Riv. Culmine e Fonte 2003-5

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http://www.ufficioliturgicoroma.it/default.asp?iId=LDJMKIl sussidio bimestrale "Culmine e fonte" edito dall'Ufficio Liturgico della Diocesi di Roma ha come obiettivo primario l'approfondimento delle tematiche liturgiche nel contesto pastorale. Non è una rivista rivolta solo agli "esperti", ma è pensata per tutti coloro che si accostano alle Celebrazioni della Chiesa con l'intento di pregare, comprendere, partecipare attivamente, secondo i propri doni, carismi e ministeri. E' uno strumento di formazione e spiritualità liturgica dedicato a Sacerdoti, diaconi, Lettori, Accoliti e Ministri straordinari della Comunione. Rivolgendosi anche a tutti i cultori di Liturgia ed a tutti coloro che riconoscono la necessità di approfondire le tematiche liturgiche si usa un linguaggio semplice ed un approccio prevalentemente pastorale. I contenuti rimangono altamente scientifici: i contributi sono affidati ad esperti del settore, che propongono riflessioni documentate sulle varie problematiche ed aprono la strada a successivi approfondimenti personali.

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  • FORMAZIONE LITURGICA

    Culmine e Fonte 5-2003 1

    N ella recente enciclica Ecclesiade Eucharistia il Papa ci ricor-da che il culto reso allEucari-stia fuori della messa di un valoreinestimabile nella vita della Chiesa.Tale culto strettamente congiuntocon la celebrazione del Sacrificio euca-ristico (n. 25).

    La presenza di Cristo nella Chiesa il sostegno formidabile con cui essapu camminare nella storia, vivificatadalla grazia, corroborata dalla poten-za salvifica che dal Sacramento scatu-risce. Le specie eucaristiche, il pane e ilvino, nella loro povert e semplicitrendono ancora pi viva e grande lasublime bellezza dellEucaristia. Que-sto celarsi sotto i segni del pane e delvino svela la grandezza del gesto diCristo. Il suo amore infinito si offre aciascun uomo nascondendosi umil-mente, nello stile sublime dellIncar-nazione, per poter essere pi vicino,per poter essere accanto a ogni uomo.

    Soffermarsi in preghiera adorantealla presenza di Cristo in modo intimoe profondo, ci fa entrare sempre pinel mistero di questo amore. Ladora-zione eucaristica, come ci ricorda il pa-pa, ci fa compiere il gesto di Giovanni: bello intrattenersi con Lui e, chinatisul suo petto come il discepolo predi-letto (cf. Gv 13,25), essere toccati dal-lamore infinito del suo cuore. lapresenza salvifica del Signore che citrasforma, configurandoci sempre pia Lui, imprimendo in noi in modosempre pi profondo il volto del Figliodi Dio.

    Adoro te devote latens Deitas,quae sub his figuris vere latitas,tibi se cor meum totum subiicit,quia te contemplans totum deficit.

    Ti adoro con tutto il cuore o Deit che ti nascondi,che sotto questi segni veramente ti celi,a te il mio cuore tutto si sottomette,perch contemplandoti tutto vien meno.

    il prodigio semplice e quotidianodella preghiera e, nello stesso tempo,lefficacia mirabile del Sacramento che segno dellAmore di Cristo e sorgen-te viva di comunione per la Chiesa. Ilcuore vien meno per linfinita distan-za del mistero, e nello stesso tempoama e si commuove per lincredibilevicinanza del gesto damore che nelsacramento ci si offre. Il Verbo fattocarne viene a prendere la sua dimoraaccanto a noi, e noi possiamo farnelesperienza e adorarlo.

    Adorando il Signore presente nel-lEucaristia noi proclamiamo al mon-do la sua forza salvifica e la sua cen-tralit nella storia, sia personale, siadella Chiesa e del mondo. LEucari-stia diviene il fulcro attorno a cuiruota la creazione e a cui tutto ten-de come al suo centro. Il gesto diadorazione della Chiesa non fa cheproclamare tutto questo facendovolgere ogni cosa verso lEucaristia;ogni cristiano guardando verso Cri-sto, camminando con il cuore e conla mente nella stessa direzione insie-me allEucaristia, realizza lautenticacomunione.

    Adoro te devote di mons. Marco Frisina

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    Questa non deriva dalla somma deiconsensi ma dallunit dellamore e delcammino alla sequela di Cristo Ges.

    Ladorazione ci da modo di com-prendere con il cuore limmensa ve-rit nascosta nei segni eucaristici e far-la penetrare in noi, nella profonditdei nostri pensieri e dei nostri gesti.

    O memoriale mortis Domini,panis vivus vitam praestans homini,praesta meae menti de te vivere,et te illi semper dulce sapere.

    O memoriale della morte del Signore,pane vivo che dona la vita alluomo,fa che la mia mente possa di te vivere,e possa sempre avere il dolce gusto di te.

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    L a fede della Chiesa ha semprecreduto che c una differenzatra lEucaristia e gli altri sacra-menti. Mentre in questi la forza dellaPasqua si rende presente nel momen-to della loro celebrazione, per leuca-ristia si crede che essa, con la personadel Cristo e la forza dello Spirito, siapresente nel pane consacrato fino ache non venga consumato.

    Lo esprime bene la Didach, quan-do al cap. 9, con il termine eucari-stia indica non solo la preghiera diringraziamento (etimologicamente,questo il significato di eucaristia), nsolo il rito tutto intero, ma anche ilpane e il vino sui quali stata pronun-ciata la preghiera eucaristica. Dice, in-fatti: nessuno mangi e beva della vo-stra eucaristia, se non chi stato bat-tezzato.

    Anzi questo terzo significato quello che rimasto, perch gli altridue significati di eucaristia sono statiespressi poi con altri termini (rispetti-vamente: canone e messa).

    Nella Chiesa antica, la celebrazioneeucaristica aveva luogo normalmenteuna volta la settimana, in quel primogiorno che, per la cena del Signore(dominicum), si chiam dominica. Aquesta celebrazione mangiavano ilcorpo di Cristo i presenti, e se ne man-dava agli assenti. (cfr. San Giustino,Apologia I, cap. 67).

    Tertulliano ci testimonia il fatto chei cristiani ricevevano la domenica il pa-ne eucaristico per tutta la settimana.

    Lo portavano a casa, e ne mangiavanoun poco ogni giorno. Tutti sappiamodel martire Tarcisio, che portava leu-caristia ai malati e/o ai confessori dellafede (= ai cristiani imprigionati).

    La comunione agli assenti stato ilmotivo per cui nella Chiesa si conser-vata leucaristia. Questa era considera-ta la cosa pi sacra e si conservavain un luogo sacro, la sagrestia, ap-punto (quando le sagrestie erano lecustodie delle cose sacre!).

    Sappiamo poi che - a poco a poco -la comunione fu sempre pi frequen-temente distribuita fuori della messa.Tanti fattori concorrevano a questaprassi, non ultimo il digiuno eucaristi-co dalla mezzanotte. Quando la messasi celebrava allalba, non era pesante;ma quando si celebrer a ore pi tardi(si pensi a mezzogiorno), chi aspetterfino a quellora senza far colazione otoccare almeno un po dacqua?

    Anche se cera la messa quotidiana,quei pochi fedeli che si comunicavanolo facevano fuori della messa, allalta-re del SS. Sacramento, o prima, o do-po, o lontano dalla messa.

    La prassi stessa quindi ha portato aseparare anche concettualmente lamessa dalleucaristia.

    Il Concilio di Trento poi, dovendorispondere alle obiezioni dei Prote-stanti, promulg due differenti decre-ti: uno (1551) sul Sacramento dellEu-caristia, dove afferma la presenzavera, reale e sostanziale, anche sesacramentale del corpo di Cristo sotto

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    Il sacramento permanente di p. Ildebrando Scicolone, osb

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    le specie del pane; laltro (1562) sulsacrosanto sacrificio della messa,dove riafferma che la messa sacrifi-cio, in quanto ripresenta quello del-la croce.

    Da questi due decreti deriverannonel catechismo due diverse domande:1) che cos leucaristia? 2) che cos lamessa? La schizofrenia che si pro-dotta nella mente dei cattolici tota-le. Dire messa e dire eucaristia non la stessa cosa. La comunione si identi-fica con leucaristia, non necessaria-mente con la messa. E quando i fedelichiederanno la comunione durante lamessa, si introdurr - dopo la comu-nione del sacerdote - tutto il ritualedella comunione, a cominciare dalConfiteor, anche se i ministri lo ave-vano recitato allinizio!

    Quello che era eccezionale - la co-munione fuori della Messa - era di-ventato normale, e viceversa!

    Con la possibilit della celebrazio-ne eucaristica a tutte le ore del giornoe con la riduzione del digiuno eucari-stico, la comunione fuori della messa tornata a essere solo eccezionale; in

    pratica si porta ai malati, sia come co-munione normale con la comunit ce-lebrante (quanto bello che, la dome-nica, i ministri della comunione pren-dano il corpo di Cristo dallaltare e loportino ai malati, cosicch loro si sen-tano uniti alla comunit, e questa si ri-cordi dei suoi malati!), sia soprattuttoin forma di viatico, quando fosseroprossimi al grande viaggio.

    Essendo quindi la presenta di Cristolegata - in modo permanente - al se-gno del pane e del vino consacrati, chiaro che la Chiesa presta a questosacramento la stessa adorazione chetributa a Cristo e a Dio. Si tratta infat-ti dello stesso Signore presente, siapure in modo sacramentale. Ecco allo-ra il culto eucaristico fuori della Mes-sa: esposizione (brevi o lunghe),adorazione eucaristica, processioneeucaristica, congressi eucaristici, equantaltro la fede e la piet cristianaha saputo e sa inventare. Tutta questamateria regolata da un apposito Ri-to, che si ispira - nei suoi principi - al-lIstruzione Eucharisticum Mysteriumdel 1966.

    La messa, o cena del Signore, contemporaneamente e inseparabilmente:- sacrificio in cui si perpetua il sacrificio della croce;- memoriale della morte e della risurrezione del Signore che disse Fate

    questo in memoria di me (Lc 22, 19);- sacro convito in cui, per mezzo della comunione del corpo e del sangue

    del Signore, il popolo di Dio partecipa ai beni del sacrificio pasquale, rin-nova il nuovo patto fatto una volta per sempre nel sangue di Cristo daDio con gli uomini, e nella fede e nella speranza prefigura e anticipa ilconvito escatologico nel regno del Padre, annunziando la morte del Si-gnore fino al suo ritorno.

    Sacra Congregazione dei Riti, Istruzione Eucharisticum mysterium del25 maggio 1967, n. 3

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    G iovanni Paolo II nella Letteraenciclica Ecclesia de Euchari-stia (= EdE), del 17 aprile 2003,mostra come lEucaristia realizza erende operante la presenza reale eperenne del Signore in noi e tra noi:Con gioia la Chiesa sperimenta inmolteplici forme il continuo avverarsidella promessa: Ecco, io sono con voitutti i giorni, fino alla fine del mondo(Mt 28,20): ma nella sacra Eucaristia,per la conversione del pane e del vinonel corpo e nel sangue del Signore, es-sa gioisce di questa presenza conunintensit unica. Da quando, con laPentecoste, la Chiesa, popolo dellanuova alleanza, ha cominciato il suocammino pellegrinante verso la patriaceleste, il divin sacramento ha conti-nuato a scandire le sue giornate, riem-piendole di fiduciosa speranza (n. 1)1

    Infatti lEucaristia identifica se stes-sa come la continuazione della salvez-za narrata dalla Parola divina2: lEuca-ristia costituisce lultimo momentodella salvezza, compie quindi linteromistero rivelato nel presente storicodella Chiesa. Cos si spiega perch nel-le preghiere dellassemblea celebran-te, sovente ritornano espressioni comela seguente: Ogni volta che celebria-mo questo memoriale del sacrificiodel Signore, si compie lopera dellanostra redenzione3 (cf. SC 2). Gi sanLeone Magno (+ 461) nelle sue omelieera solito predicare: Ci che era visi-bile del nostro Redentore, passato

    ora nei riti sacramentali4. E altrove ilgrande papa liturgista affermava:Tutto ci che Ges ha operato nellasua vita storica per salvare gli uomini,ora passato nella liturgia della Chie-sa5. Anche Giovanni Paolo II rileva:con il dono dellEucaristia, che scaturi-sce dal Triduo pasquale, Ges conse-gnava alla Chiesa lattualizzazione pe-renne del mistero pasquale. Con essoistituiva una misteriosa contempora-neit tra quel Triduum e lo scorrere ditutti i secoli (EdE 5).

