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SIBɧITIDE Il Nuovo Corriere della Gennaio/Marzo 2021 Anno 7 - N°1 AIUTACI A MANTENERE IN VITA LA RIVISTA “NUOVO CORRIERE DELLA SIBARITIDE” PAGANDO SOLO

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SIB ITIDEIl Nuovo Corriere della

Gennaio/Marzo 2021Anno 7 - N°1

AIUTACI A MANTENERE IN VITA LA RIVISTA“NUOVO CORRIERE DELLA SIBARITIDE”PAGANDO SOLO

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Anno 7 n. 1 - Gennaio/Marzo 2021Sped. in abb. post. Tab. D aut.DCO/DC Cosenza/127/2003 valida dal14-3-2003

Sede Redazione:870645 Corigliano Cal. Scalo (CS)

Via Nazionale, 57tel. (+39) 0983 885.985

cell. 392 46 22 722E-mail: [email protected]

DIRETTORE RESPONSABILE:Antonio Benvenuto

HANNO COLLABORATOA QUESTO NUMERO:Salvatore Arena, Franco Liguori, MarioVicino, Luigi Visciglia, Elmore Benve-nuto, Luigi Franzese, Salvatore Perrone,Serafino Le Fosse (Medico), DomenicoCassiano, Vincenzo Iapichino, RosaMaria De Rosis, Bombina Zangaro, Ma-rinella Scigliano, Pietro Pometti, ToninoOrsini.

FOTOGRAFIE: Salvatore Visca

CONTRIBUTO SPEDIZIONE 15,00SOSTENITORE 30,00

IBANIT43 G010 0580 6900 0000 0002 365

Benvenuto AntonioCorigliano Calabro (Scalo)

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La collaborazione è libera e gra-tuita. Ogni articolo o lettera verràpubbli-cato su decisione insindaca-bile del Direttore e del Comitato diReda-zione il cui contenuto rispec-chia il pensiero dell'autore e nonimpegna la responsabilità della te-stata. Non viene poi restituito al-l'autore.

FOTO di COPERTINA: CoriglianoCalabro - Schiavonea - Chiesa diSanta Maria di Nives.

SOMMARIO

NON V’HA LIBROSÌ CATTIVO

CHE NON ABBIA QUALCOSA DI

BUONO

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• I Vespisti di Cassano e Sibari

• Premi De Rosa

• La Corigliano di una volta nei ricordi di

Giovanni Patari

• Monumento ai caduti - Corigliano

• Piero Migliacci allo specchio

• Ricordo di Giuseppe Gianzi

• Codex Purpureus a Rossano

• La memoria è un vaccino contro l’indifferenza

• A mia sorella Mannina

• A mia nonna

• L’autobiografia di una nazione ossia la

libertà dei servi

• Mario Vicino cittadino onorario di Morano C.

• Iconografia mariana in Calabria

• Poeti di strada

• In montagna - poesia

• La scomparsa di Paolo Giorgio Ferri

• Bartolomeo Vivarini a Morano C.

• Laurea Marialuisa Simurro

• Il verbo transitivo - racconto

• A ricordo della memoria - poesia

• La vecchia casa - poesia

• La verità nascosta - poesia

• La donna è la bellezza del creato. Alla

donna - poesia

Attendiamo il vostro pareresulla rivista. Grazie

Da monello a sacerdotedi Francesco Chimenti

Gioacchino Da FioreEd. Rubettino

Gente di Calabriadi Antonio Delfino - Progetto 2000

Sette giornidi Beniamino Donnici

Tra cultura e scuoladi Giovanni SapiaAurora Corigliano

Poetica - opera omniadi Francesco Maradea

Qualche ricordodi Diego Valente

Historia apologetica di Coriglianodi Pugliese

Vecchi ricordidi Saverio Basile

Covid-19 - il virus della pauraLibero Editore Milano

Calabria Malata - sanità,l’altra ndranghetadi Massimo ScuraEd. Pellegrino - Cosenza

NOVITÀ LIBRARIE INVENDITA PRESSOLIBRERIA AURORACORIGLIANO SCALO

COMPRA NEIPICCOLINEGOZI

E DAI VITAAL TUO PAESE

I PICCOLI NEGOZISONO LA VITA

DEL PAESE

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Vespa: “un amore grande ed infinito”. La Pas-sione per la Vespa, la moto che, negli annicinquanta, sessanta, settanta ed ottanta, hasegnato un’epoca, compagna di tante scam-pagnate fuori porta, a Cassano allo Jonio èmolto sentita. Arrivano i Vespisti di Cassano.Il mito Piaggio non tramonta mai. I restaura-tori di moto d’epoca, a Cassano, hannocreato dei veri e propri capolavori, rendendola vespa, molto chic. Si è partiti dalla Lam-bretta, cimelio ormai introvabile per la qualei collezionisti, per averne una, chissà’ quantopagherebbero, per arrivare alle 50 e 125 px,ormai rieditate in formato scooter, la VespaPrimavera , ed i vari tipi , nell’ anno 2020 incommercio. La Vespa in Italia, è come le vec-chie Harley Davidson che si possono perso-nalizzare e modificare in toto, cambiandosedile, manubri ecc. Qualche anno fa, un ma-resciallo della Guardia di Finanza, possessore

di un vespone, ha fondato “I vespisti di Cas-sano e di Sibari”. Da allora, quando si senteparlare di raduni vespistici, il richiamo è forteed i giovani corrono, mettendo in vetrinatanti modelli vecchi e nuovi della storica Piag-gio. Innumerevoli i raduni, da una parte all’al-tra dell’Italia, che hanno sempre coinvoltocentinaia di giovani. Tanti i club dedicati alladue ruote. “I Vespisti di Cassano”, il “VespaClub” di Castrovillari ecc. Queste vecchiemoto sono ancora ammirate e ricercate.Anche il Presidente del “Vespa Club” di Ca-strovillari, Gaetano Bloise, nel quale ancoraregna alta la febbre per il vespino, ogni tantorispolvera il vecchio mezzo per fare una pas-seggiata in paese. Qualche anno fa, via Roma,a castrovillari è stata teatro di uno sciamedelle moto suddette, una vetrina eccezio-nale.

Luigi Franzese

I VESPISTI DI CASSANO E SIBARI

Magari un giorno sarò a Cassano allo jonioper presenziare o vincere un altro impor-tante premio. Recita così il Poeta conosciutoin tutto lo Stivale, Mario De Rosa di Moranocalabro. Ancora grandi riconoscimenti perlui. Quest’anno, il divin paroliere, si è acca-parrato anche il prestigioso premio alla car-riera: “Città di Castrovillari” Ferrante-Micieli.Con questo-chiosa, soddisfatto, Mario DeRosa-sono quattro premi alla carriera. Se-condo posto alle “Ragunanze” a Roma . E nonfinisce qui. Per il settimo anno è stato chia-

mato come Presidente del Premio “GiovanniBertacchi” di Sondrio, settima edizione. E’stato, inoltre, in giuria al premio delle Mar-che “L’Arte in Versi” e una delle sue poesie-ciliegina sulla torta-è stata inserita nella rivi-sta Euterpe. Il suo libro: “Navigando Silenzi”,è una raccolta delle sue più importanti poe-sie. L’autore ora vive a Castrovillari. Intreccidi splendidi versi che lo hanno reso noto intutta Italia.

Luigi Franzese

PREMI DE ROSA

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di Franco Liguori

LA CORIGLIANO DI UNA VOLTANEI RICORDI DEL POETA EGIORNALISTA CATANZARESEGIOVANNI PATARI (1866-1948)

E’ accaduto molte volte, negli ultimi vent’anni,che studiosi e ricercatori della storia locale cori-glianese, abbiano riportato nei loro scritti , branipiù o meno lunghi, di scrittori, giornalisti, viaggia-tori, che hanno riservato attenzione alla città diCorigliano o l’hanno visitata, descrivendone inpagine rimaste memorabili, le bellezze paesaggi-stiche, la natura rigogliosa, i tesori artistici e mo-numentali . Mi riferisco principalmente ai libri diMario Candido ( “Beni ambientali, architettonicie culturali di un centro minore del Sud: Cori-gliano Calabro”, 2002 ) e di Enzo Viteritti. Que-st’ultimo, con il quale ho intrattenuto un lungo eproficuo sodalizio culturale ed amicale e che ri-mane sempre nel mio cuore, ha dedicato un bel-lissimo volume, Corigliano di una volta (1996), araccontare la città di un tempo, con i suoi colori,i suoi odori e sapori, attraverso vecchie foto, di-segni , stampe e cartoline d’epoca, ma anche testiletterari di illustri scrittori e viaggiatori , dall’abatedi Saint-Non a Henry Swinburne, da Cesare Mal-pica a Nicola Misasi, da Alfonso Frangipane a Vin-cenzo Tieri , tanto per citare qualche nome.Uno scrittore manca in questa rassegna di autoriche hanno scritto su Corigliano : Giovanni Patari,ed è di lui e del suo attaccamento alla città, luogodi nascita di suo padre Giacomo, e luogo di ri-cordi della sua infanzia, che in questa mia notami voglio occupare.Dedico questo mio articolo al compianto amicoEnzo, che trasmise anche a me l’amore per la“sua” Corigliano, nei lunghi anni di collabora-zione al Serratore, il “mitico” periodico culturale

che rimane la testimonianza più bella del suo im-pegno civile, politico e culturale , “sintesi delpaese e dell’amore del paese” (G. Sapia), una ri-vista che sarebbe piaciuta molto a Giovanni Pa-tari, che tanto si spese culturalmente per lapromozione culturale della “sua” Catanzaro,senza, però, dimenticare la Corigliano di suopadre e della sua infanzia. Esattamente quelloche fece Enzo Viteritti per la sua Corigliano (maanche per il suo territorio: la Sibaritide) che , conla realizzazione di numerose e qualificate inizia-tive culturali (mostre fotografiche e di pittura,mostre librarie e documentali, pubblicazione dilibri e guide sul patrimonio storico-artistico dellacittà, incontri culturali e presentazioni di libri…)promosse dalla sua rivista, edita con continuitàdal 1988 per oltre un ventennio, innescò un veroe proprio “rinascimento coriglianese”, i cui fruttisi vedono ancora oggi ! E’ tempo, a mio avviso,che qualcuno si ricordi di lui e del bene che gli

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ha reso alla sua città, onorando la sua memoria,con l’intitolazione di una strada della nuova cittàdi Corigliano-Rossano, fusione che egli ha sem-pre auspicato, quando ancora nessuno ne par-lava. Mi auguro che i pubblici amministratoriadempiano quanto prima a questo doverosocompito !

