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Salvami Regina Numero 70 Febbraio 2009 Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D. L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 2, DR PD - Contiene I.R. - Periodico dell’Associazione Madonna di Fatima - Maria, Stella della Nuova Evangelizzazione Il gotico ed il Cielo Empireo

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Salvami Regina

Numero 70 Febbraio 2009

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Il gotico ed il Cielo Empireo

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L a preghiera alimenta la speranza, per-ché nulla più del pregare con fede esprime la realtà di Dio nella nostra vi-

ta. Anche nella solitudine della prova più du-ra, niente e nessuno possono impedirmi di ri-volgermi al Padre, “nel segreto” del mio cuore, dove Lui solo “vede”, come dice Gesù nel Van-gelo (cfr. Mt 6, 4.6.18). Vengono in mente due momenti dell’esistenza terrena di Gesù che si collocano uno all’inizio e l’altro quasi al termi-ne della sua vita pubblica: i quaranta giorni nel

deserto, sui quali è ricalcato il tempo quaresi-male, e l’agonia nel Getsemani – entrambi so-no essenzialmente momenti di preghiera. Pre-ghiera solitaria, a tu per tu, con il Padre nel de-serto, preghiera colma di “angoscia mortale” nell’Orto degli Ulivi. Ma sia nell’una che nell’al-tra circostanza, è pregando che Cristo sma-schera gli inganni del tentatore e lo sconfigge. La preghiera si dimostra così la prima e princi-pale “arma” per “affrontare vittoriosamente il combattimento contro lo spirito del male”.

(Benedetto XVI, omelia del mercoledì delle Ceneri del 2008)

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Il Cardinal Odilo Scherer, Arcivescovo di San Paolo del Brasile, prega nella Cappella dell’Adorazione perpetua al Santissimo Sacramento, nella Chiesa della Madonna del Rosario, degli Araldi del Vangelo

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SalvamiRegina

Periodico dell’Associazione Madonna di Fatima - Maria, Stella

della Nuova Evangelizzazione

SommariO

Anno XI, numero 70, Febbraio 2009

Direttore responsabile: Zuccato Alberto

Consiglio di redazione: Guy Gabriel de Ridder, Juliane

Vasconcelos A. Campos, Luis Alberto Blanco Cortés, Mariana Morazzani

Arráiz, Severiano Antonio de Oliveira

Amministrazione: Via San Marco, 2A

30034 Mira (VE) CCP 13805353

Aut. Trib. Padova 1646 del 4/5/99 Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D. L.

353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 2, DR PD

Contiene I.R.www.araldi.org

www.salvamiregina.it

Con la collaborazione dell’Associazione

Privata Internazionale di Fedeli di Diritto Pontificio

ArAldi del VAngeloViale Vaticano, 84 Sc. A, int. 5

00165 Roma Tel. sede operativa

a Mira (VE): 041 560 08 91

Montaggio: Equipe di arti grafiche

degli Araldi del Vangelo

Stampa e rilegatura: Pozzoni - Istituto Veneto de Arti Grafiche S.p.A.

Via L. Einaudi, 12 36040 Brendola (VI)

Gli articoli di questa rivista potranno essere riprodotti, basta che si indichi la fonte e si invii copia alla Redazione. Il contenuto degli articoli firmati è di responsabilità dei rispettivi autori.

L’Arcobaleno –Un segno della Alleanza Divina

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .50

I Santi di ogni giorno

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .48

Storia per bambini... Il frate e lo scorpione

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .46

E’ accaduto nella Chiesa e nel mondo

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .40

Esercitate in Cristo la funzione di santificare

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .29

Il Cardinal Odilo Scherer ordina sacerdoti e diaconi araldi

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .24

Il Cristo del Veleno

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .39

Bakhita, la fortunata

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .34

Araldi nel mondo

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .32

Lo stile gotico –Un’arte nata dalla Fede

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .18

Commento al Vangelo – Quale lebbra è la peggiore?

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .10

La voce del Papa – Dal peccato alla libertà

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .6

Il gotico ed il Cielo Empireo (Editoriale) . . . . 5

Scrivono i lettori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4

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4 Salvami Regina · Febbraio 2009

Scrivono i lettori

Utile per le prediche

Ho già rinnovato il mio abbona-mento per due anni. La rivista Araldi del Vangelo è realmente meravigliosa. Ne sono rimasto incantato fin dal pri-mo numero e l’ho usata nelle predi-che, oltre a raccomandarla ai fedeli che si sono abbonati. Deo Gratias!

Mons. Raimundo J. F.Fortaleza – Brasile

StrUmento di formazione

Complimenti in Gesù e Maria Santissima. Ogni volta che arriva la rivista, la mia comunità ed io la riceviamo con gioia, poiché è uno strumento di formazione nella no-stra vita religiosa.

Suor Karina M.Lambayeque – Perù

articoli pieni di SenSo eccleSiale

Gli articoli della rivista — molti dei quali riflettono il pensiero o conten-gono le parole stesse di San Tommaso d’Aquino — sono molto interessanti, pieni di senso ecclesiale. Leggo tutte le riviste dettagliatamente e mi piacciono moltissimo! Quanto bene sta facendo questo mezzo di diffusione della dottri-na della Chiesa! Sono ammirata nel ve-dere la missione efficace che gli Aral-di conducono in tutte le parti del mon-do, soprattutto presso la gioventù, la quale oggigiorno ha tanto bisogno che qualcuno porti la parola di Dio. Corag-gio! La Chiesa necessita di voi come un “braccio destro”, per l’espansione del suo Divino Regno nel mondo giovani-le. Offro la mia umile preghiera, a No-stro Signore e alla Madonna, per la vo-stra ammirevole “missione ecclesiale”.

Suor Sarita V. M.Dominicane dell’Annunziata

Oviedo - Spagna

la coSa migliore è la Spiegazione del Vangelo

Scrivo per comunicare la gioia e la pace che sento nel far parte di que-sta famiglia degli Araldi e quanto mi è gradito il ricevere la rivista, che è di grande conforto nella mia vita quoti-diana. Leggo sempre tutto il suo con-tenuto perché ciò aumenta la mia fe-de, aiuta a convivere nella mia fami-glia e con i fratelli. Mi piacciono tutti i testi, ma la cosa migliore è la spiega-zione del Vangelo. Mi incantano an-che le storie per bambini o adulti pie-ni di fede.

Idalina B. de B.Bacurituba – Brasile

mi Sento più in SalUte

Ho tra le mani la rivista Araldi del Vangelo, che ricevo con grande gio-ia. Quando arriva, il mio cuore si ri-empie di entusiasmo e, anche se so-no malata, mi sento più in salute. Mi piace leggerla immediatamente e in-teramente, poiché mi dà più coraggio per andare sempre avanti!

Maria da Conceição M. T.Celorico de Basto – Portogallo

la noStra religione creSce in Santità

È bello vedere che la nostra Reli-gione cresce in santità e che gli Aral-di del Vangelo vi contribuiscono. Con-tinuate ad andare avanti sempre con la vostra missione, per il bene dell’umanità, portando il messaggio d’amore e le benedizioni della San-tissima Vergine, ed evangelizzando con i cuori pieni di fede nel Vangelo di Gesù. Ricevere la vostra rivista è stato di grande vantaggio per la nos-tra famiglia.

Yolanda de F.Milagro – Ecuador

meSSaggi di Speranza e fede

Seguo da molto tempo le pubbli-cazioni di questa meravigliosa rivista,

che ritengo molto importante per por-tare messaggi di speranza e fede al-la comunità che la legge. Apprezzo le storie della vita delle persone che si so-no dedicate anima e corpo — alle vol-te giungendo al sacrificio di se stesse — per il bene dell’umanità, giungen-do alla gloria della santificazione. So-no molto devoto della Madonna e ho ottenuto molte grazie per Suo trami-te, soprattutto per un problema mol-to serio avuto recentemente. Divulga-re la devozione a Lei è uno degli scopi di questa rivista.

Col. Tomaz A. C.São Paulo – Brasile

Segnale poSitiVo di Vita e Speranza

Desidero complimentarmi con voi per la rivista che mi è stata invia-ta, con i suoi ricchi contenuti che fa-voriscono e irrobustiscono la nostra fede nella parola di Dio. Che questa meravigliosa rivista continui a pros-perare, essendo essa un segnale posi-tivo di vita e speranza nelle nostre vi-te, poiché ci motiva ancor più ad es-sere missionari e discepoli di Gesù Cristo in questo mondo.

Aparecido de F.Ivaiporã – Brasile

Santità riVelata oVUnqUe Si troVi

Ringrazio la direzione della rivista Araldi del Vangelo perché fa giungere alle mie mani, mensilmente, una tale preziosa lettura. Gli insegnamenti di contenuto religioso e culturale in es-sa trasmessi sono pieni di ricchezza. Ho letto l’articolo La principessa afri-cana e ho apprezzato molto la sensi-bilità di coloro che hanno individuato in quest’anima il dono di servire. La mano di Dio, la Provvidenza Divina, conosce ogni lavoro misericordioso e la santità è rivelata ovunque si trovi.

Lahide A. S.Rio de Janeiro – Brasile

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Salvami Regina

Numero 70

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Il gotico ed il Cielo Empireo

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Febbraio 2009 · Salvami Regina 5

Editoriale

impossibile, in questo esilio terreno, immaginare le meraviglie del Cielo Empi-reo, riservate da Dio come premio per gli uomini. Infatti come afferma San Pao-lo: “Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di

uomo, queste ha preparato Dio per coloro che lo amano” (I Cor, 2, 9).Tuttavia, alcuni santi hanno avuto il privilegio di intravvedere, in forma sopran-

naturale, il luogo di felicità dove si godono tutte le gioie, sia spirituali che materiali.San Giovanni Evangelista, rapito da una visione profetica, descrive nell’Apocalis-

se questa Gerusalemme Celeste, con le sue fondamenta di zaffiri e smeraldi, i suoi muri e pavimenti di giada e topazio, le sue porte di perle e diamanti e le sue colonne di cristallo incastonate d’oro puro (cfr. Ap. 21).

San Giovanni Bosco, che aveva visitato il Cielo Empireo in uno dei suoi mistici “so-gni”, così lo presenta ai suoi giovani alunni: “Le colonne di quelle case sembravano d’oro, di cristallo e di diamante, in modo che producevano una piacevole impressione, sa-ziavano la vista e infondevano un piacere straordinario. Era uno spettacolo incantevole”.

Incuriosisce il fatto che in queste visioni il Paradiso Celeste venga rappresenta-to come una bella città costituita da splendide costruzioni. Non si tratta, dunque, di una mera metafora.

L’uomo, nell’eternità, non ha bisogno di edifici per trovare riparo durante le in-temperie, ma continuano ad essere necessarie per lui abitazioni adeguate, nelle qua-li il corpo e l’anima si sentano ben accolti e trovino le condizioni appropriate per il convivio con i propri simili. Per soddisfare questo desiderio, Dio prevede per i beati una abitazione celeste inimmaginabile e magnifica, in armonia con la visione beati-fica di cui godono le loro anime.

Ora, quando nel Padre Nostro preghiamo “venga il Tuo Regno”, chiediamo che tutto in questo mondo — dalla natura all’arte, dal pensiero alla tecnica, dalla pre-ghiera alle forme di governo — si avvicini quanto più possibile al modello di subli-mità che esiste nel Cielo. Nel campo dell’architettura, questo significa chiedere che le abitazioni celesti — realizzate, senza dubbio, in uno stile sui generis e inedito — possano venire ad essere in qualche forma riflesse negli edifici della Terra.

Risplendente di luce e ornata di pietre preziose, la Gerusalemme Eterna è stata l’ideale splendido al quale si sono ispirati gli architetti del medioevo, nel loro inten-so desiderio di edificare, in questa valle di lacrime, qualcosa di analogo.

Per questo, il gotico, con le sue ogive e guglie che puntano verso l’alto, e, soprat-tutto, con le sue variopinte vetrate ed il variato gioco di luci ed ombre, offre agli uo-mini un mitico e soprannaturale ambiente, punto di riferimento per contemplare, attraverso la Fede, le bellezze che li aspettano nella visione beatifica.

Nella sua Lettera agli Artisti, il servo di Dio Giovanni Paolo II osserva che “la forza e la semplicità del romanico” si sviluppa gradualmente “nelle ogive e splendori del Go-tico”. E subito dopo afferma: “laddove il pensiero teologico realizzava la Summa di San Tommaso, l’arte delle chiese sottometteva la materia all’adorazione del mistero”.

Se Dio desse agli Angeli l’incombenza di erigere in Terra grandiosi templi, sce-glierebbero uno stile differente?

Il gotIco ed Il cIelo empIreo

Interno della Sainte-Chapelle – Parigi

(Foto: Scala Archives)

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Dal peccato alla libertà

N

6 Salvami Regina · Febbraio 2009

La voce deL PaPa

Se nella Fede della Chiesa è maturata la coscienza del dogma del peccato originale è stato perché è inseparabilmente collegato con un altro dogma,

quello della salvezza e della libertà in Cristo.

ell’odierna catechesi ci soffermeremo sul-le relazioni tra Ada-mo e Cristo, deline-ate da san Paolo nel-

la nota pagina della Lettera ai Romani (5, 12-21), nella quale egli consegna al-la Chiesa le linee essenziali della dottri-na sul peccato originale.

Cristo e Adamo: dove abbondò il peccato sovrabbondò la grazia

In verità, già nella prima Lettera ai Corinzi, trattando della fede nel-la risurrezione, Paolo aveva intro-dotto il confronto tra il progenitore e Cristo: “Come infatti in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti riceveran-no la vita[...] Il primo uomo, Adamo, divenne un essere vivente, ma l’ultimo Adamo divenne spirito datore di vita” (15, 22-45).

Nella Lettera ai Romani (5,12-21) il confronto tra Cristo e Adamo si fa più articolato e illuminante: Paolo ri-percorre la storia della salvezza da Adamo alla Legge e da questa a Cri-sto. Al centro della scena non si tro-va tanto Adamo con le conseguenze del peccato sull’umanità, quanto Ge-sù Cristo e la grazia che, mediante

Lui, è stata riversata in abbondanza sull’umanità. La ripetizione del “mol-to più” riguardante Cristo sottolinea come il dono ricevuto in Lui sorpas-si, di gran lunga, il peccato di Adamo e le conseguenze prodotte sull’uma-nità, così che Paolo può giungere al-la conclusione: “Ma dove abbondò il

mostrare la centralità della grazia, egli non si sarebbe attardato a tratta-re del peccato che “a causa di un so-lo uomo è entrato nel mondo e, con il peccato, la morte” (Rm 5, 12). Per questo se, nella fede della Chiesa, è maturata la consapevolezza del dog-ma del peccato originale è perché es-so è connesso inscindibilmente con l’altro dogma, quello della salvez-za e della libertà in Cristo. La con-seguenza di ciò è che non dovremmo mai trattare del peccato di Adamo e dell’umanità in modo distaccato dal contesto salvifico, senza compren-derli cioè nell’orizzonte della giustifi-cazione in Cristo.

Esiste o no il peccato originale?

Ma come uomini di oggi dobbia-mo domandarci: che cosa è questo peccato originale? Che cosa insegna san Paolo, che cosa insegna la Chie-sa? È ancora oggi sostenibile questa dottrina? Molti pensano che, alla lu-ce della storia dell’evoluzione, non ci sarebbe più posto per la dottrina di un primo peccato, che poi si diffon-derebbe in tutta la storia dell’umani-tà. E, di conseguenza, anche la que-stione della Redenzione e del Reden-

Il dono ricevuto in Lui sorpassi, di gran lunga, il

peccato di Adamo e le conseguenze

prodotte sull’umanità

peccato, sovrabbondò la grazia” (Rm 5, 20). Pertanto, il confronto che Pa-olo traccia tra Adamo e Cristo mette in luce l’inferiorità del primo uomo rispetto alla prevalenza del secondo.

D’altro canto, è proprio per met-tere in evidenza l’incommensurabile dono della grazia, in Cristo, che Pa-olo accenna al peccato di Adamo: si direbbe che se non fosse stato per di-

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Febbraio 2009 · Salvami Regina 7

tore perderebbe il suo fondamento. Dunque, esiste il peccato origi-nale o no?

Per poter risponde-re dobbiamo distingue-re due aspetti della dot-trina sul peccato origi-nale. Esiste un aspetto empirico, cioè una real-tà concreta, visibile, di-rei tangibile per tutti. E un aspetto misterico, ri-guardante il fondamen-to ontologico di questo fatto.

Nel nostro essere esiste una contraddizione interiore

Il dato empirico è che esiste una contrad-dizione nel nostro es-sere. Da una parte ogni uomo sa che deve fare il bene e intimamente lo vuole anche fare. Ma, nello stes-so tempo, sente anche l’altro impulso di fare il contrario, di seguire la stra-da dell’egoismo, della violenza, di fa-re solo quanto gli piace anche sapen-do di agire così contro il bene, con-tro Dio e contro il prossimo. San Pa-olo nella sua Lettera ai Romani ha espresso questa contraddizione nel nostro essere così: “C’è in me il desi-derio del bene, ma non la capacità di attuarlo; infatti io non compio il be-ne che voglio, ma il male che non vo-glio” (7, 18-19). Questa contraddizio-ne interiore del nostro essere non è una teoria. Ognuno di noi la prova ogni giorno. E soprattutto vediamo sempre intorno a noi la prevalenza di questa seconda volontà. Basta pen-sare alle notizie quotidiane su ingiu-stizie, violenza, menzogna, lussuria. Ogni giorno lo vediamo: è un fatto.

Come conseguenza di questo po-tere del male nelle nostre anime, si è sviluppato nella storia un fiume spor-co, che avvelena la geografia del-la storia umana. Il grande pensato-

lita: “questo è umano” ha un dupli-ce significato. “Questo è umano” può voler dire: quest’uomo è buono, real-mente agisce come dovrebbe agire un uomo. Ma “questo è umano” può an-che voler dire la falsità: il male è nor-male, è umano. Il male sembra essere divenuto una seconda natura. Questa contraddizione dell’essere umano, della nostra storia deve provocare, e

provoca anche oggi, il desiderio di re-denzione. E, in realtà, il desiderio che il mondo sia cambiato e la promessa che sarà creato un mondo di giusti-zia, di pace, di bene, è presente dap-pertutto: in politica, ad esempio, tut-ti parlano di questa necessità di cam-biare il mondo, di creare un mondo più giusto. E proprio questo è espres-sione del desiderio che ci sia una libe-razione dalla contraddizione che spe-rimentiamo in noi stessi.

Come si spiega questo male?

Quindi il fatto del potere del male nel cuore umano e nella storia uma-na è innegabile. La questione è: co-me si spiega questo male? Nella sto-ria del pensiero, prescindendo dalla fede cristiana, esiste un modello prin-cipale di spiegazione, con diverse va-riazioni.

Questo modello dice: l’essere stes-so è contraddittorio, porta in sé sia il bene sia il male. Nell’antichità que-sta idea implicava l’opinione che esi-stessero due principi ugualmente ori-ginari: un principio buono e un prin-cipio cattivo. Tale dualismo sareb-

Udienza generale di mercoledì, 3 dicembre 2008, nella sala Paolo VI

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Il potere del male nel cuore umano e nella storia umana

è innegabile; come si spiega questo male?

re francese Blaise Pascal ha parlato di una “seconda natura”, che si so-vrappone alla nostra natura origina-ria, buona. Questa “seconda natura” fa apparire il male come normale per l’uomo. Così anche l’espressione so-

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8 Salvami Regina · Febbraio 2009

be insuperabile; i due principi stan-no sullo stesso livello, perciò ci sa-rà sempre, fin dall’origine dell’esse-re, questa contraddizione. La con-traddizione del nostro essere, quin-di, rifletterebbe solo la contrarietà dei due principi divini, per così dire. Nella versione evoluzionistica, atea, del mondo ritorna in modo nuovo la stessa visione. Anche se, in tale con-cezione, la visione dell’essere è mo-nistica, si suppone che l’essere, co-me tale, dall’inizio porti in sè il ma-le e il bene. L’essere stesso non è sem-plicemente buono, ma aperto al bene e al male. Il male è ugualmente origi-nario come il bene. E la storia uma-na svilupperebbe soltanto il modello già presente in tutta l’evoluzione pre-cedente. Ciò che i cristiani chiama-no peccato originale sarebbe in re-altà solo il carattere misto dell’esse-re, una mescolanza di bene e di ma-le che, secondo questa teoria, appar-terrebbe alla stessa stoffa dell’essere. È una visione in fondo disperata: se è così, il male è invincibile. Alla fine conta solo il proprio interesse. E ogni progresso sarebbe necessariamente da pagare con un fiume di male e chi volesse servire al progresso dovrebbe accettare di pagare questo prezzo. La politica, in fondo, è impostata pro-prio su queste premesse: e ne vedia-mo gli effetti. Questo pensiero mo-derno può, alla fine, solo creare tri-stezza e cinismo.

