CONFIMI · Sapori senza tempo al BonTà, tutto il gusto dei territori 6 SCENARIO ECONOMIA...
Transcript of CONFIMI · Sapori senza tempo al BonTà, tutto il gusto dei territori 6 SCENARIO ECONOMIA...
La proprietà intellettuale degli articoli è delle fonti (quotidiani o altro) specificate all'inizio degli stessi; ogni riproduzione totale o
parziale del loro contenuto per fini che esulano da un utilizzo di Rassegna Stampa è compiuta sotto la responsabilità di chi la
esegue; MIMESI s.r.l. declina ogni responsabilità derivante da un uso improprio dello strumento o comunque non conforme a
quanto specificato nei contratti di adesione al servizio.
CONFIMI
13 novembre 2017
INDICE
CONFIMI WEB
12/11/2017 laprovinciacr.it 16:46
Sapori senza tempo al BonTà, tutto il gusto dei territori6
SCENARIO ECONOMIA
13/11/2017 Corriere della Sera - Nazionale
La «fase due» di Bankitalia10
13/11/2017 Corriere della Sera - Nazionale
Paradise papers: faro dell'esecutivo sul caso Vitrociset12
13/11/2017 Corriere della Sera - Nazionale
il sentiero stretto sui conti14
13/11/2017 Corriere della Sera - Nazionale
Banca d'Italia, scontro Renzi-Berlusconi15
13/11/2017 Corriere L'Economia
Bankitalia Consob Le nomine della discordia17
13/11/2017 Corriere L'Economia
Risparmio tradito19
13/11/2017 Corriere L'Economia
Paolo Bertoluzzo22
13/11/2017 Corriere L'Economia
Perché troppo stato fa male all'economia25
13/11/2017 Corriere L'Economia
la mossa di mustier così cambio governance27
13/11/2017 Corriere L'Economia
Menarini Farmaceutica orgoglio italia29
13/11/2017 Corriere L'Economia
I tassi? Resteranno bassi31
13/11/2017 Il Sole 24 Ore
Una strategia per chiudere l'emergenza33
13/11/2017 Il Sole 24 Ore
Super Fisco, il conto della crisi35
13/11/2017 Il Sole 24 Ore
I prestiti ripartono, il reddito resta indietro38
13/11/2017 Il Sole 24 Ore
I 50 emergenti del Made in Italy40
13/11/2017 La Repubblica - Nazionale
Pensioni, si avvicina lo sciopero della Cgil43
13/11/2017 La Repubblica - Nazionale
2044 Il sorpasso degli anziani44
13/11/2017 La Repubblica - Affari Finanza
"Il direttore finanziario è cambiato ora deve fare i conti con i big data"46
13/11/2017 La Repubblica - Affari Finanza
Potere e affari, la rivoluzione d'Arabia48
13/11/2017 La Repubblica - Affari Finanza
Non basta la moneta per l'Unione51
13/11/2017 La Repubblica - Affari Finanza
Gli antidoti al populismo economico53
13/11/2017 La Repubblica - Affari Finanza
Massiah: "Sbagliato svendere le sofferenze"55
13/11/2017 La Stampa - Nazionale
RISCRIVERE LE REGOLE DELLA STABILITÀ57
13/11/2017 La Stampa - Nazionale
"Il blitz di Bankitalia in Etruria senza avvertire prima il governo"58
13/11/2017 La Stampa - Nazionale
Casini: "Fare luce sarà spiacevole In futuro servono nuove regole"60
13/11/2017 La Stampa - Nazionale
Pensioni, Ape social prorogata al 201962
13/11/2017 Il Messaggero - Nazionale
Alitalia, il rilancio dei tedeschi64
SCENARIO PMI
13/11/2017 Corriere L'Economia
La lunga marcia dei freni Brembo continua con lo sbarco a Nanchino67
13/11/2017 Corriere del Mezzogiorno Economia
Da Graded a D'Amico In Elite ammesse altre 7 aziende del Sud68
CONFIMI WEB
1 articolo
Sapori senza tempo al BonTà, tutto il gusto dei territori Sapori senza tempo al BonTà, tutto il gusto dei territoriA CremonaFiere spazio alle tradizioni dei piatti tipici
locali riletti nella cucina del futuro. Lunedì occhi puntati sul seminario internazionale dedicato alle
potenzialità dell'export agroalimentare italiano CREMONA - Fra antiche ricette e social network, fra la
grande tradizione del tortello cremasco-mantovano e l'Europa delle grandi famiglie birraie, fra vecchi
ricettari e "cucina 4.0". Al BonTà, il salone dedicato alle specialità enogastronomiche dai territori (fino a
martedì a CremonaFiere), il passato remoto convive con presente e il futuro regalando un magnifico
spaccato capace di narrare come la cucina italiana e non solo si sta evolvendo, scoprendo e rielaborando -
molto spesso - i sapori più consolidati delle tradizionali locali. Appassionati del gusto e operatori del settore
si sono dati nuovamente appuntamento nel quartiere fieristico cremonese, fra i 150 espositori e le aree
eventi allestite per ospitare show-cooking, convegni e degustazioni. La domenica mattina non poteva che
essere dolce, anzi dolcissima a giudicare dalle specialità preparate nell'area Maestrelli Arredamenti e
Progetti, mentre nell'area FreeFrom, sezione dedicata agli stili alimentari, AIC - Associazione Italiana
Celiachia dava vita a una competizione capace di rivisitare un caposaldo della cucina padana: cucinare
tortelli rispettando i criteri "no gluten", un appuntamento presentato da Annamaria Mariani. Fra tortelli
mantovani e cremaschi, hanno vinto i mantovani, anche se l'ultima parola su questa sfida ai vertici forse
non verrà mai messa. Quali sono le domande da non porre mai a chi ci prepara una birra al pub sono state
invece l'argomento principale di un ironico incontro nell'area Special Beer Expo, la novità del BonTà 2017,
una cittadella interamente dedicata alle birre artigianali. Tanti gli eventi intorno all'antica bevanda al luppolo
realizzati in collaborazione con Chocolat Cremona e con Chiara Andreola, giornalista, biersommelière
Doemens, e membro dell'associazione nazionale Le Donne della Birra. Ma la cucina si confronta
inevitabilmente con tendenze e con i costumi mutati dalla tecnologia: per questo in collaborazione con
Radio Bruno al BonTà si è parlato anche di social network, prima di un pomeriggio segnato da workshop
dedicati al mondo birra, ai formaggi della tradizione cremonese e all'arte dell'aperitivo secondo l'enoteca
"Mondo di Vino". Per domani, invece, occhi puntati al palco del seminario internazionale dedicato agli
operatori del settore La Grande Bontà - Eccellenze alimentari dei territori italiani (ore 15.00): un'opportunità
per produttori, istituzioni e associazioni del settore per apprendere concrete indicazioni per un approccio di
marketing che consideri in modo complessivo materia prima, capacità produttiva, ambiente e cultura.
L'export agroalimentare italiano è uno dei settori in più veloce e significativa espansione: nei soli nei primi
mesi del 2017 le esportazioni hanno fatto segnare un +10%, raggiungendo il record di 38,4 miliardi di euro.
A CremonaFiere, nel gruppo di esperti chiamati a confrontarsi, ci sarà anche Bruno Colucci di CiboChic,
specialista agroalimentare, in passato per oltre 35 anni dirigente del Gruppo Carniato Europe (dove è stato
anche direttore acquisti, logistica e marketing). La società è diventata progressivamente il più grande
importatore in Francia di prodotti agroalimentari e vini di qualità, con un fatturato di circa 70 milioni di euro,
più di 3.000 referenze e circa 5 milioni di bottiglie di vini importati, provenienti da tutte le regioni d'Italia. Con
lui anche Paolo Agnelli, Presidente Confimi Industria e Presidente del Gruppo Agnelli. Programma del
seminario Saluti Antonio Piva, Presidente di CremonaFiere Maria Grazia Capelli, Segretario Generale della
Camera di Commercio di Cremona Lo scenario Giulio Sapelli, Professore ordinario di Storia Economica
dell'Università Statale di Milano e Membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione Eni Enrico
Mattei Esperienze e prospettive Paolo Agnelli, Presidente Confimi Industria e Presidente del Gruppo Agnelli
Bruno Colucci, CiboChic - esperto agroalimentare, già dirigente Gruppo Carmiato Europe France Alberto
Griffini, Imprenditore, Presidente Apindustria Confimi Cremona e Consigliere delegato al Made in Italy di
12/11/2017 16:46Sito Web laprovinciacr.it
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
CONFIMI WEB - Rassegna Stampa 13/11/2017 - 13/11/2017 6
Confimi Industria Massimo Rivoltini, Imprenditore, Presidente provinciale di Confartigianato Imprese
Cremona. Aurelio Galletti, Imprenditore, Galletti Antico Acetificio Artigiano 1871 Marinella Loddo, Direttore
ICE Milano Moderatore: Stefano Zurlo, giornalista Gli altri appuntamenti di lunedì 13 novembre Show
cooking: Gorgonzola in compagnia di...Chef Marco de Il Poeta Contadino Area Artusi, dalle 10 alle 11,30 Il
Poeta Contadino è una storica trattoria situata nella provincia cremonese, famosa per i suoi piatti che
esaltano i sapori tradizionali della bassa, che verranno riproposti anche in questa occasione, per scoprire le
grandi ricette del territorio. Organizzazione: Maestrelli arredamenti e progetti Show Cooking con
degustazione "Muffin alle carote e mandorle" con Paco Magri Area Free From - dalle 11 alle 12,30 Lo chef
Paco Magri, del ristorante Dordoni di Cremona, locale del network AIC, mostrerà come preparare un ottimo
dolce, rigorosamente sena glutine. Da malattia rara e limitata alla prima infanzia, la celiachia si è
trasformata in pochi anni in una condizione molto frequente, a volte diagnosticata in soggetti con sintomi
appena sfumati o del tutto asintomatici sul piano clinico. Oggi sappiamo che non si nasce "celiaci", bensì
con la predisposizione genetica alla celiachia, condizione che potrà svilupparsi in qualsiasi età della vita per
l'intervento di co-fattori ambientali in grado di scatenarne l'insorgenza (stress, infezioni, gravidanza ed altri
fattori ancora non noti). Negli ultimi anni il numero delle diagnosi è letteralmente raddoppiato proprio grazie
alla sempre maggior attenzione che i medici di medicina generale hanno rivolto all'intolleranza al glutine,
ma purtroppo l'iceberg della celiachia rimane in gran parte ancora sommerso con meno di 100.000 pazienti
diagnosticati a fronte degli oltre 500.000 attesi nella popolazione italiana. Il seminario si pone l'obiettivo di
fare il punto sulla celiachia per informare il consumatore e indirizzare gli intolleranti al glutine verso una
dieta adeguata. Organizzazione: Associazione Italiana Celiachia La pizza secondo me: una pizza che
accontenti proprio tutti i gusti! Area Pizza Che BonTà - dalle 11 alle 12,30 La pizza è spesso considerata
ingiustamente un alimento da non includere nelle diete, o da proporre solo in determinate occasioni, ma
siamo sicuri che sia proprio la verità? Un confronto su questo tema, per definire gli ingredienti, aspetti
nutrizionali e di consumo di questa specialità, e sfatare alcune credenze infondate. Organizzazione:
CremonaFiere Workshop: Dall'antipasto al dolce. La birra nella ristorazione Area Craft Beer - dalle 11,00
alle 12,00 Sempre più ristoranti propongono, accanto alla carta dei vini, una carta delle birre: ma come
creare gli abbinamenti e come consigliare il cliente? Discussione del tema e degustazione di alcuni
abbinamenti birra-cibo. Organizzazione: CremonaFiere Ore 12 - Diretta con Cremona 1 Area Artusi, dalle
12 alle 13,30 L'emittente televisiva locale Cremona 1 trasmetterà live da il BonTà una puntata di Ore 12,
programma di intrattenimento e di attualità che affronta numerosi argomenti di interesse generale; in questa
occasione saranno naturalmente le grandi tradizioni enogastronomiche ad essere al centro dell'attenzione.
Organizzazione: Maestrelli arredamenti e progetti in collaborazione con Studio 1, Cremona 1 Raviolo o
tortello della tradizione Area Free From - dalle 14,30 alle 17 Un evento speciale con lo scopo di far
conoscere al grande pubblico il talento degli chef nell'interpretare ravioli e tortelli, anche in chiave moderna.
Gli chef di alcuni tra i più noti ristoranti di tutto il Nord Italia si sfideranno in una gara in bilico tra modernità e
tradizione, con l'obiettivo di valorizzare un piatto tipico dalle moltissime sfumature. L'evento, con il
patrocinio di Ospitalità Italiana, Touring del Gusto, l'Azienda Vitivinicola Caminella, e l'Azienda La celata -
Molinelli, si completerà con la premiazione di tutti gli Chef selezionati. Organizzazione: Strapiace Gustare le
valli bresciane Stand ERSAF - Ore 12,00 Montagna, pianura, collina e lago...tutto in un piatto! Il territorio
bresciano è uno dei più ricchi e vari d'Italia, e questo si è naturalmente e felicemente riverberato sulla sua
tradizione enogastronomica. Il workshop attraverserà i territori delle valli alla scoperta delle sue eccellenze.
Organizzazione: ERSAF La birra artigianle agricola: tutto quello che c'è da sapere Area Craft Beer - dalle
12,15 alle 13,15 Workshop a cura di Carlo Eugenio Fiorani. Durante l'evento è prevista una degustazione.
Organizzazione: Chocolat Cremona Premiazione Il Re Della Pizza Area Pizza Che BonTà - dalle 15 alle 17
"Il Re della Pizza"è il grande gioco organizzato dal quotidiano di Cremona e Crema che ogni anno mette in
gara le pizzerie di tutte le città e provinciain una lotta all'ultimo voto. Chi sarà il re di quest'ano? Nella stessa
12/11/2017 16:46Sito Web laprovinciacr.it
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
CONFIMI WEB - Rassegna Stampa 13/11/2017 - 13/11/2017 7
occasione verranno premiati i vincitori del gioco dell'estate"Vota il tuo ristorante e il tuo street food preferito"
Organizzazione: Quotidiano La Provincia di Cremona Seminario internazionale "La grande bontà:
eccellenze alimentari dei territori italiani: grandi potenzialità per l'export di una produzione di alta qualità"
Area Eventi- dalle 15 alle 17 Organizzazione: CremonaFiere Un triangolo magico: Oltrepò Pavese Stand
ERSAF - Ore 15,00 La Valle Versa: salumi, formaggi e vini. La Valle Versa propone specialità alimentari
frutto di una tradizione secolare e di uno stile di vita legato alla cultura contadina. Gli abitanti della valle
hanno unito per secoli la loro esistenza alla vite, unica risorsa per accaparrarsi un minimo di reddito. Il
sostentamento era invece dato da tutta una serie di prodotti, marginali alla viticoltura, ma strettamente
collegati ad essa. Il maiale era la fonte primaria per i grassi e veniva allevato con gli scarti di cucina e il
poco mais piantato tra i filari. Le oche, altro serbatoio importante di grassi, potevano essere curate dai
bambini che le pascolavano lungo i fossi. L'unica vacca della famiglia era utile per il lavoro, ma anche per il
buon latte trasformabile in robiole, magari aggiunto a quello di qualche capra. Anche gli animali da cortile
potevano essere mantenuti con le poche risorse tratte dalle vigne ed erano utilissimi per la tavola nei giorni
di festa. Tra i più importanti piatti presenti nella Valle Versa troviamo: gli agnolotti, i Batalavar, il risotto con
la pasta di salame, il risotto con gli ossi buchi, minestre e minestroni stagionali, le lasagne con i funghi, la
polenta con il merluzzo, la frittura o lo Stracchino, la panada, la zuppa con i ceci, i buioc, il ragò, la busaca,
la gallina ripiena, lo stufato, l'oca arrosto, la frità rugnusa e come dolci la torta di riso i Marubé, i Brasadé, la
torta del Paradiso, lo zabaglione di Buttafuoco o di Moscato, il cioccolato e Buttafuoco chinato.
Organizzazione: ERSAF Workshop: Giornali, siti, blog, social network: come cambia la comunicazione nel
mondo birrario Area Craft Beer - dalle 15,00 alle 16,00 Sempre più i birrifici si confrontano sia con
l'informazione propriamente intesa, magari fatta da giornalisti non specificatamente formati in questo
campo, che con canali "alternativi" di comunicazione come blog e social network: come gestire al meglio
questa trasformazione? Organizzazione: CremonaFiere Show cooking - Il bussolano Area Artusi, dalle
16,30 alle 18 Un evento realizzato in collaborazione con la Caffetteria di Palazzo Trecchi, una delle più
innovative realtà cittadine nell'ambito dell'organizzazione di piccoli e grandi eventi nelle splendida location
dello storico palazzo cremonese. Lo show cooking sarà presentato dal pasticcere Giuseppe Balconi e dallo
chef Walter Baggi. Organizzazione: Maestrelli arredamenti e progetti La birra artigianle agricola: tutto
quello che c'è da sapere Area Craft Beer - dalle 17 alle 18 Workshop a cura di Carlo Eugenio Fiorani.
Durante l'evento sarà prevista una degustazione. Organizzazione: Chocolat Cremona Show cooking -
Sergio Carboni della Locanda degli Artisti Area Free From - Ore 17,30 Sergio Carboni, chef e patron della
Locanda degli Artisti di Torre de' Picenardi (CR), oltre che ambasciatore per Cremona del progetto East
Lombardy, porta avanti con esperienza e passione l'arte culinaria tramandata da quattro generazioni di una
famiglia di ristoratori, ormai alla soglia del centenario di attività. Passato dalla cinquantennale storia del
famoso Ristorante Italia di Torre de Picenardi, continua dal 2003 il suo sapiente lavoro alla Locanda degli
Artisti, con la collaborazione del figlio Michele, attento interlocutore con i clienti e sempre pronto a dare un
consiglio professionale sui vini, e dal nipote Daniele, perfetto supervisore della sala e vigile ad ogni
necessità della clientela. Organizzazione: Strade del Gusto Cremonese in collaborazione con East
Lombardy Senza un senso Stand ERSAF - Ore 18,00 Degustazione alla cieca: una vera e propria
esperienza sensoriale in cui i visitatori de Il BonTà potranno assaggiare salumi e formaggi senza l'ausilio
della vista, utilizzando solo gli altri sensi per capire cosa si sta mangiando. Un percorso guidato per affinare
tatto, olfatto e gusto alla scoperta delle eccellenze gastronomiche lombarde. Organizzazione: ERSAF
Show cooking: Orzotto mantecato con lo chef Marco de Il Poeta Contadino Area Artusi, dalle 18 alle 20 Il
Poeta Contadino è una storica trattoria situata nella provincia cremonese, famosa per i suoi piatti che
esaltano i sapori tradizionali della bassa, che verranno riproposti anche in questa occasione, per scoprire le
grandi ricette del territorio. Organizzazione: Maestrelli arredamenti e progetti
12/11/2017 16:46Sito Web laprovinciacr.it
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
CONFIMI WEB - Rassegna Stampa 13/11/2017 - 13/11/2017 8
SCENARIO ECONOMIA
27 articoli
visco e gli attacchi La «fase due» di Bankitalia Federico Fubini La Banca d'Italia ormai ha deciso di passare a una sorta di «fase due», un cambio di
passo. Non si limiterà più a subire gli attacchi, risponderà con gli argomenti e le esperienze di cui dispone:
dal caso Etruria al tempo
prezioso perso dal governo nel 2016
nell'affrontare alla radice le crisi di Monte dei Paschi e delle banche venete.
a pagina 8
Anche stavolta c'è una battuta da social network che riecheggia come un mantra: «Chiedere che i colpevoli
paghino non è populismo, è giustizia». E ciò che rischia di accadere mentre Matteo Renzi ripete la sua
frase contro la Banca d'Italia, è riassunto più di quanto sembri in ciò che accadde quasi quattro anni fa. Il
mantra da usare su Twitter e Facebook allora era «Enrico stai sereno» e per certi aspetti sembra di vivere
un eterno ritorno delle stesse dinamiche fra Italia e Europa.
La caduta di Letta
È il 17 gennaio 2014 quando il leader del Partito democratico va in tivù e pronuncia quella frase che gli
sarebbe rimasta incollata addosso. Il Paese allora è così ipnotizzato da quelle parole e dagli sviluppi - la
caduta del governo di Enrico Letta, l'ingresso di Renzi a Palazzo Chigi il mese dopo - che perde di vista
una trama parallela e almeno altrettanto importante: l'approvazione della Brrd, la direttiva europea che
prevede perdite per i creditori e potenzialmente anche ai depositanti delle banche in dissesto.
Il voto sul bail-in
Quella norma avrebbe segnato il governo di Renzi ben più dell'«Enrico stai sereno», ma allora e in seguito
il leader del Pd e l'intero sistema politico non sembrano accorgersene. In ogni caso non ne parlano, e tanta
distrazione ha prodotto effetti paradossali: uno dei primi atti del governo Renzi a Bruxelles, nel febbraio del
2014, fu proprio il voto a favore della direttiva sul bail-in , il colpo di falce sui creditori e i depositanti delle
banche. L'Italia di allora aveva assentito per pura impreparazione, ma proprio quelle norme e la difficoltà
che crearono nel gestire i problemi delle banche sarebbero diventate la spina nel fianco di Renzi fino alla
commissione bancaria di questi giorni.
Il nodo titoli di Stato
Ora che l'inchiesta parlamentare sulla crisi degli istituti è a pieni giri, la domanda che corre in Europa è se
gli stessi errori italiani non rischino di ripetersi; se l'intensità della polemica di Renzi contro la Banca d'Italia
per i dissesti degli scorsi anni, dal caso Etruria in poi, non rischi di accecare di nuovo il sistema politico di
fronte ai negoziati aperti oggi. Proprio sulle banche ce n'è infatti uno che per l'Italia potrebbe avere
conseguenze anche più destabilizzanti del bail-in .
Il debito pubblico
In gioco per gli istituti è il diritto di comprare e detenere titoli del Tesoro senza conseguenze avverse per i
livelli di capitale, come avviene in tutto il mondo. Per il governo, è invece in discussione la possibilità di
poter contare sulle banche come acquirenti affidabili di debito pubblico anche nei momenti più delicati.
La guerra renziana
La posta del negoziato che si sta aprendo fra Bruxelles, Francoforte, Parigi e Berlino è così alta per l'Italia
che, visto dal resto d'Europa, lo scontro fra Renzi e Via Nazionale minaccia conseguenze avverse per il
Paese. La prima è naturalmente di concentrare il dibattito sulle banche solo sul passato, senza attenzione
alle partite decisive del futuro. Ma la derivata seconda di quel renziano «non è populismo, è giustizia»
contro la Banca d'Italia - la quale pure in questi anni è inciampata in ritardi, sottovalutazioni e errori che
13/11/2017Pag. 1
diffusione:231083tiratura:321166
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2017 - 13/11/2017 10
ancora non riconosce - può essere anche più invalidante: il leader del partito di maggioranza delegittima
l'istituzione che dovrebbe sostenere buona parte di un confronto imminente in nome del Paese.
Il limite al portafoglio
Perché in Germania o in Francia si dovrebbe dare ascolto alla Banca d'Italia, se a Roma non è altro
l'imputato di un processo con poche prove ma molto rumore?
Non è ciò che serve all'Italia in Europa oggi. Poco più di un mese fa Alexander Schulz della Bundesbank ha
proposto di limitare il portafoglio di titoli di Stato nei bilanci bancari, un terreno dove l'Italia è il più esposto
fra i grandi Paesi. E la Germania non è sola: l'europarlamento ha appena pubblicato uno studio del
francese Nicolas Véron, del centro studi Bruegel, con idee simili. Per le banche italiane ciò comporterebbe
un'erosione del patrimonio e dunque del credito disponibile, per il debito pubblico il rischio di una nuova
impennata degli interessi.
Il governatore
Non è chiaro se sia per questo, ma Via Nazionale ormai ha deciso di passare a una sorta di «fase due».
Non si limiterà più a subire gli attacchi di Renzi, risponderà con gli argomenti e le esperienze di cui dispone:
dal caso Etruria, al tempo prezioso perso dal governo nel 2016 nell'affrontare alla radice le crisi di Monte
dei Paschi e delle banche venete.
Qualcuno ai vertici del Pd deve aver percepito che nella banca centrale la stagione del riserbo è finita,
perché sta emergendo un'apparente stranezza: nessuno sa dire esattamente quando Ignazio Visco,
governatore della Banca d'Italia, verrà sentito dalla commissione parlamentare d'inchiesta. Certo non
presto, malgrado la questione delle crisi venete riguardi in pieno il suo primo mandato.
Si direbbe quasi che qualcuno speri che Visco sia del tutto delegittimato, prima di lasciarlo testimoniare
sotto giuramento davanti ai parlamentari. Non fosse mai che dicesse qualcosa di imbarazzante sì, ma non
per sé.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il debito pubblico nei portafogli delle banche nazionali Fonte: elaborazione Corriere della Sera su dati
Parlamento Europeo Corriere della 0 10% 20% 30% 40% 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012
2013 2014 2015 2016 Germania Spagna Francia ITALIA Portogallo (in %) Stati Uniti Scende in campo la
Bce presieduta da Mario Draghi con l'acquisto di titoli di Stato Luglio 2012 Spread italiano ai massimi a 575.
Si parla di rischio Italia Novembre 2011 Etruria, Ferrara, Marche e Chieti. Quattro banche in risoluzione
Novembre 2015 Il Pil cresce dello 0,9% nel 2016. Si rafforza la ripresa Dicembre 2016
La parola
titoli di statoI titoli di Stato (o titoli del debito pubblico) italiano vengono emessi dal ministero dell'Economia e delle
Finanze per finanziare il fabbisogno statale.
Poiché sono garantiti dallo Stato italiano vengono considerati privi di rischio di insolvenza e corrispondono
rendimenti contenuti rispetto a strumenti più rischiosi.
Le principali tipologie di titoli di Stato attualmente in circolazione sono: Bot, Cct, Btp, Certificati del tesoro
zero coupon.
13/11/2017Pag. 1
diffusione:231083tiratura:321166
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2017 - 13/11/2017 11
i fondi all'estero Paradise papers: faro dell'esecutivo sul caso Vitrociset Marco Galluzzo I proprietari di Vitrociset, società chiave per lo Stato coinvolta nei Paradise papers, vogliono venderla. Il
governo può attivare la golden power .
a pagina 21
ROMA Se non si tratta di un dossier ufficiale, è comunque qualcosa di più di un contatto fra un'azienda
sensibile per gli interessi nazionali e gli uffici di Palazzo Chigi. È cosa nota al governo che la famiglia
Crociani voglia vendere la società informatica, con sede a Roma, che da alcuni decenni fornisce servizi ad
alto tasso di contenuto strategico a istituzioni chiave del nostro Paese: da Bankitalia al ministero della
Difesa, dalla Guardia di Finanza all'Agenzia spaziale italiana.
