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Risvegli DOSSIER 57 numero 40 . febbraio 2012 F inalmente si è alzata la foschia, c’è il sole ed è pure venerdì, giorno di festa. Ho promesso a Hamid, il mio migliore amico, che sarei andato con lui su in montagna, anche se nessuno dei due sa sciare. Hamid fa il documen- tarista, è in cerca di nuove ispirazioni per un pezzo su Te- heran d’inverno. Lui, in realtà, non filma solo paesaggi, ma i documentari naturalistici sono facilmente piazzabi- li, non c’è nessun problema di censura, mentre quelli so- cio-culturali o d’inchiesta sono più complicati. A me pia- ce molto andare in montagna, ma la preferisco d’estate: adesso ci sono tutti i figli di papà sullo snowboard e le ra- gazze truccate come se dovessero andare a una festa an- ziché sulla neve. Ho ventisei anni, sono laureato in Architettura e sto studiando per un master in Urbanistica e ambiente in un’università privata. Non mi hanno preso al “concor- so”, il superesame necessario per essere accettati alla Sta- tale, e mi spiace soprattutto perché questo comporta un sacrificio economico per i miei genitori. Proprio oggi so- no partiti per il Mar Caspio, dove hanno una piccola pro- prietà che vogliono vendere: dicono di averlo deciso per- Ragazzi si rilassano sui monti dell’Alborz, a nord di Teheran. L. Dorigo Mohsen Firuzi è lo pseudonimo di un giovane di 26 anni. Un ragazzo come tanti, figlio della borghesia colta di Teheran, che non può firmare con il suo ve- ro nome. Mohsen usa internet, studia e sogna un futuro felice con la sua ragazza che vorrebbe poter tenere per mano: un rivoluzionario in Iran. [ VOCI DA DENTRO] Una giornata a Teheran di Mohsen Firuzi

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57numero 40 . febbraio 2012

Finalmente si è alzata la foschia, c’è il sole ed è purevenerdì, giorno di festa. Ho promesso a Hamid, il mio

migliore amico, che sarei andato con lui su in montagna,anche se nessuno dei due sa sciare. Hamid fa il documen-tarista, è in cerca di nuove ispirazioni per un pezzo su Te-heran d’inverno. Lui, in realtà, non filma solo paesaggi,ma i documentari naturalistici sono facilmente piazzabi-li, non c’è nessun problema di censura, mentre quelli so-cio-culturali o d’inchiesta sono più complicati. A me pia-ce molto andare in montagna, ma la preferisco d’estate:adesso ci sono tutti i figli di papà sullo snowboard e le ra-gazze truccate come se dovessero andare a una festa an-ziché sulla neve.

Ho ventisei anni, sono laureato in Architettura e stostudiando per un master in Urbanistica e ambiente inun’università privata. Non mi hanno preso al “concor-so”, il superesame necessario per essere accettati alla Sta-tale, e mi spiace soprattutto perché questo comporta unsacrificio economico per i miei genitori. Proprio oggi so-no partiti per il Mar Caspio, dove hanno una piccola pro-prietà che vogliono vendere: dicono di averlo deciso per-

Ragazzi si rilassanosui monti dell’Alborz,a nord di Teheran.

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o

Mohsen Firuzi è lo pseudonimo di un giovane di 26

anni. Un ragazzo come tanti, figlio della borghesia

colta di Teheran, che non può firmare con il suo ve-

ro nome. Mohsen usa internet, studia e sogna un

futuro felice con la sua ragazza che vorrebbe poter

tenere per mano: un rivoluzionario in Iran.

