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DIALOGIKA E-BOOK

Questo libro digitale fa parte del catalogo Edizioni

Dialogika.

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di Robert Dilts. Se vuoi saperne di più, acquistando il box

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personaggi geniali: Walt Disney e Wolfgang Amadeus

Mozart.

È severamente vietata la riproduzione parziale o totale del

presente supplemento in accordo con la normativa vigente

in materia di diritti d’autore.

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INDICE

IL GENIO...........................................................................................4

ESEMPI DI GENIO:

ALBERT EINSTEIN.........................................................................13

DISCLAIMER..........................................................................................23

PER I TUOI APPROFONDIMENTI.........................................................24

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IL GENIO

La parola genio deriva dal latino genius, che indica “la

natura superiore o divina innata in ognuno di noi”. La stessa

parola proviene a sua volta da genere, ossia “portare fuori”.

Tutto ciò a implicare che il genio è essenzialmente

qualcosa di “generativo” o creativo.

Oggi la parola è usata per indicare principalmente una

“superiorità mentale, un’abilità intellettuale fuori dal

comune” e soprattutto “un'intelligenza viva o capace di

combinare diverse cose in modo nuovo” (Webster

Dictionary). Si usa anche per indicare una “persona dotata

di un non comune vigore mentale e facoltà intellettuali

superiori”.

Visto dalla PNL, il manifestarsi del genio è funzione di una

strategia mentale unica e di altri pattern cognitivi che

possono essere appresi. Anche se un individuo possiede

un talento e delle abilità creative innate, queste non

potrebbero manifestarsi senza l’aiuto di particolari strategie

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e abilità. Per gli stessi motivi, coloro che non sono dotati

naturalmente di questi doni potranno tranquillamente

acquisirli e svilupparli apprendendo strategie dotate di una

maggiore efficienza. Le strategie si focalizzano sull’abilità di

individuare e integrare prospettive diverse. J. Bronowsky,

autore de L’Ascesa dell’Uomo (1973) affermava che “un

genio è una persona che ha due grandi idee” e passa il

resto della sua vita cercando di metterle insieme. Una

implicazione è che una delle caratteristiche chiave del genio

è l’abilità di tenere allo stesso tempo idee diverse e

disparate idee e opinioni simultaneamente.

I pattern del genio

I tre volumi della serie Strategie del Genio (Dilts, 2007)

applicano i principi del modeling e le tecniche di PNL per

studiare le strategie di geni del calibro di Einstein, Mozart,

Leonardo da Vinci, Walt Disney, Nikola Tesla, Aristotele,

Sigmund Freud e dello Sherlock Holmes di Sir Arthur

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Conan Doyle. Alcuni dei fattori chiave usati in questo studio

sono:

1. Lo sviluppo di numerosi collegamenti tra i sensi.

Mentre le visioni possono essere il fuoco centrale, i geni

tendono a usare tutti i loro sensi e creare sintesi tra gli

stessi. Mozart è probabilmente l’esempio che più salta agli

occhi – era capace di sentire, vedere e anche assaporare la

sua musica. Einstein sosteneva di ricavare sensazioni dalle

proprie immagini interne. Aveva la capacità di entrare nelle

sue immagini interiori, prendere ciò che aveva immaginato

all’interno del suo sistema nervoso, e renderle vere.

2. Usare prospettive multiple.

Una delle caratteristiche peculiari dei geni è quella di

gestire più prospettive dello stesso soggetto o processo, e

scoprire quelle che nessun altro ha ancora trovato.

Oltre che essere capace di vedere la cosa sotto diversi

punti di vista, i geni hanno l’abilità di immedesimarsi in

diverse posizioni percettive. Walt Disney, ad esempio, non

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riusciva a descrivere il comportamento dei suoi personaggi

senza comportarsi come loro. Aveva anche l’abilità di

trascurare le proprie posizioni percettive e assumere quelle

dei suoi interlocutori. Una delle vere abilità dei geni è quella

di identificarsi in tutto ciò con cui lavorano, si tratti anche di

cose inanimate. I geni dei computer dicono di essere capaci

di vedere il mondo come lo vedrebbe un computer.

