RIVOLI 2013. INTEGRARE? Dal titolo al significato INTEGRARE LE COMPETENZE DEGLI OPERATORI PER...
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RIVOLI 2013
INTEGRARE?Dal titolo al significato
” INTEGRARE LE COMPETENZE DEGLI OPERATORI PER
PREVENIRE E GESTIRE IL DISAGIO DEGLI ADOLESCENTI “
integrare: completare aggiungendo ciò che manca,
Inserire qualcuno in un gruppo o in un'attività, facendo in modo che vi
si trovi bene: detto di due o più elementi in rapporto reciproco,
completarsi a vicenda.
Inserirsi in un ambiente, in modo da essere in armonia con l'insieme.
Quindi ripartendo dalla lingua e da noi, l’ipotesi di partenza del
corso è stata:
di fronte ad alcune espressioni di disagio, sofferenza, adattamento non
compiuto, gli interventi normalmente intrapresi spesso non risultano
efficaci,
contestualmente tra gli operatori coinvolti si diffondono sfiducia,
impotenza, fallimento,
l’azione di singoli operatori, siano essi interni o esterni alla scuola è
insufficiente
Allora:” è possibile per noi condividere il bisogno di completarci a
vicenda?”.
(Carlo, primo incontro).
SPUNTI E RIFLESSIONI
Ecco alcuni film che abbiamo usato come stimolo per la discussione:
SPUNTI E RIFLESSIONI
CONCLUSIONI 1.SAPER USARE SE’ STESSI COME STRUMENTO DI
LAVORO
Ingenuamente si pensa che la capacità relazionale, il saper offrire uno
spazio della propria mente all’altro, sia un’abilità che è già data, già
presente nello stesso atto di scelta di un certo tipo di professione.
In realtà, è una competenza che deve essere sviluppata
soprattutto attraverso un serio e continuo lavoro di riflessione
su di sé in relazione con l’altro.
1.SAPER USARE SE’ STESSI COME STRUMENTO DI
LAVORO(segue)
La competenza, che si costruisce lentamente, non è mai data perché è
un processo di crescita.
Usare la propria mente come strumento di lavoro, non significa
tanto saper spiegare razionalmente, capire, quanto invece
essere in grado di sentire.
Ciò significa elevare l’esperienza a luogo privilegiato
dell’apprendimento: la teoria, la conoscenza che deriva
dall’approccio ai saperi disciplinari è sì necessaria, ma solo se siamo
capaci di pensare, partendo da noi stessi, riusciremo a coglierne il
significato, l’uso che ne facciamo.
1. SAPER USARE SE’ STESSI COME STRUMENTO DI
LAVORO
(segue)
Percepire, comprendere il mondo interiore dell’altro come se
fosse proprio è un atteggiamento, non una tecnica, e perciò va
coltivato, formato.
Troppo spesso si assiste ad una banalizazzione del significato
profondo di questo atteggiamento, dandolo in qualche modo per
scontato, non se ne colgono così la complessità e la fatica che lo
caratterizza, in quanto richiede la coscienza di ciò che ci unisce all’altra
persona e allo stesso tempo di ciò che ci separa, o meglio di ciò che ci
differenzia.
1.SAPER USARE SE’ STESSI COME STRUMENTO DI
LAVORO
Cosa comporta tutto questo?
Significa che possiamo, se lo desideriamo e ne avvertiamo l’urgenza e
la necessità, incamminarci lungo una strada non facile:
lavoreremo per acquisire la competenza di poter dichiarare a
noi stessi di essere incompetenti, la competenza di stare in un
atteggiamento di apertura e fiducia, di disponibilità a formarsi
continuamente.
2. SAPER CO-COSTRUIRE UNA REGIA DEL PROCESSO DI
CRESCITA CON UN ATTEGGIAMENTO DI RICERCA E
SCOPERTA
La competenza dell’operatore è un continuo accesso ad un sapere che
non fotografa staticamente l’utente, il paziente, l’allievo, ma che
invece può permettere, come sostiene Morin, non soltanto di
trasformare l’incognito in conoscenza, ma, soprattutto di
ricongiungere il riconoscimento con la scoperta, di unire il conosciuto
con lo sconosciuto.