[VOCI DA DENTRO]

Una giornataa Teherandi Mohsen Firuzi

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È tutto in salita, ma oramai ci abbiamo fatto l’abitudine,io sono cresciuto in questo clima. Piuttosto, quello chemi preoccupa (e impensierisce molti di noi) è questaescalation bellica: ogni giorno i quotidiani riportano epi-sodi che segnalano il progressivo deterioramento dei rap-porti fra noi e una parte del mondo, Stati Uniti, Europa,ma anche Arabia Saudita. E parlano anche di accordieconomici siglati con Paesi centroasiatici. Per non diredella Cina: ormai qui è tutto made in China. L’altro gior-no volevo regalare un rusari a Mandana, cercavo qualco-sa di europeo, ma mi sono consumato le suole delle scar-pe percorrendo Vali Asr nord, sono entrato in tutti i ne-gozi più chic: solo roba cinese1. Le merci occidentali so-

no sparite, o carissime. Qui si insiste col dire che le san-zioni non hanno cambiato niente. Certo, non hanno mo-dificato nulla nelle tasche dei ricchi, di quelli che han-no i conti nelle banche di Dubai, ma per le fasce medie ebasse la vita è carissima e di qualità sempre più bassa. Ilpapà di Mandana, un insegnante in pensione, s’è messoa fare il tassista abusivo per arrotondare. Sono comparsii mendicanti ai semafori: non li avevo mai visti, i mieigenitori dicono che non c’erano neppure ai tempi dellaguerra con l’Iraq. L’altro giorno ho visto una famiglia se-duta fuori dalla cucina di un ristorante: aspettava cheportassero loro gli avanzi.

E poi viviamo con la paura che qualcuno ci butti unabomba in testa, prima o poi. Sarebbe una doppia trage-

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ché è in comune con degli amici con cui non si trovanopiù bene, ma so che lo fanno per aver risorse per pagar-mi gli studi. Almeno mia sorella è alla Statale, studia In-gegneria: è un piccolo genio, lei!

Non so ancora cosa farò con questo master. Qui la pro-fessione di architetto va alla grande ma, soprattutto conuna specializzazione come la mia, le committenze piùambite sono quelle governative, e per quelle ci voglionole raccomandazioni. Mi piacerebbe andare a lavorare nel-l’isola di Qeshm, nel Golfo Persico, un posto bellissimoe non rovinato dal turismo come la gemella Kish. Dovròanche ingegnarmi per conciliare tutto questo con la car-riera di Mandana, la mia ragazza, che si è appena laurea-ta in Storia. Non una grande scelta, la sua. Che ci fai conuna laurea così? C’è solo l’insegnamento. Ne parlavamol’altro giorno in biblioteca, la cui nuova sede è magnifi-ca, anche se ancora non ben collegata. Per raggiungerla,tra mezzi pubblici e tratti a piedi, devo fare più di un’ora

di strada. All’entrata ci sono i computer per la consulta-zione, un bancone per i maschi da una parte e uno per lefemmine di fronte, ma nelle sale di lettura ci sono deibanchi a due con un piccolo separè. Io e Mandana ci se-diamo l’uno di fronte all’altra e possiamo tenerci la ma-no, a nessuno importa. Parliamo del nostro presente e,soprattutto, del nostro futuro. Alcuni nostri amici sogna-no solo di emigrare, pensano che fuori dall’Iran tutto siabello e facile ma, al momento, né io né Mandana abbia-mo voglia di lasciare il nostro Paese. E poi so di molti chesono emigrati per finire a vendere pizza in Canada o fa-re le pulizie all’aeroporto di Berlino, lavori che trovereifacilmente anche qui.

Certo, la situazione non è rosea, ogni giorno è una lot-ta: per riuscire a “bypassare” i filtri che oscurano i siti sulweb (ma tutti noi abbiamo i “rompifiltro”!), per trovareun luogo in cui riunirci assieme, amici e amiche, perascoltare musica e parlare liberamente senza avere noie.

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A FRONTE Teheran. Finale di pallavolo della nazionale femminile.

SOPRA Teheran. Amir e Bahar sono sposati,

ma non possono vivere insieme per mancanza di denaro.

1. Il rusari è un fazzoletto per la testa e Vali Asr è un viale lunghissimo

che connette il sud al nord della capitale dove si trovano i negozi più

lussuosi.