Il poeta dialettale e il giornalista satirico, figlio delcoriglianese Giacomo Giovanni Patari, noto anche con lo pseudonimodi Alfio Bruzio , occupa un posto importante nellaletteratura calabrese tra Otto e Novecento e puòessere considerato un intellettuale poliedrico, ametà tra il poeta e il giornalista satirico. A lui hadedicato un ampio e lucido saggio storico-critico( L’attività letteraria e poetica di Giovanni Patari,Roma,2002) Carmine Chiodo, conoscitore e stu-dioso attento e puntuale della letteratura cala-brese, attualmente ordinario di LetteraturaItaliana all’Università Tor Vergata di Roma.Giovanni Patari nacque a Catanzaro nel 1866, dapadre coriglianese (Giacomo) e madre catanza-rese ( Maria Ciaccio, sorella del famoso medico efilosofo Giuseppe Vincenzo Ciaccio). Il padreGiacomo, nato a Corigliano nel 1810 e morto a Ca-tanzaro nel 1893), è noto come autore di un“Cenno storico su Corigliano Calabro” (1891), de-dicato proprio al figlio Giovanni, allorquando eraancora studente in Legge all’Università di Napoli.Giovanni Patari studiò nel liceo “Galluppi” dellasua città, e conseguì la maturità al “Filangieri” diMonteleone (oggi Vibo Valentia). A Napoli poi fre-quentò la facoltà di Giurisprudenza e fece parte– come apprendiamo dal sopracitato saggio di C.Chiodo – di un gruppo di giovani letterati cala-bresi, tra i quali figurano Antonino Anile, il poetaacrese Filippo Greco e il coriglianese FrancescoMaradea. Una volta laureato, Patari tornò nellasua Catanzaro, ma i suoi interessi furono rivoltipiù alla letteratura che al diritto e, invece che l’av-vocato, egli fece l’insegnante di lettere al Ginna-sio Galluppi. Svolse con passione l’attività di

professore e di educatore, scrivendo anche moltilibri scolastici. Oltre all’insegnamento, però, si de-dicò con altrettanto grande passione all’attivitàletteraria e giornalistica, collaborando al settima-nale umoristico “U strolacu” diretto da RaffaeleCotronei, prima di fondare egli stesso e dirigere,tra il 1902 e il 1905 “ U monacheddu”, un giornaleumoristico e burlesco, che ebbe un clamorososuccesso nel pubblico catanzarese e non solo. Fuamico stimato di Giosuè Carducci, di Giovanni Pa-scoli, di Edmondo De Amicis, di Nicola Misasi, deipoeti dialettali calabresi Michele Pane e VittorioButera.Amante del dialetto e della cultura catanzarese,Patari conosceva bene il dialetto e conservavatutte le espressioni del luogo natìo, originarie, le-gate al sapore dell’invenzione fresca. Egli sentivache soltanto attraverso il dialetto si poteva stabi-lire un contatto con una sorta di lingua perpetua,passata quasi inconsapevolmente di bocca inbocca, e il dialetto catanzarese usò moltissimonella sua poesia, portandolo a livelli artistici mairaggiunti prima. “Tirripitirri”, edito nel 1926, è illibro suo più famoso di poesia vernacolare catan-zarese. Alla poesia Patari approdò dalla cronaca:proprio dalla cronaca cittadina, dalla curiositàquotidiana, nei giornali e giornaletti che si stam-pavano a Catanzaro alla fine dell’Ottocento. Maegli fu anche conferenziere, narratore, storico,critico, e con le sue opere – come rileva giusta-mente Carmine Chiodo – “ha illustrato ed esaltatola Calabria nei suoi uomini migliori, nelle sue in-comparabili bellezze, nella gloria del suo passato,nella possibilità di un sempre migliore avvenire”(cfr.C.Chiodo- Poeti calabresi tra Otto e Nove-cento, Bulzoni, Roma, 1992, p.71-72).Tra i suoi scritti in prosa si ricordano : “Per la Ca-labria”, “Catanzaro d’altri tempi”, “Terra di Cala-bria- Paesi e Paesaggi”. Quest’ultimo libro, editoa Catanzaro nel 1925, è un vero inno alle bellezzepaesaggistiche, storico- artistiche ed archeologi-che della nostra regione, da lui raccontate e de-scritte con grande garbo realistico e spirito di

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ammirazione . Nel volume di circa 300 pagine,sono passati in rassegna e stupendamente de-scritti “paesi e paesaggi” dell’amata terra di Cala-bria, dai siti magnogreci di Crotone e di Sibari allebellezze naturali dell’Aspromonte, dalla “vecchiaRoscia” (Rossano) alla Corigliano “operosa e gen-tile”. Riteniamo di far cosa gradita ai Coriglianesi,riportando alcuni brani delle pagine che Pataridedica al paese della sua infanzia, nel libro sopra-descritto.

Corigliano nel forte desìo …“Il ricordo del mio paese dove io, fanciullo, vissilungo tempo, mi si affaccia spesso alla mente, su-scitandomi sentimenti e ricordi dolcissimi. E l’im-magine d’ogni sua cosa si riproduce conesattezza impressionante dinnanzi ai mieiocchi…”” : così scrive Giovanni Patari in un capi-tolo del suo libro “Terra di Calabria”, dedicatotutto a Corigliano, col titolo di “Corigliano, nelforte desìo…”. Ne riportiamo qui di seguito ipassi più significativi.“Isolato, sulla piccola altura ubertosa, accanto allabella chiesa di Sant’Antonio è il ginnasio Garo-poli, dove io pur qualche anno studiai; sulla stra-dicciuola erta e polverosa, è sempre un canorogridìo di scolari, e, quaggiù, dove comincia l’am-pia via che taglia il paese, i fabbriferrai fanno tut-tora un rumore d’inferno…Da qui, a destra, lecase, dai colori sgargianti, le une sulle altre sal-gono sempre sì da raggiungere la spianata delcolle; ed ecco, nelle vicinanze, un po’ in alto,l’orto del duca, tra i cui viottoli chi sa quante volteruzzai da ragazzo…Più addentro, il ponte-canaleerge ognora le sue duplici arcate rossicce e mas-sicce, quasi ad affratellare sempre più le due partiimpervie del vasto caseggiato. L’antica piazza dell’Acquanova brulica sempre di contadini e di ar-tieri gesticolanti e vocianti, nelle belle mattine difesta…Lassù, la piazzetta, presso il vecchio con-vento e la vecchia chiesa di S. Francesco di Paola,pur sorride allo Jonio profondo che l’è innanzi edall’ampia e fertile distesa di terre che le si ag-grappa da presso. Il castello, candido immanenibbio, con le sue cento finestre, con le sue quat-tro torri perfette, s’erge, tuttavia, e chi sa quantialtri secoli, lassù, bello superbo magnifico. (…).Dai merli del castello, in giù volgendo losguardo, il grosso paese si stende tutto, precisonei rioni. La parte più vecchia e più brutta: SanDomenico, l’Addolorata, San Pietro, Santoro, conle sue povere case, coi grami anneriti palazzi, di

là, a ponente, verso la montagna, e il grosso tor-rente che stride a valle…Poi, in alto, verso nord-est, il lungo braccio, frammisto di vecchi e nuovifabbricati, che termina alla chiesa ed al conventodel popolare santo di Paola. Da qui, di fronte almare, ad oriente, la parte nuova del paese, certo.Qui i palazzetti e le piccole case scendono giù, ascaglioni, sino a raggiungere la strada nuova cheva alla stazione ferroviaria ed alla Marina dellaSchiavonìa. Dappertutto, tra quel groviglio di abi-tazioni, si disegnano, come in tutti i paesi mon-tani della Calabria, vie e viuzze strette emalselciate. E, nei pomeriggi luminosi dei giornidi festa, turbe di monelli giocano alle bocce neichiassuoli sterrati; vecchi fumano la pipa di cretaseduti presso il limitare della porta; comari cian-ciano, e, spesso, all’aperto, altercano gridando fu-riose; fuori dagli usci vengono, talvolta,ninnenanne malinconicamente dolci; bestemmiedi giocatori avvinazzati risuonano dalle numerosecantine…E poi, a notte tarda, al chiaro di luna, e,talvolta ancora, nelle tempestose notti del verno,tra quelle viuzze, echeggiano canti appassionatidi amore e suoni forti e soavi di chitarre bat-tenti…Ma, nei giorni che non sono festivi, ilpaese è silenzioso nelle vie, operoso nelle umilicase. I contadini sono in campagna; le donne at-tendono alle faccende domestiche, o sono puresse al lavoro nei conci della liquirizia, alla rac-colta delle ulive quando gli è tempo, lassù allevigne quando è la vendemmia; le maestranze la-vorano tutte; il forte tic-tac dei telai che tessonola felpa mette in rumore sin le strade più lontanee i vicoli più tortuosi. La caratteristica del popolocoriglianese sono la parsimonia e l’operosità, en-trambe manierate d’una grande incomparabilebontà di animo, onde pur così si spiega il mottoch’è nell’arma del Comune: Cor bonum !...”.Veramente una bellissima pagina di letteraturaveristica e, al tempo stesso, una preziosa testimo-nianza “dal vivo” di un attento osservatore dellarealtà sociale della Calabria tra Otto e Novecento,che tutti i coriglianesi dovrebbero leggere e co-noscere, specialmente i giovani delle nostrescuole.NotaPer saperne di più sullo scrittore G.PATARI, cfr. F.Li-guori, Giovanni Patari, in “Dizionario biograficodella Calabria Contemporanea”(on line), a curadell’ICSAIC, Curatore: P.Sergi. Le foto dell’articolosono tratte dal volume di E.Viteritti: Coriglianod’una volta; Ed.Il Serratore, Corigliano C. 1996.

