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San Bonaventura Editoriale Gli orrori della manipolazione educativa Mi sento chiamato a farmi carico di tutto il male che alcuni sacerdoti - abbastanza, abbastanza in numero, ma non in proporzione alla totalità - a farmene carico e a chiedere perdono per il danno che hanno compiuto, per gli abusi sessuali sui bambini. La Chiesa è cosciente di questo danno. È un danno personale e morale loro, ma di uomini di Chiesa. E noi non vogliamo compiere un passo indietro in quello che si riferisce al trattamento di questo problema e alle sanzioni che devono essere comminate. Al contrario, credo che dobbiamo essere molto forti. Con i bambini non si scherza! Ai nostri giorni, è importante portare avanti i progetti contro il lavoro-schiavo, contro il reclutamento di bambini-soldato e ogni tipo di violenza sui minori. In positivo, occorre ribadire il diritto dei bambini a crescere in una famiglia, con un papà e una mamma capaci di creare un ambiente idoneo al suo sviluppo e alla sua maturazione affettiva. Continuando a maturare nella relazione, nel confronto con ciò che è la mascolinità e la femminilità di un padre e di una madre, e così preparando la maturità affettiva. Ciò comporta al tempo stesso sostenere il diritto dei genitori all’educazione morale e religiosa dei propri figli. E a questo proposito vorrei manifestare il mio rifiuto per ogni tipo di sperimentazione educativa con i bambini. Con i bambini e i giovani non si può sperimentare. Non sono cavie da laboratorio! Gli orrori della manipolazione educativa che abbiamo vissuto nelle grandi dittature genocide del secolo XX non sono spariti; conservano la loro attualità sotto vesti diverse e proposte che, con pretesa di modernità, spingono i bambini e i giovani a camminare sulla strada dittatoriale del “pensiero unico”. Papa Francesco Dal Discorso alla delegazione dell’Ufficio internazionale cattolico dell’infanzia - BICE (11 aprile 2014) GIUGNO 2017 ANNO V - Nº 53 informa 1 In questo numero: focus del mese: pedofilia ed emergenza educativa - pag. 2 l’istituto degli innocenti - pag. 4 ecclesia: il capitolo generalissimo - pag. 6 dottrina sociale della chiesa: la libertà creativa nel lavoro - pag. 9 bonaventura da bagnoregio: imparare a dialogare con il presente - pag. 12 100 anni di mi: la diffusione nel mondo - pag. 15 Lessico francescano: il significato di idiota pag. 17 storia e personaggi: il veggente delle tre fontane - pag. 20 il tesoro dello scriba: le vie della felicità - pag. 24 miscellanea francescana: il nuovo numero pag. 26 NOVITà EDITORIALI: IN LIBRERIA e in BIBLIOTECA PAG. 28 appuntamenti: iniziative in programma E solidarietà - pag. 31 francescanamente parlando: QUESTO MESE e “in parole francescane” - pag. 33

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San Bonaventura

Editoriale

Gli orrori della manipolazione educativaMi sento chiamato a farmi carico di tutto il male che alcuni sacerdoti - abbastanza, abbastanza in numero, ma non in proporzione alla totalità - a farmene carico e a chiedere perdono per il danno che hanno compiuto, per gli abusi sessuali sui bambini. La Chiesa è cosciente di questo danno. È un danno personale e morale loro, ma di uomini di Chiesa. E noi non vogliamo compiere un passo indietro in quello che si riferisce al trattamento di questo problema e alle sanzioni che devono essere comminate. Al contrario, credo che dobbiamo essere molto forti. Con i bambini non si scherza!Ai nostri giorni, è importante portare avanti i progetti contro il lavoro-schiavo, contro il reclutamento di bambini-soldato e ogni tipo di violenza sui minori.In positivo, occorre ribadire il diritto dei bambini a crescere in una famiglia, con un papà e una mamma capaci di creare un ambiente idoneo al suo sviluppo e alla sua maturazione affettiva. Continuando a maturare nella relazione, nel confronto con ciò che è la mascolinità e la femminilità di un padre e di una madre, e così preparando la maturità affettiva.Ciò comporta al tempo stesso sostenere il diritto dei genitori all’educazione morale e religiosa dei propri figli. E a questo proposito vorrei manifestare il mio rifiuto per ogni tipo di sperimentazione educativa con i bambini. Con i bambini e i giovani non si può sperimentare. Non sono cavie da laboratorio! Gli orrori della manipolazione educativa che abbiamo vissuto nelle grandi dittature genocide del secolo XX non sono spariti; conservano la loro attualità sotto vesti diverse e proposte che, con pretesa di modernità, spingono i bambini e i giovani a camminare sulla strada dittatoriale del “pensiero unico”.

Papa Francesco

Dal Discorso alla delegazione dell’Ufficio internazionale cattolico dell’infanzia - BICE (11 aprile 2014)

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Anno V - nº 53 informa

1

in questo numero:

focus del mese: pedofilia ed emergenza educativa - pag. 2l’istituto degli innocenti - pag. 4

ecclesia: il capitolo generalissimo - pag. 6

dottrina sociale della chiesa: la libertà creativa nel lavoro - pag. 9

bonaventura da bagnoregio: imparare a dialogare con il presente - pag. 12

100 anni di mi: la diffusione nel mondo - pag. 15

Lessico francescano: il significato di idiota pag. 17

storia e personaggi: il veggente delle tre fontane - pag. 20

il tesoro dello scriba: le vie della felicità - pag. 24

miscellanea francescana: il nuovo numero pag. 26

noViTà EDiToRiALi: in LiBRERiA e in BiBLioTECA PAg. 28

appuntamenti: iniziative in programma E solidarietà - pag. 31

francescanamente parlando: QuESTo MESE e “in parole francescane” - pag. 33

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Salvaguardia dei minori e lotta alla pedofilia: un’arma a doppio taglio

di Maurizio Di Paolo*

Il sentire comune, sia in ambito laico che ecclesiale, condanna all’unisono e con ampia determinazione i reati di pedofilia. La Chiesa si è dotata, in questi ultimi decenni, di norme adatte e di procedure idonee per contrastare questo fenomeno (Cfr. Motu proprio Sacramentorum Sanctitatis Tutelam, 30 aprile 2001, e Norme circa i delitti più gravi riservati alla Congregazione per la Dottrina della Fede del 21 maggio 2010).Tuttavia due “effetti indesiderati” iniziano ad emergere in alcune parti del mondo e, soprattutto, nelle regioni anglosassoni.Il primo è la “caccia all’untore”, ossia quell’atteggiamento sospettoso e accusatorio, a volte temerario e indiscriminato, che serpeggia tra fedeli poco limpidi, e colpisce sacerdoti che si impegnano nella pastorale con i minori. Quando delle accuse superficiali e banali prendono corpo, quando la mormorazione e il dubbio si insinuano, il sacerdote viene lentamente “ostracizzato”. La prudenza diviene tale da isolare lo sfortunato fratello sacerdote, non dando nemmeno la possibilità di difendersi. Tutto rimane nel silenzio, per agire con carità, così si presume, ed evitare possibili scandali e odiosi processi. Rispondo che a tutti i fedeli deve essere riconosciuto il diritto alla difesa, già noto al Diritto Romano, e ampliamente recepito dal Diritto Canonico (can. 221). Tale diritto si può esercitare solo in un procedimento, amministrativo o giudiziale che sia. Quindi ogni sacerdote accusato di simili reati, soprattutto se si considera innocente, ha il diritto ad essere processato per poter provare la sua innocenza ed essere riabilitato.

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focus del mese

Foto: Blog “La via è aperta”

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Ho incontrato sacerdoti devastati umanamente e psicologicamente da accuse non comprovate, limitati nell’esercizio del ministero sacerdotale, umiliati da illazioni, a cui non era stata data possibilità di difendersi e di essere giudicati.Il secondo paventato pericolo di una errata ed enfatica concezione della lotta alla pedofilia, è l’allontanamento dei sacerdoti dalla pastorale dei piccoli e degli adolescenti. Il beneficio che un sacerdote può ottenere dedicandosi alla cura, educazione, catechesi dei piccoli,

è incalcolabile. Nella età infantile e adolescenziale si costruiscono le fondamenta della personalità e della fede cristiana. Quanti sacerdoti oggi hanno il timore di accompagnare i bambini ai campi scuola estivi, alle escursioni e ai pellegrinaggi, di impegnarsi nell’insegnamento catechistico e scolastico. Un mio confratello mi confidava il suo rifiuto di volersi dedicare a queste fasce di età, per paura di denunce temerarie. La Chiesa corre il rischio di allontanarsi,

o di essere allontanata con sottile astuzia, dalla evangelizzazione e dalla cura dei piccoli. Dopo l’allontanamento delle masse dei giovani dalle nostre realtà ecclesiali, a cui con tanto impegno ci stiamo riavvicinando anche con il prossimo Sinodo dei Vescovi, corriamo il rischio di abbandonare anche i piccoli, che evangelicamente hanno la priorità nel Regno dei Cieli.La sana prudenza e il saggio utilizzo del Diritto Canonico da parte dei Superiori, possono garantire e rassicurare ogni sacerdote e religioso che voglia accostarsi ai bambini e agli adolescenti per educarli alla “Vita buona del Vangelo”, con la certezza che nei loro sguardi, appena sgorgati all’alba della vita, si scorge il sorriso puro e vivificante di Dio.

* OFMConv, Procuratore generale dell’Ordine dei Frati Minori Conventuali

[email protected]

Maurizio Di Paolo

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Foto: Fondazione Don Lorenzo Milani

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l’iStituto degli innoCenti di firenZedal rinaSCimento ad oggi a tutela dell’infanZia

di Maria Grazia Giuffrida*

La finestra ferrata sotto il loggiato progettato da Filippo Brunelleschi ricorda da sempre alla città il passato di accoglienza e assistenza ai bambini che qui venivano lasciati. La tutela all’infanzia fa parte della storia, lunga sei secoli, dell’Istituto degli Innocenti, ma è anche il cuore del suo presente, delle sue attività assistenziali, dei suoi servizi educativi, dei percorsi di formazione gestiti assieme a Università e centri di ricerca e delle attività culturali che vengono portate avanti all’interno del “luogo dei fanciulli”.L’Istituto degli Innocenti ha tutt’oggi sede in piazza della Santissima Annunziata nel pulcherrimum haedificium realizzato dal Brunelleschi (grazie al lascito testamentario di un mercante pratese Francesco Datini) che è stato il primo esempio di architettura rinascimentale, simbolo di quella concezione che voleva che bellezza e cultura fossero messe al servizio della funzione sociale dell’Istituto. All’attività assistenziale sono legati strettamente il patrimonio architettonico, quello storico-artistico e quello documentario (conservato nell’Archivio storico dell’ente), come racconta il Museo degli Innocenti, che attraverso tre percorsi interconnessi porta il visitatore alla scoperta dell’evoluzione dell’Ospedale, dalla sua fondazione nel 1419 fino ad oggi.Divenuto Azienda pubblica di Servizi alla Persona con la legge regionale 43 del 2004, l’Istituto mantiene fede alla sua storica missione attraverso lo studio della condizione dell’infanzia e dell’adolescenza, la sperimentazione di servizi, la promozione della cultura dell’infanzia nonché la tutela e la valorizzazione del proprio patrimonio culturale unico al mondo.L’accoglienza resta un punto fermo per l’Istituto che gestisce le tre case dove vengono ospitati bambini e madri dal territorio toscano, indirizzati dai servizi sociali e dall’autorità giudiziaria. Per dare un sostegno ai genitori in difficoltà e agevolare l’autonomia delle mamme attualmente ospitate in Istituto sono nati il Progetto Rondini e il laboratorio ProFili, dove vengono proposti percorsi di avviamento al lavoro. Il personale dell’Istituto si occupa inoltre di affiancare e dare sostegno alle famiglie che scelgono l’affido o l’adozione di un bambino.