Il male proviene da una libertà di cui si è abusato

E così domandiamo di nuovo: che cosa dice la fede, testimoniata da san Paolo? Come primo punto, essa con-ferma il fatto della competizione tra le due nature, il fatto di questo ma-le la cui ombra pesa su tutta la crea-zione. Abbiamo sentito il capitolo 7º della Lettera ai Romani, potremmo aggiungere il capitolo 8º. Il male esi-ste, semplicemente. Come spiegazio-ne, in contrasto con i dualismi e i mo-nismi che abbiamo brevemente con-siderato e trovato desolanti, la fede

re è un bene, è buona cosa essere un uomo, una donna, è buona la vita. Poi segue un mistero di buio, di notte. Il male non viene dalla fonte dell’essere stesso, non è ugualmente originario. Il male viene da una libertà creata, da una libertà abusata.

Come è stato possibile, come è successo? Questo rimane oscuro. Il male non è logico. Solo Dio e il bene sono logici, sono luce. Il male rima-ne misterioso. Lo si è presentato in grandi immagini, come fa il capitolo 3 della Genesi, con quella visione dei due alberi, del serpente, dell’uomo peccatore. Una grande immagine che ci fa indovinare, ma non può spiegare quanto è in se stesso illogico. Possia-mo indovinare, non spiegare; neppu-re possiamo raccontarlo come un fat-to accanto all’altro, perché è una re-altà più profonda. Rimane un miste-ro di buio, di notte.

Ma si aggiunge subito un miste-ro di luce. Il male viene da una fon-te subordinata. Dio con la sua luce è

più forte. E perciò il male può essere superato. Perciò la creatura, l’uomo, è sanabile. Le visioni dualiste, anche il monismo dell’evoluzionismo, non possono dire che l’uomo sia sanabile; ma se il male viene solo da una fonte subordinata, rimane vero che l’uomo è sanabile. E il Libro della Sapienza dice: “Hai creato sanabili le nazioni” (1, 14 volg).

E finalmente, ultimo punto, l’uo-mo non è solo sanabile, è sanato di fatto. Dio ha introdotto la guarigio-ne. È entrato in persona nella storia. Alla permanente fonte del male ha opposto una fonte di puro bene. Cri-sto crocifisso e risorto, nuovo Ada-mo, oppone al fiume sporco del ma-le un fiume di luce. E questo fiume è presente nelle storia: vediamo i san-ti, i grandi santi ma anche gli umili santi, i semplici fedeli. Vediamo che il fiume di luce che viene da Cristo è presente, è forte.

Fratelli e sorelle, è tempo di Av-vento. Nel linguaggio della Chiesa la parola Avvento ha due significati: presenza e attesa.

Presenza: la luce è presente, Cri-sto è il nuovo Adamo, è con noi e in mezzo a noi. Già splende la luce e dobbiamo aprire gli occhi del cuo-re per vedere la luce e per introdurci nel fiume della luce. Soprattutto es-sere grati del fatto che Dio stesso è entrato nella storia come nuova fon-te di bene.

Ma Avvento dice anche atte-sa. La notte oscura del male è anco-ra forte. Per questa ragione preghia-mo nell’Avvento con l’antico popolo di Dio: “Rorate caeli desuper”. E pre-ghiamo con insistenza: vieni Gesù; vieni, dà forza alla luce e al bene; vie-ni dove domina la menzogna, l’igno-ranza di Dio, la violenza, l’ingiustizia; vieni, Signore Gesù, dà forza al bene nel mondo e aiutaci a essere portato-ri della tua luce, operatori della pace, testimoni della verità. Vieni Signore Gesù!

(Udienza Generale 3/12/2008)

L’uomo non è solo sanabile, è sanato di fatto.

Dio ha introdotto la guarigione.

ci dice: esistono due misteri di luce e un mistero di notte, che è però avvol-to dai misteri di luce. Il primo miste-ro di luce è questo: la fede ci dice che non ci sono due principi, uno buono e uno cattivo, ma c’è un solo princi-pio, il Dio creatore, e questo princi-pio è buono, solo buono, senza om-bra di male. E perciò anche l’essere non è un misto di bene e male; l’esse-re come tale è buono, perciò è bene essere, è bene vivere. Questo è il lieto annuncio della fede: c’è solo una fon-te buona, il Creatore. E perciò vive-

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In Maria risplende

la vittoria di Cristo

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Febbraio 2009 · Salvami Regina 9

Tutti i diritti sui documenti pontifici sono riservati alla Libreria Editrice Vaticana. La versione integrale di questi documenti può essere trovata in www.vatican.va

Il mistero dell’Immacolata Concezione ci ricorda il peccato originale e la vittoria della

grazia di Cristo su di lui, vittoria che risplende in modo sublime in Maria Santissima.

’esistenza di quello che la Chiesa chiama “pec-cato originale” è pur-troppo di un’eviden-za schiacciante, se solo

guardiamo intorno a noi e prima di tutto dentro di noi. L’esperienza del male è infatti così consistente, da im-porsi da sé e suscitare in noi la do-manda: da dove proviene?

La morte è entrata nel mondo a causa dell’invidia del demonio

Le prime pagine della Bibbia (Gn 1-3) rispondono proprio a questa do-manda fondamentale, che interpella ogni generazione umana, con il rac-conto della creazione e della caduta dei progenitori: Dio ha creato tutto per l’esistenza, in particolare ha cre-ato l’essere umano a propria immagi-ne; non ha creato la morte, ma que-sta è entrata nel mondo per invidia del diavolo (cfr Sap 1,13-14; 2,23-24) il quale, ribellatosi a Dio, ha attira-to nell’inganno anche gli uomini, in-

ducendoli alla ribellione. E’ il dram-ma della libertà, che Dio accetta fino in fondo per amore, promettendo pe-rò che ci sarà un figlio di donna che schiaccerà la testa all’antico serpente (Gn 3,15).

Maria, donna “piena di grazia”

Fin dal principio, dunque, “l’eter-no consiglio” — come direbbe Dan-te — ha un “termine fisso” (Paradi-so, XXXIII, 3): la Donna predesti-nata a diventare madre del Redento-re, madre di Colui che si è umiliato fino all’estremo per ricondurre noi alla nostra originaria dignità. Que-sta Donna, agli occhi di Dio, ha da sempre un volto e un nome: “piena di grazia” (Lc 1,28), come la chiamò l’Angelo visitandola a Nazareth. E’ la nuova Eva, sposa del nuovo Ada-mo, destinata ad essere madre di tutti i redenti. Così scriveva sant’An-drea di Creta: “La Theotókos Maria, il comune rifugio di tutti i cristiani, è stata la prima ad essere liberata dalla

Benedetto XVI alla fine dell’Angelus in Piazza di San Pietro

primitiva caduta dei nostri progenito-ri” (Omelia IV sulla Natività, PG 97, 880 A). E la liturgia odierna afferma che Dio ha “preparato una degna di-mora per il suo Figlio e, in previsione della morte di Lui, l’ha preservata da ogni macchia di peccato” (Orazione Colletta).

Carissimi, in Maria Immacola-ta, noi contempliamo il riflesso del-la Bellezza che salva il mondo: la bel-lezza di Dio che risplende sul volto di Cristo. In Maria questa bellezza è to-talmente pura, umile, libera da ogni superbia e presunzione. Così la Ver-gine si è mostrata a santa Bernadette, 150 anni or sono, a Lourdes, e così è venerata in tanti santuari.

(Estratto dell’Angelus dell’8/12/2008)

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“A

10 Salvami Regina · Febbraio 2009

a Vangelo Allora venne a lui un lebbroso: lo supplicava in ginocchio e gli diceva: ‘Se vuoi, puoi guarirmi!’. Mosso a compassione, stese la mano, lo toccò e gli disse: ‘Lo voglio, guarisci!’. Subito la leb-bra scomparve ed egli guarì. E, ammonendolo severamente, lo rimandò e gli disse: ‘Guarda di

non dir niente a nessuno, ma và, presentati al sacerdote, e offri per la tua purificazione quello che Mo-sè ha ordinato, a testimonianza per loro’. Ma quegli, allontanatosi, cominciò a proclamare e a divulgare il fatto, al punto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma se ne stava fuori, in luoghi deserti, e venivano a lui da ogni parte” (Mc 1, 40-45).

Gesù guarisce un lebbroso — Duomo di

Monreale (PA)

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Quale lebbra è la peggiore?

Mons. João Scognamiglio Clá Dias, EP

Febbraio 2009 · Salvami Regina 11

commento aL vangeLo — vI domenIca deL temPo ordInarIo

La “lebbra” dell’anima è più contagiosa e terribile del male di Hansen. Essa strappa la pace della coscienza, rende amara la vita e prepara la morte eterna. Se fosse così visibile quanto la lebbra fisica, quanto più repellente sarebbe ai nostri occhi!

dominava qualsiasi infermità (cfr. Mt 8, 8), perdonava i peccati (cfr. Mt 9,6; Mc 2, 9-11), scacciava i demoni (cfr. Mc 3, 15), ecc. Per questa ragione Egli ha potuto affermare: “Mi è sta-to dato ogni potere in Cielo e in Terra” (Mt 28, 18); e più tardi, San Paolo ha potuto insistere su questo punto fon-damentale della nostra fede: “Per noi, è forza di Dio” (I Cor 1, 18); “Cristo è forza di Dio e sapienza di Dio” (I Cor 1, 24); e più avanti: “ risusciterà anche noi con la sua potenza” (I Cor 6, 14).

La fede in questa onnipotenza di Dio ci permette di ammettere più fa-cilmente le altre verità, specialmente le azioni che oltrepassano l’ordine natu-

I – OnnIpOtenza del VerbO

Gesù Cristo ha fatto notare la Sua umanità nascendo in una grot-ta a Betlemme, con la sua fame, se-te o stanchezza, e addirittura quan-do ha dormito nella barca. Inoltre, ha manifestato la Sua divinità attra-verso innumerevoli miracoli realizza-ti, per esempio, quando ha calmato i venti e i mari con l’imperio della vo-ce, o quando ha risuscitato Lazzaro. In quanto Essere Infinito, Egli è on-nipotente,1 e per questo, escluso ciò che sia contraddittorio, tutti i possibi-li sono oggetto del Suo potere. “On-nipotente” è il nome proprio di Dio (cfr. Gen 17,1), poiché la Sua Parola

è sufficiente, per se stessa, a produrre tutte le creature (cfr. Gen 1, 3-30).

I miracoli di Gesù sono prova della Sua divinità

Ora, secondo quanto ci insegna San Tommaso, per il fatto che la Sua natura umana è unita a quella divina, Gesù ha ricevuto come Uomo la stes-sa onnipotenza che il Figlio di Dio ha dall’eternità, poiché entrambe le nature possiedono ipostaticamente una sola e unica Persona.2 La stessa anima adorabile di Cristo, in quan-to strumento del Verbo — e non solo per se stessa — ha ogni potere.3 Essa è la ragione per la quale Cristo Gesù

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12 Salvami Regina · Febbraio 2009

rale. A un Dio onnipotente, sono pro-prie le opere eccellenti e mirabili: “Per-ché a Dio nulla è impossibile!” (Lc 1, 37).

Ci dice San Tommaso d’Aquino: “Col potere divino è concesso all’uomo di fare miracoli per due ragioni: la pri-ma, e principale, per confermare la veri-tà che uno insegna. Le cose che appar-tengono alla fede sono superiori alla ra-gione umana e per questo non si posso-no provare con ragioni umane; è neces-sario che si provino con dimostrazioni di potere divino. In questo modo, quan-do la persona realizza opere che soltan-to Dio può realizzare, si può credere che ciò che dice viene da Dio; come quando uno presenta un documento col sigillo del re, si può credere che quanto conte-nuto nel documento provenga dalla vo-lontà del re. In secondo luogo, per mo-strare la presenza di Dio nell’uomo con la grazia dello Spirito Santo. Quando la persona fa le opere di Dio, si può cre-dere che Dio in lei abita per la grazia. Si dice nella Lettera ai Galati: ‘Quello che vi dà lo Spirito e realizza miracoli tra voi’ (Gal 3, 5).

Ora, in Cristo, bisognava dimostrare l’una e l’altra cosa, cioè che Dio stava in Lui per mezzo della grazia, non di ado-zione, ma di unione; e che il suo insegna-mento soprannaturale proveniva da Dio. Per questo, era del tutto conveniente che Cristo facesse miracoli. Egli stesso affer-mò: ‘Se non volete credere in Me, credete nelle mie opere’ (Gv 10, 38). Ed anche: ‘Le opere che mio Padre Mi ha concesso di realizzare, sono quelle che danno testi-monianza di Me’” (Gv 5, 36).4

Questi sono i motivi che hanno portato gli Apostoli a credere in Ge-sù dopo il miracolo da Lui operato al-

le Nozze di Cana di Galilea (cfr. Gv 2, 11); e molti altri sono

stati portati a credere, do-po la resurrezione di Laz-zaro (cfr. Gv 11, 1-44).

Lo stesso Gesù giun-ge a citare le

Sue opere come pro-va della Sua

divinità: “Andate e riferite a Giovanni ciò che voi udite e vedete: I ciechi recu-perano la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i sordi riacqui-stano l’udito, i morti risuscitano, ai po-veri è predicata la buona novella” (Mt 11, 4-5), “Le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste mi danno testimonianza; Se non compio le ope-re del Padre mio, non credetemi; ma se le compio, anche se non volete credere a me, credete almeno alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me e io nel Padre” (Gv 10, 25; 37-38).

La Chiesa: un miracolo permanentemente rinnovato

Sì, Gesù Cristo è il Figlio di Dio vi-vo, come ha affermato Pietro a Cesa-rea di Filippo (Cfr. Mt 16, 16), per-tanto, onnipotente quanto il Padre. Tra la moltitudine dei Suoi miracoli, quale sarà stato il più straordinario?

Difficile dirlo con piena sicurezza ma si può fare un’ipotesi di considere-vole sostanza che appare come la più probabile.

La Santa Chiesa è passata attra-verso numerosi drammi lungo i suoi venti secoli di esistenza; drammi ca-paci di far sparire qualsiasi stato o governo. Già ai suoi primordi, essa ha dovuto affrontare il “fissismo” re-ligioso del popolo giudeo.

La Redenzione si è operata nell’ambito di questa nazione: le pri-me azioni, organizzazioni, proseli-tismo sono stati effettuati da giudei — lo stesso Fondatore, gli Apostoli,

ecc. — ed esclusivamente sugli israe-liti. Tuttavia, trattandosi di una men-talità blindata nelle proprie concezio-ni, c’era da temere che la Chiesa ve-nisse ad essere soffocata al suo nasce-re. Chi avrebbe potuto prevedere le decisioni del primo concilio, quello di Gerusalemme, che rifiuta il giudai-smo e si apre ai gentili? Se lo Spirito Santo non avesse ispirato gli Aposto-li in questo senso, quanti anni di vita sarebbero stati concessi alla Chiesa?

Pari passu, è sorta l’eresia della Gnosi che assecondava le cattive in-clinazioni di quei tempi. I suoi adep-ti dicevano di aver ricevuto la missio-ne di spiegare e risolvere il problema dell’esistenza del male nel mondo. È stato un grande pericolo per la Chie-sa in quell’epoca storica.

Non si finirebbe più, se cercassimo di enumerare tutti gli attacchi subi-ti dalla Chiesa nel corso dei suoi due millenni. Ci basti ricordare le perse-cuzioni romane, l’invasione dei bar-bari, l’arianesimo, i catari e gli albige-si, Avignone, il Rinascimento, il pro-testantesimo e umanesimo, la Rivo-luzione Francese, il comunismo. In altre parole, la Santa Chiesa ha via via ricevuto i più violenti attacchi che la Storia abbia conosciuto, sia ester-namente che internamente.

Tuttavia, non si può mai dire che sia arrivata la fine. Questo avverrà soltanto quando si compirà la profe-zia di Gesù: “Frattanto questo vange-lo del regno sarà annunziato in tutto il mondo, perché ne sia resa testimonian-za a tutte le genti; e allora verrà la fine” (Mt 24, 14). Fu in funzione di questa profezia che Egli inviò i Dodici a per-correre il mondo intero, per predica-re e battezzare, persino nelle perse-cuzioni, ma sempre convinti che “le porte degli inferi non prevarranno con-tro di essa” (Mt 16, 18).

Il Redentore ha anche categori-camente affermato: “Mi è stato da-to ogni potere in cielo e in terra. […] Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fi-no alla fine del mondo” (Mt 28, 18. 20). Vediamo, in questi due verset-

La Chiesa esiste per un miracolo

permanentemente rinnovato del

suo Fondatore

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Febbraio 2009 · Salvami Regina 13

ti, quanto la Chiesa sia esistita, esi-ste ed esisterà sempre per un mira-colo permanentemente rinnovato dalle divine e adorabili mani del suo Fondatore.

È in considerazione dell’onnipo-tenza divina, tanto chiaramente con-fermata dai miracoli dell’Uomo-Dio, Gesù Cristo, in maniera speciale o dall’immortalità della Santa Chie-sa, che si deve comprendere la gua-rigione del lebbroso narrata nel Van-gelo di questa VI Domenica del Tem-po Ordinario.

II – GuarIGIOne del lebbrOsO

“Allora venne a lui un lebbroso: lo supplicava in ginocchio e gli dice-va: ‘Se vuoi, puoi guarirmi!’”.

La lebbra è sempre stata una ma-lattia drammatica, con inenarrabili sofferenze fisiche e gravi conseguen-ze sociali. A quei tempi era, inoltre, nella maggior parte delle volte incu-rabile.

La più temuta delle malattie

Piccole macchie bianche, imper-cettibili, in qualsiasi parte dell’epi-dermide, che con il tempo degenera-no in ulcere e si espandono su tutto il corpo, possono essere indizio di que-sto male. Al suo apice, piedi e mani diventano edematosi, le carni si dila-niano, le unghie cadono e, in segui-to, anche le dita e le caviglie. Il vi-so diventa mostruoso e la voce roca. Dalle narici — già a vista per la de-generazione della loro parte ester-na, perché il naso finisce per scarni-ficarsi — scorre un liquido purulen-to che si somma a un terribile fetore dell’alito. Questi effetti finiscono per produrre nella vittima, oltre ai dolo-ri fisici, un abbattimento d’animo tal-mente grande che facilmente la por-ta alla disperazione e alla morte. Se, al contrario, ottiene la guarigione, un prodigioso biancore riveste il suo cor-po da capo a piedi.

Per questo, si trattava di una ma-lattia delle più temute tra i giudei,

che molte volte la giudicava-no un castigo di Dio (cfr. II Cr 26, 19-20); quando si indi-gnavano contro qualcuno, so-lo in casi estremi gli auguravano questa piaga (cfr. II Sm 3, 29 2 II Re 5, 27).

Quando veniva dichiarato impuro dal sacerdote, il lebbroso, era imme-diatamente escluso dal convivio so-ciale. Doveva ritirarsi fuori dalle cit-tà, potendo avere rapporti solamen-te con altri lebbrosi (cfr. Lc 17, 12). Non si trattava di vivere presidiati, poiché nelle città non attorniate da

mura, poteva entrare nelle sinago-ghe e persino rimanere in un ango-lo, isolato da tutti da una balaustra, dalla quale entrava per primo e usci-va per ultimo, ma la sua deambula-zione diventava sempre più difficol-tosa perché questo male penetrava lentamente in tutto l’organismo, in-teressando non solo le carni, ma an-che i muscoli e i tendini, nervi e os-sa. Per evidenziare questo aspetto di drammaticità, con la sua voce na-sale e dietro a un fazzoletto di lino che copriva la parte inferiore del vi-so, era obbligato a urlare ai passanti: “Tamé! Tamé!” (Impuro! Impuro!),

per evitare, così, che gli si avvicinas-sero (cfr. Lv 13, 45).

