[RIVOLUZIONI E PRIMAVERA ARABA] -...

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2014 LICEO SCIENTIFICO TECNOLOGICO “GIULIO NATTA” Anno scolastico 2013/2014 [RIVOLUZIONI E PRIMAVERA ARABA] KUDSI ISAM

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2014

LICEO SCIENTIFICO TECNOLOGICO “GIULIO NATTA” Anno scolastico 2013/2014

[RIVOLUZIONI E PRIMAVERA ARABA] KUDSI ISAM

1

INDICE

Premessa: ............................................................................................................................... 2

Mappa concettuale: ............................................................................................................... 3

Introduzione: .......................................................................................................................... 4

STORIA: ................................................................................................................................... 5

La primavera araba

INGLESE: ................................................................................................................................ 10

George Orwell “1984”

FILOSOFIA: ............................................................................................................................. 13

Marx “la dittatura del proletariato”

ITALIANO: .............................................................................................................................. 16

Filippo Marinetti, Futurismo

INFORMATICA......................................................................................................................... 19

Internet come promotore delle rivoluzioni

Bibliografia ............................................................................................................................ 21

Sitografia ...............................................................................................................................

“La rivoluzione è un mutamento improvviso profondo che comporta la rottura di un modello precedente e il sorgere di un nuovo modello”

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PREMESSA

Quando ho saputo di dover fare una tesina con una tematica comune nelle varie

materie ho pensato subito di legare in qualche modo l’argomento della tesina alle

mie origini mediorientali. Preoccupato dagli ultimi avvenimenti e vicende legate a

questi territori ho pensato alla “Primavera Araba” .Un argomento di attualità che

riguarda più paesi del mondo arabo che vedono le popolazioni in massa insorgere

contro i regimi dittatoriali che da anni sopprimono i diritti umani. Questi tiranni

privano le persone della loro dignità. Libertà è ancora una parola vaga. L’idea mi è

subito piaciuta perché sapevo che nessun avrebbe potuto trattare un argomento

simile meglio di me in quanto figlio di un uomo siriano e una donna siriana.

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MAPPA CONCETTUALE

FILOSOFIA:

-MARX LA RIVOLTA DEL

PROLETARIATO

LA RIVOLUZIONE

DELLA PRIMAVERA

ARABA

ITALIANO:

-FILIPPO

MARINETTI,IL

FUTURISMO

STORIA:

STORIA DELLA

PRIMAVERA ARABA

INGLESE:

-GEORGE ORWELL

“1984”

INFORMATICA:

INTERNET COME

PROMOTORE DELLE

RIVOLUZIONI

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INTRODUZIONE

Primavera araba è un termine di origine giornalistica utilizzato perlopiù dai media occidentali per

indicare una serie di proteste ed agitazioni cominciate alcune già durante l’inverno 2010/2011 e in

parte tuttora in corso nelle regioni del Medio Oriente, del vicino Oriente e del Nord Africa. I paesi

maggiormente coinvolti dalle sommosse sono Tunisia, Egitto, Marocco, Bahrein, Yemen,

Giordania, Libia e Siria. La Tunisia, pioniera della “primavera araba”, con un passato costituzionale

e le basi di uno stato moderno, è l’unico paese del mondo arabo ad aver avviato un processo di

modernizzazione della società e delle istituzioni in grado di evolvere verso il modello democratico,

bloccato dal regime di Ben Ali e richiesto a gran voce dalla rivolta del gennaio 2011.

Nel corso della storia abbiamo studiato varie insurrezioni popolari nei confronti di forme di

governo dittatoriali, totalitari, monarchici ecc... che vedevano il potere concentrato nelle mani di

una sola persona. Molti furono i poeti e i filosofi che analizzarono o si ispirarono a questi moti, per

esempio il concetto espresso da Karl Marx con “la dittatura del proletariato” per riferirsi alla

situazione sociale e politica che si sarebbe instaurata immediatamente dopo la rivoluzione

proletaria; George Orwell, inoltre, nel suo celebre romanzo “1984” descrive un immaginario

mondo governato da un solo partito totalitario al cui vertice c’è un solo leader.

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STORIA

Il Mediterraneo, da sempre un luogo di scambi referenziale, cerniera tra le varie civiltà che vi si

affacciano, frontiera che mette in contatto tre continenti, struttura conflittuale che gestisce i

dislivelli tra società, modelli di sviluppo e sistemi politici diversi, si conferma tuttora con “la

primavera araba” come un punto sensibile della politica globale dove affiorano tutte le tensioni e

le problematiche comuni all’intero sistema mondo. Nell’anno 2011 infatti, la regione mediterranea

ha visto, l’irrompere imprevisto delle rivoluzioni arabe nei paesi della riva sud, manifestandosi il

risveglio democratico dei paesi i cui popoli sono costituiti per oltre il 50% da giovani sotto i

trent’anni in nome della libertà e della dignità. Sono protagoniste le giovani generazioni, i “nativi

digitali” espressione della cultura postmoderna originata dalla rivoluzione tecnologica

dell’informazione e della comunicazione, accomunate da istanze democratiche e di giustizia

sociale. Si assiste all’implosione delle società da nord a sud, che, anche se in contesti e modi

diversi, esprimono le due facce della stessa medaglia, dello stesso disagio socio‐economico che

tormenta la regione mediterranea.