    Poi il Pontefice precisa: Lefficaciasalvifica del sacrificio si realizza in pie-nezza quando ci si comunica riceven-do il corpo e il sangue del Signore(EdE 16). E lIstruzione della SacraCongregazione dei Riti Eucharisticummysterium (1967) afferma: I fedeli,quando venerano Cristo presente nelSacramento, ricordino che questa pre-senza deriva dal sacrificio e tende allacomunione, sacramentale e spiritualeinsieme (n. 50). Gi il concilio di Tren-to (1545-63) insegnava: lEucaristia stata istituita per essere mangiata(DS 1643). Ma lintenzione complessi-va di Giovanni Paolo II di ridare slan-cio, stimolare un rinnovato impegnoecclesiale, trasfigurandolo in una sen-sazione di stupore che il fine stessodel documento: Questo stupore eu-caristico - dichiara il Pontefice - desi-dero ridestare con la presente letteraenciclica (EdE 6). uno stupore cheemerge dalla contemplazione del vol-

    La presenza reale e permanentedel Signore nellEucaristia di p. Sergio Gaspari, smm

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    to eucaristico di Cristo. Contemplazio-ne che si realizza per antonomasianelladorazione e nella custodia devo-ta, premurosa e attenta del SS. Sacra-mento. LEucaristia il sacramentodella presenza reale e permanente delSignore. Proprio di questo vorremmooccuparci in questo nostro intervento.

    1. Presenza reale

    Sul tema della presenza sacramen-tale del Corpo e del Sangue di CristonellEucaristia Giovanni Paolo II con-ferma la dottrina del concilio di Trentosulla transustanziazione, pur lodandogli sforzi critici di coloro che cercano dispiegare il mistero in modo pi com-prensibile. Resta il confine additato daPaolo VI in una citazione presa daln.25 della Solenne professione di fede(1968) e riportata al n.15 della EdE.

    Il concilio di Trento, mentre appro-vava lamore verso lEucaristia di tantedevozioni medievali e dei secoli succes-sivi, rilevava in esse espressioni malde-stre della fede6. Quello stesso conciliovoleva altres guarire la fede malatadella Riforma protestante, tutta presadallideale di una fede pura e dura.

    L11 ottobre 1551 Trento vot i dueseguenti canoni:

    1) Nel SS. Sacramento dellEucari-stia presente veramente, realmentee sostanzialmente il Corpo e il San-gue, con anima e divinit di nostro Si-gnore Ges Cristo, e di conseguenza ilCristo totale; egli presente in questoSacramento non solo come segno o fi-gura o virt (DS 1651).

    2) La sostanza del pane e del vinonon coesiste con il Corpo e il Sangue

    di nostro Signore Ges Cristo, ma siattua la conversione di tutta la sostan-za del pane nel Corpo e di tutta la so-stanza del vino nel Sangue; conversio-ne singolare e mirabile che la Chiesacattolica esprime con il termine moltoadatto di transustanziazione (DS1652), termine tecnico accolto dallateologia cattolica gi nei secoli XI-XII.

    Linsegnamento di Trento ruota at-torno a due poli.

    Il primo riguarda la presenza rea-le: il Cristo totale presente real-mente e non soltanto come figura osecondo il suo dinamismo spirituale.Ad esempio: Questo il mio corpoe Io sono la vera vite non esprimo-no la medesima realt. Io sono lavera vite designa un segno, una fi-gura, un dinamismo; mentre Questo il mio corpo, questo il mio san-gue indica che il pane e il vino sonotrasformati nel Corpo e nel Sangue diCristo. Il secondo polo riguarda latransustanziazione. Per spiegare lamirabile e singolare conversione,Trento ricorre al concetto aristotelicodi sostanza e di accidente. La so-stanza ci che atto ad esistere ins e non in un altro, e ci che ilfondamento di tutto ci che esiste inun altro. Laccidente ci che nonesiste in s, ma in un altro. Nella fra-se Questo pane bianco, la sostan-za ci che sta sotto (sub-stare,ipo-stasi), ci che bianco; lacci-dente il bianco della cosa alla qualeappartiene. Nella transustanziazioneeucaristica la sostanza, linterno, lin-tellegibile del pane diventano il Cor-po di Cristo, ma gli accidenti, lester-no, il sensibile del pane rimangono.Anzi conservano pienamente la loro

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    finalit: per noi, che per necessit sia-mo indissolubilmente legati al sensi-bile, sono il punto di accesso al Cristodivino, la breccia attraverso la qualela realt divina dellEucaristia entranel nostro mondo sensibile.

    Secondo Trento, nella consacrazionedella Messa si opera un cambiamentoda sostanza a sostanza, resta per lasussistenza degli accidenti nella quan-tit del pane e del vino, ma - puntua-lizza il card. J. Ratzinger - anche nellaChiesa antica si sempre avuta la con-sapevolezza che il pane trasformatouna volta, resta trasformato7.

    Nellenciclica Mysterium fidei (1965)Paolo VI riprende questa terminologia,e dice che essa adatta pure ai nostritempi (cf. nn.4; 24-30). Su questa baseil Catechismo della Chiesa Cattolica ri-badisce la dottrina eucaristica dellaChiesa latina: Sotto le specie consa-crate del pane e del vino, Cristo stesso,vivente e glorioso, presente in ma-niera vera, reale e sostanziale, il suoCorpo e il suo Sangue, con la sua ani-ma e la sua divinit (n.1413)8.

    La parola transustanziazione -scrive G. Lafont -... ormai uscita dallasensibilit degli uomini. Bisognerebbetrovare un termine sostitutivo9. Subi-to dopo per egli aggiunge: Vorreiinvece mantenere questa parola, marestituendole anzitutto il valore emo-zionale e il radicamento simbolico10.Come il termine Theotokos , e rima-ne unaffermazione appassionata del-la fede, cos senza dubbio bisogna re-stituire alla parola transustanziazio-ne un simile clima. Questa ricchezzadi termini (transustanziazione e Theo-tokos) nata da un entusiasmo di fe-de e va accolta nella fede orante.

    La dottrina sulla transustanziazio-ne va mantenuta in quanto si trovain continuit con la trasformazione ocreazione nuova, che avviene in Cri-sto, nella sua morte e risurrezione, an-cor prima nella sua gloriosa trasfigu-razione; richiama la trasformazione onascita nuova del battezzato, quelladel fedele che nella comunione euca-ristica viene assimilato al Corpo stessodi Cristo. Questa trasformazione non altro che il processo di divinizzazio-ne o di cristificazione che matura inchi si sta convertendo al Signore attra-verso la frequenza dei sacramenti, lapreghiera personale e le opere dellacarit fraterna. Lungi dallessere unaparola arida e angusta, transustanzia-zione - specifica G. Lafont - direbbe ilsenso ultimo della dinamica del mon-do11, cio il termine transustanziazio-ne esprime quelladmirabile commer-cium tra Dio e luomo che diffonde sututte le cose una luce di trasfigurazio-ne e di cui la conversione del panedelluomo nel Corpo di Cristo e del vi-no nel suo Sangue costituiscono il sim-bolo, il compimento e la chiave di vol-ta. Solo il vero Corpo presente nel sa-cramento (grazie alla transustanzia-zione) - aggiunge J. Ratzinger - pucostruire il vero corpo della nuovacitt di Dio12.

    2. Permanenza della presenza reale

    Nei tempi pi antichi del cristiane-simo i fedeli potevano portare a casacon s lEucaristia per comunicarsi per-sonalmente, per portarla ai malati o acoloro che erano stati assenti dallas-

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    semblea liturgica, oppure per portarlacon s in viaggio come protezione. IPadri esortavano sollecitamente i fe-deli a non profanare, ma a conservarecon somma cura lEucarestia che ave-vano con s: In verit il Corpo diCristo che i fedeli devono mangiare enon disprezzare, ammoniva severa-mente Ippolito di Roma nel III secolo13.Nel VI secolo si diffuse luso di accen-dere una lampada davanti alla santacustodia, e nel IX secolo il papa LeoneIV dispose di conservare lEucaristiasullaltare.

    Le pratiche della venerazione edelladorazione eucaristica, quali laprocessione del Corpus Domini, lespo-sizione e la benedizione, la visita inchiesa per venerare la presenza reale,che sono andate sviluppandosi lungo isecoli, esprimono la fede della comu-nit nella presenza reale, anche dopola celebrazione eucaristica.

    Per san Tommaso dAquino (+1274) questa fede sembra talmente

    evidente che egli non ha ritenuto didoverle dedicare un articolo della suaSumma Theologiae. Si accontenta didare questa regola: Fin quando ri-mangono le specie del pane e del vi-no, rimangono anche il corpo e il san-gue di Cristo (III, q.77, a.5).

    Martin Lutero (+ 1546) e GiovanniCalvino (+ 1564), al tempo della Rifor-ma, limitavano la presenza reale, nelsenso da loro ammesso, al momentodella celebrazione della santa Cena.

    Contro di loro il concilio di Trentoafferm: la presenza del Corpo e delSangue di Cristo nelle ostie o nelleparticole consacrate non si restringe almomento delluso (in usu), quando siriceve il Sacramento (dum sumitur),ma si conservano anche dopo la santacomunione (DS 1654).

    Trento difende la legittimit delculto eucaristico (DS 1656) e dellaconservazione nel tabernacolo, prin-cipalmente per la comunione ai ma-lati (DS 1657). Il Direttorio su piet

    Si istruiscano i fedeli, perch conseguano una pi profonda comprensionedel mistero eucaristico, anche riguardo ai principali modi con cui il Signore stesso presente nella sua Chiesa nelle celebrazioni liturgiche. infatti sempre presente nellassemblea dei fedeli riuniti nel suo nome. presentepure nella sua parola, perch parla lui stesso mentre nella chiesa vengono lette le sa-cre Scritture.Nel mistero eucaristico poi, presente sia nella persona del ministro, perchcolui che ora offre per mezzo del ministero dei sacerdoti, il medesimo cheallora si offr sulla croce (Conc. Trid. sess. 22, Decr. de Missa, 2); sia, e soprat-tutto, sotto le specie eucaristiche. In quel Sacramento infatti, in modo unico, presente il Cristo totale e intero, Dio e uomo, sostanzialmente e ininterrotta-mente. Tale presenza di Cristo sotto la specie si dice reale, non per esclusio-ne, quasi che le altre non siano reali, ma per antonomasia (Paolo VI, enc. My-sterium fidei, 764).

    Eucharisticum mysterium, n. 9

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    1 LEucaristia non solo levocazione, ma la ri-presentazione sacramentale della passione e

    della morte del Signore (EdE 11), il dono presente della stessa santa umanit di Cristo. Chimangia il pane eucaristico entra in un contatto personale con il suo stesso unico sacrificio.