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Nell’edificio delle simmetrie architettoniche brunelleschiane si trovano tre nidi d’infanzia, che possono ospitare fino a 132 bambini e il centro integrato per l’attività didattica per bambini da 0 a 6 anni.Dedicato ai piccoli dai 3 agli 11 anni è dal 2006 uno spazio del Museo degli Innocenti, la Bottega dei ragazzi, che ospita ogni anno circa 14 mila bimbi e propone loro laboratori creativi che si ispirano alla filosofia dell’imparare facendo, secondo lo stile delle antiche botteghe rinascimentali.

Qui i ragazzi sperimentano varie tecniche artistiche, partono alla scoperta di Firenze e delle sue meraviglie, scoprono la storia dell’infanzia trascorsa agli Innocenti e imparano anche a raccontare attraverso i media.Da tempo infatti l’Istituto è impegnato in esperienze educative, condotte con il coinvolgimento di insegnanti e famiglie, per promuovere l’uso consapevole e responsabile dei media, imprescindibili strumenti oggi di partecipazione e cittadinanza.

Lo ha fatto con il progetto Ripplemarks, laboratorio di lettura ragionata dell’informazione e giornalismo partecipativo rivolta ad adolescenti, e continua a farlo tramite il portale Trool, “Tutti i ragazzi ora on line”, sviluppato dall’Istituto degli Innocenti e certificato dalla Polizia Postale: il più grande social network italiano per minori gestito da un ente pubblico.Gran parte del lavoro fatto all’Istituto degli Innocenti oggi è rivolto infine alla promozione dei diritti delle giovani generazioni attraverso attività informative e formative. I ricercatori dell’Istituto conducono ricerche e monitoraggi, elaborano statistiche, gestiscono banche dati specialistiche e svolgono un’ampia attività di documentazione e divulgazione in sostegno delle politiche per l’infanzia, l’adolescenza e la famiglia. All’Istituto vengono realizzate ricerche per il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il Dipartimento per le politiche della famiglia della Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Dipartimento per le pari opportunità con le attività del Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza, per la Regione Toscana con le attività del Centro regionale di documentazione per l’infanzia e per altre amministrazioni comunali e regionali.Ma progetti di ricerca, di scambio e formazione sul tema della tutela dei diritti dei bambini sono al centro anche della progettazione europea dell’Istituto che partecipa regolarmente a bandi promossi dall’Ue e collabora con Università e enti di ricerca italiani e stranieri, tra i quali l’Unicef Office Research che ha la sua sede agli Innocenti. L’Istituto è infine agenzia formativa per l’aggiornamento professionale di chi si occupa, a vari livelli, di infanzia, adolescenza, famiglia e maternità. Il catalogo dei corsi di formazione si trova su sito “Formarsi agli Innocenti”.

*Presidente Istituto degli Innocenti

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la profeZia della fraternità e della SempliCitàil Capitolo generalissimo dei francescani umbri: una memoria abitata

di Domenico Paoletti*

Nei giorni 29 maggio - 2 giugno si è celebrato il “Capitolo generalissimo” di tutte le famiglie francescane dell’Umbria. Un evento storico che si inscrive nel cammino di riforma della Chiesa e nella ricerca di nuovi paradigmi di condivisione dell’humanum tra tutti i popoli.Il Capitolo è stato programmato per celebrare il quinto centenario della bolla Ite vos, con la quale papa Leone X convocava il Capitolo generalissimo per la Pentecoste del 1517, al fine di risolvere le controversie e le tensioni tra i francescani del primo Ordine. In realtà quel tentativo ebbe l’esito opposto, tanto che il 12 giugno 1517 il papa pubblicava un’altra bolla Omnipotens Deus con la quale decretò di fatto la separazione giuridica e formale dei frati minori conventuali dai frati minori della regolare osservanza. Il quinto centenario è una ricorrenza accolta intenzionalmente come occasione per “guarire la memoria”, chiedere e concedere perdono e soprattutto per guardare con fiducia al futuro da costruire camminando insieme da fratelli.È noto come la storia dell’Ordine francescano sia caratterizzata da continue riforme al proprio interno, tanto che si può riconoscere il semper reformanda nel DNA della famiglia francescana, protesa tra la fedeltà all’ispirazione originaria e originale di Francesco d’Assisi, codificata nella Regola, e la fedeltà all’oggi della storia che cambia. È interessante notare come la divisione tra Conventuali ed Osservanti avviene nello stesso anno della divisione della Chiesa cattolica da quella della Riforma protestante; la domanda di una “riforma” accomuna entrambe le divisioni. Il Capitolo generalissimo di ora è stato un adempiere simbolicamente, proprio a 500 anni dalla Ite vos, l’indizione dell’allora Capitolo generalissimo, che non fu mai celebrato.

ECCLESIA

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L’approvazione della Regola da parte di papa Innocenzo III

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La celebrazione del Capitolo generalissimo è stata preparata e organizzata da un gruppo di coordinamento che si è costituito all’indomani della visita in Assisi (4 ottobre 2013) di papa Francesco, il quale presso la Tomba di san Francesco rivolse ai ministri generali e agli altri frati presenti queste parole: “Bravi, dovete rimanere uniti”. Un invito raccolto con la decisa volontà di “camminare insieme e crescere nella comune vocazione e missione”. Così si concretizza l’idea di Frati Francescani in Capitolo con il compito di preparare e vivere

insieme gli eventi centenari di questi anni attraverso un itinerario scandito in quattro tappe: il 2015 un anno di preparazione per “ricordare e comprendere” attraverso approfondimenti storici e teologici; il 2016

la celebrazione degli otto secoli del Perdono di Assisi (1216) con richiesta e accoglienza gioiosa della misericordia; il 2017 il quinto centenario della bolla papale Ite vos (1517) con la celebrazione del Capitolo generalissimo a Foligno e il viaggio a Roma, il prossimo 29 novembre, per essere riconfermati nel carisma e nella missione; il 2018 dedicato alla evangelizzazione con l’intento di spalancare con gioia gli orizzonti al futuro. Tralasciando il programma intenso e attentamente strutturato dei cinque giorni (incontro con i vescovi dell’Umbria, le relazioni molto apprezzate dell’ecclesiologo Dario Vitali e della biblista Rosanna Virgili, la tavola rotonda su alcune esperienze del prendersi cura della fragilità, lavori di gruppo, liturgie ben curate, vari momenti di fraternità informale) è importante sottolineare il clima di sincera e gioiosa comunione fraterna in cui si è svolto il Capitolo, oltre che richiamare, più avanti, due delle proposte emerse e condivise. La presenza dei ministri generali ha dato al Capitolo un riconoscimento significativo in prospettiva di cammini unitari che già si stanno attivando come l’Università Francescana, come una comunità interobbedienziale in Terra Santa, come le esperienze di formazione missionaria a Bruxelles e di formazione teologica e francescana a Lusaka in Zambia. È commovente incontrarsi, accogliersi, ascoltarsi e dialogare per aprirsi a una progettualità comune qui in Umbria. I cammini diversificati sono stati condivisi con scioltezza; qualche difficoltà inevitabile è affiorata nel confrontarsi sul futuro che si desidera costruire insieme, tra chi già sogna un’unica famiglia e chi invece ritiene giusto mantenere le attuali distinzioni che sono una ricchezza del carisma francescano.

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Foto: sanfrancescoassisi.org

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La maggioranza ha comunque manifestato gli stessi sogni: essere tra la gente, semplificare le strutture appesantite dal tempo e anche da forme giuridiche non più corrispondenti alle dinamiche ed esigenze dei tempi che cambiano. L’ostacolo in realtà non sono le differenze tra i frati, ma il peccato di credersi ed apparire più francescani degli altri, contravvenendo così proprio allo specifico che risiede nella minorità. Come ha ricordato il vescovo di Assisi, Domenico Sorrentino, il camminare insieme in profonda comunione

richiede di spogliarsi di qualcosa; richiede una conversione interiore, una riforma degli atteggiamenti e anche delle strutture. La profezia, che ha preso un volto durante il Capitolo

generalissimo di Foligno, è la comunione fraterna, luogo dove si incontra e si annuncia Dio. Solo i legami fraterni sono il segno reale della comunione con Dio: la fraternità è profezia del Regno. La profezia dell’amore fraterno è quanto si è sperimentato ed attivato a Foligno, nella consapevolezza che non c’è verità, né credibilità cristiana in una spiritualità che non diventi comunione fraterna, germe e segno del Regno di Dio. La profezia della fraternità a Foligno è stata declinata nella proposta di intensificare e migliorare la qualità della collaborazione nell’evangelizzazione, nel progettare comunità interobbedienziali, per esempio una fraternità interobbedienziale a servizio della Caritas diocesana in Assisi e una fraternità di studio, dove pensiero e vita interagiscono nell’approfondimento e nella proposta formativa ai vari livelli.Accanto alla profezia della fraternità sono emerse la necessità e l’urgenza di essere, come francescani, un efficace strumento di semplificazione ad intra e ad extra, capaci di orientare verso quella semplicità che fu esemplare in Francesco d’Assisi.

*OFMConv, docente di Teologia fondamentale e vicario della Custodia del Sacro Convento di Assisi @fraterdominicus

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tra lavoro oggettivo e lavoro Soggettivo: la libertà Creativa

di Oreste Bazzichi*

Non c’è organizzazione internazionale, non c’è Paese, non c’è movimento, non c’è partito, non c’è corrente politica che non si ponga il problema del lavoro come dovere di giustizia sociale. Ma, nella realtà, nessuna politica economico-sociale, nelle forme e nei modi più disparati, riesce nell’intento di attuare la piena occupazione o, comunque, di soddisfare tutte le esigenze della vita umana. L’enciclica Populorum progressio (1967), dopo averlo pragmaticamente constatato, raccomanda ai ricchi, agli abbienti, di donare il “superfluo” ai poveri, anche se detta così l’operazione sembra semplice; ma è difficile la definizione del “superfluo”, tanto che non trova posto nell’economia moderna. Certamente l’accumulo di beni superflui, oltre a bloccare la necessaria circolazione della ricchezza, genera sospetto e semina sfiducia. Per questo l’enciclica allarga il concetto al principio di solidarietà universale (n. 48), dove «il superfluo dei Paesi ricchi deve servire ai Paesi poveri. La regola che valeva un tempo in favore dei più vicini deve essere applicata oggi – afferma Paolo VI – alla totalità dei bisognosi del mondo» (n.49). È doveroso annotare che, mentre sulla moralità del capitalismo e del collettivismo marxista, la dottrina sociale della Chiesa è intervenuta fin dall’inizio (Rerum novarum, 1891), per quanto riguarda il tema del lavoro essa ha lasciato spazio ad ulteriori approfondimenti. Difatti, anche gli indirizzi proposti dall’enciclica Laborem exercens (1981) non esauriscono la complessa problematica del lavoro. È vero, esiste un umanesimo del lavoro. Ma esso non consiste soltanto nel perfezionamento di chi lavora: è anche una trasformazione delle realtà terrestri. Questa essenziale dualità è colta nella recente enciclica di Papa Francesco Laudato si’, che ha sottolineato anche l’aspetto oggettivo del lavoro.Nell’era post-industriale, post-fordista e post-moderna e tecnologica, infatti, diviene sempre più chiaro e manifesto l’aspetto oggettivo del lavoro, man mano che la macchina sostituisce il lavoro manuale e favorisce un sistema di produzione sempre più indipendente dall’attività, dalle intenzioni,dai piani personali del lavoratore. Questo resta un punto fondamentale ancora da sviluppare: la distinzione tra il valore intrinseco di una prestazione e il suo valore economico. È una distinzione già contenuta, fin dalle origini, nella concezione francescana del lavoro, modellata sulla “grazia del lavoro” di san Francesco, dove sono significati i talenti personali donati dal Creatore alle creature, e che si esplicano nell’esercizio di una competenza professionale indiscussa ed eticamente esercitata (“responsabilità, fedeltà e devozione” e apertura alla collaborazione, alla relazione e alla fraternità).

