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San Bonaventura Newsletter della Pontificia Facoltà Teologica “San Bonaventura” Seraphicum Editoriale Il tempo che stiamo vivendo appare come una sta- gione di smarrimento. (...) Lo smarrimento della me- moria e dell’eredità cristiane, accompagnato da una sorta di agnosticismo pratico e di indifferentismo religioso, per cui molti europei danno l’impressione di vivere senza retroterra spirituale e come degli eredi che hanno dilapidato il patrimonio loro consegnato dalla storia. Alla radice dello smarrimento della speranza sta il tentativo di far prevalere un’antropologia senza Dio e senza Cristo. Questo tipo di pensiero ha portato a considerare l’uomo come il centro assoluto della realtà, facendogli così artificiosamente occupare il posto di Dio e dimenticando che non è l’uomo che fa Dio ma Dio che fa l’uomo. L’aver dimenticato Dio ha portato ad abbandonare l’uomo, per cui non c’è da stupirsi se in questo contesto si è aperto un vastissimo spazio per il libero sviluppo del nichili- smo in campo filosofico, del relativismo in campo gnoseologico e morale, del pragmatismo e finanche dell’edonismo cinico nella configurazione della vita quotidiana. La cultura europea dà l’impressione di una “apostasia silenziosa” da parte dell’uomo sazio che vive come se Dio non esistesse. Siamo di fronte all’emergere di una nuova cultura, in larga parte influenzata dai mass media, dalle ca- ratteristiche e dai contenuti spesso in contrasto con il Vangelo e con la dignità della persona umana. Di tale cultura fa parte anche un sempre più diffuso agnosticismo religioso, connesso con un più pro- fondo relativismo morale e giuridico, che affonda le sue radici nello smarrimento della verità dell’uomo come fondamento dei diritti inalienabili di ciascuno. Giovanni Paolo II (da Ecclesia in Europa, 2003) FEBBRAIO 2015 Focus del mese: donne & chiesa: la presenza femminile per papa francesco pag. 2 santa sede: due anni fa la rinuncia di benedetto xvi: atto di riforma nel solco del concilio pag. 5 morale e società: prostituzione e vizi della società: le risposte che mancano dalle istituzioni pag. 8 storia e chiesa: il ruolo di benedetto xv nella prima guerra mondiale pag. 10 filosofia: i quaderni neri di heidegger letti da un francescano pag. 13 cineforum: un mese con grandi film e grandi ospiti pag. 16 appuntamenti: festa della facoltà, novità editoriali et alia... pag. 18 Francescanamente parlando: sant’angela da foligno e “in parole francescane” pag. 22 ANNO III - Nº 25 informa 1 In questo numero:

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San BonaventuraNewsletter della Pontificia Facoltà Teologica “San Bonaventura” Seraphicum

Editoriale

Il tempo che stiamo vivendo appare come una sta-gione di smarrimento. (...) Lo smarrimento della me-moria e dell’eredità cristiane, accompagnato da una sorta di agnosticismo pratico e di indifferentismo religioso, per cui molti europei danno l’impressione di vivere senza retroterra spirituale e come degli eredi che hanno dilapidato il patrimonio loro consegnato dalla storia.

Alla radice dello smarrimento della speranza sta il tentativo di far prevalere un’antropologia senza Dio e senza Cristo. Questo tipo di pensiero ha portato a considerare l’uomo come il centro assoluto della realtà, facendogli così artificiosamente occupare il posto di Dio e dimenticando che non è l’uomo che fa Dio ma Dio che fa l’uomo. L’aver dimenticato Dio ha portato ad abbandonare l’uomo, per cui non c’è da stupirsi se in questo contesto si è aperto un vastissimo spazio per il libero sviluppo del nichili-smo in campo filosofico, del relativismo in campo gnoseologico e morale, del pragmatismo e finanche dell’edonismo cinico nella configurazione della vita quotidiana. La cultura europea dà l’impressione di una “apostasia silenziosa” da parte dell’uomo sazio che vive come se Dio non esistesse.

Siamo di fronte all’emergere di una nuova cultura, in larga parte influenzata dai mass media, dalle ca-ratteristiche e dai contenuti spesso in contrasto con il Vangelo e con la dignità della persona umana. Di tale cultura fa parte anche un sempre più diffuso agnosticismo religioso, connesso con un più pro-fondo relativismo morale e giuridico, che affonda le sue radici nello smarrimento della verità dell’uomo come fondamento dei diritti inalienabili di ciascuno.

Giovanni Paolo II(da Ecclesia in Europa, 2003)

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Focus del mese: donne & chiesa: la presenza femminile per papa francesco pag. 2

santa sede: due anni fa la rinuncia di benedetto xvi: atto di riforma nel solco del conciliopag. 5

morale e società: prostituzione e vizi della società: le risposte che mancano dalle istituzioni pag. 8

storia e chiesa: il ruolo di benedetto xv nella prima guerra mondiale pag. 10

filosofia: i quaderni neri di heidegger letti da un francescano pag. 13

cineforum: un mese con grandi film e grandi ospitipag. 16

appuntamenti: festa della facoltà, novità editoriali et alia... pag. 18

Francescanamente parlando: sant’angela da foligno e “in parole francescane”pag. 22

aNNo iii - Nº 25 informa

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in questo numero:

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LE DONNE E LA CHIESA, I CONCETTI DI RECIPROCITÁ E DI SERVIZIO:LA PRESENZA fEmmINILE PER PAPA fRANCESCO

di Stefania Falasca*

La fattiva collaborazione tra donne e uomini nella Chiesa nella reciprocità è la direzione indicata da papa Francesco nei suoi reiterati interventi riguardo alla questione femminile e al ruolo delle donne nella Chiesa. Fin dall’inizio del suo pontificato i suoi pronunciamenti a riguardo sono stati icastici, persino sorprendenti.In modo inaudito il Papa si è fatto lealmente interprete delle istanze più profonde e vitali dell’universo femminile e sta interpellando le donne per quello che riguarda il loro destino presente e futuro nella Chiesa. Papa Bergoglio afferma che «la Chiesa non può essere se stessa senza la donna e il suo ruolo. La donna per la Chiesa è imprescindibile». Non si tratta dunque solo di onorare e di elargire ancora onorificenze alle donne: «È necessario ampliare gli spazi di una presenza femminile più incisiva». Questo è il vero punto nevralgico d’interesse reale, fondamentale della nuova prospettiva aperta da Francesco. Ma una «presenza femminile più incisiva» presuppone che anche nella Chiesa certo “maschilismo” sotterraneo sia definitivamen-te «sanato dal Vangelo» - come il Papa ha rilevato opportunamente nella sua Esortazione apostolica Evangelii gaudium - e allo stesso tem-po, sempre nell’ottica del Vangelo, sia sanato certo clericalismo e car-rierismo diffuso che risponde a logiche di potere inteso come dominio. Logiche nelle quali, la presenza delle donne negli organismi vigenti, nei vicariati, nelle curie, compresa la Curia romana, veniva e viene tutt’ora ad a essere spesso ridotta a presenza simbolica o asservita e dove persino il termine “valorizzazione” delle donne è stato spesso inteso come “concessione” alle donne. Dinamiche, queste, offensive non solo delle donne ma anche degli uomini. «Io soffro, dico la verità», ha affermato più volte Papa Francesco, «quando vedo nella Chiesa o in alcune organizzazioni, che il ruolo di servizio - che tutti noi abbiamo e dobbiamo avere - il ruolo di servizio della donna scivola verso un ruolo di servitù».