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dia: un’altra guerra subita in trent’anni, sommata alla si-tuazione interna. Un attacco esterno farebbe rientrare an-che quegli spazi di libertà che ci siamo faticosamenteconquistati. Non voglio neppure pensarci. Hamid diceche è tutto un cinema, come la scaramuccia con gli ingle-si, che se ne sono andati via dall’ambasciata per tornar-ci il giorno dopo, come le esercitazioni della nostra Ma-rina nel Golfo Persico e la minaccia di chiudere lo Stret-to di Hormuz. Ma da là passa il petrolio per la Cina, mi-ca possiamo non inviarglielo più!

E ancora, c’è la questione del nucleare... In linea diprincipio sono contrario all’energia nucleare – non

per niente mi occupo di ambiente – ma non capisco per-ché non possiamo averla, noi qui in Iran: mica siamo piùpericolosi del Pakistan?!

Temo che la nostra immagine all’estero risulti peggio-re anche di quella del Pakistan. Giorni fa, mentre cerca-vo in internet alcuni posti dove mi piacerebbe andare,mi sono imbattuto nei commenti negativi sull’Iran posta-ti su molti siti turistici. Ad esempio, Trip Advisor scon-siglia di venire in Iran perché c’è un clima impossibile,gelo d’inverno e caldo torrido d’estate.

E inoltre, secondo loro, ci sarebbero continue manife-stazioni di piazza antiamericane e antioccidentali! Ma-

gari avessimo ancora la forza di scendere in piazza, co-me gli egiziani! Comunque sia, viste le opinioni su di noi,non è opportuno andare troppo in giro: ma poi, chi ti dàun visto? La mia amica Maryam, per andare due settima-ne in Italia, ha aspettato cinque mesi che il consolatoistruisse la pratica, ha portato non so quanti documentie, alla fine, non gliel’hanno rilasciato perché volevanoche gli amici che la ospitavano lì garantissero con una fi-deiussione bancaria di 10mila euro!

Se avessi soldi andrei in Turchia, dove moltissimi ira-niani vanno in vacanza.

Lì non serve il visto, il mare è bello e Mandana non do-vrebbe andare vestita in spiaggia per stare insieme a me,oppure mettersi il costume rimanendo però nella parteriservata alla donne, lontana da me, come è accadutoquando siamo andati sul Caspio a casa dei miei.

Un mio amico, Majid, lavora a Istanbul, ci scriviamospesso per mail: mi dice che è una città bellissima, malui si trova bene anche perché è azero2 e coi turchi si ca-pisce. Majid vende scarpe della Nike in un negozio delcentro. Qui ha interrotto gli studi perché voleva specia-lizzarsi in Storia dell’Iran preislamico, ma faceva faticaa trovare un docente che accettasse di seguirlo nella te-si. Voleva dimostrare che l’invasione araba è stata una ca-tastrofe per noi, non per gli arabi in sé, ma per il fatto diaver introdotto l’Islam. Ma adesso queste cose non si pos-sono dire. Certo, coi sauditi non andiamo d’accordo! Eneppure con quelli degli Emirati, che ogni tanto hannola pretesa di rinominare il Golfo Persico in “Arabico”: mala storia non la conoscono?!

Tornando a Majid, mi ricordo di aver girato un giornointero con lui per tutte le librerie di Teheran alla ricercadi un libro sull’invasione araba che è stato bandito, perpoi trovarlo su un marciapiede dove un tale vendeva li-bri fuori catalogo.

Per fortuna, studiando Urbanistica non ho di questiproblemi. La mia amica Parvin ha finito il master, ha ri-cevuto una borsa per un progetto sulle nostre città caro-vaniere. Senza raccomandazioni, dice lei. Forse ci riescoanche io, chissà. Speriamo che non scoppi la guerra. Spe-riamo che le cose vadano meglio. Speriamo e basta. .

(A.V).

2. Molti iraniani sono di etnia azera e quindi turcofoni.

Teheran. Il colore dei gelsi. Con il succo di questi frutti viene allungato

l’arakh, una bevanda alcolica molto forte simile alla grappa.

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