RIVISTA DEL SANTUARIO BASILICA DI MARIA AUSILIATRICE … · Per molti è un preciso dovere di...

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RIVISTA DEL SANTUARIO BASILICA DI MARIA AUSILIATRICE - TORINO RIVISTA DEL SANTUARIO BASILICA DI MARIA AUSILIATRICE - TORINO Spedizione in abb. postale 45% - art. 2 comma 20B - Legge 662/’96 - D.C./D.C.I. - Torino - Tassa Pagata / Taxe Perçue • ANNO XXIX - MENSILE - N° 9 - NOVEMBRE 2008 Il Salvatore del mondo Il Salvatore del mondo

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Presso tutte le religioni, fin dai tempi piùremoti, è diffuso il rispetto, il culto per i de-funti. Mausolei sono stati costruiti in loro ri-cordo; le imbalsamazioni in uso presso certipopoli, le offerte, i riti sacrificali, dimostra-no quanto sia sentito il dovere di onorare co-loro che ci hanno lasciato per una vita oltrela morte. Per molti è un preciso dovere digratitudine per il bene ricevuto, a partire daldono della vita, ai valori intellettuali, mora-li, materiali con cui i nostri cari ci hanno be-

neficato durante la vita. Purtroppo sovente questo nobile sentimen-to viene espresso in maniera errata, con ostentazione di potere ericchezza che non servono assolutamente al defunto, tanto meno apurificarlo dai peccati commessi durante la vita.

Il mese di Novembre suscita in noi il ricordo di chi ci ha lascia-to e il desiderio di rinnovare nella preghiera quegli affetti che con inostri cari ci hanno tenuto uniti durante la loro vita terrena. Que-sto è il suffragio, parola che deriva dal verbo latino suffragari chesignifica: soccorrere, sostenere, aiutare. In vari modi la Chiesa ci in-segna che possiamo suffragare le anime dei nostri cari defunti: conla celebrazione di Sante Messe, con i meriti che acquistiamo com-piendo le opere di carità, con l’applicazione delle indulgenze.

Ma cos’è l’indulgenza? La definizione tecnica afferma che l’in-dulgenza è la remissione dinanzi a Dio della pena temporale per i pec-cati, già rimessi quanto alla colpa, che il fedele debitamente dispo-sto, e a determinate condizioni, acquista per intervento della Chiesala quale, come ministra della redenzione, autoritativamente dispen-sa ed applica il tesoro delle soddisfazioni di Cristo e dei Santi.

Ogni peccato ha una duplice conseguenza: genera una colpa e com-porta una pena.

Mentre la colpa, ossia la rottura dell’amicizia con Dio, è rimes-sa dall’assoluzione sacramentale della Confessione, la pena per-mane anche oltre l’assoluzione. Allontaniamo da noi ogni pensieroche si tratti di un castigo che Dio infligge, analogamente a quantoavviene nel codice penale per i reati commessi. La pena di cui si par-la qui è una conseguenza del peccato, che oltre ad essere rottura conDio è anche contaminazione dell’uomo. Pensiamo cosa avviene quan-do due amici che hanno litigato si riconciliano. Ciò avviene ma confatica; ci vuole tempo e buona volontà. Non possiamo certamente esi-

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Ai tuoi fedeli, Signore, la vita non è tolta ma trasformata.

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tare su Dio nel riammetterci alla piena comunione con Lui, ma dob-biamo dubitare delle nostre capacità a staccarci completamente dalpeccato e da ogni affetto malsano; è necessario un lungo camminodi conversione e di purificazione. La pena temporale è il tempo ne-cessario per rigenerare la nostra capacità di amare Dio sopra ognicosa. Questa pena temporale esige d’essere compiuta in questa vi-ta come riparazione, o in Purgatorio come purificazione. Le indul-genze sono come un medicamento cicatrizzante sulle nostre ferite spi-rituali e ci confermano nel proposito di rinnegare il peccato e san-ciscono la nostra volontà di aderire pienamente al progetto di Dio.

Nel suo cammino terreno il cristiano vede come mezzi di purifi-cazione, che facilitano il cammino verso la santità le varie prove ela sofferenza stessa, l’impegno nelle opere di carità, la preghiera, lepratiche di penitenza e, non ultimo, l’acquisto delle indulgenze. Mapossiamo presumere che in questa vita riusciremo a giungere allaperfezione che ci permette di essere immediatamente ammessi allapiena comunione con Dio? Difficile, ecco allora il tempo di purifi-cazione comunemente chiamato Purgatorio.

Per questo le Sante Messe, le preghiere di suffragio e le indulgenzeci permettono di soccorrere i nostri defunti e abbreviar loro i tempidella purificazione. È quindi un’opera altamente meritoria ricorda-re coloro che ci hanno fatto del bene, continuare a sentirci a loro vi-cini e solidali nel cammino di purificazione che stanno compiendoin Purgatorio. ***

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cari

A tutti voi, carissimi lettori della nostra Rivista un cordialissimo saluto.Chiamato a sostituire Don Sergio Pellini, per quattro anni Rettore della no-

stra Basilica, esprimo a lui il grazie più fraterno per la sua preziosa opera. Dav-vero significativo è stato il coordinamento del restauro della Basilica, che ora si

presenta in tutta la sua bellezza. In tanti pellegrini abbiamo riscontrato la meraviglia, la gioia ela commozione nel trovarsi in questo luogo; abbiamo visto sorrisi e lacrime, abbiamo raccoltoringraziamenti e preoccupazioni, ammirato preghiere sommesse ed esplosioni di festa giovanile.

Insieme a Don Franco Assom, vice Rettore, e a tutti i preziosi collaboratori, ci accingiamo aprendere il testimone e a continuare con entusiasmo il servizio presso questa nostra chiesa, ma-dre di tutte le chiese salesiane. Don Bosco l’ha voluta come monumento della riconoscenza allaMadonna per la presenza materna nella fondazione e nello sviluppo della sua opera a favore deigiovani e noi desideriamo che questo luogo continui a cantare un inno di riconoscenza a Mariaper la sua materna presenza nella vita di ogni cristiano.

Don Bosco affermava con straordinaria sicurezza: “Abbiate fede in Maria e vedrete cosa so-no i miracoli”. Egli di fede ne ha avuta davvero tanta; anche questa nostra Basilica, iniziata conotto soldi versati sulla mano dell’impresario, ne è segno evidente: “Non ti preoccupare, la Ma-donna si costruirà lei la casa” gli assicurò alla presenza di tutti gli astanti.

A Lei e a Don Bosco ogni giorno affidiamo in Basilica le vostre intenzioni, le vostre gioie ele vostre fatiche, i vostri sogni e le vostre speranze, le vostre preoccupazioni e le vostre soffe-renze.

Un rinnovato grazie a quanti, vicini e lontani, con la loro simpatia, collaborazione e genero-sità, ci sono vicini e condividono con noi il sogno di Don Bosco.

A tutti con affetto grande il nostro saluto e il nostro ricordo Don Franco LottoRettore

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Pilato e i Giudei (19,4-8)

Pilato uscì fuori e disse loro:“Ecco io ve lo conduco fuori,perché sappiate che non trovo inlui colpa alcuna”. Allora Gesùuscì portando la corona di spi-ne e il mantello di porpora; e Pi-lato disse loro: “Ecco l’uomo”.Al vederlo i capi dei sacerdoti ele guardie gridarono: “Croci-figgilo! Crocifiggilo!”. Disse lo-ro Pilato: “Prendetelo voi e cro-cifiggetelo. Io in lui non trovocolpa”. Gli risposero i giudei:“Noi abbiamo una legge e se-condo questa legge deve morire,perché si è fatto Figlio di Dio”.All’udire queste parole, Pilatoebbe ancora più paura.

Ecco di nuovo Gesù di fron-te ai dirigenti giudei, la folla nonc’è. Lo vedono coronato di spi-ne e con un mantello di porpo-ra. Non possono non pensare aquanto i romani abbiano ridico-lizzato sul messianismo regaledei Giudei. Pilato disse: “Io nontrovo nessun capo di accusa con-tro di lui. Ecco l’uomo”. È in-nocente, è libero, ha riacquista-to tutti i suoi diritti umani. È ilsenso che Pilato dà all’espres-sione “Ecco l’uomo”. Ma perl’evangelista è una formula cari-ca di senso. Basta pensare allafrase: “E il Verbo si è fatto uo-mo (carne), perché l’Unigenitodal Padre ha assunto tutta la no-stra debolezza umana”. È nellasua debolezza liberamente as-sunta che ora si trova in baliadella violenza umana.

I Giudei non accettano il ver-detto umano e urlano: “In cro-ce, in croce”. Chiedono per unloro connazionale la pena capi-

tale alla romana. Questo signi-fica il rifiuto totale di Gesù Mes-sia. Pilato non ci sta e dice:“Crocefiggetelo voi. Io non tro-vo in lui colpa”. E allora ecco-li urlare: “Secondo la nostra leg-ge deve morire perché si è fat-to Figlio di Dio. È colpevole dibestemmia”. L’accusa è falsa,ma Pilato, che certamente co-me tanti pagani, era supersti-zioso, ebbe molta paura. Si no-

ti che Gesù non ha pronuncia-to nessuna parola. Qui però èrisuonata in modo solenne la fe-de cristiana in Gesù vero uomo:“Ecco l’uomo” è vero Dio, Fi-glio di Dio. Colui che va allamorte senza reagire alla violen-za umana è l’onnipotente Figliodi Dio che si è fatto uomo; è co-lui che Dio, nel suo amore, hamandato perché il mondo fossesalvo per mezzo di lui.

Gesù racconta il Padre

Il nostro (Gv 18,28-19,1-3)

Gesù è il re non di una gloria terrena e caduca. La sua corona di spine è ilsegno dell’amore che si dona senza cercare il consenso e l’approvazione della folla.

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Gesù e Pilato (19,9-12)

Pilato entrò di nuovo nel pre-torio e disse a Gesù: “Di dovesei?”. Ma Gesù non gli diede ri-sposta. Gli disse allora Pilato:“Non mi parli? Non sai che hoil potere di metterti in libertà eil potere di metterti in croce?”.Rispose Gesù: “Non avresti al-cun potere su di me se non ti fos-se dato dall’alto. Per questo chimi ha consegnato a te ha un pec-cato più grande”. Da quel mo-mento Pilato cercava di metter-lo in libertà. Ma i Giudei urla-rono dicendo: “Se liberi costuinon sei amico di Cesare. Chi sifa re è contro Cesare”.

Non è più un interrogatorio.Pilato non si comporta da giudi-ce, cerca spiegazioni a quanto haappena sentito. Per questo chie-de a Gesù: “Tu da dove vieni?”.Ma Gesù non gli risponde. Perògli dice che quelli che lo hannoconsegnato a lui hanno un pec-cato più grave. Per questo Pila-to lo vuole liberare, ma l’urlo deiGiudei gli dice che se lo fa nonè amico di Cesare. E Pilato cheama troppo la gloria di questomondo capisce che deve fare quelche dicono i Giudei. Il suo pec-cato è tutto qui.

Ecco il vostro re (19,13-16)

Udite queste parole Pilato fe-ce condurre fuori Gesù e lo fecesedere sullo scanno nel luogochiamato Litostroto, in ebraicoGabbata. Era la preparazionedella Pasqua, verso mezzogior-no. Pilato disse ai Giudei: “Ec-co il vostro re”. Ma quelli gri-

darono: “Via, via! Crocifiggilo”.Disse loro Pilato: “Metterò incroce il vostro re?”. Risposero icapi dei sacerdoti: “Non abbia-mo altro re che Cesare”. Alloralo consegnò loro perché fossecrocifisso.

Non si dice che Pilato uscì,ma che “fece condurre fuori Ge-sù e lo fece sedere sullo scanno”cioè sul sedile curiale, quello ri-servato al giudice. La scena èveramente grandiosa. Le partisi sono invertite; il giudicato as-

sume il ruolo di giudice in un tri-bunale romano di fronte ai Giu-dei. Questo è veramente un col-po mancino di Pilato contro iGiudei. La sua carica se vuoleessere “amico di Cesare” lospinge a convalidare la senten-za del tribunale religioso, matutta questa scena dice la sua ri-trosia e la esprime bene quandoproclama Gesù Re davanti a tut-ti: “Ecco il vostro Re”. Lo haintronizzato lui. E i Giudei stu-fi del gioco, si misero a urlare:

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Gesù è veramente l’uomo sofferente che prende su di sé tutti i nostri dolori.Anche i più nascosti e umilianti. Per questo Lui sa ben comprendere la nostrapovertà perché ha percorso tutte le strade dell’uomo.

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“Via via! Crocifiggilo”. È il ri-fiuto totale di Re-Messia e losottolineano dicendo: “Non ab-biamo altro re che Cesare”. Ègrave. Non è forse Dio il vero Redi Israele? La loro scelta non èsolo rifiuto di Gesù, ma anchedi Dio. Gesù l’aveva detto: “Chinon onora me, non onora nep-pure il Padre che mi ha manda-to” (8,23).

A questo punto Pilato confer-mò la sentenza che essi, i Giudei,avevano emesso e “consegnò lo-ro Gesù perché fosse crocifisso”.

