Tecnica Gas

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UNIVERSITÀ di PADOVA FACOLTÀ di INGEGNERIA DIPARTIMENTO INGEGNERIA ENERGETICA CORSO DI LAUREA IN INGEGNERIA ENERGETICA CORSO MONOGRAFICO di TECNICA del GAS Andrea Musacci Anno 2007

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UNIVERSITÀ di PADOVA FACOLTÀ di INGEGNERIA

DIPARTIMENTO INGEGNERIA ENERGETICA

CORSO DI LAUREA IN INGEGNERIA ENERGETICA

CORSO MONOGRAFICO

di

TECNICA del GAS

Andrea Musacci

Anno 2007

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INTRODUZIONE

IL GAS NATURALE IN ITALIA ED IN EUROPA

IL MERCATO E LA DISTRIBUZIONE

Le fasi della metanizzazione

L'utilizzazione del gas naturale, più semplicemente chiamato metano dal maggiore dei suoi componenti, si è sviluppata in Italia attraverso tre fasi successive. La prima fase prese avvio nell'immediato dopoguerra; la rete dei metanodotti cominciò ad estendersi con gradualità partendo dal Nord e interessando poi le aree del Centro e del Mezzogiorno, in questo agevolata dai ritrovamenti di metano nel Ravennate, in Abruzzo, in Puglia ed in Sicilia.

La nuova disponibilità di gas africano e gli accresciuti volumi di importazione dall'Unione Sovietica hanno dato impulso ad un’ulteriore fase di sviluppo della metanizzazione, basata sui tre grandi gasdotti che portano il gas dalla Russia, dal Mare del Nord (con partenza dall’Olanda) e dall’Africa del Nord. Ovviamente i gasdotti ci rendono dipendenti da questi Paesi per i nostri approvvigionamenti; quindi è da tempo in discussione l’opportunità di realizzare impianti di ricevimento del gas naturale liquefatto (GNL) e successiva rigassificazione; infatti ciò comporta la possibilità di ricevere il prodotto da Paesi diversi.

Nel 2009, con un paio d’anni di ritardo, è realizzata la conclusione dei lavori per la realizzazione di un grande gasdotto, che è alimentato con GNL trasportato da navi metaniere provenienti principalmente dal Medio Oriente. Il gasdotto parte da un’isola “off shore” al largo del delta del Po, nei pressi di Porto Viro, ove è funzionante un impianto di rigassificazione; il gasdotto raggiunge il principale polo di stoccaggio e smistamento nazionale, vale a dire il “Centro di Minerbio” in provincia di Bologna.

Data l’imponenza dell’opera e la rilevanza tecnologica si ritiene opportuno evidenziarne alcuni aspetti. L'opera è costituita da una grande tubazione, quasi completamente interrata e corredata da interventi complementari, quali apparecchiature d'intercettazione dei gas, protezioni, impianti per la protezione catodica, manufatti adatti alla salvaguardia del metanodotto ed al ripristino dei terreni interessati dai lavori di costruzione.

I principali dati relativi al nuovo metanodotto ed al processo sono di seguito elencati.

− Mare - Porto Viro - Cavarzere (lunghezza complessiva ): 40,268 km − materiale: acciaio API 5L Or. X 60; − diametro nominale esterno: 30" (762 mm - A = 0,456 mq); − spessore tubazione: 14.3 mm; − Cavarzere – Minerbio, lunghezza: 83,416 Km; − materiale: acciaio API 5L Or. X 65; − diametro nominale esterno: 36" (914.4 mm); − spessore tubazione: 14.2 mm (315 Kg/m); − pressione di progetto: 75 barg; − portata di progetto: 22 milioni Stm3/giorno (255 Stm3/s); − quantità annua prodotta e trasportata: 8.109 Stm3. − Temperatura massima di progetto: 15 0C.

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Fig.1 : Lo sviluppo dell’approvvigionamento di gas naturale dall’estero per l’Italia

In linea generale, il progressivo aumento dell'uso del metano in Italia negli ultimi anni trova spiegazione: - nella accresciuta disponibilità di questa fonte, dopo che il prezzo ha reso conveniente il suo trasporto, che è molto costoso a causa della piccola densità del gas; - nella diversificazione degli approvvigionamenti che per le specifiche modalità di fornitura ne assicurano la continuità; - nei benefici ambientali, essendo questo combustibile praticamente privo di zolfo, di polveri e di altri prodotti inquinanti.

Il mercato del metano Negli ultimi anni il fabbisogno energetico nazionale, ( otre 200 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio) è stato coperto per oltre il 50-55% dal petrolio, il 25-28% dal gas naturale, l’8-10% da energia elettrica primaria (idro-geo-nucleare) e per la rimanente quota (10%) dai combustibili solidi. Il peso del metano nell'economia delle fonti energetiche nazionali risulta ancora più interessante se si considera che una quota significativa (che va in calo) è prodotta ancora in Italia. La struttura della distribuzione dei suddetti volumi di gas per soggetto erogatore indica che: una quota determinante di gas metano è erogata direttamente dall’ENI, di cui oltre la metà distribuiti a livello di utenza industriale; - 20-25 miliardi di metri cubi, destinati essenzialmente agli usi domestici e di riscaldamento,

sono venduti dalle aziende distributrici. In quest’ambito i consumi industriali rappresentano circa il 7%.

A tale volume di vendite si aggiunge la quota di Società del gruppo Edison, che rappresenta un elemento significativo del mercato nazionale. I programmi del Piano energetico nazionale, hanno previsto un livello di vendita di circa 80 miliardi di metri cubi, che corrispondono ad una copertura del fabbisogno energetico pari a circa il 40%. La realizzazione di tali programmi ha comportato una ulteriore estensione della rete dei metanodotti, che ha così superato i 40.000 km, con un livello sempre più spinto di interconnessione e quindi di affidabilità del servizio, ottenuta anche grazie allo sviluppo raggiunto dal sistema degli stoccaggi sotterranei del gas. Questo sistema, che agisce in stretta integrazione con quello distributivo, svolge il duplice ruolo di modulazione stagionale delle disponibilità e di riserva strategica.

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Con riferimento ad alcuni settori industriali, lo sviluppo del consumo di metano trova la sua ragione d'essere in: - minori oneri energetici rispetto ad altri combustibili liquidi (preriscaldo, pompaggio,

polverizzazione e, per i grandi impianti, soffiatura della fuliggine) e minori costi di manutenzione;

- maggiore rendimento per minore eccesso d'aria, assenza d’incombusti.

0.5 1 8 10 14 18 22 26 30 34 40 Km x103

1950

2000 Anni

Fig.2 Lo sviluppo della rete per la grande adduzione in Italia

RICHIAMI DI CONCETTI E DEFINIZIONI Pressione È definita come la forza gravante sull'unità di superficie. Una forza F, uniformemente ripartita su una superficie S, esercita su questa superficie una pressione data dal rapporto F/S. In un sistema di misura coerente, l'unità di pressione è il rapporto fra l'unità di forza e quella di superficie: nel sistema S.I. (Sistema Internazionale) essa sarà espressa in Newton/m2 oppure in Bar. Ricordando

che p=�gh, si possono anche indicare le misure di pressione in termini d’altezza di colonna liquida

(mm Hg, cm Hg, mm H2O). Nella maggior parte dei problemi della tecnica del gas si è portati a considerare la differenza fra la pressione del gas e quella atmosferica ambiente al medesimo livello. Questa differenza viene denominata "pressione effettiva" o "pressione relativa". Le pressioni misurate con manometri ad acqua o a mercurio sono sempre pressioni effettive. Anche i manometri a molla Bourdon o analoghi sono normalmente tarati per misurare delle pressioni effettive. Tuttavia esistono molti problemi nei quali è necessario usare il valore assoluto della pressione del gas, come nel calcolo delle perdite di carico (equazioni di Renouard), trattate più oltre. In questi casi il valore della pressione assoluta sarà ottenuto aggiungendo alla pressione effettiva quello della pressione barometrica locale, espresse, ovviamente, entrambe con le stesse unità di misura. Densità - Densità relativa La densità di un fluido è definita come il rapporto tra la massa ed il volume; per esempio un corpo con massa di 10 kg e volume di 5 m3 ha una densità di 2 kg/m3.

La densità di un gas, misurata in condizioni standard, viene definita densità normale e corrisponde al rapporto tra il peso molecolare (espresso in g) e il volume molare (22,414 litri, in condizioni "normali").

La pressione di riferimento storicamente è quella "atmosferica a livello del mare" corrispondente convenzionalmente a 760 mm di mercurio (1 atm = 1,013 bar). Lo IUPAC (International Union of

Pure and Applied Chemistry) ha dismesso questa definizione per sostituirla con la pressione di 1 bar (=100 kPa), molto simile a quella storica.

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La temperatura di riferimento è quella di 0 °C (273,15 K), ma non sempre è adottato questo valore. Nell'uso pratico si incontrano spesso temperature di riferimento fissate a 15 °C, 20 °C o 25 °C, a seconda del contesto in cui ci si trova.

Di seguito si riportano alcune definizioni che, pur non essendo perfettamente identiche, sono comunque coerenti con il Sistema Internazionale di Misura, sono tuttavia d’uso comune nella normativa, nella letteratura e nella pratica della tecnica del gas; si raccomanda, pertanto, la loro conoscenza. La densità di riferimento di un gas è quella per normal metro cubo (Nm3), cioè misurata a 1 bar (760 mm di Hg) di pressione assoluta e 0°C di temperatura. La densità relativa è il rapporto fra la densità del gas e quella dell'aria presi, entrambi nelle uguali condizioni di pressione e temperatura. Di seguito si riportano le densità (kg/Nm3 a 0° C e 760 mm di Hg) e densità relative di alcuni gas.

GAS Densità (kg/Nm3) Densità relativa

Ammoniaca 0,771 0,597

Anidride Carbonica 1,997 1,529

Aria 1,293 1,000

Azoto (puro) 1,251 0,967

Butano 2,703 2,091

Idrogeno 0,0899 0,0695

Ossigeno 1,429 1,105

Propano 2,019 1,562

Metano (puro) 0,717 0,551=(0,713/1,293)

Caloria - Calore specifico Per aumentare o diminuire la temperatura di un corpo occorre dare o togliere calore. Nasce quindi l'esigenza di poter misurare anche la quantità di calore. L'unità di misura del calore è la caloria, definita come la quantità di calore che occorre per riscaldare un grammo d’acqua distillata da 14,5° C a 15,5° C. Nella pratica si usa però la kcal che corrisponde a 1000 cal. Inoltre, benché ci siano piccole differenze, nell'uso corrente la kcal si definisce come quantità di calore necessario per aumentare di 1° C un kg d’acqua distillata. Ad esempio, per aumentare da 50 a 100° C 10 kg di acqua distillata occorreranno: 10 kg x (100° C - 50° C) = 500 Kcal. Occorre a questo punto introdurre il concetto di calore specifico. Si riscontra che uguali quantità di calore fornite a sostanze diverse provocano aumenti di temperatura diversi. In particolare sarà diversa da sostanza a sostanza la quantità di calore necessaria per elevare di 1° C la temperatura di un grammo della stessa. A questa quantità di calore si dà il nome di calore specifico. Alcuni esempi:

Calore Specifico CP (kcal/kg °K)

Al 0,214

Cu 0,0921

Hg 0,033

H2O 1

CH4 0,532

Potere calorifico Per potere calorifico di un gas s’intende la quantità di calore espressa in kcal, in kWh, (oppure J) sviluppata dalla combustione completa di un normale metro cubo del gas stesso. Quando si recupera il calore di vaporizzazione dell'acqua formatasi nella combustione si parla di potere calorifico superiore; se invece il vapore di acqua viene disperso con i fumi, come avviene di solito, si ha il poter calorifico inferiore. Quest'ultimo è quindi uguale al potere calorifico superiore diminuito del calore di vaporizzazione dell'acqua che a temperatura e pressione ordinaria si può ritenere di

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circa 600 kcal/kg. Combustione e potere carburivoro Per combustione s’intende la combinazione chimica di una sostanza combustibile con l'ossigeno; è il gas in combustione produce una fiamma. Si chiamano combustibili tutte le sostanze (gassose, liquide e solide) utilizzate per produrre calore: l'ossigeno, senza il quale non può avvenire combustione, è chiamato comburente. Il metano, bruciando, forma anidride carbonica e acqua. Si chiama potere carburivoro di un gas il volume di aria tecnicamente necessario alla combustione completa di 1 N m3 di gas; per il metano esso è circa 10 mc. CH4 + 2(O2) => 2(H2O) + CO2 + Eg. 16 + 64 => 18 + 44

Ove: p.a. ( C) = 12 p.a. ( O) = 16 p.a. ( H) = 1 Per la legge di Avogadro: gr. mole / Nmc = 1000 b/ 22,43 = 44,58 per tutti gas. 1 Nmc (CH4) => 44,58 x 16 = 713 gr / Nmc; 1 Nmc (CO2) => 44,58 x 44 = 1961 gr / Nmc. Per ogni Nmc (CH4) e per 9100 kcal c.ca => 1961 gr di (CO2). Per ogni Nmc (Vap H2O) = 18 x 44,58 = 802 gr/Nmc 802 x 600 (cal. vapor.) = 480 Kcal / Nmc Dalla reazione CH4 + 2(O2) = 2(H2O) + CO2 + Eg 2(O2) = 44,48 x 2 x (16x2) = 2853 gr di O2 per ogni Nm3 di CH4 1,429 gr/ N m3 x 21 % = 306,4 gr O2/ Nm3 di aria 2853 / 306,4 = 9,3 ~ 10 N m3 aria per Nm3 CH4 Miscele esplosive Affinché una miscela di metano e d’aria sia infiammabile, la quantità di gas deve essere compresa fra il 4,5 e il 15% della miscela. La fiamma ha inizio nella miscela per l'intervento di una sorgente di calore interna. Il limite di infiammabilità può essere definito come il rapporto, in volume, di un combustibile gassoso in una miscela di gas ed aria, sotto od oltre il quale la miscela non si accenderà o non continuerà a bruciare. Il limite inferiore rappresenta la più piccola proporzione del gas che, quando miscelato con l'aria, brucerà senza la continua applicazione di calore proveniente da una sorgente esterna. Il limite superiore rappresenta la massima proporzione di gas necessario perché la combustione, dopo l'innesco, prosegua automaticamente. I limiti inferiore e superiore per il metano sono, come detto precedentemente, rispettivamente il 4,5 e il 15%. L'effetto esplosivo derivante dall'incendio di una miscela metano-aria, nelle suddette percentuali, è dato dal forte e quasi istantaneo aumento di volume dei gas combusti. Elementi di riferimento per valutare sommariamente gli effetti della esplosione di una tale miscela possono essere i seguenti: - aumento istantaneo del volume dei gas combusti: circa sei volte; - equivalente meccanico di una kcal: 427 kgm o 4186 J.