Con l’avanzare della malattia, progredisce anche la fede

Il lebbroso del Vangelo di og-gi dovrebbe aver avuto una qual-che forma di vita interiore, essendo abituato in un certo modo alla pre-ghiera. Per questo, inginocchiando-si, manifesta, in fondo, la medesima fede e umiltà del centurione quando disse a Gesù: “Signore, io non sono degno!” (Mt 8,8). La scena ci fa an-che ricordare la preghiera del pub-blicano in contrapposizione a quel-la del fariseo, salito al Tempio per pregare. Nei tre casi, si tratta di una umiltà autentica, di cuore, poiché Dio non sopporta l’ipocrisia. Quan-te preghiere non avrà Dio rifiutato, nel corso dei secoli, a causa dell’or-goglio farisaico con cui furono rea-lizzate!

Con il progredire della sua rovi-na fisica, progrediva anche la fede del lebbroso, al punto che, incontrandosi con Gesù, ha creduto nella Sua onni-potenza divina e nella Sua bontà infi-nita. Era sicuro che una sem-plice manifestazione della volontà del Salvatore fosse sufficiente per guarirlo.

Commenta bene San Beda quest’umiltà in-trisa di fede:

Quante preghiere non avrà Dio

rifiutato a causa dell’orgoglio

farisaico con cui furono realizzate!

“Se non volete credere in Me, credete nelle mie opere”

(Gv 10, 38)

Gesù guarisce un cieco — Chiesa di Saint German

l’Auxerrois, Parigi

Sergio Hollmann

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14 Salvami Regina · Febbraio 2009

“E per il fatto che il Signore disse: ‘Non sono venuto ad abolire la Leg-ge, ma a portarla alla perfezione’ (Mt 5, 17), quello che, come lebbroso, era escluso dalla Legge, credendo di esse-re stato guarito dal potere di Dio, ha indicato che la grazia, che può lavare la macchia del lebbroso, non era nella Legge, ma al di sopra di questa. Ed in verità, così come si dichiara nel Signo-re l’autorità del potere, si dichiarava in lui la costanza della fede. E ponendo-si in ginocchio, Gli disse: ‘se vuoi, puoi guarirmi’. Egli si inginocchia,cadendo col viso a terra, il che è segno di umil-tà e vergogna, per chiunque provi ver-gogna delle colpe della sua vita. Que-sta vergogna, tuttavia, non impedisce la sua confessione: mostra la piaga e chiede il rimedio, e la propria confes-sione è piena di religione e di fede. ‘Se vuoi’, egli dice, ‘puoi’: ossia, ho posto il potere nella volontà del Signore. Non ha dubitato nella volontà di Dio come un empio, ma come chi sa quanto è in-degno di questa, a causa delle macchie che lo abbruttiscono”.5

Se siamo consapevoli delle nostre miserie, come il Pubblicano, dobbia-mo anche riconoscere quanto il pec-cato sia la lebbra dell’anima. Se que-sta fosse tanto visibile come quella fisica, quanto più repellente sareb-be agli occhi di tutti! Tuttavia, nien-te è nascosto a Dio, ed è così che so-no viste da Lui le anime di quelli che si trovano nel peccato.

Vedendo Gesù, il lebbroso “Gli andò incontro”. Per la sua felicità, gli bastava approssimarsi al Salvato-re. Dobbiamo a nostra volta deside-rare che lo stesso accada a noi, ossia di non distogliere mai il nostro sguar-

do da Cristo.

Tenerezza, bontà e compassione del Divino Medico

“Mosso a compas-sione, ste-se la ma-no, lo toc-

cò e gli disse: ‘Lo voglio, guari-sci!’. Subito la lebbra scomparve ed egli guarì”

La reazione di Gesù non fu di stu-pore, meno ancora di disprezzo o di orrore, ma di compassione. Così Si manifesta il Suo Sacro Cuore quan-do Gli presentiamo, con umile e vero pentimento, le nostre miserie.

Ancora più evidente diventa la Sua tenerezza e bontà verso il lebbroso, quando lo tocca. “Perché il Signore lo ha toccato, quando la Legge proibiva di toccare i lebbrosi?” — chiede Origene e si risponde: “Lo ha toccato per mo-strare che ‘tutto è puro per i puri’ (Tt 1, 15), visto che la sozzura degli uni non aderisce ad altri, né l’immondizia altrui

macchia gli immacolati. Lo ha toccato, inoltre, per dimostrare umiltà, per inse-gnarci a non disprezzare nessuno a cau-sa delle ferite o macchie del corpo, che sono un’imitazione del Signore ed è sta-to per questo che Egli stesso lo ha fatto. […] Nel tendere la mano per toccarlo, la lebbra è scomparsa; la mano del Si-gnore non ha trovato la lebbra, ma ha toccato un corpo già guarito. Conside-riamo noi adesso, carissimi fratelli, che non si trovi nella nostra anima la lebbra di un alcun peccato, che non trattenia-mo nel nostro cuore nessuna contami-nazione di colpa e se ce l’abbiamo, ado-riamo immediatamente il Signore e Gli diciamo: ‘Se vuoi, puoi guarirmi’”.6

Sullo stesso tenore, commenta San Giovanni Crisostomo: “E il Signore non Si è accontentato di dire: ‘Voglio, sei

guarito’, ma ha steso la sua mano e ha toccato il lebbroso. Questo è molto de-gno di considerazione. Infatti, potendo guarirlo con la sua semplice volontà e parola, perché aggiunge il contatto con la mano? Secondo me solamente perché ha voluto dimostrare anche qui che egli non era soggetto alla Legge e che da quel momento, ‘per chi è puro tutto avrebbe dovuto essere puro’ (Tt 1, 15) […] Ge-sù dà ad intendere che Egli non guari-sce come servo ma come Signore e non trova sconveniente toccare il lebbroso. Infatti non è stata la sua mano che si è macchiata con la lebbra, ma il corpo del lebbroso che è diventato pulito al contat-to con la mano divina”.7

L’onnipotenza divina è sempre

desiderosa di salvarci

“Le opere che mio Padre Mi ha concesso di realizzare, sono

quelle che danno testimonianza di Me” (Gv 5, 36)

Gesù guarisce un paralitico — mosaico italiano della Chiesa

Ortodossa del Sangue versato — San Pietroburgo (Russia)

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Febbraio 2009 · Salvami Regina 15

Diventa chiaro, da questo verset-to, come da parte di Gesù ci sia sem-pre l’onnipotenza divina desiderosa di salvarci, purché non frapponiamo un ostacolo. Per questo se, opponen-doGli resistenza, non approfittiamo delle liberali disposizioni del nostro Redentore per guarirci dalla nostra “lebbra” e santificarci, saremo noi, e unicamente noi, i colpevoli.

Il carattere istantaneo della guari-gione dimostra il potere assoluto del-la Sua volontà e ci porta a suppor-re che l’ex-lebbroso sia diventato più bello nel suo aspetto generale di co-me era prima di contrarre la malattia. Questo avvenimento ci riempie di fi-

ducia, poiché anche noi possiamo ot-tenere la guarigione del nostro orgo-glio e di tanti altri difetti, se con ar-dore, umiltà e perseveranza andiamo incontro a Nostro Signore Gesù Cri-sto, implorandoLo di aver compas-sione di noi.

Per questo, non dobbiamo mai di-sperarci per la guarigione delle no-stre miserie spirituali, per quanto ne-gative possano essere. Esse non po-tranno mai oltrepassare l’infinito po-tere di Dio, a Cui sempre basterà un semplice atto di volontà. Quanto più insolubili sembreranno essere le no-stre crisi, più rutilante sarà la gloria del Divino Medico. Se a Lui ricor-riamo, troveremo tenerezza, bontà e compassione.

Gesù completa l’opera mandando ai sacerdoti la prova

“E, ammonendolo severamen-te, lo rimandò e gli disse: ‘Guarda di non dir niente a nessuno, ma và, presentati al sacerdote, e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha ordinato, a testimonian-za per loro’”.

La carità possiede anche un cer-to santo pudore, simile a quello della virtù della castità, per questo cerca di velarsi agli occhi altrui. A questo pro-posito, commenta San Giovanni Cri-sostomo: “In questo modo [Gesù] ci insegna a non cercare, come retribu-zione per le nostre opere, onori umani […] Il Salvatore lo invia al sacerdote per una prova della guarigione, e per-

ché egli non debba rimanere fuori del Tempio, ma possa pregare a lui insie-me agli altri. Lo ha inviato anche per compiere il precetto della Legge, e per placare la maldicenza dei giudei. Co-sì, infatti, ha completato l’opera man-dandogli la prova della sua realizzazio-ne”.8

Questi versetti ci mostrano il gran-de impegno di Gesù a che la Legge fosse osservata. Il miracolato vole-va seguire Nostro Signore e non ab-bandonarLo più, ma Egli gli parla in tono severo e minaccioso, obbligan-dolo a presentarsi al sacerdote pri-ma di ogni altra cosa. Una volta ot-tenuta una guarigione così brillante e da una malattia che avrebbe condot-to alla morte, era comprensibile che il beneficiato non volesse allontanar-si, anche se era per compiere qualche prescrizione legale, ma Gesù non de-siderava scandalizzare nessuno, e per questo evitava di causare l’impressio-ne che le sue azioni fossero contrarie alle prescrizioni di Mosè.

Ora, la Legge disponeva che in questo caso il miracolato avrebbe do-vuto offrire tre sacrifici: uno di colpe-volezza, un altro di espiazione e un terzo di olocausto (cfr. Lv 14, 10-13). I ricchi offrivano agnelli e i poveri uc-celli. Questi provvedimenti dovevano essere assolti con urgenza; oltre tut-to, nel caso concreto, era apostolico verso coloro che servivano nel Tem-pio, il fatto di essere subito messi a conoscenza del miracolo, che, una volta constatato, veniva ufficializza-to reintroducendo l’ex-lebbroso nel-la società. Di nulla avrebbero potuto accusare il vero Messia, nel caso fos-sero stati attaccati dalla solita invidia. Ecco il motivo della severità con cui il Divino Maestro Si rivolge al miraco-lato: “E lo minacciò e lo invitò subito a allontanarsi…”.

Anche per quanto ri-guarda la necessità impo-sta dalla Legge di presen-tarsi al sacerdote, pos-siamo leggervi una cer-ta approssimazione con

Anche noi possiamo ottenere la guarigione dei

nostri difetti, se andiamo

incontro a Gesù

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16 Salvami Regina · Febbraio 2009

l’obbligatorietà di cercare la Con-fessione, quando qualcuno è toccato dalla lebbra del peccato. Si deve, co-munque, sottolineare l’enorme supe-riorità del sacramento della Riconci-liazione sull’antico rito, poiché rista-bilisce l’amicizia dell’anima con Dio e con se stessa, obbliga alla restitu-zione dei beni quando male ottenuti, costringe l’uomo a conoscersi meglio, ecc. Quanto ai due sacerdoti, vi sono anche enormi differenze. Nell’Antica Legge, il sacerdote constatava e regi-strava solamente la guarigione corpo-rale. Nel Nuovo Testamento, il Prete non solo constata la guarigione, ma si fa strumento per Gesù affinché Egli realmente la operi.

Il Divino Maestro se ne stava nei luoghi deserti

“Ma quegli, allontanatosi, comin-ciò a proclamare e a divulgare il fatto, al punto che Gesù non po-teva più entrare pubblicamente in una città, ma se ne stava fuori, in luoghi deserti, e venivano a lui da ogni parte”.

Per quanto il commosso miraco-lato potesse aver approvato la seve-rità del Signore, questa non riuscì a frenare l’esuberanza della sua gioia. Egli uscì a proclamare dappertutto la meraviglia di cui era stato oggetto da parte del Salvatore.

Per questo, non fu più possibile a Gesù mostrarsi nelle città. Si vide nella situazione di ritirarSi nei cam-pi deserti, lontano dalle genti che Lo acclamavano non appena Lo incon-travano. Dovette, in questo modo, abbandonare, per un certo tempo,

il Suo intenso apostolato, de-dicandoSi tuttavia alla pu-

ra contemplazione tan-to amata da Lui. Questa contemplazione, come

sappiamo, è causa dei buoni frutti

dell’azione, come com-menta San

Beda: “Dopo aver fatto il miracolo nella città, il Signore si ritira nel de-serto, per manifestare che preferisce la vita tranquilla e separata dalle preoc-cupazioni del secolo, e che per questa preferenza Si consacra con dedizione a sanare i corpi”.9

III – COnsIderazIOnI fInalI

Siamo concepiti e nasciamo sot-to le stigma del peccato originale; col peccato ci trasformiamo in nemici di Dio.10 Se la lebbra fisica abbruttisce il corpo, quella dell’anima — il pec-cato — la rende orribile agli occhi di Dio, degli Angeli e dei Beati. Questa “lebbra” dell’anima porta a conse-guenze persino per il corpo, poiché,

si riesce a porre rimedio ai mali pro-venienti dalla sua diffusione.

Non dobbiamo neppure dimenti-care che coloro che soffrono di que-sta infermità fisica comunicando tra loro, o perfino con i sani, non accre-scono la propria disgrazia. Non avvie-ne la stessa cosa con la “lebbra” del peccato: essendo causa del contagio, aumentiamo la nostra colpa.

Per quanto la lebbra condu-ca a miserevoli condizioni che, sen-za trattamento, terminano solo con la morte, il peccato è peggiore, poi-ché strappa dall’anima la pace di co-scienza, rende amara la vita e prepa-ra la morte eterna.

Consideriamo anche la grande su-periorità dell’anima sul corpo. Essa è creata ad immagine della Santissima Trinità e, in quanto capolavoro del-le mani di Dio, porta su di sé l’infi-nito prezzo del preziosissimo San-gue del Signore Gesù. Per questo, i mali dell’anima sono sempre più gra-vi di quelli del corpo. Essendo fisici i segni del male di Hansen, sono fa-cili da riconoscere per la vittima. In senso contrario, il peccatore, quanto più avanza nelle tortuose vie del pec-cato, meno si rende conto dell’abisso nel quale rotola. In questa prospetti-va, come potrà mai ottenere la gua-rigione?

Terribile è anche considerare che le sofferenze del lebbroso abbando-nato alla propria sorte terminano con la sua morte e, se le ha accettate con rassegnazione e amore verso Dio, aprirà i suoi occhi per l’eternità feli-ce. Quelli del peccatore non solo si perpetuano nell’eternità, ma diven-tano anche incomparabilmente più atroci dopo la morte.

Non lasciamo passare un giorno senza ricevere Gesù Eucaristico

E come guarire la “lebbra” del peccato?

Molte sono le vie che conducono alla guarigione totale, cioè, alla san-tità piena. Ce n’è una, tuttavia, che le supera tutte, e questa ci viene in-

Per quanto la lebbra conduca

a miserevoli condizioni, il

peccato è molto peggiore

come dice Nostro Signore, “il pecca-tore diventa schiavo del peccato” (Gv 8, 34), pregiudicando, così, persino la sua salute fisica.

Effetti della lebbra del corpo e della “lebbra” dell’anima

Se da un lato il lebbroso diven-ta un paria della società, condannato all’isolamento e all’abbandono, d’al-tro lato, il peccato non solo fa perde-re la possibilità che la Santissima Tri-nità dimori nell’anima del peccatore, ma anche lo esclude dalla società de-gli eletti e dei santi.

Oltre a questo, la “lebbra” dell’ani-ma è più contagiosa di quella fisica. La propagazione della prima si fa perfino a distanza, con parole, con-versazioni, pensieri, scandali, cattivi esempi, influenza, maldicenza, ecc., e molte volte in un modo tale che non

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Febbraio 2009 · Salvami Regina 17

Non si tratta di aspettare che Gesù vada dal peccatore;

è necessario che costui vada in cerca di Gesù

dicata dal Vangelo di oggi, quan-do afferma che il lebbroso “è anda-to da Lui…”, ossia, è andato in cer-ca di Gesù.

Non si tratta di aspettare che Gesù vada dal peccatore; è necessario che costui vada in cerca di Gesù, e quan-to più avanzato sarà lo stato della sua “lebbra”, più fiducia dovrà avere di essere ben ricevuto da Lui. Mai deve permettere qualsiasi briciola di sco-raggiamento o, peggio ancora, di sfi-ducia.

E dove incontrarLo?Gesù non sta dentro di noi di pas-

saggio, come è avvenuto nella vita del lebbroso del Vangelo, ma in for-ma permanente: “Io sono con voi tutti

i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28, 20). Sì! Cristo si incontra costan-

temente nell’Eucarestia in Corpo, Sangue, Anima e Divinità. Sarà nella Comunione frequente — meglio an-

cora se quotidiana — che Lui andrà assumendo interiormente quelli che nella sua grazia Lo ricevono, per ren-derli così sempre più simili alla Sua

santità.Quelle divine e sacre mani, le

cui carezze incantavano i pic-cini, guarivano gli infermi al suo avvicinarsi; quelle stes-se mani onnipotenti che cal-mavano i venti e i mari, re-stituivano la vita ai cadave-ri e perdonavano i peccati, saranno all’interno di chi ri-ceverà Gesù nella Comu-nione Eucaristica, per san-tificarlo.

Conviene tantissimo accet-tare l’invito che la Chiesa fa a

tutti i battezzati di non lasciar passare un solo giorno senza ri-

cevere Gesù Eucaristico; ma la Sua azione sarà ancora più efficace

nelle anime che lo faranno per mez-zo di Colei che Lo ha portato all’In-carnazione: Sua e nostra Madre, Ma-ria Santissima.

1 Cfr. Summa Teologica, I, q. 25, a. 2 e 3.

2 Cfr. Summa Teologica, III, q. 13, a. 1, ad 1.

3 Cfr. Summa Teologica, III, q. 13, a. 1c e 2c.

4 Cfr. Summa Teologica, III, q. 43, a. 1 resp.

5 Apud d’AQUINO, San Tommaso, Catena Aurea.

6 ORIGENES, Commentarium in evan-gelium Matthæi, 2, 2-3.

7 CHRYSOSTOMI, Joannis. Homiliæ in Matthæum, 25, 2 (PG 57, 329).

8 Apud d’AQUINO, San Tommaso, Catena Aurea.

9 Apud d’AQUINO, San Tommaso, Catena Aurea.

10 Cf. DENZINGER-HÜNERMANN, 1528.

Victor T

oniolo

Non lasciar passare un solo giorno senza ricevere Gesù Eucaristico per mezzo di Colei che Lo ha portato all’Incarnazione: Maria Santissima

“Madonna del Santissimo Sacramento” Sacrestia Papale della Basilica di Santa Maria Maggiore, Roma

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Un’arte nata dalla Fede A

José Manuel Jiménez Aleixandre

18 Salvami Regina · Febbraio 2009

Lo stILe gotIco

L’architettura medievale, che ha donato all’Europa cristiana opere monumentali, non

deve la sua esistenza ad alcun genio del calcolo strutturale: è un’arte nata

dalla Fede. Questa virtù è un dono di Dio, non un prodotto dello

sforzo umano.

Cattedrale d’Amiens (Francia)

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Febbraio 2009 · Salvami Regina 19

bbiamo lasciato la sinuosa strada na-zionale che stava-mo percorrendo, in viaggio per la Fran-

cia, per raggiungere un monastero be-nedettino di cui non ricordo più il no-me. L’amico che mi accompagnava vo-leva confessarsi.

Il viale ricoperto di ghia-ia ci invitava a mettere in dispar-te la vertiginosa velocità del mondo moderno,adottandone una più ade-guata all’intelletto umano, ossia una velocità nella quale l’uomo è capa-ce di assimilare le informazioni che l’ambiente mette a disposizione del-la sua intelligenza.

Quando il veicolo si è fermato, ab-biamo potuto ascoltare un qualco-sa che da molto tempo non risuona-va alle nostre orecchie di abitanti del-la grande città: il canto degli uccelli-ni all’imbrunire. Il sole d’autunno, fil-trato dalle fronde degli alberi, eviden-ziava il dorato delle foglie che ricopri-vano il suolo e ci servivano da morbi-do tappeto, nel breve cammino fino al grande portone di legno. Al posto del campanello elettrico, abbiamo trova-to un battente di ferro appeso ad una catena, con il quale abbiamo suonato una campana il cui suono si armoniz-zava al cinguettio degli uccelli.

