Scena 81 - 3° trimestre 2015

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Anche le emozioni e la mente vanno nutrite, non è solo il nostro corpofisico che ha bisogno di nutrimento per vivere, crescere e agire nellarealtà. Mentre l’energia fisica proviene dal cibo che mangiamo,l’energia emotiva ci giunge dalle relazioni che instauriamo e dallepersone che frequentiamo.

La qualità del cibo determina lo stato di salute del nostro organismo, e nella nostracoscienza va operata un’attenta scelta della provenienza delle energie che nutronole nostre emozioni.La nostra cultura non è abbastanza attenta a questo importante aspetto, eppure perla qualità della vita è necessaria una buona capacità di vivere e usare le emozioniin senso positivo per agire consapevolmente senza lasciarsi travolgere.Il teatro può influire positivamente in questo senso: per acquisire padronanza, at-traverso la voce, i gesti, le espressioni del corpo, del proprio “io” ed imparare adesprimere le proprie emozioni come forma di comunicazione verso gli altri, verso ilpubblico. Qui, un ruolo importante è costituito dai Laboratori che la UILT promuovee che tanto interesse stanno suscitando soprattutto per l’educazione al teatro dellenuove generazioni. Sono momenti di correnti emozionali che dal maestro vannoverso i giovani e viceversa e accrescono le reciproche energie.In ognuno di noi alberga il desiderio di un percorso di crescita, che educhi il nostrocorpo e il nostro animo, e il teatro può essere un momento importante di questopercorso quando nei personaggi veri o inventati si riconosce una parte di noi peraccoglierla o respingerla.

STEFANIA ZUCCARIGiornalista iscritta all’ODG del Lazio, è stata una delle firme della prestigiosarivista “Primafila” di Nuccio Messina, che ne ha guidato i primi passi nel set-tore dell’informazione sullo spettacolo dal vivo, e con il quale ha fondato larivista “InScena” di Gangemi Editore, insieme ad altri redattori e giornalistidello storico periodico. Attiva nel settore della comunicazione, collabora convarie testate e produzioni editoriali.

DI STEFANIA ZUCCARI

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EDITORIALE

Materiali per la stampa, testi, immagini, progetti e notizie, oltre a suggerimenti e suggestioni possono essere inviati almeno un mese prima della pubblicazione alla mail della Direzione: [email protected] scadenza per l’invio è l’ultimo giorno di: febbraio, maggio, agosto, novembre.

3 Foto nel sommario: TEATRO DEI DIOSCURI, GRANDI MANOVRE, LA CANTINA DELLE ARTI, COSTELLAZIONE alla Rassegna TRACCE (foto Davide Curatolo).In Copertina: “Del Don Giovanni” del TEATRO DEI PICARI di Macerata: Francesco Facciolli e Leonardo Gasparri (foto Cinzia Zanconi).

NUTRIRE LA MENTEENERGIA PER VIVERE CRESCERE E AGIRE

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SPECIALE

SEGUIRE LE TRACCE È UN VIAGGIO CHE METTE IN AZIONE TUTTI I NOSTRI SENSI, COME I SEGUGI NEL LORO COMPITO ESSENZIALE;

…E MENTRE LO SGUARDO SEMBRA INDIRIZZATO ED ATTENTO SOLO ALLA VISIONE

DI SEGNI RICONOSCIBILI A TERRA TANTE ALTRE SITUAZIONI VENGONO ESPLORATE E CONOSCIUTE;

TRACCE NON SOLO COME VESTIGIA DEL PASSATO MA SEGNALI ANCHE DI PASSAGGI RECENTI

LASCIATE, IMPRONTE ATTUALI PER IL FUTURO RICONOSCIMENTO DA PARTE DI OCCHI ATTENTI;

SARTRE: L’ESISTENZA PRECEDE L’ESSENZA« LE SCELTE E I GIOCHI, MORALI INTELLETTUALI E DI SOCIETÀ, SONO ESISTENZA.

LA LIBERTÀ DI SCELTA È ESISTENZA.

CIÒ CHE RESTA DI NOI È ESSENZA. LA TRACCIA È ESSENZA»

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Care amiche e cari amici dell’Unione, in un mondosconvolto dalle guerre, dalle migrazioni, dai disa-stri naturali, dai grossi affari finanziari internazio-nali, un mondo dove folli ideologie distruggonoper sfregio le antiche vestigia del proprio passato;

in un’Italia preda della corruzione dilagante, che sembra correredietro un sogno di una politica e di un’unione europea che di-ventano ogni giorno più difficili da realizzare, ha ancora unsenso parlare di bellezza, di cultura, di educazione, di teatro?Sembrerebbe quanto meno fuori luogo o, peggio, fuori deltempo: ma non è così. Anzi, sono convinto che tutte quelle at-tività che nel nostro relativamente piccolo noi come Unione riu-sciamo a mettere in pratica, tutti i nostri sforzi per realizzareuna Rassegna, un Festival, tutte le volte che progettiamo, di-scutiamo ed alla fine realizziamo qualcosa di bello o comunquedi positivo, tutte le volte che vediamo concretizzarsi un nostrosia pur piccolo sogno che riguarda il teatro, ogni volta – siatenecerti – è una piccola ma significativa vittoria contro l’approssi-mazione, la grettezza, il disinteresse, l’ignoranza, la bruttezza.E non mi sembra, scusate, cosa da poco. E tanto per fare unesempio, veniamo alle belle notizie. Grazie agli sforzi congiuntidel Comune di Oliveto Citra, del Comitato Organizzatoredel “Sele d’Oro” e del Centro Studi Nazionale della UILT,supportato come mai in passato dal Consiglio Direttivo, si è rea-lizzato un piccolo grande sogno: la Rassegna – targata UILT– TRACCE, inserita nell’ambito del “Sele d’Oro”, svoltasi neglispazi messi a disposizione dal Comune, rappresentato da Car-mine Pignata, un Sindaco, per parafrasare il titolo di una celebrecommedia di Eduardo, con la “S” maiuscola.

Lascio ad altri il compito di raccontare in questo numero diScena, con parole ed immagini, quei giorni meravigliosi trascorsiin quel piccolo paese della provincia di Salerno, sicuramentepiù noto per le benefiche sorgenti fangose d’acqua termaledella vicina Contursi che per la sua Rassegna Teatrale. Ma la ci-tazione era doverosa, proprio perché Oliveto ha rappresentatoun sogno, ha realizzato un’idea, ha concretizzato un Progetto.Ed è stato anche un esempio di come uomini di buona volontà,animati da una stessa passione e dotati d’una sana ambizione,

sono riusciti sicuramente a coinvolgere un’intera cittadinanzain un’originalissima “atmosfera teatrale”, che raramente è datodi vedere e di vivere. Una goccia nel mare? Certo, la RassegnaTRACCE è stata una diffusa operazione di crescita culturale cheavrebbe meritato sicuramente uno spazio più vasto, sicura-mente un’altra eco e molti più applausi di quelli che ha avuto,ma è stata bellissima ed importantissima comunque, proprioperché frutto dello sforzo di pochi contro le mille avversità chedeve sconfiggere chi “fa cultura”, come tutti quelli che operanonel teatro sanno perfettamente. E dunque un sentito grazie va a quei pochi e di certo un sincerograzie va anche a tutti coloro che hanno reso possibile l’im-presa, da cui l’Unione esce non solo più bella, ma anche piùconsapevole dei propri mezzi e dunque più sicura del propriopotenziale operativo e del proprio ruolo nel panorama del tea-tro non professionistico italiano. Certamente, come ho avutomodo di verificare di persona nel mio ruolo di Presidente, esi-stono anche tra noi, come credo in tutte le famiglie numerose,alcuni problemi legati alla difficile convivenza tra personalitàdiverse, tra concezioni del volontariato che qualche volta diver-gono: ma sono convinto che ciò sia in qualche modo fisiologicoed appartenga alla nostra crescita, perché il lavorare non peruna retribuzione concreta ma solo per il piacere di farlo – sen-tendolo nello stesso tempo come un impegno morale – coin-volge mente e cuore, spirito ed anima, con inevitabili simpatieed antipatie, che fanno parte dell’umana natura.

L’importante però è non “perdere mai la rotta”: e nell’Unionepercepisco che si fa strada l’idea che siamo parte di una grandefamiglia, in cui occorre essere tutti pronti ad un qualche sacri-ficio quando questo si rende necessario per il bene comune;solo così, se saremo consapevoli di ciò e sicuri di noi stessi,avranno allora maggior senso i nostri sforzi per lasciare unatraccia duratura del nostro lavoro, disinteressato, quotidiano evolontario, per contribuire concretamente ad elevare il livelloqualitativo del teatro non professionistico italiano e fare così“la nostra parte” nel compito ben più impegnativo della cre-scita culturale della nostra Nazione.ANTONIO PERELLI

DI ANTONIO PERELLI PRESIDENTE UILT

L’ANGOLO

5TRACCE ad Oliveto Citra: il Sindaco Carmine Pignata con il Presidente Nazionale UILT Antonio Perelli, Flavio Cipriani e Antonio Caponigro

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Dal 3 al 6 settembre, una folta dele-gazione della UILT, ben 75 componentiprovenienti da tutte le regioni, si è tra-sferita in un piccolo paesino dell’entro-terra salernitano. Ad Oliveto Citra,questo il piccolo comune, infatti da tren-tuno anni si svolge il Premio Seled’Oro Mezzogiorno, manifestazioneculturale nata a seguito del tragico ter-remoto dell’Irpinia del 1980. Il Seled’Oro mira a valorizzare i percorsi disviluppo e di rinascita del Sud, parlandodi un Sud diverso, che si distacca da pre-giudizi e luoghi comuni da sempre legatiad esso, per dimostrare concretamentequanto si fa di buono al Sud. Tutto questo attraverso varie attività: in-contri, seminari, mostre fotografiche,presentazioni di libri, appuntamenti de-dicati al giornalismo, all’editoria, all’im-prenditoria giovanile, all’economia ealla politica, alla cultura, alla musica, alcinema e al teatro.Da 17 anni, alla settimana culturale delPremio, si affianca il Festival TeatraleNazionale Sele d’Oro, unico Festivalitaliano dedicato interamente al TeatroContemporaneo, con opere d’impegnosociale ed alle problematiche dell’uomocontemporaneo. Proprio per questo laUILT ha scelto il grande contenitoredel Sele d’Oro come location delsuo ambizioso evento-esperimentoalla sua prima edizione: TRACCE stu-dio-osservatorio sul Teatro Contem-poraneo.

La formula di TRACCE, voluta dal Cen-tro Studi Nazionale, ha visto una quat-tro giorni di spettacoli, dibattiti,laboratori: 7 compagnie teatrali –

LA CANTINA dELLE ARTI di Sala Con-silina (SA); TEATRO dEI dIOSCURI diCampagna (SA); SChIO TEATRO 80 diSchio (VI); IL GATTO ROSSO di Verona;La Compagnia COSTELLAZIONE di For-mia (LT), la Compagnia di RObERTOCOSTANTINI (LT) e GRANdI MANO-vRE di Forlì (FC) – che hanno presen-tato, messo in scena e discusso ilproprio progetto teatrale.

TRACCE non si è presentato però comeuna competizione, né come una vetrinaper le Compagnie, ma come un vero eproprio confronto sulla ricerca tea-trale e sul teatro contemporaneo,che ha visto all’opera anche l’intero Os-servatorio, che proprio a TRACCE ha te-nuto la sua riunione annuale perdiscutere su “Lo spazio e le formedelle parole in scena”.

Alla tavola rotonda sono stati presentii componenti dell’Osservatorio GerardoGuccini ed Enrico Pitozzi del DAMS diBologna; Francesco Randazzo, registae drammaturgo; Moreno Cerquetelli,giornalista di Rai 3 - critico teatrale - cu-ratore della Rubrica Teatrale “Chi è diScena”; Flavio Cipriani, direttore delCentro Studi Nazionale e un’ospite d’ec-cezione: Cathy Marchand del LivingTheatre di New York. Inoltre TRACCEha fatto da cornice al primo incontro tral’intero Direttivo Nazionale UILT e l’in-tero Centro Studi Nazionale della UILTstessa.

Durante i quattro giorni di TRACCE nonabbiamo solo assistito a spettacoli e adiscussioni, ma anche fatto ovviamenteTeatro. Nella cornice di una piccola piaz-

zetta di Oliveto Citra “Il Postino di Ne-ruda”, ogni pomeriggio si è svolto il la-boratorio teatrale “MovimentoScenico” condotto dallo stesso Fla-vio Cipriani e da Loretta Giovan-netti, con la collaborazione di EmilianoPiemonte, a cui hanno partecipato ben26 ragazzi tra le compagnie scelte perTRACCE e non. Nonostante il progettoteatrale di quest’anno abbia avuto unaveste tutta nuova, si è deciso di mante-nere la “Giuria Giovani” che da sem-pre caratterizza il Festival Sele d’Oro.Una giuria popolare selezionata, chesegue una formazione annuale, compo-sta da circa 50 membri, in gran partegiovani, che quest’anno ha assegnatoun unico premio: Miglior allestimento,andato allo spettacolo “Under” diGRANdI MANOvRE. Sul palco del pic-colo Auditorium Comunale di OlivetoCitra sono andati in scena anche “Pul-cinella a Colori” e “Natale in CasaCupiello” (fuori concorso),“Estate1980”; “76847 Giuliana Tedeschi”;“La Cattedrale” e “Io sono l’acqua”.

TRACCE è stata una grande espe-rienza per tutti coloro che hannopartecipato: per le compagnie, perl’Osservatorio, per lo staff, per il pub-blico, per i giurati e per chi ha lavoratodietro le quinte e che per vari motivi nonè riuscito ad esserci, in un momento diincontro e confronto sul Teatro a 360°,tra nuove amicizie e amicizie consoli-date. Tutti mossi da un’unica passione:il TEATRO. Grazie a tutti! Alla prossima avventura targata UILT!GIUSY NIGRO Uff. Stampa Teatro dei Dioscuri

TRACCE E IL SELE D’ORO AD OLIVETO CITRA

5L’Osservatorio di TRACCE: Enrico Pitozzi, Gerardo Guccini, Flavio Cipriani, Cathy Marchand, Francesco Randazzo e Moreno Cerquetelli.

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Pulcinella a coloricromia de Totonno ‘o pazzoLA CANTINA dELLE ARTI - Sala Consilina (SA)testo e regia di Enzo D’Arcocon Enzo D’Arco, Antonella Giordano, Eugenia De Stefano, Giulia Piscitelli, Patrizia Baisotti, Giovanna Radicewww.lacantinadellearti.it

Dopo quattro anni e mezzo di repliche dal suo debutto, il mio“Pulcinella a colori”, ha voluto e vuole ricordare Totonno ‘opazzo. E forse, ci voleva un altro pazzo a rendere un omaggiodel genere al Re dei Pulcinella che chiuse gli occhi per sempre,sulle tavole dell’arte, 139 anni fa.Antonio Petito nacque a Napoli il 22 giugno 1822, primoge-nito di Salvatore Petito e Giuseppina D’Errico, detta DonnaPeppa. Chiamato anche con l’appellativo di Totonno ‘o pazzo,fu autore, attore e capocomico napoletano di fama internazio-nale in quanto rese celebre, in tutto il mondo, la maschera diPulcinella. Nel 1852, Petito ereditò dal padre la maschera ericevette l’investitura del camice bianco, dallo stesso padre, sulpalcoscenico del San Carlino, davanti alla platea degli spetta-tori. Da quel momento, fino all’ultimo giorno della sua vita, fuper il pubblico e per la stampa “Il Re dei Pulcinella” e “Il Redel San Carlino”. Con Petito irrompe nel Teatro la contempo-raneità, con la moltiplicazione dei personaggi sulla scena, con-nessa alla pratica dell’improvvisazione. La sua arte delmovimento invade gli spazi scenici e l’attore s’impone sul testoe sull’autore coinvolgendo lo spettatore in un dialogo direttoe immediato. Non si tratta di prepotenza dell’attore ma di ge-niale senso pragmatico che anticipa la rivoluzione teatrale del‘900. Incolto e acuto, autore illetterato, “pazzo” e lungimirante,Petito, nella sua contraddizione e nella sua dilagante e potente

carica espressiva, trova strumenti tutti suoi, riuscendo effica-cemente nel suo personalismo. Ettore Massarese diceva chel’accattivante vernacolo petitiano poco ha a che fare con il dia-letto del tempo; è lingua autonoma, incisiva e dura, che troval’humus ideale nella parodia e, dunque, nell’immediatezza dellascena che sa coinvolgere anche sottoproletariato e piccola bor-ghesia oltre all’aristocrazia in declino. Si pensi alle continuetrasposizioni sceniche che Petito opera dal San Carlo al SanCarlino per avere riscontro di un’operazione di mediazione cul-turale, unica nel suo genere, tra le classi sociali. Negli anni Cin-quanta la fama di Petito è all’apice, la famiglia reale borbonicasi reca spesso al San Carlino solo per lui. Dagli anni della re-pressione a quelli dell’Unità della Nazione filtra il sociale nellasua attitudine metateatrale e nel Pulcinella altro trasfigura, condichiarati intenti di riforma della maschera, il reale. Negli annidel Verismo, la drammaturgia comico-parodistica osserva e re-gistra la tradizione classica, la deforma e la traveste in consa-pevole finzione. Petito, tra Pulcinella e Pascariello, ricuce, conil personaggio-attore, la tradizione della Commedia dell’Artee, sostanziandola del presente, getta le basi del Varietà nove-centesco, del cinema e di quel filone di grandi attori popolariche annovera tra le sue fila anche la famiglia De Filippo chemolto deve al suo Teatro (il padre dei De Filippo, Eduardo Scar-petta, ebbe Petito come Maestro). Si divertì ad inscenare unPulcinella in veste femminile, cominciando proprio dal suo de-butto come autore con la commedia “Pulicenella finto dottoree pezz’a l’uocchie” del 1851. Antonio segue le orme paterne, riaffermando l’amore e l’inte-resse per la Commedia dell’Arte cinquecentesca modificandoneperò, gli aspetti, le caratteristiche, le movenze, l’abbigliamento,il linguaggio e i contenuti della maschera di Pulcinella, recandoa quest’ultima maggiore spessore psicologico.

GLI SPETTACOLI

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Negli anni Sessanta il San Carlino fu sospettato di essere uncovo borbonico. La Compagnia si trasferì al Teatro Capranicadi Roma e rientrando al San Carlino nel 1863 venne assalitadai liberali costringendo Petito a rifugiarsi in soffitta per scam-pare all’assalto. Intorno al 1865 Petito continua a scrivere, omeglio, “contaminare” e rappresentare eventi sociali e di cro-naca: “Pascariello da pezzente cafone diventa ricco e Guard’avoi! Una nuova donna barbuta”, che, insieme ad altre, costi-tuiscono testimonianza di impegno politico e sociale. Sono ce-lebri, inoltre, le parodie di opere letterarie come il “Faust”, “LaFrancesca da Rimini” (quest’ultima anticipa il Teatro nel Teatropirandelliano), “La Bella Elena”, “Otello” ed opere come “Somuorto e m’hanno fatto turnà a nascere”, del 1868, in cui siaffronta il tema della metempsicosi. Le opere successive: “Lalotteria alfabetica”, dove critica l’industrialismo piemontese,“Tre banche a ‘o treciento pe mille” e “Nu studio ‘e spiritismope fa turnà li muorte ‘a l’atu munno” testimoniano, sul finiredegli anni Sessanta, l’adesione alle vicende storico-politiched’Italia. Enzo Grano affermava che il primogenito di SalvatorePetito fu: «Un simbolo delle aspirazioni popolari e finì per in-segnare al proletariato ad avere un nuovo rispetto per se stessoed una serena coscienza dei propri doveri».La sera del 24 marzo 1876 Petito morì al Teatro San Carlinodurante la rappresentazione de “La statua vivente spaventatada Pulcinella”, stigmatizzando il suo mito.Il mio lavoro teatrale, “Pulcinella a colori”, prende vita par-tendo, principalmente, da tre opere petitiane, “Pascariello sur-dato cungedato” (1873), “Francesca da Rimini” (1866) parodiadell’omonimo testo di Silvio Pellico e “Pulicenella finto dottoree pezz’a l’uocchie” (1851). Il travestimento e il metateatro ani-mano questi testi, presi a canovaccio per il mio Pulcinella a co-lori. Usando la contraddizione, tanto cara a Petito, comefondamenta di una costruzione dai caratteri sperimentali, ilviaggio avanza su due binari paralleli, vicini ma che mai si rag-giungono, il reale ed il fantastico.Un Pulcinella “nuovo” scopre il suo mondo interiore animatoda tanti colori, «…della concretezza e lealtà, della speranza edella fantasia, d’ ‘a passione e dell’ammore…». Aiutato e avolte “scarrupato” da due anime fantasticamente irriverenti,vive la sua storia terrena attraverso un’altra contraddizione, lafame e l’amore. La prima, atavica e secolare, intesa anche comefame di rivincita, di rivalsa politico-sociale. Il secondo vissutocome sentimento puro verso la Luisella di turno e come pas-sione per la vita. Il mondo petitiano affolla questa mia opera-omaggio. Gli ambienti cari, il San Carlino e i nomi di alcunipersonaggi - Luisella, Saverio, Dorotea pezz’a l’uocchie - fannoriferimento al primo testo scritto da Totonno, “Pulicenella fintodottore e pezz’a l’uocchie”; Pulcinella e Pascariello, due per-sonaggi di punta della scrittura e della scena petitiana, ani-mano il mio “novello” Pulcinella, colorato in larga parte, peropera della mia scrittura inedita, creatrice del personaggio Do-natina Benfatto e della rimodulazione di Costanza Papagno.Alla naturale e sonora scenografia fanno capolino, dall’angoloopposto, i costumi colorati ed eterei, il tutto bagnato dalla spe-rimentale classicità del commento sonoro. L’azione scenica, at-traverso la pantomima parodistica, l’elemento fantastico eduna lingua diversa dal dialetto grammaticale, fortemente ica-stica e foneticamente autonoma, insieme alla potente fisicitàattoriale, rendono questa pièce accattivante e irriverente, rea-listica e immaginifica, sonora e silenziosa, delatrice e fugace,in sintesi, “nuovamente” petitiana.

ENZO D’ARCO

Natale in Casa CupielloTEATRO dEI dIOSCURI - Campagna (SA)di Eduardo De Filippo, tra tradizione e tradimentoregia di Antonio Caponigrocon Antonio Caponigro, Emiliano Piemonte, Francesco Alfano, Maria Rosaria Volpe, Liberato Guarnieri, Ida Pili, Massimo Raelewww.teatrodeidioscuri.comovanna Radice«…Ed allora, per un bisogno istintivo di liberazione, vi-vono urtandosi, ferendosi a sangue, giungendo finoall’odio, ma si adorano …. Essi stessi non sanno quantosi adorano!». Questo scrisse Eduardo a proposito della famiglia Cupiello.TEATRO DEI DIOSCURI, per festeggiare i suoi 30 anni di atti-vità e ricordare i 30 dalla scomparsa del grande drammaturgo,attore e regista, si è avventurata nella messinscena di uno deitesti sacri della drammaturgia napoletana, partendo proprioda questa frase di Eduardo, pregna di significati autobiogra-fici, come del resto quasi tutti i suoi testi. Nel rispetto dellatradizione di Eduardo, il lavoro di ricerca di TEATRO DEI DIO-SCURI, con un inevitabile tradimento, ha proposto una mes-sinscena atemporale ed universale di “Natale in casaCupiello”, diversa da quella classica, nel tentativo di darenuovo vigore al testo stesso, pur mantenendone il fascino.Nel 2004, nell’ambito del nostro Progetto di ricerca teatrale“Tradizioni&Tradimento”, Giuseppe Rocca, docente del-l’Accademia “S. D’Amico” condusse il Seminario dall’emble-matico titolo “Io, l’erede – Eduardo tra tradizione etradimento”, presentando un’interessante rilettura di “Natalein casa Cupiello” in chiave fortemente autobiografica; sullosfondo il rapporto di odio/rancore del giovane figlio illegittimoEduardo verso il padre Eduardo Scarpetta. Dal 2004 l’inter-vento di Rocca ha rappresentato per me un tarlo, un pensierofisso, alla ricerca di una chiave di messinscena che potesseandare oltre la scontata visione folcloristica del grande testodi Eduardo. TEATRO DEI DIOSCURI, ex Compagnia “Amici delTeatro”, alla stregua della maggior parte delle Compagniecampane, ha iniziato il proprio percorso di palcoscenico contesti di Eduardo; tante compagnie tendono all’imitazione piùo meno consapevole, a volte anche grazie alla visione dei fil-mati della RAI. Dopo i primi tentativi eduardiani, la mia Com-pagnia ha vissuto una lunga fase di rigetto, durata molti anni,fino a riaccostarsi ad Eduardo con la fortunata messinscenadi “Sogno di una notte di mezza sbornia”, adattamento di unprecedente testo di Athos Setti “La fortuna si diverte”. Infineabbiamo abbordato “Natale in casa Cupiello”.

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Nato come atto unico nel 1931 (il se-condo atto della famosa cena della vi-gilia di Natale), nel 1932 si aggiunge ilprimo atto, infine nel 1934 il terzo atto,quello del vero e proprio dramma.Proprio i rapporti familiari autobiogra-fici, spinti fino all’odio, ma recuperati eprofondamente sentiti nei momenti cru-ciali, filtrati alla luce dell’atmosfera na-talizia (il presepe, la lettera di Natale) edel potere taumaturgico del cibo (il ca-pitone, il pranzo della vigilia, il caffé, ilbrodo caldo, la pasta e fagioli), diven-tano la sostanza della nostra messin-scena. Nei due triangoli, quello statico/dellatradizione e della comicità scarpettiana,con l’estremizzazione della caratterizza-zione di Luca, Nennillo e Pasqualino;quello dinamico/del tradimento in tuttii sensi e del dramma pirandelliano vis-suto da Ninuccia, Nicolino e Vittorio, sidipanano le vicende della famiglia Cu-piello. Concetta, perno principale dell’in-tera vicenda, esterna ed allo stessotempo coinvolta nella stessa, tenta didirimere, risolvere, rappaciare, riequili-brare i rapporti all’interno della fami-glia, in questo contrastata dal maritoLuca, inconsapevole antagonista, eternobambino, che ha sempre visto il mondocome un giocattolo (il presepe) e vive inun’atmosfera trasognata, ai margini deldramma familiare, anzi smonta i tenta-

tivi di salvaguardia della famiglia fattida Concetta: nel primo atto conse-gnando a Nicolino la lettera di addio diNinuccia; nel secondo invitando a cenaVittorio Elia, amante di Ninuccia; nelterzo consacrando la relazione tra Vit-torio e Ninuccia sotto gli occhi esterre-fatti dell’appena ritornato Nicolino.Figura emblematica è quella di Nennillo(in napoletano col significato genericodi bambino), che rivendica durante tuttoil testo la propria identità di Tommasino,ricevendone il riconoscimento solo nelfinale.Allora la famosa frase «Te piace ‘o pre-sepio?» secondo la nostra messinscenanasconde la domanda/imposizione diE.Scarpetta/Luca Cupiello ad E.De Fi-lippo/Nennillo: «Te piace ‘o teatro? Ilmio tipo di teatro?» - E quel «NO!»atroce e beffardo non nasconde forseanche una volontà di affrancamento dalpadre odiato e dal suo modo di fare tea-tro, rivendicando una propria identità eoriginalità autoriale? Tanti sono stati i rischi dell’imitazione diun’interpretazione tutt’ora incombentesul regista e sull’attore che si avventu-rano nella messinscena di “Natale incasa Cupiello”. Allora, nel lungo trava-glio verso il debutto, abbiamo adottatoalcune strategie per evitare tali rischi,soprattutto per cogliere la modernità edessenzialità universale del messaggio di

Eduardo: lo sfrondamento del testo ditutti quegli elementi che abbiamo rite-nuto superflui e un po’ folcloristici (i ca-sigliani del terzo atto, il dottore, il lungoracconto della pasta e fagioli); l’analisiapprofondita delle diverse edizioni(quella degli “Struzzi” Einaudi fino al-l’ultima postuma de “La Cantata deigiorni pari e dei giorni dispari”) con lin-guaggi molto diversi (più dialettale laprima, più italianizzata la seconda);l’adozione di ritmi veloci e moderni e diuna recitazione asciutta; la scelta di at-tori in età cronologica molto attendibilerispetto alla vicenda, per rivivere lastessa in modo realistico; la continuaosservazione del se stessi in scena; ilgrande flash-back che fa partire il testodal terzo atto, per poi farvi ritorno e leinserzioni/fluttuazioni dei pensieri/pa-role che ciascun personaggio vive neiconfronti degli altri, che contribuisconoa creare un’atmosfera onirica che fa dacornice alla vicenda.

Il Natale, con i suoi simboli, diventa al-lora lo sfondo del ring su sui si giocanoi rapporti di amore ed odio, di unione eseparazione che caratterizzano una fa-miglia, nel caso specifico la famiglia Cu-piello, ma anche l’intera famigliaumana.

ANTONIO CAPONIGRO

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76847Giuliana Tedeschicorto teatrale senza paroleSChIO TEATRO 80 - Schio (vI)di e con Elena Righelewww.schioteatro80.it

76847 è un numero. Ma non è un tele-fono o un codice o una sequenza. Èqualcosa di terribile che è stato tatuatoper sempre nel braccio di una donna rin-chiusa in un campo di sterminio nazista.Dietro quel numero c’è un nome e unastoria. Il nome è Giuliana Tedeschi, un’inse-gnante di lettere di un liceo di Torino,che viveva serenamente la propria vita,tra i tanti amici e parenti, e che improv-visamente viene scossa da un problemache per lei non era mai stato tale: essereebrea.La sua storia, che viene raccontata inquesto breve spettacolo, prende avvioda quando viene arrestata, strappatadal suo lavoro e dai sui affetti, per es-sere rinchiusa nel campo di sterminio diAuschwitz. Qui inizia l’inferno, la sper-sonalizzazione, l’attribuzione di quel nu-mero che vuole far dimenticarel’umanità del prigioniero. Giuliana vieneaddetta allo “Schuhkommando”: la rac-colta delle scarpe dei destinati alle ca-mere a gas. Tra brutalità e violenzeriesce a sopravvivere, a ritornare in pa-tria e riprendere la sua attività di inse-gnante.Per molti anni non dirà niente della suatragica esperienza, ma poi, spinta daisuoi allievi, inizia a raccontare la suadrammatica storia e scrive un libro pernon dimenticare, dal titolo “C’è unposto della terra”.

L’ispirazione mi è nata il giorno dellamemoria nel gennaio 2013, dopo avervisto un documentario che parlava diGiuliana. Ho successivamente elaboratoun pezzo di “teatro-danza”, senza pa-role, per cercare di trasmettere tutto ildolore, la passione, la forza e l’umanitàche stanno dietro al numero ”76847”.Il corto teatrale vuole essere una piccola“testimonianza storica”, per non di-menticare che la guerra porta sempredolore, distruzione e forme estreme diantisemitismo.Una famosa frase è scritta in molti deicimiteri di guerra: «Perdonare, ma nondimenticare».Il senso profondo di 76847 è proprioquesto: ricordare, anche solo per un at-timo, tutte le vittime innocenti morte neicampi di sterminio e tutti i sopravvissutiche, come Giuliana, sono tornati in pa-tria e hanno raccontato la loro dramma-tica storia.L’esperienza del Festival di Teatro Con-temporaneo TRACCE è stata molto si-gnificativa e importante per me, ancheper l’inaspettata “traccia” che il cortoteatrale ha lasciato nei cuori di moltepersone, un risultato che non mi aspet-tavo e che mi ha dato una grande gioia:un altro modo “diverso” per non dimen-ticare...Dedico questo spettacolo a Giulianaperché, senza di lei e la sua incredibilestoria, non avrei potuto realizzare quelloche ho fatto. Ringrazio di cuore il Diret-tivo Nazionale, il Centro Studi UILT e, inparticolare, Flavio Cipriani e GiovanniPlutino, per la fiducia in me riposta, peraver creduto in questo numero e nellasua storia: ”76847”.

ELENA RIGHELE

Estate 1980IL GATTO ROSSO - veronadi Federica Carteriregia di Roberta Zonellini e Federica Cartericon Federica Carteri, Alessandro Meneghelliwww.ilgattorosso.eu

Sinossi – Liberamente ispirato ai ro-manzi “Yann Andréa Steiner” di Mar-guerite Duras e “Questo amore” diYann Andréa, è la storia vera della pas-sione proibita e travolgente tra i duenell’estate 1980, la storia di un grandeamore. Lei ha 61 anni e lui 26 quandosi conoscono, cinque anni prima, allapresentazione del film “India Song”della Duras. Da quel momento Yann lescrive, quasi tutti i giorni, per moltotempo fino a quando le lettere s’inter-rompono. Solo allora lei capisce. E ri-sponde. Yann la raggiunge e inquell’estate di pioggia e di vento iniziauna convivenza che terminerà solo nel1996 quando Marguerite, ottantunenne,muore per un tumore alla gola.

Note di regia – Il lavoro attoriale ha at-traversato un lungo percorso passandoper vari allestimenti dal teatro di narra-zione (2013), se pur con una scritturaasciutta, non descrittiva né didascalica,per portare in scena una performancefatta di segni e non convenzionale comela storia che racconta. È seguitaun’esperienza di video-teatro con mu-sica dal vivo (2014), per poi approdareall’attuale versione (2015) che è un tea-tro post-drammatico, non testocentrico.Scenografia e luci sono scarne, solo lamusica e gli interpreti sono prepotente-mente presenti, per provare a dipingereil ricordo e l’emozione, e il segno chetracciano nella vita.

