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scienza e tecnica TRIMESTRALE DI INFORMAZIONE DELLA SOCIETÀ ITALIANA PER IL PROGRESSO DELLE SCIENZE ANNO LXXXI - N. 548 ott.nov.dic. 2018 - Poste Italiane SpA - Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/2/2004, n. 46) art. 1, comma 2, DCB Roma Giornata di studio CAMBIAMENTI CLIMATICI TUTELA DELL’AMBIENTE E DELLE POPOLAZIONI RAGGI COSMICI DI ULTRA-ALTA ENERGIA studi dallo spazio con il programma jem-euso LA VIA LATTEA NON È IN EQUILIBRIO ICE MEMORY, PARTE DAL GRAN COMBIN STRESS IDRICO E TERMICO MINACCIANO IL MAIS UNA TECNOLOGIA RIVOLUZIONARIA NELLA DIAGNOSTICA MEDICA GLI EFFETTI DELL’INQUINAMENTO INDOOR SUGLI SHERPA UNA NUOVA GENERAZIONE DI TECNOLOGIE QUANTISTICHE GIUSTA TERAPIA AL GIUSTO PAZIENTE CICLINA D3: LA SUA ASSENZA RENDE RESISTENTI ALLA FATICA MUSCOLARE OSTIA IMMAGINE COMUNICATIVA

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scienza etecnica

TRIMESTRALE DI INFORMAZIONE DELLA SOCIETÀ ITALIANA PER IL PROGRESSO DELLE SCIENZEANNO LXXXI - N. 548 ott.nov.dic. 2018 - Poste Italiane SpA - Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/2/2004, n. 46) art. 1, comma 2, DCB Roma

Giornata di studioCAMBIAMENTI CLIMATICITUTELA DELL’AMBIENTE EDELLE POPOLAZIONI

RAGGI COSMICI DIULTRA-ALTA ENERGIAstudi dallo spazio con il programma jem-euso

LA VIA LATTEA NON È IN EQUILIBRIO

ICE MEMORY, PARTE DAL GRAN COMBIN

STRESS IDRICO E TERMICO MINACCIANO IL MAIS

UNA TECNOLOGIA RIVOLUZIONARIANELLA DIAGNOSTICA MEDICA

GLI EFFETTI DELL’INQUINAMENTOINDOOR SUGLI SHERPA

UNA NUOVA GENERAZIONEDI TECNOLOGIE QUANTISTICHE

GIUSTA TERAPIA AL GIUSTO PAZIENTE

CICLINA D3: LA SUA ASSENZARENDE RESISTENTI ALLA FATICA MUSCOLARE

OSTIAIMMAGINE COMUNICATIVA

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scienzae tecnica

Sommario

1 Giornata di studio. Cambiamenti climatici. Tutela dell’ambiente e delle popolazioni

2 Raggi cosmici di ultra-alta energia: studi dallo spazio con il programma jem-euso

6 Ostia immagine comunicativa

10 Gli ODR, dalla teoria alla pratica: problemi operativi della ricerca&innovazione nel “mercato della ricerca”

11 Kronos, l’origine del tempo

12 notiziario La Via Lattea non è in equilibrio Ice memory, parte dal Grand Combin Stress idrico e termico minacciano il mais Una tecnologia rivoluzionaria nella diagnostica medica Gli effetti dell’inquinamento indoor sugli Sherpa Una nuova generazione di tecnologie quantistiche Giusta terapia al giusto paziente Ciclina D3: la sua assenza rende resistenti alla fatica muscolare Fibrosi cistica: la malattia modifica il microbiota intestinale dei bambini Microbiota alterato e indicatori di malattia Realizzato il primo transistor in materiali superconduttori Minicircles: osservata per la prima volta la formazione di DNA ibridi I dispositivi IoT sono il principale target degli hacker

SCIENZA E TECNICAtrimestrale a carattere politico-culturale e scientifico-tecnicoDirettore Responsabile: Lorenzo Capasso

ANNO LXXXI - N. 548 ott.nov.dic. 2018 - quarto trimestre 2018Reg. Trib. Roma n. 613/90 del 22-10-1990 (già nn. 4026 dell’8-7-1954 e 13119 del 12-12-1969). Direzione, redazione e amministrazione: Società Italiana per il Progresso delle Scienze (SIPS) via San Martino della Battaglia 44, 00185 Roma • tel/fax 06.4469165 • www.sipsinfo.it • e-mail: [email protected]. Fisc. 02968990586 • C/C Post. 33577008UniCredit Banca di Roma • IBAN IT88G0200805227000400717627 Università di Roma «La Sapienza», Ple A. Moro 5, 00185 RomaStampa: Istituto Salesiano Pio XI - Via Umbertide, 11 - 00181 Roma - tel. 06.7827819 - 06.78440102 - fax 06.78.48.333 - e-mail: [email protected] e Tecnica print: ISSN 0582-25800

I membri del Consiglio di presidenza della Società Italiana per il Progressodelle Scienze formulano ai Soci, alle Autorità, alle Accademie, agli Istituti culturali, alleSocietà consorelle ed alla Stampa cordiali voti augurali di buon Anno.

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si è svolta, con notevole successo e conottima interazione con i giovani pre-senti, la giornata di Studio (svoltasi

nella giornata del 18 dicembre presso lasede centrale del CNR di piazzale AldoMoro) incentrata su una tematica attualissi-ma, quella dei: Cambiamenti climatici -Tutela dell’Ambiente e delle Popolazioni.La manifestazione è stata resa possibiledalla stretta collaborazione tra questa Istitu-zione e l’IRCrES nonché dalla preziosissi-ma collaborazione con il MIUR-Comitatoper lo Sviluppo della Cultura Scientifica eTecnologica e l’ospitalità, e non solo, dellaBiblioteca Centrale del CNR.

«Recentemente il foro scientifico delleNazioni Unite incaricato di monitorare ilriscaldamento globale (IntergovernmentalPanel on Climate Change - IPCC) ha pub-

blicato un nuovo report speciale che contiene un ulterioreallarme riguardante l’ecosistema terrestre. Il rischio è che ilsuo riscaldamento cresca di 1,5°C già tra il 2030 e il 2050,anticipando così quanto previsto in precedenza. Arricchi-menti ulteriori di dati e previsioni vengono tratti dalle risul-tanze della Conferenza Mondiale delle Nazioni Unite(COP24) del 3-14 dicembre 2018 che fa il punto sulla situa-zione e attuazione delle convenzioni internazionali suiCambiamenti Climatici. Effetti evidenti di questi deletericambiamenti si ripetono anche sui nostri territori mettendoin gioco i nostri sistemi di protezione e di salvaguardiadella vita umana, oltre che delle economie locali. In talecontesto, questa Giornata di studio intende soffermarsi sulproblema, soprattutto nell’intento di stimolare riflessioniutili per transitare dall’ambito del conoscere a quello delfare» (Fonte «Focus»)

La giornata di Studio ha visto la partecipazione di moltis-simi giovani studenti provenienti da vari licei di Roma e din-torni con anche la partecipazione di numerosi Docenti delle

Giornata di studioCAMBIAMENTI CLIMATICI

TUTELA DELL’AMBIENTE E DELLE POPOLAZIONImartedì, 18 dicembre 2018

Da sinistra: M. Inguscio, L. Berlinguer e V. Casolino

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Carlo Cacciamani, Fisico. Dirige il Servizio Attività Tec-nico-Scientifiche per la Previsione e Prevenzione dei Rischi- Centro Funzionale Centrale del Dipartimento ProtezioneCivile Nazionale presso la Presidenza del Consiglio deiMinistri. Precedentemente ha diretto il Servizio IdroMeteo-Clima dell’ARPA Emilia-Romagna, svolgendo attivitàosservative e previsionali operative e di ricerca e sviluppo inmeteorologia, climatologia, idrologia, agrometeorologia,radarmeteorologia e meteorologia ambientale. Ha insegnatoMeteorologia applicata presso l’Università di Bologna.Antonio Speranza, già ordinario di Fisica Generale. Èattualmente Presidente dell’associazione scientifica Deme-tra. Ha operato in numerose istituzioni di ricerca nazionalied estere (tra cui l’Università di California San Diego,Scripps Institution, il Massachusetts Institute of Techno-logy). È autore di numerose pubblicazioni e realizzazioniprogettuali nel campo della Fisica dell’Atmosfera e dell’O-ceano, della Matematica dei Sistemi non lineari e della Sta-tistica. È inoltre editor della «European Physical Society» erevisore di numerose riviste scientifiche internazionali. Alessandro Manello, Ricercatore presso l’IRCrES-CNR.Ha svolto ricerche e pubblicato specificamente in materia dirapporto tra produttività d’impresa, emissioni inquinanti edanni ambientali. È revisore di numerose riviste internazio-nali. Insegna economia manageriale e applicata presso l’U-niversità di Torino.

A conclusione della Giornata il Segretario Generaledella SIPS prof. Vincenzo Casolino, visto il successo dellamanifestazione, ha preso l’impegno per l’organizzazione diun’altra giornata di Studio sul medesimo tema nel primosemestre del prossimo anno.

scuole medie superiori. Lo scopo, infatti, eraanche e soprattutto quello di sensibilizzare emettere nella dovuta conoscenza le nuovegenerazioni sulla situazione attuale e sulleprospettive del pianeta Terra. Alla giornatadi Studio ha voluto presenziare anche il pre-sidente del CNR, prof. Massimo Inguscio,che si è dichiarato “gradevolmente sorpreso”dalla numerosa presenza di giovani e deiloro docenti. Ha, così, portato il saluto delCNR come “buon auspicio per la giornata diStudio” per poi passare la parola al prof.Luigi Berliguer (Vicepresidente SIPS) che siè unito all’entusiasmo espresso dal prof.Inguscio per la numerosa presenza all’even-to di studenti e docenti dichiarando, quindi,aperti i lavori. Lavori che hanno visto susse-guirsi, come da programma e in perfetto ora-rio, gli interventi dei Relatori:Vincenzo Artale, Fisico. Svolge attività diricerca in Enea in ambito geofluidodinamicoe nello studio della variabilità climatica, pre-valentemente sotto il profilo della modellisti-ca oceanografica globale e con specifico rife-rimento al Bacino mediterraneo. È statoresponsabile di strutture scientifiche comples-se e di progetti anche in ambito internaziona-le, tra cui Lead Author IPCC-AR4 (Nobel perla Pace 2007). Svolge attività di docenza inoceanografia e cambiamenti climatici pressole Università di Roma3 e di Tor Vergata.

iraggi cosmici sono costituiti da protoni,elettroni, nuclei che permeano il nostrosistema solare e la galassia. In aggiunta

alla componente elettricamente carica, checontiene tracce di antimateria, dallo spaziogiunge anche la componente neutra, sottoforma di onde elettromagnetiche e neutrini,che non tratteremo in questa sede.

Lo spettro energetico dei raggi cosmicisi estende (fig. 1) per vari ordini di gran-

dezza: dalle basse energie del vento solare (0.5 – 103 eV),a 108 eV delle eruzioni solari. A più alte energie, da 109eVsino a 1015eV siamo raggiunti dai raggi cosmici galattici,presumibilmente prodotti dall’esplosione di supernove.Oltre queste energie i raggi cosmici provengono da altregalassie. Tra questi, all’estremità dello spettro, troviamo iraggi cosmici di ultra alta energia (UHECR o Ultra-highenergy cosmic rays), particelle con E>5×1019 eV. Quellecon E 1020eV racchiudono la stessa energia di un’interapalla da baseball lanciata a varie decine di chilometri orari,

RAGGI COSMICI DI ULTRA-ALTA ENERGIA:studi dallo spazio con il programma jem-euso

di MARCO CASOLINO

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la più alta misurata dall’uomo. Per con-fronto, una reazione nucleare libera parti-celle con energia di 106eV e LHC. L’acce-leratore del CERN, che ha consentito lascoperta del bosone di Higgs, raggiungeappena un decimilionesimo di questa ener-gia (circa 1013eV), anche se le peculiarità

della relatività speciale fanno sì che gli urti nell’accelera-tore siano “solo” mille volte più deboli di quelli che questiraggi cosmici producono nell’atmosfera terrestre.

In fig. 1, che mostra lo spettro energetico dei raggicosmici, è possibile vedere come il numero di particelledecresca al crescere dell’energia: salendo di un fattore 10in energia il flusso diventa circa un millesimo. Pertanto,l’elevatissima energia degli UHECR li rende estremamenterari: in un chilometro quadro, ne giunge infatti una ognisecolo. Per poterli analizzare in numero sufficiente sonoquindi necessari rivelatori che coprono aree enormi.