Il problema è che il dossier è talmente delicato che trovare informazioni ufficiali è quasi impossibile. Il caso
è nato dalla diffusione dei documenti dello studio legale offshore Appleby, consegnati da una fonte
anonima a un consorzio di giornalisti investigativi, di cui per l'Italia fanno parte la testata di Rai3 Report e
L'Espresso. E, da quelle carte, si è scoperto che l'azienda Vitrociset - nonostante i rapporti pluriennali con
un articolato ventaglio di istituzioni, militari e non, del nostro Paese - è in definitiva controllata, attraverso un
complesso sistema di scatole finanziarie, da una società delle Antille olandesi, che ha capitale sociale di un
dollaro.
A Palazzo Chigi confermano le informazioni che sono state offerte a Report . In sostanza risulta al governo
che l'azienda con sede in via Tiburtina sia pronta a un cambio di proprietà. E se lo dice il governo non c'è
motivo di dubitarne, anche perché la notizia era stata anticipata dal giornalista Gianni Dragoni.
Poi però la vendita dell'azienda che ufficialmente è della famiglia Crociani (eredi di quel Camillo Crociani
coinvolto nella scandalo Lockheed e scappato in Messico) sembra sia rallentata e sia tutt'ora oggetto di
valutazioni incrociate, da parte del governo e da parte della società. L'esecutivo guidato da Gentiloni è
infatti pronto a far scattare la procedura prevista dalla legge sulla golden power , procedura obbligata visti i
contenuti dei servizi che Vitrociset fornisce allo Stato: dalla gestione del poligono militare in Sardegna ai
sistemi criptati di informazioni dei nostri apparati di sicurezza.
Quello che non è chiaro è se una prima comunicazione al governo sia stata già trasmessa da parte
dell'azienda, in modo formale. Di sicuro la famiglia Crociani ha voglia di liquidare le attività che solo
nell'ultimo decennio hanno garantito, con soldi prevalentemente pubblici, almeno 10 milioni di dividendi
l'anno distribuiti fra gli azionisti. E di sicuro Palazzo Chigi ha voglia di avere voce in capitolo sulla cessione
d'azienda o di un ramo della stessa. In base alla legge sulla golden power infatti l'esecutivo non solo può
fornire prescrizioni societarie e gestionali all'acquirente, ma può anche giudicare un soggetto, soprattutto se
straniero, inidoneo all'acquisto, e dunque bloccare la vendita.
Il dossier viene seguito anche con questo obiettivo: avere voce in capitolo sulla vendita per non dover
intervenire successivamente, visto anche l'oggetto dei contratti in essere fra Vitrociset e le amministrazioni
pubbliche. Tutti i contratti stipulati dall'azienda romana con il ministero della Difesa, per fare solo un
esempio, sono secretati, e derogano alla regole del codice degli appalti pubblici, per ragioni di sicurezza
nazionale. La stessa cosa valeva per l'appalto pluriannuale che Vitrociset ha gestito per i sistemi radar
italiani, di cui non si conoscevano nemmeno le clausole. Ragioni di sicurezza che però ora offrono una
sponda sia agli interrogativi sulla reale proprietà dell'azienda, sia sull'opportunità di accumulare tanti
segreti, per quanto legittimi e necessari, con un'impresa che attraverso sistemi di trust anglosassoni è
controllata da un piccola isola dei Caraibi.
Una situazione in qualche modo imbarazzante, ancor di più se si aggiunge che la famiglia Crociani è divisa
al suo interno, da alcuni anni, da una causa internazionale sulla titolarità dei propri beni. Insomma la golden
13/11/2017Pag. 1
diffusione:231083tiratura:321166
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2017 - 13/11/2017 12
power sembra alle porte, e non solo perché qualcuno ha deciso di vendere.
Dai Paradise papers è emerso anche che la società lussemburghese dell'imprenditore Andrea Bonomi è in
realtà controllata da 3 trust dell'isola di Jersey. È invece un trust delle isole Cook a gestire una delle
proprietà di Felice Rovelli, figlio ed erede di Angelo.
Marco Galluzzo
© RIPRODUZIONE RISERVATA
1 Dollaro È il capitale della società anonima delle Antille olandesi che risulta controllare il gruppo di cui fa parte anche Vitrociset150 Milioni di euro
È il fatturato di Vitrociset spa sull'ultimo bi-lancio societa-rio. Sono 15
i contratti
che l'azienda si è aggiudicata negli anni
con la Guardia
di Finanza
Sul sito del Corriere della Sera tutti gli aggiornamenti sulla vicenda Paradise papers www.corriere.it
La parola
ApplebyAppleby è uno studio internazionale di professionisti fondato alle isole Bermuda
e articolato in nove filiali in altrettanti para-disi fiscali. È specializzato nella creazione e gestione di società
offshore. Sono usciti dagli uffici di Appleby e da Asiaciti, altro studio, gli oltre 13 milioni di documenti
riservati ottenuti, con una colossale fuga
di notizie, dal quotidiano tedesco «Suddeutsche Zeitung» e condivisi con l'International Consortium of
Investigative Journalists (Icij) © RIPRODUZIONE RISERVATA
Il casoLa famiglia Crociani vorrebbe vendere
la società informatica Vitrociset,
che da anni fornisce
servizi strategici
a istituzioni
del nostro Paese,
da Bankitalia
al ministero della Difesa, dalla Guardia
di Finanza all'Agenzia spaziale L'esecutivo può quindi far scattare la procedura prevista dalla legge sulla
golden power: può dare prescrizioni
o valutare
un potenziale acquirente come
non idoneo
e decidere
di bloccare l'operazione
13/11/2017Pag. 1
diffusione:231083tiratura:321166
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2017 - 13/11/2017 13
Governo e modifiche il sentiero stretto sui conti Enrico Marro S appiamo già come finirà. Per evitare che la manovra finanziaria sia sommersa da una marea di
emendamenti, oltre 4 mila quelli già presentati in Senato, il governo chiuderà la partita in entrambe le
Camere chiedendo il voto di fiducia sul suo testo, che recepirà qualche correzione suggerita dai gruppi
parlamentari, senza stravolgere l'impianto della legge di Bilancio. Una legge ipotecata fin da principio dalla
volontà di scongiurare l'aumento dell'Iva, disinnescando le cosiddette clausole di salvaguardia: uno sforzo
che ha impegnato quasi 16 miliardi su 22 della manovra per il 2018, lasciando peraltro da cancellare
l'aumento Iva negli anni successivi. Manovra che, quindi, assolto il compito di evitare un incremento delle
tasse che lo stesso governo aveva fittiziamente deciso l'anno prima per rassicurare la Commissione
europea sulla tenuta dei conti, lascia lo spazio di una manciata di miliardi per qualche intervento a sostegno
della crescita e dei più bisognosi. Insufficienti, forse, su entrambi i fronti.
Del resto, è così da molti anni, da quando l'oggetto principale della manovra è diventato l'annullamento
delle clausole di salvaguardia, in mancanza della capacità dei vari governi di tagliare gli sprechi nella spesa
pubblica e di incrementare in maniera significativa le entrate da lotta all'evasione fiscale che, secondo le
stime dello stesso governo, sottrae ogni anno circa 110 miliardi allo Stato. Anche in quest'ultima manovra,
né sulla spending review né sugli evasori ci sono novità di rilievo.
D i nuovo una legge di Bilancio senza grandi ambizioni. Un «sentiero stretto», come lo definisce il ministro
dell'Economia Pier Carlo Padoan, tra la montagna del debito pubblico da un lato e i vincoli europei
dall'altro. La novità, relativa, è che la scarsità di risorse a disposizione per il 2018, anno elettorale, esaspera
ancora di più il contrasto con le mille richieste che arrivano dal Parlamento. Anzi, 4 mila, quanti sono gli
emendamenti piovuti in Senato sulla legge Bilancio.
Un'alluvione che ha fatto scappare un «diamoci una calmata» al solitamente controllato Paolo Gentiloni.
Detto che quella presentata dal governo, pur salvaguardando la tenuta dei conti, è una manovra di
mantenimento, non si può dire meglio dell'azione del Parlamento.
Che se davvero aspira a migliorare la legge di Bilancio, dovrebbe evitare di cedere alla tentazione delle
richieste elettoralistiche o irrealistiche. E dovrebbe piuttosto concentrarsi su poche e importanti cose,
altrimenti ha poco senso prendersela con il voto di fiducia che blinda la manovra.
Il governo, però, non deve utilizzare l'assalto alla diligenza come un alibi per non migliorare a sua volta i
provvedimenti.
Avrebbe poco senso accogliere, per esempio, le richieste parlamentari di un ulteriore allargamento della
rottamazione delle cartelle Equitalia o, peggio ancora, di sanatoria sugli accertamenti in corso, fino al punto
da suscitare legittime domande in chi finora ha pagato senza ritardi i propri debiti col Fisco, e poi far finta di
niente su altri capitoli come l'abolizione del superticket sulla diagnostica e la specialistica che, lo ha
riconosciuto lo stesso viceministro dell'Economia Enrico Morando, crea «difficoltà per i cittadini di usufruire
delle prestazioni sanitarie anche nelle Regioni più virtuose», o il rafforzamento delle risorse per la non
autosufficienza, oggi scandalosamente inadeguate. Insomma, «diamoci un calmata», niente «assalti alla
diligenza», ma un po' più di qualità ed equità sì, senza stravolgere l'impianto. Sentiero stretto non significa
vicolo cieco.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
13/11/2017Pag. 1
diffusione:231083tiratura:321166
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2017 - 13/11/2017 14
Banca d'Italia, scontro Renzi-Berlusconi Il segretario dem: cosa è accaduto nella vigilanza delle venete? Il leader FI: irresponsabile coinvolgereDraghi C. Vol. roma Scrive: «Sulla gestione degli organismi di vigilanza le cose non hanno funzionato come avrebbero
potuto e dovuto» e questo perché «Banca d'Italia e Consob non hanno garantito un sistema di controlli
efficiente». E aggiunge: «Anziché continuare a usare Banca Etruria come comodo alibi per azzerare ogni
critica sarebbe interessante capire cosa è successo nella vigilanza sugli istituti veneti e non solo». Ma
comunque «il tempo ci darà ragione».
Sulla questione banche e vigilanza, il segretario Pd Matteo Renzi non ci sta a fare la parte del cattivo e, in
una lettera al quotidiano La Stampa , sottolinea «il giudizio politico negativo» sull'operato di Consob e
Banca d'Italia per i loro «controlli non efficienti», ma ribadisce anche «il clima di piena collaborazione
istituzionale con Banca d'Italia» anche dopo il commissariamento di Banca Etruria che, secondo alcune
ricostruzioni, sarebbe dietro allo scontro con il governatore Ignazio Visco: «Nessuna freddezza» tra il suo
governo e Palazzo Koch scrive Renzi e chiama in causa il suo ministro dell'Economia: «Come potrà
agevolmente confermare il ministro Pier Carlo Padoan: nessun problema istituzionale». Però poi attacca:
«Sarebbe interessante capire cosa è accaduto nella vigilanza sugli istituti veneti e non solo, anziché
continuare a evocare la vicenda Banca Etruria usandola come comodo alibi per azzerare ogni critica». E
poi affonda: «Se in questi anni le autorità della vigilanza avessero passato il proprio tempo leggendo meglio
i documenti dei loro colleghi, probabilmente il mondo del credito e della finanza oggi starebbe meglio».
Sembra rispondergli a distanza Silvio Berlusconi che, in un'intervista al Quotidiano Nazionale, parla di «un
tentativo di usare la questione banche a scopi elettorali, da diverse parti». Ma «non è così che si dovrebbe
trattare un tema tanto delicato».
E biasima il «gettare la colpa in modo indiscriminato sul sistema bancario, o su Bankitalia, o sulla Consob:
non soltanto è sbagliato, ma non serve a capire chi sono i veri responsabili, né a punirli». Non solo:
«Coinvolgere l'ex governatore Mario Draghi è davvero da irresponsabili: è l'uomo che con le sue politiche
ha contribuito a stabilizzare l'economia italiana e probabilmente ha salvato l'euro in questi anni». Non
serve, dice Berlusconi, «mettere sotto processo il sistema bancario perché alcuni singoli banchieri hanno
operato male o hanno truffato i clienti, a maggior ragione questo vale nei confronti della Banca d'Italia». Io
credo, sottolinea l'ex premier, «che la responsabilità sia sempre personale: se qualcuno ha commesso
degli errori, li si esamini, senza incolpare i vertici in modo generico».
Intanto, il capogruppo di Forza Italia Renato Brunetta da vicepresidente della Commissione d'inchiesta sulle
banche chiede al presidente Pierferdinando Casini di allargare l'indagine anche alla crisi dello spread del
2011. E di acquisire documentazione e audizioni delle parti anche per Mps e le altre 4 banche, tra cui
Etruria.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Sui giornaliIl segretario del Pd Matteo Renzi è tornato sulla questione banche
e vigilanza con una lettera
al quotidiano La Stampa Silvio Berlusconi è sembrato quasi rispondergli con una intervista
al Quotidiano Nazionale
Foto:
Banchieri centrali
13/11/2017Pag. 8
diffusione:231083tiratura:321166
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2017 - 13/11/2017 15
Il governatore Ignazio Visco, 67 anni, e il presidente Bce, Mario Draghi, 70 anni
13/11/2017Pag. 8
diffusione:231083tiratura:321166
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2017 - 13/11/2017 16
Bankitalia Consob Le nomine della discordia Federico Fubini, Massimo Gaggi, Stefano Montefiori e Danilo Ta Racconta chi ci è passato che, se ci si vuole candidare a un posto come commissario Consob, a un certo
punto ci si imbatte in una maschera: un formulario digitale, che occorre riempire per inserire la propria
richiesta di entrare a far parte della Commissione nazionale per le società e la borsa. Oltre alle proprie
generalità e al curriculum professionale, la maschera chiede al candidato di precisare la visione per
l'organismo di guida dell'autorità di vigilanza dei mercati finanziari nell'ottava economia del mondo.
Dicono che in quella casella ci sia spazio per circa venti righe di testo. Un quinto dell'articolo che state
leggendo.
Forse non servirebbe altro per comprendere l'impegno che i governi dedicano a selezionare le persone più
adatte a proteggere il risparmio degli italiani, dopo gli azzeramenti di azioni e di bond nei portafogli delle
famiglie. In venti righe il candidato è invitato a spiegare come intende vigilare sugli intermediari finanziari,
sulla gestione del risparmio, sull'emissione di titoli e gli abusi di mercato, sulle piattaforme che garantiscono
gli scambi, su problemi complessi quali il collocamento di prodotti in conflitto d'interessi (da Banca popolare
di Vicenza in giù) o il controllo di fatto di società quotate da parte di soci che restano sotto alle soglie (Tim-
Vivendi e non solo). Il candidato dovrà poi precisare la sua visione riguardo al governo interno dell'autorità,
ai rapporti con la Banca d'Italia e all'uso delle nuove tecnologie digitali per individuare rischi, reati e abusi.
Per nulla dire della prospettiva di un'unione dei mercati dei capitali che dovrebbe nascere basata su regole
uguali per tutti i Paesi e un regolatore unico in Europa.
Scusate, lo spazio nella maschera è finito. Non è chiaro se sia per questo, ma la Consob di recente ha
battuto un piccolo record: dev'essere l'unica autorità al mondo che abbia attraversato un'intera crisi
finanziaria senza mai disporre di una squadra al completo. Da quando il 16 giugno 2012 ha lasciato l'allora
commissario Luca Enriques, la commissione di Borsa ha sempre mancato di almeno uno dei suoi
componenti.
Curriculum
Ciò significa che è sempre stato fondamentale il singolo voto del presidente Giuseppe Vegas, un laureato
in diritto ecclesiastico ricco di trascorsi politici (in Forza Italia) e nella formulazione del bilancio pubblico (al
ministero dell'Economia) ma - secondo il suo stesso curriculum - privo di precedenti esperienze nel settore
privato, nei mercati finanziari, nel diritto che li regola e privo anche di trascorsi e rapporti europei e
internazionali. Nel frattempo, da quando la Consob è dimidiata, è successo di tutto. Il Paese ha attraversato
la più grave crisi di sempre sui titoli di Stato italiani, la più grave crisi su bond bancari (nel 2013 le famiglie
ne detenevano per 370 miliardi di euro) e una decina di istituti di credito sono andati in dissesto.
Ancora oggi la squadra resta incompleta (manca il quinto commissario) e il voto di Vegas resta decisivo,
mentre il suo settennato si avvicina alla scadenza il 16 dicembre prossimo. Mai come ora è stata
importante la qualità del metodo con il quale i vertici della Consob vengono scelti. Su Banca Marche,
Etruria, Carife, CariChieti, Veneto Banca, Popolare Vicenza, Monte dei Paschi e prima ancora su Cirio,
Parmalat e sui Tango Bonds le famiglie italiane hanno già perso troppo, per mantenere procedure di
selezione mediocri e opache per il vertice la Consob.
Il meccanismo per il presidente della Commissione di Borsa e i suoi quattro colleghi è formalmente simile a
quello per la nomina del governatore della Banca d'Italia: il ministro dell'Economia indica un nome, il
premier lo fa passare in Consiglio dei ministri e il presidente della Repubblica lo conferma. A differenza che
in Gran Bretagna e molti altri Paesi, non viene tuttavia pubblicato alcun invito a presentare candidature con
una descrizione precisa del profilo professionale richiesto. Non vengono neanche rese note le candidature
selezionate in una «short-list», né il curriculum di coloro che concorrono per una certa posizione. Non è il
13/11/2017Pag. 1.4.5 N.44 - 13 novembre 2017
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2017 - 13/11/2017 17
massimo della trasparenza. L'opinione pubblica e i risparmiatori apprendono solo il nome del prescelto, a
cose fatte.
Confronti
Qualunque sia il giudizio sulla presidenza Consob di Lamberto Cardia (2003-2010, gli anni dei crac Cirio e
Parmalat e dei Tango bonds) o dello stesso Vegas, il loro curriculum appare molto diverso da quello dei
loro pari grado di Germania, Francia, Gran Bretagna o Stati Uniti. Vegas arriva in commissione di Borsa,
appunto, come esperto di diritto ecclesiastico, finanza pubblica e di politica; anche Cardia si è sempre
mosso all'incrocio fra alta burocrazia romana (Corte dei conti, Consiglio di Stato, presidenza del Consiglio)
e politica (sottosegretario nel governo di Lamberto Dini). Nessuno dei due aveva mai toccato con mano
prima il settore privato, né i mercati finanziari, né ambienti altro che strettamente italiani. Al contrario, il loro
attuale omologo della Fca di Londra John Griffith-Jones ha lavorato in Merrill-Lynch ed è stato ai vertici di
Kpmg, un grande gruppo globale di consulenza; il presidente della Sec americana è stato un giurista
universitario e grande avvocato di Wall Street; il presidente della Bafin tedesca, Felix Hufeld, ha lavorato
per Boston consulting group e ha girato i mercati internazionali per un fondo di private equity ; e il
presidente della francese, Robert Ophèle, è un ex vice-governatore della Banca di Francia che ha operato
anche alla Federal Reserve di New York, quella che si occupa direttamente di Wall Street. Quanto agli
attuali commissari Consob, solo Carmine Di Noia ha competenze e un profilo di alto livello internazionale
(dottorato in economia all'Università della Pennsylvania), anche se con limitate esperienze dirette in organi
societari. Giuseppe Maria Berruti è un rigoroso magistrato della Corte di cassazione che ha lavorato di rado
su casi strettamente finanziari. E Anna Genovese è una rispettata giurista accademica con pubblicazioni
soprattutto nel campo dell'Antitrust, non dei mercati finanziari, senza molta pratica professionale né
esperienze in azienda. Tutte queste persone sono di qualità e il loro impegno in Consob è stato sempre
molto serio. Ma la squadra di vigilanza presenta un mix di competenze squilibrato. A partire dal presidente,
è il momento di rimediare con procedure di nomina trasparenti e rigorose. Non sarebbe il momento giusto
per lasciare altri posti vacanti al cuore del sistema di tutela dei risparmio.
© RIPRODUZIONE RISERVATA Ignazio Visco Giuseppe Vegas
Foto:
È stato appena rinominato alla guida della Banca d'Italia. Chiusa, si spera,
la stagione delle crisi bancarie, si deve rendere
più efficace la vigilanza
Alla guida della Consob, l'autorità di controllo sulla Borsa e sui mercati finanziari dal 15 dicembre 2010: è in
scadenza di mandato
13/11/2017Pag. 1.4.5 N.44 - 13 novembre 2017
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2017 - 13/11/2017 18
Risparmio tradito Ferruccio de Bortoli Cara pensione di scorta
sei proprio tanto cara
Ripiegati sul primo pilastro della previdenza, concentrati a discutere la quota 67, dal 2019, dell'età
pensionabile, ci siamo persi per strada il resto. Colpevolmente. È innegabile che il futuro delle pensioni
passi dalla coesistenza virtuosa di tre forme assicurative. Sulla prima, la più importante, alla quale è legata
la sostenibilità dei conti pubblici, si litiga in questi giorni tra governo e sindacati. E non solo sul trattamento
dei cosiddetti lavori usuranti. La seconda, quella della previdenza integrativa, avrebbe bisogno di una
maggiore attenzione e di un rinnovato slancio. È finita in un incomprensibile cono d'ombra. La proposta di
legge di bilancio per il 2018 non se ne occupa, a parte la possibilità di percepire con l'Ape volontaria, una
parte del capitale della rendita integrativa (in sigla Rita). La precedente legge di bilancio, sulla falsariga di
quello che sta avvenendo per i Pir, i Piani individuali di risparmio, aveva detassato i rendimenti degli
investimenti dei fondi pensione a favore dell'economia reale. Come succede all'estero.
Decisioni diverse
La diffusione dei fondi integrativi di categoria, cioè chiusi o negoziali, ma anche per quelli aperti, proposti
da banche e assicurazioni, venne incredibilmente ostacolata nel 2014 quando il governo Renzi decise di
aumentare il livello di tassazione dei rendimenti dall'11,5 al 20%. In molti altri Paesi l'aliquota in fase di
accumulo è zero. La misura si è riflessa sull'andamento degli iscritti che per i fondi chiusi sono (al 30
giugno 2017) 2 milioni e 666 mila e per quelli aperti un milione e 315 mila. La proposta di ripristinare
condizioni più favorevoli, sotto il profilo fiscale, per la previdenza integrativa nella legge di Bilancio 2018 è
stata bocciata. Avrebbe comportato un costo di circa 300 milioni di euro l'anno. Sarebbe stato però un buon
investimento.
In assenza di misure di rilancio dei fondi chiusi o aperti, si moltiplicano le offerte dei prodotti assicurativi
come i Pip, i Piani individuali pensionistici, vecchi e nuovi, con gestioni separate degli attivi, cioè bloccati a
favore degli aderenti, o più legati ai mercati finanziari. O altri prodotti del ramo terzo, polizze vita, unit linked
e così via. Questa inerzia governativa lascia terreno fertile a banche, compagnie e reti che hanno però costi
decisamente più alti sui quali non sempre vi è la necessaria trasparenza.
L'assicurato sottovaluta piccole all'apparenza differenze percentuali che però proiettate su un arco di tempo
di 30 anni possono falcidiare il capitale finale anche di un terzo. Qualche esempio. Secondo l'ultimo
rapporto Covip, l'autorità di controllo sui fondi pensione, il rendimento medio dei fondi negoziali, di
categoria, nel 2016 è stato del 2,7%, al netto dei costi di gestione e dell'imposta sostitutiva. Per i fondi
aperti eravamo al 2,2%. Per i nuovi Pip, cioè quelli successivi al decreto legislativo 252 del 2005, il
rendimento medio è stato del 2,1%. Ma se confrontiamo i costi delle varie tipologie scopriamo differenze
molto pronunciate. In qualche caso intollerabili. Con i dati a fine 2016 si possono calcolare, su un periodo di
permanenza di 35 anni, tra 0,1 e lo 0,6% per i fondi negoziali; tra l'1,2 e l'1,4% per quelli aperti - che hanno
comunque un onere di raccolta non essendo di categoria - mentre i Pip oscillano tra l'1,8 e il 3,5%. Questi
ultimi, così propagandati dai gestori con allettanti proposte di investimento, possono costare fino a dieci
volte di più di un normale fondo negoziale. Gli iscritti ai nuovi Pip, che non godono del contributo del datore
di lavoro, al 30 giugno 2017, sono quasi 3 milioni.
«La Covip è fortemente impegnata su questo fronte - dice il suo presidente l'economista Mario Padula - e
facciamo di tutto per favorire una responsabile e trasparente valutazione dei costi». Da poco compare sul
sito dell'Autorità un modello comparativo, finora utilizzato però quasi esclusivamente dai professionisti del
settore. «Le forme negoziali hanno oneri generalmente più bassi dei fondi comuni e dei prodotti del
13/11/2017Pag. 1 N.44 - 13 novembre 2017
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2017 - 13/11/2017 19
risparmio gestito - continua Padula - non avendo problemi di collocamento e scegliendo gestioni passive».
La Covip ha i poteri di intervenire o si limita a una vigilanza di tipo cartolare, ex post? «Non sottovaluti
l'importanza della scheda costi, in vigore dallo scorso giugno (http://www.covip.it/isc dinamico/), un
documento assai complesso da redigere. Sono stati diversi i casi, anche recenti, in cui abbiamo utilizzato i
nostri poteri di vigilanza e di controllo. Se vediamo dei disallineamenti, interveniamo tempestivamente».
Nell'analisi di Padula emergono alcune preoccupazioni. Quella di garantire all'assicurato, con un'
informazione maggiore, la libertà di cambiare fondo o gestore, nella consapevolezza che una piccola svista
oggi si può trasformare in un gigantesco danno al momento della pensione. In più in Italia - e questo
dovrebbe essere un tema di discussione pubblica ma purtroppo non lo è - il secondo e il terzo pilastro
tendono a confondersi. I fondi di categoria sono relativamente piccoli. E frenati, anche da incomprensibili
resistenze sindacali, per esempio sulle opportunità di investimento. Troppa nostalgia dei titoli di Stato.
Timori di perdere posti, incarichi. Il più grande fondo di categoria, Cometa dei metalmeccanici, gestisce
appena 10 miliardi, mentre nel mondo operano autentici giganti previdenziali. Secondo Willis Towers
Watson il valore dei 300 più grandi fondi pensione al mondo è cresciuto del 6,1% nel 2016. Cioè molto
meglio dei nostri. Nella top list, non vi è un solo fondo pensione italiano, l'Enpam, dei medici, al 209esimo
posto. «Negli altri Paesi - è l'opinione di Mauro Maré, presidente di Mefop, la società del ministero
dell'Economia per lo sviluppo dei fondi pensione - tra il 40 e il 60% in media del patrimonio, e mi riferisco a
Stati Uniti, Regno Unito, Olanda, Danimarca, Svizzera, è investito nell'economia reale. Noi oscilliamo
incredibilmente tra l'1 e il 4%. Un modo di farci male da soli. Eppure stiamo parlando di una massa, nelle
varie tipologie di fondi e casse, che oscilla intorno ai 250 miliardi».
