Sciamani
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Lo Sciamano e il suo doppio, che ha preso vita come Congresso e adesso come Atti dello stesso
sotto l’impulso e la guida della Prof.ssa Carla Corradi Musi presenta al di là del corpus di
ricerche innovative e di grande interesse scientifico anche una novità nell’impostazione: una
perfetta sintonia interdisciplinare, realizzata non solo con la partecipazione di studiosi di aree
diverse che comunque si riconoscono nell’ambito delle scienze umanistiche, bensì
coraggiosamente aperto anche alle empiriche, fra le quali almeno come radice metodologica
possiamo annoverare anche la Medicina, ed in particolare la Tossicologia.
Il Convegno su "Lo Sciamano e il suo Doppio" ha visto i contributi di esperti qualificati sia per la
trattazione che per l'impostazione programmatica del tema, fra i quali ricordiamo il Prof.
Hoppal, Direttore del centro Internazionale Studi sullo Sciamanesimo, il Prof. Amedeo Di
Francesco, Direttore del centro Internazionale di Ungarologia presso l'Università di Studi
Orientali di Napoli, il Prof. Leonardo Montecchi, voce autorevole della psichiatria, collaboratore
dell'Istituto Superiore di Sanità; perno dell'iniziativa il Laboratorio permanente di Studi
Sciamanici diretto e coordinato dalla Prof.ssa Carla Corradi Musi coadiuvata da Colleghi e
giovani ex allievi del Dipartimento di Lingue della nostra Università, presentato dal Prof.
Formisano.
Il testo riflette alcuni punti essenziali emersi dai lavori del Convegno, attorno all'idea centrale
del mito e sue influenze nell'Eurasia preistorica, e dello sciamanesimo come sistema integrato
di credenze piuttosto che come fenomeno religioso a sé stante come nella primitiva
impostazione di Eliade, peraltro per alcuni versi funzionale alla nascita di attenzione. I temi
centrali, come poco sopra anticipato, sono così identificabili:
il carattere di interdisciplinarietà necessario per cogliere appieno una realtà complessa come lo
sciamanesimo
il profondo legame con la Natura, tanto profondo da attivare idee e comportamenti di vera e
propria Ecologia;
l'importanza della collettività (sia dei vivi che degli antenati che degli elementi della Natura);
il concetto che l'importanza del singolo non è legata alla sua personalità (il senso del Sé della
posizione ego-centrata) ma alla posizione che occupa nel Mondo (posizione relativistica);
l'interesse degli studiosi di Letteratura per il linguaggio e i temi narrativi che rimandano alle più
profonde radici popolari.
I temi sono messi in evidenza dalla relazione di apertura della Prof.ssa Corradi Musi, alla quale
segue l'intervento del Prof. Hoppel, dove si pone in risalto la necessità di verificare di persona e
di studiare sul campo e realisticamente le tradizioni sciamaniche, con l'ausilio di traduttori
madrelingua. Quindi il Prof. Di Francesco apre l'orizzonte letterario sul sottofondo popolare che
pone notevoli problemi dal punto di vista della corretta interpretazione dal punto di vista
linguistico. La Dott.ssa Rosgnoi affascina sul lato notturno della parte segreta e mistica dei
tratti popolari nei testi magici, soprattutto quelli legati agli eventi astronomici e quindi al
misterico, mentre la Dott.ssa Loikala mostra come dal punto di vista linguistico tutto si sciolga
nella musa poetica di colori nordici all'estremo Nord europeo, ponendo l'accento
sull'importanza per lo sciamano della parola, elemento magico e sacro, che lo connota nella
sua società anche come figura di sapere. Il tema del viaggio a questo punto dell'anima
dell'iniziato viene tratatto dalla Dott.ssa Capacchi che affronta il tema del doppio, mentre la
Dott.ssa Ceccarelli rimanda alle sfumature interiorizzate, quasi nascoste nelle pieghe del
paesaggio slavo.