A tale scopo vengono utilizzati due tipi di strumenti,rivelatori di superficie e telescopi di fluorescenza. I primisono dei contatori di particelle di circa 1m2 di area, com-pletamente autonomi, alimentati con pannelli solari e col-legati via radio con il centro di acquisizione. I rivelatori difluorescenza sono dei telescopi grandi come una palazzinache scrutano l’atmosfera del deserto alla ricerca della luceultravioletta emessa nella disgregazione della particellaprimaria nell’atmosfera con relativa produzione di miliardidi raggi cosmici secondari che a loro volta eccitano lemolecole di azoto.

Al momento vi sono due istallazioni in grado di osser-vare UHECR: Telescope Array nello Utah (USA) e il Pier-re Auger Observatory (PAO) in Argentina. Il TelescopeArray è costituito da più di 500 rivelatori di terra dislocatisu un’area di quasi 700 km2 e 38 telescopi di fluorescenza,alloggiati in tre edifici che circondano una vasta areadesertica vicino alla città di Delta ed osserva l’emisferonord. Di recente è iniziato una espansione della struttura,che la renderà nei prossimi anni quattro volte più grande.Auger, in Argentina consta di ben 1400 rivelatori in un’a-rea di 3.000 km2 che scrutano l’emisfero sud del cielo.

Telescope Array ha individuato una regione extragalat-tica che mostra un eccesso di UHECR nell’emisfero nord,mentre Auger ha rivelato una struttura dipolare presentenell’emisfero sud. Nonostante questi risultati, la natura e imeccanismi di accelerazione di queste particelle sono tut-tora sconosciute. L’ipotesi maggiormente accreditata è cheesse siano costituite da protoni e nuclei di ferro acceleratiin prossimità di enormi buchi neri di altre galassie e chegiungono a noi dopo un cammino di centinaia di milioni dianni-luce ma vi sono anche ipotesi che li mettono in rela-zione con l’elusiva e inafferrabile materia oscura. Tuttavia,i diversi campi di vista e la statistica ridotta limita ancorail confronto dei risultati di questi osservatori.

In aggiunta alla loro importanza legata a fenomeniastrofisici di alta energia, i raggi cosmici ad altissima ener-gia consentono di studiare i fenomeni che si verificano alleenergie attualmente inaccessibili per gli acceleratori artifi-ciali. Una comprensione più dettagliata degli UHECR,infatti, può far luce sui più alti meccanismi di astrofisica efisica delle particelle, potenzialmente rivolti a fenomeni

Fig. 2. I rivelatori del programma Jem-Euso: a) Euso-Ta: rilevatoredi terra (2013, sito su Telescope Array, Utah); b) Euso-Balloon(CNES, Canada 2014); Euso-Spb (NASA, Nuova Zelanda, 2017;Euso-Spb2 (2022); c) Mini-Euso, Telescopio di osservazione dellaTerra (2019, Stazione Spaziale Internazionale); d) K-Euso (2022):Telescopio riflettore da installare sulla sezione russa di StazioneSpaziale Internazionale (ISS); e) Telescopio di grandi dimensioni(Jem-Euso/Poemma> 2025).

Fig. 1. Spettro dei raggi cosmici. Alle basse energie, l’origine èsolare, a quelle intermedie, galattica e, alle alte, extragalattica. Ilflusso diminuisce al crescere dell'energia, rendendo sempre piùdifficile la loro rivelazione.

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ancora sconosciuti, come la cosmologia delBig Bang o la violazione dell’invarianza diLorentz.

Per chiarire definitivamente il misterodell’origine dei raggi cosmici di ultra-altaenergia è necessario recarsi nello spazio estudiare la luce di fluorescenza di questiraggi osservandoli da satelliti o dalla sta-zione spaziale internazionale. Un rivelatorespaziale ha il vantaggio di una coperturauniforme della sfera celeste unito ad uncampo di vista molto ampio. A questoscopo la collaborazione internazionaleJEM-EUSO (Joint Experiment Mission –Extreme Universe Space Observatory), checomprende 84 istituti appartenenti a 16nazioni, sta portando avanti un programmadi ricerca volto all’istallazione di questiapparati nello spazio.

Il principio di osservazione si basa sulrilevamento della luce ultravioletta (UV)emessa dall’eccitazione delle molecole del-l’azoto atmosferico colpito dagli sciami deisecondari nell’atmosfera terrestre. La pro-gettazione di un telescopio di questo tipodeve tener conto dei forti vincoli riguardo apotenza, massa, dimensioni e trasmissionedei dati e larghezza di banda; per cui essoha richiesto lo sviluppo di una congerie dinuove tecnologie, dall’ottica a sensori,elettronica di front-end e di lettura.

Questi sistemi sono stati provati emigliorati realizzando una serie di stru-menti a terra e su pallone. In fig. 2 èmostrato lo schema degli apparati realizzatifinora e quelli in corso di realizzazione.Uno di questi è stato installato nello Utah,di fronte al telescopio di fluorescenza diTelescope Array (fig. 3) per consentire unconfronto delle misure acquisite.

Successivamente sono stati effettuatidue voli su pallone stratosferico, il primoda Timmins Canada (2014) ed il secondoda Wanaka, nuova Zelanda (2017). I volisu pallone offrono una possibilità unica disviluppare i rilevatori e verificare il princi-pio di osservazione in condizioni simili aquelle incontrate nello spazio. In realtàl’atmosfera residua rappresenta un ambien-te più severo per il sistema di alimentazio-ne ad alta tensione dei fotomoltiplicatoridato che una scarica è lì più probabile chenel vuoto. Anche la telemetria e i dati che

possono essere trasmessi a terra sono più limitati che neivoli spaziali. I dati meno essenziali possono essere salvatisu hard disk ma è necessario -nella pianificazione dellamissione- presumere che il payload non sia recuperato(come avvenuto ad esempio nel volo del 2017).

EUSO-BALLOON è stato lanciato nell’agosto 2014 daTimmins, in Canada in una missione gestita dal CNES(Agenzia spaziale francese). Lo strumento, dal peso di 320kg, osservava la terra in direzione nadir da un’altitudine digalleggiamento di circa 40 km (fig. 4). Il sistema ottico eracostituito da due lenti di Fresnel di 1m2, realizzate in mate-riale plastico (PMMA) di 8mm di spessore. Oltre allasuperficie focale e all’elettronica di lettura, il blocco dellostrumento ospitava il sistema di telemetria e la strumenta-zione specifica del CNES. I carichi utili ancillari include-vano una telecamera a infrarossi, una telecamera a lucevisibile e un contatore Geiger. Durante il volo è stato pos-sibile osservare l’albedo della Terra da diversi tipi di terre-no (foresta, città, laghi) e il laser emesso da un elicotteroche volava al di sotto del pallone.

Fig. 3. Il telescopio EUSO-TA, sul sito di Telescope Array, Black Rock Mesa, Utah (USA). Ilrivelatore è costituito da un sistema ottico con due lenti di Fresnel e una superficie focale di2340 pixel.

Fig. 4. L’apparato EUSO-BALLOON, poco prima del lancio su pallone stratosferico dal sitodi lancio di Timmins Canada.

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EUSO-SPB impiegava la nuova tecno-logia Super Pressure Balloon (SPB) dellaNASA, basata su un pallone sigillato perottenere voli circum-antartici di lungadurata. EUSO-SPB è stato lanciato dallaNuova Zelanda nell’aprile 2017 per unvolo di lunga durata di 12 giorni ad un’al-tezza di 33km (fig. 5). A una nuova super-ficie focale con elettronica a più ampiadinamica, l’apparato affiancava una teleca-mera a infrarossi e una basata su rivelatorial silicio.

Prima del lancio sono stati effettuativari test a terra, nel sito TA nello Utah,osservando stelle, laser di terra e meteore.Un secondo volo con Super Pressure Bal-loon, EUSO-SPB2 è in preparazione, conun lancio previsto nel 2022.

MINI-EUSO (Multiwavelength Ima-ging New Instrument of Extreme UniverseSpace Observatory) è un telescopio dinuova generazione per lo studio e il moni-toraggio di emissioni notturne in bandaultravioletta (UV) di origine terrestre,atmosferica e cosmica. Lo strumento, delledimensioni di 37*37*62cm3, può esserepensato come una videocamera ultra-velo-ce (400mila frame al secondo), e ultra-sen-sibile, in grado di captare anche un singolofotone su ciascuno dei 2304 pixel di cui ècomposta la superficie focale. Ciò è anchereso possibile da un’ottica basata su lentidi Fresnel del diametro di 25cm (fig. 6).Queste lenti sono particolarmente adatte arivelatori spaziali, in quanto sottili e robu-ste. Il potere convergente del telescopio,che con un’ottica classica richiederebbelenti molti grandi e pesanti, è dato dallazigrinatura della superficie. Il campo divista a terra è di 40 gradi, corrispondente a260*260 km2 a sulla superficie del nostropianeta. Con l’acquisizione continua deidati potremo quindi – per la prima volta –realizzare una mappa dinamica delle emis-sioni notturne dell’ultravioletto nella terra.Queste misure sono completate da quelleeffettuate da due telecamere che osservanonel visibile e nel vicino infrarosso. Il lancioè previsto nel 2019, con le prime operazio-ni effettuate nell’ambito della missioneBeyond di Luca Parmitano (fig. 7).

In Italia l’Università di Roma Tor Ver-gata e l’Istituto Nazionale di Fisica

Nucleare coordinano il lavoro di un team che coinvolgevarie Università ed enti di ricerca italiani. Gli obiettiviscientifici, riassunti in figura 7 includono: 1. Realizzazione della prima mappa notturna UV della

Terra con risoluzione di alcuni km.2. Studio di meteoriti.3. Ricerca di materia strana di quark. Questo ipotetico

stato della materia potrebbe esistere in stelle di quark oal centro di stelle di neutroni e raggiugere la terra sottoforma di meteoriti interstellari. In virtù della loro altis-sima densità, questi frammenti di materia strana nuclea-re apparirebbero come meteoriti che bruciano a lungonell’atmosfera e con emissioni spettrali diverse daimeteoriti classici.

Fig. 6. Spaccato dell’apparato MINI-EUSO, telescopio con due lenti di Fresnel (25cm didiametro) e una superficie focale di 2304 pixel. Tra gli strumenti ancillari sono le telecamerenel vicino infrarosso e nel visibile.

Fig. 5. EUSO-SPB, Wanaka, Nuova Zelanda.

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fenomeno del mare latteo, generato dal plankton.Gli obiettivi tecnologici includono il primo utilizzo di

un telescopio rifrattivo basato su lenti di Fresnel nello spa-zio, e di una superficie focale ad alta sensibilità, in gradodi rivelare un singolo fotone.

Questa famiglia di tecnologie viene impiegata in K-EUSO: un apparato basato su uno specchio di 2 metri didiametro ed una superficie focale di 52 PDM. Con questotelescopio, attualmente sviluppato in collaborazione conl’Agenzia spaziale russa, si intende effettuare la primamisura dello spettro di raggi cosmici a ultra-alta energiadallo spazio. K-EUSO sarà posto all’esterno della sezionerussa della stazione spaziale internazionale.

4. Monitoraggio e tracciamento di detritispaziali per la realizzazione di futuremetodologie di rimozione basate sulaser. MINI-EUSO osserverà dalla Sta-zione Spaziale detriti e satelliti in orbitabassa in varie modalità:a. Tracciando oggetti noti, a partire dai

dati orbitali del Norad ed osservan-doli quando entrano nel campo divista.

b. Cercando e identificando oggetti nonnoti determinandone velocità, dire-zione e dimensioni.

Data la risposta ultra-veloce del telesco-pio ultravioletto, MINI-EUSO è ingrado di seguire oggetti in orbita (che simuovono alla velocità di 7-14 km/s) edistinguerli da meteore (40km/s) prove-nienti dal sistema solare e dallo spaziointerstellare (200 km/s). Verrà ancheimplementato un sistema di trigger intempo reale che possa fungere da primoelemento di un futuro e più complessosistema di tracciamento che fornirà idati ad un sistema laser in grado di illu-minare i detriti. Lo scopo ultimo di que-sta specifica road-map è di rimuovere idetriti di piccole dimensioni tramite unlaser che faccia evaporare parte deidetriti e pertanto farli rientrare nell’at-mosfera.

5. Ricerca di raggi cosmici di Ultra-alta-energia

6. Studio di bioluminescenza marina e del

OSTIA IMMAGINE COMUNICATIVAdi ANTONELLA LIBERATI

ostia, bocca e foce del Tevere, nacquecome insediamento antropico pocodopo la fondazione romulea di Roma,

probabilmente perché in prossimità dellafoce venivano coltivate saline e quindi funecessario fornire il sito di opportuni turnidi guardia ai depositi del prezioso prodotto.A mano a mano che Roma si andava strut-turando sempre più come città e la sua

popolazione andava aumentando, Ostia aumentava diriflesso per importanza strategica e logistica, avviandosi asvolgere anche le funzioni di porto commerciale e di depo-sito di merci, specialmente grano.

