Roberto Massari Contro editoria o contro l'editoria

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    CONTRO LEDITORIA O EDITORIA CONTRO?

    A partire dalle riflessioni ad alta voce fatte in occasionedelliniziativa del 5 giugno a Saturnia: Indicazioni di v(u)oto)

    di Roberto Massari (editore)

    Una disgiuntiva e vari predicati - Dallantichit al monopolio medievale del clero - Intermezzo

    poetico-musicologico - Rivoluzione editoriale umanistica e rinascimentale - La prima grande

    impresa editoriale moderna e antagonistica - La trasformazione del libro in merce (capitalisti-

    ca) - Il feticismo caratteristico del libro - Modifiche nel dominio delleditoria sistemica - Due

    romanzi di editoria distopica + uno - Tre livelli di controllo totalitario editorial-spettacolare -

    Leditorial-spettacolare integrato nella societ spettacolare di massa - La metafora della

    mappa - Lassenza di uneditoria critica delle pseudopposizioni - Che (non) fare?

    Una disgiuntiva e vari predicati

    Partiamo dalla differenza di significato tra i due poli della disgiuntiva proposta dal tito-lo: Contro leditoria o Editoria contro. In effetti, entrambe le formulazioni rinviano aqualcosa di eversivo o antagonistico, evocando vagamente anche un contesto combattivoe militante. Ma ci dovuto pi alla preposizione contro, che non al concetto di edito-ria. Tant vero che si potrebbe tranquillamente sostituire questultimo termine (per es.contro la letteratura o letteratura contro, contro la fotografia o fotografia contro) senzache si abbia la sensazione di cambiare spalla al fucile. Ma se vero che non cambia la spal-la, e quindi nemmeno il bersaglio preso di mira, il tipo di arma con cui sintende sparare

    cambia, eccome...Sarebbe senzaltro un ottimo esercizio (una sorta di scuola di tiro in senso metafori-co) elencare la pi ampia serie di attivit intellettuali umane - di nuovo concepimento o ere-ditate dal passato - in cui lo scambio di collocazione sintattica dei termini nella disgiuntivasopracitata consenta ugualmente di restare in un ambito eversivo e combattivo: la musicolo-gia? la linguistica? la critica cinematografica? la psicoanalisi? linformatica? larchitettura?e perch non addirittura un termine abusato e in crescente processo degenerativo come lapolitica?

    Possiamo quindi convenire su un primo punto fermo, da cui ripartire con il nostrodiscorso: nel concetto di editoria storicamente determinato (e aggiornato agli standardmediatici della contemporaneit) non vi nulla di cos specifico n alcuna connotazione

    cos esclusiva di tale arte che ci consenta di dire che essa sia o naturalmente predestinataa svolgere una funzione reazionaria (e quindi semplicemente da combattere) o che essa siain s (in quanto tale) un prezioso strumento per la lotta antisistemica (eversiva, rivoluziona-ria ecc.). E possiamo dire anche che ci si verifica pi o meno o alla pari di altre arti chelumana progenie ha affinato nel tempo e ha trasformato in strumenti fondamentali dicomunicazione, di trasmissione di idee, di elaborazione culturale individuale o collettiva.

    Per procedere occorrer pertanto ricorrere alluso di predicati che consentano di stabilirecontro quale tipo di editoria e con quali strumenti editoriali sintenda combattere. Ci alloscopo di enucleare alcuni perch e alcuni come, dove e quando senza i quali ilnostro discorso resterebbe appeso nel limbo delle pure astrazioni, anche... editoriali.

    Volendo specificare i poli della disgiuntiva enunciati in apertura con dei predicati sem-plici e sintetici che qualifichino contro chi combattiamo in campo editoriale e con qualistrumenti, potremmo formulare le frasi di cui sopra dicendo che siamo (sono) contro ledi-

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    toria dominante e sentiamo (sento, come editore) il bisogno (e quindi cerco) di promuove-re uneditoria antagonistica nei confronti del sistema di potere che ci sovrasta: unedito-ria antisistemica, quindi, per combattere leditoria del potere.

    Dallantichit al monopolio medievale del clero

    Fin qui non abbiamo certo risposto ai molti interrogativi che sorgono dalluso di questipredicati e che rinviano a ulteriori specificazioni, ma abbiamo perlomeno indicato due gran-di strade di ricerca e approfondimento teorico: due strade che devono necessariamentedivergere e che cominciarono a farlo molto prima dellavvento del moderno capitalismo odi quello ottocentesco. Esse ci rinviano a molto prima che nascesse la forma-libro, facendo-ci risalire alle origini della scrittura (quindi a societ in cui svolgevano un ruolo importantegli scribi o caste consimili).

    Si dovr tener conto, in tal caso, del fatto che lutilizzo mediatico del testo scritto comestrumento di potere antico quanto le pi antiche societ umane. Ce lo conferma tra i tantistudiosi dellargomento Mariarosa Schiaffino, quando annota che gli antichi codici e le

    iscrizioni tombali, parietali ecc. dimostrano che i primi detentori della parola scritta furonoi religiosi e i potenti. E la cosa, come si sa, dur abbastanza a lungo ( Il libraio quelmestiere, Pde, Firenze 1996, p. 20). Tanto a lungo da durare ancor oggi, anche se in formadi oligopolio e non pi di monopolio come in alcune antiche societ.

    Vogliamo ricordare, di sfuggita, lusufrutto esclusivo della scrittura di cui godettero isacerdoti dogni latitudine, ma in particolare in quelle civilt in cui luso degli ideogrammifavor la formazione di una vera e propria casta scritturale (da intendere come i responsabilieditoriali dellepoca, strettamente associati alla gestione del potere). Senza dimenticarequelle capitali della cultura nellantichit (come Atene, Alessandria, Roma ecc.) in cui ladivisione sociale del lavoro assegnava a schiere di schiavi, liberti o bottegai la fabbricazio-ne dei libri nei loro vari formati (dalle tavolette ai papiri alle pergamene, come ricostrui-

    sce dettagliatamente Henri-Jean Martin, in Storia e potere della scrittura [Paris 1988]Laterza, Bari 1990), ma sempre a solo uso e consumo delle classi al potere.

    Eppure, in quelleditoria di classe al potere (e di classe schiavistica per lo pi) venivanogettate le fondamenta per lo sviluppo del pensiero pi libero e creativo che si sia mai vistonella storia dellumanit: nellarea del Mediterraneo e del Vicino Oriente nascevano e siconsolidavano la filosofia teoretica, lastronomia, lanatomia, la medicina, la geografia, lastoriografia, la matematica e la geometria, la musicologia, il teatro, i primi elementi dialchimia, di tecnologia del lavoro (ergonomia), per non parlare dei vari generi letterari cheancora apprezziamo per le loro intrinseche qualit.

    Non sarebbe stato facile n giusto in quel contesto lottare contro leditoria dominante.E infatti ci non avvenne, n abbiamo notizia o frammenti di una sia pur vaga o minimaeditoria contro. Le lite al potere non avevano ancora scoperto il valore commerciale del-luna e dellaltra forma editoriale, e quindi si limitavano a godere del loro valore duso(incluso luso politico-propagandistico) sia direttamente sia tramite servitori appositamenteaddestrati non solo per copiare, archiviare o redigere commentari, ma anche per trasmettereai figli dei detentori del potere quel prezioso patrimonio culturale dellumanit di allora.

    Parlando di editoria dellantichit tralascio a malincuore di aprire una parentesi speci-fica per tre episodi straordinari nella storia culturale dellumanit: la scoperta di una raccol-ta di migliaia di papiri scritti in greco (a Ossirinco, 1896), di una biblioteca segreta delpensiero precristiano (esseno-giudaico) nelle grotte con i Manoscritti del Mar Morto(Qumran, 1947) e di una biblioteca del pensiero mistico-religioso immediatamente suc-cessivo alla morte di Ges, nella giara con i frammenti papiracei dei dodici Vangeli scrittiin copto e detti gnostici (Nag Hammadi, 1945). Questi papiri e i manoscritti di Qumransono stati oggetto per decenni di studi filologici ipersofisticati che hanno portato a molte e

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    discordanti ipotesi o interpretazioni, senza togliere a quei manufatti di arcaica editoria illoro straordinario fascino antiquario ed extratemporale. (Si veda lintroduzione di MarvinMeyer, uno degli specialisti del settore a I Vangeli gnostici di Ges [2005], ed. italianadella National Geographic Society, 2007). Si torni con la mente o con la fantasia a questistupefacenti reperti dellarcheologia editoriale, quando pi avanti parler del secondo

    tipo di feticismo o del miraggio arcano dei libri.Nei secoli di declino ed estinzione del pi grande Impero dellantichit, e nellimpossibi-lit per i successivi imperi minori di ricostituire un potere centrale assoluto e onnipervasivo,tale ruolo fu assunto dalla Chiesa (cattolica romana) e non solo in campo editoriale. Fu qui,tuttavia, che essa lasci le tracce pi vistose o per lo meno meglio conservate del propriodominio spirituale (cio teologico, amministrativo e culturale allo stesso tempo, ma salda-mente poggiato sul via via crescente potere temporale), stabilendo che nelle bibliotechedelle proprie istituzioni (vaticane e conventuali) si salvassero i testi principali dellantichit,mentre alla gente comune venivano distribuite solo le vite dei santi e un po di libri sacri (manon tutti, com noto, perch la lettura diretta del Vecchio e Nuovo Testamento da parte deifedeli fu proibita per secoli, oltre la Controriforma e il Concilio di Trento).