Michelangelo assumeva lo stesso atteggiamento nei

riguardi di una pietra. Egli, infatti, diceva: “Non sono io a

scolpire la statua. Essa è già dentro il marmo in attesa che

io la liberi. Continuo a scolpire finché non è libera”.

3. Abilità di spaziare avanti indietro tra differenti livelli di

pensiero.

I geni riescono a muoversi con estrema facilità tra la visione

generale del problema e le piccole, specifiche azioni

richieste per la soluzione. Lavorano con piccole parti e allo

stesso tempo non si fanno intrappolare da tutti i dettagli,

allo stesso modo in cui riescono a vedere la cosa nella sua

globalità senza perdere di vista i singoli particolari. I geni

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riescono eccezionalmente a mantenere un'equilibro fra le

due cose. Sono inoltre capaci di muoversi da modelli e

principi astratti e applicazioni concrete di tali astrazioni.

Riescono a trovare la regola generale nel caso concreto e a

includere relazioni astratte in esempi pratici. Tutto ciò forma

una sorta di circuito che consente loro di perfezionare le

teorie ricevendo feedback dal mondo reale, e allo stesso

tempo migliorare il proprio lavoro grazie al feedback

ottenuto da principi più astratti.

4. Sviluppare stati speciali per accedere a risorse

inconsce.

Molti geni riconoscono l’importanza dei processi inconsci. È

come se, una volta che si sono preparati a dovere i propri

processi interni, diventi importante massimizzare le

competenze inconsce – uscire dal processo conscio. Molte

persone creative sostengono di avere idee brillanti al

mattino mentre stanno facendo la doccia. Altri dicono cose

come: “Riempio la mia testa con così tanti concetti e

informazioni da essere esausto e non riuscire a farci entrare

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dentro più niente. Poi me ne vado a dormire e al mattino ho

la risposta”. Mozart descriveva il processo creativo come

“un sogno vivido e piacevole”. Leonardo si spinse

addirittura a suggerire alcuni metodi per stimolare queste

associazioni inconsce fissando un muro, ecc.

5. Avere la determinazione e operare in condizioni di

“feedback” piuttosto che di “fallimento”.

I geni hanno spesso delle idee che sfidano e trasformano il

tradizionale modo di pensare. Secondo Arthur

Schopenhauer, tutte le grandi nuove idee passano

attraverso tre fasi. La prima è il ridicolo; la seconda è una

violenta opposizione; infine, sono accettate come se

fossero sempre state chiare ed evidenti. I geni riescono a

restare fedeli a ciò in cui credono, anche quando non

ricevono nessun incoraggiamento o supporto esterno.

Hanno altresì l’esclusiva abilità di percepire la mancanza di

successo non come un fallimento quanto come un feedback

su dove indirizzare il lavoro successivo. Come detto da

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qualcuno: “Il fallimento è la soluzione di un problema

diverso da quello a cui sto attualmente lavorando”.

6. Usare metafore e analogie.

I geni usano costantemente metafore e strategie di

pensiero laterale o non-lineare. La metafora sembra essere

il cuore di ogni azione geniale. Mozart usava la similitudine

di mettere insieme piccoli bocconi per creare un pasto per

comporre la propria musica. Einstein usava costrutti

metaforici come uno scarafaggio cieco che cammina su una

palla di sabbia, o ombre tridimensionali per formulare e

spiegare le proprie teorie. Sembra che l’uso delle metafore

consenta al genio di mettere a fuoco i principi basilari e non

rimanere intrappolato nel contenuto o nelle costrizioni e

limitazioni della realtà.

7. Pensare in modo sistematico e concentrarsi sulla

“struttura profonda” anziché su quella superficiale.