Fu, quindi, costruito uno spazio fortificato militaresulla sponda sinistra del Tevere, strutturato secondo i crite-ri del castrum, che nasceva dall’orientamento perpendico-lare delle due vie principali verso i quattro punti cardinaliutilizzando il groma. Si otteneva così l’intersezione del

Fig. 7. Gli obiettivi scientifici di MINI-EUSO. Con l’osservazione delle emissioni terrestri inbanda UV sarà possibile studiare fenomeni che vanno dalla fisica dei raggi cosmici allabiologia e alla climatologia

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ri, dalle Autorità con cui Roma andava stringendo rapporticommerciali, culturali, di rappresentanza. Roma accettò, ocomunque tollerò la presenza di parecchie religioni diver-se, consentendo la costruzione di loro luoghi di culto. Untrattamento particolare fu accordato ai Mitrei, luoghi diculto misterico diffusissimo specialmente fra i militari eutilizzato per selezionare e coltivare quei civili di partico-lari capacità e attitudini.

Ostia fu fornita di una caserma dei vigili del fuococapace di ospitare centinaia di vigili contemporaneamente.Perché mai rimanesse sguarnita, la struttura era fornita diuna piccola forica e di un piccolo tempio. I vigili del fuocoerano necessari alla salvaguardia specialmente degli hor-rea, depositi di grano. A seconda del profilo politico, com-

Decumano Massimo e del Cardo Massimo.Nello specifico, il Decumano iniziale inOstia si protendeva verso la foce del Teve-re fino al muro di recinzione del castrum ereciprocamente si protendeva verso la viaOstiense, con la quale si accedeva a Ostiada Roma e viceversa; mentre il Cardo sifermava sui lati lunghi della recinzione delcastrum.

Ormai ben protetta, Ostia divenne uncrescente organismo satellite di Roma, lasua prima Colonia. Ricca in ogni senso,snodo produttivo di potere economico eprestigio per tutti gli afferenti, divenneefficacissima immagine comunicativa dellagrandezza e potenza universale di Roma.Nel corso di questi elaborati e imponentimutamenti, il muro del castrum fu superatotanto dal Decumano Massimo che dalCardo Massimo.

Verso la costa, superato il muro delcastrum, il Decumano si biforca con unbraccio angolato in modo irrituale verso illuogo dove poi sorgerà, secoli dopo -fuoridelle più ampie mura difensive della cittàdi Ostia- la villa con l’aula in opus sectilepresente ora nel Museo dell’Alto MedioEvo in Roma, E.U.R., mentre con un altrobraccio angolato raggiungerà la riva sini-stra del Tevere più a Nord, vicino alla foce.Anche il cardo perde la sua perpendicola-rità di origine rispetto al Decumano Massi-mo e si avventura in modo non rettilineo,fin oltre le mura difensive della città, nel-l’entroterra, con una diversa inclinazioneda quella di origine.

Ostia divenne tanto un avamposto mili-tare quanto navale e un porto fluviale, oltreche un imponente sistema logistico armo-nizzato di stoccaggio di merci e derivati,capace di gestire qualsiasi carico per quan-tità, qualità, volume e finalità. Anche glianimali selvatici di ogni genere e stazza,come ogni qualsiasi altra merce, venivanotrasportati e quindi sbarcati con sistemi etecniche di trasbordo idonee a superare lenumerose difficoltà di pescaggio delle navidi tonnellaggio maggiore, di stoccaggiotemporaneo a terra e trasporto fino a Romavia Tevere.

Ostia continuò a espandersi urbanisti-camente in proporzione alla quantità e qua-lità di merci affluenti dalle città, dai territo-

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luoghi di vacanza e via elencando. Nel foro delle Corporazioni è visibile l’ufficio di rap-

presentanza di Sabratha, caratterizzato dal mosaico raffi-gurante un elefante e al di sopra dell’animale la scritta cheascrive a Sabratha l’attività specializzata nella cattura ecommercio di animali selvatici e avorio. Sabratha, con Oea(Tripoli) e Leptis furono le tre città che determinarono, altempo della loro antica fondazione, il toponimo di Tripoli-tania applicato al territorio dove erano sorte. Divennerocittà romanizzate e molto ricche di monumenti, special-mente Leptis, che diede i natali a Settimio Severo e daquesti fu poi tanto costruita e abbellita da essere nominata“Magna”.

Confrontando alcune decorazioni presenti sia inSabratha che nell’opus sectile, recuperato fuori delle muradi Ostia, proprio al limitare del termine di uno dei duebracci del Decumano Massimo, quali i leoni e le tigri dellepareti dell’aula o le pelte della pavimentazione della stes-sa; considerando la logistica dell’edificazione di questa ealtre ville limitrofe fuori delle mura cittadine, praticamentesulla battigia, negli anni in cui fu costruita, tra il 383 d.C e

merciale, di rappresentanza e di immaginecomunicativa all’universo mondo alloraconosciuto ai Romani, Ostia fu arricchitadi monumenti, terme, caseggiati, di un tea-tro completamente in muratura e, alle spal-le della Scena, di un piazzale fornito alcentro di un piccolo tempio, mentre a parti-re dai lati del teatro, lungo tutto il bordodel piazzale, furono allestiti una serie diuffici commerciali di rappresentanza epubblicità degli operatori presenti in Ostia,rappresentanti commerciali di Paesi e Cittàdel Mediterraneo, tutti serviti da un deam-bulacro che permetteva di visitare al coper-to i contatti di ogni Ditta, o Paese, o Cittàcaratterizzati da mosaici posti sul pavimen-to.

Tale capolavoro d’immagine comunica-tiva aveva la finalità di suggerire, rafforza-re, remunerare tanto Roma che i suoi affe-renti con un formato di pubblicità e di pro-paganda delle attività che gli operatoridegli interscambi commerciali fra Roma, lesue Colonie, i clienti e i fornitori sia diterra che d’oltremare avrebbero percepitocome l’inestimabile onore di essere rappre-sentati e presentati, anche visivamente, atutti i visitatori in Ostia.

Chiunque altro, a qualsiasi titolo visi-tasse il centro di comunicazione commer-ciale che bordava e borda il Piazzale delleCorporazioni, avrebbe percepito che talioperatori godevano dell’appoggio divino,di tutte le creature viventi nel mare, dellapartecipazione (!!!), sia pure passiva, deglianimali selvaggi catturati per essere resiprigionieri e poi inutilmente sacrificati,della ferace opulenza dei doni alimentaridella terra.

Quei commercianti che disponevano diuno o più luoghi di rappresentanza in Piaz-zale delle Corporazioni sarebbero stati per-cepiti dall’opinione pubblica come i poten-ti e forse onnipotenti adduttori, trasportato-ri e gestori delle derrate alimentari, dellemaestranze dei cantieri navali, delle tecno-logie più varie, dei cacciatori e catturatoridi belve vive, di fornitori di cordami perogni necessità, di vini, oli, frutti e cibi eso-tici, tessuti, marmi, marmisti, decoratori,urbanisti, costruttori e gestori di terme,facocchi e aurighi, allevatori di cavalli,gioiellieri, acconciatori, armaioli, gestori di

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il 394, stando alle monete reperite durantegli scavi più recenti, l’ipotesi di crollo giàipotizzata dai curatori della mostra comepossibile tra il 394 d.C e il 400 d.C, cisembrano plausibili le seguenti ipotesi:- I proprietari della villa disponevano anco-ra di ricchezze sufficienti a commissionareuna tale costruzione in Ostia.- La loro ricchezza si era consolidata con ilcommercio di animali feroci e avorio evolevano mostrare in modo egregio, maga-ri fuori piano regolatore, sia agli Ostiensiche ai Romani quanto tale commercioavesse fruttato loro e quanto erano ancorain grado di soddisfare qualsiasi esigenza inproposito, malgrado gli eventi in Patria.- La villa era stata collocata fuori dallemura fortificate della città e forse tra leprime costruzioni a poter essere visteanche dal mare, dalle navi e imbarcazionidi passaggio, aumentando così il prestigiodella Ditta e il numero dei possibili com-mittenti.- La villa era stata costruita in un periododi pace locale o per altre ragioni, forseopposte (è infatti collocata fuori le muradifensive della città) sulla sabbia prospi-ciente il mare, certezza di grandi disponibi-lità di ricchi committenti, senza timore difurti o danneggiamenti per tale ricca imma-gine comunicativa e di rappresentanzadella città di origine, probabilmenteSabratha.- Tra l’inizio della sua costruzione e il crol-lo del soffitto mentre l’aula era ancoranella fase di rifinitura, la ricca Sabratha,insieme a Oea e Leptis Magna subirono ilprogressivo tracollo dell’Impero Romano,le invasioni dei barbari di varia provenien-za, oltre a un terremoto di magnitudine taleche le danneggiò gravemente. Furonosospese le caccie e le catture degli animaliferoci e selvatici, non c’erano più Impera-tori o ricchi possidenti interessati alla rico-struzione delle città devastate e quando,per motivi ancora misteriosi, mentre lavilla era ancora in costruzione, crollò iltetto dell’aula decorata in opus secticlefuori di Porta Marina in Ostia, nessuno sicurò più delle macerie. L’estrema vicinan-za al mare e le mura di Ostia di spalle fece-ro sì che il preziosissimo gioiello in opussectile venisse ricoperto di sabbia, fino a

scomparire. Mentre altri siti venivano spogliati e depredati,o danneggiati da barbari, o nuovi potenti, l’opus secticlefuori di Porta Marina in Ostia fu salvato dalla sabbia accu-mulatavisi sopra, tanto da farla sembrare normale spiaggiafuori porta delle mura fortificate, apparenza che nonsuscitò interesse alcuno per secoli.- Durante il fervore colonialistico italiano dei primi decen-ni del secolo scorso, si scavarono i ruderi di Leptis Magnae si intrapresero anche scavi archeologici in Ostia Antica,nel 1940. Casualmente furono trovate tracce delle decora-zioni seppellite sotto la sabbia ma presto abbandonate perle contingenti evoluzioni politiche e belliche. Tra il 1959 eil 1966 furono intrapresi in Ostia Antica nuovi scavi, cheportarono al riaffioramento della Villa costruita al terminedel Decumano Massimo fuori Porta Marina e alla magi-strale ricostruzione dell’aula e della sua stupefacente deco-razione che ha ispirato il nome “Villa dei leoni” per duescene di caccia presenti nella decorazione dell’aula. Oltrel’aula si apre l’abside rettangolare decorata con balconatesulla parte alta delle pareti. L’abside rettangolare, per qua-lità compositiva e logistica suggerisce un luogo dove offri-re cibo agli ospiti e perfezionare convivialmente l’offertaprestigiosa di ricchezza, potere, ospitalità già iniziata nellamagnifica aula di accesso. I pochi frammenti del soffitto inbrillante mosaico celeste chiaro suggeriscono che forseriproducevano il cielo sopra l’abside conviviale che avreb-be dovuto essere all’aperto.

Aver visitato presso il “Museo dell’Alto Medio Evo” inRoma, l’ambiente decorato in stupefacente opus sectilerinvenuto fuori delle mura cittadine di Ostia Antica inprossimità di Porta Marina, al termine del Decumano Mas-simo della città, Decumano proseguito non in modo rettili-neo e palesemente funzionale alle edificazioni fuori PortaMarina, anzi funzionale soprattutto all’edificio con opussectile presente nel Museo, lascia nel visitatore la memoriavisuale di quella meraviglia decorativa. Infatti si ha l’im-mediata percezione della probabile funzione comunicativadi quella costruzione decorata in opus sectile, diretta ancheallora a catturare l’attenzione, l’immaginario storico dellasua provenienza e far percepire la ricchezza, la potenza ela capacità di manifestare tutto ciò così compiutamentemolti secoli fa, ma anche che tale funzione comunicativarimane attuale ancora oggi.

L’immediata percezione delle affinità grafiche e simbo-liche fra la decorazione della Villa fuori di Porta Marina inOstia e le decorazioni rinvenute a Sabratha, Leptis Magna,Oea o in altri siti all’interno e nell’ambito di Ostia Anticarendono immanente la qualità principale di Ostia, oggiOstia Antica: quella di essere stata ed essere immaginecomunicativa di come l’essere umano sia il vivente piùcomplesso, capace di tutto e del contrario di tutto, comeben riassunto e schematizzato nel piazzale delle Corpora-zioni di Ostia Antica.

