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San Bonaventura Editoriale #GiovaneSinodo San Bonaventura informa, a partire dal presente numero, avvia una nuova rubrica in vista della XV Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi sul tema “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”. Il titolo del nuovo spazio di riflessione - #GiovaneSinodo - vuole richiamare all’appuntamento del prossimo otto- bre, anteponendo ai due temini l’hashtag ovvero uno dei simboli più conosciuti dalle nuove generazioni. Proprio il mondo dei giovani sarà al centro dell’appunta- mento mensile, raccontando le diverse realtà, con le tan- te domande, problematiche ma anche risorse e potenzia- lità di una fascia generazionale animata dalla speranza e dall’entusiasmo di poter vivere pienamente il proprio tempo. Giovani studenti, giovani in cerca di lavoro, giovani alle prese con le scelte forti della vita, giovani in discerni - mento vocazionale, giovani dinanzi a un mondo sempre più tecnologico, giovani impegnati nel volontariato e nelle missioni nelle periferie del mondo, ma anche gio- vani ai quali far riscoprire le strade del silenzio, della riflessione, dell’approfondimento. Un ambito talmente vasto che la rubrica non si limiterà a questi mesi di attesa dell’evento sinodale ma andrà ben oltre, offrendo nel tempo una chiave di lettura sul mon- do giovanile, proponendo di volta in volta autori che quei contesti li vivono quotidianamente e sanno quindi raccontarli in ogni sfaccettatura. Come Andrea Monda, docente e presidente di BombaCarta che inaugura questa nuova rubrica, accompagnando- ci nell’esperienza del professore di religione che, ogni mattina, incontra un popolo di adolescenti i quali «del cristianesimo sembrano essere quasi del tutto a digiu- no». Una esperienza significativa che è divenuta per questo anche un programma di Tv2000 di grande suc- cesso e, recentemente, un libro. Un viaggio, dunque, che intende offrire una proposta di riflessione ai giovani ma anche agli adulti, per favorire il passaggio di testimone a una nuova generazione che sappia essere pienamente consapevole di se stessa e del proprio compito. GENNAIO 2018 ANNO VI - Nº 60 informa 1 In questo numero: focus del mese: un francescano tra i “fratelli briganti” - pag. 2 #giovanesinodo: insegnare religione oggi, esperienza da “missionario” - pag. 6 attualità e teologia: fare teologia insieme e con stupore - pag. 10 orizzonti francescani: la festa della lingua di sant’antonio - pag. 13 santa sede: fake news e giornalismo di pace nel messaggio di papa francesco pag. 16 Lessico francescano: storia della regola del tor - pag. 18 miscellanea francescana: numero speciale per gli 80 anni di fra todisco - pag. 20 testimoni del vangelo: medaglia d’oro alla memoria di fra cortese - pag.23 il tesoro dello scriba: il centenario che saltò dalla finestra e scomparve pag. 24 NOVITà EDITORIALI: proposte di lettura PAG. 26 appuntamenti: un mese di iniziative pag. 27 francescanamente parlando: laboratorio teologico francescano; la bellezza al festival francescano; “in parole francescane” - pag. 30

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San Bonaventura

Editoriale

#GiovaneSinodo

San Bonaventura informa, a partire dal presente numero, avvia una nuova rubrica in vista della XV Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi sul tema “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”.Il titolo del nuovo spazio di riflessione - #GiovaneSinodo - vuole richiamare all’appuntamento del prossimo otto-bre, anteponendo ai due temini l’hashtag ovvero uno dei simboli più conosciuti dalle nuove generazioni. Proprio il mondo dei giovani sarà al centro dell’appunta-mento mensile, raccontando le diverse realtà, con le tan-te domande, problematiche ma anche risorse e potenzia-lità di una fascia generazionale animata dalla speranza e dall’entusiasmo di poter vivere pienamente il proprio tempo.Giovani studenti, giovani in cerca di lavoro, giovani alle prese con le scelte forti della vita, giovani in discerni-mento vocazionale, giovani dinanzi a un mondo sempre più tecnologico, giovani impegnati nel volontariato e nelle missioni nelle periferie del mondo, ma anche gio-vani ai quali far riscoprire le strade del silenzio, della riflessione, dell’approfondimento. Un ambito talmente vasto che la rubrica non si limiterà a questi mesi di attesa dell’evento sinodale ma andrà ben oltre, offrendo nel tempo una chiave di lettura sul mon-do giovanile, proponendo di volta in volta autori che quei contesti li vivono quotidianamente e sanno quindi raccontarli in ogni sfaccettatura.Come Andrea Monda, docente e presidente di BombaCarta che inaugura questa nuova rubrica, accompagnando-ci nell’esperienza del professore di religione che, ogni mattina, incontra un popolo di adolescenti i quali «del cristianesimo sembrano essere quasi del tutto a digiu-no». Una esperienza significativa che è divenuta per questo anche un programma di Tv2000 di grande suc-cesso e, recentemente, un libro.Un viaggio, dunque, che intende offrire una proposta di riflessione ai giovani ma anche agli adulti, per favorire il passaggio di testimone a una nuova generazione che sappia essere pienamente consapevole di se stessa e del proprio compito.

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anno Vi - nº 60 informa

1

in questo numero:

focus del mese: un francescano tra i “fratelli briganti” - pag. 2

#giovanesinodo: insegnare religione oggi, esperienza da “missionario” - pag. 6

attualità e teologia: fare teologia insieme e con stupore - pag. 10

orizzonti francescani: la festa della lingua di sant’antonio - pag. 13

santa sede: fake news e giornalismo di pace nel messaggio di papa francesco pag. 16

Lessico francescano: storia della regola del tor - pag. 18

miscellanea francescana: numero speciale per gli 80 anni di fra todisco - pag. 20

testimoni del vangelo: medaglia d’oro alla memoria di fra cortese - pag.23

il tesoro dello scriba: il centenario che saltò dalla finestra e scomparve pag. 24

noViTà EDiToRiaLi: proposte di lettura Pag. 26

appuntamenti: un mese di iniziative pag. 27

francescanamente parlando: laboratorio teologico francescano; la bellezza al festival francescano; “in parole francescane” - pag. 30

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L’INCONTRO DI UN FRANCESCANO CON I DETENUTI DI UN CARCERE DI MASSIMA SICUREZZA

CoSA InSeGnA SAn FrAnCeSCo per reCuperAre I “FrAtellI brIGAntI”

di elisabetta lo Iacono*

Fra Giuseppe Giunti, da diverso tempo è impegnato negli ambienti carcerari, dove sono reclusi anche autori di gravi delitti. Come è nata questa sua particolare opera di misericordia ed evangelizzazione?

Devo la possibilità di operare e recentemente anche “stare” all’interno di un carcere ai progetti della Cooperativa Coompany&, voluta a suo tempo da monsignor Fernando Charrier, vescovo di Alessandria, che diede anche vita all’ufficio della CEI per la pastorale sociale e del lavoro. Questo soggetto sociale crea e mantiene posti di lavoro nella casa di reclusione (agricoltura, apicoltura, bar interno, etc.) come anche all’esterno (ristorazione sociale, accoglienza richiedenti asilo, mensa Caritas, traslochi, progetti in rete con realtà analoghe, case alpine in Val d’Aosta, etc.) e in questo quadro, tempo fa, avviammo un progetto denominato “Fratelli briganti”; lettura di brani delle Fonti Francescane in parallelo a studenti del liceo “balbo” di scienze umane, di Casale Monferrato, che sfociò in una giornata straordinaria di compresenza: studenti, detenuti, operatori e soci della cooperativa, religiosi e religiose. L’occasione fu anche il testo Wanted, esercizi spirituali francescani per ladri e briganti di Fabio Scarsato (Edizioni Messaggero Padova, 2015), che ha una bellissima introduzione a cura di “ristretti orizzonti”. Quando pensai a dove e come vivere gli esercizi spirituali trovai naturale chiedere di andare dentro al carcere e il direttore Domenico Arena fu totalmente collaborativo, suggerendomi lui stesso di recarmi al piano superiore, nelle camere di detenzione, e non restare soltanto a piano terra, nei locali della palestra, degli uffici, della cappellina, dei colloqui.

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focus del mese

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Cosa può dire un sacerdote a una persona che confessa reati tanto efferati? Qual è la strada che indica loro percorribile per una riconciliazione con se stessi, con le vittime, con i familiari?

Questa domanda ha una sola ed esclusiva risposta, si può soltanto rendere presente, viva ed efficace la risposta di Gesù sulla croce, a pochi momenti dalla morte, data al criminale che aveva accanto, narrata da luca al capitolo 23, 42s. Gesù non discute sui reati, sulle pene, sulla giustizia romana; la sua risposta stabilisce, promette una

relazione con quell’uomo. Tu, oggi, sarai con me. Il tutto preceduto da una garanzia forte e indiscutibile con la quale Gesù mette la propria garanzia al tutto: “in verità”. Come dire di non stare a preoccuparsi, nemmeno a farsi più troppe domande, tanto c’è lui. Il Signore non discute se la giustizia romana aveva emanato una pena corretta, ma prende a cuore il destino di quel malfattore che chiede che la sua vita non scompaia nel nulla (ricordati di me!). Gesù non impicca quella vita al passato, quell’uomo per lui non è, non

consiste, non coincide con i crimini commessi; per lui è una persona alla quale deve dare speranza certa, lui che può farlo. È a partire da qui, dalla grandezza dell’amore di Dio non misurabile con i nostri criteri, che si può faticosamente riconciliarsi con se stessi e con la propria famiglia.La riconciliazione è una strada lunga e tortuosa e oggi sono ancora rari i casi in cui vittima e carnefici trovano percorsi che abbiano un crocevia comune. Si tratta di una sfida sociale non da poco. Ci sono tentativi in atto, anche a cura dell’associazione Libera.

