San Bonaventura: itinerario a Dio -...

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- 43 - San Bonaventura: itinerario a Dio Il discepolo più famoso di Alessandro di Hales è Bonaventura di Bagnoregio, al secolo Giovanni Fidanza. Nato verso il 1217 a Bagnoregio presso Viterbo, da bambino fu mira- colosamente guarito da S. Francesco. Nel 1235 si recò a Parigi per compiervi i suoi studi seguendo le lezioni di Alessandro di Hales, Giovanni de La Rochelle e Eudes Ri- gault (Odo Rigaldi). Entrò nell’ordine dei Frati Minori e approfondì lo studio di Sant’Agostino, non trascurando però le dottrine aristoteliche. Nel 1248 divenne baccel- liere e fu espositore della Sacra Scrittura. Dal 1253 al 1254 spiegò le Sentenze di Pietro Lombardo e conseguì la licenza, ma solo nel 1257, per la lotta allora in corso all’università parigina contro i regolari, ebbe il titolo di Magister. Dovette però abban- donare l’insegnamento per la sua nomina a Ministro generale dell’Ordine, carica che Bonaventura occupò fino al 1273, quando Gregorio X lo elevò alla porpora cardinalizia. Partecipò al Concilio di Lione, dedicandosi con grande entusiasmo all’unità delle Chiese, ma qui lo colse la morte. Sisto IV lo elevò agli onori dell’altare nel 1482 e lo dichiarò dottore della Chiesa e nel 1588 Sisto V lo mise sullo stesso piano di dignità con San Tommaso, dichiarandolo Ecclesiae doctor eximius et egregius. Dio è causa efficiente, esemplare di ogni cosa, l’essere perfetto ed infinito che funge allo stesso tempo da causa agente e da archetipo di tutte le crea- ture. Causa esemplare: La Trinità è la realtà originaria da cui provengono e su cui sono modellate tutte le realtà create. • Padre = causa efficiente • Figlio = causa esemplare (modello, espressione e immagine del Padre), • Spirito Santo = causa finale (filo d’amore nell’unità). La vita del Dio Trino si prolunga per effusione del suo amore nella crea- zione e nella santificazione o deificazione. Le creature sono un effetto liberamente voluto dal Dio Uno e Trino che porta nella vita creativa la relazione vitale intratrinitaria. La relazione intima tra Padre, Figlio e Spirito porta alla creazione che è la comunicazione di questo rapporto. La vita del Dio Trino si comunica: • nell’atto della creazione • nell’atto della santificazione della creazione • nell’atto della deificazione della sua creazione [La teologia di Bonaventura ha legami stretti con la teologia patristica o- rientale] Il mistero trinitario condiziona la natura creata, l’uomo e la storia. L’uomo è chiamato alla santificazione e alla deificazione nella storia.

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    San Bonaventura: itinerario a Dio

    Il discepolo più famoso di Alessandro di Hales è Bonaventura di Bagnoregio, al secolo Giovanni Fidanza. Nato verso il 1217 a Bagnoregio presso Viterbo, da bambino fu mira-colosamente guarito da S. Francesco. Nel 1235 si recò a Parigi per compiervi i suoi studi seguendo le lezioni di Alessandro di Hales, Giovanni de La Rochelle e Eudes Ri-gault (Odo Rigaldi). Entrò nell’ordine dei Frati Minori e approfondì lo studio di Sant’Agostino, non trascurando però le dottrine aristoteliche. Nel 1248 divenne baccel-liere e fu espositore della Sacra Scrittura. Dal 1253 al 1254 spiegò le Sentenze di Pietro Lombardo e conseguì la licenza, ma solo nel 1257, per la lotta allora in corso all’università parigina contro i regolari, ebbe il titolo di Magister. Dovette però abban-donare l’insegnamento per la sua nomina a Ministro generale dell’Ordine, carica che Bonaventura occupò fino al 1273, quando Gregorio X lo elevò alla porpora cardinalizia. Partecipò al Concilio di Lione, dedicandosi con grande entusiasmo all’unità delle Chiese, ma qui lo colse la morte. Sisto IV lo elevò agli onori dell’altare nel 1482 e lo dichiarò dottore della Chiesa e nel 1588 Sisto V lo mise sullo stesso piano di dignità con San Tommaso, dichiarandolo Ecclesiae doctor eximius et egregius. Dio è causa efficiente, esemplare di ogni cosa, l’essere perfetto ed infinito che funge allo stesso tempo da causa agente e da archetipo di tutte le crea-ture. Causa esemplare: La Trinità è la realtà originaria da cui provengono e su cui sono modellate tutte le realtà create. • Padre = causa efficiente • Figlio = causa esemplare (modello, espressione e immagine del Padre), • Spirito Santo = causa finale (filo d’amore nell’unità). La vita del Dio Trino si prolunga per effusione del suo amore nella crea-zione e nella santificazione o deificazione. Le creature sono un effetto liberamente voluto dal Dio Uno e Trino che porta nella vita creativa la relazione vitale intratrinitaria. La relazione intima tra Padre, Figlio e Spirito porta alla creazione che è la comunicazione di questo rapporto. La vita del Dio Trino si comunica: • nell’atto della creazione • nell’atto della santificazione della creazione • nell’atto della deificazione della sua creazione [La teologia di Bonaventura ha legami stretti con la teologia patristica o-rientale] Il mistero trinitario condiziona la natura creata, l’uomo e la storia. L’uomo è chiamato alla santificazione e alla deificazione nella storia.

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    Dio vuole esprimersi liberamente nella relazione tra Padre e Figlio. Se Dio vuole articolarsi, con una sola parola pronuncia tutto: questa Parola è Lui stesso, parola unica, autentica e veritiera. In quanto “creato” … In quanto la Parola è verità è vero e autentico In quanto la Parola è bellezza corrisponde alla bellezza L’atto creativo non è inteso da Bonaventura come [nel senso] “tecnico”, ma Dio è il grande artista che conferisce alle cose create la bellezza. Bonaventura propone l’arte e la verità in relazione alla bellezza e all’arte. Articolazione di Dio in quell’unica parola: verità, bellezza, arte, estetica. Bonaventura per parlare dell’uomo parla del Verbo e utilizza tre termini: verbum increatum, verbum incarnatum, verbum inspiratum • Verbum increatum Cristo, il Verbo, è l’eterna immagine del Padre e l’esempio delle creature, l’arte secondo cui le creature furono fatte nella creazione. Lui è l’idea originaria in cui si trovano i modelli esemplari se-condo i quali Dio produce tutto. Dal verbo increatum sono prodotte tutte le cose. La creatura spirituale Mondo puramente spirituale (gli angeli). La natura spirituale e razionale conosce e ama Dio e per questo è immagine di Dio essa dispone di materia spirituale. La creatura materiale La vita fisica è fondamento della vita spirituale. Le creature materiali rap-presentano una espressione del Creatore, ciascuna in grado diverso. Tutti gli esseri convergono verso una stessa meta ontica e intenzionale. Tutto il creato materiale è in cammino verso l’uomo - creatura intermedia - per servire a lui nel processo della conoscenza di Dio. Questa idea bonaventurana è spiegata con la teoria/teologia della Luce: la luce, penetrando la materia, la stimola e la muove. Così la materia va de-terminandosi sotto l’azione della luce, progredendo di perfezione in perfe-zione, in forza di un dinamismo. La vita fisica è trasfigurata dalla luce, simbolo della materia spirituale che attraversa la materia fisica. Il corpo