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cosa sono gli Organismi di Ricerca - OdR

A partire dai primi anni 2000 è andatamaturando in ambito europeo ladefinizione/regolamentazione in ambitocomunitario del concetto e dell’ attività deicosì detti Organismi di Ricerca (OdR). UnaComunicazione della Commissione Europea(2006/C 323/01) ne riporta la definizione,ormai canonica, che recita: un Organismo diRicerca è un soggetto senza scopo di lucro,quale un’università o un istituto di ricerca,indipendentemente dal suo status giuridico(costituito secondo il diritto privato o pubbli-co) o fonte di finanziamento, la cui finalitàprincipale consiste nello svolgere attività diricerca di base, di ricerca industriale o disviluppo sperimentale e nel diffonderne irisultati, mediante l’insegnamento, la pubbli-cazione o il trasferimento di tecnologie; tuttigli utili sono interamente reinvestiti nelleattività di ricerca, nella diffusione dei lororisultati o nell’insegnamento; le imprese ingrado di esercitare un’influenza su simileente, ad esempio in qualità di azionisti omembri, non godono di alcun accesso prefe-renziale alle capacità di ricerca dell’entemedesimo né ai risultati prodotti.

Tale definizione è stata sostanzialmenteadottata anche in ambito italiano, sia purecon alcune varianti che vertono primaria-mente sulla percentuale relativa1 e sullemodalità amministrative2 dei diversi tipi diattività (“istituzionale”, “economica”).

Rispetto a questo tema si impongonoalcuni approfondimenti che derivano non daconsiderazioni di ordine giuridico, ma ven-

gono suggerite all’Autore da una lunga esperienza nell’ela-borazione, gestione, applicazione di progetti, nazionali einternazionali, di ricerca e ricerca&sviluppo in interazionecon istituzioni, imprese, ecc.

L’operatività degli OdR in ambito europeoElementi caratterizzanti la definizione europea sono

palesemente il non scopo di lucro e la non violazione delleuguali opportunità nella concorrenza in relazione alle norma-tive sugli aiuti di stato (2014/C198/01); non particolarmenteevidenziato invece il problema dell’identità pubblica o priva-ta, circostanza non stupefacente soprattutto in riferimentoall’attività degli OdR in Paesi in cui il concetto di publicequivalent (adottato come condizione di eleggibilità in diver-si progetti comunitari, a esempio INTERREG) era già opera-tivo senza sostanziali problemi3 e, conseguentemente, anchel’implementazione dell’attività degli OdR risultava abbastan-za agevole.

L’impatto sulla formazione e l’avviamento al lavoro deigiovani nei processi delineati sopra è già oggetto di alcuneanalisi4.

L’operatività degli OdR nel nostro PaeseNel percorso degli OdR nel contesto italiano particolar-

mente critico si è, invece, mostrato il problema dei rapportipubblico-privato ma anche questa non è una novità: comegià scritto, a differenza dei contesti in cui l’identità deglioperatori è basata essenzialmente su proprietà de facto, ilnostro approccio nazionale de jure ha sempre generato diffi-coltà (vedasi sempre nota 3).

Oltre alle difficoltà di cui sopra, hanno influenzato negati-vamente l’azione dei soggetti pubblici anche alcune “spinte”potenzialmente devianti come quella, proveniente da ambientitradizionalmente ostili al supporto pubblico della ricerca, cheindividua (e giustifica) nella crescente carenza di finanzia-mento istituzionale la motivazione fondamentale per operareattraverso gli OdR sostituendo quindi progressivamente al

1 Diversi ministeri (MIUR, MISE) prescrivono diverse proporzioni tra attività istituzionale e attività economica. 2 Richiesta di contabilità separata per l’attività istituzionale e quella economica.3 Particolarmente nella tradizione della common law (ma non solo) l’identità dipende dalle modalità operative più che da considera-zioni di carattere ontologico.4 Vedasi, a esempio, Cicala (ANALYSIS 2012).

GLI ODR, DALLA TEORIA ALLA PRATICA:PROBLEMI OPERATIVI DELLA RICERCA&INNOVAZIONE

NEL “MERCATO DELLA RICERCAdi ANTONIO SPERANZA

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KRONOS, L’ORIGINE DEL TEMPOdi ROBERTO VACCA

in latino tempus (plurale tempora) signifi-cava sia tempia, sia tempo. Tempora vince-re corona = cingere le tempie con una

corona. Mala tempora currunt = stanno pas-sando brutti tempi.

I cristiani stabilirono loro regole di asti-nenza da certi alimenti, derivate in parte daquelle ebree. Queste hanno forse qualche ori-gine comune con quelle islamiche. La proibi-zione della carne di maiale era forse gratuita.Secondo, alcuni, invece, avrebbe avuto giusti-ficazioni igieniche. Il Corano proibisce dimangiare maiali, animali già morti e sangue.

La Bibbia (Levitico, 11) permette di mangiare animali terrestrisolo se hanno lo zoccolo spaccato e sono ruminanti, quelliacquatici se hanno sia pinne che scaglie (non anguille, mollu-schi, crostacei) e gli uccelli non rapaci (senza rostro, né tallo-ni). Permette di mangiare locuste e grilli ma non altri insetti néanimali che strisciano per terra (serpenti).

Si sono diffuse le prescrizioni di digiuno o astensione incerti giorni (Venerdì senza carne per i cristiani, digiuno di YomKippur per gli ebrei) o in certi mesi (Quaresima per i cristiani,Ramadan per i musulmani senza cibi, né bevande per tutte le oredi luce – fin quando la sera non si distingue più un filo bianco dauno nero). Nel IV secolo i cristiani adottarono proibizioni e limi-tazioni alimentari per tre giorni alla settimana (mercoledi, vener-

Riferimenti

Comunicazione della Commissione Europea Gazzetta ufficialedell’Unione europea 2006/C 323/01; Comunicazione della Commissione Europea Gazzetta ufficialedell’Unione europea 2014/C198/01;

Cicala L., Lo sviluppo delle professioni di Ricerca negli “Organi-smi di Ricerca” a orientamento privato - in «ANALYSIS» - Rivistadi cultura e politica scientifica n. 2-3/2012.

5 Particolarmente scottanti il tema delle pubblicazioni e quello delle retribuzioni.6 Problema tradizionalmente esistente nelle materie culturali e professionali allo stesso tempo.

finanziamento pubblico il procacciamento dirisorse sul mercato della ricerca. Questa azio-ne di surroga delle funzioni pubbliche tende alungo termine ad ingenerare operatività inna-turali ed equivoche che producono comporta-menti individuali e collettivi ambigui (laddo-ve non pericolosi…). Il problema non è, sinoti, quello di portare risorse private nellaricerca (queste sono notoriamente molto piùabbondanti in altri paesi che in Italia) mapiuttosto quello di rendere le risorse privatearmonicamente complementari a quelle pub-bliche. Ovviamente influenzate dalle “incer-tezze” tra identità pubblica e privata sono, inparticolare, le carriere dei giovani che matu-rano in tali contesti operativi5.

Per ultima, ma non ultima, la questionedel “lucro”, ovviamente centrale in un’atti-vità “di mercato”: non è possibile pensareche sistematicamente si sacrifichi il “guada-

gno” per sopperire a carenze (indisponibilità?) della funzio-ne pubblica. Occorre quindi, delineare con chiarezza “per-corsi misti” tra scienza e mercato nello sviluppo scientifico-tecnologico6.

ConclusioniLa funzione degli OdR appare essenziale nel contesto

dell’attuale sviluppo tecnico-scientifico nel “mercato dellaricerca” e si va snodando in ambito europeo da almeno unaventina di anni. Appare essenziale nel nostro Paese che ladisciplina degli OdR, ma più in particolare la disciplina e icomportamenti gestionali delle Pubbliche amministrazioninei riguardi degli OdR stessi, venga perfezionata in modo darenderla più coerente rispetto al quadro CE ed internaziona-le, liberandola da interpretazioni limitative dell’autonomia edella competitività di questi Organismi.

In tal modo si favorirebbe anche un più costruttivo rap-porto tra capitale pubblico e capitale privato nelle imprese diricerca, con benefici ovviamente più estesi in quantità e qua-lità.

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di e sabato) quattro volte l’anno. Questi tempidi sacrificio furono chiamati tempora: di inver-no (Avvento), di primavera (Quaresima), d’e-state (Pentecoste) e d’autunno. Nel XVI secolocerti marinai portoghesi arrivarono in Giapponee, durante le tempora, insistettero per avere vet-tovaglie costituite solo da pesce e verdura. Èquesta l’origine del nome del piatto tempura,servito in ogni ristorante giapponese.

Il tempo viene programmato e misuratodai musicisti. Lo denotano con aggettivi (aesempio: grave, lento, largo, adagio, vivace,allegro, allegretto, mosso) che suonano straniai profani che siano abituati a misurare le fre-quenze in cicli al secondo (Hertz).

Nel 2011, stranamente, il nome in codiceTempora è stato adottato dagli spioni britanni-ci del GCHQ (Government CommunicationHead Quarters) per il loro massiccio sistemadi intercettazione di comunicazioni internet etelefoniche su oltre 1500 cavi in fibra ottica adalta capacità. Non sono solo esaminati i conte-nuti dei messaggi ma anche i metadati: mitten-ti, destinatari, persone ed enti che leggono incopia. Nel 2012 queste analisi venivano svolteda 300 esperti di GCHQ e 250 della NSA(National Security Agency statunitense). LaNSA collabora con i britannici e riesce così ad

avere in modo surrettizio informazioni su cittadini americani,alle quali altrimenti la legge USA inibirebbe loro l’accesso.

Tempora è stato creato segretamente dal governo britannicocon la collaborazione delle aziende proprietarie delle grandi reti(British Telecom, Vodafone, Verizon, Global Crossing, Viatel,etc.). Queste grandi aziende sono tenute a mantenere il segretosu questa attività e pare che siano anche remunerate dal governoinglese L’obiettivo è indagare su comunicazioni eventualmentecriminali o terroristiche in entrata e in uscita dal Regno Unito.Questa attività implica la raccolta e la registrazione di comunica-zioni generate anche da cittadini di altri Paesi. L’opinione pub-blica tedesca ha sollevato forti obiezioni: il Ministro Federaledella Giustizia, Sabine Leutheusser Schnarrenberger, definì que-sta situazione come un incubo.

Tutta la storia è stata notoriamente rivelata da Edward Snow-den, informatico ed ex agente CIA, poi impiegato della NSA, innumerose interviste. La prima fu rilasciata nel 2013 a GlennGreenwald del Manchester Guardian, dopo di che Snowden,accusato di spionaggio, si rifugiò a Hong Kong per evitare l’estra-dizione verso gli USA. Si è stabilito a Mosca e continua a comu-nicare notizie raccolte durante la sua carriera, in particolare sulsistema americano di sorveglianza elettronica PRISM, messo infunzione dalla NSA nel 2007. Questi fatti sono ampiamente noti:ci è stato fatto anche un film in cui appare lo stesso Snowden.

Il 4 maggio 2016 è stato pubblicato il Regolamento dell’U-nione Europea N. 679 sulla protezione dei dati personali. IlRegno Unito potrà ignorarlo se e quando entrerà in funzione laBrexit.

notiziario

La Via Lattea non è in equilibrio

Le stelle della nostra galassiadovrebbero girare intorno al nucleocon un moto di rotazione inequilibrio dinamico. Un teaminternazionale, cui partecipanoricercatori del Cnr-Isc, analizzandoi dati del satellite Gaia, ha ottenutole più estese mappe di velocità dellestelle della nostra galassia, chemettono in discussione l’ipotesi chele stelle ruotino con soli moticircolari. Sono stati, infatti, rivelatimoti radiali e verticali e differenzenella velocità di rotazione in diversezone stellari. Lo studio, pubblicatosu «Astronomy and Astrophysics»,induce a rivedere anche le stimesulla materia oscura

Le stelle della Via Latteadovrebbero girare intorno al nucleocentrale in maniera simile a come ipianeti girano intorno al Sole, cioècon un moto di rotazione in cui vi èequilibrio tra forza centrifuga ecentripeta. Un team internazionale,composto di ricercatori dell’Istitutodei sistemi complessi del Consiglionazionale delle ricerche (Cnr-Isc),Centro studi e ricerche Enrico Fermie dell’Istituto di Astrofisica delleCanarie, analizzando i dati delsatellite Gaia, è riuscito a ottenere lepiù estese mappe di velocità dellestelle della nostra galassia, mettendoin discussione l’ipotesi che le stelleruotino con soli moti circolari. Indiverse zone, infatti, sono statirivelati moti radiali e verticali dinotevole intensità e grandi

differenze nella velocità dirotazione. Lo studio è pubblicatosulla rivista «Astronomy andAstrophysics».«In questi anni la missione Gaia, unsatellite dell’Agenzia spazialeeuropea progettato per indagareorigine, evoluzione e struttura dellaVia Lattea, sta compiendomisurazioni astrometriche dialtissima precisione, determinandola posizione di oltre un miliardo distelle sulle quali è stato appenapubblicato il data release 2, il piùgrande e accurato censimento diinformazioni quali posizioni,velocità e altre proprietà stellari. Inparticolare, è ora possibile esplorarelo spazio delle fasi (posizioni evelocità) di oltre sei milioni di stellenel disco della Via Lattea» -spiega