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di Salvatore Arena

E’ da più di due anni che attorno al Monumentoai Caduti, in piazza Vittorio Veneto, l’incuria deltempo ha fatto sciogliere la pittura che ricalcava inominativi dei militari ivi scolpiti.E’ probabile, anche, che le pitture a suo tempoadoperate non fossero delle migliori qualità.Fatto sta che è proprio deprimente sostare da-vanti al Monumento e non poter leggere i varinomi dei nostri caduti: per non parlare del par-cheggio consentito tutt’intorno.Più che di sciatteria si tratta, piuttosto, a nostromodesto avviso, di quella particolare tipologia didistinzione per le uniche testimonianze che espri-mono ricchezze di valori che restano durature nel

tempo.Inutile, perciò, che un Comune tenga un Monu-mento degradato.I Monumenti vanno sistematicamente curati.Quei nostri concittadini, hanno lasciato la lorogiovinezza sui campi di battaglia per dare a noi undomani migliore.Custodire il nostro Monumento e renderlo visi-bile al massimo è un dovere prioritario dell’Am-ministrazione Comunale.Noi ci rendiamo conto che il Covid sta contri-buendo a distrarci, ma quei morti non possiamotrascurarli all’infinito.Già due anni fa su Gazzetta del Sud il collega Er-nesto Paura ha avuto modo di porre all’attenzionedell’Amministrazione Civica e dell’opinione pub-blica il problema che io, adesso, riprendo;Per quel che mi risulta, e che mi viene confermatoda tecnici amici, la spesa, è irrisoria. Si tratta di ri-petere la tinteggiatura dei nomi e di far istallaredei faretti in modo che diano risalto a tuttal’opera.E questa volta non si può più procrastinare la col-locazione attorno al Monumento di due o tre la-pidi con scolpiti i nomi di 96 caduti nella PrimaGuerra Mondiale che non sono mai stati riportati.Non conosco i motivi di questa grave distrazione:sarà stato per negligenza, per ignoranza o per ra-gioni economiche, comunque sia, oggi bisognacorrere ai ripari. Ci tengo a chiarire che sono no-stri concittadini che non possono e non devonoessere ignorati. Sono giunto anni fa al riscontrodi questa lacuna, a seguito di mie ricerche che mihanno portato a pubblicare un libro su “Il Sacrifi-cio e l’eroismo dei coriglianesi nelle due grandiGuerre Mondiali” e sul quale ho riportato i 96 no-minativi dimenticati.Sarà, dunque, esaltante consegnare un giornonon lontano quei nomi alla città e ai parenti. To-gliamoli dall’oblio e restituiamoli alle nostre rifles-sioni, alle nostre preghiere, ai nostri ricordi.Restituiamoli alla nostra riconoscenza e al nostroaffetto. Accomunati in un unico abbraccio.

IL MONUMENTO AI CADUTI -AREA CORIGLIANO- IN ATTESA DI PICCOLI MASIGNIFICATIVI RITOCCHI

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di Salvatore Arena

L’8 agosto 2020 è stato presentato nella meravi-gliosa cornice del Quadrato “Compagna” di Co-rigliano Rossano, lido di Schiavonea, sotto uncielo stellato, un libro dello scrittore Enzo Cu-mino, edito dalla tipografia Orlando dell’area ur-bana di Corigliano, avente per titolo “Dal sognoalla realtà”.In questo libro viene passata in rasse-gna la biografia di “Piero Migliacci”, calabreseDoc, nostro simpatico concittadino, che da bar-biere di paese ha pensato bene fin da giovane,dopo un breve girovagare nel Nord Italia in cercadi lavoro, di rimanere a Roma per sempre, accoltodal signor Ricciardi Calderano, titolare di una ca-ratteristica bottega in via dè Fiori. Intanto, il no-stro Piero si è già sposato con Carmela, la suafidanzata di Schiavonea. L’ ambizioso, guarda in alto. Si butta a capofittonel lavoro.Segue gli insegnamenti del maestro. Perfezionala sua preparazione.Riesce a confrontarsi con la Roma bene. Ha unlinguaggio forbito.E’ discreto. Sa essere diplomatico. E quando il

maestro Peppino va in pensione trasferisce al suomigliore allievo la titolarità della famosa “Barbe-ria”. Ciò avviene il 2 gennaio 1966.Qualche mese dopo, Piero apre un proprio sa-lone in via della Vite coadiuvato dal figlio Ales-sandro. La Barberia si chiamerà “Antica BarberiaPeppino”. Sotto, i due nomi: Piero e Alessandro.Sarà un omaggio al vecchio maestro Peppino e in-sieme esprimerà la volontà dei Migliacci di noninterrompere una bella tradizione d’immagine edi storia da raccontare.Passano gli anni e Piero, nel frattempo, compie dapoco i suoi 80 anni.Ma è infaticabile. Continua a controllare le altreBarberie da lui create in Roma.E’ sempre sulla breccia con fervore giovanile.Il libro di cui stiamo parlando ha tracciato, dun-que, con stile e in più lingue, un vero e proprioconsuntivo della vita di Piero Migliacci il qualepuò dirsi fortunato per avere svolto il proprio la-voro in un ambiente favorevole. Comunque, ha ilgrande merito di avere nobilitato la professionedi barbiere col suo modo di presentarsi e discor-rere con ministri, ambasciatori, principi, attori epersonaggi stranieri. Di lui si è sempre scritto suilibri, quotidiani e riviste. Anche noi del “NuovoCorriere della Sibaritide”, ci siamo interessati diMigliacci perché ci sentiamo orgogliosi di averea Roma un eccellente concittadino che ha fattodiventare arte la sua professione e che ha ono-rato la sua terra d’origine, la Calabria, che lui amae dove di frequente si rifugia con gioia. In chiu-sura di serata non è mancato l’intervento del di-retto interessato il quale da par suo ha ringraziatotutti i presenti ed ha augurato ai giovani di nobi-litare sempre il proprio lavoro, qualunque essosia. Un particolare ringraziamento è stato rivoltoall’assessore Caudillo del Comune di CoriglianoRossano.A questo punto mi piace chiudere questo miomodesto “pezzo”, ricordando che tra i tanti pre-stigiosi premi ricevuti da Piero nel corso della suavita, quello più recente e significativo è del 23gennaio 2017 con cui la Ressaissance Francaise gliha conferito una medaglia d’oro e un diplomacon la seguente motivazione: “Ha portato la suaarte al più alto livello ed ha saputo far nascere vo-cazione e trasmettere il suo gusto d’eccellenza”.

PIERO MIGLIACCI ALLOSPECCHIO

Piero Migliaccio con moglie e figli

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di Salvatore Arena

All’ex Corigliano Calabro è giunta inaspettata lascomparsa di Giuseppe Gianzi, avvocato e do-cente universitario a Roma. Professionista serio,penalista rigoroso, aveva raggiunto una notorietànazionale. E’ stato l’orgoglio di Corigliano e tra ifigli migliori della Calabria.

Fino a qualche anno fa veniva spesso d’estate invilleggiatura nella sua villetta a Piano Caruso, equi s’intratteneva con i suoi vecchi amici.

Chi scrive ha avuto il piacere di essergli stato suocompagno di scuola all’epoca della SecondaGuerra Mondiale. Peppino è stato fin da piccoloil primo della classe. Alle medie, in ogni disciplinanon prendeva meno di 10, valutazione che inquei tempi era una vera eccezione. Per noi com-pagni è stato un punto di riferimento, un mo-dello, che, involontariamente, ti costringeva astudiare. Ma il “10” è stato sempre un suo meri-tato appannaggio. Sempre modesto. Non ha maimanifestato atteggiamenti di superiorità. E questedoti sono state fino all’ultimo momento il suomodus vivendi, unitamente alla sua vivida intelli-genza.

Frugando tra i miei ricordi di scuola, vedo Pep-pino Gianzi frequentare il liceo scientifico “F.Bruno” di Corigliano. Qui trova tra gli altri inse-gnanti mio padre (Filosofia e Storia) ma anche av-vocato. Peppino ne approfitta per porre domandee ottenere risposte afferenti al mondo giuridico.In cuor suo la scelta del suo futuro l’ha già fatta.Si fa cresimare da mio padre. Da quel momento,ogni sabato pomeriggio si presenta a casa mia ascegliersi un libro di giurisprudenza che, dopoaverlo letto, restituisce la settimana successiva.Prende di tutto, persino i volumi di medicina le-gale.

Giunto alla maturità scientifica, Peppino ha giàletto tutto. Si può dire che fosse già un avvocato.A luglio supera gli esami di maturità con il mas-simo dei voti. Però, secondo le leggi di quel-l’epoca, per iscriversi a giurisprudenza habisogno della maturità classica. Peppino non de-morde. Nei due mesi estivi si prepara e si pre-senta da privatista per la maturità classica checonsegue con grande successo al Liceo classico“S. Adriano” di S. Demetrio Corone. Ormai, la viaa Giurisprudenza è spianata.

Subito dopo la laurea, entrò nello studio dell’avv.Prof. Vassalli, di cui era stato allievo. Vassalli saràministro di Grazia e Giustizia e l’avv. GiuseppeGianzi è sempre lì a dare una mano al suo Mae-stro.

Ancor giovane, Gianzi approda anche all’Univer-sità, sempre a Roma, quale ordinario di diritto pe-nale.

E’ stato un grande perchè ha saputo associare lasua bravura professionale alla serietà e all’onestà.Per sua scelta, non ha mai amato i riflettori. Nonha mai voluto apparire come il primo della classe.

Io ho voluto ripercorrere il passato adolescen-ziale e di studi dell’amico Peppino Gianzi per pro-porlo soprattutto ai giovani perché ne faccianoesempio da imitare.

Ai suoi colleghi e ai tanti allievi romani il compitodi un approfondimento sul suo ruolo di docenteuniversitario e di studioso.