La via della croce (19,17-18)

Egli portando da se stesso lacroce, uscì verso il luogo del Cra-nio, in ebraico Golgota. Lì locrocifissero e con lui altri dueuno da una parte e l’altro dal-l’altra, nel mezzo Gesù.

Si osservi il v. 17: l’unicosoggetto è Gesù. Giovanni facristologia. Gesù sembra agire dipropria iniziativa; “uscì” comedal giardino “sapendo che cosastava per succedere”, tenendosiora ben stretta la croce per an-

dare liberamente verso il com-pimento del suo destino, com-piendo la sua missione per amo-re. Il verbo portare dice che sitratta di qualcosa veramente pe-sante. Il “da se stesso” sarebbeforse meglio tradurlo: “per sé”.Gesù la porta come qualcosa perlui prezioso. Non la porta suomalgrado: “per lui – dice la Pot-terie – è lo strumento privile-giato della sua opera di salvez-za, è il segno del suo trionfo,della sua sovranità”. San Tom-maso d’Acquino dice: “Cristoporta la croce come un re il suoscettro, come segno della suagloria e sovranità su tutti... Laporta come un guerriero vitto-rioso porta il trofeo della suavittoria”.

L’evangelista non si soffer-ma sul verbo “crocifiggere”; cipenseranno i predicatori. Gli in-teressa dire che era “nel mez-zo”: è il posto che compete al re.Con lui ci sono due condanna-ti, simbolo dei discepoli, desti-nati ad essere innalzati comeGesù. È innalzato fra cielo e ter-ra, immagine vera dell’unico“Mediatore”.

La scritta sulla croce(19,19-22)

Pilato compose anche l’iscri-zione e la fece porre sulla cro-ce; vi era scritto: “Gesù Naza-reno il Re dei Giudei”. I capi deisacerdoti dissero a Pilato: “Nonscrivere Re dei Giudei, ma checostui ha detto: Io sono il Redei Giudei”. Pilato rispose:“Quel che ho scritto, rimanescritto”.

Giovanni usa qui per quattrovolte il verbo scrivere. Ciò si-gnifica che ha importanza per lui.Per due volte egli usa l’espres-sione: “era scritto” già usata perindicare il compimento delleScritture. La scritta posta sullacroce dice che Gesù, il Nazare-no, è il realizzatore di tutte lepromesse.

“Molti Giudei lessero lo scrit-to”. Molti forse si sentirono ac-cusati da quel cartello per averrifiutato il loro re. Ma i loro ca-pi no! Ancora una volta rifiuta-no di riconoscere questo titolomessianico e dicono a Pilato dicambiarlo. Ma Pilato rispose:“Quel che ho scritto, rimanescritto”. È la traduzione più esat-ta dei due perfetti greci. Essi in-dicano un’azione passata checontinua nel presente. Pilato,malgrado il suo peccato continuaa proclamare al mondo chi è Ge-sù: è il Re dei Giudei, il Messia,che Dio ha promesso e inviatoal suo popolo. Il suo regno è for-mato da coloro che ascoltano lasua voce.

Preghiamo

Signore Gesù, tu sei il nostroRe, cioè Tu sei la nostra Guida,tu sei la Via, la Verità e la Vita;ti sei l’unico che dà senso allanostra vita cristiana, alla nostratestimonianza. Fa’, o Signore cheviviamo queste verità per esserein comunione con Te e il Padrenello Spirito Santo. Amen!

Mario Galizzi

Nel suo Vangelo, Giovanni sottolinea il fatto che Gesù è posto in mezzo ai dueladroni. La centralità del Salvatore è data dal fatto che quello è il posto checompete al Re.

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Dopo aver visto la figura di San Pietro, vogliamo, per quanto le fonti lo per-

mettono, conoscere un po’ piùda vicino anche gli altri undiciApostoli.

Andrea è il fratello di SimonPietro, anch’egli uno dei Dodi-ci. La prima caratteristica checolpisce in Andrea è il nome:non è ebraico, come ci si sareb-be aspettato, ma greco, segnonon trascurabile di una certa aper-tura culturale della sua famiglia.Siamo in Galilea, dove la linguae la cultura greche sono abba-stanza presenti. Nelle liste deiDodici, Andrea occupa il secon-do posto, come in Matteo (10,1-4) e in Luca (6,13-16), oppure ilquarto posto come in Marco(3,13-18) e negli Atti (1,13-14). Inogni caso, egli godeva sicura-mente di grande prestigio all’in-terno delle prime comunità cri-stiane.

Il primo chiamato

Il legame di sangue tra Pietroe Andrea, come anche la comu-ne chiamata rivolta loro da Ge-sù, emergono esplicitamente neiVangeli. Vi si legge: «Mentre Ge-sù camminava lungo il mare diGalilea vide due fratelli, Simo-ne chiamato Pietro e Andrea suofratello, che gettavano la rete inmare, perché erano pescatori. Edisse loro: «Seguitemi, vi faròpescatori di uomini»» (Mt 4,18-19; Mc 1,16-17). Dal Quarto Van-gelo raccogliamo un altro parti-colare importante: in un primomomento, Andrea era discepolodi Giovanni Battista; e questo ci

mostra che era un uomo che cer-cava, che condivideva la speran-za d’Israele, che voleva cono-scere più da vicino la parola delSignore, la realtà del Signore pre-sente. Era veramente un uomodi fede e di speranza; e da Gio-vanni Battista un giorno sentìproclamare Gesù come «l’agnel-lo di Dio» (Gv 1,36); egli allorasi mosse e, insieme a un altro di-scepolo innominato, seguì Gesù,Colui che era chiamato da Gio-vanni «agnello di Dio». L’evan-gelista riferisce: essi «videro do-ve dimorava e quel giorno di-morarono presso di lui» (Gv 1,37-39). Andrea quindi godette dipreziosi momenti d’intimità conGesù. Il racconto prosegue conun’annotazione significativa:«Uno dei due che avevano uditole parole di Giovanni e lo ave-vano seguito era Andrea, fratel-lo di Simon Pietro. Egli incontròper primo suo fratello Simone egli disse: «Abbiamo trovato ilMessia, che significa il “Cristo”»,e lo condusse a Gesù» (Gv 1,40-43), dimostrando subito un noncomune spirito apostolico. An-drea, dunque, fu il primo degliApostoli ad essere chiamato aseguire Gesù. Proprio su questabase la liturgia della Chiesa Bi-zantina lo onora con l’appellati-vo di Protóklitos, che significaappunto «primo chiamato». Ed ècerto che anche per il rapportofraterno tra Pietro e Andrea laChiesa di Roma e la Chiesa diCostantinopoli si sentono tra lo-ro in modo speciale Chiese so-relle. Per sottolineare questo rap-porto, il mio predecessore PapaPaolo VI, nel 1964, restituì l’in-

signe reliquia di Sant’Andrea, fi-no ad allora custodita nella Ba-silica Vaticana, al Vescovo me-tropolita ortodosso della città diPatrasso in Grecia, dove secon-do la tradizione l’Apostolo fucrocifisso.

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I Dodici

La Catechesi di Benedetto XVI

ANDREA, il fratello di Simone

Andrea è il primo chiamato. Questa suaposizione di privilegio è particolarmen-te sottolineata in Oriente, dove il fratel-lo di Pietro gode di una fortissima ve-nerazione.

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Un uomo realista

Le tradizioni evangeliche ram-mentano particolarmente il no-me di Andrea in altre tre occasioniche ci fanno conoscere un po’ dipiù quest’uomo. La prima è quel-la della moltiplicazione dei paniin Galilea. In quel frangente, fuAndrea a segnalare a Gesù la pre-senza di un ragazzo che avevacon sé cinque pani d’orzo e duepesci: ben poca cosa – egli rile-vò – per tutta la gente convenu-ta in quel luogo (cfr Gv 6,8-9).Merita di essere sottolineato, nelcaso, il realismo di Andrea: eglinotò il ragazzo – quindi avevagià posto la domanda: «Ma checos’è questo per tanta gente?»(ivi) – e si rese conto della in-sufficienza delle sue poche ri-sorse. Gesù tuttavia seppe farlebastare per la moltitudine di per-sone venute ad ascoltarlo. La se-conda occasione fu a Gerusa-lemme. Uscendo dalla città, undiscepolo fece notare a Gesù lospettacolo delle poderose mura

che sorreggevano il Tempio. Larisposta del Maestro fu sorpren-dente: disse che di quelle muranon sarebbe rimasta pietra su pie-tra. Andrea allora, insieme a Pie-tro, Giacomo e Giovanni, lo in-terrogò: «Dicci quando accadrà

questo e quale sarà il segno chetutte queste cose staranno percompiersi» (Mc 13,1-4). Per ri-spondere a questa domanda Ge-sù pronunciò un importante di-scorso sulla distruzione di Geru-salemme e sulla fine del mondo,invitando i suoi discepoli a leg-gere con accortezza i segni deltempo e a restare sempre vigi-lanti. Dalla vicenda possiamo de-durre che non dobbiamo temeredi porre domande a Gesù, ma altempo stesso dobbiamo esserepronti ad accogliere gli insegna-menti, anche sorprendenti e dif-ficili, che Egli ci offre.

Un discepolo che conduce a Gesù

Nei Vangeli è, infine, regi-strata una terza iniziativa di An-drea. Lo scenario è ancora Ge-rusalemme, poco prima della Pas-sione. Per la festa di Pasqua –racconta Giovanni – erano ve-nuti nella città santa anche alcu-ni Greci, probabilmente proseli-ti o timorati di Dio, venuti peradorare il Dio di Israele nella fe-sta della Pasqua. Andrea e Fi-lippo, i due apostoli con nomigreci, servono come interpreti emediatori di questo piccolo grup-po di Greci presso Gesù. La ri-sposta del Signore alla loro do-manda appare – come spesso nelVangelo di Giovanni – enigma-tica, ma proprio così si rivela ric-ca di significato. Gesù dice aidue discepoli e, per loro trami-te, al mondo greco: «È giuntal’ora che sia glorificato il Figliodell’uomo. In verità, in verità vidico: se il chicco di grano cadu-to in terra non muore, rimane so-lo; se invece muore, producemolto frutto» (12,23-24). Che co-sa significano queste parole inquesto contesto? Gesù vuole di-re: Sì, l’incontro tra me ed i Gre-ci avrà luogo, ma non come sem-plice e breve colloquio tra me edalcune persone, spinte soprattut-

La tradizione sostiene che l’Apostolo Andrea predicò il Vangelo in Oriente, nonsolo ai Greci ma che si spinse fino nell’odierna Russia meridionale.

La figura di Andrea emerge dai Van-geli come quella di un uomo dotatodi senso pratico, attenzione e con-cretezza.

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to dalla curiosità. Con la miamorte, paragonabile alla cadutain terra di un chicco di grano,giungerà l’ora della mia glorifi-cazione. Dalla mia morte sullacroce verrà la grande fecondità:il «chicco di grano morto» – sim-bolo di me crocifisso – divente-rà nella risurrezione pane di vi-ta per il mondo; sarà luce per ipopoli e le culture. Sì, l’incontrocon l’anima greca, col mondogreco, si realizzerà a quella pro-fondità a cui allude la vicendadel chicco di grano che attira asé le forze della terra e del cieloe diventa pane. In altre parole,Gesù profetizza la Chiesa deigreci, la Chiesa dei pagani, laChiesa del mondo come fruttodella sua Pasqua.

Gli sviluppi del suo apostolato

Tradizioni molto antiche ve-dono in Andrea, il quale ha tra-smesso ai Greci questa parola,non solo l’interprete di alcuniGreci nell’incontro con Gesù oraricordato, ma lo considerano co-me apostolo dei Greci negli an-ni che succedettero alla Pente-coste; ci fanno sapere che nel re-sto della sua vita egli fu annun-ciatore e interprete di Gesù peril mondo greco. Pietro, suo fra-tello, da Gerusalemme attraver-so Antiochia giunse a Roma peresercitarvi la sua missione uni-versale; Andrea fu invece l’apo-stolo del mondo greco: essi ap-paiono così in vita e in morte co-me veri fratelli – una fratellanzache si esprime simbolicamentenello speciale rapporto delle Se-di di Roma e di Costantinopoli,Chiese veramente sorelle.

Una tradizione successiva, co-me si è accennato, racconta del-la morte di Andrea a Patrasso,ove anch’egli subì il suppliziodella crocifissione. In quel mo-mento supremo, però, in modoanalogo al fratello Pietro, eglichiese di essere posto sopra una

croce diversa da quella di Gesù.Nel suo caso si trattò di una cro-ce decussata, cioè a incrocio tra-sversale inclinato, che perciò ven-ne detta «croce di Sant’Andrea».Ecco ciò che l’Apostolo avreb-be detto in quell’occasione, se-condo un antico racconto (inizidel secolo VI) intitolato Passio-ne di Andrea: «Salve, o Croce,inaugurata per mezzo del corpodi Cristo e divenuta adorna del-le sue membra, come fossero per-le preziose. Prima che il Signo-re salisse su di te, tu incutevi untimore terreno. Ora invece, dotatadi un amore celeste, sei ricevutacome un dono. I credenti sanno,a tuo riguardo, quanta gioia tupossiedi, quanti regali tu tienipreparati. Sicuro dunque e pienodi gioia io vengo a te, perché an-che tu mi riceva esultante comediscepolo di colui che fu sospe-so a te ... O Croce beata, che ri-cevesti la maestà e la bellezzadelle membra del Signore! ...Prendimi e portami lontano da-gli uomini e rendimi al mio Mae-stro, affinché per mezzo tuo miriceva chi per te mi ha redento.

