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scienza e tecnica SULLA STORIA DELLA NUMERAZIONE BINARIA CHIRURGIA GENOMICA straordinaria e imminente IO AMO IL MIO LAVORO concorso fotografico internazionale PIANTE PER SALVARE IL MONDO LUCE DALLA FOTOSINTESI MICROONDE PER LA TRASMISSIONE DI ENERGIA TRIMESTRALE DI INFORMAZIONE DELLA SOCIETÀ ITALIANA PER IL PROGRESSO DELLE SCIENZE ANNO LXXVIII - N. 534 apr.mag.giu. 2015 - Poste Italiane SpA - Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/2/2004, n. 46) art. 1, comma 2, DCB Roma

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scienza etecnica

SULLA STORIA DELLA NUMERAZIONE BINARIA

CHIRURGIA GENOMICAstraordinaria e imminente

IO AMO IL MIO LAVOROconcorso fotografico internazionale

PIANTE PER SALVARE IL MONDO

LUCE DALLA FOTOSINTESI

MICROONDE PER LA TRASMISSIONE DI ENERGIA

TRIMESTRALE DI INFORMAZIONE DELLA SOCIETÀ ITALIANA PER IL PROGRESSO DELLE SCIENZEANNO LXXVIII - N. 534 apr.mag.giu. 2015 - Poste Italiane SpA - Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/2/2004, n. 46) art. 1, comma 2, DCB Roma

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scienzae tecnica

Sommario

1 Redazionale

1 Sulla storia della numerazione binaria

4 Dobbiamo preoccuparci per la distribuzione del reddito?

6 Il peso del G7 nel negoziato sul clima

7 Traccia di progetto di museo diffuso sul territorio dei Castelli Romani

8 Linguaggio e comunicazione: dal manifesto al web 2.0

10 Chirurgia genomica: straordinaria e imminente

12 Festival della comunicazione

13 Io amo il mio lavoro

15 Festival della mente

notiziario 16 Società web 2.0: più telefonini che persone 16 Piante per salvare il mondo 17 Luce dalla fotosintesi 18 Microonde per la trasmissione dell’energia 19 Human-organs-on-chip 19 Il dissalatore a energia solare 19 Oltre il 40% di rendimento energetico

recensioni 20 Nel mare dei fiori di Buc

SCIENZA E TECNICAtrimestrale a carattere politico-culturale e scientifico-tecnicoDirettore Responsabile: Lorenzo Capasso

ANNO LXXVIII - N. 534 apr.mag.giu. 2015 - secondo trimestre 2015Reg. Trib. Roma n. 613/90 del 22-10-1990 (già nn. 4026 dell’8-7-1954 e 13119 del 12-12-1969). Direzione, redazione e amministrazione: Società Italiana per il Progresso delle Scienze (SIPS) via San Martino della Battaglia 44, 00185 Roma • tel/fax 06.4451628 • www.sipsinfo.it • e-mail: [email protected]. Fisc. 02968990586 • C/C Post. 33577008UniCredit Banca di Roma • IBAN IT 88 E 02008 05227.000400717627 Università di Roma «La Sapienza», Ple A. Moro 5, 00185 RomaStampa: Mura S.r.l. - via Palestro, 35 - tel./fax 06.44.41.142 - e-mail: [email protected] e Tecnica print: ISSN 0582-25800

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se c’è una parola che non è mai passata dimoda quella è meritocrazia. La stessa cheviene, da noi, strumentalizzata, vilipesa epeggio ancora. Esiste anche un “Forum

della Meritocrazia” che realisticamente ha tenutoun convegno dal titolo indicativo Italia e Merito-crazia: binomio (im)possibile?. Una discussioneche ha visto il coinvolgimento di tanti i profes-sionisti, manager ed esperti dei settori della P.Acon molti temi per un dibattito costruttivo che hafatto emergere problematiche, visioni differenti eanche molte proposte.

Le criticità emerse sono le “solite”: lo scarsoinvestimento sulla Qualità del sistema educativoe sull’Attività dei Talenti. L’eccessivo egualitari-smo unito a una “scarsa valutazione del sistemaeducativo nel suo complesso” sono emersi comei “principali ostacoli” per la crescita economicae il benessere collettivo. Le soluzioni: migliorarela sinergia Università-Lavoro con l’obiettivo pergli atenei di consolidare le cosiddette “soft-skil-ls” da aggiungere alle competenze di caratteregenerale che verrebbero fornite dai licei.

Ma anche nelle aziende ci sarebbe -c’è-molto- da fare: come lo sviluppare delle politi-che che realmente valorizzino la cultura delmerito con l’adozione di sistemi meritocraticireali che attraggono i talenti con una diffusionedel know-how e delle informazioni tale da con-

sentire la generazione di modelli aperti all’innovazione. Ovverosarebbe opportuno finalmente passare dal merito di “prossimità” aquello di “competenza”. In poche parole in questi ultimi anni,decenni, poco o nulla è cambiato: se la crisi poteva essere un’op-portunità questa non è stata colta. Il sistema Italia sembra essereimmutabile: si spezzerà ma non si evolve: costi quel che costi.Quel che è peggio è che questa “staticità” è contagiosa ha colpitoanche la oramai relegata nelle parole “Comunità Europea” cherischia sempre più di imploder/esplodere per le medesime cause:incapacità di leggere il futuro, interessi di casta, nessun senso civi-co né sociale, citatndo Papa Francesco: “...il discorso della cresci-ta sostenibile diventa spesso un diversivo e un mezzo di giustifica-zione che assorbe valori ... all’interno della logica della finanza edella tecnocrazia, e la responsabilità sociale e ambientale delleimprese si riduce per lo più a una serie di azioni di marketing e diimmagine”.

Valori: parliamo di Clima - che forse è il valore più sentito inquesto periodo - nel pezzo Il peso del G7 nel negoziato sul clima.Del volontariato al servizio della cultura, nella proposta dellanostra socia Antonella Liberati “Traccia di progetto di museo dif-fuso”; del futuro nella comunicazione (Linguaggio e comunicazio-ne: dal manifesto al web 2.0 di Angelo Misino e con lo strillo sulFestival della Comunicazione e con il resoconto su Io amo il mioLavoro!, ambedue a cura della Redazione) e nella genomica (Chi-rurgia genomica: straordinaria e imminente di Giorgio Vacca).Uno sguardo al futuro per un numero che apre sul passato con unpezzo che il prof. Giovanni Vacca presentò all’Accademia dei Lin-cei nel lontano 1904 e che era allora preludio del presente cheviviamo “Sulla storia della numerazione binaria”.

redazionaledi LORENZO CAPASSO

SULLA STORIA DELLA NUMERAZIONE BINARIAcomunicazione del Prof. GIOVANNI VACCA1

haec omnia explicanda essent distinc-tius atque - exemplis illustranda ...sed ea res nec huius - est ]oci, nec

temporis nostri.Leibniz, ed. Gehr. Math. Schr. t. 5, p. 269

1. I cinesi hanno avuto per i primi, parecchiemigliaia d’anni or sono, l’idea di una numerazio-ne in base due. A FU-HI, il semistorico fondato-re della civiltà, cinese, si attribuiscono i segni

divinatori detti KoÃà, tuttora adoperati in Cina dagli indovini.Questi segni non sono altro che i primi 64 numeri della serie natu-rale, scritti in base due, essendo in essi l’unità rappresentata da untratto continuo, lo zero, da un tratto spezzato in due parti. I primiotto simboli sono quindi:

Questi simboli sono adoperati in modo poco chiaro nel celebreI King, il libro delle variazioni, che è il più antico libro pervenutosino a noi dalle passate generazioni. Dai molteplici commenti cine-si ed europei sembra però risultare che esso è semplicemente unaclassificazione binaria delle idee, fatta con criteri a noi non noti (G.Peano, Atti dell’Accad. d. Sc. di Torino, 13 nov. 1898, t. 34).

1 Lavoro che Giovanni Vacca (Genova 18 novembre 1872-Roma 6 gennaio 1953) matematico, storico della scienza e sinologo italia-no, presentò all’Accademia dei Lincei nel 1904, per gentile concessione del figlio Roberto.

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2. Dobbiamo ora fare un salto di molti secoli per giungere fino aLuca Paciuolo, il quale nella sua Summa de aritmetica, ecc., 1494,f.97 v., propone e risolve il problema di formare tutti i pesi interientro dati limiti, col minimo numero di pesi campioni addittivi.Egli trova che i pesi campioni debbono formare una progressionegeometrica di ragione. Così ad esempio con cinque pesi campionedi 1, 2, 4, 8, 16 libbre rispettivamente si formano tutti i pesi di lib-bre intere da 1 a 31.

Egli risolve altresì il problema quando i pesi non siano soloaddittivi, ma anche sottrattivi, quando cioè si disponga di unabilancia a due piatti. In tal caso la progressione più conveniente èla ternaria. Così ad es. coi 4 pesi di 1, 3, 9, 27 libbre si possonopesare tutte le libbre intere da 1 a 40 (fol. 97 recto). Nicolò Tarta-glia nel suo General Trattato del 1556 e molto più tardi Bachet DeMeziriac nelle sue Récréations Mathématiques, riprodussero glistessi problemi senza nulla aggiungervi e senza citarne la fonte.

Il sistema di pesi e di misure basato sul sistema di numerazio-ne binaria è effettivamente più comodo del sistema decimale. Trale ragioni che rendono gli inglesi riluttanti ad adottare il sistemametrico decimale, vi è, forse inconscia, anche questa che moltedelle unità campioni del loro complesso sistema si seguono in pro-gressione geometrica con ragione 2-. Così essi hanno in oro odargento le monete da 1, ½, ¼, 1/8 di lira sterlina, ed in rame quelledi 1, ½, ¼ di penny. Nelle misure dei liquidi essi hanno le misuredi 1/32, 1/8, ¼ di gallone e quelle di 1, 2, 8, 64 galloni.3. La prima esposizione sistematica della numerazione binaria edei considerevoli vantaggi che essa ha nei calcoli, appartiene aNepero. L’inventore dei logaritmi, dopo aver costruito le tavoledei logaritmi ora entrate nell’uso comune, dopo aver studiato degliinteressanti e complessi metodi meccanici per effettuare le molti-plicazioni, riducendole ad addizioni (di cui, i comunemente cono-sciuti bastoni di Nepero sono soltanto la forma più rudimentale)tentò una terza via a cui diede il nome di aritmetica locale, e chenon è altro che la numerazione binaria.

Le cifre in questo sistema sono due sole, 0 ed 1. Se si aggiun-ge uno zero alla destra di un numero scritto in questo sistema, ilnumero stesso si raddoppia. Ogni numero intero è rappresentatoda una espressione della forma ao 2m+a1 2m-1+…am-1 2+am dovem è un intero positivo, ed i coefficienti ao,…am sono 0 ed 1. Letavole d’addizione e di moltiplicazione spariscono. Si riduconocioè alle relazioni 1+1=10, 1+0=1, 1x0=0, 1x1=1. Le divisioni sifanno senza tentativi, le estrazioni di radici si semplificano pure.Calcolare diventa un giuoco, quando si rappresentino i numeri congettoni o palline poste sopra una scacchiera indefinita. Per addi-zionate, sottrarre, moltiplicare, dividere, estrarre radici, basta spo-stare in modo conveniente con poche regole, più semplici di quel-le della dama, le pedine sulla scacchiera. Il sollievo mentale che siprova nell’eseguire in questo modo le operazioni, anche dopo unbreve esercizio, è evidente.

Ma non è dato a noi sostituire questo siste-ma al decimale ora in uso. Conviene dunquepassare dal sistema decimale al binario per ese-guire i calcoli e dal binario al decimale dopoaverli eseguiti. Ciò si fa con la massima sempli-cità per mezzo di tabelle proposte da Nepero odanche con metodi indicati successivamente daEulero e da Legendre.