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    umano è l’ultimo passo di questo dinamismo, che pervade e trascina la materia verso determinazioni e organizzazioni sempre più perfette. È un rendersi perfetto e degno della vita dello spirito. Il corpo umano riflette e diventa espressio della magnificenza del Creatore. Il primo libro di Dio Tutte le cose sono imitazioni di Dio, sono vestigia oppure ombra. L’ombra è una rappresentazione distante e confusa. Le vestigia sono una rappresentazione distante ma distinta. Il libro del creato: tutto allude al suo creatore e rinvia a lui come princi-pio, come causa prima e ragione ultima. Verba, vox articulata è il modo con cui Bonaventura chiama il creato L’uomo “Capax Dei” Si tratta di un’antropologia iconica: l’uomo è un’icona di Dio. L’uomo è interprete del creato, la voce del creato, sa dare un significato alla creatu-ra. Ma ha un posto superiore a tutti gli esseri creati, che lo fa appartenere all’ordine soprannaturale. L’uomo ha Dio come oggetto. L’uomo, la più nobile creatura di Dio, perché è capace di Dio. L’uomo è destinato al rag-giungimento di una meta soprannaturale. Come creatura ha una triplice relazione con Dio: Dio è causa efficiente (emanazione: divenire da Dio), l’uomo è conforme alla sua causa (esemplarità: Dio è rispecchiato), l’uomo è ordinato a Dio, suo fine supremo (riduzione: ritorno a Dio di tut-te le cose). La Storia il tempo diviene storia in quanto l’uomo rispecchia Dio. La sto-ria dipende dall’azione umana (senza azione umana non c’è storia) che ri-specchia Dio. Il peccato riduce la vita umana al tempo, alla durata e ripor-ta la storia al nihil. Creatura intermedia L’uomo è intimamente unito a tutte le creature, vertice, che affonda le sue radici nella corporeità. Lui, per la sua stessa natura, è capace di leggere, di interpretare il libro della creazione. Essere composito: un corpo con le sue membra e passioni, mortale, e un’anima con le sue facoltà spirituali, im-mortale. Il corpo ha una sua dignità. Corpo e anima formano un’unità so-

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    stanziale fra due realtà, tutte e due costituite di materia e forma: materia spirituale - forma spirituale, materia corporale - forma. Tutte due da sole sono incomplete e tendono fortemente verso la reciproca unione. Il corpo doveva essere così perché doveva essere corpo di un’anima ai fini dell’uomo; l’anima, unendosi essenzialmente al corpo, doveva mantenere il corpo nella sua corporeità e conservare l’uomo nella natura. Come il corpo è il corpo di un anima anche lui ottiene di avere un destino metana-turale e soprannaturale. Un essere intramondano ed extramondano. L’uomo si rivolge in due diverse direzioni: verso il bene temporale e cor-porale e verso il bene spirituale ed eterno. Immagine e somiglianza Immagine: una rappresentazione di Dio distinta e vicina. L’immagine sta in riferimento al suo modello. Solo l’uomo può conoscere e amare Dio. L’uomo è capace di conoscere, perché è capace di volere, di scegliere, di discernere tra bene e male. Somiglianza: la somiglianza si trova nell’anima. La struttura mentale dell’anima può conoscere Dio con i sensi, l’immaginazione, la ragione e l’intelligenza. La memoria, l’intelligenza, la volontà come espressione del-la Trinità. Queste tre forze aiutano per riconoscere e amare Dio. Presenza della grazia gratuita. Questa grazia naturale forma l’uomo tramite le virtù della fede, speranza e amore per diventare, in un processo, sempre più simile a Dio e per trovare la piena felicità nell’unione con lui. Proprio l’anima è istituita nel tempo, ma finalizzata all’eterno. La sua immortalità è legata alla sapienza. La Sapienza Nella misura in cui l’uomo è nella natura il suo sapere è scienza. La scien-za si riferisce all’esperienza, è conoscenza ferma e valida. Dalla scienza si passa alla sapienza. Quattro sono le tappe verso la vera sapienza: • conoscenza delle cose create in Dio,

    • conoscenza delle cose divine distinte dalla scienza,

    • conoscenza di Dio, conoscenza sperimentata o unione mistica con Dio.

    La sapienza è un conoscere che trascende la mondanità della natura. Oggetto della sapienza è Dio. Bonaventura parla della conoscenza razio-

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    nale e della conoscenza sensibile. Il livello più alto della sapienza è la Mi-stica della contemplazione e dell’azione = trasformare in direzione di Dio tutta la pienezza dell’affetto. Salita dalla vanità alla veritas. Il Ritorno a Dio Gli esseri creati hanno una doppia relazione di dipendenza: una relazione di origine = rimanda alla loro fonte; una relazione finale = tendere a un telos. Per questo tutto l’universo ha un gran dinamismo. Tutto il creato deve tornare a Dio. Il compito di guidare a Dio tutte le creature spetta all’uomo perché figura centrale e media della creazione. L’uomo aspira all’infinito, anche se si sente limitato, ha i desideri della trascendenza, lui tende al Sommo Bene. L’uomo non trova nel mondo il proprio destino. La creazione si riporta a Dio. La sua ricerca è logicamente l’essenziale forza motiva. La fine del ritorno è la condivisione della gloria di Dio. Bonaventura individua tre tappe nella creazione operata da Dio: 1. l’emanatio: il divenire di tutto da Dio 2. l’esemplarismo: il modello divino si rispecchia in tutte le creature 3. la consummatio o reductio: il ritorno di tutte le cose a Dio, ultimo fine,

    secondo la propria natura.

    Verbum incarnatum La perfezione dell’intero universo avrebbe richiesto la stessa incarnazione del Verbo per elevare tutto il creato all’ordine soprannaturale. Così l’incarnazione conveniva per la pienezza della vita dell’uomo e in ordine alla natura, alla grazia, alla gloria. L’arte increata si fece uomo. Attraverso il Verbo incarnato sono restaurate tutte le cose. S. Bonaventura parla di una ricreazione tramite il verbo incarnato.

    Il peccato originale

    Nel peccato originale l’uomo trasgredisce l’ordine dato da Dio e sottomet-te lo spirituale alla materia. Oltre alla disobbedienza capovolge anche l’ordine della creatura e crea disordine. Il peccato fece cadere l’uomo nell’infermità, nell’ignoranza, nell’immoralità, incapace di imitare le virtù divine, di conoscere la luce divina e di amare la bontà divina. La caduta

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    originale non ha distrutto la capacità della ragione, ma l’ha indebolita. Non ha annientato la possibilità di conoscere Dio, ma n’è oscurato l’orizzonte. L’uomo ha perso la similitudine ma non l’immagine. L’uomo perde la pace, la sua vita diventa disordinata.

