Robert Raikes

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La storia dell’uomo che ha fondato la Scuola Domenicale

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La storia dell'uomo che ha fondato la Scuola Domenicale

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La storia di un uomo che desideravaunicamente “andare attorno facendo delbene”. Crediamo ci sia riuscito; le ScuoleDomenicali, frequentate da milioni di credentinel mondo, ne sono la testimonianza concreta.

La storia di Raikes s’intreccia con quella di GeorgeWhitefield, di John Wesley, di William Wilberforce; insieme aloro, il “tipografo” di Gloucester ha visto migliaia e migliaia dianime arrendersi al Salvatore. In questo libro si potrannoleggere non soltanto i fatti riguardanti l’inizio e lo sviluppodell’opera della Scuola Domenicale, ma anche le vicende chehanno dato vita alle leggi contro la schiavitù, alle riformecarcerarie, al sorgere della Società Biblica Britannica eForestiera, ad alcuni metodi d’istruzione ancora oggi invigore. Tutto ciò grazie alla sensibilità e alla determinazionedi un semplice credente che ha voluto seguire l’esempio delMaestro, “… Gesù di Naza ret; come Iddio l’ha unto diSpirito Santo e di potenza; e come egli è andato attornofacendo del bene, e guarendo tutti coloro che erano sotto ildominio del diavolo, perché Iddio era con lui” (Atti 10:38).

LA BIOGRAFIA - CORREDATA DINUMEROSE IMMAGINI DELL’EPOCA -DELL’UOMO CHE HA DATO INIZIOALL’OPERA DELLA SCUOLADOMENICALE

ADI-Media

J. Henry Harris

ROBERT RAIKES

ISBN 88 89698 09 8

La storia dell’uomo che ha fondato la Scuola Domenicale

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Titolo originale:“Robert Raikes”J. Henry HarrisThe National Sunday School Union - Londra n.d.

Altre informazioni raccolte dal libro:“Robert Raikes”Alfred GregoryHodder & Stoughton / Sunday School Union - Londra, 1877

Edizione Italiana:Robert Raikes“Assemblee di Dio in Italia” Ente Morale di Culto D.P.R. 5.12.1959 n.1349 - Legge 22.11.1988 n.517

© Servizio Pubblicazioni ADI-MediaVia della Formica, 23 - 00155 RomaTel. 06/22.51.825 - Fax 06/22.51.432www.adi-media.it

Settembre 2006 - Tutti i Diritti Riservati

Traduzione e adattamento: P. F. - a cura dell’Editore

Stampa: Piccole Arti Grafiche - ROMA

Si ringrazia il Gloucester City Council per i permessi accordati e le informazioni concesse.

ISBN 88-89698-09-8

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Prefazione

QQ uesto libro è una piccola gemma che si aggiunge allealtre biografie di quei fedeli servitori del Signore che

hanno segnato la storia delle missioni e dell’evangelismomondiale. La sua particolarità risiede innanzitutto nello stile:anche se composto in maniera variegata da testimonianze eda eventi relativi a un ampio lasso di tempo, se ne ricava unquadro d’insieme unico e omogeneo, simile a un bel mosaicoin cui numerose tessere formano una sola immagine. Ne ri-sulta, così, una lettura piacevole, edificante, piana.

La semplicità che caratterizza lo scritto è dovuta soprat-tutto al modo in cui l’autore ha raccolto il materiale per iltesto. Tutte le informazioni – eccezion fatta per quelle piùrecenti, reperite dall’editore – sono state fornite direttamentedai protagonisti di questa storia, persone semplici, di scarsacultura e spesso di bassa estrazione sociale, nelle quali laParola di Dio ha prodotto effetti meravigliosi.