Le opzioni
Come rilanciare questi strumenti? Secondo Maré va ripensata la regola del silenzio assenso con eventuale
disdetta entro sei mesi. «La percentuale di adesione è troppo bassa. Intorno al 25%. In Olanda o nel Regno
Unito si arriva, con il silenzio assenso e una formula di semiobbligatorietà, al 100% di aderenti. In alcuni
Paesi la previdenza integrativa è obbligatoria, io sono contrario. E poi c'è la delicata questione fiscale. Noi
le tasse, nel 2014, le abbiamo di fatto raddoppiate mentre all'estero i rendimenti sono esenti e il prelievo è
solo sulle prestazioni finali. Va valutata inoltre la possibilità che un lavoratore, un professionista possa
aderire a un fondo chiuso anche se estraneo alla categoria. Alcuni fondi sono troppo piccoli e dunque con
costi di gestione percentualmente elevati. I più grandi Cometa e Fonchim hanno rispettivamente 450 mila e
300 mila aderenti. Sotto una certa soglia sarebbe necessario favorire delle fusioni. Non è poi accettabile
quello che accade nelle piccole e medie aziende nelle quali se il dipendente chiede di versare a un fondo il
proprio trattamento di fine rapporto, che vale in media il 7%, rischia addirittura il licenziamento». C'è molta
strada da fare. Non solo nel gestire meglio il risparmio previdenziale ma anche nell'assicurare la tutela dei
diritti dei più deboli.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
1,5% 0,7% 3,4% 2,7% 0,9% 4,9% 0,6% 0,3% 1,4% 1,3% 0,5% 2,8% 2,2% 0,6% 4,1% 0,4% 0,2% 0,9%
1,2% 0,1% 2,4% 1,8% 0,4% 3,5% 0,3% 0,1% 0,6% Le adesioni alla previdenza complementare in Italia.
Dati a settembre 2017 Minimo Massimo 5 anni 10 anni 35 anni Fondi pensione negoziali Fondi pensione
aperti Pip «nuovi» Minimo Massimo Minimo Massimo Fondi pensione negoziali 2.732.624 Fondi pensione
aperti 1.336.086 Pip «nuovi 3.017.363 Pip «vecchi 411.000 Fondi pensione preesistenti 653.000 Totale
iscritti 8.145.572 Quanti stanno investendo sul futuro
Punti di forzaFisco
Chi aderisce alla previdenza integrativa gode di vantaggi fiscali. I contributi versati sono deducibili dal
reddito fino a un importo massimo di 5.164,57 euro. I rendimenti annuali sono tassati con l'aliquota del
20%, invece del 26% previsto per gli altri strumenti finanziari (12,5% per i titoli di Stato). Anche le
13/11/2017Pag. 1 N.44 - 13 novembre 2017
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2017 - 13/11/2017 20
prestazioni finali godono di una tassazione agevolata: si applica un'aliquota del 15%, ridotta se la
partecipazione supera i 15 anni
Contributo aziendale
Chi aderisce ai fondi chiusi beneficia anche di un contributo da parte del datore di lavoro che va ad
aumentare il capitale investito
Punti deboliMercati
Aderire a un fondo pensione o a un Pip e investirvi il Tfr espone ai classici rischi dei mercati finanziari,
mentre la liquidazione mantenuta in azienda è sempre garantita e si rivaluta ogni anno in modo certo: il
75% del tasso di inflazione più un punto e mezzo. Sul lungo periodo, però, le gestioni previdenziali hanno
sempre battuto il Tfr
Rigidità
L'adesione ai fondi pensione non è per sempre, ma le prestazioni si possono chiedere solo al
pensionamento. La legge sulla concorrenza ha semplificato
le regole in caso di perdita
del posto di lavoro
13/11/2017Pag. 1 N.44 - 13 novembre 2017
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2017 - 13/11/2017 21
Paolo Bertoluzzo Alessandra Puato Mr. cartasi (ora Nexi):
meno contanti?
adesso ci penso io 10
S arà che la sua passione sono le immersioni subacquee (l'estate scorsa a Comodo, arcipelago
indonesiano) e può nuotare nei marosi, sarà che viene dalla telefonia ed è abituato a lavorare su offerte e
tariffe flat. Paolo Bertoluzzo ha un mandato difficile: rivoluzionare CartaSi e l'ex gruppo Icbpi, per farne «il
campione nazionale dei pagamenti». Ha cominciato con il cambio di nome: da venerdì 10 novembre
CartaSi non c'è più, è arrivata Nexi, sottotitolo: «Every day, every pay», ogni giorno, ogni pagamento.
Milanese, 51 anni, moglie napoletana e quattro figlie tra gli otto e i 13 anni, Bertoluzzo è amministratore
delegato del gruppo da un anno e mezzo, nominato dai fondi di private equity Advent, Bain e Clessidra che
sono dal 2015 i proprietari di maggioranza al posto delle banche popolari (e vi hanno investito 5 miliardi).
Prima era in Vodafone, capo delle strategie e delle operazioni commerciali del gruppo. Il suo piano:
semplificare i costi delle carte di credito, innovare prodotti e servizi anche per i negozianti con gli smart Pos.
Rendere più facili gli acquisti senza contante anche a rate. E, soprattutto, contribuire a «raddoppiare in
cinque anni dal 20% al 40%» le transazioni digitali in Italia.
Possibile? Oggi il contante dilaga.
«Un giorno tutti i pagamenti saranno digitali, passa di qui la modernizzazione del Paese. Siamo
fermamente convinti che non ci sia alcun motivo per cui una persona debba usare il contante».
Forse l'evasione fiscale?
«È un problema che si andrà a risolvere, ma non è questa la barriera principale allo sviluppo dei pagamenti
digitali in Italia. Sono le abitudini che vanno cambiate. E serve innovazione sui prodotti: quelli che usiamo
noi per pagare e quelli dei commercianti per incassare».
Perché avete cambiato nome?
«Quello di prima non andava più bene per il nuovo corso. Gli azionisti sono cambiati, era necessario
proiettare il gruppo in una dimensione diversa, di vicinanza alle banche e ai clienti (la parola next in Nexi,
ndr. ). E il nome "carta" non riflette il mondo digitale di oggi. A fine 2018 avremo un grande gruppo
focalizzato sui pagamenti, con 3 mila persone contro le attuali 1.700 ».
Quanto le famiglie italiane usano i pagamenti digitali, ora?
«Per 200 miliardi all'anno, su transazioni totali per un trilione di euro: il 20%, appunto. Nel 2015 era il 17%,
ma nel frattempo l'Europa è salita dal 35% al 40% circa. La Francia è già al 45-50% eppure anche lì c'è
l'evasione fiscale; l'Inghilterra è al 65%, i Paesi scandinavi oltre il 75%. La nostra missione è questa, far
raddoppiare la quota. Lavoriamo con oltre 150 banche, gestiamo le carte a loro marchio come nel caso di
Ubi o Mps. Gestiamo circa il 60% del mercato delle carte di credito e dei Pos con i servizi agli esercenti, il
30% degli Atm».
Di quanto può scendere il costo di gestione del contante, che in Italia è di 10 miliardi l'anno nell'ultima
stima?
«Di un miliardo-un miliardo e mezzo, se l'Italia arrivasse ai livelli europei, con transazioni in digitale per 400
miliardi. Ma la prospettiva è cambiata, tanto che i fondi hanno investito nel settore. Questo business richie
de investimenti e assunzioni: per noi, 140 persone solo nell'ultimo anno. Si parla molto di fintech, ma è una
definizione generale: noi siamo la PayTech partner delle banche».
Il 21 novembre partono i bonifici istantanei, sotto i 10 secondi. Costeranno di più?
13/11/2017Pag. 1 N.44 - 13 novembre 2017
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2017 - 13/11/2017 22
«Una rivoluzione, li offriremo anche noi in 0,25 secondi con la nostra piattaforma per le banche. È un
valore aggiunto, i costi li deciderà ogni istituto. Di certo fra qualche anno questo sarà l'unico modo per
trasferire denaro, si potranno usare i bonifici anche per pagare in contrassegno nell'ecommerce».
Intanto però molti esercenti accettano ancora malvolentieri le carte...
«C'è stata poca innovazione sia sulle carte sia sui Pos. Con noi si cambia. L'anno prossimo presenteremo
lo Smart Pos Android, tipo tablet: farà anche da registratore di cassa, accederà alle app. E questa
settimana parte l'app business che consente al commerciante di governare gli incassi: grafici, transazioni,
importo minimo, confronto con i concorrenti. I negozianti si accorgeranno che usare il Pos conviene».
Anche versando una piccola commissione bancaria aggiuntiva, magari. Ma perché non si può ancora
pagare un acquisto sul web con il Bancomat?
«In realtà noi abbiamo già lanciato il primo Bancomat per pagare anche sull'online. Ora stiamo
supportando Bancomat spa nella sua strategia di rilancio ed entro il primo trimestre 2018 lanceremo il
Bancomat contactless (a sfioro, ndr.) . Inoltre abbiamo messo sul mercato una carta come il Bancomat che
consente di pagare anche all'estero. È già disponibile in alcuni istituti come Crédit Agricole Cariparma per i
privati e Creval per le aziende».
I canoni delle carte di credito sono già stati spesso aumentati . È questo dunque il nuovo affare per le
banche?
«In Inghilterra i prezzi sono più alti. Di certo è un settore in evoluzione e noi cambieremo tutto. A partire
dall'anno prossimo con la nostra carta di credito di base si potrà rateizzare un acquisto alla volta da soli,
dall'app. L'abbiamo chiamato "Easy shopping": fai un acquisto normale, per esempio un frigorifero, e decidi
come pagarlo all'istante».
Complesso, visti i tassi dei prestiti.
«No, non è complesso perché ci sarà una commissione di servizio flat, come nella telefonia. Per esempio:
per un acquisto fra i 250 e i 500 euro, si pagano 6 euro al mese per tre mesi. Corrisponde a un taeg, il
tasso annuo effettivo globale, fra il 7,4% e il 15,3% circa. Se poi decidi di estinguere il finanziamento in
anticipo, la commissione già pagata corrispondente al debito residuo ti viene restituita».
Le carte rateali sono costose e difficili da controllare. Voi volete rilanciarle?
«Noi vogliamo rendere l'esperienza d'acquisto più facile per il cliente e semplificare i costi. Anche con
l'evoluzione dei programmi per i dispositivi mobili. Una nostra nuova app, che sostituisce la precedente
MySi, consentirà di monitorare tutti gli acquisti, con il riconoscimento dall'impronta digitale. Abbiamo anche
ricostruito il portafoglio delle prepagate passando da un prodotto a tre, segmentando il mercato: giovani,
extracomunitari e mass market».
Il futuro sarà pagare con le app? «
No. La lotta all'evasione passa dall'innovazione di prodotto. Il 65% dei pagamenti digitali dell'Inghilterra è
stato raggiunto con l'evoluzione di carte di credito e strumenti tradizionali».
Nessuna paura di Paypal e Amazon?
«Il mondo dei pagamenti digitali sarà sempre più affollato, com'è successo per le telecom. Sarà importante
trovare spazi di collaborazione con questi protagonisti. Ad esempio noi con XPay, la soluzione per pagare
l'ecommerce, abbiamo integrato anche PayPal».
I micropagamenti con le carte restano quasi impossibili, però.
«È proprio questa la grande sfida per l'Italia. Capita ancora di leggere: "Non si accettano pagamenti con
carte sotto i 10 euro". Ma c'è una percezione di costo sbagliata. La commissione media è dell'1-1,4%. Ma
l'1,4% di un euro, per un caffè poniamo, è 1,4 centesimi. Non c'è motivo di rifiutare un pagamento».
In effetti, capita che ci si metta un bel po' per pagare con la carta un vestito. Figuriamoci per un caffè...
«Per pagare un caffè possono volerci 20 secondi, è troppo. Nell'era del 5G troppi lettori di carte sono
ancora collegati con la chiamata telefonica. Il nostro obiettivo è diminuire questo tempo, perciò faremo
13/11/2017Pag. 1 N.44 - 13 novembre 2017
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2017 - 13/11/2017 23
funzionare meglio i Pos. Ci teniamo tanto che daremo la possibilità ai 700 mila commercianti che lavorano
con noi di offrire gratis tutti i pagamenti sotto i 10 euro nel 2018. Ci aspettiamo che l'anno prossimo oltre
mezzo milione di commercianti accettino i micropagamenti. Inoltre daremo un servizio di assistenza
premium: intervento giorno e notte in caso di guasto in quattro ore, 90 minuti su Milano e Roma».
Quanto vi costa?
«Svariati milioni, ma servirà a cambiare le abitudini degli italiani».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Chi è
Paolo Bertoluzzo, 51 anni, laurea in Ingegneria gestionale a Milano e master all'Insead, è dall'11 luglio
2016 amministratore delegato dell'Istituto centrale delle banche popolari (Icbpi) e CartaSi, oggi Nexi (il
presidente è Franco Bernabè). Fino ad allora era in Vodafone, capo delle strategie e operazioni
commerciali del gruppo, dov'è stato amministratore delegato Italia e Sud Europa1939
1985 1997 2013 2015 2016 2017
È l'Istituto centrale delle banche popolari, fondato da sei istituti di credito: Cremona, Intra, Lecco, Lodi,
Luino e Varese, Verona
Costituita da Icbpi con Abi e Italcasse per diffondere la carta di credito, diventerà CartaSi spa. Verrà rilevata
da Icbpi nel 2009
CartaSi tocca il primo traguardo,
le transazioni totali sono già 100 milioni.
Nel 2008 avrà 100 mila imprese clienti
Sono quadruplicate in 16 anni. La spesa degli italiani per l'ecommerce con carte
di credito si avvicina al miliardo di euro
La cordata di fondi Advent, Bain e Clessidra firma l'accordo: acquisterà
l'89% di Icbpi per 2,15 miliardi
I fondi soci rilevano i sistemi di pagamento di Intesa, il gruppo i portafogli esercenti
gestiti da Mps e Deutsche Bank. E Bassilichi
Icbpi-CartaSi diventa gruppo Nexi. Gestisce
27 milioni di carte, 733 mila esercenti,
120 miliardi di euro di transazioni all'anno
13/11/2017Pag. 1 N.44 - 13 novembre 2017
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2017 - 13/11/2017 24
Finanza politica economica Il neo-colbertismo viola principi costituzionali e internazionali oltre ad esporci alrischio di schizofrenia. Da un lato aderiamo all'Ue, al Wto e vogliamo che si investa in Italia, dall'altroerigiamo steccati Perché troppo stato fa male all'economia Nel 2012 i primi «poteri speciali» del governo Oggi il golden power Sabino Cassese La saga
In principio fu la golden share, lo strumento nato nel 1994 all'inizio delle privatizzazioni delle aziende
pubbliche. Con le «azioni dorate» lo Stato si riservava un potere non commisurato al reale peso della quota
con cui poteva restare azionista delle ex aziende pubbliche. L'Italia le ha pensionate nel 2012 - erano fonte
di contenziosi con la Ue - sostituendole con il «gold power», il potere speciale che l'esecutivo può fa valere
nei settori strategici, indipendentemente dall'assetto societario delle imprese in questione
Jean-Baptiste Colbert, il grande ministro di Luigi XIV, è passato alla storia per aver sperimentato la
singolare alleanza di libertà e mercantilismo, tanto che la versione francese di quest'ultimo si chiama
colbertismo. Colbert si dichiarava sostenitore della libertà dei commerci, ma praticò il protezionismo.
Protesse l'industria nazionale proibendo l'ingresso dei prodotti stranieri che potessero far concorrenza a
quelli francesi (questa vicenda è narrata da un grande lavoro storico di Philippe Minard, La fortune du
colbertisme. État et industrie dans la France des Lumières , Fayard, Paris, 1998).
In Italia non abbiamo un Luigi XIV e nei governi i ministri possono al massimo considerarsi dei Colbert in
sedicesimo, ma stiamo sperimentando le stesse contraddizioni, sotto il nome di «leggi antiscorrerie»,
rivolte, in sostanza, a investitori stranieri.
I governi italiani hanno cominciato a fare la voce grossa nel 2012, introducendo «poteri speciali»
dell'esecutivo in alcuni settori. Hanno poi allargato tali poteri. Ora, il decreto legge in corso di conversione in
legge amplia ulteriormente tali «poteri speciali» (chiamati anche «golden power», per nobilitarli) e
appesantisce gli obblighi che ne conseguono.
Ma andiamo in ordine. La legge del 2012 prevedeva obblighi di notifica dei privati investitori e poteri di veto
del governo nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, nonché in quelli dell'energia, dei trasporti e
delle comunicazioni. In questi ultimi casi, in ipotesi di grave pregiudizio per la sicurezza e il funzionamento
delle reti e degli impianti, e per la continuità degli approvvigionamenti. Già questo dovrebbe preoccupare
chi sa quante violazioni dello Stato di diritto sono state commesse nella storia, in nome della sicurezza e
della difesa; conosce la Costituzione italiana secondo la quale all'iniziativa privata possono disporsi limiti,
ma con legge; ricorda che già la denominazione («poteri speciali») costituisce un regime d'eccezione.
Ora, però, con la norma che il Parlamento si accinge ad approvare definitivamente, si fanno tre passi
avanti. Si ampliano i settori nei quali i governi possono intervenire ponendo veti, includendo quelli ad «alta
intensità tecnologica» (che cosa può sfuggire oggi a questa denominazione?) e facendone un primo elenco
esemplificativo. Viene inserito, accanto al pericolo per la sicurezza, il pericolo per l'ordine pubblico (dizione
nella quella storicamente si può far rientrare quasi tutto). Si rimette al governo di stabilire quali sono le
attività «ad alta intensità tecnologica» (dobbiamo quindi sperare nella mitezza dei governi, considerato che
hanno mano libera).
Il neo-colbertismo nostrano contrasta con la politica dei governi italiani e viola principi sia costituzionali, sia
internazionali. Questo allargamento e appesantimento delle norme antiscorreria contrasta, innanzitutto, con
una politica conclamata da tutti i governi degli ultimi venti anni, quella di semplificazione. Il secondo comma
dell'articolo 2 della norma del 2012, la cui portata viene ora ampliata, prevede la notifica al governo dei
seguenti atti: modifiche della titolarità, del controllo e della destinazione degli attivi; cambiamento della loro
destinazione; delibere assembleari e del consiglio di amministrazione di fusione o scissione, trasferimento
all'estero della sede sociale, mutamento dell'oggetto sociale; scioglimento della società; modifica di
13/11/2017Pag. 6 N.44 - 13 novembre 2017
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2017 - 13/11/2017 25
clausole statutarie; trasferimento dell'azienda o di rami di essa; trasferimento di società controllate.
In secondo luogo, la nuova politica protezionistica viola un principio sviluppato dalla Corte costituzionale,
quello di legalità sostanziale. Secondo la Corte, la «riserva di legge» dell'articolo 41, secondo la quale
possono porsi limiti all'iniziativa privata solo con legge, va rispettata non solo dal punto di vista formale, con
una legge che attribuisce poteri, ma anche da un punto di vista sostanziale, disciplinando l'esercizio dei
poteri con legge. Altrimenti, l'esecutivo ha mano libera.
In terzo luogo, anche se le norme antiscorrerie sono diversificate, per imprese europee e per società extra
europee, ci si può chiedere che tipo di liberismo sia quello di coloro che prima auspicano l'abbattimento
delle frontiere economiche (aderendo all'Organizzazione mondiale del commercio e all'Unione europea), e
poi ricostituendole, in nome del nazionalismo economico.
In quarto luogo, le politiche governative che vanno in questa direzione rischiano la schizofrenia. Da un lato,
si introducono veti. Dall'altro, si cerca di rendere il contesto italiano meno ostile agli investimenti stranieri,
(specialmente da quando si sono diffuse le statistiche di Doing business, che collocano l'Italia ad un posto
molto basso nelle classifiche dei Paesi con ordinamenti giuridici favorevoli all'investimento straniero).
Infine, gli autori di queste politiche sembrano ignorare che l'Italia investe a sua volta all'estero, che acquista
imprese straniere, che fa parte di conglomerati multinazionali. Non ci sono da temere ritorsioni?
L'argomento che qualche Paese ha introdotto norme simili (ma meno pesanti) non funziona, perché, se a
ogni colpo straniero rispondiamo come Pier Capponi a Carlo VIII, finiremo per ristabilire steccati economici
nazionali peggiori di quelli che ci portarono a tante guerre.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Norme antiscorreria più larghe e più pesanti contrastano con lo sforzo di semplificare che ha unito gli
intenti dei vari esecutivi degli ultimi vent'anni
13/11/2017Pag. 6 N.44 - 13 novembre 2017
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2017 - 13/11/2017 26
Finanza Il riassetto del credito la mossa di mustier così cambio governance Saccomanni verso la presidenza dopo sei anni con Vita. Ma anche due vicepresidenti in meno Il primobilancio del piano «Transform 2019» si annuncia positivo e in Borsa il titolo ha fatto +46% in un anno Nella«short list» per la nomina al vertice c'erano anche Carlo Salvatori e Alberto Cribiore Fabrizio Palenzona si èdimesso in anticipo, guiderà Prelios e lascerà spazio al futuro presidente Fabrizio Massaro B
anchiere centrale, ministro dell'Economia nel governo Letta, professore alla Luiss nonché, dal 2016 visiting
professor alla Scuola Affari internazionali di Parigi: era questo l'ultimo incarico in curriculum per Fabrizio
Saccomanni. Da mercoledì 8 il direttore emerito di Banca d'Italia può aggiungere quello di consigliere di
amministrazione di Unicredit nonché la designazione a «candidato ideale alla presidenza» per il triennio
2018-2021 della banca. Sarà un buon modo per festeggiare i suoi 75 anni, il prossimo 22 novembre.
Saccomanni è stato selezionato dal board di Unicredit in una rosa di papabili individuata dal cacciatore di
teste Egon Zehnder che via via si è fatta sempre più ristretta e che prevedeva nomi altrettanto validi come
Carlo Salvatori o Alberto Cribiore. Per la sostituzione dell'italo-tedesco Giuseppe Vita, che a 83 anni
lascerà la presidenza dopo sei anni al vertice, le stringenti regole della Bce impongono automatismi che
restringono le possibilità di scelta da parte di consiglieri e soci. Ma pochi hanno dubbi che Saccomanni -
romano, laurea alla Bocconi, specializzazione a Princeton in Usa - fosse in pole position, anche nelle
preferenze di Mustier. Nonché, naturalmente, non fosse gradita a Draghi, di cui Saccomanni è stato a lungo
il più stretto collaboratore come direttore generale di Via Nazionale, incarico che ha ricoperto fra il 2006 e il
2013.
Certamente nella scelta di Saccomanni ha giocato un ruolo chiave, come ha riconosciuto lo stesso
presidente uscente, il fatto di possedere «una straordinaria esperienza del settore bancario ed una
profonda conoscenza del contesto regolamentare europeo unitamente ad un ampio network di relazioni
internazionali di cui la banca potrà beneficiare». Non che Mustier non abbia rapporti diretti ai massimi livelli
con Francoforte. Ma certamente un ex banchiere centrale ed ex politico - per di più con un profilo da
tecnico - aiuterà, anche se il presidente di una banca non ha ruoli operativi. Ma soprattutto ha pesato la
nazionalità.
La scelta su Vita era caduta anche per il fatto che il top manager siciliano avesse sviluppato l'intera carriera
in Germania - è stato ai vertici di Schering ed è numero uno dell'editore Axel Springer - e quindi poteva
essere un interlocutore per l'anima tedesca di Unicredit, rappresentata da soci storici Allianz e dalla
presenza forte nel Paese con Hvb.
Adesso, dopo il colossale aumento di capitale da 13 miliardi di euro che ha stravolto la compagine
azionaria, con le fondazioni ridotte a circa un 6% collettivo e i fondi istituzionali in maggioranza - insomma,
un profilo da public company - non era scontato neppure che il rappresentante legale di Unicredit fosse
italiano. Alla fine Saccomanni ha messo d'accordo tutti.
Il farlo entrare in anticipo nel board sulla scadenza naturale del prossimo aprile è stato l'ultimo colpo di
Fabrizio Palenzona, che si è dimesso dopo tre mandati in vista della nomina a presidente di Prelios, su
designazione del nuovo socio americano Davidson Kempner, che ha comprato le quote (anche) di
Unicredit. Pure questa uscita è il segno che nella banca costruita da Alessandro Profumo, tenuta in piedi da
Federico Ghizzoni negli anni della crisi e rilanciata da Mustier - che per questo ha voluto carta bianca dai
soci per le operazioni straordinarie - è davvero finita un'epoca.
Mustier centra con Saccomanni anche l'obiettivo di alzare il livello qualitativo del board a 15 membri che lo
stesso consiglio uscente proporrà all'assemblea dei soci. Sarà questa la novità che verrà introdotta nello
statuto il prossimo 4 dicembre, se approvata dai soci. E, nella stesura della lista, Saccomanni avrà un ruolo
13/11/2017Pag. 16 N.44 - 13 novembre 2017
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2017 - 13/11/2017 27
attivo, è spiegato nella nota della banca. I posti saranno di meno e ci sarà un solo vicepresidente anziché i
tre attuali: dopo Palenzona, anche Luca Cordero di Montezemolo potrebbe preferire un passo indietro per
concentrarsi sulla quotazione di Ntv; potrebbe forse restare l'attuale vicario Vincenzo Calandra Buonaura,
al suo terzo mandato.
Mustier, che il 12 dicembre prossimo a Londra traccerà un primo bilancio del piano triennale «Transform
2019», potrà rivendicare la sua visione che una governance chiara e adeguata agli standard di una grande
banca internazionale fa bene al titolo. La Borsa finora gli ha dato ragione. Attualmente il titolo vale 16,80
euro, con un rialzo del 46% in un anno e una capitalizzazione di oltre 37 miliardi. Una volta giunto a termine
il piano potrebbero tornare in auge le voci su una maxi-operazione straordinaria, una fusione che creerà un
autentico colosso pan-europeo. A settembre erano circolati rumors su colloqui tra emissari di Piazza Gae
Aulenti e il governo di Angela Merkel per una fusione con Commerzbank, di cui Berlino è azionista
importante con il 15%. Buonaura l'aveva bollata come «una bufala». Ma contatti ci sarebbero stati davvero.