    Cristo Uomo-Dio

    Cristo unico mediatore. Era necessario che il “primo principio” si abbas-sasse al livello umano, per farsi riconoscere, amare e imitare: per questo s’incarnò il Figlio di Dio. Cristo è l’esempio illuminante in tutta la sua esi-stenza, soprattutto sulla croce. Cristo ristabilisce come uomo-Dio l’ordine della creazione. Lui risana, rinnova e ristabilisce il rapporto originale tra creatura e creatore nella sua obbedienza. Come verità e sapienza incarna-ta rinnova anche la possibilità della riconoscenza di Dio da parte dell’uomo. Esempio dell’uomo che procede eretto con lo sguardo dritto avanti a sé rivolto agli altri uomini. Il peccato è considerato il “non rivolgere lo sguardo verso il mondo e verso Dio, ma solo verso sé stessi”. In questo modo è come se l’uomo passasse da una posi-zione verticale eretta ad una posizione sempre più incurvata. L’uomo ricurvo su sé stesso non ha altra visione di quanto è sottomesso ai suoi piedi. Dio, in Gesù Cristo suo figlio incarnato, si sottomette ai piedi dell’uomo. Dio non ri-sparmia il Figlio e lo sottomette fino alla morte. Così accade che con la resurrezione l’uomo ricurvo è rialzato dal Cristo Risorto.

    Verbum inspiratum La sapienza increata divina, Cristo, è anche al centro dell’uomo storico en-tro la dinamica del cosmo come Verbum inspiratum. È presente nel cuo-re, lui è l’impressione nell’anima umana e rivela tutte le cose. Illumina-zione dell’anima per il ritorno a Dio sulla strada della ricerca della sapien-za e verità. Come Cristo dona lo Spirito Santo il verbum inspiratum si ve-rifica in lui, in quanto datore della grazia. Questa grazia porta come frut-to: la remissione della colpa, la pienezza della giustizia e la perpetuità del-la vita beata. Il secondo libro di Dio Dopo la natura, il secondo libro è la Sacra Scrittura che legge in chiave cristologica (Bonaventura legge così anche l’Antico Testamento). La rive-lazione divina in Cristo nella grazia dello Spirito Santo. Siccome l’uomo a causa del peccato non sa più leggere il primo libro (esterno: le vestigia della natura; interno: la scrittura della trinità nell’anima), Dio ha dato

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    questo secondo libro per ricordare all’uomo con la sua rivelazione la sua origine e fine in Cristo. Questo è un “libro chiuso” (Apocalisse) che sarà aperto sulla croce, Cristo stesso diventerà sulla croce questo libro aperto. In questo libro aperto si rivela l’amore di Dio per tutte le creature: il giu-dizio finale di Dio sarà l’amore. I doni dello Spirito Santo Per mezzo di Cristo tutte le cose sono benedette. Per la salvezza sono ne-cessarie due cose: la conoscenza della verità tramite la legge e l’esercizio delle virtù per grazia. La virtù come dono dello Spirito Santo è la buona qualità della mente che Dio opera nell’uomo e per la quale si vive retta-mente, per cui nessun’opera il male. Le virtù avvengono per la grazia e sono doni di Dio. L’Itinerario a Dio L’uomo è pellegrino - Homo Viator - essere intramondano, temporale, in-tenzionalmente teso al futuro. Un essere di desiderio che vive la tensione alla pienezza esistenziale. L’itinerario è esperienza di conoscenza e in più esperienza di vita, il modo di proporsi in rapporto con il creato e il Creato-re. L’itinerario è l’ermeneutica per una vita francescana nel mondo in quanto rinvia, in ogni aspetto della vita, a Dio. L’itinerario esprime lo sforzo intellettuale e morale di tutto l’uomo in ricerca della verità che la fede incarna. Status naturae institutae [l’origine, il paradiso] Interazione tra grazia e natura. Conoscenza dei libri di Dio. Ritorna a Dio senza fatica. Dialogo tra Dio - uomo, tra uomo - natura, tra uomo - uomo. Status naturae lapsae [frattura del peccato] Il peccato è scelta del sensibile come sostitutivo dello spirituale. Frattura tra spirito e carne, tra uomo e natura, tra uomo e Dio. Rottura e lotta delle varie facoltà dell’uomo = l’uomo si sente spinto verso opposte direzioni. Status viae [cammino] Essere in cammino significa disponibilità, attenzione alle cifre della tra-scendenza, distacco povertà estraneità, libertà. Imitare l’amato sulla via dell’iniziativa morale. Invito alla libertà umana. Così l’uomo si definisce

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    per ciò che deve essere. In questo status l’uomo conosce, non ignora il mondo e non lo disprezza. Ma lo vede e lo apprezza nel suo rapporto asso-luto a Dio. La natura, il mondo, il terrestre non sono negati, ma manten-gono il proprio valore nel costituirsi a strumento dello spirituale. Nello status viae la conoscenza di Dio è sempre un mistero. Si realizza la cono-scenza di Dio attraverso la realtà come in uno specchio: speculum. Perio-do della grazia per integrare il primato dello spirituale. Tempo della liber-tà come autopadronanza nell’esperienza e sull’esperienza mondana = fat-to essenziale e fondamentale della storia della salvezza. L’uomo deve pro-gredire in vista della meta suprema, processo di assimilazione a Dio in Cristo. Tutto questo chiede un impegno nella vita culturale, politica, reli-giosa. È un carattere di purificazione e di rinnovamento. Status gloriae [destino dell’uomo] La perfezione definitiva. Conoscenza perfetta. L’anima acquista un corpo spirituale (il suo proprio). Concetto di una nuova creazione del corpo e, attraverso questo, del mondo. La perfetta armonia tra uomo e Dio. La giu-stificazione dell’uomo. La piena giustizia è amare Dio sopra ogni cosa. La piena felicità. La differenza tra Bonaventura, Tommaso e le loro scuole

    • la scuola di Bonaventura e dei francescani utilizza la conoscenza amorosa che serve a conoscere Dio intellettualmente per arrivare all’unione con Lui

    • la scuola di Tommaso e dei domenicani che postula una conoscenza intellettuale che porta alla contemplazione.

    Per Tommaso il fine è il conoscere e sapere, per Bonaventura non solo sapere e cono-scere ma gustare.

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    Beato Giovanni Duns Scoto: un’antropologia cristocentrica

    La sua vita va ricostruita a partire da due eventi certi: la sua ordinazione sacerdotale avvenuta il 17 marzo 1291, (documentata dall’agenda del vescovo ordinante) e la lista degli studiosi cacciati da Parigi tra il 25 e il 28 giugno 1303 durante un confronto tra il re Filippo IV il Bello (1268-1314) e papa Bonifacio VIII (1294-1303). La nascita di Giovanni Duns Scoto si può collocare con molte probabilità nel 1266 (25 anni prima della sua ordinazione). Egli diventa Frate in giovane età attraverso suo zio Fr. Elia Duns, Guardiano di Dunfries e Vicario dei Frati Minori per il regno della Scozia. Studierà inizialmente ad Oxford, ma poi sarà a Parigi per conseguire il titolo di Magi-ster. Tornerà a Cambridge (tra il 1297-1300 probabilmente) e ad Oxford (tra il 1300 e il 1302 probabilmente) per insegnare nello studio dei Frati minori. Lo ritroviamo con sicurezza nuovamente insegnante Parigi nel 1303 fino al 1307. Dal 1307 fino alla morte avvenuta l’8 novembre 1308 a Colonia, è sicura la sua presenza in Germania. Sarà chiamato Doctor Subtilis e Doctor Marianus