La Rabdologia di Nepero, in cui questa sco-perta è esposta, fu pubblicata in latino per laprima volta nel 1617 e ristampata nel 1626 e nel1628. Fu tradotta nel 1623 in italiano da MarcoLocatello in Verona, ebbe tre edizioni in olande-se di cui una dovuta ad Adriano Vlacq, 4 in tede-sco e 2 in inglese. Sono tutte diligentementedescritte nel catalogo compilato con somma curada W. R, Macdonald, Edimburgo. 1889.4. Francesco Bacone nel suo libro De dignitateet augmentis scientiarum lib. VI, Cap,1, pubbli-cato per la prima volta nel 1623, dice di averscoperto nella sua gioventù, soggiornando aParigi (probabilmente negli anni 1577-1579),una rappresentazione dell’alfabeto per mezzo dei32 primi numeri scritti in base 2, che egli formòservendosi di due lettere a e b indicanti, l’una, lozero e, l’altra, l’unità. Egli vide altresì che il suosistema che chiamò bilitterale, forniva un modo(pressoché identico a quello adoperato nella

John Napier, (1550-1617) è stato un matematico, astronomo e fisicoscozzese, celebre per l’introduzione del logaritmo naturale, dei baston-cini (o ossi) di Nepero e anche per aver sostenuto l’uso delle frazionidecimali e del punto come separatore decimale

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parte trasmittente del telegrafo Baudot) “col-l’aiuto del quale a ogni distanza con oggetti sen-sibili alla vista o all’udito si potrebbero espri-mere i propri pensieri, purché questi oggetti fos-sero suscettibili di due sole differenze come lecampane, le trombe, i fuochi, i colpi di canno-ne”. E noi possiamo aggiungere tutti i sistemi ditelegrafia. Bacone dimostrò, infine, che il suosistema si prestava bene alla criptografia.5. Leibniz fu il primo a divulgare l’aritmeticabinaria e a cercare di perfezionarla, tanto cheoggi è abitualmente creduto il suo inventore.Egli spiegò pure per primo i simboli di Fu-hi emostrò che molte proprietà dei numeri appaionopiù semplici quando siano scritti in base 2, inqua genesi numerorum, quae maxime naturaeconvenit , multa latent mira ad meditationem,imo et ad praxim, etsi non pro usu vulgari, (ed.Gehr. Math. Schr. t. 7 p. 329). Tuttavia nemme-no i suoi sforzi furono sufficienti a destare I’at-tenzione dei suoi contemporanei.6. In questo secolo un’esposizione della Aritme-tica binaria è stata fatta da Edouard Lucas nelprimo volume delle sue Récréations mathémati-ques (2a ediz., 1891). Egli dimostrò, applicandola numerazione binaria, che 261-1 è un numeroprimo e che. Invece. 267-1 è composto, contraria-mente a quanto aveva asserito Mersenne: fecevedere come lo stesso metodo fosse applicabilealla ricerca di numeri primi molto grandi; edinfine previde che le macchine per calcolare inbase 2 devono essere molto più semplici di quel-le in base 10 ora in uso. Queste macchine finoranon sono state costruite, sebbene tra i vantaggiche esse mi sembrano dover possedere vi siaaltresì quello di poterle costruire di qualsivogliadimensione, senza eccessive difficoltà, in mododa poter ottenere perfino i prodotti di due numeri

di 1.000 cifre ciascuno, ciò che, per ragioni meccaniche, non puòassolutamente farsi colle attuali macchine da calcolare.7. Le obiezioni che iI Lucas muoveva alla numerazione binariaerano soltanto due. La prima è che i numeri in questo sistema esi-gono un maggior numero di cifre che non nel sistema decimale(circa il triplo). Si osservi, però, che tale allungamento è soloapparente poiché le cifre in base 2 sono notevolmente più sempliciche non quelle in base 10, e si possono ridurre a piccolissimedimensioni rappresentando l’unità col segno (:) e lo zero col punto(.). È anzi probabile che lo sforzo mentale necessario a distingueree ricordare i numeri scritti in base 2, sia minore di quello cheoccorre per i numeri scritti in base 10.

La seconda è che manca per i numeri in base 2, un sistemarazionale e rapido di lettura. A questa seconda obiezione ha rispo-sto il prof. Peano nella sua Nota sopra citata, nel 1898. Egli hadimostrato anzi, che vi è per il sistema binario, un sistema di lettu-ra che permette di leggere le cifre ad 8 per volta, con una sola sil-laba. Quindi ogni numero minore di 216 ossia di 65536, si leggecon due sole sillabe.Basta perciò dare ai numeri :....... .:...... ::...... ..:….. :.:….. .::….. :::…..i valori f b p d t g ked ai numeri ...:.... ....:... .....:.. .......:. .......: ......::i valori i a u l n se leggere la loro sovrapposizione colla sillaba che ne risulta, con-venendo di pronunciare “e” quando manchi la vocale. Così adesempioi gruppi ::....:: :...:.:: .....::: .::.::: si leggeranno pes (=195) fas (=139) us gaus(=1903):.:…:.

tet (=162)Il prof. Peano ha altresì trovato che questa rappresentazione è

invertibile, che cioè con qualche lieve modificazione, ogni sillabapuò essere rappresentata da un gruppo di otto cifre binarie. Questaosservazione potrà semplificare notevolmente le macchine per ste-nografare.

Si può ancora aggiungere che i regoli logaritmici, e le tavoledi logaritmi in base 2, pur conservando la stessa precisione delledecimali, si possono ridurre ad un quinto di queste ultime. Peravere ad esempio i logaritmi dei numeri a meno di 2-16 (approssi-mazione corrispondente a circa 5 decimali esatte) basta interpolarei logaritmi dei 128 numeri interi determinati con 16 cifre binarieesatte, compresi fra 27 e 28. Si hanno 24 cifre binarie esatte (pressoa poco 7 decimali esatte), interpolando i logaritmi dei 2048 nume-ri interi compresi tra 211 e 212, ecc.8. Le ricerche storiche hanno un interesse maggiore quando posso-no guidare, od almeno far prevedere, il senso dello svolgersi dellascienza. Io mi sono permesso oggi di intrattenervi, forse troppo alungo, su questo argomento, perché penso che I’aritmetica binariaabbia un grande avvenire. Però la sua volgarizzazione esigeràancora molto tempo. credo che si possa dire oggi di essa quelloche Stevino diceva della sua Disme (Oeuvres, Leyde, 1634,publiées par Alb. Girard, p. 213): “Mais si tout cecy ne fust pasmis en oeuvre, si tost comme nous le pourrions souhaiter, il nouscontentera premièrement, qu’il fera du bien à nos successeurs, caril est ceriain, que si les hommes futurs, sont de telle naturecomme ont esté les precedents, qu’ils ne seront pas toujours negli-gens en leur si grand avantage”.

Sir Francis Bacon (1561 –1626), è stato un filosofo, politico, giuristae saggista sostenitore e strenuo difensore della rivoluzione scientificasostenendo il metodo induttivo fondato sull'esperienza

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penso che tutti abbiano notato come praticamente a ogniangolo di strada, agli ingressi delle stazioni della metro-politana, lungo le code di automobili ai semafori, s’incon-

trino sempre più questuanti e mendicanti di ogni genere e comesempre più accada di scorgere negli angoli più riparati cartoni ecenci vari che denotano la sede di qualche ricovero notturno disenzatetto. Una civile collettività organizzata non dovrebbe tol-lerare che un così gran numero di persone viva in una condizio-ne di marginalità così misera e mortificante. Non si può certodemandare al buon cuore della gente il compito di provvederecon le elemosine alla sopravvivenza di queste persone. Le istitu-zioni dovrebbero trattare questa situazione verificando indivi-dualmente le condizioni di costoro per provvedere ad assistere ibisognosi e ad allontanare i truffatori.

Tuttavia vi è un gran numero di persone che per un senso didignità o per incertezza del risultato non ricorrono a questi espe-dienti ma sopravvivono in grave povertà, soffrendo in silenziol’impossibilità di mantenere condizioni di vita dignitose per sé eper i propri figli e di garantire a questi ultimi condizioni di pariopportunità di crescita culturale e sociale. Si tratta di persone edi nuclei familiari non propensi all’accattonaggio ma privi di unreddito sufficiente per una vita dignitosa o perché occupati inattività lavorative mal retribuite o perché prive di occupazione.

Le statistiche sulla povertà parlano chiaro a questo proposi-to. Ma dalle fredde statistiche dovrebbe scaturire una reazione disdegno perché questa situazione si fonda su un’eccessiva e cre-scente disuguaglianza nella distribuzione del reddito. Gli scan-dali di questi giorni (che rappresentano solo “la punta dell’ice-berg”: quei casi che vengono alla luce solo perché maldestra-mente occultati o perché incappati in qualche indagine dellamagistratura) aumentano l’indignazione; essi si aggiungono aquella sperequazione dei redditi che non è frutto di illeciti ma èil frutto naturale e strutturale del funzionamento delle istituzionieconomiche del nostro sistema.

Recenti studi mostrano che mentre negli anni ’80 gli stipen-di dei top managers delle 350 maggiori imprese degli Stati Unitisi aggiravano intorno alle 20/30 volte i salari dei lavoratori, nel2010 la differenza è balzata a 300/400 volte. Gli indici di Gini ela quota dei salari sul reddito hanno subito negli ultimi trentaanni in tutti i paesi industrializzati, e in Italia in misura maggio-re, un drastico peggioramento.

Queste dinamiche macroeconomiche si riflettono sulledrammatiche condizioni di povertà di un crescente numero difamiglie, da cui non può non nascere un profondo senso di indi-

gnazione. Ma su che cosa si basa questa indi-gnazione? Presumibilmente sulla violazione diun elementare principio di giustizia, a sua voltabasato su considerazioni di natura etica. Mapuò basarsi anche su un principio di ordinataconvivenza sociale: già Platone (in Le Leggi)osservava che «se si vuole evitare la disintegra-zione civile … non bisogna permettere alla ric-chezza e alla povertà estreme di svilupparsi innessuna parte del corpo civile, perché ciò con-duce al disastro. Perciò il legislatore deve sta-bilire ora quali sono i limiti accettabili dellaricchezza e della povertà».

Serpeggia, tuttavia, qua e là la convinzioneche, in fondo, la disuguaglianza della distribu-zione del reddito sia la giusta espressione di unbuon funzionamento del mercato, che appuntopremierebbe il merito e retribuirebbe tutti i fat-tori di produzione in base al contributo da essiportato alla produzione complessiva. Se cosìfosse non solo non vi sarebbe da preoccuparsima ogni tentativo di manomettere questo mec-canismo, alterando la distribuzione del reddito,danneggerebbe il funzionamento del mercato erischierebbe di premiare o incoraggiare i pigrie i negligenti.

Si deve rispondere che ovviamente si trattadi una questione di misura.

Una totale eliminazione della diseguaglian-za nella distribuzione del reddito non avrebbesenso ma è l’eccessiva diseguaglianza checostituisce il problema. Essa, infatti, non è ilrisultato di un buon funzionamento del merca-to; ma, esattamente all’opposto, è il segno delsuo fallimento. Infatti, se si ricercano le causedell’esasperata diseguaglianza, esse si trovanoprincipalmente nell’aumento del “mark up”,che è direttamente collegato al grado di mono-polio e, quindi, al caso tipico di “fallimento delmercato”.

Oltre a questa, altre cause sono all’originedell’eccessiva disuguaglianza: tutte hanno ache fare con la concentrazione del potere; pote-re di mercato nel caso dei monopoli e dei car-

dobbiamo PREOCUPARCI per la DISTRIBUZIONE del REDDITO?

di SEBASTIANO FADDA•

tratto da ISRL nota 16 2015

• Professore Ordinario Dipartimento di Economia, Università degli Studi di Roma Tre

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telli, potere politico nel caso delle rendite disottogoverno, potere finanziario nel caso dellerendite finanziarie, potere “predatorio” (comelo chiama Fitoussi) nel caso dei consiglieri diamministrazione e dei top managers che siauto-attribuiscono larghe quote dei super pro-fitti generati nei mercati oligopolistici. Questielementi vengono poi rafforzati da altri proces-si: la globalizzazione, il ridimensionamento delruolo delle organizzazioni dei lavoratori e dellacontrattazione collettiva, lo stesso progressotecnico risparmiatore di lavoro. Un’altra consi-derazione sembrerebbe giustificare un atteggia-mento di benevola tolleranza o, addirittura, diindifferenza nei confronti di un’esasperatadiseguaglianza nella distribuzione del reddito.Questa starebbe nel fatto che, una volta garan-tito un livello assoluto di reddito dignitoso pertutti, le differenze, anche abissali, che si creanoal di sopra di questo livello non meritano gran-de attenzione, né tantomeno preoccupazione. Ilvero problema sarebbe il livello assoluto direddito e non i differenziali distributivi.

Ferme restando le considerazioni basate suivalori di giustizia ed equità distributiva (suiquali, come si sa, esistono diverse sensibilità)bisogna, però, sottolineare che le eccessivediseguaglianze nella distribuzione del redditonon favoriscono, anzi danneggiano, l’econo-mia. In primo luogo perché, nella misura in cuisono legate a collusioni e a concentrazioni dipotere di carattere corporativo costituiscono unincentivo a organizzarsi in tal modo per distor-cere il corretto funzionamento del mercato(vanificando, quindi, ogni collegamento col“merito”). In secondo luogo perché la distribu-zione del reddito influisce sulla domandaaggregata nella componente dei consumi inter-ni: una contrazione di questi potrebbe deprime-

re gli investimenti, rallentare la crescita o indurre una sconside-rata espansione del credito bancario per sostenere la domanda.Quanto questo fenomeno abbia giocato nello scatenare la crisidei “subprimes” lo abbiamo dolorosamente constatato. In terzoluogo, un’eccessiva diseguaglianza nella distribuzione del reddi-to crea eccessive concentrazioni di ricchezza finanziaria alimen-tando in tal modo i mercati speculativi ed espandendo il settoredelle rendite finanziarie, con gravi rischi di instabilità sistemicae con notevoli sottrazioni al processo di accumulazione di capi-tale fisico sia privato che pubblico.