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FOCUS DEL MESE

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«Servizio» rimarca dunque Francesco, che vale tassativamente per gli uomini come per le donne e non si deve declinare in servilismo per quest’ultime. Anche nel recente concistoro dei cardinali sulla riforma della Curia è stata messa all’ordine del giorno e discussa la questione di una maggiore e impegnativa presenza dei laici e quindi delle donne negli

organismi centrali della Chiesa. Il passaggio decisivo prospettato dal Papa è che nella Chiesa l’autorità dei ministri consacrati e dei vescovi non è dominio ma è sempre servizio al popolo di Dio, e deriva dalla potestà di amministrare il sacramento dell’Eucaristia. Intendere quindi l’esercizio dell’autorità legata al ministero ordinato in termini di potere è clericalismo. Questo si vede anche nella scarsa disponibilità di tanti presbiteri - sacerdoti e vescovi - a lasciare ai laici il

controllo di ruoli di responsabilità che non richiedono il ministero ordinato.Nella Evangelii gaudium il Papa si chiede se è proprio necessario che il prete stia in cima a tutto. Ciò infatti dà luogo a un immobilismo clericale che a volte sembra aver paura di lasciar spazio alle donne, quindi anche di riconoscere lo spazio a esse dovuto là dove si prendono decisioni importanti. Il nodo importante della questione di una loro presenza più incisiva negli ambiti decisionali è legato al fatto che alcuni ruoli nella Chiesa prevedono l’esercizio della potestà di giurisdizione, che è connessa con il ministero ordinato. Ma non tutti i ruoli di governo o di amministrazione presenti nella Chiesa implicano la potestà di giurisdizione. Questi dunque possono essere affidati a laici, e quindi anche alle donne. Di fatto, tuttavia, proprio nell’organismo istituito per il risanamento economico della Santa Sede e diretto dal cardinale australiano George Pell - organismo che non implica l’esercizio della potestà di giurisdizione - si nota come sia del tutto assente la presenza di donne professioniste e qualificate in materia economica e finanziaria.La prospettiva indicata da Francesco è quella di un «approfondimento teologico che potrebbe aiutare a meglio riconoscere il possibile ruolo della donna lì dove si prendono decisioni importanti, nei diversi ambiti della Chiesa», come afferma nell’Evangelii gaudium. «Da qui - dice Francesco - dobbiamo ripartire per quel lavoro di approfondimento e di promozione che già più volte ho avuto modo di auspicare».Una prospettiva che al contempo segnala lucidamente anche i pericoli dei mali evidenziati per una sana ed effettiva collocazione della donna nell’ambito degli apparati ecclesiali: da una parte certo maschilismo, dall’altra, in particolare, il clerico-carrierismo, da cui non sono esenti anche le donne.«Se da un lato, infatti - spiega Papa Bergoglio - si mette in disparte la donna con le sue potenzialità, dall’altro c’è il pericolo in senso opposto: quello di promuovere una specie di emancipazione che, per occupare gli spazi sottratti dal maschile, abbandona il femminile con i tratti preziosi che lo caratterizzano».

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Si tratta di un’emancipazione, quindi, che in quest’ottica passerebbe attraverso la clericalizzazione. «I discorsi che sento sul ruolo della donna - dice infatti ancora Francesco - sono spesso ispirati da un’i-deologia machista». E sul pericolo di tale ideologia il Papa è tornato nel recente discorso ai partecipanti alla plenaria del Pontificio consiglio della cultura impegnata nella ricerca sul tema Le culture femminili: uguaglianza e differenza. Egli ha così indicato di non lasciarsi ingannare da certe lecite rivendicazioni promosse dalle stesse donne nelle quali tuttavia si nascondano spesso solo brame di potere. In sostanza dunque per il Papa un’eventuale e larga partecipazione femminile negli organismi centrali non può essere compromessa dal “machi-smo in gonnella” perché se così fosse non si andrebbe verso una Chiesa “rinnovata” ma solo una Chiesa “mutante”.Francesco ha come riferimento il Vangelo per un discernimento sicuro. Ed ha presente gli ampi settori del laicato e della vita religiosa dove si ha conoscenza di tante e tante donne che negli incarichi svolti nel quotidiano, con dedizione e coscienza, nelle periferie geografiche e dell’esistenza, in prima linea nelle frontiere della Chiesa e spesso anche con coraggio eroico, hanno messo a frutto quel loro «genio», quei loro «tratti preziosi» nelle più varie, specifiche e qualificate competenze unite anche all’esperienza reale di essere madri, formatrici. E la scelta dell’istituzione della Pontificia Commissione per la tutela dei minori, ampiamente marcata al femminile, si muove in questa direzione. Egli guarda a quella moltitudine di donne che pur non avendo avuto voce in capitolo, in silenzio, ma con le spalle larghe del loro vissuto nella fede, hanno sostenuto e protetto la Chiesa dai colpi inferti dalla “eresia dell’istituzionalismo”. Ed hanno, come nel Vangelo, coraggiosamente aperto porte. Dunque le voci di queste donne dovrebbero essere sempre più ascoltate, riconosciute e rappresentate anche per svolgere, accanto agli uomini, con autorevolezza e pari dignità, incarichi di piena responsa-bilità in uno spirito di autentico servizio. Quel servizio fondamentale alieno dall’ideologia e dalla brama di protagonismo a cui tutti, uomini e donne, sono chiamati per far progredire la Chiesa nello spirito di Cristo.

* Editorialista del quotidiano “Avvenire”

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NEL fEBBRAIO DI DUE ANNI fA LA RINUNCIA DI BENEDETTO XVI:UN GRANDE ATTO DI RIfORmA NEL SOLCO DEL CONCILIO

di Giovanna Chirri*

L’11 febbraio 2013 è festa in Vaticano, il Papa tiene un concistoro per i martiri di Otranto, il cui appeal mediatico sfiora lo zero, e infatti i miei capi hanno messo in turno me. Il concistoro, in cui sia il Papa che il cardinale Amato hanno parlato in latino, è finito e Benedetto XVI dovrebbe congedarsi dai cardinali. Invece resta seduto, con un foglio in mano, e comincia a leggere, ancora in latino. Dice che deve dare un annuncio “importante per la Chiesa” e che sta diventando vecchio: “ingravescen-te aetate”. A queste parole è come se una mano mi afferrasse la gola e mi si gonfiasse un palloncino dentro la testa: la Ingravescentem aetatem è il documento con cui Paolo VI stabilì che i vescovi andassero in pensione. Papa Ratzinger continua a parlare, spiega che non ha più il vigore dell’anima e del corpo per guidare la bar-ca di Pietro nel mare veloce dei nostri tempi. Che i cardinali dovranno entrare in conclave e scegliere un nuovo papa, che la sede vacante comincerà dalle 20 del 28 febbraio. Nella sala molti visi, a cominciare da quelli più vicini al Papa, sono impietriti, non vola una mosca e non si muove un capello di nessuno. Ho raccontato diverse volte, in modo dettagliato ed esteso, come sono andate le cose quella mattina, in cui Benedetto XVI avrebbe annunciato la sua rinuncia al pontificato, il segreto era stato mantenuto in modo perfetto, e la notizia ha avuto un impatto fortissimo su tutti e ha fatto il giro del mondo in pochi secondi. Da subito, quel giorno, partono le illazioni sui motivi che hanno spinto papa Ratzinger al suo gesto, qualcuno comincia a parlare di fuga.