RICORDO DI GIUSEPPEGIANZI AVVOCATO EDOCENTE UNIVERSITARIOA ROMA

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Riceviamo e pubblichiamo

“Caino” o “cainetto” è, nel dialetto rossanese,colui che, nel lavoro edilizio, prepara, riempie,porge il secchio al “maestro”. Tale io mi sonosempre considerato nella mia continua e appas-sionata ricerca storica, nel mio continuo rovistaretra archivi e biblioteche, spesso coronato da pre-ziosi reperti, sempre rispettoso dell’opera deimaestri veri, anche se ho incontrato spesso, du-rante il percorso, falsi maestri che mi hanno pri-vato anche del secchio che porgevo loro.Questa premessa ritengo indispensabile a spie-gare l’ardire, fornitomi da convincenti circo-stanze, di entrare in un campo riservato a storicispecifici, quello dei problemi relativi al CodexPurpureus Rossanensis.Tra quelli più resistenti fin dal suo apparire allaluce, che si deve alla segnalazione del viaggiatorenapoletano Cesare Malpighi, il più fertile di ipo-tesi e fantasie, è il come e il quando della sua pre-senza in Rossano e della sua conservazione. Io mipermetto di affrontarlo in forza di preziosi ele-menti legati alla storia della mia famiglia, e di unalunga e mai spenta tradizione familiare.Tra le ipotesi più serie la più accreditata e larga èquella che lo fa derivare dall’Oriente a Rossanoper mano di monaci Melchiti, che partironodall’Oriente per sottrarsi alle persecuzioni icono-claste e si fermarono in buona parte in Calabria,

la terra più vicina al loro luogo di origini e la piùidonea, per la propria natura, all’esercizio delleloro attività e all’esigenza di ritiro e di contempla-zione.Detto questo, avanzo le seguenti osservazioni:

L’Andreotti, autorevole storico di Cosenza, at-1testa che alcuni di essi, nel 569, si fermarononel territorio di Paola, dove il nobile Giosafatdel Fosso, paolano, offrì loro gratuitamenteun casolare antico con annessa chiesetta dipertinenza, e il vescovo Palumbo, dall’altraparte, attribuì al Monastero, proprio in onoredi Giosafat del Fosso, il nome di De Fossis eche in seguito esso fu chiamato Sanata Mariadelle Fosse di Giosafat. Non è impossibile chequei monaci, per riconoscenza, donassero alloro benefattore il prezioso cimelio che ave-vano portato dall’Oriente.

La segnalazione da parte del Malpighi (“Il Ca-2pitolo di Rossano possiede un tesoro in unlibro antichissimo che contiene gli Evangeliscritti in greco…….”) è contenuta nel suo“Diario di viaggio” del 1845-46.

Nel 1878 il medico rossanese Pietro Romano,3nel suo “Frammento di Storia Patria sulDuomo ed Episcopio di Rossano”, informache al suo tempo l’evangelario era in Rossanoe custodito da un canonico “di cui si ignoral’identità”, probabilmente sottratto al rischiodi ladroneccio e spoliazione.

Il mio Casato, derivato dal territorio di Paola,4figura nei documenti col cognome Lefosse,alternato spesso a Delle Fosse, o Del Fosso, etalora De Fossis come il Monastero

Un’antica tradizione di famiglia, che mio5nonno, mio zio Filippo e mio padre ignari del-l’esistenza del Codex Purpureus Rossanensis,richiamavano spesso, voleva che i Lefosse cu-stodissero gelosamente nel loro tesoro di fa-miglia un prezioso manoscritto antichissimo.

Il mio Casato è contrassegnato da una conti-6nua presenza di uomini di chiesa: Matteo Le-fosse, Arcidiacono, secolo XVI, MarcoLefosse, Sacerdote, sec. XVI, Francesco Le-fosse, Sacerdote, sec. XVI, Nunziato Lefosse,Cantore, Teologo, Filosofo, sec. XVIII, Lo-renzo Lefosse, Diacono, Teologo, Filosofo,

LA PRESENZA DEL CODEX PURPUREUSA ROSSANO

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sec. XVIII, Marcantonio Lefosse, Canonico,Cantore, sec. XVIII, Giuseppe Maria Lefosse,Sacerdote, servo di Gesù, Maria e tutti i Santi,sec. XVIII, Francesca Saveria Lefosse, Badessa,sec. XVIII, Aloisia Lefosse, Suora, sec. XVIII,Mariano Lefosse, Teologo, Filosofo, Arcidia-cono, Vicario Capitolare, Rettore, sec. XIX,Vincenzo Lefosse, Arcidiacono, Teologo, Ret-tore, sec. XIX, gli ultimi due contemporaneidello storico Pietro Romano.

A questo punto le mie conclusioni sull’origine e

sulla presenza in Rossano del prezioso cimeliodovrebbero essere ovvie ed io potrei ritenermenecerto, individuando il suo custode in uno di essi,verosimilmente Mariano o Vincenzo, ambedueappartenenti al secolo XIX. Ma io riconosco contutta umiltà che ogni teoria è discutibile e perciòoffro i dati sopra descritti alla riflessione degli stu-diosi specifici, nella speranza che le mie conclu-sioni siano da essi guardate con l’attenzione chea me sembrano meritare.

Serafino Lefosse (medico)

Anche la Giornata della Memoria, celebrata il 27gennaio – data simbolo della scoperta degli orroridi Auschwitz – è stata sottoposta ai diktat impostidalla pandemia, ma all’I.C. Erodoto, diretto dalladirigente dott.ssa Susanna Capalbo, il Covid nonha fermato i viaggi della Memoria. Nel rispettodelle normative per il contenimento del rischio dicontagio, quest’anno le classi terze della scuola se-condaria di 1° grado attraverso la metodologia delrole playing hanno rappresentato le pagine tristidel Nazismo e del Fascismo, dell’emanazionedelle Leggi razziali, ma anche le storie di speranzae di altruismo. Attraverso un’abile interpretazione,accompagnata da un lavoro di ricerca e di lettureemotivamente coinvolgenti, gli alunni, sono en-trati nell'atmosfera drammatica dei lager e hannointerpretato le storie dei sopravvissuti che hannotestimoniato con racconti drammatici gli orrori su-biti e a cui hanno assistito.Come non ricordare Anna Frank, Liliana Segre,Nedo Fiano, Andra e Tatiana Bucci, Sami Modiano,Elisa Springer, Sophie Scholl, Primo Levi, ma ancheil sig. Luigi Algieri, nostro concittadino, soldatodella nostra Patria durante la II Guerra Mondiale,ma soprattutto sopravvissuto ai campi di sterminiodi Auschwitz e Bocum, dove ha assistito alle de-portazioni, ha visto donne, uomini e bambinipiangere nel dirigersi verso le camere a gas e versola morte. Fu proprio in occasione della GIORNATADELLA MEMORIA 2019 che la dirigente e i docentidella scuola sec. di 1° grado “Erodoto” lo invita-rono come testimone diretto di quel periodo incui il “Sonno della ragione” prese il sopravvento.Accompagnato dal prof. Salvatore Arena e alla pre-senza di un numeroso gruppo di studenti, do-centi, genitori e rappresentanti della cittadinanza,quel giorno, visibilmente commosso, prendendola parola, raccontò episodi di quell’epoca buia edella sua esperienza di deportato e di sopravvis-

suto. Alla fine si rivolse ai giovani ai quali indirizzòparole semplici, espresse con dolcezza e Fede nelSignore e in San Francesco di Paola. Invitò tutti acoltivare e preferire la Pace, per respingere e rifiu-tare la Guerra che porta solo morte e distruzione.“Ed è stato l’ultimo regalo che ha fatto alla gio-ventù di Corigliano”, queste le parole del prof.Arena che ha curato la pubblicazione di “Luigi Al-gieri, uscito vivo dai lager nazisti”. Nel nuovoplesso della scuola secondaria di 1°grado Erodoto,attraverso la filodiffusione, i docenti di tutte leclassi hanno invitato gli studenti ad una riflessionesulla natura del male e dell’odio, ma anche sui va-lori della solidarietà, della democrazia e della tol-leranza verso la diversità culturale, per impostareun percorso di conoscenza altamente formativo,fatto di scambio, condivisione e crescita perso-nale. Poiché non è stato possibile favorire la pre-senza dei genitori e della cittadinanza, per evitareassembramenti, le attività -evento sono state do-cumentate on-line dagli alunni, pertanto i videosono disponibili sulla pagina facebook dellascuola e sui vari social.

“LA MEMORIA È UN VACCINO PREZIOSOCONTRO L’INDIFFERENZA”L’Istituto C. Erodoto di Corigliano ha ricordato gli orrori di Auschwitz Ricordato l’incontro con Luigi Algieri nel 2018: “ultimo regalo fatto alla gioventù diCorigliano”

Luigi Algieri (a sinistra) intervistato negli anni scorsida Salvatore Arena (a destra).

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Giorno 18/01/2021, mentre si faceva sera e lagente di Corigliano si apprestava a rientrare acasa per porre termine ad una normale giornatadi lavoro, si è sparsa, come un fulmine a ciel se-reno, la notizia della improvvisa dipartita di Ma-rianna Orsini, meglio conosciuta come Mannina,che al momento era ricoverata presso l’ospedalecivile di Castrovillari per essere sottoposta ad unbanalissimo esame di routine.Mannina Orsini era nata nel 1941, da Paquale edElena. Erano gli anni della seconda guerra mon-diale, la situazione economica del paese era pre-caria, per la gente vi era incertezza, un pò comeadesso per colpa della pandemia.La nascita di Mannina, per mio padre fu perciòavvertita come un auspicio positivo per il suo fu-turo. E così fu!La mia cara sorella si sposò nel 1963, giovanis-sima, presso il Santuario Francescano di Paola,con il suo amato Francesco. Dal loro matrimonionacquero quattro meravigliosi figli; Filomena,Enzo, Fabio e Pasquale, nome quest’ultimo inomaggio naturalmente al padre, a cui ella eramolto legata.Mannina fu una mamma amorosa, una moglieimpeccabile e una nonna affettuosa, amò i nipotipiù di se stessa, li amò tutti con tenerezza e tra-sporto, tutti allo stesso modo, ma per la sua “Mo-rettina” (la nipote Elmore), aveva un deboleparticolare.

