated in his curiosity, will learn more successfully and with less effort than an
83
imposed task that he considers uninteresting. This happens because each of us is
kidnapped more by what reflects our interests, our passions, our expectations. The
American academic claims, in fact, that if certain knowledge is to be internalized
and subsequently used, it must be placed in a context capable of arousing emotions.
On the contrary, experiences without emotional appeal will be scarcely involving
and will soon fall into oblivion, they will automatically abandon us without leaving
any mental representation.
Other social scientists have also dealt with the relationship between learning and
emotions, such as the psycopedagogist Benjamin Samuel Bloom (1913-1999).
He believes in a close relationship between affectivity, motivation and learning,
since affective and motivational variables exert a relevant action in the processes of
knowledge, understanding and socialization that take place in the school
environment.
It is certainly easier to learn when we feel positive emotions. In fact, notions are
fixed in the brain together with emotions. By learning with curiosity and joy, the
lesson is engraved in the memory. On the contrary, learning with boredom, fear,
anxiety, pressure, the alert is activated, and the only will is to erase that moment
from memory. This happens because the mind is programmed to defend itself from
painful experiences and memories, so negative emotions condition the ability to
study, making learning less effective and lasting.
84
3.2 Learning as children
3.2.1 The sound universe in prenatal life
Not everyone is aware of this but, in children learning begins even before their birth,
especially sound learning. Hearing, in fact, is the first of the five senses that
develops in the foetus.
The foetus, therefore, with the development of hearing, already begins to perceive
and appreciate music, but first of all it is the mother who, listening to music during
pregnancy, gets a moment of well-being and serenity that, of course, also feels the
baby and makes him feel good.
Andrea Apostoli, president of the Gordon Institute for Music Learning (GIML), an
institute that deals with developing and making known the Theory of E. Gordon
that I will talk about later, during an interview explain that with regard to the child,
we must remember that musical learning begins in the womb. Just as for language,
for which research has established that it is during pregnancy that the child already
develops synaptic connections in the brain to prepare him to speak, so for music the
foundations will be laid in that period. The richer the sensory experiences that we
will offer him in utero are, the more we will predispose him to such learning.
It has been proven through extensive research26 that the foetus has reactions to
sounds and music even when it is still in the mother's womb, such as changes in
heartbeat and body movements.
An innovative study published in "Proceedings of the National Academy of
Sciences" by the Institute of Behavioural Sciences of the University of Helsinki in
an extensive collaboration of Finnish, Dutch and Danish institutes has reported that
26 Emile Jacques Dalcroze. Il ritmo, la musica e l’educazione.
85
sounds perceived by the foetus can influence the development of the child's brain
and consequently future language skills. It has also been shown that the foetal brain
is able to learn and, if stimulated, undergoes structural and proper mutations of
neuronal connections that can influence language development during childhood.
3.2.2 Why learn music from an early age
To know the advantages of studying music we could mention Rosa Agazzi,
pedagogist and not only, who attached great importance to children's singing as a
contributor to language and motor learning in children. It has therefore been proven
several times that the study of music would lead to an improvement in brain
development, particularly if undertaken between the ages of six and eight, an age
period defined by various researchers as "sensitive window".
Concordia University in Montreal conducted research which confirmed that
learning to play an instrument in childhood would facilitate the acquisition of motor
skills, especially in terms of coordination and fluency. During this famous study 36
adult musicians underwent a particular brain resonance during a motor test. Half of
the participants had started playing before the age of eight, the other half later. The
resonances showed that those who had started studying music early had matured
more brain connections.
Few are aware of this, but around the age of nine, once the brain has matured, it is
no longer possible to influence the musical potential of the child. Precisely for this
86
reason we must emphasize the importance of starting the musical education path
already in neonatal, if not even prenatal age.
Now I want to talk about a researcher and great scholar of the United States, Edwin
E. Gordon, already mentioned above, who, through numerous studies, has
discovered that a good musical education allows to develop other aspects such as
the communication of feelings and emotions, facilitates concentration, promotes
cognitive and social skills, can prevent problems related to language, facilitates
tactile and kinaesthetic perception and influences the learning of syntax and
prosody. Gordon, in fact, maintains that musical learning takes place in a similar
way to linguistic learning: both are proposed to children initially indirectly and then
directly. Therefore, even musically speaking, the child learns spontaneously
through the process of imitation and interaction, and this confirms the fact that
music is a real language.
3.2.3 The influence of music on language development
As we have already said, music and language learning are closely interlinked. I still
remember my first piano lesson, when I was just 5 years old and I learned my first
little song: "Fra' Martino Campanaro". My teacher started singing the notes written
on the pentagram, instead of reading them. At the time I thought it was just her way
to introduce me into the world of music with a smile, but to this day, if I think back
to that composition, my mind automatically starts singing that sequence of notes.
Even when I taught this song to my little cousin, it was natural for me to sing the
87
notes instead of just reading them. It's clear that that method, which when I was 5
years old I thought was only pleasant, has now turned out to be a much more
powerful instrument, which has forever imprinted those notes in my mind.
To demonstrate once again this link between music and language, we can mention
a study made by the Centre for Cognitive Neuroscience at the University of Torku,
Finland, which aimed to study in children the relationship between musical skills
and the pronunciation of words in a foreign language. As a result, children who
possessed more skills than knowledge of the foreign language also had better
musical performances. This study, like many others, again suggests that language
and music learning could be based on common neural mechanisms.
Other research has shown that language and music are made up of sequential
structures based on syntax rules. Scholars have confirmed the fact that children who
experience difficulties in language show just as many difficulties in the processing
of musical syntax; it is therefore evident that they, apparently different, are actually
more similar than one might think. Precisely for this reason, many experiments have
confirmed the positive influence of musical education in the processing of
language, thus defining it as a skill closely related to musical training.
An important study led by the director of the Laboratory of Auditory Neuroscience
Nina Kraus and a group of researchers at North-western University, through tests
proposed to a hundred high school students, confirmed the close relationship
between language ability, sense of rhythm and music. From this experiment it was
found that the children who were better at keeping the rhythm were also those who
pronounced the syllables in the best way.
88
The researchers came to the conclusion of how useful a musical education in
children is, with a special focus on rhythm, to help the auditory system become
more efficient, so that the child can achieve more solid sound-meaning associations,
which are fundamental for both learning and reading skills.
In addition, the use of songs and nursery rhymes in language learning has proven
to be quite effective, as they allow the use of strategies to reduce the complexity
and difficulty of perceived structures. Such systems are real sound structures
consisting of an evident segmentation, unlike a prose text. In this regard, I cannot
help but recall the nursery rhyme thanks to which I learned and memorized the
German alphabet, and which still resonates in my memory today: "ABC - Das
Alphabetlied".
Mutter hör nur, was ich kann,
pass gut auf, ich fang jetzt an:
A B C D E F G
H I J K L M N O P,
Q R S T U V
W X Ypsilon und Zett,
fertig ist mein Alphabet,
hör doch nur wie leicht das geht.
Das war unser Alphabet, hör noch einmal, wie es geht:
A B C D E F G
H I J K L M N O P,
Q R S T U V
W X Ypsilon und Zett,
89
fertig ist mein Alphabet,
hör doch nur wie leicht das geht.
A B C D E F G
H I J K L M N O P,
Q R S T U V
W X Ypsilon und Zett.
In fact, there are many scholars who have declared the influence of songs in learning
and reading positive, and who have stressed the importance of fostering learning
through intrinsic motivation, that is the kind of motivation that comes directly from
the individual, from his pleasure and curiosity, that a song can easily provoke.
Songs are very useful in reading, not only because of the motivation they trigger,
but also because they put both hemispheres of the brain into operation, exposing it
to music and words at the same time.