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Un estratto dal titolo “Estate di piog-gia e di vento” aveva debuttato il 29marzo alla Rassegna “Corti in Festival”di UILT Veneto a Conegliano (TV) ed èstato selezionato dal Centro Studi Na-zionale UILT per andare in scena a Bo-logna all’Assemblea Nazionale dell’11aprile scorso con altri 4 lavori di altret-tante Compagnie. In scena Federica Car-teri nel ruolo di Marguerite ed EmilianoFiorini in quello di Yann. Durante le prove del lavoro nella sua in-terezza ci siamo resi conto che il puntofocale di tutta la storia di Marguerite eYann si concentra nel momento del loroincontro e che sarebbe stato uno stral-cio che basta a se stesso per sintetizzareil complesso rapporto di attrazione epossesso, sudditanza psicologica e alcontempo dominanza, dolcezza e ag-gressività. Un equilibrio di contrasti cheha fatto emergere momenti estrema-mente carnali di passione istantanea edevastante e di confronto tra un uomoe una donna che stanno per buttarsi inuna relazione che contro tutte le aspet-tative li avrebbe legati per tutta la vita.Inoltre l’esperienza del corto ci ha datoil “polso” di quella che poteva essere larisposta del pubblico ad un lavoro cosìparticolare.Purtroppo il percorso con Fiorini si èconcluso, per problemi personali dell’at-tore, agli inizi dell’estate e ci ha visti co-stretti alla sostituzione con AlessandroMeneghelli che è coincisa anche conun’ulteriore evoluzione del processodrammaturgico. Il testo, seppur fatto diuna scrittura scarna ed essenziale, im-mediata e a volte brutale nel rispettodello stile sia della Duras che di Andréa,ci appariva troppo didascalico rispetto

all’energia mossa in scena dalle azionifisiche degli interpreti. Ne è seguito unlavoro “per sottrazione” dove abbiamoprogressivamente eliminato blocchi in-teri di battute e monologhi lasciando aisoli corpi la narrazione, ma ancora sen-tivamo la necessità di “pulire” i dialo-ghi. Il risultato è stata una ulterioreriscrittura che in una pagina di copionee una manciata di battute racconta inmodo poetico l’intera relazione tra Mar-guerite e Yann e che tuttavia è diventatauna storia universale trascendendo lavicenda biografica dei personaggi. Por-tiamo in scena Marguerite e Yann, rac-contiamo esattamente la loro relazionee i loro sentimenti, ma è la storia di tutti,di un uomo e una donna. Non serve co-noscere la vita di Duras, e non importanemmeno, quello che mettiamo inscena è una storia d’amore e di pas-sione, di incomprensioni, di conflitti, diaddii e di ritorni. Abbiamo scelto di non interrompere ilflusso emotivo ed emozionale dei corpicon le parole, queste giungono come deipensieri con una traccia audio (per pro-blemi tecnici non è stata trasmessanella performance di Oliveto Citra). Il copione, che da 27 pagine si è ridottoa 2, è stato fagocitato da una scritturascenica estremamente dettagliata in cuiil tessuto drammaturgico è fatto di corpie velocità estremamente rallentate, chesegnano una dilatazione del tempo e unsegno fisico plastico, quasi fotografico,alternate a momenti invece molto piùrapidi, quasi violenti, durante gli am-plessi e la lotta, in cui il corpo ha unritmo diverso, più “sporco” e scompo-sto, fatto di istinto animale e di sensi.In tutto il lavoro la musica e la luce di-

segnano e sostengono l’emissione emo-tiva degli attori e le uniche due pause disilenzio, prima e dopo la lotta, diven-tano un momento in cui il respiro, la fa-tica, il tumulto emotivo, assumono unpeso, il tempo si amplifica e l’emozionerimane sospesa. Il percorso di questo lavoro tuttavia nonè ancora concluso poiché abbiamo de-ciso di inserire una scena finale che daràun ulteriore livello di lettura, ancora di-verso, ma per il momento non voglio an-ticipare altro.Per quanto riguarda l’esperienza diTRACCE trovo sia un’opportunità chedovrebbero cogliere tutti, non solo leCompagnie selezionate per esibirsi, siada un punto di vista umano che di stu-dio. È stato un momento di confrontoestremamente formativo che ci ha per-messo di relazionarci non solo con altreCompagnie che si misurano, come noi,con il Teatro contemporaneo, e con col-leghi che hanno scelto percorsi diversima anche e soprattutto con docenti epersonalità che hanno offerto una seriedi input e visioni difficili da dimenticare.Gli spunti colti durante i convegni e leconferenze e naturalmente i laboratori,sono una risorsa cui attingeremo spessonel nostro percorso di ricerca e speri-mentazione, hanno stimolato la nostrainnata curiosità e permesso di scorgerealtre strade, magari non adatte a noi, avolte premature, ma che ci hanno an-cora di più motivati e spinti a continuarea lavorare sodo. Siamo tornati in “salaprove” con una serie di strumenti in piùnella nostra “valigia dell’attore” e contanta voglia di riempirla ancora e prestoe sempre più spesso. FEDERICA CARTERI

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La CattedraleCOMPAGNIA TEATRALE COSTELLAZIONE - Formia (LT)liberamente ispirato a “Notre Dame de Paris” di Victor Hugo e a “L’Opera da Tre Soldi” di Bertolt Brechtdrammaturgia e regia di Roberta Costantiniaiuto regia di Marco Marinocon Alessandro Acquista, Amelia Cimmino, Angelo De Clemente, Daniela Florio, Elisabetta Lisi, Fabrizio Pace, Gianluca Paolisso, Maria Rosaria Pugliese, Marilena Casatelli, Roberta Costantini, Simone Nardoni, Veruschka Cossuto. www.costellazioneteatro.it

Nel nostro territorio, noi facciamo fondamentalmente forma-zione; nel senso che non decidiamo di fare uno spettacolo,prendendo un testo, andando in sala, imparando il copione amemoria e provando così tutte le sere... Abbiamo scelto unaltro tipo di percorso, che è quello di formare le persone chevogliono avvicinarsi al teatro. Io nella vita sono teatrotera-peuta, faccio questo lavoro da circa 25 anni e lo riporto al-l’interno del Laboratorio.Quindi ogni spettacolo che la Compagnia Teatrale COSTEL-LAZIONE propone, è il risultato di un anno di lavoro in sala.In genere partiamo con un’idea: c’è qualcosa che ho da dire,sento l’esigenza di comunicare alcune cose, e vado a cercaredei testi che abbiano al loro interno queste tematiche. In que-sto caso, “Notre dame de Paris” di Hugo raccoglieva tantodi quello che avevo da dire, e con una contemporaneità vera-mente spiazzante, perché comunque Hugo appartiene adun’epoca ormai molto lontana da noi. E quello che avevo no-tato, leggendo in maniera più approfondita tutta la parte dellaCorte dei Miracoli, che Hugo presenta in maniera piuttosto

romantica, è che calzava perfettamente, si sovrapponeva a”L’Opera da Tre Soldi” di Brecht. Quindi è stato divertentemettere insieme queste due opere, fare uno studio contem-poraneo e cercare di trovare quali punti di contatto avessero,trasporlo in azione, e in laboratorio creare la drammaturgia ela regia. Perché questo è quello che noi facciamo: dramma-turgia e regia vanno di pari passo.Come regista e come formatrice io parto con un laboratoriointensivo che dura tre mesi, da ottobre fino a dicembre lavo-riamo sulla formazione pura. Da gennaio cominciamo lo stu-dio sui testi, e da quel momento comincia la costruzione dellospettacolo; si sperimentano tutte le possibili situazioni perpoter rendere in maniera non strettamente testuale, ma piùche altro corporea e simbolica, quelle che sono le tracce dellospettacolo.Personalmente non amo la scelta della scenografia tradizio-nale, per cui, come sensazione intima, ho la necessità che sialasciata al pubblico la possibilità di immaginarla. Lavoriamosempre su una quadratura nera, all’interno della quale ven-gono inseriti degli elementi di scena, dei costumi, che possonoessere utilizzati in maniera simbolica, tanto da poter lasciareall’immaginazione dello spettatore la possibilità di vederequello che vuole vedere. E questo ci ha dato modo di confron-tarci con le persone che vengono a vedere gli spettacoli, e divedere quanto di altro sono riusciti a vedere all’interno di unlavoro che per noi a un certo punto è finito. Ne “La Cattedrale”, gli elementi fisici che abbiamo sceltosono sette scale d’acciaio. Perché questa scelta? Perché ge-neralmente non mi piace contestualizzare in un momento sto-rico i lavori, mi piace che siano atemporali. Le tematiche e leprovocazioni che volevo lanciare con questo lavoro sono uni-

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versali, sono del nostro tempo ma anche di un tempo passatoe probabilmente ci saranno anche nel futuro. Quindi biso-gnava mettere dentro degli elementi anacronistici rispettoalla storia di Hugo. Perché le scale, perché l’acciaio? Perchéall’epoca di Hugo si stava costruendo la Tour Eiffel, e questoferro che imperversava a Parigi lui lo considerava un elementodi cambiamento che non accettava molto, così come l’avventodella stampa che stava cambiando la comunicazione, un certomodo di essere e di pensare. Quindi l’acciaio mi sembraval’elemento giusto per un discorso di universalità.Poi, come sempre, noi utilizziamo tantissimo gli abiti, i co-stumi, che non servono mai soltanto per vestire l’attore; tuttociò che l’attore ha, a partire dalle cose che indossa, quelle chetocca, sono comunque parte integrante di un sistema, e que-sto sistema è rappresentato dal corpo dell’attore, dagli ele-menti che sono in scena, dalle musiche, che sono come unaltro attore in scena, e dalle luci. Per cui la voce, il movimento,la luce, la musica, tutto si integra in una sinergia che serveper la comunicazione finale.“La Cattedrale” nasce così, seguendo questi canoni chesono i canoni della Compagnia. Ha debuttato dopo un annodi lavoro: abbiamo cominciato il Laboratorio a ottobre 2012ed ha debuttato a novembre 2013. In questo momento ab-biamo circa 40 persone in formazione e diversi spettacoli chestanno circuitando. Siamo molto contenti e molto felici, per-ché il nostro lavoro è ripagato fondamentalmente dalla rispo-sta del pubblico; pubblico che diventa universale, perché nonè soltanto un pubblico territoriale, non è un pubblico soltantoitaliano ma è anche internazionale, poiché i nostri spettacolili presentiamo molto spesso all’estero: dalla Corea del Sud alCanada, dalla Finlandia al Marocco, Lituania, Belgio, Francia.

“La Cattedrale” l’anno scorso ha rappresentato l’Italia alFestival Apostrof di Praga, e abbiamo avuto la grandissimasoddisfazione di arrivare terzi. Queste sono gratificazioni im-mense, emozionanti: confrontarsi, è un’esperienza che arric-chisce sicuramente sotto il profilo artistico, perché si imparaveramente tanto nel confronto con le realtà estere, e anchesotto il profilo umano è veramente molto formativo.In tutta la prima parte lo spettacolo si estende anche in pla-tea, perché generalmente non amo lavorare soltanto sul pal-coscenico, ma mi piace il contatto col pubblico; quindi i nostrispettacoli hanno sempre un momento o più momenti di inte-razione. Perché credo che la relazione con la persona che staguardando lo spettacolo debba essere attiva, proprio per darela possibilità allo spettatore di entrare nello spettacolo in ma-niera vera, con tutta la sua creatività, e poter partecipare conle proprie emozioni. Per quanto riguarda la regia e lo sviluppo drammaturgico,condivido con mio marito Marco Marino questa passione stra-tosferica, perché la nostra vita è il teatro. Fortunatamente ab-biamo la possibilità di condividerla, lavoriamo in coppia. Devodire che ho poi la fortuna di lavorare con dei ragazzi straor-dinari. Chi si avvicina alla nostra Compagnia sa perfettamenteche fatichiamo tanto: siamo in sala tutti i giorni 4 o 5 ore lasera, con qualche giorno di riposo. Quindi chi si avvicina alla Compagnia COSTELLAZIONE sa chedeve lavorare, sa che poi avrà modo di fare delle esperienze,che sono sicuramente meravigliose, ma sono possibili soltantose c’è un sacrificio, un lavoro forte, e chi fa questo tipo di per-corso lo sa.

ROBERTA COSTANTINI

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Io sono l’acquaCOMPAGNIA RObERTO COSTANTINI - Formia (LT)testo di Rosamaria Caputi e Mauro Mazzettiregia di Roberto Costantinicon Sabrina Marciano

Sinossi – Una donna divenuta tutt’uno con l’elemento che leha dato la morte, riemerge e fa zampillare parole che rimbal-zano come fa l’acqua sui ciottoli.Quel suo interminabile riprendere fiato, atto che apre con vio-lenza lo spettacolo, le rende la possibilità di costruire un suomondo attraverso il racconto, spesso interrotto dal dubbio:qual è la verità?

Superato il dolore per la perdita della madre morta di parto,torna l’eco serena di un’infanzia vissuta sulle ginocchia del-l’affettuoso padre, di una giovinezza sbocciata tra le bracciadel suo amato, di un progetto di vita radioso.Eppure c’è qualcosa che (dis)turba tutto questo, un valzermalsano, un altare rimasto vuoto, il velo del convento.Soprattutto l’acqua, che torna a chiamarla a sé, misteriosa eluminosa come la follia, fino a far crollare le sue sicurezze efarle ricordare, ancora una volta e dolorosamente, chi è dav-vero, e quale destino ancora la attende.

“Io sono l’acqua” nasce da un percorso drammaturgico diRoberto Costantini, e si ispira, per grandi linee, alla vicendabiografica dell’Ofelia shakespeariana.A differenza di questa, però, la protagonista ha un ruolo attivonei confronti di tutti i personaggi che racconta: la sua parolacrea il suo mondo, il suo corpo racconta storie non dette, lesue verità emergono sotto forma di immagini sospese propriosopra la sua bara.

Lo spettacolo offre notevole possibilità di espressione alla suaunica interprete, poiché è articolato in una scrittura scenicasemplice ma dalla simbologia ben strutturata.

La protagonista crea il suo mondo attraverso una parola pre-ziosa, resa tale dai testi di Rosamaria Caputi e Mauro Maz-zetti, che diviene talvolta canto, vocalizzo, e che noncomunica direttamente il senso ultimo della narrazione: giochidi parole, assonanze e allusioni rimandano costantemente auna verità “altra”.Verità che emerge, letteralmente, attraverso le capacità nar-rative del corpo, strumento che contiene ed esalta la dimen-sione vocale grazie alle rivelazioni del Teatrodanza.Le proiezioni permettono di leggere quanto di più riposto siannida nella mente della protagonista: dapprima i ricordi piùsereni, poi il trauma subito e, infine, il trauma rimosso che laconduce ad annegare nuovamente nella follia.

ROBERTO COSTANTINI

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UnderGRANdI MANOvRE - Forlì (FC)elaborazione e regia di Loretta Giovannetticon Francesca Fantini e Massimo Biondi

«...C’è un unico modo per farsi di-struggere. Permettere agli altri ditrasformarti in qualcosa di diversoda quello che sei».

Il testo è un unico atto scandito da piùscene, una libera elaborazione registicada 2 testi e da uno stage tematico su “Ilcorpo della Parola”. È un meticoloso lavoro teatrale chevede in scena un incredibile crescendoemotivo: dalla leggerezza iniziale, si as-siste ad un’evoluzione/involuzione siaverbale che fisica, amplificata dalla si-tuazione claustrofobica del bunker dovesono rifugiati e dai caratteri diversi deipersonaggi che, con un realismo ina-spettato, ci mostrano squarci di sarca-smo porporino e cruda realtà.

L’ambientazione è un vecchio bunkerantiatomico sotterraneo che il proprie-tario (Mike) non ha smantellato, resacon una scenografia essenziale: unarete da letto singolo, un mobiletto usu-rato, uno sgabello, un tavolino e duesedie di legno.

Erano tutti nel pub quando avvenne l’esplosione nucleare.Amy si sveglia nel bunker antiatomico di Mike.Lui l’ha salvata.Hanno poche cose per sopravvivere in quel luogo claustrofobico: un po’ di cibo in scatola, una radio, un vecchio gioco di ruolo. Bisogna aspettare. Bisogna andare d’accordo.È una convivenza forzata dove il male e il bene si graffiano a vicenda.È uno spettacolo dalla dinamica potente, appassionata e crudele sfioratada venti di cupo umorismo.Un gioco a due di impossibile tenerezza, di compiaciuta sopraffazione, di amore distorto e inquietante.è un percorso che lascia cicatrici. Inesorabilmente...

LORETTA GIOVANNETTI

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5La regista Loretta Giovannetti e gli attori di GRANDI MANOVREricevono il Premio “Sele d’Oro” dal Sindaco di Oliveto Citra Carmine Pignata.

[ Tutte le foto di TRACCE per SCENA sono di davide Curatolo ]

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g FLAvIO CIPRIANIdirettore Centro Studi Nazionale UILT4L’idea è quella di incontrarci annual-mente, con questo Osservatorio-Forum,affrontando degli argomenti teatrali,argomenti che ci interessano particolar-mente, e che interessano la contempo-raneità. Ci troviamo in un posto dovegià da 31 anni si studia e si attua teatrocontemporaneo, con l’intento di poterannualmente crescere insieme, graziealla comunione tra l’Amministrazionecomunale, il premio Sele d’Oro e noi. 4Qui non c’è distinzione tra teatroamatoriale, o più o meno professionista,e il concetto della nostra riunione an-nuale sarà questo: parlare di argomentidi teatro, attuali e aperti, così come lo èl’argomento di questo Osservatorio, laparola. Tutti i giorni sperimentiamo nelnostro lavoro quanto sia difficile capiredove metterla, come metterla, comesperimentare la parola; forse è la partepiù difficile. 4Spero che questa iniziativa abbia unacementificazione, possa mettere radiciin questo luogo.

g CAThY MARChANdAttrice del Living Theatre4In questo momento di grande cam-biamento del mondo, di grande orrore edi grande barbarie, sono importantiqueste piccole isole dove poter ancorariuscire a confrontarci con l’umano, at-traverso l’arte. Questo è fondamentaleper affrontare l’orrore.4Citazioni di Julian beck: «Tutto quello che sta succedendo, suc-cede perché la nostra società accetta lemodalità di una società omicida e le faapparire meravigliose, fa gran caso dibanalità; se vuoi vedere la verità deviessere pazzo, abbastanza pazzo da af-frontare l’orrore».«Preferisco un teatro disturbante a unteatro piacevole; faccio teatro per sve-gliare coloro che dormono».

g GERARdO GUCCINIdocente dAMS di bologna4Nel momento in cui ci si rinnovacome persone e si fa teatro, si fa un tea-tro diverso.4L’uso della parola e della voce a tea-tro sono due elementi distinti. 4Il lavoro sulla voce può includere laparola in quanto portatrice di suono, la

parola come dispositivo sonoro.4La voce non è un’entità restringibileo assoggettabile esclusivamente al mo-dello orale della parola portatrice disenso e comunicata.4Nella dimensione laboratoriale sullavocalità, la parola non è tanto l’emer-sione del pensiero, ma è l’organismo fo-nico che si applica ad un esercizio sullasonorità della voce: una cosa è la di-mensione del lavoro vocale, una cosa èil montaggio dell’elemento verbale.4Il Teatro dialettale è tale perché simodella su un parlato territorialmentedelimitato, che trova nella scena il pro-prio rispecchiamento integrale.4Il dialetto non mette al proprio cen-tro, come proprio fattore costitutivo, ladimensione strettamente semanticadella parola, ma l’intonazione portatricedi senso.

g FRANCESCO RANdAZZOdrammaturgo e regista4La nozione di “verbo”, nella sua pri-migenia definizione, è sì “parola”, maanche e soprattutto parola che denotal’azione; parola in movimento e in dive-nire, che irradia sensi e immagini, signi-ficati e dialettiche.4L’Occidente ha privilegiato per secolila rappresentazione della parola dram-matica e poetica, in quanto primaria esostanziale rispetto all’atto rappresen-tativo della stessa.4Nel verbo, nella struttura del verbo,nella morfologia della parola stessa, c’èl’accadimento.4La parola è il cardine solidissimo diun modo di rappresentare il Teatro tuttolegato all’iconicità della parola.4Citazione da Pirandello:«L’opera d’arte è quello che resta, anchese nel tempo vive nel momentaneospettacolo che se ne dà nei teatri; e tratutti gli altri spettacoli che possono perun momento entrare nella vita del po-polo, il teatro è quello che ne assommae rispecchia più intimamente i valorimorali. Il teatro è quello che resta».4La perentorietà della parola autosuf-ficiente viene via via scardinata dallaperentoria necessità di rappresentare.4La nozione di testo immobile e inal-terabile è di per se stessa rischiosa-mente limitante, se non sterile, nellacreazione di uno spettacolo.

g ENRICO PITOZZIdocente dAMS di bologna4La parola serve a far vedere una cosache non hai lì sotto gli occhi, a dire l’in-dicibile, evocare qualcosa che non è lìmaterialmente.4La grande forza del Teatro è conti-nuare a cercare delle forme; perché ve-diamo sempre di più di quello cheabbiamo davanti.4Il corpo sonoro permette di giocaresulla dimensione del suono in scena; ilsuono incide profondamente su coluiche ascolta, lo spettatore comincia adabitare la scena perché è coinvolto den-tro una dimensione inglobante.4L’intonazione, la dimensione delsuono della parola, è la sua atmosfera,la sua temperatura, è il modo in cuiquella parola incide sull’attenzione diqualcuno.4È necessario tenere in tensione traloro la dimensione sonora della parola,la sua materialità, l’intonazione, e la di-mensione del significato.4La pratica ha sempre un confronto di-retto con la scena; non posso non pen-sare da una pratica, se no non riesco adindividuare gli elementi fondamentalisui quali si lavora in scena.4La potenza del corpo si esprimeanche attraverso la dimensione sonoradella voce.

g MORENO CERQUETELLIGiornalista di Rai 3, curatore della rubrica “Chi è di scena”, critico teatrale4A teatro si è visto un ritorno della pa-rola, attraverso soprattutto gli attori“fabulatori”; negli ultimi anni moltisono tornati a quella che è l’essenza delteatro, cioè il racconto diretto.4Nel teatro, la riscoperta del propriospecifico sta nella parola, nella comuni-cazione diretta tra attore e pubblico; simanifesta in una forma nuova, in unanuova scrittura scenica.4Un attore può inventare sensazioni,far diventare una parola fisicità.4La parola, anche attraverso il mezzotelevisivo, conserva tutta la forza e lapotenza di evocazione che ha nel tea-tro.4Lo specifico del teatro viene recepitodal mezzo televisivo e veicolato comenuova tecnica di comunicazione.

[ a cura di dANIELE CIPRARI ]

DALL’OSSERVATORIO

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DI FLAVIO CIPRIANIDIRETTORE CENTRO STUDI UILT

RIFLESSIONI

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Quando si intraprende la difficile via di uno studio,si è sempre e continuamente in fasi di riflessionee di interrogativi. La problematica più pressante,ed almeno sicuramente una delle più importanti,è quella di capire quale sia il punto da dove ini-

ziare, e quindi le direzioni di diramazione da questo punto fo-cale. Quando ho deciso che fosse il momento di iniziarericordo che non ho avuto dei dubbi importanti: il ‘900 tea-trale, e quindi quel periodo in cui persone geniali hanno cam-biato il modo di fare teatro con un impegno anche etico cheper molti di questi uomini ha pesato nella propria vita privatasino in alcuni casi all’estrema conseguenza.

Ma allora in questo momento quali sono i dubbi, e se nondubbi almeno riflessioni? Molti studiosi considerano questomomento unico, il ‘900 teatrale con i suoi riformatori, i registipedagoghi, gli studiosi che hanno avvicinato il teatro allascienza, come ormai un reperto museale. La mia personale convinzione è che se volessimo anche con-siderarli processi “museali”, concetto che non condivido inalcun modo, potremmo aggiungere che i musei non sono natiper conservare le ceneri ma per tenere vivo il fuoco! Quellepiccole fiammelle che si sprigionano dal fuoco possono colo-nizzare e provocare incendi. Ora, quello che penso è chiaro, evidente: come si diceva du-rante un laboratorio con Michele (Monetta), quando sipensa a queste persone che hanno elaborato e messo in pra-tica le loro teorie rivoluzionarie si ha una visione quasi idea-lizzata, come di persone che vivessero e continuassero avivere in un Olimpo, ma che poi sono persone vere, uniche,perché hanno creduto e frequentato l’utopia, sono personeche vivevano fisicamente nel loro presente, ma che agivanogià nel futuro; e sono persone (poche ormai) che ancora con-tinuano a frequentare il presente ed ancora continuano a pro-iettarsi nel futuro... e penso ad Eugenio Barba! Maestri viventi

LA VALIGIADELL’ATTORE

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e non guru spirituali, ma persone con una grande umanità edisponibilità, ancora convinti e disponibili a lavorare proiettatinel futuro di nuove generazioni. Ed è questa l’altra importante riflessione: qual è il motivo percui si continua a negare quell’onda lunga di genialità che an-cora “bagna” i nostri lidi? Ed ancora oggi, e di tempo ne ètrascorso, qualcuno mi saprebbe indicare dei nomi da poteravvicinare a quelli a cui ho fatto riferimento? Mi saprebbe in-dicare delle scuole di pensiero (teorico-pratico) che possanomettere in crisi questi riferimenti? Forse il problema non saràquello di nascondersi dietro teorie che poi facilmente si di-mostrano confutabili? Qualcuno sembra aver dimenticato oignora da dove siamo partiti, oppure finge di non sapere diagire frequentando quei concetti? Fondamentalmente sonosicuro di un concetto essenziale: di teatro dovrebbe scriveree teorizzare chi ha frequentato chi si è occupato di teatro, enon solo chi ha studiato il teatro! In un convegno alcuni annifa insieme ad Eugenio Barba, l’Odin e tanti studiosi che fre-quentano ed hanno frequentato l’ISTA e l’Odin, mi trovai aconfutare alcune teorie che non riuscivo a capire, teorie chePROFESSAVANO l’estraneità del teatro - contemporaneo?..moderno? …post moderno? …non saprei! - rispetto alleteorie e gli studi del ‘900. Poi ricordo si proiettavano alcuniesempi di teatro per dimostrare l’estraneità rispetto agli in-segnamenti del ‘900. Quale fu la mia conclusione ed inter-vento? Quella a cui accennavo: qualcuno ignorava il ‘900,qualcuno fingeva di non avere rapporti estetici con esso,anche se concretamente ne frequentava le teorie! Ma alloraqual è il problema? Sicuramente quest’onda sotterranea con-tinua ad agire, ma come si diceva da piccole fiammelle na-scono fuochi nuovi, che portano in sé il seme dei fuochioriginari ma hanno una loro vita di fuoco autonomo!

Ma torniamo alla valigia. Si può teorizzare di fare a meno diconcetti teorici-pratici che possano aiutarci nel nostro essereartigiani? Si può accedere direttamente alla creatività senzaaver frequentato metodiche e sperimentato personalmente?Anche l’artigiano che acquisisce una metodica di lavoro os-serva ed acquisisce tecniche che successivamente esercita dipersona, ma solo dopo averle osservate, studiate e praticatesotto la guida esperta di un artigiano.

La creatività è il modo di usare, di utilizzare strumenti chevengono tramandati e studiati. «La creatività determina la unicità rispetto al lavoro dell’at-tore. È la dinamica attraverso la quale personalizza la tecnicamaterializzandola in una realtà personale». «Il lavoro dell’attore è il risultato di una tensione dialetticatra due poli: la tecnica e la creatività».In quella valigia convivono tecnica e creatività, perché pro-fondamente in relazione tra di loro ed inscindibili in quantouna realtà organica unica, «da un punto di vista teorico maanche pratico operativo si può agire distinguendoli come fos-sero due campi operativi e teorici individuali».

Agli inizi il genio di Stanislavskij nella sua opera già indicavai due campi operativi: il lavoro dell’attore su se stesso si oc-cupava dello studio teorico-pratico della tecnica, il lavorodell’attore sul personaggio si occupava della creatività.Il lavoro dell’attore su se stesso si è sviluppato e concretizzatoin due momenti essenziali: il training e le prove. Vorrei chequalcuno indicasse eventuali cambiamenti e rivoluzioni ri-

spetto a tali metodiche che sono state tramandate e conti-nuano ad essere tramandate! Sono state messe in atto solosituazioni di personalizzazione di queste metodiche, semprepiù spesso dimostrazione di non perfetta traduzione di con-cetti.

Nella continuità di questa mia riflessione vorrei sottolinearequei concetti che determinano la continuità, ma anche poi lasuccessiva personalizzazione delle teorie di due maestri.Jerzy Grotowski teorizza una distinzione operativa tra l’oc-cuparsi di tecnica e di creatività: il training dedicato alla ri-cerca della tecnica, le prove momento in cui si ricerca lacreatività, e soprattutto nello spazio delle prove concretizzaun momento fisico-concettuale che serve a favorire il mo-mento creativo: l’improvvisazione. Nell’evoluzione dei suoistudi fondamentale è il passaggio al concetto di performerche sostituirà il concetto di attore: «il performer è un uomodi azione, è uno stato dell’essere (non semplicemente unuomo che fa la parte di un altro). La creatività è azione.L’azione è per il performer quello che il personaggio e l’im-provvisazione erano per l’attore».

Quando Eugenio barba inizia il suo lavoro con l’Odin mettein atto una metodica ereditata dal suo maestro proseguendonella rivoluzione attuata dallo stesso: nel training l’attore la-vora separatamente la tecnica, nelle prove - attraverso im-provvisazioni - esperimenta e ricerca la creatività. Sino aquesto momento c’è continuità. «L’improvvisazione costitui-sce un importante momento di esplorazione della propria sog-gettività e non ha niente da spartire con l’idea tradizionaledel personaggio» ma, e questo determina quel percorso cheporta ad essere a sua volta un maestro, da questo puntofermo Eugenio Barba elabora una propria idea, dove quel con-cetto che teneva separate le prove dal training si esauriscesino a che «il training si trasforma nello spazio dove l’attoreinvece di compiere una serie di esercizi stabiliti lavora perso-nalmente sulla propria energia fissando partiture». L’improv-visazione si trasforma dalla sua caratteristica di esplorazionesoggettiva in una attività che serve a costruire materiali sce-nici, «ad elaborare CONSAPEVOLMENTE UNA PRESENZASCENICA».

«Training come TEATRO DEGLI ATTORI dove il regista agiscerielaborando e montando le partiture composte dagli attori».In definitiva è un lavoro che riguarda un concetto che moder-namente è sempre proposto e studiato: la presenza scenica.Quindi «il training e le prove come due momenti di uno stessolavoro centrato sullo sviluppo della creatività individuale».Ma ora possiamo ritornare alla riflessione iniziale: è necessa-rio avere un bagaglio personale, e possiamo affermare che èpossibile attuare metodiche diverse di acquisizione e soprat-tutto renderle attive su se stessi. Questo è anche quello checi hanno tramandato i maestri con teorie e pratiche diverse.Altro suggerimento che viene da una modesta esperienza divita e teatrale nello specifico, è di avere queste teorie e pra-tiche, che ancora considero attuali, sempre presenti nella no-stra valigia immaginaria, e fermarsi a riflettere e considerarequello che è attualmente la nostra cultura teatrale e quantoessa deve a questi “abitanti di un Olimpo” da cui ancora ri-ceviamo segnali di vita.

FLAVIO CIPRIANI

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«C’È QUALCUNO NELLA MIA MENTE, MA NON SONO IO»

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L’INTERVISTA

IL CORPO VOCALE Atelier Nazionale del Centro Studi UILT

Amelia - 5/7 giugno 2015

Intervista al Maestro

YVES LEBRETON

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Nell’ambito delle iniziative di formazione del Centro Studi Na-zionale UILT nella sede di Amelia, il maestro Yves Lebreton,che ringrazio per la sua cortese disponibilità, ha risposto adalcune domande relative sia al tema dell’Atelier IL CORPOVOCALE, che alla sua visione artistica e al percorso personale.

L’artista nasce a Parigi il 5 marzo 1946. Dal 1962 al 1966, stu-dia musica classica: chitarra, pianoforte e violoncello. Dal1963 al 1966, studia arti grafiche e pittura all’Accademia delleBelle Arti di Parigi. Dal 1964 al 1969, studia “mime corporel”alla scuola di étienne Decroux a Parigi. Dal 1969 al 1975,fonda e dirige in Danimarca l’Atelier Teatrale “Studio 2” al-l’interno del Teatro Laboratorio Inter-Scandinavo per l’Arte

dell’Attore. Nel 1976, lascia la Danimarca e fonda a Parigi lacompagnia “Théâtre de l’Arbre”. Nel 1981, trasferisce il“Théâtre de l’Arbre” in Toscana dove crea nel 1983 in unavecchia cascina restaurata il “Centro Internazionale di For-mazione, Ricerca e Creazione Teatrale: l’Albero”. Gli spettacoli di Yves Lebreton sono stati presentati in 33paesi: Argentina, Germania, Austria, Belgio, Brasile, Canada,Colombia, Costa Rica, Danimarca, Egitto, Spagna, Finlandia,Francia, Gran Bretagna, Haiti, Olanda, Ungheria, Italia, Is-landa, Messico, Norvegia, Polonia, Rep. Dominicana, Russia,Svezia, Svizzera, Cecoslovacchia, Uruguay, U.S.A, Venezuela,Jugoslavia, Portogallo.

www.yves-lebreton.com

DI STEFANIA ZUCCARI

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©ph. Maurizio Buscarino

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Cos’è il corpo vocale? Lo spazio e l’importanza della pa-rola nel teatro contemporaneo, e quale parola? Cos’èper te la parola, un corpo vocale che parla?No, è un corpo che emette suoni, non per forza che parla.Questo arriva dopo, e si tratta del corpo verbale, che è un altrotipo di approccio, in continuità con il corpo vocale. Il corpo,dopo aver scoperto la nascita del suono vocale, la produzionedella voce, articola questa produzione vocale fino a utilizzarele parole, e dunque un testo. Tra il corpo e la voce abbiamoun elemento comune, che è il respiro. Il respiro è essenzialeper il corpo, per muoversi nello spazio e soprattutto per espri-mersi. Corpo e respiro sono necessari l’uno all’altro. E il re-spiro è anche indispensabile per l’emissione vocale, dunqueil corpo vocale è il corpo che scopre la sua produzione vocaletramite il respiro e il gesto vocale.Il primo passo è la produzione del suono vocale: una voltache il suono vocale è scoperto, che abbiamo trovato l’atteg-giamento giusto per sostenere la produzione della voce, nellospazio e nello stesso momento nel tempo, possiamo artico-lare. Ma non si tratta di parlare: si tratta di scoprire il linguag-gio fenomenale che abbiamo a disposizione, che noi nonutilizziamo, che sono le vocali e le consonanti, i versi, i colorivocali che l’uomo può produrre con il suo apparato fonatorio.Poi questi colori si possono agganciare l’uno con l’altro nellaconfigurazione di parole, che siano italiane, francesi, tedesche,giapponesi... Ma senza il suono vocale la parola non può na-scere, non esiste. La parola è un’estensione dell’emissione vo-cale, dunque prima mi concentro sulla produzione del suono,e questo è il corpo vocale; dopo posso avvicinarmi alla parola,tramite il corpo verbale.

Tu sei un Maestro. Quali sono stati i tuoi Maestri? Cosahanno dato a te, e cosa tu vuoi invece trasmettere aituoi allievi?Ho avuto la fortuna di nascere a Parigi. Lì sono nato e hoavuto la fortuna di fare le mie prime esperienze artistiche; vo-levo dedicarmi prima alla pittura, poi alla musica; al teatronon ci avevo pensato affatto. Per caso mi si è presentata l’op-portunità di avere un’esperienza teatrale amatoriale - si iniziasempre a questo livello - e questo è stato il cambiamento:sono stato attratto dal linguaggio artistico che è il teatro, hosentito subito che il corpo era predominante. Nella mia primaesperienza di teatro amatoriale, teatro classico, con un testoe una parte da interpretare, ho sentito che le parole che do-vevo recitare in scena non erano sufficienti; avevo bisogno ditrovare una fonte che mi rimandasse al corpo, non sapevo ilperché e il come, ma sentivo che mi mancava una base, cheera il sostegno fisico della mia recitazione in scena. Il parlarenon mi era sufficiente, ho cercato dunque una scuola per in-vestire questo spazio, che è l’espressione corporea, e ho avutola fortuna di conoscere la scuola di Étienne decroux. Appenasono entrato nella scuola di Decroux ho rinunciato al teatroparlato e mi sono concentrato unicamente sull’espressionecorporea. Dunque il mio Maestro è étienne Decroux, il miounico Maestro, non ho fatto altre esperienze formative. PeròDecroux si è concentrato principalmente sul linguaggio delcorpo, non ha investito il linguaggio vocale, anche se lui inpartenza era un attore di prosa, non di pantomima. La sua ri-cerca è nata nell’ambito del teatro e non del mimo, e questocrea grande confusione: la gente pensa che Decroux sia unmimo moderno, invece è un attore. Un attore che ha sentito,come io l’ho sentito in maniera intuitiva, che il corpo era fon-damentale, e appena tu tocchi il corpo, appena sveli le possi-

bilità espressive del corpo, scopri un mondo che è sufficientein se stesso. Il corpo può dire tutto, e soprattutto lo dice inmaniera allusiva, dà spazio all’immaginario. La parola è inca-strata dentro il mondo reale, perché nella vita quotidiana par-liamo tra di noi, dunque la parola è ingabbiata in questarealtà; invece il corpo supera questa realtà, ti dà anche la pos-sibilità di aprire una finestra su un mondo onirico, poetico, eanche puramente astratto. La danza ne è l’espressione piùviva, soprattutto il teatro danza di oggi. Dunque, a partiredall’esperienza che ho fatto nella scuola di Decroux, ho volutosviluppare questa esperienza verso la voce e ho utilizzato ilcorpo come base, come ponte per accedere all’emissione vo-cale, e tra il parlare e il corpo mi sono confrontato con il lin-guaggio della voce puro, senza l’uso della parola. Uno spazioche tuttora non è sviluppato a livello teatrale, si passa dalmovimento alla parola e si dimentica che tra le due c’è questospazio magico che è l’espressione sonora. Le vocali sonocome dei colori, le puoi mescolare insieme, ma abbiamo trecolori fondamentali e tre vocali fondamentali: O, A, I. Le me-scoliamo insieme e otteniamo delle vocali intermedie. E ognivocale ha una vibrazione, è un colore e dunque ha una qualitàespressiva, che si collega anche al tuo corpo; ogni vocale ècollegata alla tua struttura corporea, e dunque è uno spazioche mi affascina perché è un nuovo linguaggio scenico chenon è ancora utilizzato. Non utilizziamo il suono come espres-sione; lo facciamo tramite le parole, all’interno delle parolel’attore può tirare più o meno su certe vocali o certe conso-nanti, martellare la parola, scolpirla con la materializzazionesonora, ma è sempre schiavo della parola. Invece possiamoliberarci della parola, non più parlare ma realizzare dei movi-menti che sono fisici, e nello stesso momento vocali, e attin-gere a un’espressione totalmente nuova, dove l’attore nonrecita più ma crea dei suoni a partire dalle vocali e dalle con-sonanti, le mescola insieme. Questo è un tipo di linguaggioche mi interessa e quello che propongo all’interno dei mieilaboratori sul corpo vocale. Questo è un passo successivo cheDecroux non ha compiuto, anche se nell’ambito della scuolane parlava, ma non c’era nessuna preparazione dell’attore inquesta direzione.

