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scienza e tecnica TRIMESTRALE DI INFORMAZIONE DELLA SOCIETÀ ITALIANA PER IL PROGRESSO DELLE SCIENZE ANNO LXXXI - N. 547 lug.ago.set. 2018 - Poste Italiane SpA - Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/2/2004, n. 46) art. 1, comma 2, DCB Roma TRA REALTÀ E UTOPIA ARRIVANO I VEICOLI FERROVIARI A IDROGENO SUGGESTIONI DI COLONIE ITALIANE GLI ANELLI DEGLI ALBERI SONO SINCRONIZZATI A LIVELLO PLANETARIO UNA TECNOLOGIA SENSIBILE ALLA SINGOLA MOLECOLA POTREBBE RIVOLUZIONARE LA DIAGNOSI MEDICA UN GRANDE SARTO COORDINA IL “TAGLIA E CUCI” DELL’INFORMAZIONE GENETICA CERCARE NELLE BRINE DELL’ANTARTIDE IL SEGRETO DELLA VITA SU MARTE L’OCEAN CLEANUP PROJECT INIZIA A RIPULIRE GLI OCEANI DALLA PLASTICA DAL LIEVITO DI BIRRA INDIVIDUATE POSSIBILI CAUSE DI MALATTIE NEUROVEGETATIVE

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TRIMESTRALE DI INFORMAZIONE DELLA SOCIETÀ ITALIANA PER IL PROGRESSO DELLE SCIENZEANNO LXXXI - N. 547 lug.ago.set. 2018 - Poste Italiane SpA - Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/2/2004, n. 46) art. 1, comma 2, DCB Roma

TRA REALTÀ E UTOPIAARRIVANO I VEICOLI FERROVIARI A IDROGENOSUGGESTIONI DICOLONIE ITALIANE

GLI ANELLI DEGLI ALBERI SONOSINCRONIZZATI A LIVELLO PLANETARIO

UNA TECNOLOGIA SENSIBILEALLA SINGOLA MOLECOLA POTREBBE RIVOLUZIONARE LA DIAGNOSI MEDICA

UN GRANDE SARTO COORDINAIL “TAGLIA E CUCI” DELL’INFORMAZIONE GENETICA

CERCARE NELLE BRINE DELL’ANTARTIDEIL SEGRETO DELLA VITA SU MARTE

L’OCEAN CLEANUP PROJECT INIZIAA RIPULIRE GLI OCEANI DALLA PLASTICA

DAL LIEVITO DI BIRRAINDIVIDUATE POSSIBILI CAUSE DI MALATTIE NEUROVEGETATIVE

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scienzae tecnica

Sommario

1 Tra realtà e utopia arrivano i veicoli ferroviari a idrogeno

8 Suggestioni di colonie italiane

11 Tempo: evoluzione delle parole

12 notiziario La fisica statica spiega cooperazione ed egoismo Gli anelli degli alberi sono sincronizzati a livello planetario Una tecnologia sensibile alla singola molecola potrebbe rivoluzionare la diagnostica medica Un grande sarto coordina il “taglia e cuci” dell’informazione genetica Globuli rossi come microlenti: nuove opportunità per la diagnosi delle anemie Cercare nelle brine dell’Antartide il segreto della vita su Marte L’ocean cleanup project inizia a ripulire gli oceani dalla plastica Nei geni dei sardi informazioni sulla preistoria dell’Europa Bronzo all’Italia nelle olimpiadi internazionali di informatica La metformina aumenta il rischio di anomalie congenite? Dal lievito di birra individuate possibili cause di malattie neurodegenerative Ricostruire la storia dell’uomo seguendo gli steroli fecali. Primo test sui Maori Distrofia muscolare di Duchenne: identificato un nuovo meccanismo

SCIENZA E TECNICAtrimestrale a carattere politico-culturale e scientifico-tecnicoDirettore Responsabile: Lorenzo Capasso

ANNO LXXXI - N. 547 lug.ago.set. 2018 - terzo trimestre 2018Reg. Trib. Roma n. 613/90 del 22-10-1990 (già nn. 4026 dell’8-7-1954 e 13119 del 12-12-1969). Direzione, redazione e amministrazione: Società Italiana per il Progresso delle Scienze (SIPS) via San Martino della Battaglia 44, 00185 Roma • tel/fax 06.4469165 • www.sipsinfo.it • e-mail: [email protected]. Fisc. 02968990586 • C/C Post. 33577008UniCredit Banca di Roma • IBAN IT88G0200805227000400717627 Università di Roma «La Sapienza», Ple A. Moro 5, 00185 RomaStampa: Istituto Salesiano Pio XI - Via Umbertide, 11 - 00181 Roma - tel. 06.7827819 - 06.78440102 - fax 06.78.48.333 - e-mail: [email protected] e Tecnica print: ISSN 0582-25800

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il sistema dei trasporti è una realtà comples-sa che si articola a diversi livelli: da quellonazionale a quelli locali (urbani e metropo-

litani). Le attività di trasporto sono intima-mente correlate con la gestione del territorio,dell’economia e dell’ambiente. Il soddisfaci-mento della domanda di trasporto passeggeri,il riequilibrio fra trasporto privato e trasportopubblico nella modalità passeggeri e la sensi-bile diminuzione del trasporto stradale sonogli obiettivi di una politica del trasporto soste-nibile. L’impresa si presenta non facile enecessiterà di tempi presumibilmente lunghivista la delicatezza del settore e le ripercussio-ni sull’economia a livello generale. Il raggiun-gimento dell’obiettivo comporterà probabil-mente un rilevante cambiamento delle abitudi-ni di vita riguardante l’utilizzazione dell’auto-vettura privata che dovrà essere gradualmenteridimensionato. Vanno previste adeguate cam-pagne di sensibilizzazione, facendo compren-dere i vantaggi di nuovi modelli comporta-mentali. Diventa ancor più categorico unimpegno indirizzato alla razionalizzazione edal contenimento della mobilità puntandosoprattutto allo sviluppo delle modalità ener-geticamente più efficienti e pulite.

Le vicende ferroviarie italiane iniziaronoprima della costituzione dello Stato Unitario esicuramente hanno contribuito positivamente

all’unificazione dell’Italia stessa. Nel 1861 risultavano attivaticirca 2100 km di linee ferrate e più del 50% della rete era con-centrata nel nord-ovest dell’Italia. Negli anni successivi sonostate realizzate sempre più linee, fino ad arrivare all’attuale reteferroviaria. Tra il 1905 e 1906 le linee ferroviarie si estendeva-no per 11.230 km di cui 2000 a doppio binario e meno di 200elettrificati. Dopo la guerra risultavano danneggiati o distrutti9.400 Km di linee ferroviarie (di cui il 66% di quelle a doppiobinario, il 90% di quelle elettrificate, il 60% delle locomotive el’80% delle carrozze oltre a 100 km di ponti, nonché più di 60km di gallerie).

In un viaggio dalla Bayard ai convogli ferroviari del futuro lastoria ci racconta

Ripercorrere le varie fasi dell’evoluzione del trasporto fer-roviario, in un lasso di tempo che ha interessato tre secoli distoria, dalla realizzazione del primo collegamento ferroviario aoggi, non è una cosa semplice da sintetizzare. Storia, scanditada grandi eventi quali le guerre, a partire da quelle ottocente-sche fino alle due guerre mondiali, le evoluzioni sociali, leemigrazioni e l’industrializzazione del Paese. È una storia ini-ziata nel 1839, quando l’Italia intesa come stato unitario, anco-ra non esisteva, il 3 ottobre avviene l’inaugurazione dellaprima linea ferroviaria italiana della lunghezza di 7,25 Km, daNapoli a Portici, realizzata per portare la corte di FerdinandoII. Una delle prime locomotive impiegate a circolare furono: laVesuvio, la Longridge e la Bayard, quest’ultima così denomina-ta dal nome dell’ingegnere, Armando Giuseppe Bayard. Nel1939 nella ricorrenza del Centenario venne ricostruito integral-mente il convoglio inaugurale; mentre la locomotiva, causamancanza progetto originale, venne ricostruita secondo il pro-getto della Bayard.

Nel 1850 furono realizzate le Officine d Pietrarsa (NA),per la costruzione di locomotive e di vetture ferroviarie. Offici-ne che nell’ottobre 1989 vennero trasformate in Museo ferro-viario.

Anche, se per la cronaca, il primo treno commerciale, rea-lizzato su intero progetto di George Stephenson (tracciato elocomotiva), circolò in data 27 settembre 1825 e fu destinato acollegare le miniere di carbone, tra Stockton & Darlington. Efu proprio in Inghilterra che venne stabilita, per la prima volta,la misura dello “scartamento” in 1435 millimetri. (Lo scarta-mento è definito come la distanza fra i bordi interni dei funghidelle due rotaie costituenti il binario).

La misura dello scartamento di 1435 millimetri (dettoanche scartamento Stephenson), corrispondente a 4 piedi e 8½pollici, diffusasi in quasi tutta Europa.

TRA REALTÀ E UTOPIA ARRIVANOI VEICOLI FERROVIARI A IDROGENO

di IGNAZIO PARISI

Riproduzione della locomotiva a vapore Bayard, gemella dellaVesuvio. Alla locomotiva sono attaccate alcune carrozze ricostruitesu disegni d’epoca. Ora esposte al Museo di Pietrarsa.

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Autonoma, operando, come tali, per ottant’anni esatti.Intanto, tra 1912 e 1928 erano state prodotte dalla Breda e

OM ben 391 locomotive a vapore del gruppo FS 685 costruitecon tender. Vengono considerate, ancora, le più riuscite pertreni viaggiatori. Negli anni, a queste, si sono affiancati altrigruppi di locomotive a vapore, come: le locomotive gruppo625 destinate a impiego misto merci/viaggiatori su linee acclivi(soprannominate, insieme alle locomotive del gruppo 640, leSignorine, per la linea aggraziata e per il diametro medio-gran-de delle ruote e per la tendenza ad “ancheggiare” in rettilineodovuta al particolare carrello); il gruppo 835; il gruppo 940 ealtri gruppi come le 740 con tender e con una autonomia di6.000 kg di carbone ed un serbatoio di 22 litri cubi d’acqua.

Furono tante e diversificate le locomotive, ognuna con leproprie peculiarità e utilizzate regolarmente per ricoprire moltigeneri di servizi ferroviari (merci e viaggiatori).

Tra il 1928 e 1953, furono costruite le carrozze centoporte:un insieme di carrozze per treni locali con forte affollamento,realizzate in cassa metallica ottenute dalla ricostruzione di vet-ture a cassa in legno, risalenti ai primi del 900. Nel 1956 vienesoppressa la 3a classe.

Cosa ci racconta la storia della trazione endotermicaLa trazione diesel inizia intorno agli anni trenta. In quegli

anni sono stati progettati e costruiti mezzi prima a benzina obenzolo ma in seguito quasi esclusivamente a gasolio. Fra i piùsignificativi mezzi di locomozione sono le Aln 556 (Automo-trice leggera a naft), voluta dal fascismo per rilanciare il tra-sporto ferroviario in Italia, costruite in consistente numero diesemplari. L’automotrice Aln 556 è l’evoluzione dell’automo-trice ALn 56. La prima corsa-prova partì da Roma nel 1932 eraggiunse la città di Littoria (odierna Latina). Si presume chefu in questa circostanza che questo mezzo fu battezzato con iltermine Littorina. Queste rappresentarono una tappa importan-te nell’evoluzione dei mezzi leggeri.

Dopo la guerra, le automotrici crebbero in quantità e indimensione, tra queste le Aln 772, realizzate in ben 223 esem-plari nel lungo intervallo 1940÷57, che si diffonderanno ovun-que, fino a cessare il servizio solo nel 1986.

Purtroppo alla fine degli anni cinquanta, molte linee princi-pali non erano ancora elettrificate. All’occorrenza per questelinee, dal 1956 al 1962 le FS realizzarono un nuovo gruppo diautomotrici per servizi rapidi, le Aln 773, che offrivano unbuon comfort. Comunque, la vera innovazione arrivò nel 1956,quando entrò in servizio la prima Aln 668, automotrici accop-piabili con altri rimorchi della serie Ln 664. La propulsione ditali automotrici era affidata a due motori sovralimentati e refri-gerati.

Cronistoria della trazione elettrica ferroviaria in ItaliaI primi esperimenti per applicare la forza motrice dell’ener-

gia elettrica a una macchina per traino di veicoli, si ebbero into-no al 1850. Mentre fu realizzata nel 1902 la prima locomotivaferroviaria a trazione elettrica a corrente alternata trifase a 3600volt a 15Hz, in grado di sostituire pienamente quella a vapore.

Oltre a questo scartamento consideratonormale, i principali scartamenti utilizzatisono:• Spagna e Portogallo: 1668 mm per le linee

tradizionali, 1435 mm (standard) per lineeAV/AC;

• Irlanda: 1602 mm inclusa linea AV/AC; • Finlandia: 1524 mm; • Russia e repubbliche ex-URSS: 1520 mm; • l’Inghilterra invece utilizza diversi tipi di

scartamento, incluso lo standard. Analogamente, molte linee secondarie e

anche alcune principali utilizzano uno scarta-mento inferiore a quello normale, chiamatoscartamento ridotto. Il binario è una strutturaunitaria dove ciascun elemento che lo compo-ne non può essere scelto ignorando gli altricomponenti: rotaie, traverse, organi d’attaccoe la geometria del tracciato. La rotaia è unprofilato di acciaio di sezione opportunamentesagomata. La sagoma oggi generalmente usataè quella Vignola, costituita da un fungo supe-riore, connesso mediante il gambo alla suolainferiore, che è piana.

Dopo la liquidazione delle compagnie chegestivano, sin dal 1885, le tre reti ferroviarie(Mediterranea, Adriatica e Sicula), sono stateistituite il primo luglio del 1905 le Ferroviedello Stato. Queste diventano un’Azienda

Asse veicoli ferroviari, accoppiamento ruota rotaia scartamento.