Se queste considerazioni si sommano a quelle basate sullagiustizia ed equità, non si può non stigmatizzare l’indifferenza el’inattività delle autorità politiche di fronte a questo problema,tanto più se si confronta con la premurosa solerzia dedicata adaltre questioni. Una volta constatata l’eccessiva diseguaglianzanella distribuzione del reddito, due sono i principali strumentiper correggerla, o per temperarne le conseguenze: lo strumentofiscale e lo strumento del welfare. Purtroppo sia l’uno che l’al-tro, forse per obbedire ai dogmi delle politiche recessive o forseper evitare radicali cambiamenti, vengono oggi gestiti in manie-ra da aggiungere ulteriore iniquità alle esistenti diseguaglianze.Tuttavia, la manovra di questi strumenti richiede molta perizia,per evitare di provocare danni superiori a quelli della disegua-glianza che si vuole correggere. Ancora più importante è, quindi,combattere la diseguaglianza alla radice: cioè, impedire che essasi sviluppi anziché cercare di correggerla dopo che si è irrobusti-ta. Ciò richiede di imprimere al governo dell’economia specifi-che linee direttrici di lungo periodo.

Se ne possono indicare quattro principali. La prima: ridurreil grado di monopolio e i protezionismi corporativi in tutte learee di attività economica. La seconda: regolare i mercati finan-ziari e i movimenti di capitale a livello globale. La terza: con-trollare le retribuzioni dei dirigenti pubblici e delle società parte-cipate. La quarta: rafforzare la contrattazione collettiva e intro-durre la partecipazione dei lavoratori negli organi di gestionedelle aziende. Linee da approfondire, certo, ma non da ignorarecol pretesto che si tratta di direzioni di lungo periodo.

…negli anni ’80 gli stipendi dei top managers delle 350 maggioriimprese degli Stati Uniti si aggiravano intorno alle 20/30 volte i salaridei lavoratori, nel 2010 la differenza è balzata a 300/400 volte…

Per combattere la diseguaglianza alla radice e impedire che essa si sviluppi è necessario impri-mere al governo dell’economia delle linee direttrici di lungo periodo tra cui rafforzare la contrat-tazione collettiva e introdurre la partecipazione dei lavoratori negli organi di gestione delleaziende.

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al G7 i paesi più sviluppati si sono impe-gnati a ridurre le emissioni del 40-70 percento entro il 2050 rispetto al 2010. Ma

ora la grande sfida fino al summit sul clima didicembre riguarda la capacità di far coesistere ilnegoziato multilaterale con una serie di impor-tanti accordi bilaterali.

Quante parole sul climaI voti si contano, non si pesano, nelle pubbli-

che assemblee, diceva Plinio il giovane. Nei ver-tici internazionali, invece, le parole si pesano enon si contano. Tuttavia, la contabilità spiccia delnumero delle parole dedicate dai meeting del G7negli ultimi dieci anni al tema del cambiamentoclimatico può dare un senso della crescenteurgenza o almeno della preoccupazione dei lea-der mondiali. Negli ultimi dieci anni -escludendoil meeting in Germania del 7-8 giugno scorsi- ladichiarazione finale dei G7 o G8 ha dedicato altema del cambiamento climatico una media di420 parole. L’assise bavarese, al contrario, glieneha dedicate ben 930, raddoppiando nei fatti l’at-tenzione e permettendo alla stampa estera di scri-vere -forse in modo prematuro- “G7 leaders bid‘Auf Wiedersehen’ to carbon fuels”.

A guardare il mondo dal lato “mezzo vuoto”invece che da quello “mezzo pieno” qualchevolta ci si guadagna in chiarezza. E allora biso-gna anche ricordare che, se è vero che il numerodelle parole sul cambiamento climatico è più cheraddoppiato, è anche vero che rappresenta pursempre il 10 per cento scarso di tutte quellescritte nell’intero comunicato. Comunicato cheesordisce richiamando la necessità di misure“urgenti e concrete” per poi promettere a breveun passo avanti perentorio riaffermando il pro-posito di concludere la conferenza sul clima -chesi terrà a Parigi nel prossimo dicembre- con unaccordo legale vincolante.

Che cosa significhi “accordo legale vinco-lante” non è dato ancora saperlo con certezza: unnuovo protocollo stile Kyoto? Uno strumentolegale differente? Un accordo che pur non essen-do un protocollo alla Convenzione sui cambia-menti climatici abbia effetti legali? Tutti questidettagli, che in realtà dettagli non sono, riman-gono da definire perché ancora in discussione ecomunque sotto embargo nella pratica dellanegoziazione. Per il momento, mentre il G7auspica per Parigi un documento snello e sulpunto, l’ultimo round negoziale tenutosi a Bonn

due settimane fa si è concluso con testo di circa novanta pagine,che andrà corretto, puntualizzato e verificato nei prossimi mesi.

I risultati attesiIl principale risultato prospettato dal G7 riguarda il conteni-

mento dell’incremento medio della temperatura in atmosfera a 2gradi centigradi. L’obiettivo dichiarato resta quello di contenere leconcentrazioni di gas a effetto serra entro le 450 parti per milione.Un obiettivo ambizioso che l’Agenzia internazionale dell’energiaha rappresentato in maniera molto chiara nell’ultimo Outlook pub-blicato nel novembre 2014 (grafico1). Il grafico rappresenta leriduzioni di emissioni necessarie nel tempo e diviso per paese oaree per mantenere le concentrazioni entro questo obiettivo.

La riduzione delle emissioni viene valutata come differenzarispetto a uno scenario base non tendenziale, ma che sconta lepolitiche attualmente in atto nei vari paesi o regioni. Si tratta diuna riduzione complessiva pari a circa 230 giga tonnellate di car-bonio ovvero un taglio di quasi il 50 per cento delle emissioni pre-viste in assenza di politiche specifiche e addizionali rispetto aquelle già in atto.

La differenza nel contributo atteso dalle varie regioni delmondo è unicamente dettata dal costo marginale della riduzione.Da un punto di vista macroeconomico risulta evidente come siapiù efficiente (ovvero meno costoso per il sistema) ridurre le emis-sioni per i paesi o le regioni dove minore è l’efficienza energetica,come mostrato nel grafico 2. Questi valori evidenziano come l’Ita-lia (e l’unione Europea in genere) - per esempio - abbia un effi-cienza media quasi doppia rispetto a Cina e del 30 per cento supe-riore agli Stati Uniti. Rifacendoci ancora al grafico 1 risulta comelo sforzo di riduzione delle emissioni richiesto alla Cina sia digran lunga superiore a quello dell’Unione Europea, ovvero l’areaeconomica che sta esercitando senza dubbio un ruolo leader nellapolitica energetica e di riduzione delle emissioni.

I prossimi passiLa grande sfida che attende la comunità negoziale e i paesi da

qui a dicembre riguarda essenzialmente la capacità di far coesiste-

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IL PESO DEL G7 NEL NEGOZIATO SUL CLIMAdi MARZIO GALEOTTI• e ALESSANDRO LANZA••

tratto dal sito www.lavoce.info

Grafico 1

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re, sotto l’ombrello delle Nazione Unite e di unnegoziato multilaterale sul clima, una serie diappuntamenti e accordi bilaterali di peso. Unanegoziazione che si svolge attraverso il coinvol-gimento di 194 nazioni rende impossibile per ipaesi negoziare individualmente. Però, ancorauna volta, i paesi si pesano e non si contano edunque un mese fa Cina e Stati Uniti, a valle diun vertice bilaterale, hanno comunicato di averraggiunto un accordo senza precedenti sul clima,in base al quale la Cina fisserà un tetto alle emis-sioni di gas a effetto serra entro il 2030, mentregli Stati Uniti ridurranno le emissioni totali dioltre un quarto entro il 2025.

Sebbene molti punti dell’accordo restinoancora in sospeso, si tratta pure della decisione dipaesi che, insieme, rappresentano oltre il 40 percento delle emissioni mondiali. Se lo spirito diquest’accordo -così come confermato dal recenteG7- diventerà pratica politica, i risultati non tar-deranno a manifestarsi anche nella forma degliinvestimenti necessari a modernizzare e renderepiù efficienti i nostri sistemi di utilizzo dell’ener-gia. Il rischio, tuttavia, che i paesi facciano unpasso indietro rispetto a un accordo complessivoesiste poiché tante sono le difficoltà di un nego-ziato multilaterale di queste dimensioni.

Il G77, un’organizzazione intergovernativacreata cinquanta anni fa e attualmente formata

da 131 paesi del mondo, principalmente in via di sviluppo, conti-nua a mantenere una posizione molto critica. Rappresentano quasiil 70 per cento dei paesi ammessi al negoziato e oltre il 30 percento delle emissioni.

•Professore ordinario di Economia dell’ambiente e dell’energia presso la Facoltà di scienze politiche dell’Università degli studi di Milano

•• ex Chief Economist dell'Eni e Direttore della Fondazione Eni Enrico MatteiPrincipal Administrator dell’International Energy Agency (Energy and Environment Division)

Grafico 2

TRACCIA DI PROGETTO DI MUSEO DIFFUSOsul territorio dei Castelli Romani

di ANTONELLA LIBERATI•

la tipologia del museo diffuso che la scriventeva a proporre può abbracciare le realtàambientali del territorio dei Castelli Romani,

ricercando, analizzando e rendendo fruibile aipubblici costituenti l’opinione pubblica tanto larealtà pre-antropica quanto quella che si è andatadeterminando a causa delle varie successive evo-luzioni in ciascuno dei suoi componenti e siner-gicamente fra gli stessi, quali il territorio, le suepopolazioni, le sue risorse tangibili e intangibiliautoctone, di importazione, spurie. Ne derive-rebbe maggiore consapevolezza e capacità didiscernimento-giudizio.

Data la vasta complessità dei temi possibilida trattarsi, appare pacifico che tutti i Soci della

Sips, ognuno per competenza, attitudine o vocazione potrà indivi-duare un ambito di suo interesse operativo.

Sarà necessario coordinare a monte quale profilo stabilire peripotizzare la qualità del museo diffuso in tutte le sue possibiliaccezioni ed estrapolazioni.

Museo diffusoOgni Castello Romano sarà coordinato in sintonia con gli altri

per offrire agli interessati la porzione di informazioni sintetiche aivisitatori, agli allievi delle scuole, del tema trattato nelle varie fasievolutive.

Il Museo diffuso qui proposto può essere assimilato a un “pancake” per forma, livelli, apporti multidisciplinari e interdisciplina-ri. Ogni livello del “pan cake” può equivalere a un contributosemestrale, annuale o con altra opportuna cadenza, per esempio 8

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mesi per le scuole (con laboratori, esperienzepratiche guidate, rilevamenti sul territorio e viaelencando) e 4 mesi per un pubblico genericooppure miratamente diverso da quello scolastico,o ancora per 12 mesi per pubblici diversi infasce orarie diverse a seconda del tema-esperien-za trattati.

Il Museo diffuso va progettato in tutte lesue fasi operative ben enucleate e catalogateallo scopo di poterne gestire la qualità della vitae intervenire senza difficoltà per modifiche, cor-rezione di errori, valutazioni anche immediate.

La fruizione del Museo diffuso potrà esseregestita in collaborazione con le scuole interessateo con offerte di “pacchetti” giro conoscitivo perqualsiasi tipo di visitatore, studioso, ricercatore.

Alcuni elementi potranno essere laboratoridi tecnologia da quella preistorica alla più avan-zata nel tempo (il “pan cake” si accrescerà dianno in anno), il reciproco riverbero fra ambien-te e tecnologia, evoluzione delle aggregazionisociali, evoluzione del sistema e dei mezzi ditrasporto, agricoltura, trasformazione e conser-vazione dei prodotti, tecnologie dell’allevamen-to, della pesca, della sostituzione delle essenze

vegetali, del disboscamento, degli incendi, della cementificazioneprogrammata o meno, qualità dei fluidi, del rumore di fondo, del-l’inquinamento da luminosità artificiale, della percezione dellospazio ambientale nel suo insieme, anche attraverso le forme dicomunicazione all’opinione pubblica.

Alla base del “pan cake” potrebbero essere collocati: naturaoroidrogeografica, forestale e florale, faunistica di origine del ter-ritorio; risorse tangibili e intangibili primarie del territorio; segnied effetti dell’antropizzazione del territorio con spessore, qualitàdei contenuti, omogeneità dei livelli della trattazione e così elen-cando.

Si tratta di fornire un progetto strutturato, realisticamanteattuabile, che andrà seguito nel suo elevarsi e stratificarsi. Si pro-pone, quindi, di valutare come e in che modo collocarsi nell’atti-vità progettuale, individuando quali opportunità reali il territoriodei Castelli Romani offra e quali settori dei singoli Comuni possa-no essere di supporto e collaborazione.

Saranno allestite mappe tematiche che sintetizzino gli argo-menti trattati e li collochino storicamente nel loro apparire su undeterminato territorio e la situazione interattiva di quel territoriocon i suoi confinanti e/o lo Stato che li ospitava e ospita. L’idea èmolto molto ampia e necessita di coerente interattiva cernita edestrapolazioni. È un progetto che potrebbe trovare applicazionepositiva nell’integrazione allo studio scolastico a seconda dellivello o dei livelli di conoscenza considerati.