TUNISIA I PRIMI PASSI:

La rivolta è iniziata in modo drammatico in Tunisia; Mohammad Bouazizi, un venditore ambulante di 26 anni, il 17 dicembre 2010 si è dato fuoco davanti alla sede del governatorato di Sidi Bouzid per protestare contro il sequestro della propria merce da parte delle autorità, e quindi per protestare contro il regime di Ben Ali. Quello che sembrava il gesto di un folle si è rivelato una potentissima miccia, che ha innescato la polveriera che si affaccia al Mar Mediterraneo: la gente è scesa in piazza ogni giorno, con l’intenzione di fare fuori un regime corrotto, che in trent’anni di potere non aveva fatto nulla per migliorare le condizioni del suo popolo. Iniziava così la “rivoluzione dei gelsomini”, che ha costretto Ben Ali a fuggire dalla Tunisia e a riparare in Arabia Saudita.

La rivoluzione dei gelsomini consiste in una serie di proteste e

sommosse popolari in numerose città della Tunisia, le motivazioni

che hanno portato alla caduta del vecchio regime sono da

ricercarsi in disoccupazione, rincari alimentari, corruzione e

cattive condizioni di vita. Costituiscono la più drammatica ondata

di disordini sociali e politici in tre decenni e hanno provocato

decine di morti e feriti per i tentativi di repressione.

I manifestanti, specialmente all’inizio, condividevano i motivi di

Mohammad: frustrazione per la disoccupazione, corruzione della

polizia, indifferenza delle autorità (molto più concentrate ad

arricchirsi che a svolgere la loro funzione di utilità pubblica),

crescente preoccupazione per il rialzo dei prezzi dei beni di prima necessità (quali pane, farina,

zucchero, latte).

Più in profondità traspariva tuttavia la profonda insoddisfazione, specie delle generazioni più

giovani, che non avevano partecipato alle esaltanti vicende della lotta d’indipendenza, per il

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regime decisamente autoritario di Ben Alì, per la mancanza di libertà di espressione, per il bavaglio

imposto alla stampa e per una società basata sul clientelismo.

In un crescendo di manifestazioni (in cui era stato fatto uso anche di bombe Molotov), duramente

affrontate dalla polizia con l’uso di armi e proiettili letali, vi furono 25 morti durante il solo fine

settimana dell’8 e 9 gennaio; il 10 gennaio, avvocati, sindacalisti, studenti e disoccupati scendono

in piazza a manifestare ormai in quasi

ogni città; sindacati dichiarano

sciopero generale e la rivolta continua

nonostante la repressione sia sempre

più dura. Ben Alì pronuncia, il 13

gennaio un discorso in arabo tunisino,

nel tentativo estremo di riavvicinarsi al

popolo, dichiara di avere commesso

degli errori perché mal consigliato e

mal informato sullo stato reale del

paese; promette libertà di stampa e di

espressione, libertà della rete e

democrazia. Il 14 gennaio, dalle 9.00, la

gente ricomincia a radunarsi in piazza;

sono cittadini di ogni estrazione sociale

e culturale e avanzano a migliaia verso

il palazzo del ministero dell’interno che viene considerato il simbolo della repressione poliziesca.

Sono sessantamila i manifestanti a gridare slogan contro un presidente che ritengono non

credibile: “Ben Ali vattene”, “Ben Ali assassino”, “Game Over”.

Nel pomeriggio dello stesso giorno, Ben Ali ha abbandonato il paese, arrivando in Arabia Saudita,

dopo essersi visto opporre un rifiuto di protezione da Malta e Francia, e l’avvertenza da parte

dell’Italia che non gli sarebbe stato permesso di atterrare.

L’effetto domino: i disordini si sono diffusi rapidamente

Molti Paesi hanno subito l’onda d’urto di una protesta che è fatta di pochi concetti fondamentali: democrazia, dignità, lavoro, libertà; una richiesta di giustizia e libertà da parte di masse giovani e alfabetizzate nei confronti di autocrazie corrotte e restie a qualsiasi tipo di cambiamento. In Egitto, la rivoluzione è meglio nota con il nome “rivoluzione del Nilo” verificatasi a partire dal 25 gennaio del 2011.

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Il moto di protesta popolare egiziano, imperniato sul desiderio di rinnovamento politico e sociale contro il trentennale regime del presidente Hosni Mubarak, si è inizialmente manifestato con mezzi pacifici, ispirati alle proteste organizzate in Tunisia e in altri paesi arabi che hanno portato

alla destituzione del capo dello stato Ben Ali e a incidenti in numerosi stati, ma ha poi conosciuto sviluppi violenti, sfociando in aspri scontri che hanno provocato numerose vittime tra manifestanti, poliziotti e militari. La protesta esordisce il 25 gennaio, quando venticinquemila manifestanti scendono in piazza, nella capitale, per chiedere riforme politiche e sociali; la manifestazione si trasforma poi in scontro aperto con le forze dell’ordine, con tumulti che hanno lasciato sul terreno diverse vittime. Lo stesso giorno i principali social network, tra cui Twitter e

Facebook, appaiono oscurati, secondo alcuni per iniziativa delle autorità per evitare che le

notizie in diretta sulle proteste nel paese facciano il giro del mondo; il vero problema dell’Egitto è da sempre la corruzione, la distribuzione poco equilibrata della ricchezza. Se una percentuale bassissima della popolazione detiene la maggior parte della ricchezza del paese, più del 20% degli egiziani vive al di sotto della soglia della povertà. L’assedio non pare placarsi, il 2 febbraio si decide di mantenere i presidi nel centro della capitale egiziana; si introduce anche il coprifuoco e la tensione si impegna più che mai, causando sempre numerosi feriti, tra i dimostranti a favore di Mubarak e i contrari. Il 3 febbraio si accende un intenso conflitto a fuoco, dove perdono la vita diversi manifestanti e dove si contano centinaia di feriti: Il Cairo è in uno stato di guerriglia urbana, si susseguono posti di blocco e checkpoint. Finalmente, a seguito di intense trattative e di un braccio di ferro tra le opposizioni e il governo, Mubarak, dopo trent’anni, annuncia le sue dimissioni l’11 febbraio 2011.