    2 Con lAscensione si chiude il tempo della visione del Risorto, e inizia quello dellascolto del Si-gnore che parla alla sua assemblea celebrante. Non vi differenza tra le apparizioni del Risor-to ai discepoli e la sua presenza sacramentale nella Cena. H. U. von BALTHASAR annota: Lap-parizione presente (ogni volta attuale) del Risorto non pu avere una forma diversa nelle ap-parizioni dei cosiddetti quaranta giorni e nellattualizzazione di s ogni volta nuova di Gesnella cena cultuale della comunit (e nella parola che ivi viene annunciata), Teologia dei tregiorni. Mysterium Paschale, Brescia 1990, 193. La teologia luterana rileva che Ges, durante lasua vita storica, stava con noi, dallAscensione dimora dentro di noi.

    3 lorazione sulle offerte del gioved santo, della II Domenica per annum e della II Messavotiva della SS. Eucaristia.

    4 Cf. LEONE MAGNO, Discorso 2 sullAscensione 2,2, in PL 54, 398.5 ID., Discorso 12 sulla passione, 3, 6, 7, in PL 54, 355-357.6 Come ad esempio la consuetudine di deporre lostia nella bocca dei defunti o sul loro petto come

    viatico, oppure quella di mettere tre particelle di ostia con tre grani di incenso tra le reliquie nelsepolcro dellaltare.

    7 J. RATZINGER, Introduzione allo spirito della liturgia, Cinisello Balsamo 2001, 84.8 Cristo presente in modo supremo, unico; in un modo attivo del tutto particolare: come sacer-

    dote e come vittima; presenza quindi dinamica, sostanziale e ininterrotta; presenza personalee attuale; presenza reale, perfettamente oggettiva, che non dipende, come nella preghieraprivata, dalle buone disposizioni o dallo stato di grazia dellorante.

    9 G. LAFONT, Eucaristia il pasto e la parola. Grandezza e forza dei simboli, Leumann 2002, 143.10 Ivi, 143.11 G. LAFONT, Eucaristia, 144.12 J. RATZINGER, Introduzione, 84.13 IPPOLITO di Roma, citato dalla Mysterium fidei, 31.

    popolare e liturgia. Principi e orien-tamenti (= Dir) della Congregazioneper il Culto divino e la Disciplina deiSacramenti (9.4.2002), rifacendosi avari interventi del magistero pontifi-cio, ribadisce: La conservazione del-le sacre Specie, motivata soprattuttodalla necessit di poter disporre inogni momento per amministrare ilViatico agli infermi, fece sorgere neifedeli la lodevole consuetudine diraccogliersi davanti al tabernacoloper adorare Cristo presente nel Sa-cramento (n.164).

    Le varie forme di devozione eucari-stica, cos radicate nel popolo credentee ripetutamente raccomandate dal ma-gistero, sono una risposta di fede e diculto sul mistero della presenza realedi Cristo nellEucaristia (Dir 160). Nel-ladorazione del SS. Sacramento i fede-li avvertono lintima familiarit con ilSignore, a lui aprono il loro cuore, ot-tengono un aumento di fede, e ali-mentano cos le giuste disposizioni percelebrare il memoriale del Signore e ri-cevere frequentemente quel Pane checi dato dal Padre (cf. Dir 164).

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    I l Rito della comunione fuori del-la messa e culto eucaristico faparte del Rituale Romano, rifor-mato a norma dei decreti del Conci-lio Ecumenico Vaticano II. Il decretodi promulgazione delledizione tipi-ca in lingua latina del 21 giugno1973. Il documento, in un passaggio,cos recita: La celebrazione dellEu-carestia nel sacrificio della Messa veramente lorigine e il fine del cultoeucaristico fuori della Messa. Dopola Messa si conservano le sacre speciesoprattutto perch i fedeli, e in mo-do particolare i malati e gli anziani,si uniscano, per mezzo della comu-nione sacramentale, a Cristo e al suosacrificio, immolato e offerto nellaChiesa. La conservazione delle sacrespecie, divenuta abituale per rende-re possibile la comunione, favor lapratica di adorare il sacramento del-lEucarestia e di prestare ad essa ilculto di latria dovuto a Dio1. Sono ipunti essenziali e decisivi per una au-tentica prassi liturgica in questo am-bito e per un utilizzo equilibrato delrituale. Il legame della comunionefuori della messa e del culto eucari-stico con la celebrazione dellEucare-stia viene pensato e proposto comeun legame intimo e sostanziale, se-condo il significato che esprimono lecategorie origine e fine. Vengonopoi evidenziati i destinatari della co-munione fuori della messa che, se-condo la tradizione antica, sono gli

    ammalati, gli anziani e i fedeli chepossono avere un impedimento gra-ve per la partecipazione alla celebra-zione eucaristica. Come unico fineper questa premura, che la Chiesa dasempre ha vissuto, viene presentatoquello dellunione di questi fedelicon Cristo, attraverso la comunionesacramentale al suo sacrificio, immo-lato e offerto nella Chiesa. In ultimosi fa riferimento alla pratica di ado-rare il sacramento dellEucarestia, di-cendo la gradualit con cui si diffu-sa lungo i secoli e il fatto che lado-razione stata favorita dalla sceltadi conservare lEucarestia per gli am-malati.

    Dopo lintroduzione generale il ri-tuale diviso in tre capitoli con i se-guenti titoli:

    1. La santa comunione fuori dellaMessa

    2. La santa comunione e il Viaticoagli infermi dati dal ministro straordi-nario

    3. Il culto eucaristico.Lultima parte poi dedicata alle

    letture bibliche, alle orazioni e cantiper i momenti di celebrazione.

    Nellintroduzione generale, citan-do la lettera enciclica di Paolo VI My-sterium fidei, viene approfondito ilsenso della comunione fuori dallaMessa, espresso nella comunione sa-cramentale al sacrificio di Cristo: In-fatti Cristo Signore, che nel sacrificiodella Messa immolato quando co-

    Rito della comunione fuori della messa e culto eucaristico di don Concetto Occhipinti

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    mincia a essere sacramentalmentepresente come cibo spirituale dei fe-deli sotto le specie del pane e del vi-no, anche dopo lofferta del sacrifi-cio, allorch viene conservata lEuca-restia nelle chiese e negli oratori, veramente lEmmanuele, cio Diocon noi. Giorno e notte resta inmezzo a noi, e in noi abita pieno digrazia e di verit2. Il punto chiave diquesto testo rappresentato dalle-spressione sacramentalmente pre-sente; la Mysterium fidei infatti, al-l indomani della conclusione delConcilio Vaticano II, intendeva ap-profondire, tra gli altri, il punto deli-cato riguardante le presenze di Cri-sto nella celebrazione dei suoi mi-steri. La Sacrosanctum Conciliumaveva affermato a riguardo: Perrealizzare unopera cos grande, Cri-sto sempre presente nella sua Chie-sa, e in modo speciale nelle azioni li-turgiche. presente nel sacrificiodella Messa, sia nella persona del mi-nistro, essendo egli stesso che, of-fertosi una volta sulla croce, offreancora se stesso tramite il ministerodei sacerdoti, sia soprattutto sottole specie eucaristiche. presente conla sua virt nei sacramenti, al puntoche quando uno battezza Cristostesso che battezza. presente nellasua parola, giacch lui che parlaquando nella Chiesa si legge la sacraScrittura. presente infine quandola Chiesa prega e loda, lui che hapromesso: Dove sono due o tre riu-niti nel mio nome, l sono io, in mez-zo a loro (Mt 18,20)3.

    Rimaneva una incertezza sullacorretta comprensione del tipo dipresenza di Cristo qui proposta. In

    tutti questi casi si tratta di una pre-senza reale di Cristo? E se la rispostanon pu che essere affermativa, cinon forse contrario alla correttacomprensione della presenza realenelle specie eucaristiche consacrate?Paolo VI affronta la questione neitermini seguenti: queste varie ma-niere di presenza riempiono lanimodi stupore e offrono alla contempla-zione il mistero della Chiesa. Ma benaltro il modo, veramente sublime,con cui Cristo presente alla suaChiesa nel sacramento delleucari-stia, che perci tra gli altri sacra-menti pi soave per la devozione,pi bello per lintelligenza, pi santoper il contenuto; contiene infatti lostesso Cristo ed quasi la perfezio-ne della vita spirituale e il fine ditutti i Sacramenti4. Lattenzione del-lenciclica in questo passaggio ri-volta al modo veramente sublimecon cui Cristo si rende presente allasua Chiesa nelle specie eucaristiche.Il testo poi continua, chiarendo que-sto punto nei seguenti termini: Talepresenza si dice reale non peresclusione, quasi che le altre non sia-no reali, ma per antonomasia per-ch anche corporale e sostanziale,e in forza di essa Cristo, Uomo-Dio,tutto intero si fa presente5. Si dedu-ce dunque che esistono altre presen-ze reali non escluse da quella eucari-stica e al tempo stesso che la presen-za nelle specie eucaristiche reale insenso proprio e unico, in forza dellatransustanziazione. Tra la presenzareale dellEucaristia e le altre presen-ze reali non vi differenza in quantoa presenza di Cristo o a realt di pre-senza, ma in quanto al modo con cui

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    si rendono reali tali presenze. Nel-lEucarestia la presenza reale per-manente, legata alla sostanza; neglialtri casi transeunte, legata al mo-mento celebrativo.

    questa unicit e sublimit dipresenza reale di Cristo nel sacra-mento eucaristico che fonda la curapastorale con cui la Chiesa ha sem-pre custodito le specie eucaristicheper offrirle ai fedeli in stato di ne-cessit per la malattia o altri impedi-menti gravi. La finalit principaleviene individuata nella possibilit diaccompagnare e sostenere i fedelicon il nutrimento eucaristico nelmomento dellagonia e del passag-gio alla casa del Padre: Scopo pri-mario e originario della conservazio-ne dellEucarestia fuori della Messa lamministrazione del Viatico; sco-pi secondari sono la distribuzionedella comunione e ladorazione dinostro Signore Ges Cristo, presentenel Sacramento6. Riguardo ai fedeliimpediti dalla malattia o dallanzia-nit i praenotanda suggeriscono diportare loro la santa comunione consollecitudine, come il segno pi pre-zioso dellamore fraterno: Si devo-no indurre i fedeli a comunicarsi du-rante la celebrazione eucaristica. Isacerdoti per non rifiutino di darela santa comunione anche fuori del-la Messa ai fedeli che ne fanno ri-chiesta. bene anzi che a quanti so-no impediti di partecipare alla cele-brazione eucaristica della comunit,s i porti con premura i l c ibo e i lconforto dellEucaristia, perch pos-sano cos sentirsi uniti alla comunitstessa, e sostenuti dallamore deifratelli7. Il testo poi continua sug-

    gerendo una sorprendente modalitper rendere concreta la suddettapremura pastorale; si tratta dellafrequenza con cui portare la santacomunione che addirittura pu esse-re quotidiana nel tempo pasquale,quando ci si renda possibile: I pa-stori danime curino che agli infermie agli anziani, anche se non grave-mente malati n in imminente peri-colo di vita, spesso e anzi, se possibi-le, ogni giorno, specialmente neltempo pasquale, sia offerta la possi-bilit di ricevere lEucaristia8.

    In riferimento alle disposizioni ne-cessarie per accostarsi autenticamen-te allEucarestia il rito propone la re-lazione con il sacramento della Peni-tenza nei seguenti termini: Perci laChiesa prescrive che nessuno, con-sapevole di essere in peccato morta-le, per quanto si creda contrito, si ac-costi alla santa Eucaristia, senza pre-mettere la confessione sacramenta-le. Qualora, per urgente necessit,il comunicando non abbia disponibi-lit di un confessore, premetta un at-to di contrizione perfetta, con il pro-posito di confessare a suo tempo is ingoli peccati mortali , che sul momento impossibilitato a confes-sare9. Questa possibilit di rimandarea dopo la comunione eucaristica lacelebrazione del sacramento dellaRiconciliazione pu risultare partico-larmente preziosa nel caso in cuilEucarestia viene portata agli amma-lati dai ministri straordinari della co-munione.