    Sono i famigerati secoli bui del Medioevo in cui lespressione della contestazione odella parola antagonistica (contro il potere reazionario e oscurantistico della Chiesa, deimonarchi e delle signorie feudali suoi adepti) fu esclusa totalmente dal mondo della pubbli-cistica scritta, allo stesso tempo in cui veniva soffocata qualsiasi possibilit di proseguireapertamente le ricerche nel campo delle scienze e delle arti che tanto splendore avevanoconosciuto in area mediterranea e mediorientale durante lantichit classica ed ellenistica. LaChiesa (in particolare la sua ramificazione monastica) ebbe il merito storico di preservare ciche di meglio lumanit aveva prodotto nei secoli che precedettero la sua trasformazione inreligione di Stato, ma imped che quellaccumulo di sapere potesse circolare, proseguire erinnovarsi, utilizzando i metodi che sappiamo: lo sterminio dei dissidenti, le torture e i roghiche iniziarono verso il IV secolo e che con la successiva Inquisizione arrivano fin quasi alle

    soglie dellet moderna.Leditoria sistemica di quel quasi millennio coincise in larga parte col potere ecclesiastico

    (e quindi con le monarchie), e imped qualsiasi altra forma di editoria (scientifica, medicaecc.). Essa indirizz le menti pi capaci dellepoca verso problematiche astruse e irrazionali-stiche (come il mistero della Trinit, la natura del Cristo, la verginit della Madonna e il restodella dommatica teologica), interrompendo cos per secoli il cammino dellumanit sulla stra-da della speculazione teorico-scientifica, dellaccumulazione del sapere e della sua diffusio-ne. Fu una grande frattura epocale, una distruzione sistematica e inesorabile di energie intel-lettuali che lumanit sta ancora pagando ai giorni nostri, bench ormai non manchino i libriche ricostruiscono fedelmente quellimmane tragedia, fornendo in tal modo gli strumenti pervenirne fuori e riparare ai danni compiuti a chi senta il bisogno di farlo. Questo, per inciso,dovrebbe essere uno dei compiti fondamentali delleditoria contro: diffondere la consape-volezza (anticlericale) del disastro epocale rappresentato dal fatto che per pi di un millennionon fu possibile scrivere contro leditoria del potere ecclesiastico e feudale che fu.

    Intermezzo poetico-musicologico

    A questo punto dovrei inserire un interludio musicologico e poetico, non solo per risol-levare gli animi di chi mi ha seguito fin qui e sta riflettendo sgomento sul crimine intellet-tuale compiuto dalla Chiesa cattolica (ma in forma minore anche luterana, calvinista ecc.) aidanni del progresso spirituale dellumanit (tutta lumanit e non pi solo mediterranea omediorientale), ma anche per ricordare che in assenza di una sia pur minima forma di edito-ria libera o antisistemica, il pensiero antagonistico trov una valvola di sfogo naturale nel-lopera dei musici, dei trovatori, dei giullari, dei poeti - anche di corte, se in servizio presso

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    corti scomunicate o viste con sospetto dalla Chiesa o messe... allindice. (Si perdoni la-nacronismo, giacch lIndex librorum prohibitorum fu istituito da Paolo IV solo nel 1559 esar abolito da Paolo VI nel 1965).

    Il ruolo laicizzante della musica con tutte le arti ad essa connesse (che pure aveva avutoper i primi secoli del Medioevo unincubazione fondamentalmente religiosa), un affasci-

    nante fenomeno culturale che vede scivolare tra le pieghe dellallegoria popolaresca, deldivertimento giullaresco o della sacra rappresentazione (poco sacra e molto profana), ilbisogno di contestazione che serpeggiava tra la povera gente, ma veniva represso con inusi-tata ferocia dal clero. Trattandosi di musica, versi e rudimentali forme di recitazione, edessendo liter delle prime forme di notazione musicale collegato esclusivamente alla musicasacra (e non esistendo allepoca le prime possibilit tecniche di riproduzione dellopera arti-stica che cominceranno a svilupparsi col Rinascimento), molto poco arrivato fino a noi.Ma quel poco significativo e ci fa dire che nelle forme di sirventesi etico-politici o satirici(Bertran De Born, Peire Cardenal), villanelle, canti goliardici o di viandanti (clerici vagan-tes), madrigali, tenzoni poetiche, ballate, cortei carnascialeschi o intermezzi in mascheraecc. - trasmessi a voce o registrati per iscritto per pura comodit esecutiva - leditoria con-

    tro trov una sua espressione peculiare, a volte anche di massa, oltre che di lite.

    Rivoluzione editoriale umanistica e rinascimentale

    Il monopolio del clero sulleditoria fu incrinato dalla diffusione della carta, dallo svilup-po delle economie extracurtensi, dalle nuove prerogative dei Comuni, dalla crescente pro-pensione a viaggiare (anche per nave o per commercio e non solo come pellegrini) e damolto altro. Non sto qui a ricostruire la storia del Rinascimento - una delle epoche pi crea-tive nella storia dellumanit e delleditoria - su cui molto si scritto e si divulgato (informe musicali, cinematografiche, letterarie ecc.); ma giusto ricordare che tra il Duecentoe il Trecento inizia il rifiorire della cultura laica, nascono le universit, riprende la ricerca

    scientifica, si ricominciano a copiare i libri per un pubblico eterogeneo ed estraneo almondo dei conventi. Vi una crescente diversificazione dei committenti editoriali, ma sicomincia, purtroppo, a parlare anche del valore economico delle opere pubblicate. Nascecos la professione delleditore, che vede le vecchie funzioni monastiche dello scriptor,dictator, corrector, miniator ecc. unificate nella bottega del libraio laico - nuova figura diartigiano e venditore di cui lesempio pi insigne viene comunemente riconosciuto nel fio-rentino Vespasiano da Bisticci (1421-1498).

    Questa nuova figura editoriale animata fondamentalmente da intenti commerciali, indifferente ai contenuti ideologici dei libri che produce (pur dovendo rispettare le leggiecclesiastiche e comunali), ma appare appassionata dagli aspetti estetici delle opere cheancora fa copiare e miniare a mano, ma che nel giro di un paio di secoli comincer a stam-pare. Ci fa s che la produzione editoriale si diversifichi e accanto alle immancabili operereligiose si comincino a far circolare opere dellantichit, ma anche opere di contemporaneidella pi varia estrazione intellettuale, includendo le ricerche dei nuovi scienziati e, tal-volta, le testimonianze dei nuovi martiri del libero pensiero (sia pure in campo fondamen-talmente eretico-religioso).

    Ci significa che in pieno Rinascimento non si poteva pi essere sic et simpliciter con-tro leditoria dominante e nemmeno contro leditoria commerciale, perch nella diversi-ficazione dei poteri cominciava a prendere forma anche una diversificazione editoriale eculturale. Non dimentichiamo che ci furono epoche in cui era un crimine per la Chiesaanche solo dire che il cuore e il flusso sanguigno fossero interdipendenti o che la terra giras-se intorno al sole. E questi crimini furono messi per iscritto per lappunto in libri com-merciali: libri che in parte viaggiarono tra gli studiosi, in parte furono bruciati e in parte -nellattesa che nascessero le prime istituzioni corrispondenti al nome di biblioteche -

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    furono archiviati da nobiluomini e nobildonne che spesso non avevano alcuna intenzione dileggerli (quindi disinteressati al loro valore duso), ma che erano attratti dal loro valore discambio oltre che dal prestigio che poteva derivare dal loro possesso e dalla loro ostenta-zione. Per i capricci o lavidit di questi oziosi rentiers lavoravano schiere di copisti ama-nuensi laici, miniatori, conciatori di stracci (per produrre finalmente la carta in forma eco-

    nomica) e intermediari commerciali (i futuri autentici librai, in pectore).Ma a fianco di questa nuova editoria ufficiale, darte e/o di mestiere, caratterizzata insenso commerciale, a fianco di questi amanuensi laici - che non potevano certamente imma-ginare che di l a qualche secolo, divenuti operai tipografi, sarebbero stati tra le prime levedei futuri processi di proletarizzazione capitalistica dei ceti artigiani - si pone lopera diumanisti che per amore dei grandi autori si fanno essi stessi copisti e curatori a titolo perso-nale, onde ottenere versioni pi corrette (Valentino De Carlo, La meravigliosa storia dellibro, La Spiga, Milano 1994, p. 19). La loro attenzione dedicata in primo luogo e ovvia-mente alle opere dellantichit classica o ellenistica, alle quali si rivolgono per ritrovare untramite con la storia del pensiero e il progresso dellumanit, ma non ignorano anche ilrifiorire di una saggistica contemporanea.

    Questi primi umanisti ebbero il merito storico di aprire la strada, pubblicando le operedi coloro che indicavano nuovi percorsi (si pensi a Erasmo). A volte un compito analogoricadeva sulle spalle della nuova emergente burocrazia, in particolare i funzionari comunali(gli eredi degli antichi scribi egiziani o sumeri), o coloro che detenevano i segreti dei nobilie forse per questo venivano detti segretari (si pensi a Machiavelli).

    A fianco di questa editoria che va facendosi ufficiale nelle corti nobiliari o nei Comuni,anche leditoria contro, a passi piccoli e circospetti, comincia a segnare delle prime tappein tutto larco di sviluppo rinascimentale; e quando esploder la rivoluzione di Gutenbergpotr avvantaggiarsene in minima parte anche lei. Basti pensare che di alcuni eretici (catto-lici, luterani, protestanti riformati ecc.) torturati a morte o bruciati sul rogo rimasto a voltesolo il loro libro, magari in una o due copie, ma pur sempre salvato dalloblio e oggi con-

    sultabile a loro imperitura memoria.Per la ricostruzione di questo aspetto editoriale un po macabro ma cos affascinante,

    si rinvia ai riferimenti contenuti in ordine sparso nellottimo lavoro di David Christie-Murray,I percorsi delle eresie. Viaggio nel dissenso religioso dalle origini allet contem-poranea ([1976], Rusconi, Milano 1998). Unantologia di testi fornita da AngeloClemente, Il libro nero delle eresie (Mondadori, Milano 2008). Liter processuale nellapersecuzione delleditoria eretica da parte cattolica invece ricostruito da BartolomBennassar in un paragrafo appositamente dedicato ai libri nel volume da lui curato: StoriadellInquisizione spagnola. Dal XV al XIX secolo ([1979], Rizzoli, Milano 1980/1994, pp.256-64).

    Un discorso a parte, poi, andrebbe fatto per il cammino della scienza con opere di medi-cina, anatomia, erboristeria, alchimia ecc. Ma qui dobbiamo rinviare ad altri lavori.

    Mentre il risveglio del pensiero scientifico-speculativo, il progresso economico e la rela-tiva perdita dinfluenza del clero favorivano la nascita o la rinascita di uneditoria laicaindipendente dalle Chiese - ma dipendente in forme pi o meno accentuate dal potere dellanobilt agiata - il mondo della produzione libraria conosceva una sua piccola grande rivolu-zione con lavvento della tecnica di stampa che porter ai capolavori di Schffer o Pannartznella citt capitale dellinnovazione tipografica che fu per un certo periodo la Magonza diGutenberg, ma anche la Venezia di Manuzio (che l stamper la HypnerotomachiaPoliphili), di Castaldi o del francese Jenson, la Milano di Parravicino, la Norimberga diKoberger, lAnversa di Plantin, lAmsterdam di Elsevier, fino allapice artigianal-artisticoraggiunto nel Settecento da Giovanni Battista Bodoni, nativo di Saluzzo, ma attivo in variecitt italiane (il cui nome rimasto legato al celebre carattere bodoniano, ma anche al suoManuale tipografico per chi sinteressa alla storia delleditoria).