In Libia gli oppositori di Gheddafi hanno scatenato violente sommosse a Bengasi, città simbolo della rivolta. Dal febbraio all’ottobre 2011 c’è stata una guerra civile tra le forze del regime e i ribelli, conclusasi, anche grazie all’intervento ONU, con la vittoria dei ribelli e la morte di Gheddafi. Dopo qualche mese furono scelti i membri dell’assemblea che scrissero la Costituzione, venne eletto il presidente della Repubblica e organizzate le prime vere elezioni.

Ma la situazione più dolorosa è vissuta dai Siriani, che dal marzo del 2011 stanno portando avanti una rivoluzione contro una delle dittature più feroci del mondo, quella del regime poliziesco di Assad, che tiene la Siria in pugno dal 1971. All’alba di questa rivoluzione, le manifestazioni erano completamente pacifiche, si chiedevano riforme al presidente Basshar al-Assad. Nonostante ciò, il governo rispose piazzando cecchini, intensificando i controlli dei servizi segreti, accerchiando intere cittadine con carri armati, con relativi bombardamenti e massacri, con lo scopo di sfinire e sterminare chiunque osasse ribellarsi. Ma questo non fece altro che far estendere le rivolte; infatti gli stessi soldati siriani, indignati per le

Piazza Tahrir fulcro della rivoluzione egiziana

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richieste disumane del governo, si ribellarono, formando quello che viene chiamato “L’Esercito Siriano Libero”, con lo scopo di proteggere i manifestanti indifesi. A questi si unirono siriani da ogni strato sociale poiché avevano compreso che il regime non cercava riconciliazione né dialogo. Le armi che impugnano, ovvero quelle che sono riusciti a sottrarre dall’esercito governativo, le usano per difendere sé stessi e soprattutto i loro figli. A prova del mancato appoggio dei siriani ad Assad è il fatto che ormai lui è costretto ad utilizzare mercenari provenienti soprattutto da Libano e Iran (in minor parte anche da Russia e Iraq) per ammazzare i siriani. Ad appoggiarlo sono solo i suoi fedelissimi, ovvero i generali dell’esercito, che lui aveva scelto prendendoli dal suo stesso “clan” (gli alawiti) e le truppe dei shabbiha, ovvero dei delinquenti ex-detenuti che il regime ha liberato dalle prigioni e pagato profumatamente. Questi soggetti, in risposta ai reclami di libertà dei manifestanti, ribattevano con slogan come “o Assad, o bruciamo il Paese”, svelando, in effetti, i reali intenti del regime. I siriani morti sono quasi 150 mila. L’85% sono civili; quelli che ora vivono di stenti in campi profughi fuori e dentro il paese, oppure nelle campagne, oppure vagano senza meta per paura di morire sotto le macerie delle loro case a causa dei missili e delle bombe, sono quasi 10 milioni. (Su una popolazione iniziale di 25 milioni) Il 66% di questi sono bambini.

L’intervento esterno è sbarrato da Russia e Cina, che col loro veto e con il loro dichiarato appoggio ad Assad, impediscono all’ONU di intervenire in favore dei siriani liberi. Nel mentre, assieme all’Iran, vendono le loro armi al regime. La repressione è volta al radere al suolo intere cittadine, se possibile: il regime usa missili a lunga gittata (Scud e S-300), veri e propri caccia da guerra (i MiG) ed elicotteri, carri armati ed interi massacri sono stati compiuti anche con coltelli,

lastre di cemento ed accette. È noto l’utilizzo di armi chimiche da parte del

regime già dal 2012 sulla cittadina di Aleppo. Tuttavia, Obama (che aveva posto il chimico come “linea rossa”) non le ha prese per affidabili, nonostante il 27 maggio 2013 il reporter francese Laurent Van der Stockt si trovava proprio nel quartiere Jobar di Damasco, accompagnato dai ribelli, documentando così il momento in cui il regime ha preso a bombardare la zona con le armi chimiche. Nulla tuttavia si è fatto. Il mondo neanche più guarda laggiù. Non si conosce ancora la data del prossimo incontro (il cosiddetto “Ginevra 2”) nel quale si dovrebbe trovare la soluzione alla crisi siriana. Intanto i siriani muoiono a migliaia come se avessero il valore di insetti. Ogni giorno altre migliaia si ritrovano senza casa, senza padre, senza madre, senza più i propri figli. E se coloro che ne hanno la possibilità decidono di prendere le armi e di difendersi vengono chiamati “ribelli armati”, “rivoltosi” oppure “terroristi”.