•Socia SIPS

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LINGUAGGIO E COMUNICAZIONE: DAL MANIFESTO AL WEB 2.0note a margine del Convegno organizzato a Roma il 21 maggio scorso da SNFIA

in collaborazione con l’Università degli Studi di Roma Tor Vergata

di ANGELO MISINO•

una platea attenta e partecipe ha seguitol’evento che ha riunito nella Sala degliatti Parlamentari della Biblioteca del

Senato della Repubblica intitolata a GiovanniSpadolini il pro-Rettore dell’Università di TorVergata Claudio Franchini, il Presidente dellaCommissione Lavoro della Camera dei deputati(già Ministro del Lavoro) Cesare Damiano, laPresidente del Corso di Laurea Magistrale inScienze dell’Informazione, della Comunicazionee dell’Editoria dell’Università di Tor VergataCarmela Morabito, il Direttore del CENSIS Giu-seppe Roma, la Prof.ssa Francesca Vannucchi,(docente di sociologia della Comunicazione), ilProf. Giuseppe Mennella (docente di Deontolo-gia) e il Segretario Generale del Sindacato delleAlte Professionalità Assicurative Marino D’An-gelo. In veste di moderatore il sociologo e gior-nalista Pino Nazio.

La comunicazione sindacale fra tradizione

ed esigenza di rinnovamento: tema attuale e scottante, discusso daipunti di vista incrociati della politica, del sindacato, della sociolo-gia e del mondo accademico. Il rapporto tra organizzazioni sinda-cali e mondo del lavoro mostra una evidente criticità: come supe-rare questa difficoltà? L’argomento è cruciale e molto sentito daiquadri sindacali presenti in sala insieme agli esponenti dei vari“mondi” interessati alla sorte di un’istituzione - quella del Sinda-cato - che, nel bene e nel male, ha condizionato fortemente lasocietà italiana dal dopoguerra ad oggi.

L’occasione del confronto è data dalla discussione delle tesi dilaurea di due studenti dell’Università di Tor Vergata che, in colla-borazione con la Relatrice e la responsabile del Corso, hanno rac-colto la proposta di SNFIA di ripercorrere la storia della comuni-cazione sindacale dalle origini ai nostri giorni. Gli studenti hannopreso in esame forme e contenuti del linguaggio sindacale delleorganizzazioni maggiormente rappresentative (confederali e non)evidenziandone stili e peculiarità. È così emerso che nella primafase (quella dell’immediato dopoguerra) la comunicazione eraesclusivamente basata sul passaparola, sulla propaganda orale esui manifesti affissi in bacheca.

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Negli anni settanta, al culmine della stagio-ne delle grandi conquiste sindacali e alla vigiliadell’epoca della concertazione, le grandi orga-nizzazioni di massa (CGIL e CISL innanzitutto)iniziano a dedicare una particolare attenzionealla comunicazione, passando dalla mera propa-ganda alla costruzione di un sistema di interazio-ne strutturale con iscritti e simpatizzanti ai qualiè sempre più necessario offrire un “servizio” chevada oltre la mera rivendicazione contrattuale.

Con l’avvento di internet e dei socialnetwork i sistemi di comunicazione si affinanoe, dall’analisi dei siti e delle pagine social deimaggiori sindacati, i dottorandi riescono a docu-mentare differenze significative sia nel numerodei soggetti raggiunti sia nella qualità dellacomunicazione. Senza entrare nel merito dellescelte effettuate dalle varie sigle si mette in luce,ad esempio, una maggiore o minore propensioneal personalismo leaderistico, una maggiore ominore efficacia degli strumenti di navigazione,ecc.ecc.

Appassionata -e appassionante- la testimo-nianza di Cesare Damiano, Presidente dellaCommissione Lavoro della Camera dei Deputati,già Ministro del Lavoro nel secondo GovernoProdi dal 2006 al 2008. Una testimonianza, intema di linguaggio e comunicazione sindacale,che ci riporta agli anni settanta quando, daSegretario della FIOM CGIL del Piemonte, ebbeconsapevolezza dell’importanza della comunica-zione per la riuscita delle lotte dei lavoratori.L’analisi di Damiano è, a tratti, impietosa: untempo i contenuti dell’azione sindacale eranochiari e condivisibili, quello che mancava era lacapacità di veicolarli nel modo giusto per allar-gare il consenso intorno alle rivendicazioni. Unavolta acquisita la capacità di comunicare e diparlare il giusto linguaggio il messaggio sinda-cale faceva breccia e riusciva a ottenere il neces-sario appoggio, non solo delle categorie interes-sate ma anche dell’opinione pubblica: lo testi-monia il livello avanzato di conquiste sociali

acquisito sul finire degli anni settanta e all’inizio degli anni ottan-ta. Oggi, sostiene Damiano, non è solo questione di forma comu-nicativa ma anche di contenuti. Che mancano, o sono incompren-sibili o addirittura inaccettabili. Certo, è necessario adeguare lemodalità comunicative per farsi capire dai giovani - dice Damiano- ma bisogna pur aver qualcosa da dire: se non si ha nulla da dire èmeglio stare zitti! Quello che manca è una visione da condividere,qualcosa che aggreghi ma che abbia il senso dell’universale, nonrelegabile all’interesse dei pochi. Oggi i temi che aggregano sonoil cibo biologico, la protezione dell’ambiente (che è un tema dellamassima importanza) ma manca il coinvolgimento delle coscienzesu progetti sociali universali da costruire insieme. Potrebbe essereun problema culturale oltre ché politico e sociale.

Di grande interesse anche gli interventi di Francesca Vannuc-chi, Giuseppe Mennella e Giuseppe Roma che, dai rispettivi puntidi vista, sposano le “tesi” dei neo Dottori Fadda e Vultaggio, arric-chendole con le argomentazioni della scienza sociologica e dell’e-sperienza giornalistica. La crisi della rappresentanza sindacale -èil punto centrale e condiviso dell’analisi- è un dato di fatto sottogli occhi di tutti, anche se è un “di cui” della generale crisi dellarappresentanza tout court, quella politica in primis. Certamente dalpunto di vista formale i Sindacati scontano un ritardo notevolenell’adeguamento alle moderne esigenze della comunicazione matutti gli oratori convengono sull’osservazione che l’inadeguatezzadell’offerta sindacale è anche inadeguatezza di contenuti: il mixche ne deriva è stato deleterio, in particolare per il rapporto traSindacato e nuove generazioni, che fanno fatica a riconoscersi nellinguaggio “sindacalese” e anche quando lo decriptano non trova-no risposte ai loro bisogni e alle loro aspettative. Anche perché ilsindacato resta, comunque, il paladino dei diritti dei dipendenti“garantiti” e il mondo del lavoro di oggi è sempre più rappresenta-to da giovani professionisti, spesso portatori di talento ma inqua-drati nelle più varie specie di contratti: temporanei, a progetto, apartita I.V.A. …

Anche qui, la crisi della comunicazione sindacale è solo un dicui: secondo l’ISTAT oltre 800 mila persone sono uscite nel 2014dal mercato dei libri mentre nel 2013 hanno smesso di leggere abi-tualmente un quotidiano 1,9 milioni di persone e un periodico 3,6milioni. L’Italia è il paese dove oltre la metà della popolazionelegge meno di un libro l’anno!

Giuseppe Roma, in particolare, che ha analizzato il rapportotra cultura e crescita. Dove c’è lettura, c’è benessere: il reddito procapite è più elevato in quei paesi dove la percentuale di lettori è asua volta più alta, come Danimarca, Paesi Bassi e Svezia. E dovesi spende di più in informazione e cultura, c’è un reddito pro capi-te più elevato. Nel Bel Paese questo sembra provato dal fatto chese il Mezzogiorno è storicamente “arretrato” economicamentesembra esserlo anche culturalmente: qui i livelli di lettura scendo-no al 30% a fronte del 48,5% del Nord.

Ma di quale cultura stiamo trattando: non certo quella USA,ma di una cultura più profonda, che richiede riflessione, ovverotempo. Proprio il tempo, ciò che viene sempre più sottratto a chilavora. E allora la riflessione da fare è: sottrarre tempo alla perso-na per dedicarlo al lavoro giova alla produttività -che notoriamen-te scema al protrarsi della giornata lavorativa- o produce soltantoun lavoratore stanco che ha meno tempo per riflettere?

•Segretario Regionale SNFIA

Cesare Damiano, il suo intervento

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lazar Klug era un ebreo lituano, allevatore dibestiame. Una sua decisione ha prodottoenormi benefici per l’umanità e per la scien-

za. Nel 1928 lasciò la Lituania ed emigrò in SudAfrica con sua moglie, Bella Silin, e con suofiglio Aaron di due anni. Se fossero rimasti inLituania, probabilmente sarebbero stati stermi-nati dai nazisti che invasero gli Stati Baltici nel1941. Così Aaron studiò con profitto a Durban:leggeva molto e si appassionò al best seller diPaul de Kruif I cacciatori di microbi. Studiòmedicina all’Università di Johannesburg maapprofondì lo studio di chimica, biochimica, fisi-ca e matematica. Poi prese un Master of Scienceall’Università di Cape Town, ove studiò cristal-lografia a raggi X col famoso professor R.W.James. Nel 1949 vinse una borsa di studio perCambridge e lavorò con luminari nel campo:Bragg, Hartree e Rosalind Franklin. Questascienziata fu la prima a produrre foto a raggi Xdelle strutture elicoidali che permisero a Watsone Crick di scoprire il DNA. Anche a lei sarebbestato dato congiuntamente il premio Nobel senon fosse morta prematuramente.

Aron Klug approfondì lo studio della materia.Trovò anche soluzioni innovative a interessantiproblemi di metallurgia degli acciai. Nel 1982ebbe il Premio Nobel per la chimica per aver ana-lizzato e spiegato complicati processi relativi aprocessi di interazione fra acidi nucleici e protei-ne. Non solo creò una scuola internazionale maaddestrò e ispirò giovani scienziati stimolandol’insorgere di un intero settore scientifico che staalla base della nascente chirurgia genomica.

In questa disciplina il primo passo consistenell’identificare le coppie di basi (i gradini delladoppia elica di DNA) o i geni (sequenze di alcunedecine di coppie di basi) che si ritenga opportunomodificare o eliminare. Il secondo passo consistenel produrre una struttura di proteine che ricono-sca le sequenze identificate e aderisca strettamen-te a esse. Nel terzo passo entra in funzione unenzima che taglia le sequenze trovate e “dimeriz-za”, cioè ricongiunge i terminali lasciati liberi.

Klug riuscì nel 1984 a produrre le così dette“dita di zinco”: strutture allungate costituite dacatene tridimensionali di proteine che includonoun atomo di zinco e che sono atte a riconoscereparticolari tratti del DNA (sequenze di coppie dibasi o singoli geni) serrandoli con forza. Inizial-mente tali tratti comprendevano solo tre coppiedi basi ed era necessario allineare 6 dita di zinco

per bloccare 18 coppie di basi. Il tratto individuato del genomaveniva tagliato con l’enzima FokI.

Recentemente, invece che alle dita di zinco, si ricorre conmaggiore efficacia a strutture chimiche come quelle prodotte daibatteri per difendersi dai virus. Fra queste: TALEN (TranscriptorActivator-Like Effecto Nuclease), che riconosce sequenze di 17coppie di basi del DNA e il più efficace e recente CRISPR [Clu-steringly Regularly Interspaced Short Palindromic Repeats - unastruttura costituita da brevi sequenze di molecole interspaziateregolarmente e ripetute in successione inversa (palindromica)]unito all’enzima Cas9 che taglia le sequenze di basi del DNA.

Il brevetto per la tecnologia CRISPR-CAS9 è stato richiestodalla Prof. Jennifer Doudna (Università di Berkeley) insieme allaProf. Emmanuelle Charpentier (MIMS, Laboratorio Svedese diMedicina Molecolare) nel maggio 2012. Però 7 mesi dopo il Prof.Feng Zhang (Istituto Broad, MIT) sostenne di essere lui l’unicoinventore della tecnologia: lo dimostrerebbero i suoi appunti del2011. I tre scienziati hanno fondato aziende che mirano a sfruttarel’invenzione: Caribou Biosciences (Doudna), CRISPR Therapeu-tics (Charpentier), Editas Medicine (Zhang). Sono in gioco inte-ressi enormi: milioni di dollari per le spese legali per trattare lavertenza portata all’Ufficio Brevetti USA nell’Aprile 2015.

Ma non ci dicono molto i nomi complessi delle strutture chi-miche citate. Per capire come sono fatte, come funzionano, dovesi trovano in natura o come sintetizzarle, c’è da studiare a lungo. Èun progresso straordinario: si sta creando la chirurgia genomicaapplicata a tutti i settori delle biotecnologie e delle strategie per laterapeutica umana. Si possono attivare o disattivare singoli geni esi modifica il DNA nei cromosomi delle nostre cellule.

Potremo diventare immuni a malattie genetiche (anemia fal-ciforme, fibrosi cistica, Alzheimer, etc.) anche dopo che si sonomanifestate. Potremo diventare immuni a malattie infettive anchedopo che le abbiamo contratte. Questa rivoluzione della medicinaè una buona notizia ma c’è ancora molto da fare per capire comefunziona.