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La mattina dopo in piazza San Pietro, una collega del giornale radio regionale - quando già erano in macchina, ma non lo sapevamo, gli istant book sul papa debole che è scappato da scandali e problemi

- mi chiede se secondo me la rinuncia sia stata una fuga. La guardo negli occhi e le dico: “ma quale fuga, ci vuole coraggio per fare quello che il Papa ha fatto, è stato un atto coraggioso”.Due anni dopo la parola che mi fanno venire in mente le

“dimissioni” di Benedetto XVI è ancora “coraggio”. Consapevolezza del coraggio che ha avuto, gratitudine per quanto il suo gesto ha significato per i cristiani. La rinuncia resta, a mio avviso, un grande atto di riforma nel solco del concilio, che ha innescato nella Chiesa un cambiamento altrimenti impossibile. Un atto coraggioso che ha permesso l’elezione del primo papa latinoamericano, gesuita e che ha scelto di chiamarsi Francesco. Pulizia, misericordia, riforma, i punti che i due papi hanno senza dubbio in comune. Come in comune hanno l’idea che la verità si costruisce nell’incontro, si scopre in dialogo. Direi che papa Francesco accentua rispetto al predecessore la dimensione del cammino che si fa nel discernimento. La misericordia, il piangere con, il condividere il dolore dell’altro è, credo, ciò che rende Francesco immediatamente amato da tutti, anche dai semplici. Insieme alla fisicità di Bergoglio, credo sia l’elemento principale della percezione positiva dell’attuale pontificato, di quella simpatia e interesse di cui gode il Papa, e che Benedetto XVI in genere non ha avuto, anche perché vittima di molti stereotipi. La pulizia e la riforma, sono i punti che attirano invece più l’attenzione dei media, delle ‘opinioni pubbliche’, ammesso che ancora esistano. In questi ambiti gli entusiasmi rischiamo di essere strumentali, come anche le critiche, se superficiali e corali. La riforma è un processo complesso, ma papa Bergoglio ha la capacità e le energie per guidarlo a buon fine, nonostante le inevitabili resistenze. Credo poi che aver introdotto nei fatti le “dimissioni” di un papa, finora ammesse soltanto in teoria, smitizzi il ruolo del pontefice, non riduca quello dei cardinali alla sola entrata in conclave, dinamizzi la Chiesa, a dispetto di tutti coloro che vivono il cardinalato come un incarico di potere.Sul pontificato come istituzione, la rinuncia, dunque, ha avuto ricadute più che positive, che continuano nel tempo, mentre si potrebbe analizzare il regno di Bergoglio in rapporto ad alcuni aspetti di quello di Ratzinger, in particolare circa la lotta agli abusi del clero, la trasparenza economico finanziaria, la collegialità.

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“B16 si è dimesso. Lascia pontificato dal 28 febbraio”:il primo tweet sulla rinuncia, lanciato proprio da Chirri

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Per noi italiani credo che sarebbe interessante vedere come i rapporti tra Santa Sede e Italia si siano svolti con l’ultimo papa europeo ma accusato di aver italianizzato la curia. Si potrebbe inoltre riflettere sul rapporto tra il teologo divenuto papa e le teologie, e i teologi. Se sapessi il tedesco, approfondire il rapporto tra Ratzinger e la Germania.

Sono convinta che né Ratzinger né Bergoglio, comunque, possano essere realmente compresi se non si abbandona un approccio ideologico, e che i media in questo abbiano ancora molto cammino da fare. Per una lettura del pontificato di Ratzinger più distaccata, la parola va ora agli storici, che se lo vogliono possono avvalersi del contributo di noi cronisti. Per dovere di cronaca affermo che nei quasi otto anni del pontificato di Benedetto XVI sono giunta a

guardarlo con simpatia e oggi, se non temessi di offenderlo, direi che gli sono affezionata. Anche i giornalisti e i papi, dopo tutto, hanno un cuore.

* Vaticanista dell’Agenzia ANSA

L’ultima parola - Gesti e parole di Benedetto XVI che hanno segnato la storia

di Giovanna Chirri

Edizioni San Paolo

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MORALE E SOCIETÁ

PROSTITUZIONE E VIZI DELLA SOCIETÁ: LE RISPOSTE (CHE mANCANO) DALLE ISTITUZIONI

A seguito della proposta, poi ritirata, per la creazione a Roma Eur di aree a luci rosse per lo svolgimento “regolamentato” della prostituzione, ospitiamo una riflessione che rimette al centro la dignità e il valore della persona.

di Gigi De Palo*

La dignità di una donna vale molto di più del decoro di un quartiere o di una città. A tutti fa male vedere la prostituzione che dilaga nella propria città. Il sottoscritto abita da 38 anni in una via dove, ogni sera, i marciapiedi di riempiono di viados seminudi e ammiccanti che non si fermano nemmeno davanti ai miei figli. Tuttavia credo che se questo fatto mi colpisse più per un problema di degrado che per la sofferenza che provo immedesimandomi in quelle persone, mi dovrei cominciare a preoccupare.Sono persone, e basterebbe questo per smetterla con questa inutile e folle proposta di visibilità. La politica è ben altro. Non è creare quartieri a luci rosse perché “è il mestiere più antico del mondo, tanto vale regolarlo”.È bello e facile raccontarci che ci sono donne alle quali piace vendere il loro corpo. Che lo fanno per soldi. “Vogliono vestire firmato e si prostituiscono” mi è stato detto da alcune signore sui social. Ma io mi domando e vi domando: veramente credete che esistano donne che siano felici di essere baciate, toccate, palpate, penetrate e possedute da uno sconosciuto pur sapendo che non ha malattie e che le pagherà il prezzo pattuito? Dai, su facciamo i seri, riflettiamoci seriamente. Proviamo ad immedesimarci.Quella dei quartieri a luci rosse è l’ennesima bugia che ci raccontiamo. A noi italiani, fondamentalmente piace non risolvere i problemi. Siamo abituati a mettere la polvere sotto al tappeto. Siamo diventati il Paese del condono: hai portato i soldi all’estero per evitare le tasse italiane? Tranquillo, qui si condonano i crediti di coloro che li hanno esportati.

