Sbagliando si impara: le origini del calcolo delle …...Il gioco è stato interrotto sul punteggio...

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Sbagliando si impara: le origini del calcolo delle probabilità Riccardo Rosso Dipartimento di Matematica “Felice Casorati Università degli Studi di Pavia riccardo.rosso@unipv.it Il problema della divisione della posta, o problema dei punti, viene tradizionalmente associato alla nascita del calcolo delle probabilità, inteso come ramo della matematica, dal momento che esso fu il perno della corrispondenza tra Blaise Pascal e Pierre Fermat nell’estate del 1654 nella quale furono gettate le basi di questa disciplina. Nel caso in cui siano coinvolti due giocatori, esso può essere formulato in questi termini: Due giocatori A e B si accordano nel mettere in palio una certa posta da destinare a chi per primo raggiunga N punti in un gioco. Il gioco viene però interrotto quando A ha ottenuto punti e B punti, con ed entrambi inferiori ad . Si domanda come occorra ripartire la posta in questo caso. La più antica formulazione del problema di cui si è a conoscenza è quella proposta da Luca Pacioli (1447-1517) nella Summa de Arithmetica, proportioni et proportionalità pubblicata nel 1494. Qui Pacioli offre tre soluzioni simili tra loro e tutte scorrette, che verranno molto criticate sia da Nicolò Fontana (detto Tartaglia, 1499-1557) che da Girolamo Cardano (1501-1576). Consideriamo il primo problema esposto da Pacioli, nel quale due squadre si affrontano ad un gioco con la palla che consta di più prove: alla squadra vincitrice di una prova vengono assegnati 10 punti, nessuno alla perdente. La partita richiederebbe il raggiungimento di 60 punti ma essa viene interrotta quando una squadra - diciamola squadra A - ha raggiunto 50 punti mentre l'altra squadra - diciamola B - ne ha soltanto 20. La posta in palio è di 10 ducati e, per ripartirla tra le squadre, Pacioli adotta questo procedimento. Luca Pacioli

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Sbagliando si impara: le origini del calcolo delle probabilità

Riccardo Rosso

Dipartimento di Matematica “Felice Casorati

Università degli Studi di Pavia

[email protected]

Il problema della divisione della posta, o problema dei punti, viene tradizionalmente

associato alla nascita del calcolo delle probabilità, inteso come ramo della

matematica, dal momento che esso fu il perno della corrispondenza tra Blaise Pascal

e Pierre Fermat nell’estate del 1654 nella quale furono gettate le basi di questa

disciplina. Nel caso in cui siano coinvolti due giocatori, esso può essere formulato in

questi termini:

Due giocatori A e B si accordano nel mettere in palio una certa posta da destinare a

chi per primo raggiunga N punti in un gioco. Il gioco viene però interrotto quando A

ha ottenuto � punti e B � punti, con � ed � entrambi inferiori ad �. Si domanda

come occorra ripartire la posta in questo caso.

La più antica formulazione del problema di cui si è a conoscenza è quella proposta da

Luca Pacioli (1447-1517) nella Summa de

Arithmetica, proportioni et proportionalità

pubblicata nel 1494.

Qui Pacioli offre tre soluzioni simili tra loro e tutte

scorrette, che verranno molto criticate sia da

Nicolò Fontana (detto Tartaglia, 1499-1557) che da

Girolamo Cardano (1501-1576).

Consideriamo il primo problema esposto da

Pacioli, nel quale due squadre si affrontano ad un

gioco con la palla che consta di più prove: alla squadra vincitrice di una prova vengono

assegnati 10 punti, nessuno alla perdente.

La partita richiederebbe il raggiungimento di 60 punti ma essa viene interrotta

quando una squadra - diciamola squadra A - ha raggiunto 50 punti mentre l'altra

squadra - diciamola B - ne ha soltanto 20.

La posta in palio è di 10 ducati e, per ripartirla tra le squadre, Pacioli adotta questo

procedimento.

Luca Pacioli

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Anzitutto considera il numero massimo di prove che le squadre dovranno effettuare

per aggiudicarsi la posta: nell’esempio considerato questo numero è pari ad 11 e

corrisponde alla vittoria per 60 a 50 di una squadra.

Il gioco è stato interrotto sul punteggio di 50 a 20, per cui sono stati giocati solo 7 del

numero massimo di partite e la posta di 10 ducati deve corrispondere alla frazione ���.

La squadra A ha un punteggio che corrisponde ai ��� del numero massimo di partite

disputabili mentre il punteggio della squadra B corrisponde alla frazione ���. Per

Pacioli, la posta � da assegnare alla squadra A risolve la proporzione

10: � =711 :

511

e vale 7 ducati ed ��, mentre alla squadra B spetta posta �� tale che

10: �� =711 :

211

ed è dunque pari a 2 ducati e ��.

Il numero massimo di partite che A e B possono disputare per aggiudicarsi l'intera

posta giocherà un ruolo importante e controverso nella soluzione del problema dei

punti da parte di Fermat e Pascal ma, se guardiamo alle proporzioni nella soluzione di

Pacioli da cui egli deduce � e ��, questo numero non svolge alcuna funzione,

semplificandosi nel corso della soluzione.

Pacioli fotografa il punteggio al momento dell'interruzione del gioco e non tiene conto

nella distribuzione della posta di eventuali capovolgimenti

di fronte che potrebbero realizzarsi in seguito.

Proprio questo aspetto fu duramente criticato dai

matematici che nel XVI secolo si occuparono del problema.

Prima però di presentare queste critiche e le altre soluzioni

proposte, consideriamo un altro caso considerato da

Pacioli, in cui sono coinvolti tre giocatori. I tre giocatori in

questione, diciamoli A, B e C, gareggiano in una gara di tiro

con la balestra.