    Riguardo al culto eucaristico il ri-tuale presenta tre ambiti particolari:1. Lesposizione della santa Eucari-

    stia

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    2. Le processioni eucaristiche3. I congressi eucaristici.

    I praenotanda evidenziano in pri-mo luogo il legame del culto eucari-stico con il mistero pasquale: Lapiet che spinge i fedeli a prostrarsiin adorazione dinanzi alla santa Eu-caristia, li attrae a partecipare piprofondamente al mistero pasqualee a rispondere con gratitudine aldono di colui che con la sua uma-nit infonde incessantemente la vitadivina nelle membra del suo cor-po10. Ladorazione eucaristica pro-lunga e rende efficace la grazia del-la celebrazione del mistero di Cri-sto, favorendo nei fedeli la configu-razione a Lui crocifisso e risorto.Paolo VI, nella suddetta enciclica,definisce Cristo centro dei cuori e iltabernacolo centro della vita spiri-tuale e sociale della comunit cri-stiana. Vi inoltre ben noto, vene-rabili fratelli, che lEucaristia con-servata nei templi e negli oratoricome il centro spirituale della comu-nit religiosa e parrocchiale, anzidella chiesa universale e di tutta lu-manit, perch essa sotto il velodelle sacre specie contiene Cristo ca-po invisibile della chiesa, redentoredel mondo, centro di tutti i cuori,per cui sono tutte le cose e noi perlui. Ne consegue che il culto euca-ristico muove fortemente lanimo acoltivare lamore sociale, col qua-le si antepone al bene privato il be-ne comune; facciamo nostra la cau-sa della comunit, della parrocchia,della chiesa universale; ed estendia-mo la carit a tutto il mondo, per-ch dappertutto sappiamo che ci so-no membra di Cristo11.

    La consapevolezza che il culto eu-caristico e ladorazione in particolarecontribuiscano misteriosamente allatrasformazione radicale del mondo ealla diffusione del vangelo, che coluiil quale si ferma in adorazione trasci-na dietro di s il mondo, elevandoloa Dio,12 sottesa alla lettera enciclicache il Papa ha offerto alla Chiesa nelrecente gioved santo. Affidiamo leconclusioni alle parole e alla testimo-nianza personale del Papa: Spettaai Pastori incoraggiare, anche con latestimonianza personale, il culto eu-caristico, particolarmente le esposi-zioni del Santissimo Sacramento,nonch la sosta adorante davanti aCristo presente sotto le specie euca-ristiche. bello intrattenersi con Luie, chinati sul suo petto come il disce-polo prediletto (cfr. Gv 13,25), esseretoccati dallamore infinito del suocuore. Se il cristianesimo deve distin-guersi, nel nostro tempo, soprattuttoper larte della preghiera, comenon sentire un rinnovato bisogno ditrattenersi a lungo, in spirituale con-versazione, in adorazione silenziosa,in atteggiamento di amore, davantia Cristo presente nel Santissimo Sa-cramento? Quante volte, miei carifratelli e sorelle, ho fatto questaesperienza, e ne ho tratto forza, con-solazione, sostegno!

    Di questa pratica ripetutamentelodata e raccomandata dal Magiste-ro, numerosi Santi ci danno lesem-pio. In modo particolare, si distinse inci santAlfonso Maria de Liguori,che scriveva: Fra tutte le devozioni,questa di adorare Ges sacramentato la prima dopo i sacramenti, la picara a Dio e la pi utile a noi. LEu-

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    caristia un tesoro inestimabile: nonsolo il celebrarla, ma anche il sostaredavanti ad essa fuori della Messaconsente di attingere alla sorgentestessa della grazia. Una comunit cri-stiana che voglia essere pi capace di

    contemplare il volto di Cristo, nonpu non sviluppare anche questoaspetto del culto eucaristico, nel qua-le si prolungano e si moltiplicano ifrutti della comunione al corpo e alsangue del Signore13.

    I pastori istruiscano con cura i fedeli, perch partecipino a tutta lamessa, illustrando lintimo rapporto esistente tra la liturgia della paro-la e la celebrazione della cena del Signore, s che intendano chiaramen-te che da esse risulta un unico atto di culto. Infatti la predicazionedella parola necessaria per lo stesso ministero dei Sacramenti, trat-tandosi dei sacramenti della fede, la quale nasce e si alimenta con laparola (PO 4). [] I fedeli dunque, ascoltando la parola di Dio, ricono-scano che le meraviglie annunciate trovano il loro coronamento nel mi-stero pasquale, il cui memoriale celebrato sacramentalmente nellamessa. In tal modo i fedeli, ricevendo la parola di Dio e nutriti di essa,sono portati, nel rendimento di grazie, ad una partecipazione fruttuo-sa dei misteri della salvezza. Cos la Chiesa si nutre del pane di vita siaalla mensa della parola di Dio che a quella del corpo di Cristo.

    Eucharisticum mysterium, n. 9

    1 Rito della Comunione fuori della Messa, Decreto di promulgazione.2 Rito della Comunione fuori della Messa, Introduzione generale n. 2.3 SC 7.4 Mysterium fidei, 5.5 Idem; cfr. Rito della Comunione fuori della Messa, Introduzione generale, 6.6 Rito della Comunione fuori della Messa, Introduzione generale, 5.7 Rito della Comunione fuori della Messa, Praenotanda, 14.8 Idem.9 Rito della Comunione fuori della Messa, Praenotanda, 23.10 Rito della Comunione fuori della Messa, Praenotanda, 88.11 Mysterium fidei, 6.12 Cfr. Giovanni Paolo II, lettera sullAdorazione eucaristica.13 Ecclesia de Eucaristia, 25.

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    I l tema dellEucaristia nel contestodella cura pastorale degli infermimerita una particolare attenzionesia per il suo riferimento alle situazio-ni esistenziali del malato, che inter-pellato a un cammino concreto di fe-de, sia per il valore singolare dellEu-caristia, culmine e fonte di tutta la vi-ta cristiana. La nostra riflessione sisvolge intorno a quattro nuclei. Anzi-tutto si presenta il motivo biblico del-la guarigione per individuare loriz-zonte nel quale si muove la cura pa-storale degli infermi. Successivamentesi richiama il sacrificio di ringrazia-mento, sia perch la sua conoscenza fondamentale per la comprensionedellEucaristia, sia perch prospettache la guarigione piena coincide conla liberazione definitiva dalla morte,liberazione che Dio compie con la ri-surrezione. Si apre cos la possibilit dicomprendere leucaristia nella pro-spettiva biblica del sacrificio di ringra-ziamento individuando alcuni valoriteologici importanti per la vita dellaChiesa che celebra i santi e divini Mi-steri. La nostra riflessione si concludeindicando alcuni orientamenti perchil ministero delleucaristia nella curapastorale degli infermi si realizzi inprofonda sintonia con le ricchezzedella Parola di Dio che nutre e guidalesistenza cristiana nellesperienzadellamore del Padre e nellattesa delcompimento eterno della salvezza di-vina.

    1. Il motivo biblico della guarigione

    La guarigione dalla malattia costi-tuisce il desiderio profondo e larden-te speranza dogni infermo. Questadimensione antropologica permettedi comprendere il fatto che il motivodella guarigione non solo entra nellaScrittura, ma vi occupa una posizioneimportante e simbolicamente fecon-da. Sotto questo profilo due afferma-zioni attirano lattenzione di chi acco-sta il libro dellEsodo con il metodocanonico. Il cantico di Mos (Es 15,1-18),che celebra il prodigio dellesodo co-me evento di salvezza che si realizzacostantemente nella storia, si conclu-de con unaffermazione che ha le ca-ratteristiche di una solenne confessio-ne: Il Signore regna in eterno e persempre. Laffermazione che nelleso-do si manifesta per sempre la regalitdel Signore significa che Dio guida ilsuo popolo in un cammino di pace, digiustizia e di fraternit, che raggiungetutti e quindi si estende anche ai pideboli e indifesi, ai poveri e agli emar-ginati. La potenza della regalit delSignore si manifesta nellalleanza conla quale il popolo chiamato a viverenella comunione con il suo Dio. Come noto, si tratta di una comunione vi-tale e familiare che ha i suoi simbolipi eloquenti nellimmagine filiale esponsale. Israele il figlio che il Signo-re ha liberato e guida nel cammino

    Eucaristia e cura pastorale degli infermi di Eliana Picozza

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    della libert e della vita. Nel contem-po, Israele, come comunit di salvez-za, la sposa che il Signore ama e rin-nova costantemente con il suo amore.La regalit del Signore si manifestanella ricchezza incommensurabile delsuo amore paterno-materno e dellasua tenerezza sponsale.

    Nel contesto della confessione delSignore che regna in eterno e per sem-pre, sincontra una seconda afferma-zione che costituisce il culmine versocui tende il racconto del primo inter-vento del Signore dopo levento dellaliberazione presso il mare (cf. Es15,22-27)1: Io sono il Signore, coluiche ti guarisce (Es 15,26). La letturadella pericope permette di cogliere ilsenso profondo di questa confessionedi fede. Il racconto, che si muove evi-dentemente in un orizzonte teologico,presenta il popolo che, al terzo giornodel suo cammino nel deserto, giunge aMara dove constata limpossibilit didissetarsi, perch le acque del luogosono amare. Il Signore risponde allapreghiera di Mose indicando un albe-ro che, gettato nelle acque, le rendedolci (Es 15,25a). Il significato teologi-co appare da quanto segue nella nar-razione, dove si dice esplicitamenteche in quel luogo il Signore diede alpopolo la legge e il diritto e in quelluogo lo mise alla prova (Es 15,25b).In sostanza lalbero simbolo dellaTorah del Signore, del suo insegna-mento. La regalit del Signore si mani-festa non solo nella liberazione, manel dono della parola che, se accolta,introduce il popolo nellalleanza con ilsuo Dio. La prova, che il popolo deveaffrontare, riguarda precisamente lasua capacit di accogliere la Parola nel

    cuore e di attuarla nel concreto dellapropria esistenza. Se non accoglie laParola, il popolo non pu dissetarsi al-le acque della vita, non pu portare acompimento il cammino gi iniziatodella propria liberazione. Questo ilmessaggio incluso nella promessa del v. 26: Se tu ascolterai la voce del Si-gnore tuo Dio e farai ci che retto aisuoi occhi [], io non ti infligger nes-suna delle infermit che ho inflitte agliEgiziani, perch io sono il Signore, co-lui che ti guarisce

    La frase citata contiene delle infor-mazioni preziose per il nostro studio.A prima vista il testo si muove nello-rizzonte che vede la malattia e la gua-rigione in rapporto con il Signore: eglimanda linfermit e guarisce da essa.Una lettura attenta e profonda del te-sto, per, permette di constatare chelaccento cade sulla potenza del Signo-re che libera luomo dallinfermit egli prospetta un futuro nel quale nonsar pi colpito da malattia. Qui appa-re che la malattia e la guarigione han-no ognuna una propria dimensionesimbolica. La malattia simbolo dellasituazione di un popolo nel quale sisviluppano i dinamismi dellingiustizia,della violenza e delloppressione. Que-sta situazione riflette la condizionedelluomo che si chiude alla Parola delSignore, come il faraone che ha induri-to il suo cuore (cf. Es 5-11). A sua volta,la liberazione dalla malattia simbolodel popolo che ascolta la voce del Si-gnore e quindi pone lascolto della Pa-rola al centro della propria esistenza.