    La parola che riassume la visione scotista è l’homo assumpto (l’uomo ac-cettato). Il punto di partenza della sua teologia è Colui che assume l’uomo: Dio. Il Dio libero e onnipotente Più di tutti i teologi precedenti Scoto presenta la visione di Dio libero e onnipotente. La libertà infinita di Dio è espressione della sua onnipoten-za. Tutto ciò che non è Dio è espressione della sua piena libertà e della sua onnipotente volontà. La libertà di Dio, secondo Scoto, è radicale, assoluta e totale. Tutto è nelle mani di Dio e della sua volontà libera. Ma questa li-bertà e onnipotenza coincide con la bontà assoluta di Dio. Libertà e onni-potenza della volontà divina sono tutt’uno con il suo amore infinito. Dio ora ama se stesso e vuole essere amato. Lo scopo della creazione La creazione stessa è uscita da quest’assoluta libertà di Dio. Perché Dio ha voluto la creazione e lui l’ha voluto così com’è. Per comprendere la crea-zione da parte di Dio Scoto presenta i passi seguenti: • Dio si contempla come bene supremo e vuole essere amato • Dio vede tutte le creature nel Cristo • Dio crea in vista all’incarnazione del verbo e predestina alla gloria e alla

    grazia • Dio previde la caduta in Adamo • Dio previde il rimedio con la passione di Cristo

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    Da questi passi appare chiaramente che per Scoto la creazione è voluta da Dio perché vuole essere glorificato e amato dalle creature e perché vuole amare la creatura. La creazione stessa è pensata nell’incarnazione. Si può affermare che per Scoto la creazione è funzionale all’incarnazione. Tutta la creazione ha una tensione verso Cristo come suo fine. Il mondo chimi-co-vegetativo animale trova la sua espressione nell’uomo e la specie uma-na scopre lo scopo del suo esistere e realizza la sua finalità in Cristo. Per questo il creato è pensato come tempio della manifestazione di Dio e come luogo d’epifania. La creazione è opera d’amore, nel senso che Dio vuole il ricambio dell’amore tra lui e le creature. Il primato di Cristo Nella concezione di Scoto Cristo risulta come principio nel quale tutto il reale trova la sua ragione di essere. Scoto sviluppa una ontologia del crea-to, specialmente dell’uomo creato, che in Cristo ha il suo fondamento. In Cristo viene rivelato il disegno di tutti gli esseri. In più tutto è stato creato da Dio per Cristo. Così con la creazione Dio-Padre esprime il suo amore verso Dio-Figlio nello Spirito. Per questo è anche voluta l’incarnazione di Cristo. Perché solo Cristo, come uomo, può ricambiare pienamente l’amore che Dio si aspetta dalla creatura. Cristo incarnato così è il ‘sum-mum opus’ dell’amore di Dio, perché solo lui come Uomo-Dio può ricam-biare l’amore in sommo grado. Con la sua incarnazione Cristo è la presen-za di Dio nella creazione e nel tempo. Questo primato universale di Cristo nell’amore rappresenta l’aspetto più originale dei pensieri teologici di Sco-to. Solo con il peccato Cristo è diventato anche il redentore e salvatore della creatura decaduta. Anche la passione di Cristo e la sua morte sulla croce è una conseguenza del peccato dell’uomo e mostra in più l’amore in-finito di Dio. L’essere dell’uomo L’essere dell’uomo è, così, intimamente legato al primato di Cristo. La sua nobiltà e la sua dignità dipendono dall’unione ipostatica. Perché in Cristo incarnato è tutto l’uomo. L’uomo è un essere composto d’anima e di cor-po. L’anima è la forma sostanziale dell’uomo perché differenzia l’uomo dalle altre creature dell’universo. Ma anche il corpo non è solo una ap-pendice necessaria all’anima, ma piuttosto una dimensione essenziale e

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    costitutiva dell’uomo. Il corpo è visto nella sua positività. Scoto ci presen-ta così un uomo composto nella sua unità e complessità. L’uomo è un ens per sé, unum per sé, cioè, un individuo. L’uomo è persona Scoto capisce il venire all’essere come un venire alla libertà. La libertà è il fondamento della realtà. Per l’uomo la libertà è il segno della sua trascen-denza sul mondo delle creature. La libertà eguaglia l’uomo a Dio. Ciascun uomo ha un’esistenza in sé, e per sé è un individuale singolare e irripetibi-le. L’uomo ha una personalità e questa in fondo non è totalmente comuni-cabile. Questa ultima incomunicabilità della propria persona è legata all’esistenza stessa. Scoto arriva fino al punto di parlare di un’ultima soli-tudine. Ma la persona è aperta e può comunicare. Scoto caratterizza la persona inoltre come autonomo, responsabile, autocosciente e autotra-scendente. Come creatura naturalmente l’uomo è in una dipendenza radicale nei con-fronti di Dio. Ma proprio quando l’uomo scopre di essere dipendente da Dio e si apre responsabilmente a Dio egli realizza la sua personalità. L’autocoscienza della propria origine in Dio è per Scoto il vero segreto della personalità umana. La persona umana si manifesta quando si accor-ge e vive la relazione con Dio come l’essere infinito. L’uomo riesce a uscire dal suo isolamento che deriva dal limite di essere in solitudine in quanto si apre al cammino esistenziale e morale verso la perfezione della sua per-sonalità in Dio. La capacità di apertura e la possibilità di comunicare e partecipare, deriva per Scoto propria della dipendenza radicale da Dio. Questa apertura l’uomo la condivide non solo verso Dio, ma verso tutti gli altri uomini e esseri. Lo ‘status iste’ Con la concezione dello status iste Scoto intende descrivere la situazione attuale dell’uomo. In questo stato l’uomo stesso deve rendersi conto della sua situazione di viaggiatore, del suo essere immagine di Dio nell’anima, della situazione di peccato originale, e della sua capacità soprannaturale, della sua vocazione divina. Dalla sua capacità soprannaturale l’uomo vie-ne in coscienza di lei tramite la rivelazione. Con propria capacità l’uomo per causa del peccato non è più in grado di conoscere il suo vero fine so-prannaturale per questo l’uomo ha bisogno della rivelazione.

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    Secondo Scoto, per l’uomo in questo stato, ci sono tre possibilità: 1. che non prenda notizia dalla rivelazione sopra il fine soprannaturale;

    2. che prende notizia di questa rivelazione, ma rimane nell’indifferenza e non crede;

    3. che nella fede riceva e ascolti la rivelazione.

    In sostanza lo status iste di Scoto si identifica con il pellegrinaggio o itinerarium verso l’infinito. In questo itinerario l’uomo vive della speran-za nella redenzione divina in una prospettiva escatologica. Anche il peccato non ha cambiato nulla di essenziale. L’uomo rimane nel-la sua dignità sopra tutti gli esseri creati. Solo che ha perso la sua capacità originale e naturale di capire i misteri del creato stesso. Ma rimane la sua responsabilità di portare tutto il creato con sé alla lode di Dio. Il destino dell’uomo Con la creazione l’uomo e tutto il creato ha ricevuto un desiderio naturale, una tendenza, un appetito verso la propria perfezione, verso l’infinito. Ma in fondo solo Dio nella pienezza dell’amore suo può soddisfare questa tendenza. L’uomo ora è creato per vedere Dio e per possedere Dio nell’amore per questo possiede un’intelligenza e una volontà in potenza all’infinito. L’uomo, secondo Duns Scoto, possiede il desiderio naturale della beatitudine. Ma l’uomo non ha in sé la capacità di raggiungere il suo destino di beatitudine. Inoltre è indebolito dal peccato. Ecco, per realizza-re questo desiderio ci vuole la grazia come dono gratuito di Dio. Tramite la rivelazione e con l’aiuto della grazia divina, l’uomo attraversa un itine-rario della vita, raggiunge il suo destino finale per saziarsi mediante l’intelligenza, la volontà e per mezzo della conoscenza e dell’amore di Dio. Scoto parla proprio del destino dell’amicizia con Dio. Ruolo fondamentale è quello della volontà unito a intelligenza e libertà. Intelligenza per vedere e valutare la realtà. Volontà facoltà alla quale appartiene l’appetito e la capacità di scegliere. Libertà potere che appartiene alla volontà con diverse possibilità: • realizzare quello che voglio • cancellare quello che voglio • fare altro di quello che voglio • fare o questo o quello.