Ad ogni turno, acquisisce un punto chi effettua il punteggio

migliore. La posta in gioco, 10 ducati, viene accordata a chi

per primo ottiene 6 punti.

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La competizione viene interrotta quando A ha 4 punti, B ha 3 punti e C ne ha 2.

Pacioli anche qui osserva che il numero massimo di partite possibili è 16 -

corrispondente ad un risultato finale in cui un giocatore ha 6 punti e gli altri 5 ciascuno

- per cui occorre anzitutto ridistribuire ��� della posta ad A,

��� a B e

��� a C. In questo

modo si assegnano i ��� della posta, pari a 5 ducati e

�� mentre i rimanenti 4 ducati e

��

si distribuiscono secondo le proporzioni ��, �� e

��, ovvero secondo le frazioni di successo

riferite al numero di turni di tiro effettuati, pari a 9.

Pertanto A si aggiudica anche i �� di 4 ducati e

��, cioè 1 ducato e

����; B si aggiudica 1

ducato ed ���� , cioèi

�� dei 4 ducati e

��; infine, ragionando in modo analogo, C si

aggiudica ���� di un ducato. Pacioli in questo caso nota esplicitamente come la regola

seguita non sia altro che una regola di compagnia, un modo cioè di ripartire la frazione

di utili, o di perdite, di una attività commerciale tra i soci che contribuirono alla sua

costituzione versando quote di capitale [C65]:

se deve dividere commo compagnia. ([P94], a carte 197)

Vi erano diversi tipi di regole di compagnia, a seconda che tutti i soci fossero entrati

nella società allo stesso momento oppure che qualcuno si fosse inserito in un

momento successivo: nel primo caso si applicava la regola di compagnia semplice, nel

secondo la regola di compagnia con tempo [L05]. Nella regola semplice, ad esempio,

dette �� �i = 1,… , n" le quote versate inizialmente dagli � soci, la suddivisione del

guadagno totale # seguiva la proporzione

#��� =

#��� = ⋯ = #%�% ,&#� = #

%

�'�

dove ∑ #� = #� + #� + #� +⋯+ #%%�'� , dove #� è il guadagno che spetta al socio *-esimo.

L'applicazione di questa regola al contesto della ripartizione

della posta richiede comunque un cambio di prospettiva

perché le quote �� non corrispondono a quelle versate

all'inizio del gioco ma ai punteggi raggiunti dai contendenti

al momento della sospensione del gioco.

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Cardano e la divisione della posta

Tra i matematici del XVI secolo, Girolamo Cardano fu colui che

dedicò più attenzione alla formulazione matematica di

problemi legati ai giochi d’azzardo su cui scrisse un breve

trattato, il De Ludo Aleae, che però fu pubblicato solo nel 1669,

quando le idee di Fermat, Pascal ed Huygens si erano imposte

rendendo obsoleto quanto Cardano aveva scritto.

Personalità poliedrica e controversa, Cardano fu medico e

matematico di fama ma fu anche un accanito giocatore

d’azzardo e nel De Ludo aleae compaiono considerazioni elementari di calcolo delle

probabilità con annotazioni sulla psicologia del giocatore d’azzardo, nonché consigli

ed ammonizioni rivolte a chi voglia giocare d’azzardo.

Per i nostri scopi occorre però esaminare un altro trattato di Cardano, la Practica

Arithmeticae et misurandi singularis [C39], pubblicata nel 1539. A dispetto del loro

interesse, le considerazioni di Cardano a proposito della divisione della posta rimasero

piuttosto nell'ombra, come vedremo in chiusura di questa sezione.

L'ultimo dei 68 capitoli della Practica Arithmeticae contiene un lungo elenco di errori

commessi da Pacioli. Tra questi spicca l'errore 5:

“Nella determinazione dei giochi [Pacioli] commise un errore molto evidente, che

anche un bambino riconoscerebbe, mentre egli accusa gli altri e loda la sua eccellente

opinione in base alla quale a due giocatori che giocano per arrivare a 6 punti,

conferisce, dopo molte considerazioni superflue, a chi ne ha 5 e a chi ne ha 2 le parti 5

e 2, dividendo la somma totale in 7.

Supponiamo pertanto che due giochino per arrivare a 19 punti e che uno ne abbia 18

mentre l'altro solo nove; il primo otterrebbe i �� della somma totale ed il secondo

�� per

cui se il deposito di ciascuno è 12 ducati, la somma di entrambi è 24, 16 dei quali

toccheranno al primo ed 8 al secondo: pertanto chi è giunto a 18 punti avrà

guadagnato all'altro solo 4 ducati, che sono la terza parte del deposito, anche se non

gli manca che un punto a raggiungere il traguardo mentre all'altro ne mancano 10,

ciò che è completamente assurdo, soprattutto perché ognuno deve prendere quella

parte che potrebbe scommettere in quella condizione; trovandosi sul punteggio di 18

a 9 e dovendo arrivare a 19, può scommettere 10 contro 1 o addirittura 20 contro 1:

nella divisione pertanto egli deve avere 20 parti e l'altro una sola. In terzo luogo, se si

gioca a 19 [punti] ed uno ne ha 2, l'altro zero, dal suo [di Pacioli] calcolo, chi ha due

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punti deve ottenere tutto il deposito e l'altro nulla, la qual cosa non c’è da dubitare sia

sconveniente: che cioè, pur trovandosi ancora molto distante dalla fine, debba

ottenere tanto quanto otterrebbe se avesse 19 punti, pur sopravanzando l'altro

giocatore di così poco.”