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Ci sono meno matrimoni? Invece di sostenere la famiglia e il matrimonio che fanno risparmiare lo Stato, istituiamo il registro delle unioni civili. La gente scommette? Piuttosto che lottare seriamente contro il fenomeno, legalizziamo le scommesse,

distruggendo le famiglie che si indebitano giocando ad un gioco approvato dallo Stato.C’è la droga? Non andiamo a fare prevenzione nelle scuole dicendo ai giovani che fa male... No, legalizziamo le droghe leggere!È così avviene anche per la prostituzione: a Roma ci sono tante strade piene di donne in vendita? Nessun problema, scegliamo alcune strade e normalizziamo pure quello.

Poco importa se così stiamo dicendo che esseri umani in difficoltà sono in vendita. È assurdo. Ragionando in questo modo, esistendo anche la mafia, e non essendo mai riusciti ad estirparla in tutti questi anni, troveremo il modo di confinarla, di normalizzarla, di legalizzarla? Perché no?Una provocazione fondata, la mia. Stiamo trasformando la nostra pigrizia e la nostra incapacità di trovare soluzioni politiche in compromessi dal breve respiro e dai danni futuri incalcolabili.Siamo indignati e ci fermiamo a quello, rassegnati del fatto che è meglio una mezza soluzione oggi che niente domani. E se provassimo tutti insieme a trovare una soluzione completa oggi? Quella della prostituzione, ad esempio è una guerra da combattere tutti insieme, senza distinzioni politiche. Amministratori locali, forze dell’ordine, associazioni, parrocchie e cittadini uniti.Ne va del futuro dell’umanità, non esagero. Perché è inutile portare i giovani a fare i viaggi della Memoria se le Istituzioni non mettono al centro la persona umana, ma anzi la degradano a merce. Si inizia sempre così.

* Consigliere comunale di Roma Capitale, Presidente associazione OL3

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CENTENARIO DELLA PRImA GUERRA mONDIALE: BENEDETTO XV SPETTATORE O PROTAGONISTA?

di Igor Salmić*

In seguito all’attentato di Sarajevo del 28 giugno 1914, ove morirono sotto colpi di rivoltella il principe ereditario, l’arciduca Francesco Ferdinando d’Asburgo, e sua moglie, l’esercito austro-ungarico un mese dopo, il 28 luglio, invase la Serbia provocando con quest’atto l’entrata di altri Paesi nel conflitto, che divenne presto mondiale.In numerose città europee si sono svolte, durante l’estate scorsa, celebrazioni pubbliche in commemorazione dei cento anni dall’inizio della Grande guerra. Sono apparse inoltre tantissime pubblicazioni con nuove chiavi di lettura, in televisione possiamo ancora seguire documentari sulla guerra molto interessanti, si sono organizzati e tuttora si stanno organizzando numerosi convegni e giornate di studio, per ritornare sugli eventi di una guerra che nella percezione generale cade un po’ nel dimenticatoio. Il centenario offre una bella opportunità per rispolverare la memoria e per capire la vera portata dello scontro mondiale che non venne chiuso difatti con l’armistizio nel novembre 1918, ma che trascinò i conflitti irrisolti per un lungo periodo scatenando anche la tragedia della seconda guerra mondiale venticinque anni dopo. L’anniversario regala, nondimeno, un’occasione anche alla Chiesa cattolica per rivalutare il ruolo che negli anni 1914-1918 ebbero papa Benedetto XV, la diplomazia vaticana e le Chiese locali sul palcoscenico mondiale.Valutando gli eventi della Grande guerra, soprattutto le vicende sul fronte di Isonzo, lo storico Antonio Scottà senza indugio sostiene che «il papa era perfettamente informato sull’accadere tumultuoso e catastrofico degli avvenimenti, meglio e più tempestivamente dello stesso comando supremo italiano». La coraggiosa affermazione del noto esperto su Benedetto XV risiede nel fatto che al pontefice fu messa a disposizione una larga rete informativa circa il destino dei soldati e delle popolazioni coinvolte nello scontro universale. In prima linea bisogna qui menzionare i rapporti dei singoli vescovi, inviati regolarmente, a volte quotidianamente, a Roma.

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storia e chiesa

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Il grande spartiacque per le ricerche sulla prima guerra mondiale fu reso possibile nel 1985 quando si aprì la vasta documentazione degli archivi vaticani per i pontificati di Pio X (1903-1914) e Benedetto XV (1914-1922). Scottà fu uno dei primi che sistematicamente raccolse il menzionato materiale archivistico e così nel 1991, sei anni dopo l’apertura, pubblicò la sua opera monumentale in tre volumi I vescovi veneti e la Santa Sede nella guerra 1915-1918, ove troviamo pressoché l’intera corrispondenza epistolare tra i vescovi del Veneto e il papa (o la Segreteria di Stato) riguardante gli eventi durante la Grande guerra. L’autore stesso con sorpresa constata che «la documentazione reperita negli Archivi Vaticani ha superato di gran lunga ogni previsione, rilevandosi assai più ricca di quanto ci si attendesse». Non è però solo la quantità che conferisce alla documentazione una notevole rilevanza bensì ancora di più lo stesso contenuto delle lettere. Con l’autore possiamo perciò affermare che «da nessun’altra fonte sinora conosciuta come da quella che qui viene riprodotta si ha modo di comprendere che cosa abbia significato quella guerra per le popolazioni del Veneto» .Per confermare quanto detto da Scottà, occore qui, in primo luogo, ribadire la testimonianza di due vescovi. Le notizie di monsignor Rossi, arcivescovo di Udine, sorpreso dagli avvenimenti durante la visita pastorale in località vicinissime a Caporetto, e di monsignor Pellizzo, vescovo di Padova, pur’egli in quei giorni a Faedis, in vacanza presso la famiglia, sembrano quasi un “reportage” giornalistico, per la loro immediatezza e concretezza. Riportiamo brevemente qualche passaggio della lettera di Pellizzo, indirizzata al papa il 26 ottobre 1917, cioè proprio nei giorni intorno alla disfatta di Caporetto:

Un bombardamento infernale quale mai si ebbe per lo passato, durò tre giorni interi ininterrotto, impressionante dal mare al Monte Rombon [...]. Ecco due soldati fuggiaschi mi si avvicinarono e mi pregano a ritirarmi assicurandomi che Caporetto era stato rioccupato coi paesi intorno sulla destra dell’Isonzo, che gli austro-ungarici erano poco lontani dal mio posto di osservazione nel canale sottostante, arrivati fino a Creda e [...] avanzavano verso Cividale. [...] E voi, soggiunsi, siete disertori? No; siamo fuggiti per queste parti al si salvi chi può, come i nostri compagni che non caddero prigionieri sono fuggiti giù verso Cividale, abbandonando armi e munizioni.

Da questa e da altre simili testimonianze riusciamo a comprendere meglio come mai Benedetto XV era così ben informato sull’andamento della Grande guerra. Egli viene solitamente ricordato per la sua «Nota di pace» del 1° agosto 1917, ove arditamente - in contrasto con tanti altri cattolici, inlcusi i vescovi, che ancora cercavano qualche giustificazione “teologica” per quanto accaduto - definì la guerra come «inutile strage». Il testo trasuda la piena delegittimazione dei combattimenti, lasciando la parte il linguaggio sul castigo di Dio, sulla guerra punizione dei peccati del mondo.