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    L’intelligenza indica alla volontà cosa si dovrebbe fare Nel cammino francescano si opera una interazione fra intelligenza e vo-lontà per scegliere il bene supremo. La volontà agisce attraverso l’affectio commodi e l’affectio justitiae. L’affectio commodi guarda/sceglie un affetto per il proprio bene (amo-re interessato) L’affectio justitiae guarda ad un oggetto per il suo proprio bene (amor amicitiae). La volontà va fatta maturare in funzione del bene.

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    Pietro di Giovanni-Olivi Nasce intorno al 1248 a Sérignan nella Languedoc (Francia). Nel paese natale vi è una forte presenza catara e negli anni della sua infanzia lui stesso è testimone della repressione violenta condotta contro gli albigesi. Intorno al 1260, all’età di dodici anni, entra tra i Frati Minori nel convento di Béziers. A causa della sua vivace intelligenza i suoi formatori lo invieranno a Parigi per intraprendere gli studi teologici. Dopo essere divenuto baccelliere formato Olivi interromperrà gli studi parigini1 senza conseguire il titolo di Magister e inizierà ad insegnare nelle scuole dei Frati Minori a cominciare da Montpellier e Narbonne. Nel 1278 viene denunciato al Ministro generale Fr. Girolamo d’Ascoli. Gli verrà imposta la distruzione di alcuni suoi scritti sulla Vergine Maria. Più tardi, nel 1283 il Ministro generale Fr. Bonagrazia da S. Giovanni in Persice-to nomina una nuova commissione per esaminare la filosofia e la teologia di O-livi, nuovamente accusato di eresia. Questa volta i capi di accusa riguardano le sue idee e affermazioni sulla povertà e sull’usus pauper. Il pensiero di Olivi è diventato riferimento e ispirazione per il movimento degli Spirituali. Nel corso del capitolo generale di Montpellier (Pentecoste del 1287), Olivi è invitato a di-fendersi personalmente dalle accuse di eresia. Il Capitolo lo riconosce innocente e reintegrandolo nell’insegnamento della teologia. Egli riprenderà le sue lezioni nello Studio del Convento di S. Croce a Firenze (tra i discepoli vi sarà Ubertino da Casale) e nel 1289 a Montpellier in Francia. La vita di Pietro di Giovanni Olivi si conclude nel convento dei Frati a Narbonne dove muore il 14 marzo 1298. Ben presto la sua tomba diviene meta di pellegrinaggi e luogo in cui avvengono miracoli. Le opere di Olivi cominciarono a circolare anche in traduzione volgare e le criti-che alle sue idee iniziarono a giungere da più parti. Dal 1299 al 1309, durante il governo del Ministro generale Giovanni di Morrovalle, vi fu una nuova persecu-zione degli Spirituali ed il divieto di diffusione delle idee teologiche di Olivi che ispiravano questo movimento. Il Capitolo Generale di Lione del 1299 ordinò il rogo dei resti mortali di Pietro di Giovanni Olivi e la distruzione degli scritti. Il decreto del Concilio di Vienne2 (1312) Fidei Catholicae Fundamentum rifiutò due posizioni riguardanti la visione di povertà radicale3 e che l’anima non è la 1 Al termine della vita lo stesso Olivi spiegò in una lettera la causa dell’abbandono degli studi a Parigi. Il rifiuto di proseguire la frequenza delle lezioni presso l’università parigina era motivato dal fatto che i Maestri avevano abbandonato la Scrittura, l’unico Magister che fondava l’insegnamento sui testi sacri era Bonaventura. 2 Concilio di Vienne (Francia) convocato da Papa Clemente V (1305-1314) dal 16 ottobre 1311 al 6 maggio 1312, 3 sessioni. Soppresse l’ordine dei Templari, condannò il beghinaggio e affron-tò la disputa sulla povertà francescana. 3 DS 908, Circa l’obbligo del voto di povertà francescana, […] è sorta tra i frati una questione spinos: se, cioè, dalla professione della loro regola siano obbligati ad un uso scarso, ossia pove-ro, delle cose. Qualcuno di loro, infatti, crede e dice che, come i frati col loro voto si impegnano a una strettissima rinunzia alla proprietà, cosi viene imposta loro una sobrietà ed una povertà estrema nell’uso; altri, al contrario, affermano che in forza della loro professione religiosa sono obbligati a un uso povero solo nei casi previsti nella regola, anche se sono tenuti a un uso mo-derato secondo temperanza, come e più degli altri cristiani. Volendo tranquillizzare la coscienza dei frati e porre fine a questa discussione, affermiamo che i Frati Minori dalla professione della

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    forma del corpo4 senza una esplicita condanna dell’Olivi. La condanna definitiva venne ad opera di Giovanni XXII che istituì una commis-sione per giudicare Olivi a causa del gioachinismo5. La tomba dell’Olivi fu di-strutta nel 1318 su ordine dello stesso papa e diverse frasi della Lectura super Apocalypsim vennero condannate come eretiche nel 1326.

    Caratteristica fondamentale

    Oltre alle caratteristiche comuni con i suoi contemporane, Olivi propone alcune riflessioni più sviluppate che indicano la novità della sua visione.

    Felicità e perfezione piena

    Egli presenta un uomo carico del desiderio di vivere in piena felicità. L’uomo che cerca la gioia più elevata. I sensi, la ragione e la volontà dell’uomo tendono, per propria natura, verso il piacere più grande, la pu-ra verità, il sommo bene e l’essere perfetto. Così l’uomo per sua stessa na-tura vuole giungere alle cose più perfette, più alte, più belle ecc. L’uomo è alla ricerca di un oggetto che può saziare tutti i suoi desideri di amore. Ma la realtà dimostra che egli non è capace di trovare in questo mondo qualcosa che possa colmare pienamente i suoi desideri. L’uomo, su questa