Di recente ha avuto esperienze dirette con collaboratori di giustizia. La decisione di “uscire dal giro” e di denunciare il sistema malavitoso, quanto per sua esperienza è legato a una conversione? Ovvero, c’è una correlazione tra la scelta di collaborare con il sistema giudiziario e di aderire a un rinnovamento anche spirituale della propria vita?

Spesso è la forza della donna che fa aprire gli occhi, altre volte è la paura, o anche il desiderio forte di dare ai propri figli un futuro il più possibile normale, mentre la parola pentimento, conversione, è usata pochissimo, non perché non esistano queste dinamiche di salvezza, ma perché devono restare personali, nascoste, ed hanno tempi e modalità diversissime tra persona e persona.

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Dai suoi racconti, peraltro molto discreti, relativi a queste esperienze nelle carceri di massima sicurezza, sono stata colpita in maniera forte dalla sensazione di grande disagio avvertita nel momento in cui si è trovato ad assolvere una persona. Confessione-assoluzione non è un semplice automatismo...

Sono state le parole dell’atto sacramentale “io ti assolvo” che mi hanno scosso come non mai. Intanto il termine stesso risulta ambiguo ma anche potente in quel contesto, perché si tratta di uomini condannati, non assolti, dai nostri Tribunali che ora Dio Padre invece assolve e non condanna, dal suo punto di vista, nella sua logica. Non posso chiamarlo disagio, ma totale inadeguatezza a parlare in persona di Gesù a fratelli speciali, molto speciali. E non mi vergogno nel ricordare l’abbraccio e le lacrime liberatorie per me e per altri. Mi sono sentito piccolo piccolo...

Papa Francesco ha sempre dimostrato e invitato alla misericordia verso i carcerati, rimarcando come spesso i contesti della vita possono condurre su strade sbagliate e come tutti dovremmo metterci nei panni di chi è stato più debole e magari più sfortunato di noi. Come è percepita, al di là delle sbarre, la figura di questo pontefice?

Con molta simpatia, istintiva, a pelle. Ma si tratta di una lacuna che vorrei colmare, bisogna cioè approfondire i gesti e le parole di Bergoglio perché non si riduca a un videogioco, finito il quale tu non sei cambiato; uno spettacolino interessante per mezzoretta ma che non ti coinvolge, e lo dico perché talvolta percepisco questo pericolo nell’opinione pubblica. Magari si tratta di una tecnica inconscia di difesa dalle sue evangeliche proposte e provocazioni. la formidabile comunicativa del papa vuole essere canale per l’incontro di salvezza. In effetti un detenuto ha raccontato la sua folgorazione a vedere papa Francesco lavargli i piedi, baciarli e poi alzare in silenzio lo sguardo verso i suoi occhi. Quando le cose vanno così significa che la comunicazione è evangelicamente efficace.

Stiamo vivendo in un contesto “disordinato”, nel quale sembrano venir meno delle certezze, anche in termini di giustizia. Questa diffusa sensazione quanto porta ad essere più trincerati nei nostri spazi, meno propensi alla misericordia e quindi anche al perdono? Che mondo si percepisce dal carcere e che attese si nutrono?

Devo dire che la nostalgia che provo di tornare al più presto in contatto con i miei “fratelli ristretti” sta proprio qua. Sono degli analisti, dei sociologi, degli antropologi senza patentino, ma formidabili. Mi spiego e riassumo semplificando un po’ alcune dinamiche da loro narrate, in particolare attorno alla tavola del pranzo, in cella.

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primo: molti fanno riferimento alla donna per la decisione presa di collaborare. Secondo: non esiste più la gerarchia criminale tra di loro, semmai rispetto per l’anzianità. Terzo: quasi nessuno ha finito le scuole e il rammarico è evidente. Quarto: alcuni stanno facendo percorsi religiosi o sapienziali di cambiamento di mentalità. Quinto: i figli sono la calamita formidabile per andare avanti.proviamo adesso a immaginare nella società esterna al carcere questi elementi in azione, come dei fermenti di cultura e di stili di vita. Fantascienza. Là ritorna, anche se in modo a volte elementare, ciò che fuori è frantumato; là le vite si ricostruiscono su qualche base che altrove è liquida, se non evaporata. Sarebbe bello e utile poter divulgare queste analisi, chissà!

Francesco d’Assisi dà una grande lezione in merito al recupero dei “fratelli briganti” (FF 1759), dimostrando come affetto e rispetto possono riportare sulla retta via anche briganti incalliti. Una puntuale dimostrazione della sensibilità, della forza e della perenne modernità del Poverello…

Quel brano storico, in forza del quale nella celebrazione eucaristica mi rivolgo dicendo “fratelli briganti, il Signore sia con voi...” è un vero e proprio protocollo per avvicinare il mondo della criminalità. Intanto dà un progetto ai suoi frati, conquistare le vite di quei fuorilegge. non punta sulla sicurezza delle strade, sulle paure degli abitanti di borgo San Sepolcro. poi si concentra sul togliere la causa forte della loro azione criminale: comprargli da mangiare e da bere. terzo, gridare forte le due verità apparentemente opposte e incompatibili: fratelli/briganti. Siete briganti, certo, e lo diciamo nel pieno del bosco, ad alta voce, nella verità, ma nessuno può togliervi la qualifica di nostri fratelli. È lo stesso atteggiamento del padre misericordioso (Lc 15, 28-32) il quale, al figlio maggiore che stizzito

non vuole entrare in casa e rinfaccia gli sbagli “di questo tuo figlio”, risponde che “questo tuo fratello...etc.”. poi Francesco, magari ricordando le parole della mamma, comanda di metter tavola e di servire lietamente, sì perché si mangia anche con gli occhi e col cuore! Dopo pranzo cominciate a chiedere di astenersi dalla violenza, è il minimo per andare avanti, ma se chiedete tutto di colpo non vi ascolteranno. Il protocollo prosegue. Aumentate le pietanze e a quel punto aprite le possibilità definitive. I briganti, sottolinea il testo, furono conquistati dall’umiltà e dalla benevolenza. La tovaglia posta per

terra, alla loro misura, come gesto di bene-volere. La finale del brano è la verifica del progetto: i briganti eseguono “punto per punto” il programma, restituiscono ciò che hanno ricevuto e aiutano i frati entrando a loro volta nella logica del dare una mano; altri fanno un cammino esplicitamente religioso; altri si mettono a vivere mantenendosi col proprio lavoro.

* Giornalista, docente di Mass media @eliloiacono

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#giovanesinodo

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INSEGNARE OGGI RELIGIONE AI RAGAZZI I L rA CCo N To D I U N’ESPErIENzA DA “M ISSIoNArIo”

di Andrea Monda*

Nel corso del 2000 due fatti hanno impresso una nuova direzione alla mia esistenza: ho cominciato a insegnare religione cattolica nei licei di roma e mi sono imbattuto nella realtà di BombaCarta, singolare “associazione culturale” di cui poi nel 2009 sono diventato anche presidente. Quell’anno sono diventato, per dirla con papa Francesco, un cristiano “in uscita”, se ero stato fino ad allora un impiegato di banca tutto casa, chiesa e bottega (con l’aggravante di essere diventato anche un topo di biblioteche, anche se per lo più teologiche), ora avevo invece deciso di uscire ogni mattina da casa per recarmi in quel mondo pericolosamente avventuroso chiamato “scuola”. Da allora fino ad oggi di fatto io incontro circa 400 giovani dai 14 ai 18 anni e a loro dovrei parlare, in termini culturali, di Dio, di Cristo e del cattolicesimo. Non c’è da stare tranquilli, insegnare religione cattolica nell’Italia del terzo millennio è quasi uno sport estremo. Se nei secoli passati i missionari cristiani arrivavano fino ai confini del mondo per convertire, a rischio della vita, le popolazioni indigene, oggi è sufficiente entrare nelle aule scolastiche di un liceo del centro di roma per vivere esperienze simili, senza rischi letali ma con lo stesso impatto con “popolazioni” che del cristianesimo sembrano essere quasi del tutto a digiuno. A me le sfide sono sempre piaciute e quindi eccomi qua, missionario tra le giovani generazioni di “selvaggi” (dal punto di vista delle conoscenze di base della religione), immerso in quel mondo, quello dei giovani appunto, che appare alquanto misterioso.

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Il fatto che io mi immerga quotidianamente nel mondo giovanile ha suscitato una certa curiosità nei miei confronti e in tanti hanno cominciato a cercarmi: istituzioni educative, religiose, giornali, televisioni. Da tre anni conduco un programma televisivo, Buongiorno professore, su Tv2000, un docu-reality (nella foto) che racconta le mie lezioni di religione ma prima ancora ho tenuto per un anno una rubrica settimanale

sul quotidiano Avvenire intitolata Parole perdute, proprio a indicare il fatto che il linguaggio del cristianesimo è diventato lingua straniera oggi, proprio a roma, culla del cristianesimo. L’interesse verso un semplice professore di religione nasce appunto dal fatto che io incontro ogni giorno tanti giovani, quei giovani che sembrano essere scomparsi da ogni mappa: dove si trovano oggi i giovani? Certo non in parrocchia, tanto meno in politica, e allora dove stanno? Solo sulla rete? Le grandi aggregazioni e il senso dell’appartenenza da decenni ormai sono in crisi e, a parte la tifoseria sportiva, pochi sono rimasti i “collanti” di queste generazioni che vivono la condizione “liquida” che contraddistingue le odierne società occidentali. Però i giovani (strana categoria, ultima nata visto che prima della seconda guerra mondiale praticamente non esisteva, mentre oggi sembra essere la categoria che ha fagocitato tutte le altre: si è giovani dai 15 ai 75 anni), tutti, devono passare dalla scuola, non a caso detta scuola dell’obbligo; eccoli dove li si può incontrare. Che cosa dire allora di questo incontro? La prima cosa da dire è che la sfida si gioca se la scuola diventa realmente il luogo di un incontro. Se l’educazione si fonda sulla dimensione dell’incontro allora può essere veramente efficace. Il che vuol dire che la dimensione dell’educazione, anche a scuola, è essenzialmente la dimensione della relazione. La prima lezione che svolgo in classe, in ogni classe, ad ogni inizio d’anno scolastico, termina con la scritta sulla lavagna: religione = relazione. Non esistono gli “assoluti”, cose o persone ab-solute, sciolte da, siamo tutti connessi tra di noi, in verticale, tra le generazioni e in orizzontale con gli altri, tutto è relativo. Il cristianesimo poi, fondato sui due dogmi fondamentali della Santissima Trinità e dell’Incarnazione, ha nel suo cuore pulsante il concetto di relazione. I professori di religione cattolica, “professano” la materia che insegnano, non possono quindi non essere persone di relazione, che mettono al centro del loro lavoro questo aspetto relazionale.