3.2.4 Why learn a foreign language since childhood
In recent years it has been proven over and over again, also as a result of a large
number of studies and experiments27 by neuro and psycholinguists, that early
learning of a foreign language is much more effective and efficient than late
learning.
27 Cristini C., Ghilardi A., (a cura di), Sentire e pensare. Emozioni e apprendimento fra mente e
cervello, Springer, Milano 2009.
90
It has been confirmed that the earlier children are exposed to the foreign language,
the better the chances they have of speaking and learning it correctly, the more
natural it is for them to understand and speak the language.
Many parents believe that one can only start teaching a new language to their child
after the age of three because they are afraid that the child will become confused or
disadvantaged in the mother tongue, but these are unfounded prejudices and fears.
Adults, in fact, are bound by their cultural background when listening, but at just a
few months old children can distinguish any sound of any language.
Furthermore, language researchers say that new-borns pay more attention to
novelties, i.e. they are naturally attracted to new languages, which they listen to
less. Therefore, even when the child is only a few months or a few days old,
listening to two languages instead of one is for him a not only linguistic, but also
cerebral wealth.
91
4. Didactics and emotions - Why teach through music
First of all, let's try to define what is meant by didactics. The term didactics refers
both to the activity of the teacher and to the reflection and operational planning
related to the teaching, to the definition of guidelines, conditions, operating
methods that we believe can ensure training effectiveness.
If adequately enhanced by teaching, emotions can become a resource, as well as the
content of the training action, because the student not only thinks and elaborates,
but "feels" and participates.
In order to carry out an emotional education, it is fundamental to have the existence
of the child as a whole as a primary objective. This includes the social development
of the person, a dimension that deals with the emotional development and the
effectiveness of the child's relationships with others.
From the considerations set out so far, it follows that teaching, in order to be
effective, must include the emotional dimension in its processes, paying maximum
attention to the inner space of the individual.
Emotion and excitement make the training closer to people, strengthen their
stratagems, practices, orientations. The circulation of positive emotions generates
further positive emotions, and being aware of this process means to start a path
towards the enhancement of emotions and the maximum attention to people in
training and their learning.
This passage from the essay "Emotions: Patrimony of the person and resource for
training" by Ambra Stefanini, PhD in Pedagogical, Educational and Training
Sciences at the University of Padua, well encapsulates the thesis that emotion must
92
be propaedeutic and sedimentary of learning, so it must be incorporated into
teaching.
School education must in fact be oriented towards the emotional wellbeing of the
student, creating serene learning environments capable of stimulating positive
emotions: these are the most fertile ground for building any form of learning. The
teacher must therefore involve, enhance the individual, who together with others
creates a group, and invite active participation, also using tools other than books,
such as films, music, beauty, stories, sports, group work, but also outings and
guided tours.
Summing up what has been said so far in this path of reflection, we can assert that
emotions play a fundamental role in teaching, becoming an important resource for
training. Leaving room for emotions during training, it becomes more effective,
closer to the person, deeper and more meaningful.
If I have focused on this aspect so far, l am now introducing one of the best
generators of emotions that can be used in a school environment: music.
It is common for all to see how much more a text accompanied by music remains
in the memory than a text in prose, and it is equally common how children
themselves are facilitated by this practice in remembering. One of the reasons for
this is that, as we have said before, we remember better when what we have to learn
has a strong impact on ourselves. This is the reason why music is one of the best
tools for learning new words, or rather, in our case, a new foreign language, as it is
able to express emotions that listeners perceive, recognize, or are emotionally
touched by. Moreover, with the repetition of sonorous texts, the language is
increasingly consolidated and memorization is facilitated compared to a prose text
93
without a musical rhythm. It is clear that the lyrics used must be simple, with
various repetitions and the sentences must not be too complex, but rather essential
and concrete to allow a better understanding, and above all memorization.
4.1 Affective reasons
4.1.1 Positive atmosphere and motivation
For very young children the best way to learn a foreign language is through a natural
process, spontaneously encouraged to speak and think in the foreign language. This
certainly has priority over grammar, syntax and thus the formal structure of the
language.
So, what could be one of the best methods to teach a child a foreign language, if not
play and musical activities?
These are precisely the tools capable of creating a smile on each child's face, of
creating a positive and relaxed atmosphere around them, and above all, of
predisposing them to educational activities.
In fact, the belief that teaching children a foreign language with musical activities
stimulates real language learning has now been consolidated. It is necessary to put
the children at ease during this process, for example by using activities and games
characterized by movement, music, but above all by the playful aspect, which is
absolutely necessary to make language learning enjoyable and to motivate the
children themselves. Music and movement make foreign language learning
interesting, exciting, but above all it is an effective method, as their cooperation
94
increases cognitive development, since, as we already know, music stimulates
language learning, while movement strengthens information retention.
There are still many positive effects of the use of songs, which, in fact, prove
capable of creating conditions of psycho-emotional tranquillity and, above all, a
less anxious situation in the classroom. Given such a psycho-emotional disposition
of the learning environment, language acquisition can also take place through a self-
directed willingness to learn, which is destined to grow and remain firm, if properly
maintained.
The songs also represent an element of variation compared to the usual didactic
activities proposed in the classroom, thus favouring motivation and stimulating the
students' desire to discover, nourishing in them the pleasure of variety and
preventing the pleasure of learning from decaying.
4.2 Linguistic reasons
4.2.1 Pronunciation and automaticity
The songs encourage, especially in the case of foreign languages, the phonetic
dimension, which certainly plays an important role in communication. In order for
communication to be as smooth as possible, it is necessary for the learner to know
and master the phonetics of the foreign language, continuing to practice and perfect
it. In this regard, the songs offer a didactic advantage, primarily because they allow
the learner to assimilate and reproduce certain sounds, often different from his or
her mother tongue, which are often repeated in the lyrics.
95
In addition, the songs make it possible to work on prosody. In spoken language, the
term "prosody" refers to the modulation, intonation that is given to a word when
pronouncing it, and the traits in question are: intensity, duration, intonation and
timbre.
Moreover, thanks to some peculiarities present in songs, they can help to fix in the
memory some linguistic structures on the syntactical, lexical and semantic level. In
fact, the recursion of the verses, chorus and rhymes, together underlined by rhythm,
contribute to the formation of a cyclic and repetitive pattern, which facilitates their
memorization. Such repetitions favour automaticity on the part of the learners, i.e.
a reaction to a stimulus that occurs rapidly and without thinking, and concerns
above all the typical structures of the foreign language.
Finally, the songs are real basins of words and idiomatic expressions. In fact, at
their inside, we can often find some linguistic traits related to culture and
characteristics that bring back the authenticity of everyday language.
96
5. Learning foreign languages through music - The Tomatis Method
Learning a new foreign language can often seem like an insurmountable obstacle,
but have you ever wondered why? What makes a language different from ours so
difficult? The doctor and researcher Alfred Tomatis provided an answer to this
question, stating that the basic difficulty is that every language other than its own
contains sounds that the ear is not used to perceiving, precisely because they are not
contained in the mother tongue.
After numerous experiments and research, he created his own method, called the
"Tomatis Method", which has the function of training the student's ear before
starting to learn a language.
In fact, Dr. Tomatis' basic law is well known and says: "We cannot reproduce a
sound that we do not hear". This statement seems to have no connection with the
difficulty of learning foreign languages, but it does not.
First of all, it is necessary to highlight some of the differences that there are between
languages, and by reconnecting to the analogy that there is between language and
music it is possible to explain the differences between languages with the
differences between instruments. In fact, as the difference between the sound of the
piano and that of a violin or guitar is known, in the same way it is possible to
perceive how the Italian spoken by an English or French person, for example, does
not sound like the Italian spoken by the same Italian.