Convoglio ferroviario della HSL HRT (Helsinki Regional TrasportAutority), in sosta nella stazione di Helsinki, con scartamento di1524 mm.

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Nei primi decenni del secolo scorsoavvenne anche la scelta del sistema di alimen-tazione. L’Italia si orientò inizialmente sullatrifase a 3.600 volt a bassa frequenza 16,7 Hz;solo alle soglie del secondo conflitto mondialesi sperimentò la 10.000 volt a 45 Hz, ma senzaseguito. Solamente dal 1928 si passò alla cor-rente continua a 3.000 Volt.

Intanto già nel 1901, sulla linea Milano-Varese, era nata la trazione elettrica a 600 Vcccon alimentazione da 3a rotaia e nel 1902,sulla linea Lecco-Sondrio, la trazione trifase a3 kV a 15 Hz.

Nel decennio 1911÷1920 vengono elettrifi-cate in trifase le linee Torino-Modane, la Savo-na-Carmagnola e la Genova Ronco. Con l’ado-zione della trazione elettrica a 3000 Volt a cor-rente continua, nascono nel 1934 i primi elet-trotreni articolati (ETR 200). Nel 1941 risulta-vano elettrificati circa 1.820 km di linee.

Nella primavera del 1953 entra in funzio-ne l’Elettro Treno Rapido–ETR 300, meglio

noto come Settebello (composto da sette elementi), sulla trattaNapoli-Milano e rimase attivo fino al 1984. Tra il 1950 e il1959 furono prodotti tre convogli. Mentre, già nel 1950 eraentrato in esercizio l’ETR 250 denominato Arlecchino. Ancorprima, nel 1939 con l’elettrotreno ETR 200, si era raggiunta lavelocità massima di 203 km/h, senz’altro un record per quelperiodo in considerazione: del tipo di rotaie, delle traverse edella massicciata allora in uso. Treno simbolo in tale contestofu il Pendolino, ETR 401, capace di inclinarsi all’interno dellecurve conseguendo quindi una marcia più veloce, entrato inservizio nel luglio 1976.

Fino agli anni ’80, sui treni i motori più diffusi erano incorrente continua. Da allora in poi, grazie agli sviluppi dell’e-lettronica si è gradualmente passati alla corrente alternata, per-ché consente ai convogli di essere più potenti, consumaremeno, e usurarsi meno nel tempo.

L’alimentazione a corrente alternata è quella che vieneimpiegata dalle linee ad (AV) Alta Velocità. Le linee (AC) AltaCapacità per l’alta velocità possono trasportare fino a 25milavolt di tensione elettrica. Il modello italiano, che prevede lalinea AV integrata con AC in modo da rendere accessibile l’in-frastruttura ad una grande varietà di convogli.

La ferrovia elettrificata è alimentata da una linea di contat-to aerea con ritorno attraverso le rotaie di corsa. La linea aereaè costituita dal filo di contatto, sul quale striscia il pantografodelle macchine di trazione. Uno degli aspetti fondamentali nel-l’interazione pantografo-linea di contatto è la captazione rego-lare della corrente.

L’evolversi dell’elettronica di potenza ha dato la possibilitàdi costruire locomotive universali cioè politensione, policorren-te e polifrequenza, quindi completamente interoperabili, ingrado di circolare su linee alimentate a corrente continua a1.500 e a 3.000 volt, a corrente alternata a 15 e a 25 kV e a fre-quenze di 16,7 e 50 Hz.

L’alimentazione di una ferrovia non determina quale tipodi motore una locomotiva debba montare. Su linee a correntealternata è possibile far correre anche dei treni che hanno deimotori CC: in questi casi, la corrente viene convertita da AC aCC tramite uno strumento apposito, che si chiama raddrizzato-re e si trova a bordo treno.

L’Italia si è posta fra i paesi che tradizionalmente hannofavorito lo sviluppo della trazione elettrica a 3.000 V in conti-nua, favorita anche da una maggiore tradizione industriale inquesto senso, sino alle più recenti decisioni di convertire i 25kV in alternata monofase, allineandosi quindi al trend europeo.

I principali standard di trazione elettrica in Europa possonoessere riassunti così come di seguito.1. a corrente continua:• 750 V tramite terza rotaia (principalmente nel sud della Gran

Bretagna);• 1,5 kV soprattutto in Francia e Giappone;• 3 kV in Italia, Slovenia, Cecoslovacchia, Polonia e Spagna.2. a corrente alternata monofase:• 15 kV 16 2/3 Hz in Germania, Svizzera, Austria;• 25 kV su tutte le nuove reti ad alta velocità europee e Porto-

La figura schematizza la sezione di una rotaia in posizione cor-rispondente a quella di posa in opera, ossia con l’asse verticaleinclinato di 1/20 verso l’interno per consentire il corretto accoppia-mento del cerchione con le ruote dei veicoli ferroviari.

Locomotiva gruppo FS 685. Le ultime erano ancora attive nel 2006nella Garfagnana.

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da velocità massime medio alte. Si preferì ripiegare su unatotale revisione del progetto delle E.645 ed E.646 rendendolopiù funzionale alle nuove necessità. Infatti, tra gli anni 1975 eil 1989 sono state prodotte 461 unità di locomotive elettricheper treni viaggiatori (E.656) e treni merci (E.655) soprannomi-nate “Caimano”. Si trattava degli ultimi mezzi costruiti con ilrodiggio a tre carrelli e semicasse articolate, tipico delle loco-motive: E.636, E.645 ed E.646. Seguirono poi altre serie finoad arrivare alla sesta serie dette Navetta per via del loro allesti-mento atto a circolare su treni reversibili a locomotiva impre-senziata, comandata tramite telecomando con presa a 78 polida carrozze semipilota.

Tra il 1999 e il 2015 è stato prodotto un gruppo di locomo-tive denominate E.464 per l’utilizzo sui treni navetta a corto emedio raggio, per sostituire le E.646 e le E.424 risalenti aglianni quaranta e cinquanta, nonché le stesse E.656.

Intanto nel 1993 erano stati realizzati dalle Ferrovie delloStato una serie di convogli denominati TAF: un elettrotreno adue piani in composizione bloccata, composto da una motrice(M), due rimorchiate intermedie (R) e una motrice attrezzataper invalidi (MH).

Occorre partire dai numeri della produzione del Gruppo FSItaliane, per capire la situazione del trasporto ferroviario nellediverse parti d’Italia e la dimensione del fenomeno pendolari-smo che rappresenta la quota maggiore degli spostamenti. Ognigiorno sono 5,51 milioni le persone che prendono i treni perspostarsi nelle Regioni e nelle città italiane. Di questi sono 2milioni e 841mila i passeggeri che usufruiscono del servizioferroviario regionale, divisi tra 1,377 milioni che utilizzano iconvogli di Trenitalia e 1,464 milioni quelli degli altri 20 con-cessionari. Sono invece 2 milioni e 672 mila coloro che ognigiorno prendono le metropolitane, presenti in 7 città italiane(Milano, Roma, Napoli, Torino, Genova, Brescia e Catania).

Alla data del 31 dicembre 2017 le linee ferroviarie in eser-cizio si estendono per 16.787 km. Le linee che compongono larete sono classificate in base alle loro caratteristiche in:Linee fondamentali, caratterizzate da un’alta densità di trafficoe da una elevata qualità dell’infrastruttura e si estendono per6.497 km (pari al 38,7%);Linee complementari, con minori livelli di densità di traffico,costituiscono la rete di collegamento nell’ambito dei bacini

gallo.• 2x25 kV 50 Hz su linee AV/AC. L’incre-

mento delle potenze assorbite ha portato,l’Italia, il Giappone e la Francia, all’uso delsistema 2x25 kV (catenaria alla tensionealternata di +25 kV, feeder alla tensione di -25 kV collegati tra loro per mezzo di auto-trasformatori funzionanti alla frequenza di50 Hertz). Attualmente questa è la soluzioneingegneristica ritenuta migliore in assolutosia per la potenza sviluppabile lungo linea(fino a 2 MW/km) che per la capacità cir-cuitale di minimizzare le esposizioni aicampi elettromagnetici.Intanto, nei primi anni settanta le Ferrovie

dello Stato attraversarono un periodo di riorga-nizzazione del parco macchine. Le locomotivedi prima generazione per viaggiatori (come leE.626 e le E.428) erano ormai abbondante-mente obsolete, mentre le più recenti E.646stavano diventando insufficienti a causa del-l’incremento del numero di passeggeri.

Nonostante il successo delle nuove E.444Tartaruga, veloci e potenti, occorreva avere inbreve tempo delle nuove motrici caratterizzate

L’Aln 556 Littorina. Fanno parte dello stesso gruppo, sia le automo-trici di costruzione Fiat, serie 1200 e 1300, che quelle costruitedalla Breda, serie 2200.

Nel 1939, con un francobollo l’Italia del fascismo, celebra il cente-nario delle ferrovie.

1. Sospensione catenaria2. Isolatori 3. Fune portante 4. Astina di poligonazione5. Filo di contatto6. Feeder7. Fune di sostegno

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regionali per una estensione di 9.337 km (parial 55,62%);Linee di nodo, dove quest’ultime si sviluppa-no all’interno di grandi zone di scambio e col-legamento tra linee fondamentali e comple-mentari situate nell’ambito di aree metropoli-tane per una lunghezza di 953 km (pari al5,68% del totale).

Allo stato attuale le linee a semplice bina-rio risultano di 9.091 km, mentre quelle a dop-pio binario si estendono per 7.696 km.

Le linee elettrificate si estendono per unalunghezza di 12.022 km, di cui 7.619 a dop-pio binari (pari a circa il 63,3%) e 4.403 kmancora a semplice binario; mentre rimangonocirca 4.765 km di linee non ancora elettrifica-te e servite dalla trazione diesel. Inoltre larete ferroviaria conta più di 2.286 stazioni,delle quali:13 gestite dalla società GrandiStazioni, 103 dalla società Centostazioni,2.170 medie e piccole gestite da Rete Ferro-viaria Italiana (RFI).

Aumentare la qualità del prodotto fornitoè un imperativo che può considerarsi ormaipatrimonio della cultura corrente; comincia adaffermarsi la necessità di un miglioramentonei servizi ed in particolare in quelli pubblici,ma anche un elemento determinante per accre-scere la competitività dell’intero sistema pro-duttivo di una nazione.

Negli ultimi anni, con maggiore frequenzarispetto al passato, sta emergendo la consape-volezza di integrare i sistemi di gestione dellasicurezza dell’esercizio ferroviario con ilsistema di gestione della tutela della salute eper la gestione dell’ambiente. Il tutto in lineacon gli impegni del Piano Industriale2017÷2026 del Gruppo FS. Italiano.

Nell’ambito di un traffico crescente, pereffetto del pendolarismo diffuso e dell’AltaVelocità, per la richiesta di servizi di trasportodi migliore qualità e per l’esigenza di garanti-re una riorganizzazione ed un incremento delservizio regionale, saranno ordinati entro il2018, a seguito della firma dei contratti fraTrenitalia e le Regioni italiane, altre 86 nuoveunità di treni. Nel frattempo, sono entrati inservizio nuovi convogli di cui: 3 tipo Jazz, 6tipo Swing, 4 tipo Flirt, 41; inoltre 56 carrozzeVivalto da media distanza, sono state comple-tamente rinnovate. Gli investimenti per ilmateriale rotabile regionale nel 2017 ammon-tano a più di 371 milioni di euro.

I risultati raggiunti, in questi anni, sonooggi le principali aree in cui le Ferrovie dello

Stato operano mediante una serie di “Piani di Sicurezza”. Ulti-mamente sta emergendo la necessità di integrare i sistemi digestione della sicurezza dell’esercizio ferroviario con il sistemadella tutela della salute, non trascurando la tutela dell’ambienteattraverso la corretta gestione degli aspetti ambientali.

In tale ambito si colloca anche la gestione dei progetti diacquisto o ricostruzione del materiale rotabile in Trenitalia taleda risultare un valido supporto dell’investimento e del soddi-sfacimento delle esigenze della clientela.

Per il trasporto regionale sono stati presentati nel corso del2017 i nuovi treni Rock e Pop, che inizieranno a circolare suibinari italiani dal 2019. Più comodi, più sostenibili e più acces-sibili, attualmente in costruzione – sono stati commissionati daTrenitalia rispettivamente a Hitachi Rail Italy e Alstom e saran-no consegnati in tutte le regioni d’Italia dalla primavera del2019. Le nuove flotte - complessivamente 300 convogli Rock e150 Pop - compongono la maxi fornitura da 450 nuovi convo-gli della commessa da oltre 4 miliardi di euro che, per valoreeconomico e numero di treni, non ha precedenti in Italia.

Si chiamano Pop i nuovi e coloratissimi convogli di ultimagenerazione dedicati ai pendolari. I convogli, commissionati daTrenitalia ad Alstom sono destinati a migliorare l’esperienza diviaggio dei clienti del trasporto regionale. È una nuova tipolo-gia di convogli monopiano bidirezionali; dotati di 4 motori ditrazione, viaggeranno a una velocità massima di 160 km orari eoffriranno circa 300 posti a sedere; sono previste due configu-razioni a 3 e 4 casse. Il sistema di trazione permetterà un’acce-lerazione da 0 a 30 km/h di 1,02 m/s2 in modo da garantire unservizio di tipo metropolitana.