La figura di Robert Raikes non è descritta con toni entu-siastici e commemorativi, tutt’altro; in queste pagine tra-spaiono chiaramente la modestia e l’abnegazione che hannocaratterizzato la vita di quest’uomo di Dio. Non viene datorisalto all’autore, ma all’opera da lui voluta e portata avan-ti indiscutibilmente dal Signore, che ha trovato in Raikes “…un vaso nobile, santificato, utile al servizio del padrone, pre-parato per ogni opera buona” (II Timoteo 2:21).

A fronte di un’impresa come quella della Scuola Dome -ni cale, di portata mondiale, e di cui Raikes è stato il fonda-

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tore, non riscontriamo l’esaltazione dell’uomo, ma la gloriae la compassione di Dio manifestate in favore di tanti dere-litti raggiunti da questo servitore.

Il contesto sociale nel quale la storia è ambientata è ca-ratterizzato da degenerazione morale, ipocrisia religiosa, in-differenza istituzionale, condizione, questa, del tutto fertileper far germogliare il seme dell’Evangelo.

La storia di Raikes s’intreccia con quella di GeorgeWhitefield, di John Wesley, di William Wilberforce; insiemea loro, il “tipografo” di Gloucester ha visto migliaia e mi-gliaia di anime arrendersi al Salvatore.

In questo libro si potranno leggere non soltanto i fatti ri-guardanti l’inizio e lo sviluppo dell’opera della ScuolaDomenicale, ma anche le vicende che hanno dato vita alleleggi contro la schiavitù, alle riforme carcerarie, al sorgeredella Società Biblica Britannica e Forestiera, ad alcuni meto-di d’istruzione ancora oggi in vigore. Tutto ciò grazie allasensibilità e alla determinazione di un semplice credente cheha voluto seguire l’esempio del Maestro, “… Gesù di Naza -ret; come Iddio l’ha unto di Spirito Santo e di potenza; e co-me egli è andato attorno facendo del bene, e guarendo tutticoloro che erano sotto il dominio del diavolo, perché Iddioera con lui” (Atti 10:38).

Questo libro narra la storia di un uomo che desideravaunicamente “andare attorno facendo del bene”. Crediamo cisia riuscito; le Scuole Domenicali, frequentate da milioni dicredenti nel mondo, ne sono la testimonianza concreta.

La nostra preghiera a Dio è che questo umile scritto siadi edificazione e di benedizione per ogni lettore.

L’Editore

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Robert Raikes (1735-1811)

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Capitolo 1

Le origini

GG loucester, nella seconda metà del XVIII secolo,era una città molto importante. Aveva la sua

cattedrale anglicana, vi si teneva il mercato ed era no-ta per la manifattura di diversi prodotti di largo consu-mo. La cittadina era abitata da persone laboriose. Vilavoravano numerosi tessitori che utilizzavano ancoratelai a mano secondo la tradizione secolare dei loropredecessori.

Nel complesso era un’antica città molto bella, ori-ginariamente circondata da solide mura con quattroporte di accesso, una per ogni punto cardinale. Al difuori la campagna era incantevole e assai fertile, intor-no sorgevano villaggi e cittadine, i cui abitanti nei gior-ni di mercato, nelle festività e in tempi di difficoltà si

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affollavano nella città: ogni scusa era buona per an-darvi. All’interno delle mura avevano sede il Castello,la Cattedrale, il Palazzo e molti altri splendidi edifici,alcuni dei quali rimasti intatti fino ai giorni nostri, conpittoreschi frontoni e facciate rifinite con travi di legno.

C’erano così tante chiese, così tante opere di caritàper malati, poveri, vedove e orfani che quando si eracerti di qualcosa si soleva dire: “Certo come è certoche Dio è a Gloucester”.