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    La prima grande impresa editoriale moderna e antagonistica

    Vorrei concludere con un piccolo balzo questa carrellata preliminare sullitinerario per-corso dalleditoria dominante versus gli albori delleditoria contro, nominando lopera

    che si pu considerare come il liber librorum in assoluto, il libro dei libri, il punto pi altoraggiunto dalleditoria umana in quanto a qualit, quantit, attualit, visione globale,pro-gresso scientifico e, soprattutto, equilibrio fra tutti questi elementi, caratterizzati per giuntada unintrinseca radicalit teorica epolitica. Non a caso tale opera fu anche il punto massi-mo di sviluppo delleditoria contro per la sua epoca, in seguito mai pi eguagliata - inrapporto ai parametri qui indicati - per ragioni che cercheremo pi avanti di esporre.

    Mi riferisco ovviamente allEncyclopdie, ou dictionnaire raisonn des sciences, desarts et des mtiers, diretta con alterne e burrascose vicende da DAlembert e Diderot (poisolo il secondo) e i cui 28 volumi (di cui 11 con le tavole) videro la luce tra il 1750 e il1772. Lultimo volume, come si vede, appena 17 anni prima della Grande Rivoluzione.

    Nel terzo volume della Storia del pensiero filosofico e scientifico diretta da Ludovico

    Geymonat, Gianni Micheli la definisce come la prima grande impresa editoriale moderna(p. 279). E certamente tale essa fu, bench fosse nata a imitazione di unopera analoga (laCyclopedia inglese di Chambers) e fosse immediatamente seguita dallEncyclopdie mtho-dique ou par ordre de matires (in 166 volumi, apparsi tra il 1782 e il 1832) e da tutte lesuccessive enciclopedie che in quella prima titanica impresa trovarono un loro modello cer-tamente indimenticabile, se non proprio insuperabile.

    A nessuno (sostenitori o avversari conservatori o critici da sinistra come Robespierre) mai sfuggito il ruolo di apristrada che quella grande opera editoriale ebbe nei confrontidella Rivoluzione del 1789, cos come non si mai tralasciato di sottolinearne il successocommerciale (4.250 copie acquistate per lo pi da sottoscrittori, rapidamente esaurite comedovette constatare gi lo stesso Voltaire). Prodotta da un lavoro realmente collegiale (che

    coinvolse nella sua elaborazione gli artigiani e le maestranze pi qualificate dellepoca),lopera ebbe le sue voci realizzate da specialisti riconosciuti come tali per ciascuno degliargomenti trattati. Tutto ci e molto altro contribuirono a farne il momumento storico-ideo-logico della borghesia rivoluzionaria in ascesa, allinterno della societ monarchico-feudaleormai condannata al decadimento e alla sua violenta e definitiva estinzione.

    LEncyclopdie riusc a riassumere quasi tutto il sapere accumulato nel corso dei secoli(in Europa, ma anche nelle Americhe e altrove), includendo le tante piccole o grandi sco-perte scientifiche prodottesi allombra o parallelamente a quel grande moto di pensiero set-tecentesco che va sotto il nome di Illuminismo (magari sottovalutandone ingenuamentealcune fondamentali, come linvenzione della macchina a vapore). Ma riusc a farlo allostesso tempo in cui sviluppava la pi accanita polemica nei confronti del sapere tradiziona-le. Suo bersaglio principale furono la propaganda e le istituzioni religiose (ottenendone dirimando unaltrettanto accanita controguerriglia intellettuale da parte del clero di ogni ordi-ne e grado). E sua esplicita aspirazione (riuscita, ad avviso di molti) fu di far convergere ilpatrimonio di conoscenze accumulatosi nei vari campi del sapere e dellattivit umana in unobiettivopolitico pi o meno esplicito: la critica teorica e sistematica di tutta la tradizioneconservatrice, della cultura religiosa, dellassolutismo monarchico, delloscurantismo irra-zionale e antiscientifico dominanti, allo scopo di suscitare unazione pratica, politica dirigetto delle basi su cui poggiava il potere sociale e istituzionale del tempo.

    Per come andarono le cose dopo il 14 luglio 1789 (perlomeno fino al Termidoro esclu-so), possiamo dire che gli enciclopedisti, con le loro armi della critica, precedettero e favo-rirono la successiva critica delle armi.

    Come collocare un simile fenomeno storico allinterno della discussione che stiamo quisvolgendo? Possiamo dire che lEncyclopdie fu la massima espressione ufficiale delledi-

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    toria e della ricchezza culturale (non solo francese) del suo tempo? S, senza dubbio.Ma possiamo anche dire che fu espressione della cultura dominante dellepoca? S e no.

    Perch, da un lato, essa ag contro le basi (traballanti) su cui poggiava il potere assolutisticodella monarchia, del clero, del vecchio apparato amministrativo e della classe dei rentiers:in questo senso essa ebbe un ruolo antisistemico, non essendo emanazione diretta n indi-

    retta di quel potere, ma anzi suo avversario frontale. Dallaltro, invece, essa incarn organi-camente lideologia, le concezioni teoriche, le velleit modernizzatrici della nuova classeborghese in procinto di dar vita a un nuovo potere politico e sociale attraverso il ricorso aunautentica rivoluzione popolare dal basso. Sappiamo che la borghesia francese dovr asua volta reprimere le aspirazioni rivoluzionarie di quello stesso popolo che aveva distruttoil vecchio potere semifeudale, onde poter costituire un proprio Stato e un proprio dominiodi classe, ma tutto ci al momento della massima celebrit degli enciclopedisti era ben lungidallessere prevedibile. E nessuno seppe prevederlo.

    Una vicenda editoriale molto complessa, quindi, che non possiamo sviluppare in questasede, ma che citiamo solo per illustrare o semplicemente attirare lattenzione su questoesempio storico, mai pi ripetuto, di un movimento politico-culturale che riusc ad espri-

    mersi attraverso uneditoria dominante effettiva (borghese, anche se nel senso contrad-dittorio sopra accennato), allo stesso tempo in cui lottava in perfetta coerenza antisistemi-

    ca contro leditoria dominante ufficiale: quella in pieno decadimento del clero, dei rentiersfondiari e della monarchia francesi. Nulla del genere si era verificato con la Rivoluzioneinglese, n con la Rivoluzione politica statunitense, n si verificher con la Rivoluzionerussa del 1905, del febbraio e dellottobre 1917, con la Germania di Weimar (che pure ebbeenormi meriti editoriali e culturali) e nemmeno con le collettivit anarchiche dellaCatalogna (1936-37): si tenga presente che stiamo sempre parlando in termini di editoria(dominante o contro) e non di opere sporadiche, frutto di quella produzione teorica critica orivoluzionaria da parte di lite, di minoranze o di singoli individui che dal Settecento in poiha sempre accompagnato i grandi rivolgimenti sociali, pur essendo stata costretta a farlo in

    genere in forma frammentaria, quando non addirittura semiclandestina.

    La trasformazione del libro in merce (capitalistica)

    Questa digressione sulla vicenda storica, ma eccezionale de lEncyclopdie non devefarci perdere di vista la grande trasformazione del mondo editoriale che era stata semplice-mente accennata nella fase pi alta della ribellione umanistico-rinascimentale, poi spedita-mente avviata con linvenzione della stampa, e che esplode definitivamente nel corso delSettecento: il libro diventa merce, diventa genere di consumo che vede il proprio valore discambio agire in forma via via crescente come motore primario ai fini della circolazionecommerciale (distribuzione), relegando il proprio valore duso al mondo della fruizioneindividuale o scolastica o universitaria o della ricerca scientifica, ma allinterno di unoschema di circolazione secondaria, destinata col tempo a diventare sempre pi ininfluenterispetto ai parametri decisionali della circolazione primaria. (Per la moderna editoria uni-versitaria andrebbe fatto un discorso a parte - che qui non faremo - a causa dellumilianteintreccio di motivazioni commerciali con aspirazioni di carriera accademica o istituzionale).

    Con lavvento della societ (civilt?) borghese, il valore duso del prodotto editorialenon si volatilizza, non cessa di esistere e ancora resiste ai nostri giorni, nonostante le cre-scenti molestie informatiche che subisce per la concorrenza del World Wide Web. Ma essoperde qualsiasi forza dattrazione o di condizionamento nei confronti dei centri decisionalidelleditoria dominante. Il potere editoriale capitalistico - in fieri in determinati contesti,come allepoca dellEncyclopdie, oppure gi saldamente installato (secondo un percorsodelleditoria commerciale facilmente ricostruibile da allora ai nostri giorni e molto oltre) -perde via via interesse nei contenuti ideologici del libro al livello di macrosistema, confe-

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    rendo il compito di regolatore delle scelte (sempre meno) redazionali al nuovo dominatoreindiscutibile di ogni aspetto della vita economica e non solo: sua eccellenzaILMERCATO.

    A questo riguardo, e restando rigorosamente in argomento, mi si consenta una breveparentesi per citare una delle tante, tantissime sciocchezze, che costellano a centinaia (se

    non a migliaia) uno dei libri sulle trasformazioni nella produzione del linguaggio scritto, ilcui titolo divenuto da tempo un neologismo celebre e di utilizzo corrente: La galassiaGutenberg [1962], di Marshall McLuhan (Armando Armando, Roma 1976).

    Un libro che stato probabilmente anche uno dei meno letti al mondo (anche se tra i picomprati) per la sua intrinseca illeggibilit, lastrusit del linguaggio che spesso assurge avaniloquio, la struttura confusa (a mosaico secondo lautore), linattendibilit dei riferi-menti storico-antropologici, linfondatezza delle asserzioni pi rilevanti, lincapacit di sin-tesi, lassenza di argomentazione logica: insomma un autentico bluff letterario (saggistico?)di grande incomprensibilit, ma proprio per questo osannato dal radicalismo chic degli anni60, con strascichi vistosi negli anni 70 (il cameo di McLuhan dispensatore di saggezzanel bel film di Woody Allen, Io e Annie, del 1977). Ebbene, polemizzando con lafferma-

    zione (tautologica), secondo cui uneconomia di mercato pu esistere soltanto in unasociet di mercato, McLuhan afferma che

    Per poter esistere, una societ di mercato ha bisogno di secoli di trasformazioneattraverso la tecnologia di Gutenberg; ed ecco lassurdit di voler istituire oggi eco-nomie di mercato in paesi come la Russia o lUngheria in cui condizioni feudalisono sopravvissute fino al sec. XX (...) Creare uneconomia di mercato che sia ingrado di distribuire quello che esce dalla catena di montaggio presuppone un lungoperiodo di trasformazione psichica, vale a dire un periodo in cui vengano alterati lapercezione e i rapporti tra i sensi. Quando una societ chiusa allinterno di undeterminato rapporto tra i sensi, essa assolutamente incapace di concepire un altromodo di esistere (p. 354).