I convogli Rock. È questo il nome scelto per i nuovi treniregionali che saranno realizzati per conto di Trenitalia (GruppoFerrovie dello Stato). Sono convogli a doppio piano a composi-zione bloccata e potenza distribuita con possibilità di utilizzaredue convogli in composizione multipla. Offrono 465 posti asedere nella versione a 4 casse e di 752 nella versione a 6casse; mentre i posti in piedi risultano di 451 nella versione a 4casse, e di 616 in quella a 6 casse. Sono convogli a trazioneelettrica da utilizzare su linee alimentate a 3 kVcc, possono

1. Funi portanti2. Prendino 3. Trefolo di terra 4. Sospensione5. Condutture di contatto

alimentato6. Palo di sostegno7. Circuito di ritorno

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mila passeggeri al giorno, nonostante, che dal 2003, si sianoregistrate le chiusure di 1.323,2 chilometri di linee ferroviarie.Questo è quanto emerge da Pendolaria 2017 sul trasporto fer-roviario in Italia presentato da Legambiente. Dal rapportoemerge che, “dove vengono fatti opportuni investimenti, crescela voglia di spostarsi in treno”. Emerge anche, che le ferrovieitaliane, assicurano circa 9.200 treni al giorno, con un totale di5,513 milioni di persone che si spostano giornalmente. Sono ingenere 2,841 milioni i passeggeri che usufruiscono del servizioferroviario regionale; mentre, sui convogli nazionali, viaggianosu treni Intercity 40 mila persone e 170 mila sull’Alta Velocitàtra Frecce e Italo. Ora si stima che ciò contribuirà a spingere inalto il fabbisogno energetico mondiale entro il 2050, di circa il25%. La domanda mondiale di energia è in costante aumento.Per contro, le riserve di combustibili fossili, al momento lanostra fonte primaria di energia, stanno diminuendo.

Benché l’alimentazione elettrica sia indubbiamente piùecosostenibile rispetto all’uso di motori diesel, soprattutto dalpunto di vista delle emissioni dei mezzi, molto dipende ancheda cosa viene utilizzato per produrre l’energia elettrica e nonsempre si tratta di fonti rinnovabili. In tutta Europa il trenoelettrico è diventato sempre più comune: l’elettrificazione dellelinee ferroviarie non è una nuova idea. Oggi le locomotive elet-triche vengono utilizzate principalmente per i treni elettrici eper quelli ad alta velocità.

Sebbene i costi iniziali per l’impiantistica di elettrificazio-ne siano alti, i treni elettrici, nel suo complesso, costano menoin termini gestionali. (la società Alston stima che sarebberomediamente necessari 1,2 milioni di euro ogni 100 km di lineaferroviaria da elettrificare).

L’aumento dei costi dell’energia insieme ai controlliambientali più severi, stanno alimentando diverse innovazionitecnologiche per lo sviluppo di convogli di nuova generazione.

Negli ultimi anni si sente parlare sempre di più di veicoli aidrogeno, ma l’idea di una distribuzione capillare sul territorio,alla stregua dei normali distributori di carburanti fossili, vienevista ancora da molti come un’utopia.

In antitesi a queste opinioni si può affermare che oggigior-no e possibile, grazie al progresso tecnico degli ultimi anni,ottenere idrogeno dal metano con processi controllati e saràpossibile a breve produrlo anche a partire da fonti di energiarinnovabili.

La tecnologia a idrogeno può funzionare in due modi:

raggiungere la velocità max. di 160 km/h, conuna accelerazione pari a 1 m/s2.

Le due tipologie di convogli potranno cir-colare su tutta la rete nazionale, con prestazio-ni pari o superiori ai mezzi già circolanti. Saràpresente la funzione “Green Drive” un dispo-sitivo, di ausilio al macchinista, per la marciaa consumi ridotti. È stato preventivato, chequesti convogli, consumeranno il 30 per centodi energia in meno rispetto ai convogli già incircolazione sulla rete ferroviaria. I primi con-vogli Pop e Rock inizieranno ad espletare illoro servizio attivo dalla primavera inoltratadel 2019 ed entro il 2021 andranno a sostituireil 70% della flotta regionale.

In questi anni la politica dei trasporti si èsviluppata tenendo conto dell’espansione eco-nomica, coniugata principalmente con l’au-mento demografico. Il trasporto su ferrovianel 2017 è aumentato con una crescita di 11

La figura schematizza la rete ferroviaria italiana in esercizio alla datadel 31 dicembre 2017.

Convogli ETR 324, ETR 425 ed ETR 526 (sopran-nominati Jazz da Trenitalia). Sono 100 gli elettrotreniin costruzione da Alstom acquistati da Trenitalia eFerrovienord.

Autotreni ATR 365 e ATR 465. Sono convogli ad asset-to variabile a trazione diesel, costruite dalla SpagnolaCAF per la Regione Sardegna, composto da due auto-motrici diesel e da una vettura rimorchiata.

Aln 501 e Aln 502 sono dei convogli detti Ninuetto.Oltre alla versione diesel è stata realizzata dalla Alstom,anche, quella elettrica (Ale501 e Ale502).

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dizioni normali, reagisce con una serie di metalli (alluminio,boro, magnesio ecc.). Tuttavia, per rilasciare l’idrogeno ènecessario l’apporto di calore, che non è sempre disponibileall’avvio di un mezzo. Durante l’uso, il calore può esserefornito dalla pila a combustibile stessa. Nel caso in cui il metodo impiegato sia quello dell’elettro-

lisi, con elettricità da sorgenti rinnovabili si può parlare di zeroemissioni effettive. Il miglior metodo per convertire l’idrogenoin energia disponibile, si è rivelato con l’utilizzo della tecnolo-gia fuel-cell, invece che bruciarlo. Una cella a combustibileconverte energia chimica in elettrica direttamente, senza passa-re attraverso cicli di combustione. Non passando attraverso laconversione calore-lavoro, l’efficienza della fuel-cell non èlimitata dalla seconda legge della termodinamica. Come le bat-terie, le fuel-cell producono corrente continua attraverso rea-zioni che seguono le leggi dell’elettrochimica.

La fuel-cell si compone di due elettrodi separati da un elet-trolita (soluzione acquosa, polimero solido o ceramica condut-trice di ioni) il quale permette il passaggio di ioni ma non dielettroni. In una fuel-cell, l’idrogeno viene fornito all’elettrodonegativo e l’ossigeno (o più semplicemente l’aria) a quellopositivo. Le efficienze delle fuel-cell a idrogeno si aggiranointorno al 40% (sono più efficienti dei motori diesel) e le mag-giori perdite sono dovute, come per le batterie, alla dissipazio-ne attraverso la resistenza interna. In una fuel-cell, l’energia èimmagazzinata al di fuori della pila (per esempio in un serba-toio di idrogeno). La pila è solamente un convertitore e noncontiene di per sé alcuna energia. Quindi non ha senso parlaredi “stato di carica” di una cella a combustibile, in quanto, que-sta può funzionare infinitamente (o almeno finché non si usura)fintanto le venga fornito altro combustibile.

Il treno a idrogeno, a seconda di cosa viene utilizzato perprodurre l’idrogeno stesso, potrebbe abbattere le emissioni per-sino del 100%.

Ora è in partenza la sperimentazione del treno per il futuroLa disponibilità di nuove tecnologie e l’interesse all’idro-

geno come fonte d’energia, risale ai primi anni ’70 durante laprima crisi petrolifera. Fu proprio con il verificarsi di tali con-dizioni che diversi studiosi, cominciarono a considerare ilruolo fondamentale che l’idrogeno avrebbe potuto giocare incampo energetico in grado di rivoluzionare il trasporto ferro-viario.

I primi studi e applicazioni di un treno a idrogeno ebberoinizio nel dicembre 2017 in Bassa Sassonia. Il primo treno conla sigla H0 (idrogeno a “zero emissioni”), si chiama CoradiaiLint ed è realizzato da Alstom, il colosso francese attivo nellaproduzione di treni e infrastrutture ferroviarie. I convogli diCoradia iLint, silenziosi e a zero emissioni, perché emettonosolo vapore e acqua di condensa, andranno a sostituire sullelinee non elettrificate gli attuali treni diesel, inquinanti e fasti-diosi per coloro che vivono vicino ai percorsi ferroviari. L’e-nergia per la trazione dei convogli è fornita da una cella a com-bustibile a idrogeno. L’autonomia dei Coradia iLint, con un“pieno” di idrogeno, va dai 600 agli 800 chilometri. In Germa-nia si prevede che la rivoluzione della mobilità a idrogeno

• Attraverso la combustione diretta dell’idro-geno in un motore a combustione (in modosimile ai veicoli a gas naturale);

• Attraverso fuel-cell (celle a combustibile):reazioni chimiche nelle fuel-cell creanoelettricità che viene impiegata per far muo-vere il veicolo con motori elettrici (alta effi-cienza). Un’economia basata sull’idrogeno richie-

de nuove infrastrutture di produzione, stoc-caggio e trasporto dell’idrogeno stesso, che innatura non si presenta allo stato liquido come icombustibili fossili, ma allo stato gassoso,necessitando così il superamento di diversiproblemi energetici e tecnologici.

Una buona parte dei problemi in questoambito riguardano lo stoccaggio dell’idrogenoa bordo del veicolo. Questo, attualmente, puòessere praticato in tre modi: • Gas compresso: le bombole più recenti pos-

sono resistere fino a una certa pressione; • Idrogeno liquido: il contenitore è in pratica

un grosso termos. Questo deve rimanere auna temperatura di 20 K. L’isolamento ter-mico deve essere il più efficiente possibileperché, se lasciata inattiva per un certoperiodo di tempo, la riserva di idrogeno ini-zierà a produrre pressione, che dovrà essererilasciata nell’atmosfera. L’idrogeno in con-

Convoglio Pop previsto in due configurazioni:• con 3 casse per gli ETR 103;• con 4 casse per gli ETR 104.

Il nuovo treno Rock è previsto in tre configurazioni:• con 4 elementi per gli ETR 421;• con 5 elementi per gli ETR 521;• con 6 elementi per gli ETR 621.

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linee tranviarie e ai treni industriali.Una delle tante soluzioni (visto che il convoglio allo studio

è solo a cella combustibile) potrebbe anche riguardare l’aggiun-ta di un ramo che si connette al pantografo, dove una motrice,appositamente attrezzata, utilizzi l’elettricità dalla catenarialungo le tratte ferroviarie elettrificate. Vediamo cosa potrannorivelarci i futuri studi e le possibili applicazioni.

Non c’è da stupirsi se queste tecnologie, in un futuro nonlontano, diventeranno così economicamente vantaggiose danon rendere più necessaria l’elettrificazione.

Previsioni future e futuristiche a parte, ciò che non si puònegare è che la tecnologia modificherà il modo di concepire ilsistema di locomozione ferroviario.

ConclusioniLa ricerca attuale di soluzioni progettuali compatibili con

l’ambiente e coerenti con i principi di efficienza energetica,non può prescindere dal promuovere lo sviluppo e la diffusionedi tecnologie che permettano di ridurre sostanzialmente i con-sumi energetici e di migliorare il confort dell’utilizzatore delservizio ferroviario.

L’evoluzione dei sistemi propulsivi alimentati con celle acombustibile, trainerà lo sviluppo di nuove filiere dell’idrogenoquale combustibile per il sistema dei trasporti. Naturalmente,sia nella combustione diretta, sia nell‘impiego di celle a com-bustibile, la valutazione corretta dell‘impatto ambientaledell‘idrogeno non può prescindere dalle emissioni inquinantiderivanti dal processo della sua produzione.

La varietà di tecnologie, applicazioni e soluzioni nei siste-mi ferroviari in generale, è tale da richiedere un’attenta analisidelle scelte a disposizione, al fine di indirizzare sulla scelta piùappropriata per il caso specifico, considerando investimenti ini-ziali e costi operativi, e la possibilità di recuperare una partedell’investimento. I treni a idrogeno saranno i protagonisti delfuturo del trasporto ferroviario. La rivoluzione, destinata adazzerare le emissioni inquinanti, è già realtà in Germania, masta prendendo forma anche in Toscana e in Trentino dove leprove inizieranno, fra breve, per imprimere un nuovo futuro altrasporto ecologico su rotaia.

prenderà piede entro una decina d’anni, apatto però che si trovi una soluzione idoneadell’approvvigionamento energetico e del tra-sporto del gas alle stazioni ferroviarie.

L’impiego dell’idrogeno per la trazioneferroviaria, la cui unica emissione è costituitada vapore e acqua di condensa, consenterispetto ai motori Diesel tradizionali un note-vole abbattimento delle emissioni inquinantied anche della rumorosità. L’inquinamentoacustico è minore rispetto ai soliti treni: gliunici rumori sono prodotti dalla resistenzaall’aria e dallo sfregamento delle ruote controle rotaie.

Il convoglio è completamente ecososteni-bile con prestazioni simili ai treni tradizionalie potrà raggiungere velocità di punta pari a140 km/h.

Un trend recente consiste nell’adozionedell’ibridizzazione usando combinazionidiverse di forza motrice, disegnate per soddi-sfare bisogni specifici di mercato, che vannodai servizi ad alta velocità delle linee principa-li alle linee suburbane ed urbane fino alle

Lo schema illustra l’architettura moto-propulsiva di un convoglio,dove le FC ed i contenitori di idrogeno trovano collocazione sul-l’imperiale del convoglio.

Architettura di un convoglio a celle combustibile, con aggiunta diun pantografo per poter viaggiare elettricamente anche su lineeelettrificate.

SUGGESTIONI DI COLONIE ITALIANEdi ANTONELLA LIBERATI

la Mostra Impressioni d’Africa, allestitapresso il Museo delle Civiltà in Roma,risulta efficace e rivelatrice di artisti

impressionisti e macchiaioli, quali abili comu-nicatori di impressioni, loro suggerite da alcu-ni aspetti delle varie esperienze coloniali ita-

liane loro coeve, fissandole in una serie di “fermo immagine”,eppure ciascuna dinamica al suo interno.