    loro regola sono obbligati a quegli usi limitati e poveri, indicati dalla stessa regola, e secondo quella forma di obbligo che essa stabilisce per tali usi. Invece giudichiamo presuntuoso e teme-rario dire, come qualcuno afferma, che sia eretico ritenere l’uso povero incluso o escluso nel voto di povertà evangelica. 4 DS 902, Sull’anima forma del corpo, “[…] riproviamo come erronea e contraria alla verità della fede cattolica, ogni dottrina o tesi che asserisce temerariamente, o revoca in dubbio, che la so-stanza dell’anima razionale o intellettiva non sia veramente e per sé la forma del corpo umano; e definiamo - perché sia nota a tutti la verità della pura fede e sia sbarrata la via ad ogni errore - che chiunque, in seguito, oserà asserire, difendere, o ritenere pertinacemente che l’anima ra-zionale, cioè intellettiva, non sia la forma del corpo umano per sé ed essenzialmente, debba ritenersi come eretico”. 5 La figura di Olivi fu oggetto di interpretazioni divergenti e spesso addirittura opposte, nei seco-li successivi. Lo storico del cristianesimo Ignaz Döllinger, oppositore del dogma della infallibilità papale, affermò che per Olivi «la Chiesa che esiste oggi, cioè la Chiesa romana, è carnale e sarà progressivamente distrutta, in modo che progressivamente sia edificata la Chiesa spirituale». Per lo storico francese Ernest Renan Pietro di Giovanni Olivi era «un religioso esaltato... secon-do il quale questa Chiesa comunemente chiamata universale, cattolica e militante, è la Babilonia impura». Secondo il teologo Henri de Lubac, invece, e probabilmente con maggiore coerenza nei confronti dei testi di Olivi giunti fino a noi, al francescano «si deve il primo trattato specifico sulla infallibilità papale, ... di una ortodossia perfetta. [Olivi] non aveva mai dato il minimo spunto ai detrattori della Chiesa gerarchica e ... fu in persona per tutta la vita un modello di obbedienza». Henri de Lubac, La posterità spirituale di Gioacchino da Fiore, Milano, Jaca Book, 1981, pp. 127-128 (da qui sono riportate anche le citazioni di Döllinger e Renan).

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    terra, non trova la sua soddisfazione e neppure la pace del cuore perché nessuna cosa creata può colmare per sempre e pienamente il desiderio dell’uomo. Questo diviene per Olivi l’attestazione che nell’uomo è presente un desi-derio naturale verso un fine soprannaturale. Ma questo fine soprannatu-rale non può essere raggiunto dall’uomo con le proprie forze. Solo Dio - afferma Olivi - può saziare questi desideri e tendenze naturali dell’uomo. E Dio tramite le sue promesse ha assicurato all’uomo di trova-re la piena soddisfazione. Dio ha promesso la visione “faccia a faccia” con Lui: il compimento di tutte le speranze e la risurrezione, anche del corpo, dalla morte. Tramite la visione finale di Dio stesso e tramite il “gustare Dio”, l’uomo troverà la sua felicità piena. La amicizia piena con Dio sarà il luogo dove l’uomo troverà pace. In quest’amicizia divina anche i sensi dell’uomo trovano piena soddisfazione. Così l’Olivi afferma la soddisfa-zione integrale dei desideri e delle speranze dell’uomo nella ritrovata uni-tà con Dio nell’amore. Per l’Olivi non vi sono desideri impuri nell’uomo, tutti i desideri saranno trasformati nella gloria di Dio verso la perfezione. Per ora l’uomo si trova ancora nel mondo nella vita viatrix. Egli descrive la vita come un viaggio, un itinerario verso la fine escatologica, ma già da questo momento l’uomo può vivere in piena coscienza la sua vocazione ad una vita in amicizia con Dio dopo la morte: egli sarà così come è stato creato, corpo e anima. Tale sicurezza nella vita soprannaturale deriva per Olivi dalla giustizia, dalla misericordia e dall’onore di Dio. Della sua natura l’uomo poteva riconoscere la sua vocazione soprannatu-rale, il peccato ha soppresso nell’uomo la capacità di riconoscimento. Cri-sto ora è visto come il mediatore che ristabilisce la vita di grazia sulla terra e fonda così la possibilità di ritrovare la vocazione originale. Così l’uomo riceve la salvezza dall’umanità di Cristo. Cristo è il punto centrale nella vi-ta viatrix per poter andare verso la fine escatologica.

    La Libertà della persona

    Olivi, come i suoi predecessori francescani, aveva una visione unitaria dell’uomo: corpo e anima intellettiva, in forza della loro natura, sono parti integranti di tutto ciò che è l’uomo. In seguito Olivi sviluppa una visione di uomo come “essere metafisicamente unitario” di cui la perfezione più

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    alta e significativa è la sua libertà. Nella libertà è la vera grandezza dell’uomo. Solo perché è libero l’uomo possiede una dignità. La sua libertà è anche il punto centrale del fatto di essere una persona. Sede della libertà è la volontà in quanto la libertà si esprime nella autodeterminazione con le conseguenze della possibilità di una scelta. La libertà è autodominio, padronanza della volontà nei suoi atti e si manifesta nella naturale signo-ria della volontà sul mondo dei sentimenti che si agitano nell’uomo. La persona è un’esistenza libera, autodeterminandosi, la quale possendosi si autoriflette. L’essere più libero è Dio stesso. La libertà di Dio è la vera ragione per la quale le cose furono da lui fatte secondo la sua volontà. La libertà dell’uomo è creata e donata come ogni altra cosa creata, essa non esiste nell’uomo in forma pura, ma deve essere conquistata ogni giorno. Il pec-cato è la ribellione della libertà umana alla volontà di Dio. L’obiettivo ultimo della civiltà, per Olivi, è educare gli uomini a realizzare la propria personalità, a vivere liberi e a trattare i loro simili in modo da rispettare la loro libertà e personalità. Egli fonda i rapporti sociali unica-mente sulla libertà: l’uomo è uomo quando vive ed agisce responsabil-mente nella sua libertà. L’atto più nobile della libertà umana è l’amore gratuito. Con la libertà e-sercitata in modo retto l’uomo è in grado di partecipare alla libertà che appartiene in sommo grado alla volontà divina. La libertà è il segno di es-sere stato creato ad immagine di Dio. Secondo queste espressioni si po-trebbe affermare che l’uomo più libero era Gesù di Nazareth, perché ha accettato in piena libertà la volontà del Padre celeste.

    La visione apocalittica della storia

    Sulla scia delle idee di Gioachino da Fiore, Pietro di Giovanni Olivi pre-senta una visione apocalittica della storia divisa in tre età: Padre, del Fi-glio e dello Spirito. L’età dello Spirito sarà un tempo di chiarificazione del-la fede a cui seguirà lo stato di beatitudine finale. A Cristo è attribuita la sovranità su tutta la storia. Lui è la guida morale, il sacerdote della storia con il suo sacrificio perfetto, il profeta che dà un senso alla vita, il re che governa e giudica.

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    L’uomo dello spirito

    La terza età avrà inizio con un periodo di rinascita attraverso la perfezione degli uomini spirituali. Dopo un’epoca caratterizzata dalla caduta e dalla corruzione del peccato, emerge la vita di perfezione evangelica attraverso la povertà apostolica ad imitazione della vita di Cristo. Francesco d’Assisi e la sua regola erano considerati gli araldi di questa nuova età. La regola è l’attualizzazione del vangelo alla luce dello Spirito. Olivi presenta quindi una visione dinamica del concetto di vita secondo il vangelo.