Subito dopo è apparso il frate por-tinaio. Il mio amico gli ha spiegato il motivo della nostra visita e lui ci ha invitati ad aspettare in chiesa l’arrivo di un monaco confessore.

Un tempio accogliente nella sua grandezza

Ci siamo diretti al tempio. Una certa intimità, nella penombra, ci ha trattenu-to alla soglia. È stato necessario far pas-sare qualche istante perché i nostri oc-chi, ancora offuscati dalla aggressiva lu-minosità della strada principale, fossero in condizione di apprezzare le meravi-glie contenute all’interno della chiesa.

Essa si presentava accogliente nella sua grandezza. Il granito del pavimento e delle pareti era accarezzato dai multi-

colori raggi di luce provenienti dalle ve-trate. Le colonne rettilinee si ergevano fino alle alte volte ogivali, dove gli ar-chi si incrociavano formando stelle, al cui centro spiccavano grandi sculture.

Dopo un breve atto di adorazione davanti al Santissimo Sacramento, ab-biamo percorso la navata centrale, la-sciandoci avvolgere dalle luminose po-licromie delle vetrate. Il silenzio sonoro del tempio vuoto rispondeva all’eco dei nostri passi, invitandoci ad avanzare.

Nelle navate laterali, si succedeva-no altari semplici, monacali, dove, do-po la solenne Messa conventuale — celebrata all’altar maggiore, con nu-vole di incenso che salivano verso l’al-to e musiche gregoriane che accentua-vano le parole della Liturgia —, ogni monaco sacerdote pregava una Mes-sa particolare per le più svariate in-tenzioni: il bene della Chiesa, la pace nel mondo, la conversione dei pecca-tori, la santificazione delle famiglie, la perfezione delle persone di vita con-sacrata, l’eroismo dei martiri…

Ognuno di questi altari rimembra-va la gloria di un asceta o una vergi-ne, un soldato di Cristo, un’anima ca-ritativa, un governante cristiano, una madre di famiglia… Girolamo peni-tente, Agnese candidamente vergi-nale, Sebastiano impavido guerriero, Luigi il re buono, Monica la madre affettuosa… e anche vari santi bene-dettini che hanno seguito, in terra, la via spirituale del loro fondatore, San Benedetto: Placido, Mauro, Oddone, Odilone, Beda, Anselmo, Scolastica, Ildegarda, Matilde, Adelaide…

Catechismi stampati nelle vetrate

Siamo giunti al centro della chiesa. Come tanti altri edifici gotici, la sua na-vata principale superava ampiamente i venti metri di altezza. Costruzioni ar-dite che gli architetti medievali realiz-zavano con l’abnegazione dell’artista anonimo e senza ambizioni, la cui ope-ra aveva soltanto uno scopo: la gloria di Dio e la santificazione delle anime.

Delimitando la navata centrale, sui lati si sovrapponevano tre piani. Nel-

Cattedrale di Rouen (Francia)

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20 Salvami Regina · Febbraio 2009

la parte più bassa, una sequenza di co-lonne, un po’ trascurate, apriva uno spazio per le navate laterali. A seguire, un piano intermedio guardava verso la navata centrale attraverso le finestre del triforio. In questa stretta galleria il fedele poteva pregare senza essere di-sturbato o assistere alle grandi cerimo-nie quando il popolo cristiano riempi-va il tempio al punto da non lasciar più nemmeno un posto disponibile ed an-che servire da alloggio per i pellegri-ni che percorrevano chilometri e chi-lometri a piedi, per dirigersi alla Terra Santa o ad un famoso Santuario.

Sopra il triforio, risplendenti vetra-te narravano la storia terrena di Gesù, la grandezza di Maria, le epopee dei santi, e perfino la vita quotidiana del monastero e del villaggio vicino. Veri catechismi stampati nel cristallo, il cui simbolismo l’uomo medievale, capta-va in tutta la sua profondità.

Una scultura che prende vita

I passi tranquilli di un monaco che si avvicinava, hanno interrotto la nostra contemplazione. Vestito con un’ampia tunica, sembrava un’immagine uscita da qualcuna delle vetrate, oppure una di quelle numerose sculture che avesse preso vita. I drappeggi della sua tunica sembravano riflettere qualcosa dei suoi pensieri e meditazioni, frutto di una vi-ta di totale dedizione al Signore.

Il suo viso ospitale ci salutò con un sorriso franco, molto differente dai sa-

luti stereotipati, tanto comuni al gior-no d’oggi. I suoi occhi chiari, profon-di, irradiavano la luce interiore pro-pria dell’uomo abituato a considerare il mondo in funzione dell’eternità.

— Uno di voi desidera confessarsi?Mi sembrava di vedere in lui l’amore

con cui Dio coglie la nostra richiesta di perdono, e la limpidezza del suo sguar-do rispecchiava il candore dell’anima che non è stata macchiata dal peccato.

Ogni dettaglio ha il suo simbolismo

Mentre lui ed il mio amico si dirige-vano al confessionale, ho continuato a passeggiare; mi sentivo a casa mia, o forse, meglio che a casa mia. Mi veni-vano in mente gli studi di Architettu-ra, Storia, Filosofia, Teologia, e perfi-no di Diritto Canonico.

Mi trovavo nel centro della nava-ta principale, nel punto dove si apre la crociera. Mi sono ricordato dei detta-gli topografici che gli architetti medie-vali cercavano di osservare nelle loro costruzioni. A quell’epoca, le chiese “si volgevano in direzione dell’Oriente”, ossia, l’altare si trovava dalla parte del sole nascente, mentre l’entrata era ad occidente. Le ragioni simboliche sono varie. Dalla visione di Ezechiele: “Ec-co che la gloria del Dio di Israele giungeva dall’Oriente” (43, 2), fino al significato di Gesù “Sole di Giustizia” (Mal 3, 20), il quale disse di se stesso: “Io sono la luce del mondo; colui che Mi segue non cam-minerà nelle tenebre, ma avrà la luce del-

Monastero della Battaglia (Portogallo)

Vetrate della Cattedrale di

Rouen (Francia)

Vetrate della Cattedrale di Notre Dame, Parigi

Sergio Hollmann

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la vita” (Gv 8, 12). Così, la preghiera ri-volta all’Oriente vorrebbe indicare che tutto ci viene dal Divino Redentore.

Secondo questa modalità costrutti-va, nelle cattedrali dell’emisfero nord l’illuminazione poteva accompagnare le diverse fasi della preghiera cristiana durante la giornata. Sul far del giorno, quando i chierici cantavano le Lodi, ri-fulgevano le vetrate dell’abside, dietro l’altare maggiore, sopra il quale, subi-to dopo, lo stesso Gesù Cristo Si sareb-be fatto presente nella Messa conven-tuale. Nel corso della giornata, le fi-nestre laterali illuminavano la navata e all’imbrunire, mentre i monaci can-tavano i Vespri, il sole di ponente illu-minava la facciata principale, scivolava per l’ultima volta, attraverso i cristalli, sopra l’altare.

La disposizione delle vetrate non è fatta a caso, ma secondo criteri simbo-lici. Per esempio, il rosone nord non è mai toccato dal sole; per questo, nel-le sue vetrate sono rappresentate per-sone e scene dell’Antico Testamento, che non hanno conosciuto Gesù Cri-sto, il Sole di Giustizia. Nel rosone sud, al contrario, illuminato per tut-to il giorno, vediamo scene del Nuovo Testamento, dove la Luce di Cristo ha diffuso il suo fulgore sul mondo.

Le pietre si convertono in strumenti musicali

Più delle vetrate, tuttavia, mi atti-ravano i dettagli architettonici.

Dal punto dove mi trovavo potevo constatare che la navata centrale non era totalmente retta. Come mi aveva spiegato una volta un erudito sacerdo-te benedettino, questo è fatto per in-dicare la posizione del capo del Signo-re Gesù sulla Croce quando, dal suo fianco squarciato dalla lancia di Lon-gino, uscirono le ultime gocce di san-gue e linfa. Egli era già morto e il suo capo pendeva leggermente da un la-to. Per questo, la navata del presbite-rio — che corrisponderebbe al capo — non è totalmente allineata al resto della chiesa —, che corrisponderebbe al corpo inerte, pendente del tronco.

Gli architetti medievali non erano semplici costruttori di pareti, ma ar-tisti completi che sapevano coniuga-re spazio e suono. In certe chiese go-tiche, le colonne e le pareti sono inter-rotte, di tanto in tanto, da capitelli o cornicioni, che studiosi moderni han-no scoperto essere in armoniche pro-porzioni musicali. Così, il suono del canto divino risuona e si ripercuote sulle pareti e sulle colonne, amplian-dosi in terze, quinte e ottave, creando una sensazione musicale eccezionale. Sembra la voce degli uomini che, ele-vata dalla grazia, si unisce a quella de-gli Angeli, cantori eterni della gloria di Dio nei Cieli.

Nelle mani degli artisti gotici, le roc-ce si convertono in strumenti musicali, che elevano a Dio, in melodica conso-nanza, le preghiere degli uomini, per-

Immagine di Gesù del portico di Sainte-Chapelle, Parigi

Abbazia di Saint-Denis (Francia)

Portico della Cattedrale di Colonia (Germania)

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mettono loro di percepire un riflesso di quello che sarà la vita nell’eternità.

Un’arte nata dalla Fede

Secondo gli storici, è stato l’Aba-te Suger, di Saint-Denis (1080-1151), il primo costruttore che, abbando-nando le pesanti strutture romani-che, ereditate dalle edificazioni pa-gane romane, ha messo in risalto gli archi di mezzo punto che sosteneva-no il peso delle volte arrotondate e ha conferito loro il caratteristico con-torno ogivale, incrociandole in forme adatte a qualsiasi base rettangolare o poligonale. E così ha potuto distan-ziare la cupola dalle sue basi roccio-se, elevandola al firmamento e solle-vando alle bellezze celesti le anime che la contemplano.

L’Abbazia di Saint-Denis, nella quale l’Abate Suger ha applicato la sua ispirazione, conserva queste pri-me espressioni di un’architettura nel-la cui eleganza e splendore — come ha giustamente osservato il Servo di Dio Giovanni Paolo II nella sua Let-tera agli Artisti — “non esiste solo il genio di un artista, ma l’anima di un popolo. Nei giochi di luci ed ombre, nelle forme ora massicce ora ogivali, intervengono certamente considerazio-ni di tecnica strutturale, ma anche ten-sioni proprie dell’esperienza di Dio, mi-stero ‘tremendo’ e ‘affascinante’”. 1

Non possiamo avere l’ingenui-tà di pensare che lo stile cominciato a Saint-Denis sia frutto della genia-lità di un monaco. Dobbiamo anda-re oltre, senza limitarci agli orizzonti stretti delle prime impressioni colte da una lettura affrettata della Storia. La Fede impone al cristiano, “tanto nel campo della vita e del pensiero come in quello dell’arte, un discernimento”2 che non gli consente l’accettazione au-tomatica di quello che il mondo più o meno paganizzato offre.

L’architettura medievale, che ha punteggiato con opere monumenta-li l’Europa cristiana, non deve la sua esistenza a nessun genio del calcolo strutturale:è un’arte nata dalla Fede.

Questa virtù è un dono di Dio, non un prodotto dello sforzo umano.

Cercare di riflettere l’anelito di eternità

Nei tempi apostolici, spiega Gio-vanni Paolo II nella già menzionata Lettera agli Artisti, “l’arte di ispirazio-ne cristiana è cominciata in sordina, dettata dalla necessità che i credenti avevano di elaborare segnali per espri-mere, sulla base della Scrittura, i miste-ri della Fede e simultaneamente di tro-vare un ‘codice simbolico’ per ricono-scersi ed identificarsi, specialmente nei tempi difficili delle persecuzioni”.3

Quando la Chiesa, finalmen-te, è uscita dalle catacombe — scure, nell’ottica degli increduli, ma rifulgen-ti per il sangue degli innumerevoli mar-tiri in esse sepolti —, “cominciarono a spuntare maestose basiliche, nelle quali i canoni architettonici dell’antico pagane-simo erano assunti, sì, ma riaggiustati in base alle esigenze del nuovo culto”.4

Tuttavia, la Fede che aveva illumi-nato le anime dei romani e dei bar-bari non riusciva ancora a riflettere nella pietra, nel legno, nel vetro o nel ferro il profondo anelito di eternità del cuore cristiano.

La veneranda arte romanica fa un primo passo in direzione delle “gran-di costruzioni del culto, dove la funzio-nalità sempre si unisce al genio artisti-co, e quest’ultimo si lascia ispirare dal senso del bello e dall’intuizione del mi-stero”.5 Narra la tradizione che Clo-doveo, re dei franchi, quando entrò nella cattedrale di Reims per essere battezzato, chiese a San Remigio:

— Padre, questo è già il Cielo?Il santo Vescovo allora rispose: — No, ma è la via che conduce

dritta a quello.Possiamo soltanto immaginare co-

me doveva essere questa chiesa nella quale San Remigio battezzò il monar-ca barbaro, alla fine del quinto secolo. Costruita sopra antiche terme roma-ne, era composta — secondo gli scavi archeologici — da una semplice nava-ta rettangolare di 50 metri di lunghez-

za, culminata in una delle sue estremi-tà dall’abside dell’altare. Forse era de-corata da affreschi rudimentali, alcu-ni tessuti preziosi, fiori e, certamente, molte frasche raccolte nei boschi vici-ni. Era la povertà dei tempi, vista, pe-rò, con gli occhi di un credente neofito inondato di Fede.

Con il gotico, “la forza e la semplici-tà del romanico, espressa nelle cattedra-li o nelle abbazie, si va sviluppando gra-dualmente”. In questo stile architetto-nico, come abbiamo visto, non esiste solo il genio di un artista, ma l’anima di un popolo. “Una cultura intera, sebbe-ne con i limiti umani sempre presenti, si impregnava del Vangelo, e dove il pensie-ro teologico realizzava la Summa di San Tommaso, l’arte delle chiese sottometteva la materia all’adorazione del mistero”.6

La materia “sottomessa” e — “allo stesso tempo elevata” al di sopra di se stessa… Questo è quello che sentiamo nell’architettura gotica. L’aspra roccia che ferisce il piede del viandante, l’in-stabile sabbia che nulla riflette, si con-vertono in una fioritura di colonne al-tere, capitelli snelli o di vetrate incan-tevoli, attraverso i quali si manifesta in modo sensibile l’invisibile trascenden-te che ci circonda.

“Abbiamo bisogno di uomini che abbiano lo sguardo rivolto a Dio”

Le mie riflessioni sono state inter-rotte, ancora una volta, dal rumore di passi. La confessione del mio amico era terminata. Abbiamo ringraziato il monaco dagli occhi azzurri e siamo usciti, per tornare alla macchina, alla strada principale … al mondo di oggi.

Volevo conservare un ricordo ma-teriale di questa visita. Mi sarebbe piaciuto portare con me una di quel-le pietre toccate dalle multicolori luci delle vetrate, ma mi sono dovuto ac-contentare di una bella medaglia di San Benedetto, offerta dal frate por-tinaio. La conservo tuttora.

Quando la contemplo, mi ricordo, oltre che San Benedetto, naturalmen-te, anche di quegli uomini, come gli ar-tisti gotici, che “grazie ad una Fede il-

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luminata e vivida, rendono Dio credi-bile in questo mondo” e mi tornano in mente le riflessioni fatte dal Cardinale Ratzinger a Subiaco poco prima di es-sere eletto Papa: “Abbiamo bisogno di uomini che abbiano lo sguardo rivolto a Dio, in modo che apprendano lì la ve-ra umanità. Abbiamo bisogno di uomi-ni la cui intelligenza sia illuminata dal-la luce di Dio e ai quali Egli apra il cuore, in modo che il loro intelletto possa par-lare all’intelletto degli altri e il loro cuore possa aprire il cuore degli altri. Solamen-te attraverso uomini toccati da Dio, Dio può fare ritorno presso gli uomini”.7

Infatti come ha indicato lo stesso Benedetto XVI, dando continuità alla Lettera agli Artisti, del suo venerato predecessore, dobbiamo nutrire il no-stro apostolato con la bellezza procla-mata dal Vangelo: “Il nostro annuncio del Vangelo deve essere percepito nella sua bellezza e novità, e per questo è ne-cessario saper comunicare col linguag-gio delle immagini e dei simboli; la no-stra missione quotidiana deve render-si eloquente trasparenza della bellezza dell’amore di Dio, per raggiungere effi-cacemente i nostri contemporanei, mol-te volte distratti e assorbiti da un clima culturale non sempre propenso ad ac-cogliere una bellezza in piena armonia con la verità e la bontà, ma sempre desi-derosi e nostalgici di una bellezza auten-tica, non superficiale ed effimera”.8

1 Giovanni Paolo II, Lettera agli Artisti, 23/4/1999, n.8.

2 Idem ibidem, n. 7.3 Idem ibidem, n. 7.4 Idem ibidem, n. 7.5 Idem ibidem, n. 8.6 Idem ibidem, n. 8.7 Ratzinger, card. Joseph, L’Europa nella

crisi delle culture, conferenza a Subia-co, 1/4/2005; in “L’Europa di Benedet-to”, Cantagalli, Bologna, 2005.

8 Messaggio al Presidente del Pon-tificio Consiglio per la Cultura, 24/11/2008.

Cattedrale di Strasbourg (Francia)

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24 Salvami Regina · Febbraio 2009

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Don Caio Newton de Assis Fonseca, EP

Il Cardinal Odilo Scherer ordina sacerdoti

e diaconi araldi

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Febbraio 2009 · Salvami Regina 25

Il giorno 20 dicembre 2008, vari Vescovi e decine di sacerdoti si sono riuniti nella Chiesa della Madonna del Rosario per l’ordinazione presbiterale e diaconale di 22 araldi.

oi ti chiediamo, Padre Onnipo-tente, di innalza-re questi tuoi ser-vi alla dignità di

Presbiteri”. Queste parole del rito di ordinazione sacerdotale, pronuncia-te dall’Eminentissimo Cardinal Odi-lo Scherer, sono tornate a risuonare all’interno della Chiesa della Madon-na del Rosario, nel Seminario degli Araldi del Vangelo, elevando sei dei suoi membri alla condizione di Pre-sbiteri. Nella stessa cerimonia, altri sedici religiosi dell’associazione sono stati ordinati diaconi.

Per deferenza di Mons. José Maria Pinheiro, vescovo di Bragança Pauli-sta, diocesi nella quale si trova la chie-sa, la celebrazione è stata presieduta

dall’Arcivescovo di San Paolo del Bra-sile. Vari vescovi, oltre a monsignori, canonici e presbiteri, vicini in modo speciale agli araldi, hanno voluto ac-compagnarli nella celebrazione.

Trasmissione diretta per 150 paesi

L’americana EWIN, via cavo, sa-tellite e internet (www.ewtn.com), e la TV Araldi (www.tv.arautos.com.br), hanno trasmesso simultanea-mente in portoghese, spagnolo e in-glese, permettendo a milioni di catto-lici, in più di 150 paesi, di poter assi-stere all’evento.

Centinaia di familiari e confratel-li dei candidati hanno partecipato ai riti di ordinazione, dalla “presenta-zione ed elezione dei candidati”, mo-

mento di grande gioia impressa sui volti di tutti, alla conclusione, con un altro momento di grande emozione: l’ “abbraccio della pace”, dato ai neo-ordinati da tutti i vescovi, sacerdoti e diaconi presenti.

Autorità ecclesiastiche

Oltre a S.E.R. il Cardinal Odi-lo e Mons. José Maria, hanno ono-rato la cerimonia con la loro presen-za, Mons. Benedito Beni dos San-tos, Vescovo di Lorena, Mons. Gil Antonio Moreita, Vescovo di Jun-dai; Mons. Joaquim Justino Carrei-ra, Vescovo Ausiliare di San Paolo, Mons. João Mamede Filho, OFM, Vescovo Ausiliare di San Paolo; e Mons. Emilio Pignoli, Vescovo Eme-rito di Campo Limpo Paulista.

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26 Salvami Regina · Febbraio 2009

Il celebrante recita la Preghiera di Ordinazione Diaconale e impone le mani, subito dopo, ad ognuno dei candidati.

All’inizio della cerimonia, i candidati si rivolgono verso l’assemblea, manifestando

di accettare l’incarico.

Con il cantico delle Litanie di tutti i Santi, l’assemblea chiede l’intercessione celeste per gli ordinandi,

mentre essi rimangono prosternati.