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La sua struttura è invece oggettiva ricerca del diritto, della legge internazionale che può essere accettata e messa a base dei negoziati di pace. La Nota invitava a seguire uno spirito conciliante e giusto nella misura del possibile verso le aspirazioni dei popoli. L’iniziativa papale fu in seguito respinta dal presidente statunitense Wilson e da altri alleati i quali già nell’aprile del 1915 avevano stipulato un trattato segreto («Patto di Londra») con il quale si escludeva la Santa Sede da qualsiasi partecipazione alle future trattative di pace (art. 15).Il Papa, nonostante tale esclusione politica, non restò un muto spettatore degli eventi ma si prodigò

con l’arma più potente, con la cura per i prigionieri e per le popolazioni colpite. Negli archivi vaticani si conservano innumerevoli nomi e cognomi delle persone disperse, dei prigionieri, degli internati o degli altri che si trovavano in qualunque difficoltà e per i quali il pontefice in persona o attraverso la diplomazia vaticana offrì il proprio aiuto. Sono state rinvenute tante lettere di ringraziamento da

parte dei familiari che grazie all’intervento del papa poterono riavere i propri figli, finiti in prigione presso gli avversari; vi troviamo vasto carteggio da parte degli internati che ringraziavano il pontefice per il sostegno materiale e spirituale; vi sono inoltre omaggi da parte delle autorità civili delle città che grazie all’intervento del papa furono risparmiate dai bombardamenti.I convegni storici, sia a Roma, sia a Vienna e in altre città, che si svolgono in questi mesi, offrono uno stimolo forte per riscoprire la figura di Benedetto XV durante la prima guerra mondiale e i suoi interventi a favore della pace, nonché l’atteggiamento, più o meno convergente con la politica pontificia, dei pastori nelle singole diocesi. Anche papa Francesco ha ricordato gli eventi della Grande guerra. Sulle orme del suo predecessore, durante la celebrazione eucaristica presso il sacrario militare di Redipuglia, il 13 settembre 2014 egli ha in modo deciso esclamato che «la guerra è una follia». Gli avvenimenti negli anni 1914-1918 sono un monito forte al mondo odierno, in cui tante voci gridano vendetta dimenticando nello stesso tempo che «nulla è perduto con la pace, tutto può esserlo con la guerra», come si espresse papa Pio XII all’esordio della seconda guerra mondiale.

* OFMConv, Docente di Storia della Chiesa

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DALL’AUTOANNIENTAmENTO DEGLI EBREI ALL’AUTOANNIENTAmENTO DEL NAZISmO:

UN fRANCESCANO LEGGE I QUADERNI NERI DI HEIDEGGER

di Orlando Todisco*

La Shoah è il tentativo di annientare gli ebrei o invece è l’ “autoannientamento degli ebrei” e cioè, il rivoltarsi contro il popolo ebraico della sua specifica ‘essenza’? Quale essenza? I due tomi dell’ultimo volume dell’Opera Omnia di Heidegger, contenenti i Quaderni neri, sono un insieme di riflessioni intorno agli avvenimenti relativi al nazismo, dal 1942 al 1948. Qui si legge che la Shoah è la conflagrazione del popolo ebraico, o anche l’esplosione della ‘contraddizione’ che questo popolo incarna. Quale contraddizione? Diventare padrone del mondo mettendo a frutto la potenza sradicante della tecnica, rovesciando cioè sull’umanità quella ‘vergogna prometeica’ che vede l’uomo schiavo delle macchine che egli stesso produce. Ebbene, l’autoannientamento degli ebrei sarebbe l’epilogo iscritto in questa logica di onnipotenza; o meglio, sarebbe l’esito finale del ‘nichilismo’, che è l’autentico nutrimento della tecnica. Come altrimenti controllare i popoli se non sradicandoli dal circuito comunionale dell’Essere, lasciandoli in balìa dei venti della storia? Purificata dalla presenza rovinosa di questo popolo, ‘destinato a finire’ - la Shoah - l’umanità avrebbe dovuto intraprendere un nuovo percorso attraverso la mediazione della Germania, l’alba dell’Europa. Considerata l’’altro inizio’, luogo di salvezza dal potere spaesante della tecnica, la Germania, simbolo di un popolo con radici profonde, Heidegger la riteneva l’unica terra in grado di reggere all’urto del popolo ebraico, anzi di diventarne la tomba - la Shoah. Ma è giunto a compimento questo progetto? No. La brusca interruzione del disegno è addebitabile all’intervento degli alleati, che sarebbe il grave, imperdonabile misfatto del secolo. Ora, quale l’esigenza teorico-redentiva che ha guidato Heidegger in questa sorprendente lettura della Shoah? Egli intendeva colmare lo spazio nichilistico della modernità europea o meglio ‘redimere’ l’umanità dalla forza corrosiva dell’invadente logica del pensare scientifico-tecnico – l’arma letale nelle mani del popolo ebraico.

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filosofia

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Da questa angolazione, è senz’altro potente l’impulso creativo che ha immesso nel circuito del pensiero - il trascendimento del nichilismo e dunque il ridimensionamento dell’organizzazione scientifico-tecnica del mondo. Oltre al netto rifiuto dell’egualitarismo non gerarchico, sia quello liberal-borghese sia quello comunista, entrambi alimentati dalla spiritualità ‘giudeo-cristiana’, ciò che qui occorre mettere in evidenza è la piega politica che Heidegger dà al suo pensiero nella forma del nazismo, inteso come realtà nichilista razzista-tecnologica, dunque come fenomeno funzionale e purificatorio.Ciò che allora va denunciato, perché del tutto asimmetrico rispetto al problema, è l’idea che la politica - il nazismo - possa farsi carico di un progetto redentivo di tale portata. Spetta forse alla politica - comunque pensata - siffatto compito? La politica è un fenomeno ‘meramente ontico’, non ontologico, passibile di riflessioni che però non ha la radicalità o la fecondità dell’ontologia. Quando confermava i dubbi - anzi dichiarava l’avversione - che la democrazia liberale - è lo scontro con la discepola Arendt - potesse portar fuori dallo spazio nichilistico della modernità europea, Heidegger era ancora soggiogato dalla potenza redentiva del nazismo. Ma può la politica, comunque progettata, assolvere a tale compito, misurarsi cioè con il nichilismo e averne ragione?Chi si ferma qui - il primo Heidegger - e non va oltre - il secondo Heidegger - non può non registrare un duplice stato d’animo - che Marx considerava spia dell’insufficienza delle rivoluzioni trascorse - e cioè per un verso l’entusiasmo rinnovatore che il grande progetto suscita e per l’altro l’effetto nauseante del ‘giorno dopo’: o, se si vuole, l’ebbrezza della tempesta nella notte e il cumulo delle macerie al mattino. Infatti, alla grandezza del disegno - il trascendimento del nichilismo europeo - si contrappone l’angustia e la crudeltà della proposta - il nazismo - quale forma preambolare alla sua realizzazione. Per render giustizia all’indiscusso protagonista del ‘900 filosofico occorre però andare oltre il primo Heidegger, ancora convinto che la Germania nazista fosse la possibile guida dell’Europa - egli detestava la democrazia, ritenuta, più che soluzione, un radicale destino di morte. È necessario sfogliare il secondo-Heidegger, esploratore delle risorse nascoste del pensiero - dalla metafisica all’arte alla poesia - nel cui nome trarsi fuori dalla logica del nichilismo e contenere l’onda onnipervasiva della tecnica. È l’operazione di abissale profondità, che egli ha messo in atto con saggi folgoranti, con l’implicita ammissione dell’insufficienza della precedente analisi della soggettività moderna. Egli, infatti, sposta l’asse del pensare dall’ente - il Dasein - all’Essere, denunciando l’incapacità del soggetto di aver ragione del dominio tecnologico e delle sue radici nichilistiche, e insieme invitandolo a riascoltare la voce dell’Essere, qualora questa risuoni.