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Volume Il volume di un corpo è la quantità di spazio che esso occupa. I solidi sono quei corpi che hanno forma e volume proprio. I liquidi non hanno forma propria, ma prendono la forma del recipiente che li contiene. Come volume però hanno un volume proprio, che non cambia travasandoli da un recipiente all'altro. I gas (o aeriformi) sono quei corpi (come il vapore d'acqua, l'aria, ecc) che, oltre ad essere scorrevoli, si espandono o si possono comprimere con una certa facilità. Un gas, quindi non ha né forma né volume proprio, ma acquista sempre tutto il volume del recipiente che lo contiene. Inoltre il volume del gas è fortemente influenzato dalla temperatura e dalla pressione. Vari scienziati si occuparono di questi fenomeni e dopo numerosissime esperienze e ricerche sulle proprietà dei gas stabilirono alcune leggi fondamentali. Fra queste vi sono quelle di Boyle e Gay Lussac. Robert Boyle, fisico e filosofo irlandese (1626-1691): - a temperatura costante il volume di una data massa gassosa, è inversamente proporzionale alla pressione cui essa è assoggettata. Gay Lussac Joseph, chimico francese (1778-1850): 1a legge: - la dilatazione termica dei gas è indipendente dalla natura di essi, cioè tutti i gas hanno lo stesso coefficiente di dilatazione; 2a legge: - il volume di un gas, mantenendo costante la pressione, aumenta per ogni grado di riscaldamento di 1/273,16 del valore che ha a zero gradi. Ma un gas, a differenza di un solido o di un liquido, può scaldarsi in modo da mantenere invariabile il volume, ponendolo per esempio in un recipiente chiuso. In tal modo però aumenterà la pressione del gas. Studiando come varia tale pressione con la temperatura, Gay Lussac stabilì anche le seguenti leggi: 3a legge: - l'aumento della pressione che un gas subisce a volume costante con il riscaldamento è indipendente dalla natura del gas; 4a legge: - l'aumento di pressione a volume costante è per ogni grado di riscaldamento di 1/273,16 della pressione iniziale. Naturalmente queste leggi valgono anche per la diminuzione della temperatura. Anzi l'ultima legge riportata ci dice che alla temperatura di 273,16 °C sotto zero, la pressione si annulla (cioè diventa zero). Non potendo immaginare una pressione inferiore a zero, si deduce che non può esistere temperatura più bassa di -273,16 °C, che è definita come lo zero assoluto. Stato del gas Lo stato del gas è noto quando se ne conosce Volume, Pressione, Temperatura, che sono legati tra loro dalla relazione pV = RT dove R = costante specifica (per il metano R = 5,18 bar*m3 / °k Riduzione a condizioni volute Tra lo stato di un gas a condizioni V1-p1-T1 e condizioni V2-p2-T2 esiste la relazione:

V1 p1

T1=

V2 p2

T2

Pertanto, noti cinque parametri, è sempre ricavabile il sesto, dove i volumi sono espressi in m3, le pressioni sono assolute ed espresse nella stessa unità di misura e le temperature in gradi Kelvin °K = (°C + 273,16)

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CARATTERISTICHE DEL GAS NATURALE - METANO Il metano puro Idrocarburo: formula generale: CnH (2n+2) - Formula specifica, composizione, peso: CH4

H H C H H

Peso grammo-molecola 4 idrogeni x 1 gr. =4 g. 1 carbonio x 12 gr.=12 g. Totale = 16 g. Il volume occupato dalla grammo-molecola di tutti i gas in condizioni normali (0° C - 1013,25 mbar) è 22,43 dm3 per cui si ha che 22,43 dm3 di metano pesano 16 g; quindi la densità del metano è di 0,713 kg/Nm3.

Fig.3 Struttura del metano 1.000/22,43=44,58 gr Mol /Nmc 44,58 x 16 =713 gr/Nmc

Composizione del gas naturale Il gas naturale distribuito in Italia è formato prevalentemente di metano ed in piccole quantità d’altri gas, ma non è la stessa cosa ovunque, come indicato nella tabella che segue:

Composizione indicativa

gas nazionale gas sovietico gas olandese gas algerino

Metano 99,20% 92,00% 88,85% 83,00%

Etano 0,40% 3,20% 4,30% 7,50%

Propano 0,14% 0,85% 0,90% 2,00%

Butano --- 0,20% 0,30% 0,80%

Pentano --- 0,10% 0,10% 0,30%

Esano --- 0,05% 0,05% 0,30%

Anidride carbonica 0,11% 0,30% 1,30% 0,20%

Azoto 0,25% 3,30% 4,20% 6,00%

Ossido di carbonio --- --- --- ---

Idrogeno --- --- --- ---

Intercambiabilità dei gas - L'indice di Wobbe L'indice di Wobbe (P.C.S.)/√ d è il parametro utilizzato per valutare la possibilità di intercambiare i gas negli apparecchi utilizzatori. Infatti, a parità di pressione di alimentazione, più gas aventi lo stesso indice di Wobbe producono la stessa erogazione termica. L'indice è dato dal rapporto fra il Potere Calorifico Superiore del gas considerato e la radice quadrata della sua densità. Due gas aventi lo stesso indice, a parità di pressione, danno luogo alla stessa erogazione termica. Per il gas naturale, esprimendo in MJ/Stm3 o kcal/Stm3 (St= condizioni standard, vedi tabella sottostante):

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W = 9100

0,56= 12.160 kcal / Stm3

W = P. C. S.

d

Indice di KNOYP. C.S. � 175

d , altro parametro di riferimento.

Caratteristiche medie del gas naturale La variabilità nella composizione del gas naturale fa sì che occorra far riferimento ai dati medi reali del gas distribuito, per cui i calcoli sono normalmente riferiti ad un gas con queste caratteristiche:

Condizioni standard di riferimento

Temperatura = 15°C Pressione = 1013,25 mbar

Potere calorifico superiore 9100 Kcal/Stm3

Potere calorifico inferiore 8250 Kcal/Stm3

Peso specifico 0,717 Kg/Stm3

Densità rispetto all'aria 0,551

Temperatura di liquefazione -161,52 °C

Temperatura d’accensione 600 c.ca °C

Temperatura critica -83 (-82,62) °C

Pressione critica 46-47 (45,96)

Bar

Limite d’esplosività (*) 4,5 - 15 %

Aria per la combustione (stechiometrica) 10 m3/Stm3

Velocità di propagazione di fiamma 30 - 37 cm/s

Cp = Calore specifico a press. costante 0,532 kcal/kg °K

R = costante del gas 52,85 Kg m/°K

Massa Molecolare 16,042 grammomole

Intercambiabilità dei gas - L'indice di Wobbe 12.160 Kcal / Stm3

Effetto esplosivo pari a circa 6 volte il volume dei p.d.c.

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Reazione di combustione Nella reazione di combustione del metano con aria si sviluppano 2 Nm3 di vapore acqueo e 1 Nm3 d’anidride carbonica:

CH 4 � 2O2 = 2 H2 O + CO2

� � 2 Nm3 1Nm3

POTERE CALORIFICO DI ALCUNI COMBUSTIBILI

Potere calorifico superiore inferiore

Combustibile MJ/kg kcal/kg MJ/kg kcal/kg

Carbonio (grafite) 32,65 7800 - -

Legna secca (umidità <15%) - - 15,9 3800

Carbone - - 31,4 7500

Gasolio 44,00 10499 41,0 9799

Benzina 46,00 10986 42,0 10031

Alcool etilico 30,00 7184 27,1 6479

Propano 49,40 11800 49,4 11796

Butano 46,15 11025 46,1 10984

Trementina 45,40 10850 45,4 10762Etano 56,75 13560 51,81 12380

45.97 b

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Potere calorifico superiore ed inferiore del metano puro Il potere calorifico superiore (P.C.S.) del metano puro è 9520 kcal/Nm3 (dato CIG). Il potere calorifico inferiore (P.C.I.) si ottiene sottraendo dal P.C.S. le kcal necessarie alla formazione del vapore acqueo, che risulta 2 Nm3 con un peso di circa 1,60 kg (2 Nm3 x 0,8 kg/Nm3). Occorrendo circa 600 Kcal per ogni kg di vapore si avrà: CH4 + 2(O2) = 2(H2O) + CO2 + Eg (H2O) = ( 2+ 16) = 18 18 x 44,58 = 0,8 kg/Nm3

P.C.I. = P.C.S.- 600 x 2 x 0,8 = 9520 - 960 = 8560 kcal/Nm3.

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I PREZZI E LE PREVISIONI NEL SISTEMA DISTRIBUTIVO Ambito di determinazione e formazione delle tariffe L’ambito tariffario è l’ambito di determinazione delle tariffe per l’attività di distribuzione, formato dall’insieme delle località servite attraverso il medesimo impianto di distribuzione. Nel caso in cui più enti locali affidino in forma associata il servizio di distribuzione, l’ambito tariffario coincide con l’insieme delle località servite attraverso più impianti di distribuzione da uno o anche più esercenti. I ricavi annui complessivi, derivanti dall’attività di distribuzione e fornitura del gas ai clienti del mercato vincolato nell’ambito tariffario, non possono superare rispettivamente il valore del vincolo sui ricavi di distribuzione VRD e quello di vendita al dettaglio VRVD definiti dalla norma. Ciascuno dei vincoli è calcolato come somma dei valori determinati per ogni località servita entro l’ambito tariffario, secondo i criteri stabiliti. Per ciascuna località costituente l’ambito tariffario, il vincolo sui ricavi di distribuzione VRD è pari alla somma delle componenti rappresentative dei costi riconosciuti di gestione CGD e di capitale CCD relativi all’attività di distribuzione, effettuata con livelli di qualità, sicurezza e continuità e con le condizioni contrattuali del servizio e della quota QFNC trasferita, se positiva, o prelevata, se negativa, dal fondo di compensazione, definito successivamente. VRD = CGD + CCD + QFNC La componente CGD relativa ai costi riconosciuti di gestione della distribuzione si calcola mediante la seguente formula: CGD=a0

. NUa1 . Za2 + (QE + QVI + QT + QS + QL) . cncd . E + PC

NU è il numero dei clienti attivi in ciascuna località; I. Z è pari al rapporto tra LR e NU

II. LR è la lunghezza delle reti utilizzate in ciascuna località per il servizio ai clienti, espressa in metri, esclusi gli impianti di derivazione di utenza che si estendono dalla condotta stradale fino al gruppo di misura

III. QE, QVI, QT, QS, QL sono componenti riconosciute di costo definite successivamente

IV. E è il gas immesso in rete nell’anno termico precedente la presentazione della proposta tariffaria, espresso in MJ V. PC è il costo riconosciuto delle attività a0, a1, a2 e cncd sono i coefficienti fissati dall’Autorità per tutto il territorio nazionale ed assumono i valori indicati in tabella La componente CCD, relativa ai costi riconosciuti di capitale della distribuzione, si calcola mediante la formula

CCD = g . CID

nella quale CID è il capitale annuo riconosciuto necessario allo svolgimento dell’attività di distribuzione del gas, calcolato per ciascuna località; -g è il coefficiente che rappresenta il costo del capitale investito, comprensivo degli ammortamenti economico – tecnici, ed è dato dalla formula g = s + d rD

avendo definito con: d il fattore di degrado forfetario del capitale investito di distribuzione -s il coefficiente di ammortamento annuo del capitale investito di distribuzione; -rD la remunerazione del capitale investito netto, assunto pari all’8,8%; Fondo per la compensazione temporanea di costi elevati di distribuzione E’ alimentato da versamenti annuali costituiti dalle componenti del vincolo sui ricavi QFNC relative agli ambiti tariffari diversi da quelli a costo elevato, per i quali QFNC è positiva. La componente QFNC a carico degli ambiti tariffari diversi da quelli a costo elevato è determinata annualmente dall’Autorità come percentuale uniforme del costo di distribuzione riconosciuto in misura non superiore al due per cento, in modo da coprire i costi delle componenti QFNC relative agli ambiti tariffari a costo elevato.

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Potere calorifico superiore Qualora il gas distribuito sia gas naturale, il potere calorifico superiore convenzionale P di un metro cubo standard di gas distribuito in una località è rappresentato dal potere calorifico superiore effettivo del gas distribuito nel precedente anno termico nell’impianto di distribuzione che alimenta la località. Calcolo delle quote tariffarie rapportate ai volumi di gas misurati Le quote tariffarie rapportate all’energia consumata, delle tariffe di distribuzione sono trasformate in quote tariffarie rapportate ai volumi misurati, mediante la formula:

Tv = Te . P dove:

-Tv è la quota tariffaria per unità di volume; -Te è la quota tariffaria per unità di energia; -P è il potere calorifico superiore convenzionale della località; FORNITURE INDUSTRIALI

Fig. 4 Gas naturale venduto

FORNITURE INDUSTRIALI CONTINUE

€ Esborso portata imp.

E= F �

Minimo esborso Termine fisso proporz. a port. Imp.

Q imp. Smc/h �

Normalmente, le forniture continue sono regolate da una struttura tariffaria di tipo binomio, mentre nel contratto interrompibile la formula del prezzo è di tipo monomio. Circa le modalità di determinazione dei prezzi, queste tengono conto delle diverse condizioni di fornitura ed in particolare, del disagio derivante dalla interrompibilità; di conseguenza il livello di prezzo delle forniture interrompibili risulta più basso di quello delle continue.

Fig. 5 Diagramma Costi / Portata impegnata

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PREVISIONE DEI CONSUMI Determinazione delle utenze potenziali civili Uno dei metodi usati per questo genere di calcoli, che fornisce approssimazioni accettabili nel nostro territorio, è quello basato sullo studio statistico del comportamento della popolazione riferito alla metanizzazione. Esso consiste nella determinazione delle utenze potenziali e di quelle effettivamente acquisibili (uso civile). Si determina il numero degli abitanti Nab residenti nelle zone di nuova metanizzazione. Supponendo che statisticamente ogni nucleo familiare sia composto da n persone, si ricavano le utenze potenziali: Numero utenze potenziali Up = Nab / n. Gli utenti effettivamente servibili sono quelli che si ritiene realmente di acquisire entro il 4° anno di gestione e che (con riferimento ai dati standard delle metanizzazioni già avvenute) risultano pari, mediamente, all'80% delle utenze potenziali. Calcolo dei consumi (uso civile) Il grado d’utilizzo delle utenze acquisibili derivato dalle statistiche risulta: uso cucina 96% = U x 0,96 = U1 uso acqua calda 40% = U x 040 = U2 uso riscaldamento 80% = U x 0,80 = U3 Quest'ultimo si suddivide ancora in: riscaldamento centralizzato 43% = U3 x 0,43 = U4 riscaldamento singoli 30% = U3 x 0,30 = U5 riscaldamento con stufe 27% = U3 x 0,27 = U6 Ad ognuno di questi utilizzi corrisponde un consumo medio prefissato che è C1 = uso cucina = (140 m3/anno x utente) x U1 C2 = uso acqua calda = (270 m3/anno x utente) x U2 C3 = riscaldam. centralizzato = 3,94 x GG0,837 x U4 C4 = riscaldamento singolo = 3,10 x GG0,837 x U5 C5 = riscaldamento con stufe = 1,42 x GG0,837 x U6, ∑ Ct = 3,10 x (2.200GG)0,837 x 60.000 = 116.000.000 Stmc /y ove il risultato viene espresso in Stm3/anno, mentre GG sono i gradi-giorno del luogo da metanizzare. Determinazione delle utenze potenziali industriali Se nel territorio sono presenti utenze industriali di un certo livello, occorre fare un'analisi dei consumi, annotando per eccesso la sommatoria dei consumi rilevati. Se invece il territorio non presenta casi degni d’attenzione, si potrà procedere ad una determinazione stimata del consumo artigianale e industriale mediante C6 = U x (100 + 0,225 x GG0,837) (Stm3/anno) dove U = utenze civili acquisibili e GG = gradi giorno. Determinati, quindi, i consumi per uso civile ed industriale come sopra indicato, si ricava il consumo totale di gas previsto al quarto anno: CT = ∑ C. L'ultimo dato necessario prima di procedere al dimensionamento delle reti e degli impianti è la portata massima raggiungibile a regime e cioè a saturazione delle utenze. Per il calcolo della portata massima oraria prelevata con i consumi sopra calcolati si può ricorrere alla formula

QT = (Ct x 1,02)0,888 x 0,00101 x U0,112 (Stm3/h) + Cons. Ind. ES: QT = (116.000.000 x 1,02)0,888 x 0,00101 x 60.0000,112 = 42.000(Stm3/h) + Cons. Ind.

che, benché derivi da un sistema di calcolo leggermente diverso da quello precedentemente esposto, fornisce buoni risultati. Considerati i tempi molto lunghi necessari per raggiungere questa portata (e di conseguenza l'impossibilità di poter prevedere con buona approssimazione lo

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svolgersi nel tempo dello sviluppo o del calo demografico, dell'industrializzazione, ecc.), la determinazione di questa portata viene fatta a livello indicativo mediante la formula:

Qmax = 0,75 x Utenze potenziali civili + Cons. Ind. (Stm3/h).