La scelta delle opere esposte risulta una preziosa sintesi deilavori di artisti poco noti; di ricercatori e documentatori dellepresenze archeologiche in Tripolitania a mezzo del plasticodelle Terme Adrianee realizzato nel 1930; delle immagini foto-

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grafiche dei reperti portati alla luce dagli scavinell’area di Leptis Magna che, unitamente allaqualità dell’allestimento delle sale, induconoad approfondire o ampliare la conoscenza diquesta antica città e della sua evoluzione,come dei luoghi africani e dei popoli che liabitavano.

«L’importanza di riconsegnare loro lacapacità di raccontare lo sguardo dell’Italiafuori dall’Italia nell’epoca coloniale: leimpressioni, sensazioni e visioni che tanti arti-sti italiani hanno vissuto sulle sponde africanedel Mediterraneo, con lo spirito del reporter ocon quello dell’appassionato di esotismo» (dalpieghevole che guida il visitatore alla visionedella Mostra).

La Mostra propone al visitatore una visio-ne dell’Africa colonizzata dagli italiani in cuila natura del territorio, le presenze umane, leattività antropiche autoctone e importate, forni-scono all’opinione pubblica di oggi, come aquella del tempo coloniale Impressioni d’Afri-ca, formando un mosaico abbastanza serenodell’interazione fra i componenti dell’ambienteosservato, quali la natura e l’antropizzazionedei territori, le varie qualità peculiari dellepopolazioni, l’uso e l’impiego delle risorsetangibili e intangibili di quei territori, dovesembra essere suggerita una qualche forma dipacifica integrazione fra i nativi e i “visitatori”,dove le presenze non autoctone non vengonopercepite ancora nel ruolo di colonizzatrici.

Le sale ospitano anche alcuni allestimentidi arredo, oggettistica domestica, monili, mac-chine fotografiche d’epoca, oggetti legati a ritireligiosi, sculture di persone e personaggi rin-venibili anche nei dipinti. Esse raccontano “leimpressioni, sensazioni e visioni” di un’imma-gine di colonizzazione come la vissero edescrissero in un periodo in cui l’impresacoloniale era stata resa appetibile, fruibile peri più disparati motivi e ragioni, offrendo unaimmagine di “colonie” per l’opinione pubblicadel tempo che poco o nulla evidenziava lanatura etnocentrica in essa sottesa. Qualunquecostruzione o reperto ascrivibile a Roma e allasua storia suscitava un nuovo e profondo inte-resse; qualunque ricchezza del territorio anda-va scoperta, captata, catalogata, utilizzata,pubblicizzata, propagandata, commercializza-ta e ridenominata. L’interesse per tutti queiluoghi che furono poi denominati “colonie ita-liane”, o “Impero coloniale italiano”, generavamolteplici forme di comunicazione e di propa-ganda costruite per incentivarne la costruzione

e fomentare così l’ambizione per il possesso di tipo coloniale.Tutta questa pianificazione andava profilandosi e caratterizzan-dosi sempre più come una comunicazione all’opinione pubbli-ca gravemente e sistematicamente mistificata, ben oltre l’aspet-to “documentale” apparente, che farà allontanare la conquistacoloniale sempre più dall’immagine di colonizzazione presentenella Mostra.

Quella della Mostra, invece, si caratterizza proprio per qua-lità riverberate dal tempo, dal luogo, dal contesto dove avvennela comunicazione e si colloca in un periodo comunicativocoevo alla nascita delle opere presenti offrendo un quadrodell’esperienza coloniale ancora rassicurante per i colonizzatorie forse anche per i colonizzandi. Sembra avulsa da quanto siera già compiuto in nome delle “Colonie” già poste in essere eda quanto si stava pianificando e strutturando nella realtà,costruendo ovunque nell’opinione pubblica la certezza dellanecessità e dell’opportunità di colonizzare e sottomettere terri-tori e popolazioni, in nome di un apodittico diritto.

Le immagini fotografiche dei ruderi di Leptis Magna dove-vano trasmettere all’opinione pubblica del tempo, ancor piùefficacemente dei ruderi stessi (che pochissimi avrebbero avutomodo di vedere di persona), la magnitudine e la magnitudo del-l’affermazione di grandezza che li aveva fatti progettare, collo-care con grandissimo dispendio di risorse di ogni genere, dalletecnologie misteriose e stupefacenti, alla formazione e qualifi-cazione specialistica e specializzata delle maestranze, al tra-smettere l’idea che tutto era stato concesso e reso possibile achi tali opere aveva commissionato e realizzato, o fatto realiz-zare. Altresì tutto sarebbe stato altrettanto concesso di porre in

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essere ai loro “eredi” durante la colonizzazio-ne italiana. Da qui le ulteriori corpose colle-zioni di plastici, copie e modellini di granparte delle opere erette dai Romani in tutto ilmondo allora da questi conquistato e coloniz-zato, vennero poi riproposte in Musei, maanche in mostre specifiche per portarle all’at-tenzione dell’opinione pubblica, perché questafosse stata pronta a farsi coinvolgere acritica-mente quando si sarebbe voluto motivare lacolonizzazione anche su base militare e belli-gerante. Tutto questo fervore documentaleservì a instillare nell’opinione pubblica la per-suasione che tutto ciò traesse un “diritto” dalleradici impiantate dalle antiche conquiste ecolonizzazioni dei Romani, cosa che fornivaanche il “diritto” di imitare gli stili di coloniz-zazione di altri Regni o Stati di antica (ma nonper questo più degna) esperienza colonizzatri-ce in tutto il globo terraqueo.

I dipinti presenti nella Mostra offrono atti-mi fermati su tela, che pure rendono paleseche sono parte di vitalità del momento ritratto,che rendono percepibili frazioni di movimentidi fenomeni atmosferici e ambientali, di per-sone, di cose, di animali, di elementi del pae-saggio in quell’hic et nunc tipico dei pittoriimpressionisti e dei pittori macchiaioli. Chi liosserva si trova all’interno del dipinto perimmergersi in un mondo di antiche e consoli-date tradizioni, derivanti da e afferenti a cultu-re profondamente strutturate, che nulla neganodell’ambiguità del vivere, della malinconiamisteriosa e tangibilissima degli elementi rap-presentati.

Trasmettono all’opinione pubblica laprofonda dignità di chi è consapevole delluogo dove è nato, dell’ambiente dove vive,del proprio stato inserito in quel contesto,delle sue possibilità di comunicazione socialein base al proprio ruolo, ben oltre le apparen-ze. Il tutto è avvalorato anche dalla ottimaqualità dei manufatti, rappresentati o presenti,

prova e testimonianza che si andava ad interferire in anticheautonome culture preesistenti.

Gli animali appaiono una ricchezza interattiva con gliumani autoctoni, trasportano persone e merci e forniscono leloro attitudini e qualità anche ai colonizzatori, rimanendo crea-ture ottime conoscitrici del territorio che le ha generate. Tutti iviventi appaiono ben inseriti in un ambiente pronto ad ospitaresenza fastidio anche altri colonizzatori, comprese le loro novitàgestionali del territorio e dell’ambiente, in modo da lasciarviinnestare felicemente le nuove tecnologie, i diversi criteri diamministrazione dei territori, delle popolazioni, delle risorselocali. Si tratta di territori ricchi, generosi e ospitali.

Le sculture forniscono all’opinione pubblica un’immaginedell’ambiente trovato dai colonizzatori del XIX secolo diversada quella che verrà costruita in un continuo oximoron di affer-mazioni propagandistiche artatamente fabbricate per sostituireciò che era reale con illusioni di fantasiosa grandezza e supe-riorità dei colonizzatori e ridicolizzazione dei colonizzati. Lesculture raffigurano donne e uomini comunque curati nella per-sona e nell’assolvere agli infiniti ruoli loro assegnati dai com-ponenti e dalle condizioni ambientali autoctone: i loro trattisomatici e posturali evidenziano dignità e armonia, anche iera-tica dignità, o comunque corpi e persone abituati a gestire tantole avversità climatiche e atmosferiche, quanto quelle dell’indi-genza e della miseria, o quelle di condizionamenti culturali etradizionali, o assolvere ruoli anche molto rappresentativi e digrande responsabilità.

Le opere presenti nella Mostra Impressioni d’Africa offri-rono all’opinione pubblica di allora una rappresentazione tran-quillizzante sugli scopi e sugli effetti delle imprese colonialidei non africani, mentre oggi offrono una sottile ma incisivaproposta di rivisitazione critica delle artefatte suggestioni dicolonie proposte nella realtà da chi usò l’idea della necessità diconquistare, sottomettere e cambiare quegli aspetti ambientalicaratterizzati da antiche e peculiari identità, dignità, tessutiambientali locali positivi e molto meno positivi, ma che certonon dovevano, ne’ potevano essere “migliorati” o “corretti” daimanipolatori non autoctoni. Offrono attimi vivi di persone eambienti tanto in una rappresentazione “positiva”, quanto inuna rappresentazione più oggettiva e poco illusoria. Le Colonieitaliane furono realizzate anche fuori dal continente africano,

Cronologia delle colonie italiane

1882-1947 Eritrea1890-1960 Somalia1901-1947 Tient-sin (Cina)1911-1943 Libia1912-1947 Dodecaneso1919-1922 Anatolia1936-1941 Etiopia1939-1943 Albania

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sebbene l’epilogo di quelle africane e mediter-ranee risulti più noto e notorio a causa dellosproporzionato, esecrabile allestimento propa-gandistico a mezzo di canzoni, manifesti ascopo commerciale, riviste, cartoline e moda-lità comportamentali di gusto inqualificabile.

Le “Suggestioni di Colonie Italiane” furo-no un diffuso e ampio sistema di condiziona-mento del formarsi dell’opinione pubblica afavore di una esperienza coloniale di cui solopochi conoscevano realmente l’entità e la qua-lità delle finalità predatorie. A tal fine, negliambienti e luoghi più vari, venivano collocatieventi, o soggetti, o miraggi di buoni affari, oprospettive di prestigiosi, “necessari” inter-venti per combattere ingiustizie e inciviltà, maancora in modo settoriale e occulto da chisapeva e voleva esercitare uno spietato potere

etnocentrico. Colpisce oggi quanto si investisse anche allora inspese, vite umane e animali, beni di ogni genere, che poi forni-rono un calcolo algebrico negativo nelle rese. Le “suggestionidi colonie italiane” non sono state proposte soltanto a mezzo diun profluvio di messaggi ben mirati, ma anche consolidate conuna tardiva, settoriale glorificazione dei morti, dei caduti eroi-camente, dei militi ignoti, della diffusione anche celebrativadelle immagini dei “giustiziati”.

Si valuti la cronologia e le aree colonizzate a vario titolo eper tempi diversi dall’Italia nei due secoli più recenti, ma ci siconceda di regredire cognitivamente anche alle più antichecolonizzazioni di continenti allora sconosciuti.

L’esperienza coloniale italiana, in senso lato, cominciandoda quanto offre la Mostra Impressioni d’Africa allestita pressoil Museo delle Civiltà in Roma, potrebbe e può offrire un cre-scente desiderio di approfondimento personale a qualsiasi visi-tatore, guidandolo verso una valutazione oggettivamente liberada pregiudizi e scevra da qualsiasi forma di etnocentrismo.

TEMPO: EVOLUZIONE DELLE PAROLEdi ROBERTO VACCA

in latino tempus (plurale tempora) signifi-cava sia tempia, sia tempo. Tempora vince-re corona = cingere le tempie con una

corona. Mala tempora currunt = stanno pas-sando brutti tempi.

I cristiani stabilirono loro regole di asti-nenza da certi alimenti, derivate in parte daquelle ebree. Queste hanno forse qualche ori-gine comune con quelle islamiche. La proibi-zione della carne di maiale era forse gratuita.Secondo, alcuni, invece, avrebbe avuto giusti-ficazioni igieniche. Il Corano proibisce dimangiare maiali, animali già morti e sangue.La Bibbia (Levitico, 11) permette di mangiareanimali terrestri solo se hanno lo zoccolospaccato e sono ruminanti, quelli acquatici sehanno sia pinne che scaglie (non anguille,molluschi, crostacei) e gli uccelli non rapaci(senza rostro, né talloni). Permette di mangia-re locuste e grilli ma non altri insetti né ani-mali che strisciano per terra (serpenti).

Si sono diffuse le prescrizioni di digiuno oastensione in certi giorni (Venerdì senza carneper i cristiani, digiuno di Yom Kippur per gliebrei) o in certi mesi (Quaresima per i cristiani,Ramadan per i musulmani senza cibi, né

bevande per tutte le ore di luce – fin quando la sera non si distin-gue più un filo bianco da uno nero). Nel IV secolo i cristianiadottarono proibizioni e limitazioni alimentari per tre giorni allasettimana (mercoledi, venerdi e sabato) quattro volte l’anno.Questi tempi di sacrificio furono chiamati tempora: di inverno(Avvento), di primavera (Quaresima), d’estate (Pentecoste) ed’autunno. Nel XVI secolo certi marinai portoghesi arrivarono inGiappone e, durante le tempora, insistettero per avere vettovagliecostituite solo da pesce e verdura. È questa l’origine del nomedel piatto tempura, servito in ogni ristorante giapponese.

Il tempo viene programmato e misurato dai musicisti. Lodenotano con aggettivi (a esempio: grave, lento, largo, adagio,vivace, allegro, allegretto, mosso) che suonano strani ai profaniche siano abituati a misurare le frequenze in cicli al secondo(Hertz).

