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E TECNICA MENSILE DI INFORMAZIONE DELLA SOCIETÀ ITALIANA PER IL PROGRESSO DELLE SCIENZE ANNO LXVI - N. 393 - maggio 2003 - Poste Italiane SpA - Sped. in A.P. 70% - D.C. Roma C C on il termine dissesto idrogeologico si indica- no comunemente soprattutto i fenomeni di instabilità dei versanti e le alluvioni, ossia gli eventi più o meno catastrofici che avvengono sulla superficie terrestre, innescati e quindi collegati all’a- zione delle acque in occasione di eventi meteorici par- ticolarmente intensi. Questo significato del termine in linea con la defi- nizione data dal GNDCI (Gruppo Nazionale Difesa Catastrofi Idrogeologiche) del CNR, secondo cui per dissesto idrogeologico è da intendere qualsiasi disor- dine o situazione di squilibrio che l’acqua produce nel suolo e/o sottosuolo (Gisotti e Benedini, 2000, pag. 26). La legge quadro sulla difesa del suolo (L. 183/1989) inserisce nell’ambito del dissesto idrogeolo- gico, anche i fenomeni di subsidenza indotti dall’uo- mo, le erosioni delle coste e le valanghe. Di rencente, Canuti et alii (2001), con il termine Geo-hydrological hazards comprendono oltre alle frane ed alle alluvioni, anche i fenomeni di inquina- mento delle falde acquifere. Va infine ricordato che, da parte dei geomorfolo- gi, si sconsiglia di usare il termine dissesto idrogeolo- gico per indicare le frane, per le quali si preferisce il termine dissesto geomorfologico, dato che si tratta di fenomeni che modificano la superficie terrestre (Sor- riso Valvo, 2000). Per necessità di chiarezza, in questa mia nota, indico con dissesto idrogeologico, tra gli eventi natu- rali catastrofici, solo le frane e le alluvioni. Ed è di queste calamità che riferirò. 1. Dati storici La letteratura specializzata e non solo è ricca di notizie riguardanti i fenomeni di dissesto idrogeologi- co accaduti nel nostro Paese che, per caratteristiche geologiche, morfologiche e climatiche, particolarmen- te soggetto a questi fenomeni. Di seguito si ricordano le principali fonti di infor- mazione sul dissesto idrogeologico in Italia, ben note agli addetti ai lavori. La prima raccolta sistematica di dati sulla frano- sità si deve ad Almagià (1907 e 1910). L’Autore nelle due memorie riferisce in dettaglio sui fenomeni frano- si accaduti in Italia tra il 1100 e il 1908. Il lavoro contiene interessanti riflessioni, nella parte conclusiva del 2° volume, sulle cause e sulle tipologie delle frane. Nel 1967 il Ministero dei Lavori Pubblici pubbli- ca una rassegna sulle frane attive in Italia. Nel 1957 erano noti 1.957 movimenti franosi con 789 comuni minacciati; nel 1963 il censimento individua 2.685 frane con 1.094 comuni interessati. Dopo l’alluvione dell’Arno (1966) il Governo costituì una commissione, nota come Commissione De Marchi, con il compito di analizzare i problemi relati- vi alla sistemazione idraulica e difesa del suolo. La Commissione concluse i lavori nel 1970 (Commissione Interministeriale, Atti Camera dei Deputati 1970); si prevedeva una spesa di 8.923 miliardi di lire per un trentennio, a fronte di uno stato di dissesto diffuso. Nel 1973 la Tecneco pubblica la carta della distri- buzione delle frane in Italia, in scala 1:2.500.000, in cui si coglie visivamente il grande problema legato a questi fenomeni. Importante è pure il contributo dell’ Ordine Nazionale dei Geologi (1957), che in un vero e proprio libro bianco sulle calamità naturali riferisce sull’in- chiesta promossa presso tutti gli 8.051 comuni italia- ni, per conoscere gli eventuali inconvenienti prodotti dal dissesto idrogeologico. Ben 4.000 comuni lamenta- vano di essere soggetti a frane o ad alluvione. La Geotecneco, per conto del Ministero dell’Agri- coltura e delle Foreste, pubblica nel 1978 una podero- sa opera in 21 volumi titolata “Carta della Monta- gna”. Si tratta di monografie regionali in cui, accanto ad altri argomenti, vengono trattati anche temi relati- vi al dissesto idrogeologico. Nel 1983 l’Istituto per la Protezione Idrogeologica del CNR (Torino) pubblica un voluminoso libro sugli eventi alluvionali e le frane accadute nell’Italia set- tentrionale tra il 1972 e il 1974, da cui si rileva la notevole diffusione di tali fenomeni. Di notevole inte- resse è il contributo di Tropeano e Turconi (1999) sulla valutazione del potenziale detritico in piccoli bacini delle Alpi. Il dissesto idrogeologico in Italia

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E TECNICAMENSILE DI INFORMAZIONE DELLA SOCIETÀ ITALIANA PER IL PROGRESSO DELLE SCIENZE

ANNO LXVI - N. 393 - maggio 2003 - Poste Italiane SpA - Sped. in A.P. 70% - D.C. Roma

CCon il termine dissesto idrogeologico si indica-no comunemente soprattutto i fenomeni diinstabilità dei versanti e le alluvioni, ossia gli

eventi più o meno catastrofici che avvengono sullasuperficie terrestre, innescati e quindi collegati all’a-zione delle acque in occasione di eventi meteorici par-ticolarmente intensi.

Questo significato del termine in linea con la defi-nizione data dal GNDCI (Gruppo Nazionale DifesaCatastrofi Idrogeologiche) del CNR, secondo cui perdissesto idrogeologico è da intendere qualsiasi disor-dine o situazione di squilibrio che l’acqua produce nelsuolo e/o sottosuolo (Gisotti e Benedini, 2000, pag. 26).

La legge quadro sulla difesa del suolo (L.183/1989) inserisce nell’ambito del dissesto idrogeolo-gico, anche i fenomeni di subsidenza indotti dall’uo-mo, le erosioni delle coste e le valanghe.

Di rencente, Canuti et alii (2001), con il termineGeo-hydrological hazards comprendono oltre allefrane ed alle alluvioni, anche i fenomeni di inquina-mento delle falde acquifere.

Va infine ricordato che, da parte dei geomorfolo-gi, si sconsiglia di usare il termine dissesto idrogeolo-gico per indicare le frane, per le quali si preferisce iltermine dissesto geomorfologico, dato che si tratta difenomeni che modificano la superficie terrestre (Sor-riso Valvo, 2000).

Per necessità di chiarezza, in questa mia nota,indico con dissesto idrogeologico, tra gli eventi natu-rali catastrofici, solo le frane e le alluvioni. Ed è diqueste calamità che riferirò.

1. Dati storiciLa letteratura specializzata e non solo è ricca di

notizie riguardanti i fenomeni di dissesto idrogeologi-co accaduti nel nostro Paese che, per caratteristichegeologiche, morfologiche e climatiche, particolarmen-te soggetto a questi fenomeni.

Di seguito si ricordano le principali fonti di infor-mazione sul dissesto idrogeologico in Italia, ben noteagli addetti ai lavori.

La prima raccolta sistematica di dati sulla frano-sità si deve ad Almagià (1907 e 1910). L’Autore nelle

due memorie riferisce in dettaglio sui fenomeni frano-si accaduti in Italia tra il 1100 e il 1908.

Il lavoro contiene interessanti riflessioni, nellaparte conclusiva del 2° volume, sulle cause e sulletipologie delle frane.

Nel 1967 il Ministero dei Lavori Pubblici pubbli-ca una rassegna sulle frane attive in Italia. Nel 1957erano noti 1.957 movimenti franosi con 789 comuniminacciati; nel 1963 il censimento individua 2.685frane con 1.094 comuni interessati.

Dopo l’alluvione dell’Arno (1966) il Governocostituì una commissione, nota come Commissione DeMarchi, con il compito di analizzare i problemi relati-vi alla sistemazione idraulica e difesa del suolo. LaCommissione concluse i lavori nel 1970 (CommissioneInterministeriale, Atti Camera dei Deputati 1970); siprevedeva una spesa di 8.923 miliardi di lire per untrentennio, a fronte di uno stato di dissesto diffuso.

Nel 1973 la Tecnecopubblica la carta della distri-buzione delle frane in Italia, in scala 1:2.500.000, incui si coglie visivamente il grande problema legato aquesti fenomeni.

Importante è pure il contributo dell’ OrdineNazionale dei Geologi(1957), che in un vero e propriolibro bianco sulle calamità naturali riferisce sull’in-chiesta promossa presso tutti gli 8.051 comuni italia-ni, per conoscere gli eventuali inconvenienti prodottidal dissesto idrogeologico. Ben 4.000 comuni lamenta-vano di essere soggetti a frane o ad alluvione.

La Geotecneco, per conto del Ministero dell’Agri-coltura e delle Foreste, pubblica nel 1978 una podero-sa opera in 21 volumi titolata “Carta della Monta-gna”. Si tratta di monografie regionali in cui, accantoad altri argomenti, vengono trattati anche temi relati-vi al dissesto idrogeologico.