Uno dei pattern essenziali del genio è quello di pensare in

modo sistematico piuttosto che “meccanico”. Le strategie

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mentali dei geni consentono loro di seguire interi sistemi di

elementi interagenti fra loro. Probabilmente la caratteristica

peculiare del genio è quella di giungere alla “struttura

profonda” della cosa, ben oltre a quella superficiale.

Aristotele e Leonardo affermavano di essere alla ricerca dei

“principi primi” del mondo naturale. Anche Tesla

sottolineava l’importanza di mantenere la concentrazione

sui “grandi principi fondamentali”. La ricerca di Einstein

volta alla teoria del campo unificato altro non rappresenta

se non una ricerca della struttura profonda dell’universo.

Freud andava continuamente alla ricerca di livelli multipli di

strutture profonde successive oltre il comportamento e i

sintomi superficiali dei suoi pazienti.

8. Avere una missione che va al di là della propria

identità.

In un’introduzione ai suoi lavori di anatomia Leonardo

affermava: “Vorrei lavorare a dei miracoli”. Del suo lavoro,

Disney asseriva: “Questa non è solo animazione, ci sono

interi mondi da conquistare…. Tutto ciò che la mente

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umana può concepire può essere spiegato

dall’animazione”. Circa le ragioni del suo studio della fisica,

Einstein diceva: “Voglio conoscere i pensieri di Dio, tutto il

resto sono solo dettagli”, sottolineando che: “Tutti i mezzi si

rivelano poveri strumenti se non c’è uno spirito dentro di

loro”. Una caratteristica comune a tutti i geni è quella di

percepire il proprio lavoro come proveniente da qualcosa e

al servizio di qualcosa di più grande piuttosto che di loro

stessi.

Ciò che questo seminario si propone è esplorare come

accedere a tutto questo e ad altri pattern di genio delle

nostre vite. Concetto fondamentale del programma è la

nozione che il genio emerge naturalmente come risultato di

una sponsorship personale. Una sponsorship di questo tipo

include il risveglio e la salvaguardia del potenziale interno

racchiuso negli altri. Riguarda la partecipazione nella

promozione di qualcosa che è già presente all'interno di

una persona o di un gruppo ma che ancora non si è

manifestato appieno.

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ESEMPI DI GENIO: ALBERT EINSTEIN

Albert Einstein non soltanto è famoso in tutto il mondo per il

suo genio ma è praticamente diventato il simbolo moderno

del genio stesso. L’area dei problemi affrontata dalle sue

idee abbraccia tanto il mondo spirituale quanto quello

sociale, così come la nostra realtà fisica e scientifica. Ha

introdotto un paradigma di pensiero completamente nuovo

che ha influenzato diverse aree della nostra vita.

Le sue scoperte nel campo della fisica teorica resero

possibile l’“era atomica” e la sua profonda umanità è stata

d’enorme esempio per tutte le scienze. La sua teoria della

relatività ha cambiato totalmente il concetto di universo e

aspetti basilari della nostra realtà come spazio, tempo,

materia ed energia. Il modo di pensare di Einstein gli ha

permesso di costruire i propri modelli di realtà e di sfidare in

modo creativo gli assiomi e le presupposti della scienza

dell’epoca.

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Una volta gli fu chiesto perché avesse deciso di darsi alla

fisica. Anziché citare il desiderio di vincere un Premio

Nobel, uno specifico interesse nella velocità degli atomi o

dei fotoni, la distanza delle stelle e via discorrendo, Einstein

rispose:

“Voglio sapere come Dio ha creato questo mondo. Non mi

interessa questo o quell’altro fenomeno, o lo spettro di

questo e quell’elemento: voglio conoscere i Suoi pensieri. Il

resto sono solo dettagli.”

Questa frase sottintende che i “pensieri di Dio” siano le

“forme”, i “concetti” o i “pattern” più fondamentali, eleganti e

pratici dell’universo che ci circonda. Einstein si sentiva

spinto a cercare sempre più a fondo per trovare rapporti di

connessione sempre più semplici eppure sconfinati nel

nostro universo.

