Tecnica Urbanistica

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TECNICA URBANISTICA Domande e risposte per la preparazione all’esame

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Domande e risposte per la preparazione dell'esame di Tecnica Urbanistica per la facoltà di Ingegneria/Architettura

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TECNICA URBANISTICA

Domande e risposte per la preparazione all’esame

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1.Dare la definizione di piano e di programma in urbanistica Piano: Uno strumento articolato capace, dopo una approfondita fase di conoscenza del territorio, di definire le linee di sviluppo, le opzioni di cura, i modi di intervento e di uso del territorio (strumento di organizzazione generale o settoriale del territorio)Programma: Dato un insieme di azioni (espresse tramite politiche e piani), si precisano: obiettivi e priorità, strategie, tempi di attuazione, risorse finanziarie con i quali le azioni verranno eseguite (strumento di gestione strategica del territorio)

2.Quali sono gli strumenti di pianificazione in Emilia-Romagna? -pianificazione territoriale regionale ad opera della regione tramite piano territoriale regionale (ptr) e piano territoriale paesistico regionale (stralcio ptr)-pianificazione territoriale provinciale ad opera della provincia tramite piano territoriale di coordinamento provinciale (ptcp)-pianificazione urbanistica comunale ad opera del comune tramite piano strutturale comunale (psc), regolamento urbanistico ed edilizio (rue), piano operativo comunale (poc), piani urbanistici attuativi (pua)Possiamo anche vederli come:-azione territoriale di coordinamento ad opera di regione e provincia tramite piano territoriale di coordinamento regionale (ptr) e piano territoriale di coordinamento provinciale (ptcp)-azione strutturale e operativa (strategie e diritti di uso del suolo) ad opera di uno o più comuni tramite piano urbanistico comunale (piano regolatore generale comunale) e piano regolatore generale intercomunale-azioni di attuazione ad opera del comune (iniziativa pubblica) tramite piano particolareggiato, piano di recupero, piano di edilizia economica e popolare, piano degli insediamenti produttivi-azioni di attuazione ad opera dei cittadini (iniziativa privata) tramite piano di lottizzazione e piano di recupero

3.Quali sono gli obiettivi generali attribuiti in Emilia-Romagna alla pianificazione urbanistica? principi – guida strutturali:• Promuovere un ORDINATO SVILUPPO del territorio;• Assicurare la COMPATIBILITÀ delle trasformazioni con la SICUREZZA FISICA e con l’IDENTITÀ

CULTURALE del territorio;• Migliorare la QUALITÀ DELLA VITA e la SALUBRITÀ degli insediamenti;• RIDURRE la PRESSIONE ANTROPICA sui sistemi naturali e ambientali (anche attraverso mitigazione

ambientale);• Promuovere il miglioramento della qualità urbana attraverso interventi di RIQUALIFICAZIONE DEL

TERRITORIO;• EVITARE quanto più possibile nuovo CONSUMO DI SUOLO: privilegiare interventi di RECUPERO.

4.Quali sono le azioni attribuite in Emilia-Romagna alla pianificazione urbanistica? Azioni strutturali e operativeIndividuazione degli OBIETTIVI GENERALI di sviluppo economico e sociale, di tutela e riequilibrio del territorio;La formazione di un QUADRO CONOSCITIVO;La determinazioni delle AZIONI IDONEE alla realizzazione degli obiettivi;La REGOLAMENTAZIONE degli interventi e la PROGRAMMAZIONE della loro attuazione; Il monitoraggio e il bilancio degli EFFETTI sul territorio in conseguenza all’attuazione dei piani.

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5.Descrivere competenze, finalità e contenuti del PSC ai sensi della L.r. 20/2000 Competenze: • strumento di pianificazione generale del territorio predisposto dal Comune;• strumento previsto per tempi medio-lunghi (15-20 anni);• riguarda TUTTO il territorio comunaleFinalità:• delineare le proprie scelte strategiche di assetto e sviluppo;• tutelare l’integrità fisica e ambientale;• tutelare l’identità culturaleContenuti:• valuta consistenza, localizzazione e vulnerabilità delle risorse naturali ed antropiche e ne indica le soglie di

criticità;• fissa i limiti e le condizioni di sostenibilità degli interventi;• individua le infrastrutture e le attrezzature di maggiore rilevanza;• classifica il territorio comunale in urbanizzato, urbanizzabile e rurale;• individua gli ambiti del territorio e ne definisce le caratteristiche urbanistiche e funzionali;• definisce le trasformazioni che possono essere attuate per intervento indiretto (POC) e per intervento diretto

(RUE)

6.Descrivere gli ambiti territoriali individuati ai sensi della L.r. 20/2000 Sistema insediativi storico• Centri storici• Insediamenti e infrastrutture storici del territorio rurale• Edifici di valore storico-architettonico, culturale e testimonialeTerritorio urbano e urbanizzabile• Ambiti urbani consolidati• Ambiti da riqualificare• Ambiti per i nuovi insediamenti• Ambiti specializzati per attività produttive• Aree ecologicamente attrezzate• Poli funzionaliTerritorio rurale• Aree di valore naturale e ambientale• Ambiti agricoli di rilievo paesaggistico• Ambiti ad alta vocazione produttiva agricola• Ambiti agricoli normali• Ambiti agricoli periurbani

7.Descrivere competenze, finalità e contenuti del POC ai sensi della L.r. 20/2000 Competenze: • Il Piano Operativo Comunale e' lo strumento urbanistico che individua e disciplina gli interventi di tutela e

valorizzazione, di organizzazione e trasformazione del territorio da realizzare nell'arco temporale di cinque anni. Il POC e' predisposto in conformita' alle previsioni del PSC e non puo' modificarne i contenuti.

Finalità:• individua e disciplina gli interventi possibili negli ambiti di trasformazione urbanistica individuati dal Piano

Strutturale Comunale (PSC) nel territorio comunale • è predisposto in conformità alle previsioni del PSC e non può modificarne i contenuti

Contenuti:• l’ambito a cui appartiene il comparto• la descrizione del comparto• la localizzazione geografica• le strategie urbanistiche• le funzioni urbanistiche e i relativi limiti della capacità insediativa• i dati dimensionali e la capacità insediativa• le modalità attuative• le dotazioni territoriali• le prescrizioni particolari

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• il perimetro del comparto• la delimitazione di sotto-zone del comparto• la viabilità di progetto• la localizzazione di aree esterne al comparto da destinare a infrastrutture per la mobilità di interesse del

comparto stesso• le fasce di rispetto stradale• la localizzazione dei collegamenti alla viabilità pubblica di progetto ed esistente• la localizzazione delle piste e dei percorsi ciclabili• il divieto di apertura di accessi carrabili su strada• la localizzazione delle aree per l’edificazione• la localizzazione di aree per attrezzature e spazi collettivi• la localizzazione di aree per parcheggi pubblici• la localizzazione di aree di riequilibrio ambientale con funzione di dotazioni ecologiche e ambientali• l’ubicazione indicativa dei parcheggi pubblici e la quota riservata

8.Descrivere competenze, finalità e contenuti del RUE ai sensi della L.r. 20/2000 Competenze:_Il Regolamento Urbanistico ed Edilizio contiene la disciplina generale delle tipologie e delle modalità attuative degli interventi di trasformazione nonché delle destinazioni d'uso. Il regolamento contiene altresì le norme attinenti alle attività di costruzione, di trasformazione fisica e funzionale e di conservazione delle opere edilizie, ivi comprese le norme igieniche di interesse edilizio, nonché la disciplina degli elementi architettonici e urbanistici, degli spazi verdi e degli altri elementi che caratterizzano l'ambiente urbanoFinalità:_contiene la disciplina generale delle tipologie, dei modi di attuazione e delle destinazioni d'uso degli interventi di trasformazione sul patrimonio edilizio esistente, le norme igienico-edilizie attinenti alle attività di trasformazione fisica e funzionale e di conservazione delle opere edili, nonché la disciplina degli elementi architettonici, urbanistici e degli spazi verdi_deve intendersi in ogni caso conforme alle prescrizioni, alle direttive e agli indirizzi espressi dal PSC. In caso di difformità del RUE alle disposizioni del PSC queste ultime sono comunque prevalentiContenuti:_gli interventi sul patrimonio edilizio esistente nel sistema insediativo storico_gli interventi sul patrimonio edilizio esistente negli ambiti di trasformazione per il quale il Piano Strutturale Comunale (PSC) prevede l’inserimento nel Piano Operativo comunale (POC)_le trasformazioni negli ambiti urbani consolidati, compresi gli interventi sulle dotazioni territoriali esistenti_le trasformazioni nel territorio rurale_le trasformazioni negli ambiti per attività produttive esistenti_le norme procedurali del processo edilizio_la definizione dei parametri edilizi e urbanistici e i metodi per il loro calcolo_la disciplina degli oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione_i modi di calcolo delle monetizzazioni delle dotazioni territoriali_i requisiti tecnici delle costruzioni edilizie, ivi compresi i requisiti igienici di particolare interesse edilizio

9.Descrivere competenze, finalità e contenuti della VALSAT ai sensi della L.r. 20/2000 VALSAT: Valuta in via preliminare gli effetti complessivi derivati dall'attuazione delle scelte indicate dal documento preliminare, in considerazione delle caratteristiche del territorio evidenziate dal quadro conoscitivo.Competenze: • E’ parte integrante del processo di elaborazione ed approvazione degli strumenti di pianificazione di

Regione, Provincia e Comuni. Finalità: • Ha la finalità di verificare la conformità delle scelte di piano agli obiettivi generali della pianificazione e agli

obiettivi di sostenibilità dello sviluppo del territorio, definiti dai piani generali e di settore e dalle disposizioni di livello comunitario, nazionale, regionale e provinciale.•1 si configura come un momento del processo di pianificazione che concorre alla definizione delle scelte di

piano•2. è volta a determinare preventivamente gli effetti che deriveranno dall’attuazione delle singole scelte di

piano e consente, di conseguenza, di selezionare tra le possibili soluzioni alternative quelle maggiormente rispondenti ai predetti obiettivi generali di piano

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•3. è orientata a fornire elementi conoscitivi e valutativi per la formulazione delle decisioni definitive del piano

•4. consente di documentare le ragioni poste a fondamento delle scelte strategiche, sotto il profilo della garanzia della coerenza delle stesse con le caratteristiche e lo stato del territorio

Contenuti: Analisi dello stato di fatto• Definizione degli obiettivi• Individuazione degli effetti del piano• Localizzazioni alternative e mitigazioni• Valutazione di sostenibilità• Monitoraggio degli effetti

10. Descrivere l’evoluzione dei contenuti della pianificazione paesaggistica dal concetto di vincolo al piano paesistico della L. 431/85

VINCOLO :L.1497/39 Protezione delle bellezze naturaliOggetto di vincolo:

• le cose immobili che hanno cospicui caratteri di bellezza naturale o di singolarità geologica• le ville, i giardini e i parchi che si distinguono per la loro non comune bellezza• i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale• le bellezze panoramiche considerate come quadri naturali; i punti di vista o di belvedere, accessibili al

pubblico, dai quali si goda lo spettacolo di quelle bellezzePIANO PAESISTICO: L.431/85 Conversione in legge del d.l.312/85 recante disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale

Oggetto di vincolo:• i territori costieri compresi in una fascia di 300 metri dalla linea di battigia• i territori contermini ai laghi compresi in una fascia di 300 metri dalla linea di battigia• i fiumi, i torrenti e i corsi d’acqua e le relative sponde o piede degli argini per una fascia di 150 metri

ciascuna• le montagne per la parte eccedente 1600 metri sul livello del mare per la catena alpina e 1200 metri s.l.m.

per la catena appenninica e per le isole• i ghiacciai e i circhi glaciali• i parchi e le riserve nazionali o regionali, nonché i territori di protezione esterna dei parchi• i territori coperti da foreste e da boschi, ancorché percorsi o danneggiati dal fuoco, e quelli sottoposti a

vincolo di rimboschimento• le aree assegnate alle università agrarie e le zone gravate da usi civici• le zone umide• i vulcani• le zone di interesse archeologici

11. Descrivere gli obiettivi di qualità che il piano paesaggistico deve raggiungere ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio

Obiettivi: -il mantenimento delle caratteristiche, degli elementi costitutivi e delle morfologie, tenuto conto anche delle tipologie architettoniche, nonché delle tecniche e dei materiali costruttivi• il recupero e la riqualificazione degli immobili e delle aree sottoposti a tutela compromessi o degradati, al

fine di reintegrare i valori preesistenti ovvero di realizzare nuovi valori paesaggistici coerenti ed integrati con quelli originari

• la previsione di linee di sviluppo urbanistico ed edilizio compatibili con i diversi livelli di valore riconosciuti e tali da non diminuire il pregio paesaggistico del territorio, con particolare attenzione alla salvaguardia dei siti inseriti nella lista del patrimonio mondiale dell’UNESCO e delle aree agricole

12. Quali sono le fasi di elaborazione del piano paesaggistico ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio?

Fasi di elaborazione:

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• ricognizione dell’intero territorio, attraverso l’analisi delle caratteristiche storiche, naturali, estetiche e delle loro interrelazioni e la conseguente definizione dei valori paesaggistici da tutelare, recuperare, riqualificare e valorizzare

• analisi delle dinamiche di trasformazione del territorio attraverso l’individuazione dei fattori di rischio e degli elementi di vulnerabilità del paesaggio, la comparazione con gli altri atti di programmazione, di pianificazione e di difesa del suolo

• individuazione degli ambiti paesaggistici e dei relativi obiettivi di qualità paesaggistica• definizione di prescrizioni generali ed operative per la tutela e l’uso del territorio• determinazione di misure per la conservazione dei caratteri connotativi delle aree tutelate per legge e dei

criteri di gestione e degli interventi di valorizzazione paesaggistica• individuazione degli interventi di recupero e riqualificazione delle aree compromesse o degradate• individuazione delle misure necessarie al corretto inserimento degli interventi di trasformazione del

territorio nel contesto paesaggistico, alle quali debbono riferirsi le azioni e gli investimenti finalizzati allo sviluppo sostenibile delle aree interessate

13. In cosa consiste la zonizzazione paesistica contenuta nel PTPR della regione Emilia-Romagna? È uno dei tre elementi che troviamo in un piano paesaggistico, insieme alle unità di paesaggio e all’efficacia normativa.Essa consiste nella suddivisione del territorio in:• SISTEMI cioè ambiti che strutturano e definiscono la forma e l'assetto del territorio regionale

suddividendolo in macroaree ad esempio: il sistema dei crinali, il sistema collinare, il sistema forestale e boschivo, il sistema delle aree agricole, il sistema costiero, il sistema delle acque superficiali

• ZONE ovvero ambiti che connotano e caratterizzano le diverse realtà regionali e che vengono individuate in base alla omogeneità, al valore paesaggistico-ambientale

• ELEMENTI, oggetti intesi come ambiti o elementi aventi una propria definita ed inconfondibile identitàEsempi per entrambi: zone ed elementi di interesse storico-archeologico,insediamenti urbani storici e strutture insediative storiche non urbane, zone ed elementi di interesse storico-testimoniale, zone di tutela naturalistica, cioè ecosistemi, biotopi rilevanti e rarità geologiche, nonché ambiti territoriali ad essi interrelati, altre zone di particolare interesse paesaggistico-ambientale

14. Cosa sono le unità di paesaggio contenute nel PTPR della regione Emilia-Romagna? È uno dei tre elementi che troviamo in un piano paesaggistico, insieme alla zonizzazione e all’efficacia normativa.Le Unità di paesaggio rappresentano ambiti territoriali con specifiche, distintive e omogenee caratteristiche di formazione e di evoluzione individuati mediante l'incrocio di una serie complessa di fattori (costituzione geologica, elementi geomorfologici, quota, microclima ed altri caratteri fisico-geografici, vegetazione, espressioni materiali della presenza umana, …). Tra le più importanti in Emilia-Romagna possiamo ricordare: Costa Nord, Costa Sud, Bonifica ferrarese, Bonifica romagnola, Bonifiche estensi, Bonifiche bolognesi, Pianura romagnola …Gli obiettivi delle unità di paesaggio sono diversi:• formare una matrice territoriale da utilizzare come riferimento per gli elementi individuati mediante i

censimenti (beni maturali, edifici, manufatti diversi, presenze vegetazionali, …) e per la formulazione di un giudizio di valore di contesto

• collegare organicamente tra loro i diversi oggetti del Piano (sistemi, zone, elementi, categorie, classi e tipologie) e le disposizioni normative ad essi riferite

• descrivere conseguentemente l'aspetto strutturale e strutturante il paesaggio di determinate, significative, porzioni di territorio

• pianificare e gestire assieme oggetti tra loro diversi, orientando le azioni verso un obiettivo comune - di conservazione o di trasformazione - nel rispetto delle invarianti paesaggistiche-ambientali, degli equilibri complessivi e delle dinamiche proprie di ciascun componente

15. Descrivere i criteri di efficacia normativa del PTPR della regione Emilia-Romagna

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È uno dei tre elementi che troviamo in un piano paesaggistico, insieme alla zonizzazione e alle unità di paesaggio.L’efficacia normativa è suddivisa in tre modalità:• INDIRIZZI costituiscono norme di orientamento per l'attività di pianificazione e programmazione della