Sacerdoti concelebrantiHanno anche concelebrato i reve-

rendissimi sacerdoti: Mons. Edmilson Zanin, Vicario Generale della Arci-diocesi di Botucatu; Mons. José Di-mas de Lima, Cancelliere della Ar-cidiocesi di Pouso Alegre, come rap-presentante di Mons. Ricardo Pe-dro Chaves Pinto Filho, Arcivesco-vo Metropolitano di Pouso Alegre; Can. José Adriano, Rettore del Semi-nario Propedeutico Fra’Galvão del-la Arcidiocesi di San Paolo; Can. Ed-son Oriolo, Vicario Episcopale del-

la Arcidiocesi di Pouso Alegre e Par-roco della Cattedrale Metropolitana; Don Bruno Esposito, Vice-Rettore della Pontificia Università San Tom-maso d’Aquino — Angelicum, di Ro-ma; Don José Gomes, Direttore del Pontificio Istituto Superiore di Dirit-to Canonico di Rio de Janeiro; Don Pedro Fenech, Curato della Cattedra-le Metropolitana della Arcidiocesi di San Paolo; Don. Renato Cangianel-li, Vicario della Cattedrale Metropo-litana della Arcidiocesi di San Paolo; Don Wagner Scarponi – Vicario Par-

rocchiale della Cattedrale Metropoli-tana di Pouso Alegre; Don Wagner da Silva Navarro, Parroco della Chiesa Santa Rita, di Caieiras; Don Raimon-do Nonato de Souza, Parroco della Chiesa Santa Paolina di Embu; Don José Roberto Pereira, Vicario della Parrocchia di Santa Cecília; Don José Roberto Abreu de Matos, della Par-rocchia Santa Giovanna d’Arco, SP; Don José Ignazio Sonsini, di Itu; Don Ricardo Anacleto, Segretario del Car-dinal Odilo Scherer; Don Rubén Ruiz Díaz, di Asunción, Paraguay.

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Febbraio 2009 · Salvami Regina 27

Alla fine della cerimonia S.E.R. Odilo ha presentato ai Vescovi, al Superiore Generale

e a tutti i nuovi sacerdoti un’edizione speciale della Bibbia commemorativa dell’Arcidiocesi.

Alla fine dell’ordinazione, il Cardinal Odilo dà l’abbraccio della pace a tutti gli ordinandi.

I nuovi presbiteri offrono le loro mani, appena unte, per essere baciate.

Dopo la celebrazione, una lunga fila di persone si è congratulata con i nuovi sacerdoti ed ha ricevuto la loro

benedizione. Nella foto, Don Joshua Sequeira, EP, benedice suo padre, venuto dall’India per la cerimonia.

S.E.R. Odilo, come principale consacrante, impone le mani sui neo-presbiteri. Subito dopo, gli altri sacerdoti ripetono il gesto.

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I nuovi presbiteri e diaconi

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28 Salvami Regina · Febbraio 2009

22 araldi che hanno ricevu-to il Sacramento dell’Or-dine, in questa cerimonia,

provengono da nove paesi dell’Eu-ropa, Asia e America.

Nuovi sacerdoti

Come presbiteri, sono stati or-dinati i brasiliani Katsumassa Sa-kurata, Mário Sérgio Sperche e Walmir Bertoletti, il nordameri-cano David Edward Ritchie, l’in-diano Joshua Alexander Sequei-ra e il colombiano Juan Antonio Vargas Martínez.

Nuovi diaconi

Hanno ricevuto l’ordine dia-conale gli spagnoli Daniel Alber-to Mirasierras Tarodo, Francisco Javier Marín San Martín, Gonza-lo Raymundo Esteban, Leopol-do Werner Benjumea, Ramón Angel Pereira Veiga e Santia-go Canals Coma; i brasiliani An-tonio Carlos Coluço, Erick Ber-nardes Marchel e Ricardo José Basso; gli argentini Jorge Gusta-vo Antonini Castellanos e Jorge María Storni; gli ecuadoregni Jo-sé Mauricio Galarza Silva e Mar-

lon Efrén Jiménez Calderón; il colombiano Juan Pablo Merizal-de Escallón; il nordamericano Michael Joseph Carlson e il co-staricano Rodrigo Alonso Sole-ra Lacayo.

Ringraziamento ai padrini e madrine

I nuovi sacerdoti e diaconi ma-nifestano tutta la loro gratitudine ai padrini e madrine dell’Associazione Cattolica Madonna di Fatima che li hanno appoggiati con le preghiere e l’assistenza materiale.

Con la gioia impressa nel volto, concelebranti e neo-ordinati posano per la foto dopo la Messa. Al centro, S.E.R. Odilo, che ha alla sua sinistra Mons. José Maria Pinheiro e alla sua destra Mons. João Scognamiglio Clá Dias,

EP. In primo piano, da sinistra a destra, Mons. Gil Antônio Moreira, Mons. Benedito Beni dos Santos, Mons. Joaquim Justino Carreira, Mons. Emilio Pignoli e Mons. João Mamede Filho, OFM.

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Esercitate in Cristo la funzione di santificare

CCardinal Odilo Pedro Scherer

Arcivescovo di San Paolo del Brasile

Febbraio 2009 · Salvami Regina 29

Manifestate nella vostra vita lo splendore della santità. Trasmettete a tutti la parola di Dio. Sforzatevi di credere in quello che leggete, di insegnare quello in cui credete, di praticare quello che insegnate. In una eloquente omelia nella Messa di ordinazione, il Cardinal Odilo Scherer ha ricordato ai nuovi diaconi e presbiteri quello che da loro si aspetta la Santa Chiesa.

ari fratelli e sorelle.Questo è un bel mo-

mento per la Chiesa, che accoglie i candidati agli Ordini Sacri. Dopo esse-

re stati debitamente preparati ed esa-minati, vi siete potuti oggi presenta-re qui davanti al Ministro Ordinan-te, con la richiesta della vostra ordi-nazione. Con le parole tranquille e ferme del vostro superiore, siete sta-ti dichiarati degni di questo ministe-ro, nella misura in cui la condizione umana può essere considerata degna di un così grande dono di Dio.

“Ti metto le mie parole sulla bocca”

La prima lettura, del profeta Ge-remia, mette in evidenza il grande dono di Dio, che consiste nella fragi-lità umana: “Io ti ho consacrato e ti ho fatto profeta delle nazioni”. Gere-mia, ancor giovane, si sente totalmen-

te inadeguato: “Ah! Signore Dio, io non so parlare, sono molto giovane”. Ma l’Altissimo gli replica: “Non aver paura, perché sono con te. Ti metto le mie parole sulla bocca e a tutti coloro ai quali Io ti invierò, tu andrai. Le pa-role che Io ti ordinerò di dire, tu le di-rai”. Geremia svolge la sua missione di profeta, sostenuto interamente dal-la grazia di Dio, malgrado la sua de-bolezza, che continuerà ad essere pre-sente nella sua vita e di tanto in tan-to gli riscuoterà il suo tributo. Gere-mia soffre, ma svolge la sua missione profetica, mettendo in chiaro che essa non è opera dell’uomo, ma di Dio, il quale agisce nella nostra fragilità e re-alizza il suo disegno.

Anche oggi, Egli vuole attuare nella Chiesa attraverso persone uma-ne che, essendo ancora sulla via della santificazione, esortate sempre a ma-nifestare nella loro vita lo splendo-re della santità, evidentemente con-

tinuano ad essere umane. Così, Ge-sù Cristo concede il suo dono a per-sone che Egli sceglie, affidando a lo-ro la divulgazione del Vangelo, l’inca-rico di essere pastori, la missione di celebrare i Santi Misteri per la santi-ficazione del popolo di Dio, come sa-cerdoti, come mediatori della grazia di Dio tra gli uomini.

Gesù vuole agire attraverso voi

Nella seconda lettura, San Paolo avverte che chi è chiamato a una così grande grazia deve vivere un costan-te processo di conversione, deve pra-ticare personalmente quello che egli predica: il Vangelo della gioia, della pace, della riconciliazione, il Vange-lo del perdono e proprio per questo, porsi anche nell’atteggiamento del penitente, di chi ha bisogno del per-dono di Dio, per poter meglio servire la misericordia di Dio ai fratelli, nel ministero sacerdotale.

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30 Salvami Regina · Febbraio 2009

Gesù ci conforta nel Vangelo. Nell’Ultima Cena, riunito con i suoi, nel momento del com-miato, Egli, con mol-to affetto, si rivolge ai dodici e dice: “Voi sie-te miei amici”. Gesù ci rende suoi amici e per questo possiamo sem-pre contare su di Lui. Possiamo essere sicuri che Lui vuole agire con noi e attraverso di noi, affinché esercitiamo il Sacro Ministero in ma-niera meno indegna e, soprattutto, con effica-cia, appoggiandoci allo Spirito del Padre e del Figlio che agisce con la nostra intercessione.

Per questo, cari candidati al diacona-to e al presbiterato, che la Parola di Dio da poco proclamata nel contesto di questa ce-lebrazione e dell’Av-vento, nell’attesa del Natale che si avvici-na, vi possa servire co-me luce, orientamento e conforto e ad essa ri-torniate con frequenza.

Significato del santo ministero

Ed ora desidero presentarvi l’esor-tazione che la Chiesa propone per il Rito di Ordinazione, non solo per-ché è molto bella, ma anche perché, in parole concise, spiega ciò che si-gnifica il sacro ministero e la missio-ne conferita a chi lo riceve:

“Carissimi fratelli e sorelle, visto che questi nostri fratelli saranno ora ordinati diaconi e presbiteri, consi-derate con attenzione il servizio che vanno a prestare. Serviranno Cristo, supremo maestro, sacerdote e pasto-re, edificando permanentemente la Chiesa come popolo di Dio, Corpo di Cristo e tempio dello Spirito San-

to. Uniti al sacerdozio dei vescovi, i presbiteri e diaconi si dedicheranno ad annunciare il Vangelo, a santifica-re e a istruire il popolo di Dio, a cele-brare il culto divino, specialmente nel sacrificio del Signore. Per questo, in tutte le cose,che essi procedano in tal modo, con la grazia di Dio, e che essi possano essere riconosciuti come se-guaci di Colui che non è venuto per essere servito, ma per servire.

Diaconi: mostrate nei vostri atti le parole che proclamate

“Quanto a voi, figli carissimi, che sarete ordinati diaconi, il Signore vi ha dato l’esempio affinché, come Egli ha fatto, lo facciate anche voi. Nel-la vostra condizione di diaconi, cioè,

di ministri di Gesù Cri-sto che Si è manifestato servitore dei suoi disce-poli, compite generosa-mente la sua volontà. E nella carità, servite con gioia, tanto Dio quanto l’umanità. Essendo im-possibile servire due pa-droni, ricordatevi che ogni impurità e avarizia è assoggettamento agli idoli.

“Visto che libera-mente cercate l’ordi-ne del diaconato, a so-miglianza di quelli che sono stati scelti dagli Apostoli per il servizio della carità, dovete es-sere uomini di bene, pieni dello Spirito San-to e di saggezza. Eserci-tate il vostro ministero nello stato del celibato. In verità, questo è un segno e, nel contempo, un incentivo della cari-tà pastorale. È incom-parabile fonte di fecon-dità nel mondo. Spin-ti da un sincero amore verso Cristo e vivendo con totale dedizione in

questo stato, voi consacrerete più fa-cilmente a Cristo, con un cuore senza divisione, e potrete dedicarvi più libe-ramente al servizio di Dio e dell’uma-nità lavorando con maggior solleci-tudine nell’opera della salvezza eter-na.

“Radicati e consolidati nella Fede, vi presentate col cuore puro, irreprensi-bili davanti a Dio e davanti all’umani-tà, come conviene a dei ministri di Cri-sto e ai dispensatori dei misteri di Dio. Non lasciatevi turbare nella vostra fi-ducia nel Vangelo, del quale siete non solo ascoltatori, ma servitori. Conser-vando il mistero della Fede con una coscienza pura, mostrate nei vostri at-ti la parola che proclamate, affinché il popolo cristiano, vivificato dallo Spiri-

“Nella seconda lettura, San Paolo avverte che chi è chiamato a una così grande grazia deve vivere un

costante processo di conversione”

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Febbraio 2009 · Salvami Regina 31

“Non aver paura, perché sono con te. Ti metto le mie parole sulla bocca e a tutti coloro ai quali Io ti invierò, tu andrai. Le parole che Io ti ordinerò di dire, tu le dirai” (Ger 1, 8-9)

Felip

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to Santo, diventi una oblazione pura, gradita a Dio.

“In questo modo, anche voi, nell’ul-timo giorno della vostra vita, potrete andare incontro al Signore e udire da Lui queste parole: “Servo buono e fe-dele, entra nella gioia del tuo Signore”.

Presbiteri: esercitate con Cristo la funzione di santificare

“Quanto a voi, carissimi figli che sarete ordinati presbiteri, dovrete com-piere nel Cristo Maestro la vostra fun-zione di insegnare. Trasmettete a tut-ti la parola di Dio, che avete ricevu-to con gioia. Meditando sulla legge del Signore, cercate di credere in quel-lo che leggete, insegnare ciò in cui cre-dete, praticare ciò che insegnate. Sia, pertanto, la vostra predicazione, ali-mento per il popolo di Dio e la vostra vita, uno stimolo per i fedeli, in mo-do da edificare la casa di Dio, cioè, la Chiesa, con la parola e con l’esempio.

Esercitate anche in Cristo la funzione di santificare. Col vostro ministero, il sacrificio spirituale dei fedeli raggiun-ge la pienezza, unendosi al sacrificio di Cristo che, per mano vostra, è offer-to sull’altare quando celebrerete i Sa-cri Misteri.

“Prendete coscienza di quello che fate e mettete in pratica quello che ce-lebrate. In modo che celebrando il mi-stero della morte e resurrezione del Si-gnore, vi sforziate di mortificare il vo-stro corpo, fuggendo dai vizi per vivere una vita nuova.

“Incorporando gli esseri umani al popolo di Dio, col Battesimo, perdo-nando i peccatori in nome di Cristo e della Chiesa, col sacramento della Pe-nitenza, confortando gli ammalati con la Sacra Unzione, celebrando i riti sa-cri, offrendo nelle diverse ore del gior-no lodi e suppliche e rendimento di grazia a Dio, non solo per il popolo di Dio, ma per tutto il mondo, ricordatevi

che siete stati scelti tra gli uomini e po-sti al loro servizio nelle cose di Dio.

Abbiate sempre davanti agli occhi l’esempio del Buon Pastore

“Svolgete, pertanto, con vera carità e continua gioia la missione di Cristo Sacerdote, cercando non ciò che è vo-stro, ma ciò che è di Cristo.

“Infine, carissimi fratelli, che parte-cipate alla missione di Cristo, Pastore e Capo, cercate, uniti e sottomessi al ve-scovo, di riunire i fedeli in una sola fa-miglia, al fine di condurli a Dio Padre, per Cristo, nello Spirito Santo. Abbiate sempre davanti agli occhi l’esempio del Buon Pastore, che non è venuto per es-ser servito, ma per servire e per cercare e salvare colui che si era perduto.”

(Omelia nella Messa di ordinazione diaconale e presbiterale, celebrata nel-

la chiesa del seminario degli Araldi del Vangelo, il 20/12/2008).

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32 Salvami Regina · Febbraio 2009

Stati Uniti – A Houston, gli Araldi hanno partecipato alla solennità dell’Immacolata Concezione celebrata dall’Arcivescovo Cardinale Daniel Di Nardo, nella co-cattedrale. Hanno partecipato, pure,

alla processione della Madonna di Guadalupe, presieduta dal Vescovo Ausiliare, Mons. Joseph Vásquez, nella parrocchia del Santissimo Sacramento.

Africa del Sud – Gli Araldi hanno promosso una processione per le strade di Evander (foto a sinistra). Nella città di Springs, gli alunni del Collegio Jamelson hanno accolto con gioia la visita della statua

pellegrina del Cuore Immacolato di Maria (foto a destra).

Costarica – Il coro e l’orchestra sinfonica costaricana hanno offerto una presentazione di canti natalizi ai

funzionari della Suprema Corte di Giustizia.

Italia – Approfittando della presenza della statua della Madonna, D. Alesio ha promosso una giornata

di intensa preghiera nel Santuario Santa Maria del Bosco in Calabria.

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Attività in Brasile

Febbraio 2009 · Salvami Regina 33

Joinville – Mons. Ireneu Roque Scherer ha visitato la residenza degli araldi dove è stato accolto da centinaia di persone. Dopo aver celebrato l’Eucarestia, il prelato ha inaugurato il presepio

ed ha partecipato ad un pranzo di convivio.

San Paolo – Gli Araldi hanno partecipato al pellegrinaggio dell’Avvento nella regione arcidiocesana di Santana, presieduta dal Vescovo Ausiliare della Zona Nord,

Mons. Joaquim Justino Carreira.

Maceió – La statua pellegrina del Cuore Immacolato di Maria ha visitato il Collegio

Santissima Trinità.

Juiz de Fora – Nuovi Oratori del Cuore Immacolato di Maria sono stati affidati a dei

coordinatori della Parrocchia Santa Cruz.

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Bakhita, la fortunata

FSuor Chiara Isabella Morazzani Arráiz , EP

34 Salvami Regina · Febbraio 2009

Molte volte le vie del Signore sono incomprensibili agli occhi umani, ma Egli sa come guidare le anime e gli avvenimenti per realizzare il suo piano di amore e salvezza.

in dai tempi più remo-ti, i popoli antichi, im-mersi nella barbarie e nel paganesimo dopo il disastro della Torre

di Babele, praticavano la schiavitù. Se una nazione trionfava sull’altra nella guerra, gli sconfitti erano incarcerati e condannati all’umiliante servitù. Per-fino nell’Impero Romano, così civiliz-zato da molti punti di vista, gli schia-vi avevano lo status giuridico di “cosa” (res), sulla quale il diritto conferiva ai nobili il potere di vita e di morte.

La Chiesa unisce l’umanità

È stata la Chiesa Cattolica che, co-me madre generosa, ha poco a poco reso più soave il duro giogo imposto dalla crudeltà, insegnando ovunque

l’ “Amatevi l’un l’altro” (Gv 13,34), il nono comandamento di Gesù ed ha condotto le relazioni umane ad un equilibrio cristiano. Predicando l’esi-stenza di un’anima razionale e im-mortale, elevata alla partecipazione della vita divina attraverso il Battesi-mo, la dottrina cattolica innalza tutti alla dignità alla quale sono chiamati.

Lungi dall’abolire le diversità che derivano dalla missione e dai doni che il Creatore affida ad ogni anima in par-ticolare, la Chiesa invita gli uomini a un rapporto di reciproco rispetto: di gioio-sa sottomissione degli inferiori nei con-fronti dei superiori, vedendo in loro un riflesso dello stesso Dio e di affettuosa protezione di questi ultimi sui primi.

Già nel I secolo, il grande San Pa-olo scriveva agli Efesini una sintesi di

questo stato d’animo: “Schiavi, obbe-dite ai vostri padroni secondo la carne con timore e tremore, con semplicità di spirito, come a Cristo, […] Anche voi, padroni, comportatevi allo stesso mo-do verso di loro, mettendo da parte le minacce, sapendo che per loro come per voi c’è un solo Signore nel cielo, e che non v’è preferenza di persone pres-so di lui.” (Ef 6, 5-9)

Anime modello

Tuttavia, considerato l’orgoglio del cuore umano, nel corso della Storia, le ammonizioni dell’Apostolo delle genti e di tanti altri santi e predica-tori, molte volte non sono state ascol-tate, sia dai grandi che dai piccoli. Da qui derivano la tirannia da parte di alcuni e le ribellioni da parte di altri,

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Febbraio 2009 · Salvami Regina 35

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causa di guerre e dissensi il cui rac-conto ci fa tremare di orrore.

Dio, però, ha suscitato innumere-voli uomini e donne che non solo han-no ascoltato la Sua Parola, ma hanno saputo metterla in pratica, facendo-si modelli di tale porta-ta da essere imitati dagli altri. Tutti loro, ognuno a proprio modo e secondo la propria specifica voca-zione, hanno compreso a fondo la legge dell’Amo-re portata dal Signore e ad essa hanno conforma-to le loro vite.