Nel 2011, stranamente, il nome in codice Tempora è statoadottato dagli spioni britannici del GCHQ (Government Com-munication Head Quarters) per il loro massiccio sistema diintercettazione di comunicazioni internet e telefoniche su oltre1500 cavi in fibra ottica ad alta capacità. Non sono solo esami-nati i contenuti dei messaggi ma anche i metadati: mittenti,destinatari, persone ed enti che leggono in copia. Nel 2012queste analisi venivano svolte da 300 esperti di GCHQ e 250della NSA (National Security Agency statunitense). La NSAcollabora con i britannici e riesce così ad avere in modo surret-tizio informazioni su cittadini americani, alle quali altrimenti la

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legge USA inibirebbe loro l’accesso.Tempora è stato creato segretamente dal

governo britannico con la collaborazione delleaziende proprietarie delle grandi reti (BritishTelecom, Vodafone, Verizon, Global Crossing,Viatel, etc.). Queste grandi aziende sono tenutea mantenere il segreto su questa attività e pareche siano anche remunerate dal governo ingle-se L’obiettivo è indagare su comunicazionieventualmente criminali o terroristiche in entra-ta e in uscita dal Regno Unito. Questa attivitàimplica la raccolta e la registrazione di comuni-cazioni generate anche da cittadini di altriPaesi. L’opinione pubblica tedesca ha sollevatoforti obiezioni: il Ministro Federale della Giu-stizia, Sabine Leutheusser Schnarrenberger,

definì questa situazione come un incubo.Tutta la storia è stata notoriamente rivelata da Edward

Snowden, informatico ed ex agente CIA, poi impiegato dellaNSA, in numerose interviste. La prima fu rilasciata nel 2013 aGlenn Greenwald del Manchester Guardian, dopo di che Snow-den, accusato di spionaggio, si rifugiò a Hong Kong per evitarel’estradizione verso gli USA. Si è stabilito a Mosca e continua acomunicare notizie raccolte durante la sua carriera, in particola-re sul sistema americano di sorveglianza elettronica PRISM,messo in funzione dalla NSA nel 2007. Questi fatti sono ampia-mente noti: ci è stato fatto anche un film in cui appare lo stessoSnowden.

Il 4 maggio 2016 è stato pubblicato il Regolamento dell’U-nione Europea N. 679 sulla protezione dei dati personali. IlRegno Unito potrà ignorarlo se e quando entrerà in funzione laBrexit.

notiziario

La fisica statistica spiegacooperazione ed egoismoI gruppi umani possonoraggiungere un punto critico similea quello che caratterizza i sistemibiologici altamente organizzati,come quelli di api o formiche. Perla prima volta un modello di fisicastatistica mostra il ruolo crucialegiocato dalle norme sociali nelfavorire la cooperazione e la suastabilità. Lo studio, al quale hapreso parte l’Istituto di scienze etecnologie della cognizione del Cnr,pubblicato su «Physical Review»

Una ricerca condotta dalLaboratorio di intelligenzaartificiale della Nasa incollaborazione con l’Istituto discienze e tecnologie dellacognizione del Consiglio nazionaledelle ricerche (Cnr-Istc) di Roma el’Università di Cartegna inColombia, pubblicata sulla rivista«Physical Review», ha messo inluce per la prima volta l’esistenza diun punto critico nei sistemicooperativi umani, mostrando ilruolo cruciale giocato dalle normesociali.«Il concetto di punto critico èmutuato dalla fisica statistica» -spiega Giulia Andrighetto,

ricercatrice Cnr-Istc- «e indica lostato di un sistema postoesattamente al confine tra due fasidifferenti, che ha come caratteristicaquella di aumentare l’adattabilità delsistema a perturbazioni esterne. Nelnostro lavoro mostriamo per laprima volta come anche gruppi diumani che cooperano possanoraggiungere un punto critico: ciòavviene quando i membri, nei lorocomportamenti, tengono inconsiderazione le norme sociali delgruppo». Per ottenere questo risultato il teamdi ricerca ha sviluppato un modellodi fisica statistica dellacooperazione umana. «Nel modellogli agenti decidono se cooperare omeno, bilanciando egoismo eaderenza alle norme sociali. Inquesto modo siamo stati in grado diriprodurre le scelte che i soggettiumani avevano preso in recentiesperimenti di laboratorio su largascala condotti in Spagna da Gracia-Lázaro e colleghi, nei quali venivachiesto loro di partecipare al‘dilemma del prigioniero’, ilclassico gioco usato per studiare lacooperazione che utilizzaricompensa di natura economica» -prosegue la ricercatrice del Cnr-Istc-«I risultati del nostro lavoroconfermano e forniscono un

supporto sperimentale all’idea chegli esseri umani, decidendo secooperare o meno, bilanciano ipossibili guadagni economici e laconformità alle norme del gruppo.Infine, lo studio ha permesso dievidenziare l’esistenza di un puntocritico nei sistemi cooperativiumani, rilevato fino ad ora solo ingruppi animali altamente socialicome le api o le formiche,caratteristica che aiuterebbe aspiegare la grande flessibilità ecapacità di tali sistemi di adattarsi acambiamenti esterni».Lo studio valuta quindi imeccanismi e le dinamiche cheregolano gli individui in quantoanimali sociali. «Ricerche di questogenere potrebbero fornire in futurostrumenti di governance utili perpromuovere quel sottile equilibriotra interesse individuale e collettivoche è alla base della cooperazioneumana» conclude Andrighetto.

Gli anelli degli alberi sonosincronizzati a livelloplanetarioGrazie all’analisidendrocronologica su 27 speciearboree provenienti da 5 continenti,un recente studio del Cnr-Ivalsa e

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dell’Università di Padova rivelacome il rapido aumento diradiocarbonio cosmogenicoverificatosi nel 774 e nel 993, siaavvenuto su scala globale. È emersoinoltre che la concentrazione diradiocarbonio atmosferico sia piùelevata alle latitudini settentrionali.Lo studio è pubblicato su «NatureCommunications»

Gli anelli del legno si confermanouna fonte inesauribiled’informazioni scientifiche. Graziealla più vasta collaborazione mairealizzata dalla comunità scientificadei dendrocronologi è statopossibile determinare per la primavolta l’estensione su scala globale ela tempistica stagionale del rapidoaumento delle concentrazioniatmosferiche di radiocarbonio(14C), relativo a due eventiverificatisi negli anni 774 e 993 AD.La ricerca, pubblicata su «NatureCommunications» ha coinvolto 67studiosi di 57 istituti di tutto ilMondo, tra cui due italiani: MauroBernabei dell’Istituto per lavalorizzazione del legno e dellespecie arboree del Consiglionazionale delle ricerche (Cnr-Ivalsa)di San Michele all’Adige (Tn) eMarco Carrer dell’Università diPadova. I ricercatori hannoanalizzato gli anelli del legnoprovenienti da alberi viventi, legnistorici, scavi archeologici e resti dilegni subfossili appartenenti a 27specie da cinque continenti.Nell’anno 774 AD si verificò unaumento repentino dellaconcentrazione atmosferica diradiocarbonio pari a circa 20 volte iltasso normale: un episodio associatoanche a un aumento della

concentrazione dell’isotopo delBerillio (10BE) rilevato nelle carotedi ghiaccio dell’Antartide. Il picco èstato datato analizzando piante diCryptomeria japonica, un alberogiapponese. Un evento simile, diminore intensità, avvenne nel 993AD. Fino a oggi non si sapeva concertezza se tali eventi fossero statiglobali e la loro datazione era messain dubbio dall’ipotesi che unagrande eruzione vulcanica avesseimpedito la formazione degli anellidi accrescimento delle piante inalcune aree geografiche.«L’iniziativa, denominata COSMIC,ha consentito di fugare qualsiasiipotesi sulla scomparsa degli anellidi accrescimento in conseguenza dieruzioni e di dimostrare laprecisione annuale delle 44 seriedendrocronologiche più lunghe delmondo, tra cui quellaplurimillenaria realizzata dal Cnr-Ivalsa in Trentino» -spiegaBernabei- «Inoltre, il progetto hadimostrato come la concentrazionemedia di radiocarbonio atmosfericosia generalmente più elevata allelatitudini settentrionali. Talegradiente di diminuzionemeridionale, all’interno e tra gliemisferi, era finora sconosciuto esarà certamente oggetto di futurericerche». L’individuazione di un modellouniversale per la datazione diprecisione, che prende inconsiderazione interi continenti edemisferi, costituisce una risorsapreziosa per la ricerca in campoclimatico e ambientale, cheinteressa diversi settori disciplinari.«I risultati ottenuti evidenzianoinoltre la necessità di stabilire unacurva di calibrazione per le

datazioni al radiocarbonio arisoluzione annuale, che fornirebbeuna datazione senza precedenti invari campi delle scienze naturali eumanistiche» -sottolinea Carrer-«La collocazione cronologica esattadei due picchi di 14C costituisceinfatti un cardine fondamentale percalibrazioni di precisione nelladatazione al radiocarbonio. Inoltre,studi sulle variazioni dellaconcentrazione di 14C atmosfericonel tempo porteranno a una piùprofonda comprensione dellafrequenza, grandezza e origine deglieventi cosmici del passato, come adesempio tempeste o brillamentisolari, aurore boreali e comete. Unevento simile a quello dell’anno774, oggi causerebbe danniinimmaginabili alla tecnologiaelettromagnetica, a satelliti etrasformatori collegati alla reteelettrica».Questo studio comparativo offre unaulteriore prova della precisione delladatazione dendrocronologica efornisce importanti informazioni pervalutare la potenziale minaccia deglieventi cosmici sulle nostre attività.

Una tecnologia sensibile alla singola molecolapotrebbe rivoluzionare la diagnostica medicaRicercatori italiani dimostrano lapossibilità di rivelare una singolaproteina con un dispositivo bio-elettronico grande qualchemillimetro, quindi fabbricabile suvasta scala a basso costo. Promettedi diagnosticare patologieprogressive non solo prima che isintomi si manifestino maaddirittura appena l’organismoproduce i primi bio-marcatorispecifici. Il risultato è pubblicato su«Nature Communications» ed èrecensito da «Nature»

È un successo tutto italiano -incollaborazione fra l’Istituto difotonica e nanotecnologie delConsiglio nazionale delle ricerche(Cnr-Ifn), l’Università degli studi diBari ‘Aldo Moro’ (Uniba),l’Università di Brescia (Unibs) e ilConsorzio per lo sviluppo di sistemia grande interfase (Instm)- la primamisura record di una singolamolecola di proteina, usando un

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transistor di dimensionimillimetriche. Il lavoro è frutto diun approccio interdisciplinarecoordinato da Luisa Torsi docenteall’Università di Bari e condotto dalresponsabile Cnr-Ifn di Bari,Gaetano Scamarcio, con un team dichimici, fisici e ingegneri formatoda Cinzia Di Franco del Cnr,Giuseppe Mangiatordi, cheprenderà servizio al Cnr adicembre, Eleonora Macchia,Kyriaki Manoli, Brigitte Holzer,Domenico Alberga e GerardoPalazzo di Uniba, FabrizioTorricelli e Matteo Ghittorelli diUnibs.Lo studio promette di poterdiagnosticare patologie progressivenon solo prima che i sintomi simanifestino ma addirittura appenal’organismo produce i primi bio-marcatori specifici. Una potenzialerivoluzione per la diagnosticamedica che, attualmente, si basa sutecnologie che rivelano al piùcentinaia di migliaia di marcatori.«Nature Communications» hapubblicato il lavoro e «Nature» hapubblicato su questa innovativatecnologia SiMoT un ‘technologyhighligth’(https://www.nature.com/articles/d41586-018-05950-z). «La prima evidenza sperimentaledella misura di concentrazionibassissime di proteine fino al limiterecord di una singola molecola èstata possibile usando un transistordi dimensioni millimetriche. È unaricerca alla quale abbiamo lavoratoper oltre due anni ed è unagrandissima soddisfazione vederladecollare» -sottolinea GaetanoScamarcio del Cnr-Ifn- «Il risultatopromette ricadute strategiche digrande rilevanza per il futuro delladiagnostica medica, poiché ledimensioni e la struttura deldispositivo ne consentono laproduzione su vasta scala a costicontenuti. Il dispositivo è robustoed affidabile e pertanto facilmente

impiegabile fuori dal laboratorio».«La nuova tecnologia, battezzataSiMoT (Single-Molecule with aTransistor), si basa su strati auto-assemblati e bio-funzionalizzati dispessore nanometrico, inglobati indispositivi di grande areacompatibili con lo sviluppo diprototipi di facile uso anche fuoridai laboratori di ricerca» -ricordaLuisa Torsi di Uniba- «Lasensibilità della tecnologia SiMoT,in grado rivelare un singolo bio-marcatore, è talmente elevata danon poter essere migliorata oltre; sitratta, pertanto, di un recordmondiale assoluto. Questo risultatoè stato raggiunto grazie all’enormeamplificazione del segnale ottenutaintegrando nel un transistor bio-elettronico un film che simula lamembrana cellulare. L’intuizione èarrivata osservando che alcunecellule, attraverso la propriamembrana, sono in grado diriconoscere singole proteine come iferormoni. In termini tecnici si puòinoltre affermare che la rivelazioneSiMoT è ‘selettiva’ in quanto vedesolo il bio-marcatore specifico diinteresse ed è ‘label-free’ poichédiretta e non mediata da altremolecole. Inoltre, è una piattaformagenerale che può essere facilmenteadattata alla rivelazione di unospecifico bio-marcatore, peresempio un antigene. Per farlo, èsufficiente integrare nel dispositivol’anticorpo che riconosce l’antigenedi interesse».«La medicina di precisione habisogno di strumenti sempre piùsensibili e performanti checonsentano di applicare letecnologie più avanzate nellapratica clinica quotidiana: ladigitalizzazione dell’analisi dei bio-marcatori che li quantifica a livellodella singola molecola è dunque lanuova frontiera. La tecnologiaSiMoT promette quindi di essere unprezioso strumento che consentiràai clinici di associare il più piccoloaumento di un determinato bio-marcatore, alla progressione dellapatologia. Sarà forse addiritturapossibile identificare il momentopreciso in cui un organismo passadall’essere ‘sano’ al divenire‘malato’ aumentando enormementela capacità di curare le patologieattraverso metodi di trattamentotempestivi, specifici e mirati.L’elevatissima sensibilità di SiMoT

potrà essere utile anche per teneresotto controllo le recidive, peresempio dopo l’asportazione di untumore; ma anche per limitare l’usodi procedure invasive come lebiopsie permettendo la rilevazionedi marcatori in fluidi biologicifacilmente accessibili come ilsangue, l’urina o anche la saliva neiquali i marcatori sono presenti aconcentrazioni bassissime»conclude Scamarcio.Si prevede che la tecnologia SiMoTpossa quindi contribuire almiglioramento della qualità dellavita e della longevità dellegenerazioni a venire contribuendo,al contempo, alla riduzione dellaspesa sanitaria.