    La visione della Storia

    Ritroviamo una visione della Storia progressiva e spirituale, nel senso di una maturazione e crescita verso una natura spirituale. La storia è intesa come la crescita epocale verso una vita evangelica. Per fare maturare un’epoca è necessario un approfondimento della fede, un amore più pro-fondo e una vita più autentica sotto la guida dello Spirito. Ogni epoca por-ta al suo interno il seme di un’epoca più matura, questo seme va fatto cre-scere attraverso un cammino spirituale [immagine del parto]. La respon-sabilità della maturazione del “seme” di un’epoca appartiene ad ogni uo-mo, così come è possibile il fallimento se il contributo dell’uomo viene a mancare. Sulla base del contributo umano si decide se da una epoca può nascere un’altra epoca più matura. Alla fine del processo di maturazione e crescita della storia, sia personale sia generale, Olivi prospetta una umanità che vivrà autenticamente se-condo i valori del vangelo, pronta a ricevere il Cristo che tornerà per com-pletare la salvezza (visione escatologica). Egli attende un tempo finale in cui si attuerà un discernimento decisivo fra bene e male (tra Cristo e Anti-cristo). L’epoca finale, attraverso una rinascita che presuppone morte e risurrezione, darà inizio a tempi nuovi sulla terra. I tempi nuovi saranno, per tutti gli uomini, tempi nello spirito evangelico nei quali sarà promossa la pace e la giustizia. La vita nella povertà evange-lica sarà la base di una solidarietà universale che supera ogni forma di in-giustizia. Questa parte della visione di Olivi racchiude una forte dimen-sione sociale-politica. La chiesa si ritrova sotto la guida dello spirito nel vero significato della parola “cattolica”. Il tempo finale è rappresentato da un personaggio veramente spirituale e evangelico: l’angelo del sesto sigillo (secondo Olivi è lo stesso Francesco, immagine del Cristo povero e umile).

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    La regola francescana - modello di questa visione futura - promuove e an-ticipa la crescita verso i tempi nuovi. Sull’esempio di Francesco viene pro-posto un richiamo, per il tempo presente, a far maturare attraverso la vita evangelica il seme della propria epoca (sfida teologica-etica).

    La storia alla luce della Trinità

    Il Padre è l’origine creativa che ordina la storia attraverso la sua legge. La legge divina conferisce alla storia una dimensione di sicurezza, la storia non progredisce caoticamente; il processo di maturazione e di crescita ha un suo ordo (anche se non è sempre evidente all’uomo). Nel Figlio il Padre ha redento il mondo. Cristo realizza la salvezza e la re-denzione all’interno del cammino storico, Lui si è dato dentro la storia. Attraverso la vita, la morte e la risurrezione di Cristo, il progresso storico riceve una vera e propria qualità nuova. Cristo tornerà a concludere i tempi finali e porterà la storia al suo compimento. In Cristo si riceve una vita nuova, mentre il Padre rivela un principio di stabilità e conferisce un principio di ordo, il Figlio apre alla novità ina-spettata, che rinnova tutto. Il Figlio rappresenta la vitalità e la novità as-soluta nel processo storico, in Cristo la storia riceve una qualità nuova di vita, l’ordo e la legge in Cristo sono aperti verso una vita nuova. Lo Spirito promuove l’opera di Cristo nella storia, è la dinamica che pro-muove, a partire dal tempo futuro, il cammino della storia verso i tempi finali. Lo Spirito promuove il cammino di maturazione e di crescita attra-verso il suo operare la vita evangelica, supera il maligno e vince anche l’anticristo e fa emergere il tempo della pace e della giustizia. Lo spirito rappresenta l’elemento dinamico che cambia la storia: tutta la storia è sot-to l’influsso dinamico dello Spirito. Abbiamo una visione trinitaria della storia: un elemento ordinante per causa del Padre, una dimensione di vita con una nuova qualità per mezzo del Figlio, e la forza dinamica che promuove il cammino storico verso la pienezza nello Spirito; L’uomo è integrato nel processo storico della maturazione e della crescita, in modo particolare è coinvolto nella battaglia fra bene e male. In questo contesto la libertà dell’uomo ha un ruolo importante: l’uomo agisce attra-verso la sua libertà e la sua amicizia.

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    La Libertà

    La visione della libertà fa parte dell’antropologia di Olivi. Egli concepisce l’uomo a partire da una visione dello Spirito. Lo Spirito è l’energia attiva della vita [vigor actualis et activus], lo Spirito è vita pura, vitalità e nello stesso tempo, semplicità, sobrietà e intimità. Lo Spirito penetra il materiale, il corpo per conferire la vita, la vitalità e il movimento, lo Spirito come forza ed energia vitale è libero, perché è indi-pendente, appoggiato su se stesso è capace di intimità, di autocoscienza e di autocomprensione, inoltre è capace di autodeterminazione. Lo Spirito come tale non è mosso da niente e da nessuno, però come forza vitale egli stesso muove tutto. Olivi non pone lo spirito in contrasto con il corpo e la materia. Lo spiri-tuale e il corporale non combattono fra di loro, anzi lo spirito è la dinami-ca vitale che inabita la materia e il corpo. Solo l’uomo spirituale è un uo-mo veramente vitale e mosso perché solo lo spirito conferisce all’uomo l’intimità dell’autocoscienza, dell’autocomprensione, dell’autodetermi-nazione e della sicurezza di sé. Lo Spirito conferisce così all’uomo tutte le necessarie qualità per trovare la libertà. Questa dimensione spirituale determina secondo Olivi l’essere proprio e l’essere persona. Lo Spirito conferisce all’uomo la possibilità di dire “io” attraverso un’autoriflessione e un’autogiudizio. Il centro della persona, l’io, che si rivela nello spirito corrisponde alla propria volontà capace di autodeterminazione. La libertà si realizza a tre livelli: autodeterminazione, autodominio, autoriflessione.

    La libertà si esprime nell’autodeterminazione con la conseguenza di as-sumersi la responsabilità di una scelta. La libertà richiede autodominio, padronanza di se, padronanza della pro-pria volontà, padronanza dei propri atti, padronanza sul mondo dei sen-timenti che eccitano l’essere umano per non diventare oggetto o schiavo dei desideri. L’Olivi presenta l’uomo come creatura pieno del desiderio di vivere in felicità; l’uomo è colui che cerca la gioia più alta, ciò che l’uomo fa, lo fa per trovare felicità e gioia; i sensi, la ragione, la volontà dell’uomo, tendono di sua natura al piacere più grande. La realtà mostra che l’uomo non è capace di trovare qualcosa che può saziare i suoi desideri in questo mondo. L’uomo, su questa terra, non trova la sua soddisfazione e la pace del cuore. Tutto il sentire, l’esperienza dell’amore umano è fragile e dub-biosa. Questo perché nessuna cosa creata può saziare il desiderio

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    dell’uomo pienamente; l’autodominio serve a purificare i propri desideri, per rivolgere la ricerca di felicità verso colui che può saziare pienamente il desiderio di esser felice. Solo Dio sazia il desiderio dell’uomo. Dio tramite le sue promesse ci ha as-sicurato di trovare la piena soddisfazione. Dio ci ha promesso la felicità senza fine, la bellezza, il sommo bene, di essere amati; Dio ha promesso la visione faccia a faccia, e che diventassimo suoi amici. Dio ci ha promesso di compiere tutte le nostre speranze nella risurrezione tramite una visione finale di Dio dove l’uomo può trovare la sua piena felicità. Il nostro desi-derio di felicità rinvia a Dio. La piena amicizia con Dio è il luogo dove l’uomo trova la sua pace; la libertà nella autodeterminazione e attraverso l’autodominio rinvia di cercare la pienezza della felicità in Dio e di indiriz-zare i sentimenti, i desideri e l’intelligenza verso l’amicizia con Lui. L’invito ad indirizzare la propria persona nella libertà attraverso l’autodeterminazione e l’autodominio verso Dio si lega alla capacità di autoriflessione; io possiede me stesso per poter indirizzarmi verso le cose del mondo o a Dio in quanto mi autorifletto. L’autoriflessione mi aiuta ad essere cosciente di quello che io penso, faccio, verso dove e verso chi mi sto indirizzando. La capacità di autodeterminazione, autodominio e auto-riflessione consegna all’uomo la sua libertà. Solo la creatura umana è ca-pace di agire con questa libertà per cercare volontariamente la pienezza della felicità.