Città di Homs distrutta dai bombardamenti del regime

Esplosione nella città di Aleppo

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INGLESE

George Orwell-“1984”

“Nineteen Eighty-Four” is a dystopian novel by George Orwell published in 1949. It is set in the

year 1984 in Airstrip one (London), which is the province

of Oceania, and talks about an imaginary future where

the world, after a global war, is seen as divided in 3

super-states that govern the whole planet and they are

constantly at war one with the other; these super-states

are Oceania, Eurasia, and Eastasia. The world depicted in

this novel is that of a total-control society (of complete

surveillance, of mind control) dictated by a political

system named IngSoc (i.e. English Socialism, a mixture

of Nazism, Stalinism, and British capitalism at wartime)

under the control of a privileged “Inner Party” elite that

persecutes all individualism and independent thinking as

Thought-crimes. “Big Brother”, the quasi-divine Party

leader, heads their tyranny, which passes through different devices of control:

- Telescreens (transceiving television set; monitors the private and public lives of the

population)

- The ministries

- Language (Newspeak, used to control masses)

- Means of communication

- Slogans (“BIG BROTHER IS WATCHING YOU”)

Under the Big Brother, the social class system of Oceania is threefold:

- Big Brother

- The upper-class “Inner Party” (minority of population)

- The middle-class “Outer Party” (e.g. Winston & Julia)

- The lower-class “Proles” (i.e. proletarians; 85% of the population, represent the

uneducated working class and seen as animals)

The main control of population by the Party passes through four ministries, which names

are used by the author to satirize hypocrisy and evasion by the state:

- the Ministry of Peace (Minipax), deals with war and atrocity

- the Ministry of Plenty (Miniplenty), deals with economic affairs (rationing and

starvation)

- the Ministry of Love (Miniluv), deals with law and order (torture and brainwashing)

- the Ministry of Truth (Minitrue), deals with propaganda and historical revisionism

(news, education and art; information are completely distorted)

Under this totalitarian regime, people (Outer party) do not have money, and some goods

are forbidden (like wine, coffee...).

The political system of "1984"

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The protagonist of the novel, Winston Smith, is a member of the Outer Party who works for the

Ministry of Truth (Minitrue). His job is to re-write past newspaper articles so that the historical

record always supports the current party line (and deleting references to unpersons, people who

have been “vaporized”, i.e. not only killed by the state, but denied existence even in history or

memory). Smith is a diligent and skillful worker, but he secretly hates the Party and dreams of

rebellion against Big Brother.

PLOT

The story of Winston Smith begins on 4 April 1984 from his

childhood; he remembers the Atomic Wars fought in Europe,

western Russia, and North America. At some point, his parents

and sister disappeared, and he was placed in an orphanage for

training and subsequent employment as an Outer Party civil

servant. He lives an austere existence in a one-room flat that has

an alcove, beside the telescreen, where he apparently cannot be

seen, and thus believes he has some privacy, while writing in his

journal: “Thoughtcrime does not entail death. Thoughtcrime IS

death.” The telescreens (in every public area, and the quarters of

the Party’s members), have hidden microphones and cameras,

and permit the Thought Police to spy upon everyone and so

identify anyone who might endanger the Party’s régime. Despite

enjoying the intellectual challenges of historical revisionism, he

becomes increasingly fascinated by the true past and tries to

learn more about it, but he is an anti-hero because he tries to rebel but he is stopped.

*…+ He was a lonely ghost uttering a truth that nobody would ever hear. But so long as he uttered

it, in some obscure way the continuity was not broken. It was not by making yourself heard but by

STAYING SANE that you carried on the human heritage.

He went back to the table, dipped his pen, and wrote: <<“to the future or to the past, to a time

when thought is free, when men are different from one another and not live alone – to a time

when truth exists and what is done cannot be undone: from the age of uniformity, from the age of

solitude, from the age of Doublethink – Greetings!”>>.

He was already dead, he reflected. It seemed to him that it was only now, when he had begun to

be able to formulate these thoughts, that he had taken the decisive step. The consequences of

every act are included in the act itself. He wrote:

<<“Thought-crime does not entail death, thought-crime is death” *…+>>

Later, when the Inner Party member O’Brien approaches him, Winston believes he is an agent of

the Brotherhood, a secret, counter-revolutionary organization meant to destroy the Party. The

approach opens a secret communication between them; and, on pretext of giving him a copy of

the latest edition of the Dictionary of Newspeak, O’Brien gives Winston the Book, The Theory and

Practice of Oligarchical Collectivism, by Emmanuel Goldstein, the infamous and publicly reviled

leader of the Brotherhood. The Book explains the concept of perpetual war, the true meanings of

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the slogans WAR IS PEACE, FREEDOM IS SLAVERY, and IGNORANCE IS STRENGTH, and how the

régime of the Party can be overthrown by means of the political awareness of the Proles. O’Brien

also reveals himself a Thought Police leader, and admits to luring Winston and Julia into a trap

used by the Thought Police to root out suspected thought-criminals (when a person is accused to

thought-crime, there are two solutions chamber 101 or “vaporizing”).

<<*…+ Winston’s hatred was not turned against Goldstein at all, but, on the contrary, against BIG

BROTHER, the Party and the Thought-police, and at such moments his heart went out to the

lonely, derided heretic on the screen, sole guardian of truth and sanity in a world of lies *…+>>

After a prolonged interrogation, O’Brien, now Smith’s interrogator, tortures Winston with

electroshock, showing him how, through controlled manipulation of perception (e.g. seeing

whatever number of fingers held up that the Party demands one should see, whatever the

apparent reality, i.e. 2+2=5), Winston can “cure” himself of his “insanity”, his manifest hatred for

the Party. O’Brien makes Winston understand that he is rotting away; by this time he is little more

than skin and bones. Winston counters that: “I have not betrayed Julia”; O’Brien agrees, Winston

had not betrayed Julia because he “had not stopped loving her; his feelings toward her had

remained the same.” One night, in his cell, Winston awakens, screaming: “Julia! Julia! Julia, my

love! Julia!” O’Brien rushes into the cell and sends him to Room 101, the most feared room in the

Ministry of Love, where resides each prisoner’s worst fear, which is forced upon him or her. In

Room 101 is Acceptance, the final stage of the political re-education of Winston Smith, whose

primal fear of rats is invoked when a wire cage holding hungry rats is fitted onto his face. As the

rats are about to reach Winston’s face, he shouts: “Do it to Julia!” thus betraying her, and

relinquishing his love for her. At torture’s end, upon accepting the doctrine of the Party, Winston

now loves Big Brother and is reintegrated into Oceania society.