As for musical instruments, what differs from one language to another are the
harmonics, in fact, as each instrument plays differently because of the diversity of
their resonance boxes, in the same way English is different from Italian or any other
language because it produces different harmonics.
97
Our ears, by dint of listening to ourselves and the people around us, are more tuned
to the frequencies of our mother tongue, and in this way all the other languages will
seem difficult to reproduce, precisely because most languages use different sets of
harmonics.
After various studies and experiments, however, Tomatis found the right
methodology to train the ear to the different frequencies, in order to facilitate the
learning of the foreign language. What he teaches us is to completely immerse
ourselves in the new language, and music and songs can help us in this process,
making it especially more enjoyable.
In this regard, my memory reminds me of an evening, during my Erasmus
experience, spent with friends at the Hofbräuhaus in Munich, one of the most
famous breweries in the world, whose tradition was for everyone to follow the band
of musicians and sing German choirs. I was so fascinated by the warmth of those
choirs that I decided to learn them.
From that day on, I thought that if German was a language difficult to understand
and speak, things could change thanks to music. I began to listen to more and more
songs, to read them aloud, imitating the singer's pronunciation, improving day by
day my ability to listen, to read, to understand the text and, why not, to translate.
After a short time, I returned to the brewery, but this time I was part of the choir
too, and so all together, in unison... "Ein Prosit, ein Prosit, der Gemütlichkeit [...]".
To better explain how music can facilitate the training of the ear and the learning
of a foreign language, let's go back to the development of the child, particularly the
cerebral one.
98
The brain develops over the course of life and until the age of five the two cerebral
hemispheres are equivalent, and then each of them dominate specific areas. The left
hemisphere will dominate the verbal logic skills, therefore the language, while the
right hemisphere will be at the head of the so-called non-verbal languages, i.e. the
arts, creativity, play activities and emotions. However, many scientists have
established that learning a language is such a complex procedure that it is not
limited to a single hemisphere of the brain, but consists in the exchange of
information between the left and right hemispheres. The passage of information
between the two hemispheres takes place thanks to neurons, which keep this
exchange continuous and very fast. When listening to music to learn a language,
this combined activity of the two hemispheres is so intensified that new neurons
and new neural connections are formed, thus creating a greater mental elasticity and
a more developed brain.
This therefore reinforces the empirical belief that learning a language through music
is facilitating, as well as motivating, but above all, that it is precisely by letting
ourselves be carried away by it and the resulting emotions that we can bring out the
best in ourselves.
99
CONCLUSION
As I have already said, I have been playing the piano for many years now, but
despite this I have never quit it, because every time it manages to give me great
emotions, for example on the notes of Einaudi, Beethoven or Chopin, which not
only estrange me from the world when I need, but have also accompanied me in the
preparation of many exams, greatly increasing my level of concentration.
However, apart from that, music has given me much more. Thanks to the songs
there are words, and especially idiomatic phrases, that will now remain forever
imprinted in my mind, and I know that if I have improved my language skills in
English, French or German it is surely also thanks to them, because as I wanted to
emphasize several times, music has the power to affect many human emotions and
has melodic characteristics that cross with linguistics.
The work has been developed with the aim of bringing to light the positive but
hidden components that music possesses and from which one can benefit in order
to learn a language correctly and more quickly, because when music and foreign
language meet, our brain unites the information like a puzzle. The brain, in fact, is
captured by the melodies and rhythm that make it easy to memorize certain
expressions of the sung language, which is why learning a language through music
is one of the easiest, fun and effective ways to learn a language.
In the light of the above, I hope that we will leave more room for music in the world
of language learning, but also throughout life, because music is a universal
language, and this means that it has the gift to unite everyone in this Earth, to
involve us indiscriminately.
100
Thanks to it we can feel closer to each other, because, after all, as the French writer
Marcel Proust said, “I wondered whether music might not be the unique example
of what might have been - if the invention of language, the formation of words, the
analysis of ideas had not intervened - the means of communication between
souls.”28
28 Marcel Proust, The Captive & The Fugitive
101
SEZIONE IN LINGUA TEDESCA
INHALTSVERZEICHNIS
VORWORT……………………………………………………………………103
EINLEITUNG………………………………………………………………....104
KAPITEL 1. Was ist Musik? ………………………………....……………….105
1.1 Definition von Musik……………………………………………….105
1.2 Wie Musik auf unser Gehirn wirken kann: Der Mozart-Effekt…...…106
KAPITEL 2. Was ist Sprache?......................................................................... 107
2.1 Definition von Sprache – Die Dichotomien von Saussure…...………107
2.2 Verbale Sprache und Musiksprache…………………………………109
KAPITEL 3. Der Lernprozess……………………..………………………….112
3.1 Lernprozess und Emotionen………..……………………………….112
3.1.1 Die Rolle der Emotionen beim Auswendiglernen…………113
3.1.2 Wie Emotionen die Aufmerksamkeit beeinflussen…….….114
3.1.3 Die Rolle der Emotionen im Lernprozess…………………114
3.2 Lernen in der Kindheit……………………………………………...115
3.2.1 Das Klanguniversum im vorgeburtlichen Leben…………115
3.2.2 Warum sollte man Musik schon in der Kindheit lernen….116
3.2.3 Der Einfluss der Musik auf die Sprechentwicklung……...117
102
3.2.4 Warum sollte man schon als Kleinkind eine Fremdsprache
lernen……………………………………………………………118
KAPITEL 4. Didaktik und Emotionen – Musik im Unterricht……………...120
4.1 Emotionale Gründe………………………………………………….121
4.1.1 Positive Atmosphäre und Motivation…………..…………121
4.2 Sprachliche Gründe ………………………………………………...122
4.2.1 Aussprache und Automatismus …………………………..122
KAPITEL 5. Fremdsprachenlernen durch Musik – Die Tomatis-Methode..124
SCHLUSSFOLGERUNG……………………………………………………..126
103
VORWORT
Meine Erasmus-Erfahrung in München war fast vorbei, also beschlossen meine
Gruppe und ich, einen der letzten Abende im Park zu verbringen. Zu meiner
Überraschung sah ich ein wunderschönes weißes Klavier. Meine Freunde wussten,
dass ich seit meinem fünften Lebensjahr Klavier spielte, und so baten sie mich,
mich hinzusetzen und für sie das Lied zu singen, das zu dem Symbol dieser
fantastischen Erfahrung wurde: „Take me home, country roads" von John Denver.
Ich beschloss, es trotzdem zu versuchen, auch wenn ich mich nicht mehr an alle
Worte erinnern konnte. Also begann ich zu spielen. Ohne es zu merken, flossen die
Worte aus meinem Mund, und ich begann darüber nachzudenken, wie sehr das
Klavier mir geholfen hatte, mich daran zu erinnern. Also beschloss ich, mich weiter
zu informieren und mehr herauszufinden und so entstand meine Diplomarbeit
„Fremdsprachen lernen durch Musik".
104
EINLEITUNG
Der Aspekt auf den wir uns konzentrieren wollen ist die bedeutsame Unterstützung,
die die Musik, im besonderen Fall die Lieder, beim Erlernen einer neuen Sprache
bieten kann.
Wie bekannt, braucht man in der Tat einige Zeit, um einen Unterrichtsfach gut zu
lernen oder eine Prüfung vorzubereiten, während man sich das Rhythmus, die
Musik und die Worte eines Liedes schon beim zweiten Mal Anhören aneignet.