Al di là di questa veemente pars destruens, nel capitolo 61 della Practica, intitolato

De Extraordinariis et ludis, Cardano si era dilungato su quali dovessero essere i

principii cui mantenere fede nella divisione della posta in un gioco interrotto:

“Quanto ai fondamenti dei giochi bisogna sapere che non occorre considerare altro se

non il fine verso cui si tende e ciò dividendo il tutto in progressione per le loro parti[.]

esempio [:] due giocano a dieci [punti:] uno ne ha 7 l'altro 9[.] Si domanda, qualora

occorra dividere la posta perché il gioco non può terminare, quanto ciascuno debba

avere, dividendo l'intero deposito[.] Sottrai 7 da 10: resta 3. Sottrai 9 da 10: resta 1.

La progressione di 3 è 6, quella di 1 è 1. Dunque, diviso il deposito in 7 parti darai 6

parti a chi ha 9 punti ed 1 a chi ne ha 7. Supponiamo dunque che ciascuno avesse

scommesso 7 denari, cosicché il deposito complessivo ammonti a 14 denari: 12 di

questi toccheranno a chi ha 9 punti e due a chi ha 7 punti, per cui chi ha 7 punti perde

i �� del suo capitale.” ([C39], p. 112)

Cardano ha colto in pieno il punto cruciale del problema: solo i punti mancanti al

conseguimento del successo sono essenziali nella suddivisione della posta: si tratta

del primo riconoscimento esplicito dell'importanza, per poter decidere la ripartizione,

di considerare cosa potrebbe accadere in futuro e che rappresenterà il cardine attorno

a cui ruoteranno le soluzioni proposte da Fermat e Pascal un secolo dopo.

Detto questo, il testo di Cardano è ellittico proprio quando passa agli esempi numerici

ed il precetto di costruire la progressione di 3 o di 1 lascia perplessi ed ha dato luogo

a qualche imbarazzo nei commentatori. Procediamo però ancora un poco nella lettura

della Practica:

“La motivazione che sta dietro questa [regola] è che se, effettuata la divisione, si

volesse ricominciare il gioco, le parti dovrebbero giocarsi quanto ricevettero al

momento dell'interruzione e, ponendoci nel primo esempio, chi dice di voler giocare

porrà la condizione che tu non possa vincere [la posta] se non ti aggiudichi 3 partite di

seguito mentre a lui ne basterà vincere una sola.

Supponiamo che chi vuol vincere tre partite scommetta 2 denari: dico che l'altro deve

scommettere 12 denari. Il motivo è che, se giocassero al meglio di un punto,

basterebbe scommettere 2 denari, se al meglio dei due punti [chi deve vincere una

sola partita] dovrebbe scommettere il triplo perché, vincendo semplicemente una

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partita, vincerebbe 4 denari e questo va bilanciato dal pericolo di perdere la seconda

partita, vinta la prima; pertanto deve guadagnare il primo importo e se si gioca al

meglio dei tre punti [deve scommettere] il sestuplo, perché raddoppia la difficoltà.

Pertanto dovrà giocare 12 denari e ora se accetta 12 denari e l'altro 2, la divisione sarà

fatta in modo conveniente.” ([C39], p. 112)

La chiave di lettura sta nel riferimento alla ripresa del gioco dopo l'interruzione, senza

che i punteggi siano stati azzerati.

Come occorre regolare le scommesse per convincere un giocatore a riprendere il

gioco dal punto in cui fu interrotto?

Abbiamo visto la critica a Pacioli: se, occorrendo 19 punti per vincere, il gioco fosse

interrotto sul punteggio di 18 a 9, il giocatore che volesse riprendere a giocare dalla

posizione di vantaggio dovrebbe puntare 10 ad 1 o addirittura fino a 20 ad 1, tale è il

vantaggio.

Qualche commentatore [C65] ha notato una incoerenza tra la prescrizione generale

di Cardano del Cap. 61 e la discussione legata all'errore di Pacioli, probabilmente

dovuta ad un eccesso di vis polemica nei confronti di quest’ultimo. Nel passo appena

riportato si assiste [C65] ad una trasformazione della regola di divisione della posta

(règle du partis) in una regola sulle scommesse (règle du paris) da stabilire avendo di

mira la condizione di equità del gioco.

Cardano in effetti, per giustificare la ripartizione di 6 ad 1 proposta nel primo esempio

del Cap. 61, analizza un altro problema, quello di due giocatori che iniziano a giocare

sotto la condizione che il primo si aggiudicherà la posta se vincerà consecutivamente

tre partite, l'altro se ne vincerà una sola.

Il principio assunto da Cardano non è lontano da quello che animerà Fermat e Pascal

nel risolvere correttamente il problema. Egli ritiene che occorra compensare le minori

possibilità di vittoria di un giocatore costringendo l'altro a scommettere una somma

superiore, che ristabilisca l'equità, bilanciando il rischio che il primo giocatore affronta

di veder vanificati i successi parziali [C65].

Il testo di Cardano fu preso a modello dal matematico cuneese Giovanni Francesco

Peverone (1509-1559) in un opuscolo [P81] pubblicato nel 1558 e dedicato alla

risoluzione di problemi di aritmetica e geometria. Gli esempi discussi da Peverone nel

libro terzo, in un breve paragrafo intitolato De giuochi, coincidono con quelli discussi

da Cardano nella Practica arithmeticae, anche nei valori numerici.

Peverone non inserì la spiegazione della regola fornita da Cardano, sintomo possibile

di una comprensione imperfetta del metodo.