This novel can be seen as a tragedy divided in two main parts: in the

1st part Winston Smith wants to rebel but, in the 2nd act, he

surrenders to the system. As a matter of fact in the beginning of the

novel, he says:

<< To me freedom is the freedom to say that 2+2=4>> but after he

was subject of the brainwashing and passed through the chamber

101, he writes on the table that <<2+2=…>> meaning equals

whatever number but not 4, to show how truth is distorted and how

now he is alienated and aligned to the Party. The other important

quotation << Who controls the past, controls the future; who

controls the present, controls the past>> at the beginning of the

novel underline the importance of the ministry of truth to re-write

the history and let it in line with the Party.

Two Minutes Hate: Is a daily period in which Party members must

watch a film depicting the Party’s enemies (notably Emmanuel Goldstein and his followers) and

express their hatred for them, are a form of brainwashing. Everybody in the 2 minutes hate is

overwhelmed by a mass-hysteria and they felt compelled to do that (to shout out insults and bad

words against Goldstein) because they were constantly “scrutinized”, and as Winston says: <<

even a back could be revealing>>.

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FILOSOFIA

La critica più radicale e rigorosa del capitalismo, venne formulata

da Marx nell’opera “il Manifesto del partito comunista”. In

collaborazione con Engels, Marx affermava che il sistema

capitalistico era di ostacolo alla futura espansione dell’industria

in quanto aggravava le condizioni materiali di vita della nuova

classe da esso creata: il proletariato. Al capitalismo andava

sostituito un nuovo sistema sociale: il “comunismo”,

caratterizzato dall’abolizione della proprietà privata e dalla

socializzazione dei mezzi di produzione. Sui metodi per accedere

a questo nuovo sistema sociale Marx ammise una gamma di

possibilità, legate alle specificità storico-nazionali.

Le tappe per raggiungere il comunismo comportavano tre fasi

distinte: anzitutto, il proletariato doveva prendere coscienza del

suo ruolo di classe oppressa e, attraverso la rottura

rivoluzionaria dell’ordine costituito, doveva distruggere lo Stato

borghese; una volta conquistato il potere politico attraverso la formula della dittatura del

proletariato, doveva provvedere a s ocializzare i mezzi di produzione, eliminando i residui della

vinta borghesia; infine avrebbe dovuto prendere il via la società senza classi con il trionfo

completo del comunismo.

Violenta o pacifica che sia la rivoluzione proletaria doveva, per Marx, tuttavia, mirare

all’abbattimento dello Stato borghese e delle sue forme istituzionali. Questo netto ed

inequivocabile rifiuto delle forme istituzionali dello stato borghese, prende corpo nella dottrina

della dittatura del proletariato. La dittatura del proletariato si configurava, però, solo come la

misura politica fondamentale per la transizione dal capitalismo al comunismo.

Marx riteneva tuttavia che l’auspicata

società senza Stato non si poteva

raggiungere subito, ma solo in una

prospettiva futura. Il modello marxista si

differenziava così dal modello

socialdemocratico, contro il quale Marx

aveva affermato che il proletariato doveva

“spezzare” la democrazia ed il

parlamentarismo borghese, affermando che

non era pensabile distruggere

immediatamente lo Stato senza passare

prima attraverso un lungo periodo di

dittatura proletaria, che coincideva con il

farsi della rivoluzione.

Il passaggio dalla dittatura della borghesia alla dittatura del proletariato non poteva avvenire

semplicemente attraverso la conquista del potere statale, cioè di quel apparato di cui la borghesia

Figura: Manifesto del Partito Comunista” di Karl Marx e Friedrich Engels pubblicato a Londra il 21 febbraio 1848

Murales raffigurante Marx che arringa e incita il proletariato

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si era servita per esercitare il proprio dominio, ma esigeva la distruzione di quelle istituzioni, e la

loro sostituzione con altre completamente diverse. In particolare aveva indicato:

La soppressione dell’esercito permanente e della polizia e sostituzione ad essi del popolo

armato

Funzionari posti sotto il controllo popolare

Ampio decentramento tale da ridurre a poche, ed essenziali, le funzioni del governo

centrale.

Tutti gli stati esistiti sono sempre stati dittature di una classe. A questa regola non fa eccezione lo

Stato in cui classe dominante diventa il proletariato; ma, a differenza delle altre dittature, quella

del proletariato, in quanto dittatura della stragrande maggioranza degli oppressi sugli oppressori,

è una forma di Stato che ha come obiettivo l’eliminazione dell’antagonismo di classe (Borghesia).

Lo stato di transizione è caratterizzato da due elementi diversi che debbono essere tenuti distinti:

esso pur distruggendo lo Stato borghese precedente, non distrugge lo stato in quanto tale; eppure

costruendo un nuovo stato, già pone le fondamenta della società senza Stato. Grazie alla

concezione filosofica dell’idealismo (soprattutto Hegeliano), Marx contrapponeva quindi una

filosofia della prassi, volta a considerare ogni aspetto dell’attività umana come un fenomeno

sociale, che si volge all’insegna di un continuo movimento dialettico e trova nella rivoluzione lo

strumento per superare le contraddizioni esistenti a inaugurare un nuovo sistema di rapporti

individuali e collettivi.