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Francesco Sylos Labini, ricercatoredel Cnr-Isc- «Le mappe dellevelocità stellari pubblicate da Gaiacoprono una distanza fino a 12kilopaserc (kpc), unità di misuraimpiegata in astronomia per indicarela distanza fra oggetti celesti. Noisiamo stati in grado di estenderlefino a 20 kpc, tre volte in piùrispetto alle mappe ufficiali,utilizzando una ricostruzionestatistica della distanza».I ricercatori hanno quindi misuratodeviazioni significative dallacircolarità nelle orbite medie dellestelle del disco della Via Lattea,insieme a un gradiente di velocitàradiale di circa 40 km/s e di ungradiente di velocità verticale di 20km/s. «Queste caratteristicheindicano chiaramente che il disconon è un sistema simmetricorispetto all’asse di rotazione vicinoad una condizione di equilibriodinamico, ma è caratterizzato damovimenti in tutte e tre lecomponenti della velocità» -prosegue Sylos Labini- «In unmiliardo di anni, vale a dire la scalatemporale caratteristica della nostragalassia, una stella che si muove auna velocità di 10 km/s puòpercorrere circa 10 kpc. Dunque, imoti osservati stanno inducendo unampio cambiamento dellamorfologia su tempi rilevanti da unpunto di vista astrofisico della ViaLattea, che è evidentemente lontanada una configurazione stazionaria inequilibrio rotazionale».Questi risultati mettono, quindi, in

dubbio l’ipotesidella stazionarietà,basilare nelladinamica stellare, ela modellazione deldisco galatticocome un sistemasimmetrico rispettoall’asse di rotazionee indipendente daltempo. «Da unpunto di vista dellateoria di formazionedella galassia questascoperta apre nuovee affascinanti sfide,dove la dinamicadei sistemi fuoridall’equilibriodovrà giocare unruolo chiave» -conclude il

ricercatore Cnr-Isc- «Ci sono inoltredelle implicazioni importanti perquello che riguarda la stima dellamateria oscura, che in generaleipotizza che la nostra galassia abbiaraggiunto uno stato vicinoall’equilibrio dinamico. L’esistenzadi moti coerenti su grande scalaimplica che le stime andrannoriviste».

Ice memory, parte dal Grand Combin

Sfida contro il tempo per salvare gliarchivi climatici minacciati dalriscaldamento globale, estraendo eportando in Antartide carote dighiaccio. Glaciologi di Cnr eUniversità Ca’ Foscari Veneziapreparano spedizioni anche suMonte Rosa, Marmolada, Montasioe CalderoneÈ iniziata dai 4200 metri delghiacciaio del Grand Combin, alconfine tra Svizzera e Italia, la corsacontro il tempo per mettere al sicurola “memoria” dei ghiacciai italianialpini e appenninici, i ghiaccieuropei più minacciati daicambiamenti climatici. La missionedi ricognizione organizzata daiglaciologi dell’Università Ca’Foscari Venezia e del Consiglionazionale delle ricerche (Cnr) diràin quale punto del ghiacciaio saràpossibile estrarre, in una prossimaspedizione, la carota di ghiaccio piùprofonda, capace quindi diraccontare secoli di storia del clima.

«I ghiacci hanno intrappolatoelementi chimici, particelleorganiche e altre traccedell’ambiente e del clima passatospiega Carlo Barbante» -tra gliideatori di Ice memory, professore aCa’ Foscari e associato all’Istitutoper la dinamica dei processiambientali del Cnr- «Le carote dighiaccio sono quindi un archivio diinformazioni unico sul passato delpianeta e fondamentale per metterenella giusta prospettiva icambiamenti attuali e futuri».I rilievi effettuati con il georadarpermetteranno una ricostruzionetridimensionale del substratoroccioso nascosto dal ghiacciomentre un campionamento di 12metri sarà presto analizzato neilaboratori di Venezia per preparareal meglio la campagna vera epropria. Inizia così il “capitolo”italiano di Ice Memory, progettointernazionale patrocinato dallecommissioni nazionali Unesco diFrancia e Italia che vede impegnatiglaciologi di vari Paesi, tra cui i co-ideatori francesi del progetto.L’obiettivo principale è creare inAntartide, terra di scienza e di pace,il primo “santuario” mondiale deighiacci provenienti dai ghiacciaiminacciati dal riscaldamentoglobale. Questi campioni sarannopatrimonio dell’umanità, con unagovernance internazionale che neassicuri la conservazione così comel’utilizzo eccezionale e appropriato,per permettere alle futuregenerazioni di scienziati di potersvolgere analisi senza precedenti. Iprimi campioni sono stati estratti dalteam internazionale sul MonteBianco, sul ghiacciaio Illimani, inBolivia, e sui ghiacciai di Belukha eElbrus, in Russia. Il team italianosta ora organizzando spedizioni sughiacciai destinati a scomparire neiprossimi decenni. Nella lista ci sonoil Colle Gnifetti (Monte Rosa),l’ultimo ghiacciaio importante delleDolomiti (Marmolada), il ghiacciaiopiù a bassa quota delle Alpi(Montasio, in Friuli, circa 1900metri di quota) e il ghiacciaio più asud d’Europa (Calderone, inAbruzzo). Il programma di missioniitaliane ha ottenuto unfinanziamento di 920mila euro daparte del Ministero dell’istruzione,dell’università e della ricerca.Coordinato dalla Université

Velocità radiali nel disco della Via Lattea. Il Sole si trova a X=8 kpc e Y=0

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Grenoble Alpes Foundation, ilprogetto riunisce Cnrs, FrenchNational Research Institute forSustainable Development (IRD-France), Université Grenoble Alpes,Consiglio nazionale delle ricerche,Università Ca’ Foscari Venezia,Istituto Polare Francese (Ipev) e ilProgramma nazionale per lericerche in Antartide (Pnra) perquanto riguarda l’attività allastazione Concordia, in Antartide.

Stress idrico e termicominacciano il mais

Siccità e ondate di calore nelperiodo estivo saranno, da qui al2050, responsabili delladiminuzione di produzione a scalaeuropea del mais. Per il frumento,che presenta un ciclo colturale piùprecoce, si prevedono inveceaumenti di resa. A individuarenuovi modelli di pratiche colturali edi miglioramento genetico dellevarietà erbacee per contrastare glieffetti del riscaldamento globale, unteam di ricercatori internazionali dicui fanno parte Istituto dibiometeorologia Cnr e Università diFirenze. I risultati della ricercasono stati pubblicati su «NatureCommunications»L’agricoltura è fra i settoriproduttivi maggiormente espostialla variabilità climatica. Stressidrico e termico potrebbero esserecausa di una riduzione, da qui al2050, della produzione, su scalaeuropea, di mais. Per contrastarequesti effetti, anche inconsiderazione dei nuovi dati delRapporto Speciale Global warmingof 1.5°C - IPCC (TheIntergovernmental Panel on ClimateChange sul superamento del limitedi 1,5 gradi del riscaldamentoglobale nel 2040), un teaminternazionale di cui fanno partericercatori dell’Istituto dibiometeorologia del Consiglionazionale delle ricerche (Cnr-Ibimet) e del Dipartimento discienze delle produzioniagroalimentari e dell’ambiente(Dispaa) dell’Università di Firenze,ha individuato nuovi modelli dipratiche colturali e di miglioramentogenetico delle varietà di mais efrumento. I risultati della ricerca,realizzata all’interno del progettoeuropeo MACSUR (Modeling

European Agriculture with ClimateChange for food Security), sonostati pubblicati su «NatureCommunications».«Sono stati analizzati» -spiegaMarco Moriondo, ricercatore Cnr-Ibimet- «i possibili effetti delcambiamento climatico sulle rese difrumento e mais a livello europeo,utilizzando dieci modelli colturalidiversi e valutando, regione perregione, i principali determinanti deirischi per le produzioni agricole finoal 2050». Uno studio di questo tiporappresenta una solida base su cuicostruire risposte adattative coerenticon i previsti cambiamenti climaticiper mantenere buoni livelliproduttivi in agricoltura. «Mantenendo le varietà e le date disemina invariate rispetto al presentee considerando l’attuale distribuzionedi aree irrigate e non, la produzionecomplessiva di mais a scala europeanel 2050 potrebbe diminuire del20%, mentre per il frumento sipotrebbero avere incrementi intornoal 4%» -prosegue Moriondo- «InItalia, gli effetti più evidenti per ilmais sono localizzati nelSettentrione, dove gli scenari piùpessimistici evidenziano diminuzionidi resa fino al 15%. Viceversa, per ilfrumento il cambiamento climaticopotrebbe determinare incrementiomogeni di resa sul territorionazionale fino al 15%». «Questadifferenza di comportamentocolturale» -aggiunge il ricercatore-«è dovuta al fatto che il ciclo vitaledel frumento si sviluppa a partiredal periodo autunnale-vernino etermina quando le condizioniidriche del suolo e le temperature

non sono ancora proibitive. Questoconsente alla coltura di beneficiaredel previsto incremento diconcentrazione della CO2atmosferica in termini sia difotosintesi che di efficienza nell’usodell’acqua. Il mais, colturaprettamente primaverile-estiva, èviceversa esposta a condizioniidriche e a temperature chedivengono estreme specialmente nelperiodo estivo, portando a sensibilidiminuzioni di resa rispetto alperiodo attuale». Sarà, quindi, lostress idrico piuttosto che quellotermico alla fioritura, a giocare ilruolo maggiore nella riduzione dellaproduzione di colture erbacee neiprossimi 30 anni. «I risultati diquesto studio» -conclude ilricercatore- «forniscono indicazioniprecise per individuare nuovimodelli di pratiche colturali e dimiglioramento genetico dellevarietà. L’uso di varietà a ciclolungo per il mais è da sconsigliare,poiché questa pratica esporrebbeancora di più tale coltura a stressidrico e termico, che si potrebbeevitare con l’anticipo della semina.Viceversa per il frumento, varietà aciclo più lungo potrebbero essereadottate soprattutto in Nord Europa,per sfruttare maggiormente ilperiodo ottimale per la crescita».

Una tecnologia rivoluzionaria nelladiagnostica medica

Ricercatori italiani dimostrano lapossibilità di rivelare una singolaproteina con un dispositivo bio-

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elettronico grande qualchemillimetro, quindi fabbricabile suvasta scala a basso costo. Promettedi diagnosticare patologieprogressive non solo prima che isintomi si manifestino maaddirittura appena l’organismoproduce i primi bio-marcatorispecifici. Il risultato è pubblicato suNature Communications ed èrecensito da «Nature»È un successo tutto italiano -incollaborazione fra l’Istituto difotonica e nanotecnologie delConsiglio nazionale delle ricerche(Cnr-Ifn), l’Università degli studi diBari “Aldo Moro» (Uniba),l’Università di Brescia (Unibs) e ilConsorzio per lo sviluppo di sistemia grande interfase (Instm)- la primamisura record di una singolamolecola di proteina, usando untransistor di dimensionimillimetriche. Il lavoro è frutto di unapproccio interdisciplinarecoordinato da Luisa Torsi docenteall’Università di Bari e condotto dalresponsabile Cnr-Ifn di Bari,Gaetano Scamarcio, con un team dichimici, fisici ed ingegneri formatoda Cinzia Di Franco del Cnr,Giuseppe Mangiatordi, che prenderàservizio al Cnr a dicembre, EleonoraMacchia, Kyriaki Manoli, BrigitteHolzer, Domenico Alberga e GerardoPalazzo di Uniba, Fabrizio Torricellie Matteo Ghittorelli di Unibs.Lo studio promette di poterdiagnosticare patologie progressivenon solo prima che i sintomi simanifestino, ma addirittura appenal’organismo produce i primi bio-marcatori specifici. Una potenzialerivoluzione per la diagnosticamedica che, attualmente, si basa sutecnologie che rivelano al piùcentinaia di migliaia di marcatori.Nature Communications hapubblicato il lavoro e «Nature» hapubblicato su questa innovativatecnologia SiMoT un “technologyhighligth” (https://www.nature.com/articles/d41586-018-05950-z).«La prima evidenza sperimentaledella misura di concentrazionibassissime di proteine fino al limiterecord di una singola molecola èstata possibile usando un transistordi dimensioni millimetriche. È unaricerca alla quale abbiamo lavoratoper oltre due anni ed è unagrandissima soddisfazione vederladecollare» -sottolinea Gaetano