Ciò nonostante le prigioni nella città erano nume-rose quanto le chiese, i giudici nei processi condanna-vano a morte un così gran numero di imputati da farpensare che la città fosse piena di criminali. Infatti, l’a-spetto morale e sociale della città non era tra i più pia-cevoli: le strade erano frequentate da vagabondi estraccioni, il livello spirituale delle pur numerose chie-se era molto basso, John e Charles Wesley ancora nonavevano iniziato la loro opera evangelistica. Il grandepredicatore George Whitefield che avrebbe infiammatole due sponde dell’Atlantico con il messaggio del -l’Evan gelo, anch’egli nativo di Gloucester, allora erasoltanto un ragazzo maldestro che frequentava le ta-verne della città, rubando i soldi a sua madre. Questasituazione non era peggiore di altri posti, rispetto adalcuni era anzi meno corrotta. Erano le leggi ad essereapplicate con estrema severità. Chi rubava una pecorao un fazzoletto poteva essere impiccato e l’esecuzione,unitamente ai combattimenti tra cani o galli, diventavaun’occasione di intrattenimento per la plebaglia; chiuccideva qualcuno era ucciso alla stessa maniera.

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Chiunque, uomo o donna, mendicasse, attaccasse bri-ga, o avesse comunque una condotta riprovevole, veni-va legato dietro ad un carro e frustato per le strade.Così, per quanto questa città fosse sede episcopale ericca di chiese e istituzioni di carità, la gente si abituò atal punto ad assistere a tali scene che la crudeltà con-tro il prossimo non muoveva più alcuno a pietà: “Le te-nebre coprivano la faccia della terra” di Glouce ster.

Nel diciottesimo secolo la città era piena di situa-zioni contrastanti: ricca di chiese e piena di criminali-tà, colma di ricchezza e di estrema povertà, di tanteopere caritatevoli e di tanta sofferenza. C’erano parec-

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Le Origini

La città di Gloucester in un’antica incisione dell’epoca

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chie scuole e istituti d’istruzione di vario grado e indi-rizzo culturale. Si trovavano persone colte nell’am-biente religioso e fuori di esso, ma la gran parte dellapopolazione rimaneva ignorante per ciò che non ri-guardasse direttamente il proprio lavoro e i propri in-teressi. La persona semplice del popolino non cono-sceva l’abbiccì e persino i commercianti non avevanoidea di cosa fosse la contabilità. Genitori ignoranti epieni di vizi crescevano i figli senza istruzione e valorimorali; e, considerato che le nuove generazioni inven-tavano vizi nuovi, è un vero miracolo che le masse po-polari non fossero ancora peggiori di quello che erano.

Tutte le strade, ad eccezione delle principali checollegavano le porte della città, erano strette, in realtà,in gran parte erano vicoli e vicoletti e oltretutto moltosporchi, senza illuminazione e pavimentazione. Chiaveva necessità di avventurarsi fuori la sera portavacon sé una lanterna per evitare le fogne che scorreva-no all’aperto e i cumuli di spazzatura davanti le porte.Questo stato di cose, presente sotto gli occhi e il nasodei benestanti, ci può far immaginare quanto fosse or-ribile la condizione nei tuguri dei poveri.

I cittadini più agiati di questo importante centro ec-clesiastico curavano il loro abbigliamento e la loro ali-mentazione secondo le usanze del tempo, ma manca-vano di buone maniere e il loro linguaggio, anche nelcolloquiare amichevole, era volgare, come d’altrondenel resto della nazione in quel periodo.

La massa del popolino vestiva un’“uniforme distracci e toppe”. Li avremmo potuti vedere a piedi nudi,

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con calzoni smessi, con o senza una camiciola logorasotto “bluse” sbrindellate; in effetti, si poteva ben direche non fossero “vestiti” ma soltanto parzialmente“coperti”.

Con la neve e con il ghiaccio gli uomini si avvolge-vano piedi e gambe con della paglia e si riparavano lespalle dal freddo e dall’umidità con stracci di vecchisacchi di panno. Le donne svolgevano gli stessi lavoridegli uomini e vestivano abiti smessi e tela da sacco,proprio come gli uomini; lo si vede da antichi dipintiche rendono conto, in modo schietto ed evidente, dellareale condizione nella quale versavano molti in queitempi.