Regione, delle Province, dei Comuni, nonché degli altri soggetti interessati dal Piano. I predetti strumenti di pianificazione e di programmazione, regionali o subregionali e le varianti degli stessi, provvedono ad una loro adeguata interpretazione e applicazione alle specifiche realtà locali interessate, tenendo conto anche delle unità di paesaggio

• DIRETTIVE costituiscono norme operative che debbono essere osservate nell'attività di pianificazione e di programmazione regionale o subregionale, nonché per gli atti amministrativi regolamentari regionali o subregionali

• PRESCRIZIONI costituiscono norme vincolanti, relative a sistemi, zone ed elementi esattamente individuati e delimitati dalle tavole del piano, ovvero esattamente individuabili in conseguenza delle loro caratteristiche fisiche distintive, che prevalgono automaticamente nei confronti di qualsiasi strumento di pianificazione, di attuazione della pianificazione e di programmazione regionale o subregionale e sono immediatamente precettive

16. Quali sono le competenze degli enti locali nella pianificazione del paesaggio in Emilia-Romagna? Regione : • Programmazione delle risorse per il paesaggio• Tutela delle strutture invarianti del paesaggio regionale• Formulazione di prescrizioni, direttive e indirizzi• Individua i vincoli stabiliti da leggi nazionali• Promozione di progetti di tutela e valorizzazione del paesaggioQuesti obiettivi vengono elaborati nel Piano territoriale paesistico regionaleProvincia: • Pianificazione del paesaggio• Articolazione spaziale del paesaggio provinciale• Recepimento e formulazione di prescrizioni, direttive e indirizzi• Valutazione della vulnerabilità del paesaggio• Definizione delle conseguenti azioni di tutela del paesaggioQuesti obiettivi vengono elaborati nel Piano territoriale di coordinamento provincialeComune: • Specificazione e approfondimento territoriale • Imposizione di vincoli urbanistici• Norme sugli elementi puntuali del paesaggio• Controllo del regime di autorizzazione paesaggisticaQuesti obiettivi vengono elaborati nel Piano strutturale comunale Elemento di raccordo tra il Piano territoriale di coordinamento provinciale e il strutturale comunale è la Valsat

17. Quali sono le aree tematiche affrontate dalla pianificazione di bacino? Suolo: • sistemazione e conservazione suolo: instabilità dei versanti, rischio sismico e vulcanico, fenomeni di

subsidenza, rischio idrogeologico, attività estrattive, discariche• difesa delle acque: esondazione da piena e/o rottura argini, erosione alvei e coste, dinamica fluviale• recupero del suolo: inquinamento per attività antropiche, depauperamento boschi, abbandono di aree

naturali.Acqua:• uso risorsa idrica: utilizzazioni usi diversi acque superficiali e sotterranee, approvvigionamento e

distribuzione, gestione risorsa idrica• difesa qualità acque superficiali e sotterranee: minimo deflusso vitale, inquinamento acque superficiali e

sotterranee, scarichi urbani industriali, discariche, impianti di depurazioneAmbiente:• assetto territorio: insediamenti urbani, infrastrutture, attività produttive, risorsa agraria, risorsa paesaggistica,

emergenze storico architettoniche• compatibilità dei sistemi produttivi: industria, cave, discariche, energia• normativa: ripartizione competenze, legislazione comunitaria, nazionale, regionale, ecc., criteri di

salvaguardia

18. Quali sono gli obiettivi e le finalità della pianificazione di bacino?

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OBIETTIVI E FINALITA’ (art. 3, L.183/89)• la sistemazione, la conservazione ed il recupero del suolo nei bacini idrografici • la difesa, la sistemazione e la regolazione dei corsi d'acqua e delle zone umide; • la moderazione delle piene• la disciplina delle attività estrattive• la difesa e il consolidamento dei versanti e delle aree instabili, nonché la difesa degli abitati e delle

infrastrutture contro i movimenti franosi, le valanghe e altri fenomeni di dissesto; • il contenimento dei fenomeni di subsidenza dei suoli e di risalita delle acque marine lungo i fiumi e nelle

falde idriche• la protezione delle coste e degli abitati dall'invasione e dall'erosione delle acque marine ed il ripascimento

degli arenili, • il risanamento delle acque superficiali e sotterranee • la razionale utilizzazione delle risorse idriche superficiali e profonde• lo svolgimento funzionale dei servizi di polizia idraulica, di navigazione interna, di piena e di pronto

intervento idraulico, nonché‚ della gestione degli impianti; • la manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere e degli impianti nel settore e la conservazione dei beni; • la regolamentazione dei territori interessati dagli interventi di cui alle lettere precedenti ai fini della loro

tutela ambientale • la gestione integrata in ambienti ottimali dei servizi pubblici nel settore • il riordino del vincolo idrogeologico; • l'attività di prevenzione e di allerta svolta dagli enti periferici operanti sul territorio.

19. Quali sono i contenuti della pianificazione di bacino? CONTENUTI (art. 17, L.189/93)• il quadro conoscitivo aggiornato del sistema fisico, delle utilizzazioni del territorio, nonché dei vincoli

idrogeologici e culturali-ambientali relativi al bacino• la individuazione e la quantificazione delle situazioni, in atto e potenziali, di degrado del sistema fisico • le direttive alle quali devono uniformarsi la difesa del suolo, la sistemazione idrogeologica ed idraulica e

l'utilizzazione delle acque e dei suoli• l'indicazione delle opere necessarie in funzione: dei pericoli di inondazione e della gravità ed estensione del

dissesto; del perseguimento degli obiettivi di sviluppo sociale ed economico o di riequilibrio territoriale; del tempo necessario per assicurare l'efficacia degli interventi

• la programmazione e l'utilizzazione delle risorse idriche, agrarie, forestali ed estrattive• la individuazione delle prescrizioni, dei vincoli e delle opere idrauliche, idraulico-agrarie, idraulico-forestali,

di forestazione, di bonifica idraulica, di stabilizzazione e consolidamento dei terreni e di ogni altra azione o norma d'uso o vincolo finalizzati alla conservazione del suolo ed alla tutela dell'ambiente

• le opere di protezione, consolidamento e sistemazione dei litorali marini che sottendono il bacino idrografico

• la valutazione preventiva del rapporto costi-benefici, dell'impatto ambientale e delle risorse finanziarie per i principali interventi previsti

• la normativa e gli interventi rivolti a regolare l'estrazione dei materiali litoidi dal demanio fluviale, lacuale e marittimo

• l'indicazione delle zone da assoggettare a speciali vincoli e prescrizioni in rapporto alle specifiche condizioni idrogeologiche, ai fini della conservazione del suolo, della tutela dell'ambiente e della prevenzione contro presumibili effetti dannosi di interventi antropici

• le prescrizioni contro l'inquinamento del suolo ed il versamento nel terreno di discariche di rifiuti civili ed industriali

• le misure per contrastare i fenomeni di subsidenza • il rilievo e le portate delle derivazioni in atto con specificazione degli scopi energetici, idropotabili, irrigui

od altri • il rilievo delle utilizzazioni diverse per la pesca, la navigazione od altre • il piano delle possibili utilizzazioni future sia per le derivazioni che per altri scopi, distinte per tipologie

d'impiego e secondo le quantità; • le priorità degli interventi ed il loro organico sviluppo nel tempo, in relazione alla gravità del dissesto

20. Descrivere finalità, strumenti e ambiti di applicazione del PAI (dell’AdB del fiume Po)

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FINALITA’ E OBIETTIVI• Quantificazione del rischio idraulico e idrogeologico esistente nel bacinoSTRUMENTI• Interventi strutturali a difesa degli insediamenti esistenti• Vincoli sulle aree a rischio, per impedire nuovi insediamenti incompatibili• Allontanamento degli insediamenti incompatibili dalle aree a rischio• Integrazione con i sistemi di previsione di piena e con i piani di protezione civile • Diffusione presso la popolazione della conoscenza delle condizioni di rischioAMBITI DI APPLICAZIONE• Sistema arginato • Reticolo idrografico principale non arginato • Reticolo idrografico collinare-montano e versanti

21. Descrivere l’equazione del rischio e i suoi fattori in relazione alla determinazione del rischio idrogeologico

l'equazione del rischio è una funzione che cambia di volta in volta; la sua espressione matematica è H x E x V = R dove H = pericolosità: Probabilità di occorrenza dell’evento calamitoso entro un certo intervallo di tempo ed in una zona tale da influenzare l’elemento a rischio definisco con modelli probabilistici l’ambito territoriale entro cui il rischio può accadere in un certo intervallo di tempoE = valore esposto: È il valore (che può essere espresso in termini monetari o di numero o di quantità di unità esposte ) della popolazione, delle proprietà e delle attività economiche, inclusi i servizi pubblici, a rischio in una data area Per definire un rischio dev'esserci un valore espostoV = vulnerabilità: il grado di perdita (espresso in una scala da 0 =“nessun danno” a 1 = “perdita totale” ) prodotto su un certo elemento o gruppo di elementi esposti a rischio risultante dal verificarsi dell’evento calamitoso E x V = danno che ogni elemento subisceR = rischio: può essere riportato in una scala di valori:• R1 rischio moderato • R2 rischio medio • R3 rischio elevato • R4 rischio molto elevatoIl rischio non viene annullato ho portato sotto il livello moderato ed è una composizione di tre aspetti:• nella zona c’è un possibile rischio • ci sono dei beni di valore in gioco • quanto vale la perdita

22. Quali sono le ricadute del PAI sul PTCP? Vi è una Cooperazione inter-istituzionale:Il PAI realizza:• Atlante dei rischi idraulici e idrogeologici • Indirizzi alla pianificazione territoriale di coordinamento provinciale• Criteri per la formulazione di intese (art. 57 D.Lgs. 112/98)Parallelamente ai punti sovrastanti il PTCP provvede a:• Verificare e/o definire il sistema delle tutele ambientali non inferiore a quello del PAI• Delimitare le fasce sui corsi d’acqua minori e attuare approfondimenti sui corsi d’acqua fasciati• Il PTCP per il quale è stata raggiunta l’intesa diventa il riferimento per l’adeguamento dei PRG

23. Di cosa si occupa la VAS ai sensi della Direttiva 2001/42/CE e quali sono le fasi del processo di applicazione?

La VAS si occupa di:• Elaborazione di un RAPPORTO DI IMPATTO AMBIENTALE:

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•che sono elaborati per i settori agricolo, forestale, della pesca, energetico, industriale, dei trasporti, della gestione dei rifiuti e delle acque, delle telecomunicazioni, turistico, della pianificazione territoriale o della destinazione dei suoli

•contengano la definizione del quadro di riferimento per l’approvazione, l’autorizzazione, l’area di localizzazione o comunque la realizzazione di opere ed interventi i cui progetti sono sottoposti a valutazione di impatto ambientale in base alla normativa vigente

• svolgimento di CONSULTAZIONI, VALUTAZIONE del rapporto ambientale e dei risultati delle consultazioni nell’iter decisionale, concernenti i siti designati come zone di protezione speciale per la conservazione degli uccelli selvatici e quelli classificati come siti di importanza comunitaria per la protezione degli habitat naturali e della flora e della fauna selvatica

• messa a disposizione delle INFORMAZIONI SULLA DECISIONESchema procedurale:deve essere effettuata durante la fase preparatoria del piano o del programma e anteriormente alla sua adozione o all'avvio della relativa procedura legislativa• le condizioni stabilite dalla direttiva sono integrate nelle procedure in vigore negli Stati membri per

l'adozione dei piani e dei programmi o nelle procedure definite per conformarsi alla direttiva stessa• nel caso di piani e programmi gerarchicamente ordinati gli Stati membri tengono conto, onde evitare

duplicazioni della valutazione, del fatto che essa sarà effettuata, ai sensi della presente direttiva, a vari livelli della gerarchia

24. Descrivere i contenuti del Rapporto ambientale nella procedura di VAS Il rapporto ambientale in cui siano individuati, descritti e valutati gli effetti significativi che l'attuazione del piano o del programma potrebbe avere sull'ambiente nonché le ragionevoli alternative alla luce degli obiettivi e dell'ambito territoriale del piano o del programma deve contenere:• illustrazione dei contenuti, degli obiettivi principali del piano o programma e del rapporto con altri piani o

programmi pertinenti• aspetti pertinenti dello stato attuale dell'ambiente e sua evoluzione probabile senza l'attuazione del piano o

del programma• caratteristiche ambientali delle aree che potrebbero essere significativamente interessate• qualsiasi problema ambientale esistente, pertinente al piano o programma, ivi compresi in particolare quelli

relativi ad aree di particolare rilevanza ambientale• obiettivi di protezione ambientale stabiliti a livello internazionale, comunitario o degli Stati membri,

pertinenti al piano o al programma• possibili effetti significativi sull'ambiente, compresi aspetti quali la biodiversità, la popolazione, la salute

umana, la flora e la fauna, il suolo, l'acqua, l'aria, i fattori climatici, i beni materiali, il patrimonio culturale, anche architettonico e archeologico, il paesaggio e l'interrelazione tra i suddetti fattori

• misure previste per impedire, ridurre e compensare nel modo più completo possibile gli eventuali effetti negativi significativi sull'ambiente dell'attuazione del piano o del programma

• sintesi delle ragioni della scelta delle alternative individuate e una descrizione di come è stata effettuata la valutazione, nonché le eventuali difficoltà incontrate (ad esempio carenze tecniche o mancanza di know-how) nella raccolta delle informazioni richieste

• descrizione delle misure previste in merito al monitoraggio• sintesi non tecnica delle informazioni di cui alle lettere precedenti

25. Quali sono i criteri secondo cui valutare gli effetti significativi in una procedura di VAS? Occorre valutare diversi fattori:_Caratteristiche del piano o del programma, tenendo conto, in particolare, dei seguenti elementi:_in quale misura il piano o il programma stabilisce un quadro di riferimento per progetti ed altre attività, o per quanto riguarda l'ubicazione, la natura, le dimensioni e le condizioni operative o attraverso la ripartizione delle risorse_in quale misura il piano o il programma influenza altri piani o programmi, inclusi quelli gerarchicamente ordinati_la pertinenza del piano o del programma per l'integrazione delle considerazioni ambientali, in particolare al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile_problemi ambientali pertinenti al piano o al programma_la rilevanza del piano o del programma per l'attuazione della normativa comunitaria nel settore dell'ambiente (ad es. piani e programmi connessi alla gestione dei rifiuti o alla protezione delle acque)_Caratteristiche degli effetti e delle aree che possono essere interessate, tenendo conto, in particolare, dei seguenti elementi:

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_probabilità, durata, frequenza e reversibilità degli effetti _carattere cumulativo degli effetti _natura transfrontaliera degli effetti_rischi per la salute umana o per l'ambiente _(ad es. in caso di incidenti)_entità ed estensione nello spazio degli effetti (area geografica e popolazione potenzialmente interessate) _valore e vulnerabilità dell'area (a causa):delle speciali caratteristiche naturali o del patrimonio culturale, dell'utilizzazione intensivo del suolo, del superamento dei livelli di qualità ambientale o dei valori limite_effetti su aree o paesaggi riconosciuti come protetti a livello nazionale, comunitario o internazionaleGli Stati membri controllano gli effetti ambientali significativi dell'attuazione dei piani e dei programmi al fine, tra l'altro, di individuare tempestivamente gli effetti negativi imprevisti e essere in grado di adottare le misure correttive che ritengono opportune.La direttiva non definisce cosa si intenda per "controllo" o "monitoraggio".Tuttavia, il monitoraggio può essere descritto genericamente come un’attività di osservazione dello sviluppo dei parametri di interesse per quanto attiene all'entità, al tempo e allo spazio

26. Quali sono i ruoli che la VAS può assumere nel processo decisionale? La VAS può assumere tre ruoli all’interno del processo decisionale:• COME FASE SPECIFICA DELL'ITER DECISIONALE

•La VAS viene svolta in un momento delimitato ed autonomo dell'iter decisionale, in analogia con quanto avviene per la VIA (in questo caso si potrebbe parlare di valutazione di compatibilità ambientale dei piani/programmi)

•Gli organismi e gli attori deputati alla valutazione tendono a configurarsi come soggetti autonomi ed esterni al processo di pianificazione/ programmazione e con specifiche competenze tecniche ambientali

•Viene a mancare la componente strategica intesa quale opportunità di verificare i possibili scenari mano a mano che il piano/programma viene costruito ed il necessario, costante, flusso di informazioni fra i soggetti portatori delle diverse competenze

•L'iter procedurale delle decisioni può, inoltre, risultare appesantito, sia in termini di tempi che di costi, per il fatto che la VAS va a costituire un ulteriore necessario passaggio amministrativo

• COME PROCESSO INTEGRATO NELL'ITER DECISIONALE•La VAS viene integrata all'interno delle procedure di programmazione/ pianificazione attualmente previste•La valenza strategica della VAS può essere completamente dispiegata, in quanto il processo di

pianificazione si muove di pari passo con la predisposizione e la valutazione dei possibili scenari alternativi; tra i soggetti con competenze differenti può svolgersi più efficacemente il necessario scambio di informazioni e valutazioni in merito alle proposte in atto

•Poiché i diversi soggetti coinvolti hanno modo di lavorare contemporaneamente, sebbene su campi differenti, il processo decisionale risulta, in definitiva, più breve

•Permane il rischio che i soggetti che effettuano i diversi tipi di valutazione tendano a porsi come soggetti portatori degli interessi da essi valutati (ad es. interessi economici valutati dagli economisti ed interessi ambientali valutati dagli ambientalisti)

• COME PROCESSO DECISIONALE •La terza ipotesi vede la VAS configurarsi come processo decisionale completo, ricomprendendo al suo

interno tutte le fasi di costruzione del piano: dalla elaborazione delle proposte, alla elaborazione e valutazione di scenari alternativi, all'adozione delle decisioni, coinvolgendo il pubblico fin dalle prime fasi

• In questo caso è evidente che la valutazione si riferirà ad un concetto più ampio di ambiente, che ricomprende al suo interno sia le risorse naturali, sia quelle antropiche; dovrà pertanto essere effettuata una valutazione integrata riguardante tutti i settori coinvolti nel piano/programma, e tale valutazione dovrà misurare i vantaggi e gli svantaggi complessivi delle diverse alternative.