Im ersten Teil dieses Schreibens werden das Konzept der Musik und ihre
Auswirkungen auf das menschliche Gehirn erläutert. Daraufhin, werden die
Auswirkungen der Musik auf das menschliche Gehirn mit dem Begriff der Sprache
in Beziehung gesetzt, indem alle Analogien analysiert werden.
Der zweite Teil konzentriert sich stattdessen auf die Bedeutung von Emotionen
während des Sprachlernprozesses und darauf, wie diese zum Auswendiglernen und
zu einer größeren Aufmerksamkeit des Themas beitragen.
Der dritte Teil widmet sich dem Erlernen von Musik, insbesondere in der Phase den
ersten Lebensjahren, die für diesen Zweck am empfindlichsten ist, und vertieft die
positiven Auswirkungen der Musik auf die kognitive Entwicklung des Kindes und
damit auf die Sprachentwicklung.
Damit soll der Leser neugierig auf die unglaubliche Wirkung der Musik gemacht
werden. Musik ist eine einflussreiche Ressource, insbesondere in der Welt der
Bildung und der persönlichen Ausbildung aus kognitiver und sprachlicher Sicht,
und kann daher den Fremdsprachenunterricht effektiver machen.
105
1. Was ist Musik?
Im folgenden Kapitel wird eine mögliche Definition des Begriffs „Musik"
angeboten, indem die Beziehung zwischen dem Begriff und dem menschlichen
Gehirn im Besonderen analysiert wird.
1.1 Definition von Musik
Es ist nahezu unmöglich, eine eindeutige Definition von Musik vorzugeben, da jede
historische Epoche ihre Züge definiert.
Dem Musikwissenschaftler Jad Abumrad ist es jedoch gelungen, eine klare und
erschöpfende Erklärung dessen zu geben, was Musik bedeutet. Er stellt fest, dass
es sich um eine Sprache, eine außergewöhnliche Form der Kommunikation handelt,
die jedoch im Gegensatz zu einer „normalen“ Sprache wie Italienisch oder Englisch
die Eigenschaft hat, universell zu sein, von jedem gehört werden kann und in der
Lage ist, unzählige Emotionen und Empfindungen zu vermitteln.
Musik ist in unseren kognitiven und motorischen Funktionen verwurzelt und sie ist
an der Art und Weise beteiligt, wie wir unsere Klanglandschaft aufbauen. Was sie
jedoch durchaus besonders macht, ist, dass sie Menschen zum Lächeln bringen und
trösten kann und in der Lage ist, Mensch miteinander zu verbinden.
106
1.2 Wie Musik auf unser Gehirn wirken kann: Der Mozart-Effekt
Musik ist so stark wie eine harte Droge. Und das ist kein Witz! Tatsächlich hat sich
gezeigt, dass der musikalische Reiz in unserem Körper die gleiche Wirkung hat wie
eine psychoaktive Droge, die Dopamin im Gehirn freisetzt.
In der Tat, ist der Ton, sobald er in unserem Gehirn verarbeitet wird, in der Lage,
unsere Emotionen und Handlungen zu beeinflussen und verschiedene
psychophysische Reaktionen auszulösen. Dank der Musik sind wir bewegt, wir
lächeln, wir ärgern uns: Mit anderen Worten, wir identifizieren uns mit dem, was
die Noten und die mit ihnen verbundenen Worte ausdrücken. Wie bekannt, gibt es
verschiedene Musikgattungen und -stile, die manchmal sehr unterschiedliche
Wirkungen beim Einzelnen hervorrufen, aber die Wirkung von Musik auf den
Einzelnen hängt nicht nur mit den Emotionen zusammen, die sie weckt. Hierzu ist
der berühmte Mozart-Effekt ein passendes Beispiel, der zeigt, dass Musik eng mit
Lernen und Kreativität verbunden ist. In einer 1993 durchgeführten Studie zeigten
zwei Physiker29, dass junge Menschen bei Argumentationstests bessere Ergebnisse
erzielt hatten, wenn sie vorab eine bestimmte Mozart-Sonate gehört hatten.
Die berühmte Klaviersonate K448 erhöhte den IQ des Hörers vorübergehend um 8-
9 Punkte.
Ein weiterer Bereich von besonderem Interesse ist die Gesundheitsfürsorge, wo
Musik zur Verbesserung, Erhaltung oder Wiederherstellung kognitiver,
emotionaler und sozialer Funktionen sowie zur Verlangsamung des Fortschreitens
bestimmter Krankheiten eingesetzt wird.
29 Gordon Shaw und Frances Rauscher
107
2. Was ist Sprache?
War die Musik in den frühen Zeiten mehr mit Wissenschaft und Religion
verbunden, so wurde sie im Laufe der Jahre zu einem Kommunikationsmittel der
eigenen Gefühle und der eigenen Innerlichkeit.
Unter dieser Voraussetzung wird der Begriff „Sprache" analysiert und daraufhin
die Ähnlichkeiten zwischen verbaler und musikalischer Sprache hervorgehoben.
2.1 Definition von Sprache - Die Dichotomien von Saussure
Sehr oft wird das Sprechen mit Sprache verwechselt, und aus diesem Grund ist es
wichtig, darauf hinzuweisen, dass mit dem menschlichen Sprechen die Fähigkeit
des Menschen gemeint ist, Gedanken, Gefühle, Stimmungen mitzuteilen und sich
durch einen komplexen Code, d.h. durch Sprache, auszudrücken. Sprache ist in der
Tat ein System von Zeichen, eine Reihe von morphologischen, phonetischen,
syntaktischen und lexikalischen Konventionen, die die sprachlichen Handlungen
innerhalb jeder Gemeinschaft regeln.
Es lassen sich drei Arten von Sprechakten unterscheiden:
Verbaler Sprechakt: der Inhalt eines Gesprächs;
Paraverbaler Sprechakt: die Art und Weise, wie der Inhalt ausgedrückt
wird;
Nonverbaler Sprechakt: die Körpersprache.
Um die Sprache und ihre Bestandteile ausführlicher zu erklären, möchte ich auf die
Theorie einer Persönlichkeit verweisen, die ich während meiner Vorlesungen an
der Universität vertiefen durfte: Den Schweizer Sprachwissenschaftler Ferdinand
108
de Saussure, der als einer der Begründer der modernen Linguistik und Wegbereiter
der Semiologie gilt, einer Disziplin, die das Zeichen in seiner Struktur und in der
Art seiner Interpretation untersucht.
In seinem „Cours de linguistique générale", der als die vollständigste Summa der
Saussurianischen Theorien gilt, spricht Saussure von Sprache als einem System von
Zeichen, das durch Dichotomien, d.h. gegensätzliche Begriffspaare, dargestellt
werden kann. Seines Erachtens ist Langue / Parole30 das wichtigste gegensätzliche
Begriffspaar. Es sind zwei untrennbar miteinander verbundene Wörter, die als zwei
voneinander abhängige Aspekte desselben Phänomens betrachtet werden müssen:
Sprache.
Mit dem Begriff parole meinen wir den individuellen Aspekt der Sprache, was sich
auf die individuelle Formulierung der Sprache bezieht. Es handelt sich um den
expressiven Akt und die Verwirklichung der Sprache durch Individuen, die der
sprechenden Masse angehören.
Die langue repräsentiert stattdessen den sozialen Aspekt der Sprache, dass für alle
Sprechenden gemeinsame System, und zwar eine Reihe von gemeinsamen
Bedeutungen und Signifikanten.
Eine weitere wichtige Dichotomie, von der Saussure spricht, ist die
Synchronie/Diachronie. Die synchrone Linguistik untersucht die Struktur der
Sprache zu einem bestimmten Zeitpunkt. Die diachrone Linguistik untersucht die
Entwicklung der Sprache im Laufe der Zeit, ihre historische Dimension.