Fu più di uno scienziato, fu un “modellatore”. Il modeling

differisce da altri tipi di teorie creative, in quanto non si

interessa della “verità oggettiva”, della “realtà” o della

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“validazione statistica” quanto piuttosto della praticità e

della semplicità o dell’eleganza. A ciò si perviene

concentrandosi sulla forma anziché sul contenuto o i

dettagli. Per Einstein il più alto proposito della scienza era

rendere espliciti questi pattern profondi.

Uno dei pericoli del modeling, è quello di essere troppo

astratti o “riduttivisti” – rimanere intrappolati nel modello o

nella teoria al punto da perdere contatto e feedback con

l’esperienza concreta. Come lo stesso Einstein consigliava

in modo impeccabile:

"Ogni cosa dovrebbe essere resa il più semplice possibile,

ma non ancora più semplice.”

Se è troppo semplice, allora diviene semplicistico.

D’altro canto, se ci limitiamo a solo ciò che può essere

percepito e misurato direttamente mentre costruiamo nuovi

modelli, la tendenza sarà quella di rimanere invischiati nel

contenuto e nei dettagli. I nostri modelli diventeranno più

descrittivi che utili o generativi.

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Per portare avanti le nostre vite e risolvere i problemi,

costruiamo costantemente modelli delle nostre esperienze.

La domanda è quando semplificare questi modelli in

contrapposizione a quando, invece, sono troppo semplici.

Einstein era alla costante ricerca del concetto limitante che

o ci fa pensare in maniera troppo semplicistica o non

abbastanza semplice. Soleva dire spesso:

“Il nostro pensare crea problemi che lo stesso modo di

pensare non potrà risolvere.”

Einstein credeva che fosse importante cambiare

continuamente prospettiva ed imparare nuove strategie di

pensiero per sé stessi. Non sorprende quindi che

sostenesse che "l’immaginazione è più importante della

conoscenza.” Come faceva notare:

"La conoscenza di ‘cos’è’ non apre la porta direttamente a

‘cosa dovrebbe essere’. Una persona può avere la

conoscenza più completa e limpida di cosa sia, e ancora

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non riuscire di ricavare da ciò quello che dovrebbe essere

l’obiettivo delle aspirazioni umane… [La] nostra esistenza e

le nostre attività acquistano significato solo tramite la

creazione di un tale obiettivo e dei corrispondenti valori."

Einstein capì che il proposito dirige l’attività. L’abilità di

manipolare simboli, fare osservazioni e misurare o costruire

strumenti non fa delle persone dei geni o dei bravi esseri

umani. Le convinzioni e l’etica concernono la formazione

dei nostri obiettivi fondamentali. Una volta scrisse che:

"Mi sembra che la perfezione dei mezzi e la confusione

degli obiettivi caratterizzino il nostro tempo."

"Gli uomini antichi conoscevano qualcosa che sembriamo

aver dimenticato. Tutti i mezzi si rivelano strumenti ottusi se

non hanno dietro di loro uno spirito che vive. Ma se il

desiderio per la realizzazione dell’obiettivo è potentemente

vivo dentro di noi, non ci manccherà la forza di trovare i

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modi e i mezzi per raggiungere quegli obiettivi e tradurli in

fatti."

C’è un aneddoto interessante su Einstein che descrive

come fu avvicinato da un giornalista e gli fu chiesto

qualcosa del tipo: “Dottor Einstein, lei è famoso in tutto il

mondo come uno dei più grandi e autentici geni di questo

secolo, forse dell’intera storia dell’umanità. Il suo modo di

pensare ha coperto l’opera dell’universo dal piccolo atomo

fino al cosmo. Ha visto le sue scoperte evolversi ed

arricchirsi, ma anche mutilare e distruggere quella vita

umana a cui lei assegna un così alto valore. Qual è,

secondo lei, il più grande interrogativo dell’umanità, oggi?”

Com’era sua abitudine, Einstein fissò il vuoto per alcuni

momenti, poi guardò in basso verso il pavimento.