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Altre proposte: Tartaglia e Forestani

La soluzione di Pacioli fu bersaglio di aspre critiche da parte di altri matematici, oltre

Cardano. Nel General trattato pubblicato nel 1556, Tartaglia osservò come, seguendo

la regola di Pacioli, si sarebbe ottenuto che, sospendendo il gioco quando A avesse

vinto una partita e B nessuna, la posta sarebbe stata assegnata totalmente ad A:

“La qual regola a me non pare, né bella, né buona, perché se per sorte una delle parti

havesse 10 e l'altra havesse nulla, procedendo per tal sua regola seguiria, che quella

parte, che havesse il detto 10 doveria tirar il tutto, e l'altra non doveria tirar cosa

alcuna, che saria in tutto fuora di ragione, che per aver 10 dovesse tirar il tutto.”

([T56], Libro XVI, Sez. 206)

Tartaglia è piuttosto scettico sul valore matematico del problema, la cui soluzione è

“più presto giudiciale, che per ragione, tal che in qual si voglia modo la sarà risolta vi

si trovarà da litigare” ([T56], Libro XVI, Sez. 206)

ma avanza comunque una proposta, illustrata tramite il primo esempio numerico di

Pacioli:

“prima si debba vedere, che parte ha ciascuno di tutto il gioco, che se per sorte uno

avesse 10, e l'altro 0 adunque colui, che ha 10 haveria il sesto di tutto il giuoco, e per

tanto dico, che in questo caso, doveria haver la sesta parte delli denari, che metteno

per uno, cioè si mettono 22 ducati per parte, lui doveria haver la sesta parte di detti

ducati che faria ducati 3 e doi 3 che gionti co li suoi ducati 22 fariano ducati 25 e doi 3

e l'altra parte doveva tirar il resto, il qual resto faria 18 e un 3. Et se una parte havesse

50 e l'altra 30 cava 30 di 50 restarà il venti il qual 20 vien a essere il terzo di tutto il

gioco, e però doveva tirar, oltra li suoi, la terza parte delli danari dell'altra parte, la

qual terza parte faria ducati 7 e un 3 che coi suoi faria ducati 29 e un 3 e l'altra parte

doveria tirar il resto, che faria ducati 14 e doi 3 e così procedendo no si trovarà seguir

cosa non conveniente, come fece in quella di fra Luca.” ([T56], Libro XVI, Sez. 206)

Come Cardano, Tartaglia non concepisce la posta come un tutto indistinto ma come

un fondo in cui restano ben visibili i contributi depositati da ogni giocatore.

Chi è in vantaggio al momento della sospensione mantiene la propria quota di 22

ducati ed esercita il diritto di erodere la porzione dell'altro giocatore. Il criterio di

ripartizione è ancora basato sulla proporzionalità ma ora a contare è la differenza tra

i punteggi + ed +� < + al momento in cui il gioco viene interrotto perché il vincitore

ha diritto sia a mantenere la quota versata all’inizio del gioco, sia alla frazione -./-0-

dei ducati di chi è in svantaggio, essendo + il punteggio richiesto per vincere la partita.

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Dunque anche la proposta di Tartaglia cristallizza il risultato al momento

dell'interruzione, disinteressandosi completamente degli scenari che si sarebbero

potuti verificare in seguito. La sua proposta di divisione della posta, a parità del valore

di + è la stessa sia se + = 10 ed +� = 0, sia se + = 99 ed +� = 89, che lascia ancora

insoddisfatti.

Ciò che cambierà radicalmente il metodo di soluzione del problema sarà il

riconoscimento del ruolo della sorte, dell'imprevedibilità del futuro. Un timido passo

in questa direzione, benché non condusse ad una corretta risoluzione del problema

dei punti, si trova nel quinto libro della Pratica d'arithmetica e geometria del padre

Lorenzo Forestani da Pescia (1585-1660?), pubblicata la prima volta nel 1602, che

ripropone il problema in una colorita ambientazione bucolica.

“Un Gentilhuomo già vecchio, ritrouandosi a una sua Villa, e dilettandosi grandemente

del giuoco di palla, chiamò due giovani contadini, e disse, eccovi 4 ducati, giuocateli

qui in mia presenza alla palla, e chi di voi prima

vince 8 giuochi, voglio, che habbia vinto li 4

ducati, e così cominciarono a giocare e quando

un di loro hebbe vinto 5 giuochi, e l'altro 3, si

perse la palla, e non poterono finire, e il

Gentilhuomo disse, eccovi i denari, divideteli

tra voi, si domanda quanti ne toccara per uno.”

([F82], p. 364)

Forestani osserva come vi fossero diverse

opinioni sulla risoluzione corretta del

problema, che egli ritiene essere la seguente:

si parte ancora dal numero massimo, pari a 15, di partite necessarie perché uno dei

contendenti raggiunga l'obiettivo di 8 punti. Al momento dell'interruzione si può dire

che il primo giocatore abbia conseguito ��� della posta mentre il secondo giocatore ne

ha conseguito i ���. Pertanto, quando il gioco viene sospeso, per Forestani è stata

assegnata la frazione ���+

��� =

��� della posta. Fin qui, nulla di nuovo ma, per decidere

come ripartire i restanti ��� della posta, Forestani adotta una proposta salomonica:

siccome i denari non ancora assegnati

non sono affaticati, né giuocati, né vinti da nessuno di loro, (...) perciò bisogna dividerli

per metà. ([F82], p. 364)

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Al primo giocatore spetta dunque la frazione ��� +

�� ∙

��� =

���4 della posta, pari a 2

ducati e ��� mentre all'altro spetta 1 ducato ed

����.