INDAGINE URBANISTICANella costruzione di un’indagine urbanistica abbiamo bisognosi confrontarci con due dimensioni:

• dimensione interpretativa:

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• comporta l’assunzione dei dati e che ogni sforzo conoscitivo appaia guidato da schemi e modi di organizzazione delle possibili esperienze,

• dimensione pragmatica• l’indagine appare come un’attività che sorge entro un contesto problematico, nel quale un attore cerca di

regolare le proprie esperienze pratiche in modo tale da assicurarsi un buon adattamento alle condizioni di contesto, ma anche la possibilità di modificarle secondo la propria intenzionalità

Categorie di riferimento per un’indagine a carattere strategico/strutturale• sul tempo

• il territorio (paesaggio) come luogo della memoria e del tempo: • il tempo dell'identità immobile del regno minerale• il tempo della ciclicità del ripetersi degli stessi eventi secondo una norma costante, al variare delle

stagioni, del regno vegetale• sul cittadino e la società

• se gli studi geografici tradizionali hanno posto in rilievo la visione dell’outsider e si sono concentrati sulla morfologia delle forme esterne, l’umanesimo geografico recente tenta di invertire tutto ciò nello stabilire l'identità e l'esperienza dell’insider, colui che vive all’interno di un determinato luogo e che elabora una composizione del territorio decisamente più integrata e inclusiva con il corso giornaliero degli eventi della vita

• sulla struttura territoriale• territorio è termine legato storicamente al concetto di spazio, dove si sviluppa in senso strettamente

legato all'applicazione dell'economia allo spazio reale, alle problematiche della distribuzione geografica delle economie e dei conseguenti fenomeni insediativi.

• e’ uno spazio definito e determinato da un sistema di rapporti dovuti a una omogeneità o a una solidarietà conferita da qualche forma di organizzazione umana, soprattutto politico-sociale

L’indagine urbanistica deve realizzare:• un’analisi inchieste e interrogazioni urbanistiche(lettura stato di fatto)

• indagini primarie indagini fondamentali intese come basi scientifiche comuni per ogni studio e piano urbanistico; si utilizzano banche dati, cartografie…

• indagini secondarie indagini di approfondimento, successive alle indagini primarie, per affrontare temi particolari specifici per ogni ambiente urbanistico indagato• indagine urbanistica naturale (fisica) senza l’intervento dell’uomo

• indagini geo-ambientali: corografia (rappresentazione zenitale territorio); altimetria e clivometria (pendenza); morfologia generale; geomorfologia; idrografia superficiale e sotterranea; meteorologia; eziologia(soleggiamento)

• indagini eco-ambientali: floristica e botanica generale; ecologia vegetale; zoologia; ecologia generale

• indagine urbanistica antropica (umana) (ambiente urbanistico: con l’intervento dell’uomo e della società) • indagine urbanistica storica• indagine urbanistica sociale :fattori demografici; umani; edilizi; tecnologici• indagine urbanistica politico-economica

• una sintesi rielaborazioni urbanistiche, cartografiche(interpretazione stato di fatto)Quadro conoscitivo: comprende sia l’aspetto descrittivo, sia l’aspetto valutativo e di bilancio dello stato e delle tendenze evolutive del territorio.

• il sistema territoriale:• sistema insediativo l'assetto fisico e funzionale degli insediamenti urbani • sistema delle infrastrutture per la mobilità. il sistema di impianti, opere e servizi che assicurano la

mobilità delle persone e delle merci• sistema del territorio rurale l'assetto del territorio non urbanizzato, caratterizzato dalla compresenza ed

integrazione di valori naturali, ambientali e paesaggistici e di attività agricole• il sistema economico e sociale le dinamiche di sviluppo economico e sociale• il sistema della pianificazione l'insieme della disciplina degli usi e delle trasformazioni del territorio e i provvedimenti amministrativi di apposizione di vincoli• il sistema naturale e ambientale gli aspetti fisici, morfologici e naturali che caratterizzano,valorizzano e garantiscono la qualità del sistema ambientale e costituiscono le risorse naturali

Esperienze innovative dell’indagine urbanistica• non si limitano a considerare nuovi contributi di indagine, ma ne discutono la rilevanza rispetto a possibili forme d’azione

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• non ripropongono le più banali concezioni fondative dell’analisi territoriali, ma intendono opportunamente l’indagine come una matrice necessaria di argomentazioni (giustificazioni) di interesse collettivo, in grado di legittimare eventuali scelte di indirizzo o di vincolo, anche in relazione ai temi paesistico-ambientali • non si limitano a considerare forme d’azione prevalentemente vincolistiche, ma cercano di esplorare le condizioni e i limiti di compatibilità tra tipi e progetti di trasformazione antropiche e la qualità e i modi di tutela dei quadri ambientali e delle matrici del paesaggio

Nuove intenzionalità del piano urbanistico• dimensione “ecologica” (nel senso “meta-ecosistemico”, che appartiene alla tradizione delle scienze ambientali, ma anche delle scienze sociali)• interpretazione delle forme e del senso di un luogo e loro congruenza con le forme dell’abitare di una società locale • intenzionalità e legittimazione di un progetto di modificazione di forme e significati del contesto, che riconosca le condizioni e i valori della matrice ambientale • assunzione dei principi di valore dei luoghi, secondo l’attribuzione di differenti gradi di coerenza per le possibilità di trasformazione

27. Descrivere le condizioni generali, le leggi e gli strumenti urbanistici dei piani regolatori del primo periodo post-unitario.

Al compimento dell'unità d'Italia, gli enti pubblici preposti al governo delle trasformazioni urbane e degli usi del suolo si trovano a fronteggiare le difficoltà e i nodi dell'unificazione amministrativa che investono tutto l'apparato statale. Il Regolamento edilizio, storico strumento con il quale tradizionalmente i governi delle municipalità italiane avevano regolato gli interventi di risistemazione ed edificazione all'interno delle aree urbane, non può più costituire un mezzo valido per gestire in modo appropriato le esigenze di trasformazione e modernizzazione delle città, nonché regolare le questioni che riguardano la proprietà fondiaria, gli usi del suolo,la riforma agraria. Tali regolamenti edilizi, pur essendo frutto di una lunga tradizione architettonica e costruttiva e pur costituendo un patrimonio (spesso di alto livello tecnico) in dotazione a moltissime municipalità italiane, erano (e sono ancora oggi) dei disciplinari esclusivamente locali, utili come riferimento per interventi sui singoli oggetti edilizi o sulla dotazione infrastrutturale cittadina (strade, fognature, opere fortificate). Essi erano inadatti, quindi, ad operare sulla proprietà ed il regime dei suoli, per permettere alle pubbliche autorità di intraprendere lavori di intervento complessivo sulle aree urbane, come quelli che avevano caratterizzato le grandi capitali europee a partire dalla metà del XIX sec.Non essendoci alcuna legge nazionale riguardante l'ordinamento urbanistico, il primo strumento legislativo generale, valido per tutto il territorio italiano, è costituito dalla legge sugli espropri. Tale legge, di "espropriazione per causa di utilità pubblica", studiata già a partire dal 1860, va a costituire lo strumento tecnico che poteva permettere l'operazione preliminare per qualunque intervento di trasformazione della città da parte dell'operatore pubblico: il trasferimento coatto del suolo allo Stato. Questo strumento, per sua natura mirato e puntuale, ci fornisce una prima indicazione sulla natura del piano urbanistico in questa prima fase della sua esistenza: esso non è uno strumento di governo generalizzato del territorio, cioè non regola e definisce le destinazioni d'uso per tutto il territorio comunale, costruito e non costruito; è invece uno strumento mirato a definire la città nuova solo per quello che riguarda le sue aree di espansione e di trasformazione, si concentra cioè soltanto sulla città costruita o da costruire, con interventi di allineamento, risanamento, ampliamento. La legge sugli espropri, nella sua versione definitiva, viene promulgata nel 1865 e contiene una disciplina ed una casistica dei tipi di intervento ai quali essa può applicarsi nonché dei modi di valutare l'indennità di espropriazione: il prezzo dei terreni o dei fabbricati viene ottenuto calcolando la media tra il prezzo ultimo di vendita e i fitti 'coacervati' (cumulati) dell'ultimo decennio. Tale disciplina espropriativa. resterà in vigore nell'ordinamento italiano per più di un secolo, cioè fino alla nuova legge sul regime dei suoli del 1977.Il collaudo della legge sugli espropri avviene in occasione di un evento calamitoso: l'epidemia di colera che scoppia a Napoli nel 1884, in occasione di questa viene elaborata una versione aggiornata della legge (la cosiddetta 'Legge di Napoli'), che permette una operazione drastica di risanamento dei quartieri centrali della città, con lo sventramento e l'apertura del rettifilo che dalla stazione porta alla chiesa dì S. Francesco di Paola (oggi via Garibaldi), L'operazione di risanamento del centro di Napoli è da inserire all'interno della tradizione disciplinare consolidata degli interventi di igiene urbana, che ha rappresentato il contributo principale con il quale la cultura ingegneristica ha contribuito alla pianificazione del territorio dalla prima metà dell’800 in poi. Come per molte altre operazioni simili di sventramento che hanno riguardato i centri storici italiani ed europei, alle motivazioni di igiene e di ammodernamento della città si affiancano fortissime spinte ed interessi speculativi.

28. Descrivere i principi e i meccanismi che hanno caratterizzato il piano di firenze (1865).

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II primo piano regolatore, redatto sulla scorta dei nuovi strumenti legislativi, è quello che Giuseppe Poggi disegna per la città di Firenze a partire dal 1865. La città, in pratica ancora contenuta nel perimetro della sua cerchia muraria trecentesca , era totalmente inadeguata a fungere da nuova capitale del regno, ad ospitare le strutture e a sostenere l'aumento di popolazione conseguente al trasferimento delle funzioni governative da Torino a Firenze. L'autore del piano, Giuseppe Poggi, è un architetto di formazione accademica (allievo di Pasquale Poccianti) e concepisce l'ampliamento della Firenze storica secondo un disegno simile a quello che aveva caratterizzato le trasformazioni urbane operate sulle grandi capitali europee (Parigi). Il piano segue quindi due modi di intervento: si disegna una nuova espansione, con un disegno regolare centrato ed allineato sul perimetro delle mura storiche. Tale corona di nuove edificazioni su lotti regolari trova le sue nuove centralità e i suoi spazi pubblici nelle grandi piazze che Poggi progetta sui luoghi dove insistevano le portecittadine; è in queste piazze monumentali (a tutt'ora il migliore esempio di disegno urbano in Italia) che trovano collocazione i nuovi palazzi che ospitano i ministeri e tutte le sedi della nuova amministrazione statale.Al disegno neoclassico che caratterizza l’intervento di stampo accademico sulle aree di espansione a nord della città, si affianca un secondo fronte dì interventi di sventramento, aperture, riallineamento stradale che investe il centro storico (apertura di Piazza della Repubblica e rettificazione della via del Proconsolo, demolizione delle mura, piazza del Mercato Vecchio, il grande viale collinare che serve il panoramico Piazzale Michelangelo). Nello stesso piano regolatore troviamo, quindi, compresenti entrambe le tradizioni disciplinari dell'urbanistica accademica e dell'ingegneria sanitaria; ambedue queste modalità di intervento vengono rese esecutive dall'unico strumento dell'esproprio (su aree prevalentemente ecclesiastiche, per quello che riguarda i nuovi quartieri d'espansione; su fabbricati popolari per quello che concerne gli sventramenti sull'esistente città storica). Queste tradizioni diverse convergono in un modello di piano urbanistico concentrato esclusivamente sui disegno delle sole aree di intervento; tutto il restante territorio comunale, come si accennava prima, non viene interessato da alcuno strumento pianificatorio.

29. Descrivere i principi e i meccanismi che hanno caratterizzato il piano di roma (1883). A Roma si mette mano ad un nuovo piano regolatore della capitale del Regno, nel 1873, ad opera di Alessandro Viviani, ingegnere comunale. Si era provveduto in precedenza ad allineare tutti i terreni dell'asse ecclesiastico e su questi si prevede il progetto di alcuni nuovi quartieri, localizzati soprattutto nell'area est e destinati ad accogliere centomila nuovi abitanti. La struttura del piano, però, non ha alcun disegno generale di assetto (come invece era avvenuto a Firenze), essa è costituita soltanto dalla somma di alcuni (cinque) interventi di espansione, con il disegno di nuovi quartieri abitativi. Il progetto di alcuni di questi quartieri presenta, oltre alla definizione del disegno urbanistico, anche una indicazione di destinazione d'uso,dal momento che sono equamente ripartiti tra una destinazione prevalentemente residenziale (piazza Vittorio, piazza dell'Indipendenza) ed una destinazione mista, che affianca alle residenze altre funzioni manifatturiere e produttive (Testaccio). Si prevede un programma di sventramenti cospicuo: Corso Vittorio Emanuele, l'asse Tritone-Barberini, via Nazionale. Nella zona Termini e nella zona di via Nazionale vengono localizzati i nuovi ministeri. L'intervento di urbanizzazione più traumatico, oltre agli sventramenti, avviene con la lottizzazione degli immensi (1500 h. totali) parchi e tenute di pertinenza delle ville storiche della nobiltà romana, polmoni verdi localizzati in aree centralissime e che nel giro di due decenni vengono convertite, per più della metà della loro estensione fondiaria, in palazzine speculative. Questa esplosione di edilizia speculativa attira il capitale delle banche e degli istituti di credito e porta entro breve a saturare il mercato, con il conseguente dissesto e la dichiarazione di insolvibilità di tutto il settore finanziario romano. Tutto questo avviene nonostante il fallito tentativo di costituzione di un vasto demanio comunale (tramite l'esproprio per pubblica utilità), tentato dal subentrato sindaco Pianciani, al fine di porre riparo alle distorsioni ed ai costi enormi che l'attuazione del piano avrebbe comportato per il comune (il demanio pubblico avrebbe permesso di governare e dilazionare su tempi lunghi la costruzione dei nuovi quartieri, temperando l'edilizia privata speculativa con una dotazione cospicua di edilizia pubblica).

30. Descrivere i principi e i meccanismi che hanno caratterizzato la redazione del piano beruto di milano (1884-1889).

Di diversa impostazione è il piano regolatore che viene elaborato per la città di Milano a partire dall'inizio degli anni '80 del XIX sec. L'autore del piano non è, come a Firenze, un urbanista accademico, ma un ingegnere municipale: Cesare Beruto; egli è quindi, un esponente di quella tradizione disciplinare di tecnici municipali e di ingegneri territoriali, molto radicata soprattutto nelle città del nord Italia (ricon-ducibile all'ingegneria sanitaria, più che al disegno urbano) .Combinando un piano disegnato su modello europeo e un progetto di adeguamento ed infrastrutturazione della città, si cercano di contemperare le due esigenze che animano la cultura urbanistica nel periodo della sua formazione:• adeguamento igienico e funzionale della città, con la previsione di nuove attrezzature e servizi, adeguati al

ruolo di terminale economico-produttivo di una vasta area territoriale;

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• progetto della nuova immagine monumentale e di rappresentanza (nel caso diMilano questo è legato al completamento della eredità monumentale e neoclassicadi matrice napoleonica).