Così è stato per la giovane schiava sudane-se Giuseppina Bakhita, la cui docilità d’animo è stata tanto gradita agli occhi di Dio da portarla all’onore degli altari.

Le vie dell’obbedienza

Dotata di un caratte-re docile e sottomesso, con una marcata pro-pensione a compiere il bene agli altri, la picco-la discendente della tri-bù dei Dagiu ha mostra-to, fin dalla più tenera infanzia, di essere una prediletta di Dio.

Una volta, trovando-si con un’amica nelle vi-cinanze del suo villaggio, situato nella regione del Darfur, nell’ ovest del Sudan, Bakhita si imbatté in due uo-mini, comparsi all’improvviso da die-tro un recinto. Uno di loro le chiese di andare a prendere un pacco che si era dimenticato nel bosco vicino, dicendo

nel contempo alla sua compagna che poteva continuare il suo cammino e che sarebbe stata raggiunta più tardi. “Io non dubitavo di nulla, ho obbedi-to subito, come facevo sempre con mia madre” — ha raccontato.1

nuità, comprensibile visti i suoi otto anni, le era costata cara.

Tuttavia, erano proprio queste le misteriose vie della Provvidenza, gra-zie alle quali si sarebbero realizza-ti i disegni di Dio nei suoi confron-

ti. Se Bakhita fosse sta-ta una bambina ribelle o capricciosa, non c’è dubbio che non avreb-be accettato così volen-tieri di fare il favore a quell’estraneo. Avrebbe accelerato il passo e, in compagnia dell’amica, avrebbe raggiunto l’abi-tato, dove la presenza dei suoi genitori e fra-telli avrebbe impedito agli sconosciuti di farle alcun male.

La sua vita sarebbe continuata nella norma-lità del convivenza fami-liare, tra faccende do-mestiche e pratiche ri-tuali del culto animista che professavano i suoi parenti. Probabilmen-te non avrebbe mai co-nosciuto la Fede Catto-lica, e sarebbe rimasta nelle tenebre del paga-nesimo.

Una schiavitù provvidenziale

Spinta violentemen-te dai suoi rapitori, Ba-khita fu condotta ad una

crudele e dolorosa schiavitù. Nono-stante ancora lo ignorasse, stava fa-cendo i primi passi che l’avrebbero portata, attraverso atroci sofferenze, alla vera libertà di spirito e all’incon-

Protetti dalla foresta e lontani da ogni possibile testimone importuno, i due estranei afferrarono la bambina portandola a forza con loro, sotto la minaccia di un pugnale. La sua inge-

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36 Salvami Regina · Febbraio 2009

tro col grande Signore che già amava, prima di conoscerLo.

Si, fin dalla prima infanzia, Bakhi-ta si dilettava a contemplare il sole, la luna, le stelle e le bellezza della natu-ra, chiedendosi meravigliata: “Chi è il padrone di tutte queste cose così belle? E sentiva una grande voglia di vederlo, di conoscerlo, di rendergli omaggio”.

Insegna San Tommaso d’Aquino che “una persona può raggiungere l’ef-fetto del Battesimo grazie alla forza del-lo Spirito Santo, senza Battesimo d’ac-qua e perfino senza Battesimo di san-gue, quando il suo cuore è mosso dal-lo Spirito Santo a credere e amare Dio e a pentirsi dei suoi peccati”.2 È ciò che si chiama Battesimo “di deside-rio” o “di penitenza”. Appoggiando-ci su questa dottrina, possiamo sup-porre che nell’anima piena di ammi-razione della schiava sudanese bril-lasse la luce della grazia santificante, molto prima che lei ricevesse il Batte-simo sacramentale.

Per Bakhita, tuttavia, era appe-na cominciata la terribile serie di pa-timenti che si sarebbe prolungata per dieci anni. Tale fu lo choc prodotto nel suo spirito dalla violenza del sequestro da farle dimenticare perfino il proprio nome. Così, quando fu interrogata dai banditi, non fu in grado di pronuncia-re neanche una parola. Allora uno di loro le ha detto: “Molto bene. Ti chia-meremo Bakhita”. Nella sua voce c’era un accento ironico, dato che questo nome, in arabo, significa “fortunata”.

Patimenti durante la prigionia

Giunti in un abitato, Bakhita ven-ne introdotta in una capanna misere-vole e rinchiusa in una stanza stret-ta e buia, dove rimase per un mese. “Quanto ho sofferto in quel luogo, non

si può dire a parole”, avrebbe scritto più tardi. Alla fine, dopo quei giorni nei quali la porta si apriva solo per lasciar passare un misero pasto, la prigioniera poté uscire, non per es-sere messa in libertà, ma per essere consegnata al trafficante di schiavi che l’aveva appena acquistata.

Bakhita sarebbe stata venduta per altre cinque volte consecutive, ai più svariati padroni, esposta nei merca-ti, incatenata ai piedi da pesanti ca-tene e obbligata a lavorare senza tre-gua per soddisfare i capricci dei suoi padroni. Messa a servizio della madre e della moglie di un generale, la gio-vane schiava affrontò i peggiori an-ni della sua esistenza, come lei stes-sa descrive: “Le sferzate si abbatteva-no su di noi senza misericordia, in mo-do che nei tre anni che fui al loro servi-zio, non mi ricordo di aver passato un solo giorno senza ferite, perché non ero ancora guarita dai colpi ricevuti che al-tri ne ricevevo ancora, senza saperne il motivo. […] Quanti maltrattamenti ri-cevono gli schiavi senza alcuna ragione! […] Quante mie compagne di sventura sono morte per le percosse subite!”.

Oltre a questi e ad altri tormenti, le fecero un tatuaggio che la obbligò a rimanere immobile sulla sua stuoia per oltre un mese. Bakhita fu segnata per sempre da 144 cicatrici, oltre che da un lieve difetto nel camminare.

Una volta, interrogata sulla veri-dicità di tutto quanto aveva descritto, affermò di aver omesso nei suoi rac-conti i dettagli veramente più spaven-tosi, visti solo da Dio e impossibili da essere detti o scritti. La mano del Si-gnore non la abbandonò neppure un istante. Anche nei peggiori momenti, Bakhita sentiva dentro di sé una for-za misteriosa che la sorreggeva, che

la spingeva a comportarsi con docili-tà e obbedienza, senza mai cedere al-la disperazione.

Protezione amorosa di Dio

Anni dopo, gettando uno sguar-do sul suo passato, avrebbe ricono-sciuto l’intervento divino nelle vicen-de della sua vita: “Posso dire veramen-te che non sono morta per un miraco-lo del Signore, che mi destinava a co-se migliori”. E a Lui manifestava la sua gratitudine: “Se io rimanessi in gi-nocchio la vita intera, non direi, mai, a sufficienza, tutta la mia gratitudine al buon Dio”.

Una prova della protezione amo-rosa di Dio, fin dall’infanzia, è da-ta dallo stato di castità e dalla pre-servazione dell’anima che conservò, pur sottoposta a innumerevoli tortu-re. “Io sono stata sempre in mezzo al fango, ma non mi sono sporcata. […] La Madonna mi ha protetto, anche se non La conoscevo. […] In varie occa-sioni mi sono sentita protetta da un es-sere superiore”.

Il trasferimento in Italia

Nel 1882, il generale che l’aveva comprata dovette far ritorno in Tur-chia, suo paese natale, perciò mise in vendita i suoi numerosi schiavi. Ba-khita, facendo giustizia al suo nome, risvegliò subito la simpatia del conso-le italiano Calisto Legnani, dal quale fu acquistata. “Questa volta sono sta-ta veramente fortunata, perché il nuo-vo padrone era molto buono e ha co-minciato a volermi tanto bene”.

Sebbene non risulti che il console avesse in qualche modo agito per ini-ziare alla Fede la giovane schiava, gli anni in cui questa visse a casa sua, fu-rono il periodo dell’aurora dell’incon-

Santa Giuseppina Bakhita è andata dalla densa selva africana… …alle acque tranquille di Venezia

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Febbraio 2009 · Salvami Regina 37

Santa Giuseppina Bakhita è andata dalla densa selva africana… …alle acque tranquille di Venezia

tro con la Chiesa. Da cattolico che era, Legnani trattò Bakhita con bontà. Non esistevano castighi, botte, e nem-meno rimproveri, così lei poté godere della dolcezza domestica delle relazio-ni tra coloro che cercano di compiere i comandamenti della carità cristiana.

Di fronte all’avanzata di una rivo-luzione nazionalista nel Sudan, Cali-sto Legnani dovette far ritorno in Ita-lia. Su richiesta di Bakhita, la por-tò con sé. Appena giunti a Genova, il console cedette la giovane suda-nese ai signori Michieli, amici suoi, che abitavano a Mirano, nel Veneto, avendo come compito speciale la cu-ra della figlia, la piccola Mimina.

L’incontro col suo vero Padrone e Signore

Un giorno, Bakhita ricevette da un amabile signore, che si era inte-ressato a lei, un bel crocifisso d’ar-gento: “Mi spiegò che Gesù Cristo, Figlio di Dio, era morto per noi. Io non sapevo chi fos-se […]. Ricordo che di nascosto lo guardavo e sentivo una cosa in me che non so spiegare”. Poco a poco, la grazia lavorava l’anima sen-sibile della ex-schia-va africana, aprendo-la alle realtà sopran-naturali che non co-nosceva.

Nella sua Encicli-ca Spe Salvi, il San-to Padre Benedetto XVI così descrive il miracolo che si operò nell’intimo di Bakhi-ta: “Dopo ‘padroni’

così terribili di cui fino a quel momen-to era stata proprietà, Bakhita venne a conoscere un ‘padrone’ totalmente di-verso — nel dialetto veneziano, che ora aveva imparato, chiamava ‘paron’ il Dio vivente, il Dio di Gesù Cristo. Fino ad allora aveva conosciuto solo padro-ni che la disprezzavano e la maltratta-vano o, nel caso migliore, la considera-vano una schiava utile. Ora, però, sen-tiva dire che esiste un ‘paron’ al di so-pra di tutti i padroni, il Signore di tut-ti i signori, e che questo Signore è buo-no, la bontà in persona. Veniva a sape-re che questo Signore conosceva anche lei, aveva creato anche lei — anzi, che Egli la amava. Anche lei era amata, e proprio dal ‘Paron’ supremo, davanti al quale tutti gli altri padroni sono essi stessi soltanto miseri servi. Lei era co-nosciuta e amata ed era attesa. Anzi, questo Padrone aveva affrontato in pri-ma persona il destino di essere picchia-

to e ora la aspettava « alla destra di Dio Padre»”.3

Un’inattesa decisione piena di coraggio

Altre sofferenze attendevano Ba-khita, sebbene di ordine molto diver-so da quelle sopportate in preceden-za: Dio le avrebbe chiesto una prova della sua dedizione, della sua rinun-cia a tutto, per amore di Lui, offerta con libera e spontanea volontà.

Quando, ormai istruita nella Re-ligione Cattolica dalle Suore Canos-siane di Venezia, si preparava a rice-vere il Battesimo, la sua padrona vol-le portarla di nuovo in Sudan, do-ve la famiglia Michieli aveva deci-so di stabilirsi definitivamente. Mal-grado il carattere docile e sottomes-so, abituata a considerarsi proprietà dei suoi padroni, rivelò in quell’occa-sione, un coraggio ancora sconosciu-

I resti mortali di Santa Giuseppina nella Chiesa della Sacra Famiglia a Schio (VI)

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38 Salvami Regina · Febbraio 2009

to anche da quelli che la conosceva-no meglio. Temendo di mettere a ri-schio la sua perseveranza, si rifiutò di seguire la sua signora.

Le promesse di una vita facile, la prospettiva di rivedere la sua patria, il profondo attaccamento a Mimina e la gratitudine ai suoi padroni, nien-te di tutto questo poté mutare la sua decisione di consegnarsi a Gesù per sempre. Bakhita si era mostrata sem-pre docile ai suoi superiori. Ora ma-nifestava in un’altra forma questa vir-tù, obbedendo più a Dio che agli uo-mini (cfr. At 4, 19). “Era il Signore che mi infondeva tanta fermezza, per-ché voleva farmi tutta sua”.

La consegna definitiva a Dio

Uscita vittoriosa da questa batta-glia, Bakhita fu battezzata, cresima-ta e ricevette l’Eucaristia dalle mani del Patriarca di Venezia, il 9 febbraio 1890. Le furono posti i nomi di Giu-seppina Margherita Fortunata. “Ho ricevuto il santo Battesimo con una gioia che solo gli angeli potrebbero de-scrivere”, avrebbe narrato più tardi.

Poco dopo, volendo suggellare la sua consegna a Dio in modo irre-versibile, sollecitò il proprio ingres-so nell’Istituto delle Figlie della Ca-rità, fondato da Santa Maddalena di Canossa, a cui doveva il suo ingres-so nella Chiesa. Nella festa dell’Im-macolata Concezione, nel 1896, do-po aver compiuto il suo novizia-to con esemplare fervore, Giuseppi-na pronunciò i voti nella Casa-Madre dell’Istituto, a Verona.

A partire da questo momento la sua vita fu un costante atto d’amo-re a Dio, un darsi agli altri, senza re-strizioni, né riserve. Ora incaricata di funzioni umili, come la cucina o la portineria, ora inviata in missione in tutta Italia, la santa sudanese accetta-va con vera gioia tutto quanto le ordi-navano, conquistando la simpatia di chi aveva intorno, senza stancarsi mai di dire: “Siate buoni, amate il Signo-re, pregate per coloro che non Lo co-noscono”.

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Sullo spirito missionario di Bakhi-ta, Benedetto XVI commenta così nella sua enciclica: “La liberazione che aveva ricevuto mediante l’incontro con il Dio di Gesù Cristo, sentiva di doverla estendere, doveva essere donata anche ad altri, al maggior numero possibile di persone. La speranza, che era nata per lei e l’aveva ‘redenta’, non poteva tener-la per sé; questa speranza doveva rag-giungere molti, raggiungere tutti”.4

Sottomissione fino alla fine

Alla fine, dopo più di 50 anni di fruttuosa vita religiosa, durante i qua-li le sue virtù si purificarono nel fuo-co della carità, Bakhita sentì la morte

seguendo con attenzione e devozione tutte le preghiere. Quel giorno era un sabato, quando lo seppe, il suo vol-to sembrò illuminarsi ed esclamò con gioia: “Come sono contenta! Madon-na, Madonna!”. Furono queste le sue ultime parole prima di consegnare serenamente l’anima e trovarsi faccia a faccia col “Paron” che fin da piccina desiderava conoscere.

Il suo corpo, traslato presso la chiesa, fu oggetto di venerazione di numerosi fedeli, che per tre giorni af-fluirono, desiderosi di contemplare per l’ultima volta la cara Madre Mo-retta, come era affettuosamente co-nosciuta, che li aveva trattati sempre con tanta bontà. Miracolosamente, le sue membra si mantennero flessibili durante questo periodo, tanto da po-terle muovere le braccia e posare la sua mano sopra il capo dei bambini.

Con questo mezzo, Santa Giusep-pina Bakhita rivelava il grande segre-to della santità che veniva riflessa nel suo stesso corpo. La via per la quale Dio l’aveva chiamata era stata quella della sottomissione eroica alla volon-tà divina e lei lasciava un modello da seguire. L’umiltà, la mansuetudine e l’obbedienza traspaiono nelle sue pa-role, con una disposizione veramente sublime della sua anima: “Se incon-trassi quei negrieri che mi hanno rapi-ta, e anche quelli che mi hanno tortu-rata, mi inginocchierei a baciare le lo-ro mani, perché se questo non fosse ac-caduto, io ora non sarei cristiana e re-ligiosa”.

1 Salvo indicazione contraria, tutte le citazioni tra virgolette appartengo-no a DAGNINO, Suor Maria Luisa, Bakhita racconta la sua storia. Trad. Cecilia Maringolo Canossiana, Ro-ma: Città Nuova, 1989, pag. 38.

2 Cfr. Summa Teologica, III, q. 66, a. 11.3 Benedetto XVI, Lettera Enciclica Spe

Salvi, 30/11/2007, n.3.4 Benedetto XVI, Lettera Enciclica Spe

Salvi, 30/11/2007, n.3.

approssimarsi. Colpita da numerose bronchiti e polmoniti che le minaro-no la salute, sopportò tutto con for-za d’animo. Nelle sue ultime parole, proferite poco prima della sua morte, lasciò trasparire il piacere che le ri-empiva l’anima: “Quando una perso-na ama tanto un’altra, desidera arden-temente andare vicino a lei: perché, al-lora, tanta paura della morte? La mor-te ci conduce a Dio”.

L’8 febbraio 1947, Suor Giuseppi-na ricevette gli estremi Sacramenti,

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Il Cristo del Veleno

Darío Iallorenzi

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Qual è l’origine di un’invocazione così inusuale, sotto la quale è venerato questo antico crocifisso?

hi passeggia per Città del Messico può ammirare i bei monumenti, residen-ze, conventi e chiese ric-camente decorate. Nel-

la regione chiamata “El Zócalo” ci sono molte cose da vedere, tra que-ste, la grandiosa cattedrale della cit-tà tuttora danneggiata dal terremoto del 1985. Non molto lontano, si trova la via Venustiano Carranza, frequen-tata ogni giorno da migliaia di perso-ne, sia per fare la spesa, sia semplice-mente per ristorarsi dal lavoro quoti-diano, assaporando i tipici “tacos” o anche le “quesadillas”.

In questi paraggi ci imbattiamo in un piccolo tempio chiamato Porta Coeli, dove molti fedeli si recano per ringraziare per le grazie ricevute o per chiedere favori davanti ad una statua conosciuta col nome singolare di “Signore del Veleno”.

Qual è la storia di tanto inusuale invocazione?

Nel 1602, giunse in Messico, allora Nuova Spagna, una delegazione di do-menicani, che portava nel loro semina-rio un bel crocifisso a grandezza natu-rale, con la statua di Gesù di un bian-

core impressionante. Questa statua fu intronizzata a sinistra, vicino all’entrata della chiesa.

Vi era lì un chierico, che de-dicava una speciale devozio-

ne a quel Cristo. Non passava gior-no senza fare delle orazioni davanti a Lui e baciare devotamente i Suoi ve-nerandi piedi. Una volta, questo sa-cerdote ricevette in confessione un uomo che aveva dichiarato di aver ru-bato e ucciso crudelmente. Di fronte alla rivelazione di un simile crimine, il religioso affermò che Dio avrebbe perdonato sempre, purché il mal tol-to venisse restituito ed egli si conse-gnasse alla giustizia, in quanto la con-fessione non era sufficiente, ma era anche necessario pentirsi e riparare il danno sofferto. Il criminale si rifiu-tò di farlo, andandosene dal confes-sionale furibondo. Temendo di essere denunciato, macchinò un perfido pia-no per assassinare il sacerdote.

Nascosto dall’ombra della notte, furtivamente si introdusse nella cap-pella e bagnò i piedi del Cristo con un potente veleno. Nessuno lo vide e, furtivamente come era arrivato, si nascose in un angolo buio. Il gior-no successivo, dopo aver fatto le ora-zioni quotidiane, il prete si avvicinò a baciare i piedi della statua, che con suo grande stupore, piegò le ginoc-chia miracolosamente, sollevando i

piedi, in modo da impedire il contat-to. Contemporaneamente la statua assorbì il veleno e come conseguenza il suo colore diventò nero.

Il religioso ebbe una sorpresa an-cora maggiore quando udì dei sin-ghiozzi provenire da qualcuno nasco-sto dietro ad una colonna. Era l’as-sassino del giorno prima, nascosto ad attendere gli effetti del suo maligno piano. Veramente pentito dopo esse-re stato testimone di un tal meravi-glioso prodigio, in lacrime, fece alla fine una sincera confessione e subito dopo si consegnò alla giustizia, dispo-sto a pagare per i suoi crimini.

Da allora, il nome della miraco-losa statua divenne “Signore del Ve-leno”. Tutti concordavano che il Cri-sto non solo aveva protetto il suo de-voto, assorbendo il veleno, ma il Suo misericordioso atto era anche simbo-lo di come Nostro Signore assuma su di Sé i nostri peccati, un terribile ve-leno, che uccide l’anima, impedendo-le di raggiungere la vita eterna.