Il dimensionamento della centrale di presa e misura e del feeder dovrà essere eseguito in base alla portata massima raggiungibile a regime, tenendo però presente il buon funzionamento degli impianti anche con le portate dei primi anni d’esercizio (vedere per questo i diagrammi relativi alle curve di durata). Un altro metodo meno preciso del precedente, ma più rapido e sufficientemente attendibile, è il seguente: - si fissa il consumo specifico (CS) a famiglia tenendo conto di un'utenza "tipo" = cucina +

caldaia per riscaldamento, e di un coefficiente di contemporaneità prudenziale. Per il centro Italia, fino a circa 2000 gradi giorno, si può ritenere CS = 0,85 Stm3/h. Per il centro nord 1,0 Stm3/h (2.200 - 2.300 GG)

- si sommano fra di loro le potenzialità artigianali e/o industriali ottenendo una potenzialità totale Pt

- si valuta l'incremento di unità immobiliari considerando le previsioni di P.R.G. e gli indici di fabbricazione ottenendo un parametro che verrà chiamato Ui.

La portata di progetto sarà data da: Qd = CS x (n. famiglie + Ui) + Pt/8250 Stm3/h

La cosa migliore risulta predisporre ed elaborare delle schede di raccolta dati per calcolare la portata distribuita e quella in transito. Una volta determinate le portate in transito e distribuite si potrà determinare, in prima approssimazione, la portata di calcolo della condotta mediante la relazione: Qc = Qt + 0,6 Qd e quindi, prefissata la caduta di pressione Y determinare il diametro della tubazione. La colcolazione corretta sarà trattata nel seguito Nota sul calcolo dei gradi giorno Il calcolo dei gradi giorno si effettua rispetto ad una base, che per la L.10/91 (ex L.373/76) è pari a 18 °C. Per ogni giorno si determinano i gradi al di sotto della base (differenza fra base -18°c- e temperatura media della singola giornata). Per una giornata, ad esempio, con temperatura media di 10°C, si avranno quindi 8 gradi per quel giorno. La somma dei singoli giorni-grado relativamente a tutti i giorni in cui la temperatura media è stata inferiore alla temperatura base fornisce i giorni-grado dell’anno esaminato. I giorni-grado in Valle Padana sono mediamente 2000-2500 GG. Per il cambio di base, per esempio 15,5°C, si procede: GG18 = 376,9 + 1,12 (GG15,5)

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IMPIANTI PER LA DISTRIBUZIONE

IL TRASPORTO E GLI IMPIANTI DI TRATTAMENTO

Per il dimensionamento degli IMPIANTI PER LA DISTRIBUZIONE, compresi quindi il trasporto e gli impianti di trattamento è necessario stabilire la portata massima oraria prelevata, con i consumi come in precedenza calcolati od ipotizzati. Il passaggio non è semplice e nemmeno immediato in quanto i valori dei consumi verificati su base annuale non sono in grado di esprime con immediatezza i parametri utili al dimensionamento. Il concetto viene concettualmente rappresentato con l’applicazione di alcuni istogrammi fondamentali, ovvero la curva dei consumi e le curve di durata.

ESEMPI DI CURVE DI DURATA Più sotto sono riportati alcuni esempi di curve di durata, caratteristiche dell’attività funzionale della centrale. Queste sono rappresentative delle portate di gas elaborato in centrale riferite al numero di ore per le quali le medesime sono state rilevate, ovvero diagramma dei consumi crescenti / decrescenti indipendentemente dall’ordine cronologico. Tali diagrammi hanno lo scopo di meglio evidenziare la variabilità del carico d’attività della centrale in funzione del periodo stagionale e quindi climatico, che condiziona l’erogazione della portata di gas metano. Per maggiore facilità di comprensione, sulla base del valore 1000 si riporta una curva di modulazione dei consumi gas con distribuzione statisticamente probabile per le aree dell’Italia del Nord.

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Smc/h

45000 40000 35000 30000 25000 20000 15000 10000 5000 1000 2000 3000 4000 5000 6000 7000 8000

ore Fig.8 Andamento per anno per curva di durata

Smc/h

45000 40000 35000 30000 25000 20000 15000 10000 5000 100 200 300 400 500 600 700 800 900 1000

ore Fig.9 Andamento del mese di Gennaio per curva di durata

Smc/h

45000 40000 35000 30000 25000 20000 15000 10000 5000 100 200 300 400 500 600 700 800 900 1000

ore Fig.10 Andamento del mese di Giugno per curva di durata

ESEMPIO Qy=120.000.000Smc/y => Qm= 10.000.000Smc/mth => Qd = 328.000 Smc/d => Qm = 13.700 Smc/h => grado di utilizzazione u = Qm / Qmax = 13.7000 / 42.500 =0,32 Ove: Qmax = massima portata registrata nell’anno.

ESEMPIO Qy=120.000.000Smc/y� Qm= 18.600.000Smc/mth => Qd = 600.000 Smc/d => Qm = 25.000 Smc/h => grado di utilizzazione u = Qm / Qmax = 25.000 / 42.500 = 0,588 Ove: Qmax = massima portata registrata nell’anno.

ESEMPIO Qy=120.000.000Smc/y => Qm= 4.8000.000Smc/m => Qd = 160.000 Smc/d => Qm = 6.600 Smc/h => grado di utilizzazione u = Qm / Qmax = 6.600 / 42.500 =0,155 Ove: Qmax = massima portata registrata nell’anno.

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Per il calcolo si ricorrere alla formula empirica: QT = (Ct x 1,02)0,888 x 0,00101 x U0,112 (Stm3/h) + Cons. Ind. ES: QT = (116.000.000 x 1,02)0,888 x 0,00101 x 60.0000,112 = 42.000(Stm3/h) + Cons. Ind.

che, benché derivi da un sistema di calcolo leggermente diverso da quello precedentemente esposto, fornisce buoni risultati. Considerati i tempi molto lunghi necessari per raggiungere questa portata (e di conseguenza l'impossibilità di poter prevedere con buona approssimazione lo svolgersi nel tempo dello sviluppo o del calo demografico, dell'industrializzazione, ecc.), la determinazione di questa portata viene fatta a livello indicativo mediante la formula:

Qmax = 0,75 x Utenze potenziali civili + Cons. Ind. (Stm3/h).

Il dimensionamento della centrale di presa e misura e del feeder dovrà essere eseguito in base alla portata massima raggiungibile a regime, tenendo però presente il buon funzionamento degli impianti anche con le portate dei primi anni d’esercizio (vedere per questo i diagrammi relativi alle curve di durata). Un altro metodo meno preciso del precedente, ma più rapido e sufficientemente attendibile, è il seguente: - si fissa il consumo specifico (CS) a famiglia tenendo conto di un'utenza "tipo" = cucina +

caldaia per riscaldamento, e di un coefficiente di contemporaneità prudenziale. Per il centro Italia, fino a circa 2000 gradi giorno, si può ritenere CS = 0,85 Stm3/h. Per il centro nord 1,0 Stm3/h (2.200 - 2.300 GG)

- si sommano fra di loro le potenzialità artigianali e/o industriali ottenendo una potenzialità totale Pt

- si valuta l'incremento di unità immobiliari considerando le previsioni di P.R.G. e gli indici di fabbricazione ottenendo un parametro che verrà chiamato Ui.

La portata di progetto sarà data da: Qd = CS x (n. famiglie + Ui) + Pt/8250 Stm3/h

La cosa migliore risulta predisporre ed elaborare delle schede di raccolta dati per calcolare la portata distribuita e quella in transito. Una volta determinate le portate in transito e distribuite si potrà determinare, in prima approssimazione, la portata di calcolo della condotta mediante la relazione: Qc = Qt + 0,6 Qd e quindi, prefissata la caduta di pressione Y determinare il diametro della tubazione. La colcolazione corretta sarà trattata nel seguito

Dagli istogrammi precedenti, in modo empirico e con il conforto della esperienza in materia di distribuzione è giustificata l’adozione della relazione per il dimensionamento della portata oraria della centrale di presa, trattamento, misura ed alimentazione della rete distributrice del gas naturale:

QT = (Ct x 1,02)0,888 x 0,00101 x U0,112 (Stm3/h) + Cons. Indus./Prod.

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Considerazioni preliminari sugli impianti La distribuzione del gas naturale può avvenire con reti sia in bassa che in media pressione. Normalmente dai grandi sistemi d’adduzione si dipartono derivazioni che alimentano le cabine di presa. Queste sono vere e proprie centrali ove sono presenti gli apparati per la captazione (valvole ed altri strumenti di sicurezza), la misura, la riduzione di pressione, l'odorizzazione ed i successivi sistemi di distribuzione. In quest’ambito, in parallelo all'impianto di laminazione statica-isoentalpica, può essere inserita una turbomacchina (turbo-espansore) per l'espansione del gas fino alla pressione desiderata (< 5 bar). A valle di tutto questo vi sono gli apparecchi per l’odorizzazione del gas prima della sua immissione in rete; ciò dipende dalle norme di sicurezza in materia. La centrale può essere dotata d’impianti di stoccaggio in relazione alla necessità del bacino gestito dall'Azienda e alla politica degli investimenti intrapresa. Di norma il trasporto del gas naturale viene effettuato dalle centrali di presa alle reti distributive vere e proprie a mezzo di condotti in media pressione (feeders). La distribuzione nei casi di elevata densità abitativa viene effettuata con reti in bassa pressione ( < 40 mb ) previa riduzione della pressione a monte della rete medesima. Nei casi di medio-bassa densità abitativa vengono utilizzate reti in media pressione( < 5,0 b ) con riduttori di pressione collocati a monte delle singole utenze o gruppi di utenti. Dalle reti distributive si dipartono gli allacciamenti d’utenze che proseguono fino alle valvole d’intercettazione a valle del contatore. Da questo ultimo punto inizia l'impianto privato, interno, del singolo utente che consente il collegamento fisico fra rete di pubblico servizio ed apparecchi utilizzatori. In ultima analisi il "sistema distribuzione" può essere sintetizzato dai seguenti elementi componenti posti in successione funzionale: - Adduzione - Cabina di presa riduzione e misura Stoccaggio (eventuale), Odorizzazione, Etc....

- Feeders d’adduzione alla distribuzione - Reti in media pressione- riduttori d’utenza - Reti in bassa pressione riduttori di zona - Allacciamenti

- Misuratori�

- Impianti interni (privati)�

- Apparecchi d’utilizzazione�

(�) Trattazione non compresa nel presente testo

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ADDUZIONE - TRASPORTO A DISTANZA Generalità Fra i diversi mezzi di trasporto dei prodotti combustibili, quello per condotta occupa senz'altro il primo posto per i quantitativi trasportati. Esso infatti assorbe la quasi totalità del trasporto dei gas naturali (ed in generale di tutti i prodotti petroliferi gassosi) e della maggior parte dei prodotti greggi. Ciò dipende soprattutto dal fatto che il sistema di trasporto per condotta è: a) il sistema più conveniente dal punto di vista economico quando si debbano trasportare via

terra grandi quantitativi di detti prodotti; b) un sistema di trasporto "continuo", con tutti i notevoli vantaggi connessi a tale continuità, in

particolare la possibilità di ridurre, o al limite di eliminare, i depositi di detti prodotti. Le condotte possono essere classificate sia in base al tipo di prodotto che devono trasportare (oleodotti, oleodotti per prodotti densi, metanodotti, acquedotti, ecc.), sia in base al servizio cui sono destinate (raccolta, trasporto, distribuzione dei prodotti). Le caratteristiche costruttive e d’esercizio di tutti questi tipi di condotte non differiscono sostanzialmente. Capacità e considerazioni sul dimensionamento di una condotta per gas Le condotte costruite allo scopo di trasportare, a distanze più o meno grandi, il gas naturale, vengono chiamate metanodotti. La capacità di una condotta esprime la quantità di fluido che la condotta può convogliare nell'unità di tempo; si potrà parlare quindi di metri cubi/ora o metri cubi/giorno a seconda dell'unità di tempo prescelta. Il dato relativo alla capacità è completato dalle indicazioni della pressione con cui il gas è immesso nella condotta. Per esempio il metanodotto che collega il rigasificatore di Porto Levante allo stoccaggio di Minerbio (BO) è una condotta con capacità di 917.000 Stm3/h a 75 bar (in partenza), ovvero è una condotta in grado di trasportare 917.000 Stm3/h quando il gas venga immesso ad una pressione di 75 bar. La pressione che fa muovere il gas nella condotta è fornita o dal giacimento da cui il gas viene drenato, oppure da appositi impianti opportunamente dislocati lungo il tracciato del metanodotto. il calcolo della capacità di una condotta è utile per le seguenti determinazioni: a) diametro della condotta; b) localizzazione di eventuali compressori; c) tempo richiesto per riempire o svuotare la condotta; d) spese necessarie per le installazioni; e) pressione occorrente per l'allacciamento di nuove diramazioni. Il tracciato di un metanodotto viene studiato tenendo conto dei seguenti fattori: a) ubicazione dei punti di rifornimento (giacimenti); b) ubicazione dei punti da rifornire (centri abitati, stabilimenti industriali, ecc.). Per valutare le possibilità di un’adduzione occorre predisporre un accurato studio sulle caratteristiche dei punti di rifornimento della condotta e valutare il numero e l'entità delle probabili utenze, nonché le caratteristiche del loro prelievo. Alcune utenze, infatti, e tra queste le domestiche, concentrano il loro consumo di gas durante l'inverno; l'andamento del prelievo non è dunque costante durante l'anno ma è tipicamente stagionale. Per soddisfare tutti gli utenti allacciati ad un metanodotto bisognerebbe, in teoria, che il metanodotto fosse capace di trasportare una quantità di gas uguale al massimo prelievo istantaneo; ma ciò risulta per lo più antieconomico. Il dimensionamento di un metanodotto è fatto in base alla portata che esso deve trasportare; la portata è direttamente proporzionale al dimetro interno della condotta e alla pressione d’esercizio e dipende, inoltre, dai seguenti fattori: lunghezza della condotta, viscosità e densità del gas, rugosità interna della tubazione, dislivelli lungo il tracciato della condotta, raccorderia e valvole inserite nella condotta. La condotta è composta, in generale, da tubi in acciaio senza saldatura, ottenuti al laminatoio con il processo Mannesmann. La lunghezza di ogni singolo tratto varia da un minimo di 6 ad un massimo di 12 metri. L'unione fra i vari tubi è ottenuta a mezzo di saldatura autogena o elettrica. Quando una condotta diviene insufficiente a trasportare la quantità di gas necessaria per

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soddisfare le utenze, occorre sostituire la condotta esistente con un'altra di diametro maggiore oppure costruirne una nuova, parallela alla precedente (raddoppio). In ogni caso, prima di studiare il progetto di un nuovo metanodotto occorre fare un'analisi accurata delle possibilità di produzione e di distribuzione del gas. La classe tecnologica –qualità- di una condotta è determinante per la sua scelta d’impiego, come si vedrà in seguito nel capitolo dedicato alla classificazione delle condotte.