Tale progetto viene elaborato in fasi, tempi e versioni successive, lungo l'arco di circa un decennio. La città, prima dell'annessione al Regno, presenta una bassa densità edilizia nella fascia tra i Navigli e le Mura spagnole seicentesche: è qui che si manifestano le maggiori tensioni all'urbanizzazione, è qui che si localizzano le aree che ospitano le grandi attrezzature di servizio e le opere pubbliche (stazioni,macelli, mercati, carceri, scuole, cimiteri) ed è, inoltre, questa corona urbana che si propone come terminale della rete di collegamenti e strade che connettono l'area centrale al complesso sistema di città medio-piccole che costituisce l'armatura territoriale regionale. Il piano Beruto, nella sua prima versione (1884), fornisce un assetto ed un disegno urbano e viabilistico che va a costituire l'ossatura infrastrutturale e viaria di questa fascia incompleta della città storica. Il disegno adottato si appoggia sugli assi centripeti di penetrazione territoriale, per poi definire una rete secondaria di assi cuspidati, che convergono sulle aree che ospitano le grandi attrezzature pubbliche; le zone comprese tra le direttrici di questa maglia vengono completate con un disegno, di matrice neoclassica, per grandi lotti e isolati regolari, destinati ad essere riempiti con una edificazione perimetrale (come avviene nei grandi interventi europei del tempi, Firenze compresa). Il prevalere del progetto infrastrutturale come base del piano, con il carattere radiocentrico (che vincolerà rigidamente lo sviluppo futuro della città, con inevitabili effetti perversi, ad es., sulla differenziazione e separazione dei flussi di traffico) del disegno complessivo, e il criterio di appoggiare la maglia sugli episodi urbani di rilievo, rimangono anche nelle versioni successive (1886, 1889), nelle quali si assiste, però, ad una progressiva e vistosa riduzione della pezzatura degli isolati. Tale modifica avviene sotto la pressione di forti spinte speculative che, con il raffittimento degli isolati hanno modo di incrementare vistosamente la densità edilizia: il compimento di questo disegno porta anche allo smembramento ed alla lottizzazione dei giardini delle ville storiche, che nel tessuto di grande estensione trovavano collocazione come parchi urbani. A questo immiserimento generale del disegno complessivo del piano si accompagna un aumento delle iniziative di sventramento, che terminano con la decisione di abbattere le mura spagnole, manufatto unico per estensione e qualità architettonica in Italia; tutto questo, con il raffittimento della maglia viaria, aumenta di molto i costi di urbanizzazione per la municipalità, in fase di esecuzione del piano.

31. Delineare per sommi capi la vicenda urbanistica del piano nathan-saint just (1909) descrivere i contenuti del piano piacentini per roma(1933).

Nel trentennio successivo all'unità d'Italia tutte le città devono affrontare l'adeguamento alle avvenute trasformazioni della struttura politico-economica italiana. Durante la prima decade del XX secolo tutte le grandi città si dotano di nuovi piani regolatori.A Roma il nuovo strumento si trova a dovere fronteggiare le questioni lasciate irrisolte dal progetto precedente: una crescita edilizia incontrollata che ha aggredito sia le aree più sensibili della Roma monumentale (compresi i colli e i grandi parchi monumentali), sia i quartieri di espansione, cresciuti disordinatamente e senza le dotazioni minime di servizi. A questo disordine edilizio (cui si accompagna la crisi immobiliare-finanziaria di cui si è detto) si affianca una programmazione incompleta delle opere pubbliche e della dotazione infrastrutturale che doveva servire lo sviluppo della città. Il piano regolatore, redatto a partire dal 1909, su iniziativa del sindaco progressista Ernesto Nathan, cerca di farsi carico di un complessivo riequilibrio della città, contemperando regole pensate per una crescita equilibrata e vincoli di salvaguardia e tutela, dotazione di nuove funzioni di rango superiore e iniziative a sostegno delle fasce di popolazione più debole, soprattutto riguardo alla questione abitativa e di adeguamento delle condizioni delle abitazioni popolari. Il piano, progettato da un tecnico del genio civile (Saint Just), quindi, non si concentra più soltanto sulle opere da realizzate attraverso l'esproprio da parte dell'operatore pubblico ma cerca di elaborare una strumentazione complessiva di regolazione di tutte le iniziative immobiliari. Si ridimensionano drasticamente le previsioni di espansione edilizia e le espansioni residue vengono localizzate in modo da salva-guardare le rimanenti aree verdi e le zone archeologiche dell'Appia (anche se dal punto di vista della tutela monumentale il piano appare poco sensibile e prevede ulteriori sventramenti). Le norme che disciplinano l'edificazione sono molto semplici e prevedono tre tipi di intervento, di intensità progressiva:• il 'fabbricato' che presenta la maggiore possibilità edificatoria e che viene assegnato alle aree che dovranno

assorbire la maggior parte delle previsioni demografiche sulle quattro aree principali di espansione;• il 'villino' che permette di costruire un edificio che occupi soltanto il 20% della

superficie del lotto;• il 'giardino' che prevede una possibilità edificatoria pressoché nulla, mirata a salvare le rimanenti tenute

delle ville patrizie senza dovere ricorrere all'esproprio.Il piano resta inattuato e nel giro di pochi anni vengono vanificate sia le intenzioni di indirizzare l'espansione lungo alcune direttrici preferenziali ordinate, che verranno travolte dallo sviluppo edilizio successivo, sia il tentativo di salvaguardia dei giardini storici e delle aree verdi.

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Roma rimane senza piano regolatore fino a quando il regime fascista incarica Marcello Piacentini di progettare la nuova capitale imperiale, nel 1931. Il piano di Piacentini è il prototipo del piano accademico: la città viene disegnata in modo da rispettare i canoni formali della monumentalità fascista: i grandi spazi di rappresentanza e le nuove espansioni edilizie si presentano tutti con il carattere architettonico della nuova cultura ufficiale. Si prevede di espandere la città con nuovi quartieri che occupano tutto il quadrante settentrionale e soprattutto occidentale. Tra le aree a parco rimane intatta soltanto la spina dell'Appia antica. La disciplina del piano riprende la zonizzazione per tipologie differenziate, come nel piano Nathan-Sant Just, ma con intensità aumentate. Si prevede un programma di sventramenti che riguarda alcune tra le aree più delicate del centro storico (il quartiere del rinascimento, la zona dell'Augusteo, l'apertura della via della Conciliazione, non eseguita per tempo dal regime ed invece completata nel 1950 in occasione del Giubileo). Come ultima opera di rilievo, si costruisce il nuovo quartiere direzionale dell'EUR, in occasione dell'Esposizione universale del 1942, che dovrebbe servire anche come testa di ponte per l'espansione urbana in direzione di Ostia e del Mare.

32. Comparare brevemente le due tradizioni disciplinari riscontrabili nel primo periodo dell’urbanistica italiana: ingegneria sanitaria e tradizione accademica.

Secondo la formazione accademica (Pasquale Poccianti, Giuseppe Poggi) si concepisce l'ampliamento della città storica secondo un disegno simile a quello che aveva caratterizzato le trasformazioni urbane operate sulle grandi capitali europee (Parigi), ovvero secondo un disegno neoclassico basato su una maglia regolare, centrata e allineata, e su grandi piazze monumentali che partono dai punti nodali d’accesso.L’ingegneria sanitaria, molto radicata nella tradizione dei tecnici municipali (Beruto) e degli ingegneri territoriali soprattutto delle città del nord d’Italia, si occupa principalmente di un adeguamento igienico e funzionale della città, con la previsione di nuove attrezzature e servizi, adeguati al ruolo di terminale economico-produttivo di una vasta area territoriale.

33. Caratteri e principî riscontrabili nel prg di padova. A Padova si era verificata una crescita rilevante dell'agglomerato cittadino, che aveva portato in meno di venti anni alla formazione di molte aree periferiche cresciute in modo morfologicamente disordinato e secondo direttrici indifferenziate. Il progettista del piano è Luigi Piccinato, che rappresenta una figura di soglia nel panorama della cultura urbanistica nazionale: egli è partecipe della cultura accademica, legata al piano regolatore come soluzione e sintesi formale dell'assetto dell'intero complesso urbano, è proveniente altresì da una formazione riferibile alla manualistica del centro Europa (soprattutto tedesca), che ha prodotto un repertorio di soluzioni progettuali applicative per risolvere specifici temi e nodi critici del funzionamento della città (viabilità, parchi, quartieri industriali e residenziali, ognuno con il proprio riferimento a soluzioni tipo); a queste fonti culturali si aggiunge l'avvicinamento al movimento dell'architettura organica. Nel PRG di Padova, quindi, si cerca di applicare un compromesso tra un piano che interpreta la città secondo il progetto della sua macro-forma e un piano che contiene la redazionedi norme per il governo degli usi del suolo, come prescritto dalla legge nazionale.L'espansione informale della città periferica, cresciuta in modo anarchico e lungo tutte le direzioni, viene ricondotta ad una forma stellata (Copenaghen), con i nuovi quartieri di espansione che si allineano lungo alcune direttrici principali di accesso. L'uso della zonizzazione, che prevede per queste espansioni edilizie una gradualità di densità edificatorie, concorre quindi a conferire organizzazione ed ordine all'organismo urbano, che si appoggia nelle sue articolazioni alla armatura infrastrutturale di accesso alla città. Le aree di espansione, oltre alla disciplina che ne regola la destinazione d'uso (con dosaggio di servizi, abitazioni e produttivo), mostrano al loro interno una disciplina di norme edificatorie che tenta di proiettarsi verso una definizione morfologica dell'abitato, sia per quanto riguarda le densità edilizie, decrescenti via via che si procede dal cuore di queste aree verso i margini, sia per la presenza, già nella tavola generale, dell'abbozzo della maglia viaria che le innerva (dispositivo che invece dovrebbe essere di competenza dei susseguenti piani attuativi). Un piano, quindi, che affianca in modo ambizioso una strumentazione centrata sulle funzioni e le destinazioni d'uso (con tutto il repertorio che queste implicano: previsioni per la viabilità e le comunicazioni, per il verde, per gli impianti ed i servizi, per la produzione, per le aree storiche e consolidate) ad una volontà di progetto formale/morfologico.

34. Caratteri e principî riscontrabili nel prg di siena (1956).

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Progettisti: Piero Bottoni, Aldo Luchini, Luigi Piccinato. Il diverso contesto urbano nel quale ci si trova ad operare, porta i progettisti del primo PRG di Siena a definire le linee generali ed i temi principali del documento secondo criteri diversi da quelli che avevano caratterizzato l'esperienza di Padova. L'assetto urbano di una città compatta e altamente formalizzata come Siena pone innanzitutto il problema della definizione di una stringente disciplina di salvaguardia dell'area storica. All'analisi e alla lettura morfologica delle particolarità del centro storico si cerca di connettere il progetto delle nuove aree di espansione, delle attrezzature per l'adeguamento e la modernizzazione dei servizi, della armatura viabilistica. Questa armatura viene individuata in modo da costituire l'elemento di coerenza e continuità tra centro storico, nuovi quartieri e relazioni territoriali di area vasta. Anche in questo caso si tenta una sintesi di una forma complessiva del sistema urbana: Siena viene letta come un organismo articolato secondo una struttura ad 'Y', corrispondente ai crinali che convergono verso il cuore della città e che regolano anche i rapporti con la campagna circostante e con le arterie viarie di collegamento territoriale (Roma, Arezzo, Firenze, Grosseto). Si tratta quindi di un piano regolatore che affianca alla sperimentazione di una avanzata disciplina di salvaguardia una chiara volontà di progetto della macroforma(anche se meno esplicita che nel caso di Padova). Le espansioni e i nuovi quartieri, con il progetto di centralità secondarie dì loro pertinenza, il collegamento con le nuove attrezzature urbane e con la ferrovia, nonché i raddoppi stradali, sono tutti concepiti secondo un disegno complessivo coerente con l'assetto formale della Y. I pochi interventi sulle aree centrali e sull'edilizia storica sono pensati allo scopo di risolvere i problemi di accessibilità dalle direttrici esterne e di facilitare il collegamento e la circolazione interna tra i settori/quartieri, adagiati sui versanti dei tre crinali collinari.

35. Delineare i contenuti del piano di roma (1962) La situazione della capitale nei primi anni del dopoguerra presenta alcuni fenomeni di particolare criticità, in parte ereditati dagli strumenti di governo precedentemente adottati: la crescita incontrollata delle borgate periferiche nell'estensione immensa dell'agro romano (Roma ha la superficie comunale più grande d'Europa) porta ad avere una costellazione di insediamenti cresciuti senza alcun controllo, sparpagliati e disordinati, non collegati da alcuna maglia infrasttutturale, con una drammatica carenza di servizi e di strutture pubbliche, spesso costruiti abusivamente; a questo problema della crescita periurbana si affianca il non meno grave problema dell'adeguamento delle strutture che servono le aree centrali, dove le sedi degli apparati statali e delle istituzioni hanno generato una situazione di carico insediativo e di congestione ormai insostenibile. La situazione è resa ancora più delicata dalla pervasività degli interessi del blocco immobiliare, conseguenza di una struttura della proprietà fondiaria estremamente concentrata, con otto operatori che detengono la quasi totalità dei terreni urbani comunali (tra cui la Società Immobiliare, con quote della FIAT e del Vaticano). II piano del 1931, pur se scaduto, viene prorogato senza che si metta mano ad un nuovo strumento che dia ordine alla ingovernabile situazione immobiliare. Nel 1958 viene preparato uno studio preliminare di piano, bocciato dal Ministero dei LLPP; a seguito di questo fallimento si incarica Piccinato di redigere un nuovo piano, che presenta alcuni contenuti e scelte innovative, pur se impostato in modo emergenziale sulla scorta della la bozza del'58. Il piano pratica una soluzione progettuale di compromesso: cerca di fornire qualche principio d'ordine alla crescita delle borgate abusive che avevano invaso la campagna romana e d'altra parte ratifica giocoforza il modello di espansione attuale, a salti e macchie urbane disperse. Le periferie abusive sono oggetto di una disciplina di piano che prevede una appropriata iniezione di servizi ed una razionalizzazione dell'accessibilità e dei collegamenti. Si tenta una timida inversione di tendenza alla espansione isotropa inframmezzando la localizzazione di questi quartieri marginali con grandi aree dedicate a servizi urbani (aree ospedaliere, verde), al fine di scongiurare la reciproca saldatura definitiva delle periferie dell'anello esterno. Il raccordo tra i settori esterni e la mitigazione dell'assetto centripeto dei collegamenti viene compensato con la costruzione del nuovo asse attrezzato e con la previsione del Sistema direzionale Orientale (SDO), grande insediamento terziario che doveva accogliere tutti i ministeri e le sedi istituzionali ma che di fatto rimane soltanto nelle intenzioni (l'unico centro direzionale di Roma resta l'EUR, a sud-est). Tali scelte (gli 'insediamenti integrati' e lo schema viabilistico perimetrale che si proietta verso sud, la previsione di 3 milioni di nuove stanze), hanno di fatto portato all'ulteriore crescita indistinta delle periferie (nelle quali non sono mai state costruite le adeguate attrezzature di servizio necessarie), alla erosione delle aree naturalistiche delle pinete litoranee; infine, ha sancito un sistema di trasporti basato esclusivamente sulla gomma. Il piano di Roma del 1962 è tuttora vigente, seppur irriconoscibile dopo le tante varianti, soprattutto la variante generale della metà degli anni '90. Il nuovo piano, in corso di redazione da circa 12 anni, non è ancora giunto all'approvazione.

36. Le vicende dell’urbanistica tra la seconda metà degli anni ’60 e la fine degli anni’70, citando alcuni casi esemplari.

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La cultura urbanistica italiana vive la sua stagione più produttiva tra la metà degli anni '60 e la fine degli anni '70. I piani regolatori prodotti in questo periodo cercano di orientare il governo delle città verso scelte di adeguamento e miglioramento della qualità insediativa, di maggiore equità e giustizia sociale, di razionalizzazione delle funzioni, del sistema della mobilità e dei servizi. Si elaborano strumenti nuovi che, per quanto settoriali, consentono di affrontare alcuni nodi irrisolti dell'amministrazione urbanistica: i Piani per l'edilizia economica e popolare (PEEP), i piani per gli insediamenti produttivi (PIP), le 'leggi per la casa'-865/1971, l'introduzione degli standard, le prime leggi regionali con competenza in materia di servizi e di ambiente, le esperienze di tutela dei centri storici attraverso appositi piani di salvaguardia. I piani elaborati in questo periodo (Bergamo, 1968; Bologna 1970; Napoli, 1972; Genova, 1976; Pavia, 1976; Milano - variante generale - 1976) si presentano come documenti molto complessi, al punto da frantumare le scelte strategiche sul governo urbano in una miriade di provvedimenti di settore, in una gabbia burocratica, spesso di sole intenzioni e dall'efficacia ridottissima, nella quale si perde qualunque attenzione alla realizzabilità e al progetto della qualità fisica degli spazi urbani (e che per giunta non serve comunque a prevenire il rischio di distorsioni speculative).Il dibattito sull'inefficacia dell'urbanistica burocratica porta ad alcune esperienze che cercano di inserire nella redazione del piano, una rinnovata attenzione alla forma degli spazi urbani, alla qualità del progetto nonché all'efficacia dei piani esecutivi.Altri temi, oltre alla rinnovata attenzione alla forma della città e ai tessuti, si pongono all'attenzione degli urbanisti a partire dalla metà degli anni '80:• le aree dismesse e i progetti di riconversione e progettazione di alcune porzioni di città particolarmente

rilevanti.• i temi ambientali e il progetto ecologicamente appropriato degli insediamenti urbani.• la strumentazione perequativa e le norme di redistribuzione equilibrata degli oneri e dei vantaggi delle

trasformazioni urbane.Questi argomenti caratterizzano soprattutto le ultime esperienze di scuola 'riformista', cioè di quella parte di cultura urbanistica che ha inteso il piano regolatore come strumento di governo pubblico del regime dei suoli.I casi più esemplari sono:• Siena: P.R.G del 1990. Progettista: Bernardo Secchi• Bologna: P.R.G del 1985-89. Consulenti generali: Giuseppe Campos Venuti, Fernando Clemente, Paolo

Portoghesi. Normativa: Alberto Predieri• Reggio Emilia: P.R.G del 1994. Consulente generale: Giuseppe Campos Venuti.