Finalmente, tornò a guardare il giornalista e disse: “Credo

che il più grande interrogativo per l’umanità oggi sia se

l’universo è un luogo amico. Questa è la prima e basilare

domanda alla quale le persone devono rispondere.

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Perché se decidiamo che l’universo non è un posto

amichevole, useremo la nostra tecnologia, le nostre

scoperte scientifiche e le nostre risorse naturali per

raggiungere la sicurezza e il potere creando grosse mura

per tenere lontani i nemici e le armi per distruggere tutto ciò

che non è amico – e io credo che stiamo giungendo ad un

momento in cui la tecnologia sia abbastanza potente che

potremmo tanto isolarci completamente quanto, nello

stesso tempo, distruggerci del tutto in questo processo.

Se invece decidiamo che l’universo non è né amico né

nemico e che Dio sta semplicemente ‘giocando a dadi con

l’universo’, allora siamo semplici vittime del lancio casuale

di un dado e le nostre vite non hanno né un obiettivo né un

significato.

Ma se decidiamo che l’universo è un luogo amico, useremo

la nostra tecnologia, le nostre scoperte scientifiche e le

nostre risorse naturali per creare strumenti e modelli per la

sua comprensione. Perché il potere e la sicurezza

arriveranno dalla comprensione del suo funzionamento e

delle sue ragioni.”

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Come Einstein diceva spesso : “Dio è sottile, ma non

malevolo”.

Forse il modo migliore di riassumere il sistema di

convinzioni di Einstein è dato dalla seguente affermazione,

che ingloba molta della sua visione del mondo:

“Un essere umano è parte di quella totalità chiamata

universo... una parte limitata nel tempo e nello spazio. Fa

esperienza dei propri pensieri e delle sue sensazioni come

separate dal resto – una sorta di illusione ottica della sua

coscienza. L’illusione è una sorta di prigione per noi, ci

restringe ai nostri desideri personali e all’affetto delle sole

poche persone che ci stanno intorno. Nostro compito dovrà

essere quello di liberarci da questa prigione allargando il

nostro circolo di compassione fino ad abbracciare tutte le

creature viventi e l’intera natura e la sua bellezza.”

Ciò che Einstein sembra sottintendere è che un essere

umano (e ogni creatura vivente, nonché tutti gli aspetti della

natura) è come un pezzetto di un universo olografico. Se

manteniamo una prospettiva ristretta avremo l’illusione di

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essere un solo, piccolo pezzo separato. Ma se saremo

abbastanza abili da guardare in profondità da diverse

angolazioni, vedremo che il quadro completo è contenuto in

ogni singolo, piccolo pezzo.

I risultati dell’impressionante strategia mentale di Einstein e

dei suoi processi sono il suo monumento. Allo stesso

tempo, come egli stesso faceva notare, il risultato del

processo della ricerca della verità non è il vero obiettivo. La

meta finale è mantenere quel processo generativo

costantemente attivo.

"Le cose degli esseri umani… la conoscenza della verità da

sola non basta. Al contrario questa conoscenza deve

essere continuamente rinnovata da un incessante impegno,

pena la sua perdita. Ricorda una statua di marmo nel

deserto continuamente minacciata dallo sprofondare nella

sabbia. Le mani del servizio devono essere sempre attive,

per consentire al marmo di risplendere al sole. A queste

mani serventi appartengono anche le mie.”

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Quindi, sembra più che chiaro che il genio di Einstein

scaturiva da un “Io generativo”.

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DISCLAIMER: il presente ebook ha esclusivamente uno

scopo formativo e rappresenta la libera opinione dell’autore.

Le strategie riportate in questo libro sono frutto di anni di

studi e specializzazioni. Il lettore si assume piena

responsabilità delle proprie scelte, consapevole dei rischi

connessi a qualsiasi forma di esercizio

Original copyright:

Genius and the Generative self, © 1987-2005 by Robert B. Dilts. All rights

reserved.

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PER I TUOI APPROFONDIMENTI

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