Un grande sarto coordina il ‘taglia e cuci’dell’informazione geneticaPer la prima volta una ricerca dellaSissa e del Cnr fa luce consimulazioni atomistiche sulfunzionamento di un complessosistema cellulare, composto daproteine e Rna, i cui difetti sonocoinvolti in più di 200 malattie. Unpasso fondamentale per lo sviluppodi possibili farmaci. La ricerca èstata pubblicata sulla rivista«Pnas»

Una raffinata simulazione alcomputer ha permesso ai ricercatoridella Sissa e dell’Istituto officina deimateriali del Consiglio nazionaledelle ricerche (Cnr-Iom) di far luce,per la prima volta al Mondo a livelloatomico, sul funzionamento di unsistema biologico importantissimo, ilcui nome è spliceosoma, che lavoracome il più abile maestro di atelier.Lo spliceosoma è composto da 5filamenti di RNA e centinaia diproteine. I ricercatori hanno scopertoche tra questi elementi la proteinaSpp42 del lievito (la cuicorrispondente nell’uomo si chiamaPrp8) coordina i diversi componenti

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che, tutti assieme, maneggiano i lorostrumenti di sartoria per portare atermine un minutissimo processo ditaglia e cuci grazie al qualel’informazione genetica può esserecorrettamente trasformata in unprodotto di perfetta fattura e quindifunzionante, come le proteine. Unprocesso cellulare molto delicato, ilcui difetto è alla base di più 200malattie nell’uomo, tra cui alcunitipi di cancro. La comprensione delfunzionamento delle componentidello spliceosoma potrebbe essere dibasilare importanza per la cura diqueste patologie, a esempio per losviluppo di nuovi farmaci in gradodi regolare e modulare l’attività diquesti ‘sarti molecolari’. La ricerca èappena stata pubblicata sulla rivista«Proceedings of the NationalAcademy of Science of the UnitedStates of America (Pnas)».Il ‘taglia e cuci’ dell’informazione geneticaPer dar vita al suo prodotto finale,un gene deve essere prima di tuttocopiato da uno specifico apparato.La copia, denominata RNAmessaggero o mRNA, è incaricata ditrasportare l’informazione contenutanel DNA agli altri apparati dellacellula dove viene trasformata inproteine. «L’RNA messaggero cheviene copiato dal gene è in unaforma prematura e deve però essereprofondamente rimaneggiato» -spiega Lorenzo Casalino della Sissae primo autore della ricerca- «Nelgene ci sono infatti delle zone checodificano per le proteine, detteesoni, e delle altre che invece noncontengono tale informazione, gliintroni. Per avere una molecola ingrado di trasportare un’informazionein maniera utile, precisa ed efficace,questi ultimi devono essere eliminatidal RNA per trasformarlo in mRNAmaturo». Si tratta di un processo ditaglio e cucito precisissimo, spiega ilricercatore, perché il minimo errorepuò alterare l’informazione, coneffetti anche gravi per l’attività dellacellula e la salute dell’interoorganismo. Prova ne sia che undifetto nello splicing, questo il nomedi questo procedimento, è collegato,come detto, a numerosissimemalattie, tra cui alcuni tipi dileucemia.Luci puntate sul grande sarto «Con una simulazione al computermolto lunga e davvero complessa,

lavorando su un modelloproveniente dal lievito, siamoriusciti a far luce sul fulcro dellospliceosoma. Abbiamo simulato eanalizzato i movimenti di unospecifico nucleo proteico di questosistema, capendone così il ruolo estabilendo che una proteina,chiamata Spp42 (Prp8 nell’uomo),svolge una funzione fondamentale.Dalla sua azione, in sostanza,dipende il movimento e quindi ilfunzionamento di tutti gli altricomponenti dello spliceosoma,ovvero di un enorme macchinariocomposto da più di 100 proteine e 5altri filamenti di RNA» -chiarisceAlessandra Magistrato del Cnr-Iom,responsabile della ricerca- «È laprima volta al mondo che vengonoeffettuate simulazioni su scalaatomica di questo sistema fornendoimportanti informazioni checontribuiscono a colmare le lacunedi moderne tecniche d’indaginestrutturale come, in questo caso, lacrio-microscopia elettronica».Verso il drug design«Visto il ruolo cruciale svolto daquesto sistema, e il suocoinvolgimento in diverse patologie,c’è un forte interesse acomprenderne struttura e azione» -spiegano Casalino e Magistrato-«Abbiamo studiato questocomplesso nel lievito, su cuipossedevamo le prime informazionistrutturali. Il nostro è un primo passoche ha richiesto anni di lavoro perarrivare a capire gli elementi di base,utili a comprendere anche ilfunzionamento dello spliceosomaumano». Capire precisamente inquali parti il meccanismo risultidifettoso in caso di malattia,potrebbe permettere ai ricercatori disviluppare dei farmaci che neregolino l’azione, funzionando cosìda efficaci terapie. Concludono iricercatori «Noi stessi ci stiamomuovendo in questa direzione.Molto resta da fare, ma la strada èaffascinante e molto promettente».

Globuli rossi comemicrolenti: nuoveopportunità per la diagnosi delle anemieQuesta nuova tecnica consente diindividuare, in maniera più rapida eprecisa, il tipo di anemia e scegliere

la terapia più adatta. Lo studio,messo a punto da un team di ricercainterdisciplinare dell’Istituto discienze applicate e sistemiintelligenti del Cnr, incollaborazione con il centro diricerca e biotecnologie avanzateCeinge, è pubblicato su «AcsAnalytical Chemistry»

Uno studio dell’Istituto di scienzeapplicate e sistemi intelligenti delConsiglio nazionale delle ricerche diPozzuoli (Cnr-Isasi) incollaborazione con il Centro diricerca e biotecnologie avanzateCeinge, propone una nuovametodologia per l’identificazione ela caratterizzazione di globuli rossimalati, aventi una morfologia similea quelli sani. La tecnica, basata suparametri ottici dei globuli rossi,apre a nuovi metodi diagnostici permolti tipi di anemia e per i disordiniematologici in cui la forma delglobulo rosso risulti alterata. Illavoro è stato pubblicato su «ACSAnalytical Chemistry».«Grazie a una tecnica avanzata diimaging 3D abbiamo dimostrato dipoter discriminare globuli rossimalati, aventi caratteristichemorfologiche simili rispetto alcampione di controllo sano» spiegaMartina Mugnano, ricercatrice Cnr-Isasi. Inoltre, per individuare iglobuli rossi malati viene sfruttata lacapacità dei globuli stessi difunzionare come lenti diingrandimento. «Tramite questatecnologia laser e sfruttando lacapacità dei globuli rossi dicomportarsi come microscopichelenti dotate di particolari proprietàdi ingrandimento e ‘messa a fuoco’,è possibile stilare un pannello di‘marcatori ottici’ per poteridentificare ciascun globulo rosso epoter quindi risalire alle diverseforme di anemia» aggiunge PietroFerraro, direttore dell’Istituto. Sfruttando la proprietà di biolentedel globulo rosso, recentementedimostrata dal Cnr-Isasi e apparsasulla rivista NatureCommunications, il team è riuscitoa dimostrare la capacità di unglobulo rosso in sospensione dicomportarsi come una microlente,modulando la sua lunghezza focalee sfruttando la sua capacità di fareimaging, mettendo a fuoco diversioggetti. Con questo nuovo criterio

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diagnostico è possibile discerneretra globuli rossi sani e malati,mediante l’analisi dei punti focali,applicata a centinaia di celluledisposte come una schiera dimicrolenti. Partendo da questaprecedente scoperta i ricercatorisono riusciti a identificare e isolare ipiù diffusi tipi di anemia, come lasideropenica o la talassemia.L’anemia sideropenica è lacondizione in cui sono presentianemia -cioè un deficit della quantitàdi emoglobina utile al trasportodell’ossigeno nel sangue- e unachiara evidenza di carenza di ferro,le sindromi talassemiche sonoinvece alterazioni congenite delsangue, che portano all’insorgenzadella malattia.L’anemia è spesso il risultato dialterazioni nel numero, nellaproduzione e nel metabolismo deiglobuli rossi. Gli esami più utilizzatinella valutazione iniziale dellamalattia prevedono, quindi,l’emocromo completo mentre perun’indagine più approfondita siricorre all’analisi della morfologiacellulare con l’osservazione dellostriscio di sangue periferico, ingrado di dare informazioni sui difettidi produzione dei globuli rossi,evidenziando anche variazioni delledimensioni globulari (anisocitosi) edella forma (poichilocitosi).«L’analisi dello striscio di sangueperiferico è, tuttavia, legataall’esperienza del medico cheosserva le cellule al microscopio equindi non scevra da errori. Conquesto nuovo strumento diagnosticosarà possibile fornire ai medici untest più affidabile e veloce, che andràad integrare i consolidati esami dilaboratorio per la diagnosi delleanemie. Grazie alla naturainterdisciplinare del team diricercatori, costituito da biotecnologi,fisici, ingegneri e medici, è statopossibile raggiungere questotraguardo che avrà un forte impattosulla diagnostica in ambitoematologico» afferma AchilleIolascon, ordinario di GeneticaMedica dell’Università Federico II diNapoli e Principal Investigator delCeinge. Il gruppo di ricerca ècomposto da Antonella Gambale,Roberta Russo e ImmacolataAndolfo, del Ceinge e delDipartimento di MedicinaMolecolare e Biotecnologie Mediche

della Federico II e da MartinaMugnano, Pasquale Memmolo, LisaMiccio, Francesco Merola e VittorioBianco dell’Istituto di scienzeapplicate e sistemi intelligenti “E.Caianiello” del Cnr.

Cercare nelle brinedell’Antartide il segretodella vita su MarteUn team di ricerca al qualepartecipa anche l’Istituto perl’ambiente marino costiero del Cnrsta studiando le forme di vita nellebrine dei laghi ghiacciati del PoloSud, ambienti che ripropongonocondizioni estreme simili a quellepresenti sul Pianeta Rosso. Laricerca è stata pubblicata su«Scientific Reports»

Un team di ricerca italiano del qualefa parte anche l’Istituto perl’ambiente marino costiero delConsiglio nazionale delle ricerche(Cnr-Iamc) di Messina, oltre alleUniversità dell’Insubria, di Perugia,di Bolzano, di Trieste, di Venezia edella Tuscia, ha studiato in Antartidele brine, liquidi molto salati, in cuiprosperano microorganismi che sisono adattati a vivere in crio-ecosistemi (sistemi estremicaratterizzati da basse temperature).Lo studio è stato condotto in un lagoperennemente ghiacciato di TarnFlat, nella Terra Vittoria, dove sonostati rinvenute due distinte comunitàdi funghi in due strati di brine,separati da un sottile strato dighiaccio di 12 cm. I risultati ottenutisono stati pubblicati sulla rivista«Scientific Reports». «Quanto evidenziato rende possibileipotizzare una prospettiva di vitaanche in ambienti analoghi, quali leLune ghiacciate del sistema solare oMarte. L’ipotesi che possa esistereuna qualche forma di vita in ambientiextraterrestri è legata al fatto che vi èstata rilevata la possibile presenza dibrine, come in Antartide» -spiegaMaurizio Azzaro del Cnr-Iamc,coautore dello studio- «I crio-ecosistemi sono studiati percomprendere come queste realtàfunzionino sulla Terra e qualipotrebbero essere le fonti di energiain grado di consentire la vita inanaloghe condizioni estreme. Ancoranon sappiamo se nelle brine di altri

pianeti del sistema solare ci sianomicrobi ma per studiare la possibileabitabilità di tali sistemiextraterrestri, in futuro, si potrebberoimpiantare microbi terrestri». Per studiare in maniera piùapprofondita le brine di alcuni laghiperennemente ghiacciati, un gruppodi ricercatori quest’anno partirà per ilPolo Sud, nell’ambito delProgramma nazionale di ricerche inAntartide (Pnra), finanziato dalMinistero dell’istruzione,dell’università e della ricerca eattuato dall’Enea per gli aspettilogistici e dal Cnr per laprogrammazione e il coordinamentoscientifico. «La missione cominceràa novembre, durerà circa un mese eriguarderà i crio-ecosistemi (giàstudiati in due passate spedizioniscientifiche del Pnra, nel 2014 e nel2017) che sappiamo ospitano brinein forma liquida. Inoltre, ciavvarremo del geo-radar perindividuare altri laghi che possanoracchiudere brine» -concludeAzzaro- «Bisognerà perforare i laghighiacciati con un carotatore, quindile brine saranno prelevate sterilmenteper essere trattate e analizzate neilaboratori della stazione scientificaitaliana Mario Zucchelli.Cercheremo quindi di isolare ecaratterizzare in laboratorio i ceppimicrobici presenti, ricorrendo sia ametodi colturali sia a estrazione delDna della componente procariotica(batteri e archeobatteri) edeucariotica. L’obiettivo di questistudi è aumentare le conoscenze sullavita microbica in ambienti estremi ecapire come possa essere sostenutanei crio-ambienti terrestri, peracquisire elementi utili a ipotizzaresistemi analoghi in altri mondighiacciati dell’Universo».