Nel 1983 l’Istituto per la Protezione Idrogeologicadel CNR (Torino) pubblica un voluminoso libro suglieventi alluvionali e le frane accadute nell’Italia set-tentrionale tra il 1972 e il 1974, da cui si rileva lanotevole diffusione di tali fenomeni. Di notevole inte-resse è il contributo di Tropeano e Turconi(1999)sulla valutazione del potenziale detritico in piccolibacini delle Alpi.

Il dissesto idrogeologico in Italia

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2 SCIENZA E TECNICA

Si deve a V. Catenacci(1992) una documentata edampia rassegna sul dissesto idrogeologico ed ambien-tale in Italia, dal dopoguerra al 1990. Per quantoriguarda più propriamente il dissesto idrogeologico(frane, alluvioni e trasporti di massa) l’Autore riferi-sce che ben 4.568 territori comunali sono stati interes-sati da questi fenomeni, con 3.488 vittime, tra cui 345per alluvioni (e trasporti di massa), 2.477 per frane e696 per dissesti idrogeologici non meglio specificati(frane ed alluvioni), con un ritmo medio di 6,8 mortial mese. Gli eventi più luttuosi sono quelli del Salerni-tano (1954), Vaiont (1963) e Val di Stava (1985) rispet-tivamente con 297, 1.917 e 269 vittime.

Dal 1970 in poi è da ricordare l’impegno del CNR

che organizza quattro centri di ricerca, gli IRPI (Isti-tuti Ricerca Protezione Idrogeologica) e successiva-mente crea il CNDCI (Gruppo Nazionale Difesa Cata-strofi Idrogeologiche) a cui partecipano unità operati-ve sparse in tutte le regioni italiane. Sono attività bennote nel mondo della ricerca, come ad esempio il Pro-getto AVI e il Progetto SCAI attraverso i quali siottengono informazioni puntuali sul dissesto idrogeo-logico italiano, di cui in varie occasioni riferisconovari ricercatori.

Numerosi sono ad esempio i contributi di Canuti,responsabile della sezione frane del GNDCI, e suoicollaboratori, come si dirà più avanti.

Sempre nell’ambito delle attività del CNR (Guz-zetti, 2000) pubblica unasintesi dettagliata sullefrane accadute tra il1279 e il 1999 in Italia,cause di vittime e danni.Sono ricordate 840 franee 10.000 vittime.

Infine un’ampiadocumentazione sul dis-sesto idrogeologico inItalia è fornita da Gisottie Benedinicon un volu-me specifico pubblicatoin varie edizioni. Quelladel 2000 è completa diinformazioni non soloscientifiche, ma anchestoriche e legislative. Inappendice sono riportatii dissesti idrogeologicipiù importanti accadutiin Italia tra il 1103 e il1999.

Non possiamo con-cludere questa rapida

Tabella dei maggiori eventi calamitosiaccaduti in Italia tra il 1950 e il 2000

POLESINE, 18 novembreCALABRIA e SICILIA

CALABRIA

COSTIERAAMALFITANA

VAIONT

FIRENZE

GENOVA

ANCONA

STAVA

VAL DI POCA

PIEMONTE

SARNO e QUINDICI

SOVERATO

TOSCANA e LIGURIA

ITALIA NORD-OCCIDENTALE

195119511953195419631966197019821985198719941998200020002000

TipologiaA: alluvione • F: frane

AA-FA-FA-FF

A-FAF

A-FA-FA-FA-FAA

A-F

Morti edispersi

100105100319

1.9179635- -

2694070

153122929

170.00065.0003.500

- -- -

20.0001.0003.000

- -19.5002.2261.500

- -1.500

29.000

52 ponti distrutti2.330 case danneggiate4.000 case danneggiate

6 frazioni distrutte

Num. edifici inagibili

10 ponti distrutti

5.000 miliardi di danni

Senzatetto

Note

Cancia (Veneto)17/02/1925341 morti

Stava19/7/1985269 morti

Vaiont9/10/1963

1.917 mortiCostiera amalf.24/10/1910247 morti

Costiera amalf.24/10/1924

237 morti

Costiera amalf.25/10/1954319 morti

Sarno5/05/1998153 morti

Vittime o dispersi10.555 in epoca storica5.939 nel XX secolo (59,4 per anno)2.447 nel dopoguerra (54,3 per anno)

Stanziamenti per rischio di frana33.438 Mld. (1945-1990)743 Mld/anno (0,6 per mille del PIL)

Costo dei dannica. 2.000 Mld/anno(1,5 per mille del PIL)

Centri abitati instabili(L. 445/1908)1.306 dichiarati da consolidare,323 da trasferire (totale 1.629)

Aree a rischio8.000 aree classificate a rischio elevato(R3) o molto elevato (R4) ai sensidella L. 267/1998 (ex DL 180)

Fig. 1 - I numeri delle frane in Italia (da Canuti, Casagli e Tarchi, 2001).

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SCIENZA E TECNICA 3

rassegna storica, senza ricordare l’attività del Servi-zio Geologico della Regione Emilia Romagna, che hapubblicato numerosi lavori sul dissesto idrogeologicodella Regione spesso in collaborazione con ricercatoriuniversitari, e dell’IRPI-CNR di Perugia che ha rea-lizzato una ampia documentazione storica su frane edalluvioni accadute nel secolo scorso in Italia, in parti-colare con il progetto AVI.

2. Il dissesto idrogeologico e la comunità italianaLa breve rassegna storica sopra riportata è suffi-

ciente per testimoniare che i fenomeni calamitosilegati al dissesto idrogeologico in Italia sono assai dif-fusi come del resto ben noto. Questa situazione ha datempo sollecitato l’impegno della società che si è rea-lizzato attraverso l’emanazione di leggi da parte delGoverno e attraverso la ricerca scientifica perseguitasoprattutto da strutture dello Stato (Universià, CNR,Servizio Geologico d’Italia, ecc.).

Nel primo caso possiamo dire che l’impegno delGoverno è stato determinato dall’impatto socio-eco-nomico degli eventi calamitosi, nel secondo caso l’im-pegno della comunità scientifica è stato determinatodal desiderio tipico del ricercatore di conoscere edapprofondire gli argomenti e per fornire un servizioal Paese attraverso i risultati della ricerca.

2a. Impatto socio-economicoUn primo contributo su questo argomento lo si rile-

va dall’esame della tabella “Maggiori eventi accaduti inItalia tra il 1950 e il 2000”, in cui sono riportati gli even-ti calamitosi (frane ed alluvioni) più dannosi accaduti inItalia nella seconda metà del secolo scorso, dal 1950 al2000 (Fonti Catenacci, 1997; Gisotti e Benedini, 2000;Canuti et alii, 2001; Canuti Casagli e Tarchi, 2001).

I numeri delle frane. Canuti, Casagli e Tarchi(2001) hanno presentato il 30 novembre scorso pressola Sala del Cenacolo della Camera dei Deputati a

Roma, in occasione della Giornata distudio sulle Tecnologie per la mitiga-zione del rischio idrogeologico, orga-nizzata dal Comitato Parlamentareper l’Innovazione Tecnologica e loSviluppo Sostenibile, una nota sullenuove tecnologie di allertamentostrumentale per la mitigazione delrischio di frana. Nella nota, gli Auto-ri documentano l’impatto socio-eco-nomico dei fenomeni franosi in Ita-lia, con dati assai significativi, comesi può rilevare dalle figg. 1-3.I dati riferiti assumono particolarerilievo se confrontati in un contestoglobale (Guzzetti, 2000). Si rilevaallora che l’Italia, con una media di59 vittime all’anno per frana nell’ul-timo secolo, risulta al 4° posto nelmondo dopo i Paesi andini, la Cina eil Giappone, con rispettivamente

735, 150 e 130 vittime per anno. A livello di danni, sti-mato 1-2 milardi di Euro all’anno, l’Italia è addirittu-ra al 2° posto assieme all’India e USA, dietro il Giap-pone, con un rapporto danni/PIL di 1,5 per mille.

I numeri delle alluvioni . Ricercatori dell’IRPI,CNR di Perugia, ed in particolare Guzzetti(2002) eGuzzetti e Pasuto(2002) hanno riferito sul dissestoidrogeologico in Italia durante il secolo scorso. Dalleloro relazioni si hanno informazioni sia sulle frane,sia sulle alluvioni.

Riferisco di seguito i dati relativi alle alluvioni.Dal 1900 al 1998 sono stati registrati 23.426 eventi

alluvionali che hanno colpito 12.991 località, con una

SOMMARIO

Il dissesto idrogeologico in Italia pag. 1

Monitoraggio continuo informatizzatodella concentrazione volumetricadei gas inquinanti nei blocchi operatori » 10

Progetto Europa » 12

Scienza ed Innovazione nel Mezzogiornodall’Unità d’Italia ad oggi » 12

Giornata nazionale delle fonti rinnovabili:impianti aperti ai cittadini » 12

L’ANIMI e il Mezzogiorno. Un secolodi storia e di immagine » 13

Nuova tecnica di imaging per colonscopia » 13

Unità ospedaliere mobili » 13

Consiglio di presidenzadella SIPS dell’11/4/2003 » 13

Chimica ed ecologia. Un rapporto controverso » 15

Il mobbing » 16

Per

cent

uale

■ Numero di eventi■ Morti o dispersi

Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago Set Ott Nov Dic

Fig. 2 - Distribuzione dei fenomeni franosi in Italia, dal 1410 al 1999, durante imesi dell’anno (da Canuti, Casagli e Tarchi, 2001).