    Pertanto, spiega McLuhan qui e altrove, non la crescita delle forze produttive o lo svi-luppo del sistema economico che determina il progresso tecnologico in campo tipografico-editoriale, ma il contrario. Anzi, la trasformazione nelle tecniche di riproduzione della scrit-tura - che con la stampa determinerebbe secondo McLuhan lavvento del mercato (capitali-stico, ma questo egli non lo dice) - sarebbe determinata dallevoluzione psichica degli indi-vidui e questa, a sua volta, dalle trasformazioni dei sensi. E poich cita proprio la Russia elUngheria come esempi di paesi in cui il mercato non sarebbe mai potuto attecchire, noi cisentiamo esonerati dal dovere di polemizzare con questo cumulo di sciocchezze. Le abbia-mo citate solo per la celebrit dellautore e soprattutto per chiarire che la sua formula neolo-gistica (galassia Gutenberg), se usata in un senso molto diverso (per es. nel quadro della

    grande trasformazione della produzione editoriale qui accennata e da altri studiosi minuzio-samente ricostruita) pu risultare utile ed esteticamente affascinante.

    (Chiusa parentesi su McLuhan)

    I contenuti ideologici, politici o culturali a volte possono ancora interessare la singolaimpresa editoriale, soprattutto se caratterizzata (e finanziata) in senso confessionale, partiti-co o associazionistico, ma non possono alterare il ciclo di valorizzazione e riproduzione delcapitale investito nel circuito librario dalle grandi imprese editoriali. Basti pensare, peraverne un esempio recente tuttaltro che paradossale, alla miriade di libri e libretti rivolu-zionari, guerriglieristici, anarchici, situazionisti, luddisti, operaisti, marxisti-leninisti ecc.pubblicati dalle grandi corporazioni editoriali dei principali paesi imperialistici (lItalia e laFrancia in primis) durante la rivolta antisistemica del 68 e negli anni seguenti. E non stia-mo parlando solo di imprenditori anomali come la Feltrinelli o Maspero (il Feltrinelli o ilMaspero di allora), ma anche di grandi imprese economiche come Mondadori, Einaudi,

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    Laterza ecc. (Sullitinerario di queste e le altre principali imprese editoriali in Italia, si vedaNicola Tranfaglia-Albertina Vittoria, Storia degli editori italiani, Laterza, Bari 2000, maanche Mario Sabbieti,Mestieri di carta, La Casa Usher, Firenze 2007.)

    Evidentemente, poich pecuniae unum regimen est rerum omnium [lunico governo ditutte le cose quello del denaro], leditoria dominante nella societ del capitale monopoli-

    stico non trova pi alcuna ragione per impedire la circolazione delle opere antagonistiche,purch esse siano in grado di farsi valere sul mercato. A ci che pu essere scritto dentro illibro, gli azionisti delle grandi imprese editoriali non potrebbero essere meno interessati,purch non si violino leggi o regolamenti che possano poi costringere a pagare multe o a farritirare le merci dal circuito librario, perdendo cos del denaro.

    In tale orientamento - fondato sul predominio di criteri commerciali, che per il capitale un fatto naturale e non un prodotto di scelte umane ( casomai lessere umano che vi sideve adeguare) - leditoria sistemica confortata anche dal fatto che tutta la pubblicisticapi o meno antagonistica che essa fa circolare, a intervalli determinati dalle ricerche di mer-cato e dalle mode, non costituisce pi una minaccia politica nella stragrande maggioranzadei paesi capitalistici. La pubblicistica cosiddetta alternativa ha perso da tempo qualsiasi

    possibilit di modificare la consapevolezza delle classi subalterne o di incidere sui rapportidi forza tra le classi. E ci per altre moderne ragioni che accenneremo alla fine del discorsoe che possiamo nellattesa anticipare nella formula delpotere assoluto della societ spetta-colare di massa. Vi ritorneremo.

    Per il momento ricordiamo soltanto che la storia dellarte tipografica e delleditoria dimassa strettamente legata alla nascita dei partiti, allavvento dei sistemi parlamentari, allanecessit della propaganda politica, al ritmo convulso che via via hanno assunto le competi-zioni elettorali, ai grandi interessi economici in gioco nel corso di queste stesse sempre pifrequenti consultazioni. Sul tema si rinvia volentieri a un gustoso libriccino (formatomignon di cm 8 x 11,5, ma di 384 pagine) -I comunisti mangiano i bambini. La storia delloslogan politico (Garzanti, Milano 1994) - in cui lautore, Gianluigi Falabrino, offre alle pp.

    6-7 una precisa sintesi della sua tesi di fondo:La premessa per la pubblicit commerciale e per la moderna propaganda politica linvenzione della stampa: luna e laltra potranno nascere quando alla stampa siaggiungeranno lindustria e i trasporti, cos che lo stesso messaggio potr essere dis-tribuito in migliaia di copie (pi tardi in milioni di esemplari) raggiungendo anche ilpubblico pi lontano (...). Linvenzione della stampa porta i primi frutti politiciappena tre secoli dopo Gutenberg, alla fine del 700, con il fiorire dei giornali ameri-cani anticoloniali e con la Rivoluzione francese, contrassegnata, fra laltro, dalpullulare dei partiti e dei loro giornali.

    Il feticismo caratteristico del libro

    Nellera del capitalismo industriale il libro diventa pertanto una merce a pieno titolo checon le altre merci condivide il generale carattere feticistico, secondo la definizione che nediede Marx nel I vol. deIl Capitale (tralasciando la ridda dinterpretazioni che il termine haprodotto nella verbosit tipica degli epigoni del marxismo): e cio il fatto che alla merce(anche in forma di libro) nella societ capitalistica viene attribuita unesistenza indipendente,un ruolo di rapporto sociale reale, perdendo di vista in tal modo la sua natura intima (lesserenecessariamente un prodotto del lavoro umano, quindi una cosa), e il fatto che, nel momentoin cui essa assume tale status, sono i rapporti sociali esistenti tra gli uomini ad assumere nelloscambio laspetto di rapporti tra cose. Marx lo chiama anche larcano del rapporto di pro-duzione fondato sullo scambio di merci, e della forza di lavoro tra queste. [Sul tema del feti-

    cismo della merce e della merce-spettacolo in particolare devo rinviare al mio intervento alseminario dellAquila dedicato a Debord: Da La societ dello Spettacolo ai Commentarii.Note di lettura, in Antonio Gasbarrini (a cura di), Guy Debord. Dal Superamento dellarte

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    alla Realizzazione della filosofia, Angelus Novus/Massari ed., 2008, pp. 50-1.]Ebbene, a questo feticismo naturale della merce-libro allinterno della societ capita-

    listica, va aggiunto un secondo tipo di feticismo che non deducibile dalle leggi di fun-zionamento economico del sistema, bens dalla percezione che gli individui hanno dellafunzione del libro. In quanto tale, esso accompagna la forma-libro (tavoletta o papiro che

    fosse) fin dalla nascita. E pur modificandosi radicalmente nei secoli, si pu agevolmentepensare che continuer ad esistere ancora per molto, anche se praticamente impossibileprevedere quali trasformazioni interverranno in seguito alle profonde modifiche materialicui stiamo assistendo nel processo di programmazone-ideazione, scrittura, fabbricazione ediffusione del libro, o di ci che andr ancora sotto tale nome.

    Volendo chiarire meglio questo secondo tipo di feticismo, non prodotto specificamentedal capitalismo o da una determinata societ di classe, il termine che viene spontaneo allamente come forma di associazione concettuale miraggio. Il libro un prodotto materia-le, tangibile delloperosit umana, ma avvolto da unaura di immutabilit e di prestigioquasi sovrannaturali. Esso sembra promettere la vita eterna o perlomeno una maggiore per-manenza nel fluire del tempo. La promette in primo luogo per se stesso, in quanto oggetto

    materiale sopravvissuto al passare dei secoli e ormai sempre pi facilmente riproducibile. Equindi per lautore, forse per leditore; ma un frizzico di quellaura miracolosa finisce colcadere anche sullanimo del lettore. Questi, leggendo unopera dellantichit (per es.lAsino doro di Apuleio o i Carmina di Catullo) sente rivivere in s le emozioni che origi-nariamente animarono gli autori e li spinsero a scrivere quelle opere. Poi, ascoltandosimeglio, sente rivivere la proiezione di quelle emozioni sui tanti altri lettori che prima di lui,nel corso dei secoli o dei millenni (i lettori di Omero, per es.) si sono accostati allopera:avverte un-non-so-ch di collettivo ed extratemporale nel processo di fruizione, degustazio-ne e archiviazione mentale del libro. Di l a immaginare che le stesse emozioni potrannoessere vissute dai futuri lettori, in epoche e galassie ancora da definire, il passo breve.

    Il feticcio (miraggio) di secondo tipo che il libro produce o evoca (e che spesso si riflette

    in altri libri ricavati dal libro originario, libri tra loro imparentati, libri che dialogano traloro...) non del tutto fittizio, a differenza del segreto arcano della merce di cui sopra, mapu avere anche una sua consistenza visiva e psicologica. Effettivamente il manufatto chegiunge sulla nostra scrivania o accanto al nostro cuscino o tra le nostre mani mentre siamoimpegnati in una delle funzioni fondamentali dellorganismo umano o in viaggio o nellozaino della guerriglia (Che Guevara) o dopo un lutto o prima di un esame o nelle pause diun grande amore o in una baita in cima a un monte o sotto una palma dopo unimmersione,sembra raccontare una storia antica e autentica allo stesso tempo.

    A volerci fare attenzione, c sempre un momento in cui possiamo sollevare gli occhidal libro e metterci a pensare che qualcuno lo concep e lo scrisse in epoche lontane, vicineo lontanissime, e che lo fece con lamore (fedifrago) tipico degli autori; qualcuno poi glidiede una prima forma materiale, se antico - lo stamp e fabbric, se moderno; qualcuno losalv e lo abbell con la tenacia degli amanuensi (che noi oggi possiamo apprezzare neimusei o nelle copie anastatiche, per es. delleditore Arnaldo Forni) o lo archivi con loscrupolo dei bibliotecari; e ancora qualcuno lo tradusse o lo rifin con cura redazionale;qualcuno lo cuc e lo allest, a volte anche con gusto o inventiva, e qualcun altro si incaricdi farlo girare per il mondo, per la citt, per la libreria, per la biblioteca di casa o nello stu-dio. Molti poi ne hanno parlato o discettato, curandone in vari modi la pubblicit, vale adire la sua proiezione spettacolare.