Era una donna molto presente nella società. Nonlesinò di un consiglio, di un aiuto a chi ne avevabisogno, a chi si rivolgeva a lei. Molti, infatti, la ri-cordano per il suo viso sempre sorridente e perla sua travolgente allegria.Amava il ballo, praticato per tanti anni insieme almarito, amava la compagnia, partecipava con en-tusiasmo a tutto ciò che le veniva proposto, erasempre presente alle varie manifestazioni citta-dine, in particolare agli incontri culturali organiz-zati dal genero Gianfranco Benvenuto presso laMondadori Point di Corigliano. Tra i più recenti, ricordo la sua partecipazione allapresentazione del libro “Storia segreta dellandrangheta”, dell’insigne magistrato Nicola Grat-teri, procuratore antimafia di Catanzaro. Nelcorso di quella indimenticabile serata, furonoscattate molte fotografie, tra le quali una foto incui lo stesso magistrato posava insieme a Man-nina. Mia sorella tenava molto a quella fotografia,non solo per il prestigio del personaggio Gratteri,ma anche per la integrità morale e il senso di giu-stizia che quel magistrato rappresenta nella storiadella Calabria e dell’Italia, valori condivisi daMannina ed a lei inculcati in particolar modo dalpapà Pasquale.Oggi ci lasci un grande vuoto dentro, ma nonsmetteremo mai di tenere vivo il tuo ricordo.

Tonino Orsini

A MIA SORELLA MANNINA

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Nonna Manninella,così come ti chiamavo io, pensavo che questo giorno non arrivasse mai e in-vece, purtroppo, è arrivato troppo presto e ina-spettatamente.Non sarà facile andare avanti, perché tu nonna eriparte integrante della mia vita, non eri solo una nonna, ma una mamma,un’amica, una confidente, una parte di me cheoggi perdo!! Una persona sempre con il sorriso,solare, simpatica, gioiosa, vera!ma soprattuttouna persona che amava la vita. Un vero esempio da seguire, perché la tua bontànonna era una qualità che ti distingueva!! C’è una frase molto bella che dice“un nonno ti vede nascere sapendo che forse tilascerà prima degli altri, forse è per questo che tiama più degli altri” e tu nonnina mia mi hai datotanto, spero di averti dato anche io tutto l’affettodi cui avevi bisogno!! Ora ho un angelo accanto a me che mi accompa-gnerà e proteggerà sempre!! Grazie di tutto nonna

La tua Morettina Elmore Benvenuto

A MIA NONNA

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di Domenico A. Cassiano

Il prof. Maurizio Viroli, docente di teoria politicaall’Università di Princeton, in un suo recente sag-gio significativamente intitolato La libertà deiservi (ed. Laterza, 2010, pp. 144), prova a spiegareciò che è accaduto e sta accadendo nella politicaitaliana. Parte dalla distinzione tra libertà del cit-tadino e libertà del suddito. La prima “consistenel non essere sottoposti al potere arbitrario oenorme di un uomo o di alcuni uomini”. La se-conda, invece, nell’assenza di ostacoli “nel perse-guimento dei nostri fini”. In termini più semplici:la libertà non tollera alcun padrone, né buono nécattivo. Poiché essere liberi presuppone di nonessere sottoposti ad un potere enorme di una opiù persone, ne consegue che gli Italiani nonpossono dirsi liberi perché essi sono, sì, liberi magodono della libertà dei servi o dei sudditi, sot-toposti come sono all’enorme potere di SilvioBerlusconi, proprietario di televisioni, di giornali,di case editrici, che può contare su una ricchezzaspropositata e su un partito personale, da lui fon-dato e prono ai suoi voleri ed i cui componenti“sono fedeli non ad un ideale ma a lui”. Tale si-tuazione ha dato origine al “sistema della corte”:“una forma di potere caratterizzato dal fatto cheun uomo sta al disopra e al centro di un numeropiù o meno grande di individui – i cortigiani – chedipendono da lui per avere e conservare ric-chezza, status e fama”.Le fonti del pensiero politico liberale e repubbli-cano, antico e moderno, affermano ad unanimitàche la libertà del cittadino si sostanzia nella ne-cessità di non essere dipendenti da altro soggettoche dispone di un potere enorme ed arbitrario:enorme perché superiore a quello di tutti gli altricittadini, può sfuggire alla sanzione delle leggi opuò farle a suo piacimento secondo i suoi inte-ressi; arbitrario perché non incontra ostacoli nelsuo esplicarsi coll’imporre la propria volontà. Ci-cerone, dopo avere affermato che la vera libertàesiste solo “in quella repubblica in cui il popoloha il sommo potere” e le leggi garantiscono “unaassoluta uguaglianza di diritti”, esemplifica il con-cetto rilevando che “la libertà non consiste nel-

l’avere un buon padrone, ma nel non averne af-fatto”. Questa concezione fu ulteriormente ap-profondita ed elaborata dai giuristi e filosofiumanisti e, successivamente, dagli scrittori libe-rali e repubblicani. Per Machiavelli, gli uomini li-beri sono quelli che “non dipendono da altri” e“nascono liberi e non schiavi”. Similmente perJohn Locke è libero chi agisce nei limiti delle leggi“senza essere in ciò soggetto alla volontà arbitra-ria di un altro”. Per J. J. Rousseau, “un popolo li-bero obbedisce ma non serve” perché obbediscesoltanto alle leggi e non ha padroni; anzi, proprioper il fatto che osserva le leggi “non diventa servodegli uomini”.Tanto perché la libertà dei cittadini è garantitadalle leggi e, quindi, è libertà nelle leggi e nondalle leggi. Sono le leggi che preservano la libertàdei cittadini, determinando le condizioni di ugua-glianza. Se in uno Stato c’è qualcuno che è piùpotente delle leggi o che può usarle a suo piaci-mento, ivi non esiste la libertà dei cittadini perchéuno Stato che vuole “vivere in libertà” non devepermettere che un cittadino o un gruppo di cit-tadini “possa più che le leggi”. Nella Firenze delQuattrocento, i Medici, diventati troppo grandi“sopra gli altri”, resero serva la città, anche senzal’uso della violenza fisica. Situazione rimarcatadal Machiavelli con l’annotazione che “una cittànon si poteva chiamare libera, dove era un citta-dino che fusse temuto dai magistrati”. Il sistema della corte si afferma e consolidaquando in uno Stato – come nel caso italiano – èpermesso a qualcuno con un enorme potere eco-nomico e che per sovrappiù gestisce buona partedei mezzi di comunicazione di massa ed è ancheil padrone di un partito personale, composto dipersone a lui devote e prone, di porsi di fatto aldisopra degli altri, acquisendo un potere straor-dinario che nessun capo di governo democraticomai ha avuto in occidente. Nel contesto del si-stema cortigiano, tutto il potere è nelle mani delsignore e padrone, che occupa la “posizione piùelevata e centrale” rispetto a tutti gli altri soggetti,che scelgono di sottostagli “per avere, conser-

L’AUTOBIOGRAFIA DIUNA NAZIONE OSSIALA LIBERTÀ DEI SERVI

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vare e aumentare ricchezza, status e la possibilitàdi apparire ed essere ammirati”. Ed è il signoreche distribuisce favori e prebende ai cortigianicosì come li può efficacemente privare o altret-tanto efficacemente minacciarli qualora venisseromeno al vero e proprio obbligo di fedeltà. I bene-ficati, tratti dall’oscurità e diventati – senza meritipropri - deputati, ministri, presidenti di Regioneecc., per volere del padrone, si trasformano perforza di cose suoi in feroci sostenitori sia per ac-quisire nuovi favori sia per non perdere quelli giàacquisiti. Una enorme catena – a volte, di fango –lega necessariamente gli uni agli altri e tutt’in-sieme al signore e padrone. Tale gerarchia me-dioevale, in cui un soggetto diventaignominiosamente “homo” di un altro uomo, hasoltanto la parvenza di partito; in effetti, si è inpresenza di una nuova forma di infeudazione, incui nessuno può mettere in discussione la parolae le decisioni del signore. Pena la cacciata imme-diata dalla comunitas fidelium e la messa albando del reprobo. Il caso dell’onorevole Fini –Presidente della Camera dei Deputati e non l’ul-timo peones – scacciato dal partito, di cui erastato cofondatore, per non essersi allineato alledecisioni del signore e padrone, è assai significa-tivo della situazione di degrado politico, culturalee sociale, di servitù volontaria, in cui è precipitatal’Italia. Ricorda il Prof. Viroli che i “segni” del nuovo e de-gradato potere pubblico hanno inferto ferite pro-fonde nel corpo della nazione. Come al tempodei Medici, il signore ha introdotto la pratica diconvocare, nelle sue numerose ville, politici na-zionali ed esteri per trattare le questioni pubbli-che, così esaltando la sua ricchezza ed il suopotere ed oggettivamente avvilendo la libertà e ladignità repubblicana. Centrale è la presenza delle“cortigiane” che – come ha già spiegato il Casti-glione – svolgono il ruolo di “allietare il signoreed i suoi cortigiani” e che, per ricompensa delleprestazioni, ricevono benefici vari, in spicchi dipotere od in denaro. Le cronache del tempo ber-lusconiano sono affollate da attrici, attricette, di-vette, escort, veline, letterine e simili, checomplessivamente i giornali qualificano come ungrande “puttanaio”. Accanto alle cortigiane ed aicortigiani, non manca il giullare che, con le suecanzoni o con quelle composte dal signore, in-trattiene la compagnia, a volte, cantando insieme