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L’ocean cleanup projectinizia a ripulire gli oceanidalla plasticaPartendo dalle 80.000 tonnellatedell’isola di plastica del Pacificol’Ocean Cleanup Project hafinalmente preso il via.

Il dispositivo di pulizia, battezzatoOcean Cleanup System 001 hainiziato il viaggio che lo porterà daSan Francisco al luogo della prova, acirca 240 miglia nautiche di distanza.Lì assumerà una forma a U grazieall’azione dei venti e delle onde,raccogliendo i pezzi di plastica (finoalla dimensione minima di 1millimetro) grazie a una rete amaglie fittissime che dalla superficiescende nell’acqua per 3 metri.L’intera operazione durerà unasettimana, e in questo periodo ognifase verrà «monitorata attentamente»per verificare che il piano funzionisenza danneggiare il plancton e lealtre forme di vita acquatiche:«Vogliamo catturare la plastica, non ipesci» ha spiegato Joost Dubois,dell’Ocean Cleanup Project. Completato il test, l’attrezzaturainizierà la prima missione vera epropria, dirigendosi all’isola diplastica dell’Oceano Pacifico: per iprimi sei mesi alcuni operatorisovrintenderanno ai lavori, che poicontinueranno in autonomia.Ripulire completamente gli oceanidalla plastica è un compito tutt’altroche facile, anche per la tecnologiaideata nel 2014 dall’alloradiciannovenne Boyan Slat edevolutasi in questi anni. La quantità è già da sola unproblema: si calcola che soltantol’isola di plastica del Pacificocontenga 80.000 tonnellate dimateriale, e ogni anno oltre 9tonnellate di plastica raggiungono leacque.

Nei geni dei sardiinformazioni sulla preistoria dell’EuropaUno studio sull’intero genoma di3.514 individui provenienti dadiverse regioni della Sardegnapubblicato su «Nature Genetics»conferma che i sardi, specie quellidelle regioni dell’interno,conservano meglio di qualunquealtra popolazione contemporanea lecaratteristiche genetiche dellepopolazioni presenti nel continenteEuropeo >7000 anni fa. Tra lepopolazioni contemporanee i sardimostrano una maggiore somiglianzagenetica con i baschi. Il DNA deisardi è quindi una riserva divarianti genetiche antiche,attualmente molto rare altrove efondamentali per lo studio dimalattie con una base genetica.

Un team di ricercatori guidati daFrancesco Cucca, direttoredell’Istituto di ricerca genetica ebiomedica del Consiglio nazionaledelle ricerche (Cnr-Irgb) eprofessore di Genetica Medicadell’Università di Sassari, e da JohnNovembre professore presso ildipartimento di Genetica Umanadella Università di Chicago, hapubblicato uno studio in cui sonostate esaminate le sequenzedell’intero genoma di 3.514individui provenienti da diverse areedella Sardegna che fornisce nuoveinformazioni sull’antica storiagenetica di questa popolazione edell’intera Europa. La copertina diottobre della rivista «NatureGenetics» sarà dedicata a questolavoro, intitolato Genomic history ofthe Sardinian population.«Lo studio ha confermato unelevato grado di somiglianzagenetica tra i campioni di DNAattuale e quello estratto da restiossei provenienti da siti archeologicineolitici (tra 10.000 e 7.000 anni fa)e, in misura minore, pre-neolitici,dell’Europa continentale. E hamostrato come queste similaritàsiano più marcate nelle areestoricamente più isolate dell’isola,quali l’Ogliastra e la Barbagia» -spiega Cucca- «Lo studio ha ancherivelato come i baschi siano lapopolazione contemporanea conlivelli più elevati di ascendenzacondivisa con i Sardi. Tale

similitudine, piuttosto che essereindicativa di contatti recenti traqueste popolazioni, suggerisce cheentrambe si siano originate dapopolazioni presenti in Europa nelNeolitico e pre-Neolitico. Studi sulDNA estratto da resti preistorici inSardegna chiariranno il contributorelativo di queste componenti allastruttura genetica di questepopolazioni».I risultati suggeriscono che lastruttura genetica sarda attualederivi da una sostanziale influenzadel DNA dei primi contadinineolitici, con contributi rilevantianche di cacciatori-raccoglitori pre-neolitici. «Al contrario dellepopolazioni europee attuali, lapopolazione sarda presenta uncontributo molto limitato da parte dipopolazioni provenienti dalle steppeche si sono diffuse nel continenteeuropeo nell’età del bronzo,mischiandosi con le popolazionipreesistenti e diluendo i contributipiù antichi», prosegue Cucca.«L’affinità con i contadini neoliticie, in misura minore, con icacciatori-raccoglitori preneolitici,suggerisce anche che la Sardegna èuna potenziale riserva di antichevarianti genetiche appartenenti allalinea basale proto-europea, che sonoattualmente molto rare o potrebberoaddirittura essere andate perdutenell’Europa continentale. Talivarianti forniscono uno strumentofondamentale per lo studio dimalattie con una base genetica».Il genoma varia da individuo aindividuo in seguito a ‘errori’durante la sua replicazione, noticome ‘mutazioni’, che siaccumulano di generazione ingenerazione. Il confronto tra i puntiin cui le sequenze di DNAdifferiscono tra individui (variantigenetiche) fornisce informazionipreziose su somiglianze, differenze,origine e relazioni passate, anchepreistoriche di una popolazionerispetto ad altre popolazioni. «Lapopolazione Sarda ha fornito unimportante contributo allo studio dicaratteristiche individuali egenetiche complesse, consentendouna migliore comprensione dellapreistoria dell’isola, dei suoi eventidemografici, delle modifiche neltempo dei caratteri ereditari»conclude Cucca.Alla ricerca hanno contribuito tra gli

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altri Carlo Sidore, MagdalenaZoledziewska, Maristella Pitzalis,Fabio Busonero, Andrea Maschio,Giorgio Pistis, Maristella Steri,Andrea Angius del Cnr-Irgb insiemea ricercatori americani dellaUniversity of Chicago, Universityof Michigan e University ofSouthern California.

Bronzo all’Italia nelleolimpiadi internazionali diinformaticaHa preso il via il 13 settembre aCampobasso la fase finale (ossiaquella nazionale) delle OlimpiadiItaliane di Informatica,appuntamento annuale che vede lapartecipazione di studentiprovenienti da tutta Italia.Organizzate dal Ministrodell’Istruzione, dell’Università edella Ricerca e da AICA -Associazione Italiana perl’Informatica e il CalcoloAutomatico - per il tramite delComitato Olimpico, le Olimpiadi sisvolgeranno presso l’Itst Marconi diCampobasso e coinvolgeranno uncentinaio di studenti italiani dellascuola secondaria di secondo grado,che si sfideranno in gare a base diprogrammazione e creatività. Le Olimpiadi italiane arrivano dopola conclusione delle OlimpiadiInternazionali di Informatica (IOI),svoltesi in Giappone, durante le qualila squadra italiana s’è dimostrataall’altezza. I quattro membri - LucaCavalleri, Andrea Ciprietti, FabioPruneri e Federico Stazi - hannoportato a casa infatti altrettantemedaglie di bronzo, un risultato «checi riempie di gioia e di orgoglio»come ha commentato Maria AssuntaPalermo, Direttore Generale per gliOrdinamenti Scolastici del Miur. «Quella informatica -ha continuato-è una competenza che è importanteacquisire già dai primi anni di scuolaper poter essere partecipi nella nostrasocietà e per poter entrare daprotagonisti nel mondo del lavoro.Ben vengano allora riconoscimenticome questo raggiunto inGiappone». «Con quattro bronzi vinti, glistudenti selezionati a partecipare alleIOI si sono dimostrati tra i piùbrillanti giovani scienziatiinformatici al Mondo, di cui siamo

davvero orgogliosi -ha aggiuntoGiuseppe Mastronardi, presidente diAICA- Ma le fatiche non sono finite:agli studenti che hanno conquistato ilpodio in Giappone e a tutti coloroche parteciperanno alle imminentiOlimpiadi Italiane di Informatica,facciamo i nostri migliori in bocca allupo per il raggiungimento dieccellenti risultati!».

La metformina aumenta il rischio di anomaliecongenite?Uno studio dell’Istituto di fisiologiaclinica del Cnr, in collaborazionecon la Fondazione toscana GabrieleMonasterio, analizza il profilo disicurezza della metformina e del suoutilizzo nel diabete gestazionale. Ilfarmaco, che ha subìtoun’espansione delle indicazionid’uso, sembra non essere legato adun aumento del tasso di anomaliecongenite. Il lavoro pubblicato su«British medical journal»

L’Istituto di fisiologia clinica delConsiglio nazionale delle ricerche diPisa (Cnr-Ifc), in collaborazione conla Fondazione toscana GabrieleMonasterio, ha fornito nuove provesulla sicurezza legata all’uso dellametformina nel diabete gestazionaledurante il primo trimestre digravidanza. Lo studio, recentementepubblicato su «British medicaljournal», ha analizzato un numero didonne in gravidanza esposte allametformina 5 volte maggiore diquanto non fosse stato documentatoprima in letteratura. «Sono state osservate quasi 1,9milioni di nascite in Europa, fra il2006 e il 2013, utilizzando i dati di11 registri di anomalie congenite di 9nazioni europee. Nello specifico,sono stati rilevati 50.167 bambiniaffetti da anomalie congenite tra nativivi, morti fetali e interruzioni digravidanza a seguito di diagnosiprenatale di anomalie» -spiega AnnaPierini, ricercatrice del Cnr-Ifc- «Sui50.167 casi analizzati abbiamoriscontrato 168 casi di anomaliecongenite esposti a metformina, paria 3,3 per 1.000 nati. Non è emersaalcuna evidenza di aumento delrischio per tutte le anomaliecongenite maggiori a seguitodell’assunzione di metformina nel

primo trimestre di gravidanza, perdiabete o altre indicazioni».L’unico eccesso evidenziato è quellorelativo all’atresia della valvolapolmonare, un difetto cardiacoregistrato in 3 casi esposti ametformina su 229 casi totali. «Tra itre casi, una mamma aveva il diabetepregestazionale e altre due mammeavevano assunto induttoridell’ovulazione» -prosegue Pierini-«Nonostante la necessità di ulterioresorveglianza per aumentare ladimensione del campione e per ilfollow-up del segnale cardiacoemerso dallo studio, questi risultatisono rassicuranti, considerando chel’uso di metformina in gravidanzarisulta in aumento e che la presenzadi diabete pregestazionale raddoppiail rischio di anomalie congenite».Il diabete gestazionale èun’intolleranza al glucosio legata allagravidanza che generalmenteregredisce dopo il parto, e che «inEuropa ha una prevalenza del 7-8%delle gravidanze, percentuale increscita a causa dell’aumento dell’etàmaterna alla gestazione e del pesopre-gravidico» -avverte laricercatrice del Cnr-Ifc- «In quanto altrattamento la prima cura resta ladieta e se questa non è sufficiente,bisogna far ricorso all’insulina.Nessun altro farmaco, compresa lametformina, ha come indicazioneterapeutica il diabete gestazionale».La metformina attraversa la placentaumana, esponendo il feto aconcentrazioni prossime a quelledella circolazione materna.«L’obiettivo dello studio è statoquello di valutare se l’assunzione dimetformina nel primo trimestre digravidanza comporti rischi di difettialla nascita, considerando che inletteratura esistono pochi studifinalizzati ad accertare il tasso dianomalie congenite dovute all’usodel farmaco durante la gestazione» -conclude Pierini- «La metforminaviene prescritta anche nella sindromedell’ovaio policistico, così come perla riduzione di peso nell’obesità nondiabetica, per normalizzare il ciclomestruale o per favorire ilconcepimento. L’aumento delleprescrizioni ha generato una crescitadel rischio di esposizioni involontariea metformina. Data l’elevatapercentuale di gravidanze nonprogrammate, le donne potrebberoessere esposte al farmaco anche

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senza essere a conoscenza delconcepimento».Lo studio è stato realizzatonell’ambito di EUROmediCAT,consorzio di ricerca europeo dedicatoal miglioramento della sicurezza deifarmaci in gravidanza, con lo scopodi costruire un network che valuti ilprofilo delle molecole in relazione alrischio di anomalie congeniteall’interno di EUROCAT, la reteeuropea di registri per lasorveglianza delle anomaliecongenite che copre oltre 1,5 milionidi nascite l’anno in 20 paesid’Europa.

Dal lievito di birraindividuate possibili cause di malattieneurodegenerativeUno studio, al quale ha collaboratol’Istituto di bioscienze e biorisorsedel Cnr, ha individuato tre geni la cuimancanza o difetto potrebbe essereall’origine di patologie qualil’Alzheimer e il Parkinson. Laricerca è stata pubblicata sullarivista «Scientific Reports»

Uno studio interdisciplinareeffettuato su lievito di birraSaccharomyces cerevisiae (S.cerevisiae) ha condotto alla scopertadi tre geni che portanol’informazione genetica necessariaalla fabbricazione di altrettanteproteine, la cui mancanza o difettopotrebbe essere la causa di malattieneurodegenerative nell’uomo. Allaricerca, che ha utilizzato comestrumento d’indagine il Tellurito dipotassio, un composto la cui tossicitàè collegata a malattie qualil’Alzheimer e il Parkinson, hannopartecipato tra l’altro ricercatoridell’Istituto di bioscienze e biorisorsedel Consiglio nazionale dellericerche (Cnr-Ibbr) e del gruppo diricerca dell’Università del Salentodiretto da Pietro Alifano. Lo studio èstato pubblicato su «ScientificReports».«Le nostre indagini, condotte anchecon l’utilizzo di tecniche digenomica e di biologia molecolaresul lievito S. cerevisiae quale sistemamodello, sono partite dallo studiodella Fratassina, una proteinacollocata nei mitocondri, organellicellulari presenti nell’uomo, nellepiante e nei funghi, la cui funzione è

la produzione dell’energia necessariaper la vita della cellula» -spiegaLuigi Del Giudice del Cnr-Ibbr- «Undifetto o l’assenza della Fratassinanei mitocondri causa nell’uomo lamalattia neurodegenerativaconosciuta come atassia di Friedreich(Frda). Essendo stata trovata anchenel lievito S. cerevisiae, la Fratassinaha stimolato la nostra ricerca, nellaquale abbiamo utilizzato comestrumento di indagine proprio ilcomposto del Tellurio. L’importanzadello studio sta nell’avereindividuato un punto intermedio, treproteine del ribosoma mitocondriale,nel percorso che associa i genidanneggiati alla malattianeurodegenerativa nell’uomo».I risultati ottenuti sono moltosignificativi in ambito scientifico.«Quanto da noi individuatocostituisce un passo avanti nelleconoscenze scientifiche relative allostudio delle tre proteine ribosomialimitocondriali coinvolte nellaresistenza al Tellurito di potassio nellievito S. cerevisiae, e al loropossibile ruolo nelle disfunzionineurodegenerative», conclude ilricercatore del Cnr-Ibbr. «Lascoperta dei tre geni del Dnanucleare è poi legata alla possibileproduzione di farmaci con potenzialeterapeutico per la cura di talimalattie».Lo studio è stato condotto grazie aifinanziamenti della Compagnia diSan Paolo, del Ministerodell’istruzione, dell’università e dellaricerca (Miur) e del Cnr.