Die langue ist synchron, aber die parole ist mit der Diachronie verbunden welche,
tatsächlich Grundlage aller Veränderungen ist. Es gerade die Annahme neuer
30 Sprache / Wörter
109
Wörter durch die gesamte Gemeinschaft, die die Sprache, d.h. das System,
verändert.
Daher wird es verständlich, dass ohne die einzelnen Wörter (parole) auch die
Sprache nicht existieren könnte, so dass das Wort das Vorhandensein von Sprache
voraussetzt und umgekehrt.
Lassen Sie uns nun über eine dritte Dichotomie sprechen, nämlich die Dichotomie
signifie/ signifiant (Bedeutung / Signifikant).
Ferdinand de Saussure stellt fest, dass jede Sprache ein Zeichensystem und jedes
sprachliche Zeichen eine zweiseitige psychische Einheit ist Bedeutung und
Signifikant, die das Vorstellungsbild und das Bezeichnende vereinen. Laut
Saussure, repräsentiert das signifie das abwesende Wesen, die Idee oder den Bezug
zur Welt, während das signifiant das gegenwärtige, physische Wesen repräsentiert.
Nachdem eine Definition des Begriffs „Sprache" angeboten wurde, kann man
behaupten, dass Musik eine Sprache sei?
2.2 Verbale Sprache und Musiksprache
Zur Beantwortung der o.g. Frage, wird auf das berühmte Werk des
Musikwissenschaftlers und Komponisten Deryck Cooke, aus dem Jahr 1959, „Die
Sprache der Musik" Bezug genommen. Cooke verwendet den Ausdruck
„musikalische Begriffe" für Wörter, die in Kombinationen von zwei oder mehr
Noten gefunden werden können, die kurze Sätze bilden, welche die Grundbegriffe
des musikalischen Vokabulars sind, und assoziiert daher bestimmte Bedeutungen
mit einem bestimmten musikalischen Verhalten.
110
Werden sie nebeneinandergestellt, interagieren diese einzelnen „Wörter"
miteinander und lösen unterschiedliche Gefühle aus. Daher erweist sich die Musik
als eine Sprache nicht weniger wichtig als die visuelle, körperliche oder verbale
Sprache, die in der Lage ist, Ideen, Konzepte, Gefühle auszudrücken, die jedem
Einzelnen eigen sind.
Es ist kein Zufall, dass der Universitätsprofessor Francesco Giannattasio (1994) die
These verfechtet, dass Musik dort eingreift, wo die Sprache sich als unzureichend
erweist, um einen Bereich des geistigen Lebens auszudrücken, der über das
Potenzial des Wortes hinausgeht.
Zahlreiche Studien31 haben gezeigt, dass Musik und Sprache viele
Gemeinsamkeiten aufweisen, sowohl in formaler Hinsicht als auch in Bezug auf
das Verhalten. Beide sind dem Menschen eigen, sie werden durch das Gehör
empfunden und durch die Stimme ausgedrückt. Sowohl Sprache als auch Musik
haben die Fähigkeit, unendlich viele verschiedene Sequenzen zu bilden. Im
Allgemeinen werden beide durch eine schriftliche Darstellung aus grafischen
Symbolen dargestellt, und in beiden Fällen handelt es sich um ein
Kommunikationsmittel, das auf die Übermittlung von Botschaften
unterschiedlicher Art abzielt.
Darüber hinaus ist es wie beim Hören von Musik notwendig, einzelne Noten in
Verbindung mit ihrem eigenen rhythmischen Wert zu hören, genauso wie man zum
Verständnis eines Satzes einzelne Phoneme ausarbeiten muss, die mit der Tonhöhe
der Stimme verbunden sind. Dank dieser Prozessähnlichkeiten verarbeitet unser
Gehirn Musik und Sprache auf ähnliche Weise.
31 Karolyi, O. (2000). La grammatica della musica. Einaudi.
111
Die soeben abgeschlossene Argumentation liefert uns also einen Beweis dafür, dass
Musik als eine Sprache angenommen werden kann.
Sie ist jedoch keine einfache Sprache, sondern eine universelle Sprache, sowohl
wegen deren schriftlichen Fixierung im Notentext, als auch wegen deren
sondergleichen Eigenschaft, Völker vereinen zu können und gleichzeitig an sehr
weit entfernten Orten auf der Erde gehört zu werden.
112
3. Der Lernprozess
3.1 Lernprozess und Emotionen
Diejenigen, die eine Schule oder Universität besuchen, wissen sehr gut, dass man
in der Tat einige Zeit braucht, um einen Unterrichtsfach gut zu lernen oder eine
Prüfung vorzubereiten, während man sich das Rhythmus, die Musik und die Worte
eines Liedes schon beim zweiten Mal Anhören aneignet.
Aber wie kommt es, dass Musik uns dazu bringen kann, uns an Dinge und
Ereignisse zu erinnern?
Man hört oft, dass unser Gedächtnis durch Bilder funktioniert und dass es viel
einfacher ist, sich durch diese an etwas zu erinnern.
Aber in diesem Fall gibt es, auch wenn wir uns dessen nicht bewusst sind, noch
etwas anderes, das auf unser Gehirn einwirkt: Emotionen.
Emotionen spielen in den Lebenserfahrungen eines jeden von uns eine wichtige
Rolle, da sie den Beweggrund für unser Verhalten darstellen. Die Gesamtheit
unserer Handlungen hängt von den Emotionen ab, die wir fühlen und von der
Außenwelt empfangen. Sie bilden die Grundlage unserer Identität, bestimmen
unsere Entscheidungen und unser Denken und beeinflussen auch unser Wissen.
Heutzutage hat sich dank zahlreicher Studien gezeigt, wie wichtig der emotionale
und affektive Aspekt in der Kommunikation, in der sozialen Interaktion, im
schulischen Lernen ist, weil man endlich verstanden hat, dass der Mensch eine
Gesamtheit von Rationalität und Emotionalität ist, und dass seine Erziehung und
sein Lernprozess in Bezug darauf erfolgen müssen.
113
3.1.1 Die Rolle der Emotionen beim Auswendiglernen
Emotionen spielen beim Auswendiglernen eine sehr wichtige Rolle, und daher kann
man sagen, dass das Auswendiglernen erleichtert wird, wenn sich die Person
emotional beteiligt fühlt. Gerade diese Verbindung verleiht den Emotionen eine
entscheidende Bedeutung beim Lernen. Dies ist möglich, weil die Stärke der
Erinnerungen vom Grad der durch das Lernen induzierten emotionalen Aktivierung
abhängt, so dass Erfahrungen, die mit einem mittleren bis hohen Grad an
emotionaler Beteiligung gelebt werden, in unserem Bewusstsein als „wichtig"
katalogisiert werden und gute Chancen haben, später erinnert zu werden.
Der Einsatz aller Sinne beim Auswendiglernen von Informationen spielt eine
grundlegende Rolle beim Lernen, da er Emotionen und Erinnerungen weckt, die
sich lange im Gedächtnis verankern und so die Lernmotivation fördern. Deshalb ist
der Einsatz unserer Sinne zum Auswendiglernen und Lernen der beste und
innovativste Weg, auch eine Fremdsprache zu erlernen.
Edgar Dale, Pädagoge und Professor an der Ohio State University, spürte, dass das
Gedächtnis zutiefst von seinen eigenen Erfahrungen beeinflusst wird. Dale war
überzeugt, dass nur durch die Einbeziehung aller Sinne, hätten die Studenten in jede
Aktivität im Unterricht einbezogen werden können. Das Lernen sollte also aktiv
und nicht passiv sein.