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Dunque, più che della sua filosofia nel suo insieme, l’antisemitismo di Heidegger è il fallimento della sua ‘visione redentiva della politica’. In fondo, il nazismo non può forse essere pensato in chiave transpolitica, e cioè, sovraccaricato

di una valenza redentiva, che peraltro ha sempre rivendicato a partire dai suoi enunciati programmatici? E se così, il nazismo non poteva che esplodere tra le lacrime del suo nulla originario. L’autoannientamento allora - ecco l’interrogativo filosofico da non eludere - è nella logica della Shoah o, invece, del nazismo?Qualunque sia la risposta, resta aperta la domanda in merito alla fuga degli enti

dall’Essere: “chi ci spinge nelle tenebre del nulla?”, così come lascia inesplorato il ventaglio delle risposte al dubbio se il male non sia profondamente mescolato all’Essere stesso, immaginandolo cioè in Dio come vinto ma non del tutto assente (L. Pareyson). Ma è possibile andar dietro a questa problematica senza tirarci fuori dal mondo categoriale di matrice pagano-aristotelica? E poi, l’ultimo grido di Cristo - “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” - è solo lamento e preghiera o forse è uno squarcio sull’abisso della storia? Il discorso non è più filosofico. Il discorso è ‘cristologico’, ben oltre la pura reazione strategica - la politica - a una situazione facilmente controllabile.Ebbene, chi è persuaso della fuga degli enti dall’Essere e del conseguente vuoto nichilistico non può non evocare la potenza redentiva dell’uomo-Dio - ecco la forza del cristocentrismo francescano - in grado di ‘bonificare’ per davvero il sottosuolo dell’umanità, sconvolta e umiliata. Quale altro senso ha l’intervista, che Heidegger rilasciò chiedendo che venisse resa pubblica dopo la sua morte e che ha per titolo “Ormai solo un Dio ci può salvare?”

* OFMConv, docente di Filosofia francescana

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UN mESE DI INTENSA PROGRAmmAZIONE: TRA GLI OSPITI L’EX PORTAVOCE DI WALESA NOWINA-KONOPKA E LO SCRITTORE ARIÑO

di Francesco Marcolini*

Ultimo mese del Cineforum. Abbiamo in programma eventi da non perdere, e ospiti d’eccezione.Il Cineforum prevede due proiezioni a settimana, una il venerdì sera alle 21 e una il sabato pomeriggio alle 16 al termine della quale si svolge un dibattito, nell’elegante Auditorium del Seraphicum. Il pubblico ha così la possibilità di confrontarsi direttamente con i registi stessi, i critici cinematografici o con delle personalità che possano stimolare una riflessione più profonda sulla tematica trattata nel film.Appuntamento il 6 e il 7 marzo con il biopic Wałęsa di Andrzej Wajda dedicato alla vita del presidente e Premio Nobel polacco, fondatore di Solidarność, Lech Wałęsa. Ospite al dibattito del sabato pomeriggio sarà l’ambasciatore polacco presso la santa sede Piotr Nowina-Konopka, ex collaboratore e portavoce di Lech Wałęsa dal 1982 al 1989.Altro appuntamento il 20-21 marzo con il film Tutto sua madre, scritto, diretto ed interpretato da Guillaume Galiene. Grande successo in Francia al pari del film Quasi amici, in Italia la pellicola è passata praticamente inosservata: racconta la storia dello stesso regista (attore molto noto in Francia) che scambiato per un omosessuale dalla sua famiglia,

dagli amici e dalle istituzioni, deve riappropriarsi della sua vera identità quando si rende conto di provare attrazione per una donna, a dispetto dei pregiudizi di tutti coloro che lo circondano. Per l’occasione sarà nostro ospite Philippe Ariño, direttamente da Parigi, scrit-tore, omosessuale dichiarato, noto in tutto il mondo per le sue posizioni conci-lianti con il magistero della Chiesa cattolica in materia. La sua lettura ed analisi della società e dell’omosessualità, senza pregiudizi e piena di speranza, hanno una delicatezza e una chiarezza senza pari nell’ampio dibattito attuale sull’argomento.

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Cineforum

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La programmazione seguirà con Lunchbox (27-28 marzo), gustosissimo e profumatissimo film, am-bientato in India. Una storia d’amicizia e amore che nasce attraverso una strana forma di conoscen-za tramite dei messaggi nascosti nel cestino per il pranzo che una donna manda ad un uomo credendolo inizialmente suo marito.Ultimo film dell’anno, La buca di Daniele Ciprì (10-11 aprile). Per l’occasione

dovrebbe venire a trovarci il regista, che con Franco Ma-resco ha formato una coppia storica del cinema italiano contemporaneo, famosa anche per il programma Cinico Tv e riconoscibile per lo stile graffiante e grottesco.A conclusione dello splendido anno trascorso insieme (in cui sono venuti a tro-varci tra gli altri il regista Giovanni Veronesi, gli esordienti Sydney Sibilia e Alessandro Rak, i grandi critici Enrico Magrelli del programma radiofonico Hollywood Party e Federico Pontiggia giornalista del Fatto Quotidiano) il 18 aprile debutterà lo spettacolo L’appetito vien guardando.

In preparazione al grande evento dell’Expo di Milano, Edoardo Zaccagnini con il Cineforum Seraphicum proverà ad analizzare come il Cinema e la musica hanno trattato e attraversato il tema del cibo. Mi sembra scontato e banale sottolineare che sono eventi più che unici, di altissimo profilo culturale. L’accoglienza dei frati, il calore e la passione dei numerosissimi e appassionatissimi partecipanti non sono elementi marginali, ma caratterizzanti l’esperienza del nostro Cineforum. La Facoltà pontificia “San Bonaventura” ed i frati del collegio Seraphicum dunque vi invitano a parte-cipare e vi aspettano con gioia.