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I professori sono esseri umani che si rivolgono ad altri esseri umani: se la relazione non nasce nient’altro può nascere. Come ricordava Soren Kierkegaard: “Ciò che l’insegnante è, è molto più importante di ciò che insegna”. Gli studenti ci cercano. Cercano punti di riferimento, cercano gli adulti, in tutti i docenti. Da qui la grande responsabilità del professore, che non deve solo curare la sua preparazione, formazione e aggiornamento, ma la crescita globale della sua persona e personalità. Non si può “dire” la lezione e basta. La lezione è un evento che deve essere vissuto. Anche perché i ragazzi che ogni giorno si recano nelle aule scolastiche, non stanno lì tanto per sentire ma per vedere, per osservare i professori. Ai ragazzi non interessano tanto le parole ma l’accento, la forma non il contenuto, la forma della bocca e degli occhi mentre il professore parla o sgrida, il modo di camminare, i tic fisici e il modo di vestire, interessa insomma la persona del professore, non quello che insegna. Se la persona del professore passa allora passa tutto il resto. Gli alunni non vengono a scuola per un “perché”, ma per un “per chi”. Non cercano una nozione, un’idea, un concetto astratto, ma un volto, una storia concreta. Questo è un punto fondamentale e qui rientra in gioco la seconda esperienza che ho citato all’inizio, cominciata anch’essa nel 2000: BombaCarta. Si tratta di incontri tra persone di diversa età e provenienza che mensilmente, da venti anni, si riuniscono per realizzare dei laboratori di esperienze e riflessioni sulla dimensione creativa dell’esistenza. Se ogni uomo, come diceva Chesterton, è creatura ma anche creatore, allora è sulla creatività che bisogna scommettere per coinvolgere (non solo i giovani) e suscitare la nascita di un desiderio di una vita piena. L’intuizione di Antonio Spadaro (nella foto), il gesuita che nel 1998 ha fondato i laboratori di BombaCarta è qui: la spiritualità dell’uomo si esprime anche creativamente e se si creano luoghi in cui il piacere della fruizione dell’arte viene condiviso questa creatività può esprimersi, gioiosamente. un altro gesuita già dagli anni ‘60 in Argentina aveva avuto la stessa intuizione offrendo ai giovani novizi suoi futuri confratelli la possibilità di esercitarsi in laboratori creativi (a volte anche con l’ausilio di personalità come quella del poeta Jorge luis borges). Aver conosciuto la realtà di BombaCarta proprio quando cominciava la mia avventura scolastica ha contribuito a dare a quell’avventura una dimensione creativa che l’ha resa più ricca, affascinante e, spero, più significativa ed efficace per i destinatari del mio impegno educativo.

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Non penso di dire una novità assoluta, in fondo il cristianesimo nasce dalla predicazione di Cristo, che parlava per lo più in parabole, ma la narrazione è oggi più di ieri la via preferenziale dell’educazione. Gesù non ha fatto dichiarazioni teoriche, generali e astratte, ma ha creato relazioni, legami, e lo ha fatto essenzialmente raccontando storie, e offrendo la sua storia all’attenzione degli uomini che incontrava. L’incontro è la parola decisiva e potrebbe essere la definizione della scuola: la scuola come luogo dell’incontro tra generazioni. L’ora di lezione quindi non è una performance professionale ma un evento, evento relazionale che

parte da un incontro; come benedetto XVI ha espresso in modo mirabile nella Deus caritas est: «All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con una Persona che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva».Posso confermare che se l’incontro avviene e dà vita ad una relazione autentica allora quei “selvaggi” degli alunni rivelano qualità

sorprendenti, una docilità a lasciarsi fecondare in modo da diventare a loro volta generativi. I germogli già si vedono spuntare, anche se ogni educatore lo sa: lui sta seminando, altri raccoglieranno. Anche questo fa parte della bellezza e del fascino dell’educazione.

*Docente di Religione e presidente di bombaCarta

Andrea Monda

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FARE TEOLOGIA INSIEME CON STUpORE NEL SEGNO DEL CONCILIO

CINQUANT’ANNI FA LA FoNDAzIoNE DELL’ASSoCIAzIoNE TEoLoGICA ITALIANA

di Domenico paoletti*

L’anno appena concluso ha visto, tra i vari eventi e anniversari, la celebrazione del cinquantesimo anniversario della fondazione dell’Associazione Teologica Italiana (ATI). nel 1966 a roma, durante il Congresso internazionale di teologia conciliare, alcuni teologi italiani si incontrarono e decisero di dare vita all’Associazione. Il clima conciliare, l’entusiasmo di lavorare insieme, la provocazione a ripensare la teologia all’insegna del superamento del divorzio tra fede e vita, tra teologia e pastorale, e l’esigenza di “tradurre il Concilio in italiano”, cioè di verificare e stimolare un’effettiva ricezione del Concilio Vaticano II nella teologia italiana, furono le motivazioni che portarono ad organizzare un Congresso a napoli nel gennaio 1967, a cui furono invitati tutti i professori di teologia delle Facoltà e dei Seminari teologici italiani: vi parteciparono oltre duecento docenti. A conclusione di quel Congresso venne fondata l’ATI, «nello spirito di servizio e di comunione indicato dal Concilio ecumenico Vaticano II», parole ricordate da papa Francesco nel discorso rivolto ai membri dell’ATI, ricevuti in udienza il 29 dicembre scorso. In questi cinquant’anni il Concilio ha rappresentato per l’ATI il riferimento costante sia per i temi affrontati che per il cambio di paradigma teologico in elaborazione: la sua peculiarità è sempre stata la ricerca teologica all’interno di una comunità aperta a un confronto libero e franco, che le ha permesso di diventare uno dei luoghi più importanti del fare teologia insieme. Il cinquantesimo anniversario è stato un’occasione per un bilancio e un rilancio dell’Associazione, nella prospettiva della Chiesa “in uscita”, e quindi di una teologia “in uscita”, in un momento storico di vero cambiamento d’epoca, che evidenzia una complessa crisi antropologica e socio-ambientale; e si è concluso con l’annuale corso di aggiornamento per docenti di Teologia sul tema Tempo dello Spirito. Questioni di pneumatologia (roma 27-29 dicembre 2017).

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attualità e teologia

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Il corso ha avuto come momento particolarmente significativo e culminante dell’anniversario l’incontro con papa Francesco che ha rivolto ai partecipanti un importante discorso incentrato sul compito della teologia oggi nel ripensare i temi della fede alla luce delle sfide attuali. Al discorso è seguito il saluto personale scambiato dal pontefice con tutti i teologi presenti.ricordiamo alcuni passaggi del discorso, da riprendere e approfondire in seguito. Innanzitutto l’invito a continuare a rimanere fedeli e ancorati, nel progresso della ricerca teologica,

al Concilio e alla capacità che la Chiesa ha mostrato in quell’occasione di lasciarsi fecondare dalla perenne novità del Vangelo di Cristo: un lavoro portato avanti dall’ATI in questi decenni con congressi, corsi di aggiornamento e pubblicazioni (tra le quali il papa ha segnalato il recente poderoso lavoro di commento a tutti i documenti del Vaticano II).Il papa ha richiamato alcuni temi fondamentali del fare teologia oggi. Innanzitutto il fare teologia insieme come un «fatto di stile che esprime già qualcosa di essenziale della Verità al cui servizio si pone la teologia. Non si può pensare, infatti, di servire la Verità di un Dio che è Amore, eterna comunione del padre, del Figlio e dello Spirito Santo e il cui disegno salvifico è quello della comunione degli uomini con Lui e tra loro, facendolo in modo individualistico, particolaristico o, peggio ancora, in una logica competitiva». ricordo a questo proposito che al Seraphicum da più di un sessennio ci stiamo confrontando nel riconoscere il metodo in teologia intrinsecamente connesso alla vita teologale in comunità. La sfida che abbiamo cercato di raccogliere ed accogliere è stata ed è quella di “fare teologia in comunità” come stile teologico derivante dal logos che crea dià-logos, comunicazione e comunione (a fianco, il libro su questa esperienza). Il teologo, immerso nella fede del popolo di Dio, è chiamato ad aiutare il credente a pervenire al credibile ut intelligibile, secondo lo stile sapienziale espresso proprio dal nostro dottore serafico san Bonaventura.

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Questa è in primo luogo un’esigenza della piena umanità degli stessi credenti, perché il credere sia pienamente umano e non sfugga alla sete di coscienza e di comprensione - profonda e ampia quanto più

è possibile - di ciò che crediamo. Compito del teologo è rendere ragione della fede, che in verità è amore, e quindi tematizzare e comunicare la “gioia della verità”.ripensare la fede, all’interno del cambiamento culturale e della complessità odierna, significa per la teologia essere attenta al nucleo fondamentale ed essenziale del Vangelo. La teologia è chiamata ad elaborare una vera ermeneutica evangelica, per una

vitale unità del sapere nella distinzione e nel rispetto delle diverse discipline; al servizio dell’annuncio del Vultus Misericordiae, e attenta a ripensare la forma Ecclesiae perché sia sempre più conforme al Vangelo che annuncia.Alla fine del suo discorso, papa Francesco ha richiamato il teologo a tre attenzioni:- Fare teologia nello stupore. È lo stupore che fa conoscere, nella continua sorpresa delle novità inaudita ed unica della storia che è l’evento Gesù Cristo È dallo stupore che nasce l’incontro con Cristo.- Fare teologia in ginocchio. Il primato dell’ascolto della Parola, della contemplazione e della progressiva introduzione nel cuore del Vangelo attraverso la preghiera e l’amicizia con Gesù Cristo.- Fare teologia nella Chiesa, nel popolo santo di Dio che ha “il fiuto della fede”: l’ecclesialità è parte integrante dello statuto epistemologico della teologia.