LA CENTRALE DI PRIMO SALTO Cabina / Centrale di presa e misura Per cabina di primo salto, o cabina di presa e misura, s’intende il complesso delle apparecchiature necessarie per la decompressione e la misura del gas nel punto di prelievo. Le parti essenziali sono: Tratto d’entrata: è rappresentato dal complesso di tubazioni, valvole, ecc., che esistono tra il punto di consegna ed il punto d’ingresso di centrale, prima del gruppo di filtrazione del gas. Gruppo di filtrazione: serve a raccogliere e scaricare all'esterno le eventuali impurità (particelle solide e liquide) presenti nel gas in arrivo, per impedire che si depositino nei successivi organi di regolazione e misura ostacolandone il buon funzionamento. Gruppo di preriscaldamento: per impedire la formazione di ghiaccio ed idrati di metano (effetto Joule-Thomson) ed ottenere una buona misura del gas, è necessario mantenere la sua temperatura intorno ai 5-10°C. A questo scopo vengono inseriti appositi scambiatori di calore alimentati da almeno due caldaie, una di riserva all'altra, ubicate in appositi locali. Gruppo riduttori e monitori: è l'insieme delle valvole di regolazione della pressione aventi lo scopo di ridurre isoentalpicamente ed in sicurezza, il valore della pressione fornita a quello necessario per alimentare il feeder all’uscita della cabina. Gruppo di misura: è costituito da tutte le apparecchiature previste per la misura fiscale del gas prelevato. Esse vanno dal contatore volumetrico alle flange Venturi, alla misura computerizzata. Gruppo di odorizzazione: una delle caratteristiche fondamentali richieste ad un gas è quella di essere percettibile in caso di fuga senza particolari strumenti od apparecchi. È, infatti, evidente che la possibilità di poter avvertire la presenza di gas in limitata percentuale nell'aria ambiente, in concentrazione ancora distante dal limite inferiore d’esplosività (4,5%), è garanzia di un corretto e sicuro esercizio di distribuzione. L'odorosità del metano viene realizzata mediante la introduzione di composti solforati, ciclici e non, che forniscono al gas il caratteristico odore, in conformità alla legge n. 1083 del 6/12/71 e successive integr. e modif.. Uno dei prodotti utilizzati dalle Aziende del gas è il tetraidrotiofene, di cui si riportano alcune caratteristiche e il diagramma d’intensità odore.

Caratteristiche Tetraidrotiofene: Massa molecolare: 88 Punto di congelamento: - 100°C Tenore di zolfo in peso: circa 37% Apporto di zolfo in g/m3: 0,003 Tasso d’odorizzazione consigliato in mg/m3: 40-50

Fig. 6 Milligrammi di odorizzante per 100 m3 di gas

Con la quantità consigliata, 35-50 mg/m3, si ha un'intensità d’odore forte e pungente. Raddoppiando la quantità non si ha un raddoppio dell'intensità d’odore, ma solo un lieve aumento è necessario incrementare la quantità secondo l’ordine 10….100…..1000…). L’intensità è regolata

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da una curva di distributiva di tipo logaritmico. La norma UNI-CIG prevede un valore minimo di 32 mg/m3 nel punto più svantaggiato della rete. L'odorizzazione del gas è un problema di sicurezza e, come tale, è stata regolata dalla legge 6/12/1971, n. 1083, all'art. 2 che la prescrive. In particolare nelle appendici C e D alle norme UNICIG n. 7133 e successive modificazioni sono dati prospetti con informazioni indicative sulla quantità di odorizzante necessario per diversi tipi di gas distribuiti. Struttura-Complesso d’apparecchiature esistenti dal gruppo di misura all'inizio del feeder, esclusa l'odorizzazione. L'insieme di tutte le apparecchiature citate deve essere contenuto in apposito manufatto conforme al D.M. 24/11/84 ed al Decreto 17 aprile 2008, di cui si ricordano in particolare: - Muratura: cm 40 se mattoni pieni; cm 20 se completamente in calcestruzzo; cm 15 se

completamente in cemento armato. - Apertura d’aereazione: superficie complessiva pari a 1/10 della superficie di base, mediante finestre vicine alla copertura, e altre aperture in basso per agevolare il ricambio dell'aria. - Copertura: di tipo leggero, in fibro cemento e travetti incombustibili.

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SEZIONE DI REGOLAZIONE

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Fig.7 Schema di flusso di impianto per la riduzione di pressione da 50.000 stmc/h

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ALCUNI TRATTAMENTI PRIMA DELLA IMMISSIONE IN RETE

Trattamenti speciali Si usano talvolta processi supplementari per ottenere determinati scopi, che si descriveranno brevemente. Disidratazione Si effettua sul gas metano umido o sul gas di distribuzione manifatturato per evitare rispettivamente la formazione d’idrati, e condense o ghiacciolii. Si impiegano soluzioni assorbenti (glicerina, cloruro di calcio) rigenerate poi con il calore. Idratazione Si inumidisce il gas nelle distribuzione per evitare l'essiccamento dei giunti in canapa e per migliorare la conservazione delle tubazioni in fibro cemento. Si impiega vapore o acqua calda, più raramente acqua fredda. Talvolta è sufficiente il passaggio del gas in gasometri ad acqua per ottenere una sufficiente umidificazione. E’ un trattamento ormai in disuso. Tetralina Per evitare ed eliminare nelle reti i depositi di naftalina si può usare la tetralina, che ha caratteristiche simili alla naftalina, ma che non sublima come la naftalina, di cui è un buon solvente. Si iniettano nelle tubazioni i vapori di tetralina nella corrente del gas distribuito. Odorizzazione Questo trattamento dal punto di vista impiantistico è già stato visto in precedenza. Nella distribuzione di gas naturale, o di un gas miscelato ad aria, ed in certi casi anche di miscele di gas riformato, si richiede che il gas sia odorizzato, affinché le fughe non siano pericolose, per avvelenamento, se contengono CO, o per possibilità d’esplosione negli altri casi. Occorre che la presenza del gas sia avvertita, in caso di fuga, prima che l'ambiente diventi pericoloso per la concentrazione di gas. Un buon odorizzante deve avere un odore sgradevole e penetrante, diverso dalla benzina, non deve variare la qualità dell'odore con le diverse concentrazioni, deve essere sufficiente una piccola quantità (35÷40 g. per 1000 m3 di gas) per raggiungere l'effetto, non deve reagire con i metalli delle tubazioni. Si impiegano generalmente mercaptani, tetraidrotiofene (T.H.T.) od altri prodotti sempre contenenti zolfo e si immettono nel gas a mezzo di apparecchi saturatori a lambimento, percorsi da una frazione della corrente gassosa, oppure, per gli impianti di maggiore mole, si usano apparecchi automatici proporzionatori, basati su principi diversi. Occorre tenere presente che gli odorizzanti, per il loro contenuto di zolfo, mentre non danneggiano i normali fenomeni della combustione, avvelenano i catalizzatori dei processi chimici, e debbono previamente essere eliminati. Nebulizzazione Nei casi di distribuzione di gas naturale in esercizi convertiti da gas manifatturato, si può temere l'essiccazione delle membrane dei contatori e l'essiccazione dei giunti in canapa o in gomma. Per ovviare ad entrambe s’impiegano nebulizzatori di oli adatti, immessi nella corrente gassosa, generalmente mediante lo stesso gas compresso. Trattamento contro gli idrati di metano Negli Stati Uniti d'America si usa alcool isopropilico in ragione di litri 0,134 per 1000 m3 di gas.

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SISTEMI DI STOCCAGGIO Utilità La sostituzione del gas di distillazione del coke, di gasogeno e di cracking con il gas naturale ha modificato la funzione dello stoccaggio. Infatti l'impianto di produzione è stato sostituito dalla rete dei metanodotti e lo stoccaggio, necessario per la rigidità del primo, è utile per migliorare il grado di utilizzazione dei secondi. Il grado di utilizzazione viene espresso dal rapporto:

u = Qm

Qp

Figura 1

Per es: Qpmax=42.500Stm3/h, Qm=13.700Stm3/h, u=Qm/Qp=0,3=30% dove Qm rappresenta la portata media nell'anno e Qp rappresenta la portata massima dell'anno. Lo stoccaggio è costituito, nella sostanza, anche dalle condotte medesime, indipendentemente dall’esistenza di uno specifico impianto a ciò dedicato. Valori elevati di “u” pongono in atto bassi costi per la realizzazione impiantistico con favorevole ritorno economico per l’investimento industriale, al contrario i bassi valori di “u”determinano condizioni economicamente svantaggiose. La relazione fra il costo totale produzione - trasporto e il grado d’utilizzazione delle condotte è rappresentata da un’iperbole; quando il grado d’utilizzazione scende al di sotto di 0,5 l'onere complessivo della condotta aumenta rapidamente con legge quadratica. Lo stoccaggio continua ad avere una funzione importante per elevare il rendimento del sistema condotte (rete). I grandi stoccaggi stagionali, realizzati con l’impiego dei giacimenti in via d’esaurimento o con gli impianti di liquefazione, modulano stagionalmente le portate dei metanodotti continentali che raggiungono così un grado d’utilizzazione vicino ad uno. Gli stoccaggi delle aziende distributrici gas possono aumentare di alcuni punti il grado d’utilizzazione dei loro metanodotti( 30% - 35% c.ca) con strutture di stoccaggio funzionanti in ambito giornaliero. La tariffa binomia, elemento portante del contratto di fornitura del metano alle aziende distributrici, rispecchia tale situazione ed ha lo scopo di favorire il prelievo dai metanodotti principali, quanto più costante possibile, con l’ausilio di eventuali impianti di stoccaggio (fig.5). Dimensioni Il calcolo delle dimensioni dello stoccaggio ha come parametro fondamentale il periodo nel quale s’intendono livellare i prelievi: un anno, un gruppo di giorni, un giorno. Lo stoccaggio annuale interessa i grandi metanodotti o meglio il rapporto fra i metanodotti continentali e le reti regionali di metanodotti. Nel diagramma giornaliero (Fig. 11) avente per ascisse le ore del giorno, vengono riportati sulle ordinate i consumi in ordine decrescente, indipendentemente da quello cronologico.

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La linea ECA rappresenta le erogazioni giornaliere

La retta DCB il prelievo giornaliero dal metanodottoLe due aree CDE e ABC sono uguali

Q = Smc/h Costi € E

u

0,5 D C B

0 24 h Tempo

1 Fig 11 Diagramma delle erogazioni giornaliere in ordine decrescente

In tale ipotesi, puramente teorica, i prelievi sono rappresentati invece dalla linea orizzontale DCB (ideale), in quanto virtualmente costanti. Le due aree, quella dei consumi e quella dei prelievi, saranno uguali. Lo stoccaggio giornaliero livella il prelievo nelle 24 ore; il giorno preso in esame è quello di maggior consumo. Per il calcolo dimensionale del volume dello stoccaggio viene generalmente usato il diagramma integrale delle erogazioni orarie (Fig.12). L'ordinata AB, corrispondente alle ore 24, rappresenta l'erogazione complessiva della giornata, la retta OB i prelievi costanti dal metanodotto mentre il segmento CD rappresenta il volume dello stoccaggio in Nm3.

La linea OCEB rappresenta la sommatoria, l’integrale delle erogazioni giornaliere. La retta OB il prelievo

giornaliero dal metanodotto. II segmento CD il volume consumi dello stoccaggio

e prelievi

Q = Smc/h B E

D 0 C A 24 h Tempo

h Fig. 12 Diagramma delle erogazioni orarie nel giorno, in ordine decrescente

A

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A titolo indicativo si può ricordare che generalmente, nelle aziende distributrici che hanno una forte erogazione di gas per usi riscaldamento, il volume dello stoccaggio è pari a circa il 20% del volume totale del giorno di maggiore consumo. Alcune aziende hanno realizzato uno stoccaggio plurigiornaliero, che completa l'esercizio in un periodo di tre - quattro giorni anziché in 24 ore. Il motivo deriva dalla constatazione che i periodi in cui la temperatura raggiunge i livelli minimi sono brevi (tre-quattro giorni) e si ripetono alcune volte in un inverno, ma sempre intervallati. Il calcolo del volume dello stoccaggio viene eseguito in questo caso considerando la linea integrale di più giorni anziché di uno e tenendo conto del fatto che lo stoccaggio è pieno all'inizio del periodo e vuoto alla fine. Lo stoccaggio plurigiornaliero consente di ridurre la portata massima di prelievo che viene di fatto calcolata sulla media di più giorni anziché su quello di consumo massimo. La relazione fra portata di prelievo e volume dello stoccaggio è evidente: il volume dello stoccaggio plurigiornaliero è inversamente proporzionale alla diminuzione della portata. In parecchi stati europei, e fino a pochi anni fa anche in Italia, alcune aziende di medio-grandi dimensioni (erogazione minima pari a circa 100-200 milioni di Nm3/anno), “tagliano le punte” dei massimi consumi invernali integrando il metano con “miscela g.p.l.-aria“, avente un p.c.s. di circa 12.000 kcal/Nm3. Tale miscela deve essere intercambiabile con il gas naturale e può essere impiegata senza difficoltà. Anche il trasporto in rete non viene alterato in quanto la maggiore densità rispetto al metano è compensata dal potere calorifico nella proporzione indicata dallo stesso indice di Wobbe che ne determina l'intercambiabilità. Tipologie impiantistiche Si è ritenuto opportuno descrivere i vari tipi di stoccaggio dopo avere illustrato le loro utilità e dimensioni in quanto la scelta del tipo è, in effetti, susseguente alle dimensioni risultanti dai calcoli. Si limita la descrizione ai vari tipi d'impianto senza entrare in problemi di calcolo. Stoccaggio a secco Nel capitolo precedente si è accennato allo stoccaggio in tubazioni, intendendo che queste siano poste a valle della cabina di prelievo e misura; tuttavia è opportuno ricordare che gli stessi metanodotti sono utilizzati come stoccaggio giornaliero utilizzando la pressione dei giacimenti o, nei lunghi percorsi, delle stazioni di ricompressione. Il sistema non è oggetto di studio, in quanto posto a monte degli impianti delle aziende; si limita l’illustrazione al fenomeno che avviene in un metanodotto in pressione quando il prelievo lungo il percorso è superiore all'immissione. In funzione di vari parametri (densità del gas, diametro della condotta, pressione, portate) si ha una caduta di pressione, particolarmente accentuata nel punto terminale, tanto più rapida quanto maggiore è il divario fra regime costante e regime variabile. Inoltre l'utilizzo delle reti di metanodotti come riserva è inversamente proporzionale al rapporto