    In questo contesto appare laprofondit dellaffermazione io sonoil Signore, colui che ti guarisce. Essasuppone che il popolo pu venir me-

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    no al suo impegno di ascoltare la vocedel suo Dio e quindi si possono svilup-pare anche in lui le infermit, chehanno colpito gli Egiziani, si possonosviluppare i dinamismi dellingiustiziae delloppressione. La confessione delSignore che guarisce preziosa testi-monianza della fede che vive nellacertezza dellamore fedele e miseri-cordioso del Signore che libera il suopopolo dalle proprie infedelt e lo in-troduce nuovamente nel camminodella speranza e della vita.

    I precedenti rilievi consentonounimportante conclusione. La fededel popolo del Signore raggiunge tut-ti gli ambiti della vita umana. La stes-sa speranza della guarigione trova lasua fonte nel Dio dellesodo e dellal-leanza. Il Signore colui che guarisce.Nel contempo lesperienza della ma-lattia e della guarigione si presentanoin una profonda accezione simbolica.La malattia diventa simbolo della si-tuazione nella quale il popolo si ponequando si chiude alla Parola e diventalo spazio nel quale si sviluppano leenergie negative dellingiustizia intutte le sue possibili espressioni. Inquesto contesto laffermazione che ilSignore colui che guarisce pone lesi-stenza di Israele nellorizzonte del Dioche sempre rinnova lesodo del suopopolo dischiudendogli, nella speran-za, il futuro della vita.

    2. Il motivo del sacrificio di ringraziamento

    La visione di fede testimoniata dal-la solenne affermazione di Es 15,26 confermata dalla tradizione del sacri-

    ficio di ringraziamento2. Come risultada alcuni salmi (soprattutto dal Sal116), il sacrificio di ringraziamento (otodah) era offerto dalla personache fosse stata liberata da un gravepericolo di morte. Questo sacrificioaveva tre elementi propri. Anzituttoluso del pane fermentato, che si po-neva sopra laltare per significare chelorante poteva continuare a nutrirsidel pane quotidiano, perch il Signo-re, liberandolo dalla morte, gli avevaprolungato il dono della vita. Il secon-do elemento era dato dal rito del cali-ce. La persona liberata dalla morte,prendeva il calice della salvezza eproclamava il Nome del Signore (cf. Sal 116,12-13), il altri termini nar-rava la liberazione dal grave pericolodi morte, che egli aveva chiesto e ot-tenuto dal Signore. Il terzo elementodel sacrificio di ringraziamento erarappresentato dallassemblea che eracostituita dai familiari e dagli amici e,quindi, da coloro che giovano per laguarigione dellorante e si univano alui nella lode e nel ringraziamento delSignore.

    La presenza di molti salmi che con-tengono elementi propri della to-dah permette di comprendere lim-portanza di questo sacrificio nella vitae nella tradizione del popolo del Si-gnore. La celebrazione del sacrificio diringraziamento consolidava la fedenel Signore che guarisce da ogni ma-lattia e che libera la vita dalla fossadella morte, come recita il Sal 103.Questo aspetto permette di compren-dere lalta considerazione di cui go-dette questo sacrificio nella vita e nel-la spiritualit del popolo (cf. Sal 50).Quando nella tradizione di Israele si

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    svilupp la fede nella risurrezione, ilpopolo del Signore comprese che lavera liberazione dalla morte non da-ta dalla guarigione da una malattia odalla scomparsa di chi attentava allavita dellorante. La liberazione totalee permanente dalla morte data dal-la risurrezione3. In questo orizzonte difede si sviluppa, con la ricchezza pro-pria del linguaggio simbolico, la cer-tezza che il vero sacrificio di ringrazia-mento sar quello che i risorti celebre-ranno nel mondo della risurrezione.Una testimonianza eloquente di que-sta certezza di fede si incontra nel Sal22. In questo salmo, in cui lorante in-nalza a Dio la sua preghiera accorata(cf. v. 2) e fiduciosa (v. 20) per essereliberato da coloro che attentano allasua vita, sono stati aggiunti alcuni ver-setti, che ci permettono di compren-dere con quale spirito era pregato dacoloro che avevano la fede nella risur-rezione:Il regno del Signore,egli esercita la sua signoria su tutte legenti.A lui solo si prostreranno quantidormono sotto terra,davanti a lui si inchineranno quantiscendono nella polvere (vv. 29-30).

    Certamente nella tradizione delpopolo continua la preghiera con cuisi chiede al Signore il dono della gua-rigione, anche quando la vita minac-ciata dalla morte. Tuttavia la presenzadi questi versetti nel salmo testimoniache questa preghiera si apre, nellasperanza, a una visione superiore del-la fede. Quando la morte raggiungeuna persona, la comunit credentecammina nella certezza che nuova-mente vivranno coloro che sono

    morti, sorgeranno ed esulteranno nel-la gioia della vita (cf. Is 26,19). lagioia dei risorti che ringraziano il Si-gnore perch li ha liberati per sempredalla morte e li ha introdotti nella suavita. la gioia che diventa proclama-zione del Nome del Signore, confes-sione della sua salvezza, sacrificio diringraziamento nella gloria eterna delregno.

    3. Leucaristia come sacrificio diringraziamento

    La conoscenza del sacrificio di rin-graziamento permette di comprende-re il significato del rito compiuto daGes nellultima cena. Come sappia-mo dalla tradizione testimoniata daiSinottici e da Paolo, in questo rito so-no fondamentali le parole dette sulpane e sul calice. Le prime testimonia-no che Ges ha fatto della sua vita undono in piena sintonia con leterno di-segno del Padre. Il corpo dato indi-ca la vita del Risorto della quale i di-scepoli sono resi partecipi. Le parolepronunciate sul calice sono la procla-mazione della salvezza operata daDio. Ges ha quindi la certezza che ilPadre lo liberer dalla morte e, nellapotenza della risurrezione, lo renderfonte della nuova alleanza, e quindidella salvezza eterna, per tutti coloroche credono in lui. Tutto questo signi-fica che Ges, prima di morire, ha ce-lebrato il sacrificio di ringraziamentoper il dono della salvezza definitivache il Padre avrebbe inaugurato conla sua risurrezione dai morti.

    Qui appare la novit della todahdi Ges. Nella tradizione di Israele il

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    sacrificio di ringraziamento aveva duecaratteristiche: in questo mondo of-ferto ogni volta che una persona li-berata da un grave pericolo di morte;nel mondo futuro sar offerto persempre da tutti i risorti. La novit sin-golarissima di Ges sta nel fatto cheegli prima di morire ringrazia il Padrenella certezza che lo risusciter daimorti. Egli, in altri termini, anticipasulla terra, il sacrificio della todaheterna nel cielo.

    La comunit protocristiana, aven-do la fede nel Signore risorto, com-prende, alla luce delle Scritture, cheil Risorto innalza nelleternit del Re-gno quel sacrificio di ringraziamentoche aveva anticipato sulla terra nellanotte in cui fu consegnato alla mor-te. Mediante lEucaristia la comunitcristiana partecipa al sacrificio di rin-graziamento del Risorto e cos facen-do anchessa anticipa sulla terra latodah che risuona eternamentenel Regno di Dio. Proprio questaesperienza porta la comunit delNuovo Testamento a comprendereche nel Risorto si realizzano piena-mente le promesse di Dio: in lui sicompiono lesodo e lalleanza, in luisi realizza la salvezza definitiva sim-boleggiata dai temi biblici pi fortinellespiazione, nel sacrificio di Isac-co, nella Pasqua. Leucaristia, inquanto unisce i discepoli al ringra-ziamento eterno del Risorto e li ren-de sempre pi partecipi della sua vi-ta compresa nel NT come la fonte eil culmine della Chiesa nel suo cam-mino verso il Regno eterno. il ban-chetto che anticipa il convito eterno,che dona di sperimentare il compi-mento della Pasqua nellesperienza

    della liberazione dalla morte, dellacomunione filiale e sponsale con ilSignore, nella elevazione alla vitaeterna del Dio vivente.

    Linsieme di questi valori che carat-terizzano la Chiesa e lEucaristia offreorientamenti preziosi per comprende-re e vivere il ministero dellEucaristianella cura pastorale degli infermi.

    4. Leucaristia e la cura pastoraledegli infermi

    I contenuti biblici, che sono stati ri-chiamati, permettono di cogliere unaconnessione teologica tra leucaristiae la cura pastorale degli infermi.

    Anzitutto il ricevere leucaristia re-cata dal ministro istituito un segnoeloquente della comunione che unisceogni battezzato alla Chiesa, comunio-ne che proprio nel momento dellamalattia si esprime con quelle atten-zioni che rendono la comunit eccle-siale sacramento della tenerezza edellamore provvidente del Padre. At-traverso la comunione il battezzatopartecipa a pieno titolo alla liturgiadella comunit e rappresenta lassem-blea liturgica del popolo sacerdotaleche custodisce la fede in mezzo alleprove e le sofferenze estreme dellesi-stenza umana.

    Leucaristia, in quanto sacrificio diringraziamento che il Risorto ha anti-cipato sulla terra prima di morire, svi-luppa, in modo speciale per il cristianomalato, la ricchezza del suo significatoe quindi , in modo speciale per lui,culmine e fonte dellassimilazione cri-stiana al Signore risorto. Schematica-mente si pu affermare:

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    (a) Leucaristia orienta il battezzatoad anticipare sulla terra il ringrazia-mento a Dio che innalzer nel mondodella risurrezione. In questa ottica es-sa sviluppa, proprio nel malato, il sen-so cristiano della vita, la consolantecertezza dei discepoli di Cristo che lavita non tolta, ma trasformata, lagioia di confessare il Dio della risurre-zione e la forza di trovare nella fedeche confessa il Signore risorto la ra-gione ultima della nostra speranza nelfuturo di Dio. Compresa in questa lucela comunione agli infermi si configuracome evento di grazia che opera nelcuore del fratello infermo e, al tempostesso, si riverbera nella stessa comu-nit cristiana, che cresce nel senso del-la corresponsabilit ed confortatadalla testimonianza, a volte straordi-naria, della sorella e del fratello infer-mi che pongono la speranza e fiduciaunicamente in Dio4.

    (b) Leucaristia, in quanto anticipasulla terra la todah del mondo dellarisurrezione, non proietta luomo inuna concezione avulsa dal presentedel nostro tempo e della nostra storia.Al contrario, il fatto che lumanit chiamata al ringraziamento eternodel Signore fonda il valore incompara-bile di ogni esistenza umana. Questavisione di fede porta il credente a va-lorizzare ogni momento della sua vitaperch sia vissuto come anticipazionedella gloria futura e non come chiusu-ra alla salvezza di Dio. Ne deriva cheleucaristia dellassemblea liturgica, al-la quale linfermo ha coscienza di par-tecipare soprattutto con la comunioneeucaristica, rende la comunit spazioprofeticamente attento e sensibile al

    valore della vita e a quelle espressioniche rendono autentica lesistenzaumana. In questa ottica leucaristia ce-lebrata illumina la pastorale degli in-fermi in quanto rende i battezzati, ein primo luogo coloro che hanno rice-vuto un ministero pastorale, responsa-bili per non diventare dei semplici ese-cutori di una prassi sacramentalista,ma promotori di unattenzione specia-le alla globalit di quella che possia-mo chiamare la condizione cristianadei malati. Questa attenzione portaa lottare per la vita dellinfermo e aporre sempre il malato in un orizzon-te di vita. In questo modo nel cristianoinfermo non si sviluppa solo la gioiosasperanza dei beni eterni, ma al tempostesso si sviluppa la responsabilit diuna scelta quotidiana che trasforma lasua situazione la sua situazione nelladiakonia della fede e dellautoobla-zione per la vita del mondo.