*OFMConv, docente di Teologia fondamentale e Vicario della Custodia del Sacro Convento di Assisi @ fraterdominicus

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Padova

LA FESTA DELLA LINGUA DI SANT’ANTONIOSTorIA DI UN EVENTo ProDIGIoSo E DELLA SUA DEVozIoNE

di Andrea Vaona*

L’8 aprile 1263, domenica in Albis, in occasione della esumazione del corpo di sant’Antonio, per deporlo in una nuova cassa entro un sepolcro più dignitoso, nella parte ormai terminata della basilica in costruzione, presente il settimo generale dell’ordine francescano, san Bonaventura da Bagnoregio (nella foto), mentre il resto del corpo era ridotto in polvere, «la lingua, benché fosse stata sotto terra per trentadue anni, era così fresca, rossa e bella, come se il padre santissimo fosse appena morto». Ce lo fa sapere (ed è la più antica testimonianza), la biografia antoniana Benignitas, d’una decina d’anni appena posteriore all’avvenimento. Meno preciso nel conteggio degli anni di sepoltura, ma con particolari interessantissimi, un panegirico in lode di sant’Antonio, tenuto nella basilica del Santo da un francescano sul finire del secolo, ci informa che «verificarono la cosa non soltanto i frati, ma anche moltissimi laici, specialmente i dodici degni di fede eletti dal Comune di Padova, i quali poi ne resero testimonianza al Papa». Del 1293 circa è la biografia del Santo detta Raimondina. Scrive: «La lingua del santo, ch’era stata tromba di Cristo, strumento dello Spirito Santo e paletto bronzeo del Tabernacolo, fu trovata talmente integra ed aguzza che pareva proprio d’un uomo vivo».la festa della traslazione ma detta “della lingua” benedetta del Santo ricorre nel calendario liturgico il 15 febbraio. Per la devozione è concesso alla Basilica di celebrarla nella domenica più prossima alla festa. Quest’anno sarà pertanto il 18 febbraio la domenica nella quale si rinnovano i segni più significativi di questo evento.

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orizzonti francescani

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Come da tradizione il delegato pontificio presiederà la Santa Messa solenne del mattino: quest’anno sarà la prima esperienza di questa festa per monsignor Fabio Dal Cin, che solo da pochi mesi ha iniziato il suo servizio per la Pontificia Basilica del Santo, succedendo a monsignor Giovanni tonucci.Al pomeriggio, invece, è il Ministro provinciale della Provincia Italiana di Sant’Antonio di Padova dei francescani conventuali fra Giovanni Voltan a presiedere la Messa Solenne, cui segue la processione all’interno della Basilica, alla quale partecipano attivamente decine di rappresentanti dei vari gruppi che regolarmente durante l’anno offrono tanti e diversi servizi per la basilica e il mondo antoniano. Durante la processione viene portata l’insigne reliquia del mento di sant’Antonio (visto che preziosità e fragilità della reliquia della lingua non ne permette più gli spostamenti dalla sua sede presso la Cappella delle reliquie della basilica).

Il senso della processione è molto semplice ma significativo: accompagnata da preghiere e canti di lode a Dio per il dono del suo servo Antonio, la processione “vede” sant’Antonio di Padova ancora in cammino tra la sua gente, e vede ancora la gente sentire il fratello maggiore Antonio presente con la sua storia e testimonianza di fede, che rimanda direttamente alla sequela Christi.Secondo la tradizione pervenutaci, san bonaventura presente al ritrovamento del prodigioso segno davanti ai suoi occhi della lingua incorrotta, pronunciò queste parole: «O Lingua benedicta, quae semper Dominum benedixisti et alios benedicere fecisti, nunc manifeste apparet quanti meriti exstitisti apud Deum!». II latino è facile, la lode è giusta e grande: «O lingua benedetta che hai sempre benedetto il Signore e hai fatto che altri lo benedicessero, ora appare chiaro di quanto merito posti presso Dio». La lingua, soffice e rossa come di persona vivente, fu subito esposta alla venerazione in un reliquiario a parte (nella foto). Nel reliquiario iniziale, pur solenne, fu conservata fino al 1443, quando per la munificenza e devozione del patrizio padovano Antonio ovetario fu collocata nel ricchissimo e splendido reliquiario dentro al quale fino a oggi si conserva e che devoti possono vedere nella Cappella delle reliquie. la sua lingua, organo della sua parola e strumento del suo ministero, si può considerare come simbolo di tutta la sua provvidenziale missione, come sintesi di tutti i doni naturali e sovrannaturali che composero la sua gigantesca figura e la tramandarono ai posteri.

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Per i devoti di oggi è anche un richiamo forte alla centralità della Parola di Dio nella vita cristiana: Antonio predicò con coraggio e passione quella Parola che ispirava la sua vita; quella Parola è vera ed eterna; ciò che molto umilmente è stato a servizio di quella Parola (l’apparato vocale) non è stato oggetto di corruzione. Parliamo di apparato vocale perché circa otto secoli dopo – come molti non sanno – il prodigio si è rinnovato! Un’importante indagine sui resti del Santo fu iniziata il 6 gennaio 1981, in occasione del 750° anniversario della morte di sant’Antonio. Una commissione religiosa e una commissione tecnico-scientifica, entrambe nominate dalla Santa Sede, curarono l’apertura della tomba ed esaminarono quanto vi rinvennero. rimossa una lastra laterale di marmo verde, si trovò una grande cassa di legno d’abete, avvolta in preziosi drappi. Essa conteneva un’altra cassa più piccola in legno, dentro cui in diversi involti, sistemati in tre comparti, avvolti in drappi preziosi e con scritte indicative, c’erano: lo scheletro, ad eccezione del mento, dell’avambraccio sinistro e di altre parti minori (da secoli conservate in altri reliquiari particolari); la tonaca; la “massa corporis”, cioè le ceneri: qui sono state individuate le fragili parti dell’apparato

vocale del Santo, quasi a riconfermare il prodigio della lingua incorrotta.I resti di sant’Antonio furono poi ricomposti in un’urna di cristallo ed esposti, dalla sera del 31 gennaio alla sera della domenica 1° marzo 1981 (per un totale di 29 giorni) alla venerazione dei devoti, che accorsero a folle impressionanti: oltre 650.000 persone.

Al termine dell’ostensione l’urna di cristallo venne rinchiusa in una cassa di rovere e riposta nella secolare tomba-altare della cappella dedicata a sant’Antonio (nella foto). Alcuni reperti, in particolare la tonaca e le reliquie dell’apparato vocale di sant’Antonio, sono tuttora esposti nella Cappella delle reliquie.

* OFMConv, docente di Storia ecclesiastica presso l’Istituto Teologico Sant’Antonio Dottore e la Facoltà Teologica del Triveneto Frate Andrea Vaona

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FAKE NEWS E GIORNALISMO DI pACE NEL MESSAGGIO DI pApA FRANCESCOpER LA GIORNATA MONDIALE DELLE COMUNICAZIONI SOCIALIA CoNCLUSIoNE UNA rIVISITAzIoNE DELLA FrANCESCANA PREGHIERA SEMPLICE

di elisabetta lo Iacono

«La verità vi farà liberi» (Gv 8,32). Fake news e giornalismo di pace è il tema del Messaggio di papa Francesco per la 52ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, diffuso il 24 gennaio, nella memoria liturgica di san Francesco di Sales, patrono dei giornalisti. Messaggio che si chiude con una preghiera alla Verità, traendo ispirazione dalla francescana Preghiera semplice. Il documento attinge alle problematiche della comunicazione di oggi, improntata alla velocità, alla carenza di verifica e di approfondimento, alla vorticosa diffusione di “fake news” che con la «loro natura mimetica», con la verosimiglianza, «facendo leva su stereotipi e pregiudizi», «sfruttando emozioni facili» quali ansia, disprezzo, rabbia e frustrazione, si diffondono rapidamente scippando gli utenti delle sempre più numerose piattaforme di informazione e comunicazione, di un bene irrinunciabile quale è la verità. papa Francesco sottolinea come «nel progetto di Dio, la comunicazione umana è una modalità essenziale per vivere la comunione. L’essere umano, immagine e somiglianza del Creatore, è capace di esprimere e condividere il vero, il buono, il bello». Un meccanismo imprescindibile anche per coltivare la memoria e la comprensione, due passaggi fondamentali nella costruzione della propria identità individuale e sociale. E invece «l’alterazione della verità è il sintomo tipico di tale distorsione, sia sul piano individuale che su quello collettivo». Un sistema nel quale, da utenti della comunicazione, siamo tutti coinvolti e «nessuno di noi può esonerarsi dalla responsabilità di contrastare queste falsità. Non è impresa facile, perché la disinformazione si basa spesso su discorsi variegati, volutamente evasivi e sottilmente ingannevoli, e si avvale talvolta di meccanismi raffinati». Per questo papa Francesco sottolinea come «sono lodevoli le iniziative educative che permettono di apprendere come leggere e valutare il contesto comunicativo, insegnando a non essere divulgatori inconsapevoli di disinformazione, ma attori del suo svelamento» e come «sono altrettanto lodevoli le iniziative istituzionali e giuridiche impegnate nel definire normative volte ad arginare il fenomeno». Verità è anche libertà e, attingendo a Gv 8,32 («La verità vi farà liberi»), Francesco sottolinea come «la continua contaminazione con un linguaggio ingannevole finisce infatti per offuscare l’interiorità della persona». Ma c’è una precisa via di uscita da questo labirinto di verità negate, nascoste, manipolate: «il più radicale antidoto al virus della falsità è lasciarsi purificare dalla verità. Nella visione cristiana la verità non è solo una realtà concettuale, che riguarda il giudizio sulle cose, definendole vere o false. La verità non è soltanto il portare alla luce cose oscure, “svelare la realtà”, come l’antico termine greco che la designa, aletheia (da a-lethès, “non nascosto”), porta a pensare. La verità ha a che fare con la vita intera».