Perchè hai scelto di vivere in Italia? E qual è la tua de-finizione di formazione? C’è differenza tra la forma-zione in Italia e all’estero?Non posso giudicarlo, e non mi interessa. Da un paese all’altrole cose cambiano, certo, però l’uomo è sempre quello. Puoicambiare paese, andare in Cina, in India, in Italia, in Sudame-rica... Parlano diverse lingue, hanno diverse tradizioni, diverseculture, ma alla fine la realtà umana è sempre quella, è sem-pre l’uomo, è sempre il linguaggio dell’uomo. Dunque il corpova al di là di tutte le culture, tocca l’essenziale, l’universale.Abbiamo tutti un corpo, e possiamo tutti esprimerci attraversoquesto corpo: la tristezza, la rabbia, la felicità, il benessere,che siano espressi da un cinese o da un italiano non sonotanto diversi; il linguaggio corporeo è di natura universale.Dunque per me non c’è una grande differenza tra un paese el’altro. È vero che abbiamo delle culture un po’ diverse, nontocca a me approfondirle, è più compito di un antropologo odi un etnologo che di un artista; ma passando da un paeseall’altro, facendo le tournée, certo vedo che il pubblico fran-cese è diverso da quello italiano, da quello tedesco, brasiliano,americano... Se mi sono stabilito in Italia è grazie al pubblicoitaliano, che rispondeva con maggiore disponibilità ai mieispettacoli. Forse perché voi avete una cultura del gesto:

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l’uomo italiano non smette mai di gesti-colare quando parla, il corpo è semprevivo e presente. La Commedia dell’Arteè nata in Italia, non in Francia; ha invasopoi la Francia, Molière senza la Comme-dia dell’Arte non sarebbe esistito, la suabase è quella, a partire dalla quale si èpoi sviluppato. Questa potrebbe essere una spiega-zione della mia scelta di venire in Italia;l’italiano ha una predisposizione al-l’espressione fisica, all’espressione cor-porea, e quando vede un attore che nonsi esprime attraverso le parole ma attra-verso il gesto, per lui è familiare, lo ca-pisce. Nel sud dell’Italia, a Napoli peresempio, la gestualità è ampia, gene-rosa, permanente. E in più l’italiano haquesta molla particolare che è l’imma-ginazione: ha fantasia, gli piace giocare,entra subito in sintonia con te se tu uti-lizzi l’ironia, non si trova spiazzato comeper esempio il tedesco, che è inquadratodentro delle regole fisse, e se vai oltrequeste regole ha difficoltà ad entrare incontatto. Invece l’italiano non si ponequesto problema, addirittura gli piaceessere fuori dalle regole. Dunque c’ètanta affinità tra il linguaggio corporeoe la cultura italiana. Questo l’ho ritro-vato anche in Brasile, seppur in manieramolto diversa: c’è una grande culturadel corpo, sono molto disponibili su que-sto piano, ma in maniera diversa dagliitaliani, senza entrare nei particolari.

L’espressione viene dal corpo odalla mente?La sorgente dell’espressione è sempreinteriore. Ma poi cosa è la mente? È fa-cile mettere un nome a qualcosa chenon conosciamo. Abbiamo tante paroleper nominare delle cose che non arri-viamo a capire. Parliamo per esempiodell’infinito, ma nessuno può capirecos’è l’infinito; o l’eternità, è un con-cetto che nominiamo, proviamo ad at-tingere a questa nozione attraverso unaparola, ma non è una definizione. Dun-que la mente è una nebulosa, è unospazio ancora totalmente da esplorare;ma io parlo di energia, invece che dimente, o di pensiero, di sentimento, diemozione. Alla fine è un’energia,un’energia di natura collegata alla tuapsiche, ma questa energia ha diversiaspetti: può essere cosciente, inco-sciente, subcosciente, sovracosciente.Non sappiamo come funziona la mente,non sappiamo ancora come funziona ilcervello, non sappiamo come è nata ecome funziona la coscienza; ne abbiamoqualche piccola indicazione, ma tutto

questo fa parte del mondo interiore.Questo mondo interiore non esiste senon c’è un’incarnazione, se non c’è unmondo fisico; fa parte del mondo fisico,non faccio una separazione tra mente ecorpo, tra spirito e materia. Lo spirito èdentro la materia, e la materia è dentrolo spirito. È la materia che permette allospirito di incarnarsi, di partecipare allavita. Se la materia sparisce, lo spiritonon si può più materializzare, diventaun’astrazione pura, non ha più esi-stenza; dunque la mente per me non èconfinata all’interno della psiche. La mente è dentro il nostro corpo, ognicellula del nostro corpo ha un flussoenergetico; gli atomi che sono alla basedella costituzione della materia sonoovunque nel corpo, nel cervello comenella pelle, nelle viscere. Siamo compo-sti di atomi, e questi atomi sono la sor-gente dell’energia. Dunque l’espressione - che sia fisica, vo-cale, pittorica, musicale, letteraria - nonfa altro che esteriorizzare un potenzialeche è vivo dentro di te. L’interiorità è lafonte e nello stesso momento l’obiet-tivo, l’espressione e il canale di passag-gio che ti permette di proiettare fuori latua identità, un certo vissuto, una certaqualità interiore, e di collegare questainteriorità allo spettatore che ti ascoltao che ti guarda tramite i sensi; tramiteil proprio corpo lo spettatore assimilal’energia che tu proponi, fino a far na-scere dentro di lui anche una qualità in-teriore. Dunque il mondo interiore perforza è la sorgente e anche la finalitàdell’espressione; è un ciclo che si chiudesu se stesso.

hai risposto anche alla domandasuccessiva: se l’arte è più tecnica oistinto, e se è la tecnica a suscitarel’emozione o è l’emozione a soste-nere la tecnica.Possiamo affinare il discorso dicendoche la tecnica non produce il mondo in-teriore, non produce l’emozione, ma latecnica permette di filtrare il mondo in-teriore e di renderlo tangibile per testesso e per lo spettatore. Permette di creare un ponte tra l’inte-riorità e l’esteriorità. Più tecnica c’è, epiù c’è finezza del linguaggio; più la tec-nica è raffinata, precisa, e più il mondointeriore può essere trasmesso in ma-niera più integra. Tutto il problemadell’artista - o dell’espressione in gene-rale, non unicamente dell’artista maanche dell’uomo di strada - è la fedeltàtra la forma che tu proponi e la motiva-zione che suscita questa forma. Se la

forma non è proprio il riflesso del sen-tito interiore, allora tu crei un malinteso;la trasmissione e la comunicazione nonsi realizzano. La trasmissione, la comunione, l’unionedello spettatore e dell’attore, si realizzaquando la motivazione, dunque ilmondo interiore, è totalmente espresso,quando la forma diventa totalmentetrasparente. La tecnica garantisce que-sta trasparenza.

LIBRI DI YVES LEBRETON

«SORGENTI. Nascita del teatro corporeo»edizioni Titivillus, collana “Altre visioni”.

«éTIENNE DECROUx. La statuaria mobile e le azioni»edizioni Titivillus, collana “Altre visioni”.

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DI FRANCESCO FACCIOLLI

LA MASCHERA

Già nella traduzione del termine maschera inlatino persona troviamo tutto il fascino diquesta parola, di questo concetto, di questametafora. Nell’immaginario collettivo, a livelloingenuo, la maschera è generalmente asso-

ciata al Carnevale, o comunque ad occasioni particolari in cuiabbiamo la possibilità di “travestirci”, di assumere altresembianze; questa finzione ci consente di dare sfogo allanostra fantasia, di diventare - per un breve arco di tempo- un personaggio altro dalla nostra realtà quotidiana, dif-ferente da ciò che noi stessi siamo o che crediamo di es-sere. Dobbiamo tener presente che fin dall’infanzia,ciascuno di noi pur di sentirsi amato e inserito nel con-testo sociale in cui vive e opera (famiglia, scuola,gruppo dei pari, ecc.) tende a mettere da parte i bisognipiù profondi e la sua natura più intima e radicata, di-venendo con il tempo sempre meno libero. Ben prestoiniziamo a comprendere quali sono i comportamentiaccettati e quelli rifiutati e – per paura di restare solioppure di essere giudicati o non accettati per quelloche siamo – di conseguenza ci adeguiamo, anchea spese della nostra stessa identità, libertà e spon-taneità. Tutto questo avviene in gran parte al difuori della nostra coscienza e razionalità; unavolta divenuti adulti crediamo di conoscerci epensiamo: «chi meglio di me può sapere chisono…?»; ma in fondo, ciò che conosciamoveramente è la nostra apparenza, la facciatache ci sforziamo di presentare agli altri e anoi stessi, in altri termini la nostra mascherasociale.

SUA CUIQUE PERSONAA CIASCUNO LA SUA MASCHERA

persōna personă, personae s. f. I decl.|n. f. I décl.|s. f. I decl.

personalità (s.f.), personaggio (s.m.), carattere (s.m.), ruolo (s.m.),

maschera (s.f.)

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Realtà e apparenza, verità efinzione sono concetti oppo-

sti, ma in fondo fra lorostrettamente connessi, chehanno da sempre affasci-nato l’animo umano, tro-vando espressione indifferenti settori, dall’arte

alla filosofia al teatro. Di quil’interesse in particolare per la

“maschera”, proprio in quantociascuno di noi recita nella so-

cietà un ruolo, cioè appare agli altricome un carattere, un personaggio, in-

dossando appunto una maschera.

«OGNI UOMO MENTE, MA DATEGLI UNAMASCHERA E SARÀ SINCERO»

[ OSCAR WILDE ]

Sembra un ossimoro quello di Oscar Wilde, ma in realtà co-prire la nostra “maschera sociale” con una maschera-og-getto, manufatto, permette di liberarsi, di svelarsi per quelloche si è. La maschera non cela, svela. La maschera per-mette una comunicazione extraverbale. Una comunicazioneche va oltre il linguaggio parlato, razionale, convenzionale esi spinge in terreni più “animali” più istintivi. La mascherapermette a persone di lingue e culture differenti di condivi-dere esperienze, sensazioni, idee.

Che cos’è la Maschera?La maschera è un artefatto che si indossa che può ricoprirel’intero viso o solamente gli occhi. È utilizzata fin dalla prei-storia per rituali religiosi, rappresentazioni teatrali o feste po-polari. Incerto l’etimo della parola: probabilmente deriva dallatino medioevale màsca, strega, tuttora utilizzato in talsenso nella lingua piemontese. Si trova traccia dell’origine deltermine nell’antico alto tedesco e nel provenzale masc, stre-gone. Dal significato originale si giunge successivamente aquello di fantasma, larva. L’evoluzione linguistica portò pro-babilmente all’aggiunta di una “r” facendo assumere al ter-mine la forma dapprima di mascra e successivamente dimascara. Alcuni studiosi hanno suggerito una derivazionedell’etimo dalla locuzione araba maschara o mascharat,buffonata, burla, derivante dal verbo sachira, deridere, bur-lare, importata nel linguaggio medievale dalle crociate. Tuttavia tale vocabolo è già presente in alcuni testi anteriorialle crociate. Altri vedono un possibile accostamento con iltermine pregallico baska da cui abbiamo il verbo franceserabacher, fare fracasso. Si è dunque probabilmente giunti aduna sorta di processo di assimilazione all’interno del signifi-cante “maschera” sia dell’aspetto primordiale di anima cat-tiva o defunto, sia di un aspetto goliardico e festoso. Comunea innumerevoli popolazioni è l’utilizzo di tale simbolo sindall’età arcaica, raramente sostituito, ma spesso affiancatoda pitture corporali, tatuaggi o scarnificazioni.

Di cosa è fatta la Maschera?La maschera come oggetto fisico può essere fatta di diversimateriali a seconda delle tradizioni e delle funzioni. I materialiusati principalmente sono il legno (Bali, Giappone, Europa,Africa), il cuoio (Italia, Cuba), la carta (Europa, India, Cina).

Molte maschere sono ricavate da elementi naturali quali cor-tecce, foglie, parti animali. Ma la maschera è fatta soprat-tutto di energia, di spirito. Un attore o una persona cheindossa un qualunque indumento o accessorio è la stessa per-sona con addosso quel particolare accessorio. Un attore puòindossare un cappello, una sciarpa, ma non cambia la sua na-tura. Nel momento in cui un attore o una persona indossanouna maschera, in quello stesso momento “trasfigurano” di-ventando “altro da sé”. La maschera apre dei canali di co-municazione sconosciuti, arcani, che superano lebarriere linguistiche, comportamentali, razionali e dia-logano ad un livello più profondo, più arcaico.

A cosa serve la Maschera?È importante sottolineare brevemente come le numerose ri-cerche etnoantropologiche hanno distinto le differenti fun-zioni della maschera all’interno delle varie aree continentali:in linea molto generale, la maschera è strumento con cui cap-tare la forza soprannaturale degli spiriti e appropriarsene, uti-lizzandola a beneficio della comunità. La maschera non èun travestimento con il quale si cerca di nascondere lapropria identità personale, l’uomo mascherato nonvuole farsi passare per una divinità, ma è la divinitàstessa che lo possiede temporaneamente e che agisceattraverso di lui. La maschera si configura quindi, comeun efficace mezzo di comunicazione, essendo uno stru-mento che permette di alienarsi dalle convenzioni spa-zio-temporali, al fine di proiettarsi all’interno di unmondo “altro”, divino, rituale, mistico. Nelle popolazioni antiche la maschera era il mezzo privile-giato di comunicazione con le divinità e i defunti.

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Nella Grecia arcaica e classica la maschera è legata alla sferadella morte, dell’ira degli dei (maschere rituali di divinità nelloro aspetto irato, esibite dai sacerdoti, in particolare duranterituali misterici). In questa tipologia d’impiego è spesso unostrumento di comunicazione con lo spirito del defunto per evi-tare che questi nuoccia ai congiunti. Il rapporto fra mascherae morte si accentua nel mondo ellenistico e all’interno deiculti misterici romani. La maschera di Sileno, ad esempio, di-viene uno dei simboli per eccellenza della morte iniziatica (af-freschi della Villa dei Misteri a Pompei). è proprio all’interno del contesto greco-romano chepossiamo ritrovare l’interrelazione fra sacro e profano,attuata per mezzo dell’uso teatrale della maschera.La maschera teatrale è un oggetto che riproduce general-mente le fattezze di un volto (umano, animale o soprannatu-rale) e che viene indossato sul volto dall’attore. Le mascheresono usate in molte tradizioni teatrali di diversi continenti,dal teatro classico greco e latino fino al teatro Balinese, allaCommedia dell’arte, al teatro No giapponese.Nel Teatro greco e latino le maschere avevano la doppia fun-zione di caratterizzare il personaggio e fungere da cassa dirisonanza sonora per amplificare la voce e rendere più udibilii dialoghi. Il Teatro Osco, una forma di teatro diffuso nel centroItalia prima della conquista romana usava caratteri fissi per ipersonaggi rappresentati da maschere. L’uso di maschere èadottato nelle forme di teatro tradizionale di tutto il mondo.Il Teatro Topeng balinese è un teatro rituale in maschera, dovemolti personaggi “vivono” sulla scena solo con i gesti e i mo-vimenti del corpo. La loro comunicazione non è affidataalla parola ma all’espressione corporea.

In Europa l’uso della maschera ebbe grande successo con laCommedia dell’arte italiana. Il suo successo durò dalla se-conda metà del ‘500 fino al ‘700 inoltrato. La Commediadell’Arte si sviluppò in Italia; diffusasi poi in tutta Europa, di-venne molto popolare in Francia. La definizione Commediadell’Arte (arte ha il significato medievale di mestiere) distin-gueva il teatro di attori di professione da quello praticato nellecorti da letterati e cortigiani e sui sagrati delle chiese da chie-rici e diaconi. Le compagnie professioniste erano composteda artisti e acrobati girovaghi. Tali compagnie non mettevanoin scena testi d’autore ma, basandosi su un canovaccio, rap-presentavano vicende ispirate alla realtà quotidiana, arricchitecon numeri acrobatici, danze e canti. Le commedie si basa-vano su personaggi ben riconoscibili e dai caratteri stereoti-pati, su un’enfatica gestualità, dialoghi improvvisati, interludimusicali e buffonerie, per soddisfare un vasto pubblico di di-versa estrazione sociale e culturale. Tutti gli attori, con l’ecce-zione della coppia dei giovani innamorati, portavano lamaschera. Le maschere riproducevano alcuni caratteriben riconoscibili, tali da ovviare in parte all’assenza diun copione e da orientare immediatamente la compren-sione del pubblico. La popolarità della Commedia dell’Arte,sia in Italia sia all’estero, fu straordinaria ed influenzò moltoteatro a venire. In Inghilterra, influenzò la grande arte di Sha-kespeare. In Francia la commedia ispirò il teatro dei maggioricommediografi francesi, come Molière e Marivaux. Non si èmai smesso di scrivere per le maschere, basti pensare al Pul-cinella di Stravinskij, balletto dei primi del ‘900 o al Pulcinelladi Manlio Santanelli, autore contemporaneo napoletano checon quest’opera ha conquistato i maggiori teatri di tutto ilmondo. Proprio Santanelli, nella sua opera, dà una definizioneemblematica della maschera: «LA MASCHERA NON SIAMO NÉ NOI NÉ GLI ALTRI MAQUALCOSA CHE STA GIUSTO IN MEZZO. E MENTRE ÈGUARDATA, GUARDA. GUARDA VERSO DENTRO EVERSO FUORI ALLO STESSO MOMENTO.»

FRANCESCO FACCIOLLI

Nelle foto delle pagine precedenti:Maschera con volto di satiro in terracotta policroma, 300-100 a.C.

Maschera di Agamennone. Mosaico romano del I secolo a.C. con maschere tragica e comica. Maschere della Commedia dell’Arte.

In questa pagina: Maschere da Alaska, Africa e Tibet. Maschera di Sileno negli affreschi della Villa dei Misteri di Pompei.

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Il 43. Festival Internazionale del Teatro della biennale divenezia si è svolto quest’anno dal 30 luglio al 9 agostocon al centro della programmazione le attività di biennale Col-lege - Teatro, linea strategica della Biennale che coinvolge tuttele discipline ed è rivolta alla formazione di giovani artisti, a cuisi offre la possibilità di operare a contatto di maestri per lamessa a punto di “creazioni”. All’interno del Festival, infatti, ac-canto agli spettacoli saranno presentate le nuove creazioni dibiennale College - Teatro, stabilendo un rapporto diretto tracreatività e Festival. La biennale College - Teatro, per chi nonavesse avuto la possibilità di assistere alla Biennale, è una sortadi laboratorio scientifico che favorisce l’incontro tra artisti e gio-vani professionisti di tutto il mondo. Grazie alla partecipazionedi grandi maestri internazionali che ancora una volta sono statipresenti, gli spettacoli sono stati presentati dagli stessi autoriche hanno svolto anche la funzione di guide dei workshop dicreazione. Straordinari spettacoli di grandi compagnie eartisti internazionali sono stati i protagonisti del 43. Festival,come aveva preannunciato Alex Rigola, il direttore del Set-tore Teatro: da un lato i Leoni d’oro delle passate edizioni, JanLauwers con la Needcompany, Thomas Ostermeier con laSchaubühne, Romeo Castellucci e la Socìetas Raffaello Sanzio,e dall’altro artisti i cui spettacoli sono stati presentati in primaitaliana alla Biennale: Christoph Marthaler, Falk Richter,Agrupación Señor Serrano, Fabrice Murgia (Leone d’argento2014), La Zaranda, Christiane Jatahy, Lluís Pasqual (Direttoredella Biennale Teatro 1995). Accanto a loro: Oskaras Koršuno-vas, Milo Rau, Antonio Latella. La Biennale di Venezia, in col-laborazione con il Teatro Stabile del Veneto - Teatro Nazionale,ha presentato inoltre la sezione Young Italian brunch: quattrocompagnie, che con Latella e Castellucci hanno contribuito acompletare la partecipazione italiana del Festival e hanno usu-fruito della possibilità di essere visti da programmatori interna-zionali. Anche il pubblico è stato fra i protagonisti della Biennale:un pubblico formato da appassionati e curiosi che intendonoapprofondire le loro conoscenze, capire il mondo poetico dei re-gisti e la loro metodologia: questo tramite workshop e spettacolidegli artisti aperti agli spettatori: ogni incontro si è svolto ilgiorno successivo al debutto sulla scena, proprio per dare modoal pubblico di avere un riscontro concreto sullo spettacolo visto.Gli incontri inoltre sono stati programmati in modo da consen-tire la partecipazione a tutti gli iscritti ai workshop di BiennaleCollege, permettendo loro la conoscenza diretta anche di quegliartisti che conducono percorsi diversi dal proprio. I workshopdi biennale College, otto percorsi di sette giorni con la pre-sentazione finale di una micro produzione della durata di circa15’ presentata il 9 agosto, hanno avuto come tema conduttore“La terra trema”, capolavoro neorealista di Luchino Visconti. In-fatti la biennale College - Teatro si ispira alla tematica dellaBiennale Arte 2015, All the worlds futures, così che gli artisti im-pegnati nei suoi laboratori hanno potuto aprire una riflessionesulle diverse strade che l’umanità sta seguendo. Ai workshopper attori e registi si sono aggiunti tre percorsi sulla dramma-turgia (Pascal Rambert, Yasmina Reza, Mark Ravenhill), uno sullospazio scenico e l’illuminotecnica (Albert Faura e Max Glaenzel)e uno di critica. Quest’ultimo con l’obiettivo di creare documen-tazione e comunicazione attorno alle attività del Festival e co-stituire allo stesso tempo un’importante attività formativa per igiovani critici che vi hanno preso parte.

Paolo baratta, Presidente della Biennale di Venezia, ha eviden-ziato come con questa 56ma edizione, la Biennale compie 120anni costituendo un indispensabile punto di osservazione del fe-nomeno della creazione artistica nel contemporaneo. «Oggi ilmondo ci appare attraversato da gravi fratture e lacerazioni, daforti asimmetrie e da incertezze sulle prospettive. Nonostante icolossali progressi nelle conoscenze e nelle tecnologie viviamouna sorta di “age of anxiety”». Sono stati presenti 136 artistidei quali 88 presenti per la prima volta, provenienti da 53 paesi,e molti da varie aree geografiche che ci ostiniamo a chiamareperiferiche. Delle opere esposte, 159 sono stati nuovi lavori. Evo-care i fenomeni anche drammatici che caratterizzano il tempopresente vuol dire far entrare la storia. Il presente vuol esserecompreso attraverso i segni, i simboli, i ricordi che la storia ciconsegna e dai quali traiamo elementi negativi ma anche posi-tivi. Nella biennale vivono 120 anni di storia delle arti, divaria natura: nell’Arte, nell’Architettura, nella danza, nelTeatro, nella Musica e nel Cinema. Qualche altra citazione:Falk Richter, drammaturgo e regista per la prima volta in Italia,che in “Never Forever,” insieme al coreografo israeliano Nir deVolff, ha dipinto una società post-umana, percorsa da guerrierimetropolitani, individui in lotta per la sopravvivenza pronti acommettere atti estremi; la compagnia spagnola La Zarandacon “El Régimen del Pienso” che ha messo in scena l’alienazionedel posto di lavoro; il teatro politico di Milo Rau con il suo In-ternational Institute of Political Murder che in “Hate Radio” haricostruito la stazione della Radio-Télévision Libre des Mille Col-lines e le sue trasmissioni, strumento di una aggressiva campa-gna razziale che contribuì in maniera determinante al genocidiodei Tutsi in Rwanda nel 1994; la regista brasiliana Christiane Ja-tahy, che come Richter per la prima prima volta in Italia con laBiennale, ha ricondotto un classico strindberghiano, Julia, ai no-stri giorni facendo coesistere cinema e teatro, mondo reale emondo virtuale; Antonio Latella con i tre monologhi “MA”,“Caro George” e “A. H.” riuniti in una serata unica: un tritticosul ‘900 attraverso tre figure emblematiche (Pasolini, FrancisBacon, Adolf Hitler) che rappresentano anche tre differenti pro-spettive sull’uomo e sulla sua relazione con il mondo; Jan Lau-wers e la Needcompany con “The blind poet”, partendo dauna visita nella moschea di Cordova denuncia le menzogne dellastoria e la manipolazione delle informazioni attraverso i secoli;Oskaras Koršunovas ha trasformato i camerini degli attori nelpalazzo di Elsinore per il suo “Hamlet”; mentre Romeo Castel-lucci e la Socìetas Raffaello Sanzio in “Giulio Cesare. Pezzistaccati” hanno estrapolato dallo storico spettacolo realizzatonel 1997 due monologhi, pezzi staccati del “dramma della vocealle prese con il potere retorico della parola”; la compagniaAgrupación Señor Serrano, Leone d’argento per l’innovazioneteatrale del Festival, con “A House in Asia” ha raccontato unacaccia all’uomo come fosse un western, una storia di indiani ecowboy: attraverso un dispositivo che mescola modellini inscala, video proiezioni, manipolazione dell’immagine in temporeale e performance, la casa di Osama Bin Laden diventa il con-tenitore di tutte le scene dello spettacolo, dalla Casa Bianca allepraterie dell’Afghanistan. Infine, la grande metafora sull’intol-leranza e l’abuso di potere di “El Caballero de Olmedo” di LopeDe Vega, un classico del siglo de oro, che che Lluís Pasqual haportato in scena con giovani attori. www.labiennale.org/it/teatro

STEFANIA ZUCCARI

LA BIENNALE DI VENEZIA43. FESTIVAL INTERNAZIONALE DEL TEATRO

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Mentre Leonardo da Vinci andava compo-nendo una delle meraviglie di ogni tempodell’arte pittorica, il cenacolo di SantaMaria delle Grazie a Milano, nel quale tra-durrà tutte le conoscenze maturate in quel

momento dalla sua esperienza, il suo ingegno produceva stra-ordinari risultati anche in altri innumerevoli campi. Uno diquesti, probabilmente con un posto d’onore fra quelli che pri-vilegiava rispetto ad altri, era la progettazione degli apparatiscenici per rappresentazioni teatrali da tenere durante legrandi feste per la corte sforzesca. In realtà aveva cominciatogià a Firenze, anni prima. Feste che duravano giorni, con cen-tinaia di persone coinvolte e gli ingegni di corte mobilitati perlunghi mesi per garantire la buona riuscita. La grandezza di una corte nell’Europa del tempo si misuravaanche dalla capacità di organizzare festeggiamenti. E gli am-basciatori presso le rispettive corti prestavano grande atten-zione nel relazionare ai rispettivi sovrani sulla buona riuscitao sui fallimenti. L’esordio milanese che aveva decretato lafama del genio vinciano - dopo il grande periodo fiorentino -era stato in occasione dei festeggiamenti per le nozze di GianGaleazzo Sforza e Isabella d’Aragona, fra il 1489 e il 1490.

Il 13 gennaio del 1490 Ludovico il Moro fece allestire, nellaSala verde del Castello Sforzesco affrescata da Leonardo, inonore degli sposi, la memorabile “Festa del Paradiso”. E fuproprio Leonardo, con una mirabolante invenzione, a portarein scena nientemeno che la rappresentazione del Paradiso, ef-figiata sulla base delle conoscenze, delle credenze e dei dogmidell’epoca. L’invenzione fu annunciata da suoni e grandi gio-chi di luci e fu descritta nei minimi particolari da Jacopo Trotti,ambasciatore estense alla corte milanese. Un Paradiso aforma di mezza ellisse, dorato all’interno, contenente i pianetiruotanti intorno a Giove; materialmente i pianeti erano rap-presentati in scena da sette attori, tutti cortigiani, che indos-savano ricercati costumi disegnati dal genio vinciano. Al disopra di essi si trovavano le costellazioni con i dodici segnizodiacali illuminati. Leonardo utilizzò molto il vetro per questamacchina scenica, e ne ottenne un effetto grandioso. Riman-gono come preziosa testimonianza alcuni pregevoli disegnidi feste nuziali, come i quattro fogli di Windsor che conten-gono disegni di maschere e di sistemi di illuminazione.Anche l’anno 1491 fu ricco di rappresentazioni teatrali sottola sapiente regia tecnica leonardesca, come il torneo in casadi Guido da Sanseverino e le feste per le nozze “incro-

DI PAOLO SANTINI

ARTE E STORIA

LEONARDO E IL TEATRO

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stefaniazuccari
Timbro
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ciate” fra dinastie di Ludovico il Moro con beatriced’Este e di Alfonso I d’Este con Anna Maria Sforza, cheandavano a rinsaldare un asse di potere formidabile fra le duenobili famiglie stabilizzando politicamente un contesto terri-toriale nel centro nord della penisola italiana di importanzaeuropea. Ma torniamo a Leonardo impegnato a Milano nelcenacolo e alle attività svolte in contemporanea; siamo nel1496 e il genio di Vinci progetta e sovrintende alla realizza-zione degli apparati scenici per la “danae” di BaldassarreTaccone, nella magione milanese di Giovan Francesco Sanse-verino conte di Caiazzo. Tre ore tonde di coinvolgente spetta-colo in cui la corte di Ludovico Sforza rimane incollata allascena ed assiste ad apparizioni di personaggi volanti, spetta-colari discese dal cielo, mirabolanti effetti speciali con improv-vise apparizioni di personaggi avvolti dalla luce accecante.Era la consacrazione definitiva del genio come ingegnere tea-trale e scenografo. La guerra e le vicende personali portaronopoi Leonardo ad abbandonare Milano, lasciando oltretutto in-compiuto il monumento equestre a Francesco Sforza (ci piacericordare qui che un monumento equestre in bronzo realiz-zato nei primi anni duemila dalla scultrice americana NinaAkamu a partire da disegni leonardeschi orna oggi una piazzadella nostra città ed è conosciuto in tutto il mondo). Torneràa Milano dal 1506, ed è proprio in questo periodo che studieràuna serie di meccanismi per la rappresentazione di “Orfeo”di Angiolo Poliziano, un pezzo di storia del teatro rinascimen-tale italiano. «Quando si apre il Paradiso di Plutone allor siandiavoli che sonino in dodici olle a uso di voce infernali; quivisia la morte, le furie, Cerbero, molti putti nudi che pianghino;quivi fochi fatti di varii colori ... movino ballando», narra Leo-nardo in uno dei suoi taccuini, oggi foglio contenuto nel co-dice Arundel. La scena che rappresenta Plutone emergentedagli inferi attraversando una montagna che si apre da solaè memorabile: è la prima volta che nelle rappresentazioni tea-trali moderne una macchina di scena completa una muta-zione senza interruzione della scena medesima per consentiredi montare argani o carrucole varie. Fu Carlo Pedretti, dopoaver pubblicato il cosiddetto “foglio del teatro”, a rintracciarela testimonianza grafica del meccanismo a saliscendi con ar-gano e carrucole utilizzato per l’apertura della montagnameccanizzata. Ancora Pedretti riferisce all’allestimentodell’“Orfeo” e quindi al 1508 la progettazione della mac-china teatrale utilizzata per simulare un volatile in azione,l’”ocel de la comedia”. Ecco che ancora una volta le pas-sioni di Leonardo si intrecciano, si annodano fra loro, e la te-matica del volo entra di prepotenza anche nel teatro. Che perLeonardo è anche e soprattutto allegoria dell’esistenza. Loaveva imparato dagli umanisti che aveva frequentato allacorte medicea. Nel 1509 in occasione dell’ingresso di LuigixII a Milano fu Leonardo a curare gli apparati di scena dislo-cati sulle strade destinate ad accogliere il corteo regale con ilsovrano alla testa. E qui compare per la prima volta il celebreleone meccanico che offre al re un mazzo di gigli. Si tratta diun automa semovente che Leonardo via via negli anni se-guenti perfezionerà sempre di più fino ad adottare soluzionitecniche che poi faranno pensare addirittura all’automobile.Di certo è il primo carro automotore semovente funzionantedella storia della tecnologia. Lo stesso Vasari ci racconteràpoi: «Venne a suo tempo in Milano il re di Francia; onde pre-gato Lionardo di far qualche cosa bizzarra, fece un lione checaminò parecchi passi, poi s’aperse il petto e mostrò tuttopien di gigli». Anni dopo, nel luglio del 1515, quando France-

sco I entrò a Lione dopo il rientro in Francia, i fiorentini pre-senti in città rappresentati da Lorenzo di Piero de’ Medici,commissionarono a Leonardo un modello completamente au-tomatizzato del Marzocco di Donatello, il leone emblema diFirenze, per celebrare degnamente il sovrano amico. Il geniovinciano, traendo spunto dal suo primo leone meccanico, nerealizzerà un modello che avrà grande fortuna. Il leone pren-deva avvio da solo, camminava per una certa distanza, poi sifermava e dopo essersi seduto il suo petto si apriva nello stu-pore generale mostrando una enorme quantità di fiori con igigli a dominarne ogni altro, in onore del re di Francia e comeomaggio della città gigliata. La complessa invenzione, dal-l’alto contenuto tecnologico, ebbe un successo straordinarioanche per le diverse allegorie che alludevano ai rapporti fra iMedici e la corte francese. Il fantasmagorico automa del leonemeccanico fu ripreso dal vinciano anche nel 1518, ormai inpianta stabile alla corte di Francia, in occasione dei festeg-giamenti per le nozze di Madeleine de la Tour d’Auvergne eLorenzo di Piero de’ Medici, duca di Urbino nonché nipote delMagnifico, celebrate nel castello di Amboise e festeggiate poia Firenze all’arrivo degli sposi. Pensare che il carrello auto-motore, indagato in profondità in una memorabile lettura vin-ciana dallo studioso americano Mark Elling Rosheim qualcheanno indietro e riprodotto ed esposto in più varianti all’in-terno del nostro Museo Leonardiano a vinci, sia servito aLeonardo per trasportare automi semoventi sulla scena e ogginoi lo consideriamo come l’antesignano dell’automobile ci fariflettere ancora una volta sull’opera del genio e ci stupisceuna volta di più. E ci affascina la sua voglia continua e potentedi stupire sempre e comunque. Leonardo non dimenticheràmai la lezione appresa nel circolo umanistico fiorentino di Lo-renzo il Magnifico e non dimenticherà i grandi personaggi diquello strepitoso convivio. Insieme alle loro opere e al loropensiero filosofico che rimetteva la figura umana al centrodell’universo. E tutta la sua esistenza terrena sarà frutto diquell’esperienza. In questo segno, Leonardo continuò fino allasua morte ad organizzare feste di corte ed a progettare mac-chine di scena. E per lui il teatro fu soprattutto una grandepassione.