Non proprio tutti, però, vivevano così: vi erano lavo-ratori previdenti che mandavano i figli a servizio dellebuone famiglie, le quali offrivano loro un buon vitto eun abbigliamento decoroso. Rappresentavano tuttaviadelle eccezioni e una percentuale scarsa rispetto allamaggioranza della popolazione di un Paese in cui, ri-cordiamoci, nel XVIII secolo, non esistevano né scuolestatali né quello che oggi chiamiamo il ceto medio.

Credo opportuno dedicare ancora qualche parolasul linguaggio delle “masse”, al quale ho già accenna-to. Definirlo rozzo è un eufemismo e forse la definizio-ne migliore sarebbe “scioccante”. Molti termini allorausati per esprimere amore, o sofferenza o forti emo-zioni non possono essere qui riportati. Persino le lab-bra dei bimbi pronunciavano candidamente parole in-fami; durante il gioco i fanciulli urlavano parolacce eimprecazioni. Alla crescita del loro fisico non corri-

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Le Origini

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spondeva altrettanto sviluppo dell’animo e mai il suo-no di una parola lieta rallegrava quei cuori inacerbiti,opportunità offerta, invece, ai bambini di oggi.

Ho voluto evidenziare questo aspetto perché il lin-guaggio osceno usato dai bambini di strada fu uno deimotivi principali che portò all’apertura della ScuolaDomenicale.

Ora, è lecito chiedersi cosa facessero gli uomini dichie sa e i religiosi e la brava gente dinanzi a tanta malva-gità. È difficile però fornire una risposta soddisfacente. Ineffetti, esistevano persone pie, piene di coraggio, pronteal sacrificio e a far carità, la cui testimonianza fa rebbear rossire per santità di condotta molti di noi. La Chiesacomunque, in un periodo in cui la messe era pronta peril raccolto, a quanto pare si era addormentata.

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George Whitefield mentre predica all’aperto

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La gente “comune” desiderava un cambiamento edera pronta ad accettare forti richiami e inviti al penti-mento. Fu proprio quando l’Inghilterra iniziò a risve-gliarsi moralmente che nacque la Scuola Domenicale.

NOTAChi volesse studiare la condizione morale dellemasse dell’Inghilterra tra la fine del ‘700 e gliinizi dell’‘800 ne resterebbe rattristato e incre-dulo. Quando Whitefield e Wesley cominciarono apredicare il Vangelo di Dio, Gesù Cristo e la pre-ghiera, le loro parole suonavano nuove e strane,suscitando uno stupore simile a quello cheavrebbe provato una tribù di selvaggi nel vedereper la prima volta un uomo civilizzato. Raikes racconta che un condannato alla forcainvitato a pregare prima dell’esecuzione abbiarisposto di non sapere che significasse pregare.L’unica Bibbia ritrovata nel distretto di Cheddarera usata per appoggiarci sopra un vaso. Qual -cuno, al nome di Gesù Cristo, arrivava a pensa-re che si potesse trattare di un gentiluomo deltempo.

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La storia di Raikes s’intreccia con quella di GeorgeWhitefield, di John Wesley, di William Wilberforce; insieme aloro, il “tipografo” di Gloucester ha visto migliaia e migliaia dianime arrendersi al Salvatore. In questo libro si potrannoleggere non soltanto i fatti riguardanti l’inizio e lo sviluppodell’opera della Scuola Domenicale, ma anche le vicende chehanno dato vita alle leggi contro la schiavitù, alle riformecarcerarie, al sorgere della Società Biblica Britannica eForestiera, ad alcuni metodi d’istruzione ancora oggi invigore. Tutto ciò grazie alla sensibilità e alla determinazionedi un semplice credente che ha voluto seguire l’esempio delMaestro, “… Gesù di Naza ret; come Iddio l’ha unto diSpirito Santo e di potenza; e come egli è andato attornofacendo del bene, e guarendo tutti coloro che erano sotto ildominio del diavolo, perché Iddio era con lui” (Atti 10:38).

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