Di sicuro si tratterà di una decisione (anche) politica. E avere un ex ministro ex regolatore come presidente
sarà una carta - pesante - in più da giocare.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
20 miliardi Il rafforzamento complessivo del gruppo di Piazza Aulenti 13 miliardi L'aumento di capitale,
la parte cash del rafforzamento. E' il più grande fatto in Italia
Foto:
Fabrizio Saccomanni
Foto:
Jean-Pierre Mustier
13/11/2017Pag. 16 N.44 - 13 novembre 2017
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2017 - 13/11/2017 28
L' INTERVISTA Imprese multinazionali tricolori Menarini Farmaceutica orgoglio italia Lucia Aleotti: il nostro Paese è il secondo hub produttivo in Europa. Milano si merita l'Ema La quotazione inPiazza Affari? Non ci pensiamo. Il contenzioso fiscale con lo Stato Il gruppo fattura 3,5 miliardi. È noto alpubblico per il VivinC, ma è specializzato nell'oncologia «I big esteri hanno costruito qui centri di produzionemondiale. Non è casuale» Raffaella Polato D ei target (aziendali) dice: «Per definizione si spostano sempre in avanti». Del settore in cui opera (e da
leader, non soltanto a livello nazionale): «L'Italia ha smesso di colpevolizzare la farmaceutica, ha
finalmente capito che è un fattore non di costo ma di crescita». Del Paese, di conseguenza (forse): «Pur se
il dialogo con la pubblica amministrazione resta spesso difficile, negli ultimi anni sono stati fatti grossi passi
avanti. E questo ci ha aiutato a diventare una delle mete in assoluto più attrattive, anche per i colossi
mondiali».
Lucia Aleotti lo sottolinea più e più volte. Un po' con orgoglio, come quando aggiunge che «solo logiche
geopolitiche, senza nulla a che vedere con la sostanza delle cose, potrebbero far perdere a Milano la sede
dell'Agenzia europea per il farmaco». Un po' con qualcosa che assomiglia alla rivendicazione.
Comprensibile. Il Paese di cui per molti aspetti lei tesse le lodi non ne discute i meriti imprenditoriali:
l'azienda di famiglia di cui è presidente, la Menarini, è oggi una multinazionale da 3,5 miliardi di fatturato
che esporta il 73% di quello che produce (al grande pubblico è nota per il VivinC o il Fastum Gel, ma la sua
vera specializzazione è l'oncologia), dà lavoro a poco meno di 17 mila persone (e nove su dieci sono
laureati o tecnici superspecializzati), investe massicciamente soprattutto in Ricerca & Sviluppo (sui 280
milioni l'anno solo lì), gioca da top player in Europa (è dodicesima in classifica) e su scala globale
(trentaseiesima). Con Lucia Aleotti soggetto fiscale, e con il fratello Alberto (che del gruppo è
vicepresidente), lo Stato ha però un lungo e pesante contenzioso. Nel settembre 2016 il processo di primo
grado si è concluso con una condanna a 10 anni e sei mesi per lei, sette anni e sei mesi per lui. Parlerà
anche di questo, ovviamente.
L'azienda, intanto. La redditività industriale è invidiabile: 411 milioni su 3,5 miliardi di ricavi significano un
margine vicino al 12%. Non vi siete però mai più avvicinati al picco di mezzo miliardo, ovvero il 17%, del
2011. Che cos'è successo?
«Che il 2011, novembre, è stato l'anno dell'ingresso Menarini nel mercato Asia-Pacifico. Abbiamo acquisito
l'Invida Group e aperto la sede di Singapore: un grosso investimento, per noi, che si è tradotto nella
compressione dei margini. Ma deve guardarlo in prospettiva. È una scelta di crescita per i prossimi dieci,
quindici anni. L'Asia-Pacifico è una delle aree del mondo a maggior tasso di sviluppo, non potevamo non
esserci».
E adesso che ci siete? I target «fatti per essere sempre spostati in avanti», come dice lei, al momento dove
sono arrivati?
«L'obiettivo è mantenere una crescita robusta e un'azienda sana, dunque senza indebitamento. A meno
che non capiti una grossa occasione, chiaramente».
Perdoni: se capitasse, l'occasione, perché non pensare alla Borsa anziché alle banche? Allergia familiare a
Piazza Affari?
«Ma no. È che il capitale raccolto in Borsa richiede di essere remunerato con un flusso continuo di
dividendi, e noi preferiamo reinvestire gli utili nell'azienda. Con ciò non si chiude nessuna porta: cosa c'è
nel futuro non lo possiamo sapere, e se l'occasione fosse grossissima...».
Nell'immediato, invece, cosa c'è? Come chiuderà il 2017?
« Questo è l'anno in cui è scaduto un brevetto che per noi significava mezzo miliardo di ricavi. Quando dico
che il nostro obiettivo è mantenere una crescita robusta, intendo che nemmeno fattori come questo - un
13/11/2017Pag. 32 N.44 - 13 novembre 2017
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2017 - 13/11/2017 29
farmaco brevettato che diventa farmaco generico - devono poter pesare più del dovuto. Pensiamo di poter
arrivare comunque a 3,6 miliardi di fatturato».
A proposito: quanto dura un brevetto?
«Troppo poco. Vent'anni: ma l'orologio inizia a segnare il tempo quando si è ancora in fase di ricerca,
perché è evidente che il farmaco viene brevettato subito».
E la ricerca richiede?
«Tra i dieci e i dodici anni di tempo, una media di un miliardo di investimenti. Per recuperarli, come vede,
non resta molto».
Comunque più che sufficiente, a giudicare dai profitti. Vostri e di tutta l'industria farmaceutica. Sintesi: la
ricerca «paga».
«E fa bene al Paese. L'Italia è ormai il secondo hub produttivo europeo e continua a crescere, esporta
tantissimo, big come Novartis e Pfizer hanno scelto di costruire qui centri di produzione mondiale. Non è
casuale. Alla ricerca uniamo una produzione tecnologica altamente specializzata e il risultato, anche se non
se ne parla mai, è che la farmaceutica è un'eccellenza italiana. Esattamente come la moda, o la
meccanica, o le auto».
Una bandiera, quindi.
«Di più. La dimostrazione di come l'Italia possa avere un futuro se punta su questo: ricerca e alta
tecnologia».
Di quel possibile futuro il gruppo Menarini continuerà a far parte? O il contenzioso con il Fisco, e poi la
condanna in primo grado, hanno fatto pensare a lei e a suo fratello almeno all'ipotesi di spostare la sede
all'estero?
« Chiariamo. Primo: l'azienda è assolutamente estranea, e la centralità dell'Italia nella nostra politica,
anche fiscale, è dimostrata dal fatto che il gruppo realizza qui il 27% del proprio fatturato ma qui paga il
60% di tutte le sue tasse. Fanno oltre due miliardi, negli ultimi 15 anni. Mi pare sia significativo: dovrebbe
farci riflettere sulle ragioni per cui molti grandi gruppi nazionali trasferiscono la residenza all'estero, o
vengono semplicemente venduti. Detto questo, ovviamente mi esimo dal commentare la sentenza, ma non
posso non notare che è stato considerato atto di riciclaggio l'utilizzo dello scudo fiscale, cioè di una legge
dello Stato. E qui mi fermo».
Qui in realtà, al di là del caso personale e di quanto stabilirà poi il secondo grado di giudizio, lei apre un
altro capitolo: quello dei grandi gruppi, e ormai anche dei medi, che traslocano verso Paesi più tax friendly.
Paesi dell'Unione europea, non paradisi fiscali caraibici. L'Italia è «attrattiva», per usare la sua definizione,
più per gli stranieri che per le imprese della Repubblica?
«Diciamo che ho visto molti dibattiti e molti sforzi, giusti, per capire come attrarre capitali dall'estero. Sta
accadendo. Quello che non ho mai visto trattare è invece il tema "come mantenere le aziende qui e non
farle scappare". Che è quello che stanno facendo».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Foto:
Vertici Lucia Aleotti, alla guida con il fratello Alberto del gruppo Menarini
13/11/2017Pag. 32 N.44 - 13 novembre 2017
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2017 - 13/11/2017 30
Investimenti L'intervista I tassi? Resteranno bassi Dropkin (Fidelity): il minor impegno della Fed è già nei prezzi. Puntiamo sulle emissioni societarie europee Gabriele Petrucciani Eccessivo debito globale, invecchiamento della popolazione e scarsa produttività. Sono i tre fattori
strutturali che manterranno bassi i tassi, a vantaggio dell'investimento obbligazionario. Non ha dubbi Martin
Dropkin, head of credit research di Fidelity International, che non si mostra intimorito neanche di fronte al
possibile tapering della Bce: «A oggi il mercato sta già prezzando un ribilanciamento del quantitative
easing, che potrebbe ridursi da 60 a 40 miliardi. Il suo effetto, quindi, sarebbe nullo».
E se l'alleggerimento nell'acquisto di titoli fosse più aggressivo?
«In tal caso ci potrebbe essere un'estensione del Qe, accompagnato da un rialzo contenuto dei tassi. Ma
sarà solo temporaneo. Non ci aspettiamo un incremento stabile dei tassi, in quanto ci sono dei fattori
strutturali che tendono a mantenerli bassi. Certo, nel breve potremmo vedere un po' di volatilità, ma nel
medio termine ci aspettiamo che i tassi siano dove si trovano oggi. In Europa, ma anche negli Usa».
Negli Stati Uniti, però, i tassi potrebbero essere messi sotto pressione (rialzista ) dalla riforma fiscale
prospettata da Trump. Non crede?
«Se mi avesse fatto questa domanda un mese fa avrei risposto che il mercato obbligazionario non stava
prezzando una possibile riforma fiscale. Ora, invece, in seguito al piano di riforma prospettato da Trump, i
tassi sono leggermente saliti. Detto questo, sulle politiche del governo americano non mi sento di fare
previsioni. Quello che posso dire, però, è che un'eventuale riforma eserciterà sicuramente una pressione
rialzista sui tassi. Ma il nostro scenario non verrebbe messo in discussione, in virtù sempre dei trend di
lungo periodo (eccessivo debito, invecchiamento della popolazione e scarsa produttività, ndr) che
continueranno a esercitare una pressione ribassista sui tassi».
In questo contesto, come costruire un portafoglio obbligazionario?
«Siamo costruttivi sui corporate bond a elevato merito creditizio, in particolare in Europa, dove il mercato è
supportato anche dal trend di crescita dei costi di copertura valutaria verso il dollaro (l'investitore europeo
ha un motivo in più per comprare bond europei, ndr ). Sugli Stati Uniti, invece, abbiamo un posizionamento
neutrale. L'inflazione a stelle e strisce salirà entro la metà del 2018 dall'attuale 1,7% al 2,5% e questo trend
non è ancora prezzato».
Quindi c'è spazio anche per i bond legati all'inflazione...
« In America sì, le inflation linked possono essere un valido strumento per proteggersi dall'aumento del
costo della vita. In generale, poi, guardiamo con favore anche ai convertible bond, che possono
rappresentare un'interessante opportunità d'investimento».
E negli Emergenti c'è del valore?
«La nostra preferenza va soprattutto al debito societario in dollari. In valuta locale, invece, ci piacciono
particolarmente l'Ungheria e il Perù».
Quali i settori più promettenti?
«I nostri fondi sono posizionati in maniera difensiva alla luce del restringimento degli spread, quindi siamo
focalizzati sui fondamentali delle singole aziende piuttosto che sui settori, sempre con un obiettivo
difensivo. Fatta questa premessa, ci sono settori più difensivi di altri. Tra questi ci piacciono le telecom,
dove guardiamo a specifiche aziende i cui fondamentali e il cui management team ci sembrano
soddisfacenti. Le opportunità legate a comparti come l'innovazione tecnologica, invece, possono essere
colte meglio attraverso l'investimento azionario. Lato bond infatti siamo inclini a evitare le aziende che
potrebbero essere penalizzate dall'innovazione tecnologica e in tutti i nostri comparti obbligazionari
restiamo focalizzati sul contenimento del rischio e la difesa da possibili sorprese indesiderate».
13/11/2017Pag. 49 N.44 - 13 novembre 2017
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2017 - 13/11/2017 31
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Un mondo di debiti In%del Pil, media ponderata 190% 195% 200% 205% 210% 215% 220% 225% 2003
2005 2007 2009 2011 2013 2015
Foto:
Martin Dropkin
13/11/2017Pag. 49 N.44 - 13 novembre 2017
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2017 - 13/11/2017 32
LA VERA ROTTA Una strategia per chiudere l'emergenza Salvatore Padula L'Unione europea, da molti anni, non perde occasione per ricordarea ogni nostro governo che «il sistema
fiscale dell'Italia non favorisce la crescita e l'efficienza dell'economia». Con altrettanta ostinazione,
Commissione e Consiglio raccomandano da tempo misure finalizzate a trasferire il carico fiscale sul lavoro
e sulla produzione verso imposte meno penalizzanti per la crescita, rispettando il principio della neutralità di
bilancio. L'Europa, quindi, continuaa ripeterci che le tasse non sono tutte uguali. Belleo brutte che siano,
alcune rappresentano inevitabilmente un ostacolo allo sviluppo, mentre altre offrono almeno il vantaggio di
non appesantire i fattori produttivi. Ma se guardiano all'ultimo decennio, nei cambiamenti della
composizione del prelievo tributario è possibile intravedere una strategia finalizzata ad assecondare le
esigenze di un'economia moderna? Risposta complessa, ovviamente. L'ossatura del sistema fiscale ha
cercato, per così dire, di pararei colpi di una crisi economicofinanziaria che giustamente è stata definita
come la più profonda di sempre per il nostro Paese. Una lunga crisi dalla quale solo ora cominciamo a
uscire ma dalla quale fatichiamo comunque a riprenderci. In questo contesto di grande depressione, è
come se il sistema fiscale non sapesse bene quale direzione prendere e con la pesantissima responsabilità
di continuarea garantire un adeguato afflusso di risorse nel bilancio dello Stato, nonostante gli andamenti
congiunturali. Per avere un'idea, lo scorso anno, a consuntivo, il gettito di tasse e imposte in Italia ha
superato i 516 miliardi di euro, al lordo di 44 di poste correttive, arrivati da tributi erariali veri e propri (451),
tributi degli enti locali (56)e incassi da ruoli (9). Continua pagina 10 Come riesce, il Fisco, a tenere il passo
di queste esigenze? Beh, lo fa come può, cercando di navigare tra i mari agitati delle fasi economiche. Se
crollano i redditi, l'Irpef e l'Ires ne risentiranno certamente. Se i consumi arrancano, stessa sorte toccherà
all'Iva. Ed ecco allora spuntare alcune "scialuppe", sapientemente varate a turno tra le onde della
congiuntura, che sebbene non abbiano potuto evitare la forte riduzione del gettito complessivo che si è
vista in alcuni anni, ne hanno almeno limitato l'impatto. Ed è esattamente quel che è successo: con i redditi
in calo si è scelto di spingere l'acceleratore sulla tassazione dei patrimoni: gli immobili (tutt'ora) e il
risparmio (tra il 2012 e il 2013) hanno dato grandi soddisfazioni all'Erario. Per inciso, la Ue continua a
insistere sul prelievo immobiliare ignorando che in questi anni le tasse sul mattone sono praticamente
raddoppiate, pur con l'esenzione della prima casa. O ancora: si è deciso di ridurre i trasferimenti agli Enti
locali e alle Regioni, lasciando alle autonomie il lavoro sporco di aumentare - almeno fino a quando è stato
possibile farlo - le aliquote dei loro tributi. Per i consumi, dove si è comunque portata al 22% l'aliquota Iva
ordinaria, si è guardato ad alcuni comparti nei quali la composizione del prezzo finale di un bene è talmente
complessa e soggetta a fluttuazioni internazionali da consentire quasi di "nascondere" gli aumenti delle
aliquote del prelievo fiscale, come è accaduto per le accise sui carburanti, con un aumento della
componente fiscale del 15% in un decennio, pur in presenza di una riduzione dei consumi del 19% tra il
2010 e il 2016 (fonte: Unione petrolifera). Oppure, si pensi a giochi e lotterie, con un gettito a +34% dal
2008 a oggi: è cresciuto il volume degli importi giocati, perché si sono moltiplicane le occasioni e i luoghi di
gioco, ma è anche cresciuta la quota di "scommessa" che finisce allo Stato. Insomma: in questi ultimi 10
anni non si vede una grande strategia fiscale. Anzi, il passato è la conferma di un sistema che deve fornire
risposte sulla continua emergenza legata al gettito, un po' come ha ricordato Massimo Miani, presidente dei
commercialisti, solo pochi giorni fa. Ora, è ovvio che il gettito sia e debba essere la prima preoccupazione
di ogni sistema fiscale. Quel che però si vuol dire è che si vedono ancora pochi tentativi, che pure in alcuni
casi ci sono stati (gli incentivi su ammortamenti e Industria 4.0, per citarne un paio), di un uso intelligente e
orientato alla crescita della leva fiscale. Proprio come insiste la Ue. Su Irap e Ires, si dirà, sono state fatte
scelte virtuose. Verissimo, ma non si può ignorare che la riduzione di queste imposte sia e sia stato (anche)
13/11/2017Pag. 1
diffusione:97980tiratura:140038
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2017 - 13/11/2017 33
l'effetto dell'arretramento delle attività economiche. Inoltre, le nostre aziende continuano ad essere
penalizzate nel confronto internazionale, con un tax rate ben oltre il 60 per cento. Senza dire che
comunque sul sistema produttivo, oltre a tributi erariali e locali di ogni tipo, pesano anche oltre 200 miliardi
di euro di contribuiti sociali, in gran parte pagati proprio dalle imprese e dai loro lavoratori. Un po' di aiuto
arriverà ora con gli sgravi della legge di Bilancio. Il che è positivo. Tuttavia, è innegabile che sul fronte
fiscale, in chiave crescita, si sarebbe potuto fare molto di più, specie se i risparmi della spending review
fossero stati in linea con quanto ci si era illusi di poter ottenere. Non dobbiamo scordare che persino le
citatissime clausole di salvaguardia, con l'aumento delle aliquote Iva - congelate anche nel 2018 per un
importo di 15,7 miliardi, ma che puntualmente si ripresenteranno per il 2019 - nascevano anni prima come
garanzia nel caso in cui non si fossero realizzati i promessi tagli di spesa pubblica. È comprensibile, e forse
normale, che a qualche mese dalle elezioni si sia preferito evitare di affrontare la campagna elettorale con il
fardello di aliquote Iva più salate. La cosa che però sorprende è che l'aumento dell'Iva sia ormai da tutti
considerato ineluttabile: un destino già scritto per il prossimo futuro. Quasi che nessuno abbia il coraggio di
dire che resta comunque aperta la via dei tagli agli sprechi e alla spesa pubblica improduttiva. Non
dimentichiamolo. O almeno impegniamoci a non lamentarcene quando l'Iva aumenterà. u Continua da
pagina 1
13/11/2017Pag. 1
diffusione:97980tiratura:140038
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2017 - 13/11/2017 34
Super Fisco, il conto della crisi Il prelievo sale al 42,6% - Irpef locale e casa al top dei rincari, giù Irap e Ires Cristiano Dell'Oste Giovanni Parente pIrpef locale e prelievo sulla casa al top dei rincari fiscali. Dal 2008 a oggi è cresciuto del 31,7% il gettito
dell'addizionale regionale all'imposta sui redditi delle persone fisiche, che a fine anno dovrebbe arrivare a
toccare quota 12 miliardi di euro. Mentre la tassazione degli immobili passata da varie denominazioni (Ici,
Imu, Tasi) e modifiche su presuppostie platea è stata oggetto quasi di un raddoppio nell'arco dell'ultimo
decennio fortemente caratterizzato dalla crisi economica. Nel complesso la pressione fiscalea fine anno
dovrebbe attestarsi al 42,6% rispetto al Pil: un dato (al lordo del bonus 80 euro) che segna una crescita sul
2008 ma in miglioramento rispetto ai picchi del 20122013. Si riduce, invece, il gettito Ires e Irap per effetto
delle modifiche legilsative rispettivamente su aliquote e deduzioni. pagina 3 Qualsiasi imprenditore,
lavoratore e professionista italiano potrebbe dirvi che le imposte sono alte. E i dati dell'Istat e della nota di
aggiornamento al Def certificano che nel 2017 la pressione fiscale sul Pil rimarrà più elevata rispetto ai
livelli precrisi: 42,6% (al lordo del bonus 80 euro, altrimenti sarebbe 42%) contro il 41,3% del 2008. Ma
nell'arco di dieci anni ci sono tributi che hanno visto crescere - e di molto- il proprio peso,e altri che invece
sono diventati più leggeri. Molti dei rincari maggiori riguardano i tributi locali, a partire da Imu e Tasi, ma
anche le addizionali comunale e regionale all'Irpef. In calo, invece, il gettito di Ires e Irap su società,
imprese e autonomi. Mentre i due tributi più importanti per le casse pubbliche - l'Irpef e l'Iva - non sembrano
aver subito variazioni sostanziali rispetto al 2008, anche se gli incassi derivanti dall'imposta sul valore
aggiunto hanno visto nel corso degli anni una riduzione più marcata e poi una ripresa, legata tra l'altro al
rincaro di due punti percentuali dell'aliquota ordinaria (dal 20 al 22%)e al meccansimo dello split payment
(si veda anche l'articolo sotto). D'altra parte, proprio per scongiurare l'aumento dell'Iva (e delle accise) dal
prossimo 1° gennaio, se ne va il grosso delle risorse stanziate con la manovra di Bilancio 2018: circa 15,7
miliardi tra collegato fiscale e disegno di legge, cui se ne aggiungono altri 6,4 per il 2019. Il tutto mentre si
apre già la lunga volata della campagna elettorale, con candidati e partiti intenti a rilanciare l'eterna
promessa di taglio delle tasse in cima alle proprie agende. Senza dimenticare gli allerta in arrivo dalla
Commissione europea, che sul finire della scorsa settimana è tornata a far filtrare qualche perplessità sulla
tenuta dei conti pubblici. Ecco perché guardare come si è mosso il gettito dei principali tributi nel periodo
più buio della crisi economica può aiutare a capire quale potrebbe essere il trend dei prossimi anni. La
corsa (e lo stop) dell'Imu Paradossalmente, il maggior incremento di gettito è una buona notizia peri
contribuenti, perché riguarda la cedolare secca, regime opzionale che riduce l'incidenza dell'Irpef sui redditi
delle locazioni abitative e - secondo gli stessi documenti governativi - contribuisce ad arginare il fenomeno
degli affitti in nero. Secondo la proiezione a fine 2017 basata sul preconsuntivo dei primi nove mesi
dell'anno, la tassa piatta sfiorerà i 2,5 miliardi (+248% rispetto al 2011, in cui peraltro il debutto avvenne in
corsa e tra mille incertezze). Fatta questa eccezione, agli altri aumenti di gettito corrisponde un incremento
del tax rate vero e proprio. Rispetto al 2008, l'aumento maggiore è ancora quello di Imu e Tasi, che pure
vivono una stagione di "tregua" dopo il blocco dei rincari dettato dalla legge di Stabilità 2016 (e riconfermato
per l'anno prossimo): compreso il saldo del 16 dicembre, quest'anno i due tributi immobiliari porteranno
nelle casse dei Comuni e dell'Erario un gettito quasi doppio rispetto all'Ici del 2008: circa 20,8 miliardi
contro 10,9 (dato, quest'ultimo, attualizzato per rendere possibile il confronto a parità di potere d'acquisto).
Anche le addizionali comunale e regionale all'Irpef vedono un andamento analogo e si sono stabilizzate nel
2016 dopo essere state usate per "scaricare" sulla tassazione locale almeno una parte della stretta
tributaria seguita all'emergenzaspread di fine 2011. I primi sgravi su utili e lavoro Guardando anchei tributi
erariali, nell'attuale "mix delle tasse" si intravedono, di fatto, due componenti. Da un lato, negli anni peggiori
13/11/2017Pag. 1
diffusione:97980tiratura:140038
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2017 - 13/11/2017 35
della crisi si è cercato di recuperare gettito dove era possibile senza colpire ulteriormentei redditi di lavoroe
di pensione su cui gravano già le ritenute Irpef (dagli immobili, ma anche dalla benzina, dai giochie dai
bolli), e gran parte di questi rincari pesano ancora oggi sulle tasche dei contribuenti. Dall'altro, dal 2014 si è
iniziato ad alleggerire la pressione fiscale in alcuni settori, nel tentativo di far ripartire i consumi o, a
seconda dei casi, la produttività. Categoria in cui ricadono il bonus degli 80 euro o il al taglio dell'Irap sulla
componente lavoro o ancora, dall'anno d'imposta 2017, alla riduzione dell'Ires al 24 per cento. Il trend delle
imposte dal 2008 a oggi La variazione del gettito dei principali tributi tra il 2017 e il 2008 in termini reali.