Si stanno sperimentando alcune cure innovative. Sappiamoche gli esseri umani geneticamente privi del gene ccR5a sonoimmuni dal virus HIV (che causa l’AIDS). Si tenta, quindi, consuccesso, di eliminare quel gene (una “porta di ingresso” delvirus) dal sangue di un paziente affetto da AIDS per poi fargli unatrasfusione col suo proprio sangue con il DNA modificato: così losi rende immune a posteriori, cioè guarisce. Si stanno sperimen-tando procedure analoghe per modificare cellule del fegato miran-do a curare l’epatite C.

Saper modificare il DNA permetterà anche di modificare ilpatrimonio genetico che trasmettiamo ai nostri figli. Invece checon i rapporti sessuali, potrebbero essere concepiti in vitro da unovulo e da uno spermatozoo. La procedura, sperimentata su scim-mie dalla Scuola di Medicina di Harvard, utilizza cellule stamina-li, i cui geni si modificano eliminando le porzioni che predispon-gono a malate genetiche. Queste cellule vengono poi trasformatein ovuli o in spermatozoi e, quindi, avviene la fecondazione pro-

CHIRURGIA GENOMICA: straordinaria e imminentedi ROBERTO VACCA

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ducendo zigoti ed embrioni. Dopo interventi dichirurgia sul DNA, i nascituri sarebbero esentida tare genetiche. Potrebbero essere più alti ebiondi di noi. Potrebbero avere una cortecciacerebrale più sviluppata e meglio connessa - piùadeguata a risolvere i gravi problemi attuali.Però potrebbero anche presentare difformitàimpreviste.

Infatti l’efficienza con cui si può eliminare obloccare un gene in uno zigote, sembra esseredel 40%, mentre ottenere una modifica accuratadi singole lettere nel DNA è ancora più arduo efunziona come desiderato solo nel 20% dei casi.Dunque solo una piccola percentuale degliembrioni si sviluppa in neonati vitali aventi lecaratteristiche progettate. Gli esperimenti sonostati effettuati solo su alcune specie di scimmiein Cina e all’MIT.

Ovviamente da certi medici nazisti. Ancheparecchi scienziati all’avanguardia in questocampo sostengono che debbano essere proibitele ricerche e le sperimentazioni sulla linea gene-tica umana. Fra questi la Prof.ssa Doudnadenuncia il rischio che gli strumenti per l’”edi-ting” genetico siano disponibili a tutti senzagaranzie adeguate.

Inoltre, secondo il Prof. George Churchdella Scuola di Medicina di Harvard, non è affat-to sicuro che una terapia applicata ai geni soma-tici (cioè NON alle cellule sessuali) di un adultonon abbia conseguenze sulla sua progenie. Que-ste potrebbero manifestarsi tramite effetti epige-netici di attivazione o disattivazione di alcunigeni. Secondo Church una moratoria volontariada parte degli scienziati non basterebbe a evitarerischi, oggi imprevedibili, di evoluzione deterio-re di esseri umani futuri.

Sarebbero necessarie regole stringenti e monitoraggi compe-tenti imposti da autorità governative e internazionali. Le personecoinvolte a questi livelli dovrebbero seguire corsi di istruzioneavanzati perché misure e leggi che emettono siano sensate e ade-guate.

John Harris, professore di bioetica all’Università di Manche-ster, nel suo libro Enhancing Evolution (Migliorare l’evoluzione)sostiene che il nostro patrimonio genetico è difettoso e chedovremmo sentire l’imperativo morale di migliorare le facoltàmentali e fisiche delle prossime generazioni. L’ingegneria geneti-ca dovrebbe migliorare le capacità di ragionamento, concentrazio-ne e memoria e i tempi di reazione dei nostri discendenti. Questatesi sottostima l’estrema complessità e i notevoli rischi di unasimile impresa. Ancora meno credibile la proposta, avanzata dataluno, di mirare per via genetica all’innalzamento del quozientedi intelligenza degli uomini di domani.

Sembra che le aziende private attive nel settore (come, aesempio, Sangamo Biosciences e OvaScience) siano molto pru-denti. Alcuni ritengono che, invece, sperimentazioni molto avan-zate e rischiose siano in corso in Cina.

Ai progetti terapeutici si stanno aprendo nuovi, ampi orizzon-ti. Infatti si sta procedendo alla decodifica totale del genoma dipercentuali notevoli della popolazione. Negli Stati Uniti saràdecrittato il DNA di un milione di persone. In Islanda il dottorKari Stefansson, fondatore dell’azienda DeCode, ha analizzato ilgenoma di 10.000 persone su una popolazione di 323.000 – le cuigenealogie sono note con molta accuratezza anche fino a parecchisecoli fa.

Queste circostanze stanno permettendo di scoprire quali sianole -finora incognite- funzioni o predisposizioni a certe malattie dicentinaia di geni. Quindi sarà eventualmente possibile divisarestrategie di interventi di chirurgia genomica su intere popolazioni.È un progresso della medicina che porterà benessere diffuso piùepocale di quelli dovuti alle vaccinazioni e agli antibiotici. A lungotermine la nostra aumentata longevità potrebbe riesumare preoccu-pazioni dovute alla sovrappopolazione ma queste non dovrebberocerto frenare l’impegno a proseguire sulla via del progresso.

Si possono attivare o disattivare singoli geni e si modi-fica il DNA nei cromosomi delle nostre cellule

… la sola idea di ottimizzare le caratteristiche fisiche di nascituri, sa di eugenetica. Richiamaalla mente gli esperimenti (anche orrendi) condotti durante la guerra …

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dopo il successo della prima edizione con20.000 presenze di pubblico e un coinvol-gimento ben più ampio sui social

network, torna a Camogli da giovedì 10 a dome-nica 13 settembre 2015 il Festival della Comuni-cazione (www.festivalcomunicazione.it). Lamanifestazione, ideata e diretta da RosangelaBonsignorio e Danco Singer, è promossa daRegione Liguria (che l’ha inserita tra i GrandiEventi in concomitanza con EXPO 2015) e dalComune di Camogli, in collaborazione con Isti-tuto Italiano di Tecnologia di Genova, TalentGarden di Genova, Ente Parco di Portofino, AreaMarina Protetta di Portofino.

Quest’anno l’appuntamento è prolungato aquattro giornate, ricche come sempre di confe-renze, tavole rotonde, laboratori, spettacoli,escursioni, mostre e un’installazione ambientale.

L’iniziativa si avvale ancora una volta della“guida” di Umberto Eco, la cui lectio magistra-lis, Tu, lei, voi: il linguaggio e i giovani chiude ilfestival, e vedrà la partecipazione di oltre 100ospiti, tra esperti di comunicazione, blogger,manager, musicisti, linguisti, scrittori, direttoridi giornali cartacei, digitali e della tv, filosofi,social media editor, economisti, semiologi, arti-sti, fisici, psicologi, scienziati e registi.

«Alla luce del progresso tecnologico e infor-matico che ha sconvolto sistemi di comunicazio-ne e interazione tra le persone, ci vogliamo pre-parare a leggere i futuri possibili e le novitàrilevanti della comunicazione nei servizi, nell’e-ducazione, nella diffusione della scienza e dellearti, nella finanza, nei sistemi produttivi» spie-gano Rosangela Bonsignorio e Danco Singer.

Cambieranno i modi, i mezzi e i tempi delcomunicare ma quel che è certo è che non smet-teremo di parlare e interagire con gli altri. Dopoaver affrontato lo scorso anno un primo trattodel cammino per prepararci a ciò che ci riserveràil futuro, il festival alla sua seconda edizione sivuole concentrare su uno degli aspetti fondantidi ogni comunicazione: il linguaggio.

Ciascuno degli ospiti -alcuni già presenti lascorsa edizione e ormai fedeli compagni di viag-gio del festival, altri coinvolti per il primo anno-declinerà il macrotema del linguaggio attraversouna prospettiva diversa, offrendo sguardi ineditie spunti di riflessione. Quanti e quali modi difare narrazione si svilupperanno?

Si parlerà dei cambiamenti nel linguaggiodegli italiani, della politica, della menzogna, dei

fumetti, dell’architettura, dei giornali, della TV, delle imprese, delgossip, dell’economia, della pubblicità, della divulgazione scienti-fica, della “posta del cuore”, della ricerca, dei social network, delcinema, della musica, dell’alimentazione, della moda, della giusti-zia, del gioco, delle catastrofi.

Gli interventi, cui darà il via la lectio del linguista Tullio DeMauro Il linguaggio degli italiani dall’Unità d’Italia a oggi, siarticoleranno in quattro grandi aree: il linguaggio della culturadigitale; il linguaggio scientifico; il linguaggio delle arti e il lin-guaggio delle imprese.

Oltre alle conferenze e alle tavole rotonde, il festival prevedelaboratori studiati appositamente per le diverse fasce d’età. Perragazzi e adulti le proposte sono realizzate in collaborazione conl’IIT (Istituto Italiano di Tecnologia di Genova): una giornata ditalk che affronterà insieme al direttore scientifico dell’IIT RobertoCingolani e agli scienziati Alberto Diaspro e Vittorio Pellegrini iltema della tecnologia bio-ispirata, e inoltre laboratori su tematichescientifiche di attualità, in cui sarà utilizzato anche il plantoide, ilprimo robot ispirato al mondo vegetale. Nell’ambito del progettoeuropeo Sea for Society e in collaborazione con Costa Edutain-ment, sarà inoltre possibile imparare a riconoscere e ad usare incucina alcune specie ittiche meno conosciute, sotto la guida dellochef Alessandro Dentone.

Si arricchisce quest’anno il programma dedicato ai più picco-li, con cinque appuntamenti: “Lupi di mare”, per scoprire i mestie-ri legati a questo ambiente; “Smidollato o vertebrato”, per cono-scere da vicino gli abitanti del mare; “Coderdojo”, per imparare aprogrammare con il computer divertendosi, con la collaborazionedella community Talent Garden; “Tra cielo e mare: laboratorio dipittura” per creare tutti insieme un paesaggio immaginario sotto laguida dell’artista Pietro Spica. “Pesca il pesce giusto”, per impara-re a conoscere tutti i passaggi della filiera che i pesci fanno dalmare fino alla nostra tavola con la collaborazione di Costa Edu-tainment, nell’ambito del progetto europeo Sea for Society.

Quattro spettacoli sono previsti a conclusione delle giornate digiovedì, venerdì, sabato e domenica, per esplorare il mondo dellacomunicazione attraverso il linguaggio della musica e del teatro

Festival della comunicazioneII edizione - Camogli, 10-13 settembre 2015

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con artisti quali Gianni Coscia con Gianluigi Tro-vesi, Giorgio Conte, i giornalisti Federico Ram-pini con All you need is love! L’economia spiega-ta con i Beatles e Marco Travaglio con Slurp!Lecchini, cortigiani & penne alla bava. Tornanole serate di cinema sotto le stelle: un’occasioneper rivedere in compagnia del regista Marco Tul-lio Giordana tre sue celebri pellicole: I centopassi, La meglio gioventù e Romanzo di una stra-ge. Appuntamento anche per una notte a teatrocon lo spettacolo dal titolo Cosa vuoi che sia,siamo state bambine anche noi, di e con LauraAnzani, Margherita Remotti, Lisa Vampa, in col-laborazione con Fernando Coratelli.

In programma tre escursioni in mare allascoperta dei fondali e della vita subacqueadell’Area Marina Protetta del Promontorio diPortofino e con avvistamento cetacei, quattropasseggiate tra natura, storia e cultura sul Montedi Portofino. Quattro le mostre collaterali: Dan-zando con la mente-Ritratti, a cura di LeonardoCendamo; Zoom-Fotografia Italiana dalla Col-lezione Remotti, a cura della Fondazione Pierlui-gi e Natalina Remotti; Cibo 2.0 e comunicazionea cura della galleria P46; Quei pesci che vengo-no da lontano, olii, inchiostri di china, fotomon-taggi a cura di Carlo Rognoni.

Grande importanza avrà lo scambio con il pubblico del webattraverso il sito del festival, una piattaforma multimediale e mul-ticanale che consentirà di connettersi al festival live o in modalitàon demand. Tramite i social network come Facebook, Twitter,Instagram e Pinterest, i partecipanti potranno inoltre condividereimmagini e commenti visibili a tutti sul sito del festival. Infine,sulla spiaggia di Camogli sarà allestita l’installazione ambientaleSalviamo il Mediterraneo a cura del biologo Maurizio Wurtz:dieci modelli a grandezza naturale dello zifio, un cetaceo del marLigure, simuleranno uno spiaggiamento di massa, per sensibilizza-re il pubblico alla tutela dell’ambiente marino.

il 17 giugno 2015 a Roma presso la sededell’Università eCAMPUS si è tenuta la pre-miazione del Concorso Fotografico Interna-

zionale “IO amo il mio LAVORO”. Il Concorsopromosso da SNFIA, in partnership con AMREFè stato un’occasione per rappresentare in modonuovo il mondo del lavoro e le sue complessitàin un periodo di difficoltà come quello che staattraversando il nostro Paese.