    (c) I valori delleucaristia si com-prendono adeguatamente solo nellamisura in cui la Chiesa nutre la propriafede con il cibo sostanzioso e vivifi-cante della Parola di Dio. Sotto questoprofilo ogni ministero correlato allEu-caristia implica una assidua frequenta-zione delle Sante Scritture e una cre-scente assimilazione della linfa vitaledella Parola di Dio. La cura pastoraledegli infermi trova proprio nella Paro-la il segreto per essere azione dellaChiesa sacramento della tenerezzamaterna di Dio. Ne consegue che ogniforma di ministero eucaristico devecompiersi nellalveo vitale della Paroladi Dio. La meditazione e lannunciodella Parola, nelle forme che le sonoproprie, rendono la comunione recata

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    agli infermi evento fecondo della co-munit ecclesiale perch pongono ilministro delleucaristia nella condizio-ne di assimilare e testimoniare la Pa-rola per portare allinfermo lannun-cio dellamore di Dio che risuona sem-pre in ogni comunit che viva comeChiesa sposa del Signore risorto.

    5. Guardando al futuro

    Le riflessioni sviluppate, ci sembra,aprono delle prospettive sommamen-te attraenti e impegnative proprio inun settore che, pi di ogni altro, ri-schia di avvertire i disagi di una pasto-rale che non sappia portare la luce delRisorto nel concreto dellesistenza

    umana. Se una comunit nutre la pro-pria fede nel Signore risorto con le ric-chezze sempre vive e feconde dellaParola di Dio, sapr sempre discernerele vie che rendono la sua azione, e inparticolare la cura pastorale degli in-fermi, evento profetico di speranza edi vita. Situare la comunione degli in-fermi in questo orizzonte biblico-ec-clesiale significa poter rivolgere il pro-prio sguardo verso il futuro: quel fu-turo che Dio ci dona in parte di antici-pare sulla terra nella fede che operamediante la carit e in parte ci chiamaogni giorno ad attendere perch nonvenga meno quella speranza nellaquale siamo salvati e nella quale ri-splende la testimonianza profetica deidiscepoli del Signore risorto.

    1 Per una conoscenza esegetica di questo testo cf. lo studio approfondito di M. P. SCANU, Io so-

    no JHWH, colui che ti guarisce (Es 15,26). Considerazioni sulla metafora terapeutica in pro-spettiva teologica, in Parola, Spirito e Vita, 40 (1999/2) 23-39.

    2 Il sacrificio di ringraziamento, quale presupposto per la comprensione dellEucarisita, stu-diato da H. GESE, Sulla teologia biblica, Brescia 1989, 129-154.

    3 Una presentazione organica della formazione della fede nella risurrezione si trova in G. ODAS-SO, Bibbia e religioni. Prospettive bibliche per la teologia delle religioni, Roma 1998, 226-261.Un contributo importante di questo studio quello di mostrare che la confessione del mondodella risurrezione il frutto maturo delle tre caratteristiche fondamentali della fede biblica:comunione di vita (del popolo con il suo Dio), speranza (che si fonda sulla promessa divina), fe-delt del Signore (al suo amore, manifestato e promesso).

    4 Sotto questo profilo leucaristia si presenta come il sacramento della speranza cristiana: il sa-cramento che rinnova nella Chiesa labbandono fiducioso e confidente di Ges nel Padre suo(cf. Mt 11,28-29) e la sostiene nel suo cammino di fede e di testimonianza oblativa fino al com-pimento eterno delle promesse divine nella gloria del Regno (G. ODASSO, Eucaristia: sacrificiodi ringraziamento. Riflessione biblico-teologica, in Culmine e Fonte 3, 2002, 139.

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    22 Culmine e Fonte 5-2003

    Uno sguardo alla storia

    N ella lingua latina il termineviaticum si riferisce alle prov-viste necessarie per un viag-gio. Il lessico cristiano lo adotta findallantichit per indicare il sacra-mento dellEucaristia dato ai morenti.Una menzione specifica si trova per laprima volta nel canone 13 del Conci-lio di Nicea (325), che lascia intenderelanteriorit delluso. Cos i Padri siesprimono: Verso i moribondi si os-servi ancora lantica norma canonicaper cui in pericolo di morte nessunosia privato dellultimo, indispensabileviatico1. La questione in esame con-cerne i cristiani caduti nellapostasia edunque non riconciliati: il concilio ri-tiene che in punto di morte non sidebba negare loro il viatico e in cinon sembra inaugurare una nuova di-sciplina, bens conformarsi a una pra-tica diventata presto legge della Chie-sa, sulle cui origini per non disponia-mo di notizie precise2. Certa rimane,comunque, nei secoli e fino a oggi, lasospensione in articulo mortis di ogniprovvedimento disciplinare: come eb-be a dire Beauduin, quella lora diDio, nella quale la Chiesa quasi abdi-ca alla sua autorit positiva.

    Si pu facilmente intuire come dalradicamento nel mistero pasqualedella comunit primitiva sia derivatalesigenza di fortificare il fedele in findi vita con il pegno della risurrezio-

    ne3. Il Medioevo ci ha tramandatotestimonianze della comunione inpunto di morte soprattutto nei rac-conti agiografici, dai quali si pu de-durre che la sua ricezione avvenivasotto le due specie4. Il Concilio di To-ledo del 675 raccomanda la comunio-ne per intinzione, che consente almoribondo di deglutire pi facilmen-te il pane eucaristico.

    Per trovare un preciso riferimentoal viatico in un testo liturgico bisognaattendere gli Ordines romani dei se-coli VII e VIII, in particolare lOrdo 49,che cos si esprime in relazione al cri-stiano morente: Quando lo si vedrapprossimarsi alla morte dovr esserecomunicato con il santo sacrificio, an-che se si gi cibato nello stesso gior-no, perch la comunione sar per luidifesa e aiuto per la resurrezione deigiusti. Infatti sar essa a risuscitarlo.Dopo che avr ricevuto la comunione,un prete o un diacono legger la pas-sione del Signore davanti al malato,fino a quando lanima non esca dalcorpo5. LOrdo Phillipps 1667 offreun rituale nel quale emerge con unachiarezza ancor maggiore che la co-munione lultimo atto liturgico dacompiersi nellimminenza del transi-to. Il testo latino dice che non appenasi approssima lora della morte, si in-comincia a leggere il vangelo di Gio-vanni sulla passione del Signore, se-guito dal canto del salmo 41 e dellelitanie. Al termine, il sacerdote recita

    Egli ti custodisca e ti conducaalla vita eterna: il Viatico di don Norberto Valli

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    Culmine e Fonte 5-2003 23

    la preghiera per raccomandare lani-ma. Quindi, prima che spiri, il sacer-dote comunica (il morente) con il cor-po e il sangue, preoccupandosi chenon muoia senza il viatico: questo ilcorpo del Signore6. Senza pretende-re di ricostruire tutti i passaggi chehanno condotto al Rituale Romanumdel 1614, ci limitiamo a osservare cheil Viatico diventa gradatamente unaforma particolare di comunione agliammalati che versano in pericolo dimorte. La riserva esclusiva della suaamministrazione al sacerdote, e alparroco in specie, dellepoca scola-stica. Concomitante lintroduzionedi particolari forme esterne di venera-zione e di onore: la santa Eucaristia portata allinfermo in forma proces-sionale, con lumi e suono di campane;la benedizione eucaristica pu sosti-tuire la ricezione del sacramento,quando il malato non pi in gradodi comunicarsi. Ad accompagnare ilpassaggio alla vita eterna subentralUnzione, connotata come estremaproprio perch a essa non segue al-tro, se non le preghiere di raccoman-dazione dellanima. A partire dal Ri-tuale del 1614 il Viatico perde cos ilsuo ruolo di sacramento di prepara-zione alla morte. Si dovr attendere ilConcilio Vaticano II per un recuperodel suo valore originario e della suagiusta collocazione. Il n. 74 di Sacro-sanctum Concilium stabilisce infattiche si predisponga, oltre ai riti distintidellUnzione degli Infermi e del Viati-co, anche un Rito continuo nel qua-le lUnzione sia conferita al malatodopo la Confessione e prima del Via-tico, che dunque torna ad essere lul-timo sacramento.

    La situazione attuale

    Il dettato conciliare viene applica-to nel nuovo rituale del SacramentodellUnzione e cura pastorale degliinfermi, che risale al 1972. Ledizioneitaliana entra in vigore il 16 febbraio1975. Ad essa ci riferiamo, comincian-do dal n. 26 dei Praenotanda che, do-po una dichiarazione generale sul va-lore del viatico (Nel passaggio daquesta allaltra vita, il Viatico del Cor-po e Sangue di Cristo fortifica il fede-le e lo munisce del pegno della risur-rezione, secondo le parole del Signo-re: Chi mangia la mia carne e beve ilmio sangue, ha la vita eterna, e io lorisusciter nellultimo giorno), sug-gerisce immediatamente la forma piappropriata del suo conferimento: IlViatico si riceva se possibile, durantela Messa, in modo che linfermo pos-sa far la comunione sotto le due spe-cie: la comunione in forma di Viatico infatti un segno speciale della par-tecipazione al mistero celebrato nelsacrificio della Messa, il mistero dellamorte del Signore e del suo passag-gio al Padre.

    Questa indicazione, presupponen-do che si celebri lEucaristia presso ilmalato in pericolo di morte, invoca ilverificarsi di condizioni che moltospesso non si danno. La maggior partedegli infermi vive infatti gli ultimiistanti di vita in ospedale o in struttu-re per lungodegenti, in cui sembradifficile poter prevedere la celebrazio-ne dellEucaristia al capezzale del ma-lato. Ci non toglie per che nei noso-comi in cui vi una messa quotidianail sacerdote, al termine, possa rag-giungere quanti si trovano in pericolo

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    di morte, portando loro la comunionesotto le due specie nella forma previ-sta per il Viatico. Perch questo avven-ga, risulta indispensabile linteressa-mento da parte dei parenti e del per-sonale ospedaliero che, nel rispettodelle convinzioni di ciascuno, dovreb-bero garantire al morente il diritto al-lassistenza religiosa.

    Il problema vero rimane tuttavia laconsapevolezza da parte dei cristianidellopportunit, o meglio, della deci-sivit del sacramento. La questione in-terpella la formazione dei singoli edelle comunit. molto raro che sianoprogrammate catechesi sullargomen-to e che ci si impegni in una seria pre-parazione a una morte cristiana. Sidenuncia talvolta loblio dellUnzionedei malati, ma nulla o quasi si dice pi

    circa il dovere da parte di tutti i bat-tezzati di ricevere lEucaristia primadel passaggio alla vita eterna. I Prae-notanda al Sacramento dellUnzione ecura pastorale degli infermi chiarisco-no che i fedeli, in pericolo di morteper qualsiasi causa, sono tenuti perprecetto a ricevere la santa comunio-ne7. Dal canto loro, i pastori devonovigilare perch non venga differitalamministrazione di questo sacramen-to, in modo che i fedeli ne ricevano ilconforto quando sono ancora nel pie-no possesso delle loro facolt8. Sitratta allora di promuovere nellani-mo di tutti una rinnovata percezionedel valore della comunione eucaristicanel momento del passaggio alla vitaeterna. Esto nobis praegustatum mor-tis in examine canta da secoli la ChiesanellAve, verum corpus. Questa suppli-ca custodisce una professione di fedenella consolante presenza sacramen-tale di Cristo che nellora decisiva do-vrebbe essere dal credente pi chemai desiderata.