Come Pacioli, anche Forestani parla di divisione per modum societatis, ma riconosce

esplicitamente il ruolo che può giocare la fortuna:

“ma perché le solutioni di simil proposte consistono nell'opinioni, e l'opinioni, e i pareri

essendo varj, però lasciaremo tal giudicio a più savj, e intendenti, perciò che a noi

basta haver detto il parer nostro, e dimostrato questa sua [di Pacioli] contraditione.

La ragione che alcuni adducono in contrario è questa, cioè, dicono, che chi ha più

giuochi, è più vicino al poter finire, e conseguire il tutto, e perciò gli si convien tirare di

quei danari per rata de' giuochi vinti, e noi diciamo che la Fortuna si può rivoltar

presto, e favorir quell'altro a vincer il tutto; si come infinite volte s'è visto, e vedesi,

tanto nel giuoco di palla, come in ogni altro, ma molto più nelle cose di guerra. “([F82],

p. 367)

Osserviamo che il contesto dei problemi di Pacioli, Tartaglia e Forestani non è quello

del gioco d'azzardo. Né il gioco della palla, né il tiro con la balestra sono etichettabili

come tali ma rientrano nei giochi di agilità, per usare lo stesso termine che compare

all'inizio del De Ludo Aleae di Cardano.

La corrispondenza tra Fermat e Pascal

Pierre de Fermat (1601-1665) e Blaise Pascal (1623-1662)

furono due tra i più grandi matematici francesi del XVII

secolo.

La loro corrispondenza dell'estate 1654 è tradizionalmente

presa come data di nascita del calcolo delle probabilità in

quanto disciplina scientifica.

La corrispondenza rimase inedita

fino alla pubblicazione della

prima edizione delle Opere

Matematiche di Fermat, nel 1679.

Fortunatamente però, il contenuto della corrispondenza fu

noto subito allo scienziato olandese Christiaan Huygens

(1629-1695) durante un viaggio di studio a Parigi ed egli

seppe trarre profitto delle indicazioni, ancorché

incomplete, dei resoconti circa la corrispondenza tra i due

insigni studiosi francesi.

Pierre de Fermat

Blaise Pascal

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Esaminiamo i passaggi relativi al problema della ripartizione della posta, partendo

dalla lettera di Pascal del 29 luglio 1654.

Qui egli espone il proprio modo di risolvere il problema che differisce da quello di

Fermat, basato totalmente sulle combinazioni e dunque da intendersi come

l'elencazione di tutti i casi che possono presentarsi.

L'intuizione di Cardano sull'importanza esclusiva delle partite ancora da giocare viene

confermata dall'analisi di Pascal che considera il caso in cui due giocatori giocano al

meglio di tre partite, scommettendo ciascuno 32 dobloni.

Pascal espose a Fermat il proprio metodo in una serie di

esempi che hanno una struttura ricorsiva, costruita a

partire dal caso più semplice, quello in cui uno dei due

giocatori---A---ha conquistato due punti e l'altro---B---uno.

Pascal esamina gli esiti possibili della successiva partita: se

A vincesse, si aggiudicherebbe l'intera posta di 64 dobloni; se vincesse B, i due si

troverebbero in parità e dunque dovrebbero riprendersi ciascuno i propri 32 dobloni.

Qualunque cosa succeda, il giocatore A si è garantito 32 dobloni ma, poiché Pascal

ipotizza che i due giocatori abbiano le stesse possibilità di vincere---ovvero che la loro

probabilità di successo sia ��---una volta in parità, ad A spetterà anche la metà dei 32

dobloni di B e dunque potrà chiedere 48 dobloni.

Pascal procede ora ad illustrare il caso in cui la sospensione della partita avvenga

quando A ha due punti e B zero, sempre a parità di montepremi totale: 64 dobloni.

Il ragionamento è questo: se A vincesse ancora, si aggiudicherebbe il terzo punto

decisivo e dunque 64 dobloni; se B vincesse, il punteggio sarebbe di due punti contro

uno e dunque, per quanto visto in precedenza, ad A spetterebbero 48 dobloni.

Per decidere quanto assegnare ad A, Pascal parte dai 48 dobloni garantiti ad A in ogni

caso e vi aggiunge la metà della differenza tra le due possibili poste di 64 e 48 dobloni,

cioè 8 dobloni, portando la posta di A a 56 dobloni.

Per concludere, Pascal analizza il caso in cui la sospensione avvenga quando A ha un

punto soltanto e B nessun punto, ancora a parità di montepremi.

Se A vincesse l'ipotetica partita successiva, si porterebbe a 2 punti contro 0 e dunque

gli spetterebbero 56 dobloni, per quanto visto in precedenza mentre, se B vincesse,

si porterebbe in parità e ad entrambi i giocatori spetterebbero 32 dobloni. Dunque,

in entrambi gli scenari, 32 dobloni sono garantiti ad A mentre egli può giungere a 56

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aggiudicandosene altri 24 oppure no: poiché l'esito della partita è incerto, è lecito che

A chieda a B altri ��/��� = 12 dobloni e reclamarne per sé 44 in tutto.

In una successiva lettera a Fermat, Pascal fornisce dettagli sul metodo delle

combinazioni seguito da quest’ultimo.

Si parte ancora da un caso particolare, quello in cui al giocatore A mancano due punti

per vincere e al giocatore B ne mancano 3. Il numero massimo di partite per decidere

della vittoria di uno dei contendenti è 4.