Salve, o Croce; sì, salve davve-ro!». Come si vede, c’è qui unaprofondissima spiritualità cri-stiana, che vede nella Croce nontanto uno strumento di torturaquanto piuttosto il mezzo in-comparabile di una piena assi-milazione al Redentore, al Chic-co di grano caduto in terra. Noidobbiamo imparare di qui unalezione molto importante: le no-stre croci acquistano valore seconsiderate e accolte come par-te della Croce di Cristo, se rag-giunte dal riverbero della sua lu-ce. Soltanto da quella Croce an-che le nostre sofferenze vengo-no nobilitate e acquistano il lo-ro vero senso.

L’apostolo Andrea, dunque,ci insegni a seguire Gesù conprontezza (cfr Mt 4,20; Mc 1,18),a parlare con entusiasmo di Luia quanti incontriamo, e soprat-tutto a coltivare con Lui un rap-porto di vera familiarità, ben co-scienti che solo in Lui possiamotrovare il senso ultimo della no-stra vita e della nostra morte.

Benedetto XVIL’Osservatore Romano, 14-06-2006

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Secondo un’altra tradizione, Andrea subì il martirio presso la città greca di Pa-trasso.

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Francesco affidò la pubbli-cazione dell’Introduzionealla Vita Devota a Pierre

Rigaud di Lione. Costui rice-vette il manoscritto nell’agostodel 1608, ma la stampa andò arilento e il Privilegio del Re tar-dò ad arrivare (arrivò solo a no-vembre). Questo spiega la da-tazione messa: 1609, sia che siaapparsa realmente in tale anno,sia che, come si usava fare alloradai librai per i libri che si stam-pavano a fine anno, Rigaud l’ab-bia post datata.

L’accoglienza fu straordina-ria e lo smercio rapido, per cuiFrancesco, che aveva previstoun’eventuale seconda edizio-ne, si vide obbligato a mante-

nere le sue promesse e ad ap-portarvi le aggiunte necessa-rie. Il suo amico, Mons. Feno-uillet, vescovo di Montpellier,lo rimproverava di non “averdato sufficiente corpo al volu-me”. Per cui fin dai primi me-si del 1609 lo vediamo all’operae per facilitarsi il compito scri-ve alla Chantal: “Portatemi tut-te le lettere e gli appunti che iovi ho inviato, se li avete anco-ra; poiché se occorrerà ri-stampare l’Introduzione, questomi faciliterà molto, trovando-vi parecchie cose inerenti altema. Non mi sono giunte cor-rezioni riguardanti la sostanza,ma solo la critica che era po-co esteso...”.

Questo libro ricevette un’ac-coglienza entusiasta che pos-siamo riassumere nelle paroledell’Arcivescovo di Vienne:“Monsignore, il libro che statepubblicando mi ha rapito, esta-siato, riscaldato talmente chenon ho né lingua né penna peresprimervi l’affetto che ho pervoi, come riconoscenza per ilgrande e singolare servizio cherendete alla divina Bontà”.

E questi sentimenti di stimae di ammirazione continuaro-no a crescere col tempo.

“Gli scritti e le opere delsanto erano in così grande sti-ma che i librai non riuscivanoa tenerne in quantità sufficien-te per tutti quelli che ne face-vano richiesta. E tra i tanti elo-gi che essi stessi facevano, c’eraquello per cui non avevano maivisto un libro così utile comel’IVD (Introduzione alla VitaDevota) per la salvezza delleanime”.

La Chantal parla di questolibro come “di un libro dettatodallo Spirito Santo” e San Vin-cenzo de’ Paoli nel primo Re-golamento per le Conferenzedella Carità ne prescrive la let-tura quotidiana di un capitolo.

E quando la gente vedevaFrancesco esclamava: “Ecco ilgrande Francesco di Ginevra,che ha scritto l’Introduzione al-la Vita Devota!”.

Lo stesso Francesco ripete-va alle persone da lui direttespiritualmente: “Non solo perconservare i vostri propositi,ma per farli felicemente cre-scere, non avete bisogno di al-tri consigli se non quelli che hodato a Filotea”.

Anniversari

Filotea il successo e l’entu s

Il ritorno alla fede cattolica della popolazione della regione del Chiablese fu unadelle preoccupazione pastorali più vive di San Francesco di Sales.

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La forma e lo stile della Filotea

Francesco possedeva soliditàdi dottrina e l’arte di esporre, disviluppare il proprio pensiero edentrare in rapporto intimo con illettore, catturarlo, convincerloed emozionarlo.

Francesco volle che il suo li-bro fosse accessibile a tutti: perquesto si sforzò di rendere il par-lare attraente, ma anche persua-sivo; si propose di fare appelload ogni anima, allo scopo di ren-derle familiari i compiti della vi-ta cristiana e di indicarle i mez-zi precisi da usare.

Il primo carattere è l’univer-salità. All’epoca in cui apparvesi era giunti al punto di consi-derare la pietà come appannag-gio di un gruppo molto ristret-to di persone: secondo l’opi-nione generale una vita pia nonera possibile se non nel chiostroo bisognava, se la si voleva vi-vere nel mondo, rompere tutti ilegami con la società e vivereun’esistenza a parte. Anche i ri-formatori Lutero e Calvino ave-vano messo in evidenza gli in-convenienti nel consigliare in-distintamente la lettura dellaScrittura a tutti i fedeli che nonavrebbero saputo né apprezzar-la né comprenderla. Il nostroSanto capì la difficoltà della si-tuazione e seppe portarvi rime-dio. Grazie alla mediazione diquesto Maestro così saggio, laChiesa apriva a tutti i suoi figlile porte dell’ascetismo: il ceno-bita, il contemplativo attingeràd’ora in poi dalla Introduzionei consigli adatti a dirigere il suovolo verso le altezze della spi-

ritualità, tanto come il cristianoche vive in mezzo al mondo vitroverà il segreto per armoniz-zare le esigenze della sua situa-zione con le massime della vi-ta perfetta.

Occorreva ancora rendere lavirtù attraente e questo compi-to era facile per il cuore cosìbenevolo di Francesco, portatonaturalmente a farsi tutto a tut-ti per guadagnare tutti. Forsequesto è l’aspetto più impor-tante: sarebbe stato inutile of-frire ai cristiani un ideale di per-fezione senza ispirare loro il de-siderio di realizzarlo. Troppospesso la virtù veniva presenta-ta nel suo aspetto ripugnante,che paralizzava la volontà. Oc-correva elevare la volontà, ri-portarla ad un ideale vero, maamabile e accessibile a tutti. Iltalento del nostro Santo fu quel-lo di presentare la virtù nei suoicolori naturali e di farla amare.La forza del suo libro proviene

in gran parte dalla carità cheispira i suoi consigli. Non c’èpiù qui il polemista che lottacontro i suoi avversari per la fe-de, c’è il padre buono e affet-tuoso che istruisce i suoi figlinella pacifica atmosfera dellacasa domestica.

Nel suo insegnamento es-senzialmente pratico Francesconon si limita a porre i principi;ne trae le conseguenze e ne fa leapplicazioni particolari. Questomodo di procedere, mentre evi-ta all’intelligenza del lettore didisperdere le sue forze, gli per-mette di concentrare le energiedella sua volontà nella scelta delbene conosciuto, bene che que-sta volontà abbraccia e al qualesi abbandona completamente.Allora la forma assume il tonodella persuasione: sembra qua-si di ascoltarlo e di vederlo ri-volgersi alle anime privilegiateche aveva presenti mentre redi-geva queste pagine.

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Il testo della Filotea, terminato l’8 agosto del 1608, ricevette fin da subito un’ac-coglienza entusiasmante.

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Le qualità del suo stile:

LA CHIAREZZA: è costante eappare ancora più luminosa se siconfronta questo libro con leopere ascetiche dei contempo-ranei o con i trattati sulla devo-zione. Per quanto riguarda l’esat-tezza delle definizioni e l’ordi-ne perfetto che presiede alla di-stribuzione degli argomenti, que-st’opera è superiore allo stessoCombattimento spirituale delloScupoli.

LA FORZA: scrive Sainte Beu-ve: “Guardiamo il suo slanciointeriore, il gettito della sorgen-te di una immaginazione viva,abbondante, e così ridente chesembra all’inizio infantile”. Ag-giunge M. de Sacy: “Il Santo èun eccellente scrittore; non hasolo la chiarezza e la naturalez-za, ma anche l’abbondanza, laricchezza dell’espressione; ci so-

no dei giri pungenti, delle frasivive, dei tratti che stupiscono.Ci si meraviglia di trovare inmezzo a questo stile fiorito, chesi snoda e si sviluppa a suo pia-cere, delle frasi alla Seneca, ta-gliate e lanciate come frecce”.L’effetto è la potenza degli ar-gomenti, il vigore delle dedu-zioni, la bellezza delle immagi-ni. E poi il gusto dell’ironia, chenon è più come nelle Contro-versie una spada abilmente usa-ta contro i suoi avversari, ma unmodo per stigmatizzare “il mon-do e i mondani”, così solleciti a“guarire i devoti dalla ipocon-dria e dalla itterizia”. Altre vol-te questa spada attacca l’avaro,altre volte le pretenziose aspira-zioni di coloro che “vorrebberovolare prima di avere le ali”, es-sere degli angeli quando non so-no neppure uomini buoni! Mala forza del ragionamento del

Santo è soprattutto apprezzabi-le per il risultato dei suoi inse-gnamenti: gli ostacoli si appia-nano, la pratica della virtù è me-no ardua, la vittoria su se stessipiù assicurata. Scrive il Card.Wiseman: “Non poteva allarga-re la via stretta del Vangelo, mal’ha ripulita delle spine, ha tol-to dal sentiero le pietre grosseche lo ingombravano. Ha getta-to ponticelli su profondi abissi equanti dedali e labirinti scurisono stati illuminati dalla suafiamma! Non ha reso la medita-zione più facile, la preghiera piùconfidente, la confessione menofaticosa, la comunione più frut-tuosa?...”.

LE IMMAGINI: non sono inse-rite senza gusto e come per ca-so. Esse nascono dall’argomen-to stesso e il modo così grazio-so e naturale con cui si presen-tano ne fanno il fascino princi-pale. Non si trovano dove il ra-gionamento non lo richiede. Etuttavia l’Introduzione resta diuna semplicità notevole per l’e -poca in cui fu scritta.

LA CORDIALITÀ: è la tinta do-minante le pagine dell’Introdu-zione. Esse sono inzuppate di tenerezza e di soavità, “il cuo-re parla al cuore”. L’autore viespande il suo animo amante eper la dolce tirannia dell’amoreesige dal suo lettore un ritornodi affetto. Vuole che non soloFilotea obbedisca ai suoi consi-gli, ma chiunque sia affeziona-to a seguire il suo consiglio. Que-sta tenerezza non è ispirata damotivi profani; è il fuoco dellacarità che anima lo scrittore edona al suo libro un fascino so-vrannaturale e irresistibile. Que-sta divina fiamma si sprigionacon maggior veemenza nelle cin-que Considerazioni dell’ultimaparte, che riassumono tutto l’in-segnamento dell’autore.

La musica in note è l’Intro-duzione e la musica cantata è lavita di Francesco!

Gianni Ghiglione

Viva ed efficace, suadente e convincente era la parola di Francesco perchéanimata da una profonda preghiera e mossa dallo Spirito Santo.

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«Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me», scrisse San Paolo

nella sua lettera ai Galati (2,20).E questo lo può dire ogni cri-stiano autentico, che vuol esse-re unito al Signore.

Gesù, sempre Figlio di Dio, fuprima un grumo di cellule, poi unbambino, poi un adolescente, unpredicatore, un rabbi, quindi unuomo torturato e ucciso, infine,risorse dai morti. Ora è un’im-mensa unità di persone, il Cor-po Mistico: «Come infatti il cor-po, pur essendo uno, ha moltemembra e tutte le membra, puressendo molte, sono un corpo so-lo, così anche Cristo. E in real-tà, noi tutti siamo stati battezza-ti in un solo Spirito, per forma-re un solo corpo. Quindi se unmembro soffre, tutte le membrasoffrono insieme; e se un mem-bro è onorato, tutte le membragioiscono con lui. Ora voi sietecorpo di Cristo e sue membra,ciascuno per la sua parte» (1Cor12,12.26).

Naturalmente, ognuno di noimantiene le sua personalità, di-stinta da ogni altro. Ma la fedeci assicura che possiamo averetutti lo stesso Spirito (cf Ef 4,4),quindi lo stesso amore divino, lastessa volontà del Padre, che de-sidera la salvezza di tutti gli uo-mini (cf 1 Tim 2,4).