(Coeff. Utilità rete) = Q

V

dove Q rappresenta la portata oraria, proporzionale al volume di rete e V il volume stoccato nella rete, proporzionale alla portata erogata dalla rete. Una utilità apprezzabile nella attività di stoccaggio nei metanodotti si ha nelle condotte continentali nelle quali il volume contenuto è elevato. Le tubazioni, come impianti di stoccaggio idonei alle reti di distribuzione, sono assimilabili tecnicamente ai serbatoi fuori terra; la differenza riguarda soltanto le norme di sicurezza. Entrambi utilizzano la pressione del metanodotto di prelievo. Il serbatoio ha il vantaggio di concentrare una grossa quantità di Nm3 in un volume limitato di stoccaggio; ciò dipende dal diametro del serbatoio. Il serbatoio fuori terra richiede però un'area adeguata di protezione, oltre a muri o terrapieni. Le norme prescrivono inoltre una valvola di sicurezza dimensionata in base al volume stoccato e alla pressione d'esercizio, la valvola di scarico della condensa, ecc. Le norme per gli stoccaggi sono contenute nell’ex D.M. 24-11-1984 e s.m.. Generalmente un serbatoio è insufficiente per lo stoccaggio; vengono perciò installate delle

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batterie nel rispetto delle distanze previste fra i singoli serbatoi. La tubazione interrata presenta alcuni elementi di vantaggio rispetto ai serbatoi fuori terra quando si dispone di un percorso idoneo, rispondente cioè alle norme di sicurezza relative. La tubazione infatti viene considerata di trasporto e quindi soggetta alle norme dell’ex D.M. 24-11-1984. Tali norme sono, in senso generale, meno restrittive di quelle dei serbatoi fuori terra, ma impongono servitù di superficie, lungo il percorso della tubazione, del tutto uguali a quelle dei metanodotti. È il caso di ricordare che le condizioni di progetto e d'esercizio della tubazione debbono essere effettivamente di trasporto (oltreché d’accumulo), altrimenti la tubazione rientra nella categoria dei serbatoi interrati. Quando la pressione disponibile è inferiore a 20 bar la convenienza dello stoccaggio secco (serbatoi o tubazioni) diminuisce. La compressione supplementare effettuata dall'Azienda distributrice diventa onerosa a causa degli elevati costi per la compressione delle elevate portate (più ancora che per il Dp richiesto) che debbono intervenire per poche ore ed in misura sufficiente a comprimere l'intera portata disponibile. I primi serbatoi in pressione, Fig. N.14, furono orizzontali, successivamente anche verticali ed a sfera. Questi ultimi hanno generalmente un diametro elevato e, a parità di peso, la massima capacità. Tuttavia oggi sono preferiti quelli cilindrici per motivi costruttivi ed economici. I serbatoi in pressione hanno avuto un notevole sviluppo nelle piccole e medie aziende del gas, soprattutto quando le centrali di distribuzione sono alimentate da metanodotti ad elevate pressioni.

Stoccaggio refrigeratoQuando la pressione è limitata, può essere conveniente refrigerare il gas, utilizzando lo stoccaggio in soluzione refrigerata di g.p.l. L'impianto richiede però dimensioni adeguate dell'azienda e può essere impiegato per volumi pari o superiori a 50.000 Nm3/giorno, per ovvi motivi di convenienza economica di scala. Esso utilizza serbatoi fuori terra opportunamente coibentati. La temperatura ottimale è compresa fra -40° C e -60° C in modo da utilizzare acciai martensitici e/o basso-legati. Il serbatoio contiene g.p.l. fino al 75-80% del volume effettivo. Il g.p.l. ha la funzione di solvente per adsorbimento oltreché di volano termico. Lo stoccaggio refrigerato ha una capacità superiore di quattro-sette volte a quello secco, a parità di pressione (Fig. N.13 ). L'effetto è dovuto alla bassa temperatura ed al potere solvente (liquefazione in soluzione) del g.p.l., particolarmente elevato con il propano. Lo stoccaggio refrigerato assolve anche al compito d'integrazione, in quanto alle basse pressioni la fase gassosa si arricchisce di propano secondo la legge fisica delle pressioni parziali, aumentandone il p.c..( La pressione totale esercitata da una miscela di gas ideali è uguale alla somma delle pressioni parziali che sarebbero esercitate dai gas se fossero presenti da soli in un eguale volume).

Fig. 13 Solubilità del metano in GPL (propano), in Nmc di metano per mc di GPL

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Fig. 14 Varie tipologie di serbatoi ad alta pressione

DISTRIBUZIONE IN BASSA PRESSIONE

LE RETI

Definizione Per reti gas a bassa pressione si intendono le condotte con pressione massima di esercizio non superiore a 0,04 bar, classificate di 7a specie nel D.M. 24/11/84 e s. m. che ne regola la tipologia, i materiali e le modalità di posa. Pressione di esercizio Si è detto che la normativa vigente permette di avere in condotta fino a 0,04 bar. Questa pressione è però da utilizzare solo in casi molto particolari, per fronteggiare situazioni d’emergenza, perché impone di installare riduttori di pressione in corrispondenza delle prese d’utenza. Infatti, la normativa UNI-CIG vigente prescrive che molte apparecchiature funzionanti a gas installate nelle abitazioni, tra cui gli apparecchi di cottura per uso domestico, siano provati con pressione minima di 15 mbar, pressione max 23 mbar e pressione normale 18 mbar (UNI-CIG 7135/85 edizione 85). Entro questi limiti gli apparecchi devono garantire un'ottima combustione e sicurezza di funzionamento. Ne deriva che la pressione in rete dovrà essere compresa fra due valori minimo e massimo, che consentano di avere all'apparecchio le pressioni rispettivamente di 15 e 23 mbar. Stabilite di conseguenza le cadute di pressione fra rete ed utilizzatore si possono ricavare i due valori cercati. Le cadute di pressione sono dovute a: 1) Impianto interno (max) 0,5 mbar (UNI-CIG 7129-72) 2) Contatore (max) 2-3 mbar (UNI-CIG 7988/86) 3) Allacciamento (medio) 1,5 mbar. Si ha pertanto una caduta di pressione massima complessivamente pari a 4-5 mbar. Le pressioni minima e massima in rete saranno date da: Pmin = 15 + 5 = 20 mbar Pmax = 23 + 0 = 23 mbar

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Una rete a bassa pressione sarà quindi gestita in maniera ottimale quando in ogni suo punto di prelievo si avranno pressioni comprese fra 20 e 23 mbar (fig. 17), quindi con valori relativamente costanti. Calcolo delle cadute di pressione La formula più usata nel calcolo delle cadute di pressione delle reti a bassa pressione è quella di Renouard, che si vedrà più oltre. Guadagno di pressione in quota Nella valutazione di una pressione finale occorre tener presente anche il guadagno di pressione o della perdita di pressione per differenza di quota (utile per il calcolo delle reti di gas metano e GPL) dovuto all’altitudine, che risulta: pq = H (psa - psg) • 0,0981

dove: pq = incremento di pressione in m bar H = dislivello considerato in m. psa = peso specifico aria psg = peso specifico gas Nel caso del gas naturale in condizioni standard pq = 0,073 H mbar ; 7,3 mbar per ogni 100 di dislivello Determinazione della pressione barometrica Qualora occorra determinare le pressioni assolute del gas, occorrerà aggiungere alla pressione relativa misurata la corrispondente pressione barometrica della località. La tabella seguente fornisce la pressione barometrica da utilizzare con riferimento all’altitudine:

Altitudine (m) Pressione Barometrica bar a 0° C

0 1,0132

30 1,0066

100 0,9999 14,2mb=0,0142 bar per 100 m

150 0,9932

200 0,9866

300 0,9799

400 0,9666

500 0,9532

600 0,9466

700 0,9333

800 0,9200

900 0,9133

1000 0,8999

Condotte in bassa pressione Per tubazioni stradali a bassa pressione s’intendono le condotte di 7a specie destinate al trasporto e alla distribuzione del gas alle singole utenze tramite gli allacciamenti finali. L'insieme delle tubazioni stradali forma la rete di distribuzione del gas. Il diametro minimo che è opportuno utilizzare per le tubazioni stradali è bene che sia non inferiore ai 3,5’(106mm): infatti, diametri inferiori influiscono di poco sul prezzo della condotta messa in esercizio (scavi e ripristini hanno lo stesso costo), mentre è notevole la riduzione di portata a parità di perdite di carico. In generale si deve tenere conto della: a) portata in transito b) portata distribuita nel ramo fra:

-utenze domestiche

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-utenze riscaldamento -utenze artigianali e/o industriali -previsioni di Piano Regolatore Generale per nuove costruzioni e modifica degli indici di

fabbricabilità. La portata in transito è quella che si prevede debba transitare nella tubazione stradale, per alimentare le utenze poste a valle della condotta considerata, in strade vicine e collegate. La portata distribuita o di ramo è la quantità di gas che viene assorbita dalle utenze che insistono nel tratto di tubazione considerata e costituisce proprio il dato fondamentale per l'esecuzione di una rete a bassa pressione ben dimensionata. Un presupposto irrinunciabile per la determinazione della corretta portata distribuita è il “sopralluogo”, in quanto solo in tal modo sarà possibile stabilire la esatta potenza termica (kWt) che ne può derivare e giudicare - con l'ausilio del P.R.G. - quali ulteriori sviluppi si possono prefigurare per l’adduttrice stradale in esame.

IMPIANTI DI RIDUZIONE FINALE Riduttori di zona Gli impianti di riduzione finale o cabine di secondo salto sono costituiti dall'insieme delle apparecchiature e relativi alloggiamenti destinati a decomprimere il gas proveniente dalle tubazioni a media pressione, immettendolo nella rete a bassa pressione di valle con un valore prefissato e regolato in sicurezza. I criteri di progettazione, costruzione e collaudo degli I.R.F. funzionanti con pressioni d’ingresso comprese fra 0,04 e 5 bar (e cioè la stragrande maggioranza) sono esposti dalla normativa UNI 8827 dell'ottobre 1985. Altra normativa alla quale occorre riferirsi nello studio degli I.R.F. è il D.M. 24/11/84, Sezione 4 e s. m., che ne stabilisce le norme di sicurezza antincendio. Gli I.R.F. si possono dividere in due categorie, a seconda della rete che sono destinati ad alimentare. 1) Impianti di riduzione finale ad antenna Sono impianti destinati ad alimentare da soli una rete in bassa pressione. Non esistono cioè altri impianti in grado di assicurare l'alimentazione della rete in caso d’avaria dell'impianto in oggetto. In questa situazione occorre garantire il più possibile la continuità dell'erogazione del gas all'utenza, per cui l'I.R.F. viene costruito con due linee, una di servizio ed una di emergenza, costituita dagli stessi componenti con una taratura differenziata (Fig.15). Nel caso d’avaria alla linea di servizio entra in funzione automaticamente la linea d’emergenza che assicura l'erogazione del gas. Dato che le linee sono perfettamente identiche, è buona norma scambiare periodicamente l'una con l'altra per mezzo delle tarature dei riduttori e degli organi di sicurezza, in modo da avere un'usura uniforme delle parti meccaniche che lavorano. 2) Impianti di riduzione finale per rete magliata Sono gli impianti che alimentano una rete in bassa pressione sulla quale insistono altri gruppi di riduzione sufficienti a garantire l'alimentazione delle utenze anche nel caso di fuori servizio dell'impianto in oggetto, per cui non è necessario dotare l'I.R.F. di linee di emergenza (Schema 16). Considerazioni sugli I.R.F. E’ opportuno fare alcune considerazioni pratiche sulle cabine di secondo salto, tutte tese ad evitare, per quanto possibile, la mancanza di gas all'utenza. Basterà ricordare per esempio i black-out dell’ENEL in periodo di crisi energetica, che mettevano fuori servizio contemporaneamente le caldaie per riscaldamento in intere frazioni, provocando fenomeni transitori di sovrapressione in rete in grado di far scattare i dispositivi di blocco delle cabine, oppure il grande freddo del gennaio 1985 quando impianti e reti funzionarono al limite delle loro possibilità, per rendersi conto che il problema cabine deve essere attentamente considerato. A tale scopo è opportuno: a) limitare al massimo l'uso delle distribuzioni ad antenna, prevedendole solo dove il limitato

numero delle utenze consenta, in caso di avaria, di ripristinare il servizio in tempi brevi; b) inserire, nelle fasi di prima metanizzazione di un territorio, almeno due I.R.F. interconnessi con

adeguata tubazione, ognuno in grado di far fronte per intero al consumo previsto, e posizionati

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il più possibile agli estremi opposti della rete di bassa pressione; c) progettare, nel caso si abbiano due sole cabine che alimentano una rete a bassa pressione,

almeno una come "cabina antenna" a doppio flusso d) mantenere le velocità del gas nei tratti di entrata e di uscita della cabina al di sotto dei 20 m/s.

con la portata nominale del gruppo, ove V = Q/ p*A (m/s) e) installare, almeno nei gruppi più "importanti", gli strumenti registratori della pressione in uscita,

per controllare in ogni momento il regolare funzionamento delle apparecchiature; f) controllare, qualora l'I.R.F. sia contenuto in armadio metallico, periodicamente l'efficienza del

collegamento di messa a terra della struttura con particolare riguardo agli sportelli di accesso.

Fig.15 Schema di I.R.F. per rete ad antenna

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Fig. 16 Schema di I.R.F. per rete magliata

20m

B

Fig. 17 Diagramma di pressione rilevata p=10 x val=mbar

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DISTRIBUZIONE IN MEDIA PRESSIONE

LE RETI Generalità In molte località l'aumento dei consumi ha portato un sovraccarico per la rete. Alcune reti sono state adeguate alle nuove necessità con la costruzione di feeders per l'alimentazione delle reti stesse, in più punti, mediante riduttori di zona. Altre reti sono state pressurizzate inserendo un riduttore in ogni presa, oppure a monte d’ogni contatore; tutto questo è possibile se la “categoria” delle condotte interessate lo consente. Queste reti operano con una pressione d’esercizio superiore a quella necessaria per il funzionamento degli apparecchi. Esse vengono definite reti a media pressione. Oggi è abbastanza frequente il caso di reti costruite già in partenza per un esercizio in media pressione. In generale, però, questo sistema è economicamente conveniente ove la densità delle prese non sia elevatissima. Le reti in media pressione presentano alcuni aspetti vantaggiosi ed altri meno, rispetto alla rete a bassa pressione. Elementi positivi : - possibilità di sviluppare una pressione di esercizio variabile entro i limiti più ampi di una rete a

"b.p." e quindi possibilità di superare i consumi di punta senza difficoltà; - possibilità di adottare diametri sensibilmente più piccoli con una conseguente riduzione di

spesa e collegare zone a quote geodetiche diverse fra loro; - possibilità di raggiungere ed alimentare zone periferiche senza dovere costruire feeders

d’alimentazione; - superamento dei problemi legati all’orografia; - pressione costante agli apparecchi degli utenti. Elementi negativi: - costo dell’installazione, sorveglianza e manutenzione dei regolatori installati presso gli utenti. Descrizione Le reti a m.p. costruite a questo scopo sono generalmente in tubi d’acciaio, saldati. I sistemi di costruzione e di collaudo sono identici a quelli per i feeders. Di norma si dovrà collaudare la rete ad una pressione pari a 1,5 volte quella massima raggiungibile nel feeder o nella cabina d’alimentazione. Inoltre la rete in m.p., se in acciaio, deve essere isolata dal punto di vista elettrico inserendo dielettrici di sufficiente capacità in tutti i collegamenti che uniscono la rete stessa ai vari utilizzatori od alimentatori. Ogni presa deve, pertanto, essere isolata mediante un giunto dielettrico e così pure ogni cabina d’alimentazione. Come già evidenziato, la pressione d’esercizio nelle reti a m.p. è eccessiva per gli apparecchi utilizzatori e pertanto è necessario inserire uno specifico “riduttore d’utenza” a monte degli apparecchi stessi. E’ possibile inserire il riduttore immediatamente a monte d’ogni contatore. L'orientamento odierno è quello di inserire il riduttore all'inizio della colonna montante in apposita nicchia, oppure sulla presa con un pozzetto. La costruzione con nicchia è semplice e facilmente ispezionabile.