Lo sciamanesimo muove assieme alle comunità umane, quindi, e la Dott.ssa Barchetti
studiando da un punto di vista linguistico le comunità amerinde del Nord (Lakota) può
dimostrare la continuità fra gli elementi tradizionali locali con quelli di matrice ugrofinnica. In
effetti lo sciamanesimo è il "modo" che sottostà alle varie manifestazioni del "come" attraverso
l'evolversi plastico delle società umane, adattandosi e fornendo loro linfa vitale, ovvero la vita
dell'Anima. Il fare Anima viene visto dalla Dott.ssa Speltini osservando i riti di passaggio e le
società umane, alla luce dell'importanza della collettività intesa sia come modalità associativa
che come categoria dello Spirito.
Il Prof. Montecchi conclude i lavori ponendo l'attenzione su emergenti segnali di
comportamento integrato e di fusione di coscienza nell'ambito delle realtà di aggregazione
giovanile, mediate dagli eventi musicali e talora da sostanze psicoattive. A conclusione una
sezione bibliografica particolarmente ampia, documentata, accuratissima.
Il che mi permette a questo punto di giustificare, almeno in parte, la presenza di una
tossicologia medico legale, per offrire una se pur limitata lettura, rispetto all'imponente lavoro
svolto, circa gli aspetti farmacologici, sui quali poco è noto, e quel poco sovente distorto dai
mass-media, ovvero quale importanza hanno le sostanze naturali attive sul SNC nell'ambito di
un fenomeno complesso quale quello dello sciamanesimo?
Per non correre il rischio di una lettura riduzionista in chiave farmacologica, penso che sia qui il
caso di applicare l'insegnamento fondamentale degli iniziati, quindi, facciamo Anima:
parleremo allora delle sostanze di Potere.
Fin dai primordi infatti un peculiare carattere culturale influenza le popolazioni del
Mediterraneo: la storia dei farmaci sembra possedere radici profonde, che al di là del fatto
storico si approfondano nella struttura del mito e della poesia. L’Odissea può infatti offrire a
tratti una lettura diversa da quella epica a tutti nota, ponendo in evidenza il ruolo magico delle
piante, intese come potenza in atto di virtù celesti. Una potenza che si accompagna sempre
con un lato oscuro, mortale, opposto a quello salutifero, come a indicare che nel dominio
dell’esperienza sensibile data all’uomo non si può fuggire dalla prigione del dualismo. Ulisse
pertanto viene ad assumere anche il ruolo di prototipo del navigatore su uno specchio d’acqua
non marina, simbolo perfetto dello stato di coscienza, e in tal senso può assumere la veste di
immagine forte e dolcemente umana dello psicopompo per eccellenza: come Mercurio
manifesta il duplice carattere dell’umana esperienza, così Ulisse, mediatrici le piante di Potere,
percorrerà tutti gli aspetti della manifestazione del divino nella propria vita, farà sue tutte le
esperienze di contrapposizione nelle quali l’uomo si dibatte come all’interno dei flutti marini,
vero emblema della dignità del percorso di nascita ad una nuova condizione di vita, superiore a
quella con la quale si viene al Mondo.
L’invasione achea e poi quella dei Dori spezza i legami della cultura matriarcale, e la grande
Dea si inabissa come Persefone nutrendo però dalle radici le nuove culture, affiorando nelle
strutture delle arti e della scienza fino alla modernità, alimentando la visione olistica nella
temperie del riduzionismo.
Rispetto alla luce solare del principio maschile che rende viva la sommità vegetativa delle
piante, la luce che cresce il movimento notturno, lunare e opposto al precedente della radice è
quella del lampo dell’intuizione del mondo degli dèi, immobile rispetto al movimento di ritorno
che caratterizza invece la dimensione del mondo umano. Qui abita solo il ragionamento logico
formale, occhio che scruta secondo il metodo della Storia.
L’attività del pensiero può anche essere devastante, se porti alla luce un oggetto di
trasformazione interiore, una figura archetipica. Non è possibile compiere alcun viaggio vero,
iniziatico, volando sul mare del profondo senza neppure sfiorarlo, anzi accelerando la velocità
con l’operazione magica e non filosofica di alterare il rapporto rituale con sostanze di potere,
tolte alla loro funzione di conoscenza, per non sentire dolore, azzerando il pensiero. Il mare
delle profondità interiori è infatti di colore livido come il vino, archetipo di ogni farmaco, veleno
e potere, morte dell’uomo vecchio per la nascita dell’uomo nuovo:
Per giungere velocissimo in patria
volando sul livido mare.Odissea, , 474.).