Dato 2008 rivalutato a parità di potere d'acquisto, dato 2017 proiezione sui primi nove mesi dell'anno In
milioni di euro 2008 2017 Fonte: elaborazione del Sole 24 Ore del Lunedì su dati Entrate tributarie Irpef Iva
Ires Accise su carburanti, gas ed energia Irap Imu e Tasi Imposte sui giochi Addizionale regionale Irpef
Imposta sui tabacchi Sostitutive e ritenute su rendite finanziarie 180.875 132.375 52.872 28.240 42.271
10.886 10.169 9.118 11.501 13.661 182.438 127.982 34.275 32.597 23.553 20.853 13.624 12.005 10.397
8.685 +0,9% -3,3% -35,2% +15,4% -44,3% +91,6% +34,0% +31,7% -9,6% -36,4%
LA PAROLA CHIAVERitenute d'imposta 7 Sono le somme trattenute direttamente da datori di lavoro ed enti pensionistici nelle
buste paga e nelle pensioni. Tramite questo meccanismo, viene riscossa la maggior parte dell'Irpef. Altri
tributi, sia diretti che indiretti, vengono invece versati in autoliquidazione dal contribuente che "calcola" in
proprio l'imposta dovuta: è il caso dell'Irpef pagata da autonomi e imprese, dell'Ires e dell'Irap, oltre che dei
pagamenti periodici dell'Iva e dei tributi immobiliari (Imu e Tasi).Il quadro dei tributi principali L'evoluzione
del gettito dei principali tributi dal 2008 al 2017. I dati delle annualità fino al 2016 sono rivalutati a prezzi
correnti 2017 con l'indice Istat Foi. Il dato 2017 è una proiezione sul trend delle entrate preconsuntive dei
primi nove mesi dell'anno. Dati in milioni di euro 2017 Irpef 182.438 Iva 127.982 Ires 34.275 Accise su
energia, gas e carburanti (1) 32.597 Irap 23.553 Tributi immobiliari Imu e Tasi (2) 20.853 Imposte sui giochi
(3) 13.624 Addizionale regionale irpef 12.005 Imposta sui tabacchi 10.397 Sostitutive e ritenute su rendite
finanziarie (4) 8.685 Bollo 6.262 Registro 4.845 Addizionale comunale irpef 4.484 Assicurazioni 3.199
Cedolare secca sugli affitti 2.477 Canoni radio e tv 1.897 Tasse e imposte ipotecarie 1.601 Tassazione
sugli acolici (5) 1.330 Concessioni governative 1.008 Tasse auto 577 La pressione fiscale in rapporto al Pil
Dati in %. Dato 2017 stima contenuta nel Def al lordo del bonus 80 euro Irpef Il gettito in termini reali ha
raggiunto il minimo nel 2014. Il trend è legato principalmente al calo dei redditi Iva L'aliquota ordinaria è
salita al 21% a settembre 2011 e al 22% il 1° ottobre 2013. Dal 2015 debutta lo split payment Ires Il taglio
dell'aliquota al 24% scatta dal 2017. Per il passato pesano la crisi e (in misura minore) gli incentivi come
l'Ace Accise su energia, gas e carburanti (1) Il prelievo sui prodotti energetici - carburanti in primis - cresce
nonostante il calo dei consumi legato alla crisi Irap Trend in calo consolidato, nonostante i rincari per gli
extradeficit sanitari. Dal 2016 detassazione completa del lavoro Tributi immobiliari Ici Imu e Tasi (2) Il balzo
avviene nel 2012 con l'Imu. L'esenzione prima casa spiega i cali (relativi) del 2013 e degli ultimi due anni
Imposte sui giochi Bollo Registro (3) La tassazione sui giochi, più volte rivista nel corso degli anni, è
cresciuta anche con le nuove forme di gioco 42 175.000 125.000 60.000 45.000 30.000 35.000 30.000
25.000 35.000 30.000 20.000 10.000 8.000 Addizionale regionale Irpef Imposta sui tabacchi 12.000 42.271
10.886 Prelievo su rendite finanziarie (4) Addizionale comunale Irpef Assicurazioni 16.000 Cedolare secca
sugli affitti Canoni radio e Tv 20.000 T asse e imposte ipote car ie Tassazione sugli acolici (5) Tasse auto
44 40 190.000 160.000 140.000 110.000 50.000 Conce ssioni gover native 2008 2009 2010 2011 2012
2013 2014 2015 2016 2017 41,3% 180.875 132.375 52.872 28.240 10.169 41,8% 172.717 123.803 37.890
29.122 35.979 10.346 11.938 165.287 115.635 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 9.118 8.894
8.846 8.855 10.977 10.744 11.060 11.447 12.027 12.005 5.989 6.295 5.973 5.874 6.312 7.810 7.837 7.261
5.967 5.212 5.393 4.958 4.198 3.925 4.302 4.300 3.019 3.161 3.091 3.070 3.308 3.936 4.201 4.345 1.253
1.185 1.122 1.141 1.072 1.109 1.293 1.262 683 41,6% 41,6% 653 43,6% 43,6% 637 43,4% 43,4% 32.616
13/11/2017Pag. 1
diffusione:97980tiratura:140038
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2017 - 13/11/2017 36
34.195 30.773 25.209 11.131 1.755 1.747 1.745 1.697 1.639 1.581 1.389 1.098 584 42,6% 182.438 34.275
23.553 13.624 -3,3% -35,2% -44,3% +1,3% +0,9% +15,4% Note: (1) accise sui prodotti energetici e
derivati, gas naturale per combustione e gas incondensabili; accisa su energia elettrica e addizionali;
imposta di consumo su oli e bitumi di petrolio; (2) include Ici (fino al 2011), Imu (dal 2012) e Tasi (dal 2014);
(3) include lotto (al lordo delle vincite), attività di gioco e imposte su apparecchi di gioco. Escluse le lotterie
istantanee; (4) include sostitutive e ritenute interessi, altri redditi di capitale e plusvalenze; (5) include
accise e imposta di consumo su spiriti e birra
Fonte: elaborazione del Sole 24 Ore del Lunedì su dati Entrate tributarie, Istat e Def 42,7% 127.982 32.597
2016 2017 11.501 11.546 11.531 11.530 11.205 10.495 10.407 10.764 10.817 10.397 13.661 13.563 6.809
6.388 9.439 10.876 10.184 11.245 675 660 601 20.853 9.130 8.685 6.878 6.262 4.787 4.845 4.546 4.484
3.429 3.901 3.646 3.243 3.134 3.066 2.969 3.104 3.135 3.199 711 1.064 1.505 1.723 2.034 2.389 2.477
1.805 1.829 1.839 1.815 1.797 1.797 1.756 1.740 2.026 1.897 2.656 2.267 2.222 2.165 1.941 1.874 1.537
1.539 584 1.599 1.601 1.311 1.330 958 1.008 604 577 -36,4% -18,8% -39,7% Variazione % 2017/2008 -60
-40 -20 -42,6% -9,6% -6,7% -14,5% 0 20 40 60 +91,6% +34,0% +4,6% Var. % 2017/2011 +5,1% +6,1%
+31,7% 80 100 +48,5% +248,1%
13/11/2017Pag. 1
diffusione:97980tiratura:140038
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2017 - 13/11/2017 37
I prestiti ripartono, il reddito resta indietro Francesca Barbieri Chiara Bussi Le condizioni di salute dell'economia italiana migliorano, ma restano ancora un po' anemiche. Nonostante
la revisione al rialzo delle stime sul Pil per il 2017 da parte della Commissione europea, il cruscotto di 16
indicatori indivi duati dal Sole 24 Ore mostra che il recupero è avvenuto a ritmi diversi e con numerose
sfaccettature. Da un lato ripartono prestiti, mutui e la ricchezza finanziaria delle famiglie, anche grazie alle
mosse della Bce. Dall'altro Pil e reddito disponibile procapite restano al palo. I più distanti dal traguardo
sono le compravendite di case e le immatricolazioni di auto. Ancora in affanno tutte le voci legate ai
consumi, dai beni durevoli ai generi alimentari, passando per abbigliamento e calzature. In controtendenza
le spese legate alla cultura, quelle per telefonia, alberghi e ristoranti. In ripresa il credito al consumo, dove
avanzano "surroghe" e rifinanziamenti. pagina 2 Pil in crescita dell'1,5 per cento, 22,9 milioni di occupati,
consumi oltre mille miliardi e 800mila case vendute. Si presentava così l'Italia nel 2007 alla vigilia di una
crisi che dal sistema finanziario ha contagiato l'economia reale. La cadutaè stata pesantee dopo l'anno
nero del 2013 lo stato di salute del paese ha iniziato lentamentea migliorare, ma le tracce del malessere si
intravedono ancora oggi. Dieci anni dopoa che punto siamo nel percorso di risalita? Il Sole 24 Ore ha
messo sotto la lente 16 indicatori con il fermo immagine al 2016 per misurare la distanza dall'anno "zero".
Proprio la settimana scorsa la Commissione europea ha alzato le stime sul Pil: rispetto allo 0,9% previsto a
marzo il nostro paese crescerà secondo Bruxelles dell'1,5%, lo stesso ritmo di dieci anni fa, dopo l'1% del
2016. È presto però per cedere a facili trionfalismi, perché siamo il fanalino di coda nella Ue, lo stesso
esecutivo comunitario si aspetta una frenata per il 2018, il ritmo di recupero non è stato per tutti lo stesso e
presenta numerose sfaccettature. Velocità diverse di risalita Timidi sprazzi di luce si intravedono sul
mercato del lavoro. Gli occupati, che già lo scorso anno erano a un soffio dalla meta, sono tornati ai livelli
precrisi nel corso del 2017, dopo il calo consistente che ha portato nel 2013 alla perdita di 900mila posti
rispetto ai 23 milioni del 2008. Il recupero ha riguardato però solo i lavoratori "maturi", mentre tra i giovani
gli occupati sono diminuiti del 33,7% in dieci anni nella fascia di età trai 15 e i 24 anni e del 27,4% in quella
tra i 25 e i 34 anni. Restano distanti dal traguardo le compravendite di case e le immatricolazioni di auto.
Continuano poi ad arrancare tutte le voci legate ai consumi, da quelli totali ai beni durevoli, passando per
alimentari, vestiti e calzature, senza contare che Pil pro capite e reddito disponibile sono ben lontani dai
livelli del 2007 . Hanno invece già superato la quota precrisi gli indicatori finanziari, dall'erogazione di mutui
al credito al consumo. Spicca il dato della ricchezza finanziaria netta che ha proseguito il trend al rialzo del
2015. «È l'effetto spiega Luigi Campiglio, ordinario di Politica economica all'università Cattolica di Milano
della forte immissione di liquidità effettuata dalla Bce con il quantitative easing, ma anche del maggior
flusso di prodotti finanziari e assicurativi». Nel corso degli anni si è assistito, però, a un incremento della
concentrazione delle attività finanziarie: secondo l'ultima rilevazione della Banca d'Italia le famiglie più
ricche detengono il 65% del totale, sei punti percentuali in più rispetto al periodo prima della crisi. Spesa
per cultura in crescita Tra le tante ombre qualche piccolo segnale incoraggiante c'è: gli italiani tornano a
spendere per la cultura e nel 2016 hanno sborsato 68,4 miliardi superando i 67,3 miliardi del 2007, dei quali
ben il 43% per teatro, cinema, musei e concerti. La tendenza non ha però la stessa portata in tutto il Paese.
La spesa media mensile è infatti nettamente superiore al CentroNord (circa 160 euro) rispetto al Sud (90
euro) edè legatoa doppio filo al reddito disponibile. E il confronto con gli altri Paesi europei ci situa ancora
una volta sotto la media. «Il quadro è dunque ancora in chiaroscuro conclude Campiglio : la ripresa c'è ma
è ancora anemica e rimarrà fragile fino a quando non si risolleveranno i consumi. Per accelerare
l'avvicinamento al traguardo servono incentivi mirati, anche fiscali, per migliorare il potere di acquisto delle
famiglie,a partire dai redditi più bassi. Occorre anche puntare su un consumo sostenibile, premiando la
13/11/2017Pag. 1
diffusione:97980tiratura:140038
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2017 - 13/11/2017 38
qualità ambientale dei consumi durevoli, e potenziando le infrastrutture civili».Il cruscotto degli indicatori
Confronto tra 16 indicatori che fotografano lo stato di salute dell'economia italiana dal punto di vista delle
famiglie. Per ciascuno sono riportati i dati relativi al 2007, 2016 e l'anno in cui si è registrata la peggiore
performance. Ponendo come base 100 l'anno 2007 si è calcolato il valore del 2016. Il colore rosso indica
un livello ancora al di sotto al periodo precrisi, quello verde un livello al di sopra 29.000 27.000 25.000
INDICE 2007 = 100 60 70 80 90 100 110 120 130 140 23,0 22,5 22,0 Dati in euro 28.713 2007 INDICE
2007 = 100 60 70 80 90 100 110 120 130 140 22.000 21.000 20.000 INDICE 2007 = 100 1.000.000
500.000 2016 65 0 PIL PRO CAPITE 2016 90 OCCUPATI In milioni 22,9 2007 25.900 22,8 LIVELLO
MINIMO REDDITO DISPONIBILE LORDO Importo in euro pro capite 21.689 2007 2016 99 21.411 2016
2016 20.694 2013 60 70 80 90 100 110 120 130 140 COMPRAVENDITA DI CASE Numero di abitazioni
acquistate su base annua 808.827 2007 INDICE 2007 = 100 99 2016 2016 528.865 2016 25.400 2013
LIVELLO MINIMO 22,2 2013 LIVELLO MINIMO LIVELLO MINIMO 403.124 2013 60 70 80 90 100 110 120
130 140 50 25 0 3.500 3.000 700 600 500 70 55 40 EROGAZIONI DI MUTUI Dati in miliardi di euro 47,4
2007 INDICE 2007 = 100 2.500 2.960 2007 INDICE 2007 = 100 PRESTITI 525,7 2007 INDICE 2007 = 100
49,7 2016 2016 105 In miliardi di euro CREDITO AL CONSUMO 59,8 2007 3.239 2016 2016 109 Stock di
fine anno. Dati in miliardi di euro 697,8 60,6 2016 LIVELLO MINIMO RICCHEZZA FINANZIARIA NETTA
DELLE FAMIGLIE 2016 19,1 2013 60 70 80 90 100 110 120 130 140 LIVELLO MINIMO 2.618 2011 60 70
80 90 100 110 120 130 140 LIVELLO MINIMO 618,5 2008 60 70 80 90 100 110 120 130 140 INDICE 2007
= 100 2016 133 Erogazioni in miliardi di euro LIVELLO MINIMO 45,4 2013 60 70 80 90 100 110 120 130
140 2016 101 1.000 950 900 INDICE 2007 = 100 60 70 80 90 100 110 120 130 140 100 80 60 2.700 2.550
2.400 Spesa per consumo in miliardi di euro - valori concatenati (2010) 60 70 80 90 100 110 120 130 140
50 40 30 CONSUMI TOTALI Spesa per consumi finali in miliardi di euro - valori concatenati (2010) 1.001,1
2007 2016 96 BENI DUREVOLI 90,3 2007 INDICE 2007 = 100 60 70 80 90 100 110 120 130 140 2016 87
SPESA MENSILE Spesa media mensile per consumi delle famiglie in euro 2.649 2007 INDICE 2007 = 100
2016 95 BENZINA E GASOLIO Consumo in miliardi di litri 47,6 2007 INDICE 2007 = 100 2016 80 961,8
2016 78,1 2016 2.524 2016 38,2 2016 LIVELLO MINIMO 924,7 2013 LIVELLO MINIMO 65,8 2013
LIVELLO MINIMO 2.471 2013 LIVELLO MINIMO 37,7 2013 60 70 80 90 100 110 120 130 140 Fonte:
elaborazione Il Sole 24 Ore su dati agenzia delle Entrate, Assofin, Autorità per l'Energia, Banca d'Italia,
Eurostat, Istat, Federculture, Centro studi Promotor e Unirec 3,0 1,5 0 140 130 70 60 50 70 65
IMMATRICOLAZIONI AUTO In milioni di unità 2,5 2007 INDICE 2007 = 100 60 139,1 2007 65,6 2007 1,8
2016 GENERI ALIMENTARI INDICE 2007 = 100 INDICE 2007 = 100 124,4 2016 VESTITI E CALZATURE
SPESA IN CULTURA LIVELLO MINIMO 1,3 2013 60 70 80 90 100 110 120 130 140 2016 73 120 Spesa
per consumo in miliardi di euro - Valori concatenati (2010) 67,3 2007 INDICE 2007 = 100 62,4 2016
LIVELLO MINIMO 122,3 2014 60 70 80 90 100 110 120 130 140 2016 89 Spesa per consumo in miliardi di
euro - Valori concatenati (2010) LIVELLO MINIMO 59,9 2013 60 70 80 90 100 110 120 130 140 2016 95 In
miliardi di euro 68,4 2016 63,9 2013 60 70 80 90 100 110 120 130 140 2016 102 LIVELLO MINIMO
13/11/2017Pag. 1
diffusione:97980tiratura:140038
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2017 - 13/11/2017 39
IMPRESE IMPRESA & TERRITORI I 50 emergenti del Made in Italy Micaela Cappellini Ci sono la pasta Andriani e gli abiti Twin set, le bollicine Ferrari e i mobili da ufficio Estel: sono i cinquanta
marchi emergenti da tenere d'occhio secondo Icm Research. Sono piccole e medie aziende italiane forti sui
mercati internazionali, che mostrano tassi di crescita e di redditività doppi rispetto alla media del loro
settore, e che potrebbero essere nel mirino di fondi e altre imprese. pagina 13 Ci sono piccoli gioielli di
nicchia come il pastificio Andriani, un fatturato da 36 milioni di euro e una specializzazione nelle farine
senza glutine. E ci sono aziende di medie dimensioni come la Twin set, che ha un giro d'affari di oltre 230
milioni l'anno e che conta su una rete di 78 boutique a marchio proprio sparse per il mondo, da Montreal in
Canada a Jedda in Arabia Saudita. «Eccellenze di oggi, multinazionali di domani», le definisce Aldo
Scaringella, fondatore di Legalcommunity, che alla Icm Advisors ha commissionato la quarta edizione della
ricerca "Fashion, food, furniture brands Il valore dei marchi delle aziende 3F". Il risultato è una short list di
50 Pmi ad alto potenziale: perché hanno un marchio forte, perché puntano sull'internazionalizzazione,
perché hanno un fatturato che cresce due o tre volte più velocemente della media del loro settore e perché
della media sono due volte più redditive. Alcune di queste imprese verranno premiate il 28 novembre 2017
a Milano, durante l'evento SaveTheBrand 2017. Le aziende sotto la lente sono comprese frai 30ei 300
milioni di euro di fatturato annuo e appartengono a tre settori chiave del Made in Italy nel mondo, la moda
l'arredamento e l'alimentare. Prese tutte insieme, queste 50 Pmi valgono un giro d'affari di 4,1 miliardi di
euro. Alcune sono Spa, altre rimangono società a responsabilità limitata. Tutte esportano. Ma per fare il
vero salto di qualità sui mercati internazionali occorrerebbe loro quell'ingrandimento dimensionale che solo
l'arrivo di nuovi capitali può dare. Bond, quotazione in Borsa, fondi di investimento o acquisizioni: quanti di
questi gioielli del Made in Italy sono veramente pronti? Spiega Pierangelo Biga, presidente e
amministratore de legato di Icm Advisors, società specializzata nella valutazione dei beni immateriali delle
aziende: «Dei mille brand ad alto potenziale che per la nostra ricerca monitoriamo ogni anno, più o meno
un terzo è stato coinvolto in operazioni di M&A per mano di un'altra impresao di un fondo. E di anno in anno
cresce la quota di queste imprese che finisce nel mirino degli investitori». Eppure, non tutti vedono di buon
occhio il mondo della finanza: «Di fondi interessati alla mia azienda ne ho incontrati tanti spiega Alberto
Stella, presidente del marchio di arredamenti Estel tutti pongono attenzione ai numeri, nessuno alla
domanda e al mercato. Preferisco molto di più cercarmi un buon partner industriale, magari con una
dimensione aziendale superiore alla mia». In Italia la produzione dell'industria agroalimentare che ha
chiuso il 2016 con un giro d'affari di 132 miliardi di cui 38 provenienti dalle esportazioni sta assistendo in
particolare al boom di due sottosettori. Uno è il biologico, che nel 2016 ha fatturato 1,3 miliardi,è cresciuto
del 20%e conta già su 5,2 milioni di fami glie che ne acquistano i prodotti regolarmente tutte le settimane.
L'altro è il segmento dei cosiddetti "prodotti senza" (glutine, caffeina o lattosio per esempio), che hanno
superato il tetto dei 2 miliardi di euro di vendite all'anno. Ed è proprio in questi due comparti che stanno
nascendo alcune delle nostre Pmi più eccellenti: «Il tema della sostenibilità si sta rivelando vincente spiega
Biga in Italia e all'estero cresce l'appeal del biologico sia come prodotto finito, sia come materia prima. La
sostenibilità è una filosofia sempre più trasversale anche ad altri settori: penso per esempio ai pannelli per
costruire i mobili, oppure alla moda green». L'ecologia non è l'unico tema in crescita: «Nella prossima
edizione della lista dice Aldo Scaringella di Legalcommunity oltre ai marchi che puntano sulla sostenibilità,
mi aspetto di veder aumentare il numero delle aziende vinicole, che stanno andando molto bene all'estero,
come insegna il caso delle bollicine Ferrari nella classifica di quest'anno».Tre brand sotto la lente
GIANVITO ROSSI PEDON ESTEL
13/11/2017Pag. 1
diffusione:97980tiratura:140038
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2017 - 13/11/2017 40
Tra le venti piccole e medie imprese del comparto fashion selezionate nella classifica Icm Research sui 50
migliori marchi del Made in Italy, la GGr è quella che tra il 2013 e il 2016 ha messo a segno il tasso di
crescita medio annuo più alto del fatturato, pari al 41,4%. Sotto la sigla di questa Srl del distretto
calzaturiero di San Mauro Pascoli, in provincia di Forlì si nasconde lo stilista Gianvito Rossi, figlio d'arte di
Sergio Rossi, patron dell'omonimo marchio di calzature. Quello che viene considerato uno dei designer più
promettenti del segmento delle calzature di lusso ha debuttato con una linea Tra le venti piccole e medie
imprese del comparto alimentare selezionate nella classifica Icm Research sui 50 migliori marchi del Made
in Italy, la Pedon è quella che tra il 2013 e il 2016 ha messo a segno il tasso di crescita medio annuo più
alto del fatturato, pari al 50,6%. La produzione dell'azienda si concentra su c ereali e legumi bio (nella foto)
e negli alimenti senza glutine. Due comparti, questi, che stanno mostrando tassi di crescita ben superiori
alla media dell'intero comparto alimentare. Il biologico, per esempio, in Italia ha raggiunto un giro d'affari di
1,3 miliardi di euro nel 2016, quasi il 20% in più rispetto alla performance dell'anno precedente, e Tra le
dieci piccole e medie imprese del comparto arredamento selezionate nella classifica Icm Research sui 50
migliori marchi del Made in Italy, la Estel è quella che tra il 2013 e il 2016 ha messo a segno il tasso di
crescita medio annuo più alto del fatturato, pari al 26,3%. Oltre la metà del giro d'affari della Srl, oggi,
deriva dalla divisione arredamento per ufficio. Un segmento, questo, che nel 2016 in Italia ha fatto
registrare uno dei tassi più alti di crescita nel settore arredamento: +7,5% rispetto al 2015, contro una
media del comparto del 2 per cento. Nel 2015 Estel si è aggiudicata una propria di creazioni per il pubblico
femminile nel 2007 (nella foto, uno stivaletto della collezione 20172018) e da allora si è imposto come uno
dei marchi emergenti dell'Italian style nel mondo. Da quest'anno, alla linea donna, ha affiancato la sua
prima collezione uomo. Il marchio Gianvito Rossi esporta ben il 90% delle sue collezioni e vanta una rete di
negozi monomarca nelle principali città della moda tra cui Milano, Parigi, Hong Kong, Londra, New York e
Miami. Nel 2016 la Ggr di Gianvito Rossi ha messo a segno un fatturato di 76,8 milioni di euro e vanta un
Ebitda medio 20142016 al 34,8% vanta oltre 5,2 milioni di famiglie che lo acquistano tutte le settimane, in
crescita di un milione rispetto al 2015. I prodotti «senza» (glutine, lattosio, colesterolo o caffeina, per
esempio) sviluppano invece un fatturato di oltre 2 miliardi di euro e nel 2016 hanno messo a segno una
crescita del 4,2%. Pedon applica la filosofia green non soltanto ai prodotti, ma anche ai processi di
produzione: per esempio, utilizzando soltanto energie rinnovabili, oppure ricorrendo a materiale totalmente
riciclabile per gli imballaggi. Il suo fatturato 2016 è stato pari a 68,2 milioni di euro. commessa di prestigio:
la fornitura delle pareti di cristallo antisismiche per la nuova sede della Apple a Cupertino (nella foto), un
progetto che copre 280mila metri quadrati firmato da Norman Foster. A febbraio, invece, Estel aprirà uno
showroom da mille metri quadrati a Shanghai, che rappresenta il primo sbarco dell'azienda sul mercato
cinese. Tra i più promettenti, oggi, per l'arredamento made in Italy: nel 2016 l'export italiano di settore verso
questo Paese è cresciuto del 20 per cento. Il fatturato 2016 di Estel è stato pari a 109,1 milioni di euro. I
marchi sotto la lente L'andamento dei settori in Italia nel 2016. Dati in miliardi di euro Fatturato comparto
52,8 MODA Crescita attesa 2017 +1,8% Brandart Bric's Confezioni Peserico Cris Conf. (Pinko) Diadora
Sport Diamant (Dmt) Eurojersey Sensitive Fabrics Fontana Pelletterie Gentili Mosconi GGr Gianvito Rossi
Giada (Jacob Cohen) Grisport Isaia E Isaia Mabi International Manifattura Valcismon (Sportful - Karpos)
Moleskine Piquadro Premiata Sportswear C. (Stone Island) Twin Set
70,0 37,2 44,4 162,9 153,0 76,5 56,0 86,0 30,3 76,8 69,1 158,0 39,3 50,0 63,7 103,7 67,2 30,7 98,9 231,1
ALIMENTARE Fatturato comparto 132 Vendite online 2016 +45% I 50 marchi delle Pmi che crescono di più
in Italia e fatturato 2016. In milioni di euro Andriani Bertagni Birra Forst Biscotti P. Gentilini Caffè Trombetta
Distilleria Caffo Ferrari Golfera in Lavezzola La Linea Verde (Dimmidisì) La Regina Di San Marzano
L'aromatika Luigi Zaini Molino Rossetto Monviso Noberasco Pedon Red Lions (Mutti) Rigoni Di Asiago
Roncadin Ruffino 36,2 55,3 113,4 30,1 144,8 50,0 63,6 44,3 144,8 54,8 71,9 71,5 76,5 36,0 121,9 68,2
229,9 105,6 94,8 92,5 ARREDAMENTO Fatturato comparto 18,5 Vendite in Cina 2016 +20% Arredo 3
13/11/2017Pag. 1
diffusione:97980tiratura:140038
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2017 - 13/11/2017 41
Cattelan Italia Estel Fivep Flexform Foscarini Gibam Shops Giessegi Industria Mobili Minotti Yachtline
Arredomare 1618 124,5 59,0 109,1 40,6 65,9 44,8 30,2 127,5 100,0 38,3 Fonte: Rapporto «Fashion, Food,
Furniture brands - Il valore dei marchi delle aziende 3F» di Icm Research
13/11/2017Pag. 1
diffusione:97980tiratura:140038
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2017 - 13/11/2017 42
Lo scontro generazionale Pensioni, si avvicina lo sciopero della Cgil Oggi vertice decisivo Gentiloni-sindacati ma sul blocco dell'aumento dell'età i margini di trattativa sonostretti ROSARIA AMATO ROMA. Accordo in salita tra governo e sindacati sulle pensioni: oggi incontro decisivo, ci saranno anche il
premier Paolo Gentiloni, il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan e quello del Lavoro Giuliano Poletti.
«Le aperture del governo sono del tutto insufficienti - rileva il segretario confederale della Cgil Roberto
Ghiselli - i lavoratori che avrebbero accesso alla pensione di vecchiaia sarebbero poche migliaia, non i 15-
20 mila calcolati dal governo. E poi l'attuale meccanismo è distorto, perché se l'aspettativa di vita cresce
aumenta l'età pensionabile, se diminuisce invece non cala». Se il governo non dovesse venire incontro alle
richieste dei sindacati, «saremo costretti a intensificare le iniziative di mobilitazione della nostra gente»,
dice Ghiselli, aggiungendo, in un'intervista al Gr1, che si valuta anche «un eventuale sciopero generale,
possibilmente in maniera unitaria». La Cisl invece mostra una maggiore apertura verso l'ipotesi che lo stop
al momento riguardi solamente i lavori usuranti: «L'importante è incrementare l'intesa, attraverso un
allargamento della platea dei lavori gravosi e un allentamento dei requisiti, a cominciare dagli anni richiesti,
perché se diciamo che per accedere alla pensione di anzianità si devono avere almeno sei anni di contributi
negli ultimi sette prendiamo in giro i lavoratori agricoli. - sottolinea il segretario confederale della Cisl Gigi
Petteni - . Un rinvio generalizzato non risolverebbe il problema: meglio definire le categorie e proseguire il
confronto».