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Fig.18 Schema di cabina di riduzione per reti a media pressione

CLASSIFICAZIONE DELLE CONDOTTE Riferimenti normativi La classificazione delle condotte è contenuta nel D.M. 24/11/1984. Per ogni classe il Decreto stabilisce le caratteristiche meccaniche, la natura dei materiali componenti, i parametri di sicurezza, la tipologia di reinterro, le eventuali opere speciali e quant'altro necessario a garantire la sicurezza dell'opera. a) Condotte di 1^ Specie: condotte per pressione massima d’esercizio superiore a 24 bar. b) Condotte di 2^ Specie: condotte a pressione massima d’esercizio superiore a 12 bar ed inferiore

od uguale a 24 bar. c) Condotte di 3^ Specie: condotte per pressione massima d’esercizio superiore a 5 bar ed

inferiore od uguale a 12 bar. d) Condotte di 4^ Specie: condotte a pressione massima di esercizio superiore a 1,5 bar ed

inferiore o uguale a 5 bar. e) Condotte di 5^ Specie: condotte a pressione max di esercizio superiore a 0,5 bar ed inferiore o

uguale a 1,5 bar. f) Condotte di 6^ Specie: condotte a pressione max di esercizio superiore a 0,04 bar ed inferiore

o uguale a 0,5 bar. g) Condotte di 7^ Specie: condotte per pressione massima di esercizio inferiore o uguale a 0,04

bar.

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MATERIALI Generalità Il metanodotto è realizzato con condotte in pressione, consistenti in una serie di tubazioni collegate da saldature o per mezzo d’appositi giunti intervallati eventualmente da pezzi speciali ed apparecchiature. Per un’accorta gestione economico-funzionale di un moderno impianto, grandissima importanza rivestono i materiali di cui si compongono i tubi; si esamineranno perciò sinteticamente le utilizzazioni di alcune tubazioni nei riguardi della loro struttura componente. Tubazioni in cemento - amianto Il basso costo ha agevolato nel tempo in modo ampio ma spesso inopportuno il loro impiego, sussistendo, infatti, carenze di natura meccanica e di carattere igienico-sanitario ribadite dall'ordinanza del Ministero della Sanità (26.6.1986) che ne ha vietato l'uso, per il settore acquedottistico, con una deroga fino al 30 aprile 1991 per le acque aggressive e senza limiti temporali qualora realizzati senza la presenza di crocidolite. Di fatto, anche in relazione ai problemi insorgenti con le lavorazioni sulle condotte medesime e per le gravi questioni legate alla sicurezza, se né è abbandonato, da tempo, completamente la posa. La citazione è comunque di rigore in quanto sono ancora presenti (in esercizio) importanti porzioni d’impianti. Tubazioni in acciaio Sono di gran lunga le migliori e dunque quelle più utilizzate nel settore. Il difetto maggiore dei tubi in acciaio è quello di essere soggetto alla corrosione provocata dalle correnti elettrolitiche che si generano nei terreni "aggressivi" e dalle correnti vaganti. Per questo motivo è necessario effettuare sia una protezione passiva sia attiva. Oggi questo tipo di materiale è fra i più usati nel servizio sia per la competitività economica sia per le indubbie positive caratteristiche meccaniche ed idrauliche. La facilità del loro collegamento per mezzo della saldatura ha indubbiamente aumentato la diffusione degli impianti d’acciaio. Il materiale è ammesso per tutte le 7 categorie previste nel D.M. 24/11/84. Per le categorie 1°- 2°- 3°, l’acciaio deve essere di qualità e calmato. Tubazioni in ghisa Fra le tubazioni metalliche sono largamente impiegate quelle di ghisa, specialmente per la migliore resistenza alle azioni corrosive dei terreni e la tradizionale facilità d’impiego per le reti urbane. Sono invece difetti delle tubazioni di ghisa, in confronto con le altre tubazioni metalliche, il maggiore peso e la maggiore fragilità. Tubazioni di nuova concezione tecnologica e d’interessantissime caratteristiche sono quelle di "ghisa sferoidale" (la "fonte ductile" dei francesi), che ha proprietà meccaniche paragonabili a quelle dell'acciaio pur conservando tutti i vantaggi riconosciuti alla ghisa. Rispetto alle tubazioni d’acciaio, vanno messe in rilievo la relativa maggiore pesantezza, una certa minore affidabilità per alcuni tipi di giunzione e la mancanza d’adeguati sistemi di protezione nei confronti di processi corrosivi quando innescati. Tuttavia la resistenza alle pressioni elevate ed agli urti, la flessibilità, la possibilità di subire deformazioni a freddo e a caldo hanno permesso una rapida diffusione di questo materiale. Sono ammesse per la 4° (M. P.) - 5°-6°-7° specie del D.M. 24.11.84. Tubazioni in materiale plastico Le materie plastiche sembra possano trovare un’interessante applicazione per la costruzione delle tubazioni, anche se si sono dovuti registrare notevoli insuccessi nel passato, derivanti sia da difetti di materiali, sia da usi non appropriati per il tubo di plastica. Tra i numerosi tipi di materie plastiche esistenti, interessano per la fabbricazione dei tubi acquedottistici i derivati dell'etilene, i polimeri e copolimeri vinilici e le resine poliesteri. La loro applicazione è particolarmente legata alla piccola distribuzione. Da oltre un decennio il polietilene ad alta densità (PEAD) è abbastanza usato in Italia per realizzare tubazioni destinate a reti di distribuzione ed allacciamenti. Si possono spiegare le ragioni della discreta diffusione di questo materiale con la sua economicità, per i piccoli diametri,

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rispetto ai materiali più tradizionali, quali acciaio e ghisa. Un ulteriore vantaggio economico, probabilmente superiore rispetto al precedente, consiste inoltre nella rapidità della posa in opera, dal momento che i tubi di piccolo diametro (fino a 90-110 mm) vengono in genere forniti dai produttori in lunghi rotoli, con conseguente forte riduzione del numero di giunzioni da effettuare. A tali evidenti pregi si contrappone, purtroppo, una notevole sensibilità alla luce, per ridurre la quale è necessario aggiungere una sostanza di protezione, ad esempio il nerofumo, in quantità non minore del 2% in peso. Un altro notevole inconveniente è dato da una certa difficoltà di lavorazione del PEAD, che viene fatto passare in pressione allo stato fuso attraverso idonei estrusori, così da ottenere il tubo del diametro richiesto. Queste tubazioni sono ammesse per le categorie 4°- 5° - 6° -7°, con diametri fino a DN 300; però per la 5° e per la 4° categoria sono generalmente usate per diametri inferiori a DN160 e per pressioni inferiori a 4 bar.

LA PROTEZIONE NELLE CONDOTTE Generalità Le strutture metalliche interrate costituiscono un ingente patrimonio che deve essere mantenuto nel tempo e pertanto deve essere difeso dal pericolo corrosione. L'attuazione di un’efficace e completa protezione contro la corrosione è motivata non solo da aspetti puramente economici, ma spesso da esigenze di continuità d’esercizio e di sicurezza delle opere. Il problema della protezione dalla corrosione delle strutture estese può essere particolarmente complesso, in quanto buona parte del territorio nazionale è sede d’intensi campi elettrici variabili, dovuti alle correnti di ritorno delle ferrovie e tranvie funzionanti a corrente continua. I sistemi basilari per proteggere una struttura metallica interrata sono la protezione passiva e la protezione attiva. La protezione passiva assume particolare importanza per la protezione delle strutture interrate; infatti, se le strutture sono nude, male rivestite o non opportunamente isolate da altre posate nelle vicinanze, può risultare addirittura impossibile realizzare la protezione attiva.

Ossidazione : Me => Men+ + ne--, ovvero i metalli (alcuni atomi) perdono elettroni, trasformandosi in ioni metallo, che vanno in soluzione.

Protezione passiva La protezione passiva consiste nel prevedere, in fase di progetto di una struttura, e nel mettere in atto, durante la sua costruzione, tutti i provvedimenti necessari per: a) evitare che le sue parti metalliche siano a diretto contatto con l'ambiente o con le altre

strutture; b) ridurre sulla stessa l'influenza dei campi elettrici presenti nell'ambiente e dovuti alle correnti di

ritorno di ferrovie o tranvie con trazione in corrente continua; c) ridurre l'interferenza elettrica con altre strutture metalliche incrocianti o posate in vicinanza. Rivestimenti isolanti La separazione fisica, con isolante dal “mezzo ambiente” si realizza soprattutto rivestendo la struttura con materiali idonei e di buona qualità, previa adeguata preparazione della superficie metallica. Con un rivestimento perfetto s’impedisce totalmente lo stabilirsi di pile naturali di corrosione, nonché l'assorbimento e la cessione di correnti elettriche circolanti nell'ambiente di posa. Caratteristiche dei rivestimenti Un buon rivestimento deve: a) fornire un efficace isolamento elettrico; b) costituire una efficace barriera contro l'umidità; c) essere applicabile con metodi affidabili e tali da non alterare le proprietà metalliche della

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struttura; d) presentare una buona e durevole aderenza a tutta la superficie metallica; e) possedere una buona resistenza al distacco per effetto della protezione catodica;

f) avere attitudine a resistere ai possibili danni dovuti a movimentazione, accatastamento e montaggio;

g) avere attitudine a resistere nel tempo alle sollecitazioni dell'ambiente di posa, alle sostanze in esso contenute e alle condizioni di esercizio;

h) possedere una elevata e durevole resistività elettrica; i) poter essere riparato con procedimenti affidabili e semplici. Scelta del rivestimento La scelta del tipo di rivestimento per strutture interrate deve essere fatta tenendo conto dei seguenti fattori: a) caratteristiche della struttura; b) ubicazione geografica e fisica; c) tipo di ambiente di posa; d) accessibilità della struttura; e) vicinanza di altre strutture; f) temperatura di esercizio; g) temperatura ambiente durante l'applicazione, il trasporto, l'accatastamento, il montaggio ed il

collaudo idraulico; h) movimentazione e accatastamento; i) durata prevista della struttura e oneri di manutenzione. La valutazione economica deve tenere conto, oltre al costo del materiale e della sua applicazione, di tutti gli oneri aggiuntivi, quali riparazioni, preparazione del letto di posa, rifacimenti e oneri d’esercizio, compreso il sistema di protezione catodica. Classificazione dei rivestimenti I rivestimenti per strutture da interrare possono essere classificati sia in funzione del loro principale costituente sia in funzione del metodo con cui i prodotti sono applicati. Si avranno così rivestimenti a base di: a) bitume di petrolio; b) catrame di carbone; c) poliolefine (polietilene, polipropilene); d) nastri adesivi; e) prodotti termorestringenti; f) resine termoindurenti (sotto forma di polveri o mastici). Applicazione dei rivestimenti I rivestimenti possono essere applicati: a) a macchina in stabilimento; b) a macchina in linea su strutture estese; c) a mano. La protezione attiva Con il termine feeder s’intendono comunemente le tubazioni esercite a media pressione che trasportano il gas dalla cabina di presa a misura SNAM (1° salto) fino alle cabine di riduzione finale (ultimo salto) destinate all'alimentazione delle reti di distribuzione. Generalmente queste tubazioni ricadono nella quarta specie del D.M 24/11/84, con pressioni d’esercizio comprese fra 1,5 e 5 Bar. Considerato che il materiale più impiegato nella costruzione delle condotte a media pressione è l'acciaio, contemporaneamente alla progettazione del feeder occorre prevedere, in

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questo caso, l'impianto di protezione catodica e cioè mettere la tubazione in condizioni d’essere catodica rispetto al terreno di posa, in modo da evitare il passaggio di ioni metallici positivi verso il terreno stesso e la conseguente corrosione delle condotte (ossidazione : Me => Men+ + ne--). Questo si ottiene con un dispositivo in grado di abbassare il potenziale del metallo da proteggere rispetto al potenziale del terreno e provvede a convogliare in un apposito dispersore le eventuali correnti. Gli impianti d’uso più comune sono di due tipi: a) impianti ad anodi sacrificabili

1 = anodo 2 = scatola di collegamento 3 = tubazione da proteggere

Viene sfruttato il principio secondo il quale i metalli meno nobili proteggono i metalli più nobili quando sono collegati elettricamente con essi ed immersi in un elettrolita (il terreno).

Fig.19 SCHEMA DI INSERZIONE La protezione è garantita solo se sono richieste intensità di corrente abbastanza basse, terreni a bassa resistività e assenza di correnti vaganti. Gli anodi più usati sono quelli di magnesio perché possiedono un potenziale più elettronegativo e possono quindi erogare una corrente maggiore a parità di resistenza elettrica. Quest'ultima (verso terra) viene ulteriormente abbassata creando internamente all'anodo un opportuno "letto di posa" a base di bentonite. b) impianti a corrente impressa

1 = allacciamento elettrico 2 = alimentatore 3 = dispersore 4 = tubazione da proteggere

Sono costituiti da una centralina d’alimentazione, un dispersore e la tubazione da proteggere. Danno buoni risultati anche in terreni dalle caratteristiche elettriche variabili, con notevole superficie da proteggere a fronte di correnti vaganti.

Fig. 20 SCHEMA DI IMPIANTO

Dispersore in Ferro / Silicio o Grafite �

Fig. 21 Schema d’impianto per protezione catodica

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Il dispersore può essere costituito da ferro, grafite o leghe di materiali inerti e può essere del tipo orizzontale o verticale, ma sempre posto in "letto di posa" di bentonite, carbone, ecc., a seconda dei terreni. Il potenziale della rete protetta catodicamente, rispetto all’elettrodo di riferimento inpolarizzabile (CuSO4) immerso nel terreno, deve essere ad un valore negativo di almeno 0,85 V e non maggiore di 2,0-2,5 V, per evitare interferenze con altre reti. Particolare cura dovrà essere riservata alla manutenzione ed alla verifica della funzionalità nel tempo dell'impianto, in modo da evitare che le strutture interrate siano sottoposte a lunghi periodi di "non protezione" che potrebbero danneggiare irreparabilmente le tubazioni.