santa sede

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Una verità che è sostegno nel cammino della ricerca e della testimonianza del vero, «su cui ci si può appoggiare per non cadere» e – sottolinea papa Francesco – «in questo senso relazionale, l’unico veramente affidabile e degno di fiducia, sul quale si può contare, ossia “vero”, è il Dio vivente». Nell’era improntata alla tecnologia che vorrebbe far pensare anche a uno svilimento della centralità dell’uomo, il papa ribadisce come «il miglior antidoto contro le falsità non sono le strategie, ma le persone: persone che, libere dalla bramosia, sono pronte all’ascolto e attraverso la fatica di un dialogo sincero lasciano emergere la verità; persone che, attratte dal bene, si responsabilizzano nell’uso del linguaggio». E proprio nell’epoca in cui la figura del giornalista rischia di apparire superflua e sorpassata, Francesco ci ricorda come «particolarmente coinvolto è chi per ufficio è tenuto ad essere responsabile nell’informare, ovvero il giornalista, custode delle notizie. egli, nel mondo contemporaneo, non svolge solo un mestiere, ma una vera e propria missione. Ha il compito, nella frenesia delle notizie e nel vortice degli scoop, di ricordare che al centro della notizia non ci sono la velocità nel darla e l’impatto sull’audience, ma le persone. Informare è formare, è avere a che fare con la vita delle persone. Per questo l’accuratezza delle fonti e la custodia della comunicazione sono veri e propri processi di sviluppo del bene, che generano fiducia e aprono vie di comunione e di pace». Da qui l’invito a un giornalismo di pace - non buonista - «un giornalismo senza infingimenti, ostile alle falsità, a slogan ad effetto e a dichiarazioni roboanti; un giornalismo fatto da persone per le persone, e che si comprende come servizio a tutte le persone, specialmente a quelle che non hanno voce; un giornalismo che non bruci le notizie, ma che si impegni nella ricerca delle cause reali dei conflitti, per favorirne la comprensione dalle radici e il superamento attraverso l’avviamento di processi virtuosi; un giornalismo impegnato a indicare soluzioni alternative alle escalation del clamore e della violenza verbale».

Signore, fa’ di noi strumenti della tua pace.Facci riconoscere il male che si insinua in una comunicazione che non crea comunione.

Rendici capaci di togliere il veleno dai nostri giudizi.Aiutaci a parlare degli altri come di fratelli e sorelle.

Tu sei fedele e degno di fiducia; fa’ che le nostre parole siano semi di bene per il mondo:dove c’è rumore, fa’ che pratichiamo l’ascolto;dove c’è confusione, fa’ che ispiriamo armonia;dove c’è ambiguità, fa’ che portiamo chiarezza;

dove c’è esclusione, fa’ che portiamo condivisione;dove c’è sensazionalismo, fa’ che usiamo sobrietà;

dove c’è superficialità, fa’ che poniamo interrogativi veri;dove c’è pregiudizio, fa’ che suscitiamo fiducia;dove c’è aggressività, fa’ che portiamo rispetto;

dove c’è falsità, fa’ che portiamo verità.Amen.

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R come Regola del TOR

LA REGOLA DEL TERZO ORDINE REGOLARE

NEL CORSO DEI SECOLI

di emil Kumka*

L’autore, il cappuccino roland Prejs, esplicita la voce in due punti: 1. Storia delle regole del Terzo ordine regolare; 2. Regola attuale del tor. la Regola del Terzo ordine regolare è una raccolta delle basilari norme giuridiche e ascetico-spirituali che si riferiscono a questa particolare famiglia, proveniente dall’ordine Francescano Secolare, e che inizia a prendere la sua forma e identità già nel secolo XIII. nei primi tempi ambedue le famiglie francescane usarono la stessa Regola, della quale la matrice si considera la Lettera ai fedeli di san Francesco, in entrambe le redazioni. Il primo documento strettamente giuridico, per tutti e due gli ordini, fu la bolla di Nicolò IV (nella foto) Supra montem del 18 agosto 1289, seguita negli anni successivi da altre regolazioni, ormai dedicate esplicitamente al tor: Altissimo in Divinis di Giovanni XXII (18 novembre 1324), che permetteva di emettere i voti religiosi per i membri del tor; Pastoralis Officii di Nicolò V (20 aprile 1447), che unificava le comunità autonome in una struttura uniforme con un proprio ministro generale; Inter caetera di leone X (20 gennaio 1521), che diede al Tor la regola propria, separando definitivamente con quest’atto il Terzo ordine regolare dall’ordine Francescano Secolare. la Regola di Leone X che vigeva in tutte le comunità Tor, sia maschili che femminili, era composta da dieci capitoli (vestizione religiosa, noviziato, emissione dei voti solenni, vita fraterna in comunità, clausura, capitoli, elezioni dei superiori).la sua validità giuridica rimase immutata per molti secoli, e solo nel secolo scorso, a causa della nascita delle nuove congregazioni francescane del Tor, che emettevano solo i voti religiosi semplici, e dei cambiamenti dell’attività pastorale da loro svolta, nonché a motivo del nuovo Codice di Diritto

lessico francescano

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Canonico del 1917, papa Pio XI con la bolla Rerum conditio del 4 novembre 1927, diede al Tor una nuova Regola. Questa, attualizzando la veste legislativa, riprende, nelle questioni fondamentali, le norme della Regola di papa leone X.Nel 1965 nascono le prime iniziative per la nuova regola, che dal 1979 hanno preso corpo nei lavori dell’Ufficio Internazionale Francescano e della Commissione Internazionale Francescana. Nel 1982 è stato presentato il progetto della nuova regola alla Sede Apostolica. Papa Giovanni Paolo

II con il breve pontificio ha approvato la nuova Regola l’8 dicembre 1982, e il prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita apostolica, con il documento del 30 aprile 1983, ha avvisato l’ordine della conferma papale e dell’entrata in vigore da quella data. la nuova Regola è composta dal prologo, che riporta le parole di san Francesco ai suoi seguaci, seguono i nove capitoli divisi in trentadue paragrafi, e l’epilogo, che è uguale a quello della Regola bollata del primo ordine. I capitoli della Regola portano i seguenti titoli: 1. nel nome del Signore! Incomincia la regola e vita dei fratelli e delle sorelle del terzo ordine regolare di san Francesco; 2. Come intraprendere questa vita; 3. Lo spirito di preghiera; 4. la vita in castità per il regno dei cieli; 5. Come servire e

lavorare; 6. Vita in povertà; 7. Vita fraterna; 8. L’obbedienza caritativa; 9. La vita apostolica. Il testo, nella sua totalità, è la parafrasi dei testi di san Francesco (1Lf, 2Lf, Rnb, Rb, Amm) e intenzionalmente non contiene le dettagliate norme giuridico-canoniche, lasciando spazio alla legislazione particolare di ogni Istituto che appartiene al Tor. nel 1985 viene canonicamente eretta la Conferenza Francescana Internazionale dei Fratelli e delle Sorelle del terzo ordine regolare di san Francesco, riconosciuta il 6 maggio 1989 dalla Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e Società di Vita apostolica. Nasce anche il Consiglio della Conferenza che si distingue per l’impegno profuso per consolidare i legami tra i vari Istituti francescani e la spiritualità francescana. I mezzi utilizzati sono stati principalmente la scuola itinerante di formazione francescana e la pubblicazione del bollettino Propositum.

*OFMConv, docente di Francescanesimo

Autore della voce: ROLAND pREJS oFMCap, regola del terzo ordine regolare, , in: Leksykon duchowości franciszkańskiej, coll. 1657-1660.

Bibliografia scelta: M. CArneY, t. HorGAn, The Rule and Life of the Brothers and Sisters of the Third Order Regular of St. Francis and Commentary, Pittsburgh 1982; r. PAzELLI, Regola e Vita dei Fratelli e Sorelle del Terzo Ordine Regolare di San Francesco. Introduzione storica e commento, padova 1983; M. ContI, L’identità Francescana dei Fratelli e delle Sorelle del terzo Ordine Regolare di San Francesco. Commento alla nuova Regola, bologna 1986; Resource Manual for the Study of the Third Order Regular Rule, rome 2013.