Figura: "Il Quarto Stato" Giuseppe Pellizza da Volpedo, 1901, Museo del Novecento,

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CONSEGUENZE:

Negli ultimi decenni dell’ottocento in tutti gli stati europei, in corrispondenza del grande sviluppo

dell’industria e dell’urbanesimo, si sviluppò il movimento operaio organizzato nei partiti e nei

sindacati. Nacquero inoltre numerosi partiti socialisti di ispirazione marxista quasi ovunque,

superando l’ideologia anarchica che era stata invece ben presente alcuni decenni prima. Fatta

eccezione per il socialismo rivoluzionario russo e per quello laburista inglese, la visione del

socialismo scientifico, tipica del marxismo, aveva finito per assurgere a ideologia ufficiale dei

partiti e movimenti politici operai sorti in Europa ed entrati a fare parte della seconda

Internazionale, dove non mancarono di manifestarsi tendenze interpretative discordi circa i tempi

e le modalità di attuazione della conquista del potere e della dittatura del proletariato. Tuttavia

dopo la sconfitta della Comune (1871) si formano due correnti destinate a contrapporsi nella

scelta delle tattiche da seguire per edificare la società del futuro: a destra, dopo la nascita della

socialdemocrazia tedesca e lo sviluppo della seconda Internazionale (1889), prevalsero i gruppi

riformisti, convinti che la violenza rivoluzionaria non sempre era indispensabile; a sinistra si

affermarono gruppi del comunismo contemporaneo, decisi a respingere qualunque compromesso

coi nuclei borghesi e pronti a utilizzare il conflitto mondiale, per trasformarlo in una gigantesca

guerra civile, con cui portare alla vittoria il proletariato internazionale.

Karl Heinrich Marx è stato un filosofo, economista, sociologo tedesco vissuto dal 1818 al 1883. Il

suo pensiero fu incentrato sulla critica dell’economia, della politica, della società e della cultura ad

egli contemporanea tanto da essere considerato tra i maggior filosofi influenti sul piano politico ed

economico nella storia del novecento. La conclusione dei

suoi studi universitari coincide con l’aggravarsi della

repressione governativa sulla vita politica e culturale; egli

debuttò anche come giornalista ma nel 1843 lascia la

redazione del giornale affermando << Ero stanco

dell’ipocrisia, della brutalità poliziesca e anche del nostro

servilismo. Il governo m’ha reso la mia libertà. In Germania

non posso più intraprendere nulla: finirei col

corrompermi>>. Dopo qualche anno si trasferì a Parigi dove

avvenne il suo passaggio dal liberalismo al comunismo e

dove iniziò la sua amicizia con Engels. Viene quindi espulso

dalla Francia per poi trasferirsi a Bruxelles, su incarico della

lega dei comunisti, dove elaborò nel 1848 il “Manifesto del

partito comunista”. Emigrò a Londra dove si ritirò dalla

politica e iniziò a lavorare al British Museum anche in

seguito a problemi economici. Nel 1867 pubblicò “Il

capitale” per poi morire nel 1883.

Karl Marx

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ITALIANO

FUTURISMO E FILIPPO TOMMASO MARINETTI

Il creatore principale del Futurismo è stato Filippo Tommaso Marinetti. Questa avanguardia

venne subito conosciuta a livello europeo

grazie alle pubblicità e alle serate futuriste.

Vengono definiti dai giornalisti portatori di

una visione moderna della vita. Questo

momento coinvolge tutti i campi della vita e

della cultura, muore così l’arte come

fenomeno elitario per assumere tutte le

forme della società industriale

contemporanea. Per questo motivo i futuristi

aderiscono alle nuove tecniche note in quel

periodo come il cinema, la fotografia e

vogliono provare tutte quelle sensazioni

prodotte da tutti i nuovi mezzi espressivi

estranei all'arte, come abbigliamento,

arredamento e alimentazione. I futuristi vogliono operare un rinnovamento totale ed il loro

entusiasmo che nasce per futuro è dato in realtà dall'angoscia del tempo che scorre, la fretta di

vivere che hanno portato ad una esaltazione della macchina, della velocità e del dinamismo.

Vanno per questo contro il passato e assumono spesso un atteggiamento violento valorizzando la

guerra a scapito della pace e andando contro le fasce deboli della società come la donna. Il

movimento di Marinetti, ha come base un’ideologia militarista ed autoritaria la quale si può

dedurre dal nome avanguardia, cioè un avamposto di soldati. Dopo tre anni dalla nascita del

Manifesto Futurista, Marinetti crea il Manifesto tecnico della letteratura futurista. L’artista va

contro la vecchia “poetica” infatti inserisce immagini che si sostituiscono alle parole le quali

vengono “montate” sulla pagina così come nascono nella mente dello scrittore prendendo il nome

di parole in libertà. Il brano quindi risulterà ricco di analogie e di immaginazione senza fili, che

associano tra loro le sensazioni visive, uditi ve, tattili e olfattive. Viene inoltre distrutta la sintassi,

abolita la punteggiatura, l'’aggettivo e l'’avverbio. L’uso del verbo all'infinito, inoltre, viene

utilizzato per una maggiore sensazione della realtà. Il testo risulterà privo dell’” io” letterario

portando ad una mancanza di soggettività dell’autore. Secondo Marinetti ogni sostantivo deve

avere il suo doppio cioè il sostantivo, senza congiunzione, deve essere seguito dal sostantivo cui è

legato per analogia. Verranno inoltre create le tavole parolibere, cioè testi nei quali sono accostate

parole, cerchi, linee, disegni, colori e caratteri tipografici diversi.