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4 SCIENZA E TECNICA

frequenza molto diversificata nello spazio (fig. 4).La documentazione del Progetto AVI raccolta e

fornita dall’IRPI-CNR di Perugia contiene inoltre, perogni regione, le località colpite dalle inondazioni.

La fig. 5, tratta dall’archivio AVI (B19), illustra laconsistenza delle informazioni; si osserva che la mag-gior parte delle inondazioni sono note per il secoloscorso, soprattutto a partire dagli anni ‘50. Ciò ovvia-mente non significa che tali fenomeni sono aumentati,ma solo che se ne hanno conoscenza storica in rap-porto all’aumentato sviluppo antropico sul territorioe delle fonti di informazione.

È indubbio, per quanto detto, che il dissesto idro-geologico costituisce un problema sociale di notevoleimportanza. Da qui l’azione dei Governi che si sono

succeduti nel nostro Paese sin dall’Unità d’Italia, conleggi, iniziative e finanziamenti. Per una rassegnasulla legislazione, rimando a Gisotti e Benedini(2000).

C’è da tenere conto che dopo il trasferimento alleRegioni, tra il 1970 e il 1977, di funzioni amministra-tive, si sono succedute anche leggi regionali sulla dife-sa del suolo. Il quadro legislativo è quindi assai com-plesso.

Ricordo solo, tra le innumerevoli leggi e norme,la legge n. 2248 del 20 marzo 1865, che contiene leprime norme sulla difesa del suolo; la legge 183/1989titolata “Norme per il riassetto organizzativo funzio-nale del suolo” ed infine il D.L. 180/1998, convertitoin legge n. 267/1998, emanato dopo i disastri diSarno e Quindici.

2b. Impatto con la comu-nità scientifica

Il dissesto idrogeo-logico ha richiamato inItalia l’interesse dellacomunità scientifica,come si evince dainumerosi gruppi diricerca che operanonelle Università, neicentri di ricerca delCNR all’uopo costituiti(IRPI, Istituto di Ricer-ca per la ProtezioneIdrogeologica), nel Ser-vizio Geologico Nazio-nale, in alcuni ServiziGeologici Regionali.

L’attività di ricercaè ben documentata dainnumerevoli pubblica-

10.000

1.000

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Fig. 3 - Distribuzione dei fenomeni franosi nelle varie regioni dal 1410 al 1999 (da Canuti, Casagli e Tarchi, 2001).

180

160

140

120

100

80

60

40

20

0

1 10 100 1.000 10.000

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di in

onda

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Numero di siti

1900-199812.991 siti

23.426 eventi

Fig. 4 - Frequenza degli eventi alluvionali in Italia (da Guazzetti 2002, modif.).

■ Nord Italia■ Centro Italia■ Sud Italia

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SCIENZA E TECNICA 5

zioni, dai numerosi congressi e convegni sull’argo-mento, dai risultati dei progetti CNR, curati dalGruppo Nazionale Difesa Catastrofi Idrogeologiche(GNDCI).

Significativa al riguardo è la rassegna sullabibliografia delle frane in Italia, curata da Guida etalii (1979), in cui sono riportate le pubblicazioniapparse dal 1900 al 1978. L’Accademia Nazionale deiLincei ha dedicato vari convegni ai temi della difesadel suolo tra cui ricordo quelli del 1968, 1971 e 2001.

Così pure il Gruppo Nazionale dei Geologi Appli-cati, successivamente confluiti nell’AIGA (Associazio-ne Italiana di Geologia Applicata e Ambientale) si èreso promotore di convegni sull’argomento, dal 1991al 1998.

Nell’ambito del GNDCI del CNR si sono avutinumerosi incontri sul tema della difesa del suolo dal1984 in poi; il gruppo inoltre ha varato i progettiSCAI e AVI. La banca dati AVI documenta 23.600eventi franosi e 23.426 eventi alluvionali accaduti nelsecolo scorso; dei 8.103 comuni, 4.528 (55%) lamentafenomeni franosi e 4.200 (52%) le alluvioni.

Non sono da dimenticare i numerosi congressiorganizzati dall’Ordine Nazionale dei Geologi, bendieci dal 1984 in poi.

Così pure va ricordata l’attività dei ricercatoridel Servizio Geologico d’Italiaper fornire linee guidaper la catalogazione dei fenomeni franosi, per la reda-zione di carte di pericolosità.

Recentemente è stato varato il progetto IFFI(Inventario Fenomeni Franosi in Italia) per la realiz-zazione di un sistema informativo alla scala 1:25.000relativo a 200.000 fenomeni franosi (Amanti, 2001).

Meritoria, infine, è stata l’attività del ServizioGeologico della Regione Emilia e Romagna, che ha

realizzato numerosepubblicazioni e car-tografie specialisti-che sul problemadel dissesto idrogeo-logico.Sono pure da ricor-dare i numerosicontributi di ricer-ca, con memorie enote sparse, deiricercatori degliIRPI del CNR(Torino, Perugia,Cosenza) e delle 40unità operative cheoperano nell’ambitodel GNDCI per lostudio delle frane.Per la RegioneLazio è bene ricor-dare il valido con-tributo nella valuta-zione del rischio di

frana da parte di Prestininzi (2000). Mentre per laCampania, una documentazione importante sul disse-sto idrogeologico è quella di Vallario (1998), autorepure del volume “Frane e Territorio” (1992).

Queste sintetiche notizie sono sufficienti per com-prendere lo sforzo e l’impegno con cui la comunitàscientifica ha affrontato l’annoso problema del disse-sto idrogeologico. Grazie a questa attività oggi abbia-mo acquisito conoscenze approfondite sull’argomentoe siamo più preparati a comprendere, prevedere equindi prevenire gli effetti degli eventi catastrofici.

3. Considerazioni conclusiveQuesta rapida rassegna sul dissesto idrogeologico

in Italia, certamente incompleta, è comunque suffi-ciente per testimoniare il grave problema degli eventicalamitosi, per quanto riguarda la salvaguardia sia dibeni sia della pubblica incolumità. Le numerose ricer-che, l’esperienza del passato, i dati raccolti consento-no oggi di affrontare il problema della difesa dai dis-sesti idrogeologici, con nuovi approcci rispetto al pas-sato. È ormai da tutti accettato il concetto che lamigliore difesa dagli eventi calamitosi è la previsioneper la prevenzione dei loro effetti. Si dice: bisognacorrere davanti alle calamità naturali, non dietro.Significa, questa considerazione, che è opportuno farprevalere progetti e programmi di prevenzione aquelli di bonifica e consolidamento.

Se in teoria tutti, anche politici ed amministrato-ri, sono d’accordo su questo concetto, in pratica siinveste ancora molto di più nel risanamento.

Per dare concretezza a questa mia breve nota aifini della salvaguardia dagli eventi catastrofici, ripor-to di seguito alcune considerazioni che tengono conto

Fig. 5 - Consistenza attuale dell’archivio AVI (IRPI, Perugina), con circa 7.500 records distribuiti in modouniforme nel tempo.

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6 SCIENZA E TECNICA

delle conoscenze acquisite dalla ricerca scientifica suquesto argomento.

Impor tanza della indagine storica. È ormai accer-tato da parte della comunità scientifica che le notiziestoriche sono molto utili ai fini della previsione dellearee soggette a frane ed alluvioni. Le frane di nuovagenerazione sono assai rare, non superano qualchepunto percentuale rispetto a quelle che si riattivano.Nella Regione Emilia e Romagna sono meno dell’1%del numero totale di frane accadute dal 1950 alla finedel secolo (Canuti et alii, 1998). Da qui la grande uti-lità della ricerca storica (si veda ad es. Del Prete etalii , 1991), come di recente anche confermato che idissesti tendono a ripetersi di volta in volta negli stes-si luoghi e con le stesse modalità. Rilevano comunquela differenza tra fenomeni ad evoluzione lenta e feno-meni ad evoluzione rapida. I primi si riattivano ingenere nella stessa posizione, i secondi in posizionediversa pur interessando gli stessi versanti e gli stessimateriali rocciosi.

I modelli matematici. La messa a punto di unostrumento predittivo che a partire da un ragionevolenumero di misure e dati ci permetta di prevedere ilcomportamento di un sistema allorquando le condi-zioni cambino è attualmente la nuova frontiera dellaricerca applicata. La matematica, mediante la costru-zione di modelli, è lo strumento potente che ci rendeagevole l’utilizzo delle leggi della natura e dei datiricavabili dalla sua osservazione diretta.

Negli ultimi anni, grazie all’enorme sviluppo dellepotenzialità di calcolo elettronico, è stato possibilesimulare il comportamento di molti fenomeni naturalicon tecniche e calcoli numerici sempre più precisi. Lamodellazione matematica, l’analisi e il calcolo nume-rico sono pertanto diventati strumenti necessari edindispensabili per poter studiare le cause e l’evoluzio-ne di un fenomeno naturale.

Gli esempi di applicazione sono innumerevoli,dallo studio dell’evoluzione di un versante al compor-tamento sismico di un deposito naturale, dalla previ-sione di una piena fluviale alla diffusione stazionariadi un inquinante in un acquifero.