allo stesso signore inni e canzoni “senz’anima”.Ma proprio perché “senz’anima” – annota il Viroli– “è perfetta per un popolo di cortigiani chel’anima l’hanno venduta al signore”.Ora, se si prova ad immaginare per un solo mo-mento questa Italia, lastricata da schiene curve,raffrontandola con quella di Giolitti, De Gasperi,Togliatti, Berlinguer, Moro, Fanfani, La Malfa,Amendola ecc., si tocca con mano il baratro mo-rale e culturale in cui è caduta con gli innumere-voli odierni cortigiani, pronti e disposti ad avallarepubblicamente tutte le tesi – anche le più invero-simili – del signore, malcelando risentimenti esordi rancori e maturando quella aggressività ver-bale “che scaricano di preferenza contro le per-sone libere, quelle che, con schiera dritta, non sipiegano ai capricci di un signore”. La “gente”,come oggi si usa dire, assiste perlopiù allo spet-tacolo forse sperando “di ottenere fama, onori edenari”. La sconsolata conclusione del Viroli èche, così, “la corte penetra nel corpo della na-zione, e con essa i modi di pensare, parlare e agireservili”.Eppure, nonostante il degrado in cui è caduta, èancora possibile riscattare la nostra Repubblica,trasformata in una grande corte con il consenso– purtroppo! - di milioni di italiani, e con le con-seguenze orripilanti del servilismo, dell’adula-zione, dell’immedesimazione con il signore, dellaprevalenza del desiderio di apparire anche a sca-pito dell’onorabilità, dell’arrogante presenza dibuffoni e di cortigiani. Quale potrà essere il rime-dio? Esso dipende dalla natura del male. Poiché ilmale è costituito dalla perdita della dignità di cit-tadini, occorre urgentemente riscoprire il “me-stiere del cittadino”. Naturalmente si tratta di“scelte coraggiose ispirate da una profonda devo-zione all’ideale della libertà repubblicana. La solaalternativa alla libertà dei servi – specifica il Prof.Viroli – è la libertà dei cittadini”. Non è inutile sot-tolineare – come rileva lo stesso Autore – che iservi emancipati non diventano immediatamenteliberi, ma liberti “che hanno – come scrisse PieroCalamandrei - ancora nella schiena l’anchilosidell’assuefazione agli inchini e non riescono asentire i nuovi doveri della libertà”. Ma Calaman-drei scriveva tali parole oltre un sessantennio fa.Ora - è l’amara conclusione del Viroli – “granparte degli italiani non si sono elevati da liberti acittadini, ma regrediti da liberti a servi volontari”.

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di Salvatore Perrone

IL DOCENTE MARIOVICINO CITTADINOONORARIO DI MORANOCALABRO

Sabato 3 ottobre 2020 il Consiglio Comunaledi Morano Calabro (Cs), attraverso un atto de-liberativo, ha conferito la cittadinanza onora-ria a Mario Vicino, docente emerito di Storiadell’Arte nei Licei, socio della Deputazione diStoria Patria per la Calabria e socio corrispon-dente della prestigiosa Accademia Cosentina,“Riconoscendone l’impegno profuso nel cu-stodire, diffondere e valorizzare il nostro pa-trimonio storico, artistico e culturale, in Italiae all’estero”.La pubblica attestazione dei meriti, simboleg-giata materialmente da un diploma, nel ri-spetto dell’art. 2 del Regolamento municipaleche disciplina la materia, resa immediata-mente esecutiva e iscritta nell’apposito regi-stro delle concessioni istituito presso lasegreteria dell’Ente, è stata attribuita con vo-tazione unanime dai presenti e consegnata dalsindaco dott. Nicolò De Bartolo all’illustreconcittadino. “È un onore e un privilegiol’omaggiare una figura di così alto profilo espalancare le porte della nostra comunità a unfiglio di questa nostra Terra di Calabria. Un fi-glio che spende i suoi giorni nello studio enell’approfondimento, nella ricerca e nella in-terpretazione della realtà, concorrendo a vei-colare l’immagine sana e bella del nostroBorgo attraverso i suoi scritti”. Così dunque siè espresso il sindaco Nicolò De Bartolo, con-tinuando poi a dire: “Riteniamo che promuo-vere la cultura sia soprattutto questo, e una

persona come il prof. Vicino – che porta a farconoscere il nostro Borgo in Italia e nelMondo –, merita il giusto riconoscimento.Proseguiamo nel solco delle cittadinanze ono-rarie assegnate a coloro i quali si impegnanoa diffondere, valorizzare e proteggere il patri-monio artistico e culturale del nostro territo-rio. In più, quella del prof. Vicino – come hasottolineato il consigliere con delega alla Cul-tura, dott. Mario Donadio – è una cittadinanzache richiama i natali dei suoi avi”.Mario Vicino nel ringraziare il sindaco dott.Nicolò De Bartolo e l’intero Cosiglio comu-nale, richiamando San Bernardino da Siena eil suo “[…] dire chiaro […] dire brieve […] direbello”, si è così espresso: “Ricevere la cittadi-nanza onoraria di Morano Calabro, per me èuna gioia grandissima. Nelle mie pubblica-zioni letterarie di ambito artistico, racconto ivari svolgimenti storici e figurativi che si sonoverificati in Calabria, e a tal proposito eviden-zio che il primo febbraio di quest’anno ho te-nuto nel Borgo tra i più belli d’Italia al qualeormai fiero appartengo, una conferenza pro-mossa dalla locale amministrazione comu-nale, sulle Opere d’Arte custodite nelloscrigno moranese, inaugurando il logo che ac-compagna le mie iniziative, fondato sull’art. 9appartenente alla Costituzione della Repub-blica Italiana (La Repubblica promuove lo svi-luppo della cultura e la ricerca scientifica etecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio sto-rico e artistico della Nazione), così denomi-nato : La Costituzione Italiana e la bellezza –Opere d’Arte in Calabria, una storia naturalee civile. Inoltre ho radici moranesi, perchémio nonno materno, Antonio Anelo era diMorano, ed era fine artigiano dedito magi-stralmente alla lavorazione del legno, vissutotra la seconda metà dell’Ottocento e la primadel secolo scorso. Ideava e realizzava bariliper il trasporto dell’acqua, nonché tuttoquello che attraverso l’arte lignea, poteva es-sere utile nel quotidiano”.Il prof. Vicino, nel rivolgere ulteriori ringrazia-menti, ha dedicato la cittadinanza onoraria aisuoi genitori, Salvatore e Antonietta Anelo Vi-cino.

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PRESENTATO IN CATTEDRALE LO STUDIO DI MARIOVICINO SULL’ICONOGRAFIA MARIANA IN CALABRIAL’iniziativa si è tenuta nell’ambito delle celebrazioni della festapatronale del Pilerio

Il 10 febbraio scorso il prof. Mario Vicino, docenteemerito di storia dell’arte nei licei e autore di varieopere di approfondimento sull’arte calabrese, ha te-nuto nella Cattedrale di Cosenza una lectio magi-stralis sull’iconografia mariana in Calabria. Il prof.Vicino si è occupato dell’argomento sia nel volume“Imago Mariae” (Ed. Aurora 2016), sia in una serie diarticoli di approfondimento pubblicati nei mesiscorsi sul settimanale “Parola di Vita”, nei quali hapresentato un’opera mariana per ciascuna delle dio-cesi calabresi. L’evento, collocato nel calendario di celebrazioni inonore della patrona di Cosenza, è stato precedutodal saluto di don Luca Perri, parroco della Catte-drale, che ha ricordato che per l’occasione è stataesposta l’icona originale della Madonna del Pileriocosì come è sempre avvenuto nella storia di Co-senza in occasioni di particolari difficoltà, propriocome la pandemia in corso. Lo studioso Lorenzo Coscarella, nella sua introdu-zione, ha invece brevemente illustrato alcuni aspettidel legame tra Cosenza e il Pilerio, legame che nascenel XVI secolo e si rafforza nel secolo successivo,trovando nella Cattedrale il luogo privilegiato diespressione sia di fede che di arte.Il prof. Mario Vicino ha quindi presentato il suo stu-dio sull’iconografia mariana in Calabria partendo

dalla preghiera-supplica alla Vergine Maria dell’ul-timo Canto del Paradiso dantesco, “Vergine Madrefiglia del tuo figlio”, uno degli esempi più alti di poe-sia ma anche di preghiera che la letteratura italianaabbia prodotto. Vicino ha dapprima presentato lastoria dell’iconografia mariana, un percorso che ini-zia con le prime raffigurazioni di Maria nelle cata-combe romane, come la Madre col Bambinodipinta nei primissimi secoli del Cristianesimo nelcimitero di Priscilla sulla via Salaria. Tappe importantidi questo percorso sono stati i concili, come quellodi Efeso del 431, nei quali la venerazione della madredi Cristo è stata oggetto di particolari attenzioni. Ilculto verso la Vergine ha assunto così diverseespressioni e le immagini che la raffiguravano lapresentavano con diversi attributi, e Vicino ha evi-denziato i collegamenti tra queste fasi e gli esem-plari di icone di ispirazione orientale ancorapresenti in Calabria, terra che è da sempre ponte traOriente e Occidente. Il professore si è quindi soffermato in particolare sutre opere: l’icona della Madonna di Romania a Tro-pea, l’affresco della Madonna del Castello a Castro-villari e soprattutto l’icona della Madonna del Pilerioa Cosenza, già oggetto di una lectio magistralis di Vi-cino tenuta nel 2018 nella stessa cattedrale. Vicino ha concluso la sua esposizione, seguita dauna platea attenta e partecipe, con “Vergine bellache di sol vestita” la preghiera alla Vergine tratta dalCanzoniere di Francesco Petrarca, lo stesso Petrarcache era venuto indirettamente a contatto con la re-altà calabrese attraverso Barlaam Calabro, suo mae-stro di greco.Un segno di affidamento e di speranza per il popolocosentino e per tutti coloro che venerano la VergineMaria sotto il titolo di Madonna del Pilerio.

Alessia Prosperoso

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Ci siamo uniti otto persone per coltivare unaprovocazione che stimoli la gente a ritornarealla strada,alle piazze,agli antichi caratteristicivicoli che con il loro vissuto hanno tanto daraccontare ,da insegnare e da emozionare.L’agorà è stata la culla della vera democraziaAteniese.Le decisioni più importanti veni-vano prese direttamente dalla gente raccoltain piazza.Oggi la strada viene snobbata. Inquesto periodo in cui la volgarità la fa da pa-drona ,la parola “strada”si collega ad unsenso di rozzezza, scurrilità, mancanza di si-gnorilità.E invece se alla strada ci si avvicina e si inco-mincia a viverla con animo scevro di pregiu-dizi, condizionamenti e manipolazioni siscopre un tesoro meraviglioso.