114
3.1.2. Wie Emotionen die Aufmerksamkeit beeinflussen
Die Fähigkeit der Schülerinnen und Schüler, aufmerksam zu sein, ist zweifellos
eine der Säulen, auf die sich das Lernen und insbesondere das Erlernen von
Sprachen stützt. Wenn Sie im Unterricht völlig abgelenkt sind, ist es in der Tat so,
als hätten Sie nicht daran teilgenommen, weil das Gehirn keine Informationen
gespeichert hat.
Daher ist die Bedeutung der Aufmerksamkeit in einer Lernumgebung wie die
Schule, in der kontinuierliche Reize vom Lehrer ausgelöst werden, offensichtlich.
Verschiedene Forschungen zeigen, dass die Tendenz besteht, Ereignissen, die
unserem emotionalen Zustand angemessen sind, mehr Aufmerksamkeit zu
schenken und infolgedessen Informationen leichter im Einklang mit unseren
Emotionen zu erlernen. So kann der emotionale Zustand die kognitiven Prozesse
des Gedächtnisses, der Aufmerksamkeit und des Lernens beeinflussen.
Gerade Emotionen erregen Aufmerksamkeit. Ein emotional intensives Ereignis
wird verinnerlicht und hat weitaus mehr positive Auswirkungen als jedes andere
Ereignis, das ohne jegliche emotionale Beteiligung erlebt wird.
3.1.3. Die Rolle der Emotionen im Lernprozess
Wie vorab analysiert, lernt man am besten, wenn man emotional beteiligt ist.
Unter den vielen Studien dieses Forschungsgebietes, ist die des amerikanischen
Psychologen und Akademikers Howard Gardner (1943) besonders interessant.
Gardner legt großen Wert auf die Emotionen, die der Lernende während des
Studiums empfindet: Der Student, der mit Begeisterung eine neue Welt entdeckt
115
und in seiner Neugierde angeregt wird, lernt erfolgreicher und mit weniger
Aufwand als eine ihm auferlegte Aufgabe, die er für uninteressant hält. Dies
geschieht, weil jeder von uns mehr von dem entführt wird, was unsere Interessen,
unsere Leidenschaften, unsere Erwartungen widerspiegelt. Der amerikanische
Akademiker behauptet in der Tat, dass bestimmte Kenntnisse, wenn sie
verinnerlicht und anschließend genutzt werden sollen, in einen Kontext gestellt
werden müssen, der in der Lage ist, Emotionen, insbesondere positive Emotionen,
zu wecken.
3.2 Lernen in der Kindheit
3.2.1 Das Klanguniversum im vorgeburtlichen Leben
Nicht alle sind sich dessen bewusst, aber bei Kindern beginnt das Lernen bereits
vor der Geburt, insbesondere das Lernen von Klängen. Das Gehör ist in der Tat der
erste der fünf Sinne, der sich beim Fötus entwickelt.
Es ist durch zahlreiche Forschungen32 bewiesen, dass der Fötus bereits im
Mutterleib Reaktionen auf Geräusche und Musik hat, wie zum Beispiel die
Variation des Herzschlags und der Körperbewegungen.
Eine innovative Studie, die in den „Proceedings of the National Academy of
Sciences" vom Institut für Verhaltenswissenschaften der Universität Helsinki in
einer umfangreichen Zusammenarbeit finnischer, niederländischer und dänischer
Institute veröffentlicht wurde, hat berichtet, dass vom Fötus wahrgenommene
32 Emile Jacques Dalcroze. Il ritmo, la musica e l’educazione.
116
Geräusche die Entwicklung des kindlichen Gehirns und damit die zukünftigen
Sprachfähigkeiten beeinflussen können. Es hat sich auch gezeigt, dass das fetale
Gehirn lernfähig ist und, wenn stimuliert, strukturelle und richtige Mutationen der
neuronalen Verbindungen erfährt, die die Sprachentwicklung während der Kindheit
beeinflussen können.
3.2.2 Warum sollte man Musik schon in der Kindheit lernen?
Es ist mehrfach bewiesen worden, dass das Studium der Musik zu einer
Verbesserung der Gehirnentwicklung führen würde, insbesondere wenn es im Alter
zwischen sechs und acht Jahren durchgeführt wird. Tatsächlich sind sich nur
wenige Menschen dessen bewusst, aber etwa im Alter von neun Lebensjahren,
wenn die Hirnreifung abgeschlossen ist, ist es nicht mehr möglich, das musikalische
Potenzial des Kindes zu beeinflussen. Genau aus diesem Grund muss man betonen,
wie wichtig es ist, die musikalische Erziehung bereits im Neugeborenen-, wenn
nicht sogar im vorgeburtlichen Alter zu beginnen.
Der Forscher und große Gelehrte der Vereinigten Staaten Edwin E. Gordon hat
durch zahlreiche Forschungen herausgefunden, dass eine gute musikalische
Ausbildung es ermöglicht, Aspekte wie die Kommunikation von Gefühlen und
Emotionen zu entwickeln, die Konzentration zu erleichtern, kognitive und soziale
Fähigkeiten zu fördern, Sprachprobleme zu verhindern, die taktile und
kinästhetische Wahrnehmung zu erleichtern und das Erlernen von Syntax und
Prosodie zu beeinflussen.
117
3.2.3 Der Einfluss der Musik auf die Sprachentwicklung
Wie schon erwähnt, sind Musik und Sprachenlernen eng miteinander verbunden.
Um diese Verbindung zwischen Musik und Sprache noch einmal aufzuzeigen, kann
auf eine Studie des Zentrums für kognitive Neurowissenschaften an der Universität
von Torku, Finnland, Bezug genommen werden, die darauf abzielte, bei Kindern
die Beziehung zwischen musikalischen Fähigkeiten und der Aussprache von
Wörtern in einer Fremdsprache zu untersuchen. Infolgedessen hatten Kinder, die
mehr Fähigkeiten in den Fremdsprachenkenntnissen besaßen, auch bessere
musikalische Leistungen. Diese Studie deutet, wie viele andere, erneut darauf hin,
dass das Erlernen von Sprache und Musik auf gemeinsamen neuronalen
Mechanismen beruhen könnte. Genau aus diesem Grund haben viele Experimente
den positiven Einfluss der Musikerziehung auf die Sprachverarbeitung bestätigt
und sie damit als eine eng mit der Musikerziehung verbundene Fähigkeit definiert.
Forscher sind zu der Schlussfolgerung gekommen, wie nützlich Musikerziehung
bei Kindern ist. Diese sollte besonderen Schwerpunkt auf dem Rhythmus legen,
damit das Hörsystem effizienter werden kann und das Kind zu solideren
klanglichen Assoziationen gelangen kann, die sowohl für das Lernen im
Allgemeinen als auch für die Lesefähigkeit grundlegend sind.
Darüber hinaus hat sich die Verwendung von Liedern und Kinderreimen beim
Sprachenlernen als recht effektiv erwiesen, da sie den Einsatz von Strategien zur
Verringerung der Komplexität und Schwierigkeit wahrgenommener Strukturen
ermöglichen.
Tatsächlich haben viele Gelehrte den Einfluss von Liedern auf das Lernen und
Lesen als positiv erklärt und betont, wie wichtig es ist, das Lernen durch intrinsische
118
Motivation zu fördern, d.h. die Art von Motivation, die direkt vom Individuum
ausgeht, von seiner Freude und Neugier, die ein Lied leicht hervorrufen kann.
Lieder sind beim Lesen sehr nützlich, nicht nur wegen der Motivation, die sie
auslösen, sondern auch, weil sie beide Gehirnhälften in Betrieb setzen und das
Gehirn gleichzeitig Musik und Worten aussetzen.