PAOLO SANTINIAssessore alla cultura e turismo, Comune di Vinci.

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5Bozzetto dell’allestimento per la Festa del Paradiso. 3Macchina al Museo Leonardiano e veduta di Vinci (FI).

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LA TRAGEDIA GRECANel suo testo “Il Teatro greco”, Ettore Romagnoli [grecista e letterato, 1871-1938]

così si esprime a proposito della Tragedia greca:“[…] della più pura e perfetta poesia che fiorisse mai sulla terra”.

L’APPROFONDIMENTODI LAURO ANTONIUCCI

Poesia, dunque, e poesia è la traduzione del terminegreco poiesis che significa fabbricazione, costru-zione. È con la poiesis, infatti, che l’uomo creò unlinguaggio diverso da quello del quotidiano, perdar vita a momenti particolari della comunità,

come cerimoniali religiosi, politici, profetici oppure per daremaggior forza a comunicazioni particolari. Ma anche per sod-disfare momenti ludici che, grazie a magie artistiche, riusci-vano a far vivere episodi di amore e di guerra ad un pubblicoeterogeneo. Come ormai sappiamo, le gesta narrate dall’Iliadee dall’Odissea sono attribuite ad Omero, pur con tutte le ri-serve possibili. Indicato come il primo grande poeta greco,sappiamo anche che i versi non erano scritti ma trasmessioralmente. Cantori, aedi, forti della loro memoria, compone-vano versi davanti al pubblico per narrare le gesta di Ettore ole avventure di Ulisse. Questo tipo di performance riporta amodalità che ci sono note per la nostra attività teatrale.Infatti questi esecutori interpretavano un testo improvvisato,senza la possibilità di interrompersi o cancellare e aggiungere,

apportando modifiche, insomma, come av-viene nei testi scritti. Come di-

remmo oggi, era “buona laprima”, ed era in

parte irripetibile, inquanto nata per

e in determi-nate occa-

sioni.

I poeti antichi (ma a volte anche quelli più recenti) si rivol-gevano alla Musa della poesia, perché li soccorresse non percreare i versi, in quanto quelli nascevano da loro, bensì perpermettere che li potessero cantare, declamare in quanto,senza il volere della Musa, non avrebbero mai potuto farli co-noscere. Un rapporto con la religione molto forte, quindi, chesarà materia di forte supporto delle prime tragedie, che privi-legiarono il racconto del mito, escludendo la cronaca. Unicaeccezione I Persiani di Eschilo, che raccontano le vicissitudiniderivanti dalla disfatta di Salamina. Nietzsche, a propositodel mito, sostenne che fu la tragedia a rinverdire il mito, sol-levando la società greca che stava fatalmente retrogredendo.Queste, quindi, le pietre fondamentali della struttura di basedella tragedia, le cui origini certe, almeno al momento, ci sonosconosciute. Aristotele nella sua Poetica ci dice che: «LA TRAGEDIA FU IN ORIGINE UNA IMPROVVISAZIONE DEICORIFEI, CHE GUIDAVANO I DITIRAMBI».E cos’erano i ditirambi? Erano una festa in onore del dio Diò-niso, celebrata dai satiri suoi compagni. E chi era Diòniso? Chii satiri? Diòniso non era un nume greco. Veniva dall’Oriente,forse dalla Tracia. Come giunse in Grecia, accompagnato dauno stuolo di donne, le Mènadi, e da fiére, produsse feste not-turne ricche di fiaccole, con musiche di flauti, cembali, cròtali,il tutto accompagnato da abbondanti libagioni, con il contri-buto tradizionale dei Satiri. Queste creature erano divinità mi-nori che popolavano la natura selvaggia. Venivanorappresentati come esseri semi-umani e semi-caprini, itifallici.Esiodo li bolla come «buoni a nulla e solo capaci di cose as-surde». Le loro presenze nelle cerimonie dionisiache eranomolto folcloristiche, esprimenti tutte le qualità goderecce chepotessero allettare gli uomini. Erano compagni ed amantidelle ninfe (molto pericolose per gli umani). Gli attributi ca-prini erano molto accentuati nei secoli antichi, con coda,corna, orecchie e zampe di capra, mentre dal IV sec. a.C. ven-nero più umanizzati, con accenni molto leggeri di quelle ca-ratteristiche animalesche. Forse perché si cercò di offrire unagiusta interpretazione di questi personaggi che, probabil-mente, prendevano spunto dall’abbigliamento con pelli ca-prine con cui si vestivano i componenti del coro nellerappresentazioni della tragedia più antica. La prima nota sto-rica dell’esistenza di Diòniso la troviamo nell’Iliade di Omero.Nel VI canto, al verso 130 e seguenti: «a lungo visse, quandocontese coi Numi immortali, e che le Ninfe, nutrici dell’ebbroDiòniso, un giorno cacciò pei gioghi santi di Nisa. Gittaronoquelle tutte i loro tirsi a terra, battute dal pungolo aguzzo del-l’omicida Licurgo: Diòniso, tutto sgomento, […]». L’accoglienzaa Diòniso e al suo corteo non vide all’inizio un gran favore.

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Anzi. La resistenza fu tenace, al punto che i dionisiaci subironovere e proprie persecuzioni. Le Baccanti di Euripide ce ne offreun esempio. Ma che cosa portò a questa reazione? Rivediamola situazione del credo religioso dell’epoca. Il popolo greco, perriuscire a dare un senso, la giusta sopportazione alla gramavita che stava conducendo, “creò” l’Olimpo con tutti i suoi dèi.Divinità che rappresentavano in prevalenza fenomeni naturali.I più importanti, i più potenti dèi erano, ricordiamolo, Zeus(Giove) dio della folgore, del tuono, del cielo, padre e capo as-soluto dell’Olimpo; Poseidone (Nettuno) dio del mare, dei ter-remoti; e poi Era, dea della terra, delle sementi e Apollo, il dioche con il suo carro trascinava il sole attraverso i cieli e che eraanche il dio della musica ecc. Inoltre facevano parte del-l’Olimpo divinità legate all’amore (Venere), al sonno (Orfeo) ea tutti quei sentimenti per cui l’uomo non trovava spiegazioni.Comunque tutte argomentazioni legate alla concreta realtàumana, che imponevano una condizione assolutamente servile,schiacciati dal peso della divinità al di sopra di tutti gli esseriviventi. La speranza era di vedere tornare gli dèi sulla terracome, si diceva, erano soliti fare nei tempi d’oro. L’arrivo di Diò-niso mutò questo rapporto, con una concezione della divinitàpiù spirituale e relativo senso del divino da parte del credente.È vero che Dioniso adoperò mezzi concreti, materiali, perchégli uomini potessero sentirsi librare verso l’alto. Grazie, però,alle sonorità della musica, garantite anche dalla nuova cetra asette corde, alla danza, alle libagioni, al sesso, tutte cose chefacevano parte dei suoi riti, condusse i suoi adepti a mete finoad allora sconosciute. Le forti emozioni che ne scaturivano, por-tarono gli uomini a provare la felicità data dall’estasi e allacomprensione di espressioni come spiritualità, amore, sacralità,trascendenza: cioè, divinità. Ecco allora che l’affermarsi di que-sta divinità portò a voler raccontare, rappresentare il suo mitoal popolo minuto, ricreando quelle atmosfere con musica edanza, attraverso un’orchestra ed un coro. E all’inizio, la tragedia nacque dal coro, come Nietzschescrisse: «[…] questa tradizione ci dice con piena risolutezza,che la Tragedia è nata dal coro tragico e che in origine eraunicamente coro e nient’altro che coro». Ribadisce poi, ci-tando Schiller dalla famosa prefazione alla Sposa di Messina(1803): «Egli considera il coro come un vivente muro di cintache la tragedia alza intorno a sé, per isolarsi nettamente dalmondo reale e serbarsi il suo campo ideale e la sua libertàpoetica». Schiller combatte il concetto comune del naturale,la pretesa comune dell’illusione nella poesia drammatica, conquesto argomento capitale: mentre a teatro il giorno stessoè meramente artificiale, l’architettura meramente simbolicae il linguaggio metrico ha un carattere ideale, nel complesso

ciò che domina è l’errore: non basta che si tolleri solamentecome libertà poetica proprio ciò, che pure costituisce l’essenzadi tutta la poesia. «L’introduzione del coro, quindi – egli af-ferma – sarebbe il passo decisivo con cui nell’arte si dichiaraapertamente e lealmente la guerra ad ogni naturalismo». In-fine aggiunge: «[…] Il Greco si è costruito per questo corol’impalcatura aerea di un finto stato di natura e vi ha collocatifinti esseri naturali. La Tragedia è cresciuta su questo fonda-mento e, certo, già solo per questo venne fin dagli inizi di-spensata da una minuziosa riproduzione della realtà».Sempre Nietzsche dichiara con forza che la musica fu l’altracomponente che determinò la fortuna della tragedia: «Edecco che il genio neonato della musica dionisiaca afferra ilmito moribondo; e nella sua mano esso rifiorisce, con coloriche non ha mai mostrato, con un profumo che suscita il pre-sentimento nostalgico di un mondo metafisico […] Con latragedia il mito attinge il suo contenuto più profondo, la suaforma più espressiva: esso si risolleva, ancora una volta, comeun eroe ferito, e tutta l’esuberanza di forza, insieme con lasaggia calma del moribondo, gli accende negli occhi un ultimopossente splendore». Ciò che avete letto in questo brano, amici miei, lo possiamodefinire solo un assaggio di quelle meraviglie che si possonoscoprire approfondendo questo argomento. Vi invito a leggerei versi di Archiloco, Semonide, Alceo, Anacreonte, Saffo, Pin-daro, tra quelli che mi vengono alla mente, e le tragedie deigrandi Eschilo, Sofocle e Euripide. Anche se di quest’ultimoNietzsche scrisse: «Che cosa volevi, o sacrilego Euripide,quando cercasti di piegare ancora una volta ai tuoi servigiquesto moribondo (il mito)? Tra le tue mani gagliarde essoperì; e allora avesti bisogno di un mito contraffatto, masche-rato, che come la scimmia di Ercole sapesse solamente ador-narsi della pompa antica. E come ti morì il mito, ti morì ancheil genio della musica: anche se con avida rapina hai saccheg-giato tutti i giardini della musica, pure non sei riuscito ad ot-tenere che una musica contraffatta e mascherata. E poichéabbandonasti Dioniso, Apollo abbandonò te. Scova pure dallaloro tana tutte le passioni, ed esorcizzale nel tuo cerchio ma-gico; affila e aguzza pure per i discorsi dei tuoi eroi una dia-lettica sofistica: anche i tuoi eroi hanno solo passionicontraffatte e mascherate, e recitano solo discorsi contraffattie mascherati». Desidero chiudere con le stesse parole del Ro-magnoli con cui ho iniziato, e cioè che la tragedia greca rap-presenta la bellezza «della più pura e perfetta poesia chefiorisse mai sulla terra».

LAURO ANTONIUCCI

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SOCIAL NETWORK

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Come ormai sapete, la UILT Nazionale ha dato inizio ad una stagione dipresenza e di attività anche nell’ambito dei social network, dov’eranogià operative, peraltro, diverse strutture regionali, con risultati lusin-ghieri. Mancava, però, un riferimento ufficiale per tutta l’organizza-zione... una questione in sospeso a cui l’attuale presidenza ha voluto

dare una risposta. Il 14 marzo 2015 è stata aperta la pagina Facebook della UILT Na-zionale, l’8 aprile l’account di Twitter. Abbiamo pubblicato centinaia di notizie, com-menti e dati, con testi, fotografie, link, piccoli video; tecnicamente si tratta di messaggiche su Facebook vengono chiamati post, su Twitter, appunto, tweet (cioè cinguettio).Le statistiche sono decisamente buone. In pochi mesi i “mi piace” sulla pagina Face-book sono diventati 2.103; abbiamo pubblicato, fino al 18 settembre, 189 post, con208 foto e immagini. Per quanto riguarda Twitter, abbiamo inviato 133 tweet con 97foto, che hanno ottenuto 20.009 visualizzazioni. La copertura di Facebook, cioè le per-sone raggiunte, è stata notevole; per fare un esempio, solo nei quattro giorni diTRACCE, ha superato quota 41mila. Si tratta, del resto, di strumenti di conoscenza,visibilità e interazione di straordinaria efficacia, che ci permettono di dare il giusto ri-salto alle iniziative della UILT, la grande qualità del suo lavoro e delle compagnie as-sociate, le notizie in genere sul mondo del teatro... nonché qualche spunto diriflessione, che non fa mai male; quando pubblichiamo frasi significative di dramma-turghi e letterati, o qualche breve estratto di opere teatrali, otteniamo sempre dei beiriscontri. Le pagine che seguono sono incentrate sulle caratteristiche fondamentalidei social network che al momento sono utilizzati anche dalla UILT, cioè Facebook eTwitter. Come potrete notare, queste note sono veramente un semplice «Abc» dellamateria; le abbiamo calibrate, infatti, sulle persone che non ne hanno conoscenza, oben poca. Gli esperti ci perdoneranno, ma abbiamo l’esigenza di fornire una piccolaguida soprattutto a coloro che si affacciano per la prima volta sul mondo dei social. Abbiamo poi aggiunto alcune regole di utilizzo specificamente adattate alla nostrarealtà. Si tratta di suggerimenti e consigli che possono aiutare le strutture UILT a ge-stire meglio questi strumenti, anche per evitare inconvenienti tecnici o legali; alcuneindicazioni, invece - poche ed espressamente segnalate - sono da seguire alla lettera,perché in qualche caso è veramente necessario ed importante assumere comporta-menti omogenei, a tutela della UILT, delle sue strutture e delle persone direttamenteimplicate nella gestione operativa dei social.

Vi lasciamo, ora, alla lettura... non prima di aver ringraziato calorosamente tutte lepersone che fedelmente seguono, interagiscono e quindi aiutano i social della UILTad avere sempre più risonanza e visibilità in rete. Il loro contributo è stato, e sarà, fon-damentale per l’efficacia di tali mezzi, e quindi - perché questo è lo scopo - per darelustro al nostro caro, magico e appassionante universo UILT.

DI PAOLO ASCAGNI & FRANCESCA RIZZI

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Premessa

Un servizio di “rete sociale” (social network) è una struttura infor-matica che gestisce, tramite Internet, strumenti vari di relazioni so-ciali. Questi servizi web sono basati sulla creazione di profilipersonali pubblici (in tutto o in parte) vincolati da un sistema di ri-ferimento e da regole interne, finalizzato a tenere contatti on-linecon l’esterno, secondo varie modalità ed eventuali restrizioni.I social network sono diversi, ma i più noti sono i seguenti:

Facebook nato nel 20041 miliardo di utenti di cui 24 milioni in Italia

Google Plus nato nel 20101 miliardo di utenti di cui 12 milioni in Italia

Twitter nato nel 2006500 milioni di utenti di cui 10 milioni in Italia

LinkedIn nato nel 2003500 milioni di utenti di cui 5 milioni in Italia

Instagram nato nel 2010150 milioni di utenti di cui 4 milioni in Italia

Oggi gran parte dell’informazione e della comunicazione passa at-traverso i social network. La crescita di questi strumenti è esponen-ziale - soprattutto per le loro caratteristiche di rapidità ed interazione- ed i mass-media tradizionali sono sempre meno incisivi. Noi abbiamo ritenuto che la UILT non dovesse essere tagliata fuorida questo circuito di conoscenza e visibilità; avendo la possibilità ele risorse per entrarci, e naturalmente nella massima libertà di scelta,la UILT avrebbe sbagliato ad autoescludersi da questo contesto. LaUILT ha grandi qualità e grandi potenzialità: si tratta solo di farle co-noscere sempre di più e di valorizzarle nel modo che si merita - essastessa e tutti i suoi associati.

I social network per la UILT

Al momento, gli strumenti che presentano maggior interesse per laUILT sono Facebook e Twitter, per le caratteristiche loro e dell’asso-ciazione. È necessario, quindi, darne una descrizione di massima,utile anche ad individuare, in prima battuta, le principali problema-tiche pratiche di gestione.

FACEbOOK

aL’accesso può avvenire secondo due modalità: il profilo oppurela pagina fan, il primo per le persone fisiche, la seconda per tutto ilresto.aLa modalità da utilizzare per la UILT è ovviamente la pagina.aLa pagina non raccoglie “amici” ma “mi piace”. Le limitazionidel profilo (al massimo 5mila amici) non sono quelli della pagina: icosiddetti ”mi piace”, infatti, possono essere illimitati.aCliccare “mi piace” su una pagina significa connettersi ad essa.Da quel momento l’utente riceve l’aggiornamento delle notizie cheverranno visualizzate sulla sua home; nella pagina, invece, compariràil nome di chi ha cliccato. Se la pagina viene lasciata aperta alla pos-sibilità di pubblicare, chi clicca “mi piace” può poi postare diretta-mente nella pagina stessa. aIl “mi piace” sulla pagina è diverso dal “mi piace” sulla singolanotizia. Quello sulla pagina va eseguito una sola volta, mentre quellosulla notizia va ripetuto ogni volta che un utente trova una notiziainteressante (e in questo caso, oltre al “mi piace”, può decidere dicondividere la notizia sul suo profilo o commentarla).aÈ evidente che più una pagina presenta dei “mi piace” (sia dipagina che di singola notizia), “condivisioni” o “commenti”, più per

la rete significa che è interessante per i suoi utenti; ed un alto nu-mero di interazioni conferisce prestigio e popolarità in rete alla pa-gina. aLa pagina può essere interessata alle sponsorizzazioni, cioè ope-razioni promozionali a pagamento per presentarla ad un certo nu-mero predefinito di utenti (selezionati anche in base a dei filtri) equindi creare le condizioni per aumentare i "mi piace”. aCon lo stesso meccanismo della pagina, si possono anche spon-sorizzare le singole notizie che verranno poi diffuse su Facebook maanche al di fuori del social network, cioè nell’intera rete web (tramiteGoogle e i principali motori di ricerca). In sostanza, con spese ancheminime - da 1/2 euro in su - si possono contattare migliaia di per-sone, a seconda della selezione scelta (nazionale, regionale, ecce-tera).aLa pagina prevede anche la possibilità di visualizzare, da partedi chi l’amministra, i propri dati statistici, al superamento dei 30 "mipiace”.aLa pagina deve essere aperta da una persona fisica già presentesu Facebook, che diventerà il suo amministratore responsabile. Pos-sono essere inseriti altri amministratori, con livelli di intervento di-versi. L’amministratore vero e proprio può fare tutto (gestire lapagina e modificare le impostazioni); ad un gradino inferiore c’èl’editore, che può solo pubblicare notizie nella pagina; c’è chi puòvedere solo le statistiche... È sempre opportuno, per chi accetta didiventare amministratore di una pagina, di richiedere all’Associa-zione, o a chi lo nomina, una “lettera di incarico”.

TWITTER

aLa modalità di accesso è unica, cioè aprendo un account.aDal proprio account si possono inviare messaggi di testo con unalunghezza massima di 140 caratteri, che diventano 120 - o meno -se vengono inseriti link o foto (una foto “pesa”, mediamente, 22 ca-ratteri).aLa logica di fondo è quella del microblogging di notizie date insintesi, l’informazione in breve, l’immagine che colpisce; l’eventualeapprofondimento è demandato al link, che può rinviare ad un sito,un articolo, un video.aI messaggi inviati dal proprio account sono visibili a tutti, a menoche non venga impostata qualche limitazione; esiste una sezione ri-servata, per i messaggi esclusivamente personali.aChiunque può accedere alla pagina pubblica degli altri account.La ricezione delle notizie di un account è possibile, invece, solo se siè collegati come follower (seguace). Cliccando il tasto “segui” di unaltro account, si entra nel suo elenco di following attivando la pos-sibilità di ricevere le sue notizie con puntualità.aAll’inverso, quando il proprio account viene seguito da un altro,questi diventa un follower. Tutti i propri tweet, quindi, arrivano invia prioritaria ai propri follower. aÈ evidente che più si alza il numero dei follower, più i messaggidel proprio account aumentano di visibilità. Ma in Twitter il discorsonon è solo quantitativo (non è Facebook!). È il modo in cui si scrivesu questo social network a fare la differenza.aUn elemento di scrittura fondamentale è infatti il cosiddetto ha-shtag: parole o combinazioni di parole, scritte senza spazi e prece-dute dal simbolo cancelletto (#). Inserendo nel proprio messaggioun hashtag (ad esempio: la vita è il #teatro), è come se gli si mettesseun’etichetta: si crea un collegamento a tutti i messaggi contenentilo stesso hashtag. Per gli utenti, quindi, l’hashtag diventa un filtrodi ricerca per argomento.aTwitter, dunque, permette collegamenti e ricerche per argomenti:questo elemento qualitativo lo rende più tematico, più specifico, piùraffinato. Ecco perché può essere utile anche un numero non moltoelevato di follower, ma formato da operatori di quel settore, giorna-listi, esperti...

PROGETTO «SOCIAL NETWORK UILT»

L’INSERTO

I✃

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aIl secondo elemento fondamentale di scrittura è la menzione (@).Utilizzandola è possibile scrivere un messaggio pubblico citando unpreciso destinatario, tramite il suo nickname (preceduto, appunto,dal carattere @). La menzione richiama l’attenzione di chi è statomenzionato direttamente, e normalmente genera la condivisione daparte di quest’ultimo ai propri follower. Può essere posizionata inqualunque punto del messaggio. Esempio: vogliamo lanciare viaTwitter una notizia che vada genericamente a tutti, ma ci interessache la veda soprattutto il giornalista Pietro Rossi, il cui nickname è@Red. Ecco il testo: “È uscito il nuovo numero di #Scena, rivista dellaUILT. - leggetelo su: www.uilt.it/scena_archivio.html - @Red”aÈ possibile collegare Twitter a Facebook, nel senso che un mes-saggio scritto nel proprio account di Twitter compaia automatica-mente nella propria pagina Facebook. È una modalità poco graditaagli utenti più esigenti, ed è diventata sempre meno utilizzata pro-prio a causa della diversità di scrittura applicata dai due social.

I vantaggi dei social network

L’utilità di questi strumenti è di tutta evidenza: visibilità, pubblicità,rapidità di comunicazione, facilità di arrivo ad una platea immensadi persone... il tutto gratuitamente (o nel caso di sponsorizzazioni, acosti ridottissimi).Ma c’è un altro elemento che deve essere considerato in tutta la suaimportanza: i social network creano le condizioni per una interazionefra le persone. E non è vero che essi sostituiscono i rapporti umani:danno invece la possibilità di crearli ed integrarli, quando la modalitàdiretta non è possibile in tutto o in parte (e se qualcuno li usa inmodo distorto, non è colpa del mezzo). Questo aspetto della que-stione evidentemente è molto interessante, per una associazione consoci sparsi in tutta Italia.A proposito di pubblicità, sappiamo bene cosa significhi utilizzare leforme tradizionali; volantini e manifesti, inserzioni su giornali o inTv, costano cifre molto elevate. Per una compagnia, stampare solomille volantini significa affrontare una certa spesa, peraltro finaliz-zata ad un numero ristretto di persone... e per una sola volta.Facebook e Twitter, al contrario, pubblicizzano una notizia ad unaplatea potenzialmente di migliaia di persone, in modo immediato ereiterabile più volte, tutto a costo zero. Inoltre, le sponsorizzazionidi Facebook possono andare anche fuori dal proprio circuito: migliaiadi contatti, per una spesa di pochi euro...È chiaro che la “platea di migliaia di persone” è teorica, ma la pos-sibilità di essere visti da un po’ di gente è decisamente più alta ri-spetto al volantino... peraltro a costo zero, rispetto a spese bendiverse. È chiaro che le “migliaia di contatti” delle sponsorizzazionipossono fare la fine del volantino: non letti nel primo caso, buttatinel cestino nel secondo. Ma si sa fin dall’inizio che qualsiasi formadi pubblicità rischia di non lasciare traccia; la differenza sta nel fattoche spendere 4 euro per un indotto potenziale di migliaia di persone,è sempre meglio di cento persone a costi enormemente più alti... Indefinitiva, siamo di fronte alla possibilità di utilizzare strumenti distraordinaria efficacia in modo gratuito. Possiamo cioè entrare in cir-cuiti di comunicazione e pubblicità estremamente interessanti, in as-senza dell’ostacolo tipico di queste operazioni: investimenti proibitividi denaro - il che ci ha permesso, tra l’altro, di avviare una fase spe-rimentale, riservandoci tutte le verifiche del caso.

La gestione operativa

Il vero punto nodale del progetto sta nella gestione, perché ci si devecomunque attrezzare affinché tutto fili liscio. Qui di seguito diamole indicazioni pratiche essenziali per ottenere i risultati migliori, te-nuto anche conto delle caratteristiche e finalità della nostra asso-ciazione. aLa pagina UILT deve essere aperta da una persona già presentesu Facebook, assumendo la veste di amministratore. È opportunoche sia la stessa persona ad aprire l’account su Twitter.aL’amministratore va affiancato da altre persone, che assicurinola funzione di garanzia istituzionale. Bisogna però individuare unnucleo operativo ristretto, quello che effettivamente deve poi lavo-rare, perché è indispensabile la continuità del servizio (un impegnoquasi quotidiano).aBisogna spiegare alle compagnie ed alle strutture UILT già pre-senti su Facebook la necessità di cliccare il tasto “mi piace” - che

equivale, su Twitter, a diventare follower - sugli account UILT nazio-nali. È un invito che deve essere preso con il dovuto impegno (anchecoi profili personali, coinvolgendo gli amici, eccetera), altrimenti ilprogetto non può funzionare. È un impegno, peraltro, che si esauriscein una volta sola, in pochi secondi... Si sta chiedendo, insomma, unacollaborazione davvero minima.aPeraltro in questo modo le compagnie potranno girare diretta-mente alla pagina UILT le notizie che li riguardano: un’opportunitàimportante per pubblicizzare le proprie iniziative ed i propri lavori. aÈ preferibile che la possibilità di pubblicare sia riservata solo al-l’amministratore e a poche altre persone, che devono essere instretto contatto fra di loro (e autorizzate!).aDeve essere chiarito con molta nettezza che la pagina UILT è unavetrina dell’associazione, e non un luogo di polemiche, discussionie critiche (queste hanno il loro luogo naturale nelle mail, le riunioniistituzionali, gli organismi). Deve essere detto con altrettanta net-tezza che le polemiche non possono essere accettate nella paginaUILT, e che gli eventuali responsabili si assumeranno le conseguenzepreviste dallo Statuto. È spiacevole usare questi toni, ma è bene pre-cisare subito i termini della questione e, nel caso di comportamentiscorretti, intervenire con la dovuta serietà: se non si fa così, il pro-getto fallisce (ad oggi, comunque, possiamo dire con soddisfazioneche non ci sono stati problemi). aLa questione è diversa nel caso in cui sia la UILT a voler polemiz-zare o criticare affermazioni o comportamenti esterni, nel caso cioèdi prese di posizione ufficiali. La decisione spetta agli organismi di-rettivi; sarà poi il Presidente a dare il via libera all’amministratoredella pagina Facebook. Bisogna sempre tenere conto che i social net-work sono strumenti aperti alla visione e alla lettura di migliaia dipersone, e ciò che vi viene scritto non è privato, ma pubblico... contutte le ovvie conseguenze e responsabilità del caso, anche penali.Ogni struttura UILT ha la piena ed esclusiva gestione e responsabilitàdei propri strumenti social. Sarebbe comunque molto interessanterealizzare qualche forma di sinergia fra le diverse pagine della UILT,da studiare ed approfondire con la collaborazione di tutti i diretti in-teressati; in tal senso, questo progetto è ancora in divenire e suscet-tibile di ulteriori miglioramenti.

Per il momento, alleghiamo alla presente una guida operativa, conle seguenti finalità:- dare un’informativa tecnica di base alle strutture che fossero inte-ressate ad aprire una pagina Facebook o un account Twitter.- dare qualche nota di approfondimento alle strutture già presentisui social network. - consigliare a tutti alcuni elementi di opportunità, di buone meto-dologie, di miglior efficacia.- segnalare alcune regole fondamentali a cui attenersi, elaboratedalla UILT Nazionale nell’interesse della nostra associazione ed a tu-tela delle persone che gestiscono o gestiranno tali strumenti.

Per vostra comodità, ricapitoliamo, qui di seguito, tali regole essen-ziali - che, lo ripetiamo ancora, sono di estrema importanza per unacorretta gestione di questi strumenti e per evitare problemi all’as-sociazione e a chiunque li utilizzi:asu Facebook, ogni struttura UILT deve aprire una pagina, e maiun profilo.ail logo della UILT deve essere utilizzato solo nelle pagine ufficialidell’associazione, senza ritocchi e/o personalizzazioni; nei profili per-sonali di singoli associati, il logo non deve essere utilizzatoaprima di aprire una pagina Facebook e un account Twitter, oc-corre approvare preventivamente il progetto con apposita deliberadel Direttivo UILT di competenza, con espressa individuazione deigestori (tecnicamente amministratori) e con relativo conferimentodi incarico.

La guida allegata è stata redatta - per quanto riguarda la parte tec-nica - da Francesca Rizzi, una delle amministratrici dei social net-work della UILT e professionalmente attiva in questo settore. A talproposito, la signora Rizzi conferma la sua disponibilità anche al-l’eventuale organizzazione di corsi di formazione, specificamenteorientati - per la sua duplice competenza - al mondo del teatro.

PAOLO ASCAGNIvice-presidente nazionale UILT

II

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NOTE PER I SOCIAL NETWORKPROGETTO UILT

1 - COS’è UN SOCIAL Una rete sociale (social network) consiste in un qualsiasi gruppodi individui connessi tra loro, da diversi legami sociali, ed è una delleforme più evolute di comunicazione in rete. I principali social network oggi esistenti sono Facebook, Instagram,Twitter, Google+, LinkedIn, Pinterest.Un social network NON è un sito internet e non è una chat. Ogni so-cial network ha una ‘natura’ specifica e un suo specifico linguaggio,perciò uno NON vale l’altro.

2 - IdENTITà SUI SOCIAL Nella nostra associazione utilizziamo i social per scopi informativi,promozionali e divulgativi. Come UILT Nazionale abbiamo una pa-gina Facebook ed un account su Twitter, e così è anche per alcunestrutture e centri studi regionali.È molto importante che gli associati che interagiscono con i nostrisocial ufficiali (e con i profili di altre persone, associati o meno) cu-rino la loro cosiddetta identità digitale.Nei profili personali bisogna utilizzare il proprio vero nomeed una foto dove si risulti riconoscibili, ma assolutamente maiil logo della UILT. Il nome della UILT di appartenenza non vamai indicato vicino al proprio nome (ad esempio, non va beneun profilo aperto come “Giovanni Rossi - UILT”), ma semmai nelleinformazioni generali interne (ad esempio, nel campo “lavorapresso...” di Facebook, o nella descrizione di Twitter denominata“bio”). Il logo ed il nome della UILT vanno utilizzati solo edesclusivamente nelle pagine o negli account ufficiali dell’as-sociazione.

3 - ChI SEGUIRE SUI SOCIALTutti i social che utilizziamo hanno dei motori di ricerca che permet-tono di ricercare amici, colleghi e strutture. Prima di tutto, è quindiimportante cliccare mi piace sulla pagina di Facebook della UILT Na-zionale - Unione Italiana Libero Teatro e seguire, cioè diventarefollower, di @UILTteatro su Twitter.Oltre alla UILT Nazionale, ovviamente possiamo seguire le altre strut-ture UILT ai vari livelli, che sono tutte ricercabili nei motori di ricercaall’interno dei vari social. Inoltre abbiamo la possibilità di entrare inconnessione con altri associati della UILT e naturalmente con tuttele persone ed enti di nostro gradimento e/o interesse.

4 - COME SI SCRIvE SUI PRINCIPALI SOCIAL Facebook - È consigliabile scrivere in modalità discorsiva (non c’èlimite di caratteri ma è più efficace utilizzare messaggi brevi) e pre-diligere l’utilizzo di foto, video e link.È buona cosa prestare attenzione alla frequenza/orario di pubblica-zione delle notizie (post): sono consigliabili le ore serali e il weekend, con una frequenza di pubblicazione almeno giornaliera o plu-rigiornaliera.Twitter - Il messaggio (tweet) non può superare i 140 caratteri com-plessivi, compresi link e foto. È quindi necessario essere sintetici, conla massima attenzione a scrivere in modo comprensibile e non equi-voco. Nel messaggio è sempre meglio includere un hashtag (cioèuna parola preceduta dal simbolo #) ed utilizzare quelli indicati nellespecifiche campagne (ad esempio, per la nostra assemblea di Bolo-gna avevamo creato l’etichetta #UILT2015).Si possono menzionare (@name) altri utenti Twitter - che sono daselezionare accuratamente dal punto di vista tematico e di oppor-tunità - per attirare la loro attenzione ed invogliarli a ricondividerei nostri contenuti.Agli utenti attivi sia su Facebook che su Twitter si sconsiglia il colle-gamento dei profili tra loro (come accadeva di frequente negli anniscorsi, quando molti pubblicavano su Facebook in modo automaticoda Twitter), perché ormai le modalità di scrittura si sono consolidatee caratterizzate in modo sostanzialmente diverso.

5 - CONTROLLO dEI SOCIAL (notifiche e frequenza di accesso)I profili social, una volta aperti, vanno presidiati e monitorati: rap-presentano la nostra identità digitale, che non va in alcun modo tra-scurata. Una semplice modalità di controllo può essere quelladi attivare le cosiddette notifiche tramite applicazioni (app) da

smartphone o da tablet: in questo modo si ricevono dei messaggiche ci avvisano di cosa si sta muovendo nei nostri social (ad esempio,un nuovo “mi piace”, un commento di altre persone...). In questomodo i nostri profili social sono sempre con noi, e possiamo renderciconto con semplicità di cosa sta accadendo in nostra assenza. Comeregola generale, Facebook andrebbe di norma controllato diversevolte al giorno; in ogni caso, scegliendo le opportune impostazioni,Facebook ci consente di filtrare e/o bloccare molte azioni sul nostroprofilo. A tal proposito, consigliamo un’attenta lettura della sezionerelativa alla privacy (meglio se da computer). Twitter, invece, presenta - almeno potenzialmente - minori proble-matiche circa la tempistica di monitoraggio ed il rischio di “inva-sione” della propria privacy.

6 - COME SI INTERAGISCE SUI SOCIAL E PERChè (mi piace,commenti, condivisioni)Facebook - Connettersi a un profilo privato è semplice: basta chie-dere l’amicizia, o rispondere a una richiesta di amicizia. Ovviamentetali richieste devono essere accettate dal ricevente, altrimenti la pro-cedura non si può completare. Connettersi alla pagina (tipicamentedi una associazione) è ancora più semplice: basta cliccare l’icona“mi piace”. Da quel momento si riceveranno gli aggiornamenti suquanto verrà pubblicato in quella pagina. Attenzione: gli aggiornamenti rimangono attivi nel tempo, ma solose si continua ad interagire con la pagina, attraverso i pulsanti MiPiace, Commenta, Condividi, che si trovano sotto ogni post (notizia)pubblicato nella pagina. Importante: ogni interazione che si fa con un post aiuta la paginaad avere più visibilità! Twitter - Si interagisce in modo molto semplice, cioè cliccando“segui” sull’account di un utente (persona o struttura). In questomodo si riceveranno nella propria home i tweet di quell’utente.Le altre azioni possibili sono il retweet (operazione simile al “con-dividi” di Facebook) o il preferito, che si attiva selezionando il tweetcon la stellina (operazione simile al “mi piace” di Facebook).Il retweet è decisamente preferibile ed è molto più efficace del sem-plice preferito, in quanto ricondivide a tutti i follower (a tutti i propricontatti) il singolo tweet.