    (Per un rapido sguardo disincantato a uno dei trucchi con cui si alimenta questo aspettopropagandistico, si veda sul Corriere della Sera del 14 sett. 2010, p. 41, Libri, la dittaturadelle classifiche, di Paolo Di Stefano che ci avvisa che difficile non pensare alle classi-fiche dei libri come pubblicit gratuita e occulta. Ma se si vuole una disamina a tuttocampo della corruzione fenomenale e fenomenica che regna in questo ambto mbito, e in

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    pi si vuole ridere con gusto, si veda di Franco del Moro - factotum di Ellin Sellae e nostrocollega in disagi da piccolo editore - Il libro nudo. Rivelazioni sul mondo letterario ai let-tori che non sanno, Stampa Alternativa, Viterbo 2000.)

    Forse non tutti i libri evocano sensazioni di questo genere o forse ne evocano solo barlu-mi. Ma la convergenza di un palpito extratemporale (succedaneo per il senso di eternit) e

    limpressione di esser partecipi di un rito collettivo (di produzione o di usufrutto), danno lasensazione/speranza/illusione al povero essere umano che con i libri in qualche modo sipossano anche riportare delle vittorie parziali sui suoi due pi grandi nemici, gli stessi chelo angustiano nellarco dellintera sua vita: la morte e la solitudine.

    Siamo di fronte a delle componenti fondamentali del carattere feticistico caratteristicodei libri, che possiamo associare per analogia al miraggio. Ma non si ferma qui il potereevocativo di questa curiosa merce che saremmo tentati di considerare la Regina delle merci- e che sotto il profilo del fascino feticistico certamente lo .

    difficile immaginare unaltra merce con pari forza evocativa e continuit temporale, senon passando ai prodotti originali nel campo dellarte (pittura, musica, cinema ecc.): tuttemanifestazioni della creativit umana che si possono comunque ricondurre ancora a dei libri

    (volumi fotografici per le arti figurative, spartiti, partiture e libretti dopera, sceneggiature) oche comunque col libro hanno un rapporto privilegiato, anche se non si lasciano possederealtrettanto facilmente, se non nella forma di surrogati del loro prototipo originario (serviziprestati per ora dal libro darte, dal Cd musicale, il Dvd filmico, il sito Internet ecc.).

    Solo le droghe, lalcol e altre merci in grado di alterare gli stati di coscienza potrebberocompetere in potenza evocativa con il libro, ma non con il suo effetto alleviatore per lepaure di morte e solitudine. E comunque, anche se vincessero in quanto a intensit evocati-va sul momento (e non sempre detto), perderebbero sul piano della permanenza deglieffetti nel tempo: ultraduraturi quelli dei libri, temporanei ed effimeri quelli delle sostanzepsicotropiche o variamente alteratrici degli stati di coscienza. Per dare un esempio bana-le, il sottoscritto ricorda ancora immagini vivide evocate dalla lettura di Stevenson, Verne o

    London nella sua fin troppo lontana adolescenza (vissuta agli inizi della seconda met delsecolo scorso), laddove non saprebbe redigere a memoria una lista nemmeno incompletaper due terzi dei vini per altro meravigliosi degustati durante il triennio del corso di som-mellier di pochi anni orsono. Il paragone semplicemente non proponibile perch le duecategorie di merce sono sostanzialmente incommensurabili. Ciononostante, ci si consenta disuggerire un possibile abbinamento di due distinte forme di merce alteratrice: un buonlibro e un bicchiere di buon vino o la loro felice sintesi come nel prodotto da me inventatocome editore: i Vini da leggere (Literary wines in inglese). Leffetto garantito...

    Modifiche nel dominio delleditoria sistemica

    Con lavvento della societ di massa e la produzione di scala dei libri in megaimpiantiindustriali (e non pi nelle tipografie ottocentesche alla Pierre-Joseph Proudhon); con lenuove possibilit di manipolazione del consenso e quindi del gusto letterario; con la trasfor-mazione della ricerca scientifica (e quindi dei suoi prodotti testuali) in strumenti di carriereburocratiche o universitarie; con la globalizzazione della circolazione libraria (un libroedito da Mondadori automaticamente tradotto - indipendentemente dalla sua qualit -nelle lingue e nei paesi in cui vi sono altri oligopoli librari legati per contratti di reciprocitcon Mondadori); con la compenetrazione multimediatica delle varie forme di comunicazio-ne (Internet, cinema, libri, giornali ecc.); con la riduzione via via crescente dei tempi diricapitalizzazione degli investimenti effettuati nella merce-libro (per cui si ormai arrivati auna media di due mesi come tempo di permanenza in libreria del libro invenduto); con una

    serie di altri fattori che tralascio per non appesantire il discorso - siamo autorizzati ad affer-mare che laccesso al testo ormai diventato inversamente proporzionale alla sua signifi-cativit (valore culturale o di testimonianza), spesso anche alla sua qualit e che questo

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    fenomeno ha ormai una dimensione mondiale.

    La lotta che realmente si svolge su questo terreno non pi tra loro e noi (tra une-ditoria sistemica, dominante, e uneditoria contro, antagonistica), ma tutta interna aloro, al loro mondo, senza che essi sentano pi il bisogno di esercitare pressioni o cen-sure nei confronti delleditoria contro.

    Se, per assurdo, queste mie libere riflessioni diventassero un libro e unindagine di merca-to stabilisse che tale libro si potrebbe vender bene, le grandi aziende editoriali se lo contende-rebbero a suon di offerte allincanto (tramite le agenzie letterarie, alcune delle quali sonosempre pi potenti e sempre pi oligopolistiche, anche se quasi dimenticavo di citarle!). E lotrasformerebbero in un bestseller internazionale, incuranti di tutto il male che sto dicendo con-tro di loro o del contenuto eversivo che sto cercando di infondervi (chiss se con successo...).

    Si pensi, per un paio di esempi molto noti fra i tanti, a quanto avvenuto con il buonlibro della Naomi Klein,NoLogo, o con il compendio del radicalismo chic pseudoalternati-vo di Michael Hardt e Antonio Negri, Impero - entrambi del 2000. Considerati a torto oragione come lespressione libraria pi pertinente delle idee che animavano i giovani delmondo dei Social Forum nellepoca della loro ascesa (ora molto ridimensionata e in eviden-

    te crisi), furono entrambi pubblicati e trasformati in successi mondiali dalle massime istitu-zioni delleditoria imperialistica (neoliberistica come si diceva allepoca e per fortunanon si dice pi): quella stessa contro la quale presuntamente lottavano i Black Block, ViaCampesina, i sindacati brasiliani, Attac o il movimento di Genova 2001.

    Due romanzi di editoria distopica + uno

    Stiamo forse vivendo nel pieno delleditoria distopica immaginata da George Orwell(1984, del 1948), avendo saltato a pi pari quella descritta da Ray Bradbury (Fahrenheit 451,del 1951) - uno che nel potere evocativo-rivoluzionario dei libri deve crederci veramente?

    difficile rispondere, anche perch i bersagli dei due autori, in campo editoriale,

    appaiono molto diversi. Orwell era pienamente consapevole dei crimini dei quali lo stalini-smo si era macchiato anche nei confronti della produzione libraria e non a caso WinstonSmith, il suo eroe, agli inizi appare impegnato nel lavoro statale di falsificazione letteraria.(Larte di falsificare le immagini e le foto dei libri da parte di tutti i regimi totalitari-prima che con lavvento dei computer il compito diventasse ultrafacile - stata ricostruitamagistralmente da Alain Jaubert, Le Commissariat aux Archives. Les photos qui falsifientlhistoire, Barrault, Paris 1986.)

    Leditoria totalitaria che lautore inglese ci descrive parte integrante del pi ampiosistema totalitario della casta che in Oceania detiene il potere assoluto e che dei libri non hapi alcuna paura, ma anzi li utilizza cinicamente per i propri fini di conservazione del pote-re, cambiando il loro contenuto a seconda delle necessit. Da questo punto di vista, il rac-conto tanto irrealistico-distopico non (o lo solo in senso quantitativo), giacch lo stalini-smo applic effettivamente quei metodi per assicurarsi la gestione totalizzante del poterepolitico-culturale e per compiere ancor pi indisturbato nellarco di vari decenni i suoi cri-mini nei confronti dellumanit (dei quali purtroppo ancora non si parla a sufficienza).

    Se volessimo citare un esempio storico di editoria sistemica dominante che per un lungoperiodo ha goduto dello stesso privilegio di monopolio editoriale totale di cui aveva godutola Chiesa cattolica nel Medioevo, e poi in alcune epoche e luoghi con lInquisizione,nellUrss staliniana troveremmo un modello perfetto, forse irripetibile nella sua totalitariet.

    Quindi, riprendendo il nostro discorso iniziale, leditoria dello stalinismo sarebbe stataun caso concreto, storico, contro il quale si sarebbe dovuto combattere allinsegna delloslogan contro leditoria tout court (integralmente), senza speranza di poterle contrap-porre uneditoria contro. Dagli anni 20 fino allepoca di Chruscev non fu possibile inUrss alcun tipo di produzione libraria che non fosse emanazione diretta del potere, porta-

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    voce smaccata delle sue menzogne, delle sue falsificazioni storiche e delle sue grossolanegiustificazioni per gli evidenti fallimenti in campo economico, militare e politico.Chiunque avesse provato a scrivere contro quelleditoria o anche solo fosse stato sospetta-to di volerlo fare, veniva eliminato fisicamente, spesso insieme ai suoi cari, a loro voltapossibilmente ignari delle intenzioni dissidenti del loro congiunto. Forse a un simile ecces-

    so di crudelt lInquisizione non era arrivata, nella sua lotta contro i libri eretici, ma non molto consolante star qui a conferire la palma della ferocia in campo editoriale. Ci baste-rebbe solo che lumanit non dimenticasse mai i nomi dei due concorrenti, come inveceaccade comunemente.

    Lautore di Fahrenheit 451 (Waukegan, Illinois 1920) si formato invece negli anni dellagrande Depressione e al momento di scrivere il suo capolavoro (inserito in una sua personaletradizione di science fiction) aveva davanti agli occhi pi lesplosione consumistica del dopo-guerra che le limitazioni allespansione della cultura che avevano caratterizzato gli anni delladrammatica penuria prebellica (quando comunque, occorre riconoscerlo, il governo degli Usanon si era macchiato di gesti efferati, di roghi o gravi censure nei confronti dei libri).