Formulare modelli della realtà non è però suffi-ciente per ottenere indicazioni su come intervenire.Infatti dal modello matematico, costituito da insiemidi equazioni, differenziali e non, occorre ricavare ildato numerico con il quale confrontare il dato speri-mentale misurato in laboratorio o in situ. Ben pochevolte nel caso di fenomenologie complesse si hanno adisposizione soluzioni analitiche. Diventa quindi fon-damentale l’utilizzo di tecniche numeriche che con-sentano l’utilizzo del computer come potente ausilio.

Con questa ottica risulta evidente la necessità dipossedere una ragionevole dimestichezza con i piùimportanti strumenti matematici e numerici.

Un altro aspetto molto importante è costituito dalconcetto di esperimento numerico e di laboratorionumerico-virtuale. Quando si eseguono delle misure o

delle simulazioni in laboratorio si introducono inevi-tabilmente delle perturbazioni più o meno importantidel sistema reale. L’esperimento numerico, ovviamen-te, non presenta questo inconveniente. Di contro,però, non esiste alcuna garanzia che l’esperimentonumerico che stiamo svolgendo contenga tutti gli ele-menti della realtà che stiamo osservando. Pertantol’integrazione dei due metodi, quello sperimentale equello matematico-numerico, può fornire delle indi-cazioni realmente utili alle nostre indagini.

I fenomeni naturali possono essere classificaticome sistemi dinamici più o meno complessi, e cometali la loro interpretazione si basa su modelli matema-tici e numerici atti a modellare un sistema dinamico.Le analisi numeriche attualmente più utilizzateriguardano soprattutto il metodo delle differenze fini-te, agli elementi finiti, agli elementi distinti e ad auto-mi cellulari.

Numerosissime sono le applicazioni softwaredisponibili e su di esse occorre avere un controllototale per evitare che il risultato finale sia non con-gruente con la realtà.

L’importanza di tali metodologie appare più evi-dente soprattutto in chiave di controllo e previsionedell’evoluzione di un dato fenomeno; basti pensareche è quasi possibile prevedere il tempo di collasso diun determinato fenomeno franoso, il tempo di realiz-zazione di una piena, valutare le diverse intensità dimovimento in punti differenti di una stessa frana, ecc.L’importanza di ciò si riflette soprattutto in chiave diprotezione civile, in quanto con tali strumenti è possi-bile realmente operare in termini di previsione e pre-venzione.

I modelli matematici, con l’introduzione di nume-ri nelle indagini geologiche, rispondono anche ad unaesigenza professionale da non sottovalutare. Comefece ben rilevare Ippolito (1978, pag. 307) nella rela-zione “La geologia nella Difesa del Suolo” tenuta pro-prio a Genova in occasione del II Congresso Naziona-le di Studi sui problemi della Geologia Applicata (set-tembre 1971), i geologi non devono limitarsi a darepareri generici, ma assumersi le loro responsabilità,se vogliono stabilire una corretta collaborazione congli ingegneri. In altri termini il geologo deve giungeread una sua verità e tale verità trasfondere nell’animodell’ingegnere, ricordando, come scriveva MauriceLugeonnel 1928, che un geologo che parla al condizio-nale, che cerca di mettersi al sicuro non ha niente dafare in un ambiente di persone concrete come quellodegli ingegneri.

Il monitoraggio . Le tecniche di monitoraggiodegli eventi naturali vanno sempre più sviluppandosie perfezionando. Così, nell’ambito delle frane, è statointrodotto il controllo dei movimenti in profonditàanche mediante la messa a punto di un inclinometroautomatizzato, che registra in continuo e autonoma-mente i movimenti, da parte del CNR-IRPI di Torino(Lollino et alii, 2002). I dati raccolti vengono inviati

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automaticamente agli addetti al controllo, tramitemodem telefonico o satellitare. Possono così tenersisotto controllo la velocità e l’accelerazione dei movi-menti e allertare così la popolazione in caso di perico-lo imminente. Nella nota di Lollino et alii (2002) vienetra l’altro documentata una buona correlazione tramovimenti di profondità e piovosità.

Per quanto riguarda i movimenti superficiali, letradizionali misure topografiche vengono sempre piùsostituite con tecniche più moderne. Così, ad esempio,l’interferometria radar satellitare va ormai diffon-dendosi per la efficacia e l’accuratezza con cui posso-no rilevarsi gli spostamenti superficiali nel periodocompreso tra due osservazioni, con previsioni ormaielevate (da centimetriche a millimetriche). Questatecnica però ha dei limiti per le frane che si attivanolungo i versanti ripidi che sfuggono all’osservazioneda satellite. Va comunque perfezionandosi la interfe-rometria radar con sensori a terra (sitema LISA delJRC), che consente di misurare spostamenti di ver-santi in frana in rapida evoluzione (Canuti, Casagli,Tarchi, 2001).

Ulteriori informazioni sulle moderne tecniche dimonitoraggio possono ricavarsi consultando i contri-buti presentati da vari ricercatori in occasione del

Convegno dell ’AccademiaNazionale dei Lincei, Roma 5giugno 2001 (Il dissesto idro-geologico: inventario e pro-spettive).

A mio avviso, il monitorag-gio geologico, avrebbe grandipossibilità di successo, se con-trollato anche da una capillarepresenza di geologi sul territo-rio. È il concetto del medicocondotto che opera per il con-trollo della salute pubblica. Ilgeologo condotto che vive conil territorio, ne conosce ognicomportamento in caso dieventi meteorici critici, diventail controllore privilegiato deifenomeni calamitosi ed è ingrado di allertare al meglio lepopolazioni a rischio.

Ogni Comune, o consorziodi piccoli comuni, dovrebbedotarsi di un geologo, magaricon il co-finanziamento delleRegioni. Verrebbe così a realiz-zarsi la partecipazione respon-sabile delle amministrazionilocali, vere utilizzatrici del ter-ritorio, per la difesa del suolo,come suggerito da Benvenuti(1960, si veda Geotecneco,1978, vol. 1, pag. 203).

Il contributo della ricer cageologica. Credo sia pleonastico ormai affermarel’importanza della ricerca geologica ai fini della pre-visione delle calamità naturali fin qui considerate,frane ed alluvioni in particolare. Voglio solo ricorda-re che fenomeni di instabilità di grandi dimensioni,derivanti dalla evoluzione di lenti movimenti sugrandi estensioni, sono stati bene studiati soprattuttoa partire dal 1980 in poi. Mi riferisco alle Deforma-zioni Gravitative Profonde di Versanti (DGPV), cosìdiffuse nel nostro Paese ed evidenziate con specifichericerche di vari gruppi di ricercatori italiani. Unadocumentazione di questa attività di ricerca, condot-ta dal Gruppo informale DGPV del CNR, sintetica-mente riportata nel volume curato da Crescenti, Dra-mis, Prestininzi, Sorriso Valvo(1994). Questi grandifenomeni legati all’evoluzione geodinamica dei nostriterritori, sono da tenere bene in considerazione inuna prospettiva futura di pianificazione del territo-rio, come hanno messo bene in evidenza i numerosi epregevoli contributi di Guerricchio (2000 con biblio-grafia).

C’è da osservare che la conoscenza geologica delterritorio, se non sviluppata in un contesto applicati-vo, non ha incisività nei confronti della previsione dei

Riepilogo schematico del percorso da seguireper la valutazione del rischio da frana

Fig. 6 - Proposta di percorso per la valutazione del rischio di frana (da Crescenti 1198).

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fenomeni calamitosi. Mi riferisco in particolare al pro-getto CARG che, varato in Italia da oltre un decennioper realizzare la nuova cartografia geologica di base,non ha prodotto ricadute sul territorio in chiave diprevenzione. È necessario che il progetto sia completa-to con cartografie tematiche di facile utilizzo.

A proposito di cartografia tematica desidero sot-tolineare come essa sia importante se rivolta non soloagli addetti ai lavori, ma sia facilmente fruibile daesperti di pianificazione del territorio, da ammini-stratori e politici. Il mondo accademico spesso non sipone questo problema e realizza documenti che, siapure nel rispetto del rigore scientifico, non sono disemplice ed immediato utilizzo da parte di altri. Unesempio per meglio chiarire il concetto.

Nella valutazione del rischio di frana si adottanotermini definiti dalla letteratura specializzata inter-nazionale (si veda Canuti e Casagli, 1994). Si può cosìnotare che il termine pericolositàcorrisponde allaprobabilità di accadimento di un evento franoso dideterminata intensità in un certo intervallo di tempo.Ho già espresso le mie perplessità (Crescenti, 1998)sulla opportunità di una tale definizione, soprattuttoperché tra i non addetti ai lavori il termine pericolo-sità è istintivamente collegato al pericolo effettivo, chenon deriva solo dalla probabilità di accadimento diun fenomeno franoso, ma anche dalla sua intensità.Non è facile da comprendere che, come avviene con laprecedente definizione, si possono realizzare carte dipericolosità per vari tipi di frana, a chi non ha dimi-stichezza con le frane. Per questo ho proposto unadiversa definizione di pericolositàche tiene conto siadella probabilità di accadimento di un fenomeno fra-noso sia della relativa intensità. Il percorso per lavalutazione del rischio di frana è sintetizzato nella fig.6. Con questo percorso le carte di pericolosità costi-tuiscono il documento essenziale per la pianificazionedel territorio, e cioè per il suo sviluppo futuro, inquanto indicano chiaramente, in unico documento, ilpericolo più o meno effettivo. Le carte di rischio con-servano la loro efficacia come documento per lagestione dell’attuale, e quindi sono rivolte al presente.