Scamarcio del Cnr-Ifn- «Il risultatopromette ricadute strategiche digrande rilevanza per il futuro delladiagnostica medica, poiché ledimensioni e la struttura deldispositivo ne consentono laproduzione su vasta scala a costicontenuti. Il dispositivo è robusto edaffidabile e pertanto facilmenteimpiegabile fuori dal laboratorio».«La nuova tecnologia, battezzataSiMoT (Single-Molecule with aTransistor), si basa su strati auto-assemblati e bio-funzionalizzati dispessore nanometrico, inglobati indispositivi di grande areacompatibili con lo sviluppo diprototipi di facile uso anche fuoridai laboratori di ricerca» -ricordaLuisa Torsi di Uniba- «La sensibilitàdella tecnologia SiMoT, in gradorivelare un singolo bio-marcatore, ètalmente elevata da non poter esseremigliorata oltre; si tratta, pertanto,di un record mondiale assoluto.Questo risultato è stato raggiuntograzie all’enorme amplificazionedel segnale ottenuta integrando nelun transistor bio-elettronico un filmche simula la membrana cellulare.L’intuizione è arrivata osservandoche alcune cellule, attraverso lapropria membrana, sono in grado diriconoscere singole proteine come iferormoni. In termini tecnici si puòinoltre affermare che la rivelazioneSiMoT è “selettiva” in quanto vedesolo il bio-marcatore specifico diinteresse, ed è “label-free” poichédiretta e non mediata da altremolecole. Inoltre, è una piattaformagenerale che può essere facilmenteadattata alla rivelazione di unospecifico bio-marcatore, peresempio un antigene. Per farlo, èsufficiente integrare nel dispositivol’anticorpo che riconosce l’antigenedi interesse». «La medicina diprecisione ha bisogno di strumentisempre più sensibili e performantiche consentano di applicare letecnologie più avanzate nella praticaclinica quotidiana: ladigitalizzazione dell’analisi dei bio-marcatori che li quantifica a livellodella singola molecola è dunque lanuova frontiera. La tecnologiaSiMoT promette quindi di essere unprezioso strumento che consentirà aiclinici di associare il più piccoloaumento di un determinato bio-marcatore, alla progressione dellapatologia. Sarà forse addirittura

possibile identificare il momentopreciso in cui un organismo passadall’essere “sano” al divenire“malato” aumentando enormementela capacità di curare le patologieattraverso metodi di trattamentotempestivi, specifici e mirati.L’elevatissima sensibilità di SiMoTpotrà essere utile anche per teneresotto controllo le recidive, peresempio dopo l’asportazione di untumore; ma anche per limitare l’usodi procedure invasive come lebiopsie permettendo la rilevazionedi marcatori in fluidi biologicifacilmente accessibili come ilsangue, l’urina o anche la saliva neiquali i marcatori sono presenti aconcentrazioni bassissime»conclude Scamarcio. Si prevede chela tecnologia SiMoT possa, quindi,contribuire al miglioramento dellaqualità della vita e della longevitàdelle generazioni a venirecontribuendo, al contempo, allariduzione della spesa sanitaria.

Gli effetti dell’inquinamentoindoor sugli Sherpa

Uno studio del Consiglio nazionaledelle ricerche svolto in un villaggiodell’Himalaya abitato dallapopolazione Sherpa dimostra cheuna cattiva qualità dell’aria inambiente interno può causare dannial sistema respiratorio ecardiocircolatorio. La ricerca,realizzata in collaborazione conl’Università di Ferrara el’Università di Pisa, è in via dipubblicazione su «EuropeanJournal of Internal Medicine».Ricercatori del Consiglio nazionaledelle ricerche hanno condotto unostudio sulla montagna himalayanaper verificare gli effettidell’inquinamento indoor sulsistema respiratorio e

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cardiocircolatorio della popolazionelocale. Il lavoro, realizzato incollaborazione con il Dipartimentodi scienze biomediche e chirurgicospecialistiche dell’Università diFerrara e con l’Università di Pisa, èin via di pubblicazione sulla rivista«European Journal of InternalMedicine». Il tema è oggetto inquesti giorni a Ginevra della primaconferenza globaledell’Organizzazione mondiale dellasanità (Oms) sugli effettidell’inquinamento dell’aria sullasalute. Secondo i dati dell’Oms, lapresenza in atmosfera delparticolato atmosferico fine diorigine antropica (PM2.5,generalmente definito “polverisottili”) costituisce il sesto fattore dirischio per la salute umana e hacausato nel 2016 a livello globale4,1 milioni di morti per disturbirespiratori, cardiovascolari e percancro polmonare. Un numero didecessi maggiore rispetto a quellodovuto a più noti fattori di rischioquali abuso di alcool o inattivitàfisica, e simile a quello per elevatilivelli di colesterolo nel sangue oobesità. «Meno noto è che circa 2milioni di decessi annui addizionalisono originati dall’esposizioneall’inquinamento negli ambientidomestici, fenomenoparticolarmente preoccupante neicontinenti asiatico e africano,dovuto principalmente all’utilizzo,per riscaldamento e preparazionedei pasti, di combustibili di bassaqualità (sterpi, residui agricoli,sterco animale) con stufe altamenteinefficienti e in ambienti nonadeguatamente ventilati» -spiegaSandro Fuzzi, ricercatoredell’Istituto di scienzedell’atmosfera e del clima (Cnr-Isac) e coautore dell’articolo-«Precedenti ricerche hanno giàesaminato questo fenomeno inIndia, Cina e America Latina. Laparticolarità di questo studio,condotto nel villaggio diChaurikharka, a 2.562 metri dialtezza, abitato dalla popolazioneSherpa, sono la lontananza da altrepossibili sorgenti di inquinamento,nonché la bassissima propensione alfumo, e la rarità dei fenomeni diobesità e diabete nella popolazione.L’assenza di questi fattori rendepossibile una valutazione piùprecisa del rapporto causa-effetto

fra l’inquinamento indoor e leaffezioni riscontrabili nellapopolazione». In questi ambientidomestici le concentrazioni diPM2.5, contenente a sua voltaun’elevata percentuale di blackcarbon (BC), un derivato dallacombustione estremamente dannosoper la salute, possono superare dimolte volte i limiti fissati dall’Omsper l’aria ambiente. «Abbiamomonitorato tredici case del villaggiosu un intero ciclo giornaliero perverificare i livelli di concentrazionedi PM2.5 e di BC. Settantottoabitanti delle case oggetto dellemisure in età compresa fra 16 e 75anni sono poi stati oggetto di unaserie di valutazioni mediche» -aggiunge Lorenza Pratali,ricercatrice dell’Istituto di fisiologiaclinica (Cnr-Ifc) e prima autricedello studio- «Dai risultati clinici èemerso che anche una cattivaqualità dell’aria dell’ambienteindoor può causare una precocedisfunzione a carico delle vie aereee danno cardiovascolare subclinico.L’effetto nocivo è maggioresoprattutto dal punto di vistacardiovascolare nella popolazionecon età maggiore di 30 anni, conuna più prolungata esposizione alblack carbon. È chiaro che sempliciinterventi che favoriscano l’uso distufe più efficienti e combustibilipiù adeguati in queste comunitàpossono ridurre sostanzialmente leemissioni indoor dovute allacombustione e, di conseguenzal’esposizione degli abitanti e glieffetti sulla salute».

Una nuova generazione ditecnologie quantistiche

La Commissione europea hanominato l’Istituto nazionale diottica del Cnr coordinatore di unconsorzio europeo dedicato allosviluppo di una nuova generazionedi laser con emissione di luce “non-classica”. Questa innovativatecnologia quantistica prometteapplicazioni che vanno dallasicurezza nelle comunicazioni cifratealla creazione di computerquantistici ultraveloci. L’Istituto haricevuto a tal scopo unfinanziamento di più di nove milionidi euro.È stata lanciata la Quantum Flag-

ship, un’iniziativa di ricerca dellaCommissione europea da 1 miliardodi euro nei prossimi 10 anni. Fra i19 progetti selezionati nel primobando da 130 milioni di euro dellaFlagship sul tema delle tecnologiequantistiche, l’Istituto nazionale diottica del Consiglio nazionale dellericerche (Cnr-Ino) coordina un pro-getto da 9.3 milioni di euro, deno-minato QOMBS. Al progetto, inqua-drato nel pilastro della simulazionequantistica, partecipano, oltre cheUniversità e aziende svizzere, tede-sche e francesi di primissimo piano,l’Agenzia spaziale italiana (Asi) euna società spin-off del Cnr, Ppq-Sense S.r.l. In questo bando, forte-mente competitivo e riservato a pro-getti in grado di coniugare ricerca dibase e tecnologia di frontiera per losviluppo di prodotti radicalmenteinnovativi contenenti tecnologiebasate sulle leggi della fisica quanti-stica, QOMBS è l’unico progettofinanziato a guida italiana.«Il progetto mira a sviluppare unanuova generazione di laser capaci dicreare un fascio di luce non-classicanello spettro infrarosso composto dadiverse frequenze (o colori)» -afferma Augusto Smerzi, dirigentedi ricerca Cnr-Ino, che coordinerà ilconsorzio- «Questo permetterànuove applicazioni che spazianodalla possibilità di trasmetteremessaggi in manieraintrinsecamente sicura rispettoall’attacco di hackers ostili, allacreazione di computer ultravelocisfruttando i principi fondamentalidella meccanica quantistica. Larealizzazione del progettopermetterà di creare un’industriaeuropea quantistica con leadershipitaliana, strettamente connessa almondo accademico e della ricercafondamentale. La “secondarivoluzione quantistica” prossimaventura avrà a Firenze un centro dieccellenza». «Abbiamo messoinsieme due settori di ricerca dieccellenza dell’Ino, gli atomiultrafreddi e la fisica dei laser acascata quantica ed abbiamoproposto una direzione di ricerca deltutto nuova» -continua Paolo DeNatale direttore Cnr-Ino- «Lasimulazione quantistica di laser asemiconduttore già commercialipermetterà di individuarne lepotenzialità ancora inesplorate ecreare dispositivi di nuova

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generazione, fortemente innovativi.Abbiamo poi messo insieme imigliori centri di ricerca ed aziende,sia grandi sia start-up, del settore, suscala europea, che hanno creduto inquesta inedita unione di ricerca difrontiera e tecnologia: così è natoQOMBS». Oltre QOMBS, Cnr-Inoè anche protagonista di uno deiprogetti Flagship dedicati aargomenti più esplorativi: PhoQus,dedicato ai sorprendenti fluidifotonici. Nella Quantum Flagship ilCnr è anche direttamente presentenella struttura di governance con laresponsabilità di coordinare lapreparazione ed il training dellanuova generazione di ricercatori chedovrà trasportare le tecnologiequantistiche dai laboratori di ricercaa quelli industriali. «Il Cnrriconferma la sua capacità di unireinsieme ricerca di frontiera etecnologie d’avanguardia e,soprattutto, di essere un punto diriferimento e di sintesi per tutta lacomunità nazionale, rendendopossibile l’aggregazione dieccellenze su scala internazionale ecreando, in definitiva, verainnovazione» afferma il Presidentedel Cnr Massimo Inguscio.