7 - MOdERAZIONEIl mondo dei social si basa sull’interazione delle persone, che a lorovolta interagiscono con i contenuti dei vari strumenti. Gli altri utentipossono infatti commentare i nostri post, condividerne il contenuto,porre quesiti... o magari disconoscere e criticare le nostre afferma-zioni (qualche volta, anche in modo maleducato!). è facile com-prendere quanto sia indispensabile ed importante lamoderazione dei commenti, perché essi sono pubblici. Nonpossiamo mai ignorare la platea, potenzialmente vastissima, che cista osservando. Nel caso di osservazioni critiche, occorre rispon-dere in modo appropriato, coinvolgendo sempre il gruppo di-rigente della struttura UILT di riferimento. Sconsigliamo,comunque, le polemiche eccessive, in ogni forma, perché quasi sem-pre sono nocive in termini di immagine... ovviamente finché si può! In caso di commenti contenenti frasi di cattivo gusto o ingiurie, sipuò procedere - sempre in accordo con la struttura UILT - alla can-cellazione del commento stesso. Tale scelta, come pure il blocco/se-gnalazione di un nominativo, è però da considerarsi una estremaratio, in quanto Facebook considera non positivamente la prassi del“nascondere” i commenti non graditi. Su Twitter, invece, è molto piùsemplice ignorare - ed eventualmente bloccare in modo efficace -gli eventuali “troll”, cioè i disturbatori di professione...

8 - PROFILO E PAGINA SU FACEbOOK (policy)Facebook non lascia scampo ad interpretazioni: nella sua policy sievince chiaramente che il profilo è riservato a persone fisiche,con un nome e un cognome. Tutto quello che esula dalle personefisiche deve avere una pagina.Google Plus, ad inizio maggio 2013, ha bloccato d’ufficio tutti i profilinon intestati a persone fisiche. Per il momento Facebook non l’haancora fatto in modo massivo, ma lo potrebbe fare senza preavvisoda un giorno all’altro... e comunque a fronte di segnalazioni di irre-golarità pervenuti da parte di altri profili. La regola è quindi chiara(e comprensibile) e va rispettata, se non vogliamo correre il rischiodi vederci bloccato senza preavviso un profilo che non rispetta lapolicy di Facebook.

III

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Raccomandiamo a tutte le strutture UILT che intendono aprireuna pagina Facebook di approvare preventivamente il pro-getto in sede di direttivo, individuando il nome del o degliamministratori, con espresso conferimento di incarico: la pa-gina rappresenta uno strumento ufficiale di quella struttura e la coin-volge in modo pubblico, con tutti gli effetti e le conseguenze - anchegiuridiche - del caso. A chi avesse già aperto la pagina, senzatale procedura, consigliamo una delibera di ratifica. Una volta aperta, è necessario che la pagina venga movimentata edaggiornata con continuità e con attenzione. Una pagina Facebook statica e scarsamente attiva, è un vero e pro-prio boomerang negativo: è meglio evitare, se non si ha la certezzache qualcuno della struttura possa impegnarvisi con la dovuta me-ticolosità.

9 - I SOCIAL NETWORK COME MOdALITà dI MISURAZIONEdEL GRAdIMENTOAvere dei profili sui social che si presentano attivi, moderati, con uncongruo numero di interazioni, è un ottimo biglietto da visita. Ancora una volta le interazioni sono un termometro importante...ma anche la capacità di raccogliere un buon numero di amicizie suiprofili personali e di “mi piace” sulle pagine.Su Twitter è la stessa cosa: se i follower crescono e crescono anchei retweet, e se riusciamo ad aggregare follower qualificati e di pre-stigio, possiamo concludere che il gradimento della nostra attivitàsui social sta aumentando ed in modo rilevante.Le statistiche (insight) fornite da Facebook (funzione attiva solo perle pagine, e non per i profili personali) e da qualche tempo ancheda Twitter, ci aiutano a capire quali contenuti incontrano maggior-mente il gradimento della nostra platea: ciò ci permette di affinaresempre più la nostra comunicazione sui social. Lo studio di questi dati è fondamentale per la buona riuscita dellacomunicazione.

10 - L’IMPORTANZA dEI SOCIAL NEGLI EvENTI dAL vIvOI social sono uno strumento imbattibile per efficacia e velocità, nelledirette live di eventi (assemblee, convegni, seminari, rassegne, etc).Questi eventi in diretta non fanno altro che esaltare i principali puntidi forza dei social: immediatezza e facilità nel veicolare, ricondivideree rendere virali contenuti testuali e visual (foto e filmati).Per noi della UILT, il primo esempio è stato l’Assemblea nazionale diBologna (11-12 aprile 2015). Abbiamo inserito 26 post su Facebook,con 6 video e 40 fotografie. La copertura totale è stata di 2.394 per-sone raggiunte; ogni singola notizia ha coinvolto centinaia di per-sone, con un picco unitario di 673 (diventata 1.004 nei tre giornisuccessivi). Per quanto riguarda Twitter, abbiamo effettuato 44 tweet, con 7video e 59 fotografie. L’account, aperto pochi giorni prima dell’as-semblea, ha totalizzato in quindici giorni 6.796 visualizzazioni, con1.447 visite al profilo.Ma il banco di prova più significativo è stato TRACCE, lo studio-os-servatorio sul teatro contemporaneo organizzato ad Oliveto Citrainsieme al PREMIO SELE D’ORO (3-6 settembre 2015). In questocaso, rispetto a Bologna, abbiamo sperimentato anche la modalitàdelle sponsorizzazioni, con esiti francamente imprevedibili.Su Facebook, abbiamo inserito 49 post con 65 fotografie, che hannodato una copertura totale di ben 41.105 persone raggiunte, con1.691 interazioni nei post... un risultato eccezionale!Ogni singolo post ha raggiunto da un minimo di 250 persone ad unmassimo di quasi 1.000; ognuno ha avuto varie condivisioni, com-menti e ”mi piace” (qualcuno più di 100!). Come accennato, ab-biamo sponsorizzato 8 post (costo unitario 10 euro), per evidenziaretutti gli eventi e i loro principali protagonisti (spettacoli, laboratori,dibattiti, momenti istituzionali). Ognuno dei post ha raggiunto unminimo di 4.148 persone, un massimo di 6.880.Su Twitter, abbiamo inserito 21 tweet, ognuno con fotografia, do-cumentando sempre ogni evento. Non abbiamo il dato estrapolatodei quattro giorni di TRACCE; possiamo però notare che, mentre intutto il mese di agosto il nostro profilo Twitter aveva avuto 1.521visualizzazioni e 194 visite, solo nei primi 8 giorni di settembre neaveva già avute, rispettivamente, 2.112 e 451... l’effetto-traino è evi-dente!

APPENdICE OPERATIvA PER LE STRUTTURE:COME APRIRE UNA PAGINA SU FACEbOOK

Come più volte ribadito, il profilo è destinato alle persone fisichementre per le strutture è necessario aprire una pagina.

La procedura di apertura è molto semplice e guidata. Si deve sem-pre partire dal profilo di una persona fisica, che sarà poi ancheil primo amministratore della pagina (e quindi autorizzato uffi-cialmente ad operare da parte della struttura).

Il primo passo è cliccare sulla freccina in alto a destra, scegliendopoi “Crea una Pagina”. A quel punto si devono solo seguire i passaggi indicati.

Come “tipologia”, occorre scegliere la seconda, “Azienda, organiz-zazione o istituzione”. Nella seconda maschera, bisognerà invecescegliere, dal menù a tendina, l’opzione “organizzazione”.

Il logo deve essere quello ufficiale. Evitate ritocchi e/o perso-nalizzazioni, perché possono creare confusione e dare un segnaledi pressappochismo. Peraltro, quando qualcuno effettua una ricercagenerica come UILT, vedrà comparire tutte le nostre strutture presentisui social, con a fianco il logo: ed è visivamente efficace una se-quenza di tante pagine con lo stesso logo. Consigliamo, per quanto riguarda il nome, di aggiungere alla siglaanche la denominazione per esteso, per evitare confusioni con ilsindacato UILT (cioè la UIL Trasporti). Ad esempio: UILT Lazio - UnioneItaliana Libero Teatro.

Una volta aperta la pagina, è molto importante iniziare ad invitarei propri amici a mettere “mi piace”. La pagina infatti non ha uncontatore di “amicizie” (come nel profilo personale) ma di “mipiace”. Le persone quindi sono libere di seguirvi ed anche di non se-guirvi più, se non sono più interessate alla vostra attività.

Utilizzando le impostazioni,potrete aggiungere tutti gliamministratori che riteneteutili, attraverso la funzione“Ruoli della Pagina”. La sceltaè molto importante, perchésono loro a poter gestire la pa-gina, inserire le notizie, movi-mentarla... e renderla viva.

Ogni struttura UILT ha pienaautonomia sulla gestione dellapropria pagina. La UILT Nazio-nale vi chiede di segnalare alNazionale gli amministra-tori delle pagine, per potercreare una rete di conoscenzae di collegamento, al fine di

realizzare qualche progetto comune di cui parleremo nei tempi e neimodi opportuni.Grazie a tutti della collaborazione.

FRANCESCA RIZZIamministratrice dei social network UILT

IV

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NEL MONDO

La COMPAGNIA DEI GIOVANIdi Trento, dopo la “pausa in-ternazionale” dello scorsoanno seguita alla doppia tra-sferta canadese-ucraina del

2013, quest’estate ha provato nuova-mente la soddisfazione di calcare lescene estere. È stata infatti selezionataper rappresentare l’Italia alla XvI edi-zione dello Shakespeare Festival,svoltosi dal 26 luglio al 2 agosto nelsud della Francia. Mentre nell’ultimaoccasione internazionale era stata ap-prezzata quale “The most expressive”nell’ambito della “Joy Fest” in quel diKiev con lo spettacolo grottesco“Tango” del polacco S. Mrozek, in que-st’occasione, data la specificità autoraledi questo meeting internazionale, è tor-nata in sella al proprio cavallo di batta-glia: lo spettacolo in salsa comica“(h)Amlet!”. Questa prima fortunataproduzione, che ha segnato la nascitadel progetto della COMPAGNIA DEIGIOVANI nel 2008 e ha visto le ironichedisavventure di un regista e dei suoi at-tori alle prese con il “mostro sacro” ditutti i teatranti scorrazzare dall’Est Eu-ropa (Lettonia e Bulgaria) al Nord Ame-rica (Canada) passando per laGermania, è giunta infine all’ottava sta-gione di repliche in quel di Tournon surRhône e Tain l’hermitage, graziose lo-calità sedi di questo interessante festi-val dedicato alle opere del Bardo. Talesimposio non competitivo ha dato allacompagnia l’opportunità di confrontarsia livello teatrale con altri 8 gruppi cul-turali (provenienti da Europa, Asia eAfrica) di 5 diverse nazioni (Francia, Un-gheria, Russia, Iran e Algeria), per un to-tale di oltre 100 partecipanti tra attori,tecnici, organizzatori e addetti ai lavori.Rispetto alle altre esperienze internazio-nali vissute nelle precedenti stagioni, icui cartelloni prevedevano molti spetta-coli al giorno anche in contemporanea,essendo un festival shakespeariano i

giovani organizzatori - che daun paio di edizioni hannopreso le redini della manifesta-zione dandole un taglio rilassatoin stile happening - hanno optatoper proporre al massimo due spet-tacoli a giornata, facendo sì che cifossero tempi morbidi da dedicarenon solo agli allestimenti, alle provee alle tradizionali discussioni-con-fronto post spettacoli, ma anche allavisita delle attrazioni circostanti dellaregione del Rodano: dalle visite delloChâteau di Tournon e dello splendidocentro gotico di Lione sino alle deliziedella fabbrica di cioccolato Valrhona diTain! Se da un lato la mancanza di una“giuria” di esperti esterni, pur in uncontesto senza assegnazione di premi,ha tolto quell’ulteriore valore aggiuntoal semplice e proficuo confronto tra irealizzatori diretti degli spettacoli, chela compagnia aveva avuto occasione diapprezzare come strumento di crescitain altri festival esteri, la possibilità dipartecipare ad alcuni workshop mattu-tini ha rappresentato una piacevole no-vità, come nel caso del laboratoriointerculturale sugli stereotipi nazionaliemersi tramite improvvisazioni. E così,dopo l’energica apertura giovanile con“La dodicesima notte” della compagniadi casa che ha fatto decollare un’inau-gurazione in sordina, due differenti ri-proposizioni di “Romeo e Giulietta”(una in stile match di improvvisazioneseguita da una universitaria rock-punk)e altrettante de “La Tempesta” (dall’en-tusiasmante presenza e precisione atto-riale russa ad un’originale coproduzionefranco-iraniana dall’atmosfera psichia-trica) passando per una distillataquanto registicamente notevole ver-sione giovanile ungherese di “Othello”,è giunto anche il momento della mes-sinscena italiana che vede protagonistauna sgangherata compagnia alle presecon l’Amleto. Complici gli 8 anni di vita

di questo sto-rico spettacolo, che ha

visto un fisiologico avvicendarsi nelcorso del tempo di ben 11 attori neipanni dei 7 personaggi e alcune indi-sponibilità lavorative, le problematichemetateatrali dell’opera hanno rischiatodi allargarsi al vero cast! Nonostantequesta difficoltà iniziale la troupe si ècompattata ancora una volta: StefaniaTarter, Elisa Palagano, Tiziano Chiogna,Luca Bertolla, Massimiliano Tardio eHans Peter Gottardi hanno dato nuovadivertente vita ad “(h)Amlet”, semprecon la regia di Michele Torresani (rica-latosi in quest’occasione con soddisfa-zione anche nella veste di attore, seppurimpolverata dagli ultimi anni dedicatiesclusivamente alla regia!) e l’assi-stenza tecnica di Giovanni Agostini,Alessio Tolotti e Loris Valerio. In attesadella prossima avventura, un’altra im-portante esperienza internazionale dicrescita e confronto che la COMPAGNIADEI GIOVANI, ora nuovamente disponi-bile con le ultime due produzioni (lecommedie “Sonno” di E. Luttmann e“Terapia di gruppo” di C. Durang), con-siglia a tutti di provare!

Info: [email protected]

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Compagnia dei Giovani di Trento

(H)AMLET IN SALSA FRANCESE ALLO SHAKESPEARE FESTIVAL!

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Spazio espositivo agli Antichi Forni di Macerata e spettacoli per festeggiare il ventennale: il saluto del Presidente

VENTI ANNI…COME FARE IN POCHE RIGHE A DESCRIVERE VENTI ANNI DI STORIA DE IL TEATRODEI PICARI!

SIAMO UN GRUPPO NUMEROSO ED ETEROGENEO, UNITO DA UN INTERESSE CULTU-RALE COMUNE E CONSAPEVOLE: IL TEATRO. IL TEATRO CHE CI FA SENTIRE PARTE DIUNA COMUNITÀ VIVA E VERA.

VENTI ANNI…. SONO UNA TAPPA IMPORTANTE NELLA VITA DI UN’ASSOCIAZIONE. MOLTE COSESONO CAMBIATE E MOLTE CAMBIERANNO, MA OGGI COME VENT’ANNI FA, LA PAS-SIONE CHE CI LEGA CI PERMETTE DI PERSEGUIRE UNO SCOPO COMUNE CON LA PRO-FESSIONALITÀ E LA SERIETÀ CHE HA SEMPRE CONTRADDISTINTO IL NOSTROTEATRO AMATORIALE.

VENTI ANNI....ABBIAMO PENSATO DI FESTEGGIARLI INSIEME A TUTTI VOI, PARENTI, AMICI, TEA-TRANTI, CITTADINI E ISTITUZIONI.

UN RINGRAZIAMENTO PARTICOLARE VA PROPRIO A VOI, PER AVERCI SEMPRE SUP-PORTATO E SOSTENUTO CON GRANDE FIDUCIA, AFFETTO E STIMA, PER AVER CON-DIVISO EMOZIONI E MOMENTI IMPORTANTI CHE HANNO SEGNATO LA NOSTRA VITA,NON ULTIMO QUESTO NOSTRO VENTENNALE!

ABBIAMO VOLUTO CREARE UNO SPAZIO DI INCONTRO, AGGREGAZIONE E PARTECI-PAZIONE, CERTAMENTE DEDICATO A NOI E ALLA NOSTRA STORIA, MA SOPRATTUTTODEDICATO A VOI, PERCHÉ SENZA IL PUBBLICO NON CI PUÒ ESSERE IL TEATRO.

IL TEATRO DEI PICARI MacerataPresidente: Laura Nocelliwww.ilteatrodeipicari.it

5 Foto di “Del Don Giovanni”e la Mostra del ventennaleagli Antichi Forni di Macerata.

4 “Il diavolo con le zinne”di Dario Fo.

(Foto Cinzia Zanconi)

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L’ANNIVERSARIO

I PRIMI VENTI ANNI DE

IL TEATRO DEI PICARIBreve excursus della vita artistica della prestigiosa formazione maceratese

Era il 1995 quando sulla scena del teatro amato-riale faceva la sua comparsa un bel fiocco azzurroad annunciare la nascita di un nuovo gruppo, «Ilteatro dei Picari». E in quell’occasione la già foltacomunità artistica di Macerata accolse con gioia

il nuovo arrivato che emise il suo primo «vagito» in città, nelprestigioso teatro «Lauro Rossi», cimentandosi ne “Lagrande magia” di Eduardo De Filippo, con la regia di SanteLatini e le coreografie di Barbara Staffolani. Confuso tra ilpubblico c’ero anch’io, in veste di giornalista de Il Resto delCarlino, e ricordo molto bene il loro felice debutto.

Il «pezzo» che scrissi allora costituisce, in certo qual modo, ilcertificato di nascita de «I PICARI», ultimi arrivati nella grandefamiglia delle formazioni teatrali della nostra città, tutte natedalla storica Compagnia «Oreste Calabresi». Già il nome dibattesimo la diceva lunga sul carattere guascone della neo-nata formazione. Con l’aiuto della memoria giornalistica, tenterò di delineareuna breve «storia», o meglio un piccolo omaggio, al costanteimpegno e alla bravura di tutti i componenti di questo presti-gioso gruppo che occupa da tempo una invidiabile posizionenel vasto panorama del teatro amatoriale italiano.

DI WALTER CORTELLA

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5IL TEATRO DEI PICARIal Festival del teatro amatoriale di Montecarlo.

4Francesco Facciolli nei panni di Pulcinella6e nello spettacolo “I Menecmi”.

4“Il diavolo con le zinne” con Scilla Sticchi e i diavoli Lucia de Luca e Leonardo Gasparri.

4“Del Don Giovanni” di vari autorida quattro secoli di Convitati di Pietraper la regia di Francesco Facciolli.

Da quel lontano debutto molta acqua èpassata sotto i ponti e quei «ragazzi» diun tempo hanno respirato a pieni pol-moni tanta polvere di palcoscenico, cre-scendo tutti in buona salute. Ma fin dasubito fu facile cogliere nella loro an-cora acerba interpretazione una indub-bia potenzialità che sarebbe esplosa neltempo, fino a fare di quel manipolo digiovani e volenterosi attori un Gruppodi elevata caratura artistica, apprezzatoin Italia e all’estero.

Dicevo del carattere de I PICARI. Sta-vano ancora muovendo i primi timidipassi, quando uno di essi, sicuramenteil più intrepido, volle indossare i pannidel regista. Detto e fatto: assunse così,con slancio... picaresco, la guida dei suoicompagni e con essi iniziò un’esaltanteavventura che continua ancora oggi,con grande soddisfazione di tutti. Quelgiovane regista, vera anima della Com-pagnia, era Francesco Facciolli.

Per il suo esordio alla regia, volle fare lecose in grande, assumendosi un enormerischio. Si cimentò in un capolavoroeduardiano, “Questi fantasmi”, neldoppio ruolo di attore-regista. Una sfidada far tremare i polsi a chiunque, manon a quell’intemerato picaro napole-tano, da poco trapiantato in terra mar-chigiana. Forse fu proprio la suanapoletanità, oltre alla baldanza giova-nile e alle indiscusse doti artistiche e dileader, a infondergli coraggio e sicu-rezza. Sta di fatto che quel debutto fuun vero e proprio successo. Facciolli nontentò nemmeno di imitare il grandeMaestro: capì che sarebbe stato un sui-cidio. Diede, invece, vita ad un PasqualeLojacono tutto «suo», poco eduardianoe caratterizzò l’opera conferendo mag-giore comicità ad alcuni personaggi di

secondo piano, come Raffaele il porti-naio, Carmela la sorella guarda-porta unpo’ svanita e Gastone Califano, interpre-tati rispettivamente da Fabrizio Luchetti,Scilla Sticchi e Sante Latini.

Da quel lontano 1996, IL TEATRO dEIPICARI ha fatto, sotto la sua guida diregista vulcanico e poliedrico, cose dav-vero pregevoli, ottenendo tanti e lusin-ghieri successi di pubblico un po’ovunque, legittimati da ambiti premi ri-cevuti in importanti festival nazionali.Nell’arco di questi venti anni I PICARIhanno messo in scena circa una ventinadi lavori. Dopo quell’ever green diEduardo, fu la volta de “L’Avaro” diMolière, dal taglio tipico della comme-dia dell’arte, un genere nel quale I PI-CARI si trovano a proprio agio poichéconsente a ciascuno dei protagonisti diesprimere appieno tutto il suo poten-ziale artistico. A seguire, furono allestiti“Gli esami non finiscono mai” e i «ri-voluzionari» “Liolà” e “I Menecmi”,nei quali il regista, dimostrando spiccatapersonalità e grande coraggio, intro-dusse ardite contaminazioni e interes-santi variazioni sul tema. Addirittura lidelocalizzò: spostò, ad esempio, l’operadi Pirandello dalla campagna agrigen-tina a Napoli e raddoppiò i due fratelliplautini, arricchendone la vicenda con ilcontributo di Shakespeare, aiutato nellastesura del nuovo testo da Giuseppe R.Festa. Risultato: due opere in certo qualmodo nuove, originali, di notevole pre-gio artistico e di grande presa sul pub-blico che hanno proiettato I PICARI allaribalta del teatro che conta. Ambedueottennero lusinghieri consensi in dueedizioni del Festival di Pesaro, la mani-festazione regina del teatro amatorialeitaliano, la ribalta nazionale più ambitada chi calca le scene per pura passione.

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E che dire del grande “Pulcinella” diManlio Santanelli del 2006? Un allesti-mento che impressionò favorevolmentelo stesso autore. Ricordo il commentodella signora Santanelli, durante lo spet-tacolo: «Non ho mai visto mio maritocosì felice al debutto di un suo lavoro».Quel “Pulcinella”, interpretato con as-soluta bravura da un Facciolli strepitosoe sempre più a suo agio nel complessopersonaggio della tradizione parteno-pea, rappresentò l’Italia nel 2009 al pre-stigioso Festival mondiale del teatroamatoriale di Montecarlo. Ebbene, inquella sorta di olimpiade, che si tieneogni quattro anni nel piccolo Principatoe alla quale ogni compagnia del mondoaspira a partecipare, I PICARI ottenneroun incredibile successo di critica e dipubblico, paragonabile a quello delGruppo TE.MA. di Macerata che ventianni prima aveva presentato un memo-rabile “Don Chisciotte”, diretto daDiego Dezi e interpretato dalla superbacoppia Paolo Piangiarelli-PiergiorgioPietroni.

Ma intanto nel 2012 veniva messo inscena “Il diavolo con le zinne”, diDario Fo, che ha portato alla ribalta unasorprendente Scilla Sticchi nei panni diPizzocca Ganassa, la rozza serva longo-barda, la sempre brava Lucia De Luca,

nell’insolito ruolo del diavolo Frangi-pane, lo straripante Leonardo Gasparri(l’imbranato diavoletto Barlocco) e unsuper Gigi Santi, nei panni porporatidell’ambiguo cardinale Ambone.

Ultimo in ordine di tempo, è arrivato ilpluripremiato “del don Giovanni”, inuna riscrittura originale ispirata a variautori (Mozart, Da Ponte, Tirso de Mo-lina, Goldoni), rappresentato la scorsaestate anche a Tours, in Francia. In que-sto lavoro, già più volte replicato e sem-pre con grande successo Facciolli,autore-regista-attore, inserisce ancorauna volta il «suo» Pulcinella, ponendoloal servizio dell’incauto don Giovanni, in-terpretato da un Leonardo Gasparriormai «maturo» per ruoli ancora più im-pegnativi.

Accanto a questi spettacoli di successo,I PICARI hanno messo in scena, nelcorso degli anni, molti altri piccoli capo-lavori, da “voglia di volare” di SergioCicconi a “Picasso ha dormito qui” diRobin Hawdon, con l’esordio alla regiadi Andrea Pensini, da “La ridiculosa hi-storia di Pulcinella cornuto”, trattada Molière a “Serata benni” diretta einterpretata da Maurizio Vallesi, a“Pritu e lu duppiu spusaliziu”, trattoda un testo in vernacolo maceratese del

‘600 rielaborato e diretto da RiccardoNocelli per arrivare ai più recenti “Levoci della collina” da Edgar Lee Ma-sters e “Le une e le altre”, un collagedi figure femminili, tratto da Gloria Cal-deron Kellet, entrambe per la regia diLucia De Luca.

La vasta produzione de I PICARI èfrutto della collaborazione di tutti i com-ponenti del gruppo, uniti da un solidorapporto di amicizia, basato sul rispettoe la stima reciproca. Dalla stesura/adat-tamento dei nuovi testi alla realizza-zione dei fantasiosi costumi, dallaprogettazione delle scenografie di PinoFacciolli, connotate da originali lineefuggenti, alle maschere in cartapesta ocuoio, dalla formazione delle nuove levea quella dei vari registi, tra i quali sonoda annoverare anche i già citati Leo-nardo Gasparri e Gigi Santi, tutto viene«fatto in casa», in un laboratorio che la-vora a tutto tondo. In questi ultimi quat-tro lustri, sotto la lunga presidenza diMauro Molinari prima, poi di Scilla Stic-chi e ora di Laura Nocelli, I PICARI, verae propria fucina di tanti giovani talenti,hanno realizzato, davvero cose egregie.Buon compleanno!

WALTER CORTELLA

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Nel continuare il percorso attraverso lo spinosoterreno degli adempimenti burocratici per lenostre compagnie, una delle ultime novità èquella riguardante l’obbligatorietà del co-dice fiscale per aprire la posizione SIAE.

In effetti non è proprio una novità, poiché già gli uffici dellaSocietà Italiana Autori ed Editori lo richiedevano, ma è co-munque una conferma avuta dall’Agenzia Entrate, di cuirendiamo noto il testo. A seguire, la relazione del Dott. AngeloPediconi e dei suoi collaboratori inerente il tema SIAE nel Con-vegno di Pesaro, di cui abbiamo già pubblicato nel numeroprecedente della rivista l’intervento del Dott. Guido Martinellisulla natura giuridica delle compagnie amatoriali e i rapporticon il Fisco e l’Enpals.

CERTIFICAZIONE ObbLIGATORIA anche per leFORMAZIONI dILETTANTISTIChE O AMATORIALI

È POSSIBILE APRIRE L’INIZIO ATTIVITà SIAE SOLAMENTE AIPOSSESSORI DI CODICE FISCALE (e/o di Partita Iva).In relazione all’apertura di Inizio di attività spettacolisticaSIAE da parte di Associazioni e/o Enti, fino ad ora concessaanche ai non possessori di Codice Fiscale, avvalendosi dellaclausola di OCCASIONALITà DI SPETTACOLO, l’Agenzia delleEntrate, su richiesta di consulenza giuridica da parte dellaSIAE, con parere del 12 maggio 2015 ha precisato:

(omissis)... Con riferimento al concetto di occasionalità, fermorestando che la sussistenza o meno di tale requisito deve es-sere verificata in maniera casistica, si può evidenziare che se-condo dottrina e giurisprudenza I’occasionalità si ha quandol’attività è posta in essere in modo accidentale o sporadico esenza che il soggetto abbia predisposto nulla per effettuarla.(omissis)... dovrà assoggettare ad IVA i proventi conseguitidall’organizzazione, seppure occasionale, dell’evento.

Il concetto espresso “senza che il soggetto abbia predispostonulla per effettuarla” ne stabilisce precisamente i termini pergli spettacoli e/o manifestazioni rivolte ai NON SOCI, soprat-tutto in presenza di sbigliettamento.Ne consegue che se fino ad ora alcune Agenzie Siae permet-tevano di poter aprire l’inizio attività anche se non in possessodel Codice Fiscale (quindi a realtà NON COSTITUITE), ora que-sto NON E’ PIU’ POSSIbILE.

IN REGOLA

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SIAESocietà Italiana degli Autori ed Editori

le regole da tenere a mente

A CURA DI DOMENICO SANTINI

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Dall’intervento del Dott. Angelo Pediconi SIAE di Ancona

La SIAE è una organizzazione statale che tutela i dirittidegli autori ad essa iscritti. Il suo ruolo è quello di richie-dere a chiunque rappresenti opere teatrali, opere musicali,poesie, etc... un compenso stabilito da parametri che possonovariare dalla capienza del luogo della rappresentazione o daparticolari richieste provenienti dagli “aventi diritto” (Agen-zie, autori, traduttori). - L’autore iscritto alla SIAE non può rinunciare al suo com-penso ma può devolverlo, dopo averlo ricevuto dalla SIAEstessa, a chiunque.- Un’opera inedita di un autore iscritto SIAE va regolarmentepagata e l’autore la deve depositare quanto prima alla SIAE.- Anche per spettacoli gratuiti vanno pagati i diritti di autore,insieme alle musiche (se ci sono).- Per gli spettacoli gratuiti con autori non tutelati basta pre-sentare alla SIAE la Liberatoria dell’autore sulla sua non iscri-zione alla SIAE.- In caso di spettacoli con ingresso “ad offerta”, l’incasso vadichiarato per il versamento dell’IVA.- Le musiche e gli accompagnamenti musicali, se sono rico-noscibili, pagano la SIAE anche se hanno una durata di 10-15 secondi. Le musiche inferiori ai 4 minuti pagano l’11% +IVA dell’importo dichiarato e quelle superiori ai 4 minuti il13% + IVA sempre del dichiarato.- Gli importi “minimi” per ogni spettacolo variano con l’ISTATdi anno in anno a seconda del numero dei posti.è importante per le compagnie amatoriali, prima di ini-ziare a preparare uno spettacolo, interpellare la SIAEcirca la sua messa in scena poiché:- Se l’autore italiano è morto da più di 70 anni, l’opera è didominio pubblico e può essere rappresentata.- Se l’autore straniero è morto da più di 70 anni ma ci sono idiritti di un traduttore italiano vivente o morto da meno di 70anni bisogna pagare i diritti di traduzione, a meno che non sitraduca da soli o si faccia tradurre da chi non è iscritto SIAE.- Se l’autore non è iscritto alla SIAE basta la sua liberatoria.- Se l’autore è iscritto alla SIAE la stessa concederà il numerodell’opera e quindi la messa in scena dell’opera.Bisogna tenere a mente che:- A volte l’autore, il traduttore, o l’Agenzia, che detengono idiritti di un’opera pretendono di essere interpellati e conce-dono l’opera “a tempo determinato” con le date, e quindi ilpermesso di rappresentazione viene concesso volta per volta;- Qualche volta pretendono una somma anticipata a garanziache le rappresentazioni dichiarate siano poi fatte; - Possono bloccare le rappresentazioni se una compagnia pro-fessionale mette in scena la stessa opera.Qualsiasi riduzione o adattamento alle opere tutelatenecessitano del permesso scritto dell’autore, degli erediaventi diritto, del traduttore, o dell’Agenzia che ne de-tiene i diritti (vale molto per le opere straniere). Questa èuna delle disattenzioni più frequenti. Non è permesso tradurre un’opera di un autore straniero chein Italia abbia già una agenzia di tutela presso la SIAE (esem-pio: W. Allen, Ayckbourn, Simon...ecc). Non è permesso rappresentare opere cambiando il titolo e,qualche volta, l’autore: c’è di mezzo una denuncia penale.

CONVEGNO NAZIONALE FISCO - SIAE - SICUREZZA. PESARO, HOTEL DES BAINS, 4 OTTOBRE 2014

La "SOCIETà ITALIANA dEGLI AUTORI"nasce a Milano il 23 aprile del 1882.A costituire l’associazione fu un’assembleacomposta da scrittori, musicisti, commedio-grafi ed editori dell’epoca. Tutto ebbe inizioin un palazzo del centro della vecchia Mi-lano, il palazzo Ponti (allora si chiamavaPullè), in via Brera n. 19. Del primo ConsiglioDirettivo della Società Italiana degli Autorifacevano parte nomi storici della cultura edell’arte italiana, da Giuseppe Verdi a GiosuèCarducci, da Francesco De Sanctis a Ed-mondo De Amicis. Allo storico Cesare Cantùfu conferita la carica di presidente onorario,mentre l’intellettuale Tullo Massarani fu ilprimo presidente effettivo. Tra i promotoridella Società figuravano inoltre Roberto Ar-digò, Arrigo Boito, Ulrico Hoepli, EdoardoSonzogno, Giovanni Verga, Pasquale Villari,Giuseppe Zanardelli. Il primo obiettivo della neonata "Società perla tutela della proprietà letteraria ed arti-stica" fu quello di educare il pubblico suiprincipi giuridici e morali della protezionedelle creazioni dell’ingegno. Grazie a questaattività figurerà tra i fondatori dell’Unione diBerna nel 1886 e successivamente siglerà laConvenzione di Berna, fondamento della tu-tela del diritto d’autore nel mondo.Nel periodo dal 1896 al 1926 SIAE si è tra-sformata in un’organizzazione vera e propriacon il compito di intermediare il diritto d’au-tore. Alle Sezioni dedicate al Teatro e ai DirittiMusicali si aggiunse nel 1920 la Sezione delLibro, incaricata dalle associazioni di autoried editori di controllare il servizio della tim-bratura dei frontespizi delle opere pubblicatein volume. Nel 1921 venne stipulata la prima conven-zione con lo Stato Italiano per la riscossionedell’Imposta sugli Spettacoli. Cominciò cosìla collaborazione che rende di fatto SIAE uninterlocutore privilegiato dello Stato e di altriEnti e Istituzioni pubbliche e private.Il 1926 fu un anno altrettanto importante:entrò in vigore la nuova legge sul dirittod’autore, che per la prima volta riconobbenon solo il diritto economico ma anchequello morale. Un fondamentale passoavanti che sarebbe stato poi recepito anchea livello internazionale nella Convenzione diBerna. Infine, nel 1927 la Società divenne uf-ficialmente "Società Italiana degli Autori edEditori". Il 22 aprile del 1941 viene emanatala legge n. 633 - tuttora vigente - per darealla disciplina del diritto d’autore una siste-mazione ampia ed organica. Modificata neltempo da 19 direttive europee e da altreleggi nazionali, definisce anche la natura diente pubblico di SIAE e ne riconosce in viaesclusiva l’attività di intermediazione perl’esercizio dei diritti economici sulle opere(art. 180). Questa norma è stata integrata eprecisata dalla legge 9 gennaio 2008 n. 2“Disposizioni concernenti la Società Italianadegli Autori ed Editori” che, all’art. 1, defini-sce SIAE “ente pubblico economico a baseassociativa” e fissa le regole della sua go-vernance e della sua attività imprenditoriale.