Il buon senso. Termino questa nota, con un invito

al buon senso per quanti operano nel complessomondo della difesa delle catastrofi idrogeologiche.Anche in questo caso credo che questo invito puòmeglio esplicitarsi con un esempio.

Il 12 dicembre 1982, lungo il versante adriaticomarchigiano che da Ancona conduce a Falconara, siverficò un grandioso fenomeno franoso che coinvolsela litoranea tra queste due città per oltre 1.700 metri,ed il retrostante versante del Montagnolo per circa1.100 metri. Furono irrimediabilmente danneggiatidue ospedali, la facoltà di Medicina della Universitàdi Ancona, 800 abitazioni che coinvolsero circa 3.000famiglie; danni alla rete viaria e ferroviaria e allestrutture di servizio (metanodotto, acquedotto). Ebbimodo di occuparmi del fenomeno, con un programmadi ricerca finanziato dal CNR, che impegnò oltre 40ricercatori, con il coordinamento di una Commissionedi esperti. I risultati delle ricerche furono pubblicatiin varie occasioni; ricordo solo Crescenti et alii(1983)e Autori Vari (1985).

La frana di Ancona risultò inequivocabilmentecorrispondere ad un fenomeno molto antico, profon-do, di tipo roto-traslativo, riattivatosi nel 1982. Lecause legate alle caratteristiche geologiche e morfolo-giche del versante, alla sua storia geologica, allasismicità, ai caratteri climatici, non consigliavanointerventi massicci per il consolidamento del versante.

La fig. 7 sintetizza le caratteristiche peculiaridella frana. C’è da ricordare che dati successivi testi-moniarono la presenza, nell’ambito della trincea indi-cata con T2, di depositi continentali e lacustri dellospessore di oltre 50 metri. Questa trincea, che docu-menta lo sprofondamento di questa porzione di ver-sante, per accogliere tale spessore di materiali è evi-dentemente stata attiva per varie migliaia di anni,almeno 4-5 mila anni. Inoltre, la sismicità dell’areaanconetana, con componenti trasformi, è stata certa-mente parte attiva nella evoluzione del versante.

Di fronte a questa situazione, la Commissione delCNR (R. Cassinis, U. Crescenti, M. Cunietti, F. Esu, A.Praturlon), concluse i lavori raccomandando leAmministrazioni di non utilizzare più l’area a finiurbanistici per lo sviluppo edilizio della città e di pro-

cedere a interventi dibonifica superficialipoco costosi (Autorivari, 1986).

Successivamenteperò, numerose altreindagini furono com-missionate dal leA m m i n i s t r a z i o n ilocali; furono avviatiprogetti e programmidi consolidamentocon importi di qual-che migliaio di miliar-di di lire.

Fig. 7 - Profilo del versante del Montagnolo e caratteristiche geometriche della frana di Anconadel dicembre 1982. La successione scarpata-trincea (S1T1, S2T2) è mascherata dalla coltre franosasuperficiale in corrispondenza della frana Barducci (Autori Vari 1986, pag. 145).

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Allora il buon senso: si può fermare una franamillenaria, con periodi di ritorno secolari, legataanche alla sismicità locale? Ma, si è detto, in Italiaprevalgono programmi di intervento di consolida-mento a quelli di prevenzione, ben più efficaci mamolto meno onerosi.

Uberto CrescentiDip. di Scienze della Terra

Università “G. d’Annunzio”, Chieti

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LL e caratteristiche cliniche dell’aria in unacamera operatoria sono prevalentementecorrelate all’impianto di ventilazione in

essa presente ed al conseguente numero di ricambid’aria nell’ambiente.

I fenomeni di eventuale inquinamento si evi-denziano mediante il monitoraggio della concentra-zione dei gas anestetici volatili. L’impiego di questicomposti, peraltro assolutamente necessario in unacamera operatoria, ma tale da determinare effetti ditossicità sull’uomo, comporta infatti un potenzialeinquinamento ambientale con conseguente esposi-zione professionale degli operatori sanitari, inquina-mento che deve essere controllato al fine di rispetta-re i limiti consigliati dai competenti organismi,nazionali ed internazionali.

Il monitoraggio dell’inquinamento da gas ane-stetici in un complesso operatorio (sale operatorie,locali di preanestesia/risveglio e servizi) ha quindicome scopo principale quello di assicurare la prote-zione del personale che vi lavora, in quanto la pre-senza più o meno accentuata di gas anestetici nel-l’aria delle sale operatorie costituisce per gli opera-tori interessati un fattore di rischio non trascurabile.Sebbene infatti manchi un riscontro epidemiologicooggettivo sui danni che tali gas provocano nell’or-ganismo umano, evidenze sperimentali in vivo edati soggettivi raccolti fra gli esposti rendononecessaria ed imperativa una corretta prevenzionebasata anzitutto sulla misura del fattore di rischioovvero sui rilievi sperimentali della loro concentra-zione volumetrica nell’aria dei locali interessati. Lavasta letteratura scientifica in proposito ha segnala-to negli ultimi quindici anni, anche se in manieranon univoca, numerose ricerche che hanno eviden-ziato nelle persone esposte casi di epatopatia, diaborti, di alterazioni ematologiche, oltre che dimodificazioni neurologiche centrali e periferiche. Sitratta di un argomento ancora discusso in camposcientifico, soprattutto grazie alla carenza di rilievisperimentali attendibili sulla entità della effettivaesposizione nel tempo del personale sanitario.

L’obiettivo quindi prefissatoci con la realizza-zione degli impianti oggetto della presente nota ed isuccessivi rilievi sperimentali è la individuazionedel pericolo di esposizione del personale a concen-

trazioni oltre i limiti cautelativamente previsti dallanormativa vigente (che in seguito vedremo), utiliz-zando un’apparecchiatura in grado di effettuare rile-vazioni in continuo della concentrazione dei gasanestetici nei diversi locali, mediante prelevamentodi campioni a notevole distanza e per lunghi periodidi tempo, senza alcun intervento degli operatoriinteressati.

In base a tali considerazioni per la prima voltanella storia della sanità ospedaliera laziale sono statirealizzati nei primi mesi dell’anno 2002 due impian-ti di monitoraggio continuo 24h/24 della concentra-zione dei gas anestetici (protossido di azoto, sevora-no, isofluorano, ossido di etilene, etc.) in camereoperatorie e relative sale risveglio dei Presidi ospe-dalieri di una fra le più importati Aziende ospedalie-re di Roma. In ciascuno di tali impianti i campionidi aria potenzialmente inquinata, aspirati, per ognicamera operatoria, da due punti interni alla sala e daun punto della zona preparazione-risveglio, sonoconvogliati per la misura, attraverso una rete ditubazioni in materiale inerte ai gas e non assorbente,ad un campionatore multipoint con monitor analiz-zatore, che, sfruttando il metodo universalmentericonosciuto dalla gascromatografia, è capace dianalizzare una serie innumerevole di gas. La suddet-ta rete di tubazioni collega le prese situate in prossi-mità delle zone a rischio con il campionatore multi-point: i risultati della elaborazione effettuata da talestrumento, comandato da un particolare softwaregestionale, sono inviati via modem, unitamente airelativi diagrammi temporali, ad una stazione cen-trale di controllo, le cui segnalazioni di eventualianomalie, ovvero di superamento delle concentra-zioni volumetriche ambientali ammesse per i diversigas, servono ad attivare gli interventi operativamen-te necessari per la eliminazione delle perdite causadelle suddette concentrazioni anomale.

La già citata normativa di riferimento, seppuread osservanza non obbligatoria ovvero a rispettovolontario, è costituita da: - Circolare del Ministero della Sanità, n. 5 del14/3/1989.- Linee guida ISPESL sugli standard di sicurezza edigiene ambientale nei reparti operatòrii (gennaio1999).

Monitoraggio continuo informatizzatodella concentrazione volumetrica

dei gas inquinanti nei blocchi operatori

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SCIENZA E TECNICA 11

- Circolare dell’attuale Ministero della Salute, data-ta 16/7/2002 ed avente per titolo anch’essa “Lineeguida sugli standard di sicurezza ed igiene ambien-tale del reparto operatorio”.

Di tali norme specifiche in materia di sicurezzaed alla luce degli ultimi sviluppi tecnologici del set-tore si è tenuto conto nella realizzazione degliimpianti in oggetto, proponendo sistemi modulariche possono monitorare dal singolo punto all’interocomplesso, per periodi di tempo superiori alle 40ore lavorative settimanali. Tali sistemi inoltre archi-viano continuamente, con una capacità di più di seimesi, i dati analizzati su supporto magnetico, con-sentendone peraltro la registrazione su floppy diske/o su carta, sia in forma alfanumerica che grafica.