Palazzo Chigi con molta probabilità rimarrà però fermo sulle proprie posizioni, frenato dai vincoli di spesa,
e dall'esigenza di non cambiare le carte in tavola rispetto agli impegni presi con la Ue. Anche se il
Parlamento potrebbe forzare la mano all'esecutivo, votando emendamenti che vadano ben più in là delle
proposte messe in campo finora. Il governo mette sul tavolo l'esenzione dall'aumento dell'età pensionabile
per le categorie di lavori gravosi già individuate dalla normativa sull'Ape, alle quali si aggiungerebbero i
lavoratori agricoli, marittimi, siderurgici e i pescatori (difficile pensare ad altre categorie come i vigili del
fuoco o i postini, anche se ci sono richieste in questa direzione), una proroga al 2019 per l'Ape volontaria, e
una messa a regime della Rita, l'anticipo pensionistico. Inoltre accoglie la proposta dell'istituzione di un
comitato tecnico scientifico del quale farebbero parte anche Inps, Inail e Istat, oltre che rappresentanti dei
sindacati e dei ministeri del Lavoro, dell'Economia e della Salute. Il comitato avrebbe il compito di
riformulare i meccanismi di aumento dell'età pensionabile, «rompendo gli automatismi che la norma
prevede», dice Ghiselli. Mentre però per il governo il lavoro della commissione riguarda i futuri aumenti, dal
2021 in poi, per la Cgil e la Uil la commissione dovrebbe invece lavorare «a bocce ferme».
13/11/2017Pag. 9
diffusione:194011tiratura:288313
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2017 - 13/11/2017 43
2044 Il sorpasso degli anziani Tra ventisette anni un terzo degli italiani avrà più di 65 anni, la spesa previdenziale salirà al18% del Pil Enel 2065 il numero dei decessi doppierà quello delle nascite Boeri: "La denatalità e il calo dell'immigrazioneci obbligheranno a cambiare la previdenza" Il Mezzogiorno è destinato a spopolarsi: si stimano 5,2 milionidi persone in meno Shock demografico con l'addio al lavoro dei baby boomers MARCO RUFFOLO Inostri figli e nipoti lo ricorderanno come il più grande tsunami demografico che si sia mai abbattuto sulla
società italiana. E a causa sua saranno costretti a rimetter mano per l'ennesima volta alla riforma
previdenziale: lo dice lo stesso Inps.
Tre onde anomale resteranno in particolare impresse nella loro memoria. La prima arriva nel 2032: è
l'anno in cui vanno in pensione tutti in una volta un milione e 35 mila baby boomers, un picco assoluto.
Sono i neonati del 1964. Quell'anno, che già vede esaurirsi la forza propulsiva del miracolo economico, e
che ricordiamo per il completamento dell'Autostrada del Sole, per i jukebox nei bar e per il colpo di Stato
tentato dal generale De Lorenzo, segna un record di culle che non si ripeterà mai più nella storia d'Italia. Da
allora le nascite cominceranno a rallentare fino alle 473 mila di quest'anno. Ma il crollo, dice l'Istat,
continuerà ancora, finché nel 2032, mentre quel milione di sessantottenni lasceranno il lavoro, nei reparti di
maternità ci saranno non più di 450 mila neonati.
Secondo choc demografico: 2044. È l'anno in cui ci si accorge che il rapporto tra giovani e anziani si sta
progressivamente ribaltando. Gli italiani si contano e scoprono di avere molte più rughe e capelli bianchi:
tra di loro ci sono quasi 8 milioni di under 54 in meno rispetto a vent'anni prima, e 6 milioni in più di over 65,
ormai un terzo di tutta la popolazione. Il motivo è che stanno invecchiando le gigantesche classi dei baby
boomers (quelle nate tra la metà degli anni 50 e dei '70), e questo fatto spezza tutti gli equilibri. A
cominciare da quello pensionistico. La spesa previdenziale raggiunge un picco imprevisto, il 16,3% del Pil,
ma l'Eurostat la prevede ancora più alta: 18,3%. Il problema è che a rimpolpare la popolazione attiva, a
sostenere con i loro contributi il sistema pensionistico italiano, non contribuiscono più come prima gli
immigrati, fin qui una sorta di ciambella di salvataggio dei nostri conti pubblici e demografici. Nelle sue
ultime proiezioni la Ragioneria generale dello Stato prende tutti di sorpresa. Le stime di qualche tempo fa
sono ormai superate: proprio intorno al 2044 il flusso di immigrati si riduce dai 233 mila annui inizialmente
attesi a 155 mila. Un saldo pur sempre positivo, ma fortemente ridimensionato. Senza mezzi termini, si
ipotizza che gli immigrati preferiscano, come comincia a succedere già oggi, i Paesi del Nord Europa al
nostro. In Italia resteranno i lavoratori meno qualificati, spesso i più disperati. Il risultato è che alla fine,
nonostante l'aumento dei requisiti di età pensionabile al crescere della speranza di vita, e nonostante
comincino a uscire dal lavoro persone con la pensione calcolata tutta con il sistema contributivo, intorno al
2044 la spesa pensionistica schizzerà più in alto del previsto. Terza e ultima onda anomala: 2065. È l'anno
in cui il numero dei decessi doppia quello delle nascite: 850 mila contro 422 mila. L'invecchiamento e la
denatalità nel nostro Paese arrivano a tal punto che la popolazione, prevista inizialmente in leggera
crescita, vede sparire rispetto ad oggi 7,1 milioni di persone e si avvia malinconicamente verso quota 50,
dai 60 milioni attuali. Per la verità, senza il contributo degli immigrati (che pur ridimensionato pesa ancora
molto) i residenti calerebbero addirittura del doppio.
E siccome l'immigrazione è prevista concentrarsi quasi esclusivamente nel Centro-Nord, alla fine è il
Mezzogiorno a spopolarsi si più e in modo drammatico: 5,2 milioni di persone in meno.
L'età media nazionale raggiunge il massimo: 50 anni. Le donne toccano per la prima volta i 90 anni di
speranza di vita. Ma il 2065 è anche l'anno in cui la spesa pensionistica, dopo il picco di vent'anni prima,
torna a ridursi in rapporto al Pil. Come mai? Il motivo va sempre ricercato in quello che succede alla
foltissima schiera dei baby boomers, il vero asse portante del nostro sistema demografico e previdenziale.
13/11/2017Pag. 9
diffusione:194011tiratura:288313
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2017 - 13/11/2017 44
Dopo essere andati in pensione tra il 2020 e il 2040 pesando inevitabilmente sui conti previdenziali, adesso
i figli del miracolo economico passano semplicemente a miglior vita, per via dell'età. La Ragioneria usa una
terminologia un tantino tranchant per comunicarcelo: l'inversione di tendenza della spesa pensionistica -
scrive nel suo ultimo rapporto - «si spiega con la progressiva eliminazione delle generazioni del baby
boom». Le nascite continuano a battere la fiacca, ma almeno i contributi dei nostri figli e nipoti non
dovranno più pagare la pensione a quella sterminata massa di vecchietti.
Tutto risolto, dunque, con la loro "eliminazione"? Non proprio. Quelle ondate demografiche lasceranno più
di un segno al loro traumatico passaggio.
Lo lasciano soprattutto sui conti pubblici, creando uno squilibrio sempre maggiore tra i contributi via via
versati dai lavoratori (ridotti dalla denatalità e dalla bassa occupazione) e le pensioni da coprire con quei
contributi (gonfiate dalla crescente longevità degli anziani).
L'effetto finale è un maggior debito pubblico di oltre 30 punti percentuali, dice la Ragioneria, circa 51
miliardi di euro di qui al 2070. Ma l'Eurostat parla addirittura di 117 punti in più. Ovviamente, questo non è
un problema che imponga una immediata soluzione: i prossimi dieci-quindici anni saranno ancora
finanziariamente coperti dalle riforme messe in campo, ma successivamente non basterà più l'aumento
previsto dei requisiti di età, non sarà sufficiente l'effetto calmierante del sistema contributivo. «Ragionando
nel lungo periodo, di qui al 2070 - conferma il presidente dell'Inps, Tito Boeri - se non ci saranno nel
frattempo più immigrati regolari e/o più nascite, sarà necessario fare un'altra riforma pensionistica, perché
la demografia vanificherà quelle già fatte. C'è tutto il tempo per rimediare, ovviamente, ma non illudiamoci
di avere risolto il problema». Se così stanno le cose, pensiamo a cosa potrebbe succedere nei prossimi
decenni se si interrompesse di colpo l'adeguamento dell'età pensionabile alla speranza di vita, come
vorrebbero oggi alcune forze politiche, spinte evidentemente da una pressante motivazione elettorale.
L'Inps ha stimato questo eventuale costo aggiuntivo in 140 miliardi, che si sommerebbero ai 51 che si
dovranno comunque trovare in assenza di nuovi immigrati o di una ripresa della natalità. Siamo disposti a
lasciare in sospeso questo debito enorme sopra la testa dei nostri figli e nipoti? Come cambierà la
popolazione italiana 18,5% 21,7% 0-19 anni 20-54 anni 55-65 anni 65 e oltre 2015 Popolazione totale
Classi di età 60,8 milioni 11,2 28,6 7,8 13,2 47,2% 12,6% milioni milioni milioni milioni Fonte: Ragioneria
generale dello Stato 32,3% 13,4% 0-19 anni 20-54 anni 55-65 anni 65 e oltre 2040 Popolazione totale
Classi di età 16,0% 59,2 38,4% milioni 9,4 22,7 7,9 19,1 milioni milioni milioni milioni 33,1% 12,9% Classi di
età 2065 Popolazione totale 0-19 anni 20-54 anni 55-65 anni 65 e oltre 53,7 8,8 20,3 6,9 17,8 milioni milioni
milioni milioni 16,4% 37,6% milioni -7,1 Variaz.
sul 2015 in milioni -2,4 -8,3 -0,9 +4,5
13/11/2017Pag. 9
diffusione:194011tiratura:288313
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2017 - 13/11/2017 45
"Il direttore finanziario è cambiato ora deve fare i conti con i big data" INTERVISTA A ROBERTO MANNOZZI, PRESIDENTE DELL'ANDAF, L'ASSOCIAZIONE DEI CHIEFFINANCIAL OFFICER, E A SUA VOLTA CFO DI FERROVIE DELLO STATO: "CI VIENE SEMPRE PIÙRICHIESTA UNA PIANIFICAZIONE A MEDIO E LUNGO TERMINE, SU CUI L'AD PRENDERÀ LEDECISIONI" Adriano Bonafede Roma Niente e nessuno rimane fuori dala rivoluzione digitale, nemmeno i chief financial officer. «Se fino a
ieri siamo stati soprattutto "manager dei conti", oggi dobbiamo diventare sempre di più "manager dei dati».
A parlare è Roberto Mannozzi, direttore centrale amministrazione bilancio e fiscale del gruppo Fs e
presidente dell'Andaf, l'associazione nazionale dei direttori amministrativi e finanziari, nata da ormai quasi
cinquant'anni, che conta 1700 soci. Dottor Mannozzi, la vostra è una categoria numerosa e sicuramente
sempre più importante all'interno delle aziende: siete i garanti dell'informativa finanziaria e attraverso di voi
passano tutti i flussi economici e finanziari delle imprese, ma come siete distribuiti all'interno di Andaf ?
«Degli attuali 1700 associati, circa 200 vengono dal mondo accademico e da quello della consulenza e
revisione contabile. Altri 200 sono i cfo di medio-grandi e grandi aziende. Gli altri 1.300 circa sono i dirigenti
finanziari delle piccole medie aziende, ovvero il cuore pulsante del tessuto delle imprese italiane. Ma tutti,
anche questi ultimi, devono essere pronti ad abbracciare il cambiamento digitale, che sta impattando
sempre più la vita delle aziende». Qual è la direttrice di questo mutamento? «Non possiamo non prendere
in considerazione il mondo dei "big data". Chi, come il chief financial officer, sui dati e sulle informazioni
finanziarie ha da sempre un ruolo e una responsabilità di gestione e di certificazione non può non tener
conto ormai, nella sua attività, di questo enorme e crescente flusso di informazioni che arriva sempre meno
dall'interno dell'impresa e sempre più da fonti esterne». Come affrontate questa problematica? «Il cfo deve
lavorare per rafforzare la sua figura di garante della affidabilità delle informazioni finanziarie e gestionali che
circolano in azienda, per cui dovrà sempre più assumere il ruolo di attento selezionatore di questi dati, per
fungere da "cerniera" tra la massa di informazioni disponibili, il management operativo che gestisce il
business e il ceo, che deve prendere le decisioni strategiche. Perché ciò sia possibile dobbiamo investire
quindi sulle nostre competenze. Sino ad oggi il team del direttore finanziario vedeva soprattutto la presenza
di risorse provenienti da studi in economia e finanza e, più raramente, in ingegneria gestionale. D'ora in
avanti nei nostri team dovranno essere sempre di più presenti nuove figure professionali come gli "esperti
di analytics" e i "data scientist"». Un ruolo più difficile di un tempo... «Certamente diverso. Considerata la
crescente numerosità e velocità con cui dati e informazioni di natura finanziaria affluiscono in azienda, il cfo
deve essere capace di interpretare il suo ruolo mettendo a disposizione dei suoi "business partners"
aziendali dati elaborati in tempo reale, utilizzando le nuove tecnologie abilitanti che il mondo digitale sta
offrendo, come ad esempio l'automazione dei processi transazionali più ripetitivi attraverso tecniche di
robotica, o l'utilizzo di sistemi di "blockchain" per la regolazione finanziaria di alcune tipologie di operazioni.
Su questo ci si è confrontati lungamente durante il nostro recente congresso nazionale di fine ottobre a
Perugia». Poiché la trasformazione in atto è assai rapida, non c'è il pericolo che qualche vostro associato
rimanga un po' indietro sul fronte della rivoluzione digitale? «Il rischio è più che reale, soprattutto per i
direttori finanziari delle Pmi. Tanto che la nostra associazione si è già posta l'obiettivo di lavorare ad
un'offerta formativa rinnovata che introduca anche specifici approfondimenti sull'evoluzione digitale. Del
resto l'Andaf ha già avviato da tempo molte partnership con parecchie università sul territorio nazionale per
dei "master" dedicati al ruolo manageriale del cfo nei quali, agli aspetti teorici della professione tipici del
taglio accademico, si uniscono le testimonianze pratiche di noi manager di azienda, con l'evidente valore
aggiunto per i partecipanti». Al di là dei cambiamenti che lei ha già spiegato nella figura e nei compiti del
direttore finanziario, che altro sta mutando nel vostro mestiere? « Oltre all'impatto della trasformazione
13/11/2017Pag. 41 N.38 - 13 novembre 2017
diffusione:400000La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stam
pa è da intendersi per uso privato
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2017 - 13/11/2017 46
digitale sui processi amministrativi e finanziari di cui abbiamo parlato, direi che in uno scenario di mercati
ogni giorno più competitivo e complesso, anche per i temi analizzati in precedenza, gli investitori chiedono
sempre maggiori informazioni prospettiche sulla evoluzione delle performance gestionali delle aziende, per
cui cresce la spinta da parte dei vertici a chiedere ai cfo stime affidabili sulla proiezione dell'azienda nel
futuro. Diventa quindi sempre più delicata e centrale la capacità da parte della nostra categoria nell'affinare
modelli, sistemi e tecniche di pianificazione a medio e lungo termine». Dovete "prevedere" il futuro? «È un
mestiere che lasciamo ad altri. Diciamo che sono i mercati a chiedere alle aziende proiezioni a più lungo
termine, e quindi nella gestione di questo processo il ruolo del cfo è certamente centrale». Tutto questo sta
influenzando il rapporto che un cfo ha con l'ad. È così? «Questa relazione è diventata molto più intensa che
in passato, quando il cfo si occupava semplicemente di "far tornare i numeri", guardando in particolare ai
dati di consuntivo. Oggi l'ad chiede un sempre maggior supporto nel proiettare su più anni, e su diversi
scenari, i dati di performance dell'azienda per valutare quale potrebbe essere lo sviluppo e la sostenibilità
del business in futuro così da poter prendere per tempo le conseguenti decisioni strategiche». S. DI MEO
Giancarlo Fancel (1), chief financial officer di Generali e Richard Palmer (2), cfo di Fca In basso, Roberto
Mannozzi , cfo del Gruppo Fs 1700 ASSOCIATI all'Andaf, l'associazione di categoria dei chief financial
officer italiani che esiste da circa cinquanta anni 10 CORSI A MILANO Sono quelli organizzati dall'Andaf
nel 2017 oltre a specifici corsi "in-house" offerti alle aziende associate LA SCHEDA Una struttura centrale e
12 sezioni locali L'Andaf nasce nel 1968 con l'obiettivo di favorire lo scambio di esperienze e informazioni
tra i responsabili delle funzioni amministrazione, finanza, controllo di gestione, pianificazione e internal
auditing delle aziende italiane. È un'associazione senza scopo di lucro e si propone di contribuire, tramite
iniziative nazionali e internazionali, alla formazione e alla crescita professionale degli aderenti . Opera in
Italia mediante una struttura centrale e 12 sezioni locali. A livello internazionale fa parte di Iafei -
International Association of Financial Executives Institutes, la Federazione mondiale che riunisce 21 Paesi
membri per un totale di oltre 25 mila aderenti.
13/11/2017Pag. 41 N.38 - 13 novembre 2017
diffusione:400000La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stam
pa è da intendersi per uso privato
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2017 - 13/11/2017 47
Riad Potere e affari, la rivoluzione d'Arabia LA RETATA DI MINISTRI E PRINCIPI VOLUTA DA MOHAMMED BIN SALMAN, UOMO FORTE DI RIAD,RIMETTE IN DISCUSSIOME INVESTIMENTI OCCIDENTALI DA MIGLIAIA DI MILIARDI E L'IPO DIARAMCO Francesca Caferri Una città futuristica da costruire da zero per un valore complessivo di 500 miliardi di dollari. Un fondo di
investimento sovrano, il Pif, destinato a raddoppiare il valore dei suoi asset fino a 400 miliardi di dollari
entro il 2020 per arrivare a duemila miliardi di dollari nel 2030. Milioni di dollari da raccogliere sul mercato
nel giro di pochi mesi grazie alla privatizzazione di autostrade, ferrovie ed aeroporti. segue a pagina 2 dalla
nostra inviata a Riad segue dalla prima Sullo sfondo di tutto, la più grande Ipo della storia, quella di Saudi
Aramco, che nel 2018 porterà in Borsa il 5 per cento della società petrolifera più grande del mondo. Fino a
due settimane fa quella dell'Arabia Saudita post-petrolifera di Mohammed Bin Salman sembrava una favola
destinata al lieto fine. Per presentarla, il potente principe ereditario aveva convocato a Riad 3500 fra politici,
banchieri e gestori di fondi di investimento più importanti del mondo, in un vertice subito ribattezzato "la
Davos nel deserto". Ma la storia del Paese che si re-inventa da zero sotto la guida di un principe giovane
(32 anni) e modernizzatore non è durata a lungo. A farla sbriciolare ci ha pensato intorno alla mezzanotte di
sabato 4 novembre una retata che, con una mossa senza precedenti nella storia del regno, ha portato in
prigione 11 principi reali, quattro ministri (fra cui quello dell'Economia) e i fondatori e amministratori delegati
di alcuni dei principali gruppi del Paese, dal settore delle costruzioni a quello della televisione e
dell'intrattenimento. Alla prima ondata di arresti ne sono presto seguite altre: nel giro di pochi giorni, nelle
mani dell'autorità giudiziaria sono finite più di 200 persone, a vario titolo accusate di aver sottratto al
governo più di 100 miliardi di dollari negli ultimi due decenni. 800 miliardi di dollari in asset bancari e
finanziari potrebbero finire confiscati, secondo il Wall Street Journal . Ufficialmente l'accusa contestata agli
arrestati è corruzione, ma a nessuno è sfuggito il vero senso della manovra: sgomberare la strada per
l'ascesa al trono di MBS, come viene chiamato a Riad, togliendo dal palcoscenico i rivali più ingombranti
dal punto di vista politico, come il cugino Mutaib bin Abdallah, o di immagine: ed è il caso di Waleed Bin
Talal, il multimiliardario che con le sue partecipazioni in Twitter, Citigroup e News Corp. è stato per decenni
il volto della finanza saudita nel mondo. Se a tutto questo si aggiungono le dimissioni del primo ministro
libanese Saad Hariri, volute da Riad, e lo scambio di accuse con l'Iran seguito al lancio di un missile su
territorio saudita, la fine del clima di fiducia che pareva essersi creato intorno all'Arabia Saudita è facilmente
spiegabile. «Nelle ore immediatamente successive agli arresti decine di milioni di dollari sono usciti dai
mercati del Medio Oriente - spiega uno dei gestori dei principali fondi di investimento attivi nell'area, che
accetta di parlare a condizione di restare anonimo - questa mossa ha dimostrato che l'Arabia Saudita è
ancora ben lontana dall'essere il Paese stabile e trasparente che il principe voleva presentare al mondo. A
ciò va aggiunta la paura di un'ondata di tensione e di violenza che potrebbe andare ben oltre i confini
sauditi». Le parole dell'investitore centrano in pieno la questione: se dal punto di vista interno la retata ha
messo in discussione la bontà delle promesse di riforma, la contemporanea levata di scudi contro l'Iran ha
dimostrato che la posta in palio nella partita di Mohammed Bin Salman non è soltanto nazionale. A 32 anni,
e con il mano un portafo-glio che comprende il ministe-ro della Difesa, quello delle Ri-forme e il controllo di
Aramco, l'ambizioso principe ereditario punta ad affermare il dominio saudita su tutta la regione a sca-pito
dell'odiato Iran: una parti-ta che è sì politica e religiosa (Riad è il campione del sunni-smo, Teheran dello
sciismo), ma anche economica. In ballo c' è il destino del mercato del pe-trolio, di cui i contendenti sono fra
i maggiori produttori mon-diali. Di quello del gas, il cui grande protagonista, il Qatar, è ostaggio e preda
nello scontro. Ma anche il ritorno dell'Iran sul-la grande scena degli investi-menti mondiali dopo la fine del-
le sanzioni legate alla questio-ne nucleare. Sullo sfondo c'è la privatizza-zione di Aramco, la più grande
13/11/2017Pag. 1.2.3 N.38 - 13 novembre 2017
diffusione:400000La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stam
pa è da intendersi per uso privato
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2017 - 13/11/2017 48
operazione borsistica della Sto- L'ATTIVITA DEI PORTI In milioni di tonnellate JEDDAH ISLAMIC PORT •
KING ABDULAZIZ P0RT DAMMAM JUBAIL (comm. e ind.) • YANBU (comm. e Ind.) gQ folle: Sluii Pili:
Monti 60 40 20 _ il il il '13 '14 '15 ria. Chi si arrischierebbe a scom-mettere su un Paese dove i venti di
guerra che coinvolgano Tehe-ran, Doha, Sana'a a Beirut paio-no spirare fortissimi? E la cui sta-bilità
politica è tutt'altro che as-sodata? «Nessuno. Almeno nel breve periodo - risponde Jim Krane, fellow for
Energy Studies alla Rice University di Houston, uno dei più attenti osservatori del mercato petrolifero del
Gol-fo - dopo tante promesse di tra-sparenza e apertura un compor-tamento del genere è giudicato
incongruo. Inoltre c'è da aspet-tarsi che questa stretta blocchi l'inclusione dell'Arabia Saudita nell'indice
MSCI dei mercati emergenti, cosa che avrebbe portato in automatico miliardi di dollari di investimenti dei
fon-di verso il regno». Più difficili da prevedere le conseguenze sull'Ipo di Aram-co, che non avverrà prima
di un anno: negli ultimi giorni la tensione regionale ha spinto in alto il prezzo del petrolio, fa-cendogli
superare i 64 dollari al barile e quindi teoricamente reso più appetibile l'operazio-ne. Ma non è detto che il
rialzo durerà a lungo. A Riad sui tem-pi dell'operazione non sembra-no esserci dubbi: «Abbiamo detto
2018, sarà 2018», ha rispo-sto secca qualche giorno fa una fonte della Corte reale in-terrogata in materia.
Resta da sciogliere il nodo del mercato prescelto. Nel braccio di ferro fra Lon-dra, New York e Singapore
po-che ore prima dell'ondata di arresti che ha sconvolto il re-gno è entrato a gamba tesa il presidente
americano Donald Trump: «Apprezzerei molto che i sauditi scegliessero Wall Street per l'Ipo di Aramco.
Sa-rebbe importante per gli Stati Uniti!», ha twittato, accenden-do le speculazioni di chi pen-sa che la Casa
Bianca fosse al corrente di ciò che stava per accadere e avesse concesso ai sauditi luce verde in cambio
dell'Ipo. Il totale appoggio di cui Mo-hammed Bin Salman sembra godere alla Casa Bianca è uno degli
elementi che preoccupa-no di più gli analisti più attenti a quello che accade nel regno, da Adel Fakieh,
ministro dell'Economia, rimosso il 4 novembre (1); Tamim bin Hamad al-Thani, emiro del Qatar (2) Madawi
Al Rasheed a Bruce Rie-del. Entrambi nei giorni scorsi hanno messo in guardia dal ri-schio che un rapporto
troppo stretto con gli Usa (e in particola-re con Jared Kushner, genero di Trump) possa far sentire il prin-
cipe garantito in ogni sua mos-sa: comprese quelle bellicose verso l'Iran. A questo va aggiunto il fatto che
nei prossimi mesi il regno vivrà un appuntamento crucia-le, con l'introduzione per la pri-ma volta nella sua
storia di una serie di tasse. E che le retate an-ti-corruzione potrebbero far sa-lire la tensione interna, anzi-
ché placarla: «Finora la fami-glia reale si era sempre mostra-ta compatta. Per anni ci siamo sentiti dire che
quando nel mu-ro ci fosse stata una crepa tutto si sarebbe sbriciolato: ora la crepa è arrivata, e anche
molto grossa. Nessuno sa cosa potrà accadere», spiega uno degli uo-mini che lavorano alla quota-zione di
Aramco. Per questo, anche le grandi banche d'affari che per mesi si sono contese una fetta della grande
torta dell'Ipo - da JP-Morgan Chase a Morgan Stan-ley fino a Hsbc - negli ultimi giorni sembrano aver
adottato un atteggiamento più pruden-te nei confronti dell'Arabia Saudita. La favola del regno dorato e del
suo principe ha ancora mol-te pagine da scrivere prima di arrivare al suo "e vissero tutti fe-lici e contenti".IL
PERSONAGGIO Il principe che vuole innovare il Paese
A 32 anni Mohammed Bin Salman (nella foto in basso) è l'uomo più potente del Medio Oriente: figlio
prediletto del re Salman, è pronto - si dice in poche settimane - a salire sul trono. Il suo obiettivo è
rivoluzionare il volto del Paese più conservatore del mondo: stop alla dipendenza dal petrolio, spazio alle
energie rinnovabili, all'high tech, ai giovani e alle donne. Fuori dai confini sauditi porta avanti una politica
aggressiva: sua l'idea di iniziare la guerra in Yemen, che ha fatto migliaia di morti. Sua l'iniziativa di isolare
il rivale Qatar, accusato di sostenere i Fratelli musulmani.