L’utilizzo del mezzo fotografico è stato pre-ferito al linguaggio verbale per raccontare conl’immediatezza delle immagini i lavoratori e lelavoratrici del terzo millennio. È stata questa lasfida lanciata: utilizzare un modo alternativo ecreativo per descrivere l’essenza stessa del pro-prio lavoro, uscendo dalla consuetudine dellacomunicazione mediata dalle parole per utilizza-re l’immediatezza della comunicazione visiva.

Il Concorso “IO amo il mio LAVORO” havisto la partecipazione di lavoratori, e aspirantitali, di ogni nazionalità tutti con l’obiettivo didocumentare il ruolo occupato dal lavoro nella

vita delle persone con la consapevolezze che nel terzo millennio,nelle società post-industriali, il lavoro non è più sentito soprattutto

IO AMO IL MIO LAVORO

Marco Zeppetella / Vincitore Sezione SENIORTitolo Progetto / Yogurt barikamà

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dalle nuove generazioni semplicemente comemezzo di sostentamento ma è immaginato e spe-rato come mezzo di realizzazione della propriapersonalità, delle proprie speranze.

“Amare il proprio lavoro e dirlo con unclick”, ovvero raccontare la propria occupazionee coglierne l’essenza in uno scatto. In un scattoche colga il legame tra il proprio lavoro e la rea-lizzazione del sé. Infatti, come ha spiegato Mari-no D’Angelo (Segretario Generale SNFIA):«Questo concorso ha messo in connessione ilmondo del lavoro con quello dell’arte documen-tando, con le potenzialità di un linguaggio arti-stico come la fotografia, il ruolo che il lavorooccupa nella vita delle persone. Grazie agli scattidei partecipanti siamo in grado di delineare lanuova sensibilità con cui viene vissuta la profes-sione, sempre più intesa non come un semplicestrumento di sostentamento quotidiano ma comeun veicolo privilegiato per costruire il proprioruolo sociale, dando spazio al talento e voce aibisogni più profondi».

La fotografia per raccontare il lavoromediando tra il “lavorare per vivere” e il “vivereper lavorare” per quel work life balance che èoggi un tema centrale nella vita lavorativa. Leimmagini possono veicolare nell’osservatore unmix di contenuti e di messaggi che crea un pontetra arte e lavoro, nel tentativo di riportare nellavoro quella dimensione spirituale che il liberi-smo ha nei fatti cancellato trasformando i lavo-ratori in robot, la creatività in processi, preferen-do alla qualità la quantità. Un dialogo tra mondiche ora sono diversi ma che devono -nelle eco-nomie post-industriali- compenetrarsi. Un mes-saggio alle imprese, che le imprese non devonolasciarsi sfuggire.

La premiazione è stata aperta da MarinoD’Angelo -Segretario Generale SNFIA- e havisto gli interventi di Stefano Ciannella, Coordi-natore Scientifico del Concorso FotograficoInternazionale “IO amo il mio LAVORO”; diRoberta Valtorta, Direttrice Scientifica MUFO-CO, Museo di Fotografia Contemporanea e pre-sidente della Giuria del Concorso; di MatteoScarabotti, AMREF; di Cinzia Tani, giornalistaRAI; di Giulio Pelonzi, Responsabile dellaSegreteria Tecnica-Europa per la Presidenza delConsiglio Regionale del Lazio; di Irene Alison,Giornalista e direttrice di DER*LAB, Studioprogettazioni fotografiche, con Pino Nazio,sociologo e giornalista RAI, nel ruolo di mode-ratore.

«Abbiamo scelto la fotografia per raccontareun tema centrale nella vita dell’uomo come illavoro -ha commentato Stefano Ciannella- per-ché è uno strumento immediato e alla portata ditutti. Ma anche e soprattutto perché consente di

mescolare linguaggi diversi, in una dinamica di commistione vir-tuosa che è la stessa che vorremmo si creasse tra arte e impresa, inun dialogo tra mondi che sono diversi ma possono scoprirsi affini.La scelta di questo medium deriva anche dal fatto che esso attra-versa una crisi d’identità (dovuta alla velocità e potenza dellenuove tecnologie) corrispondente a quella che il mondo del lavorovive. Questa coincidenza può forse favorire una giusta lettura edessere la chiave di accesso a possibili soluzioni».

Il Concorso è stato vinto da Marco Zeppetella per la sezionesenior e Danilo Garcia Di Meo per quella junior. Entrambi premiatida una giuria di esperti presieduta a buon titolo da Roberta Valtor-ta, direttrice scientifica del Mufoco, Museo di Fotografia Contem-poranea. Marco Zeppetella, primo inter pares vista la qualità delleopere presentate, ha vinto un premio in denaro mentre Danilo Gar-cia Di Meo, primo tra i non professionisti, come premio ha avutol’incarico da parte di Amref di un progetto fotografico, finanziatoda SNFIA, per una campagna di comunicazione sociale.

Marco Zeppetella ha vinto con l’opera titolata YogurtBarikamà. Barikamà è un progetto di microcredito nato nel marzo2011 a Roma, fondato da ragazzi africani giunti nella Capitale inseguito alle rivolte contro lo sfruttamento dei braccianti a Rosar-no. Lavoratori esclusi da circuiti ufficiali di accoglienza e reinseri-mento lavorativo, a oggi la maggior parte di loro ha ricevuto unpermesso di soggiorno per motivi umanitari. In questo contestonasce “Barikama” (in lingua bambara significa “resistenza”), por-tato avanti da Suleman, Aboubakar, Daouda e da Saidou. Questiragazzi provenienti dal Mali, dalla Costa d’Avorio e dal Senegalhanno scelto di affiancare alle lotte per i diritti dei lavoratori unpercorso di consumo sostenibile producendo yogurt solidale nellacittà di Roma. Quest’attività li ha inoltre aiutati a inserirsi nel tes-suto sociale italiano, a tessere nuove reti e crearsi contatti. Il loroobbiettivo è quello di allargare la propria attività dando possibilitàdi lavoro ad altri richiedenti asilo. Le fotografie di questo progettosono state scattate presso la Ex Snia di Roma durante la produzio-ne dello yogurt.

Danilo Garcia Di Meo ha vinto la sezione Junior con l’operatitolata Per amore e per lavoro che è il prologo di un più ampioprogetto fotografico, da questa sviluppatosi dal titolo L’ipotesi di

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Danilo Garcia Di Meo / Vincitore Sezione JUNIORTitolo Progetto / Per Amore e per Lavoro

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Martha, storie felici di mestieri e desideri. È unracconto di storie di vita di chi decide di mettersiin gioco per fare della propria passione il propriolavoro, esprimendo appieno il proprio talento,inventandolo ogni giorno e trasformandolo in unbeneficio collettivo.

Tutte persone (lavoratori) che hanno sempli-cemente agito un principio: ci hanno credutofino in fondo e si sono espresse muovendo da esui versi della scrittrice brasiliana MarthaMedeiros «Lentamente muore chi non capovolgeil tavolo quando è infelice sul lavoro, chi nonrischia la certezza per l’incertezza, chi rinunciaad inseguire un sogno, chi non si permette alme-no una volta di fuggire ai consigli sensati».

Il Prodotto Interno Lordo non è un indicato-re della condizione di felicità di un Paese(Amartya Sen, economista indiano e Nobel perl’economia nel 1998) «la felicità -insieme allalibertà, alla salute, all’istruzione- va necessaria-mente considerata un importante indicatore eco-

nomico». Si può essere felici solo se si ha la possibilità di “fare”ciò per cui si è portati; di ottenere, attraverso le proprie quotidianeattività, le condizioni più idonee alla propria realizzazione. Il well-being, il ben-essere, non è solo ben-avere: la qualità della vita è,invece, intimamente connessa a ciò che ognuno fa e ama fare. Lagiusta sintesi tra “lavorare per vivere“ e “vivere per lavorare”: incui il lavoro diviene una delle espressioni della propria persona-lità.

E così torniamo all’opera di De Meo in cui la quasi totalità deiprotagonisti riferisce di aver “conosciuto” la propria passione giàdurante l’infanzia. In alcuni casi hanno tentato di intraprenderealtre carriere per poi decidere di dare spazio all’originario interes-se, traendone soddisfazione e appagamento. In alcuni la “ri” sco-perta del proprio talento è avvenuta più avanti: alcuni avevanointrapreso altre strade ma questa “rivelazione” ha determinatol’abbandono di professioni già consolidate. In tutti i casi, l’aspettodell’arricchimento economico non ha condizionato coloro chehanno scelto di assecondare le proprie attitudini e tentare di realiz-zarsi esercitando il lavoro dei loro sogni: hanno seguito il loro“Ben-Essere”!

L.C.

la dodicesima edizione del Festival dellaMente, il primo festival in Europa dedicatoalla creatività, si terrà a Sarzana da venerdì 4

a domenica 6 settembre con la direzione scienti-fica di Gustavo Pietropolli Charmet e la direzio-ne artistica di Benedetta Marietti (www.festival-dellamente.it).Il Festival della Mente, promosso dalla Fonda-zione Cassa di Risparmio della Spezia e dalComune di Sarzana, si propone di esplorare,attraverso 38 fra incontri, spettacoli e momentidi approfondimento culturale, la nascita e lo svi-

luppo delle idee e dei processi creativi, toccando anche temi diattualità sociale e scientifica per aiutarci a comprendere la realtà dioggi.Per tre giornate grandi scienziati, scrittori, artisti, fotografi, archi-tetti, filosofi, psicologi, psicanalisti, storici condivideranno la lorocreatività e il loro sapere, in modo divulgativo, con il pubblicoampio e partecipe che è da sempre la vera anima del festival.«Il festival sarà come sempre dedicato all’indagine dei processicreativi, e quest’anno abbiamo scelto come filo conduttore “laresponsabilità” -spiegano i due direttori- In un paese in cui è sem-pre colpa di qualcun altro, abbiamo pensato che il concetto diresponsabilità dovesse essere ridefinito anche alla luce dei com-plessi cambiamenti sociali in corso e delle innovazioni scientifichee tecnologiche. Quale rapporto c’è tra creatività e responsabilità?E a quali nuove responsabilità oggi vengono chiamati scienziati,artisti e intellettuali? Il festival tenterà di rispondere a questedomande mantenendo il consueto approccio divulgativo e multidi-sciplinare».In programma, come sempre, una sezione per bambini e ragazzi:un vero e proprio festival nel festival, curato quest’anno dallascrittrice e giornalista Chicca Gagliardo che prevede 22 eventi fralaboratori, spettacoli, letture animate, incontri, passeggiate. Sonooltre 500 i volontari del festival, ragazzi delle scuole superiori disecondo grado, studenti universitari, associazioni culturali che conil loro entusiasmo e la loro energia contribuiscono al successodella manifestazione.

L.C.

FESTIVAL DELLA MENTE XII edizione - Sarzana, 4-6 settembre 2015

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notiziarioSocietà web 2.0: piùtelefonini che persone

Il 2015 è l’anno del sorpasso,quello in cui il numero deitelefonini supererà quello degliesseri umani; 7,3 miliardi:l’annuncio è stato dato durante lasedicesima edizione dell’EventoAnnuale Ericsson, svoltosi neigiorni scorsi. Non solo il numero dicellulari è ormai superiore a quellodegli uomini ma buona parte deidispositivi sono smartphone e lacui quota, nel 2016, dovrebbearrivare al 50% del totale. Durantel’Evento c’è stato anche spazio perun convegno intitolato We are allchange makers, ossia siamo tuttiartefici del cambiamento, durante ilquale è stata tratteggiata lasituazione italiana dal punto divista della tecnologia grazie allostudio Gli italiani e la societàconnessa condotto dalla LuissBusiness School.Il primo dato che emerge da questostudio è che gli italiani, in generale,apprezzerebbero la tecnologia: il71% afferma, infatti, di ritenere cheessa sia in grado di migliorare lavita delle persone; mentre il 72%ritiene che sia d’importanzafondamentale per aiutare losviluppo economico del nostroPaese. Tuttavia, è scarsa la fiduciadegli italiani nelle infrastrutture enei servizi digitali, ritenuti per lopiù insufficienti: appena il 7% si èdichiarato pienamente soddisfatto. Secondo gli intervistati dalla Luissuna maggiore connettivitàporterebbe grandi benefici a settoricome i servizi pubblici (lo crede il31% del campione), all’istruzione

(29%) e alla sanità (27%): l’idea èche una società connessa sia piùefficiente e rapida nel fornire leinformazioni, le prestazioni e iservizi richiesti, eliminando quelmuro spesso percepito tra ilcittadino e la burocrazia statale eamministrativa. Gli italiani, d’altra parte, passanomolto tempo in rete ed è logico chevogliano poterla utilizzare ancheper servizi utili: il 40% trascorrepiù di 4 ore al giorno su Internet ela maggioranza (il 69%) lo fa dasmartphone o tablet. Le possibilità che una “societàconnessa” offrirebbe non silimitano a quelle di navigazioneattiva da parte del cittadino: molti,per esempio, vorrebbero che ivantaggi della connettività siestendano ai trasporti pubblici, chepotrebbero beneficiarne in modirelativamente semplici. All’interno di quel 65% diinsoddisfatti dello stato attuale deimezzi c’è un 31% che si augura divedere fermate dei bus, dellemetropolitane, dei treni, attrezzatecon pannelli che offranoinformazioni sempre aggiornate intempo reale sui tempi dipercorrenza, indicando quantomanchi all’arrivo del mezzo atteso.Vorrebbero anche sistemielettronici che aiutino a trovareparcheggio e la definitivadiffusione del biglietto elettronico.È inevitabile che una societàconnessa sia diversa da quella cuisiamo abituati, e i primi frutti sonogià visibili: per esempio il 27%degli italiani ritiene che il mezzomigliore per informarsi sia un sitospecializzato nell’argomento; il

24% si affida ai social network;solo in terza posizione arrivano latelevisione e la stampa. Clara Paez, capo del marketing diEricsson, ha commentato: «Laricerca che abbiamo condottoinsieme alla Luiss mostra come gliItaliani credano fermamente nellatrasformazione digitale. Gli Italianiinfatti apprezzano i benefici che lasocietà connessa può generare intermini di miglioramento dellaqualità della vita, valore per leimprese ed efficienza per lapubblica amministrazione.Compito di tutti noi è soddisfarequesta domanda e guidare ilcambiamento attraverso unacollaborazione sinergica chesostenga l’innovazione e la crescitadell’intero sistema Paese».