* Attore e moderatore del Cineforum Seraphicum

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appuntamenti

CINEfORUm SERAPHICUm

Ultime cinque proiezioni per il Cineforum Seraphicum che chiuderà la stagione 2014-2015 il 18 aprile con lo spettacolo “L’appetito vien guardando” di Edoardo Zaccagnini.

Alle ore 21 di ogni venerdì la proiezione nell’auditorium, in replica il sabato alle 16 con la partecipazione di ospiti che danno vita al dibattito di approfondimento sulle tematiche del film. Ecco il programma delle prossime proiezioni:venerdì 27 e sabato 28 febbraio: “Le meraviglie”, regia di Alice Rohrwacher;venerdì 6 e sabato 7 marzo: “Walesa”, regia di Andrzej Waida con ospite Piotr

Nowina-Konopka, ex collaboratore e portavoce del presidente di “Solidarnosc” Lech Walesa e attuale ambasciatore di Polonia presso la Santa Sede; venerdì 20 e sabato 21 marzo: “Tutto sua madre”, regia di Guillaume Galiene;venerdì 27 e sabato 28 marzo: “Lunchbox”, regia di Ritesh BatraPer info sulle singole proiezioni e sulle attività: http://cineforum.seraphicum.net/

QUARESImA CON LA LETTERA AI fILIPPESI

La Lettera ai Filippesi accompagnerà tutto il periodo quaresimale, attraverso gli incontri di approfondimento proposti da fra Germano Scaglioni, biblista e docente di Nuovo Testamento al Seraphicum. “Rallegratevi nel Signore, sempre” (Fil 4,4) - In cammino verso la Pasqua con la Lettera ai Filippesi, è il ciclo di appuntamenti in programma ogni sabato alle ore 16 sino al 28 marzo (escluso il 14 marzo, festa della Facoltà). Al centro degli incontri, ciascuno della durata di un’oretta, questa lettera improntata sulla gioia e composta da Paolo nel periodo di prigionia. Il programma prevede il 28 febbraio: “L’esempio di Gesù Cristo: la ‘Chiesa’ in uscita (Fil 2,5-11)”; 7 marzo: “La salvezza, una questione comunitaria: Paolo e i suoi collaboratori (Fil 2,12-30)”; 21 marzo: “Il ‘vanto’ di Paolo: la conoscenza di Cristo (Fil 3,1–4,1)”; 28 marzo: “Il comando della gioia (Fil 4,2-23)”.

EVANGELIZZAZIONE DELLA SVEGLIA fRANCESCANA

Appuntamento a Susa (To) il 7 e 8 marzo con la Sveglia francescana, il gruppo di evangelizzazione di strada composto da frati studenti del Seraphicum.Dopo le diverse iniziative promosse, nei mesi scorsi, nel centro di Roma e l’uscita a Napoli, il 21 febbraio, il gruppo è stato invitato a Susa in occasione della festa del Mandorlo, una casa per mamme e bambini in difficoltà, gestita dalle Suore Francescane Missionarie. Nei due giorni di soggiorno a Susa,

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particolarmente ricchi di impegni, la Sveglia francescana svolgerà la sua capillare azione di evangelizzazione attraverso musica, preghiere, balli, canti, confessioni e adorazione eucaristica. Un modo spontaneo, coinvolgente e profondo per parlare di Dio a quanti parteciperanno agli incontri. Dunque una nuova opportunità per partecipare all’animazione di questi “giullari di Dio” che sembrano aver mutuato da san Francesco proprio quel modo di giubilare definito dal biografo Tommaso da Celano “alla maniera giullaresca”.Francesco di Assisi - spiega in un articolo sulla predicazione francescana fra francesco Costa, docente emerito del Seraphicum e studioso di francescanesimo - “voleva che i frati, andando in gruppo, dopo la predica di uno dei più capaci tra essi, «tutti insieme cantassero le laudi del Signore, come giullari di Dio», perché diceva: «Che cosa sono i servi di Dio se non i suoi giullari, che devono commuovere il cuore degli uomini ed elevarlo alla gioia spirituale?»”. Per informazioni sulla Sveglia francescana e sulle attività del gruppo: https://www.facebook.com/svegliafrancescana

fESTA DELLA fACOLTÁ

Si svolgerà sabato 14 marzo la festa della Facoltà, dedicata al patrono san Bonaventura da Bagnoregio, teologo, Dottore serafico, tra i principali biografi di san Francesco e suo successore come ministro generale dell’Ordine francescano. Il programma della festa prevede alle ore 9,30 la celebrazione eucaristica presieduta da monsignor Giuseppe Piemontese, vescovo di Terni-Narni-Amelia, ex studente del Seraphicum ed ex custode del Sacro Convento di Assisi. Alle ore 11,00 l’appuntamento accademico con il saluto e l’introduzione del Preside fra Domenico Paoletti cui seguirà la relazione di fra Bernardo Commodi su “Cristo nell’esperienza mistica di sant’Angela da Foligno”. Seguirà la presentazione dell’Istituto francescano di studi asiatici a cura del Vicepreside fra Dinh Anh Nhue Nguyen.La memoria liturgica di san Bonaventura ricorre il 15 luglio ma nella data del 14 marzo viene ricordata la ricognizione e traslazione del corpo del santo a Lione.

IL CARDINALE VAN THUAN, TESTImONE DELLA SPERANZA

“Testimoni della speranza: il card. Van Thuan” è il tema con il quale fra Enzo Galli, docente di Cristologia, chiuderà domenica 22 marzo gli incontri Spe Salvi – Apprendere e testimoniare la speranza con Benedetto XVI. Le giornate sulla Spe Salvi sono organizzate come momenti di formazione e condivisione: alle 9.30 la relazione, dalle 10 alle 12 il tempo di silenzio e lettura personale, alle 12 la celebrazione eucaristica, alle 13 il pranzo comune e alle 15 lo spazio per la condivisione.

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IL VANGELO LETTO DAI fRANCESCANI

Ogni lunedì, per tutto il periodo quaresimale, il sito del Seraphicum propone Il Vangelo dopo la domenica, la rubrica di approfondimento francescano sulla Parola che vuole accompagnare nel cammino della settimana. Si tratta di una rubrica sperimentata l’anno scorso e ripetuta durante l’Avvento, ideata e curata dal vice preside della Facoltà fra Dinh Anh Nhue Nguyen, docente di Esegesi e Teologia biblica. Ogni lunedì, dunque, il sito web della Facoltà così come le pagine Facebook e Twitter, ospitano un approfondimento sul Vangelo attraverso il pensiero di sant’Antonio di Padova.La domenica poi, come di consuetudine, sulle pagine Facebook e Twitter della Facoltà viene proposto il passo del Vangelo, accompagnato dal video di commento a cura della Sveglia francescana, il gruppo di evangelizzazione di strada del Seraphicum.