Solo così l’apprendimento è cambiamento e non riduzione (delle proprie
e dell’altrui capacità) e banale applicazione, è coniugazione di
affettività e cognitività, di ricerca scientifica e pratica educativa.
.
2. SAPER CO-COSTRUIRE UNA REGIA DEL PROCESSO DI
CRESCITA COME ASCOLTATORI CURIOSI
(segue)
Vorremo tendere lavorare anche attraverso la ricerca che si fa azione,
superando le tentazioni di rinuncia, di delega, vorremmo costruire
insieme un percorso che sappia offrire tempo e flessibilità, che
sappia far convivere previsione e incertezza e dove il dubbio può
diventare un’opportunità per essere «ascoltatori curiosi», esploratori
pronti ad apprendere dall’altro.
2. SAPER CO-COSTRUIRE UNA REGIA DEL PROCESSO DI
CRESCITA
METTENDO LA PERSONA, L’UTENTE, IL RAGAZZO, AL
CENTRO
(segue)
Inoltre, l’integrazione delle competenze personali con le competenze di
professionalità diverse potenzia l’intelligenza della situazione, quindi la
possibilità di contribuire alla costruzione di una metodologia di
intervento (il modo in cui ci si posiziona rispetto ai metodi e alle
tecniche) che considera ogni soggetto che vi partecipa, di
conseguenza anche la persona che sta al centro delle nostre cure,
come un interlocutore che contribuisce ad un processo di conoscenza.
3. SAPER ESSERE UN OPERATORE DI RETE
ASSUMENDO LE RETI DELLA PERSONA COME RISORSE
IL LAVORO RELAZIONE sceglie di assumere le reti proprie al
soggetto come risorse: la persona non si costruisce né si modifica
prescindendo dall’ambiente in cui vive, risorse che il più delle volte
devono essere aiutate a costruire un rapporto diverso tra loro e con le
istituzioni.
Significa far incontrare mondi che spesso assumono la logica
della separazione, se non addirittura quella della spartizione, e
l’incontro è tale quando c’è una reale presa in carico sia del
momento della definizione dei problemi che della scelta degli
interventi.
3. SAPER ESSERE UN OPERATORE DI RETE
(segue)
È dall’incontro delle competenze esperenziali di ogni persona che fa
parte della rete con le competenze professionali degli operatori, che
sono di tipo metodologico e conseguentemente di contenuto, che può
strutturarsi un progetto di educativo e di cura caratterizzato
dall’assunzione di responsabilità, anche se di grado diverso, da parte di
tutti.
Il processo nasce non dalla rete né dall’operatore, ma dalla loro
relazione, coniugando assieme due energie insufficienti.
4. PROGETTARE E VALUTARE
PROGETTAZIONE e VALUTAZIONE sono spesso pratiche svuotate di
senso, la progettazione coincide con lo “scrivere progetti” per ottenere
finanziamenti e la valutazione con un “adempimento” nella costruzione
di batterie di indicatori che poi difficilmente vengono rilevati.
Si rischia di pensare che, nell’estemporaneità e nella
residualità in cui si stanno trovando i servizi, non ci sia né
spazio né tempo per progettare gli interventi e tanto meno per
poterne valutare i risultati.
4. PROGETTARE E VALUTARE
DESIDERIAMO invece recuperare il senso della progettazione (proicere:
gettare avanti) e della valutazione (vàlere: attribuire valore), proprio
perché, in un contesto generale che rischia di ridimensionare il
significato e la portata dell’azione sociale e di schiacciarla nel “qui ed
ora” dell’azione, si possano riattivare processi di riflessione, di
analisi e la costruzione di una nuova realtà sociale.
WORKSHOP
LA FAMIGLIA COME RISORSA
L’idea della famiglia come partner è la premessa
indispensabile per una progettazione partecipata
gli operatori in questo caso ragionano in termini sistemici.