Lo sciamanesimo attua da sempre l’operazione che la psichiatria moderna definisce come
controfobica, ovvero la messa in moto del movimento dalla potenza all’atto mediante la
creazione di un doppio, operazione delicata e di grande potenza, che appunto può non riuscire
a causa di un atteggiamento “bloccante” per il quale l’azione si costituisce solo come fantasia
di agire (G.Roheim, Magia e schizofrenia, Il Saggiatore). Nella visione totemica della Natura lo
sciamano estrae da sé l’immagine archetipica, ad es. il lupo, proiettando nel doppio e poi
integrandone la forza emergente, una forza che produce valori condivisibili e che pertanto può
essere considerata un elemento fondante della psicologia sociale. L’aspetto centrale dello
sciamanesimo, quel rispecchiare profondità interiori che parlano a tutti gli esseri umani ne
permettono l'adattamento ai vari habitat di appartenenza, proprio perché costituiscono le
radici profonde del pensiero magico, e lo sciamano da “tecnico del sacro” secondo Eliade può
adesso essere meglio connotato come il partecipante e il testimone di “un’altra realtà”
secondo la proposta di Antotten.
Nella nostra società attuale la scomparsa dei riti di passaggio azzera la fondamentale esigenza
di chiudere col nostro passato, centrandoci sul momento presente: l’iniziazione aveva anche il
grande compito di stabilizzare l’Io storico centrandolo su un esame di realtà (il “qui adesso”),
proteggendolo dalle fantasie di permanenza di elementi del passato sentiti come ancora
attuali.
Lo sciamano sa come incontrare la sua immagine archetipica, ne conosce la forza senza subire
la disintegrazione dell’Io, indotta da una dissociazione che prevale sull’attività della coscienza
ordinaria. E' un maestro della transe e della magia naturale, abile nel giungere ad uno stato di
conoscenza superiore e nel gettare le basi per il ponte fra mondo fisico sensibile e quello della
totalità delle sue espressioni. E’ artefice e testimone di tale impresa, custode del mito, chiave
indispensabili per accedere alla forza dell’archetipo: fluisce eternamente, non
individualizzata se non relativamente alla meteora della vita individuale,, invece, si ribella
al caos indeterminato, separandosi in tal modo dalla corrente universale della vita, reclamando
una propria individualità, e opponendosi al movimento che è una caratteristica specifica delle
trasformazioni, perché queste sono sempre , per il punto di vista di una perdita dello stato
anteriore, assenza di speranza e morte. Il dualismo di opposizione non agisce quindi nella
stessa unità temporale, ma per serie successive di tempi: le pause musicali fra le note possono
essere i termini più comuni per una esemplificazione. Mentre per noi nelle società di massa la
parola e il suono sono veicoli portanti della comunicazione/economia, in quelle antiche e
tradizionali la parola è celebrazione religiosa e strumento di guarigione; la parola in musica era
la scrittura dell’Universo. Il cerimoniale è accompagnato da musiche e canti, che sono sempre
guidati dallo sciamano stesso, e solitamente ha lo scopo di aiutare un ammalato o di
accompagnare l’anima di un defunto nel Regno delle Ombre: il pubblico assiste, non entra in
trance tecnica ma partecipa del manifestarsi dell'archetipo. Le caratteristiche ricorrenti che si
trovano nella ritmica della musica sono le rotture di ritmo e l’accelerazione del tempo, che
vanno solitamente di pari passo con l’intensificarsi del volume del suono, ciclicamente (il giro di
V°). Ma la ritmica che si crede provocare direttamente e con un rapporto causale diretto la
trance in una regione si scopre assolutamente inutile in un’altra, dove la stessa funzione è
svolta da una ritmica diversa perchè è il contesto del rituale sociale che permette l'apertura
(Rouget, Musica e trance). La musica, o almeno buona parte di essa, è suonata in funzione
della danza, la quale ha lo scopo di fornire al soggetto il mezzo per assumere il proprio
cambiamento di personalità e per viverlo intensamente a livello motorio, far poesia da sempre
è unione di mente e corpo, di musica e danza.