Inoltre si è posta particolare attenzione nellaconsiderazione di alcuni aspetti specifici di talisistemi, fra cui: la necessità di monitorare ambientiin modo non invasivo ovvero senza alcun interventoumano; la eterogeneità dei gas potenzialmente pre-senti; l’eventuale adeguamento futuro dei diversicomplessi operatòrii monitorati; la eventuale, possi-bile necessità di effettuare analisi in altri reparti tipolaboratori, reparti di anatomia patologica, locali disterilizzazione etc. con lo stesso strumento, il chepone in primo piano l’importanza della portatilitàdello stesso.

I rilievi sperimentali di misurazione delle con-centrazioni volumetriche dei diversi gas sono previ-sti in automatico, con la relativa misura del “fondo”prima e dopo la seduta operatoria, con la possibilitàdel calcolo dei volumi/ora di ricambio aria, oltreche con l’allarme acustico e visivo delle situazionidi superamento delle diverse soglie stabilite.

La principale fra tali grandezze, i cui valori limi-te sono considerati nella normativa di riferimento, èquella universalmente definita come TLV-TWA(Treshold Limit Values) = media pesata nel tempodella concentrazione volumetrica di un gas anesteti-co, calcolata in base a misure consecutive effettuatesulle convenzionali otto ore giornaliere lavorative osulle quaranta ore settimanali, nella situazione diripetibilità lavorativa ordinaria. Per essa i valori diriferimento sono, con riguardo ai principali gas ane-stetici impiegati: - protossido di azoto = 100 ppm*per camere operatorie non ristrutturate; 50 ppm percamere operatorie ristrutturate; - gas alogenati: alo-tano = 50 ppm; sevofluorano = 75 ppm.

In un semestre di funzionamento, successivo almontaggio e messa a punto degli impianti di monito-

raggio in oggetto, oltre ad una cospicua perdita diprotossido di azoto in una sala risveglio, perditaprontamente eliminata e causata da un giunto difetto-so presente nella tubazione di adduzione del relativogas anestetico, si sono evidenziati diversi punti inte-ressanti rilevabili solo con un controllo continuodelle concentrazioni di gas inquinanti (con conse-guente possibilità di tempestiva correzione dellasituazione anomala) e non certo con un monitoraggiofatto, nel migliore dei casi, con frequenza annuale.

I punti interessanti che il sistema ha evidenziatosono stati: presenza di inquinamento notturno daperdite di impianto; presenza di inquinamentodovuto a difetti dell’apparecchio di anestesia; pre-senza di inquinamento dovuto alla tecnica di aneste-sia; presenza di inquinamento dovuto a difetti del-l’impianto di ventilazione ambientale (addiritturanel caso di due sale operatorie difetti consistentinella totale assenza dell’impianto di “ripresa” del-l’aria ambiente!!); presenza di inquinamento dovutoa caricamento vaporizzatori; attività operatoriesvolte con le porte di intercomunicazione conambienti limitrofi aperte; riduzione dei ricambi d’a-ria dovuto al posizionamento delle apparecchiature.

Come esempio dei risultati conseguibili in con-tinuo con tale tipo di impianti sono stati effettuatialcuni rilievi sperimentali, nel mese di giugno 2002,inerenti alla concentrazione di protossido di azotoN2O ed anestetici alogenati in diverse camere ope-ratorie e relative sale risveglio di uno dei due Presi-di ospedalieri interessati. Il software di gestionepreposto al governo dei due campionatori multi-point impiegati nei due impianti realizzati, consentela realizzazione di un sistema che può essere utiliz-zato in rete o in teleassistenza, e organizza i valorimisurati dal monitor, evidenziando il valore intempo reale, il TLV-TWA ed il valore massimodella concentrazione di ogni gas in ogni punto, siain forma tabellare che grafica, consentendo in talmodo di raggiungere 24h/24 gli obiettivi di cono-scenza della situazione presente nelle sale operato-rie dal punto di vista inquinamento, dal punto divista impiantistico ed anche (nota dolente per unaparte del personale sanitario con alle spalle invete-rate abitudini comportamentali non corrette!!) dalpunto di vista gestionale, come dimostrano quelli danoi precedentemente definiti “punti interessanti”evidenziati degli impianti realizzati.

Roberto Evangelisti, Domenico GalloFranco Pacilio e Giuseppe Zelli

Azienda Ospedaliera RM/C - Roma* ppm = parti per milione

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12 SCIENZA E TECNICA

Progetto Europa NOTIZIARIO

II l recente conflitto accaduto in Iraq, ha visto, in variamisura, numerosi protagonisti della scienza interna-zionale, dall’Onu al Vaticano, dagli Usa e loro allea-

ti, da altri Stati contrari.Senza dubbio l’anello debole -anche se non il solo- è

stato rappresentato certamente dall’Europa comunitaria,che non ha saputo esprimere una posizione comune, maqualora l’avesse fatto, sarebbe stata la somma di opinioninazionali ed anch’esse prodotto di contrasti e compro-messi.

Ecco quindi il discorso che si pone, alla ricerca diuna vera entità sovranazionale, la quale non può prescin-dere da una reale unificazione, di cui l’euro ed alcunenorme comunitarie, non sono che una sola prima nonesaustiva, anche se significativa, premessa.

Ed allora vediamo qual è la strada da percorrere, dif-ficile, anzi difficilissima, forse non sostituibile, ondemarciare spediti verso una soluzione ottimale.

Intanto stiliamo una definizione: Stati uniti d’Europa(il riferimento a quelli americani non è casuale). Massi-me autorità politiche: un Presidente della Repubblica(abolendo quella di Presidente del Consiglio) a cui spettail compito di formare il Governo; un Parlamento unicovotato ed eletto con il sistema proporzionale, a cui èdemandata la formazione delle leggi generali. Ogni Statopoi avrà ampi poteri, compreso il giudiziario, con elezio-ni parimenti proporzionali, diretto da un governatore e dauna Camera rappresentativa. Infine Regioni e Comuni(con sparizione delle Province).

Certamente la politica estera e di difesa sarà federa-le, mentre gli altri settori saranno giustamente divisi percompetenze. Nelle scuole unificate di ogni ordine egrado, si dovranno studiare obbligatoriamente -oltre lematerie generali e specifiche- tre lingue: l’inglese, lanazionale e la locale. Le Forze armate dovranno essereunificate e formate da professionisti volontari. Le Forzedell’ordine diversificate nei compiti e nelle strutture inambito federale, nazionale, regionale e comunale.

Come si può facilmente evincere, siamo al cospettodi una vera rivoluzione democratica, incompatibile congli attuali assetti istituzionali e costituzionali, compresele esistenti monarchie regnanti. Proprio uno, se non ilmaggiore, caso difficile è ad esempio la Gran Bretagna,che ha una casa reale di antica tradizione, legami giuridi-ci con i Paesi del Commonwealth ed ancora una monetadifferenziata, pesi e misure e guida stradale.

D’altro canto temiamo che altre teorie riduttive ecompromissorie, possano ottenere effetti non solo parzia-li, ergo poco razionali e producenti, ma addirittura peg-giorare l’odierno assetto nazionale, almeno forte di unaconsolidata esperienza. Insomma per dirla chiara o si faveramente l’Europa o è meglio rimanere autonomi: ter-tium non datur!

Fulvio Roccatano

Scienza ed Innovazione nel Mezzogiornodall’Unità d’Italia ad oggi

La Società Italiana per il Progresso delle Scienze (SIPS)e l’Accademia Nazionale delle Scienze detta dei XL, incollaborazione con l’Associazione Nazionale per gli Inte-ressi del Mezzogiorno d’Italia (A.N.I.M.I.) ed il Centrodi Ricerca Guido Dorso, stanno organizzando una mani-festazione di particolare interesse culturale incentrata sultema: “Scienza ed Innovazione nel Mezzogiorno dall’U-nità d’Italia ad oggi”, il convegno si svolgerà sotto l’AltoPatronato del Presidente della Repubblica, presso l’Audi-torium del Palazzo “V. Hugo” di Avellino, nei giorni 28-29 novembre 2003.Tra gli obiettivi dei quattro Enti promotori rientra ancheil proposito di dare giusto spazio e dovuto risalto alla sto-ria della ricerca scientifica -fondamentale, orientata, fina-lizzata, applicata- per lo sviluppo del Mezzogiorno d’Ita-lia dal 1860, attraverso l’illustrazione delle personalitàche vi si sono dedicate nei vari campi della scienza.Nell’incontro, ad Avellino, si dovrebbe in tal modo pre-disporre la composizione di temi e di un repertoriodegli uomini di studio e di ricerca del Mezzogiorno d’I-talia dall’Unità in poi.I soci ed i lettori di questa pubblicazione sono vivamen-te pregati di segnalare alla SIPS in questa fase prepara-toria, mediante appunti, schede biografiche, o semplicicitazioni, le illustri personalità che negli studi e nell’in-segnamento, attraverso scoperte, invenzioni ed applica-zioni, ed anche nella formazione di centri di pensiero edi azione, hanno operato nel proprio territorio, contri-buendo al generale avanzamento delle conoscenze ed alcivile progresso delle comunità meridionali.Il volume degli Atti congressuali menzionerà quanti,persone ed Enti, avranno collaborato all’iniziativa.Scienza ed Innovazione nel Mezzogiorno dall’Unità d’I-talia ad oggisarà anche il tema della LXVII Riunionedella SIPS.