Anni dopo, la statua fu trasferita nella cattedrale metropolitana. Quan-do la chiesa di Porta Coeli fu conse-gnata ai sacerdoti del rito greco-mel-chita nel 1952, il parroco di questa af-fidò ad un famoso artista di scolpirne una copia, in modo che il “Cristo del Veleno” potesse essere venerato an-che nella sua chiesa di origine.

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40 Salvami Regina · Febbraio 2009

La Comunità di Sant’Egidio ha celebrato il Natale con solidarietà

Nel giorno della nascita di Gesù, la Comunità di Sant’Egidio ha organiz-zato in diversi luoghi della Città Eter-na — chiese, ospedali, carceri, centri sociali — pranzi comunitari per offri-re alle persone bisognose l’occasione di partecipare alla gioia del Natale.

Nella Basilica di Santa Maria in Trastevere, trasformata in un immen-so “refettorio”, oltre mille “senza tet-to” hanno condiviso il pranzo natali-zio che ha avuto l’onore della presen-za del sindaco di Roma, Gianni Ale-manno e di altre autorità.

La Comunità di Sant’Egidio ha or-ganizzato altri pasti natalizi in varie al-tre città dei diversi paesi in cui opera.

Il Cile e l’Argentina ricordano i 30 anni della mediazione pontificia

Per commemorare il 30º anniver-sario del benefico intervento di Papa Giovanni Paolo II nella contesa ma-rittima di frontiera tra Cile e Argenti-na, sono state celebrate Eucaristie nei santuari mariani di Maipú (Cile) e Lu-ján (Argentina). Vi hanno partecipato numerose autorità religiose e civili.

La mediazione del Pontefice — realizzata tramite il Cardinal Anto-nio Samorá — iniziò alla fine di di-cembre 1978 e terminò col trattato di pace firmato il 29 novembre 1984, in Vaticano.

Il Papa riceve il presidente di Comunione e Liberazione

“Siamo sempre molto attenti a quel-lo che il Papa ci dice per orientarci sul nostro cammino”, ha dichiarato al-la Radio Vaticana il presidente del-la Fraternità di Comunione e Libe-razione, Don Giuliano Carrón, do-po essere stato ricevuto in udienza da Benedetto XVI il 15 dicembre.

Don Giuliano ha commentato che è stato “molto significativo” il rappor-to tra Don Luigi Giussani, fondatore di Comunione e Liberazione e l’allora Cardinal Joseph Ratzinger ed ha ag-giunto: “Consideriamo che il suo ma-gistero è sia decisivo per la vita del no-stro movimento, per la nostra storia”.

L’obiettivo di Comunione e Libera-zione è la “matura educazione cristiana dei suoi membri e la collaborazione alla missione della Chiesa in tutti gli ambiti della società contemporanea”, secondo il sito di questo Movimento ecclesiale fondato in Italia nel 1954.

Cantore Brasiliano nel Coro della Cappella Sistina

Il Coro della Cappella Sistina, del Vaticano, conta ora su un bambino cantore brasiliano, il cearense José Carlos Ferrari Neto, di 11 anni.

Neto, come egli è chiamato famili-armente in casa e che significa nipo-te, ha già partecipato a concerti in va-

rie città, in Italia e Germania, ma il suo grande giorno è stato quando per la prima volta ha cantato durante la Messa dell’Aurora, celebrata dal Pa-pa Benedetto XVI, nella Basilica di San Pietro.

Il Coro della Cappella Sistina, uno dei più antichi e prestigiosi del mon-do, è composto da 20 adulti e 35 bam-bini, provenienti da vari paesi.

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“Opere scelte” del Cardinale Patriarca di Lisbona

La Chiesa nel tempo è il titolo dell’11º volume delle Opere scelte, del Cardinal José da Cruz Policarpo, Pa-triarca di Lisbona, esposto recente-mente dall’Università Cattolica Edi-trice.

Le Opere scelte raccolgono i prin-cipali testi, libri, articoli, conferenze, catechesi e omelie di S.E. José Poli-carpo. La sua edizione è iniziata nel 2003, in occasione delle commemo-razioni dei 25 anni dell’ordinazione episcopale dell’autore.

Primo “Dies Academicus” della Facoltà di Diritto Canonico di Venezia

Il 4 dicembre scorso ha avuto luogo nella Basilica di San Marco, a Vene-zia, il primo Dies Academicus della Fa-coltà di Diritto Canonico San Pio X, l’unica in Italia istituita fuori Roma.

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Imponente evento in difesa della famiglia

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l 28 dicembre, festa della Sacra Famiglia, centina-ia di migliaia di persone si sono riunite nella Piaz-za Colón a Madrid, per dare una pubblica dimo-

strazione che in Spagna l’istituzione della famiglia è vi-va e vegeta.

Il momento saliente dell’evento è stata la Messa presie-duta dall’Arcivescovo di Madrid, Cardinal Antonio Rou-co Varela, concelebrata dai Cardinali Antonio Cañizares, Arcivescovo di Toledo e Agostino García-Gasco, Arcive-scovo di Valencia, oltre ad altri 30 Vescovi e circa 300 sa-cerdoti.

Mentre la moltitudine aspettava l’inizio della cerimo-nia, il Coro dell’ Almudena cantava inni natalizi festosa-mente accompagnati dai presenti. Nonostante il freddo in-tenso, il clima generale era di gioia; si avvertiva la sensa-zione che per difendere la famiglia cristiana, vale la pena fare qualunque tipo di sforzo.

Poco prima che cominciasse la Messa, il servizio tecni-co del suono ha stabilito il collegamento con Piazza San Pietro, per trasmettere direttamente dal Vaticano il con-sueto discorso del Papa dopo la recita dell’Angelus. Par-lando in spagnolo, Sua Santità ha detto: “Rivolgo ora un cordiale saluto ai partecipanti che si trovano riuniti a Ma-drid, in questa commovente festa, per pregare per la famiglia ed impegnarsi a lavorare a favore di essa con forza e speran-za […]. Care famiglie non lasciate che l’amore, l’apertura alla vita e i vincoli incomparabili che uniscono il vostro foco-lare si indeboliscano”.

Nella sua omelia, il Cardinal Rouco Varela ha qualifi-cato l’aborto come “una delle più terribili piaghe del nostro tempo”. Dopo aver indicato la Sacra Famiglia di Nazareth come modello sempre attuale, Sua Eminenza ha afferma-to: “Questo modello della vera famiglia, la cui attualità non tramonta mai, è ciò che vogliamo annunciare e presentare al mondo con questa nostra Celebrazione Eucaristica in Piaz-za Colón”. Ha incoraggiato anche i presenti a “ordinare e vivere il matrimonio in forma differente da quella in voga in tanti ambienti della nostra società e che dispone di tanti mez-zi e opportunità mediatiche”.

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II Missionari degli Araldi del Vangelo

42 Salvami Regina · Febbraio 2009

Per quest’atto inaugurale è appo-sitamente giunto da Roma il Segre-tario di Stato del Vaticano, Cardinal Tarcisio Bertone, che ha trattato nel-la sua prolusione le somiglianze e le differenze tra la comunità politica e la società della Chiesa. La presen-tazione dell’atto è stata pronuncia-ta dal Rettore della Facoltà, Mons. Brian Ferme.

Fondata cinque anni fa come Isti-tuto di Studi, l’entità è stata eretta co-me Facoltà in agosto dell’anno scor-so per decreto della Congregazio-ne per l’Educazione Cattolica. Sot-to il governo del Patriarca di Venezia, Cardinal Angelo Scola e del segreta-rio del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, Mons. Juan Ignacio Ar-rieta, essa è diventata attualmente, il secondo istituto di studi canonici del mondo per numero di alunni.

Il Papa riceve i membri del Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana

Benedetto XVI ha ricevuto il 20 dicembre i membri del Pontificio Isti-tuto di Archeologia Cristiana, con i quali si è congratulato per la prezio-sa e feconda attività che realizzano a servizio della Chiesa e della cultura.

Il Santo Padre li ha incentivati a proseguire con diligenza il loro im-portante compito e ha sottolineato che “la paziente ricerca dell’archeolo-go non può prescindere dal penetrare pure le realtà soprannaturali, senza tut-tavia rinunciare all’analisi rigorosa dei reperti archeologici”. Ha poi aggiun-to: “non è possibile una completa vi-sione della realtà di una comunità cri-stiana, antica o recente che essa sia, se non si tiene conto che la Chiesa è com-posta da un elemento umano e da un elemento divino”.

Prima università Cattolica dell’India

Agenzia Fides – I cristiani del nordest dell’India, area che vive continue tensioni e conflitti, hanno un motivo di speranza e di fiducia nel futuro: è nata a Guwahati, nel-lo stato indiano di Assam, l’“Uni-versità Don Bosco”, prima universi-tà Cattolica dell’India.

L’università, come afferma il sale-siano Don Joseph Almeida, respon-sabile di Guwahati, è una testimo-nianza di quanto sta facendo la Chie-sa nel nordest dell’India: “Constatan-do il prodigioso sviluppo della Chiesa nel nordest del paese, molti parlano di

‘missione-miracolo’, ma noi continuia-mo a dire che è un miracolo di Maria Ausiliatrice”.

La nuova università, in collabora-zione con otto collegi universitari già esistenti, sarà un centro di insegna-mento, ricerca e consultazione che comprenderà tre grandi settori: tecno-logia, servizio e il settore sociale.

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Lettera Apostolica in occasione del VII centenario di Duns Scoto

Il Santo Padre ha inviato all’Arci-vescovo di Colonia, Cardinal Joachim Meisner e ai partecipanti al Congres-so Scientifico Internazionale in occa-sione del VII Centenario della morte

n risposta all’appello fat-to da Sua Santità il com-pianto Papa Giovan-

ni Paolo II, il 28 febbra-io 2001: Siate messagge-

ri del Vangelo per in-tercessione del Cuo-re Immacolato di Maria!, gli Araldi del Vangelo svilup-pano in tutta l’Ita-

lia un apostolico lavo-

ro, attraverso i loro missionari, che portano una parola di con-forto e speranza e fanno cono-scere sempre più questo nuovo carisma della Chiesa, alle fa-miglie aderenti alla Campagna Salvami Regina. Una breve vi-sita, una preghiera che si fa alla Madonna, un’occasione per si chiedere una grazia, sono tut-ti momenti in cui Dio si fa pre-sente.

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Anticipazioni dei temi della prossima enciclica di Papa Benedetto XVI

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del Beato Giovanni Duns Scoto, una Lettera Apostolica ricordando il suo importante contributo al progres-so della dottrina della Chiesa e della scienza umana.

Il Sommo Pontefice incentiva gli studiosi ad adottare “l’itinerario e il metodo che Scoto ha seguito per stabi-lire l’armonia tra fede e ragione”, poi-ché il religioso francescano “si fece guidare dal Magistero della Chiesa e da un sano senso critico in merito al-la crescita nella conoscenza della veri-tà […] e si è sforzato di comprendere, spiegare e difendere le verità della fede alla luce della ragione umana”.

La Comunità di Sant’Egidio riceve il Premio Internazionale Carlo Magno

RV – Il Premio Internazionale Carlo Magno 2009 è stato attribui-to ad Andrea Riccardi e alla Comu-nità di Sant’Egidio. Il più prestigioso premio tedesco e tra i più importanti premi d’Europa, attribuito in passa-to a uomini di Stato e a “grandi per-sonalità”, tra cui, Konrad Adenau-

er, Javier Solana, Giovanni Paolo II e l’anno scorso al cancelliere tedesco Angela Merkel, è stato attribuito nel-la sua 50º edizione al fondatore della Comunità di Sant’Egidio.

Nella motivazione del premio si legge tra l’altro: “per il suo straordina-rio impegno civile a favore di una Eu-ropa più umana e solidale dentro e fuo-ri delle sue frontiere, per la compren-sione tra i popoli, le religioni e le cultu-re, per un mondo più pacifico e giusto. Egli vive l’Europa dei valori”.

Aiuti umanitari del Papa a Gaza

RV –A nome del Papa, il Pontificio Consiglio Cor Unum, il Dicastero del-la Santa Sede che ha il compito di rea-lizzare le iniziative caritative del Pon-tefice, ha inviato un suo segno perso-nale e concreto per aiutare e sostene-re la piccola ma fervente presenza cat-tolica a Gaza. Lo rende noto un co-municato di Cor Unum. Gli aiuti so-no stati inviati a padre Manuel Musal-lam, parroco della Chiesa della Santa Famiglia, alle Missionarie della Cari-tà e ad altre Congregazione religiose,

che — afferma il comunicato — “sono al servizio delle persone più vulnerabili nella terra natale di Gesù, ora tragica-mente colpita dalla morte, dalla soffe-renza, dai danni materiali, mentre le po-polazioni versano lacrime che invoca-no la pace”. “Benedetto XVI — ricor-da Cor Unum — ha espresso più vol-te la sua vicinanza ai nostri fratelli e so-relle che abitano nella Striscia di Gaza, i quali hanno già tanto sofferto a motivo del persistente conflitto che ha causato una grave crisi umanitaria”.

Scoperta di una preziosa opera di Padre Jesuino do Monte Carmelo

Nel corso di un intervento al sof-fitto della Chiesa della Madonna del Carmelo, nel centro di Sao Paolo del Brasile, si è scoperta l’esistenza di un’opera d’arte di Padre Jesuino do Monte Carmelo, noto artista baroc-co nato nel 1764 e morto nel 1819. Si tratta di un’immagine della Madon-na del Carmelo, con le mani incrocia-te sul petto e circondata di angeli. La preziosa opera d’arte era coperta da un rozzo strato di pittura.

RV – Il Cardinal Renato Martino ha presentato il messaggio di Benedetto XVI per la Giornata Mondiale della Pa-ce — 1º gennaio del 2009 — come “ape-ritivo” della prossima enciclica sulla dot-trina sociale.

Il Presidente del Consiglio Pontificio Giustizia e Pace ha assicurato che l’enci-clica potrà essere pubblicata all’inizio del 2009, quindi, in piena crisi finanziaria ed economica.

Secondo il Cardinal Martino, alcu-ni punti di questo messaggio saranno svi-luppati nella prossima enciclica di carat-

tere sociale, che potrebbe essere battez-zata come Caritas in Veritate (Carità nel-la Verità).

Il presidente del Consiglio Pontificio Giustizia e Pace ha affermato che il testo mostra che “la povertà e la pace sono co-stantemente legate in una feconda circola-rità che costituisce uno dei presupposti più stimolanti per dar corpo a una adeguata approssimazione sociale, culturale e poli-tica delle complesse tematiche relative al-la realizzazione della pace nel nostro tem-po, segnato dal fenomeno della globaliz-zazione”.

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Il tema dell’anno 2009 nel Santuario di Fatima

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“Il recupero di quest’opera è impor-tante per la storia dell’arte paulista e brasiliana” ha dichiarato a “O Estado de S. Paulo”, Carlos Cerqueira, stori-co dell’Istituto del Patrimonio Stori-co e Artistico Nazionale.

Padre Jesuino do Monte Carmelo, uno dei principali artisti di San Pao-lo nel periodo coloniale, era non solo pittore, ma anche scultore, architetto e compositore.

Venti missionari sono stati assassinati l’anno scorso

Secondo un rilevamento fatto dall’agenzia Fides, nell’anno 2008 so-no stati assassinati 20 agenti pastora-li della Chiesa, in missione nei cinque continenti. Un numero quasi uguale a quello del 2007, chiuso con 21 ca-si di morte.

Ha causato un vasto eco l’assassi-nio dell’Arcivescovo Mons. Paolo Fa-raj Rahho, rapito il 29 febbraio a Mos-sul, Irak, e trovato morto due settima-ne dopo. Nell’elenco della Fides figu-rano anche 16 sacerdoti, un religioso e 2 volontari laici. Con questi, è aumen-tato a 912 il numero di missionari uc-cisi nel periodo dal 1980 al 2008.

Betlemme ha accolto un maggior numero di pellegrini nell’ultimo Natale

La piccola città di Betlemme, dov’è nato Gesù, ha accolto nella set-timana di Natale circa 250 mila pelle-grini, quasi il quadruplo rispetto allo stesso periodo nel 2007.

Secondo le informazioni della Ca-mera di Commercio locale, nel 2008 sono passati per la città un milione e

200 mila visitatori, il maggiore afflus-so di persone registrato dal 2000.

Betlemme si trova in una regione montuosa della Palestina ed ha una popolazione di circa 30 mila abitanti.

India: la Corte Suprema ordina di garantire la sicurezza della minoranza cristiana

La Corte Suprema indiana ha or-dinato il 5 gennaio alle autorità dello stato orientale di Orissa di garantire la sicurezza di tutte le minoranze, in particolare dei milioni di cristiani co-stretti ad abbandonare le proprie ca-se e a vivere in improvvisati campi di accoglienza.

Il tribunale ha accolto il ricorso presentato dall’Arcivescovo di Cat-tack-Bhubaneswar, Mons. Raphael Cheenath, insistendo ripetutamen-

utti gli anni, dal 2001, il San-tuario di Fatima sceglie un te-ma centrale per le sue attività

pastorali, liturgiche e formative. Il te-ma del 2009 sarà il nono Comanda-mento della Legge di Dio “secondo la formulazione del Catechismo tradizio-nale: Conservare la castità nei pensieri e nei desideri”, come chiarisce il Rettore del Santuario, Don Virgilio Antunes o come afferma la frase del Vangelo di San Matteo: “Beati i puri di cuore, per-ché vedranno Dio” (Mt 5, 8).

“Avrà senso, ancor oggi, — chiede Don Virgilio — parlare di purezza di cuore? L’esperienza di vita e di relazioni esistenti tra le persone sta continuamen-te a dimostrare, in maniera negativa, le conseguenze della sua assenza. I feno-

meni di disgregazione familiare, conse-guenza di infedeltà e tradimenti, sono lo specchio migliore. Se, per trarre questa conclusione, non bastasse la vita reale che conosciamo direttamente o indiret-tamente, avremmo la valanga di roman-zi, film e telenovele che, per un’altra via, ci introiettano questa realtà”.

Il Santuario di Fatima cercherà an-che, nel corso di quest’anno in cui si commemora il centenario della nasci-ta del Beato Francesco Marto, di pre-sentarlo come una grande figura del-la purezza di cuore, “estremamente at-tento alle necessità degli altri, per i qua-li prega e si sacrifica; estremamente at-tento a Dio, con cui ha il piacere di sta-re e che anela a vedere” — afferma il Padre Rettore.

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Il Cardinal Sodano ordina 49 sacerdoti Legionari di Cristo

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te che non permetterà la persecuzio-ne di nessuna minoranza in qualsia-si parte del paese, “visto che l’India è uno Stato laico”.

La Corte ha ordinato anche alle autorità di Orissa di non ritirare la protezione armata ai campi dove si trovano gli sfollati della comunità cri-stiana.

Te Deum in chiusura del 2008

Il Papa Benedetto XVI ha presie-duto il 31 dicembre, nella Basilica di San Pietro, la celebrazione dei Vespri e il Cantico del Te Deum, a ringrazia-

mento per la protezione divina du-rante l’anno 2008.

Nella sua omelia, il Sommo Pon-tefice ha parlato della Materni-tá divina di Maria ed ha afferma-to: “Questa sera vogliamo porre nel-le mani della celeste Madre di Dio il nostro corale inno di ringraziamento al Signore per i benefici che lungo i passati dodici mesi ci ha ampiamen-te concessi.”

Sua Santità ha sottolineato an-che che, in quest’epoca di incertezze e preoccupazioni, “è necessario speri-mentare la viva presenza di Cristo” e

chi ci può condurre a Lui è Maria, la Stella della Speranza.

Ha chiuso con le confortanti paro-le di orientamento e fiducia:

“Cari fratelli e sorelle, quest’anno si chiude con la consapevolezza di una cre-scente crisi sociale ed economica, che or-mai interessa il mondo intero; una crisi che chiede a tutti più sobrietà e solidarie-tà per venire in aiuto specialmente delle persone e delle famiglie in più serie diffi-coltà. […]La materna presenza di Maria ci assicura questa sera che Dio non ci ab-bandona mai, se noi ci affidiamo a Lui e seguiamo i suoi insegnamenti”.

l Decano del Sacro Collegio, Cardinal Angelo Soda-no, ha ordinato il 20 dicembre, nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, 49 nuovi presbiteri della Con-

gregazione dei Legionari di Cristo.Hanno concelebrato la solenne Messa il Cardinal Gio-

vanni Coppa, ex Nunzio Apostolico nella Repubblica Ce-ca, Mons. Brian Farrel, LC, segretario del Pontificio Con-siglio per l’Unità dei Cristiani, Mons. Marc Alliet, Vesco-vo di Bayonne in Francia e Don Alvaro Corcuera, LC, di-rettore generale dei Legionari di Cristo.