dottrina sociale della chiesa

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Ottant’anni fa, John Maynard Keynes (nella foto), giudicava la disoccupazione di massa in una società ricca una vergognosa assurdità possibile da eliminare. Oggi, le nostre economie sono tre volte più ricche rispetto ad allora; e quindi Keynes considererebbe la disoccupazione attuale tre volte più assurda, pericolosa e disgregante, anche se, in buona parte, è dovuta al fenomeno della delocalizzazione, come strategia per competere con successo nell’epoca della globalizzazione. Ma un ordine sociale che supinamente incorporasse tra i suoi meccanismi di funzionamento un tale uso strategico della disoccupazione non sarebbe moralmente accettabile, né – si può aggiungere – economicamente sostenibile. È ormai dimostrato che soggetti che restano senza lavoro per lunghi periodi di tempo affrontano, sotto il profilo psicologico,

una sofferenza che nulla ha a che vedere con il minor reddito, ma con la perdita dell’autostima e del rispetto di sé. E qui entra in gioco la voce della “libertà creativa del pensare francescano”.Creatività è inventare, intuire, immaginare, sperimentare, crescere, avere fiducia in se stessi, assumersi dei rischi, infrangere talvolta, per il bene comune, gli schemi e fare errori. L’errore è parte integrante della sperimentazione, perché dove c’è certezza non c’è neanche bisogno di sperimentare. Senza libertà di scelta non c’è creatività perché non c’è libertà nell’essere curiosi, tenaci, visionari, artisti. Il processo creativo è istinto, abilità, inventiva, cultura, un miscuglio di coscienza e incoscienza. Lo stesso Adam Smith (1723-1790), considerato il fondare dell’economia classica, nella “Teoria dei sentimenti morali” affermava che “la libertà è come respirare l’aria aperta dell’indipendenza”.C’è allora da chiedersi se invece di affrontare la questione a spizzico, allineando proposte e misure disparate, forse tutte in sé valide ma ben al di sotto delle necessità, non sia giunto il momento di riflettere sulle caratteristiche di fondo dell’attuale modello di sviluppo per ricavarne linee di intervento meno rassegnate e incerte, ricorrendo anche a risposte dal passato, come alla filosofia che muove dalla dimensione della “grazia del lavoro”, tra scelta e necessità, tra mondo economico e produttività, tra creatività e ripetitività, tra posto di lavoro e attività lavorativa, tra lavoro salariato e lavoro remunerato, tra competizione e solidarietà, gratuità e fraternità. In questa terza rivoluzione industriale, che libera tempo sociale dal processo produttivo (neanche lo slogan “lavorare meno per lavorare tutti” di quaranta anni fa sosterrebbe la domanda), pensare di dare a tutti un tradizionale impiego salariato è pura utopia e pericolosa menzogna. È questa la vera rigidità del mercato del lavoro da superare: il divario tra domanda (pluralità di tipologie specialistiche che abbisognano) e offerta (i soggetti in cerca di un impiego). Le ricadute sociali sarebbero enormi.

*Docente di Filosofia sociale ed etico-economica

Bibliografia consigliata: A. CAPRIOLI e L. VACCARO (a cura di), Il lavoro: filosofia, bibbia e teologia, Morcelliana, Brescia 1983; R. CIMINELLO, Il significato cristiano del lavoro, Edizioni Tipar, Roma 2006; G. FARO, La filosofia del lavoro, Edizioni Santa Croce, Roma 2014.

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John Maynard Keynes (1883-1946)

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PONTIFICIA FACOLTà TeOLOgIC A

“sAN bONAveNTurA”

serAPhICum

“Interroga Deum non hominem” San Bonaventura

La Pontificia Facoltà Teologica “San Bonaventura”, eretta il 24 gennaio 1905, è un Istituto di studi superiori dell’Ordine dei Frati Minori Conventuali (OFMConv) per l’insegnamento della teologia.

La Facoltà ha tra i suoi principali obiettivi quello di aiutare la Chiesa universale e locale a formare teologi e catechisti qualificati, a servizio della nuova evangelizzazione.

I nostri corsi - offerti in un ambiente familiare, immerso nel verde e improntato alla pluralità culturale - consentono di acquisire approfondite conoscenze nell’ambito della teologia e del francescanesimo.

Si possono conseguire i gradi accademici di:*baccalaureato: I ciclo quinquennale di studi con un biennio filosofico e un triennio istituzionale*licenza: II ciclo di studi di 2 anni con specializzazione in Cristologia e francescanesimo contemporaneo*dottorato: III ciclo della durata di 2 anni.

Sono previsti anche corsi di aggiornamento teologico e pastorale, in particolare su spiritualità biblica, francescana e kolbiana.

Il 114° anno accademico inizierà il 5 ottobre 2017 e terminerà il 23 giugno 2018.Le iscrizioni al primo semestre sono aperte dall’11 settembre al 5 ottobre 2017.

Rivolgiti alla nostra Segreteria (a partire dall’11 settembre) per iscrizioni e informazioni, via del Serafico, 1 – 00142 Roma - tel. 06 5192007 - e-mail: [email protected]

www.seraphicum.org/pont_index.asp

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ConoSCere San bonaventura per abitare queSto noStro mondo

di Pietro Maranesi*

Nella lettura dei testi di Bonaventura occorre tener presente un dato tanto semplice quanto importante: essi non nascono come una profezia per la nostra epoca, ma come risposta a delle situazioni culturali molto precise del suo tempo. Buona parte del suo messaggio verrebbe perso se non lo si ricollocasse, per quanto è possibile alle nostre conoscenze storiche, nel contesto preciso da cui è nato e con il quale stava dialogando. Nello stesso tempo, mediante questa operazione “storica” si ottengono degli interessanti rinvii alla nostra situazione; pur cambiando le condizioni particolari e contingenti è possibile percepire dai suoi testi interessanti e stimolanti suggestioni alle esigenze che muovono e agitano la nostra intelligenza e il nostro affetto. Sebbene non possa essere assunto come la soluzione ai problemi culturali e teologici del nostro tempo, Bonaventura può costituire un punto di riferimento per ognuno che da cristiano e da francescano debba confrontarsi con la complessità e la serietà dei problemi nei quali vive l’uomo contemporaneo. Vorremo far notare delle convergenza tra alcuni aspetti del mondo di Bonaventura e la nostra epoca, lasciando emergere delle assonanze e possibili convergenze tra la proposta del dottore e il nostro bisogno di risposte significative. In particolare non è difficile ritrovare ai nostri giorni una radicalizzazione dello scontro tra spiritualismo e razionalismo: al trionfo della ragione umana con le sue enormi capacità scientifiche che negano spesso ogni riferimento trascendente a Dio, ha spesso risposto una incredibile accentuazione di forme irrazionali di tipo magico e religioso. La prima osservazione che vorrei proporre riguarda la “cosmologia”, cioè il discorso sull’ordine e il senso di tutta la realtà. L’uomo contemporaneo, eliminate le direzioni metafisiche del sopra e sotto il nostro mondo, ha voluto guardare alla realtà con gli occhi della matematica per capire il perché delle cose, così da poterle organizzare e utilizzare a vantaggio della propria vita e delle sue esigenze materiali fondamentali. Ciò ha portato ad una sorta di demitizzazione del mondo. Tramite le conoscenze scientifiche l’uomo è riuscito ad eliminare dal suo mondo quell’alone magico che faceva dei vari fenomeni intramondani eventi misteriosi nei quali si confrontavano e scontravano forze spirituali tra loro avverse.

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bonaventura da bagnoregio Ottavo centenario della nascita

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Questa operazione scientifica di con-prensione e dunque di dominio intellettuale dei fenomeni mondani ha fatto sviluppare uno sguardo positivo delle realtà terrestri, quale ambito da organizzare e migliorare per una vita umanamente piena e realizzata. A me sembra che questo sguardo demitizzante e positivo del mondo sia presente anche in Bonaventura il quale, contro ogni spiritualismo disincarnato e sospettoso nei confronti delle realtà intraterrestri, ha voluto assumere la “serietà scientifica” con cui Aristotele guarda al mondo e le leggi che tentano di spiegarlo. Tuttavia nell’operazione di “reductio” il teologo francescano ricorda alla nostra cultura scientifica che nella conquista operata nei confronti del mondo si è spesso perso il rinvio simbolico del creato. Le realtà visibili non possono cioè essere ridotte a semplici leggi matematiche, in esse vi è un di più verso il quale indirizza la stessa ricerca scientifica e che può essere colto solo con il cuore. Il mondo, nella globalità del suo modo di essere, le cui dinamiche possono essere studiate scientificamente, significa di più del suo semplice apparire. Al di là del visibile vi è un invisibile a cui la realtà rinvia. Oltre il fisico vi è un livello “meta-fisico”

a cui rinvia simbolicamente il mondo e che l’uomo coglie ed esprime nell’arte e nella religione. E credo che vada collocato in questo contesto il richiamo fatto dall’enciclica Fides et ratio sul pericolo che corre l’epoca contemporanea nella quale sembra esservi una “fine della metafisica: si vuole che la filosofia si accontenti di compiti più modesti, quali la sola interpretazione del fattuale o la sola indagine su compiti determinati del sapere umano o sulle sue strutture” .Da questa prima considerazione derivano due altre sottolineature direttamente connesse con tale riappropriazione “scientifica” del mondo: da una parte la questione dell’ecologia e dall’altra il rischio della frammentazione scientifica della lettura del mondo. Nell’ultimo trentennio ci si è accorti che il dominio scientifico della realtà si è trasformato in sfruttamento del creato, facendo sorgere impellente la questione dell’ecologia. Dall’abuso del mondo quale serbatoio infinito di energia e materiale a disposizione dell’intelligenza e dei bisogni dell’uomo, occorre passare al rispetto dell’ambiente nel quale viviamo, osservando e preservando il suo ecosistema, cioè la sua vita interna, affinché resti una “casa” accogliente per l’uomo che vi abita.A questo discorso ecologico esclusivamente intramondano, nel quale l’attenzione al mondo è in fondo a servizio di una qualità di vita dell’uomo, Bonaventura e, tramite lui, l’esperienza di Francesco di Assisi ricordano all’uomo di oggi un motivo più profondo e radicale per l’impegno all’ecologia dando a questa questione il fondamento teologico. Il mondo non è solo spazio vitale dell’uomo, ma anche orma, vestigia, icona del mistero di Dio. Esso è il libro nel quale leggere la presenza di Dio.