Giusta terapia al giusto paziente

Generare, grazie a una bio-stampa3D, organi-modello per lasperimentazione in batteria diterapie “personalizzate”, insostituzione dei test farmacologicisugli animali. È il primo step di unostudio condotto da Ibcn-Cnr,Campus Biomedico di Roma eFondazione Giovanni Paolo II di

Campobasso, pubblicato su«Scientific Report»Sono organi-modello specifici delpaziente, in vitro, realizzati con bio-stampa tridimensionale (3DBio-printing), in grado disperimentare terapie innovative e sumisura, senza ricorrere a testfarmacologici sugli animali o aindagini invasive su pazienti affettida mutazioni genetiche. A metterli apunto un team di ricercatoridell’Istituto di biologia cellulare eneurobiologia del Consiglionazionale delle ricerche (Cnr-Ibcn),Campus biomedico di Roma eFondazione Giovanni Paolo II(Fgps) di Campobasso. La ricerca,pubblicata su «Scientific Report»,costituisce il primo step verso lagenerazione di organi in piastra siaper sostituire i test sugli animali siaper l’affidabilità dei risultati dellamedicina personalizzata. «Fino aoggi» -spiega Roberto Rizzi,ricercatore Cnr-Ibcn e coordinatoredei lavori- «la sperimentazioneanimale ha generato la maggiorparte delle informazioni sullavalidità di un prodotto farmaceutico,considerando, innanzitutto, ladiversità specie-specifica del targetfinale e solo successivamente lacausalità dell’insorgenza dellapatologia nel paziente». Obiettivodel lavoro, sviluppare tessuti umaniindividuo-specifici per testarel’efficacia di nuovi farmaci,riducendo così il ricorso a terapienon sempre necessarie, costose e, avolte, anche dannose per il paziente. «Su questa linea» -afferma FabioMaiullari, ricercatore Fgps- «è statarealizzata per la prima volta conquesta tecnologia, una struttura distampa tridimensionale cardiacavascolarizzata, utilizzando cellulemulti-specie, sia murine(riprogrammate) sia umane,partendo da differenti geometrie distampa». Un modello standard dacui partire per sviluppare, in futuro,ulteriori prototipi di organi e tessuti,quali giunzione neuromuscolare,cervello, cervelletto, pancreas, cute,microambienti tumorali, vasisanguigni, etc., da cellule staminalipluripotenti indotte - iPSC), utili atestare terapie su misura per curarepatologie non soloneurodegenerative ma ancheoncologiche. Il lavoro rientra nelprogetto SATISFY Generazione di

tessuti umani individuo-specifici pertest di efficacia di nuovi farmaci,coordinato dal Cnr, incollaborazione con il Dipartimentodi scienze e biotecnologie medico-chirurgiche dell’Università laSapienza di Roma e finanziato dalprogramma di LAZIOINNOVA(2018) Progetto gruppi di ricerca -Conoscenza e cooperazione per unnuovo modello di sviluppo.«Sviluppare terapie mirate e sumisura potrebbe rappresentare unavera e propria rivoluzionenell’assistenza sanitaria, mutuata dauna visione clinica paziente-centrica. Attuarla appienosignificherebbe fornire la giustaterapia al giusto paziente almomento giusto, evitando cosìun’esposizione a farmacipotenzialmente inefficaci se nontossici per l’organismo» aggiungeClaudia Bearzi, ricercatrice Ibcn-Cnr. I risultati, infine, potrebberoessere consultabili su unapiattaforma open data. «Lamedicina personalizzata» -concludeRizzi- «rappresenta la frontiera didiagnosi e trattamento di numerosepatologie, verso le quali a oggimolti farmaci non si rivelanoefficaci quanto dovrebbero. Si trattadi una sfida a cui il sistema sanitarioè chiamato a trovare una risposta intermini di incremento della qualità,sicurezza della cura eottimizzazione dei costi diassistenza. I vantaggi evidenziati daiprogressi della ricerca sono tali daspingere le aziende farmaceutichead affiancare linee disperimentazione che prevedonol’uso di strumenti di analisi e test didiagnostica molecolare, conl’obiettivo di prescrivere farmacisempre più cuciti su misura».

Ciclina D3: la sua assenza renderesistenti alla faticamuscolare

La mancanza di questa proteina faprevalere le fibre muscolari che sicontraggono lentamente su quelle acontrazione più rapida. Gli animaliche ne sono sprovvisti hannomaggior resistenza all’affaticamentoed un maggiore dispendioenergetico, con conseguenze sulmetabolismo. Ad indicarlo uno

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studio dell’Istituto di biologiacellulare e neurobiologia del Cnrpubblicato su «Scientific Reports»Uno studio dell’Istituto di biologiacellulare e neurobiologia delConsiglio nazionale delle ricerche(Cnr-Ibcn) ha dimostrato per laprima volta come l’assenza diciclina D3, proteina che presiede eregola il ciclo cellulare, sia in gradodi influenzare la fisiologia deimuscoli. In particolare, oltre alla suafondamentale funzione di controllodella proliferazione delle cellulemuscolari, la proteina svolge unruolo cruciale nella regolazionedell’espressione di geni selettivi perspecifiche fibre muscolari. Lo studioè pubblicato su «Scientific Reports».«Gli animali che mancano del tuttodella ciclina D3 presentano unaumento significativo di fibremuscolari che si contraggonolentamente, cioè quelle specializzatenel lavoro muscolare di tipoaerobico e resistentiall’affaticamento. Le fibre di questotipo consentono di sostenere attivitàe sforzi duraturi e prolungati neltempo, come una corsa su lunghedistanze. L’assenza della proteinapermette a queste fibre di ‘occupareil posto’ di quelle che si contraggonorapidamente, specializzate invecenel lavoro muscolare ad altaintensità e forza ma bassa resistenzaalla fatica» spiega RobertoCoccurello del Cnr-Ibcn. L’assenza di un solo gene regolatoreè in grado di rimodellare lacomposizione delle fibre deimuscoli, facendo prevalere quelleche si contraggono lentamente suquelle che si contraggonorapidamente, e dunque anche dimodificare il lavoro muscolare. «Glianimali che mancano di ciclina D3mostrano, per esempio, una maggiorcapacità di sostenere una corsa dilunga durata e resistenzaall’affaticamento. Sono anche ingrado di consumare più energiasotto forma di calorie,indipendentemente dalla loroattività fisica» sottolinea MauriziaCaruso del Cnr-Ibcn.La cicline sono una famiglia diproteine che intervengono nellaregolazione del ciclo di divisionecellulare; possono essere attivate dafattori “esterni” come fattori dicrescita, nutrienti o ormoni epossono intervenire anche sul

metabolismo cellulare. «La ciclinaD3 può promuovere l’adipogenesi,cioè indurre la formazione di nuovotessuto adiposo ma anche regolarel’efficienza delle cellulepancreatiche che presiedono alrilascio di insulina. Con questolavoro scientifico, aggiungiamo unatessera a questo mosaicoconoscitivo dimostrando che laciclina D3 può inibire fattoritrascrizionali che promuovono losviluppo di fibre muscolari acontrazione lenta e metabolismoossidativo» prosegue Caruso. Tuttavia, ciò non deve lasciarcredere che si possa resisteremaggiormente alla fatica inibendol’espressione di questa proteina. «Laconcomitante riduzione delle fibre acontrazione rapida indurrebbe gravideficit motori e patologiemuscoloscheletriche, come lasarcopenia; inoltre, un’alterazionenell’espressione di ciclina D3potrebbe avere un effettoestremamente deleterio sullaproliferazione di alcuni tipicellulari» conclude Coccurello.«Infatti, una maggiore resistenzaall’affaticamento muscolare non puòe non deve esser raggiuntacompromettendo altre funzioni,come in particolare l’equilibrio conle fibre muscolari a contrazionerapida necessarie a sostenere sforzirapidi e intensi». Questa ricercasperimentale dimostra il ruoloessenziale della ciclina D3 nelcoordinamento della regolazionedella tipologia delle fibre muscolarie la loro specializzazione ma anchecome, sopprimendo l’espressione diquesto gene regolatore, si possaalterare direttamente l’interometabolismo corporeo.

Fibrosi cistica: la malattiamodifica il microbiotaintestinale dei bambini

Uno studio del Bambino Gesù,CNR, Università Sapienza eFederico II disegna la prima mappafunzionale delle comunità batterichedell’intestino dei piccoli pazienti.La ricerca è stata pubblicata sullarivista scientifica «PLOS ONE».Esiste un rapporto diretto tra fibrosicistica e alterazione del microbiotaintestinale: è la proteina “difettosa”della malattia, infatti, a guidare la

composizione e il funzionamentodelle comunità batterichedell’intestino dei bambini che nesono affetti. La scoperta è stata fattadai ricercatori dell’OspedalePediatrico Bambino Gesù, delConsiglio Nazionale delle Ricerchee delle Università Sapienza eFederico II che, per la prima volta,hanno disegnato la mappafunzionale del microbiota dipazienti da 1 a 6 anni con fibrosicistica, facendo luce sui meccanismiche lo regolano. Lo studio, appenapubblicato sulla rivista scientifica«PLOS ONE», apre la strada anuovi modelli di trattamento per lepatologie intestinali associate allafibrosi cistica e per la prevenzionedi alcune gravi complicanze come,ad esempio, i tumori.

La fibrosi cistica e le complicanze La fibrosi cistica è la patologia piùfrequente tra le malattie geneticherare. Colpisce circa 1 neonato su2.500 ed è causata dalle mutazionidel gene CFTR che producono unaproteina difettosa non più in gradodi svolgere regolarmente la suafunzione di controllo del passaggiodi acqua e di alcuni sali all’interno eall’esterno delle cellule.L’alterazione della proteina portal’organismo a produrre un mucoeccessivamente denso che ostruiscel’apparato respiratorio, le vie aeree,l’apparato riproduttivo, il pancreas,il fegato, l’intestino. Espone ipazienti a continue infezioni e, neltempo, anche a gravi complicanzegastrointestinali e nutrizionali.

Lo studioUn team multidisciplinare compostoda clinici, microbiologi, chimici ebioinformatici ha studiato 31bambini di età compresa tra 1 e 6anni affetti da fibrosi cistica incondizioni cliniche stabili. I pazientipediatrici sono stati quindiconfrontati con un gruppo,comparabile per numero ed età, dibambini sani. Dalla fusione dei datidi metagenomica (analisi dell’interocorredo genetico e delle funzionipotenziali di un campione) emetabolomica (analisi dei metabolitiprodotti dai processi cellulari) èstato definito il profilo delmicrobiota dei bambini con fibrosicistica: come è composto, comefunziona, in che modo interagisce

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col metabolismo del paziente/ospite.Per la prima volta è stato dimostratoche il microbiota intestinale èmodulato prioritariamente daldifetto della proteina CFTR e che ècondizionato solo marginalmentedall’età del paziente (almeno neiprimi anni di vita), dalla presenza diinfezioni e dal trattamentoantibiotico cronico, fattori che inaltri modelli di microbiota umanosono, invece, causa primaria disquilibrio tra comunità batteriche eloro metabolismo.

Microbiota alterato eindicatori di malattia

Per effetto diretto della proteinadifettosa, il microbiota intestinaledei bambini con fibrosi cistica nascecon una struttura e con funzionialterate. Lo studio ha evidenziato ladiminuzione di alcuni batteri(Eggerthella, Eubacterium,Ruminococcus, Dorea,Faecalibacterium prausnitzii),sovrabbondanze batteriche(Propionibacterium,Staphylococcus, Clostridiaceae,Clostridium difficile) e alteratilivelli di alcuni prodotti delmetabolismo. In particolare,composti organici come alcoli edesteri possono essere consideratiindicatori dell’attività microbicaalterata, mentre le molecole GABAe colina (delle quali è stata rilevatauna sovrabbondanza) specificiindicatori di malattia di origineumana, poiché riflettonodirettamente -a livellodell’intestino- le alterazioni deltrasporto di acqua e dei componentiche regolano l’osmosi.

Le prospettive terapeuticheL’individuazione dei principali“attori” del microbiota collegati conle alterazioni delle funzionidell’intestino dei pazienti confibrosi cistica, apre la strada apotenziali nuovi modelli ditrattamento per le patologieintestinali associate alla malattia ead azioni di prevenzione di alcunecomplicanze gravi, come i tumori,in particolare quelli intestinali chedimostrano una maggiore incidenzacon l’aumento della sopravvivenzadei pazienti. Tra le possibilitàterapeutiche, la somministrazione diprobiotici mirati (a esempio il

Faecalibacterium prausnitzii) per ilripristino di alcune funzionalità delmicrobiota e il miglioramento dellecondizioni cliniche in caso di deficitdigestivi e nutrizionali.

Gli autori dello studioAllo studio hanno lavorato il gruppodi ricerca della Dott.ssa LorenzaPutignani e in particolare la Dott.ssaPamela Vernocchi, dell’Unità diRicerca di Microbioma Umano eUnità di Parassitologia del BambinoGesù; la Dott.ssa Vincenzina Lucididell’Unità di Fibrosi Cistica delBambino Gesù; la Dott.ssa ErsiliaVita Fiscarelli dell’Unità diDiagnostica della Fibrosi Cistica delBambino Gesù; il Prof. DaniloErcolini dell’Università degli Studidi Napoli Federico II; la Dott.ssaPaola Paci dell’Istituto di Analisidei Sistemi ed Informatica del CNR;il Prof. Cesare Manetti delDipartimento di Biologiaambientale, il Prof. AlfredoMiccheli e il Prof. Federico Marinidel Dipartimento di Chimica e icolleghi dell’Unità di Metabolomicadella Sapienza Università di Roma. L’Ospedale Pediatrico BambinoGesù e la Task Force di Ateneo pergli Studi sul Microbiomadell’Università degli Studi di NapoliFederico II hanno recentementesiglato un accordo di collaborazionesul tema del microbioma.