Così, quando riceviamo qual-siasi grazia, materiale o spiri-tuale, personale o comunitaria,dobbiamo ringraziare anzituttola generosità di Dio; ma non ègiusto dimenticare che Dio stes-so ha voluto unire alla sua bon-tà e alla sua forza tutto il CorpoMistico.

Quindi è bene rendere grazieanzitutto al Padre, fonte d’ognibene; al Figlio fatto uomo, Ge-sù Cristo, perché Lui e il Padresono una realtà unica (cf Gv10,30); allo Spirito Santo, che«viene in aiuto alla nostra debo-lezza» (Rom 8,26); ma è beneringraziare anche l’intero CorpoMistico, unito alla dolce volon-tà del Padre: e quindi Maria San-tissima, che fra tutte le creaturepiù di ogni altro ripete il suo «siafatta la sua volontà» (Lc 1,38),gli Angeli messaggeri di Dio, iSanti canonizzati o meno, quin-di magari i nostri stessi genitoried amici uniti alla premura del Si-gnore.

È bello rivolgersi anche a lo-ro, ma non dobbiamo scordareche la fonte primigenia è sempreil Padre nostro: nessuno puòamarmi più di Lui, è più mam-ma di ogni mamma per ciascu-no di noi!

Infatti, la Liturgia cattolica si

dirige sempre a Lui, anche sesempre ricorda la mediazioneGesù, un Gesù personale ma an-che mistico.

E il nostro ringraziamento acoloro che formano un’unica re-altà con il Signore non è soltan-to una “licenza”: è Dio stessoche lo vuole! Basta ricordare ifatti biblici in cui Abramo cercadi salvare Sodoma e Gomorra(Gen 18,23-32), in cui Mosé pre-ferisce il suo popolo a se stesso(Gen 32,9-14), in cui la Mammadi Gesù si preoccupa degli spo-si alle nozze di Cana (Gv 2,1-11).In essi sembra che l’Amore diDio si voglia nascondere, per farmeglio risaltare l’amore di Abra-mo, di Mosé, della Madonna, an-che se è proprio Lui che dona lo-ro la capacità di un amore cosìimpressionante: infatti «è Dioche suscita in voi il volere el’operare secondo i suoi bene-voli disegni» (Fil 2,13).

Antonio Rudoni

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Meditazione

Chi ringraziare?

Il primo ringraziamento che dobbiamo è per il dono della vita che abbiamo ri-cevuto dai nostri genitori.

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“Èun santo, ma non tutte le sue azioni sono quelle di un santo”. Questo il

giudizio di un erudito, Tillemont,a proposito di Cirillo di Ales-sandria d’Egitto, dotato di unapersonalità autoritaria ed intran-sigente, autore, a volte, di azio-ni persino vendicative. Ciò no-nostante, egli ha un merito im-portantissimo: è il grande Padredella Chiesa che con la sua pre-dicazione, la sua penna e la suaazione difese il titolo Madre diDio e mostrò la necessità teolo-gica di conservarlo contro leobiezioni che il suo avversario,il patriarca di Costantinopoli, Ne-storio, aveva avanzato. Il magi-stero di Cirillo fu approvato dalConcilio ecumenico di Efeso(431), tra la gioia del popolo cri-stiano, come ricordano i nostrifedeli lettori. Molti secoli dopo,nel 1882, il Papa del tempo, Leo-ne XIII (un altro grande devotodella Madonna: scrisse ben tre-dici encicliche sul valore del Ro-sario!), dichiarò Cirillo di Ales-sandria “Dottore della Chiesauniversale”, vale a dire che nel-la dottrina di questo antico Padredella Chiesa è espressa in modoeccellente la fede della Chiesa.

In Cristo vi è una profonda unità

Cirillo era rimasto molto tur-bato delle notizie che i suoi am-basciatori a Costantinopoli gliavevano fatto pervenire: i fedelierano in subbuglio a causa del-l’incauto insegnamento di Ne-storio che negava la possibilità diattribuire alla Madonna il titolo

di Theotókos, cioè Madre di Dio.Il motivo che Nestorio adduce-va non era scarsa pietà mariana,ma un’errata comprensione delMistero dell’Incarnazione. Lostesso Nestorio lo avrebbe spie-

gato a Cirillo in una lettera cheappartiene alla corrispondenzatra i due, iniziata proprio da Ci-rillo che aveva chiesto al suo an-tagonista di giustificarsi. Scrivedunque Nestorio: “Le sacre Scrit-ture, quando parlano dell’eco-nomia del Signore [economia si-gnifica qui Incarnazione], sem-pre attribuiscono la natività e lasofferenza non alla divinità ma al-l’umanità del Cristo; di modoche, per parlare in termini esat-ti, la santa Vergine, bisogna chia-marla «madre di Cristo» non«madre di Dio»”. Nestorio, in-somma, aveva portato una ra-gione molto seria: Dio non può“nascere”, “essere generato”, non

può avere una Madre. Solo l’in-telligenza teologica di Cirillo po-teva superare questo scoglio erovesciare le posizioni. I fedeli,che non avrebbero mai voluto ri-nunciare ad invocare la Madon-na Madre di Dio, attendevanocon trepidazione e con impa-zienza una spiegazione chiara perconfermare la loro pietà. Cirillofece capire che il ragionamentodi Nestorio conteneva in sé unaconseguenza pericolosa: umani-tà e divinità in Cristo agivano se-paratamente, rimanevano diviseal punto che si poteva parlare didue soggetti distinti, due perso-ne, una specie di “mostro”.

In Cristo la persona è una sola

Il Mistero dell’Incarnazione,annunciato da Giovanni all’iniziodel suo Vangelo, e che i bravi fe-deli contemplano ogni volta cherecitano la bella preghiera del-l’Angelus, con le parole E il Ver-bo si è fatto carne, veniva scar-dinato. Seguiamo la spiegazionedi Cirillo di Alessandria, anchese formulata in termini piuttostotecnici e di non immediata com-prensione. “I santi padri non du-bitarono di chiamare Theotókosla santa Vergine, non in quanto lanatura del Verbo o la sua divini-tà abbia avuto inizio dalla santaVergine, ma in quanto fu da leigenerato quel santo corpo, ani-mato da anima razionale, al qua-le era unito il Verbo secondol’ipostasi”. Proviamo a dire in al-tre parole il pensiero, veramenteprofondo, di Cirillo di Alessan-dria: la divinità e l’umanità, com-

Maria e i Padri

Cirillo di Alessandria († 444)Il paladino della Theotokos

Il credere che Maria Madre di Dioera un dato di fatto già ampiamenteprofessato dai fedeli del IV e V se-colo.

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plete e perfette, per effetto delMistero dell’Incarnazione, sonoin Cristo profondamente unite ec’è un unico soggetto divino-umano, che, allo stesso tempo,agisce, nasce, muore per salvar-ci e risorge. Per far capire que-sto grande Mistero, lo stesso Ci-rillo amava adoperare un para-gone e diceva che, come inun uomo ci sono anima ecorpo che però non sonodissociabili, così in Cristoc’è la divinità del Verbo,che è indissolubilmenteunita alla natura umana.Cristo la divinità ce l’hadall’eternità, l’umanità lariceve, con l’Incarnazio-ne, dalla Vergine Maria.Dal momento che questaunione è del tutto inscin-dibile e c’è un unico sog-getto, il Figlio di Dio chesi fa carne, allora è giustochiamare la Madonna“Madre di Dio”. Anzi, il ti-tolo Theotókos non è sem-plicemente un bel compli-mento da fare alla Ma-donna, in un empito di te-nerezza filiale, ma è unaformula brevissima, unasola parola, che riassume perfet-tamente tutto il Mistero dell’In-carnazione.

Essere cristiani vuol dire essere mariani

Comprendiamo, a questo pun-to, una legge generale della teo-logia cristiana. La mariologia,cioè la dottrina teologica sullaMadonna, se corretta, difende lacompleta ortodossia della fedecristiana, se, invece, opinioni er-ronee sulla Madonna vengono in-trodotte, allora l’intera impalca-tura del Cristianesimo cade in ro-vina. E la storia, tristemente, lodimostra. Quando qualcuno hacominciato a negare i grandi pri-vilegi che la Madonna ha rice-vuto da Dio, allora ha iniziato a

dubitare della realtà della Risur-rezione del Signore o persino del-la divinità del Salvatore. Noi pre-feriamo rimanere legati al “vec-chio catechismo” che contiene legrandi verità teologiche, che gliillustri Padri e Dottori della Chie-sa, come Cirillo, hanno spiegatocon impareggiabile acutezza e

profondità di ragionamento. Imembri della Famiglia salesianasono soliti adoperare un’antifonamariana, molto cara a Don Bosco,che inizia con le parole O MariaVergine potente e che, a un cer-to punto, recita così: “Tu da so-la hai distrutto tutte le eresie delmondo intero”. Che cosa signifi-ca? Che la Madonna fa moriregli eretici? Certamente no! Ellaè Madre affettuosissima anchedegli eretici. Significa che le ve-rità teologiche sulla Madonna,sulla sua identità e la sua mis-sione, se rettamente professate,impediscono di cadere negli er-

rori e di conservare con fedeltà gliarticoli della nostra fede cristia-na. La forza, la tenacia e, soprat-tutto, l’intelligenza con cui Ci-rillo di Alessandria volle difen-dere il titolo Theotókos, ottenen-done l’ufficiale e perpetuo rico-noscimento dal Concilio di Efe-so, ci mostrano proprio questa

associazione tra “mariolo-gia” e Cristianesimo toutcourt. Il Papa Paolo VI, vi-sitando il santuario maria-no di Bonaria, in Sarde-gna, nel 1970, disse in mo-do conciso e pregnante:“non si può essere cristia-ni senza essere mariani”.Se Cirillo di Alessandriamise al servizio della Ma-dre di Dio la sua mente,vivamente intelligente, nonrisparmiò certo le effusio-ni del cuore per magnifi-care questa creatura, inonore della quale, dinanzia tutti gli altri vescovi riu-niti nel Concilio di Efeso,e alla presenza del rappre-sentante dell’Imperatore,pronunziò una bellissimaomelia, che assomiglia adun inno in cui si elencano

tutti gli interventi salvifici operatida Dio per mezzo della Madon-na: “Gioisci anche da parte nostra,o Maria Madre di Dio. Per te èsantificata la Trinità, per te è ono-rata e adorata la croce su tutta laterra, per te il cielo esulta, per tegli angeli e gli arcangeli si allie-tano, per te sono scacciati i de-moni, per te il diavolo tentatorecadde dal cielo, per te l’uomo de-caduto è innalzato ai cieli, per tec’è il santo battesimo, per te l’oliodell’esultanza, per te sono fon-date le chiese sulla terra, per te legenti vengono a conversione, perte i profeti predissero, per te gliapostoli annunziano la salvezza aipopoli, per te i morti risorgono”.

Roberto SpataroStudium Theologicum Salesianum

Gerusalemme e-mail [email protected]

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Cirillo è stato lo strenuo difensoredella maternità divina di Maria. Peril coraggio con cui si è apposto a Ne-storio ha pagato duramente con l’esi-lio la sua fedeltà alla vera fede.

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LA MORTE DEI CREDENTI

La morte dei Patriarchi

La morte è un enigma per te, cioè un mistero?Ma non ti rendi conto invece che la morte portasempre con sé uno stimolo profondo di vita? Mi ri-volgo a te, battezzato, così grandemente legato aituoi cari. Noi infatti crediamo nella vita eterna e nel-la risurrezione dei nostri corpi. Il nostro credere èun dono di Dio e porta con sé una sicura certezzain Cristo Gesù morto e risorto.

Nella Bibbia dell’Antico Testamento troviamoche la morte non è un trauma, una ferita violenta,ma invece un fatto ovvio, naturale, logico, che vaaffron tato serenamente. Ciò che spaventava non erané la morte né la vecchiaia, ma invece il non ave-re posterità e una sepoltura dignitosa.

Di Abramo si dice che «spirò e morì in felice ca-nizie, vecchio e sazio di giorni e si riunì ai suoi an-tenati»: I suoi figli Isacco e Ismaele lo seppelliro-no nel sepolcro che egli stesso aveva comprato (Gn25,8-9).

Isacco spirò e morì vecchio e sazio di giorni esi riunì ai suoi antenati. Lo seppellirono i suoi duefigli Giacobbe ed Esaù (Gn 35,29).

La morte di Giacobbe è descritta nella Bibbiacome un grande avvenimento: le benedizioni pro-fetiche ai suoi figli, uno per uno, le ultime di-sposizioni per il suo seppellimento, la sua mortee i funerali solennissimi. Erano presenti tutti isuoi figli e le loro famiglie con a capo Giuseppe,i ministri del Fa raone, gli anziani dell’Egitto, i car-ri da guerra e la cavalleria: una carovana impo-nente. Giacobbe spirò e fu riunito ai suoi antenati(Gn 49-50).

Nella Nuova alleanza brilla divinamente la mor-te di Gesù Cristo. Egli prova paura, tristezza, an-goscia, abbandono e dando un forte grido si con-segna nelle mani del Padre suo (Mt 26-27). Mamentre i patriarchi con la morte si riunivano ai lo-ro antenati, Gesù e il peccatore pentito fanno il lo-ro ingresso nel Regno eterno del Padre. «Ricorda-

ti di me quando sarai nel tuo Regno». «Oggi saraicon me nel Paradiso».