    Il rito del viatico

    Quando il viatico viene conferito aldi fuori della messa, il sacerdote9 giun-to presso il malato d inizio alla cele-brazione con il saluto liturgico, depo-nendo poi lEucaristia per un momen-to di adorazione. Pu aspergere quin-di, secondo lopportunit, linfermo ela stanza accompagnando il gesto conla formula Ravviva in noi, Signore,nel segno di questacqua benedetta, ilricordo del Battesimo e la nostra ade-sione a Cristo Signore, crocifisso e ri-sorto per la nostra salvezza. Come

    Unzione degli infermi, Maso di Banco, Firenze, sec. XIV

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    Culmine e Fonte 5-2003 25

    vedremo, non questo lunico richia-mo al Battesimo. Il viatico si pone in-fatti in diretta continuit con il mo-mento in cui iniziato il cammino difede che ora sta per culminare nellavisione di Dio.

    Terminata laspersione, e dopounopportuna monizione, sono previ-sti i riti penitenziali che consistononella confessione sacramentale del-linfermo, quando possibile, o inuna richiesta di perdono in formaanaloga a quella della Messa. In en-trambi i casi si pu aggiungere lin-dulgenza plenaria in articulo mortis,concessa unicamente dal sacerdotecon una di queste formule: In virtdella facolt datami dalla Sede Apo-stolica, io ti concedo lindulgenza ple-naria e la remissione di tutti i peccati,nel nome del Padre e del Figlio e del-lo Spirito santo. Amen; oppure: Peri santi misteri della nostra redenzio-ne, Dio onnipotente ti condoni ognipena della vita presente e futura, tiapra le porte del paradiso e ti condu-ca alla gioia eterna. Amen10.

    Alla proclamazione della Parola faseguito, naturalmente se le condizio-ni del malato lo consentono, la pro-fessione di fede con le domande pre-viste per il Rito del Battesimo. il se-condo richiamo al momento della ri-generazione battesimale: linfermoprima di entrare nella vita eterna invitato a rinnovare, per lultima vol-ta, le promesse in cui condensatatutta la fede cattolica. Una brevepreghiera litanica prelude al viaticostrettamente inteso che comprendela recita del Padre nostro, lostensio-ne del santissimo Sacramento con laformula Beati gli invitati e la co-

    munione, accompagnata dalle paroleconsuete: Il corpo / il sangue di Cri-sto, a cui si aggiunge, subito o ap-pena dopo lassunzione dellEucari-stia: Egli ti custodisca e ti conducaalla vita eterna. Questa particolareespressione risale allalto-medioevoe, secondo Jungmann era destinataoriginariamente proprio ai malati11.Essa ha avuto notevole fortuna: conla necessaria variazione dalla secon-da alla prima persona, si trova gi dalIX secolo per la comunione del sacer-dote durante la santa Messa12, ma attestata pure, con lievi varianti, perquella dei fedeli13.

    Dopo lorazione conclusiva il ritotermina con la benedizione sempliceo triplice. Il testo di questultima una splendida invocazione, che meri-terebbe di essere conosciuta e utiliz-zata anche in altri ambiti: Il SignoreGes Cristo sia accanto a te per pro-teggerti. Sia dinanzi a te per gui-darti, sia dietro a te per difenderti.Rivolga a te il suo sguardo, ti assistae ti benedica.

    Per concludere

    Paolino di Milano nella sua Vita disantAmbrogio annota che il vescovospir, portando con s il buon viatico(bonum viaticum secum ferens), inmodo che lanima, ancor pi rinvigori-ta in virt di quel cibo, ora possa allie-tarsi della comunione degli angeli, lacui vita egli visse in terra, e della com-pagnia di Elia14. Onorato di Vercel-li, chiamato con prontezza, port lasanta comunione ad Ambrogio appe-na prima che morisse.

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    Si scorge in questa biografia lapreoccupazione degli antichi di de-porre lEucaristia sulla lingua delmorente nel preciso momento delsuo trapasso. Questa esigenza giusti-ficava la ripetizione del rito nel me-desimo giorno e la possibilit del-lamministrazione del viatico da par-te di laici, non potendo il sacerdoterimanere continuamente al capezza-le dellinfermo.

    Una pastorale della sofferenza, at-tenta a quanto la tradizione cristianaci ha consegnato, pu ancora oggitrovare una propria comprensionenon solo in chiave caritativa, ma an-che e soprattutto in senso sacramen-tale. Se la celebrazione della santamessa presso il morente esprime nellaforma pi alta la presenza della comu-nit e con essa dellintera Chiesa ac-

    canto a un fratello o a una sorella chesta per tornare al Padre, non meno si-gnificativa risulter la sollecitudine diministri straordinari a non far manca-re almeno la comunione eucaristicanellora decisiva, soprattutto nei con-testi in cui il clero pressoch assente.Una rinnovata sensibilizzazione a li-vello laicale, che orienti in questa di-rezione, dovrebbe essere opportuna-mente promossa. Tanto si fa per incre-mentare il culto eucaristico, e con ri-sultati lodevoli. Mentre adora la pre-senza reale di Cristo nel tabernacoloogni fedele chiamato, per, a nondimenticare ci che lIstruzione Eucha-risticum Mysterium ribadisce al n. 49:Scopo primario e originario dellaconservazione nella chiesa delle santeSpecie al di fuori della messa lam-ministrazione del Viatico.

    1 Il termine greco ephdion utilizzato nel canone 13 di Nicea (cf. DENZINGER 129) corrisponde

    esattamente al latino viaticum e ha una risonanza biblica, in particolare di tipo pasquale.Nella versione greca dei Settanta lo si trova nel libro del Deuteronomio per indicare laprovvista da viaggio da concedere a uno schiavo rimesso in libert in occasione dellannosabbatico (Dt 15,12b-15). Tale provvista era il segno concreto della avvenuta liberazione,liberazione singola che si ricollegava alla grande liberazione dIsraele (cf. S. MAZZARELLO,Liturgia dei moribondi, in Liturgia cristiana: messaggio di speranza. I nuovi riti dellun-zione degli infermi, del Viatico e della raccomandazione dellanima [Atti della XXIII Setti-mana Liturgica Nazionale. Bergamo 1972], Centro azione Liturgica Messaggero, Padova1973: 91-107: 94).

    2 Cf. Ph. ROUILLARD, La celebrazione del Viatico, in Scientia Liturgica. Manuale di Liturgia 3.LEucaristia, ed. A. Chupungco, Piemme, Casale Monferrato 21999, 300-306: 301.

    3 la prospettiva in cui si colloca lIstruzione Eucharisticum mysterium che, parlando al n. 39 delViatico, lo considera un segno speciale di partecipazione al mistero pasquale, celebrato nelsacrificio della Messa; del mistero, cio, della morte del Signore e del suo transito al Padre. NelViatico, il fedele che sta per lasciare questa vita, fortificato dal corpo di Cristo, riceve il pegnodella risurrezione.

    4 Un esempio offerto da Gregorio Magno nei suoi Dialoghi (II, 37, 2) in cui, parlando di Bene-detto, afferma che exitum suum dominici corporis et sanguinis percepitone munivit.

    5 Les Ordines Romani du haut moyen age IV. Les textes (Ordines XXXV-XLIX), ed. M. Andrieu(Spicilegium Sacrum Lovaniense 28), Louvain 1956, 529.

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    6 Cf. H. FRANK, Der lteste erhaltene Ordo defunctorum der rmischen Liturgie und sein Fortle-ben in Totenagenden des frhen Mittelalters, Archiv fr Liturgiewissenschaft 7 (1962) 363-364.

    7 Cf. n. 27, che si apre dichiarando lobbligo di ricevere il viatico per tutti i battezzati che posso-no ricevere la comunione. Come nota Scicolone, prima di un bombardamento si pu (o si deve)dare il viatico, perch ci si trova in presenza di un pericolo di morte, ma non si pu dare lun-zione, se i soggetti non sono n malati, n vecchi (cf. A. SCICOLONE, Unzione degli infermi, inAnamnesis 3/1. La liturgia, i sacramenti: teologia e storia della celebrazione, Marietti, Genova41995, 205-242: 238.

    8 Non ci sembra meno obbligante, contrariamente a quanto sostiene Rouillard (La cele-brazione del Viatico, 305), il contenuto del canone 921 del Codice di Diritto Canonicodel 1983, in cui in termini pi sintetici, ma non meno efficaci si esprime il medesimo con-tenuto: I fedeli che si trovano in pericolo di morte derivante da una causa qualsiasi, rice-vano il conforto della sacra comunione come Viatico (sacra comunione per modum Viati-cum reficiantur).

    9 I Praenotanda al n. 29 avvertono che ministri ordinari del Viatico sono il parroco e i vi-cari parrocchiali, i cappellani e il superiore della comunit negli istituti religiosi clericalie nelle societ di vita apostolica, per tutti coloro che vivono nella casa. In caso di neces-sit o col permesso almeno presunto del ministro competente, qualsiasi sacerdote o dia-cono amministri il Viatico; in mancanza di un ministro sacro, qualunque fedele regolar-mente autorizzato. Il rituale, per questa eventualit, suggerisce i necessari adattamentiin appendice.

    10 Nel caso in cui il viatico venga conferito durante la Messa, lindulgenza viene concessa al termi-ne, dopo la benedizione.

    11 Cf. I. A. JUNGMANN, Missarum Sollemnia. Origini, liturgia, storia e teologia della messa romana 2,Marietti, Casale Monferrato 1961, 269.

    12 Anche secondo il messale riformato a norma del Concilio Vaticano II, il sacerdote comunican-dosi deve dire: Il corpo di Cristo / il sangue di Cristo mi custodisca per la vita eterna.

    13 Cf. I. A. JUNGMANN, Missarum Sollemnia 2, 292 (nota 117).14 PAOLINO DI MILANO, Vita di SantAmbrogio. La prima biografia del patrono di Milano, ed.

    M. Navoni, San Paolo, Cinisello Balsamo 1996, 131. Il riferimento a Elia si spiega facilmen-te con il richiamo al pane miracoloso, riletto dalla tradizione cristiana come immaginedellEucaristia, che ridona forza al profeta e gli permette di raggiungere il monte di Dio,lOreb.

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    La Chiesa vive del Cristo eucaristico,da lui nutrita, da lui illuminata.LEucaristia mistero della fedee insieme mistero di luce.(Giovanni Paolo II)

    L a Chiesa ha sempre compresoche nella santissima eucaristia racchiuso tutto il bene spiri-tuale, cio lo stesso Cristo, nostra Pa-squa e pane vivo, che mediante la suacarne vivificata dallo Spirito Santo evivificante, d vita agli uomini: questisono in tal modo invitati e indotti acoinvolgere con quella di Cristo lof-ferta di se stessi, del loro lavoro e ditutte le cose create 1.

    Generata dal Mistero pasquale diCristo, la Chiesa nellEucaristia diventasacramento di salvezza per tutto il ge-nere umano, mediante il nutrimentodella Parola e del Pane di vita eterna.La comunit dei cristiani che celebradi otto giorni in otto giorni il coman-do di Ges: Fate questo in memoriadi me, rivive e scopre nella celebra-zione di questo sacramento la fontedel suo mistero, il senso del suo esserenel mondo e per il mondo, la sorgentedi vita per il suo quotidiano vivere esoffrire, e il culmine del cammino dicomunione con Dio Padre.

    Un mistero celebrato che, per ave-re pi grande efficacia, necessita di es-

    sere compreso, adorato, vissuto in tut-ta la portata della sua ritualit di me-moria, di presenzialit e di profezia.Necessita cio di essere contemplato eassimilato nel silenzio e nella preghie-ra in un hodie liturgico, in un temposantificato per dono dello Spirito, co-me oggi di salvezza.