37. Contenuti della pianificazione riformista a bologna (1989) e a reggio e. (1994). • Bologna: A metà degli anni 50 Bologna ha un piano di espansione molto grande, si pensava che in pochi anni raggiungesse un milione di abitanti. Poco dopo viene scartato ed agli inizi degli anni 60 si intraprende una strada diversa: si comincia ad intervenire per porzioni che poi vengono integrate. Con espropri si comincia realizzare quartieri popolari con tutte le dotazioni necessarie, lontani dal centro. Si agisce quindi un po' per volta tenendo in considerazione il paesaggio (è la prima città che vincola tutta la collina). II piano dell’89 viene redatto dopo un lungo periodo di pianificazione continuativa della città e del suo territorio, che ha prodotto alti standard di servizi e dotazione di aree pubbliche per i nuovi quartieri abitativi ma che, al momento, si trova a fronteggiare alcune nuove questioni critiche, legate al recupero delle periferie, alla qualità morfologica dei tessuti urbani, alla congestione del traffico ed alla diminuzione della qualità ambientale, all'abbandono di alcune cospicue aree urbane, alle necessità di decentramento funzionale. La proposta si articola su un doppio binario di interventi: si individuano alcune aree strategiche soggette a trasformazione, intensiva e localizzata, e che costituiscono il potenziale di sviluppo della città con le sue nuove funzioni specialistiche (aree programma, chiamate ZIS. sette in tutto); il resto del territorio comunale è sottoposto ad una disciplina più morbida, che dovrebbe governare la riqualificazione estensiva delle aree consolidate, con progressivo adeguamento dei servizi e degli standard ambientali. A questi provvedimenti si affiancano i progetti per la nuova mobilità: due linee diametrali di metrò leggero di superficie, la cui direttrice principale si svolge sull'asse sud-ovest/nord-est, in parte su tracciati delle ferrovie locali esistenti e che dovrebbe servire le sette aree di trasformazione. Completa il quadro la previsione per un nuovo sistema di parchi (che dovrebbero definire i confini di crescita della città consolidata) e alcuni progetti esemplificativi per le aree di trasformazione, di sapore storicista e post-moderno. Il piano, per proprie carenze di impostazione, va incontro ad una attuazione molto difficoltosa e si vede quasi subito sorpassato da una lunga serie di interventi immobiliari settoriali e di riconversioni urbane prive di una coerenza complessiva e spesso di scadente qualità, senza che si ravvisi un indirizzo strategico coerente sul futuro della città.• Reggio Emilia

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In questo piano vengono affinati ed esplicitati i temi del riequilibrio ecologico degli insediamenti urbani e della strumentazione perequativa come meccanismo per abbattere i costi di riconversione urbana a carico dell'operatore pubblico. Tali scelte di fondo sono sottese a tutta la disciplina di zonizzazione impiegata, mentre invece le scelte sui grandi interventi vengono sintetizzate in uno schema di struttura molto semplificato: esse comprendono la costituzione di una parco fluviale, la previsione di alcuni raccordi viabilistici, un nuovo quartiere di espansione e soprattutto il nuovo collettore fognario. Il resto della strumentazione di piano è volto a recuperare qualità ambientale delle aree costruite della città, attraverso l'aumento della dotazione di verde (a Reggio molto carente), l'aumento della permeabilità dei suoli e la salvaguardia dello spazio agricolo e delle colture. Per quello che attiene alla strumentazione perequativa, l'applicazione di questo meccanismo aiuta a mitigare le pregresse previsioni di espansione terziaria che il vecchio piano del 1983 aveva lasciato in eredità (circa un milione di metri cubi invenduti) attraverso la formazione di comparti perequativi medio-grandi, nei quali si applica una normativa con destinazioni d'uso flessibili e bassa edificabilità convenzionale. In tale modo si permette ai proprietari di riconvertire il terziario invenduto in altre destinazioni e al contempo si ottengono opportune contropartite per la municipalità, con la cessione di una parte della superficie del comparto, che sarà destinata a verde, al fine di portare in attivo il bilancio ambientale di ogni trasformazione. Regole semplici e generalizzate per favorire i meccanismi attuativi, in modo da rispettare l'uguaglianza del trattamento delle trasformazioni immobiliari e la compatibilità ambientale delle scelte pubbliche (collettore fognario, parco fluviale) e private (abbattimento delle densità edilizie e dotazione di verde appropriata per ogni comparto).

38. Temi emergenti e caratteri originali nell’esperienza di piano di siena. Il piano del 1990 progettato da Bernardo Secchi è pensato come un insieme di documenti in parte nuovi (tavola di struttura, disegno del suolo, progetti norma) a cui affida la nuova forma del piano morfologico, per presentare un documento che abbia la cognizione del risultato qualitativo e progettuale della città costruita, tanto che si allegano ai documenti di piano anche degli abachi tipologici come guida per i nuovi interventi edilizi.Si individua una struttura complessiva di elementi territoriali che inquadra tutto il sistema comunale: essa comprende in modo unitario i sistemi (stradali, ambientali) e i progetti di trasformazione ovvero i luoghi nodali e le emergenze strategiche la cui propensione è quella di costituire i punti su cui si appoggia tutta la disposizione insediativa. Alcune di queste zone di particolare rilievo vengono definite nella loro trasformazione attraverso specifici progetti di dettaglio ('progetti-norma').Questa articolazione della città in luoghi emergenti viene ricondotta ad un disegno complessivo coerente attraverso il c.d. “progetto di suolo” , cioè il progetto del sistema connettivo degli spazi aperti della socialità cittadina e del verde: la ricerca sul progetto formale della città nel suo complesso, è quindi perseguita attraverso la valorizzazione dei vuoti e la loro ricucitura entro uno schema complessivo

39. Temi emergenti e strumenti utilizzati nell’esperienza di piano di reggio emilia. Reggio EmiliaP.R.G del 1994 (Giuseppe Campos Venuti.)In questo piano vengono affinati ed esplicitati i temi del riequilibrio ecologico degli insediamenti urbani e della strumentazione perequativa come meccanismo per abbattere i costi di riconversione urbana a carico dell' operatore pubblico. Tali scelte di fondo sono sottese a tutta la disciplina di zonizzazione impiegata, mentre invece le scelte sui grandi interventi vengono sintetizzate in uno schema di struttura molto semplificato: esse comprendono la costituzione di una parco fluviale, la previsione di alcuni raccordi viabilistici, un nuovo quartiere di espansione e soprattutto il nuovo collettore fognario. Il resto della strumentazione di piano è volto a recuperare qualità ambientale delle aree costruite della città, attraverso l'aumento della dotazione di verde (a Reggio molto carente), l'aumento della permeabilità dei suoli e la salvaguardia dello spazio agricolo e delle colture. Per quello che attiene alla strumentazione perequativa, l'applicazione di questo meccanismo aiuta a mitigare le pregresse previsioni di espansione terziaria che il vecchi piano del 1983 aveva lasciato in eredità attraverso la formazione di comparti perequativi medio-grandi, nei quali si applica una normativa con destinazioni d'uso flessibili e bassa edificabilità convenzionale. In tale modo si permette ai proprietari di riconvertire il terziario invenduto in altre destinazioni e al contempo si ottengono opportune contropartite per la municipalità, con la cessione di una parte della superficie del comparto, che sarà destinata a verde, al fine di portare in attivo il bilancio ambientale di ogni trasformazione.

40. I contenuti e gli strumenti del piano di assisi (1956).

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Diverso è lo stile di pianificazione che viene sperimentato nel PRG di Assisi. Il suo progettista, Astengo, è un urbanista che proviene da un percorso di formazione molto diverso da quello degli autori visti precedentemente. Il suo approccio, riconducibile alle tradizioni di ricerca della geografia quantitativa e alle interpretazioni dei dati territoriali, porta a definire un tipo di piano regolatore impostato, su una robusta fase di indagini e analisi preliminari per poi procedere alla definizione di un apparato normativo progettuale altrettanto minuzioso.Nel caso di Assisi si procede innanzitutto con una ricognizione e classificazione di tutte le attività e degli usi dei suolo, che non si limita alla sola area urbana ma investe l'intera regione (Astengo aveva curato nel 1952 una guida del Ministero LLPP sulla redazione dei piani regionali, dove si catalogano tutte le classi di funzioni territoriali da esaminare). Dalla scala territoriale si passa all'esame delle funzioni e della consistenza del patrimonio edilizio della città: si redigono carte tematiche che rilevano dati demografici, attività economiche, stato di conservazione e tipo di alloggio, destinazioni d'uso, regime proprietario, caratteri costruttivi. Da questa documentazione estesissima (che si avvale anche di linguaggi diversi, come l'analisi fotografica, usata per documentare i nuovi edifici incongrui) si estrae una tavola di progetto, che contiene una strumentazione di intervento molto dettagliata e corrispondente ad un apparato di norme tecniche mirato e calibrato sul dettaglio del singolo lotto o edificio, soprattutto ai fini di tutela e conservazione del patrimonio costruito. Contestualmente a questa disciplina generale di piano, vengono individuati alcuni (tre) interventi esecutivi, considerati come fondamentali per l'ammodernamento e l'adeguamento funzionale della città storica. Tali progetti vengono definiti da appositi Piani Particolareggiati; essi si accompagnano da subito al piano generale, cercando in tal modo di superare lo scarto tra PRG e strumenti attuativi riguardo a quelli che vengono considerati interventi fondamentali (il progettista qualifica tale modo integrato di procedere come 'programmatico-operativo'). I tre piani particolareggiati del centro storico riguardano il progetto della piazza della Basilica e del suo percorso di accesso; il progetto di Porta S. Pietro, con la stazione delle autolinee; il progetto della piazza della Chiesa di S. Chiara, altro nodo fondamentale di accesso alla città storica, nel quale vengono previsti parcheggi e nuove attrezzature pubbliche. Ai piani particolareggiati del centro storico si accompagna un piano per un nuovo quartiere di edilizia popolare, nella zona fuori Porta Nuova.

41. Le esperienze della programmazione economico-territoriale in italia (progetto ’80) Il Progetto Ottanta è il primo importante documento programmatico che in Italia ha affrontato, a livello nazionale, i problemi dell’assetto e dell’organizzazione del territorio. La programmazione economico-territoriale ha assunto come obbiettivo prioritario un sostanziale equilibrio tra le condizioni i vita urbane, rimenando compatibile con alcuni valori-obbiettivo che dovevano risultare soddisfatti dai criteri di distribuzione della popolazione e dall’organizzazione dei sistemo di comunicazione.Da qui la necessità di configurare nuovi “sistemi urbani”, in modo da diffondere una dimensione urbana in ogni parte del territorio: la vera proposta era il disegno di una nuova struttura a scala nazionale capace di creare un nuovo assetto di sistemi, cercando cioè di coprire l’intera superficie nazionale con un insieme si “sistemi metropolitani”, diversi per ubicazione, dimensione e livello preesistente di sviluppo, ma in grado di assicurare un’offerta uniforme di occasioni economiche e servizi urbani. I requisisti fondamentali di ogni sistema erano:• la dimensione;• l’organizzazione economica;• l’integrazione biotico-ambientale;• la dotazione di servizi urbani.Gli strumenti per raggiungere questi obbiettivi erano:• vincoli d’uso;• piani di assetto territoriale per sistemi;• concessioni subordinate alla coerenza coi piani;• forme di cooperazione pubblico-private;• programmi i acquisizione progressiva di aree pubbliche.L’immagine complessiva del territorio italiano comprendeva 30 sistemi suddivisi in 3 grandi famiglie:• le aree metropolitane;• i sistemi di riequilibrio (le aree adiacenti alla aree metropolitane più sviluppate);• i sistemi alternativi rispetto alle tendenze di sviluppo territoriale ( aree al momento lontane dai modelli

metropolitani, ma possibili elementi strategici di un nuovo disegno complessivo.Nella maggior parte dei casi si tratta di macroaree.

42. La pianificazione intercomunale e la rappresentazione del territorio nell’esperienza storica del piano intercomunale milanese (pim).

Il piano intercomunale milanese si basa su:

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interpretazione e progetto della fora del territorio a grande scala; concezione del processo di piano.

Viene proposta una forma di organizzazione territoriale in evoluzione, cioè un modello emergente di città-regione., in cui è possibile distinguere, oltre al capoluogo, un insieme di poli di rilevante interesse, fra cui si estende una fascia intermedia, dove ogni parte svolge funzioni specifiche ed è contraddistinta da comportamenti spaziali diversificati.Da qui nasce l’idea di metropoli come sistema continuo di relazioni dinamiche, dove le configurazioni date si ricompongono in forme in parte nuove; il problema del controllo del territorio si dilata fino a comprendere tutte le componenti che possono concorrere alla sua modificazione, che diventano l variabili indipendenti di un sistema.Diventa però fondamentale una presa d’atto realista dei vincoli esistenti:

politico-amministrativi; normativi; morfologici.

Infatti, il realismo di un piano si manifesta nella capacità di individuare gli interessi e le potenzialità delle forze in campo, per orientarle verso nuove configurazioni territoriali introducendo alternative interne al campo d’azione.La formazione del piano è un processo nel corso del quale vengono elaborati mezzi e fini, perché il piano rappresenta un processo continuo di modificazioni successive, escludendo così ogni soluzione urbanistica fondata su modelli precostituiti.Da questi presupposti discendono le proposte di progetto, con la formulazione di un quadro interpretativo di indirizzo che anticipava molti caratteri degli attuali documenti strategici.

43. Modello di Garin-Lowry: impianto generale del modello e funzione di derivazione. Il modello di Lowry consente di studiare le correlazioni fra la localizzazione di nuove attività economiche e le dinamiche di un sistema territoriale.La sua logica interna si basa sulla fusione di due fondamenti teorici: la teoria della base economica ed il principio di interazione spaziale.La struttura funzionale del modello considera il numero degli impiegati nel settore di base, che viene distribuito fra le zone residenziali; viene poi calcolata la popolazione associata a questi impieghi di base , che a sua volta richiederà impiegati nei centri di servizi. Gli impiegati nei centri di servizio vengono distribuiti fra le aree residenziali, e la popolazione associata ad essi richiederà a sua volta un potenziamento dei servizi ed un incremento del personale nel settore.Il modello procede in questo modo, attraverso stadi in cui si generano incremento di popolazione e di impiegati nelle attività commerciali, finché si raggiunge una convergenza.Il modello è strutturato mediante la definizione di due categorie di funzioni:funzioni di derivazione e funzioni di allocazione.• Funzione di derivazione.Noto il numero di impiegati nel settore di base EB e noto il tasso di partecipazione alla forza lavoro f, si calcola la popolazione di base N(1) :

Noto il fattore di scala a dell'impiego nei servizi, si calcola l'ammontare di impiego conseguente ed utile alla popolazione di base:

Utilizzando nuovamente il tasso f si determina la popolazione N(2) correlata all'impiego nei

servizi ER(1):

Gli impieghi nei servizi richiesti da questa popolazione sono perciò :

Analogamente ER(2) avrà una popolazione associata N(3), e quindi ricorsivamente si

ottiene per via generale:

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Sommando tutti gli incrementi si giunge a questa espressione della funzione di derivazione, utile al calcolo dell'impiego totale:

e perciò :

44. Modello di Garin-Lowry: impianto generale del modello e funzione di allocazione per la localizzazione residenziale

Il modello di Lowry consente di studiare le correlazioni fra la localizzazione di nuove attività economiche e le dinamiche di un sistema territoriale.La sua logica interna si basa sulla fusione di due fondamenti teorici: la teoria della base economica ed il principio di interazione spaziale.La struttura funzionale del modello considera il numero degli impiegati nel settore di base, che viene distribuito fra le zone residenziali; viene poi calcolata la popolazione associata a questi impieghi di base , che a sua volta richiederà impiegati nei centri di servizi. Gli impiegati nei centri di servizio vengono distribuiti fra le aree residenziali, e la popolazione associata ad essi richiederà a sua volta un potenziamento dei servizi ed un incremento del personale nel settore.Il modello procede in questo modo, attraverso stadi in cui si generano incremento di popolazione e di impiegati nelle attività commerciali, finché si raggiunge una convergenza.Il modello è strutturato mediante la definizione di due categorie di funzioni:funzioni di derivazione e funzioni di allocazione.• Funzione di allocazione.Si assegnano alle aree gli incrementi di impieghi e popolazione per mezzo di sottomodelli di interazione di tipo :

in cui • Iij = interazione fra le zone i e j • Aj = attrattività della zona j• Tij = indice di distribuzione dei viaggi brevi• K = costante di scala

• Localizzazione residenziale.E' possibile basare l'allocazione degli incrementi di impieghi alle zone residenziali utilizzando il seguente sottomodello:

in cui • Iij = numero di viaggi brevi fra la zona di lavoro e la zona residenziale j• Nj = popolazione nella zona j• dij = distanza fra la zona i e la zona j• α = parametro• K = costante di scala• wh = brevi viaggi da lavoro a casaL'equazione calcola il numero di viaggi fra la zona di lavoro i e la zona residenziale j, cosicché per ottenere la percentuale di viaggi dalla zona i verso ogni zona j, Pij

wh, valuteremo:

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II numero di viaggi dalla zona di lavoro i verso la zona residenziale j è:

ed associando ad ogni incremento il numero di iterazione z si ottiene così:

Questa relazione consente di assegnare gli incrementi di impieghi alle zone residenziali (ovvero da un incremento del numero di impiegati, consente di dedurre l'incremento di popolazione che risiederà nella zona j-sima):

II numero totale di impiegati che vivono nella zona j :

45. Modello di Garin-Lowry: impianto generale del modello e funzione di allocazione per la posizione dei punti di vendita (e dei servizi).