Giornata nazionale dellefonti rinnovabili:impianti aperti ai cittadini

ISES Italia, Sezione dell’International Solar EnergySociety, ha promosso la III edizione della “Giornatanazionale delle fonti rinnovabili: impianti aperti ai cit-tadini” che si è svolto sabato 17 e domenica 18 c.m.In queste due giornate sono stati aperti al pubblico intutta Italia oltre 30 impianti e centrali per la produzionedi energia da fonti energetiche rinnovabili: centrali eoli-che, impianti solari termici e fotovoltaici, a biomasse,idroelettrici e geotermici.

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SCIENZA E TECNICA 13

L’ANIMI e il Mezzogiorno.Un secolo di storia e diimmagini

Martedì 6 maggio 2003,nell’ambito della “V settimanadella cultura - anno 2003”, pressol’aula n. 10 dell’Università degliStudi “La Sapienza” (ex casermaSani, Roma), è stato presentato ilCD-Rom: L’ANIMI e ilmezzogiorno. Un secolo di storia edi immagini. Ne hanno parlato:Gerardo Bianco, Luigi LombardiSatriani, Simone Misiani, LeonardoMusci e Guido Pescosolido.Il saluto del Ministro è statoportato da Francesco Sicilia,direttore generale dell’UfficioCentrale per i Beni librari e gliIstituti culturali del Ministero per iBeni e le Attività Culturali.

Nuova tecnica di imagingper colonscopia

Una nuova tecnica per la diagnosidel cancro al colon ha vinto aLondra il premio Amersham HealthAward organizzato da MedicalFutures per la migliore innovazionein campo diagnostico.Il sistema Voxar Colonscreen -sviluppato dalla società scozzeseVoxar - consente di effettuare una

“colonscopia virtuale” per scoprireeventuali tumori in modo menoinvasivo e senza bisogno disedativi. Colonscreen è unavanzato programma software pertomografia computerizzata, che dàai medici la possibilità divisualizzare rapidamente le

immagini cliniche 3D ad altarisoluzione ottenute mediantescansione dell’intestino, in mododa individuare eventuali polipi,tumori e formazioni pre-maligne. Ilprogramma è pure in grado divisualizzare sullo schermo di unnormale PC le immagini 3Dottenute con la risonanzamagnetica. La nuova tecnologiaviene utilizzata dall’azienda neisuoi prodotti Voxar Colonscreen ePlug and View 3D, ma viene anchefornita ai principali fabbricanti dicomponenti originali per sistemi diimaging per uso medicale.Fondata a Edimburgo nel 1995,Voxar è una delle società leader almondo nella visualizzazione 3Ddelle immagini per uso clinico.

Unità ospedaliere mobili

Per ridurre i costi e le liste d’attesadei ricoveri ospedalieri, la dittaVanguard Healthcare Solutions hapresentato una soluzione mobilecompleta di sala operatoria, repartoper anestesia, reparto post-operatorio e corsia con 8 letti.«Le nostre sale operatorie mobilisono in grado di soddisfareun’esigenza critica del ServizioSanitario Nazionale, ossia fornireuna capacità aggiuntiva agliospedali, dove le attese perun’operazione chirurgica sonospesso prolungate», spiega GaryKing, amministratore delegato.Con queste unità mobili sono giàstati effettuati oltre 4.000interventi, in genere in condizionidi anestesia generale: interventi dichirurgia generale, ortopedia,ginecologia, urologia eotorinolaringoiatria. È attualmentein realizzazione una flotta di salemobili per dialisi. Le unitàvengono trasportate presso gliospedali o i centri medici a bordodi veicoli a pianale ribassato;giunte a destinazione siautoposizionano grazie a specialisupporti idraulici. I lati della corsiae la sala operatoria si apronoall’esterno e si connettono tra loro

con un sistema idraulico, creandouna zona chiusa per il trasferimentodei pazienti. Basta circa un’ora permontare un reparto di chirurgia pertrattamenti in day hospital; lacollocazione può avvenire in unparcheggio o in altro spazio idoneoin prossimità dei padiglioniospedalieri. Nel Regno Unito laditta fornisce al Servizio SanitarioNazionale un servizio completo dipersonale infermieristico conesperienza in sala operatoria.

Consiglio di presidenzadella SIPSdell’11 aprile 2003

Il Consiglio di presidenza dellaSocietà Italiana per il Progressodelle Scienze tiene la sua sedutal’11 aprile 2003, presso l’Universitàdegli Studi di Roma “La Sapienza”,Palazzo Baleani, per discutere edeliberare sul seguente odg: 1)comunicazioni della Presidenza;2) tema, sede e data della LXVIIRiunione della SIPS; 3) esame edapprovazione dei bilanci“consuntivo 2002” e “preventivo2003”; 4) varie ed eventuali.Alla seduta presieduta dalpresidente Maurizio Cumo,partecipano: i vicepresidentiSalvatore Lorusso, CarmineMarinucci, Michele Marotta; iconsiglieri Enzo Casolino, FerruccioDe Stefano, Bianca M. Zani;l’amministratore Alfredo Martini; ilsegretario generale Rocco Capasso;i revisori dei conti Salvatore Guettae Antonello Sanò.Il presidente Cumo riferisce che laSIPS e l’Accademia Nazionale delleScienze detta dei XL, incollaborazione con l’A.N.I.M.I.(Associazione Nazionale per gliInteressi del Mezzogiorno d’Italia)

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14 SCIENZA E TECNICA

ed il Centro di Ricerca “GuidoDorso” intenderebbero organizzare,nei giorni 28 e 29 novembre 2003,ad Avellino, un’iniziativa diparticolare interesse culturaleincentrata su “Scienza eInnovazione nel Mezzogiornodall’Unità d’Italia ad oggi”. A talfine – prosegue il presidente – èstata avanzata al Ministero per iBeni e le Attività Culturali unarichiesta di contributo straordinariodi diecimila euro per fare fronte allespese di viaggio e soggiorno deirelatori, nonché per coffee break ecatering per 150 persone. Alpredetto Ministero sono stati ancheindicati alcuni nomi di potenzialirelatori.Il segretario generale Capassopropone di svolgere nel quadro deilavori anche la LXVII Riunione el’assemblea generale dei soci dellaSIPS programmando una tavolarotonda sulla tematica congressuale.Segue una serrata ed esaustivadiscussione cui partecipano tutti ipresenti sia in ordine ai costicongressuali e sia alla tavolarotonda (comunicazioni preordinatedi 10-15’ e interventi estemporanei).Dagli interventi emerge unsostanziale apprezzamento per iltema e la sede.Il Consiglio approva la proposta.Il vicepresidente Marotta suggerisceper le prossime tornate congressualitemi come “Scienza e conflitti”,“Società multiculturale, multietnicae globalizzazione”.L’amministratore Alfredo Martinisvolge la relazione relativa al contoconsuntivo 2002 rilevando “entrate”per e 60.439,71 ed “uscite” pere 52.043,88, nonché un attivopatrimoniale e finanziario die 239.130,17.I revisori dei conti Salvatore Guettae Antonello Sanò svolgono, poi, larelazione sulla gestioneamministrativa realtiva al periodo1/1-31/12 2002.L’amministratore illustra, quindi, ilbilancio preventivo 2003. Precisache le “spese” di e 67.692,00coincidono con le “entrate” inquanto sono stati inscritti ipotenziali contributi di cui alle

tabelle triennali 2003-2005,analoghi a quelli pervenutinell’esercizio 2002.Il Consiglio di presidenza approvaall’unanimità, uno dopo l’altro, ilconto consuntivo 2002 ed il bilanciopreventivo 2003.Il vicepresidente CarmineMarinucci riferisce al Consiglio inordine al convegno “Chimica edecologia. Un rapporto controverso”ed al Sito Internetwww.scienzaetecnica.info dellaSIPS, da lui realizzato perdiffondere le iniziative: a) DNA: iprossimi 50 anni, nell’ambito della

XIII settimana della culturascientifica e tecnologica, perun’interazione fra i ricercatori;b) Prima edizione 2003-2004 delPremio “Per un vero diritto alla vita:la genetica e le frontiere dellamedicina”, promosso dalla SIPS edalla SIGU (Società ItalianaGenetica Umana).Salvatore Lorusso dà notizia dellaproposta del consocio Gallotti ditenere una giornata di studio sui“beni culturali”, con particolareriguardo ai tessuti antichi che aBiella ha trovato molti consensi daparte del Politecnico di Torino con il

SINTESI DEL CONTO CONSUNTIVO

DELLA SOCIETÀ ITALIANA PER IL PROGRESSO DELLE SCIENZE

DELL’ESERCIZIO 2002

Il conto consuntivo della Società Italiana per il Progresso delle Scienze

(SIPS) relativo al periodo 1/1 - 31/12/2002 è stato dai sottoscritti

riscontrato conforme alle scritture contabili, regolarmente aggiornate e

documentate.

Il rendiconto finanziario è il seguente:

Fondo cassa al 31/12/2001 e 112.449,42

Riscossioni e 33.435,40

Pagamenti e 50.519,76

Fondo cassa al 31/12/2002 E 95.365,06

Residui attivi e 27.004,31

E 122.369,37

Residui passivi e 1.524,72

Avanzo di amministrazione E 120.844,65

La situazione patrimoniale risulta:

Attività patrimoniali e 126.638,90

Passività patrimoniali e 8.353,38

Attivo netto patrimoniale e 118.285,52

Attivo netto finanziario e 120.844,65

Attivo netto patrimoniale e finanziario E 239.130,17

Ritenendo esatte le risultanze del conto consuntivo 2002i sottoscritti

revisori dei conti si associano al Consiglio di presidenza della SIPS nel

proporlo all’Assemblea generale dei soci per l’approvazione definitiva.