Tullio Crali "Incuneandosi nell'abitato"

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I Futuristi sono consapevoli della frattura col passato creata dalla

nuova civiltà tecnologica industriale, pensano che ora ci sono

diversi valori in cui credere e nuovi mezzi di comunicazione,

sentono la necessità di elaborare, anche in campo artistico, nuove

forme espressive, adeguate a riprodurre l’essenza dinamica del

nuovo mondo. Infatti pur riprendendo l’uso dell'analogia e della

sinestesia, negano ogni debito verso i risultati già conseguiti dalla

poesia decadente e proclamano un rifiuto totale della lirica

precedente. Proclamano inoltre la teoria delle “parole in libertà”

cioè l'utilizzo di parole essenziali senza alcun ordine convenzionale.

Occorre dunque:

Abolire la sintassi

Usare i verbi all’infinito

Eliminare avverbi e aggettivi

Eliminare la punteggiatura

Sottolineare l'importanza dell’onomatopea

Occorre rivoluzionare il piano tipografico

Marinetti vuole creare un poeta-giornalista il quale vuole farci entrare nell'atmosfera da lui

vissuta in quel momento con sensazioni che variano dai suoni, odori, colori ecc. Un esempio lo

abbiamo con il poema parolibero Zang tumb tumb il quale ci descrive al meglio cosa si respirava

durante l’assedio di Adrianopoli, sui Balconi, dal quale ci proviene le sensazioni vissute durante un

bombardamento. L'analogia di fondo che caratterizza il brano è il binomio bombardamento-

orchestra. Qui battaglia è ridotta a un’orchestra di rumori e le parole sono accostate nella pagina

come nascono nella mente dello scrittore, così che esprimono il ritmo regolare dei colpi di

cannone; mettono in risalto i 500 echi ribelli e la serie infinita di suoni che sparpagliano e

sbriciolano il tuono cupo del cannone; esaltano la violenza alla battaglia; comunicano l'effetto

battaglia-orchestra, combinando simultaneamente rumori dissonanti, quello profondo del

cannone e quelli secchi di armi da tiro più rapide. Le onomatopee, talvolta esasperate delle

forzature ortografiche, conferiscono dinamicità alla poesia e sostituiscono le descrizioni; infatti le

denotazioni dei cannoni, trascritte in grassetto, concludono ho iniziato una descrizione. Gli spazi

tipografici bianchi conferiscono rilievo agli arditi accostamenti analogici sia nelle sensazioni visive,

uditive e olfattive. In definitiva la guerra è uno spettacolo che scatena nel poeta l'ebbrezza dei

sensi.

Umberto Boccioni “forme uniche nella continuità dello spazio”

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Marinetti Filippo Tommaso (Alessandria d'Egitto 1876 –

Bellagio, Como 1944), nasce da una ricca famiglia italiana,

frequentò le scuole francesi e si diplomò Parigi. Continuò gli

studi prima a Pavia e poi a Genova, dove si laureò in legge. Nel

1909 pubblicò sul quotidiano “Le Figaro” il “manifesto del

futurismo”, nel quale coniò il termine che dette poi vita al vero

e proprio movimento artistico; tre anni dopo, con il “manifesto

tecnico della letteratura futurista” tracciò le linee essenziali

dell’estetica cui si ispirò il gruppo di giovani artisti (Boccioni,

Carrà, Russolo ed altri) raccolto intorno alle sue idee. Seguirono,

come applicazione delle teorie esposte nei due manifesti, il

romanzo Mafarka il futurista e Zang Tumb Tumb. Dopo essersi

recato in Libia nel 1911 come corrispondente di guerra, Marinetti si rivelò nel 1915 un acceso

interventista (“la guerra è la sole igiene del mondo”). Intanto la notorietà del movimento futurista

si era estesa rapidamente, fino ad arrivare a una dimensione europea grazie anche un'ampia

attività pubblicitaria e diffusione promozionale delle idee: manifesti, “serate futuriste” nei

principali teatri italiani e francesi, manifestazioni di

anticonformismo per scandalizzare il pubblico dei

benpensanti portarono i futuristi all'’onore delle

cronache. Si parlò di loro, da parte dei giornali, non

soltanto come di poeti, ma anche come portatori di

una visione di vita moderna. Questo risultato rientrava

nelle intenzioni di Marinetti di integrazione dell’arte

nella vita quotidiana, facendogli perdere le sue

tradizionali caratteristiche elitarie e trasformandola in

prodotto di largo consumo, fruibile da chiunque. Il

presente industriale, con i suoi limiti produttivistici,

venne contrapposto al passato, visto come portatore di forme di vita superate. Di qui l'adozione di

tecniche e letterarie e artistiche rivoluzionarie: il testo “parolibero” (parole in libertà), aderente

alla realtà mediante le analogie (immaginazione senza fili), la distruzione dell’io letterario e lo

sconvolgimento della sintassi (abolizione della punteggiatura, dell'aggettivo e dell'avverbio, uso

del verbo all'infinito) trovava il suo corrispondente nel quadro di Boccioni, che sconvolgevano le

norme tradizionali della prospettiva. Nel dopoguerra Marinetti diventò un esponente ufficiale

della cultura fascista. Anche il Futurismo finì come avanguardia; sopravvisse come letteratura

ufficiale del nuovo regime, ma privata di quell’anticonformismo che ne aveva caratterizzato il

senso innovativo. Lo scrittore morì Bellagio (Como) nel 1944 dopo una discussa collaborazione

culturale con la Repubblica di Salò.