Preghiamo con il Salmo 1

Rit.: Beato chi spera nel Signore.Beato l’uomo che non segue il consiglio degli empi,

non indugia nella via dei peccatori e non siede in compagnia degli stolti; ma si compiace della legge del Signore, la sua legge medita giorno e notte. Rit.

Sarà come albero piantato lungo corsi d’acqua, che darà frutto a suo tempo e le sue foglie non cadranno mai; riusciranno tutte le sue opere. Rit.

Non così, non così gli empi: ma come pula che il vento disperde. Il Signore veglia sul cammino dei giusti, ma la via degli empi andrà in rovina. Rit.

La fiducia nel Signore Gesù

Gesù Cristo non ci dà appuntamento nel regnodella morte, ma nel Regno della vita. Egli è venu-to a portarci l’annuncio del Dio della vita. La mor-te naturale è una porta che si apre e ci introduce nelParadiso, la Casa del Padre. Non siamo di fronte auna morte qualunque, ma si tratta di ripercorrerel’Esodo Pasquale con Gesù, dalla morte alla risur-rezione.

Guarda alla morte di Cristo e tu, peccatore pen-tito, capirai e gusterai quanto sia grande la tuamorte e quali gioie essa ti riserverà. Ma se tu, pec-catore non pentito, distoglierai i tuoi occhi dallacroce, allora Gesù non ti inviterà nel suo Regno,ma il buio e l’orrore caleranno sulla tua morte,per sempre.

La morte di Lazzaro è piena di speranza. SantoStefano difende con coraggio il suo Signore da-vanti al Sinedrio e così si prepara a dare la vita perlui. Diceva infatti: «Contemplo i cieli aperti e il Fi-

In cammino verso le ultime realtà

I Novissimi /6

Celebrazione

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glio dell’uomo che sta alla destra di Dio». Egli sadove sta andando e perdona i suoi uccisori. Per luila morte è un bene, un vero guadagno (At 7).

C’è poi l’episodio toccante della discepola chia-mata Tabità, che morì piena di opere buone. La la-varono e la deposero in una stanza del piano supe-riore, poi mandarono a chiamare Pietro. Egli sicommosse nel vedere e sentire quanto aveva fattoquella santa donna, si inginocchiò a pregare e poidisse: «Tabità, qum: Tabità, alzati» (At 9,36 ss.).

È pur vero che in alcuni libri del Nuovo Te-stamento si parla anche di morte come «potenzademoniaca» (Ap 6,8) e come «l’ultima nemica»(1Cor 15,26), ma, per certo, in questi casi si par-la della morte, cioè del Nemico dell’uomo, il Dia-volo.

Da tutto ciò comprendiamo che non è la mortecorporale che ci spaventi, ma quella eterna.

La morte del credente

Sulle orme del pensiero di San Cipriano com-prendiamo quale morte il cristiano deve deside-rare.

Secondo il libro della Genesi al capo 2, verset-to 17, a motivo di quelle parole: «se mangerai del-l’albero della conoscenza del bene e del male, mo-rirai», Adamo ha disobbedito a Dio e così la mor-te è entrata nel mondo. «Polvere sei e in polvere ri-tornerai!» (Gn 3,19). Il significato di questo episo-dio viene sottolineato dal libro della Sapienza 2,23-24: «La morte è entrata nel mondo per l’invidia delDiavolo», e da San Paolo nella lettera ai Romani5,12: «A causa di un solo uomo il peccato è entra-to nel mondo e con il peccato la morte».

Dal momento che Gesù Cristo, il Figlio di Dio,si è assoggettato alla morte, e quale morte!, la mor-te stessa ha assunto un altro significato, quello chele è stato dato dal Cristo risorto. La punizione delnostro peccato è stata riversata tutta quanta sul Cri-sto crocifisso e quindi da lui scontata pienamente.All’uomo è richiesto di con-partecipare all’azionesalvifica di Dio. Assaporando la morte, Cristo hacondiviso in pieno la nostra situazione di peccato-ri e noi, accettando senza riserve la salvezza delPadre, ci uniamo al Cristo morto e risorto. E la con-clusione è questa: che noi siamo “Già” dei risorti,la morte e il peccato non hanno più nulla a che fa-re con noi.

Così la morte cristiana non è questa nostra mor-te fisica, il dissolvimento di un corpo, ma è il pas-saggio da questo mondo al Regno definitivo. Aquesto Regno noi siamo “Già” arrivati con il Bat-tesimo e la fede: «Il Regno di Dio è vicino; con-vertitevi e credete al Vangelo» (Mc 1,15). La mor-

te cristiana non è dunque morte fisica. Proprio perquesto, in profezia, il libro della Sapienza negavaaddirittura la realtà della morte, dicendo: «Le ani-me dei giusti sono nelle mani di Dio, nessuno letoccherà. Agli occhi degli stolti parve che moris-sero» (Sap 3,1-2). Ed il Vangelo di Giovanni è an-cora più esplicito e categorico quando scrive: «Que-sto è il pane che discende dal cielo, perché chi nemangia non muoia» (Gn 6,50). L’Eucaristia è fon-te di risurrezione e segreto per non morire. La mor-te fisica è un elemento che appartiene a questomondo, ma il credente, che non è di questo mon-do, non gusterà il dissolvimento del corpo perchésa che, al di là della morte fisica, egli si compia-cerà – proprio come creatura umana – della pre-senza di Dio nel Regno che va oltre «la scena diquesto mondo» (1 Cor 7,31).

Preghiera

Caro Spirito Santo, svelami quale grande amore ti spinge a far nuova ogni creatura e me peccatore, amato dal Padre e dal Figlio suo.

Al termine della mia vita terrena, io voglio, con te, questo solo: affidare il mio spirito al Padre e vederlo che mi corra incontro per abbracciarmi.

Don Timoteo Munari

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Per il credente la morte è un passaggio alla vita vera, al-la contemplazione dell’amore di Dio, un ritorno alla Casadel Padre.

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L’urgenza di evangelizzare

“Il termine evangelizzazione ha un significatomolto ricco. In senso ampio, esso riassume l’inte-ra missione della Chiesa: tutta la sua vita infatticonsiste nel realizzare [...] l’annuncio e la trasmis-sione del Vangelo, che è «potenza di Dio per la sal-vezza di chiunque crede» (Rm 1,16) e che in ulti-ma essenza si identifica con Gesù Cristo (cf 1 Cor1,24). [...] In ogni caso, evangelizzare significa nonsoltanto insegnare una dottrina bensì annun-ciare il Signore Gesù con parole ed azioni, cioèfarsi strumento della sua presenza e azione nel mon-do” (Congregazione per la dottrina della fede, No-ta dottrinale su alcuni aspetti dell’evangelizzazio-ne, n. 2). Inseriti nella Chiesa e guidati dallo Spi-rito, noi Salesiani lavoriamo per l’avvento del Re-gno di Dio, “portando agli uomini il messaggio delVangelo intimamente unito allo sviluppo dell’ordi-ne temporale” (Cost. 31).

La sorgente di tutta l’opera di evangelizzazionesta nell’incontro personale con Cristo. Tale espe-rienza è per noi un evento che si rinnova nell’ascoltodella Parola di Dio, nella partecipazione al miste-ro pasquale attraverso la liturgia e i sacramenti, nel-la condivisione fraterna e nel servizio ai giovani. Ma-ria, che per prima ha accolto e portato l’annunciodi salvezza, ci insegna a realizzare comunità evan-gelizzate ed evangelizzatrici. Da lei impariamo chela profondità dell’esperienza di Dio è la radice del-la missione e che la prima e principale via dievangelizzazione è la testimonianza di fede. Ta-le testimonianza diventa più convincente quandonoi ci avviciniamo ai giovani come amici e li ac-compagniamo, irradiando gioia e speranza. In que-sto modo trasmettiamo quello in cui crediamo emostriamo con la vita quello che annunciamo.

Il mettere l’incontro con Cristo nella Parola e nel-l’Eucaristia al centro della nostra vita, per esserediscepoli autentici e apostoli credibili, impegnaogni membro della Famiglia Salesiana

– a trovare il tempo necessario per la preghiera in-dividuale e comunitaria, curando la meditazio-ne della Parola di Dio, il sacramento della Ri-conciliazione e la centralità dell’Eucaristia ce-lebrata e adorata.

Similmente ogni gruppo della FS– preveda opportune iniziative che favoriscano la

centralità della Parola di Dio e dell’Eucaristia;– offra cammini di forte rinnovamento e sussidi ade-

guati, curando la qualità degli Esercizi Spiritua-li, dei ritiri mensili e della lectio divina.

L’AADDMMAA nel mondo

ADMA PRIMARIA - Il giorno 20 giugno, fe-sta della Madonna Consolata, diversi membri del-l’ADMA hanno partecipato alla tradizionale pro-cessione in onore della Madonna Consolata, tantocara al popolo torinese. Eravamo circa una qua-rantina: TO-Primaria, TO-Crocetta, TO-Stura, Map-pano, TO-Agnelli. Suor Giuseppina Franco, vica-ria ispettoriale delle FMA, e Suor Carmela Santo-ro, responsabile della pastorale giovanile, si sono

(L’ADMA al XXVI Capitolo Generale dei Salesiani) (3a parte)

Da mihi animas cetera tolle

INSERTOL’ADMA nel mondo

20 giugno 2008. I Soci dell’ADMA Primaria presenti allaprocessione della Consolata.

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unite a noi in processione sotto lo stendardo del-l’ADMA. La nostra presenza è una testimonianzadi devozione alla Vergine, oltre che essere impegnodi vita nell’imitare le sue virtù.

MADRID - Sabato 28 giugno si è riunita laCommissione di coordinamento ADMA dellaSpagna, a cui ha partecipato anche l’Animato-re mondiale Don Pier Luigi Cameroni, su invi-to del Coordinatore Nazionale Don EleuterioLobato. L’incontro si è svolto presso la Casa Ispet-toriale di Madrid con la partecipazione di oltre 20rappresentanti dei Salesiani, Figlie di Maria Ausi-liatrice, Presidenti e rappresentanti di vari gruppi.Dopo il saluto iniziale, la preghiera e la lettura delverbale, c’è stata la presentazione e l’intervento diDon Pier Luigi che ha illustrato la vita e le pro-spettive future dell’Associazione, anche alla luce del-la strenna del Rettor Maggiore per il prossimo an-no, dedicata alla Famiglia Salesiana. In seguito DonMario Pardos, direttore di Saragozza, ha presen-tato, in qualità di Coordinatore, il programma e le

note tecniche relative al VII Congresso Naziona-le di Maria Ausiliatrice che si terrà ad Alicante –El Campello nel mese di maggio del 2009 nei gior-ni 1-3. Il Congresso vedrà la partecipazione di cir-ca 700 persone non solo dell’ADMA, ma anche divari gruppi della Famiglia Salesiana. In conclusio-ne Don Lobato ha presentato i temi formativi del-l’anno 2008-2009 riprendendo le indicazioni delCongresso Internazionale di Maria Ausiliatrice svol-tosi nel 2007 a Città del Messico.

Don Pier Luigi ha espresso la sua gioia per que-sto primo viaggio in Spagna, sia per aver potuto co-noscere direttamente l’ADMA, così viva e ben or-ganizzata, sia per diversi contatti con realtà della Spa-

gna salesiana quali il Bollettino Salesiano, nellapersona del direttore Don Eugenio Alburquer-que, e l’editrice CCS (Central Catequística Sa-lesiana) nella persona del direttore Don José An-tonio San Martín, sia per la fraterna accoglienzaricevuta. Particolarmente commovente la visita e lapreghiera nella nuova cappella, situata all’inter-no del santuario di Maria Ausiliatrice di Ma-drid-Atocha, dei Beati Martiri Salesiani uccisi du-rante la guerra civile. Il Signore e la Madonna Au-siliatrice benedicano ogni progetto e volontà di be-ne per la gioventù e per la gente della Spagna.

L’ADMA di Porto-Novo (Bénin - Africa) haaccolto il 18 maggio 14 nuovi membri nel corsodella cerimonia della consegna della Medaglia diMaria Ausiliatrice. Si sono svolte la Novena e ilTriduo in preparazione alla festa dell’Ausiliatri-ce caratterizzata dalla Messa solenne e dalla pro-cessione. Alla celebrazione era presente l’Ispet-tore dell’Africa occidentale francofona Don Ma-

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Incontro della Commissione di Coordinamento dell’ADMAdella Spagna (28 giugno 2008). Al centro Don EleuterioLobato, Coordinatore nazionale, con Don Pier Luigi Ca-meroni.

Porto-Novo (Bénin - Africa). Processione di Maria Ausi-liatrice.

Porto Novo (Bénin - Africa). Membri dell’ADMA con l’Ispet-tore Don Manuel Jiménez.

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nuel Jiménez. Quello di Porto-Novo è un grup-po ben impostato, molto dinamico e che attiratante persone.