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San Bonaventura di Rubens

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Nella sua bellezza, nel suo ordine, nella sua armonia l’uomo ha la scala di accesso al mistero radicale dal quale tutto deriva e ne conserva l’effige. Dunque l’impegno da parte del cristiano per l’ecologia, riletto in termini francescano-bonaventuriani, ha il suo ultimo e definitivo perché nella teologia, cioè nella ricomprensione del mondo quale manifestazione di Dio: se all’uomo è proibito pronunciare il nome di Dio invano, altrettanto non dovrà deturpare la sua icona, cancellare le orme e le vestigia di Dio da questo mondo rendendolo luogo di sfruttamento e non più ambiente di contemplazione. L’ecologia bonaventuriana ricorda all’uomo che non è il padrone del mondo, ma il custode di un ambiente che gli è stato donato e che deve continuare ad essere il luogo del rinvio simbolico alla bellezza di Dio.Agli esiti spesso disastrosi a cui hanno condotto le capacità scientifiche e gestionali del mondo si aggiunge lo stato di smarrimento prodotto nell’uomo dallo stesso sviluppo scientifico nelle sue infinite ramificazione e possibilità. L’uomo è collocato oggi in una frammentazione smisurata del conoscere scientifico diviso in ambiti tra loro concomitanti dando vita insieme ad una enorme rete conoscitiva che ingabbia e seziona la realtà. Tuttavia proprio da questa “frammentazione retata” delle scienze umane sorge la domanda posta dal Vaticano II nel suo tentativo di porsi in dialogo con “le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce” del mondo contemporaneo: «In quale maniera conciliare una così rapida e crescente diversificazione delle scienze specializzate, con la necessità di fare la sintesi e di mantenere nell’uomo le facoltà della contemplazione e dell’ammirazione che conducono alla sapienza?» (Gaudium et spes, n. 56). Spesso Bonaventura richiama il pericolo della pura curiositas di una filosofia-scienza mossa soltanto dal desiderio di scire tantum. Oggi potremmo dire che la capacità scientifica dell’uomo fa “conoscere di più”, ma non “essere di più”. La proposta dell’unità ascensionale del sapere umano verso un di più che supera l’oggetto stesso conosciuto rinviando a colui che è il tutto, si immette perfettamente nella necessità di una superamento sapienziale della frantumazione scientifica dei nostri giorni. Lasciandoci aiutare da Bonaventura, nel dialogo con il mondo contemporaneo e con le sue enormi capacità scientifiche, dobbiamo ricordare a noi stessi l’urgenza di unire alla scienza la sapienza quale esigenza che umanizza e realizza la scienza stessa. (Continua nel prossimo numero)

*OFMCap, docente di Francescanesimo

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Si svolgerà dal 15 al 17 novembre, a Roma, il congresso internazionale e interdisciplinare dal titolo Deus summe cognoscibilis – L’attualità teologica di san Bonaventura, promosso in occasione dell’ottavo centenario della nascita del Dottore serafico.

Per info: https://www.unigre.it/eventi/sanbonaventura/index.php

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uno Sguardo Sulla diffuSione mondiale della miliZia dell’immaColata

di Raffaele Di Muro*

Le celebrazioni dei 100 anni di vita della Milizia dell’Immacolata impongono una riflessione sulla diffusione del movimento in tutto il mondo. Attualmente la M.I. è diffusa in tutto il pianeta ed esprime caratteristiche particolari a seconda della nazione in cui si è radicata e alla tradizione spirituale e apostolica ivi sviluppatasi. Storicamente in Polonia e in Italia il movimento esiste dalla sua prima ora e qui conserva una struttura molto organizzata e capillare che permette una valida evangelizzazione nelle Chiese locali dove è molto presente. Le sedi garantiscono una valida formazione ai membri dell’associazione che, a loro volta, si impegnano nella catechesi e in iniziative legate alla stampa ed alla distribuzione del Cavaliere dell’Immacolata, storica rivista kolbiana.In Europa, in ogni Stato, sono presenti strutture e membri di questa istituzione mariana e qui si segnalano le attività molto dinamiche dei militi della Spagna, della Repubblica Ceca, del Lussemburgo e della Croazia. La realtà in cui l’apostolato in stile-Kolbe si è maggiormente diffuso è il Brasile, particolarmente nel distretto di San Bernardo do Campo. La M.I. di questa area anima una emittente radiofonica molto diffusa ed apprezzata, una stazione televisiva ed altre opere che prevedono l’uso dei mass-media. Qui il messaggio di Kolbe si è radicato molto bene e fa presa soprattutto tra i giovani. Sempre in terra brasiliana, vi è un altro centro molto importante in quel di Brasilia, dove esiste ed opera una Città dell’Immacolata. Segnaliamo, inoltre, presenze assai dinamiche in Colombia e Bolivia.Molto significativa è la presenza del movimento negli U.S.A.. In ogni Stato esistono sedi che si rivelano attive, particolarmente nella pastorale dei giovani e carceraria.

100 anni di milizia dell’immacolata

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Fra Di Muro con l’assistente e il presidente della Mi Lussemburgo

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In Asia la M.I. è una realtà pastorale che “attecchisce” in modo rilevante in Corea del Sud, India, Giappone e Filippine: in questa ampia area i militi sono davvero numerosi e danno vita ad attività di evangelizzazione di ampio spettro. L’associazione va diffondendosi anche in Africa. Oltre alle presenze “tradizionali” di Zambia e Kenya, essa è appena nata in Burkina Faso e Nigeria e da anni opera in Costa d’Avorio, con una presenza laicale numerosa e qualificata, pur senza la presenza dei Frati Minori Conventuali. Non manca la presenza di sedi e militi in Australia, dove è ben avviato un apostolato a mezzo stampa, che riscuote molti consensi. Abbiamo elencato le presenze più numerose e dall’apostolato meglio radicato, ma possiamo dire che ovunque, in ogni nazione vi è la presenza della Milizia dell’Immacolata che perpetua con ogni mezzo possibile il messaggio e l’apostolato kolbiani.Una prospettiva che coinvolge la M.I. di oggi è senza dubbio quella di valorizzare ed attualizzare

il carisma di san Massimiliano. Il santo ha lasciato una traccia indelebile nel mondo francescano e nella Chiesa. Il suo messaggio e la sua testimonianza vanno riscoperti sulla base delle esigenze dell’uomo e della famiglia ecclesiale contemporanei. La missione e il martirio di san Massimiliano esercitano un grande fascino ancora oggi ed è importante che il movimento da lui fondato riscopra gli elementi portanti della sua struttura teologica, pianificando in che modo essi possono essere introdotti nella realtà contemporanea.Dell’eredità kolbiana resta ancora oggi molto forte la spiritualità dell’affidamento all’Immacolata. L’associazione da lui fondata è chiamata a scoprire

ogni giorno la gioia e la forza di appartenere a Maria, che vuol dire camminare illuminati dal suo materno amore e dal suo luminoso esempio di sequela. Ponendosi nelle sue mani, san Massimiliano ha compiuto opere apostoliche straordinarie, dimostrando come sia fondamentale il suo apporto nella vita di ogni uomo. Inoltre, il santo invita a far dipendere dalla preghiera ogni forma di attività missionaria: l’annuncio e la testimonianza si poggiano sull’orazione e sulla capacità di affidarsi costantemente all’Immacolata: è il trionfo della vita interiore che si traduce in instancabile e solida evangelizzazione. La M.I. di oggi è chiamata a dare luce e forza ai grandi valori del cuore, che sono il fondamento di tutta la sua attività. Tra loro c’è sicuramente la capacità di vivere e operare in comunione: ogni realtà nazionale ha le sue caratteristiche, tuttavia il movimento opera con armonia ed efficacia solo se i cuori di tutti battono all’unisono, solo se si valorizza un autentico spirito di famiglia.

*OFMConv, Direttore della Cattedra Kolbiana del Seraphicum e Presidente della MI internazionale @raf_frate

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Il Presidente MI con i delegati dei giovani del Brasile

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I come idiota

l’uSo e il SignifiCato del termine in ambito bibliCo, agiografiCo,

negli scritti e nelle traduZioni

di Emil Kumka*

La voce elaborata da Andrzej Zając offre un’analisi filologica e contenutistica dell’autodefinizione del Santo d’Assisi che negli Scritti si diceva ignorans et idiota. La riflessione si snoda in quattro punti: 1. Sviluppo ed elementi biblici del termine idiota; 2. Francesco come idiota nell’agiografia; 3. Le autodefinizioni di Francesco negli Scritti; 4. La problematica delle traduzioni contemporanee.Nella letteratura francescana il vocabolo idiota è stato riportato più volte, inteso e tradotto dal latino in contesto di poca istruzione e bassa cultura di Francesco, normalmente nella prospettiva dell’umile considerazione di se stesso. Però il termine necessita di una dettagliata analisi, data la sua interessante etimologia e provenienza dal greco, perché sia inteso correttamente nella spiritualità francescana.Nell’antichità greca idiota significava la persona privata, senza ufficio né impieghi nella società e in politica. La radice greca significa proprio, privato, specifico. Dagli autori cristiani nell’antichità fu usato per definire le specificità delle singole persone della Santissima Trinità. In altri contesti indicava una persona inesperta nella materia, un laico, un profano, ma non come definizione di bassa cultura, poca conoscenza generale o capacità intellettuale, denotando invece unicamente la mancanza di competenza in una concreta materia. Una simile connotazione semantica dominava nella letteratura medievale latina.L’autore di questa voce puntualizza subito che un tale significato originale combacia perfettamente con le priorità francescane e con le condizioni degli uomini medievali delle basse sfere sociali (minores), che furono persone senza prestigio e valenza sociale, vissute all’ombra dei potenti e dei governanti (maiores). Già il nome che Francesco diede al primo gruppo che aderì al suo modo di collocarsi nella società – fratres minores – fa capire sia la sua consapevolezza della struttura sociale, sia la scelta meditata dello stile di vita.

lessico francescano

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Il termine idiota si trova utilizzato anche in cinque brani del Nuovo Testamento (1Cor 14,16; 23; 24; 2Cor 11,6; At 4,13) però con significati differenti tra di loro. Nei primi tre frammenti indica una persona non introdotta nei misteri della fede, negli altri due una persona inesperta nella retorica.L’agiografia francescana adoperava il temine per descrivere l’Assisiate, come persona senza una solida e sistematica istruzione teologica, ma aperto alla sapienza divina, che è il fondamento della vita virtuosa in relazione e dipendenza da Dio (3Soc 21). In modo simile sono descritti altri frati (Egidio – LM 3,4; Filippo Longo – VbF 25; Antonio di Padova

(nella foto) – Assidua 30), dove il vocabolo idiota non indica solo la mancanza d’istruzione (primi due), ma come illustra il caso di Antonio, anche l’appartenenza al gruppo dei minori, allo stile di vita senza prestigio, fuori dai circoli di potere e autorità. Inoltre il termine fu più volte usato da Francesco come una forma di giustificazione o di scusa, per non dover pronunciarsi pubblicamente o essere considerato una voce autorevole di fronte alle persone che lui reputava migliori di sé (3Soc 64; Mem 103; SpPerf 53). Tommaso da Celano scrisse suggestive parole sull’accoglienza dei suoi discorsi in Francia: “Là, anche i sapienti e i maggiori letterati del mondo, più numerosi a Parigi che altrove, venerano, ammirano e onorano con umiltà e devozione Francesco, l’illetterato, l’amico della semplicità, dal cuore incomparabilmente sincero e nobile” (VbF 120).