Molte volte noi sottolineiamo i limiti, le carenze, le difficoltà di
carattere, le pretese assurde, che gli altri, i familiari, possono avere.
WORKSHOP
LA FAMIGLIA COME RISORSA
Questa sottolineatura è fatta a volte con eleganza, a volte con la
preoccupazione di rappresentare realisticamente una situazione,
quindi con una buona disponibilità a trovare forme di aiuto. Se però
prende il sopravvento nella nostra rappresentazione dell’altro, finisce
per ancorare l’altro ai limiti, anziché provocare un superamento
attraverso un riconoscimento di quella che può essere indicata come
identità competente.
WORKSHOP
LA FAMIGLIA COME RISORSA
Per un operatore che si colloca in questa prospettiva, la famiglia non
sarà inesistente o da sostituire, né sarà ininfluente o semplice risorsa
da utilizzare; essa verrà piuttosto considerata come una parte
integrante del sistema interattivo entro e attraverso il quale
l’operatore assolve le sue funzioni.
WORKSHOP
LA FAMIGLIA COME RISORSA
Cercheremo dunque di sviluppare il partenariato in positivo,
la relazione d’aiuto è cooperazione e non correzione o
imposizione di qualche cosa (Canevaro,2000).
Significa andare nella direzione di una valorizzazione delle risorse della
famiglia, piuttosto che nel costante riconoscimento delle difficoltà o
limiti interni della famiglia stessa.
WORKSHOP
LA FAMIGLIA COME RISORSA
L’OPERATORE, in effetti, può costruire delle teorie della famiglia, in
modo più o meno consapevole, tali da rendere impossibile una
progettazione partecipata.
Ragionare in termini sistemici, invece, significa procedere in direzione
di un nuovo modello:
Si tratta di un modello che possiamo definire “coevolutivo” e che
orienta un operatore ad interrogarsi sul significato che assume il
proprio intervento con un utente all’interno della relazione fra questi e
la sua famiglia e ad organizzare il suo intervento non semplicemente
sulla base di ciò che ritiene.
VERSO UN APPRENDIMENTO INFORMALE
Le persone imparano la maggior parte di ciò che occorre loro in modo
informale; le organizzazioni investono il 75% del tempo e del budget in
modalità di apprendimento formali. Per invertire la rotta, occorre:
Creare “occasioni di apprendimento” e socializzazione delle
conoscenze
Usare nuovi linguaggi
Far leva sui modi naturali di apprendimento
ESPERIENZE REALIZZATE E REALIZZABILI
1. LA PEDAGOGIA DELLA CONVIVIALITA’
ovvero passare del tempo con i genitori e i ragazzi insieme, in un
ambito di leggera convivialità, fare esperienza di stare insieme per
vedere un film, andare all’hammam, mangiare dopo aver condiviso
l’organizzazione insieme, fare una passeggiata a tema.
ESPERIENZE REALIZZATE E REALIZZABILI
2. Il GIOCO INSIEME
genitori e bambini guidato da tecnici di laboratorio, utilizzando le
tecniche di educazione socio-affettiva che si utilizzano nei percorsi con i
bambini. Rivolto alla fascia che ha bambini che frequentano la scuola
materna ed elementare.(esperienza della cooperativa Caracol di
mondovì) (6 ore)
ESPERIENZE REALIZZATE E REALIZZABILI
3. WORLD CAFE’
un metodo efficace per dare vita a conversazioni informali vivaci,
concrete e costruttive sulle più varie questioni di vita o di
organizzazione di una comunità. È un format molto flessibile che fa
dialogare molte persone insieme, lasciando a tutte lo spazio per
l’espressione.
Nelle sessioni di world café si sviluppano comprensioni condivise degli
argomenti trattati, è uno stimolo a convergere verso iniziative che
uniscono. (sperimentarlo una volta come fruitori – una volta come
organizzatori, magari come esperienza pilota con i genitori di una
scuola)