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PER DIRLAIN GOLDONINovità di Mauro Cattivelli

È disponibile attraverso il sito www.cattivelli.net“Per dirla in Goldoni”, il nuovo testo teatralefirmato dal commediografo romano Mauro Cat-tivelli, già autore insieme a Paolo Quattrocchi diopere brillanti come “Favolescion” e “Attento allacioccolata, Callaghan”. Questa commedia in dueatti ci catapulta nella Venezia del 1750, in casa diun Carlo Goldoni alle prese con l’ostica promessa– fatta all’impresario Gerolamo Medebach – discrivere sedici nuove opere entro la fine dell’anno,la prima delle quali sarà “Il teatro comico”. Sedu-tosi allo scrittoio, Goldoni inizia ad abbozzare ipersonaggi principali e tenta di dare un filo logicoalla sua commedia nonostante distrazioni di varianatura: tra ripetute richieste amorose da parte disua moglie Nicoletta, interventi della madre-di-rimpettaia e azioni di disturbo messe in atto dacolleghi-rivali, il grande autore veneziano è co-stretto ad interrompere continuamente il suo la-voro. Ed è proprio nei momenti in cui il “creatore”si allontana dalla sua postazione che i suoi per-sonaggi prendono vita. Secondo un collaudatoschema di commedia nella commedia, dalla cartae dalla penna le figure si animano, interagiscono,assumono tutti i contorni degli “attori” impegnatinella lunga attività di costruzione di uno spetta-colo, salvo poi ritornare inerti quando Goldonitorna al suo posto per meditare sul prosieguo deltesto. Testo che, come realmente accaduto in oc-casione della stesura de “Il teatro comico”, di-venta infine l’occasione per proporre i contenutidella riforma teatrale goldoniana, il superamentodegli schemi e dei caratteri della Commedia del-l’Arte in favore del “teatro realistico”, la vittoriadel copione sul canovaccio, della vita quotidiana– rappresentata in modo verosimile – sugli ste-reotipi e sulle maschere.

Le compagnie interessate ad ulteriori informazioni sultesto possono consultare il sito:www.cattivelli.net/q&cÈ inoltre possibile richiedere un copione direttamenteall’autore, inviando una email all’indirizzo:[email protected].

DANIELE CIPRARI

ACampagna, nell’entroterra salernitano, dadodici anni la Compagnia TEATRO dEI dIO-SCURI tradisce il Teatro con un progetto an-tropologico e teatrale, un percorso completodi approfondimento delle tecniche teatrali, ma

anche di nuovi percorsi di ricerca e sperimentazione.Il progetto, la cui Direzione Artistica è affidata ad AntonioCaponigro, con la consulenza di Michele Monetta, dal ti-tolo “Tradizioni & Tradimento” (entrambe dal latino trà-dere, cioè consegnare: consegnare, cioè riportare nel tempo,la prima; consegnare agli altri, quindi tradire, la seconda) pre-vede una serie di attività che mirano a formare da un puntodi vista artistico-teatrale e sociale i giovani, e non solo, del-l’intero Comprensorio Sele-Tanagro.Un forte valore ha il Laboratorio Permanente (La.Per) diTeatro, laboratorio biennale in cui vengono approfonditi i di-versi linguaggi e tecniche teatrali, e che culmina in un saggiodimostrativo finale. Durante l’anno del La.Per, da ottobre agiugno, gli allievi del Laboratorio teatrale seguono anchestage pratici, seminari, videoforum, incontri che ogni anno sifocalizzano su un particolare argomento. Quest’anno il filrouge degli incontri è stata LA TEMPESTA di W. Shakespeare.Interessanti, a questo proposito, sono stati i due giorni distage teorico e pratico con il regista, attore e Docente di Re-citazione Gianni Caliendo. Durante la parte seminariale,aperta anche al pubblico esterno, il regista ha trattato inmodo particolare la vita dell’autore inglese soffermandosi sulsuo essere cortigiano, drammaturgo e attore; sui contatti coni Comici dell’Arte italiani; sul mondo elisabettiano e sul di-vieto delle donne di calcare le scene inglesi.Ore intense di lavoro pratico, invece, quelle che hanno coin-volto gli allievi del La.Per e i componenti della CompagniaTEATRO DEI DIOSCURI che si son ritrovati ad interpretareShakespeare con parola, gesto, azione alla luce del MetodoMimico di Orazio Costa. L’obiettivo è stato quello di creareatmosfere e suggestioni grazie all’interazione di tre versionidell’opera: quella originale in inglese, la traduzione italianae la versione in napoletano di Eduardo.

I SAGGI – SPETTACOLO 2015“Ali” di Francesco Silvestri È la storia di un novello Icaro alla ricerca di un padre che nonincontrerà mai, un padre che ha scelto la libertà e che indicaal figlio la stessa come senso della vita. Icaro si alza in volosulle ali di un aliante avuto in regalo dal padre prima chequest’ultimo andasse via senza più tornare. La ricerca delbabbo, per ringraziarlo, si rivela un avventuroso viaggio at-

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T&T

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TRADIRE SHAKESPEARE12 anni di Tradizioni, 12 anni di Tradimento!

Teatro dei Dioscuri - Campagna (SA)traverso le meraviglie e le insidie del mondo. Si imbatterà inOsvaldo ed Asdrubale, due goffi cacciatori che lo scambianoper un uccello del malaugurio, ed in tutte le figure mitologichericondotte a dimensioni attuali. Il "viaggio" diventa momentofondamentale di formazione personale, un affrancarsi dall’etàinfantile per entrare in quella adolescenziale, se non adulta.Ed è la libertà stessa ad indurre il protagonista ad abbando-nare naturalmente il motivo primario della sua avventura.Una favola giocosa alla riscoperta del "bambino dentroognuno di noi" e che, nel rifiuto di sbrigative etichette o diconfini anagrafici, manifesta con i caratteri originali del teatrouno sgranare gli occhi sul mondo senza porre limiti alla ca-pacità di meravigliarsi. Allievi I livello: Antonella Ceriello, Giusy Conte, Cristian Palladino,Giusi Sorano, Raffaella Spagnuolo, Giulia Taddeo, Giusi Taddeo, Vin-cenzo Vacca De Dominicis. Regia di Emiliano Piemonte.

“La Tempesta – work in progress”Ritenuta la penultima opera di William Shakespeare - l’ultimascritta da solo - e considerata da molti il lavoro che segnòl’addio alle scene. Su un’isola imprecisata del Mediterraneo,l’esiliato Prospero, vero duca di Milano, trama per riportaresua figlia Miranda al posto che le spetta, grazie ad illusioni emanipolazioni magiche. Mentre suo fratello Antonio e il suocomplice, il Re di Napoli Alonso, stanno navigando per il mare,di ritorno da Cartagine, il mago invoca una tempesta che ro-vescia gli incolumi passeggeri sull’isola. Con l’aiuto dellamagia e del suo servo Ariele, spirito dell’aria, Prospero riescea castigare la natura bassa di Antonio, a redimere il Re, a farinnamorare sua figlia con il principe di Napoli Ferdinando. Inscena musiche e luci d’atmosfera ed oggetti evocativi che siprestano a svariati significati, corpi pennellati cromaticamentee voci in azione nello spazio articolato dell’Auditorium, sonoil risultato di un primo livello di ricerca. La performance diquest’anno, con il titolo “La Tempesta – work in progress”,giocata in italiano, inglese e nel napoletano della traduzionedi Eduardo De Filippo, vedrà una versione più estesa e detta-gliata alla fine del percorso del prossimo anno.Allievi II livello: Antonella Cariello, Elisabetta Cataldo, Rossella Cer-rone, Cristian D’Ambrosio, Isabella De Marco, Rosario Di Francesco,Giulia Di Giuseppe, Carmen D’Incecco, Gerardo Guarnieri, LudovicaLa Monica, Antonella Lieto, Dario Marzullo, Enza Maria Mastrangelo,Angelica Zottoli. Regia di Antonio Caponigro.

LE COLLAbORAZIONIPer le attività di lettura e scrittura creativa; drammaturgia;regia e messinscena; fonetica, articolazione, dizione, recita-zione, canto; teatro di figura; storia del teatro e dello spetta-

colo; uso del corpo, mimo; scenografia, scenotecnica; costu-mistica; uso delle luci e dell’audio, oltre ai propri operatori,TEATRO DEI DIOSCURI si avvale della collaborazione diEsperti e Docenti di varie Accademie e Università: Accademia Nazionale d’Arte drammatica “S. d’Amico”di Roma; Università La Sapienza di Roma; UniversitàRoma Tre;Università di Salerno; U.P.S. (Università Ponti-ficia dei Salesiani) di Roma; dams di bologna; Icra Pro-ject (Centro Internazionale di Ricerca sull’Attore) diNapoli; U.I.L.T. (Unione Italiana Libero Teatro).

CORSI e PER-CORSILa Rassegna Teatrale Corsi & Per – Corsi, è la sezioneestiva di Tradizioni & Tradimento, in cui TEATRO DEI DIO-SCURI propone spettacoli e performance in luoghi dalla vo-cazione artistica e culturale del Centro Storico di Campagnaprivilegiando spazi aperti o circoscritti, piazze, vicoli, chiostri,sagrati, tutto ciò al fine di evocare e rivivere antiche e sempreattuali atmosfere, particolarmente coinvolgenti per lo spetta-tore. La Rassegna si svolge nella seconda metà di agosto, unascelta che va ad inserirsi proprio nell’ottica della valorizza-zione della cittadina nascosta tra i monti Picentini.Tre gli appuntamenti di quest’anno. Nel Chiostro del Palazzodi Città, “Frammenti di-versi: ‘Chiacchiere, juoche e fan-tasia…int’e vicule d’’a casa mia!”, spettacolo di poesia,musica, danza, teatro e animazione con testi di Maria Capo-nigro, per la regia di Antonio Caponigro, e lo spettacolo “Ali”. Nella particolare atmosfera del Cortile del Seminario inveceè andata in scena “La Tempesta”.

IL SENSO dI T&TAntonio Caponigro: «Tradizione & Tradimento è partito comelavoro di ricerca sulla tradizione nel tentativo di rinnovarla. Aquesto primo obiettivo, nel corso dei 12 anni di attività, se neè aggiunto un altro: la consapevolezza che la Tradizione rap-presenta le nostre innegabili e incancellabili radici, ma che lastessa abbia necessità di Tradimento (ricerca, rilettura, rinno-vamento) per restare al passo con i tempi, per continuare adirci qualcosa, senza restare un affresco d’epoca. Quindi innoi la consapevolezza di un compito arduo, che si sviluppaanche attraverso la Rassegna estiva Corsi & Per – Corsi, inspazi antropologicamente abbandonati che ci piace riviverenon con semplici e scontate rievocazioni storiche, ma in modonuovo e alternativo».

GIUSY NIGRO Uff. Stampa Teatro dei Dioscuriwww.teatrodeidioscuri.com

IL PROGETTO

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Il cartellone della rassegna di teatro dialettale IL TOR-RIONE, organizzata dal Comune di Citerna in colla-borazione con la Proloco di Citerna, la Regione Umbria,il gruppo alimentare Valtiberino, la SOGEPU e la U.I.L.T.(Unione Italiana Libero Teatro), ha presentato venerdì

24 aprile 2015 al Teatro Bontempelli di Citerna, la Compa-gnia Teatrale COLONNA INFAME di Conegliano Veneto(TV), con lo spettacolo “I 39 Scalini” tratto dal romanzodi John buchan, adattato per il teatro da Patrick barlow. L’evoluzione dell’adattamento teatrale del romanzo di Buchan(da cui sono stati tratti ben quattro film, tra cui, il più famosoè senza dubbio “Il club dei 39”, diretto da Alfred Hitchcocknel 1935 e che ha fornito infine a Barlow il materiale sostan-ziale per lo spettacolo), è davvero curiosa e vale la pena ri-percorrerla brevemente.

La prima versione teatrale del romanzo, con l’idea di farla re-citare a soli 4 attori, usando come scenografia scale a libro,tavole di legno, un grande lenzuolo e un cane di peluche, èstata concepita e scritta da Simon Corble e Nobby Dimon (tea-tranti tuttotondo), e ha debuttato nel 1995 a Richmond in In-ghilterra davanti a 90 persone, per poi riproporsi in variteatrini, salette comunali e spazi scolastici. In pratica una pro-duzione come dire “fatta in casa”.

Nel 2005 Patrick Barlow (drammaturgo, regista e attore), èinvitato a riscrivere il copione e ad interpretare il ruolo delprotagonista. Il nuovo copione mantiene lo spirito originale,ma si basa molto più sul film di Hitchcock. L’adattamento fir-mato da Barlow debutta nel giugno 2005 presso il West Yor-kshire Playhouse di Leeds, regia di Fiona Buffini. In seguito,per la regia di Maria Aitken (che ha poi firmato anche la regiadello spettacolo realizzato in Italia nel 2009), presso il TricycleTheatre di Londra nell’agosto del 2006 ed al Criterion Theatredi Piccadilly nel settembre 2006. L’adattamento arriva poi aBroadway all’inizio del 2008, vincendo nello stesso anno 2Tony Awards (Luci e Suono), e nominato per altri 4 Tony: mi-glior commedia, miglior regia (Maria Aitken), migliore sceno-grafia, migliori costumi. Contemporaneamente diventa unsuccesso anche in Israele, Sudafrica, Finlandia, Grecia, Italia,Germania, Repubblica Ceca, Turchia, Corea, Australia e Spa-gna. Uno sviluppo avventuroso e fortunato, proprio come latrama della commedia.

Londra. Durante uno spettacolo teatrale in cui si esibisce Mi-ster Memory (con una memoria fotografica eccezionale, chesarà poi la chiave del mistero della storia), Richard Hannay,un giovane canadese, incontra una donna che dice di chia-marsi Annabella Smith – nome evidentemente falso, e che gli

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Compagnia Teatrale Colonna Infame

I 39 SCALINI

DI ANDREA JEVA

L’OPINIONE

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chiede di ospitarla a casa sua. La donna confessa a Richarddi essere una spia, ma la notte stessa sarà assassinata conun coltello piantato nella schiena da alcuni individui penetratinella casa. Annabella fa in tempo a mostrare una cartina dellaScozia con indicata una località. Prima di morire parla anchedei “39 scalini” una congrega di pericolose e spietate spie,con a capo il professor Jordan, un pericoloso personaggiosenza molti scrupoli. Richard si sente in pericolo di vita, e de-cide di raggiungere la Scozia quando la polizia inglese, subitodopo la scoperta del cadavere nella sua abitazione, inizia adargli una caccia spietata. Comincerà per Richard una lungafuga, in compagnia di Pamela, un’avvenente bionda, incon-trata in precedenza, che porterà Richard a cavarsela brillan-temente in un convegno politico, in una casa abitata da unvecchio piuttosto avido e manesco, nella brughiera scozzese,in un albergo gestito da una simpatica donna e addiritturanella casa del nemico. Abbiamo tutti i temi del thriller: lo spio-naggio, l’innocente accusato di un delitto che non ha com-messo, la fuga, e il protagonista che è completamentescagionato alla fine. Naturalmente il finale è lieto, Pamela eRichard sono nell’appartamento di quest’ultimo. È Natale, ein lontananza si sente il pianto di un bambino.Per rendere appieno l’idea dello spettacolo possiamo dire chei quattro attori, nel giro di due ore, recitano decine di perso-naggi, anche contemporaneamente. In particolare: un attoreha la parte del protagonista, un’attrice recita i ruoli di tuttele protagoniste femminili e gli altri due recitano qualunquealtro personaggio che i primi due incontrano. Buoni, cattivi,uomini, donne e anche oggetti inanimati: una grande fabbricadi idee!

Lo spettacolo visto a Citerna si è ispirato chiaramente allaregia di Maria Aitken, con una serie infinita di trovate, sipa-rietti, colpi di scena. Molto gustosa una battuta che possiamoprendere ad esempio per indicare lo spirito arguto dello spet-tacolo: con i quattro attori in scena, vediamo da dietro il si-pario chiuso, una mano con una pistola che spara a uno diloro, questo, morendo, ha la forza di dire «Ma non doveva es-sere uno spettacolo con quattro attori!?».La COMPAGNIA COLONNA INFAME ha rappresentato congrande abilità lo spettacolo che da un punto di vista tecnicoera molto impegnativo. Gli attori sono stati formidabili nel-l’immedesimarsi appieno nello spirito dinamico del testo. Sor-prendente per bravura la protagonista femminile (IvonneTanieli), che interpreta con rilevante capacità camaleontica levarie figure femminili del copione: Annabella Smith, Pamela,Margareth, ecc. Perfetti anche i due Clowns (Amerigo Garde-nal e Athos Tassi), hanno trascinato con giusta e stuzzicanteironia il pubblico nel vertiginoso gioco delle invenzioni deltesto. Il ruolo paradossalmente più sacrificato rispetto al gioco

generale, è stato proprio quello del protagonista Richard Han-nay (Gianni Della Libera che firma anche la regia), che ha do-vuto recitare un solo personaggio, ma l’ha fatto in modoimpeccabile. Ci piace inoltre menzionare anche i tecnici (Alex& Bianca Della Libera) e i consulenti (Eros Marcon&BelindaMazzer), che riteniamo elementi fondamentali per la compat-tezza dell’intera performance. La regia (Gianni Della Libera), come abbiamo detto, è statainfluenzata in modo considerevole dall’importante allesti-mento inglese che ha poi spopolato a Broadway. È da apprez-zare comunque sia il ritmo che il regista ha dato allospettacolo, sia la messa in scena generale, con bellissime mu-siche, luci essenziali, la scena giustamente scarna proprio perfavorire il superamento dello spaziotempo e che senza ingom-branti fronzoli ha servito efficacemente il testo.Fra tante cose positive dello spettacolo, è quasi d’obbligo ci-tarne almeno una meno positiva e che riguarda non propria-mente la commedia di cui abbiamo parlato, ma il suo genere,il thriller che per sua natura, a nostro modo di vedere, si lasciafruire solo all’istante con scariche di notevole adrenalina, mache trattiene poco di sé una volta terminata la storia. Pubblico numeroso e molto divertito.

ANDREA JEVANato ad Andria nel 1953, nel 1980 si diplomapresso la Civica Scuola d’arte drammatica “Pic-colo Teatro” di Milano. Costituisce la CompagniaTeAtro e interpreta ruoli significativi in vari spet-tacoli. Collabora poi, per alcuni anni, con il TeatroNiccolini di Firenze, come interprete in varie pro-duzioni e come amministratore di compagnia.

Nel 1983 scrive i radiodrammi “I Gracchi” e “In punta di piedi”, che ven-gono trasmessi dalla RAI. Nel 1986 è amministratore di compagnia nelGruppo della Rocca di Torino e, l’anno seguente, nel Teatro Stabile di Ge-nova. Nel 1987 scrive la commedia “La sera della prima” che viene por-tata in scena, per la sua regia, dalla Fontemaggiore di Perugia. Nel 1989realizza, con il Teatro di Porta Romana di Milano, la tragicommedia “Unaspecie di gioco”, curandone anche la regia e, nel 1990, “Cuccioli”, regiadi Giampiero Solari. Nel 1991 scrive la commedia “Land Ho!” che vieneprodotta dal Teatro di Sacco di Perugia. Nel 1993 inizia una lunga colla-borazione con il Teatro Sistina di Roma come amministratore di compa-gnia; nel 1996 “Sort of a game” viene rappresentata al Fringe Festivaldi Edimburgo. Nel 2001 la tragicommedia “Aiutami, aiuto, aiutami” vienerappresentata al Teatro Sette di Roma. Nel 2002 la tragicommedia“Isole” viene rappresentata al Theater Im Keller di Graz. Nel 2004 la tra-gicommedia “Quartetto blues” viene rappresentata al Festival delle Na-zioni di Città di Castello. Nel 2005 scrive la tragicommedia “Etruschi!”.Nel 2008 è organizzatore per il Todi Arte Festival. Nel 2011 cura l’elabo-razione drammaturgica dello spettacolo “Discovering Pasolini Appuntida un film mai nato” coprodotto da La MaMa E.T.C. di New York e LaMaMa Umbria International di Spoleto, regia di Andrea Paciotto, rappre-sentato al Teatro della Pergola di Firenze nell’ambito del programma “IlTeatro Italiano nel Mondo” realizzato da Maurizio Scaparro. Nel 2012traduce ed elabora per la scena il racconto “The Test” (L’Esame) di Ri-chard Matheson, prodotto dall’Associazione Culturale “Eunice” di Pe-rugia, regia di Andrea Paciotto. Attualmente alterna il lavoro diinsegnante, attore, organizzatore teatrale e drammaturgo.

www.andreajeva.it; [email protected]

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5Compagnia Teatrale COLONNA INFAME di Conegliano Veneto (TV) www.colonnainfame.it

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In gergo teatrale, esiste una netta distinzione fra “il morto”ed “il vivo” e Charles Dullin esemplifica molto bene unaspetto particolare: «Le polemiche letterarie, le inchieste, leteorie, quasi sempre servono a dissimulare un bisogno di pub-blicità alquanto sgradevole. Nella repubblica delle letteresono stati introdotti i buoni sistemi commerciali dei droghierie dei vinai. Sono convinto che tutte le polemiche e le teorienon porteranno a niente. Quando si tratta di Teatro, io credoa quello che vedo. La povertà, la mancanza di risorse e dimezzi possono costituire un ostacolo, ma bisogna avere il co-raggio di confessare l’imperfezione del lavoro compiuto. Lanostra cultura drammatica deve interessare noi soltanto. Ten-tiamo di vivificare le nostre idee; esprimiamole teatralmente;siano esse l’anima di tutto quello che creiamo; ma non par-liamone, più di quanto un uomo onesto non parli della propriaonestà». (Da “La ricerca degli dèi”)I Teatranti di qualsiasi “razza”, siano essi dilettanti, amato-riali, professionisti, hanno di sicuro un elemento in comune.La suscettibilità!I Teatranti, molto spesso, se non sempre, difficilmente riesconoad accettare una critica da uno spettatore, figuriamoci da uncollega! E questo è un limite che abbiamo. Un grosso limiteche ci impedisce di vedere oltre, di vedere al di là dell’osta-colo, ponendoci nella condizione di stanziare inermi nel ten-tativo di giustificare il nostro operato artistico. Vogliamoraggirare, scavalcare “l’ostacolo”, senza comprendere che vaaffrontato, prima con noi stessi e poi con gli altri. Anche Pa-solini, che non era un Teatrante ma che era immensamenteaffascinato dal Teatro, negli anni della sua “Affabulazione” sirese conto in prima persona della complessità dell’arte sce-nica: «Sempre più mi accorgo che fare Teatro non si improv-visa, è un’impresa che richiede l’impegno di una vita intera».Ecco, “Fare Teatro”! Fare Teatro non si improvvisa e bisognache gli dedichiamo anima e corpo. Quindi, non perdiamo

tempo a “stanziare”, come fanno le “comare”. Il Teatro èazione, è movimento. Thomas Richards, che ha assistito perparecchi anni l’ultima fase di ricerca di Jerzy Grotowski, hadovuto stanare da sé sia il morbo del dilettantismo, sia il mor-boso compiacimento in cui cadono quanti si ostinano a con-siderarsi “geni incompresi”, i migliori di tutti e di tutto.Facciamo uno “sforzo”, tutti. Rispettiamo i pareri di tutti. Ri-spettiamo il gusto di tutti. Accettiamo i no con lo stesso com-piacimento, a volte anche eccessivo, di quando accettiamo isì. Rispettiamo il lavoro di tutti. Non offendiamo, con le nostrerimurginazioni chi con onestà umana ed artistica esprime unparere. Non offendiamo chi ne rimane, magari anche incon-sapevolmente, coinvolto in modo gratuito. Purtroppo, nel Tea-tro attuale, il cosiddetto “Teatro borghese” (quello deimestieranti e delle grandi Compagnie teatrali che vivono suifinanziamenti pubblici), è rarissimo trovare autentica vita. Sicontinua a ripetere (re-citare, appunto!) frasi morte e pochisono gli attori ed i registi capaci di infondervi il necessarioalito di vita. Questo perché la principale motivazione (e spessol’unica), che sta alla base del Teatro ufficiale e professionale,è il denaro. Noi, per nostra fortuna, facciamo Teatro per Viveree non per mangiare. Facciamo in modo che questo concettocosì bello ed alto, non venga infangato da inutili isterismi prividi fondamento.Peter Brook asserisce: «Posso prendere un qualsiasi spaziovuoto e chiamarlo palcoscenico vuoto. Un uomo attraversaquesto spazio mentre qualcun altro lo guarda, e questo ètutto ciò di cui ho bisogno perché si inizi un atto teatrale».(da “Lo spazio vuoto”)Cari Teatranti, il Teatro nella sua complessità, è un atto sem-plice e genuino. Auguro a tutti noi di conservare genuinità esemplicità nei nostri cuori, sempre sempre!!!

ENZO d’ARCO

NOI TEATRANTI?Una “brutta” razza!

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libri & teatro

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Nei confronti del pubblico nutro sentimenti contrastanti.Qualche volta lo amo. Disgraziatamente, però, come attoreho sviluppato una certa ostilità: può suonare infantile, matendo a guardare al pubblico come a un nemico. In altre pa-role, considero gli spettatori colpevoli finché non provano laloro innocenza.

Io me li immagino, seduti uno di fronte all’altro: il giornalista– americano di New York – mingherlino, coi baffetti curati egli occhiali dalla montatura leggera, ha l’aspetto di un gen-tleman inglese appena uscito dalla redazione di «The Times»,siede impeccabile sul divanetto di velluto bianco della suitedell’Hotel Pierre a New York, il taccuino in una mano, il regi-stratore nell’altra; il drammaturgo – londinese fino alla radicedei capelli – ha l’aspetto massiccio, sanguigno di un ameri-cano e verrebbe voglia di mettergli in testa un cappello dacow boy, siede sul divanetto di fronte con le lunghe gambeaccavallate e il corpo sprofondato all’indietro, per mettere piùspazio possibile tra se stesso e il mondo.Sono le tre di un pomeriggio dicembrino, coi fiocchi di neveche svolazzano oltre i pesanti tendaggi della suite. I due – ilgiornalista e il drammaturgo – si studiano, si osservano, anzi,meglio, il drammaturgo osserva il giornalista che, come undomatore, sorride sotto i baffi e cerca con voce pacata maferma, di ammansirlo. Eh sì, perché Pinter è molto diffidente,nei confronti del pubblico, dei giornalisti e del mondo in ge-nerale. Ci vuole tutta la professionalità e l’intelligenza criticadi Gussow per riuscire a superare la barriera di circospezionesfiduciata che Pinter gli erge davanti come le mura di un ca-stello. Piano piano però la barriera cede, Pinter l’irrequieto sirilassa, la conversazione prende il sopravvento, Pinter mollala posizione da pugile in difesa e si protende verso Gussow,che da bravo gentleman lo asseconda senza spostarsi di uncentimetro.«Nel corso della conversazione, che proseguì fin verso sera»,racconta Gussow, «Pinter si alzò tre volte, per mangiare unpanino, per bere un caffè e, più tardi, per uno scotch conghiaccio. Fumava in continuazione, sottolineando le pausecon sbuffi azzurrini». È il 1971 e sono i giorni che precedono il debutto a Broadwaydi Vecchi tempi, la commedia di Pinter che ha già spopolatonei teatri londinesi. La regia è quella di Peter Hall e Pinter è aNew York per seguire tutte le fasi dell’allestimento. Parados-salmente però – e qui si vede l’animo del bravo giornalista –questa prima intervista tratta solo di striscio la commedia inquestione. Quella che si rivelerà una lunga conversazione tra due uominiche parlano lo stesso linguaggio, quello del teatro, si apre conuna domanda secca: «Lei ha visto Il fuggiasco?», alludendoa una battuta di Vecchi tempi, ma sottintendendo la capacità

di Pinter, come tutti i drammaturghi, di mettere pezzi di sénelle proprie opere. E così via, tra una domanda e l’altra, Pin-ter finisce per parlare di tutto: di sé come uomo di teatro e disé come uomo e basta. E già solo questa prima intervista cheuscirà il 5 dicembre sul «New York Times» col titolo Una con-versazione (pausa) con Harold Pinter, è una rivelazione perchédietro a ogni fatto d’arte si nasconde un uomo, e quando que-st’uomo esce allo scoperto con tutte le sue umane fragilità,allora la sua opera si trasforma in epifania.Dopo questa prima intervista che ebbe, oltre tutto, il meritodi rompere il ghiaccio tra il drammaturgo e il giornalista, neseguirono molte altre, sparse in un arco di tempo che dal1971 arriva al 1993, tutte raccolte nel libro edito dalla UBUConversazioni con Pinter.Secondo Gussow, il Pinter che parla non è tanto diverso dalPinter che scrive, anzi scriveva visto che il celebre dramma-turgo (ma anche attore e regista) è morto nel 2008 all’età di78 anni. Sempre troppo presto per chi, come lui, sprizzavagenio da tutti i pori. Un genio che spinse la critica a coniareaddirittura un termine tutto suo per definirlo, pinteresque, mache in realtà è sempre sfuggito a qualsiasi catalogazione.Quando si è geni si è geni e basta, e peggio per chi non lo èo non lo capisce.Anche Mel Gussow però non era da meno – “era” perché an-ch’egli come Pinter non è più tra noi. Illustre critico del «NewYork Times», Gussow è uno dei pochissimi giornalisti che sonoriusciti a far sbottonare Harold Pinter, notoriamente molto dif-fidente nei confronti della stampa e molto restio a parlare dise stesso e del suo lavoro. In queste interviste invece escefuori tutta la sua anima, e i dialoghi che ne scaturiscono sonodavvero una miniera inesauribile di spunti per chi ama il me-stiere del teatro, disseminati di battute e risposte memorabiliin cui Gussow incalza e Pinter, ormai domato, racconta a ruotalibera il suo rapporto con gli attori, coi registi, con se stesso,col pubblico, col mondo. Un rapporto spesso complicato masempre estremamente vivo, punteggiato qua e là dallo humordivertito e sottilmente cinico – quello sì prettamente inglese– che pervade anche tutte le sue opere.

L’AUTOREMel Gussow (New York 1930 – 2005), è stato un giornalista e criticoteatrale del «New York Times» con cui iniziò a collaborare nel 1969.Nel corso della sua carriera egli scrisse più di 4000 articoli e intervi-stò le figure più importanti del mondo del teatro, da Beckett adAlbee, da Miller allo stesso Pinter. Molte di queste interviste sonoconfluite negli otto libri che Gussow pubblicò durante i suoi trenta-cinque anni di intensa attività giornalistica.

EDITOREUbulibri [www.ubulibri.it] - Collana La Collanina 15Dove acquistarlo online: http://www.ubulibri.it/pinter.htmContenuti speciali: http://www.haroldpinter.org

Scaffale ContemporaneaConversazioni Con Pinter

A CURA DI MEL GUSSOW

di daniela ariano

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Scaffale I SempreverdidoP

A CURA DI BRUNO MIGLIORINI, CARLO TAVAGLINI E PIERO FIORELLI

Quanti di voi conoscono la pronuncia esatta delle parole Hi-malaya e fondaco, o sanno per certo se olla ha la “o” apertao chiusa, o se l’ortografia di kyrieleison è corretta così oppurecosì: kyrie eleison? Ebbene, queste come altre mille parole,complete di accento grave o acuto (ma anche umlaut, tilde ocirconflesso) al posto giusto, sono racchiuse in un libro che èmolto più di un semplice dizionario. La sigla DOP, infatti, si-gnifica letteralmente: Dizionario d’Ortografia e di Pronunzia,come recita il sottotitolo. Non per niente è edito dalla RAI eutilizzato da tutti gli speaker e doppiatori italiani che conosco.Anzi, fu proprio uno di loro un po’ di anni fa, Gianluca Jac-quier, speaker professionista nonché prezioso membro dellamia ormai estinta compagnia teatrale, che mi fece conoscerel’eccellente mezzo di comunicazione. Utile sia a chi deve “pro-nunziare”, quindi a tutti coloro che hanno nella parola dettail loro principale mezzo di espressione – sì, cari attori, ce l’hoproprio con voi – sia a chi riserva i propri talenti alla scrittura.Per me, ad esempio, è un alleato insostituibile, visto che oltrea scrivere per il teatro dedico gran parte della mia vita lavo-rativa a correggere gli sfondoni altrui, e posso assicurarvi peresperienza che anche il più bravo tra gli scrittori scivola, diquando in quando, su un congiuntivo, un passato remoto ol’ortografia di una parola, l’ultima che mi ricordo di aver cor-retto coi capelli dritti è stata: congegnali congeniali.

Riportato in auge negli ultimi mesi, aggiornato ai nostri annicon la supervisione di Piero Fiorelli e reperibile sul sito dellaRAI, il DOP fece il suo debutto nel lontano 1969, quasi allafine del periodo glorioso della Radiotelevisione Italiana,quando a tenere sotto scacco l’attenzione serale degli spet-tatori erano attori di teatro del calibro di Lina Volonghi, PaoloStoppa, Arnoldo Foà e molti altri. Un’epoca felice in cui tele-visione e radio si ponevano per davvero come divulgatori dicultura, e non solo di pacchi e pacchetti di dubbia prove-nienza. Come recita l’introduzione alla prima edizione: «Lalingua nazionale non può essere più un patrimonio di mino-ranze, un monopolio di certe province o di certe classi», af-fermazione che già da sola sarebbe portatrice sana dimagone, il resto è addirittura da pianto nostalgico completodi suono di violini in sottofondo. Continuano infatti i curatoridel DOP: «Il dizionario è destinato in primo luogo agli annun-ciatori, ai lettori, ai presentatori, agli attori, a tutti in generalei professionisti del microfono, che consultandolo troverannoin esso una guida attendibile per risolvere le loro incertezzedi pronunzia», ma non solo, «l’opera si rivolge peraltro, so-prattutto per quel che riguarda l’ortografia, anche al più vastopubblico». E se ciò ancora non bastasse: «La RAI si lusingache quest’opera, frutto d’approfondito studio linguistico ed’assiduo impegno civile, possa non solo giovare a renderepiù esatta, più coerente, più elegante la pronunzia di quanti

parlano in pubblico dai microfonidella radio e della televisione […]ma possa anche e soprattutto, piùin generale, portare un utile con-tributo di precisa informazione edi formazione critica alla culturaitaliana». E con queste parole,scritte quasi cinquant’anni fa,chiudo il presente articolo chenon ha bisogno di ulteriori com-menti ma solo di un’attentaquanto amara riflessione, nonsolo su quello che è divenutala RAI dei giorni nostri ma suquello che siamo diventatinoi che ne usufruiamo.

GLI AUTORIBruno Migliorini (Rovigo 1896 - Firenze 1975), è stato un filologoe linguista, presidente dell’Accademia della Crusca, direttore di di-verse testate culturali e autore del primo libro sulla storia della lin-gua italiana fondato su basi scientifiche. Ebbe un ruolo di rilievoanche nel movimento esperantista italiano.Carlo Tagliavini (Bologna 1903-1980), è stato un glottologo e lin-guista italiano, insegnò glottologia in molte università italiane e stra-niere e fu autore di molti libri sull’argomento. Nel 1963 fu insignitodella medaglia d’oro per benemeriti nel campo della scuola, dellacultura e dell’arte. Piero Fiorelli (Firenze 1923) è un linguista e uno storico del dirittoitaliano. Accademico della Crusca e insegnate universitario, è unesperto di fonetica italiana e ha collaborato con l’Istituto enciclope-dico Treccani.

EDITORERAI-ERI [www.eri.rai.it] [email protected] consultarlo online: http://www.dizionario.rai.it/http://www.ibs.it/code/9788841857267/mello-bruno/trattato-scenotecnica.htmlhttp://www.amazon.it/Trattato-scenotecnica-Bruno-Mello/dp/8841857269http://www.bibliotu.it

LIBRI & TEATROChiunque fosse interessato a proporre un libro per la rubrica,può inviarlo in formato digitale (word o pdf) a [email protected], oppurein versione cartacea all’indirizzo della sede UILT in Via della Valle 305022 Amelia (TR). Il materiale inviato non verrà restituito.