    Montag (leroe reso indimenticabile sullo schermo dallattore Oskar Werner, guidato

    nel 1966 da Truffaut) lavora a sua volta nel settore librario: fa il pompiere incaricato dibruciare i libri, di bruciarli tutti e a prescindere dal loro contenuto, bench la finzione filmi-ca (che avr certamente avuto lapprovazione di Bradbury, anche se questi non scrisse lasceneggiatura) faccia intravedere alcuni titoli di libri noti, belli o significativi. Nel finaledella vicenda, quando Bradbury abbandona la dimensione distopica e ci trasmette il suomessaggio utopico, emerge pi chiaramente linterpretazione che qui proponiamo e cioche lintento dellautore sostanzialmente anticonsumistico e anche un po antimassmedio-logico, oltre o pi che antitotalitario. La prova logica si deduce dalla lista di libri che ven-gono imparati a memoria e incarnati dai dissidenti sopravvissuti alle persecuzioni dellacompagnia dei pompieri al rovescio: sono tutti libri belli e arcinoti (opere di Platone,MarcAurelio, Swift, Darwin, Thoreau, Russell, i Vangeli ecc.), per nulla eversivi se non

    per il fatto di essere belli, frutto evidentemente di una selezione che ha fatto decidereGranger e la sua comunit di uomini-libro che quelli fossero i libri da salvare, in mezzoalle migliaia o milioni di libri che pure subivano la stessa sorte fantapoliticamente crudele.

    Insomma, la selezione ragionata dei libri e il lusso che la societ totalitaria si concedevanel distruggere tonnellate di merci (senza tentare nemmeno di riciclarle... diremmo concoscienza ecologistica contemporanea) ci confermano nellipotesi che il bersaglio ultimo diBradbury fossero la massificazione e banalizzazione del mercato editoriale, con leccesso dicommercializzazione libraria che negli anni 50 si viveva gi da qualche tempo negli Usa.

    Nel Paese che appariva come il principale vincitore sulla barbarie del Secondo conflittomondiale, la trasformazione consumistica di massa del circuito librario si era ormai compiu-ta e si andava rafforzando in forma esponenziale, al punto da rendere ormai globalmente

    inefficace lazione culturale dei libri migliori e pressoch inutile la loro azione critica.Lautore ci vuol dire che la soluzione finale (distruttiva) per i libri - che nel romanzo vienecompiuta da pompieri sui generis al servizio del potere dittatoriale - nelle societ ad alto svi-luppo economico e tecnologico si stava gi realizzando con la massificazione commercialedella circolazione libraria. Un processo di generale immiserimento culturale, controllato dal-lalto, che sarebbe andato a vantaggio esclusivo di un eventuale potere antidemocratico, fon-dato tra laltro sul controllo onnipossente e totalitario del mercato editoriale: i pompieri chebruciano i libri ricordano evidentemente i roghi con i quali il potere assoluto della Chiesamedioevale e della Controriforma - in analogia con il nazismo e lo stalinismo - aveva affron-tato la minaccia rappresentata dalla diffusione del libero pensiero e dalla formazione autono-ma dellindividuo. Con la differenza che i sistemi totalitari hanno sempre operato una qual-

    che selezione nel bruciare i libri, mentre nella societ distopica di Bradbury vengono bruciatitutti, indipendentemente dal loro contenuto. Una chiara metafora per indicare la realt ormaiapparentemente inarrestabile della massificazione libraria nellepoca della crescente spetta-

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    colarizzazione delle merci legate al mondo della comunicazione, i libri in primo luogo.Una lettura puramente antitotalitaria non darebbe ragione della raffinatezza ideologica

    che a noi sembra molto presente nellincubo romanzato vissuto da Montag, pur potendosiriscontrare nella finzione letteraria un concetto centrale di Hannah Arendt, quando afferma:

    Si spesso affermato in passato che nei paesi totalitari la propaganda e il terrore sono le

    due facce di una stessa medaglia. Ci per vero solo in parte. Quando il regime detieneil controllo assoluto, sostituisce la propaganda con lindottrinamento e impiega la violen-za non tanto per spaventare la gente (cosa che fa soltanto nelle fasi iniziali, in presenza diunopposizione politica), quanto per tradurre in realt le sue dottrine ideologiche e lemenzogne pratiche che ne derivano (...) Quando Stalin decideva di riscrivere la storiadella Rivoluzione russa, la propaganda della nuova versione consisteva nelleliminare,insieme coi vecchi libri e documenti, i loro autori e lettori: la pubblicazione nel 1938 diuna nuova storia ufficiale del Partito comunista fu il segno che la colossale purga, cheaveva decimato unintera generazione di intellettuali russi, era giunta alla fine (Le origi-ni del totalitarismo [1951], Comunit, Bologna 1967, pp. 471, 472).

    Come dire che le necessit propagandistiche del potere totalitario (staliniano, in questocaso, ma anche il nazismo, soprattutto nella fase iniziale, e lInquisizione nei secoli passati)si esprimono con roghi - nemmeno tanto metaforici - non solo dei libri, ma anche degliautori e dei lettori; ci avviene, per, nella fase di avvio, e nelle forme pi o meno classichedella violenza poliziesca (compresa la Piscopolizia di Orwell), della repressione giudiziaria,della tortura ecc. solo per aprire la strada alleffettivo consolidamento della dittatura. Nelcaso dello stalinismo, poi, allorrore si aggiunse orrore anche perch tra le masse di poten-ziali dissidenti condotti allo sterminio per le loro idee o le loro letture, la maggioranza eracomposta dapotenziali lettori di libri ormai introvabili perch eliminati da tempo: si colpi-va cio non un determinato comportamento effettivo (per quanto riprovevole fosse farlo),ma lintenzione, la potenzialit di un qualche comportamento presumibilmente incompati-bile con gli interessi del potere dittatoriale. Sinvadeva, cio, la sfera del desiderio, dellim-

    maginazione e del dialogo con se stessi.Negli anni 50 Bradbury aveva davanti agli occhi un nuovo fenomeno nel campo della

    comunicazione che col tempo si sarebbe rivelato sempre pi decisivo nel processo totalitariodi trasformazione dellumanit in succube massa di manovra: la diffusione del mezzo televi-sivo. Tenendo a mente questo aspetto fondamentale nella manipolazione delle coscienze -una possibilit tecnica di cui non aveva potuto disporre nessuna societ in precedenza e che in piena funzione nel nostro sistema attuale di teledipendenza indotta, globale e di massa - sipotr percepire pi compiutamente il significato del segnale dallarme da lui lanciato.

    E si vedr che esso riecheggiava a sua volta un messaggio analogo lanciato anni primada Aldous Huxley in un altro capolavoro della letteratura distopica (Brave New World, del1933) [che nelledizione in preparazione da Massari editore (a cura di Roberto Cruciani)avr finalmente il titolo tradotto correttamente in Il prode mondo nuovo]. Anche Huxley,pur non attirando specificamente lattenzione sul mondo dei libri, non trascura di segnalareil ruolo della massificazione culturale nel processo di asservimento conformistico - cio dicrescente condizionamento dallalto e di volontaria omologazione dal basso - delluomomoderno (o postmoderno, mi permetto di aggiungere).

    Tre livelli di controllo totalitario editorial-spettacolare

    Possiamo riassumere per grosse linee i tre livelli della visione distopica nel processo diacquisizione di un controllo totalitario sui mezzi di comunicazione (di massa) - e quindisulleditoria - adattando al mondo dei libri la terminologia usata da Debord ne La societdello spettacolo del 1967 e perfezionata nei Commentarii del 1984:

    1) per il potere editorial-dittatoriale tradizionale (stalinismo, nazismo, Chiesa), metafo-

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    rizzato in 1984 di Orwell, potremmo parlare di editorial-spettacolare concentrato;2) per il livello indotto in campo librario dalla massificazione dei consumi (dal romanzo

    capostipite - Fahrenheit 451 - in poi), di editorial-spettacolare diffuso;3) per il livello che attualmente viviamo, fondato sulla falsificazione veritiera, il rove-

    sciamento della realt, la sua trasformazione virtuale, il condizionamento spettacolare degli

    individui grazie alle nuove tecniche di manipolazione delle immagini in campo televisivo,internautico ecc. (metaforizzato a partire da New Brave Worldfino a molte sezioni dellascience fiction pi moderna), di editorial-spettacolare integrato.

    Di questa triplice distinzione (limitatamente al campo dindagine debordiano e senzaapplicarla specificamente al mondo editoriale) abbiamo gi parlato nel nostro testo suDebord prima citato e a quello rinviamo per approfondimenti o chiarimenti terminologici.

    Ovviamente i tre livelli possono convivere o si possono intersecare. Compreso il primolivello, che sopravvive ancora nella letteratura autoreferenziale delle sette, delle conventicolereligiose o dei piccoli gruppi presuntamente rivoluzionari, che tentano disperatamente diproiettare se stessi sul terzo livello, restando per invariabilmente ancorati e in forma caricatu-rale al modello editorial-spettacolare concentrato: quello che richiede una falsificazione della

    propria storia, il culto del capo, lobbligo di consegnare il cervello allammasso da parte degliiscritti o dei militanti di base, ladesione fanatica al dogma del fine che giustifica i mezzi ecc.(Lanalisi di un esempio attuale di organizzazione fanatizzata, ispirata ai tratti totalitari

    del primo livello, fornito nel libro curato nel 2009 da Stefano Santarelli, Dietro la non-politica, in cui preso in esame il caso specifico di una setta parapolitica italiana; ma gliesempi non mancherebbero con sette totalitarie di vario genere che si riproduconocostantemente ai margini del mondo politico, in Italia come negli Usa, in Argentina e altro-ve, o nel mondo dellintegralismo islamico cos come nel fanatismo pi o meno spontaneoche alberga spesso nelle religioni, soprattutto se rivelate o monoteistiche, e cos via.)

    Questo tipo di editoria spettacolare concentrata (tipica delle sette autoreferenziali) perlo pi del tutto inoffensivo, inutilizzabile da parte del sistema, a differenza delluso che fu

    fatto della letteratura dei gruppi maoisti in alcuni paesi capitalistici dopo il 68 per ostacola-re, tra laltro, la nascente editoria contro. Ma non per questo cessa la sua proliferazione.Ci avviene per ragioni che andrebbero analizzate in termini dipsicopatologia politica.