I biografi introducevano anche in questo termine il contenuto di piccolezza dell’Assisiate per risaltare la grandezza della grazia di Dio, oppure per gli scopi apologetici nell’epoca della polemica e della lotta contro i mendicanti (Bonaventura, De S. Patre nostro Francisco, Sermo IV, in: Op.Omnia IX, 589; SpPerf 81).Il termine idiota è presente nei tre scritti di Francesco: Lettera a tutto l’Ordine, Testamento, Della vera e perfetta letizia. Il terzo testo, però, è collocato nella sezione “Detti” dell’edizione critica del 2009 di Carlo Paolazzi.Nella Lettera a tutto l’Ordine Francesco esprime il suo confiteor: “Ho peccato molto per mia grave colpa, specialmente perché non ho osservato la Regola, che ho promesso al Signore, e non ho detto l’ufficio, come prescrive la Regola, sia per negligenza sia a causa della mia infermità, sia perché sono ignorante e illetterato (ignorans sum et idiota) (EpOrd 39).Il primo vocabolo, ignorans, indica ignoranza, mancanza di scienza o di conoscenza, dunque illustra relazione intellettuale, epistemologica o pragmatica verso una realtà – in questo caso verso la liturgia delle ore. Il secondo, idiota, invece è quello di mancanza della competenza e pratica nella concreta materia, e cioè la preghiera del breviario, poiché non ricevette un’istruzione né preparazione, come i novizi religiosi, né proveniva dall’ambiente clericale, ma da quello commerciale, popolare.Nel Testamento Francesco detta: “Noi chierici dicevamo l’ufficio, conforme agli altri chierici; i laici dicevano i Pater noster, e assai volentieri ci fermavamo nelle chiesa; ed eravamo illetterati e sottomessi a tutti (et eramus idiote et subditi omnibus) (Test 18-19).

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Il Santo indica qui il contesto sociale della vita della fraternità, caratterizzando la relazione con tutti gli altri. Il termine idiota non significa allora il livello d’istruzione, ma la posizione sociale, il modo di funzionare dei frati nella circostante realtà, come minores sottomessi ai maiores. Lo stesso concetto fu espresso anche nella RegNB 7,2, perciò la valenza sociale presente nel Testamento è maggiormente confermata.Il testo Della vera e perfetta letizia, con tutto il suo senso allegorico, evidenzia un’altra versione del significato. “Vattene, tu sei un semplice e un illetterato, qui non ci puoi venire ormai; noi siamo tanti e tali che non abbiamo bisogno di te (tu es unus simplex et idiota) (VPLet 11).È evidente che il termine simplex è usato qui come un’invettiva, e non come definizione della virtù, invece idiota descrive la diversità, l’estraneità di Francesco in rapporto alla comunità dei frati. Non è più dunque una definizione della mancata istruzione sistematica oppure dell’incompetenza in una materia, ma d’essere un estraneo, intruso, strano o straniero, incompatibile al gruppo.Concludendo l’autore focalizza il complicato compito del traduttore, in cui la conoscenza filologica, semantica, culturale, storica, ecc., sono indispensabili per poter offrire una lettura adeguata del testo tradotto. Infine viene sottolineata la necessità d’aver nozioni di storia del linguaggio, e la prudenza, perché alla parola articolata secoli fa non si ascriva con troppa precipitazione il significato moderno.

*OFMConv, docente di Francescanesimo

Autore della voce: ANDRZEJ ZAJĄC, Idiota, in: Leksykon duchowości franciszkańskiej, coll. 627-636.

Bibliografia scelta: A. MATTIOLI, «Idiota». Mancanza di cultura o amore di ritiratezza? Nota di lessicografia francescana, Il Santo 27 (1987), 121-144; A. ZAJĄC, «Ignorans et ydiota» e «ponere in» – terminologia e stilistica di San Francesco d’Assisi nell’originale e nelle traduzioni, Roczniki Humanistyczne, z. 8 (Lingwistyka korpusowa i translatoryka), 59 (2011) 191-202; ID., «Franciscus idiota» – znaczenia kontekstowe i interpretacje hagiograficzne, Roczniki Humanistyczne, z. 8 (Lingwistyka korpusowa i translatoryka), 62 (2014) 93-110.

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bruno CornaCCHiola, il veggente delle tre fontane

di Francesco Costa*

Nel libro Il Veggente. Il segreto delle Tre Fontane, l’autore Saverio Gaeta introduce il lettore alla conoscenza del segreto, o meglio, dei segreti che la Madonna rivelò al tranviere Bruno Cornacchiola dal 12 aprile 1947 al 22 giugno 2001, giorno della sua morte. Ho avuto l’interessante volume del Gaeta dalla fraterna cortesia del carissimo p. Piergiorgio Vitelli, già Ministro della Provincia romana dei Frati Minori Conventuali e attuale Rettore del Santuario della Madonna della Rivelazione alle Tre fontane di Roma, sulla Via Laurentina, dove Bruno Cornacchiola e i suoi tre figli, Isola di 11 anni, Carlo di 7, Gianfranco di 4 anni, il 12 aprile 1947 videro la Vergine della Rivelazione.Il 9 luglio 1965 Pio XII consentì il culto pubblico nella grotta della Vergine della Rivelazione (nella foto), affidando ai Minori Conventuali la cura del santuario, teatro delle apparizioni ai quattro veggenti; ma l’amicizia e il sostegno morale dei Conventuali al Cornacchiola iniziano quasi all’indomani della prima manifestazione. La Cronaca del collegio serafico, allora in via di San Teodoro al Palatino, il 19 giugno 1947 registra la visita di alcuni chierici studenti della Facoltà, alla grotta delle Tre Fontane, dove incontrano la bimba di 11 anni che aveva visto la Madonna; il giorno dopo (20 giugno) p. Gaetano Stano, personaggio di primo piano nella storia dell’Ordine, si reca in casa dei Cornacchiola; grande risalto il cronista dà all’imponente processione del 5 ottobre 1947, che accompagnò la statua della Madonna della Rivelazione da piazza San Pietro alle Tre Fontane. I rapporti dell’Ordine con il veggente continueranno fino alla sua morte, avvenuta nel 2001. Chi era Bruno Cornacchiola? Nella risposta, utilizzerò per lo più l’ottimo libro di Saverio Gaeta, che si serve di appunti autobiografici di Cornacchiola. Il quale nasce a Roma il 9 maggio 1913 da poveri genitori, cattolici non praticanti. Al battesimo il parroco di Santa Elena dovette faticare non poco con il padre, Antonio, che voleva imporre al figlio, non Bruno ma «Giordano Bruno, come quello che voi preti avete bruciato vivo a Campo de’ Fiori».Bruno ricevette la prima Comunione e la cresima in circostanze piuttosto curiose. Era scappato da casa. In una gelida mattinata del gennaio 1927, mentre presso la Scala Santa dorme all’addiaccio coperto da un

storia e personaggi

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cumulo di giornali, è svegliato da una pia signora, che gli chiede fra l’altro, se avesse fatto la comunione e se sua madre facesse la comunione. Risponde: «Mamma delle volte ce fa la pastasciutta, er minestrone…, ma ’sto pranzo non ce l’ha cucinato mai!». Istruito da un padre passionista, il 7 marzo 1927 riceve la prima comunione e la cresima, padrino il segretario del vescovo cresimante, non avendo un accompagnatore. La miseria, che lo costringeva a fare mille mestieri, gli ispirava odio feroce verso la borghesia, responsabile della sua infelicità. Ebbe un vestito decente quando raggiunse Ravenna per il servizio militare, che durò 18 mesi. Al termine, nel settembre 1935 si fidanzò con Iolanda Lo Gatto, sposandola la sera del 6 marzo 1936, ma nella sagrestia della chiesa di Santa Elena perché, se lui voleva il matrimonio in Campidoglio, lei lo voleva in chiesa. Partì volontario in Spagna nel dicembre 1936, ormai comunista clandestino. Fino al 1938 nell’infuriare della guerra civile si abbandonò a ogni sorta di violenza contro la popolazione, tradendo più volte la moglie. In Spagna un amico protestante tedesco, molto avverso alla Chiesa cattolica e alle sue “fandonie” (confessione, Messa, Eucaristia, Immacolata), riesce a convincerlo che il papa è “la Bestia dell’Apocalisse”, «responsabile dell’ignoranza dei poveri, che procura la miseria alle genti e paga le guerre e rivoluzioni». Bruno rimane talmente suggestionato che, a Toledo, compra un pugnale, intenzionato a uccidere il papa.Rientrato in Italia nel 1939, fu assunto come manovale dall’azienda autofilotranviaria di Roma, passando a bigliettaio nel 1940. Frequentando la chiesa battista costringe con modi violenti la moglie a partecipare al culto; ma crescendo nel suo animo il livore contro i preti e la Chiesa cattolica, nel 1945 aderì agli Avventisti del settimo giorno, tra i quali fu direttore della gioventù missionaria del Lazio. Con altri avventisti il 17 marzo 1947 intervenne al dibattito teologico indetto nella sua casa della signora Linda Mancini, spalleggiata dal p. Bonaventura Mariani, dei Frati Minori, docente di Sacra Scrittura all’Antonianum. Cornacchiola si distinse nel trasformare la disputa in rissa, inveendo contro i preti, che interpretano a modo loro la Bibbia per ingannare la gente; ma al termine del lungo confronto alcune signore gli fecero notare che l’inquietudine interiore traspariva dal suo volto. Gli dissero: «Rivolgiti alla Madonna, lei ti salverà». In realtà Cornacchiola (nella foto, con la famiglia) sentiva di essere già mutato, e lo annotò nel suo diario al 21 febbraio 1947, eppure continuava la sua propaganda anticattolica. Nel fatidico pomeriggio di

sabato 12 aprile 1947, presso una squallida grotta alle Tre Fontane, rifugio di coppie irregolari, egli prendeva appunti perché il giorno seguente avrebbe dovuto incitare i giovani «a rifiutare l’Eucaristia che non è presenza reale di Cristo; a rifiutare il papa, che non è infallibile». Traggo queste parole di Cornacchiola dall’intervista da lui concessa nel 1983 al paolino Antonio Ugenti, pubblicata lo stesso anno in Madre di Dio e riportata nel bollettino del Santuario La Vergine della Rivelazione. Quel giorno alle Tre Fontane Cornacchiola non è solo.

Ci sono i suoi tre bambini, che egli, profittando della giornata di sole, voleva condurre a Ostia, ma per un contrattempo ferroviario, ritiene opportuno dirigersi verso le Tre Fontane, dove sostano su un pianoro presso una grotta. Qui Bruno accanto a Gianfranco si prepara per l’indomani, mentre Isola e Carlo giocano al tamburello.