    L’amicizia

    Questa libertà fondamentale è la base per relazionarsi liberamente con se stesso, gli altri e il mondo. Solo l’uomo è capace di una libera accettazione di se stesso e degli altri. Nella libera accettazione l’uomo è capace di riflet-tere sul suo volere ed agire. L’uomo è capace di decidere liberamente con chi vuole entrare in un rapporto personale, è anche capace di rifiutarsi. La libertà è la capacità di rapportarsi a livello personale e di propria iniziati-va. Olivi lega questa visione della volontà con il cuore. Il cuore è il centro della persona, il centro misterioso, nel quale si fanno integrare tutte le dimensioni della vita. Olivi identifica, quasi, la volontà di rapportarsi con il cuore: cuore e volontà sono uniti. Con il cuore unito alla volontà ci troviamo di fronte a quel centro della vita che può essere ispirato e vitalizzato attraverso l’impulso dello Spirito. Attraverso il cuo-

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    re/volontà lo Spirito conferisce forza e energia, con il cuore/volontà è da-to all’uomo una istanza spirituale, che non può essere toccata da nessuna potenza del mondo. Solo l’io della singola persona può disporre del pro-prio cuore/volontà, solo l’io stabilisce con la sua libera volontà, verso chi aprire il proprio cuore. Anche nella situazione di più evidente limitazione di libertà (per esempio la prigione) rimane la libertà ultima del cuore di aprirsi o no. Qui si presenta il nucleo della teoria sulla libertà di Olivi: vera libertà con-siste nella decisione di aprire o non aprire il cuore ad un rapporto dialogi-co. La persona libera si rivolge con la volontà e il cuore verso una relazio-ne. Olivi concepisce diversi gradi della libertà. Se l’apertura verso una re-lazione è legata a propri interessi, il grado di libertà diminuisce, più si lega l’apertura ad uninteresse che favorisca l’altro più grande si dimostra la li-bertà. Solo la persona capace di reggere il suo cuore, capace di autodeter-minazione è anche capace di relazionarsi autenticamente e “gratis” verso il tu dell’altro e si dimostra libera; anzi la libertà si realizza e trova la pro-pria pienezza nella relazione gratuita. La libera volontà che si chiude in sé stessa diventa la prigione del proprio io, l’uomo che si risparmia diventa schiavo del proprio io. Solo la libera donazione di sé stesso in una autenti-ca relazione porta a realizzare la vera libertà. L’amicizia come libera donazione reciproca è l’espressione più autentica della vera libertà e l’espressione più nobile di tale amicizia è l’amore. Questo concetto di libertà è per Olivi base della vita personale e etica; la libertà, come espressione di libera donazione nell’amicizia e nell’amore è una condizione della perfezione. Secondo Olivi non vi può essere morale, vita sociale, sincera vita politica, giusta economia, giustizia e religione senza questa libertà. Il fine più im-portante di ogni società deve essere educare e formare a questa libertà di donarsi gratuitamente; in un cammino spirituale l’uomo deve crescere progressivamente in vista di questa libertà di donarsi nella amicizia; in questo senso l’uomo non possiede la sua libertà, ma deve conquistarsi o-gni giorno di nuovo la sua capacità di essere libero; il tentativo di vivere questa libertà in tutte le dimensioni della vita quotidiana fa liberare la forza vitale del cuore, di voler dare al mondo un volto spirituale; in questo senso la libertà non solo è base di una amicizia personale, ma anche base per tutte le forme di una vita sociale, per la costruzione della vita nello stato e nella chiesa.

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    La Cristologia e la povertà

    Il modello per l’uomo veramente libero è Gesù Cristo, che realizzava la sua libertà nel dono totale di sé stesso per i suoi amici. Anche nella man-canza più evidente di una libertà esterna, Gesù conserva la libertà del suo cuore, donando sé stesso anche per i suoi persecutori. La libertà di Gesù di donarsi totalmente per i suoi amici, secondo Olivi, si fonda nella pover-tà di Cristo e nel suo atteggiamento della non-appropriazione. Gesù Cristo non si appropria niente, nemmeno la sua propria vita. Solo nella sua po-vertà Cristo era libero davanti a tutte le tentazione mondane e libero per offrire se stesso per la salvezza del mondo. Gesù prendeva la sua decisione responsabile di vita, indirizzava tutto il suo essere verso il Padre rendedo-si conto della sua vita alla luce dell’amore divino.

    La responsabilità dell’uomo nella storia

    A partire dalla sua cristologia Olivi offre i tre elementi decisivi per la ma-turazione della storia attraverso il contributo umano. Nella sequela di Cristo l’uomo contribuisce alla maturazione progressiva della storia attraverso la sua libertà, la sua amicizia e la vita povera evan-gelica. Il contributo dell’uomo consiste proprio nel far maturare la sua libertà per vivere l’amicizia sulla base di una visione evangelica di “non appropria-zione” e di povertà. La nascita di una epoca che si avvicina più al regno di Dio dipende anche da questo contributo dell’uomo. La libertà realizzata nell’amicizia aiuta a far crescere e maturare sia la storia personale sia la storia generale. Secondo Olivi questa libertà realizzata nell’amicizia sulla base evangelica del non appropriarsi di niente serve a creare non solo una amicizia perso-nale fra uomini, ma promuove l’amicizia tra i popoli e tra uomo e Dio, il modello di quest’uomo è Francesco.

    La visione di O. si presenta ora su diversi livelli: 1. livello personale: la dimensione personale è caratterizzata da autoco-

    noscenza, autoriflessione e donazione di se stesso nell’amicizia. Si trat-ta di aprire la propria vita, la propria volontà e il proprio cuore alla di-namica dello Spirito per poter integrare tutte le dimensioni della vita

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    verso il fine nel compimento cristologico. Il fine è far maturare l’uomo spirituale, capace di aprirsi e vivere l’amicizia sulla base evangelica.

    2. livello della fede: animato e stimolato dalla dinamica dello Spirito la volontà/cuore si rivolge verso la pienezza della vita nuova offerta in Cristo e la vita si centra nei valori evangelici.

    3. livello ecclesiale: la dimensione pneumatologica ha una grande impor-tanza: lo Spirito guida la chiesa verso la realizzazione del regno di Dio. In questo contesto i diversi ministeri della gerarchia ecclesiastica sono in funzione dello Spirito e devono aiutarlo a far maturare la storia verso il regno di Dio che si compie nel ritorno di Cristo.

    4. livello socio-politico: la responsabilità dell’uomo per la maturazione propria e della storia è considerata anche come responsabilità socio-politica. Il dono dell’amicizia è allargato alla dimensione della solidarie-tà con i poveri e gli emarginati; l’amicizia con loro richiede di impe-gnarsi per un mondo più giusto dove le ricchezze sono condivise e dove le risorse di vita sono accessibili a tutti; un mondo più giusto sarà un mondo più evangelico, Olivi presenta la visione di una nuova umanità, delinea muri abbattuti per un nuova fratellnza in Cristo.