Realizzato il primo transistorin materiali superconduttori

Ricercatori dell’Istituto nanoscienzedel Cnr hanno osservato un effettoche smentisce alcuni assunti dellateoria della superconduttività e apreall’era dei transistor asupercorrente. Lo studio èpubblicato sulle riviste «NatureNanotechnolgy», «NanoLetters» e«Nature Electronics» Fisici dell’Istituto nanoscienze delConsiglio nazionale delle ricerche(Cnr-Nano) di Pisa con il contributodell’Istituto superconduttori,materiali innovativi e dispositivi diGenova (Cnr-Spin) hannodimostrato che, al contrario diquanto creduto finora, è possibilerealizzare transistor basatiinteramente su materialisuperconduttori, anziché susemiconduttori come il silicio. Ilrisultato, oltre a fornire

un’innovativa prospettivatecnologica, smentisce alcuniassunti della teoria dellasuperconduttività. Lo studio èpubblicato sulle riviste «NatureNanotechnolgy» e «NanoLetters»,mentre «Nature Electronics» gli hadedicato l’articolo Transistors gometal nella sezione ‘in evidenza’.I ricercatori hanno osservato che èpossibile usare un campo elettricoper controllare, abilitando oinibendo, il passaggio disupercorrente in un filosuperconduttivo. Questo effettopotrebbe essere sfruttato indispositivi di nuova concezionecome transistor a effetto camposuperconduttivi, e nelle tecnologiequantistiche. «Abbiamo osservatoun fenomeno nuovo neisuperconduttori» -affermaFrancesco Giazotto di Cnr-Nano eScuola Normale Superiore, che haguidato la ricerca- «sicuramenterilevante dal punto di vista dellafisica fondamentale. Gli esperimentisembrano infatti contraddirel’assunto per il quale i campielettrostatici non dovrebberoinfluenzare un metallosuperconduttore».I superconduttori sono materialicapaci di condurre corrente senzadissipare energia, poiché quandovengono raffreddati al di sotto diuna temperatura critica la lororesistenza elettrica diventa nulla.«Secondo la teoria, un campoelettrostatico non ha alcun effetto suun metallo superconduttore, ma oraquesta idea è stata smentita dallascoperta che un campo elettricointenso può influenzaredrasticamente un superconduttoreed essere usato per controllare lasupercorrente che lo attraversa finoa ‘spegnere’ completamente lasuperconduttività, sesufficientemente intenso» prosegueGiazotto. Per giungere al risultato iricercatori hanno applicato intensicampi elettrici a transistorsuperconduttivi costituiti da un filmsottile di superconduttore, nellospecifico titanio o alluminio,realizzati con tecniche litografichestandard, mentre le delicate misureelettriche a temperature prossimealla zero assoluto sono stateeffettuate grazie alla specialestrumentazione messa a punto alCnr-Nano di Pisa e disponibile inpochissimi laboratori nel Mondo.

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20 | 2018 SCIENZA E TECNICA | 548

Minicircles: osservata per la prima volta la formazione di DNA ibridi

Uno studio sull’infezione in piante dibarbabietola condotto da Istituto perla protezione sostenibile delle piantedel Cnr di Torino e Università diCambridge, pubblicato su «NatureCommunications», ha mostrato le fasiiniziali del trasferimento genicoorizzontale tra specie vegetalimediato da un virusI virus sono potenziali vettori per iltrasferimento genico orizzontale, cioèil passaggio di materiale genetico traspecie diverse anche geneticamentemolto distanti. Da uno studiosull’infezione virale in piante dibarbabietola condotto incollaborazione tra l’Istituto per laprotezione sostenibile delle piante delConsiglio nazionale delle ricerche(Cnr-Ipsp) di Torino e l’Università diCambridge, pubblicato su «NatureCommunications», è stata osservataper la prima volta la formazione diDNA ibridi circolari composti da unaparte di DNA della pianta ospite eduna parte di DNA virale, mostrandocosì le fasi iniziali del trasferimentogenico orizzontale tra specie vegetalimediato da un virus.«Il trasferimento genico orizzontale èoggi considerato di importanzaprimaria nell’evoluzione dei genomi,soprattutto dei batteri e archeobatteri,ma anche degli eucarioti» spiega GianPaolo Accotto direttore del Cnr-Ipsp.«I virus sono considerati potenzialiinduttori di tale passaggio di materialegenetico da una specie ad un’altrapoiché entrano in stretto contatto conle cellule dell’organismo ospite in cuisi replicano, sono trasmessi in modoefficiente tra ospiti diversi e i lorogenomi hanno una forte propensionenaturale a ricombinarsi. Uno degliesempi più caratteristici ditrasferimento genico mediato da virusè quello dei baculovirus, responsabilidel trasferimento di frammenti diDNA tra specie diverse di insetti».Durante lo studio di un’infezionevirale indotta da un geminivirus inpiante di barbabietola, è stataosservata la formazione di DNAformati da materiale genico sia dellapianta ospite sia virale. «Questi DNAibridi circolari, battezzati“minicircles”, non erano stati maiosservati in precedenza» prosegueEmanuela Noris del Cnr-Ipsp. «Tali

tipi di molecole si generano in pochesettimane e possono moltiplicarsianche in piante di altre specievegetali. I DNA ibridi derivanti dallabarbabietola diventano quindipotenziali candidati per trasportaremateriale genetico ad altre specie dipiante». Tracce di DNA originarie dialtre specie, anche assai lontane, sonostate identificate in numerosi genomiattraverso studi bioinformatici «mafinora un evento di trasferimentogenico orizzontale tra specie diverse,in questo caso da pianta a virus, nonera stato osservato in tempo reale.Questo studio documenta in diretta ipassi iniziali di una probabile via ditrasferimento orizzontale di DNAcromosomale tra specie vegetali»conclude Gian Paolo Accotto. Lafacilità con cui i minicircles possonoessere ingegnerizzati potrà esseresfruttata per scopi di ricercafondamentale e applicata, a esempioper comprendere i meccanismimolecolari che controllano laricombinazione tra DNA di speciediverse, per modulare i sintomi dellamalattia virale agendo sulsilenziamento specifico di geni dellapianta, per produrre nelle pianteproteine di interesse industriale efarmaceutico (es. anticorpi nelle radicidi barbabietola).

I dispositivi IoT sono ilprincipale target degli hacker

I dispositivi IoT sembrano esserediventati il principale target colpitodai criminali informatici, superando iweb and application services e iserver di posta elettronica. Gartnerstima che entro il 2020 il numero didispositivi IoT raggiungerà i 20,4miliardi, con un tasso di crescitasbalorditivo del 143% in soli tre anni.Nella quinta edizione del report TheHunt for IoT i laboratori di ricerca diF5 Networks hanno identificato 13nuove Thingbot che possono esserecooptate dagli hacker e che vanno adaggiungersi alle 6 individuate nel2017 e alle 9 del 2016. Secondo i datidegli F5 Labs, la Spagna è al primoposto per numero di attacchi subitinegli ultimi 18 mesi. Verso questoPaese è indirizzato l'80% di tutto iltraffico degli attacchi IoT monitoratodal 1 gennaio al 30 giugno 2018. AltriPaesi che subiscono pressioniconsistenti sono Russia, Ungheria,

Stati Uniti e Singapore. La maggiorparte degli attacchi ha avuto originein Brasile (18% dei casi). La Cina èstata il secondo maggiore colpevole(15%), seguita da Giappone (9%),Polonia (7%), Stati Uniti (7%) e Iran(6%). I dispositivi IoT che sono statimaggiormente infettati e coinvoltinelle bot sono i router delle piccole emedie imprese, le telecamere dotatedi IP, i videoregistratori DVR e letelecamere a circuito chiuso.I DDoS (Distributed Denial ofService) si confermano come metododi attacco più utilizzato anche se nelcorso del 2018 i cyber criminalihanno iniziato ad adattare le Thingbotsotto il loro controllo includendodelle tattiche aggiuntive, tra cuil'installazione di server proxy perlanciare attacchi che sfruttano ilcrypto-jacking, l'installazione di nodiTor e packet sniffer, i dirottamentiDNS, credential collection e stuffinge i trojan per le frodi. Il metodo diattacco più comune utilizzato perscoprire e infettare i dispositivi IoT èavviare scansioni Internet globali allaricerca di servizi di amministrazioneremota aperti. I protocolli Telnet eSecure Shell (SSH) sono stati i piùsfruttati, seguiti dai protocolli HNAP(Home Network AdministrationProtocol), Universal Plug and Play(UPnP), iSOAP (Simple ObjectAccess Protocol) e da molte altreporte TCP (Transmission ControlProtocol) utilizzate dai dispositiviIoT. Le vulnerabilità più comuni especifiche di alcuni dispositivi IoThanno rappresentato anch’esseimportanti vie di sfruttamento. Unaspetto preoccupante è il rischiosignificativo e crescente evidenziatodal report che riguarda leinfrastrutture IoT -i server e i databaseai quali si connettono i dispositiviIoT- che vengono definiti come:«vulnerabili allo stesso modo sia agliattacchi di autenticazione tramitecredenziali deboli sia ai dispositiviIoT stessi». I gateway IoT cellularisono vulnerabili quanto i tradizionalidispositivi IoT basati su Wi-Fi e viacavo. Il 62% dei dispositivi testati èrisultato infatti vulnerabile agliattacchi di accesso remoto chesfruttavano le credenziali deboliimpostate di default dai fornitori.Questi dispositivi fungono da reti out-of-band, creano backdoor di rete esono ampiamente diffusi in tutto ilmondo.

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La SIPS - Società Italiana per il Progresso delle Scienze - onlus«ha per scopo di promuovere il progresso, la coordinazione e la diffusione delle scienze e delle loro appli-cazioni e di favorire i rapporti e la collaborazione fra cultori di esse», svolgendo attività interdisciplinare emultidisciplinare di promozione del progresso delle scienze e delle loro applicazioni, organizzando studi eincontri che concernono sia il rapporto della collettività con il patrimonio culturale, reso più stretto dallenuove possibilità di fruizione attraverso le tecnologie multimediali, nella ricerca delle cause e nella rilevazionedelle conseguenze di lungo termine dell’evoluzione dei fattori economici e sociali a livello mondiale: popo-lazione, produzione alimentare e industriale, energia e uso delle risorse, impatti ambientali, ecc.

Le origini della Società Italiana per il Progresso delle Scienze si ricollegano al periodo anteriore al nostroRisorgimento politico, allorquando nella nostra penisola, smembrata in sette piccoli Stati, i più eminenti uo-mini di Scienza e di Lettere solevano riunirsi in Congresso. Nel 1839, a Pisa, fu tenuta la prima Riunionedegli scienziati italiani, celebrata dal Giusti, nei noti versi:

Di si nobile congressoSi rallegra con sè stessoTutto l'uman genere.

Ciò che costituì, fin da principio un'importante caratteristica delle Riunioni degli scienziati italiani, fu la largapartecipazione del pubblico colto, a fianco dei più illustri scienziati. E di ciò danno conferma gli Atti delleRiunioni, e le testimonianze degli scrittori, italiani e stranieri del tempo. Oltre a dibattere tematiche a caratterescientifico-tecnico e culturale, la SIPS pubblica e diffonde i volumi degli Atti congressuali e Scienza e Tec-nica, palestra di divulgazione di articoli e scritti inerenti all’uomo tra natura e cultura. Gli articoli, salvo diversi accordi, devono essere contenuti in un testo di non oltre 4 cartelle dattiloscritte suuna sola facciata di circa 30 righe di 80 battute ciascuna, comprensive di eventuali foto, grafici e tabelle.Pos-sono far parte della SIPS persone fisiche e giuridiche (università, istituti, scuole, società, associazioni e, ingenerale, enti) che risiedono in Italia e all’estero, interessate al progresso delle scienze e che si proponganodi favorirne la diffusione (art. 7 dello statuto).

CONSIGLIO DI PRESIDENZAMaurizio Luigi Cumo, presidente; Luigi Berlinguer, vicepresidente; Barbara Martini, amministratore; Enzo Casolino,segretario generale; Mario Alì, Francesco Balsano, Vincenzo Cappelletti, Salvatore Lorusso, Elvidio Lupia Palmieri,Filomena Rocca, Antonio Speranza, Nicola Vittorio, consiglieri; Alfredo Martini, consigliere onorario.Revisori dei conti: Antonello Sanò, Guglielmo Lucentini, Elena Maratea, effettivi; Roberta Stornaiuolo, supplente.

COMITATO SCIENTIFICOMichele Anaclerio, Piero Angela, Mario Barni, Carlo Blasi, Maria Simona Bonavita, Federico Cinquepalmi, Mario Cipolloni, IreneoFerrari, Michele Lanzinger, Waldimaro Fiorentino, Gaetano Frajese, Gianfranco Ghirlanda, Mario Giacovazzo, Giorgio Gruppioni,Nicola Occhiocupo, Gianni Orlandi, Renato Angelo Ricci, Mario Rusconi, Cesare Silvi, Roberto Vacca, Bianca M. Zani.

SOCIPossono far parte della SIPS persone fisiche e giuridiche (università, istituti, scuole, società, associazioni ed in generale, enti) che risiedonoin Italia e all’estero, interessate al progresso delle scienze e che si propongano di favorirne la diffusione (art. 7 dello statuto).

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