Nella sua omelia, il Cardinal Sodano ha descritto le principali linee dell’ordinazione sacerdotale ed ha sotto-lineato i tre uffici che da questa derivano: “essere maestro della verità, ministro della grazia e guida del popolo cristia-no”. Ha rilevato anche che ogni sacerdote “è chiamato a

essere missionario ovunque si trovi, e qualunque sia il lavo-ro affidatogli”.

Alla fine della cerimonia, Don Alvaro Corcuera ha chiesto in modo speciale l’intercessione di San Paolo “af-finché questi 49 nuovi sacerdoti vivano fino alla fine della lo-ro vita come lui, servendo Cristo e la sua Chiesa, ben stretti alla mano di Maria Santissima”.

Il giorno successivo, dopo la recita dell’Angelus in Piaz-za San Pietro, il Santo Padre ha salutato i neosacerdoti: “Carissimi, l’amore di Cristo, che spinse san Paolo nella sua missione, animi sempre il vostro ministero. Vi benedico di cuore insieme con i vostri cari!”.

Con questa ordinazione presbiterale, è arrivato a 800 il numero dei sacerdoti della Congregazione dei Legionari di Cristo.

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Il frate e lo scorpione

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46 Salvami Regina · Febbraio 2009

storIa Per bambInI... o Per aduLtI PIenI dI fede?

Il frate contemplò per alcuni istanti il prezioso oggetto e, compiaciuto della sua bellezza, disse al commerciante: “A che serve all’uomo conquistare il mondo intero se perde la sua anima?”.

olto tempo fa, quando le terre americane erano ancora in via di co-lonizzazione, si for-

mò un piccolo abitato vicino al mare. Il suo porto, ampio e sicuro, era molto frequentato da navi che andavano e ve-nivano, portando passeggeri, mercan-zie e novità da altre terre. Quest’attivi-tà fece prosperare l’abitato. I negozi e magazzini si moltiplicarono. Subito gli abitanti costruirono una nuova Chie-sa Matrice, bella e grande, al lato del-la quale i frati benedettini abitavano un austero monastero.

Lì si stabilì Carlo, un immigrante appena giunto dal Vecchio Continen-te con la sua famiglia, i suoi pochi be-ni e, soprattutto, con la speranza che nel Nuovo Mondo risiedesse il futu-ro prospero che sognava. Non si era ingannato, poiché la sua piccola atti-vità cresceva a vista d’occhio. In poco tempo, si trasformò in un ricco mer-cante.

Ma… il commercio non sempre si-gnifica prosperità. Il grande progres-so della città fece aumentare la con-correnza e, ogni anno che passava, gli affari di Carlo diminuivano ed i gua-dagni si riducevano.

Mal consigliato da falsi amici, egli consultò indovini e stregoni e usò in-vano ogni tipo di amuleti, ma queste pratiche superstiziose gli portarono solo nuovi insuccessi e giunse al falli-mento completo. La sua confortevole casa e tutti gli altri beni dovevano es-sere pignorati per saldare i debiti.

Una notte, ormai disperato, deci-se di raccontare a sua moglie, Dolores, quanto aveva fatto. La donna, che già da molto tempo era preoccupata per il comportamento strano del marito, ri-mase scioccata nel venire a conoscenza di tutti quei dettagli, ma seppe domi-narsi e conversando amabilmente con lui, gli disse che, quando con umiltà ri-conosciamo le nostre colpe, la Provvi-denza ci perdona e ne approfitta per darci un beneficio maggiore.

Il giorno successivo, Dolores ac-compagnò suo marito in Chiesa, do-ve egli si confessò e promisero di pre-gare insieme ogni giorno, chiedendo a Dio un mezzo per uscire da quella triste situazione.

Qualche tempo dopo, Dolores, gli disse:

— Oggi, mentre pregavamo, ho avu-to un’ispirazione. Chissà, se andando tu al monastero dei benedettini, i frati ci aiuteranno in qualche modo…

Carlo sentì in queste parole di sua moglie un segno, cioè che Dio avreb-be risposto al loro appello. Partì im-mediatamente e camminò sotto il so-le torrido di mezzogiorno, fino al ma-estoso monastero, con la certezza che lì avrebbe trovato aiuto.

Bussò alla porta e, poco dopo, il monaco portinaio aprì accogliendolo molto gentilmente:

— Dio sia lodato! In cosa posso servirla?

Carlo gli raccontò tutta la sua storia e si gettò ai suoi piedi, in lacrime. Il fra-

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Febbraio 2009 · Salvami Regina 47

te lo guardò con benevolenza, lo prese per un braccio e lo alzò, dicendo:

— Non si disperi! Abbia sempre fiducia in Dio e in Sua Madre Santis-sima. Loro la aiuteranno a rifarsi una vita. Nostro Signore ha detto: “Se avrete una fede della grandezza di un grano di senape, direte a questa mon-tagna: ‘Spostati da qui a lì, e lei andrà; e niente vi sarà impossibile’”. E se Lui cura con tanto affetto i gigli del cam-po, sarà mai possibile che abbandoni uno dei suoi figli?

Mentre il religioso cercava in tal modo di confortare Carlo, vide fuo-ri dal monastero, su un lato della pa-rete, uno scorpione spostarsi sopra le pietre. Senza mostrare alcun timore, prese il velenoso animale e questo … si trasformò istantaneamente in uno scorpione d’oro incastonato di pietre preziose. Un gioiello come mai prima si era visto!

— Abbia coraggio! Questo regalo di Dio la aiuterà ad uscire dalle sue difficoltà — disse, consegnando il prezioso pezzo al commerciante che lo guardava sbigottito.

Carlo ringraziò il caritatevole fra-te e tornò a casa esultante, raccon-tando tutto a Dolores. I due resero grazie a Dio per tale miracolo. I lo-ro problemi erano risolti. Vendette-ro a buon prezzo il gioiello e pote-rono, così, saldare tutti i debiti e ricominciare a vivere.

* * *Trascorsero vari an-

ni. In una lumino-sa mattina di prima-vera, un distinto si-gnore, ben vesti-to, suonò il cam-panello del mo-nastero bene-dettino, portan-do una scatola in mano. Il porti-naio aprì la por-ta e, come sem-pre faceva, sa-lutò amabil-mente:

— Dio sia lodato! In che cosa pos-so servirla?

— Dio sia lodato! Mio buon fra-te, sono Carlo, il commerciante. So-no qui per ringraziare Dio per i fa-vori ricevuti per mezzo della vostra disponibilità. Alcuni anni fa, sono venuto in questo monastero dispe-rato, chiedendo aiuto. E ho ricevu-to non solo i mezzi per rifare la mia fortuna, ma anche qualcosa di molto più prezioso: quel giorno, ho com-preso che la vera felicità non sta nel denaro, negli affari o in questo mon-do che passa, ma nell’affidarsi to-talmente nelle mani di Dio e di Sua Madre Santissima, fiduciosi solo in Loro. Con questo, la mia vita è cam-biata!

Detto questo, prese dalla scatola un bell’astuccio di velluto, lo aprì e

consegnò al religioso un meraviglioso scorpione d’oro e pietre preziose, più prezioso di quello che lo stesso umile frate gli aveva dato anni prima, frutto di un miracolo.

Il frate contemplò per alcuni istan-ti, con tutta tranquillità, il prezioso oggetto, compiaciuto della sua bel-lezza. Poi disse a Carlo:

— Figlio, si ricordi delle parole di Nostro Signore: “A che serve all’uomo conquistare il mondo intero se perde la sua anima?” e ancora: “Beati i pove-ri di spirito, perché di loro è il Regno dei Cieli”.

Successivamente, collocò lo scor-pione d’oro e diamanti nello stesso luogo dove, anni prima, si trascinava il precedente. Esso istantaneamente prese vita e continuò il suo cammino, scomparendo tra le pietre.

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48 Salvami Regina · Febbraio 2009

I SantI dI ognI gIorno ___________________________ FebbraIoI SantI dI ognI gIorno ___________________________ FebbraIo

1. IV Domenica del Tempo Ordi-nario.

San Sigiberto III, re (†656). Figlio del re merovingio Dagoberto, fu bat-tezzato da Sant’Amando. Saggio go-vernante, costruì diversi monasteri, diede generose elemosine alla Chie-sa e ai poveri.

2. Festa della Presentazione del Si-gnore.

Santa Caterina de Ricci, vergine (†1590). Religiosa domenicana. Visse misticamente la Passione di Cristo e ricevette le stigmate. Mantenne una relazione epistolare con San Filippo Neri, San Carlo Borromeo e Santa Maria Maddalena de Pazzi.

3. San Biagio, vescovo e martire (†320).

Sant’Oscar, vescovo (†865).San Simeone il vecchio e Sant’An-

na, profetessa. Ebbero il merito di sa-lutare il Bambino Gesù in occasione della sua presentazione al Tempio.

4. Beato Giovanni Speed, marti-re (†1594). Laico condannato duran-te la persecuzione di Elisabetta I per aver aiutato i sacerdoti cattolici.

5. Santa Agata, vergine e martire (†251).

Santa Adelaide, badessa (†1015). Proveniente dall’alta nobiltà, si fece religiosa e fu eletta badessa del mona-stero di Villich in Germania. Adottò la regola benedettina e diede impulso allo sviluppo culturale delle religiose.

6. San Paulo Miki e compagni, martiri (†1597).

Beato Alfonso Maria Fusco, presbi-tero (†1910). Si distinse per l’assiduità al servizio liturgico e per la diligenza nell’amministrazione dei sacramenti. Fondò ad Angri, in provincia di Saler-no, le Suore Battistine del Nazareno.

7. Beato Pio IX, Papa (†1878). Convocò il Concilio Vaticano I, pro-clamò i dogmi dell’Infallibilità Ponti-ficia e dell’Immacolata Concezione. Diede impulso alla vita religiosa, rin-novando e facendo fiorire le Congre-gazioni. Incentivò la devozione al Sa-cro Cuore di Gesù e all’Eucaristia.

8. V Domenica del Tempo Ordina-rio.

San Girolamo Emiliani, presbite-ro (†1537).

Santa Giuseppina Bakhita, vergi-ne (†1947).

Beato Pietro Ignei, vescovo (†1089). Monaco benedettino di Vallombrosa, discepolo di San Giovanni Gualberto.

Nominato da San Gregorio VII cardi-nale e vescovo di Albano.

9. Sant’Apollonia, vergine e marti-re (†250). Dopo aver patito numero-si supplizi, fu bruciata viva ad Ales-sandria d’Egitto, per essersi rifiutata di proferire blasfemie.

10. Santa Scolastica, vergine (†547).

San Guglielmo di Malavalle, ere-mita (†1157). Militare francese che, dopo una vita poco raccomandabile, si fece eremita e trascorse i suoi ulti-mi anni in preghiera e penitenza.

11. Beata Vergine Maria di Lou-rdes.

Beato Tobia Borras Romeu, mar-tire (†1937). Religioso dell’Ordine Ospitalare di San Giovanni di Dio. Esempio di bontà, umiltà e zelo, fu martirizzato durante la Guerra Civi-le Spagnola.

12. Sant’Antonio Cauleas, vescovo (†901). Patriarca di Costantinopoli, lottò per consolidare la pace e l’unità nella Chiesa d’Oriente, pregiudicata dallo scisma di Fozio.

13. San Martiniano, eremita (†398). Visse in solitudine nelle re-

“Martirio di San Paolo Miki e compagni” – Chiesa della Terz’Ordine di San Francesco, Salvador (Brasile)

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I SantI dI ognI gIorno ___________________________ FebbraIo

Febbraio 2009 · Salvami Regina 49

I SantI dI ognI gIorno ___________________________ FebbraIo

gioni impervie e scoscese nella zona di Cesarea, in Palestina.

14. San Cirillo, monaco (†869) e San Metodio, vescovo (†885). Patro-ni d’Europa.

Sant’Aussenzio, presbitero († sec. V). Abbandonato il suo posto nella guardia imperiale, si fece eremita e de-dicò il resto della vita alla pratica della mortificazione e alla difesa della Fede.

15. VI Domenica del Tempo Ordi-nario.

Beato Angelo Scarpetti, presbitero (†1306). Religioso degli Eremiti di Sant’ Agostino, nato a Borgo San Sepolcro.

16. Santa Giuliana di Nicomedia, vergine e martire († sec. IV). Della sua famiglia era l’unica ad essere cri-stiana. A 18 anni, per essersi rifiutata di sposarsi con un pagano, fu impri-gionata e decapitata.

17. Santi Sette Fondatori dei Ser-vi della Beata Vergine Maria (†1310). Erano mercanti che si ritirarono sul Monte Senario, nei pressi di Firen-ze, dove costruirono un oratorio de-dicato a santa Maria. Più tardi mol-ti chiesero ad essi di appartenere alla loro famiglia, così decisero di fonda-re l’Ordine dei Servi di Maria.

San Flaviano, vescovo (†449). Elet-to alla sede patriarcale di Costantino-poli, stabilì un tribunale per esamina-re il nestorianesimo e capeggiò l’op-posizione all’eresia monofisita.

18. Beato Guglielmo Harrington, presbitero e martire (†1594). Do-po essersi convertito al cattolicesimo ed essere stato ordinato a Reims in Francia, tornò al suo paese, dove fu condannato perché esercitava la sua missione sacerdotale.

19. Beata Elisabetta Picenardi, vergine (†1468). Nata a Mantova, si

consacrò a Dio prendendo l’abito dell’Ordine dei Servi di Maria. Pos-sedeva una particolare devozione all’Eucaristia e alla Santissima Vergi-ne. Si dedicò molto allo studio e alla meditazione delle Sacre Scritture.

20. San Leone, vescovo (†787). Religioso benedettino eletto vescovo di Catania. Si distinse per il suo im-pegno nella cura dei poveri e per la sua lotta contro gli iconoclasti.

21. San Pier Damiani, vescovo e dottore della Chiesa (†1072).

Beato Natale Pinot, presbitero e martire (†1794). Parroco di Louroux-Béconnais, durante la Rivoluzione Francese. Si rifiutò di giurare la co-stituzione civile del clero e cominciò ad esercitare clandestinamente il mi-nistero sacerdotale. Mentre si prepa-rava a celebrare una Messa, fu cattu-rato e, ancora rivestito dei paramenti Sacri, condotto alla ghigliottina.

22. VII Domenica del Tempo Ordi-nario.

Festa della Cattedra di San Pietro Apostolo.

Beata Maria di Gesù d’Oultremont, vedova (†1878). Dopo la morte del suo sposo, si occupò — senza trascurare l’educazione dei suoi quattro figli — di fondare e dirigere, a Parigi, la Congre-gazione delle Suore di Maria Ripara-trice, dedicata alla riparazione delle of-fese al Santissimo Sacramento.

23. San Policarpo, vescovo e mar-tire (†155).

San Giovanni, monaco (†1127). Suo padre fu ucciso e sua madre fatta schiava dai saraceni, che la portarono a Palermo, poco prima della sua nasci-ta. Ella educò nella fede cristiana il fi-glio e, quando questi compì 14 anni, lo inviò nella città dei suoi progenitori, affinché fosse battezzato. Fortemente attratto dall’eroismo della vita dei mo-

naci basiliani di quella regione, si unì a loro e si distinse per le sue virtù e per il suo spirito contemplativo.

24. Beato Marco De’ Marconi, re-ligioso (†1510). Condusse una vita di studi, orazione e mortificazioni nel monastero dell’Ordine degli Eremiti di San Girolamo, a Mantova.

25. Mercoledì delle Ceneri, inizio della Quaresima.

26. San Faustiniano, vescovo († sec. IV). Secondo Vescovo di Bolo-gna. Con le sue predicazioni, fortificò e fece fiorire la Chiesa oppressa dalle persecuzioni.

27. San Baldomero, monaco (†660). Lavoratore manuale nelle vi-cinanze di Lione in Francia, suscitava l’ammirazione di tutti, per la sua pie-tà e carità verso i poveri. Si dedicò in-tensamente all’orazione nel monaste-ro di San Giusto.

28. Beato Timoteo Trojanowski, presbitero e martire (†1942). Religio-so francescano del convento di Nie-pokalanów in Polonia, redattore del-la rivista Il Cavaliere dell’Immacolata, fondata da San Massimiliano Kolbe. Catturato durante la Seconda Guerra Mondiale, fu inviato al campo di con-centramento di Auschwitz, dove morì.

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Un segno della Alleanza Divina

CCarlo Toniolo

50 Salvami Regina · Febbraio 2009

L’ArcobALeno

Dopo il Diluvio, Dio ha voluto suggellare con gli uomini un’alleanza della quale l’arcobaleno è un simbolo.

Trascorsi molti secoli, una nuova Alleanza dovrebbe essere fatta, più bella e sublime della prima.

erti fenomeni atmosferi-ci evocano in modo ca-ratteristico il Creatore. Alcuni, come il fragore del tuono o la forza della

tempesta, ci ricordano il Suo illumina-to potere; altri, come il sorgere del so-le o la soave bruma del mattino, ci ri-portano agli aspetti benevoli e protet-tori dell’Altissimo.

Vi è, in ogni caso, una manifesta-zione della natura tutta speciale, che lo stesso Creatore ha scelto come

simbolo della Sua alleanza con gli uo-mini: l’arcobaleno.

Riguardo a questo misterio-so fenomeno, che fluttua intangibi-le nell’atmosfera come un vittorio-so combattente dopo la tempesta, di-ce la Genesi: “Dio disse: ‘Questo è il segno dell’alleanza, che io pongo tra me e voi e tra ogni essere vivente che è con voi per le generazioni eterne. Il mio arco pongo sulle nubi ed esso sa-rà il segno dell’alleanza tra me e la ter-ra. Quando radunerò le nubi sulla ter-

ra e apparirà l’arco sulle nubi ricorde-rò la mia alleanza che è tra me e voi e tra ogni essere che vive in ogni carne’ (Gen 9, 12-15).

Con l’avvento della Nuova Legge, questo antico simbolo del perdono di Dio ha cominciato ad essere conside-rato da molti autori sacri come una prefigurazione della Madonna. Co-sì, San Bernardino da Siena riguardo alla Vergine commenta: “Lei è l’arco-baleno dato dal Signore a Noè in segno di alleanza e come pegno del fatto che

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il genere umano non sarà più distrutto. E perché? Perché è Lei che ha dato al-la luce Colui che è la nostra pace, Co-lui che di due nature ha fatto una so-la persona”.

Un altro famoso studioso, il padre Thiébaud, aggiunge: “Quando, do-po una tempesta, vediamo l’arcobale-no che scende dalle nubi fino alla Ter-ra, non possiamo fare a meno di am-mirare questo bel manto, tessuto con i sette colori fondamentali, vero simbo-lo della misericordia. Lo splendore di

questo fenomeno però, subito si eclissa in presenza di Maria, nella quale i sette doni dello Spirito Santo hanno brillato con tanta magnificenza”.

La stessa Madre di Dio ha rivela-to a Santa Brigida, in un’apparizio-ne: “Questo arcobaleno, sono Io stes-sa che, con le mie preghiere, Mi abbas-so e Mi chino sopra i buoni e i cattivi abitanti della Terra. Mi chino sui buo-ni per aiutarli a rimanere fedeli e devoti nell’osservanza dei precetti della Chie-sa e sui cattivi, per impedire loro di pro-

seguire nella loro malignità e di diven-tare peggiori”.

* * *Così, quando, dopo un pomeriggio

piovoso, l’arcobaleno viene ad incan-tarci la vista e il cuore con i suoi colo-ri ora soavi, ora vibranti, ricordiamo-ci di questo messaggio che Dio stesso ci invia attraverso un così bell’emissa-rio: esiste un sublime ponte tra il Cie-lo e la Terra, una promessa di mater-na protezione: Maria Santissima, Ma-dre di Dio e Madre nostra.

Arcobaleno sul faro di Fanad Head -

Donegal (Irlanda)

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“Presentazione al Tempio” del Beato Angelico - Museo di San Marco, Firenze

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ra lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace se-condo la tua parola; perché i miei occhi han visto la

tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele.

Cantico di Simeone, (Lc 2, 29-32)