Pascal considera i 16 = 2�esiti possibili, ottenuti giocando tutte le ipotetiche

successioni di quattro partite. Indicando con A e B un successo del giocatore

omonimo, gli schemi possibili e gli esiti finali (in grassetto) sono i seguenti

A A A A A A A A B B B B B B B B

A A A A B B B B A A A A B B B B

A A B B A A B B A A B B A A B B A B A B A B A B A B A B A B A B

A A A A A A A B A A A B A B B B

Poiché 11 schemi sono favorevoli ad A e 5 a B, la posta in palio va ripartita

proporzionalmente a questi numeri. Il metodo di Fermat è diverso da quello di Pascal,

ma il lettore è invitato ad applicarlo agli esempi illustrati prima da Pascal per verificare

che essi danno le stesse risposte.

Pascal riferisce anche delle obiezioni ricevute al metodo di soluzione da parte di Gilles

Personne de Roberval (1602-1675) che contestava l'uso di partite fittizie per

determinare la vera ripartizione della posta.

Sostanzialmente, osservava Roberval, non è possibile fingere che tutte le partite

abbiano ugual durata quando, ad esempio, nelle prime quattro colonne dello schema

precedente ci si arresta dopo due sole partite.

Pascal, osservando che l'obiezione si può muovere solo al metodo di Fermat, rispose

mostrando come l'artificio di introdurre delle partite fittizie non alterasse affatto

l'esito della suddivisione della posta:

Non è forse vero, dissi, che deliberando di giocare quattro partite, la suddivisione

della posta deve essere quella che abbiamo detto, secondo il numero di schemi

favorevoli a ciascuno?

Rimase d'accordo e questo è in effetti conclusivo; negò tuttavia che la stessa cosa

sussisterebbe non costringendoli a giocare le quattro partite. Gli dissi allora:

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Non è chiaro che gli stessi giocatori, non essendo costretti a giocare quattro partite,

ma volendo terminare il gioco dopo che uno ha raggiunto la vittoria, potranno

vincolarsi, senza danno o lucro, a giocare tutte le quattro partite e che questa

convenzione non cambia in alcun modo la loro condizione? ([F94], pp. 302-303)

Sono stati espressi giudizi molto severi su Roberval per questo errore ma dobbiamo

essere consapevoli che egli, come Fermat e Pascal, si sta muovendo in una terra

incognita e che il metodo delle combinazioni, di cui Pascal sembra in certi punti fare

una difesa d'ufficio, offre risposte inequivocabili nel caso di due giocatori mentre,

passando a tre giocatori, offre il fianco a possibili ambiguità, che Pascal mette in

evidenza su un caso particolare in cui tre giocatori---A, B, C--- smettono di giocare

quando mancano loro, rispettivamente 1, 2 e 2 punti.

La partita sarebbe decisa in al più tre giochi ma lo schema dei 27 = 3�risultati

possibili richiede qualche cautela. Riportiamone solo quattro, sufficienti a chiarire il

punto

A A B B A C B A

B B C B A A B A o B?

Infatti, mentre i primi tre schemi forniscono univocamente un vincitore, nell’ultimo

schema non basta contare i punti ottenuti, nel qual caso esso potrebbe essere

attribuito sia a vantaggio di A che di B. È invece fondamentale considerare l’ordine in

cui i risultati delle tre partite fittizie si susseguono ed allora non vi è dubbio che

l’ultimo schema va attribuito a vantaggio di A, che raggiunge il proprio obiettivo prima

di quanto faccia B:

si suppone il falso sostenendo che si giocheranno sicuramente tre partite, mentre la

condizione naturale del gioco è che si prosegue a giocare finché uno dei giocatori non

abbia ottenuto il numero di punti che gli mancano, nel qual caso il gioco cessa. ([F94],

pp. 305-306)

L'obiezione di Roberval, ininfluente nel caso di due giocatori, è più calzante in questa

situazione e mostra l’attenzione con cui si debba procedere. Notiamo che l'analisi di

Pascal sul metodo delle combinazioni non fu accettata da Fermat, per il quale era

chiaro che occorreva tenere in conto dell’ordine con cui i successi dei vari giocatori si

presentano, per poter decidere il vincitore.

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La divisione della posta nel Traité du Triangle arithmètique di Pascal

La corrispondenza tra Pascal e Fermat non mette in evidenza quale fosse il metodo

generale con cui Pascal risolse il problema della ripartizione della posta tra due

giocatori, che fu esposto nel Traité du Triangle arithmétique et de son application,

pubblicato solo nel 1665.

I numeri nel triangolo aritmetico

sono assegnati a delle celle ed i

triangoli che considera Pascal

sono ottenuti tracciando delle

diagonali a 45°: le celle che sono

attraversate da una stessa

diagonale formano una base di

un triangolo.

Pascal pone l'unità in alto a

sinistra come elemento

generatore del triangolo il cui

elemento 9%,: all'incrocio tra la

�-esima riga e la ;-esima

colonna è definito dalla relazione

9%,: = 9%/�,: + 9%,:/�

(1)

con l'accordo che quando uno solo dei due indici è nullo, anche il corrispondente

elemento lo è.

Le proprietà principali del triangolo aritmetico discendono dalla costruzione stessa.

La prima proprietà che interessa è la simmetria

9%,: = 9:,%

che viene dedotta per induzione sulle basi del triangolo: infatti 9�,� = 9�,�, per

costruzione; invocando l’equazione (1) e supponendo verificata la simmetria per la

base �� − 1)-esima, su cui si trovano sia 9%/�,: che 9%,:/�, si ha

9%,: = 9%/�,: + 9%,:/� = 9:,%/� + 9:/�,% = 9:,%

che è appunto la tesi.