Purtroppo anche coloro che si definisconointellettuali,evidentemente plasmati dal po-tere prendono le distanze come se la stradali contaminasse e facesse loro perdere il pre-stigio.

E invece noi viviamo la strada! perché lastrada ci insegna la libertà e ci fa vivere mo-menti di fratellanza e solidarietà che gli altiranghi non conoscono e quindi non apprez-zano nella loro vera essenza.(non sannocosa si perdono)

Questo distacco fra questi “altezzosi” e la

strada fa perdere loro il vero senso della con-cretezza.

Solo chi vive la strada entra nell’essenza dellarealtà perché la vive senza nessun pregiudi-zio. Non piace la strada perché insegna a nonsubire condizionamenti di sorte.Ma noi sap-piamo quanto conta l’esperienza dellastrada, il vivere in mezzo alla massa ,allagente umile,alla gente che soffre ,alla genteche si diverte e gioca con niente ! Insommatante cosa da scoprire giorno dopo giorno eche insieme costituiscono un tesoro di emo-zioni.Si ! emozioni che è il cibo della poe-sia.Di quella poesia libera ;che fa parlarel’anima così come le viene ;che bada più alcontenuto che alla forma.Quindi senza nes-sun “padrone”.

Non ci basta che la strada sia palcosceniconaturale delle varie arti.

Per noi“ poeti di strada” vuol dire assimilarele emozioni dalla vita che corre per le vieonde riversarle in poesie in piena libertàsenza editori ,sponsors, direttori …senza pa-droni.

Noi qui siamo legati solo da amicizia el’amore di trasmettere in versi i sussulti dellastrada.

Vincenzo Iapichino

POETI DI STRADACon amicizia e amore trasmettiamo in versi i sussulti della strada

“In montagna”

Quanto mi fu caraquella amena montagnariecheggiante un ricordodi una voce felice di bambina.Voce che respira lucee - come allora -ritmicamente si colorae mi si fa sostanza.Aria che libera lo sguardoin quel paesaggio lì in fondotra le chiome biondedai contorni indecisi,immerso nel pulviscolo doratodelle fate;lì messo apposta da chissà quale fato,per poter in quell’ora odorosadisegnarmi sul visoil mio più bel sorriso!

E poi la nebbia umidatutta vestita di goccioline iridescenti;ovattano le persone e le voci;fanno sosta in festa nelle mie iridi sognanti.E, nella trasparenza,scorgo gli occhi sorridenti di un infante,lì avanti, nella sua puntualissima presenza.E il vento libera il mio pensiero che ora vadentro quel lontano paesaggioincastonato, tremulo, aggraziato.Opulento Omaggio!Ove abitano fedelissimi,un Ricordo e un destino!…E il cielo si fa grandecome un manto.Avvolge in una radiosa conclusione:un gioco, due bambini, una Canzone!

Rosa Maria De Rosis (Venezia, 01-12-2019)

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di Franco Liguori

LA SCOMPARSA DI PAOLO GIORGIO FERRI, PRESIDENTE NAZIONALE DELLA SIPBC-ONLUS,

CHE HA SEMPRE APPREZZATO L’ATTIVITA’SVOLTA DALLA SEZIONE REGIONALE CALABRIA

È venuto a mancare, lo scorso 14 giugno 2020, il Dr.Paolo Giorgio FERRI, di anni 73, presidente nazio-nale della SIPBC Onlus dal gennaio 2018. Ferriproveniva dalla carriera di magistrato; dal 1991 al2010 ha svolto le funzioni di Sostituto Procuratoredella Repubblica a Roma. Tra il 2007 e il 2009 èstato coordinatore del pool di pubblici ministeriche si occupano dei reati commessi contro il pa-trimonio culturale italiano. Dal 1995 al 2010 ha di-retto numerose indagini contro acquirenti di beniculturali, non solo in Italia, ma anche in Europa, inAmerica, in Australia, in Giappone, sviluppandouna vasta competenza in relazione ai crimini per-petrati contro il patrimonio culturale. Dal 2010 al2013 è stato “esperto per gli affari internazionali”presso il MIBACT Ha collaborato come espertoanche con l’UNESCO. Ha intercettato il più grandetraffico internazionale di reperti archeologici etru-schi, che partiva dalla Tuscia (prov. di Viterbo), finoai nomi più importanti dei curatori dei museimondiali. Dal gennaio 2018 era Presidente nazio-nale della SIPBC. In tale veste, ha continuato adoperare fino all’ultimo giorno per portare avantinumerose iniziative di valorizzazione e protezione

del nostro patrimonio culturale. In quindici annid’inchieste sui “predatori d’arte” ha indagato 2500persone e realizzato fondamentali recuperi diopere d’arte all’estero. I capolavori che nel 2007sono tornati dal Getty Museum di Los Angeles enon solo, e che sono stati esposti al Quirinale,sono ora dell’Italia e in buona misura proprio gra-zie a lui. Diceva spesso che “ormai non bastanopiù indagini limitate ai singoli paesi per contrastareil mercato illegale d’arte, ma occorre assoluta-mente un’autorità europea, o almeno dei gruppidi lavoro in ogni Paese dell’Unione,, e magari delMediterraneo, capaci di colloquiare; e una legisla-zione se non comune, almeno più omogenea”.Noi della SIPBC-Calabria abbiamo intrattenutocon il presidente Ferri un ottimo rapporto di col-laborazione e lui, informato da Liguori delle nostreiniziative, si è sempre complimentato per l’alta ca-ratura culturale delle stesse. Aveva recentementeanche espresso il desiderio di venire a visitarci, inCalabria. Il presidente Franco Liguori ha inviatoalla famiglia il seguente messaggio di condo-glianze:: “Apprendo con grande dispiacere la no-tizia dell’improvvisa e prematura scomparsa deldott. Paolo Giorgio Ferri, nostro stimatissimo Pre-sidente, col quale avevamo stabilito, nel pur breveperiodo in cui ha guidato la SIPBC Onlus, un belrapporto di collaborazione proficua, nell’interessesupremo dei nostri beni culturali, dei quali egli èstato un validissimo e tenace difensore, primacome magistrato e poi come operatore culturalevolontario . Esprimo ancora una volta, anche anome dei nostri soci, a Lui tutta la nostra stima egratitudine e alla Sua famiglia le nostre più sentitecondoglianze per la grave perdita”.

LIGUORI prof. Franco (presidente Sez. Regionale SIPBC della Calabria).

(Comunicato-stampa della SIPBC Onlus- Sezione Regionale Calabria)

Paolo Giorgio Ferri

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di Mario Vicino

BARTOLOMEOVIVARINI A MORANOCALABRO

Madonna col Bambino e SantiBartolomeo Vivarini (Murano, post 1430-1491)Sec. XV (1477 dat.)Legno dipinto, intagliato e doratocm. 260 x 300Iscrizione: “Istud opus factum Venetiis perBartholomeum Vivarinum de Murano, 1477”Provenienza: Chiesa di S. Bernardino, Mo-rano Calabro (Cosenza)Morano, Chiesa di S. Maria Maddalena, sa-grestia

Il dipinto temporaneamente custodito pressola cappella di San Silvestro nella sagrestiadella Collegiata della Maddalena, campeg-giava nel complesso monumentale di SanBernardino da Siena, donato secondo L’Oc-caso, da Girolamo Sanseverino principe di Bi-signano, secondo Biagio Cappelli da RutilioZenone, futuro vescovo di San Marco Argen-tano, di origine lucana che nel 1484 consacrò

la chiesa francescana. Lo stesso nel 1476 al se-guito di Francesco d’Aragona accompagnò lasorella di questi, Beatrice che andava sposa aMattia Corvino e viaggiando per la Dalmaziae l’Istria ebbe forse occasione di ammirare leopere di Vivarini, presenti in quei territori ocasomai di incontrare Bartolomeo. E cono-scendolo come pregevole pittore, per sdebi-tarsi verso i principi Sanseverino dei quali eraamico e verso di loro riconoscente si puòpensare che gli ordinasse questa pala, firmatae datata nel cartellino ai piedi del trono “Opus factum Senetiis per Bartholomeum Vi-varinum de Murano, 1477”. Bartolomeo Viva-rini (Murano ca. 1430- dopo il 1491) inizia lasua attività sotto l’egida del fratello maggioreAntonio; mentre assai poco si sa della suavita, abbiamo di lui molte opere firmate e da-tate, specie del periodo avanzato.Egli imparò dal Mantegna quel modo aspro epetroso che rimane la caratteristica della suaarte, consegnando un singolare stile, in cui ilsegno incisivo ha plastici intenti e il coloremetallica lucentezza, in modi talvolta affini aquelli del Tura e del Crivelli.Le figure risultano come sbalzate e accentuateda una più forte intonazione chiaroscurale,con espressioni caricate nell’interpretazioneprofondamente originale delle suggestioni diGiovanni Bellini.Il polittico qui esaminato racconta un’arteche ha sapore di poesia perché sorge da tuttii colori dell’arcobaleno, ideale tavolozza sullaquale Bartolomeo ha intinto il pennello, nelriverbero dei pigmenti smaglianti, modulatiin tenui gradazioni su cui la fantasia si ac-cende. è l’inno cantato nell’abbaglio di fastosisplendori che spiega l’incanto poetico diquesta pittura. Essa è dettata dal magisterodei colori ereditato dalla sontuosità bizantinanel luccichio dell’oro. Nella nicchia centraleè rappresentata La Madonna in trono sedutacol Bambino in piedi; nei pannelli laterali, asinistra San Francesco d’Assisi con le stim-mate, il libro e il crocifisso; a destra San Ber-nardino da Siena con il libro e un supportoin cui è inciso il monogramma di Cristo, tuttia figura intera. In alto, a mezza figura, Cristo