DANIELA ARIANODaniela Ariano, romana, è autrice di cinema e tea-tro e regista teatrale. Attualmente, oltre a scriveredrammaturgie originali, realizza su commissioneadattamenti teatrali dai classici dell'Ottocento edei primi del Novecento. Come divulgatrice di cul-tura lavora nell'ambito della narrativa contempo-ranea e della scrittura creativa.

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ATTIVITÀ NELLE REGIONI

IN SCENA

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FESTIVAL NAZIONALE DI TEATRO DIALETTALE PREMIO RENATO BROGELLI Nella splendida cornice dell’Anfiteatro Fausto di Terni, il 2 agosto si è tenuta la pre-miazione delle compagnie partecipanti alla fase finale del vI FESTIvAL NAZIONALE dITEATRO dIALETTALE, Premio RENATO bROGELLI, sapientemente organizzato dallaNuova Compagnia TEATRO CITTà dI TERNI che ha poi concluso la serata con uno deisuoi cavalli di battaglia “Lu sdroligu de Sant’Agnese”. Con la capace guida del presi-dente della compagnia organizzatrice Cav. Silvano Locci ed alla presenza dell’Assessorealla Cultura del Comune di Terni Dr. Giorgio Armillei, dei responsabili UILT Lauro Antoniucci(Presidente sezione Umbria) e Domenico Santini (Segretario Nazionale) la serata ha coin-volto un folto pubblico ed ha visto la Compagnia LUNA NOvA di Latina aggiudicarsi,con lo spettacolo “Filumena Marturano” del grande Eduardo, il primo premio, conti-nuando, in tal modo, a mietere successi in Umbria (vittoria anche al TORRIONE di Citerna).La bontà del lavoro della compagnia laziale/napoletana è stata confermata anche dalpremio per la migliore attrice protagonista a Carmelina Guarino. Anche la compagnia na-poletana MA ChI Mò FFA FA, che ha presentato il testo ”Una pura formalità” ha ri-cevuto vari premi, a partire da quello di gradimento del pubblico, a quello della regia diAlfredo Scarpato, al miglior attore protagonista Ciro Cirillo e non protagonista Enzo Gat-tullo. Hanno completato i riconoscimenti quelli dati a Fausta Bennati (Compagnia TeatroCittà di Perugia - ARTEMIO GIOvAGNONI) quale migliore attrice non protagonista,per l’allestimento scenico alla Compagnia EL PASSIì e simpatia a Salvatore di Maio delgruppo ANSITEATRO. L’auspicio è che, nonostante le difficoltà attuali nel mondo dellacultura, manifestazioni di questa rilevanza nazionale possano trovare nuova linfa e pro-seguire, come, peraltro, confermato da tutti gli intervenuti.

[da UILT CALABRIA]

“Filumena Marturano” della Compagnia LUNA NOVA di Latina

regia di Roberto Becchimanzi

[da UILT UMBRIA]

XXXV CONCORSO TEATRALE CITTÀ DI SOVERIA MANNELLII FESTIVAL REGIONALE U.I.L.T.Il Teatro amatoriale è “di scena” ininterrottamente a Soveria Mannelli dall’agosto 1981e quest’anno, puntualmente, ha avuto luogo la XXXv edizione del Concorso TeatraleCittà di Soveria Mannelli e Primo Festival Regionale U.I.L.T., manifestazione patro-cinata dall’Amministrazione Comunale e della UILT. Sette compagnie in campo, tutte UILT, per contendersi gli ambiti premi, nei luoghi piùsuggestivi della bella cittadina calabrese, dove nel lontano 1972 è nato il TEATRO INPIAZZA per iniziativa della locale compagnia “U Surice Pazzu” ora “I Commedianti“.Si sono esibite, nel mese di agosto LA RIbALTA di Vibo Valentia con “Pilato” di RosarioGattuso, I COMMEdIANTI di Soveria Mannelli con “Natale in casa Cupiello” diEduardo De Filippo (fuori concorso), LA TORRE di Torre Melissa con “Sordi, gioielli e...cose e fimmini” di Federico Mancuso, IL SORRISO di Isola di Capo Rizzuto con “Oc-chio vivo... clinicamente morto” di Franco Sacco, la Compagnia PIZZITANA di Pizzocon “E il Sommo Poeta disse a me...” di Silvano Murmura, I MONAChELLARI di Di-pignano con “Il Melo, il Pero, il Pesco” di Rosanna Brecchi, STUAZZI E PITAZZI di Ca-rolei con “due amici ‘mbrogliuni” di Mirella Ciancio e Ruggero Ingratta, la CompagniahERCULES di Catanzaro in “Matrimoni e viscuvati” di Piero Procopio. Questi gli spet-tacoli in cartellone che si sono succeduti nelle varie location che la perfetta organizzazionede I COMMEDIANTI ha messo a disposizione ad un pubblico come sempre interessato epartecipe: Arena di San Tommaso, Piazza Bonini, Largo ai Giovani, Largo Chiesa di Colla.In Piazza Bonini, dove c’è “la casa che pende”, con il contorno di un meraviglioso pubblicosi è conclusa la Rassegna che ha dimostrato quanto valide e preparate siano tutte le com-pagnie partecipanti e quanto arduo sia stato il lavoro della giuria. Questi i risultati: 1°Premio alla RIBALTA, premio che dà diritto alla compagnia di partecipare alle selezioniper il Festival UILT 2016, Premio Speciale della Giuria a I MONACHELLARI di Dipignano(CS) e Premio Gradimento Pubblico alla Compagnia HERCULES di Catanzaro. Ha chiusola manifestazione, in una serata da festa del teatro, la compagnia I COMMEDIANTI pre-sentando una replica di “Ppe’ curpa du’ caputrenu!” di Gino Capolupo, Direttore Artisticodi tutta la manifestazione; presenti i rappresentanti di tutte le compagnie, le autorità lo-cali con il sindaco Giuseppe Pascuzzi e il Presidente dell’UILT Regionale Angelo Latella.Hanno fatto da cornice all’evento estivo quali graditi ospiti la Compagnia di Catanzaro,FARE TEATRO di Tonino Angeletti che ha presentato “E poi?...Nèenta!” di Ciccio Verra eil GRUPPO 88100 sempre di Catanzaro con “Delitto a teatro” di Massimiliano Riccio, chesi sono svolti nella “bomboniera” del teatro calabrese “IL PICCOLO” di Soveria Mannelli.

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FESTIVAL MONOLOGHI 2015 - VALERIA SABELI Giardini Comunali di Castel Giorgio (TR), nella serata del 30 agosto hanno ospitatola serata conclusiva di un percorso teatrale dedicato alla presentazione di monologhi,ideato dalla locale Compagnia TEATRO CASTEL GIORGIO, guidata da Mario Facchini,ed organizzato con la collaborazione della UILT Umbria.Dopo aver presentato, con successo, nella primavera due serate di monologhi a carattereregionale, con la collaborazione dei Comuni di Castel Viscardo e Porano ed altre associa-zioni locali, si è giustamente pensato di allargare a livello nazionale la manifestazione.Grazie anche al contributo logistico del Comune di Castel Giorgio è stata posta in esserela suddetta serata che ha visto la presentazione di tredici monologhi in concorso, esa-minati da una giuria guidata dalla regista Alice Rohrwacher e composta da esponentidel mondo cine/teatrale e da politici della zona.Da ricordare anche l’intervento, fuori concorso, del Presidente Nazionale UILT Prof.Antonio Perelli che oltre che con un monologo sulla Divina Commedia ha allietato ipresenti con altre poesie e aneddoti romaneschi.La competizione è stata vinta da Stella Paci (PROGETTO TEATRO di Pistoia) cheha favorevolmente impressionato con il monologo “Ferite a morte” di Serena Dandini.Oltre alle targhe ricordo offerte dalla UILT Umbria (presenti il presidente Lauro Antoniuccie la responsabile Centro Studi Raffaella Chiavini), altri riconoscimenti sono andati adAlessia Cardinali (GRUPPO TEATRO CASTEL GIORGIO) e Elisa Simonetti (CompagniaLA BATRECCOLA di Porano), ma soprattutto si è assistito ad una bella ed interessanteesperienza di teatro che ci auguriamo possa ripetersi e migliorare in futuro.

FESTIVAL TEATRALE UILT ABRUZZOALL’ANFITEATRO ROMANO DI ALBA FUCENSDal 3 agosto al 21 agosto 2015, all’Anfiteatro Romano di Alba Fucens, si è tenuto ilIv FESTIvAL TEATRALE AMATORIALE UILT AbRUZZO con il patrocinio del Comune diMassa d’Albe (AQ) e il supporto organizzativo dell’Associazione Musicale “hathor”di Massa d’Albe. L’Anfiteatro è da considerarsi uno dei luoghi più prestigiosi ad accogliereeventi artistico-culturali e la rassegna ne è stata la prova evidente regalando al pubblicouna cornice storica emozionante sotto un cielo stellato che ha portato lo spettatore a vi-vere la kermesse sentendosi al centro dell’universo. Ha aperto la rassegna la CompagniaTeatrale SAN PELINO con “Non bastava la fame e lo friddo; pure jo tarramuto!!!”,una simpatica idea che ha permesso, attraverso una coppia di anziani del tempo rimasti“ibernati” dentro una stanza sigillata fino ai giorni nostri, di affrontare il tema della tragediadel terremoto nella Marsica del 1915 ed il confronto tra la vecchia e la nuova generazione.La seconda serata è stata la volta della Compagnia Teatrale I RAGAZZI dELL’USCETTA,che hanno portato in scena il musical di Cenerentola tratto dal testo di un’amatissimainsegnante del territorio. Unicità di questa manifestazione è stata rappresentata dal fattoche gli attori che hanno messo in scena questo spettacolo sono tutti figli di attori che trentaanni or sono hanno recitato il medesimo testo. Ha chiuso la prima fase del Festival la Com-pagnia Teatrale TRE CONChE con una divertente commedia, ricca di accenti ed idiomipropri di tutta la Marsica e non solo, dal titolo “difetti e Confetti” che ha affrontato anchetemi abbastanza importanti quali il razzismo e la cura dei nostri anziani, usando, ad hoc, ilverso del mitico Pulcinella che recita “...pazzienne ...pazzienne se dice o' vero”... La quartaserata è stata allietata dalla brillante commedia “Na fémmena busciàrda” della Com-pagnia Teatrale JE CONCENTRAMÉNTE, dove il protagonista, Diéche, è un “arrampicatoresugli specchi” professionista che ha a che fare per tutto il tempo con bugie e intrighi, conla complicità o l’avversione di vari personaggi che, ognuno con le proprie caratteristiche, sialternano sulla scena. La Compagnia Teatrale ANCh’IO ha messo in scena, per la quintaserata, una rappresentazione teatrale dal titolo “Jo Tarramuto!... curri fijia bella – donOrione nel terremoto della Marsica” che racconta il dramma del terremoto del 1915,come questo è stato vissuto dagli abitanti di un paese della Marsica, l’importante operatodi Don Orione arrivato in soccorso della popolazione ed il suo incontro con il giovane Se-condino Tranquilli (ovvero Ignazio Silone). La serata finale, con la consegna dei riconosci-menti a tutte le Compagnie partecipanti, è stata allietata dall’esecuzione delle più belleromanze di opere liriche ed operette eseguite da Clemente Franciosi (Baritono) e Natalia Ti-burzi (Soprano) con la regia audio e luci dell’Associazione Musicale “Hathor”. Questa rassegna, apprezzata ogni anno dalle Compagnie e giunta al suo quarto appunta-mento con grande successo da parte del pubblico, è testimonianza di quanto sia importanteavere la possibilità di conoscersi e confrontarsi nell’ambito del magico mondo del teatroamatoriale, formato da uomini e donne che dedicano il loro tempo libero per realizzare,con grande passione, spettacoli di qualità. Un ringraziamento va all’Amministrazione Co-munale di Massa d’Albe nella persona del Sindaco, Giancarlo Porrini, e del delegato al-l’evento, il consigliere Gianluca Santucci, alla UILT Abruzzo, nella persona del PresidenteCarmine Ricciardi, alla Soprintendenza per i Beni Archeologici dell'Abruzzo, all’AssociazioneMusicale “Hathor” e a tutti coloro che hanno prestato la loro opera per la riuscita del-l’evento. Roberto Carattoli (Assohathor).

FESTIVAL TEATRALE AMATORIALEall’Anfiteatro Romano di Alba FucensComune di Massa d’Albe (AQ)

[da UILT ABRUZZO]

[da UILT UMBRIA]

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25° TEATRO IN VISINAL A MARANO LAGUNARE (UD)Nel mese di luglio ha avuto luogo la 25a edizione di TEATRO IN vISINAL RassegnaTeatrale Nazionale che ha visto rappresentati sul palco all’aperto di Piazza Frangipanenel centro storico di Marano Lagunare (Ud), i quattro spettacoli selezionati dalla localeASSEMbLEA TEATRALE MARANESE, fra i 63 che erano stati proposti da 47 compagniedi 12 diverse regioni italiane. Il 4 luglio ha aperto la rassegna la pluripremiata compagniaCOSTELLAZIONE di Formia (LT) con il coinvolgente lavoro “La Cattedrale”, l’11, il 25e il 31 sempre di luglio si sono susseguiti gli spettacoli “Una tonnellata di soldi” delGruppo Teatrale LA TRAPPOLA di Vicenza, l’azzeccata rilettura di “Natale in casa Cu-piello” del TEATRO dEI dIOSCURI di Campagna (SA) ed infine “L’Odissea di un pe-scivendolo” del gruppo LA bROCChETTA di Udine. Un’edizione che verrà ricordata,tutto è andato per il meglio con quattro splendide serate teatrali seguite da un pubblicosempre numeroso e attento ed un’organizzazione all’altezza della situazione. Prossimo impegno per l’ASSEMbLEA TEATRALE MARANESE sarà in quel di Monfalcone(GO) il 22 novembre per il debutto del nuovo spettacolo “Amor sei tu”, rivisitazionein dialetto veneto/maranese di “Romeo e Giulietta” di William Shakespeare. Una tragi-commedia dove non c’è spazio per sentimentalismi e lirismi, ma tutto è più semplice, di-retto, vero e accompagnato da una verve comica: uno Shakespeare popolare presentatoattraverso la parlata di Marano Lagunare, con il linguaggio della maschera e le tecnichedella Commedia dell’Arte. Info: [email protected]

TEATROLTRE RICORDA L’ATTORE FRANCO CATALANOSi è svolta a Sciacca (Agrigento), con il patrocinio dell’Assessorato comunale allo Spet-tacolo e alla Cultura, dal 20 agosto al 9 settembre la sesta edizione delle SERATE dI TEA-TRO COMICO dedicate a Franco Catalano, rassegna teatrale del genere comico in ricordodel grande attore comico e cabarettista agrigentino, scomparso nel luglio del Duemila.Ricordare l’amico Franco per TEATROLTRE di Sciacca è diventata una costante dell’attivitàannuale della compagnia siciliana: ricordando l’artista amico si ha modo di riunire a Sciaccauna buona ed efficace rappresentanza del teatro regionale, capace di esprimersi nelle di-verse tonalità dell’ars comica dalla tradizione al moderno, dal popolare al surreale. Via viasono passati dal palcoscenico del suggestivo atrio del trecentesco complesso di Casa Fazellola Compagnia MEdEA di S. Cataldo con ”Onorata famiglia belfiore” nuova scritturadi Ivan Giumento, il Teatro Stabile NISSENO con “L’Arte della beffa”, rifacimento daBoccaccio, LA SvOLTA di Licata con il moderno classico americano “Cercasi tenore” diK. Ludwig, a fare eco la Compagnia hELIOS di Campobello di Licata con “Funny Money”di Ray Cooney, poi è stata la volta della coproduzione Club Gruppo TEATRO 13-PORTAvAGNU di Sciacca che ha presentato il classico italiano “Il Cilindro” di E. De Filippo, achiusura è andato in scena, fuori concorso, TEATROLTRE con una novità assoluta “Finaledi commedia”, un adattamento di Franco Bruno, da una pièce di A. Leotta, con tendenzeall’assurdo ed al surreale. Buono il gradimento del pubblico che ha partecipato anche allavalutazione dei lavori in scena, esprimendo col voto popolare il suo diretto apprezzamento.Alla fine delle rappresentazioni, il verdetto della giuria tecnica ha indicato come SpettacoloComico “L’Arte della Beffa” del Teatro Stabile NISSENO, alla cui regista Cinzia Maccagnanoha assegnato anche il premio Migliore Regia; Miglior Maschera Comica maschile è andatoa Luigi Progno, protagonista di “Funny Money” della HELIOS di Campobello di Licata;Miglior Maschera Comica Femminile è stata conferita ad Annarita Maretta, protagonistade “Il Cilindro”, portato in scena da Club Gruppo TEATRO 13 e PORTA VAGNI di Sciacca.Il riconoscimento Serata di Teatro Comico, assegnato dal pubblico, è andato al Teatro Sta-bile NISSENO con “L’Arte della Beffa”, mettendo d’accordo giuria popolare e tecnica.

’U PARTITU DI LU MANCIA MANCIAL’Associazione Socio-Culturale bARONE MUSSO di Villafranca Sicula (AG) nel corso del-l’estate ha portato in tournèe la brillante commedia dell’autore siciliano Rocco Chinnici“’U Partitu di lu mancia mancia”. Lo spettacolo ha suscitato molti consensi sia per le si-tuazioni esilaranti nelle quali sono coinvolti gli attori ed anche per un tema, quello dellapolitica, sempre attuale. La vita quotidiana di un paesino della Sicilia viene turbato dalle vi-cende politiche di un candidato a Sindaco che pur di arrivare al proprio scopo non si fa scru-poli di come ottenere i voti. La vicenda lo contrappone ad un altro candidato il quale allafine sarà il proprio consuocero per l’inattesa relazione dei rispettivi figli. Le ragioni del buonsenso al termine prevarranno sulla politica sporca e piena di imbrogli che non fa altro chedanneggiare le persone. «Promesse, imbrogli, chiacchiere, si fa nemico delle genti!». Questoalla fine è il messaggio che viene lanciato come in ogni commedia, tutto si risolve al meglio.La regia è stata curata da Antonella Di Salvo. Hanno partecipato alla realizzazione dellospettacolo in qualità di attori Calogero Latino, Giuseppina Di Graci, Gisella Sanfilippo, Leo-nardo Maniscalco, Enzo Barone, Enza Mauceri, Leo Vitabile, Andrea Di Graci, Francesco Za-garella, Antonella Di Salvo, Bettina Parisi. Giovanni Provenzano (direttore di scena), AntoninoGiarratano e Stefano Russo (tecnici di scena); trucco e parrucco: Mirella Grisafi, MargheritaBlanda e Romina Zagarella; luci e audio Antonino Catalanotto e Adriano Mulè Cascio.

La premiazione del 25° TEATRO IN VISINALorganizzato da ASSEMBLEA TEATRALE MARANESEDorino Regeni con Antonio Caponigro del TEATRO DEI DIOSCURI di Campagna (SA)

[da UILT FRIULI VENEZIA GIULIA]

Gli attori dell’Ass. BARONE MUSSOdi Villafranca Sicula (AG) impegnati insieme

all’autore della commedia Rocco Chinnici

[da UILT SICILIA]

TEATROLTRE di Sciacca (AG)www.teatroltre.it

[da UILT SICILIA]

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SE QUERIS: “LA BELLA STATUINA”Dopo molti anni di attività registica con i miei compagni delle BRE-TELLE LASCHE, i nostri “cugini” e amici della compagnia SE QUERISmi hanno chiesto di avventurarmi con loro in una nuova regia, fra lepagine divertenti della commedia satirica: ed io ho accettato congrande entusiasmo questa nuova sfida. Ho proposto alla compagniauna rosa di testi e la scelta è caduta su “La bella Statuina” (titolooriginale: “Potiche”) scritta dai commediografi francesi Pierre Barillete Jean-Pierre Grédy nel 1983, ma ambientata nel 1977. Dal copioneteatrale il regista François Ozon (lo stesso di “Otto Donne e un Mi-stero”) trasse l’omonimo film presentato al Festival di Venezia nel2010 con Catherine Deneuve e Gerard Depardieu. Questa commediaè un vero tuffo nell’atmosfera degli anni ‘70, in quel periodo storicoche fu segnato dalla contestazione giovanile e operaia e purtroppoanche dal terrorismo. È la storia della famiglia di Roberto Da Col,grosso industriale locale dell’ombrello, che si trova coinvolta nei motioperai e negli scioperi di massa che scoppiarono in quegli anni unpo’ in tutta Europa ed anche in Italia (basti ricordare le grandi agi-tazioni degli operai della Fiat a Torino). Nel 1977 io ero appena ado-lescente, ma ricordo ancora, come fosse ieri, l’atmosfera di grandecambiamento che caratterizzò quegli anni in Italia e in Europa: anniin cui caddero i tabù sessuali, le certezze della società patriarcalecominciarono a vacillare e il femminismo, nato nel ’68, prese forzaanche in Italia e diede inizio a un radicale cambiamento nel mododi guardare alle donne. Da mogli, madri, donne oggetto, vittime diuna società maschilista e sessista (che purtroppo tenta di imporsiancora oggi a distanza di quasi 40 anni) e soprattutto da “belle sta-tuine”, le donne divennero pilastri consapevoli in una nuova societàche stava maturando e crescendo. In quell’atmosfera di grande fer-mento si sviluppa la storia di Susanna Fistarol, sposata Da Col, mo-glie bella e coccolata di un industrialotto di provincia, che la tradiscecon le sue segretarie alla luce del sole. Susanna è la reginetta del-l’elettrodomestico, signora un po’ “inutile” e frustrata che, dopo unosciopero generale dei lavoratori della fabbrica del marito e in seguito

a un malessere temporaneo di questo, si vede costretta a prenderele redini dell’azienda di famiglia. Come in molti miei spettacoli,anche ne “La bella Statuina” la musica la fa da padrona. Verretecullati dalle note di alcune famose canzonette popolari di quel de-cennio, dalle esilaranti coreografie ideate da Giorgio Tollot, dai vi-vacissimi costumi scovati da Fina Lo Consulo e dal ritmo indiavolatodi questi dieci bravi attori, che spero vi faranno ridere e sorriderepensando a quanto i tempi siano cambiati da allora, ma anche ri-flettere su quanto bisogno di cambiare abbia ancora il nostro BelPaese. Buon divertimento a tutti! (Note di regia di Francesco Portunato)

Associazione Teatrale SeQueris AlpagoPuos D’Alpago (BL)

tel. 347 5640562

[da UILT VENETO]

“Amleto chi?” regia di Max BazzanaAss. Teatrale LA GAZZA LADRA di Portogruaro (VE)Info: [email protected]

[da UILT VENETO]

LA GAZZA COMPIE 30 ANNIPRIMA TEATRALE DI “AMLETO CHI?”L’Associazione Teatrale LA GAZZA LAdRA nasce a Portogruaro (Venezia) nel 1984 dall’in-contro di alcuni giovani appassionati di Teatro che dopo alcune esperienze coltivate in am-bito scolastico hanno deciso di proseguire in questo percorso, fondando una Associazione.LA GAZZA LAdRA, Associazione UILT dal 2003, si chiama così in quanto l’ouverture del-l’opera di G. Rossini ha accompagnato in maniera abbastanza casuale i primi spettacoliprecedentemente alla fondazione… la Compagnia ci si è affezionata decidendo di prenderequesto nome, ed anche oggi la ripropone al termine degli spettacoli salutando il pubblico,quasi come gesto scaramantico e liberatorio della tensione del palco. Sono passati ormai 30 anni dal 25 gennaio 1985 giorno, in cui LA GAZZA LAdRA debuttacon la prima produzione “ufficiale” ed il 10 aprile scorso per festeggiare adeguatamentequesto 30° compleanno ha presentato presso il Teatro L. Russolo di Portogruaro la primadel nuovo spettacolo “Amleto chi?”. È uno spettacolo di difficile definizione. Nato da un canovaccio, si è trasformato in copioneattraverso le vite e i racconti degli attori de LA GAZZA LAdRA che, insieme al regista MaxBazzana, si sono messi in gioco in questa avventura teatrale. È questo spettacolo, infatti,un esperimento metateatrale (teatro nel teatro) come spesso Shakespeare amava proporre.Tuttavia non si tratta di una tragedia, come l’Amleto, né di una semplice commedia, comepotrebbe suggerire il titolo dissacratorio, e nemmeno lo si può definire commedia musicaleo musical, pur giocando in scena con la musica e il canto. È una narrazione, ma in più èanche una composizione di storie nascoste dentro altre storie. Il filo rosso che lega i diversipiani interpretativi è rappresentato dalla contraddizione tra la necessità umana dell’espe-rienza teatrale e il teatro della nostra epoca spesso più attento, citando alcune battutedello spettacolo, “a far lustro al potente o ai potenti di turno” e “ad avere la sala piena”,disconoscendo l’esigenza di scuotere o spronare lo spettatore ad una riflessione critica.Claude, un regista depresso che ha vissuto, perso e rincorso il palcoscenico, cerca di ritrovareun senso alla propria vita e ingaggia, a ridosso delle feste natalizie, degli improbabili escalcagnati attori per mettere in scena l’ “Amleto”. Inadeguatezza, cialtronaggine, assurditàe ironia sono alcune delle maschere indossate dai personaggi/attori, utilizzate per nascon-dere più profonde e intime emozioni, e che verranno messe a dura prova dal lavoro sul“sacro testo” shakespeariano. In definitiva un’esperienza vorticosa per i personaggi e peril pubblico per ritrovare il coraggio “...di provare ancora a fantasticare...”.

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CAMPANIA

4SALA CONSILINA (SA)I° FESTIVAL "MONODRAMA"MONOLOGUE DRAMATIQUESALA 94 - LA CANTINA DELLE ARTIwww.lacantinadellearti.it

8 novembreTEATRO DI CONTRABBANDO di Napoli“Il club delle indecise”di Giovanni Meola

15 novembreTEATRI SOSPESI Comp. DELL’ASINO ROTTOdi Salerno“La Ciorta di Zeza”di Carlo Roselli

22 novembreACCURA TEATROdi Marsala (TP)“A testa Sutta”di Luana Rondinelli

29 novembreLA CANTINA DELLE ARTIdi Sala Consilina (SA)“S.U.D.”di Enzo D’Arco

PIEMONTE

4PINEROLO (TO)XXXª RASSEGNA CONCORSODI TEATRO DIALETTALE CITTÀ DI PINEROLOdal 10 ottobre al 21 novembre TEATRO INCONTRO, Via Caprilli 31organizzato da: Circolo culturale “Pablo Neruda” eGruppo Animazione Teatrale “Piccolo Varietà” di Pinerolo

10 ottobreGruppo Teatro CARMAGNOLAdi Carmagnola (TO)“Ma chi a l’ha vist-la?” testo e regia di Gianni Chiavazza

17 ottobreCompanìa Teatral J’AMIS DëL BORG di Moncalieri (TO)“Fé ‘d bin… a j’àutri”(Caviale e lenticchie) di Scarnicci e Tarabusiregia di gruppo

24 ottobreCompanìa Teatral ALFA TREdi Torino“Na sèira ‘n piòla”testo e regia di Bruno Monticone

31 ottobreCompanìa TeatralI NUOVI CAMMINANTI di Biella“La povera Tilde”testo e regia di Anna Bruni

7 novembreCompanìa Teatral CARLA Sdi Torino“Aggiungi un posto a tavola”comedia brilanta an Piemontèis andoi at di Garinei e Giovanniniregia di TreMaGi

14 novembreCompanìa Teatral IL PICCOLOTEATRO CARAGLIESE di Caraglio (CN)“Cadò ‘d Natal”di R. Conney, adatt. di Ezio Alciatiregia di Enrico Giuseppe Riba

21 novembrespettacolo fuori concorsoCompanìa Teatral PICCOLO VARIETà di Pinerolo (TO)“L’ardità ‘d magna Ninin”Comedia brilanta an tre attesto e regia di Luigi OddoeroPremiazioni al termine della serata

TRENTINO

ALTO ADIGE

4GRIES (BZ)IL MASCHERONE17° FESTIVAL NAZIONALE dal 29 novembre 2015 al 17 aprile 2016TEATRO COMUNALE DI GRIES (BZ)Ass. LUCI DELLA RIBALTA di Bolzanowww.lucidellaribalta.it

29 novembreLUCI DELLA RIBALTAdi Bolzano “Cose dell’altro mondo”di Jean Noel Fenwick

13 dicembreTERZO MILLENNIOdi Cengio (SV)“Plaza Suite 719”di Neil Simon

24 gennaioFILODRAMMATICA DI LAIVES (BZ)“Il marito di mio figlio”di Daniele Falleri

14 febbraioCOMPAGNIA AL CASTELLO di Foligno (PG)“Niente da dichiarare?” di Hennequin e Veber

13 marzoTERZO TEATRO di Gorizia“My Fair Lady” musicaldi G.B. Shaw

16 e 17 aprileLUCI DELLA RIBALTA di Bolzano“Questioni d’affari”di J. Chapmann e J. Lloyd

FESTIVAL

NEL TEATRO DI VINCI LA III RASSEGNA TEATRALE NAZIONALE UILT SELEZIONE TOSCANADal 26 settembre al 18 ottobre nel TEATRO DI VINCI (FI) ha luogo la selezione Toscana della Terza Rassegna Teatrale Nazionale della UILT.Cinque gli appuntamenti: “Pinocchio… burattino senza fili” della Compagnia ZONA TEATRO LIBERO; “La scelta”della Compagnia L’ARABAFELICE; “L’arte della commedia” della Compagnia GAD CITTà DI PISTOIA; “Il malato immaginario” della Compagnia PROGETTO TEATRO;“Mammeraviglioso” della Compagnia SESAMO E CARTAMO. Due spettacoli vincitori verranno selezionati in rappresentanza della Toscana,da segnalare al Comitato Nazionale della Terza Rassegna Teatrale Nazionale della UILT che avrà luogo a Velletri (Roma) nel 2016.

25° FESTIVAL INTERNAZIONALE “CASTELLO DI GORIZIA. PREMIO FRANCESCO MACEDONIO”È partito il 25° festival CASTELLO dI GORIZIA. PREMIO FRANCESCO MACEdONIO organizzato dal Collettivo Terzo Teatro. Il ricco car-tellone del festival oltre alla prosa, si allarga alla musica, alla danza moderna, all’operetta, alla poesia, dando vita a circa trenta appuntamenti(alcuni con ingresso gratuito) dal 18 settembre a fine gennaio 2016. Tra gli spettacoli: “La commedia più divina” di THEAMA TEATROdi Vicenza, “La famiglia canterina” delle Sorelle Marinetti, Francesca Nerozzi e Jacopo Bruno con il Trio jazz dell’Orchestra Maniscalchi,“Uomo e galantuomo” di Eduardo De Filippo della Compagnia MASANIELLO di Torino, l’Associazione Culturale TEATRO IMMAGINE SUONOcon “La divina Comedia de dante Alighieri”, “Zoo di vetro” di Tennessee Williams de LA RINGHIERA di Vicenza, “Pinocchio” da Collodidel TEATRO FINESTRA di Aprilia (LT), regia Raffaele Calabrese; “L’uomo, la bestia e la virtù” di Luigi Pirandello, del Teatro ARMATHAN diVerona, regia di Marco Cantieri; “Piccoli crimini coniugali” di Èric-Emmanuel Schmitt de LA CORTE DEI FOLLI di Fossano (CN), regia MarinaMorra; “L’arte della commedia” di Eduardo De Filippo della COMPAGNIA DELL’ECLISSI di Salerno, regia di Marcello Andria, “Mai Far LaLady” da Pigmalione di George Bernard Shaw commedia musicale (fuori concorso) del Collettivo TERZO TEATRO di Gorizia, adattamento eregia di Mauro Fontanini; “Il barbiere di Siviglia” da Beaumarchais, Teatro IMMAGINE di Venezia, regia di Roland Benoit; “Molto piacere”dal film “Carnage” di Roman Polansky, Teatro IMPIRIA di Verona, regia di Andrea Castelletti; “Processo al Furlàn”(de un giudice triestin) diRoberto Covaz, novità assoluta con Gruppo Teatrale per il Dialetto di Gianfranco Saletta. Info: www.terzoteatro.it.

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MENAECMI, DUE GEMELLI LUCANIUNA COMMEDIA DEGLI EQUIVOCI DI DUEMILA ANNI FA

La magia del teatro. Il teatro quello vero, quello dal sapore antico. È essenzialmente tutto questo la nuova produzione teatrale dellastagione 2015 portata in scena dalla COMPAGNIA SENZA TEATROdi Ferrandina in provincia di Matera. Il nuovo lavoro dal titolo “Menaecmi. due gemelli lucani” è unriadattamento di una commedia di Tito Maccio Plauto grazie allaregia di Francesco Evangelista. La pièce portata in scena conserval’impianto classico delle produzioni teatrali dell’epoca: il genere dellacommedia degli equivoci con personaggi volutamente appena ab-bozzati e che si muovono, pertanto, con leggerezza in situazioni pa-radossali, ma costruite con sagacia per strappare l’ilarità delpubblico. Una trama che, solo apparentemente, sembra esile, ma sisviluppa in una successione di colpi di scena.LA TRAMA - La riscrittura teatrale propone sin dall’inizio una scena,in linea con il testo originale, dove in maniera propedeutica due an-celle accompagnano lo spettatore nel vivo della scena, spiegandoneil contesto. Mosco è un mercante di Metaponto sposato con Pinziadalla quale ha avuto due gemelli: Menecmo e Sosicle. Arrivato a Pae-stum per un viaggio di affari smarrisce Sosicle; una volta tornato acasa per il dispiacere battezza l’altro gemello rimasto a Metapontocon il nome di quello scomparso. Questo, intanto, fattosi adulto ungiorno ritorna a Metaponto da Capua alla ricerca della sua famiglia.Nel frattempo in città l’altro gemello conduce una vita agiata e, seb-bene sposato, è dedito al tradimento della moglie con la bella e av-venente Erozia. Proprio facendo perno su questo avvenimentos’intrecciano vari equivoci che determinano una esilarante interazionesulla scena dei due gemelli e dei rispettivi servi che vicendevolmentenon sanno dell’esistenza l’uno dell’altro, fino alla scoperta finale.L’INTERPRETAZIONE - La grande maestria della COMPAGNIASENZA TEATRO è quella di connotare e caratterizzare i personaggiper farli vivere di luce propria in una veste interpretativa tarata sumisura, con grande beneficio per il ritmo della rappresentazione. Ildoppio ruolo del protagonista Francesco Evangelista, nelle vesti deigemelli, certamente non facile e agevole dal punto di vista scenico,alla fine si rivela il fulcro nevralgico. A questo si annodano, poi, leottime interpretazioni dei due servi che si offrono da spalla, sebbenesupportati da distinte e ben congegnate caratterizzazioni; un giocoscenico poliedrico che fa quadrato sulla scena quando s’incrociano,in maniera trasversale, il servo di un gemello con l’altro fratello e vi-ceversa. In questo impianto fanno da contraltare le interpretazionifemminili nei ruoli classici della moglie tradita e dell’amante gelosae allo stesso tempo possessiva. In questo modo lo spettatore vienecatapultato in un altrove ipotetico: ecco la magia del teatro e la suadimensione catartica; ossia la possibilità di proiettarsi in situazionifantastiche e fantasiose messe in scena dagli attori in uno sdoppia-mento temporale affascinante e coinvolgente. L’ambientazione dellacommedia, infatti, è dell’epoca romana, ma un passo appena fuoridalla scenografia e sul confine sottile della stessa lo spettatore è av-volto in un metacontesto che è quello proprio della commedia del-l’arte del xVII secolo. Il telo, per esempio, che volutamente costituiscela scarna scenografia è una concessione del museo nazionale diParma ed è una riproduzione di un quadro settecentesco di Hubert.Lo spettatore, in sostanza, assiste a uno spettacolo dentro lo spet-tacolo: è come se stesse guardando uno spettacolo teatrale di duemila anni fa messo in scena da una compagnia teatrale del seicento;una di quelle che di paese in paese arrivava con i loro carretti e met-teva in scena il proprio spettacolo spesso per una sola sera, andandopoi via di notte come fuggiaschi perché magari avevano caricato laloro rappresentazione di un surplus di sarcasmo diretto al potentedi turno. Si crea, così, una dimensione metateatrale unica e partico-lare che trova il suo corollario nei passaggi di scena caratterizzatidal rapido cambio e scambio del doppio protagonista nel suo alterego in visione diretta; praticamente gli attori non escono quasi maidi scena, ma come succedeva proprio nella commedia dell’arte sie-dono ai margini della scena stessa, addirittura con il copione in manoe diventano vicendevolmente i suggeritori palesi di chi recita. Sce-mano in tal modo i confini della scena e del fuori scena.