Un’altra conseguenza importante della (1) è la seguente:

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Nel triangolo aritmetico, la somma delle celle di una base è doppia di quella della base

precedente. ([P65], p. 247)

Per dimostrarla, osserviamo che

9%,� = 9%/�,�9�,% = 9�,%/�

e che, muovendosi in diagonale e servendosi dell’equazione (1), tutti gli elementi della

base �� − 1)-esima compaiono due volte nella somma degli elementi della base �-

esima. Poiché la somma degli elementi sulla seconda base è 2, la somma degli

elementi della base �� + 1"-esima è 2%. Infine, come ultima conseguenza di (1)

dobbiamo considerare la seguente:

In ogni triangolo aritmetico, la somma di un certo numero a piacere di celle contigue

di una base, a cominciando da un'estremità, è uguale al doppio [della somma] dello

stesso numero di cellule della base precedente, tranne uno. ([P65], pp. 247-248)

Infatti, la somma di un certo numero ℎ di elementi della base �-esima si può porre

nella forma

&9%/:,:>

:'�

ed è sufficiente riflettere sulla (1) per concludere che tutti i termini della base � − 1-

esima compaiono due volte fuorché 9%/>/�,>, che compare una volta sola. Per

simmetria, la proprietà vale anche partendo da 9�,% e procedendo in basso lungo la

base �-esima.

Per applicare il triangolo aritmetico al problema della ripartizione della posta, Pascal

ribadisce i principii guida seguiti, specificando anzitutto la natura del contratto che i

giocatori stipulano accettando di sfidarsi:

Per comprendere le regole della suddivisione occorre per prima cosa considerare che

il denaro che i giocatori hanno messo in palio non appartiene più a loro; a fronte di

ciò essi ricevono il diritto di attendersi ciò che il caso può regalar loro, secondo le

condizioni su cui si sono accordati all'inizio. ([P65], p. 257)

La natura volontaria del contratto lascia spazio alla possibilità di derogare dalle

condizioni previste inizialmente, interrompendo il gioco. Il problema della ripartizione

della posta viene formulato in questi termini:

Trattandosi di una legge volontaria, possono derogarvi di comune accordo; e così,

trovandosi ad un punto qualunque del gioco, possono interromperlo e,

contrariamente a quanto fatto all'inizio, rinunciare ad attendersi qualcosa dal caso e

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tornare ciascuno in possesso di qualcosa; in questo caso, la regola che stabilisce

quanto deve loro appartenere deve essere talmente proporzionata a quanto avevano

diritto di attendersi dalla fortuna, che per ciascuno di loro è del tutto indifferente

accettare quanto si propone loro, o continuare l'avventura del gioco: e questa giusta

distribuzione è detta: la suddivisione. ([P65], p. 257)

La ripartizione della posta, che per Pascal si applica a giochi di puro azzardo, poggia

per lui su due principii: a) ciò che ad un giocatore spetta qualunque sarebbe l'esito

della prima partita non disputata deve essergli garantito nel processo di ripartizione;

b) occorre che ad ogni giocatore sia garantita la semidifferenza tra quanto avrebbe

ottenuto vincendo e quanto avrebbe ottenuto perdendo la prima partita non

disputata: questa semisomma diventa una media pesata dalle possibilità che ciascun

giocatore ha di vincere, se queste non sono uguali.

Il primo principio per stabilire il modo con cui effettuare la divisione della posta è

questo. Se uno dei giocatori si trova in una condizione tale che, qualunque cosa

succeda, una certa somma gli deve appartenere sia che vinca sia che perda, senza che

l'azzardo gliela possa togliere, questa non deve essere suddivisa ma deve prenderla

tutta come certa perché, dovendo essere la suddivisione proporzionata al rischio e

dal momento che non vi è rischio di perderla, la deve prendere indivisa.

Il secondo principio è questo. Se i giocatori si trovano in una condizione tale che, se

uno vince gli apparterrà una certa somma e se perde questa apparterrà all'altro, se

vogliono lasciarsi senza giocare e prendere ciò che appartiene loro legittimamente,

debbono suddividere la somma esposta al rischio in due parti uguali di cui ciascuno

ne prende una. ([P65], pp. 257-258)

Dal punto di vista operativo, la regola da seguire è esposta in questo corollario al

secondo principio appena enunciato e che in effetti ne è una riformulazione:

Se due giocatori giocano ad un gioco di puro azzardo con la condizione che, se il primo

vince otterrà una certa somma, mentre perdendo ne otterrà una minore, e se essi

vogliono smettere di giocare e prendere ciò che spetta loro, la divisione da fare è che

il primo prenda ciò che gli spetta in caso di sconfitta oltre alla metà dell'eccesso tra

quanto otterrà in caso di vittoria ed in caso di sconfitta. ([P65], p. 258)

Pascal procede illustrando le regole da seguire, a seconda del numero di punti

mancanti a ciascun giocatore per conseguire la vittoria. Il procedimento è in effetti

una esposizione più dettagliata dei metodi illustrati a Fermat nella corrispondenza e

non ci soffermiamo sui vari casi considerati per passare invece alla parte più originale,

in cui il triangolo aritmetico dispiega tutta la sua utilità, rendendo agevole

l'applicazione di quanto Pascal aveva esposto nella corrispondenza con Fermat.

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Diciamo ��9, ?" e ���9, ?" le poste che spettano ai giocatori A e B, in funzione del

numero di punti 9 e ? che mancano loro per conseguire la vittoria. Nell'appendice al

Traité Pascal considera la base �9 + ?"-esima del triangolo aritmetico. A partire

dall'elemento posto sulla prima colonna e procedendo sulla sempre lungo questa

base, si sommino i primi 9 numeri che si incontrano e sia @la loro somma. Si

considerino i ? numeri restanti e sia @�la loro somma:

queste somme stanno tra loro in ragione inversa dei vantaggi dei giocatori. ([P65], p.