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UN NUMERO SpECIALE DELLA RIVISTApER FESTEGGIARE GLI 80 ANNI DEL FILOSOFO FRA ORLANDO TODISCO

di roberto tamanti*

È un numero speciale, questo, di Miscellanea francescana. Speciale per il tono, l’impostazione, gli autori, il contenuto, ma soprattutto e principalmente, per la persona cui viene offerto, come omaggio grato e cordiale: si tratta di p. orlando todisco (nella foto), nel suo ottantesimo genetliaco.Non è stato arduo né pensare né realizzare quest’opera: non difficile l’idea, anzi molto spontanea, sorta quasi di concerto tra i vari responsabili della rivista, a partire dal sottoscritto, di confezionare un numero interamente dedicato al professore, filosofo, pensatore, ma soprattutto amabile confratello p. orlando. Non difficile nemmeno la realizzazione, perché tutti coloro che sono stati interpellati per offrire un loro contributo per questa opera (tutti legati in qualche modo a p. orlando, da amicizia, conoscenza, comunanza/confronto di pensiero, ecc.) non solo hanno accettato di buon grado, ma spesso si sono mostrati onorati di poter omaggiare il fratello, che ha raggiunto questa veneranda età. e questo, possiamo dirlo con tutta onestà, non è stato un atto formale di rispetto dovuto, ma una vera e convinta partecipazione, espressa con amore e spirito di fraternità e di gratitudine.Del resto, tutto ciò non sorprende: per chi conosce p. orlando, ancor più per chi condivide(va) con lui la sua giornata (come il sottoscritto fino a pochi mesi fa), è nella natura delle cose che si desideri esprimere la propria riconoscenza affettuosa e grata a chi, con i suoi scritti, i suoi interventi, il suo pensiero, con la creatività delle sue idee, ha cercato, con inesausta passione, di riproporre per l’oggi, in modo originale, la ricchezza delle intuizioni di san Francesco e della scuola francescana.Sì, perché p. orlando, come sottolineato opportunamente nella nota bio-biliografica che apre il volume, è come una fontana che zampilla in modo continuo, non rimettendo in circolazione sempre la stessa acqua, ma con la freschezza di chi riesce ad attingere sempre a nuove sorgenti e ridonarla a tutti coloro che se ne vogliono abbeverare.

miscellanea francescana

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Cercando di tenerci lontani, in questa presentazione del presente volume di Miscellanea, da qualsivoglia sgradevole celebrazione che risulti esagerata, o dal fare un panegirico, non possiamo però esimerci dal dire come in p. orlando, certo in modo non sorprendente, se consideriamo la mens della via tracciata da Francesco d’Assisi, si coniugano profondità, vigore, forza di pensiero e semplicità, umiltà di vita. Lo studioso che conosce come pochi altri gli scritti dei filosofi, soprattutto francescani, da san Bonaventura in poi, e che è capace di riletture sempre originali, ardite, creative (per usare un aggettivo a lui caro), provocatorie, mai banali, è il fratello che vive con semplicità in comunità, che si pone con umiltà di fronte agli altri, che quasi con tono dimesso esprime le sue idee, che invece contengono una grande forza persuasiva, che non esita a qualificare i suoi innumerevoli scritti e opere con un partenopeo “fesserie”!Il particolare tono di questo fascicolo e soprattutto della persona cui è dedicato, mi permettono di osare un riferimento ad un episodio di vita, che non rappresenta una caduta di “livello” (da uno più scientifico, ad uno più esperienziale, perché alla fine una è la persona, le relazioni, ecc. e tutto ciò che si vive può essere nobile o infimo non tanto in base a ciò che si vive, ma a come lo si interpreta): lo scorso anno, in occasione dei 79 anni, p. orlando, che è anche vicario della comunità del Seraphicum, mancando in quel giorno il superiore (come egli lo chiama sempre amabilmente soprattutto quando prende la parola in contesti “ufficiali”), guidò la preghiera e la benedizione della mensa prima del pranzo. Al termine disse più o meno così: «oggi è il compleanno del sottoscritto; una preghiera, un semplice applauso, e buon appetito a tutti!».Ecco, questo è lo studioso, cui toto corde vogliamo rendere omaggio, attraverso il semplice, ma significativo, strumento di un numero della rivista interamente a lui dedicato.la particolarità di questo volume di Miscellanea mi suggerisce di esimermi dal presentare i singoli contributi che in genere si muovono nell’ambito del pensiero francescano, in riferimento anche agli scritti di p. orlando. A tutti loro va il nostro sincero ringraziamento, soprattutto, come già sottolineato, la riconoscenza per aver non solo accettato il nostro invito, ma ancor più per l’onore espresso di poter omaggiare in questo modo il maestro p. todisco.Sì, perché siamo proprio di fronte ad un maestro, che ha svolto e continua a svolgere il suo magistero con tanta passione e desiderio di rendere il pensiero francescano sempre più conosciuto, condiviso, amato, accolto, nella Chiesa e nel mondo. Speriamo con questa opera di aver realizzato qualcosa che sia dentro l’onda della libertà creativa, vera stella polare del pensiero di p. orlando.A lui di nuovo il nostro grazie, a tutti buona lettura! (dall’editoriale)

*OFMConv, docente di Teologia morale e Bioetica, direttore della rivista Miscellanea Francescana

Il volume propone i contributi di mons. Francesco Antonio Nolé; Francesco Costa, oFMConv; Dario Antiseri; Oreste Bazzichi; Elisa Cuttini; Andrea Di Maio; Andrea Gentile; Giovanni Lauriola, oFM; Maurizio Malaguti; pietro Maranesi, oFMCap; Eduardo Marazzi, oFMConv; José Antonio Merino, oFM; Stéphane Oppes, oFM; Stefania parisi; Luca parisoli.

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MEDAGLIA D’ORO AL MERITO CIVILE DELLA REpUBBLICA ITALIANAALLA MEMORIA DI FRA pLACIDO CORTESE

neGlI AnnI ‘20 Fu StuDente Del SerApHICuM

Fra Placido Cortese avrà una Medaglia d’oro al merito civile della repubblica italiana. Una medaglia alla memoria per questo frate minore conventuale che trovò la morte a seguito dell’instancabile ed eroico aiuto assicurato ai perseguitati dal regime nazifascista. la medaglia, conferita dal presidente della repubblica Sergio Mattarella, sarà consegnata il prossimo 8 febbraio a padova. Nicolò Cortese nacque a Cherso (oggi territorio croato) il 7 marzo del 1907, entrò nel seminario dei Frati minori conventuali a Camposampiero (padova), prendendo il nome di fra placido. Dopo il noviziato presso la Basilica di Sant’Antonio a Padova, negli anni ‘20 si trasferì a roma per studiare al Seraphicum che allora aveva il nome di “Facultas teologica Collegii Seraphici Internationalis oFMConv in Urbe” (il riconoscimento di Pontificia sarebbe arrivato nel 1935 e venti anni dopo, nel 1955, l’attribuzione del nome del patrono san bonaventura). ordinato sacerdote nel 1930, fu prima impegnato nella basilica del Santo a padova, poi a Milano per essere quindi richiamato a Padova nel 1937 a dirigere il mensile Messaggero di Sant’Antonio, dove dimostrò grandi capacità gestionali. Durante la guerra si adoperò per creare una via di fuga verso la Svizzera per quanti erano perseguitati dai nazifascisti ma il tradimento di infiltrati gli costò l’arresto e il trasferimento nella risiera di San Sabba a trieste dove venne torturato, ucciso e cremato. Il Presidente Mattarella, partecipando nel 2015 a Milano alla cerimonia per l’anniversario della Liberazione, aveva già fatto riferimento al sacrificio di fra Cortese, ricordando come «tanti eroi hanno donato la vita per la nostra libertà», attraverso un esplicito riferimento alla «rete costruita da padre Placido Cortese e da due latinisti di grande fama, Ezio Franceschini, dell’Università Cattolica, e Concetto Marchesi, in seguito rettore dell’Ateneo di Padova e deputato comunista». Adesso il sacrificio del frate conventuale, Servo di Dio per il quale è in corso la causa per la beatificazione, sarà riconosciuto simbolicamente anche dall’attribuzione di questa altissima onorificenza, accompagnata dalla seguente motivazione: «Direttore del Messaggero di Sant’ Antonio, durante la seconda guerra mondiale e nel periodo della resistenza si prodigò, con straordinario impegno caritatevole e nonostante i notevoli rischi personali, in favore di prigionieri internati in un vicino campo di concentramento, fornendo loro viveri, indumenti e denaro. Dopo l’8 settembre 1943 entrò a far parte di un gruppo clandestino legato alla resistenza, riuscendo a far fuggire all’estero numerosi cittadini ebrei e soldati alleati, procurando loro documenti falsi. per tale attività nel 1944 fu arrestato e trasferito nel carcere di trieste, dal quale non fece più ritorno. Fulgido esempio di alti valori cristiani e di dedizione al servizio della società civile. 1942-1944 - Padova”. (e.l.i.)

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testimoni del vangelo

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IL CENTENARIO ChE SALTò DALLA FINESTRA E SCOMpARVE

di emanuele rimoli*

Su un pullman giallo ci sono un centenario, un ladro, una rossa con un cane e un elefante, un detective

e un quasi medico…

Si potrebbe riassumere come una barzelletta il romanzo d’esordio del giornalista svedese Jonas

Jonasson. Una burla che ha fruttato finora 10 milioni di copie e un film omonimo nel 2013 (diretto da

Felix Herngren e candidato all’oscar 2016 per il miglior trucco).

Protagonista del romanzo è Allan Karlsson, un arzillo vecchietto con la passione per gli esplosivi, che

decide di scappare dall’ospizio di Malmköping nel giorno del suo centesimo compleanno… saltando

dalla finestra in giacca, pantaloni e pantofole marroni – «non si poteva dire che seguisse la moda, ma a

quell’età si trattava senz’altro di un fatto perdonabile».

Il romanzo si sviluppa secondo due filoni narrativi che si alternano e intrecciano capitolo dopo capitolo:

nel primo filone il lettore segue la vicenda avventurosa del centenario Allan mentre viaggia per l’intera

Scandinavia inseguito dalla polizia e da un’organizzazione mafiosa cui ha rubato una valigia piena

zeppa di soldi. Bizzarre le circostanze, strambe le situazioni e strampalati i personaggi che man mano

diventano compagni di viaggio del fuggitivo – basti pensare a Benny, il biondo-con-la-coda-di-cavallo

che scopriamo essere un «quasi veterinario, quasi medico generico, quasi architetto, quasi ingegnere,

quasi botanico, quasi insegnante di lingue, quasi pedagogo dello sport, quasi storico, oltre a una manciata

di altre cose».