Ricostruire la storiadell’uomo seguendo gli steroli fecali. Primo test sui MaoriRaccontare la presenza umana sulpianeta seguendo l’accumulo in

suoli e sedimenti di questi compostichimici nelle feci umane. Scienziatidell’Università Ca’ Foscari Veneziae dell’Istituto per la dinamica deiprocessi ambientali del Cnr hannoin tal modo provato la presenzadegli individui che colonizzarono leisole oceaniche e la trasformazioneambientale conseguente. Lo studio èpubblicato su «Scientific Reports»

È possibile raccontare l’evoluzionedella presenza umana sul pianetaseguendo l’accumulo in suoli esedimenti di steroli fecali,importanti composti chimici dellafisiologia umana. Scienziatidell’Università Ca’ Foscari Veneziae dell’Istituto per la dinamica deiprocessi ambientali del Consiglionazionale delle ricerche (Cnr-Idpa)hanno identificato e datato tracce disteroli nei sedimenti di due laghineozelandesi, riuscendo a provare lapresenza dei Maori che a partire dal1280 circa colonizzarono le dueisole oceaniche, disboscandole nelgiro di pochi decenni per fare spazioa campi e pascoli. Lo studio è statoappena pubblicato sulla rivista«Scientific Report».Le analisi sono state condotte neilaboratori di Venezia su carote disedimento prelevate nei laghiDiamond e Kirkpatrick, situatinell’Isola del Sud della NuovaZelanda. Analizzandomicroparticelle di carbone e pollinierano già stati trovati indizi diincendi boschivi eccezionali e delcambiamento repentino delpaesaggio neozelandese nel corsodel XIV secolo, quando la forestalasciò spazio a prati e arbusti inmodo rapido e senza precedenti.Evidenze archeologiche epaleoecologiche attribuiscono concertezza il disboscamento ai Maori,ma questo nuovo studio aggiunge laprova scientifica definitiva del loroarrivo nell’area e dell’impattoenorme che un gruppo di pochiindividui ebbe in un tempo moltobreve sulla foresta nativa, tanto dacomprometterla irreversibilmente.Inoltre, la ricerca dimostra lavalidità del metodo sperimentato dairicercatori italiani per ricostruire lastoria della presenza umana in unadata regione.«I laghi raccolgono e depositano suiloro fondali tracce delle feci dellepopolazioni che hanno vissuto neidintorni» -spiega Elena Argiriadis,

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postdoc al Dipartimento di scienzeambientali, informatica e statisticadi Ca’ Foscari, tra gli autori dellostudio- «offrendo una registrazionecontinua nei secoli della presenzaumana. La concentrazione dicoprostanolo, lo sterolo piùabbondante nelle feci umane, ha unandamento che ricalca quello deibiomarcatori relativi agli incendi,con un picco tra il 1345 e il 1365circa, e coerente con la profondatrasformazione ambientale subìtadalla Nuova Zelanda con l’arrivodei Maori».«Questa ricerca fa parte di una seriedi studi sull’impatto nella storia enella preistoria dell’uomosull’ambiente e sul clima,analizzando biomarcatori presenti inarchivi di ghiaccio o sedimentiestratti in tutto il pianeta (progettoEarly Human Impact, finanziatodallo European Research Council)» -precisa Carlo Barbante, professore diChimica analitica a Ca’ Foscari edirettore Cnr-Idpa- «Le tracce delledeiezioni umane raccontano anchedell’arrivo sull’isola meridionaledella Nuova Zelanda degli europei, apartire dal 1800. La crescitaesponenziale nella concentrazione disteroli fecali testimonia fedelmente ilrapido aumento di popolazionenell’area dall’inizio deldiciannovesimo secolo ai giorninostri. Il metodo potrà ora essereapplicato ai sedimenti lacustri e aisuoli di aree in cui la storia degliinsediamenti umani non è così chiarae netta come nel caso neozelandese,contribuendo a mappare glispostamenti delle popolazioni neltempo».Lo studio è stato realizzato incollaborazione con scienziati dellaMontana State University, delloU.S. Geological Survey,Geosciences and EnvironmentalChange Science Center, del centroneozelandese Landcare Research edell’Università di Auckland.

Distrofia muscolare diDuchenne: identificato unnuovo meccanismoPer la più frequente patologiamuscolare ereditaria ancora non èdisponibile una cura. Una nuovasperanza arriva dall’Istituto dichimica biomolecolare del Cnr di

Pozzuoli, dove si è scoperto chefarmaci in grado di regolare lafunzione degli endocannabinoidipermettono di contrastare il decorsodella malattia e recuperare partedelle funzioni motorie perdute in unmodello animale. Lo studio èpubblicato su «NatureCommunications»

La distrofia muscolare di Duchenne èla più frequente patologia muscolaresu base ereditaria. Ad esserne colpitisono principalmente i bambinimaschi. L’esordio è precoce e, oltreai muscoli scheletrici, sono colpitimolti altri organi come cuore,polmoni e cervello. Ancora oggicontro tale patologia non èdisponibile una cura. Una nuovasperanza arriva dai laboratori diricerca dell’Istituto di chimicabiomolecolare del Consiglionazionale delle ricerche (Cnr-Icb) diPozzuoli guidati da Vincenzo DiMarzo, dove si è scoperto come in unmodello animale sia possibilerallentare significativamente ildecorso della malattia e recuperare lefunzioni motorie perdute mediante ifarmaci in grado di regolare lafunzione dei cannabinoidi prodottidal nostro stesso organismo. Lostudio è pubblicato su «NatureCommunications».«Con i nostri ricercatori siamo daanni impegnati a studiare il semprecrescente numero di molecole checompongono il sistema degliendocannabinoidi e dei recettori edenzimi ad esso collegati, da un puntodi vista chimico-strutturale efunzionale» -spiega Di Marzo- «Inmolti casi i nostri studi hannodimostrato come le alterazioni di talesistema siano associate a variepatologie di ordine neurologico comedemenze senili, epilessia, doloreacuto e cronico, e a diverse forme ditumore. Per alcune di esse, poco oper nulla trattabili dal punto di vistaclinico, farmaci che agiscono, tra lealtre cose, regolando la funzionedegli endocannabinoidi stannoavendo un riscontro positivo».Le alterazioni del sistemaendocannabinoide nelle patologiemuscolari restano tuttavia ancorapoco note. «Il nostro studio affronta proprioquesto aspetto e per la prima volta hariscontrato importanti alterazionidegli endocannabinoidi nei muscoli

scheletrici affetti da distrofiamuscolare di Duchenne, inparticolare l’iperattività del recettoreCB1 nel tessuto muscolare striato,sia nell’uomo sia in un modelloanimale» -prosegue Fabio ArturoIannotti del Cnr-Icb che hapianificato e condotto il progetto diricerca- «Abbiamo inoltre dimostratocome, con somministrazioni ripetutedi farmaci in grado di attenuare taleiperattvità, si ottenga un parziale masignificativo recupero delle funzionimotorie ed una riduzionedell’infiammazione nel modelloanimale».Questa terribile malattia esordiscenei primi anni di vita e causa unaprogressiva ed irreversibiledegenerazione muscolo-scheletrica,con un’aspettativa di vita medio-bassa. Le terapie attuali prevedonol’assunzione di potenti farmaciantiinfiammatori con i quali però siriesce soltanto a contenere inmaniera parziale la sintomatologia econ i quali è difficile effettuare unavalutazione rischio-beneficio. «Di particolare interesse è lascoperta che gli antagonisti delrecettore CB1 promuovono lamaturazione delle cellule staminalimuscolari, la cui disfunzione rendeinefficace la rigenerazione dellefibre muscolari, e allo stesso tempocontrastano l’innescodell’infiammazione e ladegenerazione muscolare tipichedella malattia. Quest’ultimo effettoè simile a quello da noi riscontratoin un altro studio utilizzando invecealcuni cannabinoidi naturali e non-psicotropici isolati dalla ‘Cannabissativa’» -conclude Di Marzo-«Sebbene sia sempre necessariamolta cautela nell’interpretare irisultati ottenuti in modellisperimentali, l’auspicio è che talescoperta scientifica spiani la strada anuove e più efficaci terapie per lepatologie muscolari e offra unadiversa prospettiva di vita aipazienti affetti da distrofiamuscolare di Duchenne».Hanno collaborato allo studio anchel’Istituto di genetica e biofisica delConsiglio nazionale delle ricerche(Cnr-Igb) di Napoli, il Dipartimentodi farmacia dell’Università FedericoII, la fondazione Santa Lucia diRoma, l’istituto Telethon di geneticae medicina di Pozzuoli e l’ospedalepediatrico Gaslini di Genova.

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La SIPS - Società Italiana per il Progresso delle Scienze - onlus«ha per scopo di promuovere il progresso, la coordinazione e la diffusione delle scienze e delle loro appli-cazioni e di favorire i rapporti e la collaborazione fra cultori di esse», svolgendo attività interdisciplinare emultidisciplinare di promozione del progresso delle scienze e delle loro applicazioni, organizzando studi eincontri che concernono sia il rapporto della collettività con il patrimonio culturale, reso più stretto dallenuove possibilità di fruizione attraverso le tecnologie multimediali, nella ricerca delle cause e nella rilevazionedelle conseguenze di lungo termine dell’evoluzione dei fattori economici e sociali a livello mondiale: popo-lazione, produzione alimentare e industriale, energia e uso delle risorse, impatti ambientali, ecc.

Le origini della Società Italiana per il Progresso delle Scienze si ricollegano al periodo anteriore al nostroRisorgimento politico, allorquando nella nostra penisola, smembrata in sette piccoli Stati, i più eminenti uo-mini di Scienza e di Lettere solevano riunirsi in Congresso. Nel 1839, a Pisa, fu tenuta la prima Riunionedegli scienziati italiani, celebrata dal Giusti, nei noti versi:

Di si nobile congressoSi rallegra con sè stessoTutto l'uman genere.

Ciò che costituì, fin da principio un'importante caratteristica delle Riunioni degli scienziati italiani, fu la largapartecipazione del pubblico colto, a fianco dei più illustri scienziati. E di ciò danno conferma gli Atti delleRiunioni, e le testimonianze degli scrittori, italiani e stranieri del tempo. Oltre a dibattere tematiche a caratterescientifico-tecnico e culturale, la SIPS pubblica e diffonde i volumi degli Atti congressuali e Scienza e Tec-nica, palestra di divulgazione di articoli e scritti inerenti all’uomo tra natura e cultura. Gli articoli, salvo diversi accordi, devono essere contenuti in un testo di non oltre 4 cartelle dattiloscritte suuna sola facciata di circa 30 righe di 80 battute ciascuna, comprensive di eventuali foto, grafici e tabelle.Pos-sono far parte della SIPS persone fisiche e giuridiche (università, istituti, scuole, società, associazioni e, ingenerale, enti) che risiedono in Italia e all’estero, interessate al progresso delle scienze e che si proponganodi favorirne la diffusione (art. 7 dello statuto).

CONSIGLIO DI PRESIDENZAMaurizio Luigi Cumo, presidente; Luigi Berlinguer, vicepresidente; Barbara Martini, amministratore; Enzo Casolino,segretario generale; Mario Alì, Francesco Balsano, Vincenzo Cappelletti, Salvatore Lorusso, Elvidio Lupia Palmieri,Filomena Rocca, Antonio Speranza, Nicola Vittorio, consiglieri; Alfredo Martini, consigliere onorario.Revisori dei conti: Antonello Sanò, Guglielmo Lucentini, Elena Maratea, effettivi; Roberta Stornaiuolo, supplente.

COMITATO SCIENTIFICOMichele Anaclerio, Piero Angela, Mario Barni, Carlo Blasi, Maria Simona Bonavita, Federico Cinquepalmi, Mario Cipolloni, IreneoFerrari, Michele Lanzinger, Waldimaro Fiorentino, Gaetano Frajese, Gianfranco Ghirlanda, Mario Giacovazzo, Giorgio Gruppioni,Nicola Occhiocupo, Gianni Orlandi, Renato Angelo Ricci, Mario Rusconi, Cesare Silvi, Roberto Vacca, Bianca M. Zani.

SOCIPossono far parte della SIPS persone fisiche e giuridiche (università, istituti, scuole, società, associazioni ed in generale, enti) che risiedonoin Italia e all’estero, interessate al progresso delle scienze e che si propongano di favorirne la diffusione (art. 7 dello statuto).

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