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A un certo punto si unisce al gioco anche papà Bruno, ma la palla si perde due volte tra i cespugli. Quando Bruno e il figlio Carlo tornano con la palla, trovano Gianfranco in ginocchio davanti alla grotta, che mormora: “Bella Signora”, la quale si fa vedere anche da Isola e Carlo. Poi è la volta di Bruno, che racconta nell’intervista: «Ad un tratto vedo due mani bianchissime uscire dalla grotta, mi toccano gli occhi e non vedo più. Poi vedo una luce magnifica, splendente, come se il sole fosse entrato dentro la grotta e vedo quella che i miei bambini chiamano “Bella Signora”…, e mi dice; “Io sono quella che sono nella Trinità divina: sono la Vergine della Rivelazione. Tu mi perseguiti. Ora basta. Rientra nell’ovile e obbedisci».Durante la prodigiosa apparizione, la Madonna aveva indicato a Cornacchiola il modo di trovare il prete giusto, cui riferire i fatti straordinari vissuti; ma prima di rintracciarlo, la sua vita si cambiò in inferno. Sparsasi la voce dell’eccezionale evento, egli divenne oggetto di scherno tra i compagni di lavoro, tra i comunisti, e specialmente tra gli Avventisti. Forti dubbi inoltre lo assalivano sulla realtà di quanto aveva vissuto, incertezze, incubi misti a rabbia, da tentarlo d’autodistruggersi con la famiglia: un calvario che durò sedici giorni. Trovato finalmente il sacerdote voluto dalla Madonna, dopo una settimana di preparazione, i coniugi Cornacchiola si confessarono e sottoscrissero l’abiura al protestantesimo. L’indomani (18 maggio 1947), a Sant’Elena essi partecipano alla Messa, Isola riceve la prima Comunione e la cresima, Gianfranco è battezzato, a Carlo si dà una benedizione, essendo stato battezzato segretamente alla nascita dalla madre.La Commissione istituita dal Vicariato di Roma per l’interrogatorio ai quattro veggenti, si riunì a metà giugno 1947. Specialmente la risposta del più piccolo, Gianfranco, convinse i giudici della veridicità dell’apparizione. Quando gli fu chiesto se la “Bella Signora” fosse come la statua della Madonna che gli stava di fronte, rispose: «Ma che statua, era de ciccia». Commovente l’incontro di Cornacchiola con Pio XII per la consegna al papa della Bibbia, che gli era servita per osteggiare i dogmi cattolici, e del pugnale comprato in Spagna per uccidere il pontefice. Avvenne il 9 dicembre 1949 nell’udienza concessa a un gruppo di tranvieri e altri lavoratori. Alla consegna dell’arma il papa disse: «Mio caro figlio, non avresti fatto altro che un martire di più e un papa di più alla Chiesa!».La conversione di Cornacchiola fu sincera, totale, costante. Si recò ovunque fosse chiamato, incurante del disagio che comportano i viaggi, per recare il messaggio della Madonna della Rivelazione che, come a Lourdes e a Fatima, esorta tutti: sacerdoti, religiosi, laici, alla conversione, alla penitenza, alla preghiera incessante per i peccatori. Nell’ultima pagina di copertina del suo libro, Saverio Gaeta sintetizza le sciagure degli ultimi tempi previste da Cornacchiola: da Superga all’assassinio di Moro, all’attentato a Giovanni Paolo II, a Chernobyl, alla caduta delle Torri Gemelle, all’arrivo di un «castigo» che verrà da Oriente. Lo scrittore è cosciente che il suo libro potrebbe innescare «accuse di sensazionalismo e insinuazioni di ‘preconciliarismo’». Una cosa è certa comunque: la grotta delle Tre Fontane, già ricettacolo d’incontri peccaminosi, dopo l’apparizione a Cornacchiola, si è trasformata in luogo fervido di preghiera, dove la Vergine della Rivelazione opera prodigi di guarigione nel corpo e nello spirito.

*OFMConv, docente emerito della Facoltà

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Una delle ultime immagini di Cornacchiola

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le beatitudini: Compimento

della noStra umanità e della noStra gioia

di Emanuele Rimoli*

Il santo è l’uomo nuovo, quello che vive secondo il modello lasciato da Gesù Cristo; è l’uomo delle beatitudini: è l’uomo spogliatosi dal proprio egoismo, che vive per Dio e per gli altri; è l’uomo trasfigurato. È l’uomo veramente e pienamente umano.

René Coste, Le grand secret des Béatitudes

San Paolo insegna che l’immensa potenza dell’amore che il Padre ha dispiegato nella risurrezione del suo Figlio è rivolta a noi e in noi dimora, potente e operante da renderci figli adottivi, co-eredi con Cristo, membra del suo Corpo (cf. Ef 1,15-23). Fin dal battesimo, infatti, siamo messi in condizione di “ricalcare” l’umanità di Cristo, nel senso che la nostra umanità e la Sua sono vissute secondo lo stesso orientamento: sempre e a un tempo verso il Padre e verso gli uomini (v. Mt 22,36-40). Con il dono dello Spirito santo al battesimo, infatti, la vita di Gesù è diventata la nostra, è diventata «vita della nostra vita» (s. Agostino) – «Sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me. Questa vita nella carne, io la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me» (Gal 2,20).Ora, le beatitudini mostrano appunto il segreto dell’umanità di Cristo: chi può dirsi, infatti, beato nelle condizioni drammatiche descritte dalle beatitudini? Solo Lui! È lui infatti l’uomo delle beatitudini. «Le beatitudini non sono pertanto un’ideologia, un’utopia o una dottrina spirituale: Gesù le ha dette per rivelare quella che è stata la sua esperienza umana, nella quella egli ha trovato la felicità. Una felicità a caro prezzo; una felicità che nasceva in lui dalla consapevolezza che il senso della sua esistenza consisteva nel vivere l’amore per Dio e per gli uomini, nel ricercare sempre e al di sopra di tutto la comunione, anche di fronte a chi sapeva rispondere a questo suo anelito solo con la violenza e la triste cattiveria» (p. 19).Questa è appunto la beatitudine di Gesù, e vale anche per noi che condividiamo la sua stessa umanità! Ne consegue una deduzione di grande portata: le beatitudini sono dette in funzione del compimento

il tesoro dello scriba

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della nostra umanità sulla Sua, affinché ogni dimensione della nostra umanità, in qualsiasi condizione si venga a trovare (cf. Rm 8,31-38), possa intuire e godere la gioia sorprendente del Regno, e così nulla e nessuno vada perduto (cf. Gv 3,16; Lc 19,10).Nessuno è contento di essere povero, né di essere afflitto o perseguitato. La gioia-beatitudine non deriva, infatti, dalla condizione descritta - non è, ad esempio, l’afflizione che comporta la beatitudine, cadremmo nell’illusione denunciata da San Paolo in Rm 6,1-2. La garanzia della beatitudine è invece data dal fatto che, come Gesù ha vissuto quelle condizioni nella sua umanità mai separandosi dal Padre e dai fratelli, così anche noi possiamo vivere le stesse condizioni “ricalcando” la sua umanità, mai separandoci da Dio e dai fratelli, anzi guadagnando proprio a Dio e ai fratelli degli spazi di comunione nella nostra umanità vissuta alla maniera del Figlio. «Nella misura in cui viviamo le beatitudini, pur con tutti i nostri limiti e i nostri peccati possiamo sperimentare già qui e ora la felicità: la felicità che consiste nel vivere come Gesù, nel vivere con lui. Come ha scritto Gregorio di Nissa, “è lui la porzione, ed è lui che ti dona la porzione […]. È lui che ti indica il tesoro, ed è lui stesso il tesoro per te”. È Gesù la nostra beatitudine» (p. 156).

Enzo B I A N C H I , Le vie del la fe l ic i tà . Gesù e le beat i tudini , Rizzol i , Milano, 2010, pp. 176.

* OFMConv, docente di Antropologia teologica

@fratemanu

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nuovo numero di MiscELLANEA FrANcEscANA:

le prinCipali pagine di Storia del franCeSCaneSimo e della CHieSa

di Roberto Tamanti*

Anno di centenari, questo 2017 che stiamo vivendo, relativi ad eventi importanti nella vita della Chiesa e della famiglia francescana, e questo non poteva non trovare eco anche nel contenuto del primo volume di Miscellanea Francescana per l’anno corrente.Ricordiamo infatti l’ottavo centenario della nascita di san Bonaventura da Bagnoregio, il quinto centenario della bolla Ite vos, che sancì giuridicamente la divisione dell’Ordine francescano in due famiglie religiose, il quinto centenario degli eventi che segnarono l’inizio della riforma luterana, e infine i primi cento anni dalla fondazione della Milizia dell’Immacolata da parte di san Massimiliano Kolbe.Sono quattro i lavori che ci permettono, nella prima sezione della rivista, di approfondire alcuni aspetti della teologia bonaventuriana. Il primo è di Johann Baptist Freyer e tratta della teologia trinitaria in Bonaventura, considerata come matrice del bene comune. Il secondo è di Orlando Todisco, che parla del Verbo come artista del Padre, secondo l’ottica del Dottore serafico. Il successivo articolo è di Carlos Salto Solà, sulla sfida di leggere la realtà in chiave estetica secondo san Bonaventura. L’ultimo contributo di questa sezione è di Bogusz Stanislaw Matula e approfondisce un aspetto della teologia mariana di san Bonaventura, in connessione con la dimensione individuale ed ecclesiale della vita cristiana. Una lettura a più voci, come si può intuire, con cui si cerca di offrire una sinfonia che faccia gustare alcune delle armoniche della teologia del Dottore serafico.Nella seconda sezione, dedicata ai 500 anni della Ite vos, sono presenti tre articoli. I primi due sono a carattere storico e si integrano a vicenda. Infatti prima Felice Autieri ci parla del contesto storico ed ecclesiale in cui maturarono gli eventi che portarono alla promulgazione della Bulla unionis, da parte dei Conventuali, degli Osservanti e il ruolo determinante svolto da Leone X. Successivamente Luigi Pellegrini fornisce una lettura del significato della Ite vos, nel segno di una certa delusione per i mancati frutti ottenuti. Il terzo contributo di questa sezione, di Tomasz Szymczak,

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Cardinale Bonaventura di Claude François (metà del 1600)

miscellanea francescana

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approfondisce un aspetto finora poco studiato della Bolla, cioè il valore del riferimento biblico ivi contenuto: la parabola degli operai mandati nella vigna (Mt 20,1-16). Due voci provenienti dal mondo francescano conventuale e una dal mondo francescano cappuccino per dare una lettura di un evento che di fatto ha segnato una divisione, pur nelle intenzioni di raccogliere invece il mondo francescano nell’unità.La terza sezione presenta tre contributi relativi alla teologia e all’opera di Martin Lutero (nella foto),

in occasione dei 500 anni dell’inizio della riforma. L’articolo di apertura è di Michele Cassese, sul modo di fare teologia di Lutero, con particolare focus posto sulla teologia della croce. Il secondo contributo, continuando sullo stesso tema, è di Hubertus Blaumeiser; egli si chiede cosa la theologia crucis di Lutero abbia da dirci oggi. Infine l’ultimo articolo di questa sezione, di Stefano Cavallotto, intende mostrarci alcuni nuovi orientamenti nella ricerca sulla riforma e su Lutero stesso. Da tematiche e autori francescani, nelle prime due parti della rivista, si passa qui invece ad una tematica che interessa tutta la Chiesa: la dolorosa divisione conseguenza dell’iniziativa

di Lutero, che ebbe il suo punto di inizio con le famose tesi, nell’ottobre 1517. I tre autori che hanno scritto in questa sezione sono tra i massimi esperti e della teologia, e della vita di Martin Lutero e della storia della riforma.Conclude il volume di Miscellanea francescana un articolo di Raffaele Di Muro, direttore e assistente internazionale della Milizia dell’Immacolata, sui cento anni di questa associazione, nata a Roma poco dopo le prime apparizioni di Fatima, nell’ottobre del 1917, per opera di san Massimiliano Kolbe e di sei confratelli, con un progetto semplice, efficace e ambizioso: perseguire la santità di tutti, attraverso l’Immacolata.Come sempre, alla fine qualificate e scelte recensioni chiudono questo primo numero dell’anno.Auguriamo a tutti buona lettura, scegliendo quello che più piace, a seconda dei propri interessi. I temi trattati non sono proprio per letture estive “sotto l’ombrellone”, perché si tratta di contenuti impegnativi, ancorché molto interessanti. Sebbene, infatti, potrebbe sembrare che questo volume di Miscellanea francescana sia un po’ “archeologico”, trattando di tematiche connesse con centenari relativi ad autori ed eventi del (lontano) passato, tuttavia proprio la conoscenza di come il pensiero e gli eventi si sono evoluti nella storia ci permette di meglio comprendere e vivere il presente.