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sul sarcofago fra Sant’Antonio da Padova conil giglio e San Ludovico di Tolosa in abiti epi-scopali. Nei pilastrini laterali sei Santi a mezzafigura: a sinistra in alto San Giovanni Battista,al centro San Nicola di Bari; in basso SantaCaterina d’Alessandria, a destra in alto SanGerolamo, al centro Sant’ Ambrogio, in bassoSanta Chiara. Nella predella Cristo benedi-cente tra gli apostoli. Le icone qui rappresen-tate hanno un’ evidente relazione conl’ordine dei Minori osservanti che tennero ilmonastero fino alla sua soppressione. Ciò èrintracciabile nella presenza delle figure deifondatori dell’ordine francescano (Francescod’Assisi, Antonio da Padova e Ludovico di To-losa), oltre a quella del titolare San Bernar-dino. Per di più la posizione centrale dellaVergine, sovrastata dall’icona del Cristomorto, è una successione insolita da unpunto di vista iconografico, ma evidenzianella sua struttura il ruolo centrale di Mariaquale Regina Coeli.L’opera di Morano si colloca in particolare,nella fase della piena maturità dell’ottavo de-cennio, anche se ormai il maestro ha preso aripetere all’infinito quel suo freddo mondodi uomini sospesi nella fissità, isolati nell’ab-bagliante strato aureo. La prospettica plasti-cità del Mantegna è vista da un occhio ancoraaffascinato da sontuosi e strani splendoridella fastosa carpenteria squarcionesca.La sensibilità ai modi di Antonello da Messinaemerge nel tondeggiare delle forme dei quat-tro Santi centrali ; ma principalmente nei vo-lumi più gonfi del Bambino e della Vergine.Da notare in particolare la cura dedicata allemani eleganti e affusolate della Madonna, im-pegnate contemporaneamente a bilanciare esorreggere il Figlio. Nella figura della Vergineè ravvisibile l’identificazione della “MaterDei” con la “Mater Ecclesia”, più volte soste-nuta da San Bernardino.La figura di San Bernardino è rappresentata

secondo un ritratto ideale e tradizionale ab-bastanza diffuso all’epoca, discendente dallamaschera funebre dell’Albizzeschi conser-vata nel Mausoleo dell’Aquila. Nel pannellodi Morano il Santo è così raffigurato in ver-sione emaciata che esprime severe sceltemorali, secondo una declinazione levigata esvolta con particolare attenzione al dato na-turalistico nelle vene pulsanti e nel nasoaguzzo. La sua immagine come quella di SanFrancesco d’Assisi è mossa verso la preghierasostanziata dal grande ardore religioso che ilPoverello colse nella sua Umbria, e che SanBernardino respirò nel fasto della terra diSiena attraverso l’effetto della regola france-scana da lui poi riformata.Le figure della pala qui analizzata sono com-prese in cornici intagliate e dorate eseguitecon pregevole lavoro di impronta goticheg-giante. La pianificazione generale dell’opera vivari-niana sembra voluta e pensata secondo par-ticolari richieste della committenzaecclesiastica di Morano, ispirate a quella pe-dagogia operativa di San Bernardino che, nelconvento moranese e in Calabria, poteva es-sere utile ed edificante. Questo, sempre peruna migliore azione nella contemporaneità eperciò tanto più importante, se il cenobio eragià, nel corso del XV secolo, luogo di forma-zione dei novizi, così come risulta che siastato prima della sua soppressione avvenutaagli inizi del XIX secolo. San Bernardino nonscrisse nulla, tuttavia l’immagine della suapredica è pienamente conservata dalle lette-rali trascrizioni dei suoi uditori: e ne resta mi-rabilmente illuminata la sua figura diprosatore estroso, tutto cristiana letizia e ar-guto sorriso.Detto ciò, il mirabile dipinto oggi risplendeilluminando con la sua radiosa ricercatezza dicolori, il cuore e la mente di chi l’osserva.

Presso l’università statale di Cosenza, ilgiorno 30/11/2020 si è laureata in Scienzepolitiche la dott.ssa Marialuisa Simurro.Una bella e particolare laurea in Scienze

politiche tale da soddisfare sia l’interessatache la famiglia.

La redazione della rivista si congratula,porgendo gli auguri più belli e sentiti alla

neo dottoressa.

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Il verbo transitivo12 Settembre 2020

Negli albori primordiali del tempo, lo spazioera libero e senza frontiera,privo del concetto di ricchezza e povertà, senzacaste e gerarchie umane.Libera vagava l’umanità nell’eterna ricerca diuna sua dimensione.Tarli ! Pensieri egoistici, iniziarono a popolarela mente:l’ingordigia, la tracotanza, la perfidia, il predo-minio, l’egoismo,serpeggiavano con impeto nel pensiero di al-cuni uomini,emanando impulsi ed atteggiamenti d’aggressi-vità disumana.Il comando, la supremazia, il prevalere sui suoi simili:“ sono più piacevole dell’orgasmo “.Dalla prepotenza di alcuni e dalla debolezza di altri,si formò il concetto filosofico del verbo transitivo:l’azione fatta dal soggetto, cade sul comple-mento oggetto,che la esegue e la subisce passivamente.L’ignoranza, la sottomissione umana lo nutronoe lo rafforzano.Il verbo transitivo: s’insinua, scardina, am-morba, abbindola, modella,colonizzando ideologicamente con prepotenzae fabulazione,fino alla condivisione nella sottomissione dellamiseria dei tanti,per ottenere il benessere con prepotenza edautorevolezza dei pochi.Il verbo transitivo è la filosofia dispotica, arro-gante, egoistica,che sulla terra lui tutto muove.Si esprime usando e comunicando con un lin-guaggio pubblicitario,manipolando la comunicazione con la disinfor-mazione.Costruisce: idoli, icone, modi di viveri effimeristereotipateper condizionare e controllare le masse,seducendole con l’illusione di una società mo-dernizzata,con accentramento dispotico del potere oligarchico;costruendo una società lottizzata e stratificata,dominata da consorterie, associazione con par-venze non profit.La massoneria, la mafia, la ndrangheta,la camorra epolitici corrotti senza ideali, gestiscono in co-mune con ruoli diversi.Tutti gli adepti hanno dei doveri e godono diprivilegi sociali,provocando povertà e miseria morale neglistrati inferiori,alimentando la lussuria, il predominio irrispet-

toso dei pochi,circondati a corolla da esseri asserviti e dispo-sti a tutto,pur di avere dei benefici a discapito dei suoi simili,collaborando al mantenimento del mal go-verno sociale.Il Parlamento ! L’organo del potere legislativo è la sede del nostro potere;con la corruzione governiamo ed i nostri acco-liti presentano le proposte di legge per la nostra immunità.La giustizia ! E’ uno strumento del potere,usato empiricamente,dove il torto, moltospesso diventa ragione.La cultura ! Bellissimo vocabolo che rappre-senta la bellezza sociale.Parlarne, esaltarla, ed assolutamente non svi-lupparla.La scuola ! Deve formare le masse per decifrarea stento la scrittura,formando degli intellettuali senza intelletto critico,per farli vivere nel periglioso mare dell’ignoranza,vagando nell’ammasso del qualunquismosenza senso civico.Il lavoro ! E’ la nostra roccaforte.Con il clientelismo e la corruzione istituzio-nale,gestiamo il mondo del lavoro, occupando neiposti chiave i nostri accoliti.Gli asserviti più meritevoli, vengono impiegatinel pubblico impiego,con tutti i diritti, pagati dalla collettività.Per i lavori più umili e pesanti,devono essereanche raccomandati.I sindacati ! servono per le larghe intese.Le Istituzioni ! Esistono solo sulla carta costituzionale.L’opinione pubblica ? Dorme in un sogno ipnotico,assorbendo nella sua mente vuota e incolta,tutte le notizie della disinformazione che for-mano la loro opinione.Noi abbiamo occupato tutti gli spazi della società,gestendoli a nostro uso e consumo, favorendola discriminazione sociale.Questa società avara moralmente e ricca difalsa bontà,costituita da una moltitudine di pupi, privi disenso civico,legati da fili invisibili tirati da pupari asserviti alpotere,gli oppressori e gli oppressi,sono vittime dellostesso carnefice,avvinti in una morsa dall’ideatore e gestore deipupi e dei pupari.Il verbo transitivo ha demolito, distrutto:chi,che cosa ?“ LA DEMOCRAZIA”.

Luigi Visciglia

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A ricordo della memoriadi Bombina Zangaro

DistaccoAscolterò la voce del mareche l’aroma tua diramaora che l’idillio s’è compiuto.E mai conoscerai il misteroche ascolta e registra,nel silenzio, il cuore mio,al chiarore della luna;questo cuore, che resterà in ascoltodell’onda musicalee dei mormorii lontani,fino a che palpiteràcome le stelle.

Bombina Zangaro

La donna è la bellezza del creato.“Alla Donna”26 luglio 2019

La Donna!

Essenza di onoratezza o vituperio del-

l’uomo,

d’oro o di spine gli cinge la testa.

Dolce lo sguardo, altéro il portamento

nell’armonia dellve sue movenze.

Gioia e letizia semini al tuo passaggio,

con profumo e sorrisi rallegri il viandante,

e se una ventata ti svolazza in alto la gonnella,

sguardi fugaci osservano e sospirano.

Soave, fresca e vivace è la tua vellutata

pelle.

Petali di rosa sono le tue labbra.

Stelline lucenti sono i tuoi occhi.

Affusolate, slanciate, levigate

come colonne le tue marmoree gambe,

sorrette da due esili caviglie.

La testa adornata da soffici crini,

a cavalier del balconato seno.

Più dolce del miele è il tuo caldo ventre,

dove i sensi e le membra con diletto si uni-

scono

ed il cor con beatitudine sogna e l’anima

esulta.

Grazie! Sono felice, “Donna”.

Luigi Visciglia

La verità nascosta

Liquidi pensieri schizzano sulla ragione,vibranti risposte sulle foglie che cadendoemettono il suono della verità nascosta.Noci dal guscio aperto perdono i loro gherigliche non germineranno mai su una terraarida.La clessidra della vita smette di dare il suotempo.

Pietro Pometti

La vecchia casa11 Settembre 2020

Torno nella vecchia casa …a raccogliere macerieChe sanno di vita:mi ubriaco di ricordi …seduta a guardareun silenzio che parla …

Marinella Scigliano

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Corigliano Scalo - Via Nazionale, 87 - tel. 0983.885985

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