Il modello di Lowry consente di studiare le correlazioni fra la localizzazione di nuove attività economiche e le dinamiche di un sistema territoriale.La sua logica interna si basa sulla fusione di due fondamenti teorici: la teoria della base economica ed il principio di interazione spaziale.

Page 24: Tecnica Urbanistica

La struttura funzionale del modello considera il numero degli impiegati nel settore di base, che viene distribuito fra le zone residenziali; viene poi calcolata la popolazione associata a questi impieghi di base , che a sua volta richiederà impiegati nei centri di servizi. Gli impiegati nei centri di servizio vengono distribuiti fra le aree residenziali, e la popolazione associata ad essi richiederà a sua volta un potenziamento dei servizi ed un incremento del personale nel settore.Il modello procede in questo modo, attraverso stadi in cui si generano incremento di popolazione e di impiegati nelle attività commerciali, finché si raggiunge una convergenza.Il modello è strutturato mediante la definizione di due categorie di funzioni:funzioni di derivazione e funzioni di allocazione.• Funzione di allocazione.Si assegnano alle aree gli incrementi di impieghi e popolazione per mezzo di sottomodelli di interazione di tipo :

in cui• Iij = interazione fra le zone i e j • Aj = attrattività della zona j

• Tij = indice di distribuzione dei viaggi brevi• K = costante di scala

• Posizione dei punti di vendita al dettaglio (esercizi commerciali)Un sottomodello di tipo potenziale permette di assegnare ai centri di servizio il numero di impiegati negli esercizi commerciali:

in cui • Iij = numero di brevi viaggi fra la zona residenziale j e la zona dei servizi i • EiR = posti di lavoro negli esercizi commerciali della zona i

• dij = distanza fra la zona i e la zona j • λ = parametro• K = costante di scala• hs = viaggi da casa ai centri di servizioLa percentuale di viaggi da casa ai servizi, dalla zona residenziale j alla zona dei servizi i, si può calcolare come segue:

in cui EijR(z) è l'aumento del numero di impiegati nei servizi che lavorano in i e richiesti dalla popolazione in j, alla iterazione z.L'incremento totale di posti di lavoro nei servizi richiesti nella zona i-sima:

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Ad una data iterazione z:

Ed in totale:

Questo modello viene correntemente utilizzato nelle pratiche di pianificazione, poiché consente di valutare le ricadute sulle variabili di stato di un insediamento a seguito della introduzione di un elemento di perturbazione delle condizioni iniziali di equilibrio.

46. Modello di Garin-Lowry: processo iterativo (che integra le funzioni di derivazione ed allocazione) per la soluzione del sistema, outputs.

47. Modello di Lakshmanan-Hansen: struttura generale del modello e relativo sottomodello gravitazionale di riferimento.

Questo modello è stato sviluppato da T.R. Lakshmanan e Walter G. Hansen nel 1964, allo scopo di indagare una possibile distribuzione di equilibrio per ampi centri di commercio al dettaglio nella regione di Baltimora (USA).Il modello descrive una situazione di competizioni sovrapposte fra centri di shopping e sviluppa una struttura matematica per distribuire le spese al dettaglio di un gruppo di famiglie fra gli esercizi commerciali in competizione. Matematicamente, il contenuto del modello può essere rappresentato dal seguente sottomodello gravitazionale:

dove• Sij = spese al dettaglio dei

clienti per la popolazione residente in i effettuate nella

zona j• Ci = spesa totale al dettaglio dei clienti per la popolazione residente nella zona i• Fj = potere attrattivo dell'esercizio al dettaglio nella zona j • dij = separazione spaziale (distanza) fra la zona i e la zona j• α = esponente applicato alla distanza variabile• β = esponente applicato alla variabile attrattività; nella formulazione originale di• questo modello, dovuta a Lakshmanan e Hansen, questo esponente non è• considerato, e di conseguenza, assume un implicito valore pari ad 1 (β=l)• n = numero di zone.In realtà non tutte le zone hanno centri di vendita al dettaglio. Nelle aree prive di centri di shopping, il potere

attrattivo è posto uguale a zero ( Fj β = 0 ).Per ottenere le vendite totali nel centro j-simo si sommano le spese al dettaglio effettuate dai clienti, disponibili in tutte le zone dell'area studiata, che probabilmente verranno effettuate nella zona j :

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essendo Sj = vendite totali nel centro al dettaglio j

48. Modello di Lakshmanan-Hansen: struttura generale del modello, premessa ed input iniziale delle informazioni; risultati ottenibili (outputs).

II modello utilizza una premessa iniziale, che matematicamente si può esprimere nel modo seguente:

Questa relazione afferma che le vendite a clienti occasionali nella regione sono equilibrate dagli acquisti effettuati dai residenti negli esercizi

commerciali fuori dalla regione.Il modello suppone che la base input sia costituita da un insieme di componenti della struttura spaziale degli esercizi commerciali nell'area oggetto di studio:1) richiesta di acquisto di beni per ciascuna zona;2) offerta delle strutture di shopping in competizione;3) una considerevole misura della separazione spaziale fra commercianti e acquirenti.E' importante notare che il modello non colloca centri di shopping nelle zone della regione studiata. Esso semplicemente colloca o ridistribuisce l'ammontare di flussi commerciali da ognuna delle zone verso i centri già ubicati.Le collocazioni dei centri di shopping sono esogenamente determinate e date come input al modello. In questo modo, il modello stima il livello di vendite per ogni centro di vendita al dettaglio per un dato trend di localizzazione dei centri di shopping.Dipendentemente da ogni alternativa assegnata come input il modellodetermina le seguenti misure come output:1) il probabile livello di vendite ad ogni centro - esistente e futuro;2) la lunghezza media di viaggio per acquisto di beni per il sistema nel suo complesso,3) l'ammontare del flusso commerciale da ogni zona residenziale verso ogni centro di shopping.Per il previsto orizzonte temporale, i due grafici dei risultati sono:1) confronto fra il successo dei centri nelle subregioni;2) confronto fra le performance di sistema nella subregione.Una delle maggiori applicazioni di questo modello è la stima dell'impatto dovuto a nuovi centri di shopping introdotti nel sistema del commercio al dettaglio.Ciò coadiuva le decisioni in merito alla localizzazione di nuovi insediamenti, ed anche delle loro dimensioni, utilizzando fra le altre misure, la diminuzione nella performance che probabilmente si verifica per i centri posti nelle vicinanze e la performance posseduta, a nessuna delle quali è consentito scendere al di sotto di un livello minimo.

49. Modelli gravitazionali: struttura generale di questi modelli, significato della funzione Tij, casi NON vincolati.

Esiste un gruppo di modelli sviluppati sulla base di analogie con la legge di Newton:

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Analogamente, l'interazione fra due centri abitati, nei quali vi sia una concentrazione di popolazione nota, risulta direttamente proporzionale all'entità della popolazione dei due centri ed inversamente proporzionale alla distanza fra essi:

dove Lj = interazione fra il centro i e il centro jNi, Nj = popolazione delle zone i e j rispettivamentedij = distanza fra il centro i ed il centro j.Questa espressione può essere meglio specificata in:

(2)

essendo:• Lj = interazione fra una zona d'origine i e

una zona di destinazione j. • Oi = livello di richieste generate o prodotte all'origine della zona i. Questa variabile viene definita come

variabile di produzione; la quantità di domanda dipende dalle attività considerate.• Dj = livello di opportunità nella zona j, vale a dire attrattività della zona di destinazione. Questa variabile

viene chiamata variabile di attrattività.• Tij

-1 =funzione generalizzata dei viaggi. Offre una misura generale dell'impedenza fra la zona i e la zona j.• K =costante di proporzionalità.E' utile puntualizzare che, quando Oi e Dj non possono essere stimati indipendentemente, essi possono essere rappresentati da Ii e Ij rispettivamente,dove :

Nei casi in cui queste identità non possono essere applicate,Oi e Dj possono essere

sostituite da variabili di prossimità Wi(1) e Wj

(2), rispettivamente, che si possano ritenere correlate alle prime (considerando ad esempio un indicatore che abbia un significato analogo a quello mancante). E' possibile distinguere due casi basilari: • A)caso non vincolato • B)caso vincolato .

Caso non vincolato.• Questo gruppo di modelli è classificabile come:

• 1)modelli che determinano la misura dell'interazione totale fra due punti focali;•2) modelli che determinano la forza attrattiva esercitata da un singolo punto focale in competizione con un

altro o con un punto intermedio.

•1) Caso non vincolato di primo tipo.Si rappresenta l'interazione totale fra due zone per mezzo dell'equazione :

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Questi modelli utilizzano le dimensioni della popolazione come misura della funzione di produzione Oi e della funzione di attrattività Dj. La funzione generalizzata di viaggio è stata espressa mediante la distanza fisica elevata ad una generica potenza, dij-α .

•2)Caso non vincolato di secondo tipo.Si considera il punto di equilibrio x sulla linea che congiunge due città in cui la capacità competitiva sia uguale, essa è espressa matematicamente dalla seguente equazione:

dove :• Ni, Nj = popolazione delle città i e j, rispettivamente• x= punto di equilibrio sulla linea che congiunge i e j• dxi = distanza fra la città i e il punto x• dxj = distanza fra la città j e il punto x• dij = dxi + dxj

Dall'equazione scritta sopra si può ottenere il punto di rottura o punto di equilibrio x in unità di distanza dalla città j:

50. Modelli gravitazionali: struttura generale di questi modelli, caso vincolato di produzione. Esiste un gruppo di modelli sviluppati sulla base di analogie con la legge di Newton:

Analogamente, l'interazione fra due centri abitati, nei quali vi sia una concentrazione di popolazione nota, risulta direttamente proporzionale all'entità della popolazione dei due centri ed inversamente proporzionale alla distanza fra essi:

dove Lj = interazione fra il centro i e il centro jNi, Nj = popolazione delle zone i e j rispettivamentedij = distanza fra il centro i ed il centro j.Questa espressione può essere meglio specificata in:

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(2)

essendo:• Lj = interazione fra una zona d'origine i e

una zona di destinazione j. • Oi = livello di richieste generate o prodotte all'origine della zona i. Questa variabile viene definita come

variabile di produzione; la quantità di domanda dipende dalle attività considerate.• Dj = livello di opportunità nella zona j, vale a dire attrattività della zona di destinazione. Questa variabile

viene chiamata variabile di attrattività.• Tij

-1 =funzione generalizzata dei viaggi. Offre una misura generale dell'impedenza fra la zona i e la zona j.• K =costante di proporzionalità.E' utile puntualizzare che, quando Oi e Dj non possono essere stimati indipendentemente, essi possono essere rappresentati da Ii e Ij rispettivamente,dove :

Nei casi in cui queste identità non possono essere applicate,Oi e Dj possono essere sostituite

da variabili di prossimità Wi(1) e Wj

(2), rispettivamente, che si possano ritenere correlate alle prime (considerando ad esempio un indicatore che abbia un significato analogo a quello mancante). E' possibile distinguere due casi basilari: • A)caso non vincolato • B)caso vincolato .

Caso vincolato.• Wilson ha sottolineato la necessità di introdurre vincoli per evitare alcuni risultati anomali emergenti dal

caso non vincolato. Tali vincoli sono esprimibili come:

•1) caso vincolato di produzione•2) caso vincolato di attrattività•3) caso vincolato di produzione – attrattività

•1) caso vincolato di produzione. In questo caso il vincolo

Ii viene stimata indipendentemente, ( assegnata come Oi ).Il modello di interazione stima solo n2 - n quantità Iij , dato che n

identità assegnate dall'equazione sopra scritta sono note. Dal momento che in questo singolo caso vincolato una stima indipendente di Dj non è utilizzabile, la variabile di attrattività è rimpiazzata dalla sua variabile di prossimità Wj

(2). Quindi:

e sostituendo nell'equazione si ottiene:

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Quindi :

e così :

(11)

Il potenziale.Esso rappresenta "Ad una data collocazione i, la potenziale

influenza, o possibilità di interazione rispetto ad un individuo in i, che è generata dall'attrattività di ciascuna data area j..".

essendo• Uij = potenziale in i dell'attrattività della zona j• Wj

(2) =attrattività della zona j• Tij

-1 = funzione di viaggio generalizzata• K = costante

Si può inoltre considerare il seguente rapporto:Pij=(n° di viaggi da i a j)/(n° di viaggi da i verso tutte le altre zone)

(16)

Visto che (16) e la (11) sono identiche, è possibile osservare in ciò un diverso concetto di interazione, chiamato potenziale.La possibilità totale di interazione fra la zona i e tutte le altre zone dell'area di studio è :

dove Ui = potenziale totale in i.

51. Modelli gravitazionali: struttura generale di questi modelli, caso vincolato di attrattività. Esiste un gruppo di modelli sviluppati sulla base di analogie con la legge di Newton:

Page 31: Tecnica Urbanistica

Analogamente, l'interazione fra due centri abitati, nei quali vi sia una concentrazione di popolazione nota, risulta direttamente proporzionale all'entità della popolazione dei due centri ed inversamente proporzionale alla distanza fra essi:

dove Lj = interazione fra il centro i e il centro jNi, Nj = popolazione delle zone i e j rispettivamentedij = distanza fra il centro i ed il centro j.Questa espressione può essere meglio specificata in:

(2)

essendo:• Lj = interazione fra una zona d'origine i e una zona

di destinazione j. • Oi = livello di richieste generate o prodotte all'origine della zona i. Questa variabile viene definita come

variabile di produzione; la quantità di domanda dipende dalle attività considerate.• Dj = livello di opportunità nella zona j, vale a dire attrattività della zona di destinazione. Questa variabile

viene chiamata variabile di attrattività.• Tij

-1 =funzione generalizzata dei viaggi. Offre una misura generale dell'impedenza fra la zona i e la zona j.• K =costante di proporzionalità.E' utile puntualizzare che, quando Oi e Dj non possono essere stimati indipendentemente, essi possono essere rappresentati da Ii e Ij rispettivamente,dove :

Nei casi in cui queste identità non possono essere applicate,Oi e Dj possono essere sostituite da

variabili di prossimità Wi(1) e Wj

(2), rispettivamente, che si possano ritenere correlate alle prime (considerando ad esempio un indicatore che abbia un significato analogo a quello mancante). E' possibile distinguere due casi basilari: • A)caso non vincolato • B)caso vincolato .

Caso vincolato.• Wilson ha sottolineato la necessità di introdurre vincoli per evitare alcuni risultati anomali emergenti dal

caso non vincolato. Tali vincoli sono esprimibili come:

•1) caso vincolato di produzione•2) caso vincolato di attrattività

Page 32: Tecnica Urbanistica

•3) caso vincolato di produzione – attrattività

•2) caso vincolato di attrattività. In questo caso il vincolo:

(8)

deve essere soddisfatto e Dj viene stimato indipendentemente, cioè è un valore disponibile. In questo caso si stimano solo n2 - n

quantità Iij, dato che le n quantità date dall'equazione (8) sono note. La variabile di produzione Oi è rimpiazzata nell'equazione (2) dalla variabile prossima Wi(1). L'equazione (2) diventa:

sostituendo nell'equazione (8) si ottiene:

Per soddisfare questo vincolo la costante K deve essere così rimpiazzata:

quindi:

Per ottenere il numero di residenti nella zona i si somma su tutti i valori di j:

52. Modelli gravitazionali: struttura generale di questi modelli, caso vincolato di produzione- attrattività; il concetto di potenziale.

Esiste un gruppo di modelli sviluppati sulla base di analogie con la legge di Newton:

Analogamente, l'interazione fra due centri abitati, nei quali vi sia una concentrazione di popolazione nota, risulta direttamente proporzionale all'entità della popolazione dei due centri ed inversamente proporzionale alla distanza fra essi:

dove Lj = interazione fra il centro i e il centro jNi, Nj = popolazione delle zone i e j rispettivamentedij = distanza fra il centro i ed il centro j.

Page 33: Tecnica Urbanistica

Questa espressione può essere meglio specificata in:

(2)

essendo:• Lj = interazione fra una zona d'origine i e una

zona di destinazione j. • Oi = livello di richieste generate o prodotte all'origine della zona i. Questa variabile viene definita come

variabile di produzione; la quantità di domanda dipende dalle attività considerate.• Dj = livello di opportunità nella zona j, vale a dire attrattività della zona di destinazione. Questa variabile

viene chiamata variabile di attrattività.• Tij

-1 =funzione generalizzata dei viaggi. Offre una misura generale dell'impedenza fra la zona i e la zona j.• K =costante di proporzionalità.E' utile puntualizzare che, quando Oi e Dj non possono essere stimati indipendentemente, essi possono essere rappresentati da Ii e Ij rispettivamente,dove :

Nei casi in cui queste identità non possono essere applicate,Oi e Dj possono essere sostituite da

variabili di prossimità Wi(1) e Wj

(2), rispettivamente, che si possano ritenere correlate alle prime (considerando ad esempio un indicatore che abbia un significato analogo a quello mancante). E' possibile distinguere due casi basilari: • A)caso non vincolato • B)caso vincolato .