3.2.4 Warum sollte man schon als Kleinkind eine
Fremdsprache lernen
In den letzten Jahren hat sich, auch als Ergebnis einer Vielzahl von Studien und
Experimenten33 von Neuro- und Psycholinguisten, immer wieder gezeigt, dass das
frühe Erlernen einer Fremdsprache viel effektiver und effizienter ist als das späte
Lernen.
Es hat sich bestätigt, dass die Chancen der Kinder, die Fremdsprache richtig zu
sprechen und zu lernen, umso größer sind, je früher sie der Fremdsprache ausgesetzt
sind.
Viele Eltern glauben, dass man erst nach dem dritten Lebensjahr damit beginnen
kann, ihrem Kind eine neue Sprache beizubringen, weil sie befürchten, dass das
Kind in der Muttersprache verwirrt oder benachteiligt wird, aber das sind
unbegründete Vorurteile und Ängste. Tatsächlich sind Erwachsene beim Anhören
einer Sprache an ihren kulturellen Hintergrund gebunden, während Kinder in den
ersten Lebensmonaten bereits jeden Laut jeder Sprache unterscheiden können.
33 Cristini C., Ghilardi A., (a cura di), Sentire e pensare. Emozioni e apprendimento fra mente e
cervello, Springer, Milano 2009.
119
Darüber hinaus behaupten Sprachforscher, dass Neugeborene den Neuheiten mehr
Aufmerksamkeit schenken, d.h. sie werden von Natur aus von neuen Sprachen
angezogen, die sie weniger hören. Deshalb ist es für ein Kind, auch wenn es erst
einige Monate oder Tage alt ist, zwei Sprachen statt einer zu hören, ein echter
Vorteil, nicht nur sprachlich, sondern auch geistig.
120
4. Didaktik und Emotionen – Musik im Unterricht
Versuchen wir zunächst einmal zu definieren, was unter Didaktik zu verstehen ist.
Der Begriff Didaktik bezieht sich sowohl auf die Tätigkeit des Lehrers als auch auf
die Überlegung und operative Planung im Zusammenhang mit dem Unterricht, auf
die Definition von Richtlinien, Bedingungen, Arbeitsmethoden, die unserer
Meinung nach die Wirksamkeit der Ausbildung gewährleisten können.
Wenn diese durch den Unterricht angemessen verstärkt werden, können Emotionen
zu einer Ressource werden, welche das gesamte pädagogische Handeln beinhalten
kann, denn der Schüler/die Schülerin denkt und erarbeitet nicht nur, sondern „fühlt"
und nimmt teil.
Um eine emotionale Erziehung durchführen zu können, ist es von grundlegender
Bedeutung, die Existenz des Kindes als Ganzes als vorrangiges Ziel zu haben. Dazu
gehört die soziale Entwicklung der Person, eine Dimension, die sich mit der
emotionalen Entwicklung und der Wirksamkeit der Beziehungen des Kindes zu
anderen Menschen befasst.
Aus den bisherigen Überlegungen folgt, dass die Didaktik die emotionale
Dimension in seine Prozesse einbeziehen muss, um wirksam zu sein. Dabei muss
sie dem inneren Raum des Individuums maximale Aufmerksamkeit schenken.
Die Schulbildung muss in der Tat auf das emotionale Wohlbefinden des Schülers
ausgerichtet sein und ein ruhiges Lernumfeld schaffen, das in der Lage ist, positive
Emotionen zu stimulieren: Dies ist der fruchtbarste Boden für den Aufbau jeder
Form des Lernens.
Wenn man also während des Unterrichts Raum für Emotionen lässt, wirkt das
Gelernte effektiver, näher an der Person, tiefer und bedeutungsvoller.
121
Bisher wurden die positiven Aspekte der Emotionen auf das Lernen begründet,
folgend wird einer der besten Erzeuger von Emotionen vorgestellt, der in einem
schulischen Umfeld eingesetzt werden kann: die Musik.
Wie bekannt, bleibt ein von Musik begleiteter Text viel mehr im Gedächtnis als ein
Prosatext, und dass Kinder selbst durch diese Praxis beim Erinnern erleichtert
werden. Einer der Gründe dafür ist, dass wir uns, wie schon beschrieben, besser
erinnern, wenn das, was wir lernen müssen, einen starken Einfluss auf uns selbst
hat. Genau aus diesem Grund ist Musik eines der besten Werkzeuge zum Erlernen
neuer Wörter, oder besser gesagt, einer neuen Fremdsprache, da sie in der Lage ist,
Emotionen auszudrücken, die die Zuhörer wahrnehmen, erkennen oder von denen
sie emotional berührt werden. Darüber hinaus wird durch die Wiederholung von
klangvollen Texten die Sprache zunehmend gefestigt und das Auswendiglernen im
Vergleich zu einem Prosatext ohne musikalischen Rhythmus erleichtert.
4.1 Emotionale Gründe
4.1.1 Positive Atmosphäre und Motivation
Für Kinder ist der beste Weg, eine Fremdsprache zu lernen, ein natürlicher Prozess,
der spontan zum Sprechen und Denken in der Fremdsprache ermutigt. Welche
könnte also eine der besten Methoden sein, einem Kind eine Fremdsprache
beizubringen, wenn nicht spielerische und musikalische Aktivitäten?
Es sind genau diese Hilfsmittel, die jedem Kind ein Lächeln ins Gesicht zaubern,
eine positive und entspannte Atmosphäre um es herum schaffen und es vor allem
auf pädagogische Aktivitäten vorbereiten können.
122
Tatsächlich hat sich die Überzeugung gefestigt, dass das Unterrichten von Kindern
in einer Fremdsprache mit musikalischen Aktivitäten das wirkliche Sprachenlernen
stimuliert. Es ist notwendig, die Kinder während dieses Prozesses zu beruhigen,
z.B. durch Aktivitäten und Spiele, die sich durch Bewegung, Musik, aber vor allem
durch den spielerischen Aspekt auszeichnen, was absolut notwendig ist, um das
Sprachenlernen angenehm zu gestalten und die Kinder selbst zu motivieren. Musik
und Bewegung machen das Erlernen der Fremdsprache interessant, spannend, vor
allem aber ist es eine effektive Methode, da ihre Zusammenarbeit die kognitive
Entwicklung fördert.
Es gibt immer noch viele positive Auswirkungen der Verwendung von Liedern, die
sich in der Tat als fähig erweisen, Bedingungen psycho-emotionaler Ruhe zu
schaffen, dank derer der Spracherwerb auch durch eine selbstgesteuerte
Lernbereitschaft erfolgen kann, die dazu bestimmt ist, zu wachsen und fest zu
bleiben, wenn sie richtig gepflegt wird.
4.2 Sprachliche Gründe
4.2.1 Aussprache und Automatismus
Die Lieder fördern, besonders bei Fremdsprachen, die phonetische Dimension, die
bei der Kommunikation sicherlich eine wichtige Rolle spielt. Die Lieder
ermöglichen es den Lernenden, bestimmte Laute, die sich oft von ihrer
Muttersprache unterscheiden, zu lernen und wiederzugeben.
Die Lieder ermöglichen es auch, an der Prosodie zu arbeiten, d.h. an der Intonation,
die einem Wort bei der Aussprache gegeben wird.
123
Darüber hinaus trägt die Rekursivität der Verse, des Refrains und der Reime,
zusammen betont durch den Rhythmus, zur Bildung eines zyklischen und daher
sich wiederholenden Musters bei, was das Auswendiglernen und in der Folge den
Automatismus durch die Lernenden erleichtert. Schließlich findet man in Liedern
eine Vielfalt an Worten und idiomatischen Ausdrücken, die für jede Kultur typisch
sind.