Piante per salvare il mondo

Per secoli, dalle piante abbiamoricavato il materiale per vestirci,nutrirci, proteggerci, curarci,costruire e altro ancora, enonostante i cambiamenti lavegetazione svolge ancora molte diqueste funzioni. In anni recenti,però, sono state scoperte nuoveproprietà appartenenti a certi tipi divegetali che prima non eranoconsiderati, oppure si stannosviluppando nuove piante che, nelprossimo futuro, rivestirannoun’importanza sempre maggiore. In collaborazione con Inhabitat èstata stilata una classifica dellepiante più importanti per ilbenessere del nostro pianeta e dinoi che lo abitiamo. Il grano perenne / L’importanza deicereali come alimenti fondamentaleper l’umanità è evidente: si tratti digrano, mais o riso, la loro presenzanella dieta è indispensabile.Sfortunatamente, si tratta di coltureannuali, che dopo aver completatoil proprio ciclo di vita devonoessere ripiantate. Tutto ciò richiedemolta acqua, fertilizzante e, inmolti casi, pesticidi ed erbicidi.Inoltre il continuo piantare eripiantare sempre la stessa speciedegrada il suolo.

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Alcuni ricercatori del LandInstitute, in Kansas, stannolavorando alla creazione di un tipodi grano che non deve essereripiantato ogni anno, in quantopianta perenne; l’hanno chiamatoKernza e ritengono che ci vorrannoancora circa dieci anni prima dipoterlo utilizzare ma le premessesono buone. Avere del grano perenne significadover fare un numero di interventiagricoli molto minore rispettoquelli richiesti dal grano attuale,mantenendo allo stesso tempo altala produttività. L’azolla / L’azolla non è una novità:si tratta di una felce acquatica dicui da tempo è nota la grandevelocità di riproduzione: se posta inacque tiepide e basse, la superficieda essa coperta raddoppia inappena due giorni. C’è unaproprietà dell’azolla che la rendetanto interessante: è infatti in gradodi assorbire l’azoto atmosferico efissarlo nel terreno, trasformandolocosì in una forma di fertilizzantenaturale.

Di recente si è iniziato adadoperare questa pianta non solocome agente per ottenere ilbiofertilizzante ma anche comealternativa sostenibile alla soia e almais nei mangimi per animaligrazie al suo elevato tasso dicrescita. Alcuni enti, come l’AzollaInstitute, stanno poi studiandone leproprietà che la renderebberocapace di catturare l’anidridecarbonica nell’atmosfera. Le alghe / Sebbene non si trattiesattamente di piante, le alghe sistanno dimostrando sempre piùimportanti in quanto le diversespecie offrono molte proprietà utiliall’uomo. Si va da quellecommestibili a quelle che possonoessere utilizzate come fertilizzanteorganico; altre sono già adoperateper il trattamento delle acque nere. Il loro tasso di crescita è moltoelevato ed è possibile coltivarne siain acqua dolce che in acqua salata.Inoltre, il biocarburante ricavatodalle alghe sembra rappresentareuna valida alternativa al petrolio:alcuni impianti già ne producono,mentre per una produzione dimassa e un prezzo comparabile aquello della benzina si pensa che civogliano ancora una decina di anni.Il bambù / Ritenuto una delle piantedalla crescita più rapida, il bambùha molte proprietà positive: ècommestibile, può essere utilizzatocome materiale da costruzione, sene possono ricavare fibre e carta, ecostituisce una alternativabiodegradabile alla plastica. Ilbambù, inoltre, è una piantaperenne: ciò significa che si puòcontinuare a raccoglierlo senzadoverlo ripiantare e, grazie aglielevati ritmi di crescita (anche 90

centimetri al giorno) è unottimo candidato ancheper le campagne diriforestazione. La felce aquilina /Nonostante sia ritenutatossica se ingerita, lafelce aquilina si puòrivelare utilissima neicasi di inquinamento dametalli. È in fatti ingrado di crescere sumolti tipi di terreno,compresi quelli chesarebbero fatali per altrepiante, e pesino su quelliinquinati da piombo,nichel, cadmio, rame e

arsenico.Per questo motivo è già statautilizzata, a titolo di esperimento,per ripulire i terreni di areeindustriali dismesse: le felci hannoassorbito i metalli, conservandolinei propri tessuti. Quindi, dopo lamaturazione, sono state raccolte ebruciate; dalle ceneri è statopossibile recuperare grandi quantitàdi metalli, da riciclare per ulterioriusi. Le castagne / Come già avveniva nelsud dell’Europa sino alla metà delXIX secolo, le castagne sono unbuon candidato per affiancare icereali quale alimento di base:ridotte in farine, venivano usateanche per preparare il pane al postodel grano. I loro valori nutrizionalicomprendono poche proteine emolti carboidrati, e gli alberipossono crescere in zone che nonsono adatte all’agricoltura,rendendo così produttivi terreni chealtrimenti sarebbero inutilizzati.I grandi castagni, in grado di viverecentinaia di anni, potrebberoservire per creare nuove foreste interreni al momento lasciati a séstessi, dai quali ricavare importantialimenti.

Luce dalla fotosintesi

Nei Paesi Bassi c’è un’azienda cheraccoglie energia dalle piante e lautilizza per alimentarecaricabatterie per cellulari, hotspotWi-Fi e anche per accendere 300lampadine a LED. Questa aziendasi chiama Plant-e e già, in unanotte dello scorso anno, hainaugurato il progetto Starry Sky(Cielo Stellato) dandodimostrazione di come l’elettricitàottenuta dalla vegetazione possailluminare il cielo notturno.L’idea di utilizzare gli “scarti”della fotosintesi per produrreelettricità non è nuovissima ma è laprima volta che un’aziendas‘impegna per riuscire a portarequesto sistema su scala industriale.Per Starry Sky, Plant-e hautilizzato delle piante fatte crescerein vasi di plastica di circa 0,2 metriquadrati di superficie. Come funziona: il processo difotosintesi, con il quale le pianteproducono glucosio, genera piùzucchero di quanto sia necessarioalla pianta stessa; l’eccesso viene

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smaltito nel terreno tramite leradici. Il decadimento di questoeccesso rilascia protoni edelettroni; Plant-e, con deglielettrodi inseriti nel terreno,raccoglie gli elettroni e li usa peralimentare le lampadine. L’idea è promettente ma,nonostante le dimostrazionipubbliche, c’è ancora molto dafare. «Non riusciamo a produrreabbastanza energia per avere unprodotto commerciale affidabile.Ciò non significa però che nonl’avremo mai. Siamo proprio agliinizi della ricerca» spiegaRamaraja Ramasamy, professoredell’Università della Georgia.Marjolein Helder, cofondatrice diPlant-e, spiega quali siano leprospettive: una superficie di unmetro quadrato è in gradi diprodurre 28 kWh l’anno. Ilconsumo medio di una casa inNorvegia è di 3.500 kWh dielettricità l’anno. Ciò significa cheun giardino vasto circa 125 metriquadrati potrebbe soddisfare ilbisogno energetico di quella casa.La scelta della Norvegia non ècasuale: spostandosi in altrenazioni, la superficie necessariaaumenta di molto. Il consumomedio di una casa statunitense è dicirca 10.800 kWh: serve quindi ungiardino di circa 380 metri quadratiper avere lo stesso risultato che inNorvegia si ottiene con 125metri quadrati.

Microonde per latrasmissione dell’energia

L’idea di produrre energia,utilizzando pannelli solariposti in orbita per poi spedirlasulla Terra in modalitàwireless, affascina sempre piùPaesi e in particolare pareessere al centro dell’attenzione

in Giappone. Di recente, MitsubishiHeavy Industries ha fattoimportanti passi in avanti proprionella trasmissione senza filidell’energia, dimostrando dal puntodi vista pratico che ciò è possibile. Utilizzando un fascio dimicroonde, l’azienda giapponese èriuscita a trasmettere una potenzadi 10 kW a 500 metri di distanza;sebbene il tragitto non siaparticolarmente lungo, ciò apre lastrada verso progetti su scala piùampia. Il successo dell’esperimentoè stato quasi contemporaneo aquello di un tentativo analogosvolto dall’Agenzia Giapponeseper l’Esplorazione Spaziale (Jaxa),da tempo interessata al fotovoltaicospaziale, che è riuscita atrasmettere attraverso l’aria unapotenza di 1,8 kW. È evidente che il percorso perarrivare a trasmettere energia dallospazio è ancora lungo: i satellitiche dovranno captare l’energiasolare si troveranno, infatti, adistanze ben più considerevoli: a36.000 km dal suolo. Per il Giappone in particolare sitratta, però, di ricerche importantidato che il Paese non dispone divaste aree da poter tappezzare dipannelli solari come invece accadein altri Stati; fermo restando che inogni caso i pannelli in orbitaavrebbero il vantaggio di poterprodurre energia in continuazione,non dovendo fare i conti con lanotte o con le nuvole. Ecco il “perché” del fatto cheMitsubishi festeggia con orgoglio ilproprio successo, affermando «Conil nostro esperimento crediamo diaver dimostrato la possibilità dicommercializzare la trasmissionesenza fili dell’energia», anche se siprevede che le prime applicazioninon saranno possibili prima del2040.

Gli aquiloni giganti cheproducono energia

Una turbina eolica non devenecessariamente assomigliare a unenorme ventilatore. Google, peresempio, sta lavorando a unaturbina nata dall’incrocio tra unaereo e un aquilone. Il progetto,chiamato Energy Kite, nascedall’acquisizione di Makani Powerda parte dell’azienda di MountainView, avvenuta un paio d’anni fa. Makani stava sviluppando unatecnologia basata su degliapparecchi simili a piccoli aerei, odroni, con un’apertura alare dicirca 8 metri, collegati da unrobusto cavo a una stazione a terra.Questi droni, volando a circa 450metri dal suolo, si trovanoall’altitudine ideale per volare incircolo e in tal modo potercatturare l’energia del vento,trasformarla in elettricità (propriocome fanno le tradizionali turbineeoliche, ma con un’efficienzamaggiore rispetto a esse) e inviarlaalla stazione di terra tramite lostesso cavo che li tiene ancorati e lifa assomigliare a degli aquiloni.Google ha preso quel progetto, ingrado di sviluppare una potenza di600 kW, e ha deciso di svilupparlo:in questi mesi si stanno testandodei droni-aquiloni con un’aperturaalare di ben 25 metri. Per le provesono state scelte le zone piùventose dell’Americasettentrionale, dove in appena unsecondo la velocità del vento puòcambiare di 30 km all’ora e ladirezione può mutare di novantagradi: quali Pigeon Point aPescadero, in California. Gli aquiloni di Google promettonodi essere più economici delleturbine usate attualmente, dato cheper realizzare un Energy Kite serveappena il 10% del materialenecessario per costruire una turbinaclassica; inoltre, sempre secondoGoogle, grazie alla formaaerodinamica e alla capacità divolare ad altitudini più elevaterispetto a quelle a cui sonoposizionate le turbine, sono ingrado di produrre il 50% in più dienergia.L’annuncio di questo progetto èstato dato da Astro Teller inpersona, ossia dal capo delladivisione denominata Google X,dove vengono sviluppati i progetti

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più futuristici dell’azienda. Tellerha anche spiegato che Larry Page,uno dei fondatori di Google, staseguendo da vicino il progetto e gliha dato un solo consiglio:«assicuratevi di far schiantarealmeno cinque di queste versioni ditest». Questo perché, per usare le paroledi Teller, «se non distruggil’attrezzatura sperimentale, almenoogni tanto, vuol dire che potrestiimparare più velocemente».Purtroppo da questo punto di vista itest finora sono stati pocosoddisfacenti: «Non siamo riuscitia non riuscirci. Non li abbiamo fattischiantare nemmeno una volta» haconfessato Astro Teller.