* OFMConv, docente di Teologia morale e Bioetica, direttore della rivista Miscellanea Francescana

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sANtO FrANcEscO PAPA FrANcEscO - ENchiriDiON FrANcEscANO con un saggio introduttivo di gianfranco grieco

Si è forse esaurita, siamo all’inizio del quinto anno di pontificato (2013-2017), la profezia francescana di papa Francesco? La domanda della prima stagione pontificale: “Quale volto vuole dare alla Chiesa del XXI secolo” questo papa “preso quasi alla fine del mondo” continua a provocare le coscienze religiose e laiche della nostra società plurale. Bastano i primi cinque anni di intenso ministero apostolico per delineare le componenti essenziali di un servizio che allarga sempre più gli orizzonti della sua azione scalza, essenziale e provocatoria? Possiamo anche noi, come frate Masseo da Marignano, porre a papa Francesco la domanda: “Perché a te, perché a te, Francesco, tutto il mondo viene dirieto, e ogni persona pare che desideri di vederti, d’udirti e d’ubbidirti..?.Il saggio introduttivo del volume, a firma di Gianfranco Grieco (OFMConv), risponde a queste e ad altre domande.

Libreria Editrice Vaticana, 2017 - pp. 224

L’uLtiMO sGuArDO PriMA DEL ciELO. VitA DEL VENErABiLE PADrE QuiricO PiGNALBEri di gianfranco grieco

È uscita la biografia di p. Quirico Pignalberi, sacerdote dell’Ordine dei Frati Minori Conventuali, studente con p. Massimiliano Kolbe del Seraphicum, dal 3 marzo 2016 iscritto da papa Francesco

nell’albo dei venerabili. Padre Kolbe e padre Quirico si erano conosciuti nell’autunno del 1912 al collegio serafico internazionale di via san Teodoro al Palatino, 42. Solo alcuni anni di differenza segnavano le loro giovani vite: Quirico era nato l’11 luglio 1891 a Serrone in provincia di Frosinone, Raimondo Kolbe a Zdunska Woła, vicino alla città di Lódz, l’8 gennaio 1894. Erano compagni di camerata e facevano parte dello stesso gruppo quando uscivano per andare a passeggio per Roma. Fra Quirico aveva ricevuto dal Rettore l’incarico di seguire fra Massimiliano nello studio della lingua italiana. Avevano quindi quotidiane opportunità per conoscersi bene, per capirsi e per stimarsi vicendevolmente

Libreria Editrice Vaticana, 2017 - pp. 192

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novità editoriali

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sOrELLA MADrE tErrA - rADici FrANcEscANE DELLA laudato Si’ di Martín carbajo Núñez

Questo libro introduce alla visione francescana dell’ecologia che, per molti aspetti, può essere considerata come ispiratrice dell’enciclica Laudato si’. Analizza le attuali sfide etiche globali, mettendole in relazione con l’esperienza di Francesco d’Assisi e con la riflessione filosofica e teologica della tradizione francescana. Evidenzia la necessità di superare l’attuale cultura dello scarto. Francesco d’Assisi è universalmente riconosciuto come modello e fonte di ispirazione per tutti coloro che cercano di vivere in rapporto armonico con la natura, come esempio e referente per gli ambientalisti. Raccogliendo questo sentire comune, Giovanni Paolo II proclamò Francesco d’Assisi patrono dei cultori dell’ecologia nel 1979 (dalla quarta di copertina).

Edizioni Messaggero Padova, 2017, pp. 271

scriVi FrAtE FrANcEscO - uNA GuiDA PEr NArrArE Di sé di duccio demetrio

L’autore, uno specialista del genere autobiografico, rilegge gli scritti di frate Francesco, in particolar modo il Testamento, guidando il lettore in un cammino retrospettivo e introspettivo personale attraverso «meditazioni ed esercizi autobiografici». San Francesco come scrittore di sé, e non solo, racconta fatti ed esperienze personali dalle risonanze sociali e storiche, che indicano l’esistenza di una grande libertà di pensiero. Il lettore che vorrà «mettersi in gioco», naturalmente con la penna tra le dita, potrà scoprire aspetti di sé del tutto imprevisti: conoscendo meglio l’uomo di Assisi, nelle vesti di guida ideale per la propria autoanalisi esistenziale, conoscerà meglio se stesso, saprà rileggere il proprio passato, vivere più consapevolmente il proprio presente, costruire il proprio futuro (dalla presentazione).

Edizioni Messaggero Padova, 2017, pp. 182

segnalazioni a cura di fra Emil Kumka, direttore della Biblioteca del seraphicum

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novità in biblioteca

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un anno di misericordia - tracce per un cammino è il primo supplemento di San Bonaventura informa.

È consultabile e scaricabile (gratuitamente) dal sito del Seraphicum, sezione “San Bonaventura informa”(http://www.seraphicum.org/pont_newsletter.asp?sez=newsletter#centro)

Prossime uscite, a settembre: San Bonaventura nell’ottavo centenario della nascita

La Milizia dell’Immacolata nel centenario della fondazione

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supplementi di sbi

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preSentaZioni libro Su San KolbeDue appuntamenti in Veneto, il 1° luglio, per la presentazione del libro San Massimiliano Kolbe, al di

là di ogni confine di Samuele Doimi (1916-1971). Il testo, a cura di Antonino Poppi, sarà presentato da fra Raffaele Di Muro, nuovo direttore della Editrice Miscellanea francescana, oltre che direttore della Cattedra Kolbiana e presidente della Milizia dell’Immacolata internazionale. L’appuntamento è sabato 1° luglio a Camposampiero (Padova): alle ore 10 il volume sarà presentato ai frati della Provincia Italiana di Sant’Antonio e alle ore 21 in un incontro con la Milizia dell’Immacolata del Veneto. Il libro, edito dalla Editrice Miscellanea francescana, esce nella collana curata dalla Cattedra Kolbiana del Seraphicum, in occasione del centenario di fondazione della Milizia dell’Immacolata.

eSerCiZi Spirituali

“Non ci sono donne tra i nemici di Gesù: incontri e racconti al femminile nei vangeli” è il tema al centro degli esercizi spirituali che fra Guglielmo Spirito, docente di Spiritualità francescana, predicherà dal 13 al 20 luglio a Klaipeda Palanga, in Lituania. Agli esercizi prenderanno parte le Missionarie della Carità di Madre Teresa provenienti, oltre che dalla stessa Lituania, da Russia, Bielorussia, Ucraina, Estonia, Lettonia, Armenia, Giorgia, Uzbekistan e Kazakistan.

SCHool of Human eCologYSi svolgerà dal 16 al 20 agosto, presso la Casa Alpina Petit Rosier a Champorcher (Aosta) la School of Human Ecology 2017 - Ambiente montano e turismo sostenibile.

Si tratta di una Summer School dedicata ai temi dello sviluppo sostenibile e del turismo relazionale, alla luce degli studi e delle riflessioni più recenti in tema di sostenibilità e conservazione degli ecosistemi complessi. L’iniziativa, promossa dall’Associazione Coompany2 (impegnata per un turismo sostenibile) con la collaborazione del Club Alpino Italiano e del Parco Naturale Monte Avic in Valle D’Aosta, è rivolta sia a studenti maggiorenni, che abbiamo frequentato almeno il IV anno delle Superiori o si trovino ancora nel percorso universitario, sia a

professori, appassionati, ricercatori interessati alle tematiche proposte che vertono principalmente su turismo, turismo relazionale, ambiente, comunità, sostenibilità, montagna, terre alte, impatto.Le lezioni saranno tenute, tra gli altri, da fra Giuseppe Giunti (OFMConv), docente di Teologia pastorale al Seraphicum e coordinatore della Summer School, che parlerà di “Antropologia del turismo: da vagabondi ciechi a pellegrini della bellezza”. Per maggiori informazioni visita il sito www.casealpine.it/summer-school-2017/.

appuntamenti

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Con la solidarietàbagnati dal tevere... Si evangeliZZa ogni Sera!Per il quarto anno il Centro Missionario scende sulle banchine del Tevere durante la manifestazione

estiva “Lungo il Tevere... Roma”, dove ogni anno più di due milioni di persone in estate passeggiano la sera lungo i bordi del fiume per trascorrere qualche momento di relax. Turisti e romani nei tre mesi estivi (21 giugno-2 settembre) transitano sui due chilometri di banchine, illuminate a festa, dove sessanta stand espongono i loro prodotti e quindici ristoranti offrono varie

specialità culinarie. Molto visitato lo spazio culturale dove ogni sera si tengono iniziative di spettacolo, presentazione di libri ed eventi particolari. In mezzo ai vari stand, ecco quello del Centro Missionario, di fronte all’Isola Tiberina. Unico segno religioso che, con la presenza dei frati, dialoga con la gente e fa conoscere il grande lavoro umanitario e sociale di evangelizzazione dei nostri cari confratelli missionari presenti in quaranta Paesi del mondo. È certamente una presenza di impatto in un luogo altamente laico, dove la gente cammina alla ricerca di qualche momento di sano divertimento ma anche di approccio con noi frati per dare significato alla propria crescita umana e spirituale.In particolare quest’anno sarà ripresa l’iniziativa dell’adozione di una scuola con 400 bambini nella Missione di noi Frati Conventuali nella periferia povera della metropoli di Kampala in Uganda.I ristoratori, gli standisti e l’Associazione “La Vela d’Oro” hanno raccolto la somma di 5 mila euro, assicurando così il cibo quotidiano a tutti i bambini della scuola e sono stati effettuati anche lavori per mettere in sicurezza i cinque padiglioni della scuola. Sono stati bonificati i tetti che hanno permesso la raccolta dell’acqua potabile e la fornitura dell’energia elettrica dai villaggi vicini. Il grande gesto di solidarietà è continuato durante l’anno con la raccolta di altri fondi per la benefica iniziativa che dà un volto umanitario e sociale alla grande manifestazione estiva, che ogni anno richiama migliaia di turisti e visitatori nelle calde serate romane. (fra paolo fiasconaro, OFMConv, direttore del Centro Missionario Francescano Onlus)

Con il Cuore nel nome di franCeSCo C’è tempo sino al 3 luglio per partecipare alla raccolta di fondi per le missioni francescane attraverso SMS e chiamate da rete fissa al numero 45515. Anche la Sveglia francescana, il gruppo di evangelizzazione di strada dei frati-studenti del Seraphicum ha preso parte alla campagna per la raccolta fondi per le missioni francescane che quest’anno offriranno un sostegno ai terremotati di Norcia, alle mense francescane in Italia, ai piccoli colpiti da disagio psicofisico in Libano e agli anziani in difficoltà in Colombia. L’iniziativa, promossa dal Sacro Convento di Assisi, ha avuto il momento clou con la trasmissione andata in onda il 10 giugno su Rai1 dalla piazza della basilica di San Francesco di Assisi, condotta da Carlo Conti e con la partecipazione di numerosi artisti. Tutte le info sull’iniziativa e sui progetti sono disponibili sul sito http://www.conilcuore.info/

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appuntamenti

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feSta a CHiuSura del 113° anno aCCademiCo

Si è svolta venerdì 23 giugno la festa a conclusione del 113° anno accademico della Facoltà con la celebrazione di una santa messa di ringraziamento alla quale è seguita la cena nel parco del Seraphicum con l’animazione musicale a cura dei frati della Sveglia Francescana. A portare il saluto ai presenti, il Preside fra Dinh Anh Nhue Nguyen che, augurando buon lavoro al suo predecessore fra Domenico Paoletti (nella foto) – nominato qualche mese fa vicario della Custodia del Sacro Convento di Assisi –, invitato a presiedere la celebrazione eucaristica, ha sottolineato l’importanza del momento come chiusura dell’anno accademico ma anche per l’apertura di una prospettiva di collaborazione tra la Facoltà e la Custodia di Assisi.