Salvatore Guetta Rodolfo Panarella Antonello Sanò

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SCIENZA E TECNICA 15

suo corso triennale di laurea inTecnologie tessili, dell’ITIS “Q.Sella”, dell’AICT - AssociazioneItaliana di Chimica Tessile –,dell’Unione Industriali e dellaFondazione Cassa di Risparmio diBiella.Il presidente Cumo propone alConsiglio di presidenza di daremandato al segretario generale dellaSIPS di mantenere i contatti conBiella e di proporre come data diattuazione del convegno un giornodel II trimestre del 2004, stanteanche l’impegno della Società diconcorrere all’organizzazione delconvegno “Networkeconomy:interfacce. Industria - ricerca -formazione”, da tenersi a Brescianei giorni 10 e 11 ottobre prossimo.Il Consiglio approva, infine, leproposte dei vicepresidentiMarinucci e Lorusso.

Chimica ed ecologia.Un rapporto controverso

Nel secondo centenario dellanascita di Justus von Liebig (1803-1873), l’Istituto della EnciclopediaItaliana, la Società Italiana per ilProgresso delle Scienze (SIPS) e laFondazione Luigi Micheletti hannoorganizzato un’ampia riflessionefra storici della scienza e scienziaticon il convegno “Chimica edecologia. Un rapportocontroverso”.Dopo i saluti inaugurali di SandroPetruccioli (direttore di Storia dellaScienzaTreccani), di Pier PaoloPoggio (direttore della FondazioneLuigi Micheletti e Consigliere dellaSIPS), sono stati svolti i seguentiinterventi: Luigi Cerruti Justus vonLiebig: una vita per la chimica;Antonio Di Meo Il modello Liebigdi fare scienza e l’Italia; NicolettaNicolini Liebig e la rivoluzioneagraria; Giorgio Nebbia Liebigmerceologo; Ottilia De MarcoLiebig divulgatore; Sergio Carrà Ilcontributo della chimica allosviluppo scientifico e al progressosocio-economico.Il convegno si è svolto lunedì 12

SINTESI DEL BILANCIO DI PREVISIONE DELLA SOCIETÀ ITALIANAPER IL PROGRESSO DELLE SCIENZE (SIPS) PERL’ESERCIZIO 2003

Il bilancio di previsione della Società Italiana per il Progresso delleScienze (SIPS) per l’esercizio 2003, analogamnete a quello dell’anno 2002,fa affidamento sulle erogazioni ministeriali (Beni Attività Culturali e MIUR)di cui alle tabelle per il triennio 2003-2005. Ciò posto, si dà un cennoillustrativo dell’elaborato e degli stanziamenti in esso inscritti.

ENTRATE

Le ENTRATE inscritte al Titolo Icomprendono:Ctg. I “entrate ordinarie” e 58.646,00Ctg. II “entrate straordinarie” e 5.164,00

Previsione ENTRATE (Titolo I): ee 63.810,00

ENTRATE per movimentodi capitali (Titolo II): p. m.

ENTRATE per partite di giro(Titolo III): e 3.882,00

TOTALE ENTRATE ee 67.692,00

USCITE

Al Titolo I sono inscritte le SPESE, suddivise nelle seguenti categorie:Ctg. I spese “ordinarie”:

- spese generali e 8.632,00- spese per una unitàimpiegatizia e 19.850,00

- spese per il raggiungimentodegli scopi sociali, stampae diffusione pubblicazioni e 20.166,00

Totale Ctg. I ee 48.648,00

Ctg. II spese “straordinarie”:- spese organizzazioneLVII Riunione e 12.064,00

- spese impreviste e 1.032,00Totale Ctg. II ee 13.096,00

Ctg. III fondo integrazionestanziamenti e 2.066,00

Totale Ctg. III ee 2.066,00

PREVISIONE SPESE (Titolo I) ee 63.810,00

USCITE per movimentodi capitali (Titolo II): p. m.

USCITE per partite di giro (Titolo III): e 3.882,00

TOTALE USCITE ee 67.692,00

Alfredo Martini Maurizio Cumoamministratore presidente

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LA SOCIETÀ ITALIANA PER IL PROGRESSO DELLE SCIENZE (SIPS) - sorta nel 1839 ed eretta in ente morale con R.D.15 ottobre 1908, n. DXX (G.U. del 9 gennaio 1909, n. 6), iscritta al n. 253 del Registro delle persone giuridiche - «ha per scopo di promuovere il progresso, lacoordinazione e la diffusione delle scienze e delle loro applicazioni e di favorire i rapporti e la collaborazione fra i cultori di esse».In passato l’attività istituzionale è stata regolata dagli statuti approvati con: R.D. 29 ottobre 1908, n. DXXII (G.U. 12 gennaio 1909, n. 8); R.D. 11 maggio 1931, n.640 (G.U. 17 giugno 1931, n. 138); R.D. 16 ottobre 1934-XII, n. 2206 (G.U. 28 gennaio 1935, n. 23); D.Lgt. 26 aprile 1946, n. 457 (G.U. - edizione speciale - 10giugno 1946, n. 1339).Lo statuto vigente è stato approvato con D.P.R. 18 giugno 1974, n. 434 (G.U. 20 settembre 1974, n. 245).Fedele allo spirito delle sue finalità, la Società adegua la sua opera culturale nel Paese secondo alcune direttrici che rispondono anche a precise esigenze deitempi nuovi, e cioè: a) organizzare incontri multidisciplinari per la discussione di problemi tecnico-scientifici che incidono più fortemente sugli interessi socio-economici ed educativi; b) collegare il mondo della cultura e della ricerca scientifica al mondo degli operatori tecnici ed economici; c) informare e sensibilizzareai problemi scientifici, strati sempre più vasti della pubblica opinione del Paese; d) pubblicare e diffondere gli ATTI delle riunioni generali e il proprio periodicoSCIENZE E TECNICA.La Società fonda la propria azione sulla compartecipazione delle varie competenze culturali ispirate a quei determinati centri di interesse che caratterizzano inmodo attuale i problemi e le tematiche della società contemporanea.Può essere socio chiunque ami le scienze, ne desideri il progresso e si proponga di curarne la diffusione.

SCIENZA E TECNICAmensile a carattere politico-culturalee scientifico-tecnico

Dir. resp.: Rocco Capasso

Reg. Trib. Roma, n. 613/90 del 22-10-1990 (già nn. 4026 dell’8-7-1954 e 13119 del 12-12-1969). Direzione,redazione ed amministrazione: Società Italiana per il Progresso delle Scienze (SIPS)Viale dell’Università, 11 -00185 Roma ● tel/fax 06.4451628 • 06.4440515 • 340.3096234 ● sito web: www.sipsinfo.it - e-mail:[email protected] ● Cod. Fisc.02968990586 ● C/C Post.33577008 ● Banca di Roma● Filiale 153 C/C05501636,CAB 03371.2, ABI 3002-3 - Università di Roma «La Sapienza», Ple A. Moro, 5 - 00185 Roma.Stampa: Tipografia Mura - Via Palestro, 28/a - tel./fax 06.44.41.142 - 06.44.52.394 - e-mail: [email protected]

u.s. presso la Sala Igeadell’Istituto dell’EnciclopediaItaliana e si è concluso con unatavola rotonda.

Il mobbing

Porta questo titolo un interessantestudio di Emma De Luise, medicodel lavoro, autrice di numerosepubblicazioni e direttore di unità

operative di prevenzione nelS.S.N.Il mobbing– consistente inattacchi sistematici, abusi,oltraggi e soprusi esercitati dalmobber(superiore gerarchico ocolleghi) contro un lavoratoreisolato (il mobbizzato)divenuto, per svariate ragioni,indesiderato – ha assuntodimensioni davveropreoccupanti.Sono circa dodici milioni inEuropa e un milione e mezzo inItalia i lavoratori colpiti infabbrica o in azienda dal“terrorismo psicologico”(calunnie, mortificazioni,dequalificazioni, isolamento,etc.) esercitato da colleghi,superiori e datori di lavoro.Recenti studi clinici hanno

infatti dimostrato che sistematicicomportamenti persecutori attuatisul luogo di lavoro causano seridanni alla salute psico-fisica dellavittima.Tuttavia, la difficoltà nell’attualetutela legislativa è riuscire a provarel’esistenza di una connessione tramobbinge insorgenza dellamalattia.Il volume - formato 15x21 cm, 128pp. e 14,00 - affrontando un tema

di grande attualità, analizza leorigini e gli aspetti sociali delmobbinged effettua una puntualericognizione dei relativi disegni dilegge attualmente al vaglioparlamentare. Particolareattenzione, inoltre, è rivoltaall’importante ruolo di tutela dellavoratore affidato in questi casi alsindacato, ai rappresentanti per lasicurezza, ai medici aziendalie delleA.S.L., in funzione di poliziagiudiziaria.