Il gruppo ADMA della Chiesa Nostra Signo-ra del Rosario a Port Chester (NY - USA), for-mato nell’ottobre del 2004 e aggregato nel 2007, hail suo riferimento di guida e di animazione nel Pa-dre Timothy Zak SDB, con la direzione e il coor-

dinamento del Parro-co della Chiesa DonTimothy Ploch SDB.Attualmente è com-posto da 18 soci e laPresidente è la Sig.raGregoria Gamarra.Un gruppo che prati-ca mensilmente la No-vena a Maria Ausilia-trice e che vive conintensità ogni 24 conla celebrazione euca-ristica e i momenti diformazione. Impegnospeciale del gruppo èla propagazione tra lagente della devozione

a Maria Ausiliatrice, diffondendo la Novena nellecase degli associati e coinvolgendo altre persone inquesto cammino di fede e di devozione nel segnodi Maria.

ADMA Catania-San Francesco di Sales - Sa-bato 24 maggio nella chiesa San Giovanni Bosco,annessa all’Istituto salesiano, ha avuto luogo lacelebrazione dell’accoglienza di 50 soci nel-l’Associazione di Maria Ausiliatrice. Con l’in-coraggiamento dell’animatore emerito della Pri-maria Don Sebastiano Viotti e dell’Ispettore Don

Luigi Perrelli è sta-ta infatti ripresa

l’ADMA in questa realtà salesiana. Il gruppo eraaggregato alla Primaria dal 27 aprile 1939. Congrande gioia ed entusiasmo i nuovi soci hanno fat-to la loro promessa, dopo un anno di formazionee di preparazione. Ha presieduto la celebrazioneDon Paolo Caltabiano, direttore dell’Istituto, chenell’omelia ha richiamato la missione dell’Asso-ciazione e l’impegno a diffondere la devozione al-l’Ausiliatrice, vivendo gli impegni assunti. Le at-

tività del gruppo sono: due incontri mensili, il 1ºvenerdì del mese e il 24; la promozione della de-vozione all’Eucaristia e all’Ausiliatrice in famiglia,nell’ambiente di lavoro e nella vita sociale e di ami-cizia; l’aiuto spirituale e materiale agli immigra-ti, alle ragazze madri e ai bambini poveri. Presi-dente dell’Associazione è la Sig.ra Graziella Fi-chera, mentre animatore spirituale è il salesianoDon Concetto Pennisi. Un particolare impegno de-gli associati è la diffusione della Rivista di MariaAusiliatrice promossa dal Santuario di Torino.

Don Pierluigi Cameroni

Port Chester (NY- USA). Mem-bri della locale sezione.

Catania, San Giovanni Bosco. Il Consigliodell’ADMA: al centrocon il diploma di aggregazione all’ADMA Primaria la Presidente Sig.raGraziella Fichera. A sinistra l’animatore spiritualeDon Concetto Pennisi.

Catania, San Giovanni Bosco. Il direttore Don Paolo Cal-tabiano benedice le tessere e i distintivi dell’ADMA.

Il gruppo dell’Adma di Catania, attorno alla statua di Ma-ria Ausiliatrice.

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Pensieri

❶ Il mondo non è assolutamen-te un organismo, bensì il caos.

Fridrich Nietzsche, filosofo

❷ Dio e la Natura non fanno nul-la invano. Aristotele, filosofo

❸ Il significato dell’universo nonsta nell’universo.

Ludwig Wittgenstein, linguista

❹ Dio ha fatto bella ogni cosa asuo tempo, ma egli ha messo lanozione di eternità nel loro cuo-re, senza però che gli uomini pos-sano capire l’opera compiuta daDio da principio alla fine.

Qoelet, 3,11

❺ Noi non conosciamo Dio senon per mezzo di Gesù Cristo,ma non conosciamo nemmenonoi stessi se non per mezzo diCristo. Non conosciamo la vita,non conosciamo la morte se nonper mezzo di Cristo.

Blaise Pascal, matematico e filosofo

❻ Vuoi essere perdonato? Ama.L’amore copre la moltitudine dipeccati.

San Giovanni Crisostomo, dottore della Chiesa

❼ Sia Cristo il sale della nostravita.

Sant’Ignazio di Antiochia, vescovo

È evidente: Dio esiste!

Tre anni fa, l’inglese AnthonyFlew, filosofo della scienza,

universalmente riconosciuto co-me il campione mondiale del-l’ateismo, cominciò un percorsodi revisione delle proprie ideeche lo portò a riconoscere l’in-fondatezza razionale della nega-

zione di Dio. Interrogato sui mo-tivi che lo hanno spinto a questascelta, ha risposto che, ammi-rando sempre più Einstein ed al-tri scienziati, si è convinto chedietro la straordinaria comples-sità dell’universo deve necessa-riamente esserci una Intelligen-za (Dio) e ha aggiunto che, stu-diando più in profondità la ric-chezza e l’intelligenza della vi-ta, gli risulta del tutto non plau-sibile che un brodo chimico (il fa-moso “brodo primordiale” nelquale – per caso – si sarebbe svi-luppata la vita) abbia potuto ge-nerare in maniera magica il co-dice genetico. Secondo Flew, sa-rebbe stata addirittura l’“eviden-za” dell’opera della creazione acondurlo ad ammettere la realtàdi Dio. Ammessa l’esistenza delCreatore (“accetto il Dio di Ari-stotele”), Flew sta ora guardan-do con attenzione al Cristianesi-mo. Gli assicuriamo la nostrapreghiera.

Da Il Timone, 2008

Massime del Beato Giovanni XXIII

Tra le sue tante massime, il“papa buono” ne aveva una

che diceva: “Omnia videre, mul-ta dissimulare, pauca corrige-re”. Cioè: vedere tutto, mostra-re di non vedere molte cose,correggerne poche. Un’altranorma di sapienza e di buon go-verno era in un suo giochettodi parole, questo: “Fare, saperfare, lasciar fare, dar da fare”.Bello e perfetto, no? Ma PapaGiovanni spesso si rivelava fi-ne umorista; nelle sue frasi friz-zava, al momento opportuno,uno spruzzo di mite ironia. Con-cretezza e ironia dovevano es-sere eredità di famiglia. Sua ni-pote Enrica, ad esempio, dove-va essere un “peperino”... Unsolo aneddoto: ad alcuni gior-nalisti sfacciati, i quali insi-nuavano che forse il nuovo Pa-pa aveva in qualche modo aiu-tato finanziariamente i suoi pa-renti, dignitosamente, ma al-quanto sdegnata, rispose: “Gra-zie a Dio, la nostra famiglia, la-vorando, non ha bisogno del-l’elemosina del Papa!”.

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esempi e pensieriesempi e pensieriesempi e pensieriesempi e pensieriesempi e pensieriesempi e pensieriesempi e pensieriesempi e pensieriesempi e pensieriesempi e pensieriA cura di Mario Scudu

La grandezza dell’Universo si è svi-luppata per caso?

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Proposto dai Salesiani dellaBasilica di Maria Ausilia-trice, dal giorno 3 sino al 12

di giugno, si è svolto un pelle-grinaggio in Terra Santa. Orga-nizzato e sotto la responsabilitàdel rettore Don Sergio Pellini,con percorsi guidati da Don Zap-pino, supportati da un accompa-gnatore laico, per la cura di tut-ti gli aspetti tecnico burocraticidi cui il viaggio necessitava. Unabella garanzia!

Ho molto desiderato questoviaggio, coltivando una lunga no-stalgia di quella terra benedettache già avevo visitata nel 2007,e anche se il progredire dell’etàche pesa sempre più sulle miepovere gambe, sembrava consi-gliare percorsi meno esposti adaffaticamento, non ho potuto re-sistere al richiamo. In Terra San-ta bisogna andare, se l’hai vistauna volta, in te resta un qualco-sa che non riesci più a cancella-re. Laggiù c’è la radice della miaesistenza su questa terra, il prin-cipio del dono dell’eternità nel-le braccia del Padre!

Quando ho preparato la vali-gia, come d’abitudine ho ag-giunto anche un quadernetto, undiario di viaggio per raccoglier-vi la descrizione dei posti, le im-pressioni, le emozioni e quan-t’altro avesse meritato di essereannotato. L’ho fatto per i primidue giorni. Appunti a partire dalraduno in Basilica per la parten-za, l’incontro con volti conosciutie altri sconosciuti, il trasferimentoda una Torino che cominciava adanimarsi delle attività del suogiornaliero, verso Malpensa, conl’occhio che si godeva le imma-gini del paesaggio delle verdi ri-

saie delle pianure di Vercelli eNovara. Nel cuore, timidi accennidi una disturbata preghiera.

Poi l’aeroporto e l’ansia del-l’incontro con la severa sorve-glianza israeliana e finalmentein volo verso l’aeroporto BenGurion di Lod. Ad attenderci unautista arabo con il pullman chenon ci avrebbe più lasciati pertutto il pellegrinaggio.

I primi passi

All’inizio l’incontro con ilMar Mediterraneo a Cesarea Ma-rittima, con i resti dell’acque-dotto romano, tanti e tanti fiori,da fare la felicità degli amantidella natura, e poi, il dono dellespiegazioni di Don Zappino checi ha fatti giungere così pieni digioia che ogni segno di stan-chezza era scomparso, lascian-do il posto alla pregustazione diciò che molto più di quanto giàvisto, avremmo incontrato.

Ed eccole poi le dolci alturedi Nazaret il giglio rovesciatodella Basilica dell’Annunciazio-ne, il primo punto d’arrivo al-l’agognato sogno dell’incontrocon la Mamma del Cielo; per ab-bracciarla in tutta la bellezza del-la sua grande umiltà e obbedienzaal progetto del Padre. Quale AveMaria cantare ora? Quella diSchubert quella di Gounod, quel-la del Trovatore di Verdi, o qua-le delle tante altre stupende me-lodie a Lei donate in ogni tem-po lungo i secoli; dentro di mene sento una d’istinto: Salve Re-gina, Madre di misericordia, ac-cogli e raccogli le mie lacrimeche gli occhi non possono piùtrattenere.

Il secondo giorno, la Basilicaci ha accolti per la celebrazionedella nostra prima Santa Messa.Poi un bel giro in Nazaret suipassi dei luoghi di Maria, giàbrulicanti di altri gruppi in visi-ta dove ti capita di incontrare di

Pellegrinaggi

La Basilica dell’Annunciazione a Nazareth. Un giglio

rovesciato per indicare la purezza del cielo

venuto sulla terra che incontra

la purezza di Maria.

Diario di un Pellegin TerraSanta

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tutto e magari incrociare, nasco-sto ed umile pellegrino come noi,un Cardinale Emerito (Monsi-gnor Piovannelli, già Vescovo diFirenze). Tutto ormai sotto unsole implacabile, ma che non tur-bava né distoglieva la nostra at-tenzione nel vedere, e nel senti-re come tutto veniva portato da-vanti ai nostri occhi dalla sa-pienza del nostro Don Zappino,che sempre abbinava al luogo ipassi del Vangelo.

Il fascino della Palestina

Da qui non ho più annotatoniente, perché ormai eravamo co-me investiti dagli incontri con itanti luoghi programmati, rigo-rosamente cadenzati dalle pre-ghiere e dalle celebrazioni delleSante Messe. Ogni giorno un luo-go, tanti luoghi, che si rincorre-vano tra di loro sgranandosi co-me le Ave Maria di un Rosario.L’attraversamento del lago di Ti-beriade con l’incanto dei colli chegli fanno corona, la struggentesuggestione dei monti, delle Bea-titudini e del Tabor, Tabga, con lechiese che ricordano il conferi-mento del Primato di Pietro, lamoltiplicazione dei pani e dei pe-sci e il messaggio di Gesù, leBeatitudini, magna charta delcristianesimo che ci rimanda sulMonte Tabor, dove nel ricordodella Trasfigurazione sono staterappresentate le Trasfigurazioniche sono entrate, si materializza-no, si ripropongono e vivono nel-la nostra vita, a partire dai SantiNatali che ci portano alla nasci-ta del Bambinello di Nazaret fi-glio di Dio fatto uomo, per dive-nire il Pane del Cielo nell’Euca-

ristia, e mistero di un Dio che en-tra in noi e noi in Lui.

Cafarnao, dove Gesù pregavae insegnava la Parola che ha var-cato i confini della Palestina eche ogni giorno come Lui pos-siamo ritrovare, in solitudine, nel-l’intimità del nostro quotidiano,nei luoghi preposti alla liturgiacon i fratelli, nella lettura dellaSacra Bibbia, in Comunione conil popolo di Dio nella celebra-zione della Santa Messa.

Banias, con il sussurro dellesorgenti del Giordano a ricorda-re il nostro Battesimo! (Qui al-cuni ardimentosi ci si sono cala-ti dentro).

Passiamo ora dalla desolazio-ne del deserto e varcando il con-fine che separa Israele dai terri-tori Palestinesi all’oasi di Geri-co, 300 metri sotto il livello delmare, città più vecchia del mon-do di oltre 7000 anni a.C., matanto povera; la prima possibili-tà di confronto con il benesserediffuso degli Israeliani.