I PROTAGONISTI Al Waleed bin Talal Fondatore di Kingdom Holding, arrestato per corruzione, 17 miliardi
di dollari di patrimonio
Re Salman bin Abdulaziz Il re ha più di 80 anni: punta a lasciare il potere al figlio MBS Mutaib bin Abdallah
Figlio dell'ex re Abdallah, rivale di MBS alla corsa al trono. Arrestato Mohammed Bin Nayef
13/11/2017Pag. 1.2.3 N.38 - 13 novembre 2017
diffusione:400000La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stam
pa è da intendersi per uso privato
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2017 - 13/11/2017 49
Ex principe ereditario, a lungo uomo più potente del Paese, estromesso Mansour bin Muqrin
Figlio dell'ex erede al trono, morto in un misterioso incidente aereo
Foto: Il principe ereditario saudita Mohammed Bin Salman
Foto: (MJ JOEJDBUPSJ FDPOPNJDJ TBVEJUJ F RVFMMJ EJ SJTDIJP DBMDPMBUJ EBMMB 4BDF *M
DPQZSJHIU EFMM JOGPHSBGJDB RVJ TPQSB Í JOWFDF EFMM 0YGPSE #VTJOFTT (SPVQ "EFM
'BLJFI NJOJTUSP EFMM &DPOPNJB SJNPTTP JM OPWFNCSF 5BNJN CJO )BNBE BM 5IBOJ FNJSP
EFM 2BUBS " TJOJTUSB JM MVPHP EPWF OBTDFSÆ /&0. TVMMF DPTUF EFM .BS 3PTTP BM
DPOGJOF DPO MB (JPSEBOJB 4PQSB JM MPHP EFMMB DJUUÆ
13/11/2017Pag. 1.2.3 N.38 - 13 novembre 2017
diffusione:400000La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stam
pa è da intendersi per uso privato
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2017 - 13/11/2017 50
I COMMENTI Non basta la moneta per l'Unione Andrea Boitani L'Unione Monetaria Europea è nata con una gamba sola: quella della moneta, appunto. Per quanto larga
sia, quell'unica gamba non ha permesso all'Eurozona di resistere alla violenza della crisi finanziaria del
2007-08 e anzi ha permesso che precipitasse in una crisi economica profonda e asimmetrica (che ha cioè
colpito di più e più a lungo, alcuni paesi rispetto ad altri). segue a pagina 10 La seconda gamba - l'unione
bancaria - è ancora troppo corta e fragile (manca un'assicurazione comune dei depositi degna di questo
nome). La terza gamba - l'unione fiscale - non è neppure entrata in produzione. Certo ci sono le regole
fiscali. Ma non si ha la sensazione che, tutte insieme, facciano una gamba fiscale degna di questo nome,
mentre è certo che: 1) non hanno prodotto risultati positivi in termini di minor disoccupazione e maggiore
crescita; 2) hanno contribuito a far aumentare il rapporto tra debito e Pil (perché hanno accentuato la
caduta del Pil più di quanto abbiano contribuito a ridurre il debito) tra il 2011 e il 2013-14. Un'unione
monetaria ha certamente bisogno di regole, ma non è vietato scriverne di intelligenti invece che affidarsi
solo a quelle stupide. In ogni caso le regole non bastano a fare una gamba fiscale robusta. Le regole sono
generalmente disegnate con l'obiettivo di assicurare la sostenibilità delle finanze pubbliche (debito e deficit)
dei paesi membri dell'unione monetaria. Ma non hanno permesso (nonostante le varie riforme del triennio
2010-2012) di realizzare politiche seriamente anticicliche nei paesi ad alto debito che, proprio a causa di
quel debito, venivano etichettati come privi di "spazio fiscale". Tra questi, ovviamente, anche l'Italia. E non
bastano neanche gli stabilizzatori automatici nazionali (tasse, sussidi di disoccupazione, ecc.) che non
hanno la forza di assorbire gli shock asimmetrici o quelli simmetrici troppo grandi. Se "la politica fiscale è un
potente strumento della politica macroeconomica" - come ha scritto recentemente il presidente dello
European Fiscal Board Niels Thygesen - tanto più lo è in una unione monetaria in cui la Banca Centrale
mantiene una politica monetaria "accomodante" (che cioè tiene i tassi bassi e fornisce al sistema tutta la
liquidità che richiede). Ma una politica fiscale discrezionale confinata a livello strettamente nazionale rischia
sia di infrangersi contro i limiti già detti dello "spazio fiscale" sia di non tenere conto degli spillover
(letteralmente tracimazione) tra un paese e l'altro e quindi di risultare, asseconda dei casi, sovra o sotto
dimensionata rispetto alle esigenze dell'unione nel suo insieme. Le vie d'uscita sono due, non
necessariamente alternative e forse da porre in sequenza: 1) il coordinamento delle politiche fiscali e 2) la
costituzione di un bilancio comune dell'Eurozona (su cui tornerò in un prossimo articolo). La prima via
richiede, quantomeno, la definizione di una fiscal stance obiettivo (cioè un obiettivo di espansione o di
restrizione fiscale) per correggere gli squilibri ciclici dell'intera Eurozona, tenendo conto degli spillover di cui
sopra. L'obiettivo aggregato dovrà essere fissato da un soggetto sovra-nazionale - per esempio un ministro
delle finanze politicamente responsabile di fronte a un'assemblea dei parlamentari europei eletti
nell'Eurozona - in base a criteri concordati tra la Commissione Europea e i ministri economici e finanziari
dei paesi membri e venga assegnato a ciascun paese il compito di contribuire a quell'obiettivo in
proporzione, anche modificando la composizione della sua spesa al fine di favorire il raggiungimento della
fiscal stance appropriata. Il che richiede di tenere conto di quanto ciascun paese contribuisca agli squilibri
dell'Eurozona e di quanto possa contribuire a correggerli, in relazione allo spazio fiscale di cui dispone. Il
problema di questo approccio è che, in ultima analisi, l'attuazione dei compiti definiti a livello "federale"
deve pur sempre essere lasciata ai singoli governi. Nel 2016, la Commissione Europea e il Parlamento
Europeo hanno premuto l'acceleratore per la definizione di una fiscal stance obiettivo a livello europeo che
fosse più espansiva di quella prevista per il 2017. Il Parlamento Europeo ha anche incaricato autorevoli
studiosi di elaborare proposte per la definizione della fiscal stance obiettivo. La Commissione ha però finito
per ripiegare nell'affermazione che "il disegno di una fiscal stance appropriata per l'area Euro è
13/11/2017Pag. 1 N.38 - 13 novembre 2017
diffusione:400000La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stam
pa è da intendersi per uso privato
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2017 - 13/11/2017 51
responsabilità individuale e collettiva degli stati membri". I quali, nel dicembre del 2016, hanno risposto che
la fiscal stance per il 2017 era appropriata e - nelle parole del presidente dell'Eurogruppo Dijsselbloem -
che forse "qualche paese membro (leggi Germania n.d.r.)può, se così sceglie, utilizzare la propria
favorevole situazione di bilancio per rafforzare la propria domanda interna e il proprio potenziale di
crescita". Ma può anche decidere di non fare niente. Come puntualmente avvenuto. Coordinamento
almeno rinviato.
13/11/2017Pag. 1 N.38 - 13 novembre 2017
diffusione:400000La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stam
pa è da intendersi per uso privato
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2017 - 13/11/2017 52
Gli antidoti al populismo economico Ferdinando Giugliano Saranno mesi surreali quelli che abbiamo davanti. I partiti si sono messi alle spalle il clima di emergenza
che ha accompagnato gli anni delle recessione e fanno ormai a gara a chi spara la promessa più grossa.
Nello spettro politico manca una forza che si intesti la battaglia del realismo e della responsabilità. segue a
pagina 10 L'unico antidoto al populismo economico può venire dalle istituzioni e dai centri di ricerca, a cui
tocca il compito di valutare l'impatto delle politiche pubbliche e spiegare agli elettori le conseguenze delle
promesse dei partiti. Le elezioni in Sicilia hanno visto Forza Italia e il Movimento 5 Stelle sfidarsi a colpi di
annunci irrealizzabili. Ma le fanfaronate siciliane sono l'antipasto di quello che ci aspetta nei prossimi mesi
di campagna elettorale. Il Pd non è da meno dei suoi concorrenti: l'ex premier non perde l'occasione di
ripetere che porterà il deficit al 2,9% del Pil, anche se il buon senso imporrebbe di far scendere
l'indebitamento in una fase di crescita. Il Pd si è ormai allineato a Forza Italia e ai Cinque Stelle anche sulle
pensioni: tutti i principali partiti italiani vogliono bloccare l'aumento dell'età pensionabile previsto dalla
riforma Fornero. A cercare di fermare una proposta che farebbe ancora una volta lievitare i costi del nostro
sistema pensionistico, scaricando come sempre il problema sui più giovani, sono rimasti solo i ministri
tecnici Padoan e Calenda. La politica ha deciso che su questo tema il futuro non conta. In una fase di
ripresa nessuno tra i principali partiti sembra interessato a ricordare agli elettori che, in un Paese con il
debito al 133% del Pil, di soldi da spendere ce ne sono comunque pochi. Quest'onere va dunque assunto
dai tecnici, siano essi indipendenti o parte dell'amministrazione pubblica sperando che vengano ascoltati.
Due esempi positivi stanno emergendo. Il primo è l'Osservatorio sui conti pubblici italiani lanciato da Carlo
Cottarelli, già commissario alla spending review e rappresentante dell'Italia al Fmi. Il centro, ospitato dalla
Cattolica di Milano, si prefigge di effettuare un fact-checking delle promesse di spesa dei partiti durante la
campagna elettorale. È difficile pensare a una persona più adatta di Cottarelli per questo ruolo. La sua sfida
sarà quella di non produrre soltanto analisi per gli addetti ai lavori, ma di parlare al grande pubblico,
sensibilizzandolo sull'importanza di ridurre il debito. Il secondo è il programma VisitInps avviato dal
presidente dell'istituto, Tito Boeri, i cui risultati sono stati presentati due settimane fa. Per la prima volta,
l'enorme base dati dell'Inps è stata messa a disposizione di decine di ricercatori, che hanno potuto
analizzare in maniera indipendente l'efficiacia di alcune tra le principali politiche pubbliche degli scorsi anni.
Lo stesso Boeri, in un lavoro con Pietro Garibaldi, ha mostrato come l'introduzione del contratto a tutele
crescenti contenuta nel Jobs Act abbia prodotto un aumento significativo della diffusione dei contratti a
tempo indeterminato. Secondo questi risultati, l'idea molto popolare a sinistra che sia stato inutile riformare
il mercato del lavoro italiano non sarebbe supportata dai numeri. Un lavoro di Giulia Bovini della London
School of Economics e di Matteo Paradisi dell'Università di Harvard, ha invece calcolato i costi della riforma
Fornero per le aziende, che hanno dovuto trattenere alcuni lavoratori più a lungo, non potendoli mandare in
pensione prima. Secondo l'analisi, i costi della riforma sono stati piuttosto contenuti, accettabili visti gli
enormi risparmi che ci saranno in termini di sostenibilità dei conti pubblici. Il merito di VisitInps è quello di
sottolineare quanto sia importante avere delle serie analisi ex post delle politiche pubbliche. Questo è un
campo su cui le istituzioni italiane sono deficitarie: la Corte dei Conti, ad esempio, ha la funzione di vigilare
sui bilanci pubblici, ma non effettua delle vere analisi di costi e benefici come quelle svolte dal suo omologo
britannico, il National Audit Office. Dal bonus cultura per i diciottenni, alla strategia seguita per risolvere le
crisi bancarie, sono molte le scelte compiute dai governi Renzi e Gentiloni che meriterebbero un'analisi ex
post approfondita. Il successo di queste iniziative dipenderà però da come verranno trattate dai media.
Troppo spesso in Italia statistiche e ricerche economiche vengono diffuse indipendentemente dalla loro
qualità. I politici possono così appellarsi alla relatività dei risultati, evitando di spiegare fino in fondo le
13/11/2017Pag. 1.10 N.38 - 13 novembre 2017
diffusione:400000La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stam
pa è da intendersi per uso privato
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2017 - 13/11/2017 53
conseguenze delle loro promesse. Un giornalismo che voglia essere efficace deve sapere a quali numeri
credere. Solo così si può migliorare la qualità del nostro dibattito pubblico e, in ultima analisi, della nostra
democrazia. L'autore è editorialista di Bloomberg View
13/11/2017Pag. 1.10 N.38 - 13 novembre 2017
diffusione:400000La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stam
pa è da intendersi per uso privato
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2017 - 13/11/2017 54
L'INTERVISTA Massiah: "Sbagliato svendere le sofferenze" Marco Panara Massiah: "Sbagliato svendere le sofferenze" a pagina 16 Di Victor Massiah, amministratore delegato di Ubi
Banca, i critici dicono che è troppo prudente, che preferisce stare fermo piuttosto che prendere rischi. «È
una critica che accetto, ma saper aspettare può trasformarsi in una virtù: quando abbiamo rilevato le "good
bank" per un euro mi sembra che siano stati tutti contenti. Aver saputo aspettare in questo caso ha
pagato». Quanto? «Le tre banche stanno dando risultati migliori delle attese». Come mai? «Contribuiscono
due fattori: la governance è semplice perchè non c'è da fare compromessi con nessuno; e noi abbiamo una
buona macchina per l'integrazione. Avevamo appena fatto l'operazione banca unica mettendo insieme le
sette banche che formavano il gruppo Ubi e ci siamo trovati in corsa per questa nuova integrazione. A
gennaio abbiamo formulato un'offerta vincolante soggetta a una serie di condizioni, a maggio abbiamo
perfezionato l'acquisizione, a luglio si è chiuso con successo l'aumento di capitale da 400 milioni, in ottobre
è stata fatta la migrazione di Banca Marche, la più grande e complessa delle tre, entro novembre sarà
completata l'integrazione di Banca Etruria e nei primi mesi del 2018 avverrà la migrazione di Carichieti. La
quale peraltro è già in pareggio mentre le altre due sono molto vicine e lo raggiungeranno ampiamente nel
2018». È stato un affare. «Soprattutto è la dimostrazione che le economie di scala contano, che avere un
sistema gestionale e organizzativo solido conta, che avere la determinazione di fare interventi iniziali
drastici, come noi abbiamo fatto, conta». Cosa vi hanno portato queste tre banche? «Al momento
dell'acquisizione 900 mila clienti, una dozzina di miliardi di impieghi netti e 18 di raccolta diretta, 7,5 di
indiretta e circa 500 sportelli, portando il nostro totale vicino a 2 mila. Come tutti siamo in fase di
ridimensionamento delle reti fisiche e di qui al 2020 ne chiuderemo circa 370 con riferimento a tutta Ubi».
Gli effetti delle acquisizioni si vedono già nei dati dei primi nove mesi che avete presentato venerdì? «I
risultati confermano la fattibilità del piano industriale, sia perché le banche acquisite stanno andando meglio
del previsto, sia perché il margine di interesse che era stato il tallone d'achille delle ultime trimestrali è
tornato a crescere. Sottolineo il fatto che tutti gli indicatori di solidità confermano la buona salute del
Gruppo». Il progetto banca unica che avete realizzato all'inizio dell'anno quali frutti ha portato? «Una forte
semplificazione organizzativa, gestionale e dell'offerta, l'eliminazione delle duplicazioni, la riduzione dei
costi». Cosa è cambiato in questi anni nel mercato del credito? «Stiamo assistendo ad un passaggio che
definirei storico, una situazione mai vista prima, con l'ammontare delle commissioni che supera nelle
entrate della banca il margine d'interesse. È una inversione del modello tradizionale dovuta da una parte
alla crescita delle commissioni soprattutto nel risparmio gestito e nella produzione assicurativa, ma anche
nei settori tradizionali grazie al fatto che l'economia ha ricominciato a muoversi, e dall'altra alla riduzione del
margine di interesse. Prima una forbice tra raccolta e impieghi del 2,5-3% era normale, ora siamo tra l'1,5 e
il 2 con gli spread ai minimi storici. Il che peraltro ci fornisce una informazione importante, ovvero che sul
mercato non c'è carenza di offerta di credito». Perchè questa informazione è importante? «Se gli spread
sono così bassi vuol dire che l'offerta di credito è superiore alla domanda. Ma questo vuol dire anche che
l'imponente stock di crediti deteriorati delle banche italiane non incide sull'offerta di credito e quindi
sull'economia del Paese. Quindi una accelerazione forzata nella cessione delle sofferenze non è
giustificata». Sta dicendo che la montagna delle sofferenze bancarie non pesa sull'economia? «È il mercato
a dire che in Italia non sembra esserci correlazione tra la dimensione delle sofferenze e l'offerta di credito.
Quello che io aggiungo è che una accelerazione forzata nella cessione delle sofferenze determina una
distruzione di ricchezza che sarebbe giustificata se quelle sofferenze comprimendo l'offerta di credito
avessero un effetto dannoso sull'economia, ma che non è giustificata se questo danno non c'è». Le
sofferenze però sono un problema vero. «È un dato che le banche italiane abbiano in portafoglio una
13/11/2017Pag. 1 N.38 - 13 novembre 2017
diffusione:400000La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stam
pa è da intendersi per uso privato
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2017 - 13/11/2017 55
quantità di sofferenze doppia rispetto alla media europea e tutti sappiamo che questo è dovuto alla
recessione più profonda e ai tempi più lunghi della giurisdizione». Se non incidono sull'economia perché c'è
tanta pressione per ridurle rapidamente? «Perché c'è chi pensa che le situazioni difficili siano sottovalutate
e nascondano ulteriori perdite. E perchè alcune banche avevano un livello di sofferenze non solo superiore
alla media europea ma anche a quella italiana. Per quelle banche era urgente correre ai ripari. Ma questa
urgenza vale meno per chi come per esempio Intesa e Ubi hanno sofferenze superiori alla media europea
ma sono nella parte bassa della media italiana, e non c'è motivo per una cessione forzata che
distruggerebbe ricchezza senza alcun vantaggio nè per gli istituti nè per la collettività». Devo dedurne che
non avete nessuna intenzione di cedere i vostri 8,5 miliardi di crediti deteriorati, che pure pesano per il 9
per cento circa sul totale degli impieghi. «Fino ad oggi è stato più conveniente gestire internamente che
cedere. Abbia-
9,39 MILIARDI DI EURO
È l'importo degli impieghi alla clientela del gruppo bancario al 30 settembre del 2017
1.900 FILIALI Sono quelle del gruppo bancario fino al febbraio di quest'anno
Foto: Qui sotto, Victor Massiah , amministratore delegato di Ubi Banca A destra, la hall della sede di Ubi
Banca a Bergamo
13/11/2017Pag. 1 N.38 - 13 novembre 2017
diffusione:400000La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stam
pa è da intendersi per uso privato
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2017 - 13/11/2017 56
RISCRIVERE LE REGOLE DELLA STABILITÀ FRANCO BRUNI Varare la Commissione sulle banche a fine legislatura, fra litigi e polemiche elettorali, in un Parlamento
diviso su questioni istituzionali di fondo, è stato prendere un rischio grave. Ancor più farlo alla scadenza del
gove r n at o re d e l l a B a n c a d'Italia, alla quale la politica non ha saputo prepararsi per tempo. Ma a
correr rischi a volte si guadagna. Se la presidenza saprà guidarla senza soffocarla, qualche utilità potrebbe
uscirne. Essenziale è lavorare «non per regolare i conti del passato, ma per aiutare l'economia italiana del
futuro», come dice l'ex presidente del Consiglio, Matteo Renzi, nella sua lettera a «La Stampa» e come lui
stesso avrebbe dovuto tener sempre più presente. La politica e il potere legislativo possono contribuire alla
vigilanza sulla correttezza e la stabilità degli intermediari e dei mercati finanziari. Sono questioni
tecnicamente complesse, soprattutto dopo che la globalizzazione finanziaria le ha rese radicalmente
internazionali e in rapida evoluzione. La complessità tecnica rende delicato il rapporto fra politica e
burocrazia. Perché la prima tenga bene il suo ruolo deve fare con rigore i suoi compiti ma lasciare alle
burocrazie autonomia e responsabilità. Compito del legislativo, in gran parte del mondo avanzato, è essere
sede regolare (al di là di commissioni d'inchiesta estemporanee) e competente dove i controllori della
moneta e del credito vengono a render conto dei modi con cui stanno perseguendo, con indipendenza, gli
obiettivi loro assegnati. L'organizzazione e l'attrezzatura del Parlamento italiano sono adeguate a questi
fini? Andremo a eleggere un numero sufficiente di parlamentari con la competenza, dedizione, serietà e
l'esperienza adatte per costituire commissioni e gruppi di lavoro con questo compito? Che sappiano porre
le domande giuste, anticipando i problemi e aiutando i controllori del credito a individuarli? La resa dei conti
alla politica delle autorità creditizie è delicato anche per il contrasto che si può sviluppare fra la loro
trasparenza e la stabilità finanziaria. Raccontare i guai delle banche alla politica può diffondere panico e
aggravare i guai. Ma l'esperienza internazionale e le riflessioni di chi ha studiato da tempo queste cose
suggeriscono come superare anche questo problema. Si tratta di verificare ed eventualmente integrare e
correggere quel che avviene in Italia. Il rapporto fra politica e autorità monetarie e finanziarie può andare
molto oltre. Il concetto stesso di stabilità finanziaria è oggi da definire meglio, in tutto il mondo. Una volta,
per esempio, significava che nessuna banca dovesse mai «fallire», che cambi, tassi e borse dovessero
variare solo molto gradualmente. Oggi non è più così. Vanno ridefiniti gli stessi obiettivi delle autorità di
controllo. Nonostante la difficoltà tecnica, questo è compito della politica. Anche il Parlamento italiano può
contribuire: basta che sappia articolare il suo lavoro con quello del governo e, anche per suo tramite,
partecipare alle sedi europee e internazionali dove solamente ha senso prendere decisioni in proposito.
Non sono materie dove funziona la democrazia diretta e la politica chilometro-zero. Il Parlamento europeo,
discutendo con la Bce sul trattamento delle sofferenze bancarie, ha appena incontrato un'atra questione:
fino a che punto chi vigila sulle banche può e deve esimersi dal dettare loro regole? Non è facile
rispondere: è vero che le regole le fissa la politica ma chi ne vigila l'applicazione non può esimersi da
aggiungere dettagli che il legislatore non riesce neanche a immaginare. Questa zona grigia fra
regolamentazione e vigilanza va affrontata con impegno e senza ricerca di polemiche appariscenti. E così
via. Basti pensare che, con l'euro e l'unione bancaria europea, il ruolo di Banca d'Italia è mutato
radicalmente. Riconsiderarne governance e organizzazione non è peccato di lesa maestà, anzi. Ma va fatto
col dovuto anticipo, con cautela, competenza, concordia istituzionale e concertazione europea. c
13/11/2017Pag. 1
diffusione:145421tiratura:210804
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2017 - 13/11/2017 57
Retroscena "Il blitz di Bankitalia in Etruria senza avvertire prima il governo" La versione degli ex vertici di Arezzo: l'11 febbraio 2015 il commissariamento fu imposto La proposta diSerra per rilevare 700 milioni di sofferenze arrivò fuori tempo massimo GIANLUCA PAOLUCCI INVIATO AD AREZZO «Le pare che se a Palazzo Chigi avessero saputo del commissariamento di Banca Etruria, nessuno ci
avrebbe avvisato?». A porre la domanda è un protagonista e testimone dei mesi convulsi che precedettero
il commissariamento della banca aretina. La sua e quella di altri protagonisti di quella vicenda è una
ricostruzione per forza di cose di parte e parziale. Suffragata però da riscontri, anche documentali. E' la
versione dello scontro tra Renzi e Visco vista da chi quello scontro lo vissuto sulla propria pelle: i vertici
della vecchia Banca Etruria. La frattura tra governo e Bankitalia si sarebbe consumata poche settimane
prima, secondo questa ricostruzione, sulla riforma delle popolari varata dal governo Renzi alla fine di
gennaio. Una riforma da tempo richiesta dalla stessa via Nazionale, ma che si discostava in alcuni punti da
quanto Bankitalia avrebbe voluto. E soprattutto venne fatta per decreto, in maniera traumatica, con Renzi
che «prese il comando delle operazioni e scrisse le regole», lasciando Palazzo Koch ai margini, spiega un
altro dei protagonisti. Da lì la rottura tra i due, Renzi e Visco. Che il commissariamento sia arrivato a
sorpresa è un fatto. Lo dimostra il verbale del cda di Etruria dell'11 febbraio del 2015, giorno del
commissariamento della banca. Il cda si riunisce per discutere di un sacco di cose importanti: le
svalutazioni richieste da Bankitalia, un aumento di capitale per coprire le perdite e ripristinare i requisiti
patrimoniali richiesti da Bankitalia, l'aggiornamento sul progetto di aggregazione richiesto da Bankitalia. I
lavori iniziano alle 12,30 nella sede di via Calamandrei. Tra i presenti oltre al presidente Lorenzo Rosi c'è
anche il vice Pier Luigi Boschi, padre dell'allora ministro Maria Elena Boschi. Il verbale è pieno di riferimenti
ai rapporti con Bankitalia: viene illustrato il piano di taglio dei costi portato avanti «in stretto contatto» con
l'autorità di Vigilanza, vengono comunicati i progressi sull'aggregazione «condivisi» con la Vigilanza e le
svalutazioni da questa richieste sulle sofferenze. Viene preparata anche la bozza di un comunicato che
avrebbe reso noto al mercato l'entità della perdita e il progetto di un nuovo aumento di capitale, anche
questo da far visionare agli ispettori. Alle 15.45 il cda riprende dopo una pausa e Rosi avvisa che gli
ispettori di Bankitalia «hanno invitato il consiglio alla trattazione dei soli argomenti di massima urgenza (...)
avvisando altresì che al termine dei lavori e prima della loro chiusura dovranno rendere comunicazioni
urgenti al consiglio e al collegio sindacale». I lavori proseguono in un clima per nulla disteso e il verbale si
chiude con le firme dei commissari appena insediati. La richiesta di commissariamento di Bankitalia al
ministero dell'economia è del 6 febbraio, un venerdì. Il decreto del Mef è del martedì 10 febbraio. Possibile
che nessuno abbia avvisato Palazzo Chigi? E perché da Palazzo Chigi nessuno chiama Arezzo? Nelle
settimane precedenti è provato che l'attenzione di Palazzo Chigi sul dossier Etruria è estremamente
elevata. C'è l'episodio dell'interessamento di Ghizzoni, allora ad di Unicredit. Episodio che la Boschi ha
smentito, ma è un fatto che Rosi incontrò, a fine 2014, lo stesso Ghizzoni per parlare della possibilità di
un'acquisizione. C'è la telefonata dell'allora sottosegretario Delrio al presidente di Bper, nei primi giorni del
2015, per informarsi della questione Etruria. Delrio ha spiegato di essersene interessato «per le possibili
ricadute occupazionali». Ma è un fatto che questo risulta l'unico intervento di Delrio, sul quale allora
convergevano tutte le vertenze industriali, in materia bancaria. E c'è il lungo abboccamento con il finanziere
Davide Serra, che per mesi - dal fallimento dell'ipotesi Vicenza porterà avanti i suoi contatti con Etruria.