Filippo Tommaso Marinetti 1924

Zang Tumb Tumb

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INFORMATICA

L’INFLUENZA DI INTERNET E DEI SOCIAL NETWORK SULLA PRIMAVERA ARABA

“Usavamo Facebook per programmare la protesta, Twitter

per coordinarla e Youtube per raccontarla al mondo”

E’ la testimonianza di un attivista egiziano citata durante una

manifestazione in egitto. Il ruolo dei social media è stato

emblematico non solo nella rivoluzione egiziana che ha

portato alla cacciata di Hosni Mubarak (presidente dal 1981),

ma più in generale nelle manifestazioni di piazza che hanno

modificato profondamente (e stanno ancora modificando)

l’assetto politico di quasi tutti i paesi dell’altra sponda del

Mediterraneo dopo decenni di immobilismo.

INTERNET PROMOTORE DELLE RIVOLUZIONI “2.0”

Internet è una rete di computer collegati tra di loro e capaci di scambiarsi delle informazioni,Oggi

internet rappresenta la rete più vasta esistente a livello mondiale. Le caratteristiche che hanno

permesso la diffusione cosi massiccia di Internet sono da attribuirsi sia all’adozione di un

protocollo di comunicazione chiamato TCP/IP (Transmission Control Protocol/Internet Protocol),

comune a tutti i computer, sia all’invenzione, da parte del CERN di Ginevra, del World Wide Web o

WWW (una delle tante risorse supportate da internet e caratterizzata da un sistema multimediale

ad ipertesto), risorsa che ha permesso agli utenti di Internet di sfogliare e visionare a piacere e

senza un ordine prestabilito oltre ai file testo anche immagini, suoni e filmati; attraverso dei

software specifici chiamati browser (sfogliatori).

I PROTOCOLLI DI COMUNICAZIONE

Nel mondo informatico con tale termine si indica l’insieme delle regole che consente a due o più

computer di comunicare tra loro, ossia di ricevere e trasmettere dati in maniera comprensibile per

entrambi. Il protocollo TCP ha la funzione di commutare, convertire, all’origine i messaggi in

insiemi di pacchetti, per poi ricomporli all’arrivo, mentre il protocollo IP ha il compito di indirizzare

ogni pacchetto attraverso i nodi della rete sino al computer finale (TCP/IP).

La rete Internet supporta diversi servizi, il più famoso è il World Wide Web (www), una ragnatela

(Web) di documenti multimediali organizzati con un sistema ad ipertesto, a cui si può accedere

visualizzandoli sul proprio computer. Le pagine Web sono realizzate con un apposito linguaggio

chiamato Hyper Text Markup Language (HTML) che supporta informazioni di tipo multimediale,

ossia possono coesistere nello stesso documento formati di tipo testo, immagini, suoni e filmati.

Grazie all’organizzazione ipertestuale, ossia ai collegamenti ipertestuali o link, è possibile spostarsi,

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navigare, di pagina in pagina attraverso tutto il Web. I link si riconoscono perché quando il cursore

del mouse vi si posiziona sopra si trasforma in mano. Tutte le informazioni contenute in una data

pagina web possono essere “raccolte”. Questa operazione può essere eseguita grazie alle funzioni

copia ed incolla, voci presenti nel menu a tendina di modifica. La parte di testo o immagine

selezionata e copiata, può essere inserita su di un nuovo documento od uno gia esistente,

semplicemente incollandolo. Tutte le pagine web possono essere salvate sul proprio computer

basta usare la semplice funzione File – salva con nome – ed indicare dove si desidera salvare la

pagina. Per non perdersi nel mare magno del web, ogni pagina è caratterizzata da un indirizzo che

la identifica in modo univoco da altre. L’indirizzo web è indicato con la sigla URL che significa

Uniform Resource Locator(sequenza di caratteri che identifica univocamente l'indirizzo di una

risorsa in Internet)

L’INFLUENZA DEI SOCIAL NETWORK SULLA PRIMAVERA ARABA

La Primavera Araba è stata alimentata grazie a pagine Facebook come “We are all Khaled Said” ,

dedicata ad un giovane 28enne massacrato da due poliziotti che volevano perquisirlo, grazie a

numerosi tweet su Twitter con etichettati con

l’hashtag #25jan, il giorno d’inizio dei tumulti in

Egitto, e grazie a Youtube , sito sul quale furono

caricati video di veri e propri crimini commessi dalle

autorità per reprimere le proteste, come esecuzioni

di ribelli, sparatorie contro civili disarmati e

quant’altro, e dei momenti in cui le piazze erano

gremite di manifestanti. La popolazione dei paesi

mediorientali non hanno la possibilità di accedere ai

principali social network perché oscurati dal

governo, infatti per accedere a facebook o twitter

ecc. si utilizza una rete privata virtuale VPN (virtual

private network)

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BIBLIOGRAFIA

Walker (vol.3) corso di fisica Linx 2010

Enciclopedia DeAgostini 2008

Dal testo alla storia dalla storia al testo (vol.3), Baldi, Giusso, Zaccaria, PARAVIA

George Orwell, “1984”

Words That Speak (vol.2), De Luca, Ellis, LOESCHER

SITOGRAFIA

http://it.wikipedia.org/wiki/Primavera_Araba

http://primavera-araba.blogautore.espresso.repubblica.it/

http://ppp.unipv.it/Pageslt/6Videoconf/1VideoC.htm

http://www.edilone.it/Galleria-Vittorio-Emanuele-lioperey157.html

http://en.wikipedia.org/wiki/Modernist_literature

http://en.wikipedia.org/wiki/Nineteen_Eighty-Four

http://web.tiscalinet.it/pelaia/scuolanet/filosofia/marx.htm

Kudsi Isam 2014