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La storia del dissesto idrogeologico è un problema antico per l’Italia. Ed è proprio la storia che mette in risalto come i fenomeni si ripetano in determinate aree, più sensibili ed esposte.

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La storia del dissesto idrogeologico è un problema antico per l’Italia. Ed è proprio la storia che mette in risalto come i fenomeni

si ripetano in determinate aree, più sensibili ed esposte.

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L’IDROGEOLOGIAL’idrogeologia, a cui il termine “idrogeologico” si riferisce, è quella disciplina

delle scienze geologiche che studia le acque sotterranee, anche in rapporto alle acque superficiali. Nell’accezione comune, i termini dissesto idrogeologico e rischio idrogeologico vengono usati per definire i fenomeni e i danni reali o potenziali causati dalle acque in generale, siano esse superficiali, in forma

liquida o solida, o sotterranee. Le manifestazioni più tipiche di fenomeni idrogeologici sono costituite

principalmente dalle frane e dalle alluvioni, seguite da erosioni costiere, subsidenze e valanghe.

Il rischio idrogeologico è fortemente condizionato anche dall’azione dell’uomo.

Per proteggere in modo efficiente la vita dei cittadini e l’integrità delle infrastrutture, occorre prevedere gli eventi possibili in un’area,

individuando quali potrebbero essere i danni e le attività da porre in essere prima, durante e dopo un’emergenza: proprio per questo motivo le attività

di previsione e prevenzione hanno acquisito maggiore rilievo rispetto a quanto avveniva in passato.

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FranePer frana si intende il “movimento di una massa di

roccia, terra o detrito lungo un versante”. Le cause che predispongono e determinano questi

processi di destabilizzazione sono molteplici, complesse e spesso combinate tra loro. Oltre alla quantità d’acqua, oppure di neve caduta, anche il disboscamento e gli incendi sono causa di frane:

nei pendii boscati, infatti, le radici degli alberi consolidano il terreno e assorbono l’acqua in

eccesso.I territori alpini ed appenninici del Paese, ma anche quelli costieri, sono generalmente esposti a rischio

di movimenti franosi, a causa della natura delle rocce e della pendenza, che possono conferire al

versante una certa instabilità. Inoltre, le caratteristiche climatiche e la distribuzione

annuale delle precipitazioni contribuiscono ad aumentare la vulnerabilità del territorio.

Anche l’azione dell’uomo sul territorio può provocare eventi franosi. L’intensa trasformazione

dei territori operata dalle attività umane spesso senza criterio e rispetto dell’ambiente (costruzione di edifici o strade ai piedi di un pendio o a mezza

costa, di piste da sci,ecc.) può causare un cedimento del terreno.

Gambatesa (CB)

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CONDIZIONI DI PERICOLOSITA’Le frane presentano condizioni di pericolosità diverse a

seconda della massa e della velocità del corpo di frana: esistono, infatti, dissesti franosi a bassa pericolosità poiché

sono caratterizzati da una massa ridotta e da velocità costante e ridotta su lunghi periodi; altri dissesti, invece, presentano una pericolosità più alta poiché aumentano repentinamente di velocità e sono caratterizzati da una

massa cospicua. Ai fini della prevenzione, un problema di non semplice

risoluzione è quello di definire i precursori e le soglie, intese sia come quantità di pioggia in grado di innescare il

movimento franoso che come spostamenti/deformazioni del terreno, superati i quali si potrebbe avere il collasso

delle masse instabili.

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Nel solo 2012 le frane censite all’interno dell’Annuario dei dati ambientali Ispra 2013 sono state in Italia circa 487.000, interessando un’area pari al 6,9% del territorio

italiano. La popolazione esposta a fenomeni franosi ammonta così a 987.650 abitanti, ed è stato inoltre stimato che le persone esposte ad alluvioni sono

6.153.860: ossia, circa un cittadino su dieci.

In Italia, il consumo di suolo ammonta, in media, a 7 m2 al secondo per oltre 50 anni; oggi il consumo di suolo raggiunge gli 8 m2 al secondo. In pratica, ogni 5 mesi viene

cementificata una superficie pari a quella del Comune di Napoli e ogni anno una superficie pari alla somma di quelle dei Comuni di Milano e Firenze.