Nel corso dell’omelia fra Domenico Paoletti ha sottolineato la frammentazione culturale del nostro tempo, invitando a “riaccendere il cuore attraverso la passione per lo studio, per la fraternità, per questo mondo, per il Signore. E questa passione si alimenta, si forma, diventa bella attraverso un cammino, un metodo di lavoro, di studio, attraverso la disciplina”. Con l’invito a uscire da noi stessi, dalle paure e dai pregiudizi a favore di un metodo sinodale che consenta di intraprendere un cammino assieme come comunità cristiana e francescana. Quanto può avvenire “prestando attenzione a quanto accade in noi e attorno a noi”, con “un cuore aperto agli altri”, facendo in modo di “essere attenti, di non fermarsi alla superficie, alla banalità, alla mediocrità ma andando sempre in profondità, mettendo assieme i vari saperi”. “Non basta sapere – ha concluso fra Paoletti – occorre vivere per sapere di più e gustare il sapere, essere innamorati di Dio e della vita, come san Francesco”.

Al termine della celebrazione eucaristica, il Preside fra Nguyen ha ricordato e salutato gli studenti che, nel corso dell’anno accademico, hanno superato gli esami di grado.Per il Baccalaureato: Angelo Del Prete, Elias Marswanian (OFMConv), Andrea Mele (OFMConv), Sumal Madawala Liyanage (OFMConv), Andrew Muendo Austin (OFMConv), Paul Nzyoka Kaloki (OFMConv), Eugenio Merrino (OFMConv), Francis Muthoka Nzyoka (OFMConv), Mario Ravanni (OFMConv) e Vincenza Spiridione. Per quanto riguarda il titolo di Dottorato, in questo anno è stato conseguito da Ugo Sartorio (OFMConv), con una tesi su “L’obbedienza religiosa. Contesto, memoria storica e contributi del Magistero e della teologia nella recezione postconciliare”.La festa si è svolta alla presenza del Gran Cancelliere fra Marco Tasca, del vice Gran Cancelliere fra Jerzy Norel, dei membri della Curia generalizia dei Frati minori conventuali, di mons. Paolo Lojudice vescovo ausiliario per il settore sud di Roma, del padre guardiano fra Felice Fiasconaro, di docenti, studenti e amici del Seraphicum.Le lezioni del nuovo anno accademico riprenderanno il 5 ottobre. Le iscrizioni al primo semestre saranno aperte da lunedì 11 settembre.

francescanamente parlando

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feStival dei vietnamiti CattoliCi in germania

Il Preside fra Dinh Anh Nhue Nguyen è stato invitato a partecipare, in qualità di predicatore-conferenziere, al 41° Festival dei vietnamiti cattolici in Germania, svoltosi dal 3 al 5 giugno a Aschaffenburg.Questo evento rappresenta un’importante occasione di ritrovo per la comunità vietnamita che ogni anno, per la solennità della Pentecoste, condivide momenti di riflessione e di approfondimento della fede, attraverso appuntamenti liturgici e conferenze.

Fra Nguyen ha presieduto la celebrazione eucaristica svoltasi nel palazzetto dello sport della città tedesca (nella foto), alla presenza di circa 2.500 fedeli. Altri momenti particolarmente significativi, le due conferenze, una al mattino e l’altra al pomeriggio, tenute sul fondamento spirituale dell’enciclica Laudato si’ di papa Francesco. In particolare, fra Nguyen ha portato all’attenzione dei suoi connazionali il legame tra il documento e il Cantico delle creature di Francesco d’Assisi. Una riflessione che ha toccato il senso più profondo delle parole cantico, creature, perdono, conversione. Al centro della conferenza, il capitolo sesto dell’enciclica, inerente il tema “Educazione e spiritualità ecologica”, in merito al quale fra Nguyen ha sottolineato come “il papa richiede una conversione integrale ecologica per la quale rivestono una grande importanza anche i piccoli gesti quotidiani, a partire dalla preghiera prima del pasto, dallo spirito di gratitudine nei confronti di Dio, dallo spirito di semplicità”.

(Info e foto del festival all’indirizzo web: http://danchua.eu/index.php/theme-features/tin-cong-doan/11945-fotos-le-chu-a-tha-nh-tha-n-hie-n-xuo-ng-ta-i-aschaffenburg)

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preSentaZione libro di fra CeSareo

È stato presentato il 9 giugno, presso la biblioteca del Seraphicum, il libro Un corpo per la comunione - Un’etica da risorti con Cristo di fra Giulio Cesareo (OFMConv), docente di Teologia morale. All’incontro,

moderato da fra Roberto Tamanti (OFMConv), sono intervenuti il prof. don Sergio Passeri, docente della medesima disciplina a Brescia, e lo stesso autore.Nel corso della presentazione, il prof. Passeri ha evidenziato i meriti di questo testo, a partire dalla sua fruibilità espositiva. “Un libro che si colloca – ha sottolineato il relatore – nel contesto della teologia morale post conciliare, arricchita dagli stimoli del Concilio Vaticano II. Un interesse che muove dalla domanda antica in merito al comportamento

da tenere, a come dobbiamo vivere”. Un’attenzione all’uomo non tanto naturale, oggetto della filosofia, quanto all’uomo redento attraverso il battesimo. E non a caso la precedente pubblicazione di fra Giulio Cesareo si intitolava Battesimo e vita morale – L’ethos dell’uomo nuovo in Cristo (Edizioni Miscellanea francescana, 2014). Il nuovo testo (Lipa Edizioni, Roma, 2016) presenta anche un’ampia ed eterogenea panoramica di autori, dai Padri della Chiesa ai contemporanei, una originale riproposizione dello schema tradizionale della teologia morale, sino a una declinazione nella vita cristiana di tematiche quali l’ascesi o la bellezza. “Lo studio per preparare questo testo - ha sottolineato fra Cesareo - è stato per me una ri-scoperta dell’abc di questa fede: siamo completamente amati, in tutte le nostre dimensioni e per questo riceviamo costantemente il dono di amare in tutte le nostre dimensioni, in tutto ciò che siamo, perfino nella povertà del nostro corpo di carne. Questa nostra carne in Cristo è piano piano sempre trasformata dallo Spirito santo affinché invece di essere il luogo della difesa di me, divenga il luogo del dono di me”.

Sant’antonio patrono della cAsA Di DAViDE

Il 13 giugno, nella solennità di sant’Antonio di Padova, i frati minori conventuali del Seraphicum hanno donato una statua del santo alla Casa di Davide, la struttura romana che offre sostegno alle famiglie con bambini affetti da patologie ematologiche e oncologiche. La Casa di Davide è impegnata nella divisione di oncoematologia dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù ed offre un importante sostegno a quelle famiglie che necessitano di un alloggio e di assistenza. Una quindicina i frati presenti, tra i quali l’economo del Seraphicum fra Corrado Algarotti, i vice rettori fra Enzo Galli e fra Igor Salmič, studenti e componenti del gruppo “Sveglia francescana”. La festa si è aperta con la celebrazione eucaristica presieduta da mons. Paolo Lojudice, vescovo ausiliario per il settore sud di Roma, che nell’omelia ha sottolineato con forza l’opera meritoria svolta dall’Associazione “Davide Ciavattini” a favore delle famiglie che stanno attraversando periodi di difficoltà e sofferenza. Per maggiori informazioni sulla struttura, si può visitare il sito web a questo indirizzo: http://www.associavattini.it/index.html

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nomina nuovo rettore del FrANciscANuM di aSSiSi

Fra Roberto Tamanti (OFMConv) è stato nominato nuovo Rettore del Franciscanum di Assisi, l’istituto per la formazione dei giovani frati.

Fra Tamanti è docente straordinario di Teologia morale e di Bioetica alla Pontificia Facoltà teologica “San Bonaventura” Seraphicum, oltre che Direttore della rivista scientifica Miscellanea Francescana e redattore del mensile San Bonaventura informa. Con la nuova nomina e il trasferimento ad Assisi, assumerà quindi l’incarico di responsabile dei giovani in cammino di formazione, mantenendo comunque il suo servizio accademico in Facoltà.

A fra Tamanti le congratulazioni e l’augurio di buon lavoro da parte della comunità accademica e religiosa del Seraphicum.

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san Bonaventura informa è il mensile della Pontificia Facoltà Teologica “San Bonaventura” Seraphicumpreside: Dinh Anh Nhue Nguyen (OFMConv)

direttore responsabile: Elisabetta Lo Iaconoredazione: Oreste Bazzichi, Giulio Cesareo (OFMConv), Francesco Costa (OFMConv), Raffaele Di Muro (OFMConv), Felice Fiasconaro (OFMConv), Emil Kumka (OFMConv), Domenico Paoletti (OFMConv), Emanuele Rimoli (OFMConv), Germano Scaglioni (OFMConv), Roberto Tamanti (OFMConv), Orlando Todisco (OFMConv)

Hanno collaborato a questo numero: Oreste Bazzichi, Francesco Costa (OFMConv), Franciszek Czarnowski (OFMConv), Raffaele Di Muro (OFMConv), Maurizio Di Paolo (OFMConv), Paolo Fiasconaro (OFMConv), Maria Grazia Giuffrida, Emil Kumka (OFMConv), Pietro Maranesi (OFMCap), Domenico Paoletti (OFMConv), Emanuele Rimoli (OFMConv), Roberto Tamanti (OFMConv)

Direzione e Redazione: c/o Pontificia Facoltà Teologica “San Bonaventura” SeraphicumVia del Serafico, 1 – 00142 RomaTel: 06 51503209 - Fax : 06 5192067 – Email: [email protected]

Registrazione Tribunale di Roma n. 219 del 07/12/2016(Anno I / n.6)

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in parole franCeSCane

Beati i puri di cuore, poiché essi vedranno Dio .Puri di cuore sono coloro che disprezzano le cose terrene e cercano le celesti

e non cessano mai di adorare e di vedere i l Signore Dio vivo e vero con cuore ed animo puro.

“Ammonizioni” di Francesco d’Assisi (FF 165)