CALCOLO DELLE RETI

Simbologia ed unità di misura Formule per il calcolo delle perdite di carico nelle condotte gas con funzione di solo trasporto o di trasporto e di distribuzione per Condotte GAS per bassa e media pressione Bassa pressione da 0 a 500 mm.c.a. Media pressione da 0,5 a 60 bar Q Portata di trasporto (Nm3/h) Qo Portata all'origine della condotta (Nm3/h) Qt Portata al termine della condotta (Nm3/h) Qd = Qo – Q Portata distribuita lungo la condotta (Nm3/h) Qx Portata di transito nel punto generico x (Nm3/h)

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q = Q d

L Portata specifica distribuita lungo un tronco unitario (Nm3/h)

po Pressione all'origine della condotta pt Pressione al termine della condotta R = RuL Resistenza totale della condotta

R u = 232 ∑ 106 ∑ s

D 4 , 82 Resistenza di un tronco unitario di condotta per bassa pressione

R u = 48600 ∑ s

D 4 , 82 Resistenza di un tronco unitario di condotta per media pressione

s Densità relativa del gas L Lunghezza della condotta (km) D Diametro interno della condotta (mm) p = misurata in mm.c.a. (mmH2O) per bassa pressione, in bar per media pressione

Qd= Q0 – Qt – QL L Qt

Qo

�x

Qt 0 x x+∆x L

Fig. 22 Schema della condotta ed andamento della portata

Condotte in bassa pressione La formula normalmente adottata per il calcolo delle perdite di carico nelle condotte gas a bassa

pressione, con sola funzione di trasporto, è quella di Renouard: (1) Po - Pt = D P = R • Q1,82 ove

Qd=0

Partendo dalla (1) e seguendo strade diverse si sono ricavate alcune formule per lo studio di

condotte con funzione di trasporto e di distribuzione; tali formule, come si vedrà in seguito, sono

praticamente equivalenti fra loro.

Oltre alla (1) è necessario tenere presente le seguenti ovvie relazioni: Qo = qL + Qt = Qt + Qd qx = (Qo-Qt) / L X (2)

Q x = Q o � Q o � Q t

L x = Q o � qx qx=(Qo-Qt) X /L (3)

Per giungere alla formula delle perdite di carico con portata e di distribuzione si è preso in considerazione un tronco infinitesimo di condotta dx fra i punti x e x + dx nell'ambito del quale la portata Qx si considera costante (fig. 22). In tale tronco, per la (1) la perdita di carico diventa:

dP = R u ∑ Q x 1 , 82 ∑ dx

La perdita di carico complessiva fra 0 e L è:

� P = R u o

L

� Q x 1 , 82 ∑ dx

Per la (3) si può scrivere:

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� P = R u o

L

� Q o � qx( ) 1 , 82dx (4)

Un primo modo per risolvere l'integrale contenuto nella (4) è di operare una sostituzione di variabile e precisamente: Qo - qx = y (5) per cui

dx = � dy

q per q _ 0 (6)

I limiti dell'integrale diventano Qo e Qt. Utilizzando le (5) e (6) la (4) diventa:

� P = R u

q Q o

Q t

� y 1 , 82 ∑ dy

Integrando:

� P = � R u

2 , 82 q y

2 , 82[ ] Q o

Q t =

R u L

2 , 82 Q d

Q o 2 , 82 � Q t

2 , 82( )

In definitiva

� P = R

2 , 82 Q d

Q o 2 , 82 � Q t

2 , 82( ) (A)

Questa relazione non può essere utilizzata per Qd = 0 per la condizione imposta in (6). Per Qd = 0 vale la formula (1) poiché in questo caso si tratta di solo trasporto. Un secondo modo di risolvere la (4) è di operare lo sviluppo in serie di:

Q o � qx( ) 1 , 82= Q o

1 , 821 �

qx

Q o

� � �

� � �

1 , 82

(8)

e trascurando i termini oltre quello di secondo grado e sostituendo nella (4), tenendo conto della (8) si ottiene:

� P = R u Q o 1 , 82

o

L

� 1 � 1 , 820 qx

Q o

+ 0 , 746 q 2 x 2

Q o 2

� � �

� � � dx

Integrando:

� P = R u Q o 1 , 82

x � 1 , 82

2

qx 2

Q o

+ 0 , 746

3

q 2 x 3

Q o 2

� � �

� � �

o

L

da cui:

� P = R u Q o 1 , 82 L � 0 , 910

qL2

Q o

+ 0 , 249 q 2 L 3

Q o 2

� � �

� � �

Portando in evidenza L

Q o 2

e ricordando che Qd = qL si ha:

� P = R Q o

1 , 82

Q o 2

Q o 2

� 0 , 910 Q d Q o + 0 , 249 Q d 2 ( )

Utilizzando la (2):

� P = R

Q t + Q d ( ) 0 , 18Q t + Q d ( ) 2

� 0 , 910 Q t + Q d ( ) Q d + 0 , 249 Q d 2 [ ]

Dopo ovvie semplificazioni:

� P = R

Q t + Q d ( ) 0 , 18Q t

2 + 1 , 090 Q t Q d + 0 , 339 Q d 2 ( )

(B)

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Dalla (B) approssimando si ottiene:

� P = R

Q t + Q d ( ) 0 , 18Q t + 0 , 56 Q d ( ) 2

(C)

La formula è valida in ogni condizione d’esercizio. Infatti per Qd = 0 è Qt = Qo = Q e si ha la (1):

� P = R Q t

2

Q t 0 , 18

= RQ1 , 82

Per Qt = 0

� P = 0 , 56( ) 2 R Q d

2

Q d 018

= 0 , 56( ) 2 R Q d 1 , 82 (10)

Con un’ulteriore approssimazione si può ancora semplificare la (C) ponendola nella seguente forma:

� P = R Q t + n Q d ( ) 1 , 82 (11)

Per ricavare il valore di n si è confrontata la (B) con la (11) Per Qd = 0 esse coincidono. Per Qt = 0 si ha rispettivamente.

� P = 0 , 339 R Q d 1 , 82

(12)

� P = n 1 , 82

R Q d 1 , 82

(13)

Perché la (12) e la (13) coincidano deve essere: 0,339 = n1,82

da cui n = 0,552 R = Ru ∑ L = 232 10 6 L

D 4 , 82

Perciò in definitiva: � P = R Q t + 0 , 55 Q d ( ) 1 , 82 (D)

La relazione (D) risulta sufficientemente approssimata finché Qt ≥ 0, cioè finché Qo ≥ Qd. Utilizzando la stessa formula anche per Qt < 0 l'errore aumenta al crescere del valore assoluto di Qt. Per ottenere il risultato esatto è necessario utilizzare la (A); tuttavia per un calcolo di prima approssimazione la (D) è ancora sufficientemente attendibile. Si può constatare che l'errore percentuale si aggira attorno al 5% e perciò le quattro relazioni possono considerarsi senz'altro equivalenti avendo presenti le imprecisioni ben più rilevanti che si hanno nella valutazione delle resistenze e delle portate. La densità considerata è s = 0,7, ovvero valore molto cautelativo. Per valori diversi della densità è sufficiente eseguire una semplice proporzione per trovare i nuovi coefficienti di resistenza. In generale si utilizzerà la seguente relazione:

p2 = p1 � 128 106( ) D

4,82( ) x L Q t + 0,56 Q d( ) 1,82

Media pressione Per quanto riguarda la media pressione, la formula di Renouard viene scritta nella seguente maniera: pPo

2� pt

2= � P

2= R Q

1,82 (E)

Seguendo un procedimento del tutto analogo a quello utilizzato al paragrafo per la bassa pressione si ottengono le seguenti relazioni nel caso di condotte con funzioni di trasporto e di distribuzione:

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� P 2

= R

2 , 82Q d

Q o 2 , 82 � Q t

2 , 82( ) (A1)

� P 2 = R

Q t + Q d ( ) 0 , 18Q t � 0 , 56 Q d ( ) 2 (C1)

� P 2

= R Q t + 0 , 55 Q d ( ) 1 , 82 (D1)

Ovviamente in questo caso valgono i simboli e le unità di misura previste per la bassa pressione.

� P 2 = PA2 � P B

2 R = Rn ◊L =48600 ◊ ◊L

D 4 ,82

� PB2 = � PA + � P 2 PB

2 = � PA2 � � P 2

PB = P A2 � � P 2

P 2 = P12 � 26 ◊730( ) : D 4 ,82( )( ) x L Q t + 0 , 55 Q d( )1, 82

VERIFICA DEL FLUSSO

Ulteriore verifica, utile al corretto dimensionamento delle condotte, concerne il valore del flusso ammissibile, che non dovrà superare il valore limite V = Q/ p*A (25 -30 m/s), ove: Q = portata complessiva (m3/s) p = pressione minima assoluta (bar ass.) A = sezione di passaggio (m2)

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RECUPERO DI ENERGIA NELLE CENTRALI GAS

LA TURBOESPANSIONE

Cenni preliminari Il trasporto del gas naturale dai centri di produzione e dai terminali d’importazione ai punti di consumo nel territorio nazionale è gestito attraverso una vasta rete di metanodotti a pressioni variabili, normalmente tra 20 e 70 bar. Queste pressioni si rendono necessarie per far fronte alle perdite di carico connesse col trasporto a grandi distanze di ingenti quantitativi di gas. Alle utenze di tipo civile od industriale il gas viene normalmente consegnato a pressioni molto inferiori. La decompressione del gas dalla pressione d’arrivo a quella richiesta dalla rete distributiva è effettuata, di norma, mediante riduttori - regolatori che hanno la funzione di mantenere il valore della pressione di valle stabile al variare della portata. La decompressione è ottenuta mediante una "laminazione controllata" del gas naturale, con dissipazione in calore dell'energia meccanica di pressione posseduta a monte dell'apparecchio di regolazione. Per salti di pressione elevati è necessario preriscaldare, a monte del regolatore di pressione, il gas naturale per evitare che, a causa dell'effetto Joule-Thompson, la temperatura a valle dell'espansione si abbassi eccessivamente con possibile formazione d’idrati di metano. Adottando un diverso tipo di trasformazione termodinamica, che fa avvenire l'espansione del gas metano attraverso una turbomacchina, si è potuta recuperare, anziché dissipare in calore, l'energia di pressione del gas, anche se a spese di una maggiore quantità d’energia termica da fornire nella fase di preriscaldamento. Il bilancio energetico risultante è comunque ampiamente positivo e tale da consentire la produzione di quantità notevoli d’energia elettrica da utilizzare in autoconsumo o da convogliare nelle linee dell'ENEL. Le trasformazioni termodinamiche possono essere rappresentate in un diagramma semplificato pressione entalpia del gas, del tipo di fig. 23. Se il gas arriva all'impianto in condizioni 1, la laminazione isoentalpica 2'-3’ deve essere preceduta dal riscaldamento 12'. Volendo realizzare un'espansione 2-3 (teoricamente, la trasformazione isoentropica 2i-3), al fine di ottenere energia meccanica, il riscaldamento richiede una somministrazione di energia termica alquanto maggiore (Caso B), pari mediamente a 0,1 ÷ 0,14 m3 gas/kWh prodotto. Indicando con H l'entalpia del gas, l'espansione è in grado di recuperare, per ogni kg di massa di gas fluente nella macchina, una quantità di energia meccanica pari a H2-H3, consumando un’identica quantità di energia termica (a meno del rendimento delle apparecchiature di riscaldamento): infatti, l'energia precedentemente spesa per il pompaggio del gas e la frazione 1-2' del riscaldamento sono da considerare gratuite, in quanto esse sarebbero comunque necessarie. Il sistema perciò consente di convertire energia termica in energia meccanica od elettrica aggirando le limitazioni imposte dal secondo principio della termodinamica. Il rendimento della conversione, grazie al recupero dell'energia spesa a monte, è pari a circa il doppio di quello delle macchine termiche o delle centrali termoelettriche convenzionali.

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bar

1 1 2’ 2 3’ H (Kwh / Kg) H1 H2’

bar

1 1 2’ 2 2i 2 3 H (Kwh / Kg) 1 3 2 2i

bar

1 1 2’ 2 2i 4 4i Pi 3 2 5 H (Kwh / Kg) 1 5 4 4i

Laminazione statica - Caso A Turbo macch. monostadio - Caso B Turbo macch. bistadio - Caso C

Fig. 23 - Decompressione del gas prima dell’immissione in rete

La macchina - L’impiantistica - La produzione L'impianto, installato in parallelo con la linea di decompressione statica, consiste in un espansore a turbina, ad uno o più stadi, in dipendenza del salto di pressione, un generatore elettrico ad esso accoppiato ed un sistema di preriscaldamento (caldaie e scambiatori acqua/gas) dotato di opportuni sistemi di regolazione, controllo, misura ed allarmi. Per una corretta valutazione circa l’installazione dell’impianto di turboespansione andrà attentamente valutato: - il valore rp del rapporto tra le pressioni (assolute) d'ingresso e di uscita (mediamente dell'ordine

di 4�10);

- andamento favorevole delle portate di gas nel corso dell'anno, almeno 6-7 mesi, per evitare periodi troppo lunghi di fermata dell'impianto;

- possibilità di valorizzare adeguatamente in termini finanziari l'energia elettrica prodotta.

Fig. 24 - Accoppiamento impiantistico-funzionale fra la turbomacchina ed il sistema di centrale

La produzione d’energia è fortemente condizionata dal periodo stagionale, oltreché dall’ora del giorno, e dunque dalla portata del gas, variabile nel tempo (anno, mese, giorno ed ora). Ciò è meglio evidenziato nel diagramma di fig. 28, più oltre riportato. E’ chiaro, dunque, che la turbomacchina dovrà essere particolarmente flessibile e mantenere valori adeguati del rendimento anche a fronte di considerevoli scostamenti del valore delle portate da quelle previste in sede di

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progetto (nominali). Questo è oltremodo vantaggioso affinché la macchina possa produrre anche nelle mezze stagioni, quando la portata del gas risulta particolarmente ridotta. Una buona turbomacchina dovrebbe garantire il proprio funzionamento produttivo da un minimo del 20% ad un massimo del 170% del valore della portata nominale di progetto, ovviamente con i migliori valori possibili per quanto attiene il rendimento complessivo. Il parametro che ha maggiore influenza sulla configurazione dell’impianto è il rapporto rp tra la pressione d’ingresso e la pressione d’uscita del gas. Nel diagramma della fig. 26 sono riportati, in funzione di rp, i valori dell’energia specifica e della temperatura di preriscaldamento del gas per le soluzioni a uno, due e tre stadi. Se è necessario contenere il valore della temperatura massima ((TuMAX/Ti)=(pi/pu)

(k-1)/k), occorre limitare il rapporto di espansione per stadio; al crescere di rp, bisogna dunque aumentare il numero degli stadi (fig. 26). C’è anche un altro motivo che impone questa scelta: il rendimento dell’espansione, per stadi aventi un rapporto delle pressioni superiore a 5, tende a diminuire; ciò vale sia per le turbine, sia per gli espansori alternativi. In pratica, per le applicazioni aventi rp<5 si giustificano economicamente soltanto le configurazioni monostadio; per rapporti maggiori sono invece richiesti schemi a due o tre stadi. Ovviamente il salto entalpico, e quindi l’energia specifica producibile, aumenta con rp. Il secondo parametro importante è la portata di massa del gas M. La potenza meccanica generata dalla macchina è esprimibile nella forma

P = Ƞm Ƞ∆is M∆His = Ƞm Ƞis M k/(k-1) R T1 (1 - (( 1/ rp) (k-1)/k )) ove k=1,303; perciò la taglia dell’impianto dipende da rp e dalla portata. Però quest’ultima è generalmente variabile. Nelle applicazioni industriali le variazioni possono essere contenute, quindi è relativamente facile scegliere la portata di progetto. Nelle applicazioni civili, invece, il diagramma cronologico delle portate di gas è influenzato in modo considerevole dalle esigenze del riscaldamento ambientale (fig. 4); il calcolo delle condizioni nominali è dunque meno agevole. Un criterio che appare razionale, in questo secondo caso, consiste nel determinare il valore della portata nominale con cui l’impianto è in grado di produrre la massima quantità annua d’energia meccanica od elettrica, tenendo conto che l’espansore può funzionare entro un certo campo di portate nell’intorno del valore di progetto (indicativamente tra il 20% e il 160%). L’impianto deve prevedere una fonte di calore esterna, che può essere una caldaia alimentata da una piccola frazione, circa lo 0,6%, del gas uscente dall’espansore.