262)

Formalmente

��9, ?" =@�

@ + @� ���9, ?" =@

@ + @�

e quindi

��� =

@�@ .

La dimostrazione è condotta per induzione sulle basi del triangolo.

La prima base è costituta dal solo numero 1 e rappresenta certamente la divisione

della posta quando ad un giocatore manchi un punto e all'altro nessuno: tutta la posta

spetta a chi ha vinto!

La seconda base contiene il numero 1 ripetuto due volte per cui la regola di Pascal

fornisce i risultati corretti nel caso in cui ad entrambi i giocatori manchi un punto: la

posta va ripartita in parti uguali.

Pascal suppone ora che una base del triangolo contenga tutte le ripartizioni della

posta tra due giocatori cui manchino complessivamente � punti per ottenere la

vittoria e si propone di dimostrare che la stessa proprietà vale lungo la base � + 1-

esima.

Per questo egli si chiede quanto otterrebbe B se, giunti ad 9 + ? = � + 1 si giocasse

un'altra partita. Diciamo per semplicità B%,> l'elemento ℎ della �-esima diagonale,

contato a partire dal lato verticale del triangolo artimetico.

Sia che A vinca o perda la nuova partita, dopo averla disputata, ai due contendenti

mancheranno � punti in tutto. Per l'ipotesi di induzione quindi, se A vincesse, il suo

avversario B avrebbe diritto alla frazione dell’intera posta

B%,� + B%,� +⋯+ B%,C/�Σ%

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dove Σ% è la somma di tutti gli elementi della diagonale �-esima, e la somma a

numeratore si arresta a B%,C/�, perché in questo caso mancherebbero 9 − 1 punti ad

A per vincere l’incontro. In caso di sconfitta di A, B otterrà la frazione dell’intera posta

B%,� + B%,� +⋯+ B%,CΣ%

visto che mancano ancora 9 punti ad A per vincere l’incontro. In base ai principii su

cui stabilire la ripartizione, a B spetterà la frazione della posta pari a

B%,� + B%,� +⋯+ B%,C/�Σ% + 12

B%,CΣ% = 2EB%,� + B%,� +⋯+ B%,C/�F + B%,C2Σ% .

Ora, per quanto visto in precedenza, si ha Σ%G� = 2Σ% e

2EB%,� + B%,� +⋯+ B%,C/�F + B%,C = EB%G�,� + B%G�,� +⋯+ B%G�,CF: La frazione della posta che spetta a B è allora

B%G�,� + B%G�,� +⋯+ B%G�,CΣ%G�

che dimostra il passo induttivo e quindi la validità dell’asserto di Pascal.

Per chi conosce il significato combinatorio del triangolo aritmetico, la soluzione di

Pascal è trasparente perché, se ad A mancano 9 punti e a B ne mancano ? per

vincere, la base �9 + ?"-esima del triangolo contiene i coefficienti del tipo

H9 + ? − 1ℎ I conℎ = 1,2,… . , 9 + ? − 1

Per cui, attribuire la frazione

12CGJ/�&H9 + ? − 1ℎ I

J/�

>'4

della posta a B e la frazione

12CGJ/� & H9 + ? − 1ℎ I

CGJ/�

>'J

ad A significa isolare, tra i 2CGJ/� risultati possibili delle partite, quelli che permettono

a B o ad A, rispettivamente, di prevalere.

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Rilassando l'ipotesi che i giocatori abbiano uguale possibilità di vittoria ad ogni turno,

ma che A abbia � possibilità di successo e B ne abbia �, la formula precedente può

essere estesa direttamente, facendo intervenire le loro probabilità di successo ad ogni

turno

K ≔�

� + � eK� ≔�

� + �.

La frazione di posta da attribuire a B è

1�� + �"CGJ/�&H9 + ? − 1ℎ I

J/�

>'4�>��CGJ/�/>" = &H9 + ? − 1ℎ I

J/�

>'4K>K��CGJ/�/>"

mentre quella da attribuire ad A è

1�� + �"CGJ/� & H9 + ? − 1ℎ I

CGJ/�

>'J�>��CGJ/�/>"

= & H9 + ? − 1ℎ ICGJ/�

>'JK>K��CGJ/�/>".

Questa generalizzazione è dovuta al matematico francese Pierre Rémond de

Montmort ([M13], pp.244-248) e si trova in un volume sull’analisi dei giochi d’azzardo

nel quale, per la prima volta, il triangolo aritmetico fu chiamato triangolo di Pascal.

Bibliografia

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(1539). In Hieronymi Cardani Mediolanensis Opera Omnia, vol. IV, Huguetan &

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[F82] L. Forestani: Pratica d'arithmetica e geometria. II Edizione, Siena, Stamparia del

Publico, (1682).

[L05] M.-H. Labarthe: Les règles de compagnie, dans les premières arithmétiques

imprimées des Espagnes: de la règle marchande à l'outil mathématique. Revue

d'histoire des mathématiques}, 11, 257-313, (2005).

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[M13] P. Rémond de Montmort: Essay d'Analyse sur les jeux d'hazard. II édition Revûe

et augmentée de plusieurs Lettres. Quillau, Paris, (1713).

[P94] L. Pacioli: Summa de Arithmetica, proportioni et proportionalità, (1494).

[P65] B. Pascal: Traité du Triangle arithmétique et de son application. Desprez, Paris,

(1665). In Œuvres completes de B. Pascal}, Tome III, Hachette, Paris, (1872), pp. 243-

-268.

[P81] G.F. Peverone: Arithmetica e Geometria. G. di Tornes, Lione, (1581).

[T56] N. Tartaglia: General Trattato de' numeri et misure. Curtio Troiano dei Navò,

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