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La media nazionale è di circa 5 aree franose per 100 km quadrati, ma alcune

regioni presentano dati molto più allarmanti; la maggior densità di frane si ha in Basilicata con oltre 27 aree franose per 100 km quadrati, poi segue il Molise

con 12, l'Emilia Romagna con 11 e la Calabria con 9. Anche la Campania è in situazione di pericolo, infatti circa il 24%

del territorio è a rischio.

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Come è avvenuto anche in altre zone della penisola, in Molise, non essendoci lo spazio

necessario per l’agricoltura, l’uomo ha abbattuto un gran numero di alberi per ricavare campi e pascoli: con il tempo

quindi il paesaggio si è trasformato e la regione è diventata aspra, anche se sul

territorio non si trovano cime molto elevate e rocciose, come invece in Abruzzo.

Per tutti questi motivi il territorio del Molise è costantemente esposto al rischio delle

frane.Di fronte ai rilievi appenninici, prevedendo verso il mare, si estende la zona collinare,

con rilievi dolci e tondeggianti che arrivano fino quasi alla costa. Anche in questa

fascia il terreno è argilloso, facilmente soggetto

all’erosione e alle frane.

IL MOLISE

Frana di Covatta

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IL PROGETTO IFFI (Inventario dei fenomeni franosi in Italia) promosso e finanziato dal Dipartimento Difesa del Suolo del Ministero

dell'Ambiente, costituisce il primo inventario omogeneo e aggiornato dei fenomeni franosi sull'intero territorio nazionale ed ha l'obiettivo di favorire la più ampia diffusione e fruizione delle informazioni alle amministrazioni

locali, agli enti di ricerca e ai tecnici operanti nel settore della progettazione e della pianificazione territoriale. Anche per il territorio

molisano, quindi, è possibile consultare una mappa recante informazioni dettagliate sui fenomeni franosi.

Il Progetto IFFI ha lo scopo di:

• fornire un quadro completo ed aggiornato sulla distribuzione dei fenomeni franosi sull'intero territorio nazionale secondo procedure standardizzate;

• realizzare un Sistema Informativo Territoriale Nazionale contenente tutti i dati sulle frane censite in Italia;

• offrire uno strumento conoscitivo di base per la valutazione della pericolosità e del rischio da frana, per la programmazione degli interventi

di difesa del suolo e per la pianificazione territoriale. • Il Progetto IFFI, ad oggi, ha censito 485.004 frane sull’intero territorio

nazionale. L'inventario dei fenomeni franosi rappresenta, per dimensioni, qualità, omogeneità del dato e copertura del territorio, un utile strumento conoscitivo per la valutazione della pericolosità da frana e, più in generale,

come supporto alle decisioni da operare in ambito territoriale.

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Tipo di movimento franoso indicato al I livello

In base allo studio effettuato nell’ambito del progetto iffi sul territorio molisano, è emerso che la maggior parte dei fenomeni franosi cartografati rientra nella categoria dei

colamenti e degli scorrimenti sia rotazionale che traslativi. Molti fenomeni risultano complessi e del tipo scorrimento-colata tra cui la frana di Covatta che nel 1996 sbarrò

completamente l’alveo del fiume Biferno.

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La media nazionale è di circa 5 aree franose per 100 km quadrati, ma alcune regioni presentano dati molto più allarmanti; la maggior densità di frane si ha in Basilicata con oltre 27 aree franose per 100 km quadrati, poi segue il Molise con 12, l'Emilia Romagna con 11 e la Calabria con 9. Anche la Campania è in

situazione di pericolo, infatti circa il 24% del territorio è a rischio.Come si evince anche dalla tabella, i fenomeni franosi sui circa 4400 km2 del

territorio molisano, ammontano a circa 22000 occupando 500 km2, ossia circa l’11% del territorio dell’intera regione.

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Trivento Comune della prov. di Campobasso (73,3 km2 con 5028 ab. nel 2008, detti Triventini). Il centro è situato a 599 m

s.l.m., su un colle alla destra del fiume Trigno.