Si riparte e si sale al monte,varcando deserto e colli pieni dipietraie, che man mano che sisale diventano però monti pienidi alberi; un dono della naturama anche della tenace volontà diun popolo che rende ricca la suapovera terra. Ed ecco Gerusa-

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La chiesa del Primato di Pietro. Costruita sulla roccia per indicare che Pietroè la roccia su cui Cristo edifica la sua Chiesa.

Le mura di Gerusalemme si preparanoad accogliere la notte.

egrinaggio

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lemme! La città Santa delle tre re-ligioni monoteistiche, che più diogni altra città, da millenni regolai destini del mondo. Qui ognipietra ha una storia da racconta-re, l’incontro con il vecchio e ilnuovo scorrono paralleli, le vec-chie mura parlano dell’uomo eparlano di Dio, gli anni sono pic-cole pagine di un cammino chenon si interrompe mai, il respi-ro di Dio e del dono del suo Fi-glio Diletto che si specchia den-tro di te, rimanda la sua imma-gine alla tua anima e ti costrin-ge ad una sincera verifica sullaverità della tua personale fede.

Quanti luoghi meravigliosi,Betania, Betfage, il Monte degliUlivi, l’edicola dell’Ascensione,l’Orto degli Ulivi, la Chiesa del-l’Agonia e quella del Pater, do-ve si possono ammirare a muroe su ceramiche molto belle, tan-ti Pater nelle diverse lingue.

La Piscina Probatica, la Chie-sa di Sant’Anna, il Litostroto, ilSanto Sepolcro, la Chiesa Orto-dossa della Tomba della Vergine,quella della Dormizione, il Mon-te Sion, San Pietro Gallicantu, ilCenacolo, la Chiesa di San Gior-gio degli Armeni, il Monte Car-melo e Haifa, le mura e le sueporte dai nomi suggestivi e por-tatrici di tanti ricordi, le Valli delCedron e della Geenna, i colori

dei suk, i giovani militari, sia ma-schi che femmine, la variegatapopolazione, l’austerità degliEbrei ortodossi chiusi nei loroneri gabbani, alcuni con cappel-lo di pelo, tutti con i riccioli la-terali, sulla fronte le piccole te-che di cuoio contenenti piccolirotoli con le preghiere e lo stra-no dondolio di tutto il corpoquando pregano addossati al Mu-ro del Pianto.

Un cielo azzurro intenso e nel-l’aria i profumi dei fiori diffu-sissimi della flora subtropicale;che pare ispirino molto i muez-zin particolarmente quando par-tono le Via Crucis dei cristiani.

Abbiamo ripassato nuova-mente il confine che divide Ge-rusalemme dalla Palestina e sia-mo giunti a Betlemme.

Basilica della Natività, Chie-sa di Santa Caterina e grotta diSan Gerolamo con una puntataalla casa dei Salesiani che qui, neldeserto di una miseria palpabilead ogni passo, sono un’oasi disollievo per i giovani e per mol-te famiglie in gravi difficoltà so-cio economiche. Il sorriso di DonBosco là dove più urgente è ilbisogno!

Gerusalemme della discordia

Le visite nell’area di Gerusa-lemme sono poi state arricchiteavvalendoci della presenza del-la Signora Polacco, un’italianaEbrea che vive stabilmente inIsraele. Guida preparatissima,normalmente preposta ad ac-compagnare Capi di Stato (a set-tembre il nostro Presidente Na-politano). Con lei visita della Cit-tadella di Davide presso la por-ta di Jaffa, il museo della Storiadi Gerusalemme, dove con pian-tine, plastici ed audiovisivi ab-biamo ripercorso gli eventi sto-rici che hanno caratterizzato laCittà Santa ed il suo popolo apartire dal periodo cananeo sinoad oggi. Emozionantissima la vi-

Il Monastero di San Giorgio in Koziba. Una fortezza di fede nel deserto dellaGiudea.

Le grotte di Qumran dove sono stati rinvenuti i preziosi manoscritti della Comunità essena.

Le grotte di Qumran dove sono stati rinvenuti i preziosi manoscritti della Comunità essena.

Le grotte di Qumran dove sono stati rinvenuti i preziosi manoscritti della Comunità essena.

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sita alle mura sotterranee ritornatealla luce con i recenti scavi (pro-seguono tutt’ora) che sono statiorigine delle recenti, ultimeschermaglie, tra arabi ed ebreiperché fatte nel sottosuolo delTempio di Omar, proprietà ri-vendicata dai musulmani. L’im-ponenza di questi lavori basta dasola a rappresentare la tenacia ele capacità di un popolo straor-dinario. Che ripropone la stessaimmagine nella visita della Si-nagoga all’interno dell’ospeda-le di Hadassa. Qui si ammiranole vetrate dipinte, dove MarcChagall vi ha rappresentato i do-dici figli di Giacobbe. E anche lamodernità dell’ospedale (al suointerno un enorme supermerca-to) dove sono inserite tutte le uni-versità nel campo medico.

Si pensi poi che a Gerusa-lemme esiste un complesso chia-mato Incubatoio dove vengonoraccolti e accolti a spese del go-verno tutti i giovani altamentepreparati e con delle idee da svi-luppare che lì possono continuarele loro ricerche.

Indimenticabile poi l’attra-versamento del deserto di Giu-da, con sosta per ammirare dal-l’alto il monastero di San Gior-gio in Koziba immerso in quel-la solitudine che solo il desertoti può dare, e superficialmente

avere un qualche contatto condei beduini.

Scorrendo lungo le desolatesponde del Mar Morto, arriviamoa Masada per la visita alla cele-bre Rocca. Di ritorno sosta aQumran, dove nel 1948 sono sta-ti ritrovati in modo imprevedibi-le e fortuito, i celebri antichissi-mi rotoli che ci hanno tramandatopagine preziose della Bibbia.

Le ultime visite in Gerusa-lemme, l’incontro con Padre Piz-zaballa, Francescano, al quale èaffidata la custodia della TerraSanta, e la visita al museo fran-cescano; visita guidata alla cit-tadella di Davide.

La fede si fa pellegrinaggio

Quanti altri capitoli potrei an-cora aprire, ma sarebbe faticasprecata perché comunque qual-cosa sfuggirebbe sempre. Chiu-diamo allora con il sospiro di chiha gioito di quanto visto e sen-tito e si è inebriato di molteplicisensazioni, scoprendo, se mai neavesse avuto bisogno, quanto èfortunato ad aver ereditato unafede che a pieno titolo lo rendeparte del popolo di Dio. La gra-zia, nella gioia, di poter vivere acontatto con la Chiesa e tutti isuoi rappresentanti. Con tutti idoveri che questo implica, dove

certamente non secondario è an-che quello di diventare testimo-ni credibili della nostra fede.

Insegna Paolo VI: “Il mondooggi ascolta più volentieri i te-stimoni che i maestri: e se ascol-ta i maestri è perché sono testi-moni”; anche Papa BenedettoXVI lo ribadisce; lo fa nel di-scorso per la beatificazione delBeato Von Galen il 9 ottobre2005, dice: “La fede non si riducea sentimento privato, magari danascondere quando diventa sco-moda, ma implica la coerenza ela testimonianza anche in ambi-to pubblico in favore dell’uomo,della giustizia, della verità”.

Quanta gratitudine dobbiamoqui esprimere a Don Pellini, aDon Zappino e a tutta la Fami-glia Salesiana. Ci hanno presoper mano e ci hanno condottiattraverso i sentieri e le muradella nostra personale Gerusa-lemme; per farci scoprire chenon possiamo più permettercidi essere una piccola tenue lu-ce, pronta a spegnersi ad ognipiccolo soffio d’aria. La TerraSanta, questo pellegrinaggio,dobbiamo sentirlo che in qual-cosa ci ha cambiati. Ci ha donatola serenità del credere senza ri-serve, perché là Gesù ha cam-minato con noi per donarci que-sta grazia.

Per ricordarci che il Padre ciama, di un amore grande da di-videre con i fratelli tutti.

Mario C.

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La stella della grotta di Betlemme, indica dove, secondo una pia tradizione, sa-rebbe nato il Salvatore.

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Notizie storiche

Sulla collina che sovrasta la cittadina di Cor nuda (TV), sorge il Santuario dedica-

to alla Madonna Annunziata, cheperò, siccome si trova sui rude-ri di una antica rocca, è cono-sciuto come «San tuario della Ma-donna di Rocca».

Nella valle scorre lento il Pia-ve; il monte Grappa ed il Mon-tello fanno da scenario, renden-do con i loro nomi, tanto cari alcuore degli italiani, tutta la zo-na sacra per i ricordi religiosi estorici.

Le prime notizie che riguar-dano la zona risalgono al seco-lo IX. Per difendersi dalle in-cursioni devastatrici degli Un-gheri che scendevano dagli Ura-li e portavano morte e saccheg-gi in Europa orientale ed in Ita-lia, la Marca Trevigiana cercadi fortificarsi con una serie dirocche poste in passaggi domi-nanti e strategici.

Tra le tante fortificazioni sor-ge anche la Rocca di Cornuda.

Una bolla del 1245, nella qua-le si parla della Pieve di San Mar-tino in Cornuda, ci dice che laRocca è possedimento del Ve-scovo di Treviso, poi occupatada Ezzelino da Romano, il cru-dele tiranno che imperversò intutte quelle zone.

Nel primo documento ufficialeche riguarda la Rocca di Cornu-da, il Papa Gregorio IX scrive alVescovo Pietro Pino di Treviso discomunicare il tiranno Ezzelino,se si rifiuta di resti tuire alcunefortezze occupate, tra le qualiquella di Cornuda.

Durante gli anni del dominio

di Ezzelino, che era creduto figliodel Demonio per la sua crudel-tà, le popolazioni locali subisco-no angherie e soprusi di ogni ge-nere. Le prigioni di Cor nuda di-ventano luogo di terrore e di sup-plizio; molte persone, nobili epopolani, vi sono lasciate mo riredi fame. Questi tristi fatti ali-mentano la fantasia del popolocolpito da tanta crudeltà.

Vicende storiche portano benpresto alla estinzione della fa mi-glia degli Ezzelini e nel 1264 laRocca ritorna nelle mani del Ve-scovo e poi passa al comune diTreviso.

Quando scoppia la guerra trai Trevigiani e gli Sca ligeri, CanGrande della Scala, con un for-

te esercito avanza fin sotto laRocca di Cornuda. Cortesino daStrasso, capitano della Rocca,con 400 soldati e il suo alleato,Francesco da Muliparte di Ma-ser, tentano di fermare l’avan-zata, ma nulla può evitare la di-sfatta totale.

Nel 1316 Can Grande fa di-struggere la Rocca che non sa-rà più ricostruita, ma lascerà ilnome al San tuario che sorge sul-le rovine della Cappella dellaRocca.

Il Santuario

Una tradizione, o forse leg-genda, diffusa tra il popolo, at-tribuisce l’origine del culto ma-riano sulla Rocca ad una appari-zione della Vergine su un massoroccioso tra le cui fenditure è ra-dicata una se colare quercia cherimane rigogliosa ancora oggi.

La devozione popolare portaalla costru zione di una piccolaCappella, dedicata alla Madon-na, che segue le sorti della Roc-ca nelle varie distru zioni e rico-struzioni.

L’opinione più probabile è cheil Santuario sia stato eretto dai fe-deli in ringraziamento alla Ma-donna per averli liberati dallacrudele tirannia degli Ezzelini.Ildocumento di fondazione del Ret-torato di S. Maria di Rocca è da-to dal testamento del 1247 delnobiluomo Annibale Scala, nelquale è detto: «Trovan dosi pa-drone della Rocca colle sue per-tinenze, vuole che esso luogo sialasciato ad un prete di buona vi-ta e fama eletto dall’Arciprete eMas ser di Cornuda il quale ab-

Calendario mariano

MADONNA DI ROCCA, CORNUDA (TV)

A 90 anni dalla fine della Prima Guerra M

Restano ignote le origini della bellastatua della Madonna venerata nelSantuario di Cornuda.

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bia di continuo a far residenzain detto luogo».

Un manoscritto del 1750 rac-conta di una grazia prodigiosaavvenuta nel 1725, riportandoneil rac conto della persona stessagraziata, allora ancora vivente.Il signor Pier Francesco Recconarra che, a 12 anni, insieme conun suo compagno, tenta di di-stac care dal muro una enormepietra che vi stava appoggiata.La pietra comincia a rotolare. Ilcompagno fa in tempo a fuggi-re, ma Pier Francesco rischia dirimanere inevi tabilmente schiac-ciato. Ha appena il tempo di gri-dare: «Maria, Vergine di Rocca,salvami!».

I familiari accorsi a quel gri-do e visto l’accaduto, ne riman-gono esterrefatti per lo spaven-to. Con grande sforzo rimuovo-no la pietra, e con stupore trovanoil fanciullo perfettamente illeso.

Una tavoletta votiva, appesaa lato dell’altare, rappre senta e te-stimonia ancora la tragica e com-movente scena.

Non si conosce l’origine del-la bella statua della Madonna, conin braccio il Bam bino Gesù, ri-vestita di stoffe preziose e pro-tetta in una nicchia di legno do-rato e cristallo. Ben nota però è ladevozione che lungo i secoli lapopolazione di Cornuda ha tribu-tato alla sua «Madonna di Rocca»,come familiarmente la chiama.