124
5. Fremdsprachenlernen durch Musik - Die Tomatis-Methode
Das Erlernen einer neuen Fremdsprache mag oft wie ein unüberwindbares
Hindernis erscheinen, aber was macht eine Sprache, die sich von unserer
unterscheidet, so schwierig?
Alfred Tomatis, ein anerkannter Gelehrter und Arzt, gab eine Antwort auf diese
Frage und stellte fest, dass die grundlegende Schwierigkeit darin besteht, dass jede
andere Sprache Laute enthält, die das Ohr nicht gewohnt ist, wahrzunehmen, eben
weil sie nicht in der Muttersprache enthalten sind.
Nach zahlreichen Experimenten und Forschungen schuf er seine eigene Methode,
die so genannte „Tomatis-Methode", die die Funktion hat, das Ohr des Schülers zu
trainieren, bevor er mit dem Erlernen einer Sprache beginnt.
Tatsächlich ist das Grundgesetz von Dr. Tomatis gut bekannt und besagt: „Wir
können keinen Ton wiedergeben, den wir nicht hören".
Unsere Ohren sind durch das Hören auf uns selbst und die Menschen um uns herum
mehr auf die Frequenzen unserer Muttersprache abgestimmt, und auf diese Weise
werden alle anderen Sprachen schwer reproduzierbar erscheinen, da die meisten
Sprachen unterschiedliche Töne verwenden.
Nach verschiedenen Studien und Experimenten fand Tomatis jedoch die richtige
Methode, um das Ohr für die verschiedenen Frequenzen zu trainieren, um das
Erlernen der Fremdsprache zu erleichtern. Er lehrt man solle ganz in die neue
Sprache einzutauchen. Dabei könnten Musik und Lieder helfen und den
Lernprozess besonders angenehm machen.
In dieser Hinsicht erinnert mich meine Erinnerung an einen Abend während meines
Erasmus-Erlebnisses, den ich mit Freunden im Hofbräuhaus in München
125
verbrachte, einer der berühmtesten Brauereien der Welt, deren Tradition es war,
dass jeder der Musikkapelle folgte und deutsche Chöre sang. Ich war so fasziniert
von der Wärme dieser Chöre, dass ich beschloss, sie zu lernen.
Von diesem Tag an dachte ich, wenn Deutsch eine Sprache ist, die schwer zu
verstehen und zu sprechen ist, dann könnten sich die Dinge dank der Musik ändern.
Ich begann, mir immer mehr Lieder anzuhören, sie laut vorzulesen, die Aussprache
des Sängers zu imitieren, und verbesserte von Tag zu Tag meine Fähigkeit,
zuzuhören, zu lesen, den Text zu verstehen und, warum nicht, zu übersetzen.
Um besser zu erklären, wie Musik die Ausbildung des Gehörs und das Erlernen
einer Fremdsprache erleichtern kann, wollen wir auf die Entwicklung des Kindes,
insbesondere des Gehirns, zurückkommen.
Das Gehirn entwickelt sich im Laufe des Lebens: Bis zum Alter von fünf Jahren
sind die beiden Hirnhälften gleichwertig, dann dominiert jede von ihnen bestimmte
Bereiche. Viele Wissenschaftler haben jedoch festgestellt, dass das Erlernen einer
Sprache ein so komplexer Vorgang ist, dass er nicht auf eine einzige Gehirnhälfte
beschränkt ist, sondern aus dem Informationsaustausch zwischen der linken und der
rechten Hemisphäre besteht. Wenn Sie Musik hören, um eine Sprache zu lernen,
wird diese kombinierte Aktivität der beiden Hemisphären so intensiviert, dass neue
Neuronen und neue neuronale Verbindungen gebildet werden, wodurch ein
elastischerer Verstand und ein besser entwickeltes Gehirn entstehen.
Dies bestärkt die empirische Überzeugung, dass das Erlernen einer Sprache durch
Musik sowohl erleichternd als auch motivierend wirkt.
126
SCHLUSSFOLGERUNG
Wie ich bereits erzählt habe, spiele ich schon seit vielen Jahren Klavier, aber was
mich immer noch an ihn bindet, ist, dass es ihm jedes Mal gelingt, mir große
Emotionen zu vermitteln, die mich nicht nur von der Welt entfremden, wenn ich sie
brauche, sondern mich auch bei der Vorbereitung vieler Prüfungen begleitet haben.
Darüber hinaus hat mir die Musik aber noch viel mehr gegeben, und wenn ich meine
Sprachkenntnisse in Englisch, Französisch oder Deutsch verbessert habe, dann ist
das sicher auch ihr Verdienst, denn Musik hat, wie ich schon oft betont habe, die
Kraft, viele menschliche Emotionen zu beeinflussen, und sie hat melodische
Eigenschaften, die sich mit der Linguistik verflechten.
Diese Diplomarbeit wurde daher mit dem Ziel entwickelt, die positiven, aber
verborgenen Komponenten der Musik ans Licht zu bringen, von denen man
profitieren kann, um eine Sprache richtig und schneller zu lernen. Denn wenn
Musik und Fremdsprache sich treffen, vereint unser Gehirn die Informationen wie
ein Puzzle. Das Gehirn wird in der Tat von den Melodien und dem Rhythmus
erfasst, die es leichter machen, sich bestimmte Ausdrücke der gesungenen Sprache
einzuprägen, weshalb das Erlernen einer Sprache durch Musik eine der einfachsten,
unterhaltsamsten und effektivsten Möglichkeiten ist, eine Sprache zu erlernen.
Im Lichte dessen, was gesagt und vertieft wurde, hoffe ich, dass wir der Musik in
der Welt des Sprachenlernens, aber auch während des ganzen Lebens, mehr Raum
lassen können, denn Musik ist eine universelle Sprache, und das bedeutet, dass sie
die Gabe hat, alle Menschen auf dieser Erde zu vereinen und uns unterschiedslos
einzubeziehen.
127
RINGRAZIAMENTI
Vorrei ringraziare la mia relatrice di tesi Adriana Bisirri per avermi guidato nella
fase più importante del mio percorso universitario ed avermi trasmesso
l’entusiasmo per affrontare un futuro lavorativo.
Un sentito grazie al mio professore e correlatore Marco Saudella, i cui mirati
consigli hanno contribuito alla mia crescita e soprattutto alla mia formazione.
Un grazie speciale alla mia professoressa e correlatrice Ginevra Russomanno per
avermi regalato il suo supporto costante durante questi tre anni trascorsi insieme.
Ringrazio la mia università e ogni professore che mi ha accompagnato in questo
percorso per aver alimentato ogni giorno di più la passione per i miei studi.
A Martina, Marianna, Silvia, Veronica, Laura e Carlotta, diventate per me un punto
di riferimento durante questa esperienza vissuta insieme e la cui complicità è stata
per me fondamentale.
Ai miei amici di sempre, pronti ad abbracciarmi ad ogni ritorno da Roma.
Ad Alessia e Alessia, il mio porto sicuro.
A Leo, con il quale ho condiviso ogni singolo giorno di questa parte della mia vita,
che ha saputo sostenermi ed incoraggiarmi quando ne avevo bisogno, e con il quale
ho amato la magnifica Roma.
Ma soprattutto, alla mia famiglia, a mamma, papà e Jacopo, alle mie nonne, ai miei
zii, che, seppur distanti, sono stati sempre al mio fianco, pronti a risollevare il mio
morale e ad accompagnarmi verso questo importante traguardo.
A loro, senza i quali oggi non sarei qui, e a tutti voi, infinitamente grazie.
128
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https://www.artwave.it/musica/critica/educazione-musicale-nelle-scuole/
https://www.youtube.com/watch?v=_ja18DNtqi0