Nel secondo filone, invece, è raccontata la vita di Karlsson fin dalla sua tenera età, quando «aveva tredici

anni ed era bravo a fabbricare esplosivi. Un giorno mi potrà essere utile, pensò uscendo ad aiutare la

madre». Man mano che il racconto procede si scopre che Allan ha vissuto una vita straordinaria, ha

conosciuto personaggi di spicco fino a diventarne caro amico (il presidente statunitense Truman), ed

è diventato protagonista di importanti eventi della storia del secolo scorso: la guerra civile spagnola,

l’invenzione della bomba atomica, la rivoluzione russa e la dittatura di Stalin (il quale gli dimostrerà le

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sue doti canore e di ballerino durante una sontuosa cena), l’ascesa al potere di Mao – con un siparietto particolarmente comico su un incontro tra questi, il primo ministro nord coreano Kim Il-Sung e suo figlio undicenne Kim Jong-Il, che «lo zio Stalin chiamava sempre “il mio piccolo rivoluzionario”». Insomma, la storia di Allan Karlsson è il pretesto per raccontare, in maniera burlona e a colpi di equivoci, molti avvenimenti del Novecento senza però banalizzarne i drammi anzi, infondendo la sana curiosità di sapere come sono andati davvero i fatti.Non è un romanzo perfetto, e nemmeno una lettura imprescindibile. Alla lunga (446 pagine!) gli incontri diventano prevedibili, le risoluzioni un po’ scontate e certe divagazioni affievoliscono la vivacità del racconto. Spesso il protagonista è stato paragonato a Forrest Gump per via dei suoi modi impacciati che pure lo tengono, suo malgrado, al centro di eventi più grandi di lui, ma al centenario svedese mancano la tenerezza e l’innocenza dell’infaticabile corridore ghiotto di cioccolatini. Eppure il romanzo di Jonasson si fa leggere con facilità e piacere, complici l’originalità dell’idea e l’ironia pungente di molti passaggi. E se si legge come una barzelletta, ricordando che le scene sono volutamente surreali, l’avventura rocambolesca di Allan Karlsson è capace di strappare sorrisi e risate.

Jonas JonASSon, Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve

bompiani 2009, pp. 446

* OFMConv, docente di Antropologia teologica

@fratemanu

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KAnt. Che COSA SiGniFiCA OrientArSi neL PenSAre? di Andrea Gentile

«Da me non imparerete filosofia; ma imparerete a filosofare, non a ripetere pensieri, ma a pensare». Con queste parole Kant si rivolgeva spesso ai suoi allievi durante le lezioni universitarie presso l’Università di Königsberg. Il pensiero critico, la libertà creativa e l’autonomia della ragione sono un orizzonte centrale della filosofia kantiana che viene sviluppato nel saggio Che cosa significa orientarsi nel pensare? pubblicato nel 1786 nella “Berlinische Monatsschrift”. L’originalità e la novità di questo scritto, oltre al triplice rapporto semantico tra il concetto di possibilità soggettiva, la nozione di limite e un processo di ricerca riflessivo-trascendentale, sta nelle indicazioni di estremo interesse che Kant ci offre riguardo a come sia possibile «orientarsi» nella ricerca delle diverse condizioni che definiscono, costituiscono e determinano i

diversi campi, ambiti e limiti di possibilità in una filosofia trascendentale. (dalla quarta di copertina)

Edizioni Studium, Roma, 2017, pp. 239

PrOFeti neLLA BiBBiA di Autori vari

Per quanto affascinante, per alcuni la figura del profeta rischia di rimanere confinata nel passato, oggetto d’interesse più dell’archeologia biblica che dell’uomo contemporaneo. Non così la tradizione ecclesiale, che guarda all’esperienza profetica come fonte d’ispirazione e modello con cui confrontarsi per “misurare” l’autenticità e la coerenza della fede. Lo ha ricordato in più occasioni anche papa Francesco, sottolineando che la dimensione profetica appartiene al credente in forza del battesimo, e come essa sia necessaria alla Chiesa, perché «quando nel popolo di Dio manca la profezia manca qualcosa: manca la vita del Signore e così prevalgono “legalità” e clericalismo» (papa Francesco).Sullo sfondo di queste suggestioni, CredereOggi dedica la presente monografia ai profeti biblici, pensando soprattutto a coloro che avvertono l’urgenza di un recupero della dimensione profetica nella vita personale ed

ecclesiale. Nell’ideazione del fascicolo si è posta un’attenzione particolare anche agli ambienti della formazione teologica accademica, ma non solo: la pluralità dei contributi, la diversità delle prospettive e lo studio critico delle questioni sul profetismo biblico trovano il loro tratto comune nel riferimento alle esigenze di studenti e docenti delle discipline bibliche e teologiche (dall’editoriale).

Edizioni Messaggero Padova, 2017

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novità editoriali

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LAICI, pROTAGONISTI DELLA MISSIONE

Si svolgerà al Seraphicum, dal 31 gennaio al 3 febbraio, la XXIX Assemblea missionaria francescana sul tema “Laici, protagonisti della missione”, promossa dal Centro Missionario francescano. L’Assemblea, a carattere formativo e informativo, è aperta agli animatori provinciali dell’area FIMP (Federazione Inter-mediterranea Ministri provinciali), ai collaboratori laici dei Centri Missionari, ai frati e a quanti si interessano di animazione missionaria.

tra gli appuntamenti, il 1 febbraio alle 9.30, “Laici, protagonisti della missione” con il prof. Marco bartoli, docente universitario, francescanista e membro della Comunità di Sant’Egidio; alle ore 12 la celebrazione eucaristica presieduta da fra Mauro Gambetti, presidente della FIMp; alle 16 “In cammino con i laici… per vivere la missione” con fra Jaroslaw Wysoczynski, segretario generale per l’animazione missionaria. Venerdì 2, alle ore 10, tavola rotonda su “Il racconto di una esperienza… Giovani, testimoni della speranza, missionari in Perù”. Alle ore 17, a San Pietro, celebrazione eucaristica con il Santo Padre. Infine sabato 3, alle 9.30,

relazione sulla vita del Centro missionario: attività e programmazione per il prossimo quadriennio. Il programma prevede ogni giorno, alle ore 8 l’ufficio delle letture e lodi e alle 19.30 la recita del vespro. Lodi e celebrazione eucaristica del giorno conclusivo saranno presiedute da fra Joaquim Agesta, assistente generale della FIMp.

SERATE SUL DIALOGO INTERRELIGIOSO

“Ebrei, cristiani e musulmani figli di Abramo - riscoprire la fratellanza fra i monoteismi abramici” è il tema del ciclo di incontri promossi dalla Cattedra di dialogo tra le culture di ragusa e dagli Uffici per la cultura e per l’ecumenismo e il dialogo della Diocesi ragusana. Si tratta di sei serate, articolate in tre appuntamenti, che metteranno a confronto, con una formula molto dinamica, rappresentanti del mondo ebraico, cristiano ed islamico. Al centro del dibattito la figura di Abramo come “padre di una moltitudine di popoli”. Primo appuntamento venerdì 2 e sabato 3 febbraio alle ore 19.30, nel Salone della Chiesa di “San Giuseppe Artigiano” a ragusa, sul tema “L’uscita di Abramo e la migrazione verso l’eterno. riflessioni sullo sradicamento culturale odierno: problema sociale o nuova opportunità per tutti?” con la partecipazione di elena lea bartolini, teologa ebrea della Facoltà Teologica dell’Italia settentrionale; fra Domenico Paoletti, teologo della Pontificia Facoltà Teologica “San Bonaventura”; Nader Akkad, imam di Trieste; Vincenzo rosito, filosofo della Pontificia Facoltà Teologica “San Bonaventura”. «Il nostro Vescovo - spiegano i promotori - ha quest’anno richiamato l’attenzione sulla missionarietà della compagine ecclesiale per una “Chiesa in uscita” e Abramo costituisce certamente una figura paradigmatica in tal senso. Si confronteranno tre ospiti provenienti da altrettante diverse tradizioni religiose, in dialogo con un filosofo, idealmente rappresentante della ragione umana».

appuntamenti

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CINEFORUM SERAphICUM

Nuovo mese di proiezioni del Cineforum Seraphicum, presso l’Auditorium di via del Serafico, 1 - angolo via laurentina a roma. Queste le prossime pellicole per gli appuntamenti del sabato alle ore 16:

sabato 3 febbraio: L’ora legale di Salvatore Ficarra e Valentino picone. Con Salvatore Ficarra, Valentino Picone, Leo Gullotta, Vincenzo Amato, Tony Sperandeo (Italia, 2017);sabato 10 febbraio: La La Land di Damien Chazelle. Con ryan Gosling, Emma Stone, J. K. Simmons, Finn Wittrock, Sandra rosko, Sonoya Mizuno (uSA, 2016);

sabato 17 febbraio: L’altro volto della speranza di Aki Kaurismäki. Con Sherwan Haji, Sakari Kuosmanen, Ilkka Koivula, Janne Hyytiäinen, Nuppu Koivu. Titolo originale: Toivon tuolla puolen (Finlandia, 2017);sabato 24 febbraio: Florence di Stephen Frears. Con Meryl Streep, Hugh Grant, Simon Helberg, rebecca Ferguson, Nina Arianda, Neve Gachev. Titolo originale: Florence Foster Jenkins (Gran Bretagna, 2016). Per info: tel. 06 515031; e-mail: [email protected]; http://www.seraphicum.org/cineforum.asp

INCONTRI SULL’ESCATOLOGIA CRISTIANA

“Credo la resurrezione della carne e la vita eterna”. Un tema da ripensare oggi è l’argomento che fra Domenico Paoletti, docente di Teologia fondamentale, tratterà mercoledì 7 febbraio alle ore 17.30 al Cenacolo San Marco, a terni. La conferenza è inserita in un ciclo di incontri sul tema “Credo la vita eterna - Ciclo sull’escatologia cristiana ripensata in chiave cristologica e antropologica”, promosso dalla Parrocchia di San Salvatore in collaborazione con l’Istess, l’Istituto di Studi Teologici e Storico-Sociali.