Human-organs-on-chip

Il vincitore del premio Design of theYear 2015 è un piccolo chip dallegrandi potenzialità: si chiamaHuman-Organs-on-Chips ed è statoprogettato al Wyss Institutedell’Università di Harvard. Human-Organs-on-Chip è statoprogettato per fare esattamente ciòche il suo nome lascia intendere:riprodurre su un microchip copertodi celle umane il complessofunzionamento del tessuto degliorgani umani.Ogni modulo è in grado diriprodurre il funzionamento di unorgano per può essere inserito inun’infrastruttura insieme ad altrimoduli che riproducono organidiversi. È in questo modo che gliscienziati contano di ottenere unprodotto che reagisce come un verocorpo umano, da utilizzare per lesperimentazioni. Tra gli obiettivi dei ricercatori c’èanche l’eliminazione dellasperimentazione di farmaci ecosmetici sugli animali, fornendo

un’alternativa in grado funzionale ein grado di fornire ai ricercatori unarisposta complessa, esattamentecome farebbe un corpo umano contutti i suoi organi e le interazioni tradi essi. «Ciò che è sorprendente -haspiegato uno dei ricercatori parlandodi un polmone “riprodotto” su chip-è che abbiamo scoperto cose chenessuno aveva mai visto. Nonriusciamo soltanto a riprodurre, maanche a prevedere». L’organoartificiale è stato utilizzato consuccesso per testare un farmaco ingrado di prevenire l’edemapolmonare.

Il dissalatore a energia solare

È un dissalatore a energia solare ilvincitore del premio Desal 2015,assegnato dall’USAID a un team diingegneri del MIT composto dalprofessor Amos Winter e dallastudentessa di dottorato NatashaWright. Obiettivo del concorso eral’ideazione di un sistema che fosseeconomico, sostenibile dal punto divista ambientale ed efficiente dalpunto di vista energetico. Il metodo vincitore dei 140.000dollari in palio utilizza la luce delsole per alimentare un sistema didissalazione efficiente e cherichiede poca manutenzione, idealequindi per essere utilizzato anchenelle zone meno ricche del pianeta.Dei pannelli fotovoltaici ricaricanodelle batterie piombo-acido, le qualialimentano il sistema di dissalazionevero e proprio, basato su una tecnicanota come elettrodialisi. In sostanza, le particelle di saledisciolte nell’acqua, che hanno unadebole carica elettrica, vengonoattirate applicando una piccolacorrente. «Funziona un po’ come un

circuito elettrico -ha spiegatoNatasha Wright-Gli ioni vengonoattirati verso glielettrodi». Tra ivantaggi di questosistema c’è il fattoche appena il 5%dell’acqua vienesprecata. Oltre aeliminare il sale, ilprogetto del MITsottopone l’acqua

a una prima disinfezione grazieall’uso di luce ultravioletta. Un impianto di test realizzatosecondo quest’idea è stato messoalla prova sottoponendolo a duecicli di lavoro della durata di 24 oreciascuno. In ognuna delle duesessioni sono stati dissalati quasi8.000 litri di acqua (diventati quindiadatti per l’irrigazione), quasi 300dei quali sono anche stati sottopostial trattamento ultravioletto che li haresi potabili,

Oltre il 40% di rendimento energetico

La soluzione per aumentarel’efficienza delle celle solari arrivadall’Australia e precisamente dairicercatori dell’Università delNuovo Galles del Sud, in Australia.Combinando diverse tecniche sonoriusciti a convertire il 40,4% dellaluce solare catturata in elettricità,raggiungendo così «la maggiorefficienza mai registrata» come hacommentato il professor MartinGreen. Il segreto sta innanzitutto in unanuova modalità di uso delle cellesolari: «sono state utilizzate dellecelle commerciali ma in un modonuovo, cosicché i miglioramentisiano prontamente accessibili perl’industria solare» ha riportato ilprofessor Green. È stata creata una struttura che,tramite un sistema di specchi,concentra la luce del sole e ladirige verso una torre centrale,dove si trovano i pannellifotovoltaici. Le celle di questi pannelli «sonosostanzialmente un sandwich disemiconduttori sintonizzati inmodo diverso, ognuno dei quali èin grado di catturare una diversalunghezza d’onda della luce

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solare».Inoltre viene utilizzato un filtroappositamente realizzato, che rendei pannelli capaci di catturarelunghezze d’onda che normalmentevengono sprecate, e convertirle inelettricità mentre «i metoditradizionali usano una sola cellasolare, che limita la conversionedella luce al 33% circa, la nuovatecnologia separa la luce del sole inquattro diverse celle, il chemigliora i livelli di conversione» haillustrato il professor Green.

recensioni

Nel mare dei fiori di Bucrecensione di Vito Manduca

Nel mare dei fiori di Buc, di DorianaCarosi, pubblicato nel mese dimaggio 2015, nella collana Amore &Psiche, per i tipi di EDDA Edizioni,affronta in modo coraggioso un maleendemico che affligge l’umanitàdalla notte dei tempi: la pedofiliache non risparmia neppure gliambienti protetti per definizione; lemura domestiche.Un impegnativo racconto che,ispirandosi ad avvenimenti

realmente accaduti, si ponel’obiettivo di richiamarel’attenzione, oltre che del lettore, dellegislatore sul drammaticofenomeno degli abusi sui minori,con particolare riferimento allaviolenza di genere che trova il primoterreno fertile nelle famiglieapparentemente sicure e ritenute oasifelici.La prima parte del libro descrive,con uno stile piano, colto ecoinvolgente, scene di vite familiariin formazione caratterizzate daevidente “normalità” e felicità deigiovani protagonisti, protesi acostruire il proprio “poi”, anche inarmonia con i luoghi di origine e diapprodo: Milano prima, Bergamopoi; quindi nuovamente Milano e illuogo prediletto per le vacanze,Rebenbugio e il suo mare.Nella seconda parte, alraggiungimento della “maturità” deiprotagonisti e con l’arrivo di nuovi,il fantasma degli abusi bussa alleporte appalesando il suo lato piùoscuro e reprimevole,destabilizzando per sempre gliequilibri raggiunti e offuscando laserenità che si potrebbe già definire“felicità”. Un’inesorabile “morte dell’anima”si materializza all’improvviso eattanaglia le vittime dirette eindirette, la figlia adolescente e lamadre, da sempre ignara del drammache, giorno dopo giorno, le siconsuma intorno. Dietro la facciata della normalità,fatta di genitori giovani e operosi,assorbiti dai quotidiani impegniprofessionali, le cure paterne versola nascente bellezza di una donnaancora in miniatura, la figlia,coltivano una sconvolgentemetamorfosi, snaturando il ruolodell’uomo che, da padre protettorequale dovrebbe essere, indossa ladivisa del cacciatore ecattura la preda indifesacon la micidiale arma dell’“affetto”.Ha gioco facile, l’uomo, ad attuare ilsuo proposito malato, sicurodell’assenza della madre altroveimpegnata del silenziodell’innocente convinta a tacere e asubire per qualche anno sotto le“amorevoli” minacce inesplorabili eche mai del tutto potranno venire inemersione.Tuttavia, e per fortuna delle vittime(se di fortuna può parlarsi) moltospesso, certamente nel caso descritto

da Doriana Carosi, ciò che il diavolo vorrebbe far bollire a fuoco lento all’interno delle proprie pentole fuori esce senza la protezione dei coperchi, peraltro non previsti dalla diavoleria.Se la volontà condizionabile non reagisce, ci pensa il giovane corpo a mandare inequivocabili segnali di malesseri di difficile diagnosi con la metodologia tradizionale. Segnali finalmente intercettati dai “sensori” materni, facendo cadere miseramente il sipario e svelando, dietro le quinte, non due ma ben quattro personaggi interpretati da due soli attori. L’uomo, nella doppia maschera di padre premuroso in pubblico e di aguzzino in privato; la figlia, nella doppia veste di bambina “normale” in pubblico che cresce, gioca e va a scuola come le coetanee e, come le coetanee, accusa qualche disagio attribuito al normale processo di crescita e, quindi, di vittima scelta e costretta nel silenzio, con le sembianze di piccola donna, a soddisfare pulsioni malsane.Una scoperta sconvolgente per una madre ignara che, dopo lo sbandamento iniziale, prossimo alla fine quasi cercata, si riprende il ruolo che le è proprio. Carica su di sé il peso della croce e, pur logorata dal senso di colpa per non avere avuto per tempo gli occhi giusti per vedere e per impedire; impegna quindi tutte le energie residue, possibili solo da un ancestrale senso materno, per avviare una battaglia solitaria contro i pedofili.Ma non si ferma a essi: punta con determinazione l’indice contro una legislazione, a suo dire, poco efficace, anzi “blanda”, per la prevenzione e per le repressione di uno dei più abominevoli crimini dell’umanità, consumati quasi sempre nel silenzio imposto ai protagonisti inconsapevoli e in quello più assordante di chi dovrebbe proteggerli.L’epilogo inatteso del racconto si svolge proprio sul palcoscenico del mare di Rebenbugio, dove in un tempo lontano, stagione di spensieratezza e di vacanze, l’indecifrabile e inquietante profezia era stata rivolta alla madre protagonista, allora bambina … In fase di distribuzione; prossimamente in libreria, disponibile ordinando a: [email protected]

ISBN 88-97124-42-9EAN13 9788897124429prezzo € 16,50 - pagine 86Edda Edizioni - Collana Amore & Psiche

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La SIPS - Società Italiana per il Progresso delle Scienze - onlus«ha per scopo di promuovere il progresso, la coordinazione e la diffusione delle scienze e delle loro appli-cazioni e di favorire i rapporti e la collaborazione fra cultori di esse», svolgendo attività interdisciplinare emultidisciplinare di promozione del progresso delle scienze e delle loro applicazioni, organizzando studi eincontri che concernono sia il rapporto della collettività con il patrimonio culturale, reso più stretto dallenuove possibilità di fruizione attraverso le tecnologie multimediali, nella ricerca delle cause e nella rilevazionedelle conseguenze di lungo termine dell’evoluzione dei fattori economici e sociali a livello mondiale: popo-lazione, produzione alimentare e industriale, energia e uso delle risorse, impatti ambientali, ecc.

Le origini della Società Italiana per il Progresso delle Scienze si ricollegano al periodo anteriore al nostroRisorgimento politico, allorquando nella nostra penisola, smembrata in sette piccoli Stati, i più eminenti uo-mini di Scienza e di Lettere solevano riunirsi in Congresso. Nel 1839, a Pisa, fu tenuta la prima Riunionedegli scienziati italiani, celebrata dal Giusti, nei noti versi:

Di si nobile congressoSi rallegra con sè stessoTutto l'uman genere.

Ciò che costituì, fin da principio un'importante caratteristica delle Riunioni degli scienziati italiani, fu la largapartecipazione del pubblico colto, a fianco dei più illustri scienziati. E di ciò danno conferma gli Atti delleRiunioni, e le testimonianze degli scrittori, italiani e stranieri del tempo. Oltre a dibattere tematiche a caratterescientifico-tecnico e culturale, la SIPS pubblica e diffonde i volumi degli Atti congressuali e Scienza e Tec-nica, palestra di divulgazione di articoli e scritti inerenti all’uomo tra natura e cultura. Gli articoli, salvo diversi accordi, devono essere contenuti in un testo di non oltre 4 cartelle dattiloscritte suuna sola facciata di circa 30 righe di 80 battute ciascuna, comprensive di eventuali foto, grafici e tabelle.Pos-sono far parte della SIPS persone fisiche e giuridiche (università, istituti, scuole, società, associazioni e, ingenerale, enti) che risiedono in Italia e all’estero, interessate al progresso delle scienze e che si proponganodi favorirne la diffusione (art. 7 dello statuto).

CONSIGLIO DI PRESIDENZACarlo Bernardini, presidente onorario; Maurizio Luigi Cumo, presidente; Francesco Balsano, vicepresidente; BarbaraMartini, amministratore; Filomena Rocca, segretario generale; Mario Alì, Luigi Berlinguer, Vincenzo Cappelletti,Enzo Casolino, Salvatore Lorusso, Elvidio Lupia Palmieri, Antonio Speranza, Nicola Vittorio, consiglieri; AlfredoMartini, consigliere onorario.Revisori dei conti: Antonello Sanò, Guglielmo Lucentini, Elena Maratea, effettivi; Roberta Stornaiuolo, supplente.

COMITATO SCIENTIFICOMichele Anaclerio, Piero Angela, Mario Barni, Carlo Blasi, Maria Simona Bonavita, Federico Cinquepalmi, Mario Cipolloni,Ireneo Ferrari, Michele Lanzinger, Waldimaro Fiorentino, Gaetano Frajese, Gianfranco Ghirlanda, Mario Giacovazzo,Giorgio Gruppioni, Antonio Moroni, Nicola Occhiocupo, Gianni Orlandi, Renato Angelo Ricci, Mario Rusconi, RobertoVacca, Bianca M. Zani.

SOCIPossono far parte della SIPS persone fisiche e giuridiche (università, istituti, scuole, società, associazioni ed in generale, enti) che risiedonoin Italia e all’estero, interessate al progresso delle scienze e che si propongano di favorirne la diffusione (art. 7 dello statuto).

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