Fig. 25 Trasformazione termodinamiche del gas Fig.26 Energia specifica producibile in funzione di rp

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La regolazione del sistema, dal punto di vista delle trasformazioni termodinamiche, può essere basata sulle temperature a valle di ciascuno stadio di espansione: mantenere costanti queste temperature al valore di progetto significa somministrare al gas, nei preriscaldamenti, la minor quantità possibile di calore, dato che il rendimento isentropico della macchina varia con la portata del gas. Adatti trasduttori di temperatura pilotano le valvole di miscelazione, attraverso le quali vengono alimentati gli scambiatori di calore. In parallelo con il nuovo impianto dev’essere mantenuta la linea di decompressione tradizionale, perché il servizio gas va garantito anche in caso di fermata dell’espansore.

Fig.27 Trasformazioni termodinamiche del gas in un impianto a due stadi

↑Kwh x 100 ↑ Kwh x 100 ↑ Stmc/g x 100

gas elaborato in turbina ↑ eg. el. prodotta

Nell’anno (in mesi) ↑ In un mese invernale (febbraio) -in giorni ↑

Fig.28 Energia prodotta dalla turboespansione nell’ambito distributivo del settore civile

Problematiche gestionali La presenza dello stoccaggio nell’impianto di centrale, durante i periodi di maggiore prelievo (stagione invernale), influenza la pressione di ingresso in turbina, tanto da risultare fortemente variata nel valore istantaneo ed in quello medio giornaliero, come meglio evidenziato dalle figure che seguono. A titolo esemplificativo, infatti, il diagramma di fig.29 illustra gli andamenti medi giornalieri delle pressioni in un impianto di presa - riduzione e misura di potenzialità pari a circa 40.000Stm3/h e con installato un impianto di stoccaggio di circa 130.000 Sm3 a 40 bar. Il successivo riporta la variazione della pressione, nel medesimo impianto, registrata nelle 24 ore.

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Fig. 29 Andamento medio giornaliero delle pressioni d’ingresso, rilevato durante un mese invernale (febbraio) - Con stoccaggio.

Fig. 30 Andamento della pressione in ingresso, rilevato durante il giorno di maggior consumo (febbraio) –Con stoccaggio

Fig. 31 Produttività specifica (Febbraio) Fig. 32 Portata gas - Potenza prodotta

Ove i rapporti fra le pressioni presentino valori non elevati (inferiori a 4) o variabili nel corso della giornata (presenza di impianti di stoccaggio), si “impone” la scelta di turbo-macchine la cui caratteristica funzionale sia molto flessibile, ovvero abbiano rendimento complessivo il più possibile costante al variare dei parametri di esercizio, e siano in grado di elaborare portate istantanee variabili almeno dal 25% al 160% di quella nominale. Tali valori potranno essere decisivi per la fattibilità di un impianto, in quanto i parametri determinano la lunghezza del periodo utile, ovvero il volume annuo netto elaborabile in turbina e quindi l’energia producibile. In merito si osservi la situazione rappresentata dal diagramma di fig. 32, ove è possibile rilevare un funzionamento attivo della turbomacchina in presenza del solo 20-25% del valore nominale della portata, riprendendo automaticamente l’attività dopo un intervallo in stand-by di alcune ore (eventi riscontrabili generalmente nei mesi di Aprile e Maggio). Il volume elaborato in turbina potrà mediamente collocarsi intorno all’85% del volume annuo erogato, in assenza di situazioni più favorevoli, quali la presenza di significative utenze industriali durante il periodo estivo e di mezza stagione.

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IL SISTEMA INTEGRATO - TURBOESPANSIONE COGENERATIVA Il preriscaldamento L'energia termica per il preriscaldamento del gas a monte di ciascuno stadio di espansione è normalmente fornito da caldaie a gas, attraverso scambiatori opportunamente dimensionati. Già la sola turboespansione, nella sua normale configurazione, si presenta come un sistema energetico concettualmente interessante; esso è in grado di indurre un sensibile risparmio d’energia primaria rispetto agli impianti tradizionali, dell'ordine del 20-25%. È possibile, però, fare un notevole salto di qualità combinando il turboespansore con un gruppo di motori endotermici cogenerativi; essi possono produrre ulteriori quantitativi d’energia e, nel contempo, fornire ai summenzionati scambiatori il calore che sarebbe altrimenti dissipato dall'acqua di raffreddamento, dall'olio di lubrificazione e dal gas di scarico. Un sistema così concepito presenta, dal punto di vista energetico, caratteristiche eccezionali: il risparmio d’energia primaria può salire, con un’oculata progettazione, al 50-55% ed il bilancio delle energie in gioco diventa estremamente favorevole.

La cogenenerazione applicata alla turboespansione Si può osservare dalla fig. 34 che l'interfaccia tra motori e turboespansore è costituita dal circuito dell'acqua che alimenta gli scambiatori; alle caldaie resta soltanto la funzione integrativa e d’emergenza. I problemi da affrontare per la realizzazione di un impianto di turboespansione cogenerativa sono di varia natura: - dimensionamento dei motori, in altre parole scelta del numero e della taglia dei medesimi, in

modo da ottenere un buon accoppiamento con l'espansore e prestazioni soddisfacenti del sistema combinato;

- determinazione del criterio ottimale di esercizio dell'impianto al variare delle condizioni di carico della turbina e con riferimento al bilancio energetico e/o al contesto tariffario.

Per quanto riguarda il numero dei motori, appare opportuna una soluzione sufficientemente flessibile, ma non troppo penalizzante economicamente: la flessibilità è assicurata dalla presenza di più moduli cogenerativi, ma ovviamente il frazionamento della potenza fa aumentare il costo d’acquisto e d’installazione degli stessi. Nelle suddette condizioni la potenza elettrica sviluppata è circa pari a quella del turboespansore, mentre la potenza termica richiesta per i preriscaldamenti, approssimativamente, del 30-35% superiore. Durante il funzionamento dell'impianto, considerando le escursioni della portata e delle pressioni, le prestazioni variano notevolmente. In tal modo i motori sono in grado di coprire quasi tutto il fabbisogno termico dell'espansore, sostituendo le caldaie, che interverranno solo in caso di necessità. L’esercizio La verifica della fattibilità viene di norma condotta considerando l'andamento previsto della portata di gas durante l'anno in corrispondenza di diversi criteri possibili per la conduzione dei motori, per i quali viene assunta la specifica curva delle prestazioni al variare del carico, quali: A) regolazione in funzione della richiesta termica, dipendente dalla portata di gas erogata; B) funzionamento costantemente a carico nominale per un determinato numero di mesi l’anno (per es. 10), ma con fattore di utilizzazione 0.9; C) funzionamento con caratteristiche intermedie (C1, C2, C3, etc...) rispetto ai criteri A e B i quali corrispondono a condizioni limiti di esercizio; si veda fig.33. Con il criterio A si ottiene il migliore bilancio energetico complessivo, con il criterio B la massima produzione d’energia elettrica (con parziale dissipazione del calore allo scarico). L'installazione dei motori, dunque, comporta un incremento della produzione elettrica che può variare tra il 75% (Soluzione A) e il 150% (Soluzione B), rispetto alla pura turboespansione. Corrispondentemente il

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fabbisogno di gas da bruciare con i motori aumenta proporzionalmente. La soluzione A comporta il massimo risparmio energetico rispetto alla situazione tradizionale (generazione della stessa quantità d’elettricità in centrali termoelettriche e laminazione della stessa quantità annuale di gas in un’usuale cabina di decompressione). La soluzione B effettua il massimo sfruttamento dei motori, producendo più energia elettrica, ma comporta una notevole dissipazione di energia termica da parte dei motori stessi, poiché essi vengono fatti funzionare in modo esuberante rispetto alle necessità termiche della centrale (turboespansione e preriscaldo gas avanti primo salto di laminazione). È evidente che, man mano che il reale esercizio passa da una filosofia tipo A ad una tipo B (C1, C2, C3, etc..), aumentano le spese non solo per il consumo di combustibile, ma anche per la manutenzione e per le revisioni dei motori, ovviamente più frequenti. L'analisi dei costi e dei ricavi di esercizio deve tenere in conto dei flussi finanziari, legati a quelli dell'energia e dei combustibili, ovvero: - i costi di esercizio (combustibile, manutenzione, revisioni, ecc.); - i risparmi conseguenti allo scambio, con rete ENEL, dell'energia elettrica prodotta; - i risparmi dovuti al mancato uso di combustibile nelle caldaie per il preriscaldamento del gas. Per i motori è prevista, di norma, una revisione generale ogni 40.000 ore d’esercizio, il cui costo è valutato in circa il 5 % del valore storico del motore. I costi di conduzione e manutenzione ordinaria sono ritenuti pari a circa 10÷15 centesimi d’euro/Kwh prodotto, ivi comprese le spese per i lubrificanti. Gli intervalli tra una revisione e l'altra dipendono dal criterio d’esercizio: - con la soluzione A ciascun motore funziona, in media, 4.500 ore l'anno; perciò occorre una

revisione ogni 8,5 anni; -

- con la soluzione B ciascun motore funziona 6.450 ore l'anno, il che comporta una revisione ogni 6 anni.

Di norma i motori possono essere sottoposti, durante la loro vita tecnica, a tre revisioni. Le caldaie funzioneranno circa 3.600 ore l'anno con la soluzione A, 1.400 ore l'anno con la soluzione B; nel caso A le caldaie devono entrare in esercizio sia per le punte di carico, sia a motori spenti, quando il carico è inferiore al minimo tecnico. A titolo d’esempio si riporta lo schema tipo di una cabina con turboespansione cogenerativa avente la portata Q = 50.000 Nm3/h con due uscite, una in media pressione e l'altra in bassa pressione.

Fig. 33 Effetti economici dovuti alla applicazione della cogenerazione alla turboespansione

Il grafico di fig.33 evidenzia gli effetti economici positivi indotti con l’applicazione di motori cogenerativi, in funzione dell’energia generata dai soli motori, dei costi gestionali e dei ricavi dell’energia prodotta.

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Fig. 34 Schema funzionale di centrale gas da 50.000 Smc/ h con turboespansione-cogenerativa a 2 motori

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GLI ALLACCIAMENTI Per allacciamento si intende il tratto di tubazione che dalla condotta stradale trasporta il gas al limite fra le proprietà pubblica e privata, dove generalmente sono posti i contatori del gas e da dove inizia l'impianto interno dell'utente (Fig.A). Nel caso invece in cui i contatori siano posti sui terrazzi degli appartamenti o comunque all'interno della proprietà privata, dal limite di essa si dipartirà la "colonna montante", il cui percorso sarà per il più possibile esterno fino ai misuratori (Fig.B). Gli impianti interni delle abitazioni sono regolati da precise norme (UNI 7129-72) che, oltre a contenere tutte le prescrizioni necessarie per i materiali e la posa in opera, prescrivono un dimensionamento dell'impianto stesso tale che la caduta di pressione dal misuratore agli utilizzatori non sia superiore ad un prefissato valore.

SCHEMA (A)

SCHEMA (B)

Fig. 35 Schemi di allacciamenti

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INDICE INTRODUZIONE Il Gas naturale in Italia ed in Europa Il mercato e la distribuzione pag. 1 Le fasi della metanizzazione pag. 3 Il mercato del metano pag. 3 Richiami di concetti e definizione Pressione pag. 4 Densità pag. 5 Caloria - Calore specifico. pag. 5 Potere calorifico pag. 5 Combustione e potere corburivoro pag. 5 Miscele esplosive pag. 5 Volume pag. 6 Stato del gas pag. 6 Riduzione a condizioni volute pag. 7 Caratteristiche chimico fisiche del gas naturale - metano Il metano puro pag. 7 Composizione del gas naturale pag. 7 Intercombinabilità dei gas - Indice di Wobbe pag. 7 Caratteristiche medie del gas naturale pag. 8 Reazione di combustione pag. 8 Potere calorifico superiore ed inferiore del metano puro pag. 8 I prezzi e le previsioni nel sistema distributivo Ambito di determinazione e formazione dei prezzi pag. 9 Fondo per la compensazione temporanea pag. 9 Previsione sui consumi pag. 11 Determinazione delle utenze potenziali (civili) pag. 11 Calcolo dei consumi (uso civile) pag. 11 Determinazione delle utenze potenziali (industriali) pag. 11 Nota sui gradi giorno pag. 12 Impianti per la distribuzione I trasporti ed impianti di trattamento Considerazioni preliminari pag. 13 Adduzione - Trasporto a distanza Generalità pag. 14 Capacità e considerazioni sul dimensionamento di una condotta gas pag. 14 La Centrale di primo salto Cabina di presa, misura ed odorizzazione pag. 15 Alcuni trattamenti prima dell’immissione in rete Trattamenti speciali pag. 18 Sistemi di stoccaggio Utilità pag. 19 Dimensioni pag. 19 Tipologie impiantistiche pag. 20 Stoccaggio a secco pag. 21 Stoccaggio refrigerato pag. 22 Distribuzione in bassa pressione Le reti Definizione pag. 23 Pressione d’esercizio pag. 23

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Calcolo delle cadute di pressione pag. 23 Guadagno di pressione in quota pag. 23 Determinazione della pressione barometrica pag. 23 Condotte in bassa pressione pag. 24 Impianti di riduzione finale Riduttori di zona pag. 24 Considerazioni sugli I.R.F. pag. 25 Distribuzione in media pressione Le reti Generalità pag. 27 Descrizione pag. 27 Classificazione delle condotte Riferimenti normativi pag. 28 Materiali Generalità pag. 29 Tubazioni in cemento amianto pag. 29 Tubazioni in acciaio pag. 29 Tubazioni in ghisa pag. 29 Tubazioni in materiale plastico pag. 29 La protezione nelle condotte Generalità pag. 30 Protezione passiva pag. 30 Protezione attiva pag. 31 Calcolo delle reti Simbologia ed unità di misura pag. 33 Condotte in bassa pressione pag. 33 Condotte in media pressione pag. 36 Produzione di energia nelle centrali gas La turboespansione Considerazioni preliminari pag. 37 La macchina - L’impiantistica - La produzione pag. 38 Problematiche di gestione pag. 40 Il sistema integrato - turboespansione cogenerativa Il preriscaldo pag. 42 La cogenerazione applicata alla turboespansione pag. 42 L’esercizio pag. 42 Gli allacciamenti pag. 45