L’entrata in trance è quindi una modificazione dello stato di coscienza ordinario. La
disposizione (set) è l’atteggiamento individuale, composto da attitudini interiori, personalità,
motivazioni, aspettative, mentre il dispositivo (setting) è rappresentato dai fattori ambientali
esterni, ovvero contesto, ambiente fisico e sociale, guide che consentono al soggetto l’entrata
in trance.
La musica va a influire anche sulla concentrazione plasmatica di alcuni ormoni, soprattutto
ACTH, GH, cortisolo e noradrenalina, b-endorfine. La risposta alla musica è quindi una proprietà
emergente e complessa delle funzioni del SNC, non direttamente connesse con il
mantenimento delle condizioni vitali di base, e proiettata casomai verso le funzioni più astratte.
Così l’effetto di sostanze psicotrope, che hanno un ruolo soprattutto nell’iniziazione, e non
sempre nella pratica magico teurgica: piuttosto prevale il ruolo della attivazione e
amplificazione della parte intuitiva, che la neurologia moderna affida alla parte destra, in
opposizione alla parte sinistra sede del pensiero logico formale al quale è demandato il compito
di organizzare la realtà come comunemente ci sembra di percepirla.
Ma a questo punto sorge un problema: se nel corso di un SMC la realtà esterna è ambigua, se
non è presente una guida, sono i prodotti mentali del soggetto in trance a costituirne la guida
principale nella percezione della realtà, con tutti i rischi che ne possono derivare. Pertanto
esiste una grossa differenza tra la trance che si manifesta all’interno di un rito ben codificato e
sotto il patrocinio di una guida esperta, che dà sensazioni di sicurezza e approvazione, e la
trance che si manifesta in soggetti allo sbaraglio, dovuta principalmente all’azione di una
sostanza modificatrice dello stato di coscienza. L’assenza di guide può portare ad erronee
interpretazioni degli eventi e a grossolani errori di valutazione (nei riguardi di pericoli, proprie
capacità, intenzioni degli altri), con comportamenti pericolosi e reazioni eccessive, in sostanza
aspetti di delirio.
Il rapporto fra sciamano e natura partecipa di un concetto profondo messo da parte dal
razionalismo scientifico moderno, ovvero la visione olistica della realtà intesa come
connessione di elementi inseparabili, al di là delle apparenze delle loro manifestazioni alla
coscienza logico formale e al tentativo di organizzazione sistematica secondo i principi della
causalità per opera della funzione organizzatrice e discriminante del linguaggio.
Nel mondo vivente è ovunque presente una struttura gerarchica, da non intendere come
struttura umana di dominazione e controllo ma come interrelazione dell’ordine a più livelli. Da
qui nasce il concetto di rete, dove si collegano tra loro organismi a livelli differenti di
complessità, con leggi diverse per ogni livello Questa visione è quella della meccanica
quantistica: le particelle subatomiche non hanno significato come entità isolate, ma si possono
comprendere solo come e dalle interconnessioni.
Anche la psicologia si orientò verso il pensiero sistemico: la teoria della Gestalt (forma) si basa
sull’idea di significati di percezione non riducibili in sottogruppi elementari, ovvero il tutto della
percezione non viene concepito a partire da elementi strutturati o parti dell’insieme.