Sorge sul luogo dell’antica Terventum, nel territorio dei Pentri. Del municipio romano, subentrato a un precedente

insediamento sannitico, rimangono scarsi resti di strutture murarie, mentre numerosi sono le iscrizioni, i frammenti

venerdì 16 gennaio 2009Frana a Trivento, tre case inagibili

TRIVENTO – Tre case inagibili ed altre che rischiano di fare la stessa fine. E’ la situazione verificatasi nel centro trignino a causa di una frana che interessa contrada Vivara. Il tutto è diventato preoccupante nella

mattinata di ieri quando il fango ha cominciato a distruggere quello che si trovava di fronte. Erano da poco passate le nove quando ha invaso due abitazioni situate sul tratto di strada che collega Trivento a

Roccavivara. In una delle case abitano anziani. In pochi minuti si sono visti distruggere i sacrifici di una vita. Così come è accaduto anche agli altri abitanti della seconda casa, quella evacuata nel pomeriggio. “Ci fa star male questo che sta succedendo- hanno dichiarato le vittime della frana - il fango si è portato via il letto e il resto dei mobili che si trovavano nell’abitazione. Ora non sappiamo dove andare”. Gli evacuati

dovrebbero essere ospitati a casa di loro familiari fino a quando non verrà trovata una soluzione alternativa. Sul posto, per tentare di arginare i danni, si sono recati gli operatori della Protezione civile e

una pattuglia di vigili del fuoco. Nel frattempo la frana non si è arrestata. La sede stradale continua a salire di ora in ora provocando molta disperazione tra coloro che potrebbero perdere la loro abitazione. Per

fortuna non ci sono feriti.

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Utilizzando le informazioni contenute nella banca dati del Progetto IFFI, il livello di attenzione delle frane è stato

definito:- molto elevato quando le geometrie puntuali, poligonali e

lineari del livello frane intersecano il tessuto urbano continuo e discontinuo, le aree industriali e commerciali.- elevato, relativamente ad intersezioni con la rete autostradale, ferroviaria e stradale, le aree estrattive,

discariche e cantieri;- medio, per superfici agricole, territori boscati e ambienti semi naturali, aree verdi urbane e aree sportive e ricreative;- trascurabile, per i comuni nei quali non è stata censita

alcuna frana.

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La realizzazione del geodatabase per i dissesti nel territorio di Trivento

Nonostante l’assenza di una veria e propria stereoscopia, necessaria per individuare le forme del dissesto si è proceduto alla digitalizzazione in ambiente QGIS e con Web Map Service BingAerial ad alta risoluzione delle aree in erosione senza classificarle.

Inoltre, abbiamo esportato il layer poligoni delle aree in erosione in formato KML per la successiva importazione in Google Earth per una più efficace visualizzazione dei fenomeni.

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Le aree in erosione in una schermata di Google Earth

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Ci sono varie opere di prevenzione.Movimenti di terra: le operazioni sul pendio prevedono il disgaggio di blocchi instabili,la riprofilatura del pendio con riduzione della pendenza mediante la realizzazione di gradonature, la riduzione dei carichi in testa, l'incremento di

carichi al piede.Opere di sostegno: gabbionate, muri di sostegno, paratie,palificate e terre

rinforzate.Mitigazione dei danni: consolidamento di edifici che sono o possono essere interessati dalla frana, demolizione di edifici pericolanti, delocalizzazioni e

istallazione di sistemi di sorveglianza e allarme del movimento franoso.Drenaggio: canalette per la regimazione delle acque superficiali, dreni

suborizzontali, trincee drenanti, pozzi drenanti, gallerie drenanti.Opere di protezione: reti paramassi, rivestimento del pendio mediante spritz-

beton, rilevati paramassi, trincee paramassi, gallerie paramassi, barriere paramassi.

Sistemazioni idraulico-forestali: inerbimenti, rimboschimenti, disboscamento selettivo, opere di Ingegneria Naturalistica per la stabilizzazione superficiale del

versante, briglie o soglie per la stabilizzaione degli impluvi e la riduzione del trasporto solido, difese di sponda.

Opere di rinforzo: chiodature, bullonature e tirantature su pareti rocciose, imbracature di blocchi instabili, iniezioni di miscele cementizie, resine, jet

grouting, reticoli di micropali, trattamenti termici, chimici e elettrici.

Le opere di prevenzione