Non è l'unico fondo che si fa avanti per Etruria in quel periodo. Ma le fonti interpellate chiamano Serra «la
carta di Boschi» per il salvataggio. I contatti si concretizzeranno in un'offerta da 700 milioni per rilevare le
sofferenze della banca. Arrivata però a fine febbraio, con la banca già commissariata. c
13/11/2017Pag. 4
diffusione:145421tiratura:210804
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2017 - 13/11/2017 58
2,8700 miliardi È il valore dei crediti deteriorati di Banca Etruria emersa dalle ispezioni della Banca d'Italia
milioni È l'offerta del finanziere Davide Serra per rilevare le sofferenze di Banca Etruria (un terzo del totale)
ma nel frattempo l'istituto era già stato commissariato
13/11/2017Pag. 4
diffusione:145421tiratura:210804
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2017 - 13/11/2017 59
Intervista Casini: "Fare luce sarà spiacevole In futuro servono nuove regole" Parla il presidente della Commissione d'inchiesta sulle crisi bancarie: "Ascolteremo Visco e Vegas alla fine.Le tensioni? Sono inevitabili" UGO MAGRI ROMA Presidente Pier Ferdinando Casini, quando prevede che l'indagine parlamentare sul crac delle banche
entrerà nel vivo? «Nel vivo ci siamo già. La Commissione d'inchiesta non ha perso tempo e segue una
linea chiara: approfondire le crisi bancarie partendo dalle più recenti e procedendo a ritroso. Abbiamo
indagato sui due istituti veneti, domani inizieremo con Montepaschi di Siena, cioè il caso più rilevante sul
piano sistemico. Seguiamo un metodo istituzionale». In che consiste? «Nel sentire anzitutto i magistrati, nel
dare voce alle associazioni dei risparmiatori, nell'ascoltare gli istituti di vigilanza e gli attuali liquidatori».
Verrà anche il turno di Ignazio Visco? «Mi sembra difficile che questa Commissione possa concludere i
lavori senza nemmeno aver sentito il governatore di Bankitalia e il presidente della Consob. Ascolteremo
entrambi, ma verso la fine». Perché non all'inizio? «Prima occorre che tutti gli aspetti da chiarire siano già
sul tavolo, adesso sarebbe prematuro». Ieri il segretario Pd, Matteo Renzi, nella sua lettera a La Stampa,
scriveva: «Da questa vicenda tutti dobbiamo imparare qualcosa, non per regolare conti del passato ma per
aiutare l'economia italiana del futuro». Sottoscrive? «E' un proposito assolutamente condiviso non solo da
me, ma in generale da tutte le forze politiche. Il nostro sistema bancario non può permettersi di diventare
terreno di conquista da parte della finanza internazionale, e chi vuole intendere non ha bisogno che io
aggiunga altro». Scusi, però: non era lei tra quanti temevano che la Commissione avrebbe potuto recare
più danni che benefici? «Ho avuto dei dubbi che risultano agli atti. Non a caso sto lavorando, nella carica
da me non richiesta né cercata di presidente della Commissione, per evitare che l'accertamento dei fatti
diventi terreno di scontro da campagna elettorale, con tutta la strumentalità del caso, e si concentri piuttosto
sull'oggetto costitutivo fissato dalla legge: capire cosa non ha funzionato nella gestione degli istituti bancari
coinvolti, se l'attività di vigilanza è stata idonea e tempestiva, fornire indicazioni per prevenire altri casi.
Voglio dare atto della serietà con cui condividono questo percorso il gruppo parlamentare di Forza Italia, a
partire da Renato Brunetta, e quello del Pd, incominciando da Mauro Marino. C'è l'idea comune che la
Commissione non sia la sede di un regolamento di conti, ma serva soprattutto a dare indicazioni anche
severe per il futuro. Se riusciremo nel nostro intento, questo lavoro sarà stato utile» Altrimenti? «In caso
contrario parleremo di occasione persa. Ma ho fiducia». Se è così fiducioso, come spiega le richieste di
ascoltare davanti alla Commissione i «gemelli del crac» nel Veneto, Consoli e Zonin? Equivarrebbe a
spargere nuove nuvole tossiche... «Infatti non sono stati convocati. Chi ha responsabilità gravissime, penali
e personali, di cui rispondere è giusto che si difenda nelle aule di tribunale, non utilizzando la cassa di
risonanza del Parlamento. Che oltretutto non li potrebbe nemmeno ascoltare come testimoni, in quanto
imputati davanti alla giustizia ordinaria». Pratica già archiviata? «Archiviata no. Deciderà l'ufficio di
presidenza, comunque la mia opinione non è affatto un segreto». Abbiamo appena assistito a uno scontro
mai visto prima tra Banca d'Italia e Consob, con duri scambi di colpi. È giusto risciacquare in pubblico i
panni delle istituzioni di vigilanza? «Invito a confrontare i nostri toni con quelli di commissioni analoghe di
altri Paesi, incominciando dagli Stati Uniti. È difficile evitare le tensioni. E comunque, le divergenze tra
Banca d'Italia e Consob non ce le siamo inventate noi commissari. Sono purtroppo una realtà. Migliaia di
italiani hanno visto sfumare i loro risparmi non sempre per effetto delle normali dinamiche di mercato: molti
collocamenti sono avvenuti senza che gli investitori conoscessero le condizioni di dissesto in cui versavano
certe banche, oppure con modalità pregiudizievoli per le persone più sprovvedute e con la pratica diffusa
delle cosiddette "baciate"». Dove termina, secondo lei, l'accertamento della verità e comincia invece
l'autolesionismo? «È ovvio che fare luce comporta chiarimenti spiacevoli, ma non possiamo nemmeno
13/11/2017Pag. 5
diffusione:145421tiratura:210804
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2017 - 13/11/2017 60
recitare la parte di Alice nel paese delle meraviglie. Scaricarne la colpa sulla Commissione d'inchiesta
sarebbe troppo facile e comodo per tutti». c
Seguiamo un metodo istituzionale. Sentiamo i magistrati, risparmiatori, istituti di vigilanza eliquidatoriVisco e il presidente Consob li sentiremo verso la fine. Prima occorre mettere tutti i temi sul tavolo
Il nostro sistema bancario non può diventare terreno di conquista per la finanza internazionale
Avevo dei dubbi sulla Commissione, ora cerco di evitare che sia terreno di scontro elettorale
Fare luce comporta chiarimenti spiacevoli, ma non possiamo essere Alice nel paese delle meraviglie Pier
Ferdinando Casini Presidente Commissione d'inchiesta sulle banche
La Stampa sabato In un retroscena pubblicato sabato scorso su La Stampa emerge come il caso del
commissariamento di Banca Etruria fosse la causa dello scontro tra il segretario del Pd Matteo Renzi e il
governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco
...e La Stampa ieri Il segretario del Pd Matteo Renzi con una lettera a La Stampa pubblicata ieri
contrattacca e sottolinea le responsabilità di Banca d'Italia e Consob nel caso delle banche: «Etruria è un
alibi per azzerare ogni critica»
Foto: Mario Draghi Presidente della Banca Centrale europea
Foto: Ignazio Visco Governatore della Banca d'Italia recentemente riconfermato
Foto: Matteo Renzi Segretario del Partito democratico ex presidente del Consiglio
Foto: IMAGOECONOMICA
Foto: Presidente Pier Ferdinando Casini è stato presidente della Camera dal 2001 al 2006
13/11/2017Pag. 5
diffusione:145421tiratura:210804
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2017 - 13/11/2017 61
PROPOSTI CRITERI PIU MORBIDI A FAVORE DEI LAVORI GRAVOSI. OGGI IL VERTICE FINALE CONGENTILONI E I MINISTRI/ECONOMIA & FINANZA Pensioni, Ape social prorogata al 2019 Ultima offerta del governo per frenare l 'aumento dell'età a 67anni. I sindacati: non basta PAOLO BARONI ROMA L'ultima offerta che farà oggi il governo ai sindacati per cercare di chiudere un accordo sul delicato dossier
pensioni prevede sia la proroga al 2019 dell'Ape social, sia un ammorbidimento dei requisiti per entrare a
far parte della lista dei mestieri che verranno esentati dall'innalzamento dell'età della persone a 67 anni a
partire dal 2019. I mestieri resteranno sempre i 15 indicati giovedì scorso (gli 11 gravosi già inseriti nell'Ape
social più marittimi, addetti alla pesca, operai agricoli e siderurgici), ma recependo le obiezioni dei sindacati
che contestavano la credibilità delle stime dell'esecutivo su questo intervento (15-20 mila beneficiari) i
requisiti di accesso verranno allentati. In particolare prevedendo non più 36 anni di contributi, ma 30 o poco
di più, e 7 anni sugli ultimi 10 (anziché 6 su 7) di impiego in una occupazione gravosa. «E' un altro piccolo
passo avanti, ma ancora non basta commenta Domenico Proietti della Uil -. Occorre allargare di più la
platea degli esentati, dare certezze sull'Ape social dopo che quest'anno ha dimostrato di non funzionare, e
poi servono interventi sui giovani e le donne». «Il giudizio è negativo e le aperture del tutto insufficienti»
conferma a sua volta Roberto Ghiselli (Cgil). Il governo, che oggi torna ad incontrare i sindacati (alle 9 un
nuovo round del tavolo tecnico e poi nel pomeriggio il vertice con Gentiloni e le delegazioni sindacali al
completo) sul piatto mette però anche altri impegni: dalla riduzione del carico fiscale che pesa sulla
previdenza integrativa dei dipendenti pubblici (equiparati al settore privato) ad una «apertura» sulle
pensioni dei giovani, dalla decisione di istituire una commissione per valutare la possibilità di selezionare
meglio in base alle aspettative di vita i singoli mestieri da salvaguardare, sino alla modifica del meccanismo
di calcolo sull'adeguamento dell'età che dal 2021 dovrebbe diventare biennale considerando nel computo
anche i periodi in cui l'aspettativa di vista cala, salvo conteggiarli con 2 anni di ritardo. In dirittura d'arrivo
sono sempre possibili altre novità e sorprese. Ma quello di oggi è un po' l'ultimo appello, visto che il Senato
inizia a votare gli emendamenti alla legge di Bilancio che approderà in aula il 23 e quindi è adesso che si
può inserire nella manovra un eventuale pacchetto-pensioni. Secondo la Uil, che ieri ha diffuso uno studio
con si dimostra che rispetto ad altri paesi gli italiani, pur avendo una aspettativa di vita anche più alta,
percepiscono meno anni di pensione (16 anni e 4 mesi in media, 2 anni e 5 mesi in meno rispetto al resto
d'Europa), «non c'è nessun motivo per aumentare in via generalizzata l'età di accesso alla pensione così
come dovrebbe accadere sulla base dell'attuale normativa». Anzi, insiste Proietti, «bisogna congelare
l'adeguamento e avviare un tavolo di studio che consideri le peculiarità dei singoli lavori, come previsto nel
verbale governo-sindacati siglato lo scorso anno». c Gli usuranti GIÀ ESCLUSI DALLO SCATTO
AUTOMATICO FINO AL 2026 Lavori in galleria, cava o miniera Lavori in cassoni ad aria compressa Lavori
svolti dai palombari Lavori ad alte temperature Lavorazione del vetro cavo Lavori di asportazione
dell'amianto Lavori svolti prevalentemente e continuamente in spazi ristretti (attività di costruzione,
riparazione e manutenzione navale, e, per spazi ristretti, intende intercapedini, pozzetti, doppi fondi, blocchi
e affini) Conducenti di veicoli adibiti a servizio pubblico di trasporto collettivo, con capienza superiore a 9
posti Lavori a catena o in serie 1 10 11 12 13 14 15 I 15 mestieri gravosi proposti dal Governo Addetti alla
concia di pelli e pellicce Addetti ai servizi di pulizia Addetti spostamento merci, magazzinieri e facchini
Camionisti o conducenti di mezzi pesanti Macchinisti e personale viaggiante Gruisti o chi guida macchinari
di perforazione nei cantieri Infermieri o ostetriche che operano su turni Maestre/i di asilo nido e scuola
dell'infanzia Operai edili Operatori ecologici Personale che accudisce i non autosufficienti (badanti)
Marittimi (che lavorano sulle navi) Addetti alla pesca (che lavorano sui pescherecci) Operai agricoli
(braccianti) Siderurgici 1 10 11 Chi preme per essere esentato Operai metalmeccanici e di altri comparti
13/11/2017Pag. 15
diffusione:145421tiratura:210804
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2017 - 13/11/2017 62
manifatturieri Addetti funivie Vigili del fuoco Poliziotti Addetti ai penitenziari Guardie giurate Postini
Coltivatori diretti Operai dei mattatoi Medici di sala operatoria Addetti bar e ristoranti - LA STAMPA
13/11/2017Pag. 15
diffusione:145421tiratura:210804
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2017 - 13/11/2017 63
Alitalia, il rilancio dei tedeschi Nuovo piano Lufthansa: sul tavolo 250 milioni per la flotta, le rotte e la manutenzione Esuberi per 2000dipendenti. Il governo: «La compagnia va meglio, non vogliamo svendere» Umberto Mancini Tutti i piloti e le hostess, una parte del settore della manutenzione, le rotte domestiche ed europee, una
parte degli amministrativi, una flotta di 90-100 aerei. Per fare di Alitalia una compagnia solida, efficiente e
con un futuro industriale definito. Il piano messo a punto dall'ad di Lufthansa Carsten Spohr è nelle mani
dei commissari guidati da Luigi Gubitosi. Alle pag. 2 e 3 Di Branco a pag. 2 R O M A Tutti i piloti e le
hostess, una parte del settore della manutenzione, le rotte domestiche ed europee, una parte degli
amministrativi, una flotta di 90-100 aerei. Fuori dal perimetro aziendale l'handling, le rotte non economiche
e i velivoli che consumano troppo. Per fare di Alitalia una compagnia solida, efficiente e con un futuro
industriale definito. Il piano messo a punto dall'ad di Lufthansa Carsten Spohr e dal gruppo di lavoro creato
ad hoc è nelle mani dei commissari guidati da Luigi Gubitosi. Cifre, grafici, strategie che delineano il
percorso che i tedeschi immaginano per l'ex vettore tricolore. Un piano che vuole dare un futuro ad Alitalia,
non svuotarla, nè trasformarla in un piccolo vettore marginale. Una compagnia che riprenderebbe il suo
percorso con non più di 6.000 dipendenti, capace di integrarsi e completare lo scacchiere internazionale del
colosso tedesco. Dal quartier generale di Co`
lonia si punta a valorizzare il settore della manutenzione, considerato di alto livello, così come è apprezzata
la professionalità e competenza degli equipaggi.
I SOLDI Sul piatto Spohr, secondo quanto risulta al Messaggero , è disposto a mettere circa 250 milioni,
ma non è escluso che si possa anche raddoppiare in funzione degli accordi che potranno essere raggiunti
con il governo e i fornitori. E che il lavoro, giudicato prezioso dei commissari, continui a ridurre i costi e ad
aumentare la redditività. Come
accaduto del resto sul fronte dei contratti per il carburante (tutti rivisti al ribasso), del leasing e
dell'efficientamento della flotta. Risparmi per oltre 140 milioni che hanno dimostrato la capacità di Gubitosi
& Co nella gestione operativa e, di converso, la scarsa attenzione di quella targata Etihad. Risparmi che
Lufthansa potrebbe ulteriormente incrementare, giurano a Colonia, attraverso le sinergie di gruppo.
LE CIFRE Il piano Lufthansa esclude l'handling (circa 3.100 dipendenti), che, come noto, è entra
to nel mirino di altri operatori che si sono fatti avanti con proposte concrete. Al netto dei servizi di terra, il
sacrificio sul fronte occupazionale non dovrebbe superare le 2.000 unità.
GLI OCCUPATI Un numero elevato ovviamente, ma dal quale potrebbe partire la trattativa vera e propria
con governo e sindacati. Sullo sfondo la proposta di Cerberus pronto a rilevare tutti gli asset non convince
l'esecutivo e una parte dei commissari. Si sa infatti che il Fondo Usa mira ad acquisire l'intero pacchetto per
poi rivenderlo a pezzi, senza dare nessuna garanzia occupazionale futura. La proposta tedesca, anche se
migliorabile agli occhi del governo, appare quella più seria e credibile, almeno sotto il profilo strettamente
industriale. Perché gli americani, tra l'altro, dovrebbero superare il vincolo del passaporto, non potendo
acquistare la maggioranza della società italiana in quanto extra comunitari. Come ai tempi della contesa
con Air France, i tedeschi farebbero di Fiumicino il loro quinto hub, mentre Milano, ovvero gli scali di Linate
e Malpensa, sarebbero valorizzati per i voli point to point e il federaggio verso gli hub. Il piano di Spohr, che
ha avviato contatti diretti con i commissari, dovrebbe ricalcare il percorso della svizzera Swiss, riportata in
vita dopo il fallimento di Swissair, ma con una strategia differente tra Nord e Centro-Sud Italia. Fiumicino,
come accennato, sarà invece il cuore operativo per le destinazioni transatlantiche verso Stati Uniti e centro
e sud America. Previsto anche uno sviluppo delle rotte in Italia. Degli attuali 123 velivoli dovrebbero
restarne operativi circa 90-100. Il punto chiave, come hanno detto i commissari e il governo, resta quello
13/11/2017Pag. 1.2
diffusione:102976tiratura:142615
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2017 - 13/11/2017 64
occupazionale. Meno tagli ci saranno e più il piano potrà decollare. I tedeschi sono comunque pronti, anche
se non è scritto nel piano, a reinvestire in maniera massiccia su Alitalia dopo aver avviato la cura
dimagrante. Di certo eviteranno di fare promesse che poi non si possono mantenere. Il modello da seguire
è quello di Swiss Air che, dopo il fallimento e una cura lacrime e sangue, ha ripreso ad assumere e a
crescere sul mercato, macinando utili. Umberto Mancini
Il piano dei tedeschi per Alitalia
6.000500 MILIONI
2.000 dipendenti (mantenimento degli attuali livelli occupazionali per piloti, hostess, manutenzione, par te
del compar to amministrativo, mantenimento degli slot) FINO A per rilevare la compagnia tricolore nessun
interesse per l'Handling taglio di tutte le rotte improduttive esuberi concentrati prevalentemente nella parte
amministrativa possibilità di riassunzione dopo aver ripor tato in utile il vettore cessione degli aerei che
consumano di più e mantenimento di una otta di circa 90-100 velivoli Fiumicino diventerà il quinto hub del
gruppo tedesco sviluppo delle tratte in Italia integrazione con il net work di Lufthansa che sposterebbe su
Milano il braccio low cost mantenimento del brand Alitalia e implementazione delle rotte intercontinentali
profittevoli investimento iniziale di circa 250 milioni legato al meccanismo del discount cash ow, ovvero al
rendimento dell'investimento nel tempo potenziamento e nuovi investimenti dopo 18 mesi dall'ingresso in
Alitalia focus sul Sud del mondo e consolidamento sullo scacchiere internazionale
Foto: FLOTTA DI 100 VELIVOLI RISPARMI GRAZIE ALLE SINERGIE SFORBICIATA ALLE TRATTE IN
PERDITA ESCLUSO L'HANDLING
13/11/2017Pag. 1.2
diffusione:102976tiratura:142615
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2017 - 13/11/2017 65
SCENARIO PMI
2 articoli
Manifatturiero La lunga marcia dei freni Brembo continua con lo sbarco a Nanchino Nonostante il rallentamento della crescita economica cinese, Pechino continua ad essere il secondo
importatore mondiale di prodotti metallurgici e in particolare di macchinari (più di 658 miliardi di dollari nel
2016).
Le esportazioni italiane verso questo Paese sono aumentate dal 2014 al 2016 del 10% per quanto riguarda
i prodotti in metallo, e del 19% per i macchinari, raggiungendo un valore complessivo superiore a 8,4
miliardi di euro.
Il successo di Brembo - l'azienda guidata da Alberto Bombassei ( nella foto ) - in Cina, nasce quasi 20 anni
fa con l'avvio di una piccola produzione di freni d'eccellenza. «Nel 2016, l'azienda ha acquisito il 66% della
società Asimco Meilian a Langfang (Pechino), mentre quest'anno ha lanciato un ulteriore investimento a
Nanchino per la realizzazione del primo polo industriale cinese in grado di produrre pinze in alluminio per
auto» spiega Umberto Simonelli, General counsel di Brembo. Oggi in Cina, un mercato che produce circa
27 milioni di veicoli, Brembo, con 200 milioni di euro di fatturato con circa 1.300 addetti, è leader di mercato
nella produzione di dischi e pinze, con quattro insediamenti produttivi.
«Un percorso che dimostra come, nel medio-lungo periodo e con gli adeguati investimenti si possa portare
l'eccellenza italiana in Cina nel mondo delle auto e dei veicoli commerciali», conclude Simonelli.
Ba.Mill.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
13/11/2017Pag. 41 N.44 - 13 novembre 2017
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 13/11/2017 - 13/11/2017 67
Industria FinanzaVerso piazza affari Da Graded a D'Amico In Elite ammesse altre 7 aziende del Sud Boom in Campania: 5 tra Napoli e Salerno, le altre in Calabria e SiciliaJerusalmi, ad di Borsa Italiana: «Cosìfacciamo crescere le società» Salvatore Avitabile Dalla Campania alla Sicilia: altre sette grandi imprese del Mezzogiorno sono entrate in Elite, la società del
London Stock Exchange Group la cui missione è supportare le imprese ad alto potenziale in tutte le fasi del
loro ciclo di vita, da private fino a quotate, facilitando l'accesso ai capitali in ogni forma attraverso l'impiego
di tecnologie digitali. E altre 4 hanno già ricevuto il certificato di Elite per aver completato il percorso di
crescita. A livello nazionale sono 34 le nuove società ammesse al programma dedicato alle imprese ad alto
potenziale di crescita. «Le aziende provengono da 12 regioni tra cui per la prima volta la Calabria e
operano in diversi settori tra cui chimica, Ict, food&beverage e moda a ulteriore conferma della capacità di
Elite di rappresentare l'economia reale», fanno sapere dalla società.
Secondo Elite, inoltre, le aziende hanno un fatturato medio di 58 milioni di euro con un tasso di crescita del
13%. Creato per supportare le aziende nella realizzazione dei loro progetti di crescita, «Elite dà loro
accesso a numerose opportunità di finanziamento, migliora la loro visibilità e attrattività, le mette in contatto
con potenziali investitori e affianca il management in un percorso di cambiamento culturale e
organizzativo». Oggi la community internazionale è costituita da 632 aziende, di cui oltre 400 italiane, per
50 miliardi di euro di ricavi e oltre 224.000 dipendenti. Sono previsti oltre 80 ingressi internazionali nella
community Elite a novembre tra cui le 34 nuove società in Italia. È, inoltre, di 5 miliardi il valore delle
operazioni di finanza straordinaria che hanno coinvolto le società Elite dal 2012. Quali sono, dunque, le
aziende del Sud ammesse a Elite? Tre società sono napoletane. C'è l'Acetificio Marcello de Nigris,
specializzato nella produzione di generi alimentari, che ha il dipartimento di stoccaggio del vino a Caivano.
Poi la Graded, società di prodotti e servizi industriali fondata come ditta individuale nel 1958 dall'ingegner
Lucio Grassi. Terza: la Protom Group, specializzata nei software e servizi informatici. È una società di
consulenza direzionale e di servizi avanzati e tecnologici e vanta importanti esperienze sia nella
progettazione e realizzazione di sistemi per la pubblica amministrazione e per le aziende sia
nell'organizzazione ed erogazione dei servizi di conduzione degli stessi.
Altre due società sono di Salerno. La prima è la D'Amico D&D, specializzata nei prodotti di generi
alimentari. Il gruppo fu fondato nel 1967 dai fratelli Mario e Francesco D'Amico. Poi c'è la Re.Ma Plast, nel
settore chinica. È un'azienda di Sarno che produce sacchi e shoppers di plastica, destinati principalmente
ad aziende alimentari e farmaceutiche, cartiere, supermercati ed altri enti. In Calabria entra in Elite
l'Agrumaria Reggina, specializzata nel settore bevande, mentre in Sicilia premiata la Caronte&Tourist che
opera nel settore trasporti.
In Italia, poi, 18 società hanno ricevuto il certificato Elite. Quattro campane. Due a Napoli (Antony Morato,
azienda che si occupa di prodotti per la persona e la moda, e Coelmo, industria diversificata) e due a
Salerno (Euroflex, specializzata nella produzione di metalli industriali ed estrazione mineraria, e la
Fiammante Icab, dedita alla produzione di generi alimentari). Per Raffaele Jerusalmi, amministratore
delegato di Borsa Italiana e presidente di Elite «Elite ha l'obiettivo di proporsi come acceleratore di
ambizioni e di crescita per le aziende. Elite ha avuto grande successo in Italia e questo ci ha consentito di
esportare il modello in Europa e in altre aree geografiche. Oggi siamo presenti in 25 Paesi, a testimonianza
di come risponda alle esigenze delle Pmi a prescindere dalla loro collocazione geografica». Luca Peyrano,
ceo e general manager di Elite, ha aggiunto: «Partendo dall'Italia, Elite ha saputo creare un modello di
eccellenza dedicato alle migliori aziende riconosciuto a livello internazionale. Siamo felici di dare oggi il
benvenuto a nuove aziende Elite che rappresentano diversi settori e regioni italiane. Il futuro del nostro
13/11/2017Pag. 10 N.35 - 13 novembre 2017 Corriere del Mezzogiorno Economia
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 13/11/2017 - 13/11/2017 68
Paese è infatti strettamente collegato alla capacità di valorizzare quello delle sue aziende più virtuose e
Elite gioca un ruolo cruciale nel raggiungimento di questo obiettivo; basti pensare che oltre il 35% delle
società Elite ha già completato operazioni di finanza straordinaria per un valore aggregato di oltre 5 miliardi
di euro».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Cosa è
Elite è una società del London Stock Exchange Group, la cui missione
è supportare le imprese ad alto potenziale in tutte le fasi del loro ciclo di vita, da private fino a quotate,
facilitando l'accesso ai capitali in ogni forma attraverso l'impiego
di tecnologie digitali. Offre in modo particolare una filiera di prodotti integrati le cui soluzioni vanno dal
supporto nella crescita attraverso programmi di training, alla raccolta di capitali fino alla gestione dell'attività
di investor relations. Elite è una Community che conta oltre 600 aziende da 25 paesi diversi, un network di
150 Advisor e oltre 100 investitori. La piattaforma inoltre presenta Elite Growth, Elite Club Deal ed Elite
Connect.
Foto: Raffaele Jerusalmi è nato a Milano il 21 marzo 1961. È amministratore delegato di Borsa Italiana e
presidente del programma Elite
13/11/2017Pag. 10 N.35 - 13 novembre 2017 Corriere del Mezzogiorno Economia
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 13/11/2017 - 13/11/2017 69