IL TEATRO dI PLAUTO - Questi elementi distintivi ci riportano di-rettamente alla dimensione del teatro plautiano, certamente inno-vativo e moderno per l’epoca. I personaggi sono maschere fisse edè per questo che il pubblico è in grado di riconoscere facilmente illoro ruolo nel momento in cui entrano in scena o vengono citati.Rappresentano, insomma, uno stadio elementare dei rapporti socialie appaiono prevedibili nelle loro azioni a causa della loro mancatacaratterizzazione introspettiva che in realtà, però, non manca nel ria-dattamento proposto. Alla figura del servo sono collegati alcuni temiimportanti anche a livello sociale; spesso questa figura è astuta oaltre volte sciocca, ma sempre alle dipendenze del padrone, dal qualetalora, però, si vuole affrancare. Nel caso specifico la doppia figuradel servo rimarca ancora di più questa figura funzionale allo svolgi-mento della trama. Un altro elemento strutturale di grande impor-tanza nelle commedie di Plauto è il riconoscimento finale, grazie alquale le vicende ingarbugliate trovano la loro fortunosa soluzione.La carica comica è assicurata da diversi fattori: un’oculata scelta dellessico, un sapiente utilizzo di espressioni, la scelta di figure trattedalla vita quotidiana e una fantasiosa ricerca di situazioni equivochein grado di generare l’effetto comico. IL SENSO TEATRALE - In sostanza, dunque, la leggerezza della com-media nasconde una profondità inaspettata che trascende dalla va-lenza tematica e dal contesto della commedia stessa che diventa,invece, quasi il pretesto per far assaporare allo spettatore spezzonidi storia dell’arte teatrale. Non si tratta, in altre parole, solo di unacommedia brillante, scritta da uno dei maggiori commediografi ro-mani, ma un contenitore originale dove risaltano le performance sti-listiche della compagnia aragonese che porta in scena FrancescoEvangelista nella doppia veste dei due gemelli, Generoso Di Luccanella parte di Messenio servo di Menecmo II, Domenico Epifania inquella di Spazzola servo di Menecmo I, Marianna Regina nei pannidi Erozia amante dei Menecmi, Piera Iacovazzi nella doppia veste diDoridippe (moglie di Menecmo I) e Coco Iutono (cuoco di Erozia);completano il cast Giuseppe Petrone che interpreta Mosco padre deiMenecmi e Silvana Labattaglia e Annarita Ventura nel ruolo delledue ancelle di Erozia. Infine le musiche e l’audio sono curati da Da-vide Di Prima, le scene e le luci da Adriano Nubile, l’organizzazionedelle quinte da Simona Iacovazzi e i costumi da Monica Fiorito dellaSartoria Artinà. Tutti attori e meta-attori, maschere a viso scopertoe interpreti di un teatro divertente, immersi in una dimensione quasiludica, divertita e divertente, fino alla scena finale dove la media-zione interpretativa dell’attore protagonista va scemando fino quasia perdere lo status di soggetto recitante. Sogno e realtà si sovrap-pongono e confluiscono in una stessa dimensione indistinta; i ge-melli diventano una sola persona, un “se stesso” che è stato altroda se stesso fino a quel momento e che ora addirittura smette gliabiti di scena proprio sulla scena. L’attore ha scoperto se stesso sulletraballanti tavole del palcoscenico; ha preso consapevolezza del suodoppio e dell’altra metà e forse proprio per questo non può più re-citare e non può che svelare la verità a se stesso e agli spettatori.L’attore che diventa spettatore.“Qui siamo attori, fuori siamo noi”. Ecco la magia del teatro. Il teatrodella magia. (Giuseppe Balena)

[da UILT BASILICATA]

“Menaecmi, due gemelli lucani”COMPAGNIA SENZA TEATRO di Ferrandina (MT)

www.compagniasenzateatro.it

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IO ME E MONROEUn progetto che racchiude in sé elementi e approcci atipici per il teatro convenzionale,dalla drammaturgia alla messa in scena, e che prosegue il percorso di ricerca intrapresodalla Compagnia GATTO ROSSO nella direzione di un teatro post drammatico. La dram-maturgia è fatta sempre più con il corpo, le emozioni e la musica, e la parola è essenziale,poetica e “necessaria”, pertanto parte di un tutto, ma non esclusivamente il cuore e pernodel lavoro. “Io me e Monroe” prevede la presenza in scena di due attori (Monroe e “caz-zone”) e di due attrici che si relazionano tra loro o da soli, nell’espressione del personaggio(ognuno, sia uomo che donna, parte da Monroe) a volte solo con il corpo, altre volte ver-balizzando e giocando con le parole tratte dalle storie di Monroe, e interagiscono con laregia e le sue proposte, programmate appunto per un’approfondita ed intima reciproca co-noscenza e studio. Tutto è cominciato quasi un anno fa con una community sul social net-work Facebook in cui Mirko Zombetti (VR), ideatore e autore principale, dà vita allevicende di Monroe e così la descrive: «Io me e Monroe è un’idea che nasce di notte scri-vendo note sul portatile. Monroe non è un mio alter ego. Monroe è cinico, disincantato,stufo, annoiato, fondamentalmente solo, anestetizza la sua vita con l’alcool senza disde-gnare gli psicofarmaci. Monroe ne ha viste cose: brutte, noiose, cattive ma anche belle,felici e vere. Vive di sé e dei suoi ricordi, le delusioni gli hanno consegnato un carattere dif-ficile e burbero, le affermazioni che esterna sono il suo respiro. Racconta e dice quello chetanti, pur pensandolo tacciono. Allora è diventata questa l’idea, ogni tanto chiedo agliamici/amiche di essere loro Monroe, faccio una domanda e sulle risposte, scegliendo unafoto che si leghi all’argomento, costruisco il post. Volete essere Monroe anche solo per ungiorno? Basta che mi scriviate in privato. Prima o poi la domanda vi arriverà, chiaramentedovrò esercitare un minimo di controllo sui contenuti, ma sempre in accordo con voi. Il de-siderio è quello di riuscire a fare un post al giorno, senza assillo però. Farlo diventare qual-cosa di interessante che strappi un sorriso, amaro o divertente non importa. Sarà semprepubblicato in contemporanea anche su Instagram. Adesso Monroe vi direbbe “mi aveterotto i coglioni, vedete insieme alla domanda di mandarmi una bottiglia… piena, caz-zoni!!!” . Se vi farà piacere sarà sempre buona cosa condividere i post e mettere “like”. Sevolete partecipare non Messenger per favore, preferirei al mio indirizzo di posta elettronicacon oggetto: Io me e Monroe»...Per mesi mi sono spesso, quasi quotidianamente, trovataa condividere i post con le avventure di Monroe, a scrivere come lui anche, Mirko mi hadetto in battuta “vuoi rubarmi il lavoro? Anzi… Perché non ci fai una pièce teatrale?”. E io ho cominciato a pensarci. Le storie di Monroe hanno tutte la medesima caratteristica,sono brevi e brutali, ma poetiche anche, sicuramente emozionali. Non volendole snaturaremi sono chiesta come portarle in scena dando loro una continuità, come rendere la visioneglobale. Ma mi sono detta che in fondo non era nemmeno necessario: hanno già un lorofilo conduttore e ben si prestano al metodo di lavoro e approccio al testo di Gatto Rosso,inoltre danno spazio e modo alla vera sperimentazione... (Federica Carteri - autore, regista, attrice -Ass. Teatrale Gatto Rosso, Spazio SCArt)

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“Io me e Monroe”di Mirko Zombettiregia di Federica Carteri e Roberta Zonellini

ASSOCIAZIONE TEATRALE GATTO ROSSOCastelnuovo del Garda (VR)www.ilgattorosso.eu - www.spazioscart.it

[da UILT VENETO]

UNA ORIGINALE E DIVERTENTE MESSA IN SCENALA STORIA DE TRII AMIS, TRE DONN E ... Il teatro è anche memoria da raccontare a chi non ha vissuto i bei tempi andati ma anchefar ricordare a quanti, da giovane, hanno vissuto quei tempi perchè “vultas indree olterche bel l’è necesari” (ricordare oltre che bello è necessario) cita il nostro poeta.“Pieren ul busin” è il titolo dello spettacolo messo in scena da LA COMPAGNIAGruppo Teatro di vimercate. Per chi non conosce il milanese “Busin” è un tipico con-tadino brianzolo (a nord di Milano) ma è anche un poeta e cantore dialettale (Carlo Porta,massimo rappresentante, scriveva le Businate ovvero racconti e poesie in dialetto) ed ilnostro protagonista è contadino e poeta! La commedia non è la solita situazione di cortileo di ringhiera ma è una nuova e originale messa in scena tratta da un racconto scritto daun poeta della nostra città e ambientata in un qualsiasi paesotto della Brianza perché,nei bei tempi andati ma ancora oggi, tutti i paesi Brianzoli si somigliano. La chiesa, lafiera che coincide con la festa del paese in onore del santo patrono con la relativa usanzareligiosa e mistica, un caratteristico sacrestano, un fiumiciattolo che attraversava il paesecon un ponte se non antico almeno vecchio, l’albergo più o meno elegante, la prestigiosavilla di delizia di qualche conte o marchese e anche il tram che portava a Milano eranoluoghi e situazioni negli usi e costumi della Brianza.“L’era ul dii de la fera ...” così inizia la nostra storia nel giorno della fiera di merci ebestiame. Pieren viene incaricato dall’amico di scegliere e comprare una mucca. Natu-ralmente gli affari vanno bagnati e non manca la classica cioca (ubriacatura) con amici,ci sono le donne pettegole sul sagrato della chiesa, c’è la mangiata nella classica trattoriadel paese e non mancano nemmeno gli originali venditori ambulanti da fiera. Il finale,sia pur divertente, è molto riflessivo e poetico con un elogio all’amico trapassato intensoe ironico nel ricordo della loro giovinezza. Lo spettacolo, che in autunno varcherà i confinidella Brianza, è un misto di divertenti scenette recitate (in un dialetto comprensibilissimo)intervallati da stacchi di poetica multimedialità e canzoni. Si ride, si ascoltano poesie e siriflette divertendosi, sempre nell’ambito della fiera paesana. (Carlo Confalonieri)

Gruppo Teatro LA COMPAGNIAdi vimercate (Mb)

[da UILT LOMBARDIA]

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“JAGO” DI ENRICO FAURO

ALGHERO OSPITA IL DEBUTTOA maggio del 2015 ha debuttato ad Alghero“Jago”, presso lo splendido Teatro Civicodella cittadina catalana. Lo spettacolo, ac-colto con grande entusiasmo dal pubblico edalla critica, sarà replicato per tuttol’anno in corso e per buona parte del2016 nell’Isola e fuori. Si tratta di una per-formance realizzata con due interpreti (du-rata di 65 minuti). L’adattamento è di EnricoFauro; la regia è nata da una collaborazionedegli stessi interpreti: Antonio Scanu ed En-rico Fauro. Le musiche sono dell’Otello di Giu-seppe Verdi. Giuseppe Verdi alla fine dellasua brillante carriera di operista, si volle mi-surare con una messa in musica di questo la-voro, sentendo la necessità di operare unpiccolo ma significativo cambiamento chepoi non andò in porto in fase definitiva: l’ideadi cambiare il titolo della sua versione, da“Otello” a “Jago”, dandogli il nome dell’an-tagonista principale della vicenda. Quest’intenzione iniziale è confermata anchenel preludio dell’opera - che poi venne

escluso dalla partitura definitiva - il qualeesordiva proprio con il tema musicale sinistroe crudele di Jago. Probabilmente, dietro que-sta necessità di rinominare l’opera, vi eraquella di voler rileggere l’Otello ponendo alcentro dell’analisi il vero motore della vi-cenda, Jago, a causa del quale il Moro divieneeffettivamente un protagonista passivo. Seindulgiamo in questa analisi, la Gelosia, uni-versalmente ritenuta tema principale deltesto shakespeariano, perde la sua posizionecentrale, o perlomeno è la Gelosia di Otelloa perdere il posto cardine. Infatti nell’analisioperata da noi si giunge a comprendere chela vera Gelosia nell’opera non è quella delMoro, bensì quella del personaggio che menoavremo pensato coinvolto in tal senso: la Ge-losia di Jago. Nella tradizionale lettura in-fatti le ragioni che muovono Jago ad ordireil suo geniale e malevolo piano sono perlopiùvaghe o comunque non del tutto consistentiper giustificare un accanimento come il suo.Jago viene considerato “il cattivo” e questoal pubblico basta a spiegare l’efferatezzadelle sue azioni. Ma in realtà se si scava de-licatamente nella raffinatezza delle paroledell’alfiere veneziano, scopriamo la tridimen-sionalità di un personaggio umano, vittima asua volta di paure inconfessabili, di una setedi rivalsa e di una radicale e ardente gelosia,profonda quanto ben celata, che diventa lasua ragione di vita. Amore e gelosia sono alcentro dell’opera “Otello”, ma quindi non diOtello, bensì quelli di Jago. In questa ragionetrova radice la nostra volontà di capovolgereil titolo, come suggerito dal Maestro Verdi, da“Otello” a “Jago”.La vicenda originaria si svolge tra Cipro e Ve-nezia, mentre per noi la collocazione è vaga:potrebbe essere a Cipro, o nella testa di Jago,o più probabilmente in quella di Otello. Infatti

tutti gli altri personaggi scompaiono e l’in-tera opera diviene un dialogo feroce tra i due.I due personaggi potrebbero essere uno laproiezione del demone dell’altro. Oppure po-tremmo essere di fronte ad un estremo con-fronto con la morte e potremmo dunquetrovarci sulla “bergmaniana spiaggia” daSettimo Sigillo... perchè i nostri due protago-nisti giocano a scacchi. E forse tutti gli altripersonaggi diventano pedine di una crudelepartita mortale. Ed ecco che, con questoespediente scenico, attraverso il quale nonsappiamo quanto i due personaggi dibattanodella partita a scacchi in corso o della realeloro sanguinosa vicenda, portiamo in scenain maniera nuova gli altri temi straordinaria-mente importanti dell’opera shakespeariana.Gli scacchi sono indissolubilmente legati al-l’inganno d’astuzia, quello della strategiaterribile e geniale di Jago, e alla pazzia san-guinaria, quella di Otello. La strategia delgioco simile a quella di Jago, la pazzia diOtello, il sangue, legano quindi gli scacchi adoppio filo con la morte, cosa ampiamenteindagata da Bergman. In fine la scelta regi-stica vuole ribadire l’espediente utilizzatoquasi ossessivamente da Shakespeare d’evi-denziare il binomio bianco-Nero: nell’operavi è un costante riferimento a questi due co-lori, che contrassegnano in maniera opposi-tiva le vere caratteristiche dei personaggi:tutto ciò che sembra nero, il moro Otelloprima di tutto, è in realtà innocente e puro,mentre tutto ciò che è bianco, in realtà èoscenamente sozzo e annerito dal misfatto edalla menzogna. Sembra quasi fare eco a questo principio lafrase chiave d’apertura del Macbeth perbocca delle streghe: “Il bello è brutto, ilbrutto è bello” che sta per “Il vero è falso, ilfalso è vero”... nulla è ciò che appare.

PREMIO FERSEN ALLA REGIA A ROBERTA COSTANTINI A Milano il 19 ottobre nella prestigiosa cornice del Chiostro “Ave Ninchi” del Piccolo Teatrodi Milano la Cerimonia di premiazione del PREMIO FERSEN ALLA REGIA E ALLA dRAM-MATURGIA contemporanea, xI edizione. Ideazione e Direzione artistica: Ombretta De Biase.Il premio nasce nel 2003 con il duplice intento di rendere omaggio alla memoria di AlessandroFersen, regista, attore e drammaturgo, e di dare un segno di incoraggiamento alla dramma-turgia italiana vivente. Il Premio - assegnato da una giuria di elevata caratura composta daEnrico Bernard, Andrea Bisicchia, Fabrizio Caleffi, Anna Ceravolo, Ombretta De Biase, CorradoD’Elia - consiste nella pubblicazione integrale in ebook e in cartaceo delle recensioni agli spet-tacoli, in un volume antologico, a cura di Youcanprint, dal titolo: “Il Premio Fersen” e distribuitoda Amazon Kindle Store, Apple Ibook Store, Ibs.it, Nokia Reading, LaFeltrinelli, Libreria Rizzoli,Hoepli, Ebook. Inoltre, i Direttori Artistici, fra cui alcuni membri della giuria dei Teatri di Milanocome Teatro Libero, Teatro Franco Parenti, Teatro Caboto e dei Teatri di Roma valuteranno lapossibilità di inserire lo spettacolo all’interno delle loro presenti o future programmazioni. Nel-l’elenco degli artisti premiati quest’anno, il premio alla regia di Roberta Costantini dellaCompagnia COSTELLAZIONE di Formia per “La Cattedrale”.Sezione drammaturgia: Gigi Borruso, per “Un errore umano”; Caroline Pagani e Filippo Bruschi, per “Lu-xuriàs. Lost in lust”; Biancanives Togliani, per “Goghgauguin”. Testi segnalati: “Un vecchio gioco” di Tom-maso Urselli; “The yellow brick road” di Rosalina Conti. Sezione regia: Laura Sicignano e AlessandraVannucci, per “Donne in guerra”; Marco M. Pernich, per “Genesi”; Roberta Costantini, “La cattedrale”.

NEWS

[notizia da UILT SARDEGNA]

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LAB

LABORATORIO “IL LAVORO DELL’ATTORE”Il Centro Studi UILT veneto ha organizzato a Verona per i propri soci sabato 7 e domenica8 novembre il laboratorio teatrale “Il lavoro dell’attore”, con i docenti Roberto Totolae Marina Furlani. L’attore per essere creativo deve acquisire padronanza di un metodo.Ci sono alcune condizioni da rispettare e da sfruttare come oggetto di ricerca sempre piùapprofondita. Rimozione di vecchie abitudini stimolando un processo di auto – penetrazioneche spinga fino al subconscio. Convertire questo processo in segni costruendo una partitura,eliminando le resistenze e gli ostacoli derivati dal proprio organismo sia dal punto fisicoche da quello psichico (due parti che formano un’entità unica). L’attore deve rimuoveretutto ciò che lo blocca. Non si deve insegnare “come” si recita un personaggio, “come “ simuove. Tutto ciò dovrà nascere da egli stesso. La realizzazione dell’attore rappresenta ilsuperamento delle mezze misure della vita quotidiana, degli intimi conflitti tra il corpo el’anima, l’intelletto e il sentimento, i piaceri fisiologici e le aspirazioni spirituali.PROGRAMMA:1. Allenamento dell’attore – Actor training2. Esercizi di riscaldamento – Warm up exercises3. Esercizi plastici ed acrobatica – “Plastice exercises” and acrobatics4. Improvvisazione ed espressività - Improvisation and expression5. Tecnica parlata e fonetica - Spoken and phonetic language techniques6. Work in Progress teatrale - Theatrical creationInformazioni: [email protected] Roberto Totola: http://www.shiftingpoint.com/associazione/roberto-totola/Curriculum Marina Furlani: http://www.shiftingpoint.com/associazione/marina-furlani/[da UILT VENETO]

TEATRO LABORATORIO ISOLA DI CONFINEIl Teatro Laboratorio ISOLA dI CONFINE presenta le attività di formazione delprogetto “Tecniche di Comunità e Residenze Creative” a Marsciano (PG).I corsi, a cura di Valerio Apice e Giulia Castellani, sono: TEATRANDO INSIEME. Corsi per bambini e ragazzi dai 6 ai 16 anni diretti da Giulia Castellani, Davide Tassi e Valerio Apice.TEATRO E PERSONA. Laboratorio teatrale aperto a tutti – diretto da Valerio Apice. Tecniche, tradizioni, pratiche teatrali per dare vita a un teatro come evento di comunità.IL CORPO VIVO - L’EMOZIONE CHE DIVENTA DANZA diretto da Marika Gatto e Luisa Piro.Laboratorio integrato di danzamovimentoterapia ed espressività corporea aperto a dan-zatori, attori e chiunque sia interessato a scoprire ed esprimere la propria creatività emassimizzare le proprie potenzialità espressive attraverso l’arte del movimento.I corsi si svolgono ogni venerdì, sabato e domenica presso la Sala Eduardo De Filippo diMarsciano (PG). Il progetto nasce come continuazione di un'attività poliedrica, multicul-turale e multidisciplinare portata avanti nel corso degli anni dal Teatro Laboratorio ISOLADI CONFINE. Durante l'anno, vengono svolte numerose iniziative rivolte a varie fasce dietà e professionalità diverse: dai seminari rivolti alla formazione dell'attore ai progettidedicati al mondo della scuola, dalla produzione di spettacoli alle residenze artistiche.Info: tel. 3497215545 - [email protected] - www.isoladiconfine.it [da UILT UMBRIA]

IMPROVVISAZIONE TEATRALE A PADOVAAlcune persone fraintendono l’Improvvisazione Teatrale. Per la maggioranza Improvvisa-zione è approssimazione e impreparazione, per alcuni è unicamente comicità o legge-rezza. Per l’Associazione Culturale CAMbISCENA di Padova l’Improvvisazione Teatraleè creare storie e personaggi, situazioni ed emozioni senza seguire un copione, senza sce-nografie o costumi, senza canovaccio né suggeritore, ma solo grazie alla fantasia, allaspontaneità, all’interazione e all’ascolto. Improvvisare è scrivere sul foglio bianco dellascena diventando allo stesso tempo autori, attori e registi di se stessi e degli altri. L’ispi-razione arriva dalle nuove forme di teatro all’improvviso nate in Canada negli anni ‘70che portano in scena il concetto del “qui ed ora”, le tecniche della narrazione spontanea,l’idea del coinvolgimento diretto del pubblico, la filosofia della creazione collaborativa.CAMbISCENA organizza nel territorio corsi e spettacoli di Improvvisazione Teatraleper diffondere e onorare questa disciplina che affonda le sue origini proprio in Venetocon la Commedia dell’Arte. Un "teatro che non ti aspetti", che ti stupisce e che ti diverte,un evento straordinario che coinvolge gli attori in scena e il pubblico in platea, tutti par-tecipi di un’esperienza unica e irripetibile. Info: tel. 3490683830 - [email protected] - www.cambiscena.it [da UILT VENETO]

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REGIONI UILT

UILT ABRUZZOPresidente Carmine RicciardiVia Colle Scorrano, 1565125 Pescaratel. 085.4155948; cell. [email protected] Studi Margherita Di MarcoVia G. Matteotti, 11564022 Giulianova (TE)cell. [email protected]

UILT BASILICATAPresidente Maria Adele PopoloVia V. Bachelet, 775020 Nova Siri Scalo (MT)cell. [email protected] Davide Domenico Di PrimaViale Mazzini, 17575013 Ferrandina (MT)cell. 338.6558965; tel. [email protected] Studi Catello ChiacchioViale dei Peucezi, 17575100 Materacell. 338.3572177; tel. [email protected]

UILT CALABRIAPresidente Angelo LatellaVia Ribergo, 2 trav. xI 89134 Pellaro (RC)cell. 347.9953185; tel. [email protected] Antonino DenaroVia Nazionale, 82/a89063 Melito Porto Salvo (RC)cell. [email protected] Studi Luigi CapolupoVia Carlo Parisi, 2689900 Vibo Valentiatel. 0963.45563; cell. [email protected]

UILT CAMPANIAPresidente Orazio PicellaVia Arno, 28 - 80126 Napolicell. [email protected] Antonella GiordanoVia Mura Rosse, 4184036 Sala Consilina (SA)cell. [email protected] Studi Vincenzo D’ArcoVia Giocatori, 18 84036 Sala Consilina (SA)cell. [email protected]

UILT EMILIA ROMAGNAPresidente Pardo MarianiVia Ermete Novelli, 240137 Bologna

cell. [email protected] Franco Orsinic/o Segreteria U.I.L.T.Via E. Novelli, 2 - 40127 Bolognacell. [email protected] Studi Giovanna SabbataniVia A. Ristori, 12 - 40127 Bolognacell. [email protected]

UILT FRIULI VENEZIA GIULIAPresidente Dorino RegeniVia F. Filzi, 433050 Marano Lagunare (UD)cell. [email protected] Riccardo FortunaVia Settefontane, 8 - 34138 Triestecell. [email protected] Studi Rita CaroneVia T. Modotti, 534075 San Canzian d’Isonzo (GO)cell. [email protected]

UILT LAZIOPresidente Stefania ZuccariVia San Quintino, 5 - 00185 Romacell. 335.5902231; tel. [email protected] Enrico CappelliVia San Crispino, 3900049 Velletri (RM)cell. [email protected] Studi Gianfranco IencinellaVia San Michele, 4704011 Aprilia (LT)cell. [email protected]

UILT LIGURIACommissario Duilio BrioCorso Bramante, 6610126 Torinotel. [email protected]

UILT LOMBARDIAPresidente Corrado Villatel. 039.2301308; cell. [email protected] Claudio TorelliVia Cugola, 37 - 46030 Virgilio (MN)cell. 347.3108695; tel. [email protected] Studi Omar Mohamed Via Mazzini, 14 - 20021 Bollate (MI)cell. 333.7379870 [email protected]

UILT MARCHEPresidente Quinto RomagnoliVia Emanuele Filiberto, 10

62100 Maceratatel. 0733.233175; cell. [email protected] Gianfranco FioravantiVia Gioberti, 263031 Castel di Lama (AP)cell. [email protected] Studi Francesco FacciolliVia Olivieri, 35/E62014 Corridonia (MC)cell. [email protected]

UILT MOLISECommissario Mauro MolinariVia V. Cardarelli, 4162100 Maceratacell. [email protected] rivolgersi al Segretarionazionale Domenico SantiniStrada Pieve San Sebastiano, 8/H06134 Perugiacell. [email protected]

UILT PIEMONTEPresidente Alba AlabisoVia Morardo, 18/2810040 La Loggia (TO)cell. 392.0618386; tel. [email protected] Guido FogliettaVia Veglia, 37/B - 10136 Torinocell. 349.8099462 [email protected] Studi Fabio ScudellaroVia Mulino, 1 - 10060 Macello (TO)cell. [email protected]

UILT PUGLIAPresidente Teresa TacconeVia Papa Paolo VI, 670013 Castellana Grotte (BA)cell. [email protected] Antonella PinoliVia Luigi Sturzo, 1570013 Castellana Grotte (BA)[email protected]

UILT SARDEGNAPresidente Marcello PalimoddeVia G.M. Angioy, 84 - 09124 Cagliaricell. [email protected] Viviana LoddoVia Giulio Cesare, 21209042 Monserrato (CA)cell. [email protected] Studi Elena FogarizzuVia G.M. Angioy, 84 - 09124 [email protected]

UILT SICILIAPresidente Franco Bruno

Via Orti San Salvatore, 13 92019 Sciacca (AG)cell. 339.2067856 - tel. [email protected] Vincenzo D’AsaroVia Cava de’ Tirreni, 6/A 92019 Sciacca (Ag)cell. 329.3785859 [email protected] Studi Gaspare FrumentoVia F.lli Bandiera, 5 92027 Licata (Ag)cell. 327.0086810 [email protected]

UILT TOSCANAPresidente Moreno FabbriVia del Roccon Rosso, 4651100 Pistoiacell. [email protected] Stella PaciVia Gentile, 590 51100 [email protected]

UILT TRENTINO ALTO ADIGEPresidente Willy CollerVia Masi, 1 - 39055 Laives (BZ)cell. [email protected] Elisabetta MarcantonioVia Resia, 16/E - 39100 Bolzanocell. [email protected] Studi Dora FronzaVia Lunelli, 62 - 38100 Trentotel. [email protected]

UILT UMBRIAPresidente Lauro AntoniucciVia Quintina, 65 - 06135 Perugiacell. [email protected] Sabrina BilliVia Settembrini, 8/cSan Mariano - 06073 Corciano (PG)cell. [email protected] Studi Raffaella ChiaviniVia Quintina, 65 - 06135 Perugiacell. [email protected]

UILT VENETOPresidente Michele TeatinVia degli Alpini, 737047 San Bonifacio (VR)cell. [email protected] Daniela BoscatoVia G. Pascoli, 8A 37032 Monteforte d’Alpone (VR)cell. [email protected] Studi Elena [email protected]

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Page 59: Scena 81 - 3° trimestre 2015

patrocinato da:

Comune di LaivesGemeinde Leifers

Comunità Comprensoriale Oltradige Bassa Atesina

CO.F.A.S. Compagnie Filodrammatiche Associate Trento

U.I.L.T. Unione Italiana Libero Teatro

Provincia Autonoma di Bolzano Alto Adige

Autonome Provinz Bozen

Südtirol

Organizzazione:

PER ULTERIORI INFORMAZIONI E PRENOTAZIONI TELEFONICHE:

tel. 0471 952650 (segr. tel. e fax)organizzazione: Loris Frazza cell. 366 6606396

PRENOTAZIONE BIGLIETTI ON-LINE:

www.teatrofilolaives.it [email protected]

www.teatrodellemusepineta.it [email protected]

la FILODRAMMATICA DI LAIVES presenta

Compagnia Teatrale I Melannurca - Torino

SABATO, DOMENICA E LUNEDÌCommedia in dialetto napoletano in 3 atti di Eduardo De Filippo - Regia di Antonio Giuliano

VEN23OTT15 > ORE 20.45

Compagnia Il Teatro dei Pazzi - San Donà di Piave (Ve)

VECI SE NASSE, NON SE DEVENTACommedia in dialetto veneto in 2 atti di Giovanni GiustoRegia di Giovanni Giusto

VEN06NOV15 > ORE 20.45

Compagnia La Barcaccia - Verona

EL CIEL SOTTO VERONACommedia in dialetto veneto in 2 attiAdattamento e regia di Roberto Puliero

VEN20NOV15 > ORE 20.45

Teatro Stabile di Bolzano - con Andrea Castelli

LA SCELTA DI CESAREAtto unico di Pino LoperfidoRegia di Andrea Brandalise

VEN11DIC15 > ORE 20.45

Compagnia Teatro Veneto - Città di Este (Pd)

I CIASSETTI DEL CARNEVAL (chi la fa l’aspetta)Commedia veneziana in 2 parti di Carlo GoldoniRegia di Stefano Baccini

VEN08GEN16 > ORE 20.45

Compagnia Terzo Teatro - Gorizia

MAI FAR LA LADY!Da “Pigmalione” di George Bernard Shaw Adattamento e regia di Mauro Fontanini

VEN22GEN16 > ORE 20.45

Gruppo Teatrale per il Dialetto di Trieste e Gorizia

I BOTONI DE LA MONTURACommedia di Carpinteri e Faraguna Regia di Gianfranco Saletta

VEN05FEB16 > ORE 20.45

Filodrammatica di Laives

IL MARITO DI MIO FIGLIO Commedia brillante in 2 atti di Daniele FalleriRegia di Roby De Tomas

VEN15GEN16 > ORE 20.45

RECITA STRAORDINARIA FUORI ABBONAMENTO

omaggio per gli abbonati

VEN19FEB16 > ORE 20.45I Cababoz

LA NOTTE DEGLI OSCAR Serata di premiazione concorso

NUOVOSPETTACOLO2015

HOTEL CASAGRANDE - LAIVEScon cena a base di pesce

GIOVEDÌ 19 NOVEMBRE 2015 ore 20.30Cena con delitto: “Ballo in maschera”

GIOVEDÌ 21 GENNAIO 2016 ore 20.30Cena con delitto: “Ballo in maschera”

HOTEL IDEAL - LAIVES

GIOVEDÌ 17 DICEMBRE 2015 ore 20.30Cena con delitto: “Ballo in maschera”

GIOVEDÌ 18 FEBBRAIO 2016 ore 20.30Cena con delitto: “Ballo in maschera”

La FILODRAMMATICA DI LAIVES presenta(FUORI ABBONAMENTO)

PRENOTAZIONE OBBLIGATORIA0471 952650 - 0471 954218 - 366 6606396

Regia di Roby De Tomas

STAGIONE DEL TEATRO DI LAIVES 2015/16

TEATRO DEI FILODRAMMATICI

GINO COSERILAIVES

CONCORSO NAZIONALE DEL TEATRODIALETTALESTEFANO FAIT

16 > ORE 20.45

GINO COSERILAIVES

36MO

ACQUISTO E PREVENDITA BIGLIETTI PRESSO:

FILODRAMMATICA DI LAIVES, via Pietralba 37, dal lunedì al venerdì dalle ore 9.00 alle ore 12.00

BERGER, Negozio Fiori, via Kennedy 131, Laives (BZ), tel. 0471 954218, orari di apertura:

8.00 - 12.00 / 16.00 - 19.00

ÊTRE BELLE, Oltrisarco (BZ), via C. Augusta, 42/b orario di negozio tel. 0471 1812276

TEATRO CRISTALLO BOLZANO, via Dalmazia, 30 - tel. 0471/202016 prevendita: mar/ven. dalle 17.00 alle 19.00, giov. anche 10.00 - 12.00, tel. 0471 067822

Page 60: Scena 81 - 3° trimestre 2015

47° festival nazionale macerata teatro

18 ottobre - 6 dicembre 2015VENDITA E PRENOTAZIONEDA SABATO 19 SETTEMBRE A SABATO 17 OTTOBREBIGLIETTERIA DEI TEATRI IN PIAZZA MAZZINI, 10(TEL. 0733 233508/230735)LE DOMENICHE DEGLI SPETTACOLI: PRESSO IL BOTTEGHINODEL TEATRO LAURO ROSSI ( TEL. 0733 256306)

VENDITA E PRENOTAZIONEDA SABATO 19 SETTEMBRE A SABATO 17 OTTOBREBIGLIETTERIA DEI TEATRI IN PIAZZA MAZZINI, 10(TEL. 0733 233508/230735)DOMENICA 18 OTTOBRE:BOTTEGHINO DEL TEATRO LAURO ROSSI(TEL. 0733 256306)

ORGANIZZAZIONE, SERVIZIO STAMPA E INFORMAZIONI:62100 MACERATA - PIAZZA OBERDAN, 5 - C.T.R. TEL. E FAX 0733 233520 - 338.4987322www.ctrmacerata.it

IL COMITATO ORGANIZZATORE SI RISERVA IL DIRITTODI VARIARE, PER CAUSE DI FORZA MAGGIORE IL PROGRAMMA DEL FESTIVAL

SCENA - Trimestrale di informazione della Unione Italiana Libero Teatro - Anno XX/3 - n. 81 - Poste Italiane S.p.A.Spedizione in abbonamento postale - D.L.353/03 (conv. in L. 27/02/2004) art.1 comma 2 e 3 Aut C/RM/01/2015