Caso vincolato.• Wilson ha sottolineato la necessità di introdurre vincoli per evitare alcuni risultati anomali emergenti dal

caso non vincolato. Tali vincoli sono esprimibili come:

• 1) caso vincolato di produzione• 2) caso vincolato di attrattività

•3) caso vincolato di produzione – attrattività

•3)caso vincolato di produzione-attrattività.Per questo modello si introducono entrambi i vincoli:

Questo modello stima soltanto n2 - 2n quantità Iij, dato che le equazioni sopra

scritte danno 2n quantità che sono note. Dal momento che non si utilizzano variabili di prossimità, l'equazione gravitazionale è quella originale:

(2)

La costante K nell'equazione (2) deve ora essere sostituita dal prodotto Ki

(3)Kj(4):

si ottiene :

Page 34: Tecnica Urbanistica

53. Modello di crescita regionale di Penn-Jersey: struttura concettuale del modello, formulazione matematica basata sulla programmazione lineare e problema primale.

Il modello regionale di Penn-Jersey, proposto da John Herbert e Benjamin J. Stevens, nasce originariamente per simulare il comportamento localizzativo di diversi tipi di famiglie negli studi sui trasporti di Penn-Jersey. L'equilibrio localizzativo di famiglie, basato sulla massimizzazione del vantaggio è generato entro i vincoli posti dai budget a disposizione.Questo processo è trasposto operativamente mediante tecniche di programmazione lineare.Struttura concettuale.Il modello assume, i fattori che una famiglia stabilisce nella scelta di un'area in cui allocare le risorse sono:• i suoi limiti di budget o il budget totale;• le singole voci che costituiscono un paniere di beni;• i costi per ottenere queste singole voci.Le famiglie che sono raggruppate in unità omogenee di gruppi di famiglie a cui si permette di scegliere la loro collocazione da un insieme di panieri di mercato fra cui ogni famiglia in quel gruppo si può considerare indifferentemente rispetto alle altre. Una famiglia selezionerà da questo insieme di panieri di mercato quello che massimizzerà il proprio potenziale di acquisto. Per introdurre l'idea di economia, si richiama che una famiglia ha un budget residenziale da utilizzare per l'acquisto di articoli secondo le seguenti voci:• una casa• un livello di amenità• l'insieme di viaggi• un luogo di particolare valoreche costituisce un raggruppamento residenziale in una particolare area. Sebbene una famiglia sia indifferente rispetto all'insieme di mercato, sembra ragionevole supporre che queste economie abbiano un margine positivo di utilità per una famiglia ; così una famiglia qualunque può selezionare dal suo insieme di articoli di mercato quello che massimizza il vantaggio economico. La soluzione viene trovata mediante un programma che assegna le famiglie ai siti in modo tale da massimizzare l'aggregato "affitto-capacità di pagare" della popolazione di quella regione; in termini delle teorie classiche della localizzazione, questo viene definito come equilibrio di locazione.Formulazione matematica e programmazione lineare.La struttura concettuale del modello si basa sulla formulazione matematica della programmazione lineare.Essa si riferisce a tecniche per risolvere un insieme generale di problemi di ottimizzazione, nei quali un gran numero di condizioni semplici deve essere soddisfatto nel contempo; si utilizza prevalentemente un metodo algebrico.Il problema che si intende risolvere è denominato problema primale; esiste un metodo di formulazione reciproco, che prevede la risoluzione del cosiddetto problema duale. Il teorema duale della programmazione lineare afferma che ad ogni problema di massimizzazione corrisponde uno specifico problema simmetrico di minimizzazione che coinvolge gli stessi dati iniziali utilizzati nel problema primale.Si ottengono così due formulazioni simmetriche dello stesso problema: • Problema primale (massimizzare la funzione che interessa, sottoposta a determinate condizioni);• Problema duale (minimizzare una nuova funzione, ricavata dalla prima e sottoposta ad un diverso,

"complementare", gruppo di vincoli). Da un punto di vista metodologico si sceglie di risolvere il problema più semplice, dipendentemente dal numero di variabili e di costanti coinvolte.Notazione formale del modelloII modello di Penn-Jersey prevede la definizione delle grandezze coinvolte :• U = aree secondo cui è suddivisa la regione, indicizzate con K= 1, 2,.. .U• n = gruppi di famiglie indicizzate da i= 1,2,.. .n• m = gruppi residenziali indicizzati da h= 1,2,.. .m• bik = bilancio che una famiglia assegna all'acquisto di una tipologia residenziale

Page 35: Tecnica Urbanistica

• cKih = costo annuale di una famiglia del gruppo i della tipologia residenziale h nell'area K, escluso il valore del sito

• sik = numero di acri nel sito utilizzati da una famiglia del gruppo i se essa utilizza un fascio residenziale h • LK = il numero di acri di territorio disponibile per un uso residenziale nell'area K in una particolare

iterazione del modello • Ni = è il numero di famiglie del gruppo i-simo che sono state collocate nella regione in una particolare

iterazione• XKih = è il numero di famiglie del gruppo i-simo che utilizzano la tipologia residenziale h, che nel

modello è collocata nell'area K.Quando si riformula il problema nella forma duale le variabili soluzione vengono rimpiazzate dalle: • rK = rendita annuale per unità di territorio• nell'area K • vi = sussidio annuale per ciascuna famiglia del gruppo i-simo.

Il problema primale.Lo scopo di questo problema è quello di massimizzare la funzione obiettivo :

Sottoposta ai vincoli

ed inoltre

La funzione obiettivo Z rappresenta la massimizzazione del risparmio nei canoni localizzativi.Il segno negativo davanti alle grandezze è funzionale alla successiva interpretazione delle variabili duali.

54. Modello di crescita regionale di Penn-Jersey: struttura concettuale del modello, notazione formale e problema duale.

Page 36: Tecnica Urbanistica

Il modello regionale di Penn-Jersey, proposto da John Herbert e Benjamin J. Stevens, nasce originariamente per simulare il comportamento localizzativo di diversi tipi di famiglie negli studi sui trasporti di Penn-Jersey. L'equilibrio localizzativo di famiglie, basato sulla massimizzazione del vantaggio è generato entro i vincoli posti dai budget a disposizione.Questo processo è trasposto operativamente mediante tecniche di programmazione lineare.Struttura concettuale.Il modello assume, i fattori che una famiglia stabilisce nella scelta di un'area in cui allocare le risorse sono:• i suoi limiti di budget o il budget totale;• le singole voci che costituiscono un paniere di beni;• i costi per ottenere queste singole voci.Le famiglie che sono raggruppate in unità omogenee di gruppi di famiglie a cui si permette di scegliere la loro collocazione da un insieme di panieri di mercato fra cui ogni famiglia in quel gruppo si può considerare indifferentemente rispetto alle altre. Una famiglia selezionerà da questo insieme di panieri di mercato quello che massimizzerà il proprio potenziale di acquisto. Per introdurre l'idea di economia, si richiama che una famiglia ha un budget residenziale da utilizzare per l'acquisto di articoli secondo le seguenti voci:• una casa• un livello di amenità• l'insieme di viaggi• un luogo di particolare valoreche costituisce un raggruppamento residenziale in una particolare area. Sebbene una famiglia sia indifferente rispetto all'insieme di mercato, sembra ragionevole supporre che queste economie abbiano un margine positivo di utilità per una famiglia ; così una famiglia qualunque può selezionare dal suo insieme di articoli di mercato quello che massimizza il vantaggio economico. La soluzione viene trovata mediante un programma che assegna le famiglie ai siti in modo tale da massimizzare l'aggregato "affitto-capacità di pagare" della popolazione di quella regione; in termini delle teorie classiche della localizzazione, questo viene definito come equilibrio di locazione.Formulazione matematica e programmazione lineare.La struttura concettuale del modello si basa sulla formulazione matematica della programmazione lineare.Essa si riferisce a tecniche per risolvere un insieme generale di problemi di ottimizzazione, nei quali un gran numero di condizioni semplici deve essere soddisfatto nel contempo; si utilizza prevalentemente un metodo algebrico.Il problema che si intende risolvere è denominato problema primale; esiste un metodo di formulazione reciproco, che prevede la risoluzione del cosiddetto problema duale. Il teorema duale della programmazione lineare afferma che ad ogni problema di massimizzazione corrisponde uno specifico problema simmetrico di minimizzazione che coinvolge gli stessi dati iniziali utilizzati nel problema primale.Si ottengono così due formulazioni simmetriche dello stesso problema: • Problema primale (massimizzare la funzione che interessa, sottoposta a determinate condizioni);• Problema duale (minimizzare una nuova funzione, ricavata dalla prima e sottoposta ad un diverso,

"complementare", gruppo di vincoli). Da un punto di vista metodologico si sceglie di risolvere il problema più semplice, dipendentemente dal numero di variabili e di costanti coinvolte.Notazione formale del modelloII modello di Penn-Jersey prevede la definizione delle grandezze coinvolte :• U = aree secondo cui è suddivisa la regione, indicizzate con K= 1, 2,.. .U• n = gruppi di famiglie indicizzate da i= 1,2,.. .n• m = gruppi residenziali indicizzati da h= 1,2,.. .m• bik = bilancio che una famiglia assegna all'acquisto di una tipologia residenziale• cKih = costo annuale di una famiglia del gruppo i della tipologia residenziale h nell'area K, escluso il valore

del sito • sik = numero di acri nel sito utilizzati da una famiglia del gruppo i se essa utilizza un fascio residenziale h • LK = il numero di acri di territorio disponibile per un uso residenziale nell'area K in una particolare

iterazione del modello • Ni = è il numero di famiglie del gruppo i-simo che sono state collocate nella regione in una particolare

iterazione• XKih = è il numero di famiglie del gruppo i-simo che utilizzano la tipologia residenziale h, che nel

modello è collocata nell'area K.Quando si riformula il problema nella forma duale le variabili soluzione vengono rimpiazzate dalle: • rK = rendita annuale per unità di territorio• nell'area K

Page 37: Tecnica Urbanistica

• vi = sussidio annuale per ciascuna famiglia del gruppo i-simo.

Il problema duale.L'interpretazione del problema duale chiarisce notevolmente il meccanismo di allocazione.Lo scopo è quello di minimizzare la funzione obiettivo:

sottoposta ai vincoli:

ed

inoltre

cioè vi può essere dato oppure no ad una data famiglia.Si può osservare che la funzione obiettivo del problema duale rappresenta l'affitto totale da pagare ai proprietari dei terreni, unitamente al vincolo che l'affitto unitario per ciascun sito non cada al di sotto della capacità di spesa di ciascuna famiglia che vuole abitare in quel sito.

55. Modello di massimizzazione dell’entropia (Wilson): struttura generale del modello, tabella origine- destinazione, formulazione matematica.

Questo tipo di approccio è stato sviluppato da A.G. Wilson, esso muove direttamente dai concetti e dalle tecniche della meccanica statistica, con particolare riferimento al concetto di entropia, ed è stato proposto per la costruzione di un modello di distribuzione del traffico. Sono assegnati tre vincoli:

chiamate in ordine (1) (2) (3)

essendo:• Iij = numero di persone che vivono nella zona i e lavorano nella zona j (da determinare)• Oi = numero totale di lavoratori che vivono nella zona i (valore assegnato)• Dj = numero totale di lavori nella zona j (valore assegnato)• C = spesa totale per viaggi di lavoro (valore assegnato)• n = numero totale di zone (valore assegnato)

• Cij = costo dei viaggi dalla zona i alla zona j (valore assegnato)L'equazione (3) introduce un vincolo relativo alla spesa totale in viaggi nell'ambito del modello e genera uno schema di flussi coerente con i modelli di spesa osservati.Questo sistema può essere specificato mediante una tabella origine -.destinazione:

Si definisce:

Page 38: Tecnica Urbanistica

• microstato del sistema come l'attribuzione di singole persone alla tabella origine - destinazione, che non deve violare nessuno fra i vincoli relativi di movimenti.

• macrostato del sistema è una distribuzione di movimenti indipendentemente dai singoli individui.

L'assunzione di base di questo metodo è che la probabilità che si verifichi un macrostato {Iij} è proporzionale al numero di microstati Iij che causano questa particolare distribuzione di movimenti e che soddisfano le equazioni vincolari scritte sopra. Supponendo che :

è il numero totale di viaggi. Il numero di diverse disposizioni di individui che causano la

distribuzione {Iij} è definito come W({Iij}) e rappresenta il numero di modi in cui I11 può essere selezionato da I , I12

da I – I11 , ...etc, in modo che:

massimizzando il logaritmo

dell'equazione, soggetta ai vincoli delle equazioni (1), (2), (3), utilizzando poi il metodo dei moltiplicatori di Lagrange, Wilson ha ottenuto il seguente modello:

(5)

pertanto, sapendo che:

si ricava che :

(6)

Analogamente:

si ricava che :

(7)

II modello presentato attraverso le equazioni (5), (6), (7), ha una struttura del tutto simile al modello gravitazionale; questa teoria statistica afferma che noto il numero totale di viaggi, origini e destinazioni per ogni zona, per una categoria omogenea prefissata di viaggi di impiegati, dati i costi di viaggio fra una coppia di zone e dato che c'è una qualche spesa totale fissata sui trasporti in una regione ad un dato istante di tempo, allora c'è una più probabile distribuzione di viaggi fra zone. Dunque, questa distribuzione è la stessa ottenuta utilizzando il modello gravitazionale, sebbene la funzione esponenziale negativa sembri la forma preferita per indicare la funzione deterrente.

Page 39: Tecnica Urbanistica

Wilson ha dimostrato che il modello gravitazionale può essere ricavato mediante questo metodo di massimizzazione dell'entropia, e che una intera famiglia di modelli di interazione spaziale può essere ottenuto definendo diversi tipi di vincoli.Quindi il più importante contributo che questo metodo offre coinvolge il ruolo delle equazioni di vincolo. Queste rappresentano l'ammontare di informazione nota sul sistema.Perciò, l'approccio è sufficientemente generale da significare che modelli appropriati possono essere generati in situazioni in cui le informazioni sul sistema sono limitate.

56. Modello empirico (Hill): struttura generale del modello, formulazione matematica e outputs. Il modello nasce con lo scopo di pianificare lo sviluppo di una regione, di allocare popolazione e impiego fra le suddivisioni introdotte nell'area studiata (pur potendo incorporare anche la distribuzione di altre attività), correlandole ai cambiamenti intervenuti nella qualità dei servizi pubblici e nelle reti di trasporti, cosi come nella struttura delle attività già consolidate in quella regione. Il concetto di fondo su cui si basa la trattazione di Hill è che sia possibile ottenere previsioni future osservando le tipologie di sviluppo delle attività urbane: infatti nell'arco di periodi di 5 o 10 anni si stabiliscono relazioni nello sviluppo dei caratteri delle attività urbane. Dopo aver definito le subregioni, come suddivisioni territoriali della regione studiata, viene introdotta una distinzione fra variabili localizzate ( popolazione e impiego che saranno allocate fra le subregioni) e variabili localizzatrici (ad esempio accessibilità al transito, impianti di fognatura,..., che hanno natura causale dato che la loro presenza è in grado di influenzare l'ammontare di una o più variabili localizzate). Fra le variabili localizzate la popolazione viene suddivisa in due categorie, popolazione del collare bianco e popolazione del collare blu; gli impieghi vengono suddivisi in tre categorie, quelli relativi a servizi e vendita all'ingrosso, quelli dell'ambito manifatturiero e tutti gli altri tipi. Per individuare le variabili localizzatrici si utilizzano quattro metodi: • 1) un'analisi grafica delle numerose relazioni che intercorrono fra tassi di crescita di popolazione e impiegati

subregionali e variabili causali che si ritengono importanti; • 2) un'analisi delle variazioni e tendenze per popolazione e impiegati relative all'ultima decade; • 3) mediante tecniche di analisi fattoriale le variabili vengono raggruppate per similarità rispetto alla loro

tendenza ad esercitare influenze localizzatrici sulle altre variabili; • 4) l'utilizzo di equazioni di regressione multipla può mostrare relazioni fra i tassi di crescita di popolazione e

impiego.Si introduce una restrizione che implica l'additività delle reciproche influenze fra variabili, cosicché esso assume forma lineare.Formulazione matematica.Attraverso i quattro metodi descritti si giunge a formulare il modello come insieme di equazioni lineari per ciascuna subregione, con una equazione per ogni variabile localizzata.Il modello viene espresso mediante la relazione:

• i o j = 1,2,...i,j,...N numero delle variabili localizzate• k= 1,2,...k,...M numero delle variabili localizzatoci • ΔRi o ΔRj = variazione nel livello della i-sima o j-sima variabile localizzata sull'intervallo temporale di

previsione.• Zk = livello della variabile localizzatrice k all'inizio dell'intervallo temporale di previsione.• ΔZk = variazione nel livello della k-sima variabile localizzatrice sull'intervallo temporale di previsione.• aij, bij = coefficienti che esprimono le relazioni fra variabili.L'equazione generale del modello stabilisce che in una data subregione si riesce a dedurre la variazione di una variabile localizzata da tutti gli altri tipi di variabili.I valori delle variabili a e b vengono determinati mediante tecniche di regressione; i valori di Zk e ΔZk vengono ottenuti da valori di proiezioni ottenuti esogenamente .E' altresì importante osservare che il sistema di equazioni non ha lo scopo di determinare direttamente il livello delle variabili localizzate (popolazione e impiego), quanto piuttosto la variazione osservata nel periodo di previsione.