    Qui non ci addentriamo nel tema, augurandoci che anche lesame di questo aspetto, nienteaffatto secondario, si possa realizzare prima o poi con lavori interdisciplinari e specialistici,con il coinvolgimento di storici, psicologi, antropologi ecc.: comunque un altro compitoche si potrebbe assegnare a unipotetica e rediviva editoria contro, sempre che questa siaancora possibile nellepoca e nel sistema in cui viviamo.

    I tre livelli possono anche condizionarsi reciprocamente, dando vita ad altre sottoformedi integrazione editorial-spettacolare, facilmente identificabili attraverso unanalisi critica emultidisciplinare dei libri maggiormente in circolazione, di quelli lanciati dai principali

    Premi letterari, di quelli in testa alle classifiche (manipolate) dei pi venduti, di quelli che latelevisione ha detto, di quelli trasfigurati in forma filmica ormai quasi in tempo reale rispettoalla loro prima pubblicazione (suscitando legittimi sospetti sulla natura artistica di un similetempismo). Ma qui non c lo spazio per esaminare tutte queste sottospecie nelle gammadelle loro infinite combinazioni e quindi, a costo di semplificare troppo il discorso, accenne-remo solo al modello emblematico (puro e quindi astratto) delleditorial-spettacolare inte-grato, avviandoci verso una qualche conclusione.

    Leditorial-spettacolare integrato nella societ spettacolare di massa

    Rispetto alle epoche in cui il movimento di espansione del capitale cominciava a permeare

    di s tutti i gangli della vita sociale e culturale - consentendo di parlare di reificazione totaleo di unidimensionalizzazione per alcuni, di capitalismo assoluto per altri, di globalizza-zione o formule equivalenti per altri ancora - la trasformazione definitiva della merce-spetta-

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    colo in merce suprema, con la conseguente spettacolarizzazione dellintero processo di merci-ficazione del sociale, ci costringere a prendere atto che il processo di asservimento dellumanaspecie alle esigenze di una sua minoranza trasformatasi in casta si concluso.

    Si concluso storicamente e ha dato vita a una circolarit di potere assoluto che includetutte le manifestazioni caratteristiche dellumana specie: quelle produttive di merci, ripro-

    duttive della specie, della creazione mentale, dellaffettivit, del bisogno di socialit, dellalotta alla solitudine, della paura di thanatos (Freud e il disagio della civilt), dellamore,dellonore, della religione naturale, dellelaborazione filosofica, dellinvenzione artistica,della contemplazione estetica, del tempo libero (il tempo di non-lavoro), della riflessioneintima, del piacere erotico e di quello letterario, del gusto e delle manifestazioni dei sensi ingenerale. Forse sfuggono ancora in parte i sogni, ma soprattutto le molte altre forme dicreazione semispontanea di immagini intellettuali, non necessariamente o non del tutto irra-zionali (ci che nei miei romanzi chiamo il mondo delle rappresentazioni mentali).

    Ma non si fatica a prevedere che anche questi ultimi spazi di autogestione mentaledellindividuo si andranno riducendo, per riempirsi sempre pi di prodotti onirici preconfe-zionati, omologati e distribuiti in serie attraverso i canali della dipendenza visiva e televisi-

    va: i monitor dei vari generi di televisioni, dei computer, di Internet e del Web che sonoormai diventati il Grande fratello on-line della nostra vita quotidiana e lo saranno sempre dipi, fino a un determinato punto di rottura per saturazione che al momento difficile preve-dere quanto a tempi e forme della rottura.

    Niente di nuovo sotto il sole, dir chi familiare con la letteratura scientifica, distopi-ca, fantapolitica o semplicemente evocativo-poetica, che annunci e denunci questi peri-coli gi nellOttocento, che cominci a combatterli nel Novecento e che continua a combat-terli come e dove pu nellera attuale, spesso in isolamento, sempre senza speranze di riu-scire a vincere nellimmediato. Le menti pi lucide o le pi libertarie riescono ancora acapire che nella nuova epoca di schiavit totalitaria le leve di quel potere spettacolare sononelle mani di caste che si cooptano vicendevolmente, che si integrano nella loro funzione

    manipolatrice, che si dotano di tutti i mezzi materiali indispensabili per accrescere il pro-prio dominio: ma come tutte le caste, gli individui che le compongono sono animati da unospirito contraddittorio perch mentre ricercano la massima soddisfazione dei propri desideriindividuali devono conciliare il proprio insaziabile egoismo con gli interessi collettivi,sopraindividuali della casta di appartenenza. un processo visibile, che non ha nulla disovrannaturale (nonostante lo sforzo delle religioni di Stato per convincerci del contrario) eche presenta anche dei punti deboli, delle crepe in cui non sarebbe irrealistico pensare diinserirsi per dilatarle, inserirvi nuova dinamite sociale e farle deflagrare sino alla frantuma-zione del sistema, aprendo in tal modo una nuova era di liberazione per lumanit.

    Ma... e leditoria? Ci arriveremo tra breve, ma solo dopo aver indicato il pericolo maggio-re che si annida in questa circolarit totalitaria della societ spettacolare di massa: il fatto che

    il sistema spettacolare domina anche le istanze critiche esistenti al proprio interno .Pu farlo perch in parte esso stesso che genera tali istanze e in parte, quando si tratti diformazioni eterologhe perch riesce prima o poi a cooptarle, a cointeressarle al manteni-mento del sistema, concedendo privilegi materiali, soddisfazioni narcisistiche, ostentazionemediatica, illusioni di vittoria su thanatos, a volte anche appagamento sessuale (ma sempremeno in termini reali e sempre pi in termini virtuali). Un vero e proprio svantaggio ai nastridi partenza che Debord e pochi altri avevano gi descritto negli anni successivi al 68, quan-do la lotta di strada si accompagnava a quella mentale, rendendo possibile un ricambio (quasiuna ricarica...) delluna con laltra. Ho avuto occasione di ricordare che Debord considera-va ancora aperto il circuito di inglobamento delle opposizioni nel 1967 (giustamente, vistoci che hanno poi dimostrato il 68 e gli anni successivi), ma ha poi dichiarato concluso il cir-

    cuito nel 1984 (un anno simbolico...), nel momento in cui redigeva i Commentarii. Tutto ciche accaduto da allora, nel mondo della contestazione giovanile, nelle dinamiche dei movi-menti sociali, anticoloniali, ecologisti ecc., e soprattutto nelle formazioni politiche cresciutesu quei movimenti, gli hanno dato completamente ragione, al cento per cento se non pi.

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    La metafora della mappa

    Il punto di arrivo della riflessione antisistemica stabilito: Voi siete qui, ci dice uncerto tipo di letteratura, indicandoci una grande mappa del pensiero antagonistico, logora e

    piena di abrasioni, da cui cancellata la spiegazione dei simboli. Noi siamo qui, nelpunto della mappa in cui pi forte labrasione: ma non sappiamo pi leggerla. Un espertoin assunti tecnologici ci dice che abbiamo perso anche la bussola, perch lago si smagne-tizzato a furia di ripetere sciocchezze dogmatiche, inconcludenti e storicamente infondate.

    Quindi abbiamo bisogno di una nuova bussola (moderna, che non si smagnetizzi), diuna nuova simbologia come chiave di lettura della mappa, e magari di una vernice protetti-va che ridia anche vita e colore a quelle zone che si sono logorate per leccessivo strofiniodelle dita nel corso di peregrinazioni (mobilitazioni) sociali inconcludenti.

    Pu piacere o non piacere la metafora di editoria cartografica che ho impiegato, ma essaci aiuta a tornare agevolmente al discorso iniziale. Possiamo considerare la mappa logora epoco leggibile, come linsierme del patrimonio teorico antagonistico accumulato nel tempo,

    da conservare e valorizzare; la bussola non-smagnetizzabile, come la capacit di lettura delreale senza i condizionamenti del virtuale (ma personalmente, per la mia formazione daumanista rivoluzionario tenderei a vedervi pi una volont ferma, un bisogno etico di leg-gere il reale senza farci condizionare dal virtuale - luno, comunque, non esclude laltro); lasimbologia da ricostruire, come i nuovi strumenti teorici da approntare per rendere com-prensibile, attendibile e traducibile (in linguaggi e tradizioni altre) ci che verremo manoa mano imparando con la nostra nuova lettura del reale; le parti logorate dallabrasione,come il fardello delle false certezze, del dogmatismo e della coazione a ripetere slogan eanacronismi del passato; la vernice rivitalizzante, come il momento della convergenza col-lettiva in un movimento unitario, di massa, antagonistico e possibilmente creativo, fantasio-so, a tratti anche gioioso: ebbene, se tutto ci ci d limpressione di poter funzionare o per-

    lomeno di restituirci la possibilit di ricominciare a muoverci, a viaggiare, resterebbesolo da spiegare che cosa rappresenti il dito che scorre sulla mappa rivitalizzata e decideredove poggiare la mappa stessa. Le due cose sono collegate e cercher di spiegare il perch.

    Nel dito - che presumibilmente sar lindice e che quindi avr la funzione congenita diindicare la strada, di facilitare la lettura della mappa (del reale) e che riassumer in s tuttalenergia proveniente dallavambraccio, dal braccio, dalla spalla, dallintero corpo sociale -vedo la metafora del libro, della scrittura, della lettura, dellelaborazione teorica, dellinter-pretazione, della comunicazione delle idee (le eventuali scoperte psicogeografiche), dellaricerca di nuove strade, della tensione ideale, dellantagonismo razionalmente guidato.

    Vedo anche, per, la solitudine consueta dellintellettuale che continua a girovagare neimeandri del conoscibile, senza mai incontrare una mano amica, e unaltra o unaltra ancora,

    che aiutino a espolorare meglio la mappa e, perch no?, anche a fabbricarne altre.Per questo importante che la mappa non sia poggiata su un tavolo - situazione appa-rente di comoda rigidit, ma che rende disagevole una consultazione dinamica e collettiva. meglio che essa sia appesa a una parete o meglio ancora se pender da un filo invisibilecalato dal soffitto, come fosse appesa nel vuoto. Cos potr essere esaminata congiuntamen-te da molte pi persone, nessun dito indice potr pi logorarla, nessuno potr spingerla con-tro il muro o farla giacere sul tavolo n essa sar costretta a una perenne immobilit inposizione precostituita. Trattandosi del patrimonio teorico antagonistico vorremmo vederlaoscillare carezzata dal vento o ruotare su se stessa, in modo che tutte le dita che riescono asfiorarla siano importanti per lei, ma nessun dito lo sia di troppo.