    La celebrazione eucaristica infattifa entrare realmente alla presenzadel mistero di Dio Padre che peramore dellumanit dona suo Figlioper la salvezza di tutti. Partecipandointimamente, profondamente e real-mente a tale mistero noi siamo illu-minati, o meglio divinizzati e costutti gli aspetti della vita, dai pisemplici ai pi complessi, vengonotoccati e trasformati dalla forza mi-steriosa, ma efficace, del sacramento.Per entrare nel mistero per abbiamobisogno di tempo, di molto tempoesteriore e interiore, come afferma ilcard. Martini nella sua lettera al cleroe ai fedeli Attirer tutti a me perlanno pastorale 1982-1983.

    Per far entrare nel mistero, la cele-brazione richiede del tempo. Il tempoesteriore, perch possano essere posti,secondo un ritmo organico, i gesti chedanno figura e direzione ai pensieri,ai desideri, agli affetti. E soprattutto iltempo interiore, perch possa avveni-re, in una successione di atti spirituali,il duplice itinerario, che va dalle regio-

    La Chiesa vive dellEucaristiaAdorazione eucaristica, e non solo, vita per la Chiesa di suor Loretta Moserle, ef

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    Culmine e Fonte 5-2003 29

    ni della dissipazione, degli interessi di-sordinati e molteplici, delle divagazio-ni, delle dispersive relazioni con gliuomini e le cose verso il centro miste-rioso della vita; e dal mistero riparteper dare senso e vigore a tutti gliaspetti dellesistenza.

    Dalla celebrazione eucaristica ladorazione

    Ladorazione eucaristica nasce dallacelebrazione e, quasi il prolungamen-to, ne fa rivivere tutti gli aspetti, inquanto deve essere essa stessa glorifi-cazione del Padre in Cristo Ges, ren-dimento di grazie per lamore fedeledi Dio, offerta del mondo e delle cosecreate a Colui che ne il donatore, of-ferta possibile solo con Cristo, in Cri-sto e per Cristo.

    Il punto di partenza perci la ce-lebrazione eucaristica. Anche se vie-ne centrata sulle specie del pane, so-no tuttavia la persona di Cristo equella dei fratelli, che insieme for-mano il vero corpo sacramentale, adivenire oggetto di adorazione. Daqui nasce lesigenza e la logica con-seguenza che ladorazione del Corpodi Cristo conduca i cristiani a pren-dersi cura del corpo sofferente e ma-lato di ogni uomo, che in lui forma ilChristus totus.

    Il punto di arrivo la comunionecon Cristo e tra di noi, di cui la comu-nione sacramentale simbolo. Nella-dorazione i fedeli credenti rinsaldanolunione con Cristo e mediante essacercano tutte le strade per attuareuna vera comunione con tutti gli uo-mini. I cristiani sono resi capaci di su-

    perare ogni divisione e ogni indivi-dualismo in forza di quel pane guar-dato, contemplato e mangiato. ComelEucaristia il Sacramento dellunit,cos colui che adora lEucaristia vienereso da essa tessitore di unit e ope-ratore di pace.

    Vedere anche partecipare

    Perch la celebrazione eucaristica,come qualsiasi celebrazione liturgica,abbia la sua efficacia e porti i fruttidesiderati, necessario che il popolodi Dio vi partecipi in modo pieno, atti-vo, consapevole, interiore ed

    Adorazione eucaristica, Madonnella di S. Marco, Roma

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    esteriore2. La partecipazione esigepresenza e coinvolgimento, presenzadi tutta la persona e coinvolgimentodi tutte le sue facolt sensoriali ester-ne e interne. Tutta la persona nellasua corporeit e spiritualit messa ingioco. I sensi del vedere, udire, tocca-re, odorare e gustare sono messi in at-to perch il mistero possa essere accol-to e assimilato. Cos anche per ladora-zione eucaristica, perch la visionedellostia si pu considerare come unaautentica modalit di partecipazioneal mistero eucaristico.3

    Tuttavia questa modalit di parteci-pazione necessita di un passaggio: dalvedere al ri-conoscere, come i discepo-li di Emmaus i quali videro un vian-dante, ma riconobbero il Signore allospezzare del pane. Non basta vedere, necessario ri-conoscere in ci che sivede, in questo caso un pezzo di pa-ne, il segno sacramentale della pre-senza salvifica del Signore Risorto. necessaria cio la fede.

    La visione conduce alla contempla-zione e la contemplazione allassimila-zione. Non si pu guardare lostia, pa-ne eucaristico, senza diventare noi stes-si pane di presenza e di dono per tutti.

    La vera adorazione

    Ladorazione eucaristica non perlunica dimensione adorante nella vitadella Chiesa. Al centro di questa di-mensione c la celebrazione e taleadorazione vera se continua in tuttalesistenza. Estendere, allargare latteg-giamento e la pratica delladorazione,significa scoprire in essa le nostre radi-ci: radici di dipendenza dallAssoluto,

    radici di relazione con un Altro e congli altri, con un Tu, che sta molto al dil, pur essendo molto vicino.

    Adorare significa esprimere la sot-tomissione al mistero e adorarlo nelsegno povero dellEucaristia; significaesprimere il riconoscimento di una sal-vezza che viene a noi attraverso unpercorso umile, quello dellIncarnazio-ne; significa testimoniare la centralitdellevento Cristo Crocifisso-Risorto,quale presenza reale, continua, fattivadel Verbo eterno nella povert dellanatura umana, unica strada di accessoalla pienezza dellincontro e dellaadorazione del Padre.

    La liturgia, quando apre le portealla nostra lode della giornata, pun-tualmente ci invita: Venite, adoriamoil Signore. Lungo tutto lanno liturgicola liturgia, introducendoci al misterodi salvezza che viene celebrato, ciapre a questa realt e ci pone in at-teggiamento di adorazione.

    Adorare Dio quindi ri-conoscerlocome Dio e nella sua opera.

    Adorare significa cogliere la suapresenza, essere coscienti della bipola-rit che attraversa la nostra vita: Lui,assoluto, indicibile, trascendente e iocreatura, limitata, relativa a... Solodallevento dellincarnazione abbiamola possibilit di far interagire i due po-li pur mantenendo le distinzioni;

    Adorare significa educare losguardo: dal vedere al ri-conoscere.Da uno sguardo esteriore a uno inte-riore illuminato dallo Spirito e resocapace di fede.

    Adorare significa ancora aprirelorecchio al grido di una umanitfrantumata e ricondurre qui, alla Pre-senza, ogni dispersione, per ri-torna-

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    re nel mondo a dire la parola di sal-vezza, una parola che ricompone ledivisioni e invita allunit, diventa co-struzione di riconciliazione e di pace.Si tratta di un circuito sostanziale:mondo-eucaristia-mondo. Latteggia-mento adorante nella vita delluomo una spinta a uscire da s: ladora-zione del Dio unico libera luomo dalripiegamento su se stesso, dallaschiavit del peccato e dalla idolatriadelle cose create.

    La vera adorazione diventer al-lora quella che va oltre il vedere, lavera comunione sar quella che vaoltre il mangiare, in un camminoverso la parusia, in attesa sempre del-la venuta definitiva del Signore Gesche sazia ogni fame e illumina ogniocchio. Comprendiamo cos la parolache Ges disse alla Samaritana:

    N su questo monte, n a Gerusa-lemme adorerete il Padre... giunto il

    momento ed questo, in cui i veriadoratori adoreranno il Padre in spiri-to e verit; perch il Padre cerca taliadoratori (Gv 4, 21-23).

    Questa adorazione porter al co-struirsi graduale di una Chiesa sacra-mento di Dio, segno di unit e vincolodi carit. Ladorazione eucaristica perci via che conduce allavverarsidel desiderio del Padre: adorare in spi-rito e verit.

    Ci si potr allora chiedere: qual la vera adorazione?4 E quella, af-ferma il prof. Ricca, che si dilata ver-so un Dio pi grande... Dio pigrande della sua stessa rivelazione.Ges Cristo che ha dilatato la cono-scenza di Dio rivelandolo come Pa-dre di tutti.

    Dobbiamo ancora passare dal Pa-dre nostro al Padre di tutti.

    La vera adorazione consiste in que-sto passaggio, in questa pasqua.

    1 CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Presbyterorum ordinis, n. 5.2 CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Sacrosanctum Concilium n. 14.3 GIRARDI L., Del vedere lostia... La visione come forma di partecipazione, in RL 3(2000) p.

    449-458.4 Su questo argomento si pu vedere la brillante relazione del Prof. Paolo Ricca La vera adora-

    zione fatta al II Convegno di spiritualit liturgica Adorare anelito della Chiesa sposa tenutosi aVicenza 10-13 agosto 1997. Gli atti sono raccolti in Quaderni di Ecclesia Mater n. 12 2 (1998)pp. 43-48.

  • FORMAZIONE LITURGICA

    32 Culmine e Fonte 5-2003

    L a processione un rito reli-gioso di significato univer-sale. Il suo simbolismo, ilgesto del camminare insieme, rispon-de ad un bisogno primario di quellaaggregazione con cui il gruppo acqui-sta consistenza. La processione ag-giunge alla celebrazione un elementodi notevole incidenza psicologica: ilpregare sottolineato dal movimento.La preghiera viene aiutata per unaespressione pi fervente, la comunit potenziata nella sua unit. La suaimmagine una lunga fila che, conpasso uniforme, procede lentamente,pregando e cantando o quella di uncorteggio con apparato cerimoniale,spesso in divise uniformi, in omaggioa un personaggio o a un segno sacro.

    Si cammina non solo per arrivarema anche per vivere la strada: la pro-cessione aggiunge alla ritualizzazionedei sentimenti di penitenza, di suppli-ca e di ringraziamento un simbolismoche fa vedere gli uomini inseriti nellavita che si svolge fuori dellambientesacro, nei luoghi dove essi vivono e la-vorano. Mischiati nel cammino e unitinel canto, i credenti si scoprono affra-tellati, pi coinvolti negli stessi pro-blemi.

    La processione non solo un cam-minare insieme comunque: prima dipartire, si raduna lassemblea struttu-rata; essa parte da un determinatoluogo, cammina con un regolamentopreciso ed diretta a una mta ben

    definita. Questi elementi arricchisconola celebrazione di valori psicologici esociologici di forte efficacia emozio-nale (che spesso si aggiungono a quel-li delleccezionalit)1.

    Queste considerazioni generali coschiare e puntuali sulla dimensione an-tropologica e sul senso simbolico dellaprocessione ci permettono di com-prendere come tale modo di manife-stare la propria appartenenza a undeterminato gruppo etnico o a unaidentica fede religiosa sia stato pre-sente fin dagli albori della storia uma-na.

    Potremmo, infatti, rivisitare, attra-verso lo studio del passato, i diversipopoli, le svariate razze, le molteplicifedi religiose che dallantichit si sonosuccedute durante i secoli in ogni par-te del mondo per evidenziare che laprocessione sempre stata presentepresso tutti gli uomini di ogni conti-nente, popolo o nazione come la piovvia e la pi usuale pratica di mani-festazione del senso religioso delluo-mo.

    Non produrremo, volutamente,nessun tipo di esempio per non incor-rere nellerrore della dimenticanza dicitazione storica di qualche fede reli-giosa e per non esaurire lo spazio di-sponibile, ma ci preoccuperemo direndere chiaro lo scopo di questa in-dagine sulla processione eucaristica,cos cara e cos radicata nella vita cri-stiana.

    La processione del Corpo e Sangue del Signore di mons. Cosma Capomaccio

  • FORMAZIONE LITURGICA

    Culmine e Fonte 5-2003 33

    Quando nasce e si sviluppa la pro-cessione del Corpus Domini?

    Per risalire alle sue origini dovremogiungere a quel periodo dopo il 1100in cui si evidenzia un rigoglioso incre-mento della devozione eucaristica, ein particolare nella Gallia b