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57. Definizione di rendita fondiaria La rendita fondiaria è la forma classica della rendita.È il reddito percepito dal proprietario fondiario (proprietario di terreno: fondo = terreno di proprietà ) in conseguenza del fatto che egli è proprietario di un bene (la terra) destinabile alla coltivazione o al pascolo.La rendita fondiaria urbana è il reddito che deriva dalla proprietà del terreno in relazione non a un suo uso agricolo, ma all’uso edilizio urbano.Terreno agricolo e terreno urbano sono entrambi beni scarsi, ma la loro scarsità è di natura e grado notevolmente differente.

58. Definizione di rendita differenziale Deriva dal fatto che, se la terra è generalmente scarsa, e quindi la proprietà di essa rende possibile la percezione di una rendita, esistono tuttavia differenze tra i vari tipi di terra in relazione all'uso che se ne vuole fare.

59. Definizione di rendita di posizione La rendita è detta di posizione quando sorge in conseguenza della posizione più o meno favorevole in cui si trovano le terre rispetto al mercato di vendita dei prodotti.

60. Definizione di rendita assoluta È la rendita che sorge nella misura in cui la terra disponibile complessivamente nell'ambito di una determinata area è scarsa rispetto al fabbisogno (rendita come forma di reddito percepibile per la scarsità generale di quel bene).

61. Modello di Von Thunen È un modello tradizionale di localizzazione delle attività agricole.• il valore della terra è funzione non solo della fertilità ma anche della distanza dal mercato (quindi dei costi

di trasporto del prodotto) • distanza fisica dal centro di mercato (la città)• rendita: R = E (p - kf) - A• dove: E è il prodotto di un’unità di superficie, p è il prezzo di mercato, k la distanza dal mercato, f il costo

unitario di trasporto, A il costo della coltivazione rendita

R=Ep-A

k=(Ep-A)/Ef distanza

• La distanza dall’origine dipende dalla fertilità, dal prezzo di mercato del prodotto e dai costi di produzione • L’inclinazione della retta dipende dalla fertilità e dai costi di trasporto

Le attività si localizzano in funzione del centro di mercato

I costi di trasporto possono cambiare la forma circolare (es. fiume)

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62. Le principali ragioni che sono alla base dell’approccio perequativo “La Perequazione è quel principio la cui applicazione tende ad ottenere due effetti concomitanti e speculari: la giustizia distributiva nei confronti dei proprietari dei suoli chiamati ad usi urbani, e la formazione, senza espropri e spese, di un patrimonio pubblico di aree a servizio della collettività” (S.Pompei).Infatti, con il metodo perequativo:• si riducono i differenziali di rendita fondiaria derivanti dalle scelte di piano;• la pubblica amministrazione può acquisire le aree per la “città pubblica” senza dover sostenere gli

indennizzi di esproprio;• la proprietà può ottenere una valorizzazione certa del proprio capitale fondiario seppur minore rispetto a

quello ottenibile con il processo tradizionale, che per contro presenta il rischio di forti sperequazioni tra le proprietà.

63. Esproprio vs perequazione Nel metodo tradizionale, basato sull’esproprio, l’incremento di valore derivate da un’espansione urbana è dato da: dove • R = incremento di valore dovuto alle scelte di piano ( variazione della rendita fondiaria)• Ve = valore dell’area resa edificabile, con funzioni urbanistiche private; dipende da:

• indice edificatorio attribuito all’area•valore di mercato di beni immobiliari prodotti•valore dell’incidenza dell’area (valore fondiario/valore finale del prodotto)

• Vv = valore dell’indennizzo dell’esproprio, che dipende dall’indennità prevista dalla normativa in vigore, dal momento che l’ipotesi iniziale prevede l’allargamento del perimetro urbano, da cui risulta Vv = Va

• Va = valore agricolo dell’area.Le aree destinate a funzioni urbanistiche collettive subiscono quindi una sperequazione, poiché Ve > VaNel metodo perequativo risulta:

dove:• Vep = valore economico privato, derivante dall’attribuzione ai suoli dell’indice perequativo, che,

nell’ipotesi che l’indice perequativo attribuisca a tutta l’area una quantità di superficie (o di volume) edificabile costane risulta

In questo modo tutti ottengono lo stesso rendimento come se fossero privati beneficiati dal piano con il metodo dell’esproprio, dal momento che lo stesso volume è distribuito tra tutti.

Da qui risulta che: ovvero che la differenza tra le due variazioni è dato dall’indennizzo d’esproprio

64. Perequazione per volumi e per valori Perequazione per valori: si ottiene mediante operazioni di carattere meramente finanziari;Perequazione per volumi: si realizza con i soli mezzi propri dell’urbanistica (Perequazione urbanistica); in particola modo:• limita drasticamente i DIRITTI EDIFICATORI riconosciuti ai terreni per poi distribuirli ed essere

liberamente scambiati, ceduti o acquistati;• tende a realizzarsi secondo due modello strutturalmente diversi attraverso la fissazione di regole e parametri:• a priori PSC;• a posteriori NEGOZIAZIONE.

65. Comparto perequativo Il comparto costituisce unità fabbricabili comprendendo aree inedificate e costruzioni da trasformare secondo speciali prescrizioni. Può essere, di fatto, equiparato a qualsiasi piano attuativo di iniziativa privata.

66. Aree urbane in cui è possibile l’applicazione di processi perequativi

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La perequazione urbanistica interviene solo nelle aree urbani marginali e nelle aree di territorio perturbano, a cui il piano ha assegnato uniformemente un indice convenzionale di edificabilità, riconoscendo la diversa rendita fondiaria contenuta nelle due categorie di suoli.Non può quindi avvenire nel territorio urbano consolidato, le cui volumetrie esistenti sono ratificate dal piano, né nel territorio aperto, dove non è ammessa l’urbanizzazione.

67. Criticità relative all’approccio perequativo Con l’approccio perequativo si è di fronte ad una profonda modifica del contenuto del diritto di proprietà , quindi, del diritto privato, dal momento che non si incide sulle proprietà in concreto, ma in astratto, dal momento che si crea una facoltà che ha origine nel diritto di proprietà di un’area, che può essere ceduta ad un altro proprietario e che comunque non può essere esercitata sull’area medesima; si passa da un diritto reale ad uno di credito, dal momento che con la perequazione si attiva un debito pubblico dove la pubblica amministrazione è garante di un debito: è un processo contrario e antitetico al processo di sviluppo sostenibile, che porta alla necessità di una legge nazionale, per essere uniformata a livello statale. In mancanza di questo, infatti, si va contro il diritto di proprietà sancito dall’art. 42 della Costituzione, che diviene oggetto di esercizi differenti, a seconda delle Regioni e delle loro leggi; c’è poi il rischio di creare differenze di profittablità tra le varie regioni, con gli operatori immobiliari e le attività che si concentrano nelle zone più vantaggiose, con il risultato che nelle zone con indici più bassi si annullano i vantaggi della perequazione.

68. Cause della crisi della pianificazione ordinaria La crisi degli strumenti tradizionali si é verificata in seguito dei cambiamenti dei modi con cui le dinamiche sociali si sviluppano nella quotidianità: da questo punto di vista il piano ha evidenzialo una perdita di efficacia a causa della sua natura prevalentemente di tipo normativo e prescrittivo ed ha manifestato i suoi principali limiti proprio nell’incapacità di adattamento alle sollecitazioni poste dalle trasformazioni in atto a livello globale e al continuo evolversi delle condizioni che caratterizzavano i diversi sistemi locali , soprattutto quelli metropolitani e urbani; sollecitazioni che per contro rivelavano in modo sempre più evidente la necessità di cambiamenti di natura processuale. Pur essendo rimasti validi e attuali i principi per cui si rende necessaria l'azione di piano, é la sua forma di natura statica che entra il crisi, non essendo in grado di cogliere la natura dinamica e relazionale dei processi in atto, né di far fronte alle continue sfide poste dai mutamenti di carattere globale: l'urbanistica é oggi chiamata sia ad una gestione efficace dei processi evolutivi in atto, sia a fornire garanzie di reale salvaguardia degli interessi collettivi, facendo però attenzione ad una equidistribuzione dei benefici derivanti dalle trasformazioni urbane. Proprio per questo l’urbanistica tradizionale è entrata in crisi, con i suoi limiti che si sono manifestati sotto molteplici aspetti: differenti temporalità, la rilevanza del piano, l’aspetto economico considerato secondario, ….

69. Caratteristiche principali del Piano Strategico Il Piano Strategico è un documento politico generale, programmatico, è una guida, un contatto sociale fatto e condiviso da una comunità; è infatti qualcosa di più di un piano urbanistico, è un qualcosa in più che la collettività si da per raggiungere degli obbiettivi. Con la sua “natura razionale, flessibile, cooperativa, che meglio interpreta la natura della città”, si fa su base volontaria e non può essere imposto, dal momento che si basa sulla costruzione del consenso.Ha diversi obbiettivi:• visione condivisa dei cambiamenti e di sviluppo locale “vision” e “visioning”;• forme regolamentate di cooperazione pubblico-private;• scale priorità interventi;• gestione efficace delle risorse;• traduzione del “progetto di città possibile e voluta” in “progetto realizzabile”.

70. Piano Strategico e Piano Strutturale

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Il Piano Strategico va inteso come un piano di sviluppo locale, che si compone di due elementi distinti, ma contemporaneamente essenziali: il piano strutturale, che risulto essere il prodotto della fase di programmazione e il piano operativo cui é affidalo il compito di attuare fisicamente i progetti, in conformità con le prescrizioni vigenti e secondo gli obiettivi strategici e le priorità definiti nel piano strutturale.Al Piano Strutturale spetta l’individuazione dal patrimonio territoriale esprimibile in termini di risorse disponibili (risorse che risultano costruite allo stesso tempo opportunità, ma anche vincoli,, al Piano Strategico compete la valorizzazione di tale patrimonio; valorizzazione da intendersi come accrescimento del valore sociale della risorse disponibili attraverso strategie mirate a favorirne la loro messa a sistema. In altri termini, al Piano Strutturale é demandato il compito di fissare le regole che devono essere mirate a governare i comportamenti generali e segnare i vincoli inderogabili a difesa dell'interesse collettivo. Tali regole devono essere chiare e valide per tutti gli attori sociali, a qualsiasi titolo, coinvolti nei processi di sviluppo locale e, preferibilmente, dovrebbero essere anche poche.Una volta che sono state definite te regola, al Piano Strategico compete di fissare la “meta” ritenuta socialmente auspicabile (o se si preferisce la visionI e stabilire gli obbiettivi, le strategie e le azioni che ne permettono il conseguimento, il tutto secondo un ordine di priorità costruito con il consenso dai diversi attori sociali che partecipano al processo

71. Pianificazione strategica e pianificazione ordinaria: i principali nodi critici Sotto il profilo giuridico la pianificazione strategica e la pianificazione ordinaria presentano natura profondamente diversa: la prima si fonda su un patto sociale a cui gli attori aderiscono volontariamente,la seconda si fonda sul potere autoritativo della pubblica amministrazione (potere riconosciuto dalla legge) ed ha pertanto natura obbligatoria e prescrittivi.Questo è dovuto al fatto che si è venuta a determinare nel tempo una situazione in cui i bisogni che la collettività esprime rispetto ai processi di pianificazione sono profondamente cambiati, dal momento che Il problema centrale non é più quella di governare i processi di crescita urbana, di gestire i processi di urbanizzazione degli insediamenti informali o di dare case alle masse lavoratrici: iI nodo centrale diviene quello della gestione dei processi di riconversione di interi comparti urbani che la dismissione industriale aveva consegnato al degrado, che si accompagnava sempre più a forme patologiche di forte marginalità sociale. Nei processi di pianificazione é venuto poi a trasformarsi in modo sostanziale il processo di formazione delle decisioni a seguito del mutalo rapporto tra gli attori pubblici e quelli privai che, ai diversi livelli e a vario titolo, entrano in gioco nella definizione delle strategie di governo del territorio. È la stessa natura del piano che cambia, in quanto perde il ruolo storicamente definito di strumento prescrittlvo, in cui trovano sintesi la risultanze dei processi decisionali, per divenire motore e, quindi, strumento fondativo delle dinamiche che si instaurano tra i diversi attori, che sono chiamati ad effettuare scelte in grado di salvaguardare gli interessi collettivi, compatibilmente con il perseguimento delle legittime aspettative private. È evidente che un contesto decisionale di questo tipo é caratterizzato da un crescente livello di complessità; diviene quindi coerente la coesistenza di un livello di pianificazione strategica, cui è arrivata la definizione delle linee generali di sviluppo locale, e di una pianificazione operativa, cui spetta il compito di tradurre tali linee, in nuovi assetti territoriali.Un ulteriore aspetto, che necessariamente occorre prendere in considerazione è che le risposte ai problemi posti dalla complessità non possono essere fornite seguendo approcci alla programmazione progettuale basati su interventi monodimensionati o settoriali, così come un certo razionalismo di tipo riduzionistico prevede, ma allo stesso tempo diviene difficilmente praticabile anche un approccio di tipo normativo o prescrittivo, in quanto risulta impossibile cogliere le singole specificità contestuali. Il Piano perde così la sua connotazione statica per assumerne una processuale e al planner viene chiesto anche un ruolo attivo nella fase di realizzazione del piano, cosa che implica che abbia anche competenze di direzione strategica.

72. Cosa si intende per Valutazione Strategica Integrata? È un processo integrato, in stretta relazione con il piano strategico, che ha come obbiettivo pervenire ad un’accurata preconfigurazione del programma in tutte le sue componenti processuali, negli obbiettivi e nei risultati attesi, che si sviluppa in un determinato contesto, a cui partecipano diversi attori sociali rilevanti ( o stakeholders), che risulta costituito da diverse azioni, o interventi, tra loro spesso, ma non necessariamente, in rapporto d’interdipendenza.

73. Differenza tra monitoraggio e valutazione di un piano.

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Il monitoraggio è l'attività di monitoraggio si riferisce all'analisi di indicatori di risultato, capaci di descrivere e qualificare i processi di cambiamento in atto, attribuibili all'attuazione del piano strategico, e lo stato di avanzamento di singole azioni e interventi specifici. Il Monitoraggio è spesso caratterizzato da una misurazione regolare, ripetuta nel tempo, delle principali componenti nelle quali sono articolate le azioni previste dal piano strategico. Il monitoraggio è fatto da esperti e funzionari che producono dei rapporti che vengono letti da altri esperti e funzionari per avere una visione dettagliata dello stato di preparazione e attuazione di ogni singolo progetto del piano e del piano nel suo insieme.La valutazione, invece, punta sulla misurazione di fenomeni più complessi, spesso legati agli obiettivi definiti ex-ante per i processi e le azioni del piano strategico, senza tralasciare gli effetti, impatti e risultati conseguiti, anche se inattesi. La valutazione cerca di misurare il raggiungimento degli obiettivi strategici sia di contenuto (per esempio la realizzazione della visione per il territorio definita nel piano) sia di processo (per esempio la promozione del partenariato o i miglioramenti del sistema del governance locale). Oltre la misurazione dei fenomeni rilevanti (spesso difficile a causa della complessità dei fenomeni e dei tempi lunghi necessari alla realizzazione di cambiamenti significativi), la valutazione cerca di identificare e spiegare i fattori che hanno inciso sui fenomeni misurati.

74. Lo sviluppo di un processo di valutazione strategica Il processo prevede 4 fasi, tutte ineludibili:• identificazione e comprensione delle problematiche e degli obbiettivi del programma;• individuazione delle “dimensioni” rispetto cui si conduce la valutazione: scopo conoscitivo;• definizione dell’approccio di ricerca e delle tecniche valutative impiegate: devo definire prima come

ottengo i giudizi, per la trasparenza del processo valutativo;• definizione delle forme comunicative dei risultati della valutazione.

75. Cosa vuol dire valutare la rilevanza di un piano? Con l'analisi della rilevanza si intende valutare il grado d rispondenza che esiste tra gli obiettivi del programma e le istanze espresse dal contesto generale. Si valuta la significatività dei benefici che il sistema nel suo complesso può trarre, in termini di modifiche strutturali reali e quindi di sviluppo locale (beneficiari vs.complesso della popolazione).

76. Cosa vuol dire valutare l’efficienza di un piano? La valutazione di efficienza si ottiene dal confronto tra i risultati conseguiti e le risorse impiegate per il loro raggiungimento. In questa ottica, quindi, la valutazione dell'efficienza di un programma costituisce un1nformazione di estrema utilità sulle modalità con cui vengono impiegate le risorse in relazione a ciò che viene effettivamente realizzato e, in quanto tale, implica che si assume la prospettiva valutativa dei decisori, o in generale di chi "offre" i risultati del programma.

77. Cosa vuol dire valutare l’efficacia di un piano? L'efficacia di un programma è valutata in due prospettive differenti, la prima è quella del decisore (efficacia interna o gestionale) che va intesa come la capacità di raggiungere i risultati prefissati in fase programmatica, questo implica che, nel valutare l'efficacia interna del programma, si metteranno a confronto i risultati ottenuti con quelli attesi. La seconda dimensione è quella esterna (efficacia esterna o sodae), la cui valutazione fornisce un giudizio su quanto il programma sia stato capace di soddisfare i bisogni degli stakeholder.