Percepiamo i termini della realtà non isolati ma come patterns o strutture integrate, dove è
l’organizzazione quella che genera quello che noi percepiamo come significato, con
l’attribuzione di qualità che sono assenti nelle parti singole. La ragione principale del fallimento
delle teorie sistemiche al loro esordio stava nella mancanza di strumenti matematici capaci di
descrivere il comportamento dei viventi, che sono sistemi “aperti” lontano dall’equilibrio Lo
stato di non equilibrio con afflusso costante di energia genera schemi spaziali complessi
descrivibili solo da equazioni non lineari. La non linearità appare come una novità mentre da
sempre accompagna il pensiero scientifico, solo che è stata sempre mascherata dalla necessità
di presentare i risultati delle indagini con approssimazioni semplificative, che alla fine hanno
preso il posto della originale descrizione dei fenomeni (esemplare l’aforisma dell’eccezione che
conferma la regola). Nei sistemi non lineari la caratteristica principale è che non possono
essere fatte previsioni esatte, ma solo probabilistiche, anche se il fenomeno in esame è
strettamente deterministico. Ciò ha comportato uno spostamento dall’analisi quantitativa a
quella qualitativa.
Lo sciamanesimo porta quindi alla nostra attenzione non solo un dato culturale sulle pratiche
della medicina e sulle modalità di rapporto con la metafisica, bensì tutto un mondo di cui la
nostra memoria è priva come ricordo, e che invece ha messo in piedi nei primordi il nostro
“esserci” nel mondo, e che talora riappare, sia pur fugacemente, nelle problematiche irrisolte
della spiegazione scientifica così come nelle espressione artistiche, nel senso del mito che
ancora per fortuna non si è spento del tutto nell’uomo moderno.
Il lavoro che emerge dal congresso e l’interesse che ha mosso la costituzione del gruppo di
ricerca sullo sciamanesimo presenta un valore epistemologico che trascende quello
dell’indagine isolata, collocandosi invece in un contesto di dimensioni allargate all’intera
società umana, e per il quale l’esame linguistico si è rivelato un indispensabile strumento di
lavoro, che ha permesso di ricostruire la mappa di diffusione dello sciamanesimo dalle origini
“iperboree” in senso platonico fino al bacino mediterraneo e quindi alle americhe.
La parola droga a questo punto va intesa in un contesto assolutamente diverso dall'attuale,
ovvero sostanza di origine naturale o sintetica, capace di modificare l’attivita psichica del uomo
e quindi agire sul suo comportamento determinando alterazioni e modificazioni reversibili o
irreversibili a secondo del mondo di utilizzo acuto o cronico. Va d’altra parte rilevato che la
connotazione di farmaco in greco rimanda anche al termine , veleno. Ma è
nella comunità sociale che l'ambiguità si chiarisce: l'uomo accusato ritualmente di empietà
viene portato fuori dal villaggio, e al suo posto viene sacrificato un capro. Il tragos-capro, radice
della tragedia, innesca la catarsi di liberazione, e l'empio viene riportato al villaggio con feste e
inni, perchè è divenuto Salvatore, l'uomo è trasformtoa in .
Si presenta così un archetipo, fondamento di tutti i miti arcaici, che rimanda sia al concetto di
vita che continua dopo la morte attraverso la discendenza umana, sia a quel livello di coscienza
che si può acquisire con l’iniziazione all’interno del singolo ed individuale ciclo di vita.
La contrapposizione insita nella percezione e nella manifestazione delle figure archetipiche
illustra l'incapacità della mente discriminante di rappresentare l'Unità impersonale, altrettanto
complessa quanto l'impenetrabile interconnessione dei motori archetipici. Animus-Io è la prima
materia del viaggio alchemico al quale ciascuno di noi è invitato, ogni sciamano ci ricorda la
necessità del fare Anima, di percepire il senso del sacrificio col quale la nostra meità della
Persona viene a far coscientemente parte della forza vitale, dell'Anima Mundi, noi siamo in
Psiche.
Molti sono sicuramente gli elementi che se pur interessanti sono sfuggiti alla mia attenzione,
probabilmente troppo legata al modus operandi di un tossicologo, e lascio alla lettura dello
splendido volume degli Atti il compito di meglio testimoniare l’idea, la metodologia di lavoro e i
risultati della Prof.ssa Corradi Musi, alla quale, assieme al gruppo di studio da Lei costituito, va
interamente il merito di aver riportato luce sull’ala nascosta della nostra anima: i miti non sono
mai avvenuti nella storia, accadono sempre.