GIORNATA DI FORMAZIONE LITURGICA

Sabato 24 febbraio, dalle ore 10.00 fino alle 18.00 (con pausa pranzo), fra Francesco Scialpi, docente di liturgia e Sacramenti, terrà un incontro di formazione liturgica sulla celebrazione eucaristica, nella Parrocchia di San Gregorio Barbarigo, in via delle Montagne rocciose, 14 zona eur a roma.L’incontro, partendo dalla stessa celebrazione eucaristica, analizzerà e approfondirà i vari riti e preghiere, seguendo l’indicazione della costituzione Sacrosanctum Concilium, così da far comprendere e far acquisire maggiore consapevolezza ai fedeli dei vari momenti e significati della celebrazione eucaristica. L’appuntamento, pensato come momento di formazione per la comunità parrocchiale, sarà aperto a tutti coloro che sono interessati a questa tematica. Per ulteriori informazioni: tel.: 065912504 - e-mail: [email protected].

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AppUNTAMENTI CON LA SVEGLIA FRANCESCANA

Nuovi appuntamenti con l’evangelizzazione di strada del gruppo “Sveglia francescana”, composta dai frati studenti del Seraphicum. Tre le date previste in calendario, a cadenza mensile: la prima uscita è in programma domenica 25 febbraio dalle ore 16 alle 17.30 davanti alla chiesa di San Marcello al Corso, nella centrale via del Corso a roma. I frati della Sveglia francescana proporranno, a quanti si troveranno a passare in questa frequentatissima strada romana, un’ampia rassegna di brani musicali, preghiere, incontri con le persone, possibilità di dialogo e di confessioni.

All’interno della chiesa, inoltre, si svolgerà l’adorazione eucaristica per tutto il tempo dell’animazione. I giovani frati della Sveglia, provenienti da una decina di Paesi di tutto il mondo, proporranno anche qualche momento di riflessione sulla Quaresima e sulla Pasqua. I successivi appuntamenti, già in calendario, prevedono la presenza del gruppo, il 17 marzo, all’ospedale “San Giovanni” a roma e, dal 13 al 15 aprile, un’uscita in puglia, ospiti della basilica di San Martino a Martina Franca (taranto).

RASSEGNA “AL DI LÀ DEL CONCERTO”

“Alfred Hitchcock e la Hollywood degli anni cinquanta” è il titolo dello spettacolo proposto dalla rassegna “Al di là del concerto”, in programma domenica 25 febbraio alle ore 18 all’Auditorium Seraphicum (via del Serafico, 1 – angolo via Laurentina a roma). Prosegue così la consolidata rassegna promossa sotto la direzione artistica di pamela Gargiuto e paola pegan, con una proposta legata a “Musica & Cinema”. Tra i protagonisti dell’originale spettacolo, Maria Asta, voce; Massimo Baiocco, voce, chitarra e arrangiamenti; pamela Gargiuto, violino, interventi storici e critici; Caterpillar, corpo e voce narrante; noemi Colitti, elaborazione contenuti multimediali. I successivi appuntamenti sono in programma, il 25 marzo, 22 aprile e 20 maggio. per info: tel. 06 515031.

LA CONDIZIONE pOSTSECOLARE

“La condizione postsecolare” è il tema della lezione pubblica che il prof. Vincenzo rosito (nella foto), docente di Filosofia teoretica, terrà mercoledì 28 febbraio alle ore 17 (aula C012) alla Pontificia Università Gregoriana, a piazza della Pilotta, 4 - roma. la lezione sarà occasione per presentare il volume Postsecolarismo – Passaggi e provocazioni del religioso nel mondo contemporaneo (Edizioni Dehoniane Bologna, 2017). L’incontro sarà introdotto da Filomeno Jacob SJ, della Facoltà di Scienze sociali della Gregoriana. Per informazioni: tel. 06 6701 5186 - e-mail: [email protected]

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LABORATORIO TEOLOGICO FRANCESCANO: pROVE DI COMUNIONE

di raffaele Di Muro*

Nei giorni 4 e 5 gennaio, a Veroli (Frosinone), un gruppo di quindici docenti della Pontificia Università Antonianum e della Pontificia Facoltà Teologica “San Bonaventura”- Seraphicum si sono incontrati per condividere la prima edizione del Laboratorio teologico francescano. I docenti promotori (fra Luca Bianchi, fra Albert Schmucki, fra Guglielmo Spirito, fra Alceo Grazioli e Donatella Forlani), nella lettera d’invito, aperta a tutti i professori delle citate realtà accademiche, hanno riferito che «lo scopo di questo incontro è il ritrovarsi di docenti universitari di ambito francescano per tentare di fare teologia insieme, “pensare insieme”». I tempi di riflessione comune sono stati vissuti in un contesto comunitario di condivisione dei momenti di preghiera, dei pasti, della ricreazione. I promotori hanno voluto che il tema scelto desse continuità alla riflessione iniziata con l’ultima Giornata di Studio dell’IFS, l’Istituto Francescano di Spiritualità. Per questo è stato indicato come strumento di lavoro principale della due giorni il testo presentato da piero Coda (nella foto) in quella giornata. A partire da quell’intervento ognuno dei partecipanti ha predisposto un piccolo testo con le sue reazioni e qualche suggerimento sulle possibili attuazioni concrete in ambito accademico. Davvero confortanti sono stati i risultati ottenuti in questa singolare assise. Il pensare va sempre più coniugato al vissuto del docente. La riflessione teologica e la pubblicazione di testi deve essere un’esigenza interiore del docente e del ricercatore. Quanto si approfondisce ha ripercussioni dirette sul cammino dello studioso, che viene sempre più arricchito da ciò che è oggetto del proprio lavoro scientifico. L’attività di approfondimento non va distaccata dalla vita, anzi va a renderla sempre più carica di contenuti e stimoli per migliorare la qualità della propria testimonianza.

francescanamente parlando

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Inoltre, lo studio fatto in equipe, meglio ancora in comunione, realizza un percorso che docenti e ricercatori portano avanti insieme. È importante che colleghi di una facoltà o di un ambito teologico lavorino insieme per il perseguimento di obiettivi conoscitivi comuni. Comunione e ricerca: è un binomio che può portare armonia tra i docenti della Pontificia Università Francescana e può condurre ad orizzonti scientifici di spessore che permettano anche la crescita interiore di ognuno. Favorire il dialogo e la reciprocità all’interno di una istituzione accademica vuol dire che gli studiosi

si arricchiscono dal confronto che sanno realizzare tra loro, riuscendo a trasmettere agli studenti non solo il sapere, ma anche una preziosa testimonianza di vita cristiana. Il cammino della Pontificia Università Francescana sarà più incisivo se verrà compiuto soprattutto “dal basso”. Chi opera nelle istituzioni dell’Antonianum e del Seraphicum dovrebbe cercare di raggiungere la nuova realtà accademica attraverso un itinerario di condivisione e comunione che darebbe slancio e significato alla fondazione della novella università.

Il 26-27 giugno è prevista la prossima tappa del Laboratorio teologico francescano.

*OFMConv, Direttore della Cattedra Kolbiana del Seraphicum e della Casa Editrice Miscellanea Francescana @raf_frate

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LA BELLEZZA SARÀ IL TEMA DEL pROSSIMO FESTIVAL FRANCESCANOSarà la bellezza il tema della 10ª edizione del Festival francescano, in programma a bologna dal 28 al 30

settembre. E ancora una volta il Seraphicum partecipa, con il Preside fra Dinh Anh Nhue Nguyen, al comitato scientifico dell’evento. «“Tu sei bellezza” - sottolineano i promotori - è l’esclamazione di un innamorato. È l’esclamazione che san Francesco ripete due volte nella splendida preghiera Lodi di Dio Altissimo (FF 261). È l’esclamazione che ci guida nell’edizione 2018 del Festival Francescano. È il nostro modo di rendere grazie, quello di guardare “alle cose belle”. Vedere cose belle dà gioia. Fare esperienze belle rende felici. Incontrare persone belle riempie la vita. papa Francesco invita a

riscoprire la bellezza del Vangelo e dell’incontro. Ma non bastano le cose belle, serve un occhio capace di vederle, anzi di contemplarle. È essenziale vivere e testimoniare la bellezza della comunione in un mondo segnato spesso dalla disarmonia e dalla frammentazione. raccontando la bellezza, cercheremo di non limitarci solo alle “belle arti”, ma coglieremo l’occasione per riflettere sul nostro rapporto con il trascendentale, per riscoprire una bellezza quotidiana e a portata di mano».

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San Bonaventura informa è il mensile della Pontificia Facoltà Teologica “San Bonaventura” Seraphicumpreside: Dinh Anh Nhue Nguyen (oFMConv)

Direttore responsabile: elisabetta lo IaconoRedazione: oreste Bazzichi, Giulio Cesareo (oFMConv), Francesco Costa (oFMConv), raffaele Di Muro (oFMConv), Felice Fiasconaro (oFMConv), emil Kumka (oFMConv), Domenico paoletti (oFMConv), emanuele rimoli (oFMConv), Germano Scaglioni (oFMConv), roberto tamanti (oFMConv), orlando todisco (oFMConv)

hanno collaborato a questo numero: raffaele Di Muro (oFMConv), emil Kumka (oFMConv), Andrea Monda, Domenico paoletti (oFMConv), emanuele rimoli (oFMConv), roberto tamanti (oFMConv), Andrea Vaona (oFMConv)

Direzione e redazione: c/o Pontificia Facoltà Teologica “San Bonaventura” Seraphicum

Via del Serafico, 1 – 00142 romaTel: 06 51503209 - Fax : 06 5192067 – Email: [email protected]

registrazione Tribunale di roma n. 219 del 07/12/2016(Anno II / n.13)

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IN pAROLE FRANCESCANE

«I briganti, per bontà e misericordia di Dio, ascoltarono ed eseguirono alla lettera, punto per punto, quanto i frati avevano loro richiesto. Anzi, toccati da tanta umiltà e benevolenza,

cominciarono a loro volta a servirli, portando sulle loro spalle la legna fino all’eremitaggio. Alcuni di loro entrarono infine nell’ordine, gli altri confessarono i loro peccati e fecero penitenza delle colpe commesse, promettendo ai frati di voler vivere d’allora in poi del proprio lavoro e mai più commettere quei misfatti».

Specchio di perfezione (FF 1759)