CONCERTI SERAPHICUm

Una serata omaggio al pianista sovietico Sviatoslav Richter, per il centenario della nascita (1915-2015), è in programma giovedì 19 marzo alle ore 20.45 al Seraphicum, nell’ambito della rassegna musicale “Al di là del concerto”. Nel corso della serata saranno eseguite musiche di Schubert, Skrjabin e Chopin, con la partecipazione di Paola Pegan al pianoforte e di Giorgio Ceccarelli Paxton con interventi a carattere storico-informativo e con proiezioni video.Altro appuntamento domenica 22, alle ore 16.30 nell’auditorium, con “Il lago dei cigni”, il racconto

in musica dall’originale versione per balletto. Un concerto pensato per famiglie, promosso da Nuova Klassica, con la partecipazione dell’Orchestra NuovaKlassica sotto la direzione artistica di Ernesto Celani, la direzione d’orchestra di Carlo Stoppoloni e con la partecipazione dell’attrice Angela Di Sante. Per info: [email protected]; tel. 366 7005000.

fRESCOBALDI INTERNATIONAL fESTIVAL Of mUSIC

Si svolge sino al 28 marzo il Frescobaldi International Festival of Music, in programma nella Basilica dei Santi XII Apostoli a Roma. Il Festival, giunto alla quarta edizione, vuole ricordare Girolamo Frescobaldi, celebre organista, clavicembalista e tra i più grandi compositori per clavicembalo, organista liturgico a San Pietro vissuto tra il 1583 e il 1643 e sepolto proprio nella basilica dei Santi Apostoli.Qui il programma: http://www.seraphicum.org/news_scheda.asp?ID=79#centro

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NOVITÁ EDITORIALI

Si intitola Il mistero del Figlio nei Suoi misteri - Un confronto con la cristologia italiana il nuovo libro di fra Enzo Galli, docente di Cristologia al Seraphicum, edito da Miscellanea francescana. “Si tratta di uno studio di cristologia sistematica che vale da introduzione alla cristologia contemporanea, al di là della sua produzione italiana, in cui emergono i temi maggiori del rinnovamento teologico post-conciliare. Si affronta il mistero di Cristo nelle sue implicazioni ontologiche e soteriologiche, col proposito di rispondere alla duplice domanda: chi è Gesù Cristo? Che cosa significa Gesù per noi? La risposta, naturalmente, è quella della fede della Chiesa: Gesù Cristo è il Figlio di Dio Salvatore. Il contributo

che si vuole offrire con questo volume, tuttavia, si distingue per l’originalità con cui si articola la risposta della fede, in modo scientifico e significativo per noi oggi, sotto il preciso profilo del rapporto tra mistero e misteri” (dalla presentazione di Maurizio Gronchi).

Io non smetterò di ammaestrare i frati – La pedagogia di Francesco nella Compilatio Assisiensis è il nuovo libro di fra Emil Kumka, docente di Storia della Chiesa e di Francescanesimo alla Pontificia Facoltà Teologica “San Bonaventura”. Fra Kumka, che è anche responsabile della biblioteca della Facoltà, propone in questa pubblicazione - edita dalla Libreria Editrice Vaticana - una rilettura della Compilatio Assisiensis, l’opera agiografica del XIII secolo ritenuta “difficile” per la frammentarietà e la particolare struttura del testo. Fra Kumka mira “a rintracciare il pensiero-guida dell’autore della fonte: un autore intento soprattutto a lasciare un quadro dell’umanità reale e non

idealizzata di Francesco, con le sue sofferenze fisiche e morali, con i suoi drammi e il superamento di essi, con la sua gioia ed entusiasmo, i momenti di sconforto o addirittura di rabbia” (dalla prefazione di Felice Accrocca).

Nuova pubblicazione per fra Orlando Todisco, docente di Filosofia francescana. È appena uscito il saggio La solidarietà nella libertà - Motivi francescani per una nuova democrazia (Cittadella Editrice). “Sono quattro ondate di pensiero che muovono dal profondo della storia e portano a riva per un verso la concezione occidentale dell’essere come diritto-a-essere, per l’altro la concezione francescana dell’essere come dono-di-essere; mentre la prima pone al centro il primato della razionalità e dunque della volontà di potenza o di autoaffermazione, l’altra, invece, il primato della libertà e dunque della volontà oblativa o di servizio. Ciò che il francescano denuncia non riguarda il potere, che il sapere

assicura, ma il suo carattere dominatorio; non il primato della normativa, pilastro della convivenza, ma la sua anima rivendicativa; non la razionalità, ma la sua risoluzione nel diritto-a-essere. L’approdo è costituito dalla libertà creativa di segno oblativo, con cui si cerca di fare interagire la tensione dell’età contemporanea verso nuove forme di convivenza con la fonte ispirativa della plurisecolare avventura francescana, costituita dalla conoscenza come ri-conoscenza, tradotta nella storia attraverso una pastorale di difesa della dignità di tutti, a partire dai più poveri. (dalla quarta di copertina)

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PRESENTAZIONE LIBRO SU SANT’ANGELA DA fOLIGNO

È stato presentato giovedì 19 febbraio, nella biblioteca del Seraphicum, il libro Sant’Angela da Foligno - Contemplativa, mistica, apostola a cura di p. Luigi Borriello e di fra Raffaele Di Muro, direttore della Cattedra Kolbiana della Facoltà, edito dalla Casa Editrice Miscellanea Francescana. Sono intervenuti alla presentazione, in veste di relatori, Sr. Mary Melone, Rettore della Pontificia Università Antonianum e fra Felice Autieri, direttore del Cenacolo di Sant’Angela, moderati da fra Ugo Sartorio, teologo e giornalista. Tra i presenti in sala anche fra Marco Tasca, Ministro generale OFMConv e Gran Cancelliere della Facoltà, e il Preside fra Domenico Paoletti.

IN PAROLE fRANCESCANE

«A tutti i cristiani, religiosi, chierici e laici, a tutti gli uomini e le donne che abitano nel mondo intero, frate Francesco, loro servo e suddito, ossequio rispettoso, pace vera dal cielo e sincera carità nel Signore. […] E la volontà del Padre suo fu questa, che il suo figlio benedetto e glorioso, che egli ci ha donato ed è nato per noi, offrisse se stesso, mediante il proprio sangue, come sacrificio e vittima sull’altare della croce, non per sé, poiché per mezzo di lui sono state create tutte le cose,ma in espiazione dei nostri peccati, lasciando a noi l’esempio perché ne seguiamo le orme. E vuole che tutti siamo salvi per mezzo di lui e che lo riceviamo col cuore puro e col nostro corpo casto».

SAN FRANCESCO, Lettera ai fedeli: FF 179.184

PONTIfICIA fACOLTÁ TEOLOGICA “SAN BONAVENTURA” SERAPHICUmVia del Serafico, 1 - 00142 Romatel 06.515031 - [email protected] Ufficio Comunicazione: Elisabetta Lo Iacono - [email protected]

http://www.seraphicum.org/http://www.facebook.com/PontificiaFacoltaTeologicaSanBonaventuraSeraphicumhttps://twitter.com/Seraphicum

https://twitter.com/fraterdominicus (Preside fra Domenico Paoletti) https://www.youtube.com/user/SeraphicumRoma

francescanamente parlando

Da sn.:fra Ugo Sartorio, Sr. Mary Melone, fra Felice Autieri e fra Raffaele Di Muro