    Lassenza di uneditoria critica delle pseudopposizioni

    La metafora cartografica rappresenta una nostra proiezione utopica: il desiderio, cio,

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    che un lavoro teorico mirato in senso antagonistico possa continuare, facendo tesoro delpoco che si salvato dalla mercificazione sistemica, coinvolgendo nuove energie, concen-trando gli sforzi e operando collettivamente. Leditoria antagonistica dovrebbe essere alservizio di un simile progetto ed questa la dimensione autentica di uneditoria controche non credo potrebbe essere facilmente soffocata o cooptata dalleditoria totalitaria del

    sistema dominante.Ma quanto alle possibilit di realizzarla si ha il dovere di essere scettici: forse un po piche scettici - meglio se francamente pessimistici. Certo, lesigenza di uneditoria antagoni-stica esiste, ma fino a che punto? dove? chi la incarna? chi la gestisce? chi ne usufruisce?

    Qualcuno ci pu forse indicare una sola formazione politica in Italia, in Europa o in altripaesi di capitalismo avanzato, che possiamo definire non certo partecipe, ma almeno lonta-namente interessata a uneditoria realmente antagonistica - quindi a uneditoria combattiva,libertaria, razionale, veritiera (in senso storiografico) - che non si traduca periodicamente instrumento di propaganda elettorale? Uneditoria, anzi, che sia punto di riferimento per tutticoloro (il cui numero va crescendo) che non intendono pi col rituale del voto alle elezionipolitiche condividere le responsabilit complessive del sistema; che non vogliono pi con-

    cedere fiducia alla casta dei partiti o alle sottocaste radicali che con la loro pseudopposi-zione hanno pi volte dimostrato dessere organicamente inserite nella difesa delle finalitdi fondo del sistema, in primis la possibilit di una sua riproduzione spettacolare e capitali-stica.

    Ecco. Il desiderio di uneditoria antagonistica, diffuso in unampia area geopolitica, esi-ste ancora (e il mio lavoro di editore in costante rapporto diretto coi lettori me lo dimostra),ma un desiderio appeso nel vuoto. Perch la verit che nessuna forza sociale, nessunmovimento eversivo o antagonistico (operaio, giovanile, di appartenenza sessuale, di comu-nit locali o di quelli che riempiono periodicamente le cronache dimostrando tutti i lorolimiti di instabilit politica e temporale), nessuna organizzazione politica che abbia un qual-che seguito nel mondo del lavoro materiale e mentale, nessun collettivo di intellettuali qua-

    lificati e disinteressati sidentifica oggi con questo tipo di editoria: ed questa amara realta far s che uneditoria contro di fatto non esista, pur in presenza di libri splendidi edeversivi (come molti di quelli che sono presenti nel mio e in pochi altri cataloghi).

    Di questa inesistenza personalmente so qualcosa, e per questo mi permetto di parlarne,visto che tutti gli sforzi compiuti in vita mia per far crescere uneditoria rivoluzionaria oantagonistica si stanno dimostrando infruttuosi. Ci significa che neanche io sto realizzan-do una simile impresa, per quanto forte se ne avverta la necessit storico-politica.

    Certamente io desidero riuscirci (e spero che questo dato innegabile mi sia riconosciutoanche in base alla sola testimonianza del mio catalogo); ma certo che non sto traducendoin risultati concreti questo desiderio, che non solo mio, ma anche di quei sostenitori italia-ni ed esteri che mi hanno variamente incoraggiato da quando svolgo lattivit editoriale (dal

    1989, ma ci furono anche gli anni di Controcorrente, la casa editrice che creai dal 1975 al1980).Siamo quindi arrivati alla conclusione che, per quanto sarebbe bello, desiderabile e poli-

    ticamente utile avere a disposizione dei movimenti uneditoria antagonistica, in Italia unatale editoria non esiste. E la stessa situazione si riscontra con differenze trascurabili in altriPaesi del mondo - una constatazione del resto ovvia, perch oggigiorno non pensabile cheuneditoria antagonistica o rivoluzionaria esista in un paese solo, a fronte dei processi diglobalizzazione del potere totalitario capitalistico e della societ spettacolare di massa: seesistesse in Italia una simile editoria, avrebbe necessariamente una dimensione internazio-nale, interetnica e multilingue. Lo stesso dicasi se esistesse in Francia, in Polonia, inMessico o altrove.

    Siamo quindi daccordo sulla necessit di lottare contro leditoria totalitaria del pote-re (della societ spettacolare di massa), ma senza che si riesca in alcun paese del mondo adar vita a unautentica editoria contro, antagonistica, libertaria e, in prospettiva, rivolu-

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    zionaria. un fossato che non si riesce a colmare, non solo per la capacit di manovra, la potenza

    mediatica e il radicamento popolare del sistema, ma anche perch questi dispone di unaserie di strumenti efficaci di riserva rappresentati dalle pseudopposizioni nutrite e cresciuteal suo interno. Si leggano alcuni libri di questa casa editrice dal titolo molto esplicito - tra

    gli altri:La sinistra rivelata (2007),I Forchettoni rossi (2007),Le false sinistre (2008) ecc.- e si troveranno descritte modalit, tappe e azioni concrete con le quali il sistema utilizza(in misura maggiore o minore a seconda dei periodi) le rappresentanze politico-sindacalidella ex sinistra e della ex estrema sinistra per soffocare sul nascere qualsiasi velleit anta-gonistica in campo editoriale, oltre che sociale e culturale. Occorre quindi prendere atto diunaltra amara verit: questa casa editrice lunica che abbia dedicato libri ed energie alcompito di smascherare questo ruolo subdolo, ma efficace delle pseudopposizioni istituzio-nali, cio degli strumenti pi raffinati dintegrazione del dissenso che siano allopera nellasociet spettacolare di massa.

    Si consultino i cataloghi di tutti gli altri editori alternativi, oppure quelli di ben precisecorrenti politiche (anarchici, trotskisti, bordighisti, situazionisti, operaisti, ecologisti, cri-

    stiani autentici o centristi di vario genere) e si vedr lassenza pressoch totale di libri dedi-cati alla critica complessiva delle pseudopposizioni. Qua e l si trover un qualche libro cri-tico di un qualche singolo autore, ma mai allinterno di un progetto editoriale: in formasistematica e collettiva, un simile lavoro teorico stato fatto e continua ad essere fatto soloda questa mia casa editrice: e ci la dice lunga sulla forza di dissuasione del potere.

    Questi intermediari di sinistra - cani da guardia interposti tra il potere e la mobilita-zione sociale - continuano ad essere larma pi efficace nelle mani del sistema. E nonbaster il desiderio eversivo, per liberarsi di loro: occorrer una crescita della consapevolez-za delle grandi masse, al momento subalterne. Ma poich a questa crescita dovr concorrerenecessariamente uneditoria antagonistica, che sappiamo non esistere, il cerchio si chiudeper ora nella figura allegorica del serpente che si morde la coda. Di pi al momento non

    dato.Che (non) fare?

    A giugno del 1995 fui intervistato, in veste di editore emergente e alternativo (era ilsesto anno di vita della casa editrice che allepoca si chiamava Erre emme), nel quadro diun simpatico libro di Chiara Sasso, che apparve lanno dopo: Editori. Tra resistenza e resa(Sonda, Torino 1996). Nella parte conclusiva dellintervista la curatrice scriveva:

    Per Roberto Massari la parola impegno politico significa conoscenza e apertu-ra.... Non ha mai vissuto lideologia come chiusura, ma ha coltivato decine di pas-sioni, dalla musica alla pittura alla storia. La sua curiosit lo ha portato ovunque.Limpegno editoriale, tuttavia, contrasta con la sua attivit di scrittore, togliendoglitempo ed energie: La casa editrice, dice Roberto, sta uccidendo lautore. un con-flitto che vive consapevolmente (p. 105).

    Ho citato questa foto depoca per presentarmi come editore-essere-umano a chi haavuto lamabilit e la pazienza di seguirmi fin qui. Ma anche per ricordare a me stesso cheuno dei rischi connessi alla mia attivit proprio di perdere la dimensione umana del pro-prio impegno, a fronte dellenormit del compito che ci si consapevolmente addossati.

    Allo stesso tempo non va dimenticato nemmeno che quando scrivo i miei libri e agiscocome autore, sto suonando la parte di uno strumento solista, mentre come editore ho unaresponsabilit collettiva analoga a quella del direttore nei confronti dellorchestra.

    Anchegli suona, ma nel rispetto della partitura e come parte integrante di un insieme musi-cale.I problemi finanziari aggravati dalla crisi economica generale, la disperazione operativa

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    del dover lavorare in una societ civilmente arretrata come quella in cui bivacca il capitali-smo italiano, lingratitudine degli autori, i disguidi con il distributore, i ritardi del tipografo,le traduzioni malfatte, i costi crescenti della carta e dei trasporti ecc. sono la punta dicebergdei problemi materiali che accompagnano questa attivit. Ebbene, sono proprio questi i pro-blemi che alla lunga rischiano di prevalere e far perdere di vista la ragione per cui si dato

    vita a una casa editrice, antagonistica nelle intenzioni e irriducibile nella pratica, anche seinefficiente dal punto di vista imprenditoriale. Ma a volte mi assale il dubbio che anchequesti problemi facciano parte del gioco e che alla lunga abbiano una loro funzionalit peril sistema spettacolare di massa e le sue mire totalitarie. Cosa farei il giorno in cui mi sivolesse togliere la casa ipotecata e il sistema mi tendesse una mano, la sinistra ovviamen-te? Brrr...

    Negandomi il successo commerciale il sistema limita la produzione di fastidiosi libriantagonistici e crea scetticismo tra il pubblico (potenziale ed effettivo), cui viene ammanni-ta la lezione tipica della societ spettacolare, per cui la mancanza di vendite sinonimo disconfitta, come deve valere anche per la merce-libro. Pi in generale deve prevalere leticasuprema della societ dello spettacolo: grandi numeri=grande qualit, scarsi numeri=scarsa

    qualit, che si tratti delle saponette o dei risultati elettorali. Con questo cinismo contabile, icani da guardia del sistema editoriale sperano anche di opacizzare la patina di prestigio -di sovrannaturalit come si diceva allinizio - che avvolge il libro e certi libri in modoparticolare, allo scopo di privarli del loro potere eversivo, evocativo e trascinatore (leffettomiraggio).

    Ecco, nella lotta contro leditoria dominante e nellimpegno (per ora utopistico evolontaristico) a realizzare uneditoria contro, la prima ed essenziale cosa da non fare sostituire i numeri ai sentimenti, le mode alle idee, i compromessi alle convinzioni etiche, ilcalcolo economico allamore per la scrittura, sapendo che alle origini questo fu prodotto asua volta da un precoce e duraturo amore per la lettura.