Durante la prima Guerra mon-diale, il Santuario è al centro del-la linea difensiva realizzata do-po la rotta di Caporetto, e dal no-vembre 1917 fino all’offensivasul Piave ed all’armistizio si tro-va sotto il tiro dell’artiglieria au-striaca. Ingenti sono i danni. For-tunatamente il Rettore, la popo-lazione ed i soldati accampatisulla Rocca riescono a metterein salvo la Statua della Madon-na, le campane e parte degli ar-redi sacri.

Solo nel 1920 sono effettuatii restauri necessari e l’8 dicem-bre di quell’anno, Festa dell’Im-macolata, la Statua della Ma-donna è ritornata nel suo San-tuario accompagnata da una lun-ga processione di fedeli ed ac-colta dal suono festante dellecampane.

Al presente, prestano il servi-zio di accoglienza e di anima-zione dei pellegrini le Missiona-rie dell’Immacolata di Milano(Pontificio Istituto Missioni Este-re) che, in collaborazione con laDiocesi di Treviso, svolgono laloro opera in India, Bangladesh,Brasile, Hong Kong, Guinea Bis-sau e Cameroun, portando ovun-que l’amore e la devozione allaMadonna di Rocca.

Don Mario Morra

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e a Mondiale

Nel 1920 si completano i restauri per ripristinare la funzionalità del Santuariodopo i danni della Prima Guerra Mondiale.

Pare che già dal 1247 il luogo venisse chiamato Santa Maria di Rocca.

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Nella storia della Chiesa so-no solamente sei i Papi che portano il nome di

Paolo ed uno solo è stato pro-clamato santo, Paolo I.

San Paolo I (757-767)

Romano di nascita, succedeal fratello Stefano II ed inizia ilpontificato il 29 maggio 757, po-co dopo l’alleanza stipulata conPipino il Breve, re dei Franchi.Grazie a questa alleanza il Papariesce a tenere a freno le ambi-zioni di Desiderio, re dei Lon-gobardi, che vuole riprendersi al-cuni territori ceduti al Papato dalpadre Liutprando, dopo la scon-fitta di Pavia del 756.

In Oriente è sempre viva lalotta contro le Immagini, che vasotto il nome di iconoclastia. NelConcilio di Costantinopoli del754, l’Imperatore Costantino Vriesce ad ottenere l’approvazio-ne della condanna del culto del-le Immagini, decisione dura-mente contrastata dai Patriarchidi Antiochia e di Gerusalemme.Paolo I, con l’appoggio di Pipi-no il Breve riesce a risolvere ilcontrasto. Nel Sinodo di Gentil-ly del 767, i rappresentanti di Ro-ma e di Costantinopoli si incon-trano e risolvono pacificamentela questione.

Il Papa muore il 28 giugno767 per febbre maligna, in SanPaolo fuori le Mura e tre mesidopo, le sue spoglie sono trasfe-

rite nella Basilica Va-ticana.

Paolo II (1464-1471)

Alla morte del Pa-pa Pio II, il grandeumanista Enea SilvioPiccolomini, viene e -letto il Card. PietroBarbo che prende ilnome di Paolo II. Di-scendente da ricca fa-miglia di commer-cianti veneziani, è av-viato alla carriera ec-clesiastica dallo zio pa-pa Eugenio IV, ed ap-

pena ventenne è iscritto tra i Car-dinali. Di temperamento piutto-sto complesso, liberale e gene-roso da una parte, duro, deciso esevero dall’altra, da Papa prendedecisioni autoritarie che gli crea-no numerosi nemici, specialmentenell’ambiente di curia.

Paolo II sente fortemente lacausa della crociata, per la qua-le si sono battuti con tanto ardo-re i sui predecessori Niccolò Ve Pio II. Il pericolo dei Turchi èdiventato gravissimo. Conqui-stata Costantinopoli nel 1453, an-che Atene cade nelle mani delSultano e Belgrado è salvata conun’eroica battaglia per merito disan Giovanni da Capestrano edal valoroso condottiero unghe-rese Giovanni Hunyadi. Dai Bal-cani i Turchi avanzano rapida-mente verso il nord e minaccia-no di conquistare l’Europa. I so-vrani europei cominciano a ren-dersi conto della gravità del pe-ricolo, il Papa rinnova l’appelloalla crociata. Ma i suoi sforzi perorganizzarla non ottengono ri-sultati; tutto va a monte a causadei contrasti e dell’egoismo de-gli Stati italiani.

Quando nel 1470 l’ultimo ba-luardo di Venezia in Oriente crol-la con la conquista di Negropontein Eubea da parte di MaomettoII, il Papa indice una nuova cro-ciata e convoca un congresso aRoma, ma anche questa volta lacrociata non riesce a decollare.Ormai l’ideale stesso della cro-ciata si è estinto nella coscienzacristiana dell’Europa.

Uomo di cultura, ama le arti,incoraggia i dotti, fa restaurare imonumenti antichi, come gli ar-chi di Tito e di Settimio Severo

Centro diDocumentazione

Paolo I consolidò la pre-senza del papato sul ter-ritorio italiano e appog-giò il culto delle immagi-ni osteggiato da alcuni inOriente.

Storia illustrata dei Papi

I Papi che portano il no m

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e la statua equestre di Marco Au-relio, ma allo stesso tempo com-prende il pericolo nascosto nel-la visione eccessivamente natu-

ralistica e paganeggiante del-l’Umanesimo. Uomo di chiesaavveduto, comprende che è ne-cessario opporre una diga a cer-te correnti del gran fiume del Ri-nascimento. Non gli mancanoper questo nemici ed incom-prensioni.

Paolo III (1534-1549)

Alla morte di Clemente VIIviene eletto, dopo un Conclave

breve di soli due gior-ni, il Card. Alessan-dro Farnese che pren-de il nome di PaoloIII.

Preoccupato dellapotenza dei Turchi edei progressi del-l’eresia luterana inGermania, il Papa siadopera per rappaci-ficare tra di loro l’Im-peratore Carlo V ed ilRe di Francia France-sco I, riuscendo a por-tarli alla firma dellatregua di Nizza (1538)che durerà per diecianni. La tregua per-mette all’Imperatore

di intervenire nelle faccende in-terne della Germania in difesadella fede cattolica, e di soste-nere la resistenza di Veneziacontro la minaccia, sempre piùincombente dei Turchi che, conSolimano il Magnifico, asse-diano gli ultimi possedimentiveneziani nell’Arcipelago Egeoe nel Peloponneso.

Obiettivo, che sta maggior-mente a cuore al Papa, per la ri-forma della Chiesa e per la pa-cificazione religiosa della Ger-mania, è la convocazione di unConcilio che finalmente, di co-mune accordo, può iniziare i la-vori nel 1545.

Il nome di Paolo III rimaneindissolubilmente legato allaconvocazione ed alla realizza-zione del Concilio di Trento, ilpiù importante Concilio ecu-menico dell’Occidente, grazieal quale viene finalmente av-viata quella profonda riformadella Chiesa cattolica tanto ne-cessaria e tanto auspicata daiPapi del passato.

Durante il pontificato di Pao-lo III, il Concilio di Trento ce-lebra nove sessioni, trattandodella Sacra Scrittura e della Tra-dizione, del Peccato originale edella Giustificazione. Viene pu-re promulgato il decreto che ob-bliga i Vescovi a risiedere nel-la propria diocesi. Contro la dot-trina luterana della Giustifica-zione “per la sola fede”, si af-ferma che l’uomo non si salvaper la sola fede, ma per la gra-zia santificante che gli viene daiSacramenti e che lo rende ca-pace di compiere opere buone edi collaborare alla propria sal-vezza.

Dopo due sessioni tenute aBologna, durante le quali è trat-tata la dottrina dei Sacramentidell’Eucaristia, Penitenza, Estre-ma Unzione, Ordine e Matri-monio, i lavori del Concilio so-no sospesi e ripresi due anni do-po la morte di Paolo III.

Don Mario Morra

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Paolo III ebbe a cuore lariforma della Chiesa e lapacificazione religiosadella Germania.

o me di PaoloPaolo II sostenne la resistenza europea alle invasioni dei Turchi.

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Il 30 agosto del 1883, 125 anni fa, Don Bosco ebbe una visione: sognò un vasto altopiano tra

il 15º e il 20º parallelo in una zona ancora de-sertica dove si sarebbe formato un grande lagocon grandi miniere... “qui sorgerà la terra pro-messa sulla quale scorreranno latte e miele cheporteranno al mondo grande ricchezza”, e volleche si costruisse una cappelletta, la prima pre-senza dei salesiani in Brasile.

Nel 1956, voluta dal presidente brasiliano Ku-bitschek, iniziò la costruzione della nuova capi-tale Brasilia, sul 16º parallelo e circondata da mi-niere, che venne inaugurata nel 1960. Nel 1963 (80anni dopo il sogno) venne inaugurato il nuovo

Santuario dedicato a Don Bosco, che sorge nel cen-tro della città, esattamente al 15º parallelo, su unapiazza di 10.000 metri quadrati. Progettata dal-l’architetto Carlos Alberto Naves, la chiesa a pian-ta quadrata (40 m x 40 m), è costituita da 80 co-lonne alte 18,50 metri che si chiudono in fini ar-chi gotici. Ai quattro lati sono collocate immen-se vetrate azzurro-blu di vetro di Murano (oltre 12tonnellate) che variano di tonalità a seconda del-la luce esterna. L’esperienza visiva è indimenti-cabile, si è totalmente avvolti da una sensazionedi pace, di leggerezza e profonda spiritualità.

La statua di Don Bosco è stata benedetta dalPapa Giovanni Paolo II, in occasione della suavisita del 30 giugno 1980. “... Brasilia è legataper sempre a Don Bosco attraverso quel miste-rioso sogno... nel benedire questa immagine,rendo un sentito omaggio di venerazione al ca-ro santo dei giovani, padre di intrepidi e infati-cabili missionari... eletto patrono celeste di que-sta capitale”.

Le Poste del Brasile, nel 1983, hanno emessoun francobollo “centenario da visao de D. Bo-sco” per ricordare quel sogno.

Angelo Siro

A cura del Gruppo di Filatelia Religiosa “Don Pietro Ceresa”

Filatelia religiosa

Santuario «Don Bosco» di Brasilia

Prega e fai pregare per i tuoi cariPrega e fai pregare per i tuoi cariPrega e fai pregare per i tuoi cariLa Basilica di Maria Ausiliatrice accoglie volentieri le vostre intenzioni dipreghiera mediante la celebrazione di Sante Messe.

Santa Messa ordinaria: l’offerta per una singola Messa, per persone vive o defunte e perla famiglia è di € 10,00.Sante Messe Gregoriane: trenta Messe celebrate per trenta giorni di seguito per un defunto di cui si chiede di indicare il nome. L’offerta per ogni singolo defunto è di € 330,00.

– Le Sante Messe saranno celebrate dai sacerdoti della Basilica di Maria Ausiliatrice.

– Le intenzioni si intendono per data libera.– Per fare la vostra offerta utilizzate l’accluso conto corrente specificando

nella causale “Intenzioni Sante Messe”.

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PAOLO DI TARSOIl realizzatore del progetto di Cristo

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MENSILE - ANNO XXIX - N° 9 - NOVEMBRE 2008Abbonamento annuo: € 12,00• Amico € 15,00• Sostenitore € 20,00• Europa € 13,00• Extraeuropei € 17,00• Un numero € 1,20Spediz. in abbon. postale - Pubbl. inf. 45%

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CAP ______________ CITTÀ ______________________________________________________ PROV. __________

Ringrazio. FIRMA _________________________________________________________________________

SOMMARIO ➡➲

FOTO DI COPERTINA:

Cristo, il Giudice del Cosmo, rifiutato dai suoi ma proclamato Re dal pagano Pilato.

2 Per i nostri cariEditoriale

4 Gesù è il nostro re - Gesù rac-conta il Padre - M. GALIZZI

7 Andrea, il fratello di SimoneI Dodici - BENEDETTO XVI

8 Verso il Sinodo - Vita della Chiesa PIER GIUSEPPE ACCORNERO

10 Filotea il successo e l’entusiasmoAnniversari - GIANNI GHIGLIONE

13 Chi ringraziare?Meditazione - ANTONIO RUDONI

14 Cirillo di AlessandriaMaria e i Padri - ROBERTO SPATARO

16 I novissimi/6Celebrazione - TIMOTEO MUNARI

18 Da mihi animasAdma - DON PIER LUIGI CAMERONI

21 Esempi e pensieriMARIO SCUDU

22 Diario di un PellegrinaggioTestimonianze - MARIO C.

26 La Madonna di Rocca - Calenda-rio mariano - MARIO MORRA

28 I Papi che portano il nome PaoloCentro Doc. Mar. - MARIO MORRA

30 Il Santuario di Don Bosco di Bra-silia - Filatelia religiosa - A. SIRO

Altre foto:Teofilo Molaro - Archivio Rivista - Archivio «Dimensioni Nuove» - Centro Documentazione Mariana - Re-dazione ADMA - Guerrino Pera - Andreas Lothar